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ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DI BOLOGNA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di laurea in infermieristica LA NASALCPAP IN EPOCA NEONATALE: ASPETTI FONDAMENTALI DELLA GESTIONE INFERMIERISTICA Tesi di laurea in Infermieristica Clinica II Presentata da: Relatore: Prof. ssa Samantha Castellani Anna Maria Gugnali Sessione III ANNO ACCADENICO 2004-2005

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ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di laurea in infermieristica

LA NASALCPAP IN EPOCA NEONATALE: ASPETTI FONDAMENTALI

DELLA GESTIONE INFERMIERISTICA

Tesi di laurea in Infermieristica Clinica II

Presentata da: Relatore: Prof. ssa Samantha Castellani Anna Maria Gugnali

Sessione III

ANNO ACCADENICO 2004-2005

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II

Alla memoria di mio Padre

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III

Immagine tratta da: www.abaxjp.com/gw04-galatea/batoni-bambini.jpg

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IV

Indice

Introduzione pag. 1

Capitolo primo

Anatomia dell'apparato respiratorio e fisiologia

della respirazione in epoca neonatale pag. 3

1.1 L'apparato respiratorio del neonato: struttura e funzione pag. 4

1.2 Lo sviluppo del polmone pag. 4

1.2.1 Lo sviluppo prenatale del polmone pag. 5

1.2.2 Lo sviluppo postnatale del polmone pag. 6

1.3 Le vie aeree: note di anatomia pag. 6

1.3.1 Le alte vie aeree pag. 6

1.3.2 Le basse vie aeree pag. 7

1.3.3 Il sistema di difesa mucociliare pag. 9

1.4 La fisiologia della respirazione neonatale pag. 10

1.4.1 La meccanica della respirazione pag. 10

1.4.2 Proprietà elastiche del polmone pag. 11

1.4.3 La resistenza delle vie aeree pag. 13

1.4.4 I volumi polmonari: terminologia pag. 14

1.4.5 Il lavoro respiratorio pag. 15

1.4.6 Fisiologia dello scambio dei gas pag. 15

1.4.7 Il rapporto ventilazione/perfusione pag. 17

1.5 Il controllo del respiro alla nascita pag. 18

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V

Capitolo secondo

L'insufficienza respiratoria nel neonato pag. 20

2.1 Definizione pag. 21

2.2 Patologie causa di insufficienza respiratoria pag. 22

2.2.1 La malattia delle membrane ialine o sindrome da

distress respiratorio (RDS) pag. 23

2.2.2 Le crisi d'apnea pag. 25

2.3 Valutazione del neonato pag. 26

2.4 Gestione del neonato pag. 29

2.4.1 Presa in carico del neonato: ruolo infermieristico pag. 29

Capitolo terzo

Tecniche di supporto ventilatorio al neonato pag. 35

3.1 Il trattamento dell'insufficienza respiratoria: obiettivi pag. 36

3.2 Modalità di ossigenoterapia pag. 36

3.3 La ventilazione meccanica: indicazioni pag. 37

3.3.1 Classificazione della moderne tecniche di ventilazione pag. 38

3.3.2 La Ventilazione Sincronizzata pag. 40

3.3.3 La Ventilazione Oscillatoria ad Alta Frequenza (HFOV) pag. 45

3.4 Sistemi di monitoraggio in continuo dell'ossigenazione pag. 47

3.5 La ventilazione meccanica: responsabilità infermieristiche pag. 49

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VI

Capitolo quarto

Ventilazione non invasiva: CPAP

(continuous positive airway pressure) pag. 52

4.1 CPAP convenzionale e NASALCPAP pag. 53

4.2 Evoluzione della CPAP pag. 54

4.3 Effetti sul sistema respiratorio pag. 55

4.4 Effetti su altri organi e apparati pag. 56

4.5 Circuiti per la somministrazione pag. 57

4.6 Modalità di somministrazione pag. 59

4.7 Applicazioni cliniche pag. 61

4.7.1 La NasalCPAP nel neonato di peso molto basso

e nella Sindrome da Distress Respiratorio pag. 62

4.7.2 La NasalCPAP nell’apnea neonatale pag. 65

4.7.3 La NasalCPAP nello svezzamento dalla ventilazione meccanica pag. 65

4.8 Effetti collaterali/complicanze connesse all’uso pag. 66

4.9 Entità del supporto pressorio pag. 68

4.10 Monitoraggio pag. 68

4.11 Criteri di fallimento pag. 70

4.12 Sospensione pag. 70

Capitolo quinto

L’infermiere e la gestione del neonato in NCPAP pag. 72

5.1 Introduzione pag. 73

5.2 NasalCPAP e sistema Infant Flow pag. 74

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VII

5.3 Il sistema Infant Flow: principio di funzionamento pag. 75

5.4 Componenti del circuito pag. 76

5.5 Tecnica di applicazione pag. 81

5.6 Posizionamento del neonato pag. 92

5.7 Umidificazione e riscaldamento pag. 94

5.8 Aspirazione delle vie aeree pag. 94

5.9 Alimentazione pag. 95

5.10 Monitoraggio del neonato in

NCPAP: responsabilità infermieristiche pag. 99

Conclusioni pag. 103

Bibliografia pag. 104

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- 1 -

INTRODUZIONE

Durante il tirocinio clinico svolto nell’unità di terapia intensiva neonatale

di Rimini, si è avuto modo di osservare, rimanendone particolarmente

colpiti, l’assistenza estremamente complessa che ruota attorno al neonato

prematuro. La sopravvivenza dei neonati prematuri è oggi una realtà che

supera, nei centri più qualificati, l’85% dei ricoveri. Tale indice di

sopravvivenza è il risultato del costante impegno, sotto il profilo sanitario

organizzativo ed assistenziale, profuso in questi anni, che necessita di

continui incentivi e miglioramenti, innanzitutto per quel che concerne i

protocolli e le tecniche di Terapia Intensiva Neonatale 1 . La nascita di

neonati a volte particolarmente pretermine, pone di fronte a problematiche

assistenziali complesse, dovute al fatto che questi neonati presentano una

serie di disturbi tanto più gravi man mano che scendiamo con l’età

gestazionale. Quando non è stata raggiunta la piena maturazione del

polmone, quasi invariabilmente alla nascita, il neonato va incontro alla

“Sindrome da Distress Respiratorio” (R.D.S.), che nei paesi sviluppati

costituisce a tutt’oggi la principale causa di morbosità e mortalità

perinatale2.

La “Sindrome da Distress Respiratorio” si verifica quasi sempre nei neonati

nati prima della trentasettesima settimana di gestazione e poiché si

manifesta con problematiche respiratorie più o meno gravi nel neonato ,

richiede spesso l’applicazione di tecniche di assistenza ventilatoria.

E’oramai confermato dalla letteratura che l’uso della ventilazione non

invasiva, la CPAP, anche nei neonati prematuri di peso molto basso

(VLBW), è in grado di ridurre drasticamente le complicanze

dell’intubazione tracheale e della ventilazione artificiale tradizionale in

genere, tra cui le complicanze infettive conseguenti all’invasione delle vie

aeree e al barotrauma; in più l’introduzione di nuovi e più efficaci sistemi

di erogazione della CPAP 3 ha consentito il suo utilizzo come supporto

1Assumma M.,Gli aspetti organizzativi dell’assistenza al nato pretermine, Atti del Convegno La nascita pretermine all’inizio del terzo millenni ,Roma , 19 novembre 2005, pp. 40-41 2http://www.cesil.com/marzo01/italiano/3cosmit.htm Ultimo accesso: 3 ottobre 2005 h.18.00 3 Moa G, Nilsson K, Zetterström H, et al. A new device for administration of nasal continuous positive airway pressure in the newborn: an experimental study. Crit Care Med 1988;16:1238–45

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- 2 -

respiratorio iniziale 4 , (“early CPAP”) in neonati prematuri prima

considerati a rischio così elevato da rendere necessario il ricorso alla

ventilazione meccanica. Partendo dalla constatazione che questa modalità

di assistenza ventilatoria è sempre più utilizzata, si è deciso di

approfondire lo studio della gestione del neonato sottoposto a nasalCPAP

(NCPAP) proprio perché, soprattutto nella gestione di questi piccoli

pazienti, l’assistenza infermieristica è fondamentale per garantire la buona

riuscita del trattamento. Non necessariamente infatti l’utilizzo di una

tecnica meno invasiva ha come conseguenza quella di una minore necessità

di sorveglianza, al contrario la NCPAP, soprattutto nei neonati più piccoli

impone un’accuratezza e una intensità di assistenza infermieristica tali da

necessitare di personale esperto e qualificato.

L’obiettivo dell’elaborato è stato quello di delineare le tappe evolutive di

questa modalità ventilatoria, soffermandosi sui più recenti sistemi e metodi

di applicazione, in particolar modo approfondendo gli aspetti che

riguardano la “care” infermieristica. Lo studio della gestione dei neonati

trattati con questo presidio è stato affrontato attraverso la ricerca di fonti

bibliografiche che potessero fornire informazioni utili, basate su evidenze

scientifiche, sull’assistenza a questi piccoli pazienti, attraverso la

consultazione di banche dati online quali Medline, Cinahl, Embase, siti

infermieristici italiani e internazionali, libri, riviste, atti di congressi.

4 Verder H. ,Robertson B. ,Greisen G.,et al. Nasal continuous positive airway pressure end early surfactant therapy for respiratory distress syndrome in newborn of less than 30 weeks gestation , Pediatrics 1999; 103: e24 [PMID: 9925870]

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- 3 -

CAPITOLO PRIMO

ANATOMIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO

E FISIOLOGIA DELLA RESPIRAZIONE IN

EPOCA NEONATALE

Sommario: 1.1 L’apparato respiratorio del neonato: struttura e funzione.

1.2 Lo sviluppo del polmone. 1.2.1 Lo sviluppo prenatale del polmone

1.2.2 Lo sviluppo postatale del polmone. 1.3 Le vie aeree: note di

anatomia. 1.3.1 Le alte vie aeree 1.3.2 Le basse vie aeree. 1.3.3 Il sistema

di difesa mucociliare. 1.4 La fisiologia della respirazione. 1.4.1 La

meccanica della respirazione. 1.4.2 Proprietà elastiche del polmone. 1.4.3

La resistenza delle vie aeree. 1.4.4 I volumi polmonari:terminologia. 1.4.5

Il lavoro respiratorio. 1.4.6 Fisiologia dello scambio dei gas. 1.4.7 Il

rapporto ventilazione / perfusione. 1.5 Il controllo del respiro alla nascita.

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1.1 L’APPARATO RESPIRATORIO DEL NEONATO:

STRUTTURA E FUNZIONE

L’apparato respiratorio è costituito da una serie di strutture, suddivisibili in

alte vie aeree e basse vie aeree, che dal naso e dalle labbra si estendono

fino ai polmoni. L’organo principale del sistema respiratorio è proprio il

polmone, la cui funzione è quella di garantire l’apporto di O2 ai tessuti e la

rimozione della CO2 generata dai processi metabolici cellulari; per

assicurare tale funzione il polmone deve anche mantenere le vie aeree

libere da germi patogeni e da scorie, garantire un’adeguata umidificazione

dei gas e idratazione della superficie epiteliale, ridurre le forze di tensione

superficiale presenti nell’interfaccia aria/liquido a livello alveolare e

garantire un adeguato flusso ematico nel circolo capillare.

Da un punto di vista strutturale si riconosce nel polmone una zona destinata

alla conduzione dei gas, che va dalla trachea ai bronchioli terminali ed è

caratterizzata da una serie di 23 successive diramazioni dell’albero

respiratorio e una zona alveolare dove avvengono gli scambi dei gas e di

cui l’acino rappresenta l’unità funzionale5.

1.2 LO SVILUPPO DEL POLMONE

Lo sviluppo del polmone umano abbraccia un periodo che inizia con

l’apparire della gemma polmonare nell’embrione, per terminare nella prima

infanzia dopo una crescita relativamente stabile e progressiva. La nascita

per quanto rappresenti un evento che implica drammatici cambiamenti nelle

funzioni di quest’organo, non va considerata come un preciso punto di

passaggio da uno stadio di sviluppo ad un altro. Ciò nondimeno la sua

importanza giustifica la divisione dello sviluppo del polmone in una fase

prenatale e in una fase postnatale, anche per rimarcare che al termine della

gestazione quest’organo non ha ancora raggiunto la sua maturità, momento

ancora non identificato con precisione6.

5 Moretti C. Disturbi respiratori del neonato dalla patogenesi alla terapia, Masson , Milano, 2002, pp.3 6 Moretti C., 2002, op.cit., pp. 4

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1.2.1 SVILUPPO PRENATALE DEL POLMONE

La fase di sviluppo prenatale del sistema respiratorio, viene, a sua volta,

convenzionalmente suddivisa in cinque periodi in base al quadro istologico;

tra questi periodi manca una precisa demarcazione, ma la loro

identificazione può comunque semplificare la comprensione della

morfogenesi del polmone.

Il polmone si sviluppa, tra la settima e l' ottava settimana di gestazione, a

partire da un'invaginazione ventrale dell'intestino anteriore, la cosiddetta

doccia tracheale. Questa ben presto si isola dal tratto digerente per

suddividersi nei bronchi principali e lobari, con lo sviluppo delle

ramificazioni linfovascolari che segue di pari passo quella dell'albero

bronchiale. Il periodo pseudoghiandolare va dalla nona alla sedicesima

settimana di gestazione. Durante tale periodo i bronchi si suddividono in

maniera dicotomica per completare la struttura bronchiale pre-acino. Dalla

diciasettesima alla ventiquattresima settimana si sviluppa quindi la vera e

propria unità funzionale polmonare, l 'acino (fase canalicolare). In tale

periodo, gli acini vengono invasi da capillari polmonari e si differenziano i

pneumociti di tipo II, deputati alla produzione del surfattante, a partire da

cellule totipotenti. Contemporaneamente, comincia la produzione di

secrezioni polmonari endoluminali e di surfattante. Infine, dalla 25a

settimana sino al termine (fase sacculare) diviene morfologicamente

identificabile e progressivamente attiva la membrana alveolo-capillare, con

pneumociti di tipo I, che ricoprono la superficie alveolare e pneumociti di

tipo II, che continuano il loro processo maturativo7.

Verso la fine della gestazione, circa alla 36a settimana, inizia la fase

alveolare che avrà termine nella prima infanzia, verso i 18-24 mesi di vita e

che porterà alla formazione di un numero finale di alveoli di circa 200-300

milioni. La fase dell’alveorizzazione va in ogni modo considerata un evento

prevalentemente postnatale dato che circa l’85% degli alveoli si forma

entro i primi 24 mesi, anche se un progressivo ma lieve incremento sembra

avvenire fino agli otto anni di vita8.

7 http://www.apog.it/Pre/pre01/paladini.htm Ultimo accesso: 29 settembre 2005 h.14.30 8 Moretti C., 2002, op.ct. pp. 7

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1.2.2 SVILUPPO POSTNATALE DEL POLMONE

Durante il periodo postnatale, dalla 36a settimana ai 18 mesi postnatali si

assiste alla crescita progressiva del numero degli alveoli polmonari e alla

maturazione del circolo polmonare. Già dalle prime settimane di vita si

assiste ad un assottigliamento dell’interstizio dei setti alveolari con un

progressivo avvicinamento delle due reti capillari, cui segue un processo di

fusione. La trasformazione da doppio a singolo strato della rete capillare

contenuta all’interno dei setti alveolari rappresenta l’ultimo stadio dello

sviluppo polmonare. Un altro fenomeno caratteristico delle prime fasi dello

sviluppo postatale del polmone è il progressivo aumento della sua

aerazione, definita dal rapporto tra contenuto d’aria e volume polmonare.

Oltre i 18-24 mesi lo sviluppo del polmone avviene parallelamente alla

crescita della massa corporea e con un rapporto stabile tra contenuto aereo

e volume polmonare9.

1.3 LE VIE AEREE: NOTE DI ANATOMIA

Le vie aeree si dividono in alte vie, che dal naso e dalle labbra si estendono

fino alla glottide, ed in basse vie, che includono le vie aeree sotto la

glottide.

1.3.1 LE ALTE VIE AEREE

Le alte vie aeree, mediante una complessa innervazione ed interazione di

muscoli e cartilagini, presiedono al controllo del respiro, della

deglutizione, della fonazione e della protezione dalla inalazione. Nel

neonato le alte vie aeree differiscono per struttura e funzione da quelle

dell’adulto. Il palato molle è aderente alla base della lingua in modo da

chiudere l’istmo oro-faringeo e mantenere la pressione negativa generata

durante la suzione; il corpo della laringe è localizzato in posizione più

9 Moretti C., 2002, op.ct. pp. 8

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cefalica, a livello di C3 rispetto a C4-C5 dell’adulto, cosicché l’epiglottide

va quasi a congiungersi con il palato molle stesso. Si viene così a realizzare

una continuità naso–faringo-laringea che favorisce la respirazione nasale.

Nei neonati sani anche se di bassa età gestazionale è stata comunque

dimostrata la capacità di passare dalla respirazione nasale a quella orale in

seguito all’occlusione delle narici. Le alte vie aeree, formate da una serie

di strutture ossee e cartilaginee unite l’una con l’altra da muscoli e

legamenti così da realizzare un condotto fino alla trachea, hanno dei

supporti rigidi rappresentati superiormente dalla base del cranio e dal

palato duro, anteriormente dalla mandibola e dall’osso ioide e

inferiormente dalla cartilagine tiroidea e cricoide.

La laringe è delimitata anteriormente dall’epiglottide, che nel neonato

assume la tipica morfologia ad omega. La parte posteriore della laringe è

formata dal castone della cartilagine cricoide, su cui poggiano le due

cartilagini aritenoidee. All’interno della laringe si osserva una fenditura

allungata delimitata dalle corde vocali; queste ultime costituiscono

l’apparato della fonazione o glottide. Nel neonato la glottide ha l’aspetto di

una apertura triangolare, con un diametro antero-posteriore di circa 7mm ed

una base di 4mm, ma il punto più ristretto delle vie aeree superiori (5-7mm

di diametro) è situato nella regione sottoglottica a livello della cartilagine

cricoide e non a livello della glottide come nell’adulto. Tale caratteristica

conferisce alla laringe del neonato una struttura ad imbuto piuttosto che

cilindrica come nelle età successive e rende la zona sottoglottica la più

facilmente soggetta a stenosi in quanto l’edema post traumatico della

mucosa, per la struttura ad anello completo della cricoide, può svilupparsi

solo verso l’interno con notevole riduzione del calibro delle vie aeree.

Questa stretta anatomia è la ragione per cui infiammazioni delle mucose

(es. epiglottidi, laringo-tracheobronchiti) possono portare a gravi difficoltà

respiratorie10.

1.3.2 LE BASSE VIE AEREE

L’albero respiratorio del neonato è formato da strutture dinamiche che

10 Moretti C., 2002, op.ct. pp.44

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cambiano diametro in risposta ad una molteplicità di stimoli e non da

condotti rigidi; le variazioni del calibro hanno lo scopo di regolare il flusso

aereo ed una funzione di difesa. La trachea, che nel neonato ha una

lunghezza di 4-5cm, è formata da una tunica fibrosa al cui interno sono

contenuti circa 16-20 anelli cartilaginei a forma di C, uniti posteriormente

dalla parsmembranacea; quest’ultima è formata dalla tunica fibrosa stessa e

da bande di fibre muscolari lisce. La struttura cartilaginea è essenziale per

fornire alla trachea un’adeguata rigidità muscolare, in particolar modo

durante la fase espiratoria. Nei grossi bronchi le cartilagini hanno una

forma più irregolare rispetto alla trachea, ma sono presenti in ogni piano

trasversale; man mano che le ramificazioni bronchiali progrediscono la

percentuale di tessuto cartilagineo tende a diminuire, fino ad essere

presente, nelle aree di piccolo calibro, solo all’origine dei bronchioli.

Tessuto cartilagineo è identificabile a livello tracheale già dall’8a

settimana di età gestazionale (EG), per poi svilupparsi gradualmente in

direzione centrifuga fino alla 25a settimana, quando l’intero processo di

ramificazione bronchiale è già completo da tempo. La trachea dei prematuri

rispetto ai nati a termine possiede una maggiore compliance a causa

dell’immaturità polmonare degli anelli cartilaginei; per cui quando sono

assistiti con alte pressioni di ventilazione possono facilmente sviluppare un

quadro radiologico di tracheomegalia. Nel feto di 25 settimane di EG il

rapporto tra tessuto muscolare e circonferenza delle vie aeree è

sovrapponibile a quello di un neonato a termine, ed anche l’innervazione

appare ben sviluppata. Un aspetto sorprendente di queste strutture è la

rapidità con cui iniziano a contrarsi ciclicamente durante la vita fetale che

potrebbe avere un ruolo nello sviluppo del parenchima polmonare mediante

l’attivazione di specifici fattori di crescita. Nelle prime settimane di vita

dopo la nascita vi è un rapido aumento della quantità di muscolatura liscia

a livello delle vie aeree, fenomeno, probabilmente secondario all’inizio

della ventilazione polmonare poiché avviene anche nei bambini nati

prematuramente e sembra correlato più con l’età postnatale che con quella

postconcezionale 11 . Il sistema bronchiale del neonato e del lattante è in

termini assoluti più stretto di quello dell’adulto e questo causa un aumento

11 Moretti C., 2002, op.ct. pp. 46-47

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delle resistenze delle vie aeree. La presenza di infiammazioni delle mucose

o broncospasmo (es. asma, bronchioliti) producono un ulteriore aumento

delle resistenze delle vie aeree, che a loro volta aumentano lo sforzo

respiratorio. Pertanto le patologie di tipo ostruttivo nei neonati e nei

lattanti possono essere di particolare gravità. Inoltre, come abbiamo già

accennato, la compliance del polmone è bassa ed aumenta solo lentamente

al passare dei mesi; di conseguenza il respiro spontaneo dei neonati e dei

lattanti avviene contro una resistenza aumentata ed i volumi polmonari

saranno inferiori rispetto ad altre epoche della vita. La presenza del tubo

endotracheale aumenta ulteriormente la resistenza delle vie aeree e

comporta per il bambino in respirazione spontanea un elevato sforzo

respiratorio. Ragion per cui, i neonati intubati, sopportano solo brevi

periodi di respirazione spontanea se questa non viene supportata dal lavoro

del respiratore meccanico12.

1.3.3 IL SISTEMA DI DIFESA MUCOCILIARE

Le vie aeree sono rivestite da un epitelio ciliare colonnare

pseudostratificato, che si trasforma in prossimità delle unità respiratorie in

epitelio ciliato cuboidale. Il muco è prodotto principalmente dalle cellule

mucipare caliciformi. Le cellule ciliate, disseminate su tutto l’epitelio,

rappresentano un essenziale sistema di difesa in quanto responsabili del

movimento del muco e delle eventuali cellule batteriche o particelle inalate

dalle vie aeree periferiche verso il faringe. La ventilazione a pressione

positiva, la presenza del tubo tracheale, le alte concentrazioni di ossigeno e

le infezioni compromettono notevolmente la funzionalità delle cilia; la

prolungata esposizione di gas non umidificati ha un effetto ancor più

dannoso in quanto annulla la motilità ciliare

in poche ore13.

