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numero 1 - novembre 2011. Iscrizione Tribunale di Brindisi 11.11.2011 - N. Reg. Stampa 9/2011 NUOVA PIAZZA www.lanuovapiazza.com MENSILE DI INFORMAZIONE POLITICO-CULTURALE SPECIALE ECONOMIA L’AGRICOLTURA INTERVISTA A SILVIO BERLUSCONI

La nuova Piazza - Novembre 2011

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Rivista novembre 2011

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NUOVAPIAZZA

www.lanuovapiazza.comMensile di inforMazione politico-culturale

Speciale economial’agricoltura

interviSta aSilvio BerluSconi

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Cari lettori,alcuni mesi fa, presentando questo nostro mezzo di informazione, da-vamo voce al desiderio diffuso di cambiamento nel panorama poli-tico, culturale e sociale del nostro Paese. L’acuirsi della crisi economi-ca internazionale, che ha colpito fortemente l’Italia, e che continua a far sentire i propri effetti su set-tori sempre più estesi della nostra economia e della nostra società, lo ha reso possibile, tanto che oggi abbiamo un nuovo governo, pre-sieduto dal Senatore Prof. Mario Monti.La politica, dimostratasi litigiosa ed incapace di mettere mano alle riforme necessarie, ha fatto un passo indietro, lasciando ad una squadra di ‘professori‘ il gravoso compito di adottare misure ‘sgra-devoli‘ ma necessarie per risanare il bilancio dello stato e aiutare la crescita del paese. Non a caso il governo ha ottenuto un consenso quasi unanime.Anche la stragrande maggioranza dei cittadini, di fronte al rischio di scivolare sempre più in basso, ha mostrato di nutrire grandi spe-ranze in questo Governo, dando atto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano della “grande saggezza, perizia e senso dello Sta-to – come ha detto lo stesso Monti al Senato – con cui ha saputo ri-solvere una situazione difficile in tempi ristrettissimi nell’interesse del Paese e di tutti i cittadini”.Del senatore a vita Prof. Monti, abbiamo subito notato la sobrietà e l’eleganza dello stile, che fin dal primo momento ci sono sembrate appropriate al ruolo di premier e al momento storico che stiamo attra-versando con sofferenza. Verrebbe da dire figura da altri tempi. Uomo pubblico che usa le parole consa-pevole del loro reale significato. La differenza con il predecessore è evidente.Serviva una scossa ed è arrivata. Il Presidente della Repubblica con Monti ha ridato credibilità, innan-

zitutto, alle istituzioni, e contem-poraneamente all’Italia, sorvegliata speciale dai partners europei. Que-sto ‘governo di impegno naziona-le’ – come ha sostenuto Monti nel suo discorso d’insediamento – “as-sume su di sé anche il compito di rinsaldare le relazioni civili e istitu-zionali, fondandole sul senso dello Stato”, come precondizione per ri-sanare la nostra economia e ridare gli input necessari per lo sviluppo e la crescita. Del suo programma di governo ci ha colpito anzitutto la fiducia nella capacità che ha sempre dimostrato il nostro Paese nel superare anche i momenti più difficili, così come ci hanno ricordato le tante vicende nel corso delle manifestazioni per i 150 dell’Unità d’Italia; la scelta di puntare, anche con l’azione di un Ministro delegato, sulla coesione territoriale, che significa una sola cosa: o il paese cresce tutto insie-me o non cresce; la necessità di valorizzare le risorse più importanti che sono i giovani e le donne, capi-tale finora largamente inutilizzato o sottoutilizzato. Ovviamente pensare di risolvere problemi atavici nell’arco dei po-chi mesi sarebbe utopico; si tratta come ha detto lo stesso premier “di impostare il lavoro che permet-ta ai Governi che ci succederanno di proseguire un processo di cam-biamento duraturo”. Rigore, cre-scita ed equità saranno le direttrici di un percorso virtuoso di risana-mento dei conti pubblici ma anche della società. Il vento è cambiato nei palazzi del potere. Sta a noi cittadini diven-tare sempre più protagonisti del cambiamento di fondo necessario a superare le difficoltà presenti, tenendo comportamenti corretti e ispirati alla legalità e alla solidarietà e favorendo la rigenerazione della politica e la formazione di ammi-nistratori sempre più preparati e motivati verso il bene comune. Buona lettura

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parole nuove:rigore, crescita ed equitàdi Nicola [email protected]

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Pugliaeuropamed. La Nuova Piazza

“la nuova politica agricolacomunitaria e il meZZogiorno:

opportunità e pericoli”

Introduce: Prof. Francesco PRUDENTINOEsperto DOP “Collina di Brindisi”

Relaziona: On. Enzo LAVARRAPresidente Forum Nazionale Agricoltura del PD

Intervengono: Luigi D’AMICOPresidente Provinciale CIA

Sen. Salvatore TOMASELLI

Presiede: prof. Lorenzo CIRASINOPresidente Associazione “La Nuova Piazza”

Sabato 3 dicembre 2011 - ore 16,30Auditorium Biblioteca Comunale

OSTUNI

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Perchè la colonna di Sant’Oronzo in questi giorni è illuminata di rosa? Il 27 novembre prossimo cosa avverrà?

La LILT (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori) ogni anno dedica il mese di novembre alla prevenzione del tumore al seno denominandola “Campagna Nastro Rosa“ nell’occasione invita tutte le sezio-ni a illuminare un monumento importante della propria città in rosa che è il colore che contrad-distingue questa campagna e dare così massima pubblicità all’avvenimento. Infatti durante tutto il mese tutti gli ambulatori di senologia sono gra-tuiti per tutti. Come ogni anno poi la LILT effet-tuerà la tradizionale vendita delle stelle di Natale che quest’anno sarà il 27 Novembre nei pressi dell’edificio Pessina a viale Pola.

La LILT come opera sul territorio? Quali i suoi obiettivi?

Su tutto il territorio nazionale la LILT ha ambu-latori dove vengono effettuate gratuitamen-te a tutti i soci visite di prevenzione tumorale. A Ostuni sono attivi gli ambulatori di: Senologia, Dermatologia, Ginecologia, Gastroenterologia, Oculistica, Urologia. Le visite si effettuano pre-via prenotazione presso la nostra sede ubicata in via Fogazzaro 37 o telefonicamente al numero 0831302757. La LILT ha firmato un protocollo di intesa con il ministero della pubblica istruzione che ci permette con le nostre volontarie di divul-gare presso gli alunni la cultura della prevenzione dei tumori che è uno degli obiettivi fondamentali della LILT.

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novemBre in roSa

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direttore responsabile

Nicola [email protected]

editore

Associazione La Nuova Piazza

fotografia

Marcello Carrozzo - PhotoeditorMarta Tomaselli

progetto grafico

Letizia TaveriSandro Bagnulo - Factory18 Studio

stampa

Stampa Sud SpaVia Borsellino n.7 Mottola

redazione

Vincenzo Cappetta, Michele Carriero, Lorenzo Cirasino, Giuseppe Moro e Maria Concetta Nacci

hanno collaborato:Pierpaolo Caliandro, Daniela Cardone, Martina Carpani, Franco Colizzi, Enzo Fa-rina, Maurizio Flore, Carmelo Grassi, Enzo Lavarra, Grazia Ostuni, Francesco Pruden-tino, Francesco Roma, Danilo Santoro, Enzo Suma.

www.lanuovapiazza.comSpeciale economia

foto diMarcello Carrozzo6

vera, una delle madreSde plaZa de mayo

di Franco Colizzifoto di Marcello Carrozzo

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Ringraziamo il Prof. Oronzo SadiKper la sua preziosa collaborazione.

cultura e turiSmo

di Giuseppe Morofoto diMarcello Carrozzo20

interviSta a Silvio

BerluSconi

di Francesco Roma22

la Storia de “l’alÌa”

di Lorenzo Cirasino foto di Marcello Carrozzo

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interviSta a JoHnSon

di Natalino Santoro26

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Mentre andiamo in stampa cresce la mobilitazio-ne di istituzioni locali e forze politiche contro le autorizzazioni concesse alla Northern Petroleum per avviare al largo delle nostre coste le prime indagini preliminari alla vera e propria attività di ricerche petrolifere.Il 21 novembre a Polignano a Mare si sono riuni-ti i Consigli Comunali di numerosi comuni delle province di Bari, Brindisi e Lecce che hanno ap-provato un ordine del giorno unanime contro tali insediamenti.Nel frattempo, il Sen. Salvatore TOMASELLI ha comunicato di aver contattato personalmente il neo Ministro dell’Ambiente Corrado Clini che ha accolto la richiesta di incontrare nei prossimi giorni una delegazione delle comunità locali.Infine, si terrà nei primi giorni di dicembre a Monopoli una grande manifestazione popolare contro le trivellazioni nel nostro mare, promos-sa dalle Associazioni ambientaliste e dalla stessa Regione Puglia. Nel prossimo numero riferiremo con puntualità di tali iniziative.Per intanto, ci uniamo all’appello di istituzioni e forze politiche e sociali perché cresca nell’intera regione la più ampia mobilitazione contro tali scelte.

