La Lingua Sanscrita

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  • 7/25/2019 La Lingua Sanscrita

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    Introduzione

    Il nome sanscrito con cui si designa comunemente quella lingua indoeuropea, che, introdotta inIndia dagli Ari circa quindici secoli prima della nostra era, divent la lingua della cultura brahmanica -e nonsolo- in tutto il Subcontinente, non fa riferimento n al nome del popolo che la parlava n alla regione in cuiessa era diffusa. Il termine italiano sanscrito (come del resto i suoi corrispondenti in altre lingue come ilfrancese sanscrit, l'inglese sanskrit, il tedesco Sanskrit, lo spagnolo snscrito etc.) l'adattamento deltermine sasktam che significa confezionato, compiuto. La parola formata dal participio perfettopassivo della radice kfare, preceduto dal preverbio samcon: la formazione sa-(s)k-tam quindianaloga (a parte la diversa etimologia dei componenti lessicali) a quella del latino confectum.

    Una denominazione pi generica, ma tuttavia pi appropriata, per indicare questa lingua quando non sivoglia far riferimento a una fase particolare della sua evoluzione, quella di antico indo-ario o anticoindiano. Infatti sanscritoindica in senso stretto solo quel tipo di lingua che fu il risultato dell'elaborazionecompiuta dai grammatici indiani il pi celebre dei quali fu P~ini (IV sec. a.C.)- che la costrinseroall'interno di rigidissime regole e la resero, per cos dire, una lingua artificiale, sottraendola all'evoluzionenaturale che interess invece le diverse lingue vernacolari da cui derivano le lingue indoeuropee parlate oggiin India.

    Il sanscrito servito per oltre duemila anni -e in certi casi serve tuttora- come lingua di cultura e dicomunicazione per la classe sacerdotale e per le persone colte, allo stesso modo in cui in Europa per moltisecoli fu usato il latino.

    L'antico-indiano, insieme con l'antico-iranico, appartiene al gruppo delle lingue indoeuropeechiamato satem: esso, infatti, ha sviluppato come sibilante () la velare palatalizzata dell'indoeuropeo, che lelingue del gruppo centumhanno invece mantenuto come occlusiva. Indiano e Iranico costituiscono il ramoario dell'indoeuropeo e, soprattutto per quanto riguarda le fasi pi antiche, si assomigliano in modosorprendente: le differenze consistono in cambiamenti fonetici, rispetto a una fase comune, che hannointeressato l'iranico in maniera pi marcata dell'indo-ario.

    La fase pi antica dell'indo-ario rappresentata dal vedico, vale a dire la lingua in cui sono redatti ilibri sapienziali dell'India antica (veda = sapienza), costituiti da raccolte (sahit) di inni religiosi,preghiere, formule sacrificali e magiche, dalle opere esegetiche e di commento (Brhma~a) e da quelle a

    carattere teologico-filosofico (Upaniad). L'opera letteraria pi antica della tradizione vedica ilgveda, laSapienza (veda) delle strofe (g), che contiene per lo pi inni di lode rivolti alle varie divinit del pantheonantico-indiano. Si tratta di una sorta di manuale di cui si serviva il sacerdote chiamato hot, per invitare gliDei a partecipare al sacrificio. La lingua delle parti pi antiche di questa raccolta si basa su un dialettooccidentale, mentre il vedico recente (quello delle parti pi recenti del gveda e dell'Atharvaveda, unaraccolta di inni a prevalente contenuto magico) pi intriso di tratti derivati da dialetti centrali ed pi vicinoquindi al sanscrito propriamente detto.

    La differenza tra il sanscrito e le fasi precedenti della lingua indo-aria, rappresentate dalla letteraturavedica nel suo complesso, non sono di tipo fonetico. Non vi sono trasformazioni di suoni o di gruppi disuoni come avviene nella normale evoluzione di una lingua da una fase precedente a una fase successiva(come succede cio ad esempio nel passaggio che porta il latino a trasformarsi nelle varie lingue romanze). I

    suoni del sanscrito sono, infatti, gli stessi delle fasi precedenti, a parte la perdita dei suoni e h chesostituivano e hintervocalici nel vedico. Le differenze tra la fase vedica e la fase del sanscrito consistonosolo nella perdita da parte di quest'ultimo di alcune forme sovrabbondanti e di alcune categorie grammaticalie nell'introduzione nel lessico di parole nuove accanto ad altre di eredit remota (indoeuropea) il cui uso era

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    divenuto pi raro o era stato addirittura abbandonato. Tali differenze sono di due tipi: da una parte il vedicosi dimostra conservativo di tratti di eredit indoeuropea che sono assenti nel sanscrito; dall'altra il vedicopresenta invece delle innovazioni cui il sanscrito oppone forme conservative.

    Tracce di una lingua definibile come variet di indo-ario molto arcaica sono state individuate anche in testicuneiformi provenienti dal regno di Mitanni in Asia Minore. Si tratta di alcuni nomi propri, qualchesostantivo e aggettivo, certi termini tecnici e alcuni teonimi che ci informano come intorno al XV secolo a.C.-questa la data a cui risalgono i reperti linguistici- la lingua indo-aria avesse gi assunto caratteristicheproprie rispetto alla fase comune indo-iranica-, cos come nella cultura del popolo indo-ario si era giformato quell'insieme di divinit che costituir poi il pantheon vedico.

    Le fasi successive dell'Indo-Ario sono costituite dalle lingue medio-indiane (circa IV sec. a. C.), detteanche pracriti (dal sanscritoprktanaturale), e da quelle neo-indiane (a partire dal IX sec. d. C.) parlateoggi nel Subcontinente. Queste lingue non derivano direttamente dal sanscrito, lingua artificile e letterarria,ma da una tradizione ad esso parallela che risale al periodo vedico.

    Nella letteratura in sanscrito rappresentato ogni genere letterario: dall'epica e dalla lirica al teatro,dalla narrativa alla favolistica, senza contare la vasta letteratura scientifica che tocca i campi pi svariati, dallagrammatica e dalla retorica alla filosofia, dalla matematica all'astronomia, dal diritto alla politica, dallamedicina all'arte fino allo studio delle tecniche erotiche.

    La scoperta del sanscrito -gi noto per altro in Europa fin dal XVIII secolo- in manierascientifica e la presa di coscienza della sua parentela con le altre lingue indoeuropee, come il latino, il greco,il germanico, lo slavo, operarono una sorta di rivoluzione culturale che culmin con la nascita dellagrammatica comparata e costrinsero a rivedere tutte le idee che si avevano sulla storia antica, sulla mitologiae sull'evoluzione dell'umanit in genere.

    I s u o n i d e l s a n s c r i t o

    L'ordine alfabetico seguito dalla tradizione che fa capo alle varie lingue indiane rispecchia quello concui i grammatici indiani nelle loro trattazioni citano i suoni della lingua sanscrita; tale ordine stato adottatoanche dagli studiosi occidentali nel redigere dizionari o indici di parole indiane in genere.

    Contrariamente agli alfabeti di tipo occidentale, in cui le lettere seguono un ordine del tutto casuale, maconsolidato dalla tradizione che le presenta in una certa sequenza fissa, i segni della scrittura devangarica (edelle altre grafie antiche o moderne in uso nel Subcontinente) sono elencati secondo il criterio dellasuccessione degli organi fonatori a partire dai pi interni (la gola e il palato) fino a quelli pi esterni (lelabbra). La successione dei suoni pertanto la seguente: prima i suoni velari, poi quelli palatali, quellicerebrali, quelli dentali e da ultimo quelli labiali. In base al modo di articolazione vengono prima i suoni che

    hanno la massima apertura orale e cio le vocali e i dittonghi, distinti le une e gli altri in brevi e lunghi;seguono poi le consonanti occlusive, distinte in sorde, sorde aspirate, sonore, sonore aspirate e nasali; infinele consonanti continue, distinte in semivocali, sibilanti e aspirata. Vi sono infine i suoni speciali del visarga,che indica una aspirazione sorda, e dell'anusvrae dell'anunsika, che indicano la vocale nasale. I suoni chela grafia devangarica ha il compito di rappresentare sono dunque, nell'ordine, i seguenti:

    Vocali: a i u lDittonghi: e ai o auConsonanti:Velari: k kh g gh Palatali: c ch j jh Cerebrali: h () h (h) ~Dentali: t th d dh nLabiali:p ph b bh m

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    Semivocali: y r l vSibilanti: sAspirata: h

    Suoni speciali:anusvara: anunsica: visarga:

    I suoni e h compaiono, come si gi detto, solo nel vedico come sostituti di e hintervocalici.Caratteristica del sistema consonantico sanscrito la presenza contemporanea delle cerebrali (o

    retroflesse) accanto alle consonanti dentali, mentre in altre lingue di solito questi due tipi di consonantitendono ad escludersi a vicenda: nel toscano ad esempio ci sono solo le dentali, nei dialetti meridionali solole retroflesse. La presenza di tali suoni nel sanscrito (e ancora di pi nel medio indiano) probabilmentedovuta all'influenza del sostrato preindoeuropeo (dravidico) e in parte favorita anche da trasformazionifonetiche interne.

