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© Mondadori Education 1 Cicerone La lotta della ragione contro gli istinti (De officiis, 1,101-103) Il valore della moderazione, che deriva dal controllo esercitato dalla ragione sugli istinti natu- rali, è per Cicerone il principio fondamentale che deve determinare il comportamento dell’uo- mo e del cittadino. Si tratta di un tema centrale all’interno del De officiis e costituisce una delle basi concettuali della riflessione politico-filosofica ciceroniana anche al di là di quest’opera. [101] Duplex est enim vis animorum atque naturae: una pars in appetitu posita est, quae est ὁρμή [hormè] Graece, quae hominem huc et illuc rapit, altera in ratione, quae docet et explanat, quid faciendum fugiendumque sit. Ita fit ut ratio praesit, appetitus obtemperet. Omnis autem actio vacare debet temeritate et neglegentia nec vero agere quidquam cuius non possit causam probabilem reddere; haec est enim fere descriptio officii. [102] Efficiendum autem est ut appetitus rationi oboediant eamque neque praecurrant nec propter pigritiam aut ignaviam deserant sintque tranquilli atque omni animi perturbatione careant; ex quo elucebit omnis constantia [101] Due sono gli elementi naturali dell’animo: l’uno è posto nell’istinto, detto dai Greci hormè [impulso], che trascina l’uomo qua e là; l’altro è posto nella ragione, che insegna e rivela all’uomo cosa si debba fare ed evitare. In tal modo la ragione comanda e l’istinto obbedisce. Ogni azione deve andare esente da temerità e negligenza, né si deve fare alcuna cosa di cui non si possa dare motivo plausibile: questa è press’a poco la definizione del dovere. [102] Bisogna fare in modo che gli istinti obbediscano alla ragione; non la precorrano, né la abbandonino per fiacchezza o pigrizia, ma siano tranquilli e non provochino alcun turbamento dell’animo; in tal modo risalteranno la fermezza e la moderazione.

La lotta della ragione contro gli istinti...© Mondadori Education 3 Cicerone La lotta della ragione contro gli istinti Panezio), la parte razionale, la più nobile ed elevata, propria

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    Cicerone

    La lotta della ragione contro gli istinti (De officiis, 1,101-103)

    Il valore della moderazione, che deriva dal controllo esercitato dalla ragione sugli istinti natu-rali, è per Cicerone il principio fondamentale che deve determinare il comportamento dell’uo-mo e del cittadino. Si tratta di un tema centrale all’interno del De officiis e costituisce una delle basi concettuali della riflessione politico-filosofica ciceroniana anche al di là di quest’opera.

    [101] Duplex est enim vis animorum atque naturae: una pars in appetitu posita est, quae est ὁρμή [hormè] Graece, quae hominem huc et illuc rapit, altera in ratione, quae docet et explanat, quid faciendum fugiendumque sit. Ita fit ut ratio praesit, appetitus obtemperet. Omnis autem actio vacare debet temeritate et neglegentia nec vero agere quidquam cuius non possit causam probabilem reddere; haec est enim fere descriptio officii. [102] Efficiendum autem est ut appetitus rationi oboediant eamque neque praecurrant nec propter pigritiam aut ignaviam deserant sintque tranquilli atque omni animi perturbatione careant; ex quo elucebit omnis constantia

    [101] Due sono gli elementi naturali dell’animo: l’uno è posto nell’istinto, detto dai Greci hormè [impulso], che trascina l’uomo qua e là; l’altro è posto nella ragione, che insegna e rivela all’uomo cosa si debba fare ed evitare. In tal modo la ragione comanda e l’istinto obbedisce.Ogni azione deve andare esente da temerità e negligenza, né si deve fare alcuna cosa di cui non si possa dare motivo plausibile: questa è press’a poco la definizione del dovere. [102] Bisogna fare in modo che gli istinti obbediscano alla ragione; non la precorrano, né la abbandonino per fiacchezza o pigrizia, ma siano tranquilli e non provochino alcun turbamento dell’animo; in tal modo risalteranno la fermezza e la moderazione.

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    La lotta della ragione contro gli istintiCicerone

    omnisque moderatio. Nam qui appetitus longius evagantur et tamquam exsultantes sive cupiendo sive fugiendo non satis a ratione retinentur, ii sine dubio finem et modum transeunt; relinquunt enim et abiciunt oboedientiam nec rationi parent, cui sunt subiecti lege naturae; a quibus non modo animi perturbantur, sed etiam corpora. Licet ora ipsa cernere iratorum aut eorum qui aut libidine aliqua aut metu commoti sunt aut voluptate nimia gestiunt; quorum omnium vultus, voces, motus statusque mutantur. [103] Ex quibus illud intellegitur, ut ad officii formam revertamur, appetitus omnes contrahendos sedandosque esse excitandamque animadversionem et diligentiam, ut ne quid temere ac fortuito, inconsiderate neglegenterque agamus.