NO ALLE TRIVELLE IN ADRIATICO

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Salviamo il paeSaggio

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Salviamo il Paesaggio che caratterizza il nostro territorio e determina la sua unicità e la sua bellezza. Ulivi a perdita d’occhio occupano la Marina fra Fa-sano, Ostuni e Carovigno.Un patrimonio unico, conservato nei secoli, che ha alimentato la storia eco-nomica, sociale e culturale dei nostri paesi.La ricchezza prodotta dagli oliveti, negli anni passati, ha permesso alle nostre popolazioni di vivere.Oggi non è più così. Il reddito prodotto non copre le spese di gestione, nono-stante gli aiuti e gli incentivi europei. Si rischia l’abbandono e la distruzione. Questo è stato il grido di allarme lanciato dalla conferenza “il paesaggio agrario degli oliveti secolari tra storia, natura e agricoltura”, organizzata da Italia Nostra ad Ostuni.Enza Rodio e Gianfranco Ciola, protagonisti da anni nella difesa e nella pro-mozione del patrimonio culturale e naturale del territorio, sono stati gli ani-matori della manifestazione. Si tratta di intervenire rapidamente per sollecita-re le diverse istituzioni a difendere un patrimonio unico al mondo.Serve una modulazione diversa degli incentivi europei; una nuova legge re-gionale di difesa degli ulivi secolari che, dopo il censimento delle piante, de-termini un loro sostegno economico; un impegno delle comunità locali volto a incrementare una produzione di qualità e un rapporto armonico con gli altri settori produttivi. Molto è stato già fatto per integrare il reddito agricolo.L’agriturismo oggi e una realtà che ha ridato vita alle Masserie trasformate da case fortificate in luoghi di accoglienza. In questi ultimi anni sono stati creati 500 posti letto, grazie ai programmi Leader della Unione Europea. L’Ammi-nistrazione Comunale e la Regione Puglia hanno creato il parco naturale regionale delle dune costiere.I nostri oliveti secolari producono olio di qualità che dal 1996 ha ricevuto il riconoscimento della DOP Collina di Brindisi. Una parte ancora piccola di questa produzione viene imbottigliata e venduta ai turisti che frequentano il nostro territorio, oltre che immessa sui mercati nazionali.Si tratta di tipicizzare e valorizzare la produzione, esaltare e migliorare la qua-lità, legandola al territorio e agli oliveti secolari per ricavare il massimo valore aggiunto e conquistare un mercato più ampio.L’Amministrazione Comunale e l’Amministrazione Provinciale hanno costitu-ito ad Ostuni la sede per la promozione della Dieta Mediterranea che vede al centro l’uso e il consumo dell’olio extravergine di qualità per il benessere delle persone.Bisogna intervenire in fretta con ulteriori iniziative per difendere il patrimonio unico degli oliveti secolari, consapevoli che la loro bellezza e la loro forza produttiva sono stati creati non solo dalla natura, ma anche dal lavoro e dal sudore dei contadini e dei braccianti, uomini e donne, dei nostri paesi (“un popolo di formiche” diceva Tommaso Fiore).Ora però si rischia l’abbandono, perché il reddito prodotto è insufficiente. Qualcuno potrebbe essere tentato, come è già accaduto, di affittare o ven-dere i terreni per gli impianti fotovoltaici o eolici.Per Ostuni sarebbe una tragedia. Pensiamo alla nostra Marina che oggi am-miriamo dalla Collina e dal Centro Storico della Città.Immaginiamola, per un momento, invasa da grandi distese di pannelli solari o di pale eoliche. Il più antico paesaggio agrario di Puglia sarebbe distrutto: il brutto sostituirebbe il bello.La città di Ostuni perderebbe la sua identità, la sua bellezza, la sua storia, il suo paesaggio naturale. Che fine farebbe la nostra economia turistica? L’allarme, oggi, potrebbe risultare esagerato. Ma fra dieci anni, la scena po-

trebbe prendere consistenza, hanno dichiarato tutti i relatori del convegno.Non bastano le parole. Servono ulteriori interventi di sostegno e di di-fesa degli oliveti secolari, oltre la consapevolezza che il problema non riguarda solo gli imprenditori agricoli, ma tutti i settori produttivi. Lo sviluppo turistico della Città di Ostuni è legato al suo patrimonio storico, naturale e culturale. Tutto ciò va difeso, conservato e valorizzato per assicurare lo svi-luppo economico, sociale e civile della comunità. Una partita complessa che deve vedere interventi sinergici ai diversi livelli istituzionali.L’Unione Europea deve indirizzare gli incentivi economici alla produzione di qualità legata al territorio e deve considerare la particolarità degli oliveti se-colari; la Regione Puglia deve operare per la difesa e la tutela degli oliveti secolari, migliorando e finanziando la Legge N° 14 del 4 giugno 2007; i Comuni di Ostuni, Fasano e Carovigno devono perseguire con determina-zione la richiesta già avanzata all’Unesco per il riconoscimento degli oliveti monumentali quale patrimonio dell’umanità; il Comune di Ostuni e l’Ammi-nistrazione Provinciale di Brindisi devono promuovere con forza il progetto relativo alla diffusione della Dieta Mediterranea coinvolgendo gli operatori commerciali e gli operatori della ristorazione nel sostegno alla vendita e al consumo dei prodotti agricoli del territorio; il Comune di Ostuni deve porre al centro dei suoi interventi la difesa del Paesaggio e di tutto il Patrimonio naturale e storico con la ripresa del dibattito sul nuovo piano urbanisti-co generale, unico strumento di programmazione generale dello sviluppo economico, sociale e culturale della Città. Nelle more della sua adozione, bisogna impedire il dilagare degli impianti fotovoltaici nella Marina e solle-citare contemporaneamente il Consorzio del Porto di Brindisi ad un deciso intervento di recupero della Zona Industriale.Questi interventi sicuramente servirebbero a difendere e valorizzare il Pae-saggio, assicurare le premesse per uno sviluppo economico compatibile con il territorio, garantire lo sviluppo sociale e la crescita culturale della comunità ed il benessere dei singoli cittadini. Non lascerebbero soli gli imprenditori agricoli che continuerebbero ad operare e produrre reddito dagli oliveti se-colari della Marina. È un investimento sul futuro, in un momento difficile, che apre alla speranza di sviluppo economico e civile della Città.

di Enzo Cappettafoto di Marcello Carrozzo

speciale economia

Tutti lamentano le conseguenze della crisi economica e finanziaria che ormai da anni interessa il nostro Paese . Si lamentano imprendi-tori , artigiani , esercenti, professionisti, ma anche i dipendenti pub-blici e privati, per non parlare dei giovani e delle donne che vedono il lavoro ormai come un miraggio. Nello scorso numero, in particolare, abbiamo dedicato l’editoriale al Mezzogiorno e ai giovani per i quali il rapporto SVIMEZ prevede un futuro certamente non roseo. Ma siccome non vogliamo fermare la nostra attenzione solo agli studi, abbiamo cominciato ad analizzare nel vivo i vari settori della nostra economia per coglierne minacce ed opportunità . L’abbiamo fatto con il turismo, che – pur con tanti problemi – rappresenta senza dub-bio un elemento di forza della nostra crescita, continuiamo a farlo, con questo numero, con l’agricoltura. Fonte anch’essa di ricchezza e di lavoro per una parte ancora importante della nostra economia e società, essa mostra chiari segni d’invecchiamento e di abbandono: è successo con la viticoltura, rischia di esserlo con l’olivicoltura. Per fortuna non mancano gli operatori che hanno saputo puntare sulla qualità dei prodotti e sul rispetto dell’ambiente , migliorando e favo-rendo l’accoglienza nelle strutture tipiche delle nostre campagne. Di questo ed altro vogliamo parlarvi nelle pagine che seguono.

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Il mese scorso Italia Nostra – Sezione Messa-pia – ha organizzato tre giornate dedicate ai “Paesaggi sensibili” aderendo ad una campagna nazionale di questa storica associazione ambien-talista e culturale. Il tema in questione è stato quello del paesaggio agrario degli ulivi secolari che caratterizza fortemente la piana prospiciente il mare Adriatico, di Ostuni, Fasano e Carovigno. E’ questo un contesto territoriale che non è solo un luogo di produzione di derrate alimentari, ma un luogo che racchiude storia, cultura, siti di interesse archeologico ed architettonico, aree naturalistiche, insediamenti rupestri, un conden-sato – insomma – di beni che si integrano con la produzione agraria e che danno valore aggiunto alla stessa.Negli ultimi anni questo patrimonio di ine-stimabile valore è fortemente minacciato dall’abbandono,dalla mancata tutela, dall’uso improprio del suolo ( centrali fotovoltaiche, campi da golf, ecc.), per cui il nostro intento è quello di cercare, insieme agli operatori del settore, soluzio-ni soddisfacenti per tutti.Il 22 ottobre si è tenuto un importante semina-rio presso la Biblioteca Comunale di Ostuni, a cui hanno partecipato diversi relatori impegnati in politiche di sviluppo rurale, nella valorizzazione delle produzioni locali, nel mondo della ricerca, delle politiche regionali connesse alla tutela di

questo paesaggio agrario. Luigi D’Amico, rappresentante della CIA, ha posto l’attenzione sulla scarsa redditività della gestione dell’impresa olivicola e della scarsa con-venienza nella gestione dell’olivicoltura in gene-re, e a maggior caso dell’oliveto secolare. Per cui diventa fondamentale non generare contrappo-sizione tra il mondo dell’associazionismo ambien-talista e culturale, che vede in questi paesaggi agrari luoghi dove effettuare una mera tutela, ed il mondo delle produzioni agricole che necessita di produrre anche avvalendosi delle moderne tec-nologie. Ecco perché occorre generare una nuova alleanza tra il mondo produttivo, il movimento ambientalista e culturale e soprattutto far sì che le produzioni agrarie di un territorio a forte voca-zione turistica vengano promosse in primo luogo dagli operatori turistici stessi.Anche il professore Cosimo Putignano, presi-dente del Gal Alto Salento, ha evidenziato tutta l’attività svolta in questi anni dall’organizzazione che presiede, in termini di diversificazione e red-dito dell’attività agricola, creando nuove opportu-nità per l’agricoltore attraverso l’ospitalità rurale, la trasformazione e vendita diretta in azienda e che, nonostante i momenti di crisi in cui versa il settore olivicolo, l’impegno del GAL Alto Salen-to, continuerà anche nei prossimi anni attraverso piccoli ma significativi contributi per chi si impe-

gna a garantire il mantenimento di queste piante monumentali.Il Dr. Mimiola, dell’Istituto Agronomico Mediter-raneo di Bari ha evidenziato quanto sia importan-te l’oliveto secolare in termini di mantenimento di alti livelli di biodiversità, facendo sì che questo agro-ecosistema svolga un’azione vicariante, nel supporto alla diversità della vita, rispetto alle aree naturali in senso stretto. Questo valore aggiunto offerto dall’uliveto secolare a tutta la comunità deve essere riconosciuto, nonostante i normali prezzi di mercato di un olio ottenuto da impianti intensivi o super intensivi ( 1-3 o 4 €)sia di molto inferiore rispetto a un prezzo di 8 € dell’olio ot-tenuto da oliveti secolari, che pure rappresenta il prezzo base a garanzia dei maggiori oneri deri-vanti dalla sua gestione. Il Sindaco Tanzarella si è soffermato su alcuni aspetti di ordine economico, legati agli elevati costi di gestione di questi impianti tradizionali e che fanno sì che l’agricoltore veda negli ulivi se-colari un debito che non può sostenere da solo, ma deve essere spalmato su una intera comunità, composta da soggetti pubblici e privati, sottoline-ando che gli incentivi comunitari devono essere legati agli ulivi, a chi li coltiva e a chi produce. Inoltre, Francesco Prudentino si è soffermato sugli aspetti storici della Piana olivetata di Ostu-ni, e soprattutto su quanto questi ulivi siano stati

il paeSaggio agrario degli olivi Secolari tra tutela e opportunita’ di Sviluppodi Enza Rodio