    Quando, nella formazione delle parole, due consonanti si incontrano avviene di solito un processo di as-similazione di sonorit. L'assimilazione di norma regressiva: il suono successivo che impone il proprio grado

    di sonorit a quello precedente. Cosda

    marut-

    vento si ha gen. sing.marut

    , ma str. plur.marud

    bhi;pad-piede, gen. sing.pada, ma loc. plur.patsu.Generalizzata ma condizionata da determinati contesti fonetici- la trasformazione da dentale a cerebrale

    della ne della s.Per quanto riguarda la n, essa diventa ~nelle seguenti condizioni: quando intervocalica ed preceduta,

    anche non immediatamente, da r (o ) o da , purch tra una di queste e la nnon intercorra una palatale, unacerebrale o una dentale: es. t~, k~a, kara~a, darpa~a, ma darana.

    Per quanto riguarda la s, il fenomeno, che gi indo-iranico e condiviso anche da altre lingueindoeuropee del gruppo satem, si ha quando la s preceduta da vocale diversa da a(quindi i, u, e, o ai, au,) e dalle consonanti k, r, l. Si confrontino ad es. le forme di locativo plurale agniu, deveu, vkurispettoa rjasu, sansu, marutsu.

    Per quanto riguarda le aspirate, due leggi fonetiche in particolare rivestono una grande importanza per lacomprensione di molti fatti grammaticali: la Legge di Bartholomae e la Legge di Grassmann.

    La prima consiste in un fenomeno di assimilazione progressiva (anzich regressiva come in tutti gli altri casi)che si verifica quando una sonora aspirata viene a contatto con una sorda: il gruppo consonantico che ne risulta costituito da una sonora + una sonora aspirata. Ad es. se alla radice budh informare, viene aggiunto ilsuffisso. -ta-, si ha budhta- > buddha-Buddha; l'informato, il risvegliato; con la radice labh afferrare siha labh ta- > labdha-afferrato.

    La Legge di Grassmann (o della dissimilazione delle aspirate) si verifica se in due sillabe consecutive sisusseguono due aspirate; in quel caso la prima di esse perde l'aspirazione. Cos il presente con raddoppiamentodalla radice dhporre, sar dadhtie non *dhadhti.

    L a s c r i t t u r a

    Gli Indiani hanno per lungo tempo fatto a meno della scrittura: il compito di tramandare i testi sacri(ma non solo quelli) era affidato alla memoria dei sacerdoti poeti che professionalmente avevano l'incarico ditrasmettere di padre in figlio il patrimonio culturale e religioso di cui i Vedaerano l'espressione.

    Non sappiamo n come n quando le raccolte di inni e gli altri testi sacri cominciarono a essere redattianche per scritto. Infatti la scrittura, che con ogni probabilit non comparve in India prima del VII sec. a. C.,fu, dopo la sua introduzione, riservata per lungo tempo solo a scopi pratici, come ci testimoniato dai testi

    giuridici pi antichi e da alcuni accenni nei testi buddhisti. I primi documenti scritti databili con sicurezzarisalgono alla met del terzo secolo e sono costituiti dagli editti su roccia e su pilastro che il re Aoka delladinastia Maurya fece incidere in tutto il territorio del suo impero. Dal pi diffuso dei due sistemi grafici usatiper queste iscrizioni, la scrittura brhm, derivano le varie scritture dei manoscritti e quelle regionali. La

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    scrittura comunemente impiegata in tutta quanta l'India per scrivere il sanscrito quella chiamata devangarche si andata formando intorno al VII sec. d.C..

    Questa scrittura in grado di rappresentare tutti i suoni della lingua sanscrita dei quali costituisceun'esatta trascrizione fonetica: ogni segno non pu leggersi che in unico modo, come del resto, ogni suono nonha che un'unica rappresentazione, a differenza di quanto avviene nella maggior parte delle grafie di altre lingue,dove singoli segni sono suscettibili di letture diverse e suoni uguali possono, viceversa, essere trascritti consegni diversi.

    Essa corre da sinistra a destra come quella latina. E' qualcosa di pi di un semplice sistema grafico: una verae propria trattazione di fonetica che rivela uno studio e una elaborazione approfonditi da parte dei grammaticinativi che con grande finezza e acume ci hanno fornito osservazioni sulla loro lingua, degne della pi modernalinguistica:

    SEGNI PER LE VOCALI

    Iniziali ! " # $ % & ' ( )

    * + , - . / 0 1Interne

    a

    i

    u

    l

    Segni per i dittonghi

    Iniziali 2 3

    4

    5

    6 7 8 9Interni

    e ai o au

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    SEGNI PER LE CONSONANTI

    : ; velarik kh g gh

    ? @ A B Cpalatalic ch j jh

    D E F G Hcerebrali h h ~

    I J K L Mdentalit th d dh n

    N O P Q Rlabialip ph b bh m

    S T U Vsemivocaliy r l v

    W X Ysibilanti s

    Zaspiratah

    Ogni segno consonantico non rappresenta solo la consonante, ma sempre anche la vocale ache non vienesegnata. La presenza di altra vocale diversa da ao dei dittonghi indicata attraverso vari segni posti sopra,sotto o accanto al segno della consonante. Esempio:

    : :* +: :, :- :. :/ :0 :1 :6 :7 :8 :9 :[ :\ :]ka k ki k ku k k k kl ke kai ko kau ka ka ka

    I segni per le vocali e per i dittonghi non preceduti da consonante appaiono ovviamente solo all'inizio di

    parola.Per rappresentare invece il solo suono consonantico, si pone sotto il segno della consonante un segno

    chiamato virma: es. := k. Questo avviene per lo pi solo in fine di parola.All'interno di parola i gruppi consonantici vengono rappresentati invece attraverso segni speciali chiamati

    nessi, formati da parti pi o meno riconoscibili delle varie consonanti. Cos, ad esempio, per scrivere pta

    ci si servir di parte dipe del segno per tche vengono cos a costituire un solo segno _. Altri esempi: `=

    cya, a = jma,b = tka etc. Qualche volta le componenti di un nesso non sono facilmente identificabili,come nei seguenti:

    c d e f g h i j kkta ka ja tta tra dda ddha a hma

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    I nessi con r costituiscono inoltre un caso particolare: essi sono rappresentati con un uncino sopra la

    consonante, se rprecede la consonante; con un tratto obliquo sotto, se la segue. Esempio: :l= rka, m= kra.Un'ultima caratteristica da notare a proposito della grafia del sanscrito la registrazione fedele anche di

    quella che la fonetica di frase: avviene infatti in molte lingue che le parole che si succedono in una frasediano luogo a modificazioni fonetiche che riguardano la fine di una parola e l'inizio della successiva, maquesto fenomeno, che i grammatici indiani chiamano sandhi unione, di norma trascurato nella resagrafica della maggior parte delle lingue: cos in italiano, ad esempio, la preposizione in si scrive sempre

    uguale cio in sia nella sequenza in dubbio sia nella sequenza in piedi, dove in realt pronunciata/im/. La grafia sanscrita registra invece attentamente tutti i fenomeni di sandhicos che la stessa parola puapparire graficamente diversa a seconda del contesto fonetico in cui inserita.

    L a p r o n u n c i a

    L e v o c a l i : la aha press'a poco lo stesso suono dell'inglese unella parola but; , i, ,ue si pro-nunciano (a parte la lunghezza) come in italiano; , ed lsono delle liquide con valore vocalico come nelserbo-croato TrstTrieste o nel ceco vlklupo. eed osono sempre lunghe perch derivano dalla chiusuradei dittonghi *aied *au; aie ausono delle stralunghe perch derivano dai dittonghi lunghi *i e *u.

    L e c o n s o n a n t i : le velari, le dentali, e le labiali hanno lo stesso suono delle corrispondenti initaliano.

    Le palatali cejsi pronunciano come in cenae gelodavanti a tutte le vocali (quindi codasi legge /cioda/;jalasi legge /giala/!).

    Le cerebrali e hanno suono molto simile a quello di te ddell'inglese o dei dialetti italiani meridionali(cfr. sicil. beddu).

    Le aspirate, sia sorde che sonore, hanno la stessa pronuncia delle corrispondenti non aspirate, ma sonoseguite da un soffio.

    N.B.phnon si pronuncia /f/, suono che non esiste in antico-indiano, bens /ph/ come nell'inglese uphill.Le nasali hanno la stessa articolazione delle consonanti a cui si trovano davanti: cfr. agammembro,

    pacacinque, a~amuovo etc.Le semivocaliy, r, le vhanno pronuncia simile all'italiano.La sibilante palatale ha il suono dell'it. scena; ha suono simile al precedente, ma con la lingua che tocca

    il palato; s sempre sorda e si pronuncia come nell'it. sole(la ssonora come in it. rosain antico-indiano nonesiste).

    hrappresenta un'aspirata sonora.Il visarga indica un soffio sordo.L'anusvra , davanti alle sibilanti, le h, indica che la vocale a cui si riferisce nasale: la trascrizione nella

    grafia latina, am, io u, ingannevole perch pu far pensare che si tratti di due fonemi; in realt i due

    segni valgono per un fonema solo, nasalizzato (// etc.). Pertanto nella parola Y[+ZI*raccolta, traslitterata

    come sahit, la sillaba sasi pronuncia /s/ come nel franc. cent. Di fronte alle altre consonanti per sta alposto della corrispondente consonante nasale: cos, per esempio, in ![I](ata) fine la sillaba ![(a) silegge /an/.

    L'anunsika ha un uso pi limitato e indica anch'esso una vocale nasale.