12 Ginepro M., Debole M., Cupic B., La ventilazione neonatale artificiale e pediatrica , Milano, 2003, materiale ad uso didattico del personale di Vendita e di Assistenza Tecnica Burke Burke SpA. pp.14 13Moretti C., 2002, op.ct. pp.49

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1.4 LA FISIOLOGIA DELLA RESPIRAZIONE

L’apporto di O2 ai tessuti e la rimozione della CO2 generata dai processi

metabolici cellulari sono garantiti dall’attività simultanea dell’apparato

respiratorio e del sistema cardiocircolatorio. Le fasi principali di questi

processi sono:

- la ventilazione polmonare, che consiste nell’immissione ritmica di

gas freschi nell’alveolo; “volume tidal” (volume corrente) deriva

dall’inglese tide che si traduce marea, che ben rappresenta il flusso e

reflusso dei gas;

- la diffusione di O2 e CO2 a livello dell’unità alveolo-capillare;

- la perfusione capillare, che consente il trasporto di O2 e CO2 verso e

dai tessuti.

Il sistema cardiocircolatorio, al contrario di quello respiratorio, è un

sistema chiuso a circolazione unidirezionale14.

1.4.1 LA MECCANICA DELLA RESPIRAZIONE

La ventilazione alveolare è ottenuta mediante l’espansione polmonare, a

sua volta realizzata con la dilatazione della gabbia toracica. Polmoni e

gabbia toracica si trovano a riposo in una condizione di equilibrio

determinata dalla risultante di due forze tra loro contrastanti: la retrazione

elastica verso l’interno del parenchima polmonare e la trazione elastica

verso l’esterno della gabbia toracica. Il volume polmonare che risulta da

questo equilibrio è definito capacità funzionale residua (CFR). Il risultato

di questa interazione è la presenza di una pressione negativa di circa -3, -5

cmH20 a livello dello spazio endopleurico, cavità virtuale. Durante il

respiro tranquillo gran parte del volume corrente è assicurata dal

diaframma, muscolo innervato dai nervi frenici, la cui contrazione

determina l’aumento del diametro verticale della gabbia toracica; l’aumento

del diametro antero-posteriore è dovuto alla contrazione dei muscoli

intercostali interni che fanno ruotare le coste sul loro asse verso l’alto. Nel

neonato la stabilità del torace è fornita da una posizione piuttosto

14 Moretti C., 2002, op.ct. pp.29

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orizzontale delle costole e i muscoli intercostali, contraendosi

simultaneamente al diaframma, hanno la funzione di fornire rigidità alla

gabbia toracica piuttosto che di espanderla durante la fase inspiratoria. Gli

scambi respiratori sono quindi assicurati soprattutto dall’attività del

diaframma, meno efficiente nel neonato rispetto all’adulto per una

conformazione più piana che ne riduce l’escursione e per le sue

caratteristiche istologiche. Il torace del prematuro, inoltre, è facilmente

soggetto a distorsione per la scarsa ossificazione delle coste e dello sterno

e per la ridotta funzionalità dei muscoli intercostali. La distorsione del

torace durante l’inspirazione costringe il diaframma ad un extralavoro:

infatti per mantenere costante il volume corrente l’escursione del

diaframma deve aumentare in modo da compensare il movimento paradosso

della gabbia toracica. Questo fenomeno contribuisce ad accelerare

l’esaurimento funzionale respiratorio a cui vanno incontro i neonati di

basso peso affetti da distress respiratorio(RDS). La fase espiratoria, al

contrario, è usualmente un fenomeno passivo determinato dalle forze di

retrazione elastica dei tessuti distesi; quanto maggiore è la distensione del

polmone durante l’inspirazione tanto maggiore è la tendenza al ritorno

elastico15.

1.4.2 PROPRIETA’ ELASTICHE DEL POLMONE

La compliance è un valore che esprime l’elasticità del polmone o, per

meglio dire, la sua capacità a lasciarsi distendere e viene definita mediante

la correlazione tra la pressione applicata agli alveoli (P) e le conseguenti

variazioni di volume (V):

C=V/P

Quanto maggiore è il suo valore tanto più grande sarà il volume di gas

accolto nel polmone per unità di variazione di pressione16.

La compliance viene definita:

- compliance dinamica, quando essa viene misurata mentre la

ventilazione artificiale o spontanea è in corso;

15 Moretti C., 2002, op.ct. pp. 29-30 16 Moretti C., 2002, op.ct. pp.30

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- compliance statica, viene calcolata misurando la pressione esercitata

dopo la insufflazione del polmone con un volume conosciuto di gas:

questa misurazione presuppone la paralisi farmacologia del neonato

è17.

Valori normali nel neonato a termine: 2-5ml/cmH2O

Compliance dei neonati pretermine con RDS: < 0.5-2 ml/cmH2O

I fattori che determinano il grado di elasticità del polmone sono la presenza

di fibre elastiche nel parenchima e le forze di tensione superficiale del

liquido che bagna le pareti degli alveoli. La tensione superficiale dipende

dalla reciproca attrazione delle molecole che stanno alla superficie del

liquido stesso. Questa forza di attrazione tende a ridurre la superficie (e

quindi il volume) dei singoli alveoli e a farli collassare; tali forze per

quanto minuscole, sommandosi tutte insieme, tendono a far collassare

l’intero polmone e a farlo allontanare dalla parete toracica. La presenza

sulla superficie alveolare di uno strato di fattore tensioattivo o surfattante,

formato da diversi fosfolipidi, ha la funzione di ridurre le forze di tensione

superficiale e di stabilizzare le dimensioni degli alveoli. Per la legge di

Laplace18, infatti, la pressione necessaria a mantenere

espanso un alveolo aumenta in proporzione al ridursi del suo raggio;

dovrebbe conseguirne un progressivo svuotamento degli alveoli più piccoli

in quelli più grandi, ma l’azione del surfattante di diminuire la tensione

superficiale è tanto più efficace quanto più l’alveolo si riduce di

dimensioni per la maggiore concentrazione di molecole di tensioattivo.

Riassumendo il surfattante ha le seguenti funzioni:

- riduce il lavoro respiratorio per la maggiore attitudine del polmone

ad essere disteso;

- aumenta la CFR per la minore tendenza del polmone al collasso;

- ha un ruolo antiedema, in quanto l’aumento della tensione

superficiale facilita il richiamo di liquidi dai capillari negli alveoli;

- stabilizza le dimensioni alveolari.

Il surfattante viene prodotto dopo il secondo trimestre di gestazione e

permette nei neonati in respiro spontaneo un minore lavoro respiratorio e

17 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.18-19 18 Pressione= 2x(tensione superficiale)/raggio

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nei neonati in ventilazione meccanica l’utilizzo di pressioni di picco

inferiori.

Un ulteriore fattore che contribuisce a stabilizzare la dimensioni degli

alveoli è rappresentato dalla loro interdipendenza meccanica: se un alveolo

tende a collassare aumenta lo stress sulle pareti degli alveoli adiacenti che

l’aiutano a mantenersi espanso19.

1.4.3 LA RESISTENZA DELLE VIE AEREE

Per ventilare l’aria all’interno e all’esterno del sistema respiratorio devono

essere vinte, oltre alla forza di retrazione elastica della gabbia toracica,

anche le resistenze opposte delle vie aeree al flusso d’aria. In fisiologia

polmonare

con il termine di resistenze delle vie aeree (R) si intende definire il

rapporto tra la differenza di pressione tra alveoli e bocca (ΔP) ed il flusso

(V) che ne deriva20:

R= ΔP/V

In altre parole la resistenza è il gradiente di pressione necessario per

muovere il gas nelle vie aeree con un volume costante per unità di tempo

(cioè a flusso costante) 21 . Nel sistema respiratorio circa il 30-40% delle

resistenze è localizzato a livello del naso, dell’oro-faringe e del faringe,

mentre a livello dell’albero tracheobronchiale le strutture che offrono la

maggiore resistenza al flusso sono i bronchi di media grandezza e non le

vie aeree di piccolo calibro. Tra i fattori determinanti il grado di resistenza

offerto da un condotto, oltre alla sua lunghezza ed al suo raggio, è da

rimarcare anche il tipo di flusso che scorre al suo interno, se di tipo

laminare o turbolento. Il flusso turbolento che insorge prevalentemente nei

punti di ramificazione o quando il flusso aereo è elevato ed il raggio del

condotto è grande, genera una resistenza maggiore rispetto ad un flusso

uguale ma di tipo laminare. Il progressivo aumento dell’area di sezione

totale verso la periferia del polmone implica una progressiva riduzione

19 Moretti C., 2002, op.ct. pp. 30-33 20 Moretti C., 2002, op.ct. pp.33 21 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.20

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della velocità del flusso aereo, che è assai basso e di tipo laminare a livello

delle vie aeree di piccolo calibro, mentre a livello della trachea e dei

grossi bronchi avviene essenzialmente in regime turbolento22. In condizioni

di flusso laminare, la resistenza è una funzione della lunghezza e del raggio

secondo la legge di Hagen-Poiselle: R=8 µl/ Πr. Nella pratica clinica

questa osservazione deve essere soprattutto tenuta presente nella scelta del

tubo tracheale per la ventilazione meccanica o delle naso-cannule per

l’applicazione della pressione positiva continua; anche queste protesi,

infatti, contribuiscono alla formazione delle resistenze al flusso nelle vie

aeree del neonato e l’uso di presidi lunghi e di piccolo calibro possono

essere estremamente controproducenti nell’assistenza respiratoria di questi

piccoli pazienti. Riduzioni del raggio della metà richiederebbero una

pressione di spinta sedici volte maggiore per mantenere la stessa velocità di

flusso del gas. Per questo motivo si tende sempre a scegliere il diametro

maggiore del tubo endotracheale o delle nasocannule, al fine di ridurre il

più possibile il valore delle resistenze al flusso e quindi il lavoro

respiratorio aggiunto al paziente23.

1.4.4 I VOLUMI POLMONARI: TERMINOLOGIA

Si definisce volume tidal (VT) il volume inspirato o espirato durante la

normale respirazione; il volume di riserva inspiratoria (IRV) quel volume

che può essere inspirato ancora dopo una normale inspirazione, ossia la

differenza fra una inspirazione normale e forzata a livello massimale; il

volume di riserva espiratoria (ERV) è il volume che può essere espirato

ancora dopo una normale espirazione, ossia, la differenza tra una

espirazione normale e forzata a livello massimale. Si definisce, inoltre,

volume residuo (VR), il volume che rimane nei polmoni anche dopo una

espirazione forzata al livello massimale; la capacità funzionale residua

(CFR) rappresenta il volume rimasto nei polmoni dopo una normale

espirazione: è la somma di VR e di ERV. La CFR può essere considerata il

volume di gas disponibile allo scambio gassoso; nei neonati sani è pari a

22 Moretti C., 2002, op.ct. pp.33 23Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.20-21

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30ml/kg di peso corporeo, mentre nei neonati con RDS è pari a 10-20ml/kg.

La capacità vitale (CV) è la differenza di volume tra l’inspirazione

massimale e l’espirazione massimale, è pertanto una misura della massima

escursione respiratoria possibile; mentre la capacità polmonare totale

(TLC) è la massima capacità d’aria dei polmoni: è la somma di CV e di VR.

Infine il volume di chiusura (VC) è quel volume al di sotto del quale le

piccole vie aeree (bronchioli), collassano durante l’espirazione24.

1.4.5 IL LAVORO RESPIRATORIO

Il mantenimento di un’adeguata ventilazione presuppone un’attività

muscolare e consumo energetico. Nell’ambito della fisiologia respiratoria il

lavoro respiratorio (L) può venire definito come il prodotto della pressione

per il volume:

L=PXV

In respiro spontaneo il lavoro respiratorio si suddivide in due componenti:

1.lavoro elastico che serve per vincere le forze elastiche (compliance): più

il polmone è “rigido, maggiore sarà il lavoro elastico da eseguire;

2.lavoro frizionale per vincere le forze tissutali non elastiche, ossia per

vincere la resistenza delle vie aeree al flusso d’aria: più strette sono le vie

aeree, maggiore è la frizione che deve essere superata e quindi maggiore

sarà il lavoro.

In ventilazione meccanica il lavoro respiratorio è funzione anche della

resistenza al flusso del tubo endotracheale e del circuito del sistema

artificiale (lavoro respiratorio aggiunto o addizionale)25.

1.4.6 FISIOLOGIA DELLO SCAMBIO DEI GAS

Sono 3 i fattori fondamentali per il normale scambio gassoso a livello

polmonare:

- Ventilazione: descrive il processo di trasporto dei gas fra gli alveoli

e l’atmosfera ed è quindi responsabile del trasporto dell’ossigeno

24 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.26-27 25 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.30-31

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dall’atmosfera e dello smaltimento dell’anidride carbonica

nell’atmosfera26. La quantità di aria fresca ventilata nelle vie aeree

in un minuto, o volume minuto (VE), corrisponde al prodotto del

volume corrente per la frequenza respiratoria: VE=VTXF

Il volume corrente o volume tidal, ha un valore nel neonato di circa

6-8ml/kg e di 4-6ml/kg nel prematuro; parte di questo volume circa il

30%, rimane all’interno delle vie aeree senza partecipare agli scambi

gassosi con il sangue (spazio morto anatomico) ed è chiamato

volume dello spazio morto (VD). Per ventilazione alveolare quindi,

s’intende il volume di aria fresca che entra nella zona respiratoria

ogni minuto e realmente disponibile per lo scambio dei gas:VA=VE-

VD.

La riduzione dell’espansione del polmone, tipica della sindrome

respiratoria, determina una diminuzione del VT e quindi della

ventilazione alveolare dato che lo spazio morto rimane invariato; ciò

costringe il neonato ad aumentare la frequenza respiratoria per

mantenere costante il volume minuto. La ventilazione alveolare viene

regolata dai centri nervosi respiratori in modo da mantenere i valori

della PCO2 arteriosa (PaCO2) intorno ai 40mmhg ed il valore della

PO2 arteriosa (PaO2) intorno a 100mmhg. Il valore della PCO2

arteriosa è proporzionale al grado di ventilazione e viene quindi

utilizzato come indice della ventilazione alveolare.

- Diffusione: consiste nel rilascio dell’O2 dagli alveoli al sangue e nel

passaggio della CO2 dal sangue agli alveoli, attraverso la membrana

alveolo capillare.O2 e CO2 si spostano da zone ad elevata pressione

parziale ad altre con bassa pressione parziale per un processo

passivo di diffusione fisica. Il tempo impiegato dalla CO2 capillare

ad equilibrarsi con la CO2 alveolare è circa lo stesso di quello

impiegato dall’O2 malgrado la velocità di diffusione della CO2 sia

20 volte superiore a quella dell’O2. Un blocco della diffusione può

verificarsi per l’aumento della ritenzione del liquido interstiziale e

alveolare nell’edema polmonare cardiogeno o non cardiogeno,

polmoniti o fibrosi. Inoltre una diminuzione della capacità di

26 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.32

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diffusione si avrà in presenza di una riduzione della superficie di

scambio tra i gas, ad es. nelle atelettasie o pneumotoraci27.

- Perfusione: con questo termine si vuole indicare il flusso ematico

che irrora il circolo polmonare e che partecipa direttamente allo

scambio gassoso. La classica causa di un’alterata perfusione è

l’embolia polmonare28.

1.4.7 IL RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE

Un adeguato scambio gassoso a livello alveolare presuppone che il rapporto

tra alveoli aperti e flusso ematico a livello dei capillari polmonari sia

ottimale. Lo scambio gassoso dell’ossigeno e dell’anidride carbonica tra gli

alveoli e i capillari polmonari dipende dall’entità assoluta della

ventilazione, perfusione e diffusione, dalla loro distribuzione

compartimentale e dalla relazione tra loro intercorrente. Il rapporto

ventilazione/perfusione (VA/Q) di un neonato a termine in condizioni

fisiologiche è approssimativamente di 0,8-1 come nell’adulto. Ciò significa

che ogni volume d’aria che arriva alla superficie alveolare entra in scambio

con un ugual volume di sangue dei capillari 29. L’alterazione del rapporto

ventilazione/perfusione è sicuramente responsabile della maggior parte dei

difetti dello scambio dell’O2 nelle malattie polmonari raramente per quelli

della CO2. Anche nel polmone sano esistono variazioni regionali nel

rapporto VA/Q, ma l’effetto complessivo sullo scambio totale dei gas è

trascurabile. La distribuzione della ventilazione, in particolare è regolata

dalla compliance del tessuto e dalle resistenze delle vie aeree; diversità di

questi fattori nell’ambito polmonare determinano una distribuzione non

uniforme della ventilazione.

Esaminiamo ora le conseguenze delle due estreme variazioni del rapporto

VA/Q, tenendo presente che nella realtà esistono gradi intermedi di queste

alterazioni:

27 Moretti C., 2002, op.ct. pp. 35-37 28 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.32 29 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.33

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- VA/Q=0, in pratica gli alveoli non sono ventilati ma sono perfusi

(effetto schunt). Il flusso di sangue attraverso i polmoni non avrà in

questo caso un adeguato scambio di gas; in altri termini questo

sangue fluisce dal cuore destro al cuore sinistro come attraverso un

circuito (schunt intrapolmonare destro-sinistro). Poiché la

dimensione dello schunt destro-sinistro intrapolmonare dipende dalla

dimensione delle aree polmonari collassate, lo scopo prioritario della

moderna terapia respiratoria è il reclutamento di queste aree

polmonari non o insufficientemente ventilate; questo si ottiene

somministrando una pressione positiva (CPAP in respiro spontaneo,

PEEP in ventilazione meccanica convenzionale ecc…).

- VA/Q= infinito, in pratica gli alveoli sono ventilati ma non perfusi

(effetto spazio morto). Anche in queste condizioni non avviene

alcuno scambio tra atmosfera e sangue; in tal caso l’aria alveolare

invece di avere delle pressioni parziali simili a quelle del sangue

venoso ha le stesse pressioni parziali dell’aria atmosferica, in altre

parole non cede O2 al sangue né assume CO2. Questa quota di

ventilazione rimane inutilizzata (spazio morto fisiologico) e va ad

aumentare lo spazio morto respiratorio provocando una diminuzione

della ventilazione alveolare30.

1.5 IL CONTROLLO DEL RESPIRO ALLA NASCITA

Durante il travaglio del parto il feto è apnoico ma alla nascita l’attività

respiratoria diventa costante e, nel neonato a termine, è pari ad una

frequenza di 20-60 atti al minuto, circa il doppio della frequenza di un

adulto, mentre il volume corrente /kg ha un valore sovrapponibile. Il ritmo

irregolare del respiro e le crisi di apnea centrali dei prematuri vengono

attribuite all’immaturità della rete neuronale, alla bassa velocità di

conduzione e alla conseguente instabilità dei meccanismi di feedback di

controllo, ma questi fenomeni, vanno in parte considerati manifestazioni

30 Moretti C., 2002, op.ct. pp.41-42

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fisiologiche dato che il feto di corrispondente età respira solo in maniera

episodica. Il fatto che neonati di 26-28 settimane di EG siano in grado di

attivare una respirazione ritmica alla nascita, dimostra comunque che il

controllo dei movimenti respiratori è già ben sviluppato con largo anticipo

rispetto al termine della gravidanza.

Alla nascita avvengono numerosi fenomeni quali l’esclusione della

placenta, l’espansione dei polmoni con aria, le modificazioni del contenuto

ematico di O2 e CO2, la riduzione delle resistenze e l’aumento del flusso

nel circolo polmonare, ognuno dei quali potrebbe avere un ruolo importante

nell’attivazione della respirazione spontanea. Il neonato viene inoltre

esposto a numerosi stimoli sensoriali quali luce, suono, tatto, dolore e

variazioni della temperatura. Dopo la nascita ventilazione e scambio dei

gas divengono funzioni interdipendenti ed i livelli di PaO2 e PaCO2

influenzano, mediante meccanismi di feedback, l’attività dei centri del

respiro, attraverso la stimolazione di chemocettori sensibili alle variazioni

dei gas ematici situati sia a livello centrale che periferico. Ulteriori sistemi

di feedback di controllo della ventilazione originano dalle vie aeree, dalla

gabbia toracica e dai recettori polmonari, ed inviano informazioni al

sistema nervoso centrale sulle proprietà meccaniche del sistema

respiratorio (compliance della gabbia toracica, resistenze delle vie aeree,

tensione dei muscoli respiratori, ecc..).Nel neonato ed in particolare nel

pretermine questi riflessi hanno molta importanza nel determinare

l’adeguato ritmo della respirazione, soprattutto nell’immediato periodo

post-natale. Variazioni nel reclutamento dei muscoli respiratori possono,

infatti, ottimizzare la strategia di ventilazione.

I centri del respiro sono sensibili quindi, oltre che a meccanismi autonomi e

metabolici, anche a segnali provenienti dalla corteccia e a molteplici

stimoli sensoriali. In epoca neonatale dunque, diversi sistemi di controllo

contribuiscono alla regolazione del respiro, anche se i loro esatti ruoli,

tempi d’intervento e reciproca influenza, sono ancora tutt’altro che

definiti31.

31 Moretti C., 2002, op.ct. pp.21

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CAPITOLO SECONDO

L’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA

NEL NEONATO

Sommario: 2.1Definizione. 2.2Patologie causa di insufficienza

respiratoria. 2.2.1 La malattia delle membrane ialine o sindrome da

distress respiratorio (RDS). 2.2.2 Le crisi d’apnea. 2.3 Valutazione

del neonato. 2.4 Gestione del neonato. 2.4.1 Presa in carico del

neonato: ruolo infermieristico.

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2.1 DEFINIZIONE

L’insufficienza respiratoria neonatale, che rappresenta la forma più comune

di patologia in epoca neonatale, ha manifestazioni eterogenee nel neonato

non solo perché diverse patologie possono presentarsi in quest’epoca con i

segni e sintomi del distress respiratorio in relazione all’età gestazionale e

quindi al grado di maturazione dell’apparato respiratorio. Mentre infatti nel

neonato a termine l’insufficienza respiratoria è causata da affezioni

polmonari o extrapolmonari che alterano il fisiologico processo di

adattamento neonatale, nel neonato pretermine è l’immaturità delle diverse

componenti del sistema respiratorio (polmonare, vascolare e biochimico)

che causa un quadro di insufficienza respiratoria di grado tanto più severo

quanto minore è l’età gestazionale.

Possiamo definire l’insufficienza respiratoria una condizione caratterizzata

da:

- compromissione, comunque determinata, degli scambi gassosi fra

l’aria ambiente e le cellule, con conseguente ridotta ossigenazione

ematica (ipossiemia) e tessutale (ipossia);

- metabolismo anaerobico del glucosio con conseguente formazione di

acido lattico che si versa in circolo o si accumula nei tessuti

riducendo il pH dei liquidi extra ed intracellulari (acidemia ed

acidosi metabolica);

- ridotta eliminazione ed accumulo di anidride carbonica (ipercapnia)

la cui idratazione (CO2 + H2O) dà luogo alla formazione e

all’accumulo di acido carbonico (H2CO3) in sede ematica, tessutale e

cellulare (acidemia ed acidosi respiratoria). Il trattamento

dell’insufficienza respiratoria richiede pertanto la comprensione dei

diversi fattori eziologici e dei meccanismi fisiopatologici che la

determinano32.

32 Generoso M., Pettini S., Becherucci P., Gancitano V., Puericultura Neonatologica Pediatria con assistenza, SEE, Firenze, 2000, pp. 345-347

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2.2 PATOLOGIE CAUSA DI INSUFFICIENZA

RESPIRATORIA

Fra le condizioni patologiche che in epoca neonatale possono contribuire a

realizzare un quadro clinico di insufficienza respiratoria, una posizione di

rilievo assumono quelle che compromettono direttamente le strutture

polmonari specificamente deputate agli scambi gassosi fra l’aria ambiente e

il sangue. Ad ognuna di tali forme si riconoscono caratteristiche peculiari

sotto il profilo eziologico, fisiopatogenetico e clinico. In generale si

possono distinguere cause polmonari ed extrapolmonari ma spesso è

possibile identificare, nello stesso neonato, la coesistenza di più patologie

associate fra loro a definire la gravità del quadro clinico33.