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importanti fino all’800 per l’intera comunità loca-le, al punto tale che il rapporto tra i costi neces-sari per la loro gestione ed i ricavi derivanti dalla vendita dell’olio erano pari a un rapporto 1:10, anche se negli anni successivi questo rapporto è andato sempre più diminuendo. Da anni questo territorio ha cercato di trovare adeguate politiche di valorizzazione del prodotto, anche attraverso la nascita della DOP Collina di Brindisi, una delle prime DOP sull’olio d’oliva riconosciuto a livello europeo. Infatti il marchio di origine che lega il territorio al prodotto tutela la varietà ogliarola salentina, che si identifica con gli alberi monu-mentali e che deve rappresentare almeno il 70% della miscela di oli provenienti da diverse varietà, all’interno dell’Olio DOP.Al seminario era presente anche l’ingegnere Antonello Antonicelli, uno dei direttori d’area dell’amministrazione regionale, e presidente della Commissione Ulivi Secolari della Regione Puglia, che ha illustrato la LR n. 14 del 2007 sugli Ulivi Secolari e l’utilità che la stessa ha avuto negli ulti-mi anni per bloccare l’esodo di questi monumenti naturali verso il nord.Intanto la Regione sta procedendo con il censi-mento degli uliveti monumentali, interessando dapprima aree omogenee che presentano ca-ratteristiche uniformi come la piana olivetata di Fasano –Ostuni e Carovigno. Le politiche regionali saranno volte a generare op-portunità derivanti dalla integrazione tra turismo e agricoltura, nonché a garantire l’impiego dei residui di potatura per fini energetici. A moderare l’incontro è stato Gianfranco Ciola che ha svolto un ruolo di cucitura tra i vari inter-venti ribadendo come tutte le iniziative messe in campo in questi anni debbano trovare sintesi in una valorizzazione unica dell’area degli ulivi se-colari attraverso la definizione di un piano di ge-stione che un eventuale riconoscimento da par-te dell’UNESCO, di quest’area come patrimonio dell’umanità impone di redigere. Un piano di ge-stione che non debba prevedere la semplice tutela e conservazione fine a se stessa ma una gestione attiva, con il coinvolgimento diretto degli agricol-tori e soprattutto di tutti gli operatori economi-ci, a cominciare da quelli impegnati nel settore turistico che trova giovamento nell’attrattività di questo paesaggio olivetato la cui cura, gestione e manutenzione non deve essere demandata solo al senso di responsabilità degli agricoltori. L’associazione Italia Nostra – Sezione Messa-pia – ha voluto lanciare un messaggio di allarme, ma anche uno di speranza: è tempo ormai di la-vorare insieme, infatti si può ancora fare molto per preservare il nostro territorio, le nostre tradi-zioni, valorizzare i nostri prodotti se tutti siamo consapevoli di questo patrimonio identitario e ne rivendichiamo la tutela e la valorizzazione per uno sviluppo fondato sulla qualità del vivere e dell’oc-cupazione

in uno scenario critico che ruolo può avere un istituto tecnico agrario, oggi?L’Istituto Agrario “Pantanelli” di Ostuni oggi, più che mai, ricopre un ruolo di primissimo ordine. Seppure in questa crisi mondiale c’è poca offerta di lavoro, nella nostra realtà inizia a germogliare qualcosa di nuovo. Ora i nostri ragazzi cercano e creano qui il loro lavoro. In questa logica moderna il nostro istituto gioca un ruolo fondamentale. Il nostro istituto ha due indirizzi, quello agroambientale e quello agroindustriale. L’economia ostunese è anco-ra in larga parte un’economia agricola, adesso ben coniugata con il turismo. Difatti lo svilup-po di un territorio non può prescindere da uno sviluppo delle attività agricole. Cioè di uno svi-luppo globale. il perito agrario che caratteristiche deve avere? In una nuova logica di agricoltura moderna, polifunzionale, si inserisce la figura moder-na del perito agrario che passa attraverso la ricerca e la scoperta di nuove tecniche, la va-lorizzazione del proprio territorio e dei propri prodotti. Quello che può fare economia non è più il prodotto nella sua accezione classica. Ma il prodotto come qualità e tipicità.quale formazione?La nostra scuola sta provando a perseguire proprio questa strada in una logica che vede al centro la formazione del tecnico, moderno, che bada sulla qualità e la genuinità dei pro-dotti. Attraverso una logica dei trattamenti, della filiera corta e dello sviluppo del biologico. un esempio?Nell’ambito della tipicità si sta provando a valo-rizzare l’olio del “secolare”, non a caso l’Istituto Tecnico Pantanelli è la sede del consorzio “DOP - Colline di Brindisi”. Stiamo creando quelle giuste sinergie tra scuola e territorio. Perché intravvedendo nuove esigenze la scuola vuole contribuire ad una crescita del territorio. in tal senso che ruolo possono giocare i docenti di un istituto tecnico?Oltre a formare il tecnico, si cerca di dare uno

stimolo verso un’ agricoltura multifunzionale. Portando gli alunni a conoscere il sistema agri-colo del territorio. Fatto di piccole e piccolissi-me aziende. Ostuni sta crescendo da questo punto di vista. L’olio è un prodotto principe. Dobbiamo valorizzare maggiormente il nostro prodotto. Questa realtà economica la stiamo toccando con mano. C’è una crescita, c’è una consapevolezza da parte degli operatori e dei tecnici di produrre bene, di produrre appunto un prodotto tipico. Dalla crisi escono sempre delle opportunità nuove. Il settore vino ad esempio, che è il settore più evoluto nel nostro Salento è risorto dallo scandalo del vino al me-tanolo e dal crollo vertiginoso del comparto. Da quel disastro sono risorte le aziende vinico-le, quelle vere. Da queste testimonianze deve crescere in noi la consapevolezza che dobbia-mo credere nei nostri prodotti. Da tre anni la nostra scuola ha costruito un nuovo modello, quello biologico, i nostri ra-gazzi si esercitano attraverso un modello fat-to sulla qualità, genuinità e multifunzionalità. Ma anche attraverso la sostenibilità, ovvero il cosiddetto turismo rurale. In questo contesto noi diamo ai ragazzi questo tipo di cultura e mentalità nuova. dai ragazzi di oggi, quali speranze per il futuro?Ci sono stimoli nuovi, ci sono coscienze nuo-ve, c’è una fervente nascita di imprenditoria giovanile che lascia ben sperare. Nella nostra scuola abbiamo laboratori attrezzati. Collabo-riamo con diversi enti, tra cui l’Università degli Studi di Bari. Abbiamo tecnici, i cosiddetti as-saggiatori dell’olio. Facciamo sperimentazione sull’olio secolare. Ogni anno teniamo corsi di questo genere. In passato ad esempio si pen-sava che le olive cadute per terra dei nostri al-beri secolari non potessero dare un olio buono, oggi invece attraverso analisi nei nostri labora-tori abbiamo scoperto che lavorandole bene, nell’arco delle ventiquattrore, si può avere un risultato di eccellente qualità.

INTERVISTA A FRANCESCO PRUDENTINODocente ed esperto OLIO DOP “COLLINA DI BRINDISI”

IL RUOLO DELL’ISTITUTO AGRARIO OGGIdi Giuseppe Moro

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speciale turismo

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Le immagini del recente dramma di Liguria e Toscana, ma anche di Calabria e Sicilia hanno riportato alla nostra attenzione il tema del dissesto idrogeologico di parti importanti del Bel Paese. Tante le ragioni del dissesto: c’è quello che si fa con la cementificazione incontrol-lata ma anche quello che non si fa più, la conservazione della natura mediante la presenza produttiva dell’uomo nelle campagne.Ma se ragioni di competizione internazionale, di concorrenza dei costi, di volati-lità dei prezzi delle produzioni agricole alla fonte, abbassano il reddito agricolo in modo insostenibile è chiaro che l’abbandono delle campagne diventa una scelta obbligata. Con la conseguenza della desertificazione e di un impatto sempre più devastante del fenomeno del surriscaldamento climatico.Ora occorre una profonda rivalutazione del ruolo dell’agricoltura e delle politiche di sostegno pubblico. E in questo senso è condivisibile in linea di principio quella parte della proposta di Riforma della Politica Agricola Comunitaria che pre-mia con finanziamenti importanti i comportamenti ambientalmente virtuosi dei nostri agricoltori.Purtroppo siamo al paradosso che proprio l’Italia rischierebbe di essere esclusa da questa possibilità perché l’ininfluenza di Governo e Ministri agricoli ballerini in sede UE (tre Ministri in tre anni) ha consentito che fra le misure ammissibili a questi finanziamenti siano annoverati per esempio i pascoli, e non anche vite, ulivo, alberi da frutta, agricoltura sommersa che invece sono esempio unico di funzione produttiva e salvaguardia ambientale allo stesso tempo. E questo purtroppo non è l’unico colpo alla nostra agricoltura. Nella proposta della Commissione esecutiva, ora all’esame del Parlamento europeo, per l’Italia è prevista una riduzione grave del budget (meno 1.4 Miliardi), un criterio di ripartizione dei fondi che premia la superficie agricola – e cioè la rendita – e non il valore delle produzioni, l’impiego di forza lavoro, il rinnovamento generazionale, l’associazionismo dei produttori. Insomma un negoziato che parte in salita per la grave responsabilità del centro destra. Per riequilibrare la proposta della Commissione e corrispondere alle nostre vere priorità vi è ora una sola possibilità; essa riviene dal potere di codecisione che il

Trattato di Lisbona attribuisce al Parlamento europeo. Ed è in questa direzione che si sta svolgendo l’iniziativa del Pd in Italia e a Bruxelles .In sintonia con le associazioni agricole e con gli assessori regionali abbiamo avanzato al relatore della Riforma Pac per il Parlamento europeo, l’eurodeputato Luis Capoulas San-tos, proposte di profonda modifica lungo tre direttrici fondamentali: l’aumento del Budget per mantenere i 6.4 del periodo precedente; l’ammissione delle colture arboree ( viti, ulivo, ortofrutta, agricoltura sommersa) ai finanziamenti ambientali; una identificazione del titolo di agricoltore, e dunque del desti-natario delle risorse comunitarie, con chi effettivamente produce e investe in agricoltura, e non solo con chi possiede la terra senza produrre. E’ questo il modo più concreto per sostenere il Made in Italy agroalimentare, combinazione unica di produzione di cibo di qualità e di salvaguardia ambientale.