    L ' a c c e n t o : cade di norma sulla penultima sillaba se questa lunga, per natura o per posizione;altrimenti si ritrae sulla terzultima; se anche questa breve, pu ritrarsi fino alla quartultima, purch sia sil-laba radicale. Le parole composte sono accentate sull'ultimo membro del composto.

    In vedico, come in indoeuropeo da cui lo ha ereditato, l'accento era libero, cio non determinato dallaquantit o dal numero delle sillabe. Ogni forma aveva il suo proprio accento la cui posizione doveva perciessere segnalata. Questo avviene solo nei manoscritti dei testi vedici pi antichi.

    L a m o r f o l o g i a n o m i n a l e

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    La morfologia nominale presenta tratti di notevole arcaicit: conserva infatti tre numeri (singolare, duale eplurale) e otto casi (nominativo, vocativo, accusativo, strumentale, dativo, ablativo, genitivo e locativo). Icasi (in sanscrito vibhakti) sono elencati nella declinazione secondo l'ordine dei grammatici indiani che (conesclusione del vocativo che essi non consideravano un caso) li chiamavano rispettivamenteprathamvibhaktiprimo caso, dvity vhibhaktisecondo caso e cos via fino a saptam vibhaktisettimocaso.

    Anche i generi sono tre: maschile, femminile e neutro, ma mentre in altre lingue indoeuropeee (latino,greco etc.) il genere continua a non essere legato al tipo di declinazione, in sanscrito si assiste all'avvio di unanormalizzazione su base morfologica per cui i temi in vocale lunga tendono ad essere femminili, quelli invocale breve maschili o neutri: la ripartizione totale per quanto riguarda i temi in ae in , ancora in fase dinormalizzaione per i temi in i, ue , (normalizzazione pienamente attuata invece nel medio indiano).

    L e d e c l i n a z i o n i :

    a causa della variet e eterogeneit dei temi nominali, cui si attaccano di volta involta le varie desinenze, il sanscrito possiede un gran numero di declinazioni, raggruppabili in due grandicategorie, quella dei temi in vocale e quella dei temi in consonante, e precisamente:

    1. temi in a(m. e n.)2. temi in (f.)3. temi in ie in u (m., f. e n.)4. temi in e in (f.)5. temi in (m., f. e n.)6. temi in dittongo (m. e f.)7. temi in consonante non apofonici (m., f. e n.)8. temi in cons. apofonici (m., f. e n.).

    I temi in consonante hanno tutti desinenze comuni, molte delle quali condivise anche dai temi in vocale:Singolare Duale Plurale

    Nom. - -au -aVoc. - -au -aAcc. -am -au -aStr. - -bhym -bhiDat. -e -bhym -bhyaAbl. -a -bhym -bhyaGen. -a -o -mLoc. -i -o -su

    Al Nom. Voc. Acc. il neutro esce in puro tema al singolare, in al duale, in -i, con inserimento di una nasaledavanti alla consonante del tema, al plurale.

    I temi in vocale, invece, soprattutto quelli in -a,hanno alcune desinenze loro proprie (come lo str. sing. in-ena, il dat. sing. in -ya, il gen. sing. in -asya, l'abl. sing. in -t, lo str. plur. inai) che non ricorrono in altredeclinazioni. Si possono tuttavia individuare anche alcune caratteristiche comuni a tutti i temi in vocale:

    l'accusativo plurale dei nomi maschili esce in vocale lunga+ n: cio -n, -n, -n, -n;l'accusativo plurale dei nomi femminili esce in vocale lunga+ : cio -,-, -, -;il nominativo-accusativo plurale dei nomi neutri esce in vocale lunga + n+ i: cio -ni, -ni, -ni, -~i;il genitivo plurale esce in vocale lunga

    + n+ m: cio -nm, -nm, -nm, -~m.

    I temi in vocale diversa da ahanno molte desinenze in comune fra loro e con i temi in consonante.

    Ecco qualche esempio di declinazione di temi in vocale:

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    in amaschile, deva-dio:

    Singolare Duale PluraleNom. deva devau devVoc. deva devau devAcc. devam devau devnStr. devena devbhym devaiDat. devya devbhym devebhyaAbl. devt devbhym devebhya

    Gen. devasya devayo devnmLoc. deve devayo deveu

    (il neutro differisce dal maschile solo nei casi retti (Nom., Voc., Acc.); le desinenze sono rispettivamentesing. -am, du.e, pl.ni);

    in femminile, sen-esercito:

    Singolare Duale PluraleNom. sen sene senVoc. sene sene senAcc. senm sene sen

    Str. senay senbhym senbhiDat. senyai senbhym senbhyaAbl. seny senbhym senbhyaGen. seny senayo sennmLoc. senym senayo sensu

    in imaschile, ahi-serpente:

    Singolare Duale PluraleNom. ahi ah ahayaVoc. ahe ah ahayaAcc. ahim ah ahnStr. ahin ahibhym ahibhiDat. ahaye ahibhym ahibhyaAbl. ahe ahibhym ahibhyaGen. ahe ahyo ahnmLoc. ahau ahyo ahiu

    in umaschile, sunu-figlio:

    Singolare Duale Plurale

    Nom. sunu sun sunavaVoc. suno sun sunavaAcc. sunum sun sunnStr. sunun sunubhym sunubhiDat. sunave sunubhym sunubhyaAbl. suno sunubhym sunubhyaGen. suno sunvo sunnmLoc. sunau sunvo sunuu

    (i temi in ie uhanno, come si vede, una declinazione del tutto analoga, presentando gli stessi gradi apofonicidel tema negli stessi casi. I femminili dei due temi si declinano allo stesso modo dei maschili, tranne chenello str. sing. dove non compare l'infisso nasale (es. matyf. rispetto a ahin m., dhenvrispetto asunun). Negli altri casi obliqui del singolare sono frequenti, oltre alle forme uguali ai maschili, anche formemutuate sui temi in e femminili);

    in femminile, dev-dea:

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    Singolare Duale PluraleNom. dev devyau devyaVoc. devi devyau devyaAcc. devm devyau devStr. devy devbhym devbhiDat. devyai devbhym devbhyaAbl. devy devbhym devbhyaGen. devy devyo devnm

    Loc. devym devyo devu

    in maschile,pit-padre:

    Singolare Duale PluraleNom. pit pitarau pitaraVoc. pita pitarau pitaraAcc. pitaram pitarau pitnStr. pitr pitbhym pitbhiDat. pitre pitbhym pitbhyaAbl. pitu pitbhym pitbhyaGen. pitu pitro pit~mLoc. pitari pitro pitu

    Ecco qualche esempio di declinazione di temi in consonante:

    in tmaschile, marut-vento, non apofonico:

    Singolare Duale PluraleNom. marut marutau marutaVoc. marut marutau marutaAcc. marutam marutau marutaStr. marut marudbhym marudbhi

    Dat. marute marudbhym marudbhyaAbl. maruta marudbhym marudbhyaGen. maruta maruto marutmLoc. maruti maruto marutsu

    in cfemminile, vc-voce, non apofonico:

    Singolare Duale PluraleNom. vk vcau vcaVoc. vk vcau vcaAcc. vcam vcau vcaStr. vac vgbhym vgbhiDat. vce vgbhym vgbhyaAbl. vca vgbhym vgbhyaGen. vca vco vcmLoc. vci vco vku

    in nmaschile, rjan-re, apofonico:

    Singolare Duale PluraleNom. rj rjnau rjnaVoc. rjan rjnau rjnaAcc. rjnam rjnau rjaStr. rj rjabhym rjabhiDat. rje rjabhym rjabhya

    Abl. rja rjabhym rjabhyaGen. rja rjo rjmLoc. rjani rjo rjasu

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    in sneutro, manas-mente, non apofonico:

    Singolare Duale PluraleNom. mana manas mansiVoc. mana manas mansiAcc. mana manas mansiStr. manas manobhym manobhiDat. manase manobhym manobhyaAbl. manasa manobhym manobhya

    Gen. manasa manaso manasmLoc. manasi manaso manasu

    Gli aggettiviGli aggettivi seguono la flessione dei sostantivi. I femminili dei temi in aseguono la declinazione dei temi in(es.ppa, pp, ppamcattivo) o dei temi in (sundara, sundar, sundarambello). Gli altri temiformano il femminile con l'aggiunta di --: es. urvda uru-ampio, balinda balin-forte etc.

    Il comparativo e il superlativo si formano, in modo sintetico, con l'aggiunta rispettivamente dei suffissi-tara-etama-al tema dell'aggettivo di grado positivo: espriyatarapi caro epriyatamacarissimo.Alcuni aggettivi formano il comparativo con l'aggiunta del suffisso -yas-e il superlativo con il suffisso

    -iha-, direttamente sulla radice e non sul tema: es. garyas- e gariha- da guru-pesante.

    I pronomiLa flessione pronominale presenta parecchie diversit da quella nominale: caratteristico soprattutto ilpolimorfismo dei temi, che possono perci variare in funzione del caso, del genere e del numero. Ilpolimorfismo marcato soprattuto nei pronomi personali: Nom. sing. ahamio, Acc. sing. mm, Nom. pl.vayam, Acc. pl. asmn. Frequente anche il caso di elementi infissi tra il tema e la desinenza come inta-sm-t, ablativo di ta-(si noti la differenza con devtda deva-); di particelle deittiche, spesso rianalizzatecome parte inseparabile del pronome: tv-amtu, ay-amquesto (Nom. sing.), im-amquesto (Acc.sing., rianalizzato come ima-m, da cui il Nom. pl. ime). Anche le desinenze sono in parte diverse da quelledei nomi. Nei pronomi dimostrativi, relativi, interrogativi, ad esempio, caratteristica la desinenzatalneutro singolare: tatquesto,yatche, katche cosa.