L’insufficienza respiratoria può essere la conseguenza di:

- Malattie dell’apparato respiratorio che determinano alterazioni della

meccanica respiratoria o degli scambi alveolo-capillari:

a. Sindrome da distress respiratorio neonatale.

b. Tachipnea transitoria

c. Sindrome da air-leak (pneumotorace, pneumomediastino)

d. Ipertensione polmonare persistente

e. Sindrome da aspirazione meconiale

f. Polmoniti congenite

g. Ernia diaframmatica e ipoplasia polmonare

h. Malformazioni congenite del sistema respiratorio

i. Emorragia polmonare

j. Displasia toracica asfissiante

- Malattie del sistema nervoso centrale e periferico con

compromissione dei meccanismi di controllo dell’attività

respiratoria:

a. Anossia alla nascita

b. Convulsioni

c. Emorragia endocranica

d. Paralisi del nervo frenico

33 Generoso M., Pettini S., Becherucci P., Gancitano V., 2000, op.ct., pp. 348

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e. Danno del midollo spinale

f. Sindrome di Werdnig-Hofman

- Malattie dell’apparato cardiocircolatorio con riduzione della

perfusione tessutale:

a. Ipovolemia

b. Scompenso cardiaco

c. Cardiopatie congenite

d. Shock

e. Anemia-emoglobinopatie

In particolare nella insufficienza respiratoria del neonato pretermine di età

gestazionale inferiore alla 30esima settimana, al primitivo deficit di

surfattante alveolare, si sovrappongono la ridotta efficienza dei muscoli

respiratori e l’aumentata elasticità della gabbia toracica che la rende

facilmente collassabile in fase espiratoria; ne deriva ipoventilazione

alveolare ed alterazione del rapporto ventilazione/perfusione che nei casi

più gravi, evolve verso l’atelettasia delle zone di parenchima polmonare

interessate 34 . Fra le patologie più frequentemente causa di insufficienza

respiratoria nel prematuro ricordiamo la “Malattia delle Membrane Ialine”

(o RDS dall’inglese “Respiratory Distress Sindrome”), le “Le crisi

d’Apnea”. Qui di seguito verranno citati i meccanismi che stanno alla base

dell’insorgenza di tali patologie.

2.2.1 LA MALATTIA DELLE MEMBRANE IALINE O

SINDROME DA DISTRESS RESPIRATORIO (RDS)

La malattia delle membrane ialine (MMI) è la causa principale di morbilità

e di mortalità nel neonato pretermine. Studi statistici effettuati sulla

malattia hanno dimostrato come la mortalità decresce con l’aumentare del

numero di settimane di gestazione del neonato. Nel neonato di età

gestazionale ≤ a 27 settimane la mortalità è addirittura superiore al 50% ,

mentre nel neonato di 31-32 settimane essa scende al 10-12%. Questo

34 Generoso M., Pettini S., Becherucci P., Gancitano V., 2000, op.ct., pp.349

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dimostra come la MMI è prevalentemente determinata da immaturità

funzionale polmonare e, più precisamente da un deficit di surfattante, ossia

di quella sostanza tensioattiva prodotta dal polmone a partire dalla 24esima

settimana di gestazione che impedisce il collabimento degli alveoli

polmonari durante gli atti respiratori 35 . La MMI può anche essere

secondaria ad altre patologie e in questo caso diventano fattori favorenti:

- l’insorgenza di asfissia in utero

- l’ingestione di meconio

- il diabete materno

- il parto cesareo del prematuro

In assenza di surfattante gli alveoli collassano, in quella zona si determina

atelettasia polmonare che si estende poi agli alveoli vicini fino ad invaderli

tutti determinando diminuzione della ventilazione e perfusione e quindi

insorgenza di un quadro di ipercapnia ed acidosi metabolica.

Nei confronti della MMI si può intraprendere una terapia farmacologia sia

prima, quando si sospetta una nascita prematura, che dopo il parto. Prima

del parto si agisce sulla madre mediante la somministrazione di cortisone

che stimola la produzione di surfattante nell’apparato respiratorio del feto.

Dopo il parto si agisce sul neonato somministrando surfattante per via

inalatoria ed eventualmente sottoponendolo a ventilazione meccanica o

nasalCPAP a seconda del decorso clinico.

La malattia da MMI può presentarsi in due momenti diversi:

- immediatamente alla nascita (soprattutto nei neonati molto prematuri

tra la 26esima e la 30esima settimana di gestazione);

- dilazionata di qualche ora ( tra la 34esima e la 37esima settimana di

gestazione).

Dal punto di vista clinico il periodo più critico per la sopravvivenza

corrisponde ai primi cinque giorni della malattia; dopo questo periodo

generalmente il numero delle cellule alveolari mature aumenta e la funzione

polmonare migliora. Di solito la durata della malattia è compresa fra i 5

giorni e le due settimane dopo la nascita. La persistenza oltre questo

periodo deve allertare nei confronti della malattia polmonare cronica36.

35 http://www.cesil.com/marzo01/italiano/3cosmit.htm Ultimo accesso: 3 ottobre 2005 h.18.00 36 http://www.neonatologia-icp.it/ Ultimo accesso: 15 gennaio 2006 h.14.00

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- 25 -

2.2.2 LE CRISI D’APNEA

L’apnea è la patologia tipica dei prematuri, ma può interessare anche i

neonati nati a termine. L’apnea viene definita nel prematuro come

un’interruzione del respiro ≥ a 20 secondi ; oppure un’interruzione del

respiro ≥ a 15 secondi nei nati a termine. L’incidenza delle apnee nel

prematuro è molto elevata: interessa fino al 65% di tutti i nati pretermine e

aumenta oltre il 65% se il neonato oltre ad essere pretermine è anche

sottopeso.

Le apnee possono essere di tre tipi:

- apnee di tipo centrale

- apnee di tipo ostruttivo

- apnee di tipo misto

L’eziologia delle apnee di tipo centrale è varia:

- immaturità dei centri del respiro e degli stimoli che fisiologicamente

attivano il respiro

- emorragia intra e peri-ventricolare

- stato settico importante

- alterazioni metaboliche di vario tipo

- grave ipotermia

Le apnee di tipo ostruttivo nel prematuro sembrano dovute a diversi fattori

tra cui:

- ridotto calibro delle vie aeree

- aumentata collassabilità delle alte vie aeree per mancanza della

fascia adiposa superficiale del collo

- ridotta stabilità del faringe

E’ stato oramai dimostrato che la maggior parte delle apnee nel neonato

prematuro presenta una componente ostruttiva, mentre le apnee

esclusivamente centrali sono meno frequenti37.

L’apnea si manifesta particolarmente durante il sonno e comporta una

desaturazione plasmatica cioè un calo di ossigeno ai tessuti ed una

bradicardia riflessa.

37 Moretti C.,2002, op.ct. pp. 453-455, 456-457

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Il cardine del comportamento terapeutico dipende dalla gravità e dalla

complessità della situazione: nelle forme più semplici è sufficiente

avvalersi della stimolazione di quelle zone che sono dette reflessogene (i

piedini del neonato, i lobi delle orecchie, le manine ) al fine di indurre la

ripresa delle respirazione; nei casi più gravi, la terapia consiste nella

somministrazione di ossigeno con maschera al momento dell’insorgenza

della crisi, oppure nell’applicazione della nasalCPAP o della ventilazione

meccanica. Fa parte inoltre del trattamento terapeutico anche la

somministrazione farmacologia di caffeina o teofillina ove le condizioni del

neonato lo richiedano38.

2.3 VALUTAZIONE DEL NEONATO

Per attivare le procedure di stabilizzazione respiratoria del neonato, occorre

innanzitutto effettuare una corretta valutazione, questa passa attraverso la

semeiotica classica per la diagnostica e l’impiego del punteggio di

Silverman-Anderson per la stadiazione del distress respiratorio.

L’osservazione aiuterà nell’inquadramento del neonato che, a differenza del

bambino e dell’adulto, rappresenta un “libro aperto” del quale è possibile

sapere molto attraverso la semplice osservazione.

Effettuata la rianimazione primaria, occorre valutare:

- la validità della prestazione respiratoria;

- l’adeguatezza degli scambi respiratori (assenza di cianosi, SatO2,

esecuzione dell’emogasanalisi);

- lo sforzo respiratorio e il possibile esaurimento muscolare del

neonato specie se prematuro39.

Per potere evidenziare le possibili variazioni dalla norma è necessario

conoscere le caratteristiche del respiro fisiologico del neonato. A tal

proposito si ricorda che la frequenza respiratoria nel neonato a termine si

aggira intorno ai 20/60 atti respiratori al minuto, nel pretermine intorno ai

38 Generoso M., Pettini S., Becherucci P., Gancitano V., 2000, op.ct., pp.348-356 39 http://www.ospedale.cuneo.it/tin/pdf/manuale_corso_stabilizzazione.pdf Ultimo accesso: 3 novembre 2005 h.16.00

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40/60 atti al minuto, il respiro risulta essere irregolare per frequenza ed

ampiezza ed è prevalentemente un respiro addominale. La frequenza

cardiaca normale è compresa tra 120-170 battiti al minuto nel pretermine,

110-140 nel nato a termine con normali variazioni fisiologiche durante il

sonno(80-100) o il pianto (180-200), la saturazione dell’ossigeno (SatO2)

rilevata attraverso il pulsossimetro ha un valore normale di 97-100% nel

nato a termine, 90-94%, nel prematuro, mentre un valore < a 85% indica

insufficienza respiratoria; la temperatura si aggira intorno ai 36-37 gradi

centigradi. Per quanto riguarda i valori emogasanalitici, che ci danno

indicazioni sia sull’efficienza degli scambi gassosi che sulla situazione

metabolica del neonato, in una situazione normale si avrà un pH compreso

tra 7.30-7.40 (mai inferiore a 7,20), una PaCO2 di 30-35 mmHg, una PaO2

> 60 mmHg in aria ambiente. Inoltre è essenziale osservare il neonato per

quanto riguarda il colorito che di norma è roseo anche se può essere

presente nelle prime 24 ore dalla nascita cianosi periferica e nel prematuro

un colorito eritrosico. E’ necessario osservare la postura del neonato che

dopo le 35 settimane di gestazione si presenta con gli arti flessi e un buon

tono muscolare, a differenza del neonato prematuro che tende a mantenere

gli arti estesi e relativamente flaccidi a seconda del grado di immaturità.

Per valutare il livello di reattività del neonato occorre osservare lo stato di

vigilanza, il ritmo sonno/veglia, i riflessi, il tono muscolare, i movimenti

spontanei, l’irritabilità, la consolabilità al pianto40.

Dopo questa doverosa premessa, si passa a definire la Sindrome

Respiratoria Neonatale più comunemente detta Distress Respiratorio, come

la tipica sintomatologia presente, più o meno al completo, in tutti i disturbi

respiratori, ma non solo in questi. Alcuni suoi segni possono infatti

comparire nelle patologie neonatali più svariate (cardiache, neurologiche,

metaboliche, infettive). Si tratta di un quadro clinico caratterizzato da

dispnea con sforzi respiratori aumentati e/o retrazioni intercostali,

giugulari, sternali marcate, tachipnea, apnea prolungata con cianosi e/o

bradicardie, ipotensione/pallore/diminuita perfusione periferica, tachicardia

(che evolve in bradicardia), respiro irregolare, gasping (uso dei muscoli

accessori), gemito espiratorio, alitamento delle pinne nasali. A questo

40 Culaon A., Approccio al neonato con patologia respiratoria, Nursing Oggi , n. 2 ,1998 pp.63-67

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quadro clinico si associano parametri emogasanalitici che si discostano

dalla norma in quanto caratterizzati da PaCO2 > 55-60 mmHg, PaO2 < 60

mmHg, pH < 7.2041.

Come già accennato molto utile ai fini diagnostici è l’attribuzione del

punteggio di Silverman-Anderson che permette di quantificare l’entità del

distress respiratorio assegnando, a seconda della gravità, differenti

punteggi (da 0 a 2) a ciascuno dei cinque sintomi obbiettivi di “difficoltà

respiratoria”:

- retrazione toracica superiore

- rientramenti intercostali

- retrazione xifoidea

- alitamento delle pinne nasali

- gemito espiratorio

Un punteggio pari a “0” equivale al reperto normale, mentre ad un

punteggio elevato (>5) corrisponde un quadro di distress respiratorio tanto

più grave quanto maggiore è il punteggio ottenuto (vd. Tabella 1)42.

Tabella 1 Punteggio di Silverman-Anderson

41 http://www.mammaepapa.it/salute/pag.asp?nfile=pr_distress Ultimo accesso: 2 dicembre 2005 h.13.00 42 http://www.neonatologia-icp.it/ Ultimo accesso: : 15 gennaio 2006 h.14.00

Punteggio 0

Punteggio 1

Punteggio 2

Retrazione toracica Assente

Minima depressione

mentre l’addome si espande

Movimento ondoso

Rientramenti intercostali Assente Minima Marcata

Retrazione xifoidea Assente Minima Marcata

Alitamento pinne nasali Assente Incostante Costante

Gemito espiratorio Assente Incostante Costante

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2.4 GESTIONE DEL NEONATO

Il neonato con segni e sintomi di insufficienza respiratoria è un soggetto a

rischio che necessita di un attento monitoraggio delle funzioni vitali e

pertanto di ricovero in un reparto di terapia intensiva dove possa essere

attuato un preciso iter diagnostico e terapeutico e dove possano essere

messi in atto interventi di rianimazione e assistenza ventilatoria a carattere

di urgenza43.

2.4.1 PRESA IN CARICO DEL NEONATO: RUOLO

INFERMIERISTICO

Il neonato con insufficienza respiratoria viene preso in carico al momento

del ricovero in Terapia Intensiva Neonatale da un medico e da un

infermiere che identificano per le proprie competenze e in collaborazione, i

bisogni assistenziali e l’approccio diagnostico e terapeutico da adottare.

Il medico che assiste il neonato pianifica le misure assistenziali più idonee

(es. tecnica di ventilazione, somministrazione di surfattante esogeno, etc.)

sulla base dell’anamnesi, del quadro clinico e dei primi parametri

ematochimici e strumentali a disposizione nell’ambito di quelli

generalmente richiesti, come di seguito riportato:

• Emogasanalisi arteriosa

• Emocromo con formula

• Emocultura ed eventuali esami colturali

• Glicemia, elettroliti sierici, protidemia totale, azotemia,

creatininemia

• Rx torace

• Valutazione cardiologia (eventuale ecocardiografia

bidimensionale con ecodoppler)

• Ecografia cerebrale con ecodoppler ed eventuale valutazione

neurologica a seconda delle condizioni cliniche del neonato;

43 http://www.neonatologia-icp.it/ Ultimo accesso: 15 gennaio 2006 h.14.00

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• La pianificazione dell’assistenza infermieristica deve

prevedere:

• Verifica della disponibilità dei diversi presidi assistenziali che

possono rendersi necessari con particolare attenzione alla

disponibilità e corretto funzionamento dei presidi ventilatori;

• Monitoraggio, dopo idonea impostazione dei limiti d’allarme,

dei seguenti parametri:

a. Frequenza cardiaca

b. Frequenza respiratoria

c. Pressione arteriosa

d. Saturazione d’ossigeno

e. Temperatura cutanea

e quando richiesto dal medico:

a. Misura della pressione venosa centrale

b. Monitoraggio delle pressioni arteriose cruente

c. Monitoraggio della PO2 e PCO2 per via transcutanea

• Rilevazione dei parametri antropometrici: peso corporeo,

circonferenza cranica e lunghezza;

• Assistenza al medico nell’attuazione delle procedure che

possono rendersi necessarie (es. incannulamento dei vasi

ombelicali, intubazione, drenaggio di pneumotorace);

• Esecuzione degli esami ematochimici e attuazione delle

eventuali prescrizioni mediche di terapie infusionali e

farmacologiche;

• Registrazione dei dati anagrafici identificativi del neonato;

• Registrazione dei parametri vitali, dei parametri ventilatori,

dei parametri emogasanalitici;

• Controllo della diuresi e valutazione del bilancio idrico;

• Identificazione dei bisogni assistenziali del neonato (igiene,

postura etc.)44.

44 http://www.neonatologia-icp.it/ Ultimo accesso: 15 gennaio 2006 h.14.00

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Qui di seguito verranno approfonditi alcuni aspetti dell’assistenza

infermieristica particolarmente importanti nella gestione del neonato con

insufficienza respiratoria. E’essenziale nell’identificazione dei bisogni

assistenziali del neonato con patologia respiratoria prestare particolare

attenzione al mantenimento di una postura idonea.

La pervietà delle vie aeree, viene infatti assicurata ponendo il neonato in

posizione adeguata al passaggio di aria attraverso vie respiratorie che sono

anatomicamente differenti da quelle dell’adulto; per favorire una buona

attività respiratoria, oltre alla correttezza della postura, è necessaria una

buona tollerabilità della stessa da parte del bambino. La posizione prona è

consigliata come prioritaria nei neonati affetti da insufficienza respiratoria

acuta. Questa postura migliora infatti la funzionalità respiratoria

(compliance, dinamica polmonare, volume corrente, rapporto

ventilazione/perfusione). Ogni postura favorisce la ventilazione di

determinate aree polmonari ed il drenaggio di secrezioni da specifici

segmenti polmonari.

Variando opportunatamente la posizione del neonato:

• si promuove la ventilazione di tutte le aree polmonari;

• si facilita la mobilizzazione delle secrezioni;

• si previene l’insorgenza di infezioni polmonari e di zone

atelettasiche.

Sicuramente il neonato, nel momento dell’accoglimento, viene messo in

posizione supina ed in alcuni casi vi rimane obbligatoriamente per molte

ore. In tal caso è possibile garantirgli una buona postura supina,

posizionando un rotolino di panno sotto le spalle in modo da favorire

l’estensione del collo e del capo e aiutando il neonato a mantenere una

posizione raccolta offrendogli un “nido” di contenimento. Dalla posizione

supina, è facile portare il piccolo paziente sul semifianco destro o sinistro

con l’ausilio di un panno arrotolato che sostenga il corpo lateralmente. E’

possibile inoltre variare l’inclinazione del piano di appoggio sul quale è

posto il neonato; solitamente viene mantenuta un’inclinazione a 30 gradi

con la testa sollevata, perché facilita il lavoro respiratorio ed è una

posizione antireflusso. E’ essenziale ribadire l’importanza rappresentata

dalla cura posturale nell’assistenza al neonato con patologia respiratoria,

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assieme agli altri benefici che apporta, è fondamentale per la realizzazione

di un programma di fisioterapia respiratoria.

Sempre al fine di garantire la pervietà delle vie aeree è necessario

procedere alla rimozione meccanica delle secrezioni dell’albero

tracheobronchiale per mezzo di una fonte aspirante e di un sondino inserito

nelle vie aeree. La broncoaspirazione viene eseguita almeno una volta per

turno o quando l’esame obiettivo ne pone l’indicazione. Per rivelare la

presenza di secrezioni vengono effettuate le seguenti valutazioni:

• valutazione uditiva: in presenza di secrezioni il respiro diventa

più rumoroso;

• valutazione visiva: alterazioni della frequenza respiratoria,

agitazione, tachicardia, colorito cianotico e desaturazioni;

• valutazione tattile: appoggiando il palmo della mano sul torace

del neonato si percepiscono delle vibrazioni dovute al

passaggio dell’aria attraverso abbondanti secrezioni;

• auscultazione da parte del medico o su indicazione medica in

caso di addensamenti o problemi disventilatori.

L’aspirazione deve essere eseguita nell’assoluto rispetto dell’asepsi, deve

essere il meno traumatica possibile e di rapida esecuzione, proprio per

prevenire le complicanze ad essa associate: ipossiemia, bradicardia, lesioni

della mucosa, infezioni, pneumotorace.

Tra i bisogni assistenziali di un neonato, soprattutto se presenta un quadro

di insufficienza respiratoria, vi è l’esigenza del mantenimento di una

temperatura corporea adeguata intorno ai 36-37 gradi centigradi, in quanto

una condizione di ipotermia, porta ad un aumento del metabolismo e di

conseguenza ad un aumento delle richieste di ossigeno..

Per prevenire l’ipotermia, fin dall’assistenza in sala parto, è essenziale che

il neonato disperda meno calore possibile; questo lo si ottiene asciugando il

piccolo con panni caldi sotto una fonte di calore radiante, in una stanza

calda e riducendo i tempi di assistenza/rianimazione al minimo. Il primo

bagnetto verrà effettuato non appena le condizioni cliniche si saranno

stabilizzate.

Per riscaldare il neonato, due sono le apparecchiature più usate:

• incubatrice a parete singola o doppia che garantisce un

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ambiente caldo-umido in modo che il piccolo paziente sia più

protetto da eventuali correnti d’aria e venga ricreato un ambiente termoneutrale quello in cui il neonato deve

impiegare il minimo di energia per mantenere costante la sua

temperatura;

• riscaldamento con lampade radianti, sebbene con questi

dispositivi vi sia il rischio di surriscaldamento del lato esposto

alla fonte di calore, maggior perdita insensibile di acqua,

maggior perdita di calore per convenzione.

Per vestire o coprire il piccolo, vanno usati panni precedentemente

riscaldati, in particolar modo va coperta la testa del neonato che

rappresenta un’ampia percentuale della superficie corporea.

Il neonato ipotermico va riscaldato gradualmente: la temperatura

ambientale dovrebbe essere superiore di 1-1.5 gradi centigradi rispetto alla

temperatura corporea con umidità pari al 70%. Se il riscaldamento è troppo

rapido o eccessivo egli è soggetto ad apnea. Gli interventi assistenziali

devono essere ridotti al minimo: ciò consente di limitare l’apertura degli

oblò dell’incubatrice e ridurre il dispendio energetico dovuto alle nostre

stimolazioni. E’ necessario inoltre aiutare il bambino a produrre calore; ciò

avviene se egli è adeguatamente ossigenato, se si corregge l’acidosi, gli

squilibri metabolici, se gli vengono fornite le calorie necessarie alla

termogenesi, alimentandolo adeguatamente. L’alimentazione del neonato

avverrà entro le prime 4-6 ore tramite poppatoio, se le condizioni del

bambino sono buone, al contrario, se risultano compromesse,

l’alimentazione verrà sospesa oppure si procederà all’introduzione di

sondino oro-gastrico e alla somministrazione di latte tramite “gavage”.

L’eventuale utilizzo del servocontrollo di temperatura richiede molta

attenzione in quanto si può staccare accidentalmente, la sede di

applicazione può non essere ottimale, possono non venire evidenziate

variazioni, fisiologiche o non, della temperatura corporea. Questo può

portare ad un eccessivo surriscaldamento del paziente con gravi

conseguenze sulle sue condizioni di salute.

Un altro importante punto da sottolineare nell’assistenza infermieristica a

questi piccoli pazienti è la corretta somministrazione dei liquidi prescritti

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per prevenire la disidratazione ma anche per evitare il sovraccarico di

liquidi, estremamente dannoso per il neonato in particolare se prematuro.