Cos’è la PAC ?La politica agricola comune (PAC) è una politica dell’Unione europea i cui obiettivi fondamentali sono assicurare agli agricoltori un tenore di vita adeguato e garantire ai consumatori la costante disponibilità di prodotti alimentari sicuri e a prezzi accessibili.Dai suoi inizi nel 1962 molte cose sono cambiate. Oggi, le sue priorità sono:• la qualità e sicurezza alimentare• la tutela dell’ambiente e del benessere degli animali• la competitività dell’agricoltura europea, senza distorsioni del commercio mondiale• la salvaguardia delle comunità rurali, rese più dinamiche e so-stenibili. Le riforme della PAC negli ultimi anni si ispirano a una chiara scelta politica: continuare a sostenere l’agricoltura nell’UE in modo tale da rispondere alle esigenze e aspettative dei cittadini, dei contribuenti e dei consumatori e da non provocare distorsioni del commercio mon-diale.

la nuova politicaagricola comunitaria: pericoli e opportunita’

per il meZZogiornoIntervento di ENZO LAVARRA

Presidente Forum Nazionale Agricoltura del PD

speciale economia

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attualita’

Con ancora negli occhi e dentro il cuore le strazianti imma-gini delle catastrofiche alluvioni della Liguria e della Toscana, dei morti per ragioni assurde arrivate fino a Pozzuoli e all’Iso-la d’Elba, ritengo sia indispensabile fermarsi a riflettere della necessità che sia giunta l’ora di imparare a dire no!L’Italia è stato il primo Paese al mondo a mettere in piedi un servizio idrogeologico nazionale, infatti venne fondato nel 1881 il centro che aveva il compito di monitorare l’anda-mento dei nostri corsi d’acqua in relazione alle condizioni geologiche e morfologiche complicate del nostro Paese.“Dall’ora molta acqua è passata sotto i ponti e, purtroppo, troppa acqua è passata sopra i ponti”…Impariamo a dire no alla speculazione edilizia che ogni anno paga il dazio di morti a un progresso scellerato fatto di ce-mento che ferisce la Natura, fino alle alluvioni di questi gior-ni. Poi troveremo, magari, sempre un Sindaco che ci spie-gherà che l’evento non era prevedibile, anche se tutti i siti metereologici lo prevedano da una settimana, e troveremo sulla nostra strada un saccente climatologo che ci spiegherà che la colpa è del cambiamento del clima…Io ho quasi 40 anni e da quando campo so che a novembre piove e piove spesso in forma rabbiosa, con veri e propri nubifragi, ma sono anche quasi 40 anni che con le colline coltivate, con i terrazzamenti tenuti in piedi dai nostri vecchi, con un’agricoltura diffusa e non industrializzata, con i letti dei fiumi che venivano preservati con la manutenzione degli argini e dei fondali, con una cementificazione non selvag-giamente protetta da governi felloni che varano un condono edilizio ogni tre anni di media, con una pulizia dei tombini dai quali venivano tolte le foglie degli alberi, impedendo le discariche abusive sugli argini dei fiumi, grazie a tutto questo gli eventi straordinari erano tali.Oggi, purtroppo, siamo abituati a convivere con le tragedie umane, due giorni di prima pagina sui giornali, un sms da due euro per salvarci la coscienza, due lacrime fatte dal solito politico che partecipa ai funerali, e via.Riprendiamo tutti insieme, la coscienza e la determinazione di imparare a dire no. Non dobbiamo più giustificare, non dobbiamo più tollerare nuove Genova, nuove Cinqueterre, nuove Firenze, nuove stragi degli innocenti, tutto ciò vuol dire che non vanno più operati tagli al sistema di monito-raggio del nostro ambiente naturale, che va potenziato il sistema di prevenzione con adeguati finanziamenti, che vanno indirizzati gli sforzi dei meravigliosi giovani volontari Angeli del fango verso mestieri che hanno a che fare con la prevenzione attraverso la crescita e non più i tagli alla nostra Ricerca & sviluppo, riprendendo la cura degli alvei dei fiumi e torrenti, il loro costante monitoraggio finanziando la ripresa di un’agricoltura diffusa nei territori collinari e montani e, so-prattutto, demolendo tutte le abitazioni costruiti sugli argini, nelle golene e sopra gli alvei dei nostri fiumi. Ricominciamo insomma ad amare il nostro territorio, la no-stra Terra, la nostra Natura, sempre e impediamo lo scempio quotidiano che viene perpetrato per soli scopi finanziari e speculativi. IMPARIAMO A DIRE NO!

IMPARIAMO A DIRE TANTI NODichiarazione di Flore MaurizioConsigliere Comunale Pd Ostuni

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Novembre 2010. A Plaza de Mayo entro, con emo-zione, nel corteo delle anziane madri. Il loro capo canuto è avvolto da un fazzoletto bianco, segno di ri-conoscimento e simbolo della lotta, richiamo, anche, del primo pannolino di tela usato per i loro neonati. Innalzano le foto dei figli scomparsi, di cui reclama-no l’“apariciòn con vida”. Queste madri addolorate e combattive ci dicono che la verità, la giustizia e la memoria non si negoziano, non si possono mercan-teggiare. È, come sempre dal 30 aprile 1977, giovedì pomeriggio.Ottobre 2011. A Ostuni, la storia del Novecento per qualche giorno ha il volto di Vera, una delle madres de plaza de Mayo, vivente esperienza di speranza che dura da trentaquattro anni. Cacciata da scuola a dieci anni nel 1938 a causa delle leggi razziali, la mi-lanese Vera, di famiglia ebraica, emigra in Argentina. Il nonno non intende lasciare l’Italia e presto un treno lo porterà a morire ad Auschwitz.Nel 1976, a Buenos Aires, a Vera i militari strap-pano l’unica figlia, Franca. Oggi, i suoi 83 anni su-scitano energia, i suoi occhi asciutti evocano dolore, la sua maternità ci parla in profondità. Noi adulti do-vremmo tutti essere “genitori di piazza di Maggio”. Noi tutti dovremmo sostenere, difendere e far vivere i sogni dei nostri figli. Condividere con loro, attraverso una più larga genitorialità sociale, i nostri stessi sogni, forse ormai polverosi o deposti in qualche ripostiglio della vita. Vera, le abuelas e le madres hanno svilup-pato una vivente antropologia della cura. Un regalo a tutto il mondo che ricorda come l’uomo sia il rime-dio per l’uomo.Vera ci richiama a una cittadinanza consapevole, che non dimentica e che sviluppa forme di amore

politico non violento. Riconoscendo che ogni esse-re umano ha una intrinseca dignità, un valore senza prezzo, la finalità di diventare persona, ogni violenza su di lui corrisponde alla violazione di uno specifico diritto umano universale. I diritti umani universali sono una metanarrazione che può sostituire le ideologie, fallimentari e tragiche, dell’Ottocento e Novecento, aiutando a costruire un’etica universale laica. Vera racconta il passato guardando al futuro. L’ex ESMA (Escuela de mecanica de la armada) occupa un’enorme area di Buenos Aires. Un’area che, come altre 400 sparse per l’Argentina, è stata destinata, dal 1976 al 1983, al concentramento di almeno trenta-mila oppositori (di cui mille italiani) della feroce dit-tatura militare di Videla. Qui le persone diventavano “ni muertos ni vivos, solo desaparecidos”. Qui si con-sumarono vecchi e nuovi crimini contro l’umanità: la desaparición, la “scomparsa” che produce un lutto interminabile; la tortura sistematica; il terrorismo di Stato; l’appropriazione di bambini nati da donne gra-vide poi uccise, perversa forma di adozione e di ge-nitorialità; l’esilio all’estero o l’insilio in patria, forme di sospensione o espulsione di una persona o di un gruppo dalla sua storia. Ad aprile 2011 sono tornato a Buenos Aires e ho vi-sitato il Parque de la memoria. Lì, par di sentirvi le voci di studenti, di insegnanti, di giovani donne, di professionisti, di umili lavoratori, di una generazione che non voleva arrendersi all’esistenza delle villas mi-serias, all’abolizione della democrazia, alla soppres-sione delle libertà civili e politiche, alla violenza e al terrore di stato. Franca apparteneva a questa generazione. Aveva

solo 18 anni: un’età pericolosa. Partecipava a incon-tri, riunioni, assemblee: delle attività pericolose. Non voleva rinunciare a costruire il futuro: un desiderio pericoloso. Una giovane studentessa, appena diplo-mata, che meditava di iscriversi alla Facoltà di Scienze dell’Educazione per aiutare a cambiare l’uomo e la società. Pericolosa. I dittatori sanno che “pensar es un hecho revolucionario”. Lo sapeva il fascismo italiano, che imprigionò Antonio Gramsci per “impe-dire al suo cervello di funzionare”. Franca venne por-tata all’ESMA e, dopo venticinque giorni, un “volo della morte” la fece sprofondare nel rio de la Plata.Franca. Quando colpirono al cuore la sua generazio-ne, quando la sequestrarono, avevo pochi anni più di lei. Appartenevo anch’io a una gioventù che non voleva smettere di sognare un mondo nuovo. Perciò la sento sorella, e anche per lei ho il dovere – e il pri-vilegio – di continuare a far veleggiare sogni, ideali, relazioni di fraternità. Non ha una tomba, Franca. Ma il suo sogno, im-palpabile ed inestinguibile, resta. Un sogno che altri hanno continuato ad alimentare, che sua madre Vera coltiva tuttora. Perché, come cantava Mercedes Sosa, “todo cam-bia”. Il mondo cambia e cambierà. Oggi l’Argentina è un Paese democratico. E poche settimane fa 12 torturatori e assassini dell’ESMA sono stati condan-nati all’ergastolo. L’oppressione, il sopruso, la violen-za dell’uomo sull’uomo avranno fine. Grazie ai sogni di ragazze e ragazzi come Franca e alla lotta amorosa di madri come Vera, capaci di partorire più volte i loro figli.