    Il pronome anaforico sa, s, tatpu fungere anche da articolo e anche da pronome personale di terzapersona (talora anche di seconda); la sua declinazione la seguente:

    Singolare

    Maschile Femminile NeutroNom. sa s tatAcc. tam tm tatStr. tena tay tenaDat. tasmai tasyai tasmai

    Abl. tasmt tasy tasmtGen. tasya tasy tasyaLoc. tasmin tasym tasmin

    Duale

    Maschile Femminile NeutroNom. tau te teAcc. tau te teStr. tbhym tbhym tbhymDat. tbhym tbhym tbhym

    Abl. tbhym tbhym tbhymGen. tayo tayo tayoLoc. tayo tayo tayo

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    Plurale

    Maschile Femminile NeutroNom. te t tniAcc. tn t tniStr. tai tbhi taiDat. tebhya tbhya tebhyaAbl. tebhya tbhya tebhyaGen. tem tsm tem

    Loc. teu tsu teu

    I numeraliI numerali da 1 a 4 si declinano nei tre generi: eka, ek, ekamuno, dvau, dve, dvedue, traya, tisra,tr~itre, catvra, catasra, catvriquattro; i numerali da 5 a 10 si declinano anch'essi, ma senzadistinzione di genere:pacacinque, asei, saptasette, aauotto, navanove, daadieci.Questi ultimi in vedico si trovano anche come indeclinabili cos come lo sono nelle altre lingue indoeuropee:la loro flessione quindi una innovazione del sanscrito. I numerali da 11 a 19 sono dei composti copulativi:es. ekadaaundici, dvdaadodici, navadaadiciannove. Da 20 a 90 i nomi delle decine sono tuttisostantivi femminili che si declinano secondo il loro tema (viati-venti, triat-trenta, catvriat-quaranta) e il nome a cui si riferiscono pu essere espresso al genitivo oppure come un'apposizione (e

    quindi allo stesso caso del numerale): es. viati puru~amo viati puruventi uomini. I numeriintermedi (ventuno, ventidue etc.) si formano come composti copulativi premettendo al nome delladecina il nome dell'unit: es. ekaviati-, dvviati-etc.I numerali ata-cento, sahasra-mille, lakacentomila, niyuta-un milione sono dei sostantivineutri.I numerali ordinali si formano per lo pi con i suffissima-o -tama- usati anche nei superlativi: es.

    prathama- primo, saptama- settimo, saptatitama- settantesimo: in pochi casi si hanno altreformazioni: dvitya- secondo, ttya- terzo, caturtha- quarto, ekadaa- undicesimo.

    L a m o r f o l o g i a v e r b a l e

    Nella flessione verbale si distinguono il genere, il tempo, il modo, il numero e la persona.Il verbo sanscrito ha tre generi o voci o diatesi (vcyam): l' attivo, il medio e il passivo. Le prime due sono dieredit indoeuropea, mentre il passivo, che ha una coniugazione propria solo nel presente e nell'imperfetto (ein alcune forme dell'aoristo), frutto di innovazione monoglottica. Negli altri tempi l'espressione del passivo affidata alle forme del medio.

    I nomi che i grammatici indiani danno alle voci attivo e medio corrispondono bene al valore che questiesprimono. L'attivo chiamatoparasmaipadamparola per un altro, il medio tmanepadamparola per s.Usando infatti le forme attive di un verbo il parlante vuol significare che l'azione che il soggetto compie ricade al

    di fuori della sfera di questo: cos, per esempio, con la frase avayunakti(attivo) egli aggioga un cavallo sipotrebbe voler dire che il cavallo non appartiene al soggetto oppure, pi semplicemente, che non si vuole metterein evidenza un particolare interesse da parte del soggetto all'azione che viene compiuta. Quando si usano leforme del medio, si vuol significare, viceversa, che l'azione che il soggetto compie ricade in qualche modo su dilui o nella sua sfera d'interesse: con la frase avayukte (medio) che significa ugualmente egli aggioga uncavallo, si pu voler sottolineare che il cavallo, per esempio, appartiene al soggetto, o, pi in generale, chesecondo il parlante il soggetto ha un qualche interesse all'azione che svolge. Un modo per esprimere in italianol'idea del medio, che il sanscrito esprime in forma grammaticalizzata attraverso specifiche desinenze verbali,potrebbe essere, per esempio, quello di ricorrere a forme di riflessivo tipo: egli si aggioga il cavallo.

    La maggior parte dei verbi possono essere coniugati in entrambe le voci; altri lo possono essere in una sola.Altri ancora hanno i due generi in alcuni tempi mentre ne hanno solo uno in altri.

    Il passivo (karma~ivcyam) ha una coniugazione derivata direttamente dalla radice tramite il suffisso -ya- cuisi attaccano le desinenze medie: per es. avoyujyateil cavallo viene aggiogato.Dalla radice verbale si formano indipendentemente l'uno dall'altro i sistemi temporali:

    il sistema del presente che comprende anche l'imperfetto;

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    il sistema del futuro;il sistema dell'aoristo;il sistema del perfetto, che comprende anche il piuccheperfetto.L'imperfetto e l'aoristo sono caratterizzati dall'aumento; il perfetto dal raddoppiamento. Sul piano delle

    funzioni questi tre tempi non mostrano nel sanscrito classico alcuna differenza: tutti e tre rappresentano ilpreterito. In vedico ancora avvertibile invece una differenza di valori: l'imperfetto rappresentava il passatoremoto, l'aoristo il passato recente e attuale; il perfetto rappresentava lo stato conseguente al processo.

    All'interno di ogni sistema temporale si distinguono poi i vari modi, ciascuno dei quali comprende tre numeri(singolare, duale e plurale), ciascuno dei quali comprende a sua volta tre persone.

    Il pi ricco di modi il sistema del presente che comprende l'indicativo (presente e imperfetto), l'ottativo,l'imperativo e il participio.

    Il sistema del futuro comprende l'indicativo, il condizionale (che dal punto di vista morfologico unimperfetto formato sul tema del futuro) e il participio.

    Il sistema dell'aoristo comprende, oltre all'indicativo, anche resti di una sorta di ottativo che prende il nome diprecativo.

    Il sistema del perfetto comprende l'indicativo e il participio.Sono al di fuori dei sistemi temporali in quanto si formano direttamente dalla radice la coniugazione del

    passivo, il participio perfetto passivo, il gerundio o assolutivo, il gerundivo o participio futuro passivo, l'infinito.

    Il vedico conserva ancora il congiuntivo e l'ingiuntivo di cui alcune forme residuali sono confluite insanscrito classico nel paradigma dell'imperativo.Mentre il congiuntivo esprime un processo la cui realizzazione appare certa (in contrapposizione con l'ottativo

    che esprime una realizzazione considerata possibile), l'ingiuntivo veicola valori differenti. Originariamentequesta categoria verbale, che dal punto di vista formale, uguale a un imperfetto o a un aoristo senza l'aumento,aveva la funzione di esprimere il processo, ma non il tempo o il modo; il suo uso risale infatti a una fase arcaicain cui il sistema verbale non aveva ancora acquisito l'espressione del tempo grammaticale, ma si basavasull'opposizione tra processo e stato conseguente all'effettuarsi del processo; queste due categorie erano espresserispettivamente appunto dall'ingiuntivo e dal perfetto. Una volta attuatasi l'espressione del tempo grammaticaleattraverso la caratterizzazione di forme di ingiuntivo come forme di presente mediante l'aggiunta della particella*-i(la stessa del locativo) alle desinenze di ingiuntivo (*-m, *-s, *-t, *-nt> *-mi, *-si, *-ti, *-nti) e attraverso la

    caratterizzazione come passato mediante l'aumento *e-, l'ingiuntivo si trovato, da una parte, in opposizione conil presente e ha quindi potuto acquisire un valore di passato, dall'altra, si trovato in opposizione con il passatoper cui ha conservato anche l'antico valore atemporale sotto l'aspetto di un presente generale. Inoltre, essendoanche un non-indicativo ha potuto sviluppare anche un valore modale. Il vedico rispecchiava dunque unaopposizione a tre unit (bharati/ bharat/ abharat) in cui l'ingiuntivo, divenuto, attraverso la perdita gradualedei valori antichi, una semplice variante dei due indicativi, era destinato a scomparire: nel sanscrito classico diventato ormai infatti una forma residuale che sopravvive, oltre che nel paradigma dell'imperativo, solonell'espressione del proibitivo.

    Il sistema del presente

    Il tema del presente si realizza in una molteplicit di forme. Le radici verbali infatti sono state distinte e rag-ruppate dai grammatici indiani in dieci classi, in base a come esse formano il tema del presente. Le dieci classi sonoaggruppabili a loro volta in due grandi categorie o coniugazioni, quella dei verbi tematici

    che introducono cio unaocale tematica, a(nelle prime persone dei tre numeri), tra il tema e le desinenze (cfr. lat. leg-i-t, mon-e-t) e quellaei verbi atematici

    che attaccano invece le desinenze direttamente al tema (cfr. lat. es-t, fer-t). La I, la IV, la VI e la Xlasse (insieme alle coniugazioni derivate del passivo, del causativo, del desiderativo e in parte dell'intensivo)ppartengono alla coniugazione tematica; la II, la III, la V, la VII, l'VIII e la IX a quella atematica. Al polimorfismoelle forme di presente non attribuibile alcuna differenziazione dal punto di vista funzionale.