E’ pertanto necessario utilizzare pompe di infusione che permettano di

somministrare piccoli volumi di liquidi anche inferiori al ml/ora, prestare

attenzione al bilancio entrate-uscite attraverso il controllo giornaliero del

peso e la misura del peso dei pannolini per quantificare la diuresi che

dovrebbe aggirarsi intorno ad un valore di 2-4 ml/Kg/ora (è accettabile se

corrisponde ad almeno 1ml/Kg/ora).Va inoltre annotata l’evacuazione di

altri liquidi biologici e le “perdite insensibili” di acqua, condizionate da

calore/umidità, umidificazione del circuito del respiratore. Se il neonato si

alimenta e viene incrementato l’apporto di liquidi/calorie per os, è

opportuno ridurre i liquidi infusi per via parenterale previa consultazione

medica.

Non bisogna dimenticare inoltre, che aver cura di un neonato significa

stargli accanto per cercare di comprendere le sue esigenze, significa aver

cura dei suoi genitori e lavorare con loro per il loro bambino, attuare,

quindi un tipo di assistenza personalizzata che cerchi di rispettare al

massimo il ritmo sonno/veglia del neonato, che gli eviti stimoli eccessivi o

inutili (luci, rumori, stimoli tattili, dolorosi etc) proponendo al piccolo

paziente suoni positivi (accompagnamento musicale adeguato, voce del

padre e della madre etc.)45.

Oltre a questi aspetti dell’assistenza infermieristica va sottolineata la

necessità da parte dell’infermiere che si occupa della gestione di questi

neonati, di conoscere la varie forme di assistenza respiratoria che potranno

rendersi necessarie nel trattamento dell’insufficienza respiratoria stessa.

Questi strumenti sono l’applicazione di pressione positiva continua delle

vie aeree (CPAP/NCPAP) , la Ventilazione Meccanica Assistita o

Controllata, fino alla semplice erogazione di ossigeno in incubatrice.

L’infermiere che si occupa dell’assistenza ad un neonato ventilato ha

precise responsabilità che verranno delineate nel capitolo successivo dove

si passeranno in rassegna alcune delle tecniche impiegate per il supporto

respiratorio di questi piccoli pazienti.

45 Culaon A., n. 2 ,1998, op. ct., pp.63-67

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CAPITOLO TERZO

TECNICHE DI SUPPORTO VENTILATORIO AL

NEONATO

Sommario: 3.1 Il trattamento dell’insufficienza respiratoria: obiettivi.

3.2 Modalità di ossigenoterapia 3.3 La ventilazione meccanica:

indicazioni. 3.3.1 Classificazione delle moderne tecniche di

ventilazione. 3.3.2 La Ventilazione Sincronizzata. 3.3.3 La

Ventilazione Oscillatoria ad Alta Frequenza (HFOV). 3.4 Sistemi di

monitoraggio in continuo dell’ossigenazione. 3.5 La ventilazione

meccanica: responsabilità infermieristiche.

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3.1 IL TRATTAMENTO DELL’INSUFFICIENZA

RESPIRATORIA: OBIETTIVI

Il trattamento dell’insufficienza respiratoria risponde all’esigenza di

soddisfare i seguenti obiettivi:

• favorire l’ottimizzazione dello scambio gassoso con adeguata

ossigenazione e rimozione di CO2;

• limitare la fatica respiratoria, ridurre il lavoro respiratorio;

• favorire la risoluzione del quadro patologico causa della

sindrome respiratoria;

• evitare le interferenze emodinamiche.

Questi obiettivi devono essere raggiunti modulando una serie di interventi

di supporto e di assistenza ventilatoria che devono essere individualizzati a

seconda delle caratteristiche fisiopatologiche della malattia in atto, del

momento evolutivo della singola patologia 46 e delle caratteristiche

individuali del piccolo paziente.

3.2 MODALITA’ DI OSSIGENOTERAPIA

Nel neonato ipossico con insufficienza respiratoria lieve e in respiro

spontaneo, l’O2 umidificato e riscaldato, viene somministrato in incubatrice

mentre nel neonato con insufficienza respiratoria moderata-grave è

somministrato attraverso il presidio ventilatorio di assistenza utilizzato ,

fra questi ricordiamo:

- la CPAP (Continuous Positive Airway Pressure, pressione positiva

continua nelle vie aeree), una metodica di assistenza respiratoria che

si applica al paziente in respiro spontaneo e che verrà approfondita

nel capitolo successivo;

- la ventilazione meccanica .

46 Dott. F. Mosca, Dott. Colnaghi, Procedura specifica del sistema qualità Trattamento dell’insufficienza respiratoria del neonato , Azienda Ospedaliera Milano , ed.1 del 11.10.02 ,pp.9

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3.3 LA VENTILAZIONE MECCANICA: INDICAZIONI

Nel neonato con segni clinici, emogasanalitici e radiologici di distress

respiratorio non responsivi all’impiego della NCPAP e/o assente o

insufficiente attività respiratoria, è necessario ricorrere alla intubazione

tracheale e alla ventilazione meccanica assistita. L’obiettivo della

ventilazione meccanica è:

- garantire uno scambio di gas ottimale evidenziato dai valori di

emogasanalisi che vengono mantenuti nel range desiderato;

- determinare il minor danno possibile al parenchima polmonare;

- minimizzare l’interferenza sulla circolazione47.

La valutazione dell’equilibrio acido-base su sangue arterioso rappresenta

uno dei principali parametri sui quali si basano la scelta della strategia

ventilatoria e la conduzione clinica dei pazienti con insufficienza

respiratoria. In particolare nel periodo neonatale, l’equilibrio acido-base ha

un ruolo determinante nella decisione, talora non semplice e univoca, di

ricorrere alla ventilazione meccanica.

In sintesi, allo stato attuale delle conoscenze le indicazioni alla

ventilazione meccanica possono essere riassunte come segue:

- Ossigenazione: assumendo come limite minimo di PaO2 il valore di

50 mmHg e come limite massimo il valore di 60 mmHg per la CO2,

la FiO2 accettabile in respiro spontaneo corrisponde a 0.45. Nel

neonato a termine in grado di affrontare lunghi periodi di dispnea-

tachipnea può essere tollerata anche una FiO2 molto elevata (0.80-

0.90), a patto che venga assicurato un adeguato scambio della CO2.

- Ventilazione: valutati i rischi connessi sia all’ipocapnia che

all’ipercapnia sembra plausibile ritenere che nel neonato a termine e

pretermine valori di PaCO2 pari a 60 mmHg e di pH pari a 7.20

rappresentino il limite oltre il quale la ventilazione meccanica è

indicata. I limiti massimi della PaCO2 dopo la prima settimana di

vita possono essere ulteriormente ampliati, sempre che i meccanismi

47 Dott. F. Mosca, Dott. Colnaghi , 2002 , op.ct. ,pp. 9

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di compenso dell’omeostasi acido-base mantengano il pH al di sopra

del valore di 7.2048.

3.3.1 CLASSIFICAZIONE DELLE MODERNE TECNICHE DI

VENTILAZIONE

L’evoluzione e la complessità dei nuovi ventilatori da terapia intensiva

mette a disposizione del clinico una grande varietà di possibilità di

controllo e di regolazione. Questo configura un’ampia scelta di differenti

modalità di ventilazione che rende obsoleta ed incompleta la tradizionale

suddivisione in ventilazione controllata e assistita. In ogni respiratore può

essere controllato uno o più dei seguenti parametri: flusso, volume e

pressione. Quindi flusso, volume e pressione vengono definite variabili di

controllo. In generale, gli schemi di controllo dei ventilatori hanno come

obiettivo quello di supplire od integrare il volume minuto del paziente,

gestendo le variabili di controllo. A tale scopo ogni ventilatore può

impiegare modalità differenti (mai simultaneamente), a seconda di come

viene impostato (un ventilatore può essere impostato in modo SIMV e

contemporaneamente in PSV, impiegando quindi un sistema di atti

respiratori a flusso controllato e a pressione controllata).Viene quindi

proposto il seguente schema di classificazione:

- Ventilazione a controllo di pressione: variano flusso e volume

mentre la pressione di ventilazione rimane costante.

- Ventilazione a controllo di flusso o volume: varia la pressione

mentre flusso e volume rimangono costanti.

- Ventilazione a controllo di tempo: il ventilatore passa dalla

inspirazione alla espirazione in accordo con i tempi impostati sul

ventilatore stesso attraverso le regolazioni di Ti (tempo inspiratorio)

e Te (tempo espiratorio) o di Ti e frequenza respiratoria.

Occorre poi introdurre il concetto di atto spontaneo e di atto imposto (o

mandatario).Ogni atto spontaneo può essere iniziato e concluso dal

paziente; se il ventilatore determina l’inizio o la fine dell’inspirazione

l’atto viene definito imposto. In questo modo la classificazione avviene

48 Moretti C., 2002, op.cit., pp. 206-208

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considerando il lavoro respiratorio (WOB): la capacità del paziente a

realizzare il WOB determinerà il lavoro richiesto dal supporto ventilatorio

e quindi la tecnica di ventilazione più idonea (fig. 3.2).

La quantità di lavoro respiratorio che il paziente deve esercitare varia dal

0%(=mandatory ventilation) al 100% (=respirazione spontanea). Se il

paziente si assume parte del lavoro respiratorio si parla di “supporto

respiratorio parziale”; fra le tecniche di supporto respiratorio parziale

assume fondamentale importanza la ventilazione triggerata o sincronizzata.

Al contrario se tutto il lavoro respiratorio è sostenuto dal ventilatore si

parla di “supporto ventilatorio totale”, fanno parte di questa categoria di

ventilazione le seguenti tecniche: IPPV (Intermittent Positive Pressure

Ventilation), IRV (Inverse Ratio Ventilation), IMV (Intermittent Mandatory

Ventilation). Fra le modalità di ventilazione non convenzionali si farà un

breve accenno alla Ventilazione Oscillatoria ad Alta Frequenza (HFOV),

che rappresenta oggi una terapia ventilatoria che da oltre quindici anni stà

sperimentando un crescente impiego e successo per il trattamento di quelle

forme di insufficienza respiratoria non risolvibili con le tecniche

ventilatorie convenzionali.

Le modalità di ventilazione assistita di uso più comune in ambito neonatale

e che verranno accennate in seguito sono quindi:

- Ventilazione sincronizzata (SIMV, SIPPV, PSV, VG);

- Ventilazione ad alta frequenza oscillatoria (HFVO)49.

Figura 3.2 Classificazione in termini di lavoro respiratorio (immagine tratta da

Ginepro M., Debole M., Cupic B., La ventilazione neonatale artificiale e

pediatrica , Milano, 2003, materiale ad uso didattico del personale di Vendita e

di Assistenza Tecnica Burke Burke SpA.)

49 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp. 59

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3.3.2 LA VENTILAZIONE SINCRONIZZATA

La ventilazione sincronizzata o trigger è quella modalità d’assistenza

respiratoria, realizzata sia a controllo di pressione sia a controllo di

volume, in cui l’intervento dell’apparecchio è subordinato all’attività

respiratoria del paziente: la fase inspiratoria iniziata in risposta allo sforzo

inspiratorio del neonato consente di sincronizzare l’attività respiratoria

spontanea del bambino e quella meccanica del ventilatore con riduzione

della fatica respiratoria e limitazione dei possibili effetti dell’asincronia

(danno polmonare da baro-volutrauma e cerebrale da alterazioni del flusso

ematico). Il neonato, facendo uno sforzo inspiratorio spontaneo, triggera

(cioè fa partire) il ventilatore. A quel punto il ventilatore fornisce l’atto

ventilatorio durante l’inspirazione e quindi mai quando il neonato si trova

nella fase di espirazione. L’operatore imposta una frequenza respiratoria

minima di sicurezza (“back up rate”) in base alle condizioni cliniche del

paziente: se la frequenza spontanea del bambino scende sotto questo limite,

non garantendo più un adeguato volume, il ventilatore interviene

automaticamente con la ventilazione controllata al “back up rate” deciso

dall’operatore50.

Può essere utilizzata sia in neonati a termine che pretermine, anche se di

basso peso, nelle fasi acute del distress respiratorio e in fase di

svezzamento dal respiratore.

Si passeranno ora ad elencare alcune delle diverse modalità di ventilazione

sincronizzata utilizzate.

SIPPV (Synchronus Intermittent Positive Pressure Ventilation)

Si tratta di una modalità di ventilazione nella quale il ventilatore rilascia

un atto a pressione controllata (impostato dall’operatore) con una frequenza

ventilatoria prefissata. In aggiunta il ventilatore eroga degli atti a pressione

controllata in risposta a uno sforzo inspiratorio generato dal paziente

(modalità assistita) (fig.3.3).Ogni sforzo respiratorio del bambino è

50 Moretti C., 2002, op.cit., pp.119

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ricompensato con un atto meccanico, pertanto il neonato controlla la

frequenza degli atti meccanici forniti dal respiratore; tutti gli atti meccanici

vengono forniti in sincronia con lo sforzo inspiratorio del paziente. Con

questa modalità di ventilazione il neonato è in grado di gestire una propria

frequenza respiratoria, avendo a disposizione una frequenza respiratoria di

base in caso di apnea o di arresto respiratorio51.

Fig.3.3 Ventilazione SPPV (Syncronised Intermittent Positive Pressure

Ventilation) (immagine tratta da Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

SIMV (Syncronised Intermittent Mandatory Ventilation)

Questa tecnica è analoga alla SIPPV con la sola differenza che gli atti

impostati vengono erogati con una sincronizzazione sullo sforzo

inspiratorio del paziente e non in un momento qualsiasi del ciclo

respiratorio come avviene invece nella SIPPV. A tale scopo viene utilizzata

la cosiddetta “Finestra di Trigger” che è un piccolo periodo di tempo

antecedente il virtuale inizio dell’atto meccanico successivo (fig.3.4), che

serve al respiratore per “sentire” lo sforzo inspiratorio e sincronizzarne

l’assistenza. Se non viene letto nessuno sforzo inspiratorio nel lasso di

tempo prefissato, viene erogato l’atto impostato ed il ventilatore si resetta

predisponendosi a leggere il prossimo tentativo di inspirazione.

In SIMV:

- Solo una determinata frequenza di atti meccanici viene erogata (in

base al tempo inspiratorio e al tempo espiratorio prefissati);

51 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.67

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- Pertanto il medico controlla la frequenza degli atti meccanici erogati

dal ventilatore;

- Tutti gli atti meccanici vengono dati in sincronia con lo sforzo

inspiratorio del bambino;

- Gli sforzi inspiratori eccedenti la frequenza impostata non vengono

remunerati con un atto meccanico, il neonato li respirerà in modo

spontaneo con CPAP52.

Fig.3.4 La ventilazione in SIMV (Syncronised Intermittent Mandatory

Ventilation) (immagine tratta da Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

PSV (Pressure Support Ventilation)

La PSV è una ventilazione assistita a controllo di pressione in cui ogni

respiro viene triggerato (comandato) dal paziente che viene supportato dal

respiratore. Questa tecnica fornisce quindi un supporto respiratorio “respiro

per respiro, tramite un’onda di pressione sincronizzata allo sforzo

inspiratorio del paziente (sia iniziato dal paziente, che terminato dal

paziente).Il vantaggio di questa tecnica è che il tempo inspiratorio del

paziente non è fissato dall’operatore, bensì viene automaticamente adattato

al tempo inspiratorio fisiologico del paziente stesso. In questo modo il

paziente può anche prolungare l’inspirazione (sospirare) o può invertire

precocemente il ciclo evitando barotraumi per espirazione attiva (fig.3.5).

52 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.69

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Fig.3.5 Curve di pressione e flusso durante un ciclo di PSV (immagine tratta da

Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

Il paziente in PSV ha quindi il controllo sull’inizio dell’inspirazione, sulla

durata dell’inspirazione e quindi sul volume tidal, sulla frequenza della

respirazione e quindi sul volume minuto.

Uno dei più importanti obiettivi che la PSV soddisfa è l’automatico

adattamento alla variabilità del tempo inspiratorio spontaneo del neonato53.

VG (Volume Guarantee)

Il volume garantito è una tecnica che può integrare le varie modalità di

ventilazione trigger a controllo di pressione, quali la SPPV, la SIMV e la

PSV. Il VG è una ventilazione ibrida, essenzialmente a controllo di

pressione, ma con il fine di erogare un volume corrente prefissato in

accordo con la variazioni della compliance polmonare, delle resistenze e

dell’attività spontanea del paziente. Il respiratore infatti corregge

automaticamente la pressione inspiratoria in base alla misura del volume

espirato, così da erogare un volume corrente (tidal) che tende a coincidere

con quello impostato dall’operatore54. Fino ad oggi il respiratore artificiale

neonatale puro (basato cioè sul principio del flusso continuo erogabile) ha

assistito i pazienti attraverso modalità di ventilazione limitate o controllate

53 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct., pp.71 54 Moretti C., 2002, op.cit., pp.123

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in pressione. Con un preciso e continuo monitoraggio al letto del paziente

del volume tidal e degli altri parametri derivati dall’emogas, il medico è

stato tuttavia in grado di orientare queste metodiche al volume polmonare

del paziente: si parla infatti di Ventilazioni Orientate al Volume.

Il volume tidal fornito attraverso una modalità limitata in pressione dipende

dalla meccanica del sistema respiratorio. Poiché non c’è un volume tidal

preimpostato, quest’ultimo può venire alterato in presenza di brusche

variazioni della resistenza e/o della compliance del sistema respiratorio.

Senza un controllo sul volume corrente, un improvviso e rapido

miglioramento della compliance può portare ad un veloce incremento sul

volume tidal a parità del livello di pressione di picco (PIP) impostato sul

respiratore. In questi casi solo un’opportuna regolazione dei limiti di

allarmi sul volume minuto oppure il monitoraggio continuo transcutaneo

della PaO2 e PaCO2 del paziente possono in modo indiretto avvisare il

personale medico dell’evoluzione terapeutica. Ecco perché di recente sono

state sviluppate da alcuni produttori di ventilatori nuovi tipi di ventilazione

che regolano il livello di pressione PIP in modo da mantenere costante il

volume corrente (Tidal): tra queste tecniche c’è quella chiamata Volume

Garantito (VG), attraverso la quale come è stato detto sopra, il respiratore

calcola continuamente la relazione tra la pressione e il volume. La

pressione inspiratoria varia respiro dopo respiro fino ad ottenere il volume

tidal impostato e desiderato .A quel punto il volume tidal misurato

corrisponde al valore presettato ed il livello di pressione rimane costante

(fig.3.6).

A seconda del modello di ventilatore in uso, il volume tidal considerato

come target può essere il volume corrente inspirato oppure il volume

corrente espirato55.

55 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.,pp.86-89

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Fig.3.6 Principio di funzionamento della ventilazione a pressione limitata con

volume assicurato:la pressione inspiratoria viene automaticamente regolata dal

ventilatore per ottenere il volume tidal impostato (immagine tratta da Ginepro

M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

3.3.3 LA VENTILAZIONE OSCILLATORIA AD ALTA

FREQUENZA (HFOV)

Anche nell’era del surfattante ci sono a tutt’oggi pazienti che non si

lasciano sufficientemente ventilare con ventilazione convenzionale anche

ottimizzata. Proprio per questo l’insufficienza respiratoria appartiene ancor

oggi alle cause principali della mortalità neonatale Un intensificazione o a

volte un accanimento della ventilazione convenzionale porta, attraverso

l’aumento della frequenza degli atti e/o l’aumento della pressione

ventilatoria e della PEEP (pressione positiva di fine espirazione), ad un

elevato barotrauma. Per consentire quindi un adeguato scambio gassoso

anche in condizioni polmonari “meccaniche” drammatiche, la Ventilazione

Oscillatoria ad Alta Frequenza, rappresenta oggi una terapia ventilatoria

che stà sperimentando un crescente impiego e successo56.

Si tratta di una variante della ventilazione meccanica, che usa frequenze

respiratorie sovrafisiologiche a volumi correnti inferiori allo spazio morto.

Gli atti respiratori sono espressi in Hertz; un Hertz corrisponde a 60 cicli al

minuto. Comunemente vengono usate frequenze che oscillano da 10 a 15

56 Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.,pp. 100-101

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Hertz, l’equivalente cioè di 600-900 atti al minuto. Ciò causa una continua

vibrazione toracica del neonato ben visibile ad occhio nudo .L’HFOV crea

un flusso di gas ad andamento sinusoidale (fig.3.7), con una pressione

media costante (MAP) in grado di reclutare efficacemente i distretti

alveolari atelettasici o ipoplasici, diminuendo inoltre in maniera

significativa il barotrauma. Il gradiente pressorio del flusso va

gradatamente diminuendo dalla trachea agli alveoli, cosa che invece non

avviene nella ventilazione convenzionale a causa dei picchi pressori. La

fase di espirazione in questo tipo di ventilazione è attiva; infatti è il

respiratore che provvede ad eliminare l’aria residua nei polmoni, limitando

il problema dell’”Air Trapping”, ovvero l’intrappolamento di quantità

eccessiva di aria nei polmoni possibile causa di pneumotorace.

Fig.3.7 Ventilazione Oscillatoria ad Alta Frequenza (immagine tratta da Ginepro

M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

Questo tipo di ventilazione meccanica, implica un frequente stato di

agitazione motoria e comunque ha bisogno di un ottimo adattamento del

neonato all’attività dell’apparecchio. Se questa condizione non è presente

può essere necessaria la sedazione del piccolo, inizialmente con l’uso di

fentanil; se ciò non fosse sufficiente anche con l’impiego di farmaci

miorilassanti (pancuronio). Tutto ciò enfatizza l’importanza del

monitoraggio e di un esame obiettivo accurato come sottolineato nei

paragrafi successivi57.

57 Berti M., Dani C., Fioravanti L., Tecniche di ventilazione in Terapia Intensiva Neonatale: NCPAP, ventilazione convenzionale, HFOV, monossido d’azoto, Atti del convegno, Nursing Neonatale: Esperienze a Confronto 2 , Firenze 8-10 maggio 2002, pp.34

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3.4 SISTEMI DI MONITORAGGIO IN CONTINUO

DELL’OSSIGENAZIONE

La saturazione arteriosa di ossigeno (SaO2), parametro che esprime la

percentuale di emoglobina (Hb) ossigenata in rapporto alla quantità di Hb

effettivamente capace di trasportare ossigeno, indica essenzialmente il

grado di utilizzo effettivo della capacità totale di trasporto di O2 del sangue

arterioso. L’affinità dell’Hb per l’O2 è rappresentata dalla curva di

dissociazione dell’O2 che esprime la relazione tra SaO2 e PaO2. Questa

relazione è influenzata da diverse condizioni chimico-fisiche del sangue

con spostamento della curva di dissociazione rispetto alla condizione di

normalità: una diminuzione della PaCO2, della temperatura ed un aumento

del pH e della emoglobina fetale (HbF), determinano uno spostamento

verso sinistra della curva, mentre un aumento della PaCO2 e della

temperatura ed una diminuzione di pH, uno spostamento verso destra,

contribuendo in tal modo a modificare l’affinità dell’emoglobina per

l’ossigeno. Uno spostamento a sinistra, indicato da un valore di P50

(valore di PaO2 a cui si ha il 50% in saturazione) < 26 mmHg, indica una

minore capacità a cedere 02 a livello tessutale; uno spostamento a destra

(P50> 26 mmHg) è indicativo di una maggiore capacità di cedere O2 a

livello tessutale (fig.3.1).

Nella parte ripida della curva, piccoli cambiamenti della PaO2 sono

associati a notevoli variazioni della SaO2, mentre nella parte alta e piatta

piccoli cambiamenti di SaO2 corrispondono a notevoli oscillazioni di PaO2.