CONDIVIDERE I SOGNILa storia di Vera, da Plaza de Mayo ad Ostunidi Franco Colizzi

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foto Marcello Carrozzo

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CONDIVIDERE I SOGNILa storia di Vera, da Plaza de Mayo ad Ostunidi Franco Colizzi

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le storie del prof. oronzo Sadik di Enzo Farina

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Fasano piange, Ostuni non ride, Martina Franca è in rivolta, Ceglie e Cisternino si sono rassegnate, Brindisi è in trepida ed ansiosa attesa.Manca il personale medico ed infer-mieristico. A gennaio la situazione precipita con i nuovi pensionamenti.La Giunta Regionale, fra personale retrocesso e concorsi annullati dalla Corte Costituzionale, blocco delle as-sunzioni e precari in scadenza di con-tratto, ha chiesto al Governo 2100 deroghe per nuove assunzioni. Nella ASL di Brindisi le deroghe richieste sono 229.Intanto, ha annunciato che anticipa di un anno, al 31 dicembre 2011, i tagli di ulteriori 500 posti letto, previ-sti per il 2012 dal Piano di Rientro del deficit sanitario.Ci saranno nuovi accorpamenti di servizi e di reparti, alla luce delle nuo-ve Piante organiche delle ASL.Oggi i reparti funzionano solo con turni e orari massacranti del perso-nale sanitario per assicurare i servizi essenziali e le emergenze.Se il Governo Monti non concederà le deroghe per le assunzioni si rischia il fallimento del Sistema Sanitario Pu-gliese.Crescono i disservizi, si allungano le liste di attesa e gli spostamenti da una struttura ospedaliera all’altra per esami di routine. Non vi è traccia delle compensazioni (potenziamento della medicina sul territorio) ai tagli degli Ospedali sanciti dal Piano di Ri-entro Sanitario.Le suggestive ed emozionanti paro-le del Governatore Vendola, che gli hanno permesso di conquistare per due volte la fiducia dei cittadini pu-gliesi, si sono trasformate in un gelido linguaggio matematico e algebrico. Il Diritto alla Salute è subordina-to ai calcoli economici. La politica evidenzia la sua incapacità a gover-nare. I costi pesanti sono trasferiti sui cittadini.Ad Ostuni la situazione non è diversa. Manca il personale in tutti i reparti. A Chirurgia, Ostetricia e a Pediatria

mancano i Primari.La TAC continua a non funzionare. La nuova, che si dice in arrivo, si spera che sia installata nel nuovo reparto di Radiologia, in modo da accelerare i lavori di consegna dei locali in costru-zione per i primi mesi del 2012.Si allungano le liste di attesa per le vi-site ambulatoriali. Per oculistica biso-gna attendere il mese di aprile 2012; per la Tac o la Risonanza Magnetica alla rachide bisogna attendere dicem-

bre 2012 e recarsi a Brindisi.Il Quadro non è confortante. I citta-dini sono preoccupati e vivono situa-zioni difficili. Le difficoltà economiche crescono. La salute diventa un op-tional. La panacea, il rimedio a tutti i mali è stata proposta dall’Assessore Regionale Fabiano Amati con la pro-posta della costruzione del nuovo Ospedale Brindisi Nord a Speziale – frazione di Fasano.La proposta ha acceso un dibattito

animato.Si sono riuniti i Consigli Comuna-li ad Ostuni e a Fasano. Ognuno ha denunciato le carenze del Sistema Sanitario sul proprio territorio ed ha richiesto interventi urgenti al Diretto-re Generale della Asl di Brindisi e alla Regione Puglia.A Fasano la imminente campagna elettorale amministrativa ha alimen-tato i toni alti della giusta protesta con la raccolta di firme e le afferma-

di Enzo Cappetta

IL SERVIZIO SANITARIO NELLA ASL BRINDISI

SANITà mALATA IN pugLIA

foto diMarta Tomaselli

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attualità

zioni improprie del Sindaco, Primario del Pronto Soccorso degli Ospedali di Ostuni e Fasano, che ha dichiara-to: di non essere disponibile a farsi ricoverare – in caso di necessità – né ad Ostuni, né a Fasano. Di qui la necessità della costruzione del nuovo ospedale Brindisi Nord.Il Sindaco di Ostuni ha chiesto, innan-zitutto, alla Regione Puglia di porta-re a termine rapidamente i lavori di ampliamento dell’Ospedale di Ostuni dove sono stati impegnati sette milio-ni di euro e di coprire i posti vacanti dei primari nei reparti di chirurgia, ostetricia e pediatria e dei medici, de-gli infermieri e dei tecnici.In merito al nuovo Ospedale Brindisi Nord, proposto dall’Assessore Fabia-no Amati, il Sindaco di Ostuni chiede di poter conoscere ed analizzare lo studio di fattibilità ed il percorso che ha portato alla scelta del sito.Solo in questo modo, a carte scoper-te, sarà possibile valutare la proposta, il sito, la convenienza economica e la modalità di finanziamento.Appare questa una strada percorribi-le se, come chiede l’Assessore Amati, si cerca una condivisione generalizza-ta e si vogliono coinvolgere tutte le comunità interessate.La Regione Puglia, l’Assessore alla Sanità Tommaso Fiore e l’Assessore ai Lavori Pubblici Fabiano Amati con-vochino i Sindaci di Cisternino, Fasa-no e d Ostuni e sottopongano alla loro attenzione e alla valutazione dei rispettivi Consigli Comunali la propo-sta con i suoi costi e le modalità di realizzazione.Nessuno può sottrarsi ad un con-fronto sereno su una proposta re-ale e finanziabile di realizzazione di un nuovo Ospedale nella Zona Nord della Provincia di Brindisi.Se, poi, siamo di fronte solo ad una promessa elettorale, è conveniente tacere.I cittadini di Cisternino, Fasano ed Ostuni sono preoccupati ed allarmati per la carenza e la mancanza di servizi sanitari essenziali sul territorio e sulla mancanza di personale nelle strutture ospedaliere; non sono in lotta fra di loro, ma sicuramente sono in lotta con questo malgoverno regionale della Sanità Pubblica.

L’Assessore alla Sanità, dott. Tommaso Fiore, in questi giorni fa il punto sulla programmazione degli investimenti nella sanità sulla base di due elementi fonda-mentali: il Piano di Rientro e le disponi-bilità di bilancio. Il Piano di Rientro, che punta a risanare i conti, impone entro l’anno in corso le seguenti azioni:- disattivazione di 1.411 posti letto, di cui 1.224 per acuti e 187 per post-acuti;- chiusura di 15 stabilimenti ospedalieri;- riconversione di 3 stabilimenti ospeda-lieri in strutture sanitarie territoriali.Mentre per il 2012 prevede una ulteriore riduzione di 2.211 posti letto, con 3,05 posti letto per 1000 abitanti. Il risparmio previsto ammonta a 68,30 milioni di euro.Va subito detto che l’obiettivo del rispar-mio è legato a quello del miglioramento delle prestazioni sanitarie, mediante at-trezzature più adeguate ed una offerta specialistica più diffusa capace di ridurre i tempi e le modalità di accesso alle presta-zioni. In particolare per quanto riguarda gli ospedali gli obiettivi del Piano sono i seguenti :- la realizzazione di pochi grandi ospedali di riferimento aziendali, capaci di completare l’offerta e sostituire i piccoli ospedali che non sono in grado di garan-tire condizioni di sicurezza e qualità;- l’ammodernamento e il potenzia-mento tecnologico dei presidi ospeda-lieri di eccellenza capaci di ridurre la mobilità passiva, incrementare le attività di prevenzione e ridurre le liste d’attesa per esami diagnostici specialistici;- la riconversione di presidi e stabili-menti ospedalieri in poliambulatori o in altre strutture sanitarie territoriali per soddisfare domande di salute mirate (po-sti letto di hospice, RSA, riabilitazione).Per spiegare la necessità e l’urgenza di queste misure , basta dare un’occhiata ai ricoveri fuori regione che, nel perio-do 2001-2009, sono cresciuti del 9,4%, pari a ben 66.864 ricoveri. Solo nel 2009 i ricoveri di pugliesi in strutture extrare-

gionali, anche a causa dell’aumento delle tariffe, hanno determinato un costo per le casse regionali di circa 170 milioni di euro.Si tratta dunque da un lato di evitare ricoveri impropri offrendo una rispo-sta alternativa al ricovero e dall’altro di superare la frammentazione di piccoli ospedali sempre più in difficoltà per ca-renza di personale e di attrezzature, mi-gliorando e riequilibrando territorialmen-te l’offerta specialistica.Per far fronte a questi investimenti, la Re-gione Puglia può contare sulle seguenti risorse: a) € 564.220.914,50, di cui € 407.813.204,05, per l’edilizia sanitaria (art. 20 della Legge 67/1988).b) 225 Meuro dei Fondi 2007-2013, de-stinati al potenziamento dell’offerta sani-taria territoriale e al potenziamento della dotazione tecnologica di presidi ospe-dalieri e di ambulatori specialistici per la prevenzione e la diagnostica specialistica. c) 230 Meuro del fondo Fas destinati in particolare alla realizzazione di nuovi pre-sidi ospedalieri di riferimento aziendale o regionale e alla riconversione di stabi-limenti ospedalieri dismessi, a seguito del Piano di Rientro, in altre strutture sanita-rie territoriali.Questo il quadro delle risorse disponibili, a cui potrà aggiungersi l’intervento del privato su eventuali azioni programmate in project financing. Ci sono dunque le risorse sufficienti per mettere in atto le azioni necessarie per migliorare nel breve e medio periodo i servizi sanitari e le strutture ospedaliere e territoriali.Serve dunque un grande sforzo di coesione e una logica di sistema perché insieme, operatori sanitari e classe poli-tica, possano compiere le scelte più utili per garantire il miglioramento complessi-vo delle condizioni di salute del cittadino e contribuire allo stesso tempo a superare questa difficile fase nella vita del paese.