    Le desinenze personali che si attaccano ai vari temi del presente per formare i singoli modi e l'imperfetto sonon larghissima misura le stesse per entrambe le coniugazioni (le desinenze tra parentesi sono esclusive dellaoniugazione atematica):

    DESINENZE PRIMARIE ATTIVESINGOLARE DUALE PLURALE

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    123

    -mi-si-ti

    -va-tha-ta

    -ma-tha

    -nti (-anti)

    DESINENZE PRIMARIE MEDIESINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -e-se-te

    -vahe-ethe (-the)

    -ete (-te)

    -mahe-dhve

    -nte (-ate)

    DESINENZE SECONDARIE ATTIVESINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -m (-[a]m)--t

    -va-tam-tm

    -ma-ta

    -n (-an, -u)

    DESINENZE SECONDARIE MEDIESINGOLARE DUALE PLURALE

    12

    3

    -i-th

    -ta

    -vahi-ethm (-thm

    -etm (-tm)

    -mahi-dhvam

    -nta (-ata)

    DESINENZE DELL'IMPERATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -ni-(-dhi, -hi)

    -tu

    -va-tam-tm

    -ma-ta

    -ntu (-antu)

    DESINENZE DELL'IMPERATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -ai-sva-tm

    -vahai-ethm (-thm)-etm (-tm)

    -mahai-dvham

    -ntm (-atm)

    SUFFISSI E DESINENZE DELL'OTTATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -yam (-ym)- (-y)-t (-yt)

    -va (-yva)-tam (-ytam)-tm (-ytm

    -ma (-yma)-ta (-yta)-yu (-yu)

    SUFFISSI E DESINENZE DELL'OTTATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -ya-th

    -ta

    -vahi-ythm-ytm

    -mahi-dhvam

    -ran

    SUFFISSI DEL PARTICIPIOATTIVO MEDIO

    -nt- (-ant-) -mna- (-na-)

    Oltre che per alcune desinenze e, ovviamente per la mancanza o presenza della vocale tematica, i due tipi diconiugazione differiscono per il fatto che la coniugazione atematica ha un tema apofonico, presenta cio il

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    grado pieno del tema nelle tre persone singolari del presente indicativo e dellimperfetto attivi, nella terzapersona dellimperativo attivo e nella prima persona singolare, duale e plurale dellimperativo attivo e medioe il grado ridotto in tutti gli altri casi; nella coniugazione tematica invece il tema del presente sempre lostesso in tutta la flessione.

    Come esempio della flessione tematica riportiamo di seguito il paradigma del verbo bhportarerealizzato nella prima classe, bharati:

    PRESENTE INDICATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    bharmibharasibharati

    bharvabharathabharata

    bharmabharathabharanti

    PRESENTE INDICATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    bharebharasebharate

    bharvahebharethebharete

    bharmahebharadhvebharante

    IMPERFETTO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    abharamabharaabharat

    abharvaabharatamabharatm

    abharmaabharataabharan

    IMPERFETTO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    12

    3

    abhareabharath

    abharata

    abharvahiabharethm

    abharetm

    abharmahiabharadhvam

    abharanta

    IMPERATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    bhar~ibharabharatu

    bharvabharatambharatm

    bharmabharatabharantu

    IMPERATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    1

    23

    bharai

    bharasvabharatm

    bharvahai

    bharethmbharetm

    bharmahai

    bharadvhambharantm

    OTTATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    bhareyambharebharet

    bharevabharetambharetm

    bharemabharetabhareyu

    OTTATIVO MEDIO

    SINGOLARE DUALE PLURALE123

    bhareyabharethbhareta

    bharevahibhareythmbhareytm

    bharemahibharedhvambhareran

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    PARTICIPIO

    ATTIVO MEDIOm. bharan bharam~af. bharant bharam~n. bharat bharam~am

    Esempi delle altre classi tematiche: kup-y-a-ti(IV classe), tud-a-ti(VI classe), cor-ay-a-ti(X classe).

    Come esempio della flessione atematica riportiamo ora il paradigma del verbo dviodiarerealizzatonella seconda classe, dvei:

    PRESENTE INDICATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    dvemidvekidvei

    dvivadvihadvia

    dvimadvihadvianti

    PRESENTE INDICATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    dviedvikedvie

    dvivahedvithedvite

    dvimahedvihvedviate

    IMPERFETTO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    adveamadveadve

    advivaadviamadvim

    advimaadviaadvian

    IMPERFETTO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    advieadvihadvia

    advivahiadvithmadvitm

    advimahiadvihvamadviata

    IMPERATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    12

    3

    dve~idvihi

    dveu

    dvevadviam

    dvim

    dvemadvia

    dviantu

    IMPERATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    dveaidvikvadvim

    dvevahaidvithmdvitm

    dvemahaidvivhamdviatm

    OTTATIVO ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    dviymdviydviyt

    dviyvadviytamdviytm

    dviymadviytadviyu

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    OTTATIVO MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    dviyadvithdvita

    dvivahidviythmdviytm

    dvimahidvidhvamdviran

    PARTICIPIOATTIVO MEDIO

    m. dvian dvi~af. dviat dvi~n. dviat dvi~am

    Esempi delle altre classi atematiche: ju-ho-ti(III classe), su-no-ti(V classe),yu-na-k-ti(VII classe), tan-o-ti(VIII classe), kr-~-ti(IX classe).

    Il sistema del futuroIl futuro si forma aggiungendo alla radice, per lo pi al grado gu~a, il morfema -sya-(oiya-), riconducibile

    probabilmente a un antico suffisso di desiderativo, e si coniuga come l'indicativo presente delle classi tematiche.Per esempio da ddare si ha dsyatiegli dar, medio dsye; da kfaresi ha kariyatiegli far, mediokariye.

    Il futuro ha anche un participio che si forma in maniera analoga a quello del presente: per es. attivo dsyan,dsyant,dsyat, medio dsyamna, -, -ametc.

    Altri esempi: i andare, eyati; n condurre, neyati; ruudire, royati; labh prendere, lapsyati;budhrisvegliarsi, bhotsyati.

    I verbi della X classe e i causativi formano il futuro dal tema del presente aggiungendoiya-: currubare,corayiyati.

    Un futuro perifrastico si pu ottenere aggiungendo le forme del verbo asessere al nominativo masc. sing.di un nome d'agente: es. dt+ asmi> dtsmiio dar; kart+ asmi> kartsmiio far.

    Il sistema dell'aoristoL'aoristo un tempo storico, largamente attestato in vedico, meno nel sanscrito classico, dove viene usatoaccanto all'imperfetto, da cui si distingue per non avere un presente corrispondente, e al perfetto senza chesia rintracciabile (nel sanscrito classico) una particolare differenza di significato tra i tre tempi. Sotto il nomedi aoristo sono compresi tre diversi tipi di formazione: 1 . l'aoristo radicale, formato direttamente sullaradice con la sola aggiunta dell'aumento e delle desinenze secondarie, 2 . l'aoristo tematico, formatoattraverso l'aggiunta alla radice della vocale tematica-a-, 3 . l'aoristo sigmatico, formato attraversol'aggiunta alla radice di quattro diversi suffissi in sibilante.

    Esempio di aoristo radicale: ddare:

    SINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    admadadt

    advaadtamadtm

    admaadtaadu

    Esempio di aoristo sigmatico: ncondurre:

    SINGOLARE DUALE PLURALE123

    anaiamanaianai

    anaivaanaiamanaim

    anaimaanaiaanaiu

    Il sistema del perfetto

    Il tema del perfetto caratterizzato a) dal raddoppiamento; b) dal grado pieno nell'indicativo singolareattivo e dal grado ridotto nelle altre forme dell'attivo e in tutto il medio; c) da desinenze particolari.La vocale di raddoppiamento io use la radice contiene io u; in tutti gli altri casi a,che deriva daindeuropeo *e. Questo spiega perch se la radice comincia con una velare, la consonante del

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    raddoppiamento la palatale corrispondente. Si vedano i seguenti esempi: da bhidspezzare si ha il tema agrado pieno bibhed-(ridotto bibhid-); da tudcolpire tutod- / tutud-; da gamandarejagm-/jagm-,dakfare cakr-/ cakr-.