    Infatti quegli appetiti che escono di strada e, come imbizzarriti, per eccesso sia d’inclinazione sia di avversione, non sono retti dalla ragione, passano senza dubbio il segno e la misura. Non obbedendo, infatti, alla ragione, alla quale sono soggetti per natura, turbano non solo gli animi, ma anche i corpi.Guardiamo l’aspetto degli adirati o di coloro che sono turbati da qualche desiderio o da timore o da troppa gioia; vedremo come sono alterati i loro volti, le voci, i movimenti e gli atteggiamenti. [103] Si comprende quindi, per tornare al concetto di dovere, che si devono frenare e sedare tutti gli appetiti, e tenere desta l’attenzione e la solerzia per non fare niente a caso e temerariamente, con sconsideratezza e negligenza.

    (trad. di A. Barrile)

    Guida alla lettura

    ContEStoL’etica della moderazione Il De officiis rap-presenta il coronamento della riflessione ci-ceroniana sui problemi e sulla prassi dell’eti-ca, i cui fondamenti teorici sono attinti so-prattutto da Panezio. In base al principio ra-zionale che secondo lo stoicismo paneziano governa il mondo, ogni uomo deve compiere il suo dovere e comportarsi rispettando il de-coro imposto dal ruolo svolto nella società. Questa morale sociale, che garantisce nella vita associata la gerarchia di posizioni e di funzioni e a questa adegua il comportamen-to del singolo, interpretava assai bene le esi-genze dell’oligarchia senatoria cui Cicerone sentiva ormai di appartenere. nel complesso

    il De officiis contribuì in modo determinante a fondare l’etica occidentale sotto il segno della moderazione, del controllo di sé, della subordinazione degli impulsi alla razionalità e, in generale, del rifiuto dell’eccesso.Il dualismo di ragione e istinto Rispetto al quadro teorico delineato, il brano mette a fuoco il fondamentale tema del rappor-to dualistico fra ragione e istinto (rispetti-vamente ratio e appetitus; in greco lògos e hormè), secondo una prospettiva filosofica risalente a Platone. Il filosofo distingue-va nell’anima dell’uomo due diverse parti o facoltà: quella irrazionale (o appetitiva) e quella razionale. Secondo tale concezione (accolta proprio dallo stoicismo medio e da

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    La lotta della ragione contro gli istintiCicerone

    Panezio), la parte razionale, la più nobile ed elevata, propria dei soli esseri umani, ha il compito di guida e di controllo sulla parte irrazionale (che invece l’uomo ha in comune con le bestie), in particolare nel tenere a fre-no e moderare gli impulsi e gli appetiti natu-rali e nel controllare le perturbationes animi (in greco pàthe). Anche gli istinti hanno la loro importanza Un aspetto interessante, nel nostro passo, è anche il riconoscimento dell’importanza – e dunque una sorta di rivalutazione – de-gli istinti; se infatti il brano è dominato dalla raccomandazione dell’obbedienza e sotto-missione degli appetitus alla ratio, Cicerone (seguendo sempre Panezio) considera però un pericolo anche la completa assenza degli istinti (nec propter pigritiam aut ignaviam de-serant, par. 102), che può ugualmente andare a discapito di un comportamento onesto.

    LInGUa E StILELe parole della moderazione L’idea di mo-deratio e della sua battaglia contro gli eccessi degli istinti è legata a una serie di termini e di espressioni che compongono nel loro com-plesso un articolato lessico della moderazio-ne e del controllo razionale delle passioni. Il presupposto di valori fondamentali quali constantia («fermezza») e moderatio («mode-razione») è rappresentato dal controllo degli appetitus («istinti»), che non devono recare

    turbamento all’animo. Questo risultato può essere ottenuto evitando avventatezza e trascuratezza, perché la riflessione e la valu-tazione delle ragioni del proprio comporta-mento sono indispensabili per sottoporre le pulsioni al controllo della ragione. Le metafore: i cavalli imbizzarriti… Sulla base di queste considerazioni Cicerone at-tiva quindi una serie di metafore: gli istinti che escono dal loro tracciato (evagantur) e, come imbizzarriti (exsultantes, propriamente «facendo balzi» al modo dei cavalli) per i loro desideri o le loro repulsioni (cfr. sive cupien-do sive fugiendo), non sono sufficientemente frenati dalla ragione e superano fatalmente il limite entro il quale dovrebbero rimanere confinati. In questo ambito semantico finis e modus sono termini caratteristici del lessico della ‘giusta misura’.…e i sentimenti eccessivi Gli eccessi e i turbamenti dell’animo si riflettono negati-vamente anche sull’aspetto esteriore, com-promettendo il decorum della persona, come dimostra l’atteggiamento di chi è adirato o di chi smania per una gioia eccessiva (voluptate nimia gestiunt): anche la gioia, il piacere, se eccessivi e smodati, sono dunque censurabi-li. L’aggettivo nimius, e insieme l’avverbio ni-mis, sono termini ricorrenti rispetto al modus, alla misura: si pensi al terenziano (Andria, v. 61), ma già proverbiale, ne quid nimis («niente di troppo, di eccessivo»).