Il monitoraggio della SaO2 è quindi poco attendibile nel rilevare situazioni

di iperossia per valori di SaO2>95% e tale rischio è maggiore nei neonati

pretermine a causa dell’elevato contenuto di HbF che determina lo

spostamento a sinistra della curva di dissociazione dell’emoglobina.

E’ quindi difficile predire dalla sola misura della SaO2 il valore di PaO2

che deve pertanto essere strettamente monitorata, per evitare sia

concentrazioni tessutali troppo basse e inadeguate a correggere l’ipossia

che concentrazioni troppo elevate con stress ossidativi e possibilità di

danno ai vari organi (polmone, retina, intestino).

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Per evitare fenomeni di ipossia o iperossia è quindi consigliabile mantenere

la Sa02 ad un livello del 97 ± 3% con l’allarme di massima impostato a

98%58.

Figura 3.1 Curva di dissociazione dell'emoglobina (immagine tratta da sito

internet: http: //www.neonatologia-icp.it/ )

Il monitoraggio della saturazione di ossigeno che viene effettuato in modo

non invasivo con i pulsossimetri, rappresenta il monitoraggio di scelta

dell’ossigenazione in particolare nel prematuro di bassa età gestazionale

(< 27 settimane) in cui il monitoraggio transcutaneo dell’ossigenazione non

è di uso routinario per mancanza di correlazione con i gas ematici e per

particolare delicatezza della cute.

E’ bene eseguire, in relazione alle condizioni cliniche del soggetto e dopo

variazioni terapeutiche, dei controlli emogasanalitici di correlazione con i

sistemi di monitoraggio59.

58 Dott. F. Mosca, Dott. Colnaghi , 2002 , op.ct. ,pp.10-12 59 Dott. F. Mosca, Dott. Colnaghi , 2002 , op.ct. ,pp.14-15

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3.5 LA VENTILAZIONE MECCANICA: RESPONSABILITA’

INFERMIERISTICHE

Qui di seguito verranno elencati gli aspetti fondamentali dell’assistenza

infermieristica al neonato durante il trattamento con ventilazione assistita ;

verrà riservato uno spazio a parte per ciò che riguarda le responsabilità

infermieristiche nell’assistenza al neonato sottoposto a ventilazione

oscillatoria ad alta frequenza, proprio per la particolarità di questo

trattamento.

Nella gestione dei neonati sottoposti a ventilazione meccanica, l’infermiere

deve:

- Montare correttamente il circuito del respiratore;

- Posizionare i tubi del respiratore in modo tale da evitare trazioni del

tubo endotracheale (TET);

- Impostare una temperatura dell’umidificatore adatta (39 ºC, -2 ºC il

controllo camera);

- Sostituire la sacca dell’acqua dell’umidificatore ;

- Svuotare la condensa dei tubi in quanto va ad interferire con la

dinamica respiratoria;

- Sostituire il set del ventilatore ogni 72 ore;

- Controllare frequentemente il cerotto che mantiene in posizione il

TET;

- Monitorare i parametri vitali per evidenziare precocemente ogni

variazione dalla norma;

- Controllare la percentuale di perdite (“Leak”), cioè la percentuale di

gas che sfiata attraverso il TET, indice di calibro troppo piccolo del

tubo o di estubazione;

- Eseguire la care posturale, variando i decubiti al fine di favorire la

ventilazione di tutte le aree polmonari, facilitare la mobilizzazione

delle secrezioni e quindi prevenire l’insorgenza di infezioni

polmonari o di zone atelettasiche;

- Eseguire una corretta broncoaspirazione;

- Effettuare un corretto bilancio idrico;

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- Eseguire correttamente i controlli emogasanalitici come da

prescrizione medica.

Per quanto riguarda l’assistenza al neonato sottoposto a ventilazione

oscillatoria ad alta frequenza, le responsabilità infermieristiche riguardano:

- Il montaggio corretto del circuito del ventilatore;

- L’esecuzione della calibrazione del respiratore;

- La corretta impostazione della temperatura dell’umidificatore (37ºC);

- Il controllo del livello dell’acqua nell’umidificatore perché si

consuma molto velocemente (50-60 minuti);

- Il posizionamento adeguato del circuito al fine di evitare trazioni del

tubo con rischio di estubazione o di gravare sulle narici del neonato

favorendo l’insorgenza di decubiti;

- Il cambio del circuito ogni 72 ore;

- Il monitoraggio dei parametri vitali in particolare va posta attenzione

ad un parametro fornito dal ventilatore: la DCO2, questo valore viene

calcolato automaticamente dal ventilatore ed indica un coefficiente

di scambio dei gas direttamente correlato ai valori della PaCO2.

Tanto maggiore sarà il valore indicato della DCO2, maggiore sarà la

percentuale delle probabilità che la PaCO2 si riduca. In caso di

alternanza posturale del neonato, presenza di secrezioni bronchiali,

condensa nel circuito, la DCO2 fornisce indicazioni sull’efficacia o

meno della prestazione e dell’intervento eseguito aiutando ad

ottimizzare le manovre assistenziali.

- La rilevazione della PA ogni 4/6 ore perché tale ventilazione

determina un aumento della pressione intratoracica con diminuzione

del ritorno venoso e della gittata cardiaca e quindi aumento della FC

e diminuzione della PAS ( pressione arteriosa sistolica);

- L’esecuzione di un esame obiettivo accurato, comprendente:

a. Colorito cutaneo;

b. Tono muscolare;

c. Movimenti respiratori;

d. Postura;

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e. Vibrazioni toraciche che se presenti e simmetriche

indicano una corretta intubazione e si controllano con la

semplice palpazione toracica;

f. Auscultazione che non ha funzione di rilevazione di

rumori respiratori, in quanto coperti dalle vibrazioni, in

questo caso infatti la presenza dei rumori respiratori stessi

indica una simmetrica ventilazione degli emitoraci;

g. Convulsioni, possibile complicanza della sedazione che,

se presente, condiziona la valutazione dei vari parametri.

- L’adozione di presidi antidecubito;

- La variazione del decubito del capo mantenendo il neonato in

posizione supina;

- L’alimentazione con sondino in 30-40 minuti per prevenire rigurgiti

o vomiti che potrebbero verificarsi come conseguenza delle continue

vibrazioni;

- Il controllo della diuresi e delle evacuazioni condizionate dall’uso di

sedativi spesso necessari se il neonato non si adatta alla ventilazione

impostata;

- L’esecuzione di broncoaspirazioni rapide per ridurre i tempi di

disconnessione che potrebbero determinare un collasso alveolare; se

possibile utilizzare un sistema di broncoaspirazione a circuito chiuso

in modo da evitare il distacco dal ventilatore60.

60 Berti M., Dani C., Fioravanti L., 2002 , op.ct., pp.35-37

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CAPITOLO QUARTO

VENTILAZIONE NON INVASIVA: CPAP

(CONTINUOUS POSITIVE AIRWAY PRESSURE)

Sommario: 4.1 CPAP convenzionale e NASALCPAP. 4.2 Evoluzione

della CPAP. 4.3 Effetti sul sistema respiratorio. 4.4 Effetti su altri

organi e apparati. 4.5 Circuiti per la somministrazione. 4.6 Modalità

di somministrazione. 4.7 Applicazioni cliniche. 4.7.1 La NCPAP nel

neonato di peso molto basso e nella Sindrome da Distress

Respiratorio. 4.7.2 La NCPAP nell’apnea neonatale. 4.7.3 La NCPAP

nello svezzamento della ventilazione meccanica. 4.8 Effetti

collaterali/complicanze connesse all’uso. 4.9 Entità del supporto

pressorio. 4.10 Monitoraggio. 4.11 Criteri di fallimento. 4.12

Sospensione.

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4.1 CPAP CONVENZIONALE E NASALCPAP

La CPAP (continuous positive airway pressure) consiste nell’applicazione

di una pressione positiva alle vie aeree del paziente in respiro spontaneo,

nel nostro caso il neonato, durante l’intero ciclo respiratorio. Si parla di

CPAPnasale (nasal CPAP-NCPAP) qualora la pressione positiva venga

somministrata al paziente con l’applicazione di cannule nasali di vario tipo

alla parte prossimale delle fosse nasali, in modo da utilizzare le cavità

nasali come condotto per la trasmissione del flusso aereo, tenendola

distinta dalla CPAP naso-faringea, ottenuta posizionando una cannula (in

genere un tubo da intubazione endotracheale) a livello del rino-faringe61. La

CPAP mantiene la pressione a livello delle vie aeree al di sopra della

pressione ambientale in misura costante nel tempo, generando un gradiente

pressorio transpolmonare continuo durante le varie fasi del ciclo

respiratorio (fig.5.1). Per questo motivo la CPAP viene definita anche

pressione di distensione continua (Continuous Distending Pressure, CDP)62.

Figura 5.1 Cpap (Continuus Positive Airway Pressure) (immagine tratta da

Gineprio M., Debole M., Cupic B., La ventilazione artificiale neonatale e

pediatrica , ed. 2003, Burke Burke SpA, Milano)

61 AARC Clinical Practice Guideline, Application of continuous positive airway pressure to neonates via nasal prongs or nasopharyngeal tube, Respir.Care 39, 817, 1994 [PMID:10137266] 62 Moretti C.,2002, op.ct. pp.85

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4.2 EVOLUZIONE DELLA CPAP

Dalla sua introduzione, 30 anni fa, tanto è cambiato nell’uso della CPAP.

Questi cambiamenti riguardano non soltanto l’evoluzione del sistema per la

somministrazione della CPAP, ma anche l’evoluzione dell’approccio al

piccolo paziente.

Inizialmente introdotta da Gregory63 per il trattamento dell’RDS neonatale,

successivamente surclassata dall’avvento dei ventilatori e relegata per lo

più al semplice svezzamento dalla ventilazione meccanica e al trattamento

del distress respiratorio lieve, la CPAP ha conosciuto negli ultimi 20 anni

una completa rinascita. Tale rinascita riflette l’evoluzione sia

dell’approccio clinico all’insufficienza respiratoria neonatale, che della

tecnologia dei sistemi di applicazione della pressione positiva continua.

L’approccio materno-feto-neonatale (profilassi con steroidi in epoca

antenatale, terapia sostitutiva con surfattante naturale), ha infatti migliorato

le condizioni alla nascita e ridotto l’incidenza e la severità della Sindrome

da Distress Respiratorio (RDS). D’altro canto l’approfondimento delle

ricerche sui meccanismi fisiopatologici che conducono al danno polmonare

ha fatto luce sul rischio dell’uso della ventilazione meccanica64.

L’introduzione di nuovi e più efficaci sistemi di erogazione della CPAP65 ha

invece consentito il suo utilizzo come supporto respiratorio iniziale66

(early CPAP) in neonati prematuri prima considerati a rischio così elevato

da rendere necessario il ricorso alla ventilazione meccanica. Il tentativo di

minimizzare il danno polmonare, consentire la crescita dei polmoni e

permettere lo sviluppo di un parenchima sano, ha portato negli ultimi anni

all’utilizzo di strategie ventilatorie ad effetto protettivo sul polmone, tra

cui proprio la CPAP, il cui utilizzo è stato fortemente raccomandato già a

partire dalla sala parto, aiutando il piccolo paziente non soltanto

nell’acquisizione ma anche nel mantenimento del volume polmonare.

Nonostante ciò, alcuni aspetti della sua applicazione sono ancora

63 Gregory GA, Kitterman JA, Phibbs RH, et al. Treatment of the idiopathic respiratory-distress syndrome with continuous positive airway pressure,. N Engl J Med 1971; 284:1333–40 64 Cupic B. , L’evoluzione della CPAP, Atti del Convegno Il Workshop Cure Intensive del Neonato, 2004 , op.ct. , pp.91 65 Moa G, Nilsson K, Zetterström H, et al., op.ct., 1988; 16:1238–45 66 Verder H. ,Robertson B. ,Greisen G.,et al., Pediatrics 1999; 103: e24 [PMID: 9925870]

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motivo di discussione e manca un’evidenza clinica supportata da studi

clinici randomizzati controllati che ne testimoni l’efficacia e il beneficio

come modalità primaria di assistenza in sala parto67.

4.3 EFFETTI SUL SISTEMA RESPIRATORIO

L’applicazione di una pressione positiva continua a livello delle vie aeree

amplifica le strategie messe in atto dal neonato in respiro spontaneo per

mantenere un adeguato volume di fine espirazione e minimizza l’energia

spesa per stabilizzare il sistema respiratorio e per eseguire il lavoro

meccanico della respirazione. I molteplici effetti della CPAP possono

essere infatti così puntualizzati:

- aumenta la CFR grazie al reclutamento alveolare e previene la

formazione di atelettasie;

- aumenta la compliance e il volume corrente nel polmone con bassa

CFR;

- elimina la necessità di realizzare l’aumento dinamico della CFR

attraverso la dispendiosa attivazione dei muscoli respiratori;

- riduce la resistenza delle vie aeree in quanto aumenta la sezione del

faringe e delle alte vie aeree e stabilizza tali strutture;

- riduce lo schunt destro-sinistro grazie al miglioramento

dell’ossigenazione ed alla conseguente vasodilatazione del circolo

polmonare;

- stabilizza la parete toracica riducendone la distorsione e

contrastando i movimenti paradossi;

- regolarizza e riduce la frequenza respiratoria;

- aumenta la pressione media delle vie aeree ( Mean Airway Pressure,

MAP ) migliorando il rapporto ventilazione /perfusione;

- preserva il surfattante sulla superficie degli alveoli;

- contrasta l’edema polmonare68.

67 Cupic B., L’evoluzione della CPAP, Atti del Convegno Il Workshop Cure Intensive del Neonato, 2004, op.ct. , pp.91-92 68 Moretti C.,2002, op.ct. pp.87-88

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Normalizzando il volume polmonare, la ventilazione/minuto e il rapporto

ventilazione/perfusione, la CPAP migliora l’ossigenazione, aumenta

l’eliminazione dell’anidride carbonica e riduce il lavoro respiratorio69.

4.4 EFFETTI SU ALTRI ORGANI E APPARATI

Per quello che riguarda gli altri organi e apparati i più importanti effetti

sono, come si può immaginare, quelli che riguardano l’apparato

cardiocircolatorio, il sistema nervoso centrale, l’apparato urinario e

l’apparato gastroenterico.

L’apparato circolatorio

Durante gli anni ottanta è stato dimostrato che l’applicazione di una

pressiona positiva alle vie aeree comporta una riduzione del precarico del

ventricolo destro e di conseguenza della gittata sistolica. Nel neonato

prematuro, in presenza di una gabbia toracica molto cedevole e in presenza

di una compliance polmonare frequentemente ridotta, la trasmissione della

pressione dalle vie aeree agli spazi pleurici è solo del 5%-10%, con scarsi

effetti sulla gittata cardiaca. L’elevata compliance toracica nel neonato

prematuro protegge pertanto le strutture vascolari intratoraciche da un

incremento eccessivo della pressione intrapleurica e da una conseguente

riduzione del ritorno venoso70.

L’apparato urinario

La funzionalità renale dipende in larga parte dalla situazione emodinamica

del paziente; in presenza di riduzione della gittata cardiaca si può

verificare una diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare,

dell’escrezione urinaria del sodio e della diuresi, associate ad un aumento

dei livelli di ADH (ormone antidiuretico).Queste situazioni si verificano

però, come accennato, in neonati con elevata compliance e quindi in

69 Morley C. Continuous distending pressure. Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 1999;81:152F–156F [PMID:10448188] 70 Moretti C.,2002, op.ct. pp.88

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situazioni in cui vi è minore necessità di CPAP. In situazioni di bassa

compliance polmonare, in cui l’applicazione della CPAP comporta un

miglioramento dell’ossigenazione, la funzionalità renale non può che

risentirne positivamente71.

Il sistema nervoso centrale

Un aumento della pressione intracranica è stato riscontrato in corso di

somministrazione della CPAP mediante head box, per la compressione delle

vene del collo. Non sembra che la CPAP applicata mediante tubo tracheale

o cannule nasali comporti un aumento della pressione intracranica72 .

L’apparato gastrointestinale

Vi sono ripercussioni della CPAP a livello gastrointestinale, secondarie alla

distensione con gas nello stomaco e nell’intestino. Questa situazione può

anche essere molto pericolosa: sono state descritte rotture gastriche,

gastrointestinali e qualche volta possiamo avere un effetto paradosso, nel

senso che se la pressione addominale sale di molto, il diaframma si solleva,

viene in parte immobilizzato e quindi i benefici effetti sulla ventilazione

che si vogliono ottenere sono controbilanciati o addirittura superati dagli

effetti negativi della distensione addominale73.

4.5 CIRCUITI PER LA SOMMINISTRAZIONE

Dagli anni Settanta ad oggi sono stati utilizzati diversi circuiti e diverse

modalità di applicazione della CPAP nel neonato.

Un requisito importante per ottimizzare l’uso della CPAP è la disponibilità

di un circuito che mantenga la pressione applicata alle vie aeree al livello

desiderato per tutto il ciclo respiratorio; eccessive fluttuazioni in o

71 Moretti C.,2002, op.ct. pp.88 72 Moretti C.,2002, op.ct. pp.89 73 Orzalesi M.,Dotta A. , I presupposti teorici, le indicazioni , i limiti dell’utilizzo della CPAP nasale nel neonato , Atti del Convegno , Assistenza Respiratoria nel neonato Vecchi e Nuovi Approcci , Bologna , 24-25 Settembre 1997, pp. 5-6

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espiratorie aumentano infatti il lavoro espiratorio e contrastano il

miglioramento della meccanica polmonare prodotto dalla CPAP74.

I sistemi per l’erogazione della CPAP possono essere:

- a flusso continuo (CF-CPAP): viene erogato un flusso continuo di

gas fresco attraverso l’estremità inspiratoria del raccordo a Y del

circuito, mentre la valvola che regola il livello di CPAP si trova alla

fine del tratto espiratorio del circuito del respiratore; il livello di

CPAP risulta dall’interazione tra l’entità del flusso erogato e le

caratteristiche della valvola.

- A domanda di flusso (DF-CPAP): sono di solito integrati nei

respiratori per adulti; l’atto respiratorio è iniziato dalla contrazione

dei muscoli inspiratori quando le valvole inspiratoria ed espiratoria

sono chiuse: quando la caduta della pressione che si genera nel

circuito raggiunge la sensibilità della valvola inspiratoria, questa si

apre e il respiratore eroga una quantità di flusso sufficiente a

mantenere la CPAP ad un livello erogato dall’operatore; la fine

dell’atto inspiratorio è di solito rilevato sia dall’inversione del flusso

(dall’inspirazione si passa all’espirazione) che da un aumento della

pressione del circuito;

- a Jet Flow e a Jet Flow con effetto Coanda, che utilizza una valvola

generatrice di CPAP “isobarica” sfruttando un effetto aerodinamico

particolare chiamato appunto effetto Coanda. Proprio quest’ultimo

sistema dedicato alla nasalCPAP sembrerebbe particolarmente

vantaggioso, risultando in grado di mantenere una pressione stabile

durante le varie fasi del respiro e in presenza di perdite,

determinando quindi una diminuzione del lavoro respiratorio rispetto

ai dispositivi convenzionali 75 . Tale sistema viene utilizzato nel

respiratore per CPAP nasale Infant Flow Sistem di cui si parlerà nel

capitolo successivo.

74 Moretti C.,2002, op.ct. pp.88 75 Davis PG:, Faber B., Morley CJ., Devices and pressure sources for administration of nasal continuous positive airway pressure (NCPAP) in preterm neonates. Cochrane Database of Sistematic Review, Ed. 1, 2006. [CD:01963]

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4.6 MODALITA’ DI SOMMINISTRAZIONE

Abbiamo visto che esistono diversi circuiti per la somministrazione della

CPAP, allo stesso modo esistono diverse modalità con cui il neonato può

essere connesso al circuito tra cui:

- Il tubo tracheale

- l’head box

- la maschera facciale

- la cannula nasofaringea

- le cannule nasali e recentemente le mascherine nasali

Analizzeremo brevemente ciascun dispositivo per soffermarci poi

maggiormente sulle cannule nasali e sulla mascherina nasale che

rappresentano attualmente il sistema più utilizzato ed efficace per

somministrare la CPAP.

Il tubo tracheale

E’ stato uno dei primi sistemi utilizzati per erogare la CPAP. Il tubo

tracheale offre tuttavia notevoli resistenze (direttamente proporzionali alla

lunghezza ed inversamente proporzionale al raggio del tubo alla quarta

potenza) e di conseguenza comporta un notevole aumento del lavoro

respiratorio: per tale motivo non viene più ritenuto un sistema

consigliabile.

Inoltre oltrepassando la mucosa nasale e faringea, il tubo tracheale provoca

un’alterazione dell’umidificazione e del riscaldamento dei gas inspirati.

Anche il traumatismo esercitato sulla mucosa respiratoria è un’ulteriore

ragione che ne controindica l’impiego76.

Head Box

E’ un sistema di interesse quasi esclusivamente storico per la

somministrazione della CPAP, basato sull’impiego di una cappa a tenuta

posta intorno al collo. Questo sistema, estremamente rumoroso e

ingombrante, è poco efficace nei neonati di peso inferiore ai 1500 g e non

76 Moretti C.,2002, op.ct. pp.90

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permette l’accesso alla testa del neonato, per cui viene prevalentemente

utilizzato nei neonati a termine. Il suo impiego è stato inoltre associato ad

una maggior incidenza di emorragia cerebrale per la compressione che la

cappa esercita a livello dei vasi del collo e di polmoniti da aspirazione

durante l’alimentazione77.

Maschera Facciale

Anche questo sistema è oramai scarsamente utilizzato, soprattutto nel

neonato prematuro. La maschera dovrebbe coprire naso e bocca e andrebbe

sempre utilizzata con un sondino orogastrico per evitare un eccessiva

pressione addominale. Nel neonato di peso molto basso sono stati inoltre

descritti casi di emorragia cerebellare secondaria alla tensione generata

dalla maschera attorno alla testa78.

Cannula nasofaringea

Attraverso una narice viene inserito, fino in faringe, lo stesso tubo

utilizzato per l’intubazione tracheale. Questa è una tecnica semplice ed

ampiamente utilizzata per il trattamento di forme lievi di distress

respiratorio o di apnee della prematurità. Gli svantaggi risiedono nelle alte

resistenze, soprattutto per cannule di piccolo calibro e nella eliminazione

del sistema di umidificazione-riscaldamento rappresentato dalla mucosa

naso-faringea79.

Cannule nasali e mascherina nasale

Rappresentano attualmente il sistema più utilizzato ed efficace per

somministrare la CPAP, dal momento che il neonato è un respiratore

nasale obbligato. Le cannule nasali sono facili da applicare e meno invasive

rispetto al tubo tracheale e consentono al gas somministrato di essere

riscaldato ed umidificato attraverso gran parte della mucosa nasofaringea. I

primi prototipi di cannule nasali furono impiegati agli inizi del 1970.

Particolare attenzione è stata rivolta al lavoro richiesto al neonato per

77 Moretti C.,2002, op.ct. pp.90-91 78 Moretti C.,2002, op.ct. pp.91

79 Moretti C.,2002, op.ct. pp.91-92

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superare le resistenze legate alle piccole dimensioni delle cannule nasali.

Attualmente esistono in commercio vari tipi di cannule e recentemente

anche una mascherina nasale, tutte strutturate in maniera tale da

minimizzare il problema delle resistenze aggiuntive 80 . Le nasocannule

dovrebbero essere, infatti, le più corte e le più larghe possibili compatibili

con il sistema di fissaggio, in modo da non generare inopportuni incrementi

di resistenza a carico delle vie aeree.