    Le desinenze del perfetto sono le seguenti:

    ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    1

    23

    -a

    -tha-a

    -va

    -athu-atu

    -ma

    -a-u

    MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    -e-se-e

    -vahe-the-te

    -mahe-dhve-ire

    I modi sono l'indicativo e il participio. In vedico dal tema del perfetto si forma anche il piuccheperfetto,piuttosto raro, caratterizzato dalla presenza dell'aumento e da desinenze secondarie.Riportiamo come esempio di coniugazione del perfetto quella dalla radice kfare:

    ATTIVOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    cakracakarthacakra

    cakvacakrathucakratu

    cakmacakracakru

    MEDIOSINGOLARE DUALE PLURALE

    123

    cakrecakecakre

    cakvahecakrthecakrte

    cakmahecakdhvecakrire

    PARTICIPIOATTIVO MEDIO

    m. cakvn cakr~af. cakru cakr~n. cakvat cakr~am

    Un'altra forma di perfetto, attestata soprattutto in sanscrito classico, il perfetto perifrastico. Si tratta di

    una formazione che fa la sua prima apparizione in vedico ma il cui uso diviene pi frequente nelle fasi pitarde della lingua. Si ottiene aggiungendo alla radice verbale un suffisso -ma cui si accompagnano le formedel perfetto attivo dei verbi asessere e bhessere e quelle attive o medie di kfare. I verbi chepresentano questo tipo di perfetto sono soprattutto quelli derivati e quelli della X classe, oltre a pochi verbiprimari come ssedere, kvedere. In questi ultimi il suffisso -m attaccato direttamente alla radice;nei verbi derivati attaccato invece al tema del presente: es. s cakremi sono seduto; k cakre hoguardato, cintaym saho pensato(dacintayati della X classe), kraym saho fatto fare (dalcausativo di k, krayati).

    Le coniugazioni derivate

    Sotto questo nome vengono compresi alcuni tipi di coniugazione che non si rapportano n alle dieci classiverbali del sistema del presente n alla formazione degli altri tempi. Tali coniugazioni sono quella delpassivo, del causativo, del desiderativo, dell'intensivo e del denominativo; i tempi e i modi sono gli stessidelle classi del sistema del presente.

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    Il passivo si forma aggiungendo alla radice a grado ridotto il suffisso -ya-e le desinenze medie dellaconiugazione tematica: cos dayujsi hayuj-ya-teegli unito, da dvisi ha dvi-ya-teegli odiato.Alcune radici subiscono delle variazioni fonetiche davanti aya-:ad esempioieu finali si allungano (da

    jivincere si hajyateegli vinto, da ruudire si ha ryateegli udito), -passa ari(da kfare si ha kriyateegli fatto), -passa a -(da ddare si ha dyateegli dato) etc.

    Il causativo indica che l'azione espressa dalla radice fatta compiere dal soggetto a qualcun altro. Il temadel causativo, per i modi del presente e per l'imperfetto, si ottiene aggiungendo alla radice a grado gu~a -ovddhise la radice termina in vocale o contiene una -a- mediana- il suffissoaya-: da budhsvegliarsi siha bodhayatiegli risveglia, da ncondurre nyayatiegli fa condurre,patcadereptayatiegli facadere. Le radici che terminano inaggiungonopaya-: da sthstare sthpayatiegli fa stare, da ddare dpayatiegli fa dare.

    Il desiderativo si forma aggiungendosa-(oia-) alla radice raddoppiata. La vocale di raddoppiamento di solitoi-, ma u-se la radice contiene unau-. Anche in questo caso la coniugazione tematica: dapbere si hapipsatiegli desidera bere, dajvviverejijviatiegli desidera vivere, daruudireuratiegli desidera udire, da hancolpirejighsatiegli desidera colpire.

    L'intensivo chiamato anche frequentativo. Le forme verbali di questa coniugazione indicano che l'azionesignificata dalla radice compiuta con particolare efficacia o ripetuta con frequenza. Il tema pu presentarsisotto due forme (una tematica e una atematica) ed ha come caratteristica un raddoppiamento che contiene una

    vocale lunga, un dittongo o, addirittura, l'intera radice. Nelle formazioni tematiche la radice si presenta per lopi a grado base e prende il suffissoya-con desinenze sempre medie. La coniugazione quindi uguale aquella del passivo: per esempio dapaccuocere si happacyateegli cuoce ripetutamente, da bhessere si ha bobhyateegli continua ad essere. Le formazioni atematiche hanno come caratteristica ilgrado gu~ae le desinenze solo attive attaccate direttamente alla radice. La coniugazione uguale ai verbiatematici della terza classe: per esempio, da vidsapere si ha vevettiegli conosce bene, da drcorreredaridrtiegli corre velocemente.

    Il denominativo, infine, si forma da un tema nominale tramite l'aggiunta del suffissoya- ed ha unaconiugazione simile a quella dei verbi della IV classe: cos da amitra- nemico si ha amitrayatiegli sicomporta da nemico, da tapas- devozione si ha tapasyatiegli pratica la devozione, daputra- figlio

    putryatiegli si comporta come un figlio.

    Le forme nominali del verboIl participio attivo del presente e del futuro si forma tramite il suffisso alternante nt- / -at-; quello medio

    con il suffisso mna- per le coniugazioni tematiche, -na- per quelle atematiche.Per il perfetto i suffissi sono -vas-,-u-evat-per l'attivo ena-per il medio.Il participio perfetto passivo, che ha per significato attivo con i verbi intransitivi, si forma aggiungendo

    alla radice a grado ridotto il suffissota-(a volteita-) o pi raramentena-.Esempi: kta-fatto, bhta-portato,patita-caduto, lna-tagliato, k~a-distrutto. I verbi causativi (e quelli della X classe)formano il participio perfetto passivo dal tema del presente privato del suffisso -aya-e aggiungendo sempre

    ita-: sthpita-fatto stare,ptita-fatto cadere (lo si confronti conpatita-caduto), bhvita-fattoessere. In molte forme si riscontrano mutamenti fonetici sia per il passaggio a grado ridotto della radice siaper l'incontro della consonante iniziale del suffisso con la consonante radicale: si vedano supta-addormentato da svap, ukta-detto da vac, ia-sacrificato dayaj, baddha-legato da bandh, la-leccato da lih, gata-andato da gam, sthita-stato da sth, bhagna-spezzato da bhajetc.

    Dal participio perfetto passivo pu formarsi, tramite l'aggiunta del suffissovant- / -vat-, un participioperfetto attivo: ad esempio ktavat-che ha fatto, uktavat-che ha detto.

    Nel sanscrito classico il participio perfetto passivo (e quello attivo in -vat) diventa una forma verbale diimpiego sempre pi frequente a scapito delle forme verbali di modo finito; l'uso di frasi nominali si va infattisempre pi imponendo presso gli autori fino a divenire il modo abituale di costruire il discorso; esempi:gardabho svmin hatal'asino fu ucciso dal padrone; sa samudram gataegli giunto al mare; satad uktavnegli disse ci.

    Il participio futuro passivo (o gerundivo o participio di necessit) si forma aggiungendo i suffissi-(i)tavya-eanya-alla radice a grado gu~a, -ya-alla radice a grado vddhio gu~ae -tya-alla radice a gradoridotto. Da ksi pu avere: kartavya-, kara~ya-, krya-e ktya-che deve essere fatto, da farsi; da ru:rava~ya-e rutya-da udire; da bh: bhavitavya-, bhvya-e bhavya-che deve essere; da i: itya-da

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    andare; daji:jetavya-,jeya-ejayya-da vincere; da budh: bodhya-da svegliare; da vac: vcya-dadire. Casi particolari sono d: deya-da dare e dh: dheya-da porre. L'agente espresso dallostrumentale: tvay hantavyo nsminon devi uccidermi (lett. non sono da uccidersi da te).

    L'infinito era espresso originariamente da varie forme flesse di nomi verbali: il vedico infatti presenta unanumerosa serie di infiniti in tum, -taye, -adhyai, -aseetc. Il sanscrito classico invece conserva solo la formain tum, che altro non che l'accusativo di un nome verbale in - tu- (formazione identica a quella del supinolatino amatum, monitum). Il suffisso tum(talora itum) si aggiunge alla radice a grado gu~a, mentre per icausativi si aggiunge al tema del presente: kartumfare da k, netumcondurre da n, bhettumspezzareda bhid, sthpayitumfar stare da sthpayati.

    Anche l'assolutivo o gerundio (almeno sicuramente per quanto riguarda la forma intv) lafossilizzazione di un caso (lo strumentale: -tv-) di un nome verbale (in -tu-).I suffissi di assolutivotve

    ya(otya) sono selezionati in sanscrito dall'essere il verbo semplice o composto con una preposizione. Ilsuffissotya variante peryaquando la radice termini per vocale breve. La radice di norma al gradoridotto. Esempi: ktvavendo fatto da k, gatvessendo andato da gam, rutvavendo udito da ru;nipatyaessendo caduto gi da ni-pat,procyaavendo informato dapra-vac, vijityaavendo vinto da vi-

    ji, dyaavendo preso da -d. L'assolutivo del causativo si forma dal tema del presente: per esempiosthpayitvavendo fatto stare da sthpayati; se il verbo composto e quindi il suffisso di assolutivo -ya, la caratteristicaay-del causativo si mantiene solo se la vocale radicale breve: si osservi sagamayya

    avendo fatto andare insieme da sagamayatidi contro a vibhvyaavendo fatto apparire da vibhvayati.L'assolutivo denota un'azione anteriore (meno spesso contemporanea) a quella della frase principale; essoviene tradotto per lo pi con un gerundio passato o con una proposizione temporale o causale. Il suoimpiego diventa sempre pi frequente nella lingua pi tarda e costituisce, insieme al participio perfettopassivo, il mezzo prediletto dal sanscrito classico nella costruzione della frase. Il fatto che la formadell'assolutivo sia in realt lo strumentale fossilizzato di un nome d'azione spiega che esso possa riferirsitanto al soggetto grammaticale (rutv bravtiavendo udito dice) quanto a quello logico (rutv tenoktamavendo udito da lui fu detto); o addirittura a casi diversi dal soggetto (atru dv tasya hdi bhaya

    praviamalla vista del nemico (lett. avendo visto il nemico) nel suo cuore entr la paura). Per lo stessomotivo indifferente alla diatesi (msam paktv khditam(la carne fu mangiata dopo che fu cotta) epu ricorrere anche in mancanza di soggetto. A questo proposito tipico l'uso con alambasta (alam

    uktv basta parlare) e con kimperch ? (ki hatv mmperch uccidermi?).Alcuni assolutivi si sono grammaticalizzati e hanno assunto il valore di semplici preposizioni: es. dya

    avendo preso equivale a con, uddiyaessendosi diretto equivale a verso, rabhyaavendocominciato equivale a da, adhiktyaessendosi riferito equivale a riguardo a etc..