LO STATO DELL’ARTE NELLA SANITà REgIONALE

3SANITà mALATA IN pugLIA Continua il confronto sull’Ospedale Brindisi Nord

di Michele Carriero

foto diMarta Tomaselli

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foto dal mondo

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Deserto del Gobi, Mongolia. 2010foto di Marcello Carrozzo

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di Giuseppe Morofoto di Marcello Carrozzo

“L’uOmO chE pIANTAVAgLI ALBERI”Ritratto di gino Andriola: “Il preside”

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Metti un pomeriggio di inizio autunno in una stanza con poca luce, davanti ad un buon bicchiere di succo di me-lograno ed il padrone di casa che ti presenta centinaia di foto della nostra terra. Angoli di territorio e bellezze na-turalistiche sconosciuti ai più. Momenti raccontati passo dopo passo. Di particolare in particolare. Un censimento puntuale, palmo a palmo. Belvederi, boschi, grotte, lame, dune, coste, calette marine, torri di avvistamento, casine, ville, cave, fornaci, frantoi ipogei, trulli, masserie, ulivi se-colari, chiese, sepolcri, altari. Tutto racchiuso dentro un viaggio emozionale che ti lascia senza parole. Sedicimila foto per poter raccontare il proprio amore viscerale per la terra natìa. Che non tradisce mai.“Oggi la comunicazione non è più, o meglio, non è solo la carta stampata ma anche e soprattutto internet e i blog. La multimedialità è il sistema più avanzato per pro-muovere il territorio ”. Chi parla così è Gino Andrio-la, classe 1926. Seduto davanti al computer, smanetta con il mouse alla ricerca dell’icona giusta che nasconde i frutti decennali del suo lavoro. Più in là una cinepresa professionale di ultima generazione e una potente mac-china fotografica compagne inseparabili delle sue quoti-diane escursioni. Oggi attraverso un sito internet, www.ostuniverde.com, realizzato con la collaborazione pre-ziosa di alcuni amici, tra cui Mario Pantaleo, si occupa della promozione “eco-sostenibile” della città di Ostuni. Per tutti gli ostunesi è il Preside Andriola. Per gli amici più stretti è Gino. Uno dei primi agronomi della città di Ostu-ni. Dall’altra parte del potere dominante. Amante del viaggio e della scoperta. Una miniera di conoscenza e di esperienza di storia umana. Profondo conoscitore della flora spontanea. Trent’anni di viaggi in giro per mezzo mondo. Per poi ritornare ad Ostuni e raccontare ciò che ha visto.A Gino Andriola e ad uno sparuto ma combattivo gruppo di giovani laureati “ di sinistra “ è legato un pezzo di sviluppo e progresso della nostra città. Le prime coo-perative sociali. Da quella delle fornaci (1949) alla cantina sociale (1960). Le difficoltà nel poter costruire una filiera corta “dei piccoli” contadini. L’ignoranza come primo nemico da combattere. La supponenza dei grandi pos-sidenti terrieri. Il prendere o lasciare a prezzi stracciati dei prodotti della terra a contadini subalterni in tutto. La dif-fidenza di questi ultimi considerati comunque “cape ver-de“. Agli inizi degli anni ’60 Ostuni conobbe un boom economico senza paragoni. Produzione di vino e di olio a livelli vertiginosi. Si contavano nell’agro ostunese migliaia di ettari di solo vigneto. La Selva pullulava di ceppi d’uva e a settembre il profumo della vendemmia inebriava l’aria.Sono gli anni in cui Gino Andriola assieme ad un altro gio-vane ostunese, Pietro de Laurentis, anch’egli agronomo, giorno dopo giorno gettarono le basi di un’opera che se-gnò un esempio concreto di riscatto sociale dei contadini e del popolo ostunese che lavorava nei campi. Pietro de Laurentis fu il fondatore della cantina sociale. “Pietro – ricorda con un filo di emozione il Preside – era un uomo che guardava oltre e correva veloce. Era dalla parte dei più poveri”. E la cantina sociale sin dall’avvio ebbe un boom di conferimento dell’uva. Le cisterne realizzate non erano in grado di contenere i 60.000 quintali di mosto del primo anno di attività. Fu necessario affittare altri stabilimenti . Naturale l’euforia tra i pionieri, compiaciuta la risposta dei soci. “ La nostra cooperativa dimostrò subito una forza contrattuale insperata anche rispetto ai mercati esteri;

altro pilastro di questa nuova economia dal basso fu a nascita della Cassa Rurale (1957). Fummo i primi coope-rativisti e azionisti della Cassa. Pietro de Laurentis divenne vice Presidente”.A metà degli anni ’60 Ostuni scopre l’immigrazione di massa verso il nord o l’Europa centrale. L’insediamento dell’industria pesante, la Montecatini a Brindisi e l’Ital-sider a Taranto, accelerò la trasformazione della società ostunese. Uno stuolo consistente di braccianti diventò manovalanza operaia. Tanti piccoli artigiani, dai sarti ai falegnami, i nuovi impiegati degli uffici pubblici, dal Co-mune alle Poste. L’introduzione del mezzo meccanico in agricoltura diede il colpo finale ad un sistema, quello agri-colo, ormai morente. Nel frattempo sulla costa ostunese si vedevano i primi turisti stranieri. Ostuni di li a poco era destinata a cambiare la sua fisionomia. Da città prettamente agricola divenne città turistica. La città bian-ca non più fortino di una società chiusa in se stessa ma una nuova frontiera della vacanza e del buen retiro per tanti turisti italiani e stranieri.Gino Andriola assieme a Pietro de Laurentis riuscirono ad intravedere nella nascita del turismo ad Ostuni un nuovo modello di sviluppo. “Sai com’è nato il Pilone?”. Inizia il racconto. “Pietro De Laurentis viaggiando ogni giorno per Bari conobbe in treno uno svizzero. Costui inculcò nella mente di Pietro l’idea di fare un campeggio. All’epo-ca non sapevamo nemmeno cosa volesse dire il termine campeggio. Realizzammo una società per azioni. E nel 1965 avevamo una struttura con 300 posti sempre pie-na da giugno a settembre. Nel 1972 2.700 posti. Più di 90.000 presenze per un pezzo di terra pari a tredici ettari. Il primo vero insediamento turistico di Ostuni assieme al villaggio Valtur e al complesso di Rosamarina. Ricevemmo nel giro di poco tempo tre premi come miglior campeg-gio della Puglia. Non c’era acqua, andavamo avanti con il gruppo elettrogeno. Nel 1972 il primo depuratore. E nel 1978 installammo pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua calda. Dopo qualche anno dalla scomparsa di Pietro, Gino ne divenne Presidente (1972). Ma Gino Andriola è stato per tanti anni Preside della Scuola Media “ N. Orlandini-Barnaba “. Il suo impegno di uomo di scuola coincide con la scolarizzazione di massa. Nel 1962 fu approvata la scuola media unica per favorire l’innalzamento dell’obbligo scolastico. La scuola media si poneva come naturale prosecuzione di quella elementare. L’evoluzione economica e sociale aveva biso-gno di livelli più avanzati d’istruzione e di avanzamento sul piano civile. Obiettivi che coincidevano largamente con quello che era stato ed era l’impegno di Gino: favori-re il progresso economico, ma anche un nuovo protago-nismo sociale e professionale. Di qui l’incoraggiamento e lo sprone continui ai ragazzi a studiare e la raccomanda-zione ai docenti perché favorissero la formazione di futuri cittadini consapevoli ed impegnati. Oggi Gino, che ha smesso da poco il suo ultimo impegno pubblico, come amministratore della Banca di Credito Cooperativo, non perde un minuto di tempo nel lavoro di sistemazione di tutta la documentazione fotografica e filmica raccolta.E’ una sorta di testamento che sintetizza il suo impegno umano e civile a favore della città. Ma anche una eredità che la città orgogliosamente è pronta a prendere in con-segna e a valorizzare.

ritratti

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“L’uOmO chE pIANTAVAgLI ALBERI”Ritratto di gino Andriola: “Il preside”

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COMUNE DI OSTUNI - ASSESSORATO ALLA CULTURA

TEATRO ROMA - Stagione di prosa 2011/12info: Via Tanzarella Vitale, 37 tel. 0831.336033

5 dicembre 2011Teatro EliseoLeo GullottaIL PIACERE DELL’ONESTÀdi Luigi Pirandelloregia di FABIO GROSSI

24 gennaio 2012Bam Teatro / Pierfrancesco PisaniElio GermanoTHOM PAIN(basato sul niente)di Will Eno regia di ELIO GERMANO

27 febbraio 2012Agidi srlAngela Finocchiaro, Michele Di Mauro

OPEN DAYregia di RUGGERO CARA

14 marzo 2012KorejaIANCU, un paese vuol dire.regia di SALVATORE TRAMACERE

18 aprile 2012Teatri UnitiToni Servillo TONI SERVILLO LEGGE NAPOLI

cuLTuRA E TuRISmO

A cOLLOquIO cON cARmELO gRASSIpRESIDENTE DEL TEATRO puBBLIcO pugLIESE.

Un progetto unico per il turismo e cultura in Ostuni: continua la no-stra indagine su come promuovere e valorizzare la Città Bianca. Da questo punto di vista, Presidente Grassi cosa manca, secondo lei, alle politiche per il turismo ostunese? Fermo restando che tutto quello che è stato fatto va bene, o meglio andava bene; adesso, però, è arrivato il momento di guardare oltre. Oggi, siamo pieni di iniziative valide, e meno valide, ma sono una delle tante. Bisogna mettere un pensiero in più e bisogna dare un filo logico. Ribadisco quanto già detto su questo giornale da altri operatori: non è un direttore artistico che può cambiare le cose. È la Politica che deve cambiare marcia. Oggi, bisogna ripensare ad un progetto unitario. Bisognerebbe utilizzare le manifesta-zioni preesistenti per poter creare un’attività unica, finiamola con le feste paesane. Le sagre vanno anche bene se hanno un collegamento stretto con il territorio, se hanno qualcosa da raccontare perché irripetibili in altre città.E quindi? Dovremmo esaltare le opportunità che questo territorio ci da. Pensate al rapporto con la natura e alle possibilità che essa offre. Pensate ai ritrova-menti dal punto di vista archeologico, un settore straordinario, ed Ostuni su questo può raccontare tanto, ma oltre agli addetti ai lavori nessuno sa nien-te. Da qui passa la destagionalizzazione. Nel diversificare l’offerta turistica. Dobbiamo inventarci un progetto che possa dare valore a questo territorio. Il centro storico oramai è quello, d’estate sembra che collassi. Va preservato e regolamentato. C’è da dire che siamo stati molto fortunati. È un centro

storico “immacolato”, non solo per la sua calce bianca, ma anche perché privo di costruzioni e insediamenti nuovi. Questo sicuramente perché sino agli anni ’90 era un centro storico inaccessibile ai più. Ma adesso è arrivato il momento di parlare di altro, di progettare la diversificazione dell’offerta turistica appunto. Proposte concrete? È sotto gli occhi di tutti. I tanti stranieri e personaggi famosi del mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo che hanno acquistato nel corso degli anni trulli, masserie, casine, ville al di fuori della città bianca, nella marina e nelle campagne ostunesi dimostrano che c’è tanto altro al di là delle bellissime bianche mura della città. Adesso c’è bisogno di differenziarci da quella che è la politica generica che già tutti gli altri comuni, dotati di un bel centro storico e “di una buona veduta”, hanno. Sarebbe il caso di pensare quindi ad un pro-getto di turismo culturale. Che in qualche maniera rafforzi quello che già è stato fatto. E rafforzi l’idea che Ostuni non è una meta come tutte le altre. Un esempio? Abbiamo le lame, se noi solo le ripulissimo e spiegassimo a chi viene qui che cosa sono e a cosa servono già solo per questo diversificherem-mo la nostra offerta. Ed invece non c’è ne curiamo. Le utilizziamo solo per lo scarico dell’acqua quando piove forte. Molto spesso le tappiamo, le tagliamo. Iniziamo a preservare e a salvaguardare la nostra natura, il nostro territorio. A partire dalla cultura e dal valore delle tradizioni che passa la promozione di un territorio.