Un ulteriore inconveniente può derivare dalla perdita di pressione attorno

alle cannule stesse, ma l’impiego del silicone, materiale assai morbido che

si dilata leggermente a contatto con l’umidità e il calore, ha consentito di

ottenere una buona tenuta81.

4.7 APPLICAZIONI CLINICHE

Dopo le prime esperienze cliniche condotte con la CPAP somministrata con

le cannule nasali, vari contributi hanno dimostrato la validità di questa

tecnica nell’assistenza di varie problematiche respiratorie dell’età

neonatale.

La nasalCPAP nel neonato, respiratore nasale obbligato, comporta alcuni

vantaggi fra i quali particolarmente importanti sono la semplicità tecnica

dell’approccio e la scarsa invasività legate alla non necessità di intubazione

tracheale. E’ noto infatti come l’intubazione tracheale, al di là della

difficoltà tecnica della procedura, presenti complicanze sia a breve che a

medio-lungo termine rilevanti, fra le quali la colonizzazione delle vie aeree

da parte dei germi che potrebbero giocare un ruolo importante nel

determinismo della patologia polmonare cronica, una inadeguata

umidificazione delle vie respiratorie, una depressione della clearence

mucociliare delle vie respiratorie82.

80 Klausner JF, Lee AY ,Huitchison AA , Decreased imposed work with a new nasal continuous positive airway pressure device , Pediatr Pulmonol , 1996; Settembre; 22 , pp.188-194 [PMID:8893258] 81 Moretti C.,2002, op.ct. pp.91 82 Sandri F.,Rinaldi M., Ancora G., Sorci NA., La CPAP nasale in età neonatale , Neonatologica , 1998, 12, pp.89

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Verranno elencate brevemente le indicazioni all’impiego della NCPAP

clinicamente più rilevanti alla luce della letteratura più recente.

4.7.1 LA NCPAP NEL NEONATO DI PESO MOLTO BASSO

(VLBW) E NELLA SINDROME DA DISTRESS RESPIRATORIO

L’interesse sull’impiego della NCPAP nel neonato VLBW ha subito una

crescita sensibile dopo la pubblicazione di due indagini multicentriche

retrospettive che dimostravano come l’incidenza di malattia polmonare

cronica valutata come percentuale di sopravvissuti con ossigenodipendenza

a 28 giorni di vita, risultasse significativamente più bassa nei centri che

adottavano una politica di impiego precoce della NCPAP83. Il razionale alla

base dell’impiego precoce della NCPAP (early NCPAP) nel neonato

VLBW, sta nella facilitazione da parte della pressione continua di

distensione polmonare dell’ acquisizione e del mantenimento di

un’adeguata CFR fin dal primo periodo della vita extrauterina. Ciò

comporta, accanto ad un miglioramento degli scambi gassosi, il

mantenimento di una normale interfaccia aria-liquido a livello degli alveoli

terminali che promuove la liberazione delle riserve di surfattante

polmonare, il che a sua volta stabilizzerebbe ulteriormente gli spazi aerei

prevenendo la formazione delle membrane ialine e la successiva atelettasia

tipiche della malattia da deficit di surfattante. Il risultato dovrebbe essere

quello di ridurre la necessità di ventilazione meccanica e quindi le

complicanze a questa correlate, in particolare l’incidenza di displasia

broncopolmonare84.

Sono stati pubblicati numerosi studi clinici relativi all’impiego della

NCPAP nel neonato di VLBW, ed in particolare da parte della scuola

scandinava secondo la quale la early NCPAP in questa categoria di neonati

83 Moretti C., Gizzi C., Papoff P., Giannini L., Non invasive ventilation, Atti del Convegno International Workshop on neonatology in progress , Cagliari, 29-30 ottobre 2004, pp. 358 84 Moretti C., Gizzi C., Papoff P., Giannini L., 2004 , op. ct., pp. 357-358

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si associa ad un minor ricorso all’intubazione e alla ventilazione

meccanica85 86.

Gli aspetti comuni di queste esperienze cliniche sono:

- intubazione in sala parto solo se ritenuta indispensabile per la

rianimazione primaria;

- early NCPAP, vale a dire applicazione della NCPAP a tutti i neonati

entro i primi 30 minuti di vita o alla comparsa dei primi segni di

distress respiratorio;

- intubazione ed eventuale ventilazione meccanica solo qualora si

riscontrino uno o più criteri di fallimento della NCPAP: apnea

intrattabile, ipercapnia con acidosi (PaCO2 > 65-70 mmHg e pH

<7.20), necessità di somministrazione di surfattante.

Tale strategia ha determinato una riduzione della quota di neonati ventilati

meccanicamente senza che ciò abbia comportato incremento della mortalità

o complicanze, quali emorragia cerebrale e displasia broncopolmonare

(definita come ossigenodipendenza a 28 giorni di vita o a 36 settimane di

età postconcezionale)87.

Nell’ambito degli studi sulla NCPAP precoce sono di grande interesse i

lavori che hanno dimostrato l’efficacia di un approccio che prevede l’uso

combinato della NCPAP precoce con la somministrazione del surfattante

nel trattamento della RDS. Tale approccio denominato INSURE

(Intubazion-Surfactant-Extubation), è basato sull’uso del seguente

protocollo: in un neonato sottoposto a NCPAP, qualora si rilevi

l’indicazione alla somministrazione di surfattante, si procede alla

intubazione endotracheale, si somministra il surfattante alle dosi usuali e

quindi si estuba il paziente ponendolo nuovamente in NCPAP (a condizione

che il neonato presenti attività respiratoria spontanea valida). Secondo

questo schema assistenziale si procede alla ventilazione meccanica solo

sulla base di criteri di fallimento ben definiti88.

85 Kamper J, Ringsted C., Early treatment of idiophatic respiratory distress sindrome using binasal continuous positive airway pressure , Acta Pediatr Scand 1990; 79: 581 [PMID:2201166] 86 Lundstrom KE., Initial treatment of preterm infants- continuous positive airway pressure or ventilation?, Eur J Pediatr 1996; 155 pp. 25 87 Sandri F., et al., Utilizzo della NCPAP Infant Flow nell’insufficienza respiratoria neonatale: dati preliminari. Atti Terzo Congresso Nazionale Della Società Italiana di Neonatologia , Monza 1997, pp.359. 88 Moretti C.,2002, op.ct. pp.93

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Uno studio multicentrico condotto in Scandinavia 89 ha dimostrato che

l’utilizzo del surfattante combinato alla NCPAP precoce (applicata cioè alla

comparsa dei primi segni di distress respiratorio) nel trattamento della RDS

di grado moderato severo ha permesso di ridurre la necessità di

ventilazione meccanica dall’85% del gruppo di controllo al 43% del gruppo

trattato e che tale incidenza si mantiene anche quando vengono considerati

neonati con RDS moderato.

Il Gruppo di Studio di Pneumologia Neonatale della Società italiana di

Neonatologia (SIN) ha organizzato uno studio multicentrico controllato e

randomizzato arruolando 155 neonati di EG compresa tra 28 e 32 settimane

in merito all’impiego della NCPAP nella profilassi del distress respiratorio,

ruolo non ancora del tutto chiarito. Lo studio ha dimostrato l’efficacia e la

sicurezza dell’approccio early NCPAP + INSURE, rilevando un’incidenza

di effetti collaterali negativi (air leak, emorragia cerebrale) trascurabile90.

E’ stata inoltre recentemente condotta una revisione sistematica da Davis

PG et al. 91 che ha confermato il beneficio clinico dell’uso precoce della

NCPAP nel pretermine, nel ridurre l’uso successivo di tecniche ventilatorie

più invasive, determinando quindi una riduzione delle complicanze

associate a questo.

Peraltro, accanto alle positive aspettative giustamente accese dai contributi

citati, sono stati avanzati autorevoli dubbi sulla possibilità di generalizzare

strategie di trattamento a bassa invasività, in particolare nei neonati

VLBW, a tutti i centri che non necessariamente si trovano a trattare

popolazioni di neonati a rischio analogo.

Saranno da puntualizzare in futuro alcuni aspetti, in particolare appare

necessario stratificare la popolazione dei neonati VLBW in quanto, essendo

fortemente disomogenea, considerarla come tale nella sua globalità può

essere fonte di risultati fuorvianti; andrebbero quindi condotti studi,

possibilmente multicentrici per favorire una buona numerosità, che mettano

89 Verder H., et al., Surfactant therapy and nasal continuous positive airway pressure for newborn with respiratory distress sindrome, N Engl J Med 1994; 333. pp. 1051 [PMID:8090164] 90 Gruppo di studio di Pneumologia Neonatale della Società Italiana di Neonatologia, Ruolo della profilassi con NCPAP nel neonato >28<32 settimane. Dati preliminari, Sandri F., Comunicazione al Secondo Congresso di Pneumologia neonatale , Monza , 26-27 ottobre 2000.

91 Davis PG., et al., Early versus delayed initiation of continuous distending pressure for respiratory distress sindrome in preterm infants. Cochrane Database of Systematic Reviews, Ed. 1, 2006 [CD:01956]

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a confronto le diverse strategie (early NCPAP, intubazione e ventilazione,

tipo di ventilazione, utilizzo del surfattante nelle diverse strategie) in modo

da potere individuare quelle più idonee nel trattamento dell’insufficienza

respiratoria alle diverse età gestazionali 92.

4.7.2 LA NCPAP NELL’APNEA NEONATALE

L’utilizzo della NCPAP riduce drasticamente l’incidenza delle apnee con

componente ostruttiva del neonato prematuro, che rappresentano la maggior

parte degli episodi di apnea. Ciò avviene probabilmente in rapporto

all’effetto che la pressione positiva esercita sulle vie respiratorie, nel senso

di un aumento stabile del calibro delle vie aeree con diminuzione della

resistenza e di un’azione di contrasto verso la naturale tendenza al collasso

delle prime vie nel neonato pretermine93.

L’impiego della NCPAP nel trattamento dell’apnea della prematurità,

eventualmente in associazione a stimolanti dei centri respiratori quali le

metilxantine visto lo scarso o nullo effetto della NCPAP sulle apnee di

origine centrale, appare ben codificato ed universalmente accettato94.

4.7.3 LA NCPAP NELLO SVEZZAMENTO DELLA

VENTILAZIONE MECCANICA

Vari contributi hanno dimostrato l’efficacia dell’applicazione della NCPAP

nella fase post-estubazione dopo ventilazione meccanica nel ridurre la

necessità di reintubazione sia nel neonato di peso < 1500 g che < 1000 g;

infatti, gli eventi che conducono alla reintubazione, principalmente l’apnea,

ma anche l’aumento del fabbisogno di 02 e l’acidosi respiratoria, vengono

92 Sandri F.,Rinaldi M., Ancora G.,Sorci NA., 1998, pp.91-92 93 Sandri F.,Rinaldi M., Ancora G.,Sorci NA., pp.92 94 AARC Clinical Practice Guideline, 1994 , op.ct., pp.817 da sito Internet: http://www.rcjournal.com/contents/09.04/09.04.1100.pdf Ultimo accesso: 15 Gennaio 2006 h. 15.00

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contrastati dalla NCPAP95. Anche in questo caso è opportuna l’associazione

con le metilxantine. Appare inoltre importante ai fini del successo

dell’estubazione in NCPAP, la scelta del momento più opportuno in termini

di parametri raggiunti di ventilazione meccanica, che dovrebbero essere

minimali, a testimonianza di un superamento della problematica polmonare

causa dell’indicazione alla ventilazione96.

4.8 EFFETTI COLLATERALI/COMPLICANZE CONNESSE

ALL’USO

La bassa invasività della NCPAP non presuppone che sia priva di

complicanze e i potenziali rischi connessi con il suo utilizzo devono essere

ben conosciuti, soprattutto dal personale infermieristico che si occupa

dell’assistenza di questi piccoli pazienti; è importante quindi un attento e

rigoroso monitoraggio delle funzioni vitali e dei gas ematici durante il suo

impiego.

Qui di seguito verranno elencati i possibili problemi che potrebbero

verificarsi.

Malfunzionamento del sistema

L’ostruzione delle vie coane, delle cannule nasali o del tubo per la presenza

di muco è un evenienza particolarmente frequente in corso di CPAP nasale,

con conseguenze talora gravi (diminuzione dell’ossigenazione) per la

mancata erogazione al paziente del flusso aereo97. Nei paragrafi dedicati al

nursing sono discussi gli accorgimenti atti ad evitare questa eventualità.

Sovradistensione polmonare

La sovradistensione polmonare è la complicanza più temibile in corso di

terapia con NCPAP per le gravi conseguenze che ne possono derivare. Tale

condizione si può verificare ogni volta in cui la pressione positiva

95 Davis PG., Henderson Smart DJ., Nasal Continuous Positive airway Pressure immediately after extubation for preventing morbidity in preterm infant , Cochrane Neonatal Group Cochrane Database of Systematic Reviews, Ed. 1, 2006 [CD:00457] 96 Moretti C.,2002, op.ct. pp.93 97 Sandri F.,Rinaldi M., Ancora G., Sorci NA., 1998, op. ct., pp.92

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utilizzata è eccessiva in relazione alla compliance polmonare del paziente,

nel senso che l’applicazione di una pressione elevata nelle vie aeree in

presenza di una compliance normale porta a sovradistensione polmonare.

La presenza di un polmone sovradisteso comporta aumentato rischio di

pneumotorace, peggioramento del rapporto ventilazione/perfusione,

aumento della ritenzione della C02 e del lavoro respiratorio. E’ noto inoltre

che quanto più elevata è la compliance polmonare tanto maggiore è la

trasmissione della pressione positiva a carico delle strutture del mediastino

posteriore, da cui deriva un aumento della pressione venosa centrale con

diminuzione del ritorno venoso e della gittata cardiaca (da cui possono

derivare importanti ripercussioni sulla perfusione gastrointestinale, renale e

cerebrale) ed un possibile aumento della pressione intracranica da

diminuzione del drenaggio venoso98.

Distensione gastrica

E’ una situazione che si presenta di frequente in corso di NCPAP, che solo

qualora non adeguatamente prevenuta con il posizionamento di un sondino

orogastrico a permanenza, di cui va verificata periodicamente la posizione

ed il buon funzionamento, può essere causa di ridotta escursione

ventilatoria per compressione sul diaframma o addirittura di perforazione

del viscere (CPAP belly syndrome)99. Può essere prevenuta, oltre che con un

adeguato fissaggio delle nasocannule, con il posizionamento di un sondino

orogastrico a caduta di cui vanno verificati periodicamente la posizione ed

il buon funzionamento, come specificato nel capitolo dedicato al nursing.

Lesioni a carico del naso

Sono possibili, in corso di applicazione della CPAP con naso-cannule,

lesioni a carico dei tegumenti e talora anche delle cartilagini nasali (necrosi

da pressione) che possono essere causa di deformazioni permanenti 100 .

Anche per la prevenzione di tale complicanza si rimanda al capitolo

dedicato al nursing.

98 AARC Clinical Practice Guideline, 1994, op.ct., pp.817 da sito Internet: http://www.rcjournal.com/contents/09.04/09.04.1100.pdf Ultimo accesso: 15 Gennaio 2006 h. 15.00 99 Orzalesi M. ,Dotta A. , 1997, op.ct., pp. 12-13

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4.9 ENTITA’ DEL SUPPORTO PRESSORIO

Esistono pochi dati in letteratura che abbiano valutato un metodo che

permetta di stabilire il valore ottimale di CPAP e la loro applicazione

clinica è molto limitata.

La pressione di CPAP ideale è quella che permette un’ossigenazione

soddisfacente senza comportare un incremento della PaCO2, una diminuzione del pH, o la presenza di effetti negativi dal punto di vista

cardiocircolatorio. E’ovvio che il paziente in terapia con CPAP necessita di

un accurato monitoraggio sia dal punto di vista emogasanalitico che dal

punto di vista cardiocircolatorio.

Se non diversamente indicato, la CPAP viene in genere somministrata a

livelli pressori compresi fra 3 e 6 cmH20 e la Fi02 viene regolata in base

all’ossigenazione del paziente; questi valori andranno scelti anche in base

al quadro da trattare, riservando quelli più elevati nei casi di marcata

riduzione del volume polmonare e viceversa. Se con il livello di CPAP

iniziale si ottiene una risposta clinica soddisfacente in termini di

stabilizzazione della dinamica respiratoria, riduzione della frequenza

respiratoria, del gemito e dei rientramenti toracici, si passa alla fase

successiva, in caso contrario va aumentato il livello fino a 6-8 cmH20. Man

mano che il miglioramento del quadro polmonare ha luogo viene in genere

diminuita progressivamente la Fi02, quindi la pressione, fino al ritorno in

pressione atmosferica 101.

4.10 IL MONITORAGGIO

L’applicazione della CPAP impone l’esecuzione di un accurato

monitoraggio per consentire sia una precisa valutazione dell’andamento del

quadro clinico, sia il tempestivo riconoscimento di eventuali effetti

indesiderati. Qui di seguito verrà affrontato l’argomento dal punto di vista

100 Moretti C.,2002, op.ct. pp.95 101 De Paoli AG., Morley C:; Davis PG; Nasal CPAP for neonates : what do we Know in 2003?, Archives of Disease in Childhood Fetal and Neonatal Edition 2003; 88; F168 [PMID:12719386]

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generale per poi riprenderlo nel capitolo dedicato al nursing, in cui verrà

puntualizzato il ruolo infermieristico nella corretta interpretazione dei dati

derivanti dal monitoraggio del neonato in nasalCPAP.

Il monitoraggio del neonato in CPAP prevede:

- emogasanalisi : è il metodo di elezione per la valutazione dei valori

di Pa02 e PaC02, andrebbe eseguita entro 10-15 minuti dall’inizio

della terapia e ogni qualvolta la si ritenga clinicamente indicata;

- pulsossimetria: è il metodo di elezione per il monitoraggio continuo

dello stato di ossigenazione, in particolare nelle fasi di stabilità del

quadro clinico, pur con i limiti connessi a tale metodica. E’

consigliabile considerare come obiettivo ottimale il mantenimento di

valori di Sa02 compresi fra 92% e 95% che permettono di escludere

sia la presenza di ipo che di iperossia ;

- P02 e PC02 transcutanea: questo tipo di monitoraggio potenzialmente

molto utile, ha nella pratica clinica molti limiti che suggeriscono

grande cautela nella interpretazione dei valori letti e frequenti

verifiche di confronto con i valori emogasanalitici; viene utilizzato

nei pazienti più critici;

- ECG e pressione arteriosa sistemica: le potenziali ripercussioni

negative della CPAP sul circolo impongono un monitoraggio

continuo della frequenza cardiaca ed un monitoraggio periodico

(almeno ogni 4-6 ore) della pressione arteriosa sistemica, il cui

impiego andrà valutato sulla base delle condizioni cliniche del

soggetto;

- l’esame radiologico del torace fornisce indicazioni di grande utilità

nella valutazione degli effetti della CPAP sull’evoluzione della

patologia, sia in senso positivo che negativo (miglioramento del

quadro radiologico, insorgenza di complicanze quali iperdistensione

polmonare o pneumotorace) e andrebbe eseguito nella fase iniziale

dell’assistenza ventilatoria e successivamente qualora indicato

clinicamente;

- indipendentemente dall’apparecchiatura utilizzata per la

somministrazione della CPAP, essa deve comprendere un sistema di

monitoraggio della pressione e della Fi02 effettivamente applicate al

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paziente e, se possibile, essere provvista di allarmi che segnalino

eventuali variazioni non desiderate di tali parametri102.

4.11 CRITERI DI FALLIMENTO

Non ci sono chiare definizioni del fallimento della CPAP. Molto dipende

dalla condizione del neonato e dalla patologia di base che ne ha richiesto

l’applicazione. Ciò che segue sono i tipici criteri di fallimento per i neonati

VLBW con RDS trattati con CPAP fin dalla nascita103:

- episodi apneici persistenti;

- ipercapnia con acidosi ( PaC02 > 65-70 mmHg e pH < 7,20);

- Fi02 ≥ 0,6.

E’ molto importante ricordare che alla base di un fallimento apparente della

CPAP rientrano tutte quelle condizioni che possono manifestarsi in seguito

ad un inadeguato nursing del neonato (posizionamento delle cannule

inappropriato, presenza di ostruzione delle vie aeree, mantenimento della

bocca del neonato aperta etc.) e che verranno approfondite nel capitolo

seguente104.

4.12 SOSPENSIONE

La progressiva normalizzazione del quadro clinico è testimoniata dalla

possibilità di ridurre progressivamente la Fi02 (2-5% per volta fino ad

arrivare al 21%) e l’entità della pressione positiva (1 cmH20 per volta fino

a 2-3 cmH20).

Una volta raggiunti questi valori minimi per ambedue i parametri è

possibile provare a sospendere la terapia con NCPAP. Il divezzamento dalle

nasocannule può essere più o meno progressivo in relazione al peso, all’età

gestazionale del soggetto e alla presenza di eventuali altre indicazioni alla

102 Moretti C.,2002, op.ct. pp.97 103 Moretti C.,2002, op.ct. pp.97-98 104 Orzalesi M. ,Dotta A. ,1997, op.ct., pp.4-6

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terapia. La sospensione della CPAP può essere attuata anche in maniera

intermittente interrompendo la somministrazione per periodi inizialmente

brevi e quindi progressivamente più lunghi105.

105 De Paoli AG., Morley C:; Davis PG., 2003 ,op.ct. 88: F168 [PMID:12719386]

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CAPITOLO QUINTO

L’INFERMIERE E LA GESTIONE DEL

NEONATO IN NASALCPAP

Sommario:5.1 Introduzione. 5.2 NasalCPAP e sistema Infant Flow. 5.3

Il sistema Infant flow: principio di funzionamento. 5.4 Componenti del

circuito. 5.5 Tecnica di applicazione. 5.6 Posizionamento del neonato.

5.7 Umidificazione e riscaldamento. 5.8 Aspirazione delle vie aeree.

5.9 Alimentazione. 5.10 Monitoraggio del neonato in NCPAP:

responsabilità infermieristiche.

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5.1 INTRODUZIONE

L’evoluzione della professione infermieristica in Italia ha visto

modificazioni importanti sia nella formazione che nella pratica. Riferimenti

legislativi utili da tenere in considerazione per comprendere l’attualità del

tema sono:

- Il Codice Deontologico dell’infermiere del 1999 che nella parte

- “Principi etici della professione” prevede che: “nell’agire

professionale l’infermiere si impegna a non nuocere” (punto 2.6) e

che l’infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la

formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la

ricerca al fine di migliorare la sua competenza, fonda il suo operato

su conoscenze valide e aggiornate così da garantire alla persona le

cure e le conoscenze più efficaci, partecipa alla formazione,

promuove e attiva la ricerca, cura la diffusione dei risultati al fine di

migliorare l’assistenza infermieristica”(punto 3.1)106.

- il Profilo professionale dell’infermiere che all’articolo 1 comma 3

afferma che: “l’infermiere:

a) partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della

collettività;

b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della

collettività e formula i relativi obiettivi;

c) pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico”107.

Ma per pianificare e quindi nel momento in cui applica il processo

decisionale, l’infermiere deve conoscere i più appropriati interventi

assistenziali erogabili nel momento attuale.

L’agire professionale si basa sulle competenze che sono il risultato di

conoscenze, abilità ed esperienza. La teoria e la pratica si intrecciano nella

ricerca che è metodo per la disciplina stessa108.