    Una forma rara di assolutivo costituito infine dall'accusativo, usato avverbialmente, di un nome diagente ina-: es. kramavendo fatto, col fare, vedamavendo saputo, col sapere.

    L e f o r m e i n d e c l i n a b i l i

    Si tratta degli avverbi, delle proposizioni, delle congiunzioni e delle interiezioni.Molti avverbi sono costituiti da forme che risalgono chiaramente a forme flessionali che si sono

    specializzate nell'uso a svolgere la funzione di indeclinabili. L'accusativo uno dei casi pi frequentementeusati con valore avverbiale: cirama lungo, nityamsempre, nmadi nome, sdhubene, uvelocemente, tatallora, kimperch?. Altri avverbi si presentano sotto la forma dello strumentale:dre~ada lontano, ka~enain un momento, uccaiad alta voce; dell'ablativo: baltper forza,drtda lontano, kasmtperch?; del locativo: agreall'inizio, drelontano. Alcuni avverbipossiedono una forma loro propria come adyaoggi. La maggior parte tuttavia formata per mezzo disuffissi avverbiali attaccati a temi nominali o pronominali: -tasha valore ablativale: sarvatada ogniparte, tatada l; allora, dratada lontano,yatada dove; -trae -hahanno valore di avverbio diluogo: atraqui, tatral,yatradove, anyatraaltrove, ihaqui, kuhadove?; -the -vatformano avverbi di modo: tathcos,yathcome, anyathaltrimenti,putravatcome un figlio,

    khagavatcome un uccello; -dforma avverbi di tempo: tadallora, kadquando?, ekadunavolta.

    Un uso particolare ha l'avverbio iticos. Esso segue a un titolo o chiude una citazione ed usato comecongiunzione con la funzione di segnare la fine di un discorso diretto, che in sanscrito l'unica maniera di

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    riportare un pensiero o una frase, dato che non esiste il discorso indiretto: es. gacchma iti vadantidiconoche stanno venendo, ma letteralmente: veniamo cos essi dicono. Spesso le costruzioni con itidevonoessere integrate nella traduzione con espressioni del tipo pensando che, con la scusa che etc.: es.:ajto na dveavya atrur itinon si deve odiare una persona sconosciuta (pensando che sia) un nemico.

    La maggior parte di quelle che sono definite preposizioni sono in realt delle forme avverbiali con valorelocale usate in composizione col verbo per modificarne il significato. Anche quelle poche che accompagnano deisostantivi non hanno, come in latino o in greco, il compito di determinarne la funzione sintattica, ma solo quelladi specificare meglio il valore sintattico del caso a cui vengono aggiunte.

    Ecco alcune forme avverbiali usate con valore preposizionale:: usata di solito con l'ablativo, significa da o fino a; indica la distanza tra due luoghi partendo da quello

    pi lontano;prati: posposta a un accusativo significa verso;anu: posposta anch'essa all'accusativo significa dopo, dietro.Tra le preposizioni vengono inoltre annoverate delle forme di origine nominale che in sanscrito classico

    accompagnano vari casi e non entrano in composizione con i verbi:con l'accusativo: antare~atra, samayvicino, vinsenza (ma anche con l'abl. e lo str.);con lo strumentale: sahinsieme, vinsenza;con l'ablativo: bahifuori da,prabhtia partire da, teeccetto;

    con il genitivo: agredavanti, uparisopra,pactdopo.Come preposizioni vengono poi usate, come si detto prima, anche alcune forme di assolutivo.In vedico le preposizioni, che in sanscrito classico fungono solo da proverbi, avevano rispetto al verbo piena

    libert: non entravano necessariamente in composizione con esso, ma anzi ne erano spesso separate da altreparole. Erano in realt degli avverbi che avevano la funzione di modificare il significato del verbo, ma anchequella di accompagnare sostantivi per specificare maggiormente il valore gi espresso dal caso. Per esempio: tioltre, nu dopo, bhi verso, tras attraverso si accompagnavano all'accusativo; pri con l'acc.significava intorno e con l'abl. da; paverso con l'acc. e a con il loc.; a con l'acc. e da con l'abl.etc.

    Le congiunzioni sono poco numerose poich in sanscrito la struttura del periodo piuttosto semplice e lacombinazione delle frasi si fa di preferenza attraverso l'uso dell'assolutivo e dei participi o ricorrendo alla

    composizione nominale.Le principali congiunzioni coordinanti sono: cae che segue la parola o la frase a cui si riferisce; vo,

    oppure, di valore avversativo, che viene ugualmente posposta e pu essere ripetuta; athaora, poi;aparam, ki cainoltre; apianche; hiinfatti; vaiinvero. In vedico frequente anche ute,anche, posposta all'elemento cui si riferisce.

    Le principali congiunzioni subordinanti sono formate per la maggioranza dal tema del relativoya-:yadpoich; se; quando;yadise;yadquando;yathche; come; affinch; cosicch;yenaaffinch;

    yatapoich; a queste corrispondono di solito, nella frase principale, le forme di correlativo tadallora,tathcos, tataperci. Un'altra congiunzione subordinante cedse, composta da ca+ la particellaid.

    Le principali interiezioni sono: ahoche esprime sorpresa, gioia, dispiacere, areo reche serve da richiamo,hanta che serve da esortazione, dhik per indicare disprezzo, per indicare gioia o indignazione, bho perrichiamare l'attenzione.

    Le interiezioni non sottostanno alle regole del sandhi.

    L a f o r m a z i o n e d e l l e p a r o l e

    La formazione delle parole si attua attraverso una serie molto ampia di suffissi e prefissi e attraverso lacosiddetta derivazione in vddhi, che consiste nell'allungamento della sillaba principale della paroladerivata (daivadivino da devadio,prvatPrvat, la montagnosa daparvatamontagna,pautranipote daputrafiglio). I costituenti delle parole rimangono in linea di massima ben riconoscibili e

    individuabili, pertanto si pu dire che in sanscrito la derivazione caratterizzata da una estrema trasparenza.I principali suffissi sono:t-che forma nomi d'agente (dt-colui che d), -tra-che forma nomi di

    strumento (rotraorecchio da ruudire,pattraala dapatvolare); -a-che forma sostantivimaschili (yogaaggiogamento dayujaggiogare, bhavaesistenza da bhessere); -ana-eti-che

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    formano nomi d'azione rispettivamente neutri e femminili (vacanail parlare, discorso, nayanailcondurre, ktiil fare, bhtil'essere); -ya-che forma aggettivi (antyafinale da antafine); -vat-,-mat-, -in-che indicano il possesso (bala-vatforte,pau-matche ha bestiame, kar-inprovvisto dimano).

    I principali prefissi sono:ati- oltre, adhi- sopra, anu- dietro, antar- fra, apa- via da, api- contro, abhi- verso, ava-in gi, - verso; da, ud- in alto, upa- presso, verso, sotto, ni- in basso, nis- fuori; non,par-sopra; via, pari- intorno; pra- in avanti, prati- verso, contro, vi- separatamente; in diversedirezioni, sam- con.

    L a c o m p o s i z i o n e n o m i n a l e

    La composizione nominale presenta caratteristiche del tutto proprie. Mentre infatti nelle altre lingueindoeuropee i composti sono raramente formati da pi di due membri, il sanscrito ha sviluppato la possibilit diunire insieme in un composto solo un numero anche assai grande di lessemi tanto da costituire come un'interafrase in cui le relazioni sintattiche non sono esplicitate da marche morfologiche, ma sono ricavabili,oggettivamente, solo in base alla posizione reciproca degli elementi del composto stesso. Per esempio, il terminenimelasapakmapakti analizzabile nelle sue componenti lessicali come battito degli occhi (nimea-),stanco (alasa-), ciglio (pakman-)-, serie (pakti-), ma sul piano dell'interpretazione equivale a una frasecome che ha le serie dei cigli stanche per il battere degli occhi. Dunque poich, come di norma in uncomposto nominale, solo l'ultimo membro riceve le marche morfologiche del caso, del genere e del numero,mentre tutti gli altri elementi compaiono solamente come tema, interpretare le relazioni sintattiche, che sono solosuggerite dalla successione dei vari elementi del composto, diventa indispensabile per la sua comprensione.

    I composti nominali vengono di norma raggruppati in quattro classi: 1) composti copulativi, 2) compostideterminativi, 3) composti possessivi e 4) composti avverbiali.