di Giuseppe Moro

cultura e territorio

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LANUOVAPIAZZA21 LA PIAZZA21

spazio promozionale

Far diventare un lavoro, quello che è da lungo tempo amore e passione per la natura. Così nasce Adventure Tour. Dall’idea “visionaria” di tre amici e dal loro desiderio di sco-perta e di avventura. Un progetto ambizioso finalizzato allo sviluppo di una cultura del turismo ambientale-escursionistico nel rispetto di nostra madre terra. Tre le aree di interesse:Soft (trakking, mountain bike)L’individuazione e l’organizzazione di percorsi escursionistici suggestivi, con particolare attenzione all’equilibrio ecologico, e la collaborazione di guide qualificate ci ha per-messo di rendere fruibile al pubblico in tutta sicurezza ambienti naturali ricchi di flora e fauna, sia nell’area pugliese che in tutto il territorio nazionale. Extreme (free climbing, alpinismo, speleologia, canyoning, subacquea, speleo-subacquea, survival)Per chi ha particolare interesse a scoprire habitat particolari con guide qualificate all’in-segna dell’avventura, abbiamo reso possibile l’approccio di questi ambienti con tecni-che e modalità diverse. L’approccio è con diversi livelli di difficoltà che prestano atten-zione alla preparazione del singolo individuo.Al fine di creare maggiori competenze che permettano ai nostri amici ospiti di poter affrontare ambienti con maggiori difficoltà, abbiamo strutturato una sezione che si occuperà di corsi di avviamento e specializzazione delle singole attività. Viaggia con noiSiamo alla costante ricerca di nuove mete da condividere con i nostri clienti, fuori dai tradizionali circuiti turistici in luoghi remoti e suggestivi, che nella loro semplicità ci facciano vivere esperienze uniche.

Studiando al meglio destinazioni da esplorare nel mondo, cercando di proporre una visione nuova del viaggio, mettendo in risalto l’essenza dell’itinerario, ricercando i luoghi più autentici che rendono il viaggio un’esperienza unica.Ovunque andiamo nel mondo cerchiamo di mantenere un atteggiamento responsabi-le. Ciò significa viaggiare rispettando e sostenendo le popolazioni indigene, la cultura e il proprio territorio. Pernottamenti, quando possibile, in strutture locali ecocompatibili di ridotte dimensioni, una realistica politica di localizzazione degli investimenti con un concreto ritorno al processo di sviluppo del territorio. Questi ideali ci portano a collabo-razioni con guide locali e partner che condividano i nostri stessi valori.

il viaggio è come il matrimonio. il metodo sicuro perché vada male è pensare di poterlo controllare. John steinbeck

ScOpERTA E AVVENTuRA,

LA VISIONE EcOSOSTENIBILEDI ADVENTuRE TOuR.

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“Mi sembra una relazione coerente con lo svolgimento del congresso, coerente con le premesse iniziali. Indica qual è la strategia, a medio e lungo termine, del partito socialista circa l’aggregazione delle forze di sinistra in Italia ma che continua anche ad indicare la ferma deter-minazione di una collaborazione con gli altri partiti per il governo del paese”.Si tratta di una dichiarazione raccolta circa 20 anni fa (fine giugno 91), dal-la quale si può dedurre che a rilasciarla sia stato un uomo di sinistra, forse non un comunista; ma, di sicuro, un socialista convinto del fatto che “l’unità socialista rappresenta il passo più importante verso l’unità della sini-stra” come aveva apostrofato qualche istante prima il segretario socialista, nonché leader maximo del partito, Bettino Craxi chiudendo il 46° Congresso straordinario del PSI a Bari tra le ovazioni della platea festante e gli applausi degli ospiti d’onore seduti in prima fila nel padiglione della Fiera del Levante che ospitava il congresso socialista. Da buon cronista mi avvicino ad alcuni degli ospiti per fare il mio lavoro e chiedo un po’ a tutti di commentare la relazione del Segretario. Intercetto un imprenditore di successo visibilmente orgoglioso delle parole appena ascoltate e raccolgo la dichiarazione rilasciata dall’uomo che, negli anni a venire, rappresenterà il principale spauracchio per la sinistra italiana e il paladino di una destra che, senza di lui, mai si sarebbe sognata di governare l’Italia. Ebbene si! Era proprio il Cavaliere, all’epoca editore televisivo e patron della squadra di calcio che di li a poco avrebbe dominato in Italia e in Europa. Silvio Berlusconi durante quella relazione si era “scorticato le mani” applaudendo il suo mentore con sincera convinzione, approvando ogni passaggio e, soprat-tutto, il richiamo di Craxi all’Internazionale Socialista e alla collaborazione con il Pds. Strano ma vero, la realtà supera di gran lunga la fantasia e, talvolta, spiaz-za anche gli osservatori più attenti. Nessuno all’epoca si sognava di riportare il commento politico di un imprenditore che, seppur famoso, nulla poteva aggiungere al carisma collaudato e all’apoteosi oratoria di un leader tra i più pregnanti della storia repubblicana. Ciò accadeva circa un anno prima che Mario Chiesa innescasse la miccia di Tangentopoli con le conseguenze che tutti conosciamo fino ad arrivare agli attuali scompensi. Se Giambattista Vico è ancora attendibile il titolo di questo breve articolo potrebbe non essere sem-plice provocazione.

interviSta al cavaliere Silvio Berlusconi alla guida della sinistra (?!)

di Francesco Roma

le interviste di francesco roma

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cultura e territorio

L’ampia fiducia del Parlamento. La stima incon-dizionata del Presidente Della Repubblica. Il con-senso del popolo, testimoniato dagli ultimi son-daggi. Il Prof. Mario Monti è riuscito davvero a mettere d’accordo tutti. Il nuovo esecutivo, chia-mato a fronteggiare la più grande crisi economica dal dopoguerra, un doppio risultato lo ha già ot-tenuto: mettere fine alle beghe politiche e porre l’attenzione esclusivamente sui reali problemi del Paese. Forse innumerevoli, certamente da affron-tare con uno spirito diverso rispetto agli ultimi 20 anni. «Questo è un paese che non cresce più da anni. Bloccato nelle sue prospettive di sviluppo e crescita – dichiara il senatore del Partito Democratico Salvatore Tomaselli – il governo Monti è un’opportunità. Si tratta di una delle figure più autorevoli che l’ Italia potesse mettere in campo in questa fase di emergenza, soprattutto per ridare credibilità al nostro Paese. Un esecutivo, poi – continua il Parlamentare brindisino – composto da per-sone di grande affidabilità e competenza nei rispettivi settori». Professori, rettori, funzionari, banchieri, tre donne in Ministeri importanti: l’ex Commissario Europeo ha scelto una squadra di

“Professionisti”. «Ho parlato con di qualcuno di loro – afferma il senatore Tomaselli – stanno avvertendo, come è giusto che sia, il senso della gravità del momento che sta vivendo il Paese e il gravoso impegno a cui sono stati chiamati». Crescita, disoccupazione giovanile e femminile, questione meridionale: non potrà prescindere da questi pilastri l’azione del Governo Monti. «L’Ita-lia ha tre grandi divari da risanare – prose-gue il Parlamentare del PD – questo governo può avviare un percorso che porti a limare queste tre differenze. Il nostro Paese ha il più grande divario territoriale che esiste in Europa: la differenza tra Nord e Sud. L’Ita-lia si salva solo se torna ad essere unita e quindi un soggetto unico. Poi c’è un divario generazionale – sostiene Tomaselli – e giovani generazioni non sono protette, non hanno opportunità, vivono un presente ed un fu-turo di grande incertezza. Questa forse è la prima generazione che vede davanti a sé un futuro peggiore di quello dei propri padri. L’altro grande divario è di genere: le donne sono praticamente escluse dal mercato del

lavoro, forse più dei giovani. Oggi questa nuova fase politica può e deve tornare a mettere al centro della propria azione que-sti divari». Obiettivo necessario dell’ esecutivo Monti sarà quello di riuscire ad ottenere il pareg-gio di bilancio e di conseguenza l’abbattimento del debito pubblico, che è la più grande ipoteca sul futuro del Paese ed in particolare delle giovani generazioni. Una sfida difficile quella che attende il nuovo Governo, che nasce però in un’atmosfe-ra differente rispetto a quella delle precedenti set-timane. «Un clima diverso, di attesa, di con-sapevolezza del momento di grandissima difficoltà – ammette Tomaselli – è questo un momento delicato di passaggio. Serve tan-ta fiducia. Serve una fase di responsabilità politica. Torneremo nelle prossime elezioni a dividerci, a confrontarci in maniera diversa sui vari temi, e sul futuro governo del Paese. L’attuale fase transitoria – conclude il senato-re brindisino – però è necessaria. Il bisogno principale del Paese oggi, infatti, è quello di essere unito».