L’Evidence Based Nursing (EBN) nasce come movimento culturale alla fine

degli anni ’90 sul modello dell’Evidence Based Medicine (EBM), dalla

106 Codice Deontologico dell’infermiere.(1999) Il Patto infermiere cittadino (1996) 107 D.M. n. 739 del 14 settembre 1994. 108 Fabbri C., Montalti M., Manuale teorico pratico di Infermieristica, Maggioli, Dogana (RSM) 2004, pp. 152-153

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quale si contraddistingue per la peculiare attenzione rivolta all’attività

pratica dell’infermiere e alla sua stretta interazione con le preferenze ed

esperienze del paziente.

Si tratta di un approccio al malato che mette in luce la continua esigenza di

approfondimento, confronto e cambiamento che dovrebbe connotare la

professione dell’infermiere109.

Inoltre il miglioramento della conoscenza e della formazione individuale

anche attraverso la ricerca, portando ad una riduzione della variabilità

inappropriata del comportamento umano è uno dei temi principali sui quali

si basano iniziative di “Risk Management” (“Gestione del rischio”) che in

sanità rappresenta l’insieme di varie azioni complesse messe in atto per

migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e garantire la sicurezza del

paziente 110 . Nel mondo della Terapia Intensiva Neonatale, il costante

miglioramento delle cure e delle tecniche di assistenza e la progressiva

ultraspecializzazione, rendono l’aggiornamento continuo uno strumento di

lavoro indispensabile per il professionista infermiere. Nei paragrafi che

seguono si è cercato di affrontare lo studio della gestione del neonato

sottoposto a NCPAP, attraverso l’analisi della letteratura internazionale .

5.2 NASALCPAP E SISTEMA INFANT FLOW

Un corretto nursing rappresenta l’elemento principale per il successo

dell’applicazione della CPAP. L’importanza del nursing è particolarmente

evidente in corso di CPAP somministrata mediante nasocannule specie se si

utilizza un circuito tipo Infant Flow, che è quello più comunemente usato in

tutto il mondo, proprio perché, se confrontato con altri circuiti per la

somministrazione di CPAP, risulta essere più efficace nel migliorare la

compliance polmonare, ridurre il fabbisogno di 02, migliorare la frequenza

respiratoria e quindi diminuire il lavoro respiratorio111.

109 Bonaldi A., Evidence Based Nursing (EBN) , Atti del Convegno Il Workshop Cure Intensive del Neonato , Verona ,24/25 marzo 2004, pp. 58-59 110 Risk Management in Sanità. Il Problema degli Errori. Commissione Tecnica sul Rischio Clinico, Marzo 2004. 111 Davis PG:, Faber B., Morley CJ.,op. ct. , Cochrane Database of Sistematic Review, Issue 1, 2006. [CD:01963]

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E’ necessario conoscere in che cosa consiste il sistema Infant Flow per

comprendere quali siano le pratiche di nursing più corrette da applicare ai

neonati supportati mediante questo strumento. Per questo qui di seguito

verrà delineato il principio di funzionamento del sistema e i vari

componenti del sistema, la cui applicazione oltre alla corretta gestione,

fanno parte delle responsabilità infermieristiche. Nei paragrafi successivi

verranno poi approfonditi gli aspetti assistenziali fondamentali nella

gestione del neonato in NCPAP.

5.3 IL SISTEMA INFANT FLOW: PRINCIPIO DI

FUNZIONAMENTO

Il generatore Infant Flow è costituito da un tubo a tre vie: una via fornisce

alta pressione, un’altra è collegata alle narici mediante nasocannule e la

terza via è aperta nell’atmosfera. Il principio operativo è che il jet ad alta

pressione assume direzioni diverse a seconda della pressione generata a

livello delle cavità nasali dallo sforzo respiratorio del paziente (flusso

variabile).

Durante l’inspirazione il calo della pressione nelle cavità nasali fa si che si

crei un gradiente pressorio che richiama il flusso all’interno delle vie

aeree; durante l’espirazione vi è un inversione della direzione del jet di

flusso che agevola l’espirazione (effetto Coanda) (fig.5.1). L’energia

cinetica di questo flusso ad elevata velocità viene trasformata in pressione

in prossimità delle cavità nasali generando così CPAP. Flussi da 5 a 11

l/min creano pressioni da 2 a 10 cmH20. Questo sistema, pertanto, non

prevede una valvola espiratoria112. Due studi effettuati non hanno riportato

differenze tra questo sistema e quelli classici nel migliorare la compliance

polmonare, nel ridurre il fabbisogno di 02 e nel migliorare la frequenza

respiratoria. Uno studio condotto allo scopo di paragonare tre circuiti

(Infant Flow, nasocannula doppia e nasocannula singola alimentata da un

ventilatore meccanico) per la somministrazione della CPAP in neonati di

112 Moretti C.,2002, op.ct. pp.89

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peso <1800 affetti da distress respiratorio lieve o da apnea, ha dimostrato

un migliore reclutamento polmonare mediante il circuito Infant Flow113. In

uno studio degli stessi Autori il Sistema Infant Flow si è dimostrato più

efficace, confrontato con un sistema a flusso costante, nel ridurre il lavoro

respiratorio in una popolazione di neonati pretermine affetti da distress

respiratorio di lieve entità 114.

Fig. 5.1 Rappresentazione schematica dell’effetto Coanda

(immagine tratta da Ginepro M., Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

5.4 COMPONENTI DEL CIRCUITO

L’Infant Flow è un sistema costituito da:

- Unità di base Infant FLow (Infant Flow Driver)

Si tratta dell’unità del sistema attraverso la quale vengono impostati

dal medico i valori che corrispondono alla pressione di CPAP, il

flusso di 02 in litri/minuto, la frazione inspiratoria di ossigeno

espressa in percentuale (Fi02), gli allarmi relativi ai parametri

impostati. Gli allarmi elettronici si impostano automaticamente dopo

un periodo di stabilizzazione di 2 minuti, se si desidera impostare gli

allarmi prima di tale periodo è possibile farlo, tenendo premuto il

tasto arm/mute per tre secondi. I parametri impostati vengono

113 Courtney SE, Pyon KH , Saslow JG , Arnold GH , Lung recruitment and breathing pattern during variable versus continuous positive airway pressure in premature infants. An evaluation of three devices ,Pediatrics 2001; 197: 304 [PMID:11158463] 114 Pandit BP. , et al. Work of breathing during constant and variable flow nasal continuous positive airway pressure in preterm neonates , Pediatrics 2001; 108: 682.

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visualizzati sul monitor (fig 5.2).Dall’unità di base vengono

rilasciati ossigeno e aria, opportunatamente miscelati, umidificati e

riscaldati prima di essere somministrati al neonato115.

Fig. 5.2 Unità di base Infant Flow. (immagine tratta da Ginepro M., Debole M.,

Cupic B., 2003, op.ct.)

- Il circuito generatore di CPAP infant flow

A sua volta questo circuito è costituito da diversi componenti:

a. Iniettore nasale

b. Adattatore nasale (cannuline o mascherina)

c. Lacci

d. Tubo espiratorio

e. Tubo per il gas fresco

f. Linea pressoria

L’iniettore nasale è collegato al tubo espiratorio (tubo corrugato bianco), al

tubo per il gas fresco che trasmette al neonato la miscela di aria e ossigeno

e alla linea pressoria (fig.5.3)116.

115 Berti M., Dani C., Fioravanti L., 2002, pp.30-31

116 Berti M., Dani C., Fioravanti L., 2002, pp.32-33

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Fig. 5.3 Iniettore nasale del sistema Infant Flow (immagine tratta da Ginepro M.,

Debole M., Cupic B., 2003, op.ct.)

Da notare che il tubo corrugato bianco presenta una fessura nella sua

porzione iniziale che rappresenta una valvola di scarico di pressione nel

caso l’estremità del tubo stesso venga accidentalmente occlusa, non è

pertanto un difetto del circuito117.

L’iniettore nasale è provvisto di appositi lacci in velcro che servono per

fissare il generatore alla cuffia e mantenerlo quindi ben aderente al naso

del neonato.

Per quanto riguarda gli adattatori nasali sono disponibili cinque misure di

maschere nasali (XS, S, M, L, XL) (fig.5.4) e quattro misure di cannule

nasali (S, M, L, XL) (fig.5.5); nella scelta dell’interfaccia

generatore/bambino da utilizzare, è necessario ricordare che lo scopo è di

creare la miglior tenuta possibile all’interno e attorno al naso del bambino,

per cui è importante servirsi della Guida Nasale (fig.5.6) che ci permette di

stabilire la misura più idonea dell’adattatore. Usando la Guida per la

misura del naso, questa ci permette di paragonare i diametri delle cannule

nasali e della maschera nasale con quelli del naso del neonato. La taglia

dell’adattatore non dipende dal peso, dall’età gestazionale o dalla

lunghezza del neonato, ma solo dalla misura del naso che è individuale per

ciascun bambino118.

117 http://www.pneumologianeonatale.org/ Ultimo accesso: 2 febbraio 2006 h. 11.00 118 Fenomeni di flusso e Funzionalità del Sistema Infant Flow. Tecnica di Applicazione passo a passo. Da Sito Internet: http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx Ultimo accesso 20 gennaio 2006 h. 15.00

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Fig. 5.4 Maschera nasale del circuito Infant Flow (immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx)

Fig.5.5 Cannula nasale applicata all’iniettore (immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx)

Fig. 5.6 Guida nasale (immagine tratta da http://www.viasyshealthcare.com/

default.aspx)

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- Il circuito respiratorio

Il circuito respiratorio è costituito

dai tubi di collegamento dell’unità

di base del sistema con

l’umidificatore e il generatore. Si

tratta di materiale monouso,

resistente, leggero (fig.5.7).

Fig.5.7 Il circuito respiratorio (immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx)

- La camera di umidificazione.

Anche l’umidificatore ovviamente

è monouso e provvede sia

all’umidificazione che al

riscaldamento del gas (fig.5.8); la

temperatura di riscaldamento del

gas raccomandata nel circuito

Infant Flow è 36,5ºC: ciò si

ottiene impostando la temperatura

della resistenza del circuito a 37,5ºC (è possibile utilizzare una

temperatura circuito di 38ºC nei gravi prematuri) e quella del gas a -

1ºC (è possibile utilizzare -2 controllo camera nel momento in cui si

venga a creare condensa lungo il circuito e solamente per il tempo

utile ad eliminare tale condensa) 119 . E’ sempre importante che il

sensore della temperatura sia posto al di fuori dell’incubatrice o, nel

caso in cui il neonato sia posto sotto Infant Warmer, che si provveda

ad isolarlo dal punto di vista termico coprendolo ad esempio con un

telino.

119 Berti M., Dani C., Fioravanti L., 2002, pp.40-49

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Fig. 5.8 Camera di umidificazione e riscaldamento (immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx)

- Il silenziatore/ filtro

E’ disposto sulla linea espiratoria per ridurre il rumore derivante dal

gas in uscita, ed è provvisto di filtro per impedire l’ingresso di

agenti patogeni. (fig.5.9).

Fig.5.9 Il silenziatore/ filtro

(immagine tratta

http://www.viasyshealthcare.com/default.aspx)

- Le cuffiette

Per migliorare ed ottimizzare il fissaggio delle nasocannule al

paziente è stata realizzata una gamma di ben 12 taglie di cuffiette

(nove standard e tre per neonati molto prematuri) con appositi

fissaggi in velcro dei tubi e delle fettucce di tenuta (fig.5.10); le

cuffie hanno colori diversi a seconda della taglia120.

Fig.5.10 Le cuffie dotate di codice a colori

per distinguerne la dimensione (immagine

tratta da http://www.viasyshealthcare.com/

default.aspx)

5.5 TECNICA DI APPLICAZIONE

120 http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx Ultimo accesso 20 gennaio 2006 h. 15.00

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Il segreto di una buona applicazione sta tutto nello staff infermieristico e

nell’impiego corretto della strumentazione disponibile.

Come si è sottolineato più volte i potenziali problemi che si possono

verificare con NCPAP sono:

- perdita di pressione;

- cannule o mascherina non posizionate regolarmente;

- strisce troppo vicine agli occhi;

- irritazione nasale ed infiammazione;

- deformazione nasale/distorsione del setto;

- necrosi da pressione;

- distensione dello stomaco.

Proprio per evitare il manifestarsi di tali problemi si deve partire da una

corretta applicazione, a cui deve seguire un attento monitoraggio del

neonato.

Prima di iniziare bisogna sottolineare che la NCPAP è più facile da

applicare al neonato quando è tranquillo e non agitato; per cui conviene

spendere un po’ di tempo cercando di tranquillizzarlo prima di applicare il

dispositivo, magari, se clinicamente possibile, provando ad avvolgere il

bambino in un caldo lenzuolino e dandogli un ciucciotto per calmarlo.

Durante l’applicazione meritano particolare attenzione questi passaggi che

verranno visti uno ad uno:

• corretta scelta della cuffia e delle cannule(o mascherina);

• corretto posizionamento circuito121.

Scelta della cuffia e delle cannule (o mascherina)

E’ necessario scegliere l’interfaccia generatore/neonato adeguata

(nasocannule/mascherina), ricordando che lo scopo è di creare la miglior

tenuta possibile all’interno e attorno al naso del bambino; ciò assicurerà

che il corretto livello di CPAP venga ottenuto.

In un recente studio randomizzato controllato che ha visto reclutati 89

neonati VLBW (<1501), si è voluto paragonare l’incidenza del trauma

121 Moretti C., 2002 , op.ct., pp.97

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nasale associato con l’uso delle cannule o della maschera durante il

trattamento di NCPAP con il sistema Infant Flow. Tutti i neonati di peso

molto basso ammessi nell’unità di cure intensive neonatale nell’ospedale

dell’Università di Kebangsaan, Kuala Lumpur, Malaysia, fra luglio 2001 e

dicembre 2003 che hanno ricevuto la CPAP attraverso Infant Flow, sono

stati randomizzati rispetto all’uso o delle cannule nasali o della maschera

nasale: degli 89 neonati reclutati, 41 sono stati scelti a campione rispetto

all’uso della maschera e 48 delle cannule. I criteri di inclusione allo studio

erano: neonati con peso molto basso (VLBW < 1501g) con distress

respiratorio caratterizzato da un punteggio di Silverman da 1-5, che

ricevevano NCPAP attraverso Infant Flow all’ammissione oppure erano

stati svezzati dal ventilatore e utilizzavano la CPAP come supporto

ventilatorio. I criteri di esclusione erano: l’utilizzo di altri metodi di

somministrazione della CPAP (per es. il ventilatore ecc.), la presenza di

fistola tracheoesofagea o di ernia diaframmatica, pneumotorace, deformità

nasali, atresia bilaterale delle coane o altre maggiori malformazioni.

Dopo la randomizzazione, l’IFD è stato applicato secondo le istruzioni del

costruttore. La cavità nasale dei neonati è stata ispezionata ogni giorno

dopo la prima settimana, poi settimanalmente finché sono stati svezzati

all’uso della CPAP. La condizione del naso è stata documentata

sistematicamente e la presenza di uno qualsiasi dei quattro tipi di trauma

nasale (rossore, sanguinamento, escoriazioni, o il restringimento del

passaggio) venivano prontamente segnalati e veniva applicato subito il

trattamento in modo che la lesione regredisse. Al termine del periodo di

studio non si è verificata una differenza significativa nell’incidenza di

trauma nasale tra i due gruppi, sebbene i siti della lesione fossero differenti

a seconda che si utilizzassero le cannule nasali o le maschere. Dei 12

neonati i quali hanno sviluppato trauma nasale nel gruppo della maschera

nasale, sei presentavano escoriazioni sul setto nasale, tre avevano

sviluppato un restringimento del passaggio a livello delle coane nasali e

due presentavano un arrossamento della mucosa nasale. Un neonato aveva

tre tipi di lesione: sanguinamento, escoriazioni, restringimento del

passaggio. Dei 17 neonati che avevano riportato il trauma nasale nel gruppo

delle cannule nasali, le escoriazioni si sono presentate in 10,

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l’arrossamento si è presentato in quattro e uno di questi aveva

sanguinamento che veniva dall’interno delle narici. Più neonati avevano più

di una lesione: uno con restringimento del passaggio e escoriazione e un

altro con escoriazione e sanguinamento dal luogo della lesione. Nel gruppo

delle maschere nasali le lesioni si verificavano principalmente alla base del

setto nasale e più specificamente alla congiunzione del setto nasale e del

filtro, indicando questi come i punti di maggiore pressione; nel secondo

gruppo, invece, il trauma era maggiormente presente a livello delle pareti

del setto nasale, ad indicare che questi sono i punti di maggiore pressione

da parte delle cannule nasali. Non c’è stata nessuna significativa differenza

nella distribuzione etnica e di sesso tra i due gruppi, neppure per quanto

riguarda la proporzione di neonati che avevano ricevuto steroidi prenatali,

o trattamento con surfattante; il peso alla nascita, l’età gestazionale, il

punteggio di Apgar basso a 1 e 5 minuti di vita, non era significativamente

differente tra i due gruppi. Neppure c’era una differenza significativa nei

giorni di durata della ventilazione meccanica o nella durata

dell’ossigenoterapia, nella durata della CPAP, nell’intervallo fra

l’applicazione del dispositivo e l’insorgenza del trauma, nel periodo di

degenza in ospedale, nella mortalità tra i due gruppi. I risultati dello studio

condotto hanno portato ad affermare che l’unico fattore di rischio

significativo associato con lo sviluppo di trauma nasale dopo NCPAP è la

durata del trattamento; non c’è una differenza significativa nell’incidenza

del trauma causato dalle cannule nasali e dalla maschera. Ovviamente,

qualora si verifichino dei punti di maggiore pressione durante il

trattamento, questo contribuisce alla comparsa del trauma e questo

suggerisce che il monitoraggio delle condizioni del naso del bambino e

un’applicazione adatta del dispositivo nasale, dovrebbero essere condotte

meticolosamente al fine di minimizzare il rischio di comparsa del trauma122

stesso.

La scelta della corretta misura delle nasocannule (o mascherina) viene

effettuata utilizzando la guida nasale (fig.5.11). E’errato pensare che

cannule più piccole possano essere le più delicate per la cute del neonato.

122 Yong S-C, Chen S-J, Boo N-Y, Incidence of nasal trauma associated with nasal prong versus nasal mask during continuous positive airway pressure treatment in very low birth weight infants a randomised control study, Arch.Dis Child Fetal Neonatal, Ed. 2005; 90 : 480-483 [PMID:15941825]

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Queste infatti non permettono di ottenere una buona tenuta e

conseguentemente di mantenere costante il livello di CPAP, ed inoltre

contribuiscono ad aumentare le resistenze. Tutto ciò non aiuta a ridurre il

lavoro respiratorio ma, al contrario, può determinarne un incremento. Le

cannule di silicone scaldandosi nel naso del neonato diventano più morbide

e si allargano leggermente migliorando ulteriormente la tenuta. Una volta

scelto l’adattatore questo viene fissato sull’iniettore nasale del generatore

ed è pronto per essere applicato alla cuffia (fig. 5.12)123.

Fig.5.11 Scelta della corretta

misura dell’adattatore utilizzando la

guida nasale(immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/

default.aspx )

Fig.5.12 Applicazione

dell’adattatore nasale all’iniettore

nasale(immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/

default.aspx )

La scelta della cuffia avviene misurando la testa del neonato e può essere

effettuata tra 12 taglie diverse di cui tre per neonati molto prematuri

(fig.5.13). Ogni cuffia, come è stato specificato precedentemente, presenta

colori diversi a seconda della taglia (vd.fig.5.10). La cuffia deve essere

larga abbastanza da giungere a livello delle sopraciglia e da coprire

123 http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx Ultimo accesso 20 gennaio 2006 h. 15.00

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completamente le orecchie: se troppo piccola, infatti, tenderà a scivolare

verso l’alto forzando il circuito verso il naso del neonato. Se al contrario

risulta troppo larga, scivolerà verso il basso sugli occhi, i laccetti si

allenteranno e non verrà mantenuta una buona aderenza.

La taglia della cuffia e delle connessioni può dover essere cambiata nelle

successive 24-48 ore poiché l’edema si riduce e la conformazione della

testa varia dal momento del parto. Se l’Infant Flow viene utilizzato su un

neonato per un periodo di tempo prolungato, allora sia le connessioni che la

cuffia possono dover essere cambiate con delle taglie maggiori124.

Fig.5.13 Misura della testa del neonato per la scelta della cuffia di misura idonea

(immagine tratta da http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx )

Posizionamento del circuito

I tubi dovrebbero essere posizionati in maniera tale da non esercitare

trazione sul generatore di flusso né da causare pressione sul naso del

neonato. Il generatore di flusso con l’adattatore applicato

(nasocannule/mascherina) viene prima applicato alla cuffia mediante gli

appositi nastrini, che vanno inseriti nell’asola più in basso della cuffia,

quella all’altezza dell’orecchio e poi fatti passare alternativamente al di

sopra e al disotto delle asole superiori (fig.5.14).

124 http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx Ultimo accesso 20 gennaio 2006 h. 15.00

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Fig.5.14 Generatore di flusso con adattatore applicato inserito sulla cuffia

(immagine tratta da http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx )

La cuffia con il generatore già fissato va applicata al neonato (fig.5.15).

Fig.5.15 Cuffia e generatore

applicati al neonato (immagine

tratta da

http://www.viasyshealthcare.com

/ default.aspx )

In seguito è necessario introdurre delicatamente le cannule nasali o la

maschera nel/sul naso del neonato per somministrare la CPAP .(fig.4.16).

Fig. 5.16 Applicazione del

dispositivo al neonato

(immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.co

m/ default.aspx )

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Tutti e tre i tubi del generatore devono essere fissati al velcro centrale della

cuffia (fig.5.17); successivamente la linea inspiratoria va separata da quella

pressoria ed entrambe vengono fissate con i due velcri secondari (fig.5.18).

Fig.5.17 Fissaggio dei tubi al velcro centrale della cuffia. (immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx )

Fig. 5.18 La linea pressoria viene separata da quella inspiratoria ed entrambe

vengono fissate ai due velcri secondari.(immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx )

Nel caso di neonati prematuri particolarmente piccoli (ad es. peso

inferiore 700 gr) risulta impossibile fissare insieme tutti e tre i tubi con

il velcro centrale: il tubo espiratorio, a causa della rigidità del

segmento iniziale, verrà lasciato libero, mentre gli altri due (linea

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pressoria e inspiratoria) verranno fissati come precedentemente

descritto. In entrambi i casi il tubo espiratorio deve essere posizionato

in modo tale da seguire la conformazione cranica del neonato per

evitare accidentali trazioni decubitanti sul setto nasale, durante i

movimenti del piccolo paziente (fig.5.19).

Fig. 5.19 Posizionamento dei tubi del circuito: solo nel caso di neonati particolarmente piccoli il

tubo espiratorio viene lasciato libero in quanto risulta impossibile fissarlo al velcro centrale a

causa della rigidità del segmento iniziale del tubo stesso.(per gentile concessione della Burke

Burke SpA.)

Altresì, nel fissaggio dei tubi è bene assicurarsi che la base delle

cannule sia sempre visibile dall’alto a ulteriore garanzia che

quest’ultima non eserciti eccessiva pressione sul setto nasale.125.

I nastri del generatore devono essere tirati e stretti in modo che attraversino

le guance. Così fissati i nastrini dovrebbero essere diretti verso il

basso,cioè verso la base delle orecchie, allontanandosi dagli occhi.

Dovrebbero essere evitati cerotti o nodi tra i nastrini e la cuffia facilitando

così il rapido aggiustamento e la rapida rimozione delle cannule (fig.5.20).