    I composti copulativi sono chiamati dai grammatici indiani dvandva coppia. Sono formati da due o pielementi che stanno fra loro in rapporto di coordinazione, come se fossero cio legati dalla congiunzione e.Sono declinati al duale quando indicano una coppia, al plurale se invece fanno riferimento a una pluralit o sesono formati da pi di due elementi. Possono presentarsi anche al neutro singolare con valore collettivo.

    Esempi: mga-kkau una gazzella e un corvo, mamgakk gazzelle e corvi, vka-vyghra-sih lupi, tigri e leoni, gavvam buoi e cavalli, ktktam ci che stato fatto e ci che non stato fatto,ukla-k~a-chiaro e scuro, div-naktamdi giorno e di notte etc.

    Pur non rientrando in questa categoria, sono strettamente affini ai composti copulativi i cos detti mreita,cio sintagmi formati dalla ripetizione di uno stesso termine (nome, aggettivo, pronome, avverbio, verbo etc.),con valore intensivo, iterativo o distributivo. Esempi: varo-varail fior fiore, ogni pi valoroso, agd-agtda ogni membro, dyavi-dyavio dive-diveogni giorno,pade-padea ogni passo,yo-yachiunque (cfr.lat. quisquis), vaya-vayamproprio noi, upary-uparimolto al di sopra, utthyotthyaad ogni alzata etc.

    I composti determinativi sono quelli formati da un nome o un aggettivo preceduto da un elemento (nome,pronome, aggettivo o indeclinabile) che lo determina o lo qualifica. A seconda del tipo di relazione sintattica cheintercorre tra il primo e il secondo membro i composti determinativi si distinguono in due categorie, quella dei

    tatpuruae quella dei karmadhraya: sono chiamati tatpuruaquei composti nei quali il primo membro inrapporto di dipendenza casuale con il secondo (per esempio rja-putra figlio di re, sen-pati capo diesercito, deva-datta dato da un dio, gha-jta nato in casa); sono chiamati invece karmadhrayaqueicomposti nei quali il primo membro riferito al secondo con funzione predicativa (per esempio: mah-rjagrande re, rja-iveggente regale, k~a-sarpa serpente nero, megha-yamanero come una nube,a-jnanon conoscenza).

    I composti possessivi (chiamati in sanscrito bahuvrhi) sono di norma degli aggettivi che qualificano iltermine a cui si riferiscono come provvisto delle qualit espresse dal composto, tipo il lat. magnanimus. Sonodetti anche egocentrici.Formalmente non si distinguono dai composti determinativi: la differenza sta solo nelsignificato e nel fatto che, essendo un aggettivo, il secondo membro perde il suo genere grammaticale per

    accordarsi con quello del termine cui riferito: cos, per esempio, da vra- eroe e sen- (f.) esercito si hal'aggettivo vra-sena- che ha un esercito di eroi rispetto al composto determinativovra-sen(f.) esercito dieroi; allo stesso modo da gata- andato e yus- (n.) vita si ha l'aggettivo gatyus- la cui vita andata,morto; e ancora:praj-kma- che desidera figli, astra-p~i- che ha in mano la spada, sa-bhrya- cheha con s la moglie, kta-ktya- che ha compiuto il proprio dovere.

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    In vedico la differenza tra determinativi e possessivi segnalata dalla posizione dell'accento che nei primicade di norma sul secondo membro (rja-putr-figlio di re), mentre nei secondi cade sul primo (rja-putra-i cui figli sono re).

    I composti avverbiali, infine, che i grammatici indiani considerano come una classe a se stante si presentanonella forma dell'accusativo neuttro e sono formati con un indeclinabile al primo membro: sa-kopamcon ira,

    yath-kmamsecondo il desiderio,prati-dinamogni giorno, -mulamcompletamente; fin dalle radici.

    L a s i n t a s s i

    La sintassi del sanscrito piuttosto semplice se paragonata a quella di altre lingue antiche come il latino e ilgreco. Le subordinate sono piuttosto rare e per lo pi introdotte da forme di relativo. Prevale la coordinazione el'uso di lunghi composti nominali che equivalgono a delle vere e proprie frasi. L'uso dei verbi finito, frequente invedico, invece raro in sanscrito classico dove, come abbiamo gi osservato, trovano larghissimo impiego leforme di assolutivo, i nomi verbali e i vari participi, con una netta predilezione per la costruzione passiva.Completamente assente il discorso indiretto sostituito dalle costruzioni con iti.

    L'ordine delle parole, essendo la funzione sintattica significata dai morfemi casuali, completamente libero inprosa dove la sequenza base quella soggetto-oggetto-verbo e in cui il determinante (aggettivo o genitivo)precedono il determinato. In poesia le esigenze metriche e versificatore possono imporre altri tipi di sequenze.

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    R i f e r i m e n t i b i b l i o g r a f i c i

    Dizionari:

    M. MONIER-WILLIAMS, A Sanskit-English Dictionary, Oxford 1899 (rist. 1979), basato sul grandedizionario di Pietroburgo in sette volumi (O. BHTLINGK - R. ROTH, Sanskrit-Wrterbuch, San Pietroburgo1852-1875, ristampato a Osnabrck nel 1966). Pi recente ma pi piccolo e quindi meno completo N.STCHOUPAK-L. NITTI-L. RENOU,DictionnaireSanskrit-Franais, Parigi 1972.

    A Poona in India, a cura di A.M. GHATAGE, si sta preparando il monumentaleAn Encyclopaedic Dictionaryof Sanskrit on Historical Principles, di cui sono usciti solo alcuni fascicoli (il primo del 1976) e chedifficilmente vedr la sua conclusione nel giro di una sola generazione.

    In italiano da segnalare il Dizionario sanscrito. Sanscritoitaliano, italianosanscrito, a cura di TIZIANAPONTILLO, recentemente (Milano, 2005) rivisto e ampliato.

    Dizionari etimologici:

    M. MAYRHOFER, Kurzgefates etymologisches Wrterbuch des Altindischen, Heidelberg 1956-1980; M.MAYRHOFER,Etymologisches Wrterbuch des Altindoarischen, Heidelberg 1986-2001.

    Grammatiche:

    L'opera di riferimento pi completa la monumentaleAltindische Grammatikdi J. WACKERNAGEL(Gottinga1896 e segg.): il volume I (Lautlehre) del 1896 stato ristampato nel 1957 con unaIntroduction Gnralerielaborata da L. RENOUe deiNachtrgea cura di A. DEBRUNNER; il volume II 1(Einleitung zur Wortlehre,

    Nominalkomposition) del 1905 ha avuto una seconda edizione (conNachtrgedel Debrunner) nel 1957; ilvolume II 2 (Die Nominalsuffixe) a cura di A. DEBRUNNER del 1954; il III (Nominalflexion - Zahlwort -Pronomen) del 1930 (ristampato senza variazioni nel 1975), in collaborazione con il Debrunner; ilRegisterdeivolumi I - III del 1964.

    Un'ampia grammatica con ampia apertura verso la comparazione indoeuropea A. THUMB - R. HAUSCHILD,

    Handbuch des Sanskrit: il volume I 1 (Einleitung,Lautlehre) stato ristampato a Heidelberg nel 1958, il I 2(Formenlehre) nel 1959; il II (Texte und Glossar) del 1953; il II (Texte und Glossar) del 1953.

    Ottima per chiarezza e praticit la Sanskrit-Grammatik mit sprachvergleichenden Erluterungen, Berlino1968 di M. MAYRHOFERche fornisce cenni comparativi sulle principali lingue indoeuropee e sul vedico.

    Rimane tuttora valida come grammatica descrittiva per il sanscrito e per il vedico quella del Whitney (W. D.WHITNEY, Sanskrit Grammar including boththe Classical Language and the Older Dialects of Veda and

    Brhma~a, Lipsia 1924).

    Altre grammatiche descrittive e limitate al sanscrito classico sono: A. A. MACDONELL,A Sanskrit Grammarfor Students, Oxford 1927, tradotta in italiano a cura di G. Bechis col titolo Grammatica sanscrita elementare,Bologna 1968; L. RENOU, Grammaire sanskrite I-II, Parigi 1930 (rist. 1961).

    Relative al vedico: A. A. MACDONELL, A Vedic Grammar, Strasburgo 1910; A. A. MACDONELL, A VedicGrammar for Students, Oxford 1916; L. RENOU, Grammaire de la langue vdique, Lione-Parigi 1952.

    Grammatiche in italiano:

    O. NAZARI, Elementi di grammatica sanscrita, Torino 1892, ormai molto invecchiata; C. DELLA CASA,Corso di sanscrito, Milano 1980, ristampato nel 1998, rivisto e corretto dall'autore con una introduzione di A.Passi; S.SANI Grammatica sanscrita, Pisa 1991, rivolta anche alla lingua vedica e alla comparazioneindoeuropea.

    Trattazioni sulla lingua:

    J. MASSON, Esquisse d'une histoire de la langue sanscrite, Parigi 1931; L. RENOU, Histoire de la languesanskrite, Lione-Parigi 1956;T. BURROW, The Sanskrtit Language, Londra 1959; J. BLOCH,Indo-Aryan from

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    the Veda sto modern Times, Parigi 1965; J. GONDA, Old Indian, Leida Colonia 1971; R. LAZZERONI, Sanscrito,in A. GIACALONE RAMAT P. RAMAT,Le lingue indoeuropeee, Bologna 1994, pp. 123-149.