Successivamente si devono annodare i margini della cuffia (fig.5.21).

125 Moretti C., 2002 , op.ct.,pp.97

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Fig. 5.20 Fissaggio dei nastrini alla Fig. 5.21 Sistemazione finale della cuffia. cuffia. (immagine tratta da (immagine tratta da http://www.viasyshealthcare.com/default http://www.viasyshealthcare.com/defa .asx) ult.asx) Assicurarsi in seguito che le cannule e la maschera nasale siano

correttamente posizionate, che gli occhi siano liberi e chiaramente visibili,

il generatore sia stabile e sicuro (fig.5.22, fig.5.23) e infine che il neonato

stia ricevendo il livello richiesto di NCPAP come dimostrato dalla stabilità

del led dell’unità di base del sistema.

Fig.5.22Controllo finale del dispositivo appli- Fig.5.23 Controllo finale del dispositivo cato al neonato, utilizzando le cannule nasali. applicato al neonato, utilizzando la ma- (da http.//viasyshealthcare.com/default.aspx) schera nasale. E’ importante ricordare che la posizione dei tubi è fondamentale, è quindi

necessario assicurarsi che passino al di sopra della testa e scendano lungo

la nuca; i tubi del generatore sono incurvati per adattarsi alla

conformazione cranica: se vengono fissati ad un supporto, ciò può

provocare un’inutile tensione sul naso (5.24).

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Fig. 5.24 Posizionamento corretto dei tubi del circuito. (immagine tratta da

http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx )

Durante l’assistenza infermieristica si ribadisce l’importanza di

evitare lesioni decubitanti al setto nasale assicurandosi che la base

delle cannule sia sempre visibile dall’alto126.

126 Moretti C., 2002 , op.ct.,pp.97

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5.6 POSIZIONAMENTO DEL NEONATO

Il neonato può essere accudito in posizione prona, supina o laterale avendo

cura di mantenere il collo lievemente iperesteso.

La posizione prona si è dimostrata vantaggiosa per i neonati prematuri con

distress respiratorio (fig. 5.25); i neonati a termine al contrario non amano

questa posizione ed è preferibile per loro quella semiseduta, realizzata con

l’aiuto di telini127.

Fig.5.25 Neonato in NCPAP in posizione prona nel nido di contenimento.(per gentile

concessione della Burke Burke SpA.)

L’uso dell’Infant Flow non dovrebbe in alcun modo influenzare la quantità

di contatti parenterali e i momenti in cui si accudisce il neonato. Questo

dovrebbe essere incoraggiato come in ogni circostanza. In corso di CPAP è

possibile effettuare le sedute di marsupioterapia, l’intervento basato sulla

promozione del contatto “pelle a pelle” tra madre e neonato (fig.5.26).

127 Moretti C., 2002 , op.ct.,pp.97-98

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Fig.5.26 Neonato prematuro in NCPAP che si gode l’abbraccio della mamma.(per

gentile concessione della Burke SpA.)

Durante la NCPAP è importante mantenere chiusa la bocca del neonato; ciò

fornisce almeno tre benefici:

- Consente di evitare le perdite di flusso e quindi l’instabilità del

livello di CPAP applicato alle vie aeree riducendo pertanto il lavoro

respiratorio;

- Riduce la secchezza delle mucose e il formarsi di secrezioni dense,

favorendo anche la deglutizione della saliva;

- Pone la mandibola in avanti evitando la caduta all’indietro della

lingua e garantendo in tal modo la pervietà delle vie aeree.

Per aiutare il neonato a mantenere chiusa la bocca, nelle fasi iniziali

dell’assistenza con nasocannule può essere utile utilizzare un supporto (ad

es. garzine arrotolate) posto sotto il mento. L’impiego del succhiotto

favorisce il processo di deglutizione, riduce la formazione di schiuma nella

bocca ed aiuta a mantenere la mandibola in avanti.

E’ bene assicurarsi che il neonato sia in una posizione stabile e

confortevole, creando un nido protettivo e mettendo in pratica tutti gli

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accorgimenti della cura posturale (Minimal handling, Wrapping, Gentle

Handling etc.) e quelli per la riduzione del dolore durante l’esecuzione di

determinate procedure (glucosio al 10% associato al succhiotto, uso di

anestetici locali, dispositivi di incisione automatici etc.).Un neonato calmo

e stabilizzato dormirà tranquillamente e avrà minore richiesta di ossigeno128.

5.7 UMIDIFICAZIONE E RISCALDAMENTO

Un’adeguata umidificazione è importante per evitare la secchezza delle

mucose e l’accumulo di secrezioni dense che potrebbero ostruire le vie

aeree. La temperatura di riscaldamento dei gas raccomandata nel circuito

Infant Flow è di 36,5ºC: ciò si ottiene impostando la temperatura della

resistenza del circuito a 37,5ºC e quella del gas a 1ºC in meno129. E’ sempre

importante che il sensore della temperatura sia posto al di fuori

dell’incubatrice o, nel caso in cui il neonato sia posto sotto Infant Warmer,

che si provveda ad isolarlo dal punto di vista termico coprendolo ad

esempio con un telino.

5.8 ASPIRAZIONE DELLE VIE AEREE

L’aspirazione delle vie aeree deve essere praticata al bisogno e non troppo

di frequente, perché si tratta di una procedura traumatica e invasiva. Per

ridurre la formazione di secrezioni dense sia nella bocca che nel naso sono

utili le seguenti misure:

- impostare un’adeguata temperatura dell’umidificatore, poiché una

temperatura troppo bassa può favorire infatti la formazione di

secrezioni asciutte;

- mantenere chiusa la bocca del neonato;

128 http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx Ultimo accesso 20 gennaio 2006 h. 15.00

129 Berti M., Dani C., Fioravanti L., 2002, pp.

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- evitare la formazione di traumi nasali attraverso un accurato

monitoraggio del naso del neonato, dato che la presenza di lesioni

può favorire il formarsi di secrezioni dense.

Nel caso debba essere effettuata un’aspirazione, questa deve essere

eseguita nell’assoluto rispetto dell’asepsi, deve essere il meno traumatica

possibile e di rapida esecuzione. Le complicanze associate a questa

manovra sono la comparsa di ipossiemia, lesioni della mucosa, bradicardia,

infezioni130.

5.9 ALIMENTAZIONE

A tutt’oggi non esistono linee guida pubblicate che riguardano

l’alimentazione dei neonati sottoposti a NCPAP e anche nei testi di

neonatologia ci sono informazioni limitate sulle modalità di alimentazione

dei neonati sottoposti a NCPAP o sulle speciali precauzioni che dovrebbero

essere prese. Jaile et al. 131 nel 1992 affermarono che la NCPAP non

interferisce con l’alimentazione e la “belly sindrome” da CPAP veniva

citata come una forma benigna di distensione addominale che si verifica

soprattutto nei neonati con peso alla nascita estremamente basso e che non

richiede la sospensione dell’alimentazione. Gli stessi autori non hanno

riscontrato differenze nell’utilizzo di diverse modalità di alimentazione

(intermittente o continua, orogastrica od orale). Il nutrimento dei neonati

sotto Infant Flow può avvenire mediante sondino orogastrico, poppatoio o

allattamento al seno in relazione al loro stato generale (fig.5.27).

Nutrimento mediante sondino andrebbe eseguito mediante percorso

orogastrico con una cannula aperta ad una estremità e lasciata in situ. Ciò

consente la fuoriuscita dell’accumulo di aria e prima del nutrimento l’aria

può essere aspirata. Si può comunque presentare accumulo di aria durante

la terapia con Infant Flow, ma le misure suggerite normalmente offrono una

soluzione. Durante l’alimentazione tramite sondino, è consigliato l’uso di

130 Moretti C., 2002 , op.ct.,pp.97-98 131 Jaile JC, Levin T ,Wung JT, Abramson SS., et al., Benign gaseus distension of the bowel in premature infants treated with nasal continuous airway pressure: a study of contributing factors. AJR 1992; 158: pp.125-127 [PMID:1727337]

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un succhiotto adeguato, che stimola il riflesso di suzione, deglutizione ed

aiuta anche la digestione132.

Fig.5.27 Alimentazione tramite poppatoio. .(per gentile concessione della Burke Burke

SpA.)

Come è già stato detto precedentemente, in conseguenza delle molteplici

applicazioni di questa tecnica di assistenza ventilatoria, vi è stato un

incremento del numero di neonati VLBW sottoposti a NCPAP per un

periodo di diversi giorni 133 . Alcuni di questi bambini, a causa di un

aumentato fabbisogno energetico, necessitano di un supporto nutrizionale

aggressivo. Lo svuotamento gastrico è però rallentato nei neonati prematuri

rispetto a quelli nati a termine; inoltre le modalità di somministrazione dei

pasti (in bolo o continua) può alterare la motilità duodenale e lo

svuotamento gastrico. Poiché la NCPAP può causare distensione gastrica e

poiché, come è stato precedentemente detto, non esistono linee guida per

l’alimentazione di neonati sottoposti a NCPAP, è stato condotto uno studio

132 Moretti C., 2002 , op.ct.,pp.98-99 133 Aly ZH., Nasal prongs continuous positive airway pressure. A simple yet powerful tool. Pediatrics 2001;108:3. [PMID:11533346]

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in cui si è voluto valutare se l’alimentazione mediante sondino orogastrico

può modificare lo svuotamento gastrico nei neonati VLBW sottoposti a

NCPAP. Sono stati studiati in modo prospettico 36 neonati VLBW, 16 dei

quali sottoposti a NCPAP (7 maschi e 9 femmine; peso 935 ±155g; età

gestazionale 27.7 ±1.9 settimane). Il gruppo controllo era costituito da 20

neonati che non hanno richiesto un supporto respiratorio (9 maschi e 11

femmine; peso 1090 ±130 g; età gestazionale 28.2 ±1.2 settimane). Per tutti

i neonati l’alimentazione è stata iniziata entro il quinto giorno di vita,

inizialmente mediante minimal enteral feeding per 3-6 giorni, seguita da un

progressivo incremento di 24 ml/kg/die con un latte formulato per

prematuri (contenuto energetico 81Kcal /100ml). La NCPAP è stata

applicata mediante nasocannule a due punte, con una pressione da 5 a 8

cmH2O e con una FiO2 tale da mantenere valori di saturazione d’ossigeno

compresi fra 88% e 92%. I neonati venivano posizionati con una lieve

estensione del collo in modo da garantire la pervietà delle vie aeree; veniva

inoltre praticata ogni 3 ore un’aspirazione delle vie aeree superiori. I

neonati sono stati trattati con NCPAP per circa 14 giorni; ogni due giorni

circa venivano eseguiti tentativi di sospensione del supporto ventilatorio.

L’Infant Flow è stato utilizzato in 11 pazienti; per gli altri 5 neonati è stato

utilizzato il ventilatore. I neonati venivano alimentati ogni due ore

mediante sondino a caduta in 5-10 minuti (è stato utilizzato il sondino

orogastrico e non quello nasogastrico per ridurre la resistenza delle vie

aeree superiori). Il sondino veniva chiuso per circa un’ora dopo il pasto.

Nell’intervallo di tempo fino al pasto successivo l’estremità esterna del

sondino era tenuta aperta a caduta per favorire la fuoriuscita d’aria. Inoltre

due –quattro ore prima del pasto, quando veniva valutato il ristagno

gastrico, veniva aspirata aria in eccesso. La frequenza di esecuzione di

questa manovra dipendeva dalla presenza o meno di distensione

addominale. Poiché una riduzione delle evacuazioni è indice di rallentata

motilità intestinale, veniva praticato un clistere in caso di stipsi della

durata superiore a 48 ore. Non veniva somministrata teofillina nei cinque

giorni precedenti lo studio a causa dell’influenza che questo farmaco può

avere sulla motilità gastrica. Sono stati registrati i seguenti dati: quantità

d’aria nello stomaco, episodi di vomito o rigurgito, circonferenza

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addominale, frequenza dei movimenti intestinali, sepsi, entità della

supplementazione di ossigeno. Lo svuotamento gastrico veniva misurato

quando la quantità di latte somministrato in un giorno era compresa fra 120

e 150 ml/Kg/die. Per la determinazione dello svuotamento gastrico è stata

utilizzata la tecnica ecografica di Newell et al.134. E’ stato valutato il tempo

impiegato dalla sezione trasversale antrale massima per raggiungere la metà

del valore iniziale. Le misurazioni sono state effettuate con il neonato in

decubito laterale destro e con il trasduttore posizionato in modo da valutare

la sezione traversa dell’antro pilorico, utilizzando come reperti anatomici

la colonna vertebrale e l’origine dell’arteria mesenterica superiore. Le

misurazioni venivano effettuate prima del pasto, ogni 10 minuti per i primi

30 minuti e successivamente ogni 30 minuti, per un totale di sette

misurazioni in due ore. Il tempo impiegato per raggiungere la metà della

massima sezione trasversale antrale veniva utilizzato per quantificare il

tempo di svuotamento gastrico. Non si è osservata una differenza

statisticamente significativa fra i due gruppi per età gestazionale, peso alla

nascita somministrazione di steroidi prenatali, grado di RDS, giorni di vita

al momento dello studio, volume di latte ricevuto, entità della crescita,

tolleranza dell’alimentazione. Il tempo medio di svuotamento gastrico è

risultato essere di 28 minuti per il gruppo in NCPAP e 40 minuti per il

gruppo di controllo. Gli autori dello studio presentato hanno introdotto una

serie di procedure atte ad evitare l’insorgenza di distensione gastrica:

chiusura ed apertura ogni ora del sondino orogastrico, ad un livello più

basso rispetto allo stomaco; rimozione dell’aria ristagnata a livello gastrico

ogni 2-4 ore; esecuzione di un clistere evacuativo in caso di stipsi >48 ore;

proseguimento dell’alimentazione in caso di distensione addominale

benigna. In questo modo hanno osservato comunque casi di sindrome

benigna addominale; tuttavia solo il 40% dei neonati con peso < 1000g

hanno presentato questo problema rispetto al 91% riportato nello studio di

Jaile et al.135.

In conclusione i neonati sottoposti a NCPAP presentano minori problemi

alimentari ed un tempo di svuotamento gastrico che è significativamente

134 Newell S., Chapman S., Booth I., Ultrasonic assessment of gastric emptyng in the preterm infant. Arch Dis Child 1993; 69: pp.32-36 135 Jaile JC, Levin T ,Wung JT, Abramson SS., et al., op. ct., 1992; 158: pp.125-127 [PMID:1727337]

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ridotto rispetto a quello di neonati che non ricevono alcun supporto

ventilatorio. Questa osservazione è importante perché il maggiore problema

nell’inizio dell’alimentazione nei neonati VLBW è il ritardato svuotamento

gastrico. Una possibile spiegazione per la riduzione del tempo medio di

dimezzamento della massima area di sezione antrale in neonati con NCPAP

potrebbe essere la pressione esercitata sullo stomaco dal diaframma136.

5.10 MONITORAGGIO DEL NEONATO IN NCPAP:

RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICHE

Durante la terapia con NCPAP, è bene assicurarsi ogni ora:

- che il generatore sia in una posizione stabile e sicura;

- che il neonato stia ricevendo il corretto livello di NCPAP;

- che il neonato si senta confortato.

Ogni tre –quattro ore è necessario eseguire un controllo più dettagliato:

- allentare le strisce del generatore ed i tubi;

- allontanare il generatore dal viso;

- ispezionare la cute nell’area nasale mentre si massaggia

delicatamente la zona ed eventualmente si provvede alla pulizia del

naso;

- rivalutare la posizione delle cannule/maschera;

- rivalutare di frequente la misura delle cannule nasali per assicurare

un corretto adattamento137.

E’ altresì importante nell’assistenza a questi neonati:

- la rilevazione della PA ogni 4-6 ore: la pressione endotoracica data

dalla CPAP può determinare una riduzione del ritorno venoso e

quindi della gittata cardiaca;

- il controllo della diuresi: l’ipossia, l’ipercapnia o la riduzione della

gittata cardiaca possono abbassare la velocità di filtrazione

glomerulare;

136 Gounaris A., Costalos C.,Varchalama L., et al., Gastric emptying in very low-birth-weight infants treated with nasal continuous positive airway pressure , Consensus on Respiratory Diseases, vol 12, n.2, 2005, pp. 577-580 137 http://www.viasyshealthcare.com/ default.aspx Ultimo accesso 20 gennaio 2006 h. 15.00

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- la rilevazione precoce di distensione addominale che si manifesta

con la presenza di tensione addominale, agitazione del neonato,

riduzione della frequenza respiratoria e conseguentemente possibili

episodi di desaturazione;

- Il controllo costante dei parametri vitali la cui alterazione potrebbe

essere spia dell’insorgenza di complicanze connesse all’uso della

CPAP; in particolar modo vanno attentamente monitorati138:

Frequenza cardiaca (120-170 nel pretermine/110-140 nel nato a

termine) il cui aumento in corso di CPAP, può rappresentare un

tentativo di compensazione in seguito a ipossia/ipercapnia e quindi

denotare uno stato di affaticamento respiratorio; in questo caso il

neonato può apparire polipnoico, con utilizzo dei muscoli accessori

durante la respirazione, non necessariamente desaturato. Se la

condizione di ipossia continua si può verificare bradicardia

associata a desaturazione e caduta della PA.

Frequenza respiratoria ( 40-60 atti/minuto nel pretermine-20/60

atti al minuto nel nato a termine) il cui aumento in corso di CPAP,

associato a tachicardia, diminuzione della saturazione periferica di

ossigeno, della PA, della PVC in presenza di respiro asimmetrico,

può essere dovuto all’insorgenza di pneumotorace, una delle

complicanze più temibili nel corso di CPAP per le gravi

conseguenze che ne possono derivare. Una tachipnea di compenso si

può manifestare anche in seguito ad affaticamento respiratorio: il

neonato appare agitato, utilizza i muscoli respiratori accessori ,

presenta alitamento delle pinne nasali, appare sudato. La situazione

va individuata ed affrontata subito, prima che evolva verso la

bradipnea accompagnata da desaturazione e bradicardia.

L’osservazione diretta del neonato è di estrema importanza durante

la valutazione della frequenza respiratoria, che deve essere

completata da considerazioni sulla dinamica e sulla reale efficacia

degli atti e dal contemporaneo raffronto degli altri parametri

monitorati disponibili.

138 Orzalesi M.,Dotta A.,1997, pp.100

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La saturazione periferica è un altro parametro che subisce

modificazioni importanti in seguito alla comparsa di alterazioni

della ventilazione. I valori normali sono 97-100% nel neonato a

termine, 90-94% nel prematuro; nei neonati molto prematuri con

patologie polmonari gravi, si può ritenere sufficiente una

saturazione non inferiore all’85%. Episodi di bradicardia, bradipnea

se non opportunatamente trattati evolvono verso desaturazione.

Anche in seguito a distensione gastrica che può verificarsi in corso

di NCPAP, la ridotta escursione del diaframma, riduce la possibilità

di escursione toracica e porta a diminuzione della ventilazione che

può portare a desaturazione.

La pressione arteriosa (sistolica 40-60 mmHg /diastolica 15-30

mmHg nel pretermine; sistolica 50-80 mmHg/ diastolica 25-35

mmHg nel nato a termine) può ridursi in corso di CPAP in quanto la

pressione endotoracica data dalla CPAP stessa può determinare una

riduzione del ritorno venoso, della gittata cardiaca e

conseguentemente della PA.. Comunque tutte le situazioni che

provocano bradicardie repentine, instaurano fenomeni di bassa

portata si associano ad una brusca caduta della pressione arteriosa.

La temperatura cutanea (36-36.5ºC) è un altro parametro

fondamentale nel neonato specie se pretermine, proprio perché

quest’ultimo possiede centri termoregolatori non ancora maturi ed è

quindi facilmente soggetto a ipotermia che a sua volta può portare

alla comparsa di bradicardia e desaturazione. Un eccessivo

riscaldamento dell’incubatrice porta ad una condizione di ipertermia

nel neonato, a cui si associa tachicardia, tachipnea e quindi

maggiore richiesta di ossigeno; situazioni, queste, che possono

portare a peggioramento del quadro respiratorio.

La rilevazione transcutanea della P02 e della PC02, è l’unico

particolare tipo di monitoraggio che non si può applicare ad un

paziente adulto e nemmeno ad un bambino: è possibile rilevare i

valori transcutanei di ossigeno e di anidride carbonica capillare, per

avere risultati attendibili, solamente ai nati pretermine, perché

hanno uno strato corneo cutaneo molto sottile e permeabile. Questo

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tipo di monitoraggio, come è stato precedentemente detto, ha nella

pratica clinica molti limiti che suggeriscono grande cautela

nell’interpretazione dei valori letti e frequenti verifiche di confronto

con i valori emogasanalitici, per questo è poco utilizzato.

Da quanto detto sopra, risulta fondamentale nell’assistenza al neonato

sottoposto a NCPAP, un attenta sorveglianza del piccolo paziente per

potere cogliere molte variazioni dello stato clinico, miglioramento del

quadro polmonare e/o peggioramento dello stato cardiocircolatorio e

prevenire l’insorgenza di complicanze.

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CONCLUSIONI Nel mondo della Terapia Intensiva Neonatale, il costante miglioramento

delle cure e delle tecniche di assistenza e la progressiva

ultraspecializzazione, rendono l’aggiornamento continuo uno strumento di

lavoro indispensabile. Questo elaborato mi ha permesso di ampliare le mie

conoscenze ricercando in campo internazionale le tematiche relative alla

gestione del neonato critico sottoposto a NasalCPAP attraverso il sistema

Infant Flow. Leggendo l’elaborato è chiaramente percepibile quanto sia

importante, nell’assistenza a questi piccoli pazienti, l’azione infermie-

ristica proprio per consentire la buona riuscita del trattamento e prevenire

le complicanze connesse all’uso di questo sistema. A conclusione del

lavoro svolto, si auspica che le informazioni ottenute dalla ricerca condotta

possano essere utili per tutti gli infermieri che lavorano nelle terapie

intensive neonatali e sentano l’esigenza di ampliare le loro conoscenze e

competenze nei riguardi di questo supporto respiratorio, al fine di erogare

prestazioni clinico-assistenziali qualitativamente sempre migliori e rendere

la prima esperienza di vita di questi piccoli pazienti il meno traumatica

possibile.

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Vorrei ringraziare:

La Prof.ssa Gugnali Anna Maria per l’interessamento, l’attenzione e l’aiuto

con cui ha seguito questo lavoro;

Il primario della Terapia Intensiva Neonatale di Rimini Prof. Nicola Romeo e

l’Infermiera Sandra Lazzari, per avermi supportata e consigliata nella

redazione della tesi;

La Dott.ssa Branka Cupic e il Dott. M. Ginepro che con grande

disponibilità, mi hanno fornito materiale e informazioni indispensabili per

l’elaborazione della tesi;

I miei tutor Nicolò Egidio e Marilena Montalti che mi hanno accompagnata

in questo percorso durato tre anni;

Le mie amiche e compagne di corso Enza, Maria Pia, Roberta, Alice, in

ricordo delle lunghe chiacchierate e dei momenti felici trascorsi insieme;

Irene che ha sopportato i miei lunghi sfoghi telefonici, incoraggiandomi

sempre;

Mio fratello Emanuele che con molta pazienza mi ha introdotto nel mondo

dell’informatica…..;

La mia famiglia che mi è sempre stata vicina e mi ha permesso di

raggiungere un obiettivo così importante;

E infine un ringraziamento particolare va a Stefano che con il suo amore mi

fa sentire ogni giorno una persona speciale……………….