INTERVISTA AL SENATORE SALVATORE TOMASELLI

“IL BISOGNO PRINCIPALE DEL PAESE OGGI è ESSERE UNITO”

di Danilo Santoro

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Caro docente, caro genitore,questa lettera nasce dalla necessità di darLE coscienza in merito alla nostra scelta di occupare.Vogliamo rendere anche Lei partecipe del nostro gesto di protesta, non cerchiamo approvazione, ma per lo meno quella comprensione che oggi più che mai dovrebbe essere condivisa da tutti.Come Lei sa, il mondo corre veloce. Può sembrare una banalità, ma la situazione è quella di un mondo che corre più veloce delle persone, che promuove un sistema in cui tutto è subordinato al denaro, ed in cui tutti siamo schiavi inconsapevoli.Noi siamo schiavi inconsapevoli nel momento in cui abbiamo paura di trovarci precari, e le nostre scelte universitarie sono subordinate al sistema che ci vuole lavoratori flessibili e senza certezze.Siamo schiavi inconsapevoli nel momento in cui la nostra scuola, importante nella nostra vita pari alla nostra casa, non ci insegna la coscienza critica, ma continua a proporci nozioni ed ad imbottirci di tecnicismi rendendoci semplici recettori passivi.Siamo schiavi nel momento in cui nella scuola non abbiamo i materiali che ci servirebbero per una didattica laboratoriale, per le semplici attività scolastiche, per i progetti, per un numero di personale adeguato, per riparare i guasti.Siete schiavi inconsapevoli anche voi, insieme a noi, perchè con noi rappresentate il 99% del mondo, che si ritrova a pagare le conseguenze di una crisi causata dal restante 1%.Siamo parte di quel 99% che non si trova rappresentato nelle scelte globali di uscita dalla crisi, che tagliano su welfare e diritti.Noi vogliamo partire da questa scuola occupata per renderla uno spazio di democrazia e partecipazione reale. Sappiate che lo stiamo facendo anche per voi, che per noi sognate un futuro diverso da quello precario, che vivete sulla vostra pelle le conseguenze di queste politiche, che avete una famiglia a carico con le difficoltà che tutto ciò comporta. Lo facciamo anche per chi non crede che uno sciopero possa cambiare le cose, per chi non può vedersi scalare dallo stipendio i soldi che perderebbe in caso di sciopero, per chi è precario, per chi ritiene che siamo una massa di illusi.Abbiamo delle proposte reali per una scuola diversa. Crediamo che non debba più essere verificato il rapporto per cui sia la società a cambiare la scuola, ma riteniamo che una scuola diversa possa cambiare la società e renderla diversa.Non prendeteci come sognatori, come i soliti studenti ribelli. Noi siamo diversi. Rivendichiamo la nostra autonomia come movimento globale, che non è semplicemente ridotto all’etichetta di “ARRABBIATI”, ma che parla di indignazione, sentimento diverso, più ragionato, e che soprattutto parla anche di proposta.Vi invitiamo a prendere visione dei documenti che verranno prodotti nella nostra occupazione. Intendiamo portare cambiamenti dal basso, a partire dalle nostre lezioni, fino ai massimi sistemi, intendiamo confrontarci ed arrivare ad una nostra sintesi sulle tematiche che attanagliano il mondo. Abbiamo tutti gli stessi nemici, che non sono impersonificati in questo o quel governante di turno, ma sono più nascosti. Sono la crisi della governance internazionale, la visione dei lavoratori come carne da macello sociale, la mancanza di democrazia, la volontà di plasmare i nostri cervelli, l’impossibilità di avere certezze per il nostro futuro, tutte conseguenze di un sistema poco equo.Non siate contro di noi. I nostri propositi sono discutere di: crisi globale, diritti studenteschi, diritto allo studio, orientamento universitario, riforme della scuola, indi-gnados del mondo, informazione libera, ALTRARIFORMA della scuola, spazi studenteschi, precarietà. Saremo uniti nel creare una nuova comunità scolastica, che non sia divisa tra voti e pregiudizi, ma unita nell’affermare idee.Occupiamo per non essere più schiavi. Occupiamo perchè i nostri sogni abbiano la dignità che meritano. Occupiamo perchè siamo il 99%!

Gli studenti del Calamo nei giorni dell’occupazione

cultura e territorio

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Mi è stato chiesto di scrivere un articolo sul movimento in generale, appropriandomi di vedute più ampie rispet-to a quelle che solitamente sono proprie del nostro pae-se. Ebbene, ho deciso, con la mia solita volontà di strafare nella ricerca e nella precisione, di scrivere questo articolo ad imbuto partendo dal pianeta Terra fino alla provincia di Brindisi.Cosa accade nel Mondo? Domanda interessante. Oggi nel mondo esiste un movimento degli “INDIGNADOS” , demo-cratico, apartitico, non strutturato, costituitesi nell’”acam-pada” a Madrid in Piazza del Sol della scorsa primavera. Il movimento di Indignazione si è diffuso a macchia d’olio in tutto il mondo, ha raggiunto il Giappone, l’Australia, l’in-dia, Il Canada e perfino Wall Street, borsa simbolo della finanza globale, che è stata addirittura occupata. Il movi-mento il 15 Ottobre ha promosso circa 952 cortei pacifici in ben 82 Stati del Mondo (ometto mie considerazioni per-sonali sul fallimento del corteo romano). “PEOPLE OF THE WORLD RISE UP”, questo lo slogan degli Indignati, convinti che non debba essere il 99% della popolazione a pagare una crisi causata dall’1%, ossia dai grandi della finanza, dai banchieri, dalle grandi multinazionali. Gli Indignados sono indignati verso le manovre di austerity che si pon-gono come soluzione alla crisi, che, rispondendo alla crisi della finanza con più finanza, tagliando su welfare e beni comuni non fanno altro che cancellare ammortizzatori so-ciali e diritti, impoverire le classi medio-basse ed arricchire ulteriormente quelle alte. Il movimento chiede DEMOCRA-ZIA REALE ORA, ritenendo che i Governi degli stati siano eccessivamente subordinati alla finanza o ad organismi in-ternazionali non rappresentativi quali BCE ed FMI, invece, secondo gli Indignati è arrivato il momento di far sentire la propria voce per far sì che la politica rappresenti sul serio la cittadinanza.

In Europa il movimento si è sviluppato soprattutto nei Paesi che stanno affrontando la crisi con difficoltà, come Italia, Spagna e Grecia, ed ha raggiunto anche Germania, Inghil-terra, Belgio e Francia. Nello specifico in Italia, si sono costituiti comitati composti da diverse associazioni e cittadini di diverse estrazioni so-ciali, che stanno promuovendo azioni, flash mob e cortei su tutto il territorio nazionale etichettandosi ironicamente die-tro al nome “Draghi Ribelli”, in riferimento al nuovo capo della BCE Draghi.In questi comitati gli studenti sono sempre presenti. Ciò accade poichè si sente la connessione tra le istanze stu-dentesche e quelle della società tutta. Il rapporto – quando c’è crisi la prima cosa da tagliare è la scuola – secondo gli studenti può essere invertito a: una scuola diversa cambia la società. Ecco perchè da Trieste, a Genova, a Napoli, a Roma, a Bari si stanno moltiplicando tendopoli, occupazio-ni, autogestioni. Nella Regione Puglia la situazione è ancora più complessa poichè i soggetti in formazione richiedono i decreti attuativi alla legge Regionale sul Diritto allo Studio approvata nello scorso mandato da Vendola e non ancora finanziata. In particolare in Provincia di Brindisi, la crisi è ancor più sen-tita, mancano risorse, la situazione dell’Edilizia è pessima, non vi sono agevolazioni per gli studenti, non vi è spazio per i giovani, il tasso di dispersione scolastica e disoccupa-zione giovanile è alle stelle. La mobilitazione nella nostra Provincia quest’anno è decisamente più massiccia rispetto allo scorso anno e coinvolge un numero maggiore di città.Gli ultimi appuntamenti sono stati l’11.11.11, data pro-mossa dagli Indignados, ed il 17 Novembre, data con ap-pello internazionale che ha coinvolto tutti i movimenti stu-denteschi del mondo.

“pEOpLE Of ThE wORLD, RISE up!”di Martina Carpani

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ASSI BASKET: gIOIA, ORgOgLIO ED EmOZIONI

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Si chiama ancora Jaka Klobucar l’uomo della provvidenza in casa Assi Basket Ostuni. Al “Pala Cattani” di Faenza il giocatore sloveno non entusiasma, così come contro il Forlì, ma ha il merito di realizzare il canestro decisivo che permette ai giallo blu di superare l‘Imola. Emilia ancora terra di conquista per il quintetto di Franco Marcelletti: due trasferte , ma soprattutto 4 punti importantissimi per la corsa salvezza.Marcelletti trova nel giovane Carenza un jolly prezioso soprattutto in difesa per limitare il potenziale imolese. La gara si decide nei secondi finali. Diliegro a 30 secondi dalla fine realizza il meno 1. Il sorpasso è un’ invenzione di Klobucar: lo sloveno in contropiede appoggia nella retina il canestro della vittoria. Prato prova dall’arco a consegnare la vittoria all’ Imola, ma il canestro respinge il suo tiro e fa esplodere la festa tra gli oltre 50 tifosi ostunesi giunti a Faenza. Al “Pala Dozza” di Bologna la città di Ostuni e l’Assi Basket scrivono una nuova esaltante pagina di sport. Gioia, orgoglio, emozioni: un mix di sentimenti che s’intrecciano in una splendida serata difficile da dimenticare per i presenti. La prima volta nello storico impianto bolognese ha il sapore dell’impresa per i ragazzi di Franco Marcelletti e per chi da ogni parte d’ Italia ha voluto essere presente a questo incontro. Oltre trecento i cuori gialloblu presenti nel palasport emiliano: una testimonianza di tifo correttezza e fair-play da fare invidia anche a piazze storiche del basket nazionale. La marea gialloblu spinge Johnson e compagni alla terza vittoria consecutiva in terra emiliana. Un successo voluto, cercato, e soprattutto meritato dopo una condotta di gara impeccabile per tutti i 40 minuti. Questa volta non si deve soffrire fino all’ultimo secondo: i gialloblu mettono in cassaforte i due punti senza il patos delle vittorie contro Forlì e Imola. Un ulteriore tassello da aggiungere in questa lunga rincorsa alla salvezza.Franco Marcelletti lo aveva detto alla vigilia della gara contro il Veroli: “ Dimentichiamo Bologna. Non lasciamoci trascinare dall’entusiasmo”. Così non è stato. Il tecnico campano conosceva bene le difficoltà dell’incontro: alle qualità del rooster laziale si aggiungevano le molteplici motivazioni di un team che ha fretta di recuperare il tempo perduto e diventare protagonista di questo campionato. Con Nando Gentile il Veroli sembra davvero voler cambiare marcia. Per il giovane tecnico laziale arriva, anche, la soddisfazione di aver sconfitto per la prima volta da allenatore Franco Marcelletti, suo maestro nelle stagioni d’oro del Caserta . Un Ostuni frastornato e irriconoscibile non riesce ad opporre la minima resistenza. Al suono della sirena tabellone recita 84 a 107 per il quintetto di Nando Gentile ed il triste digiuno interno continua per Rinaldi e compagni.

Disfatta Ostuni anche in Sicilia contro il Barcellona Pozzo di Gotto. Questa volta nei numeri anche peggiore della sconfitta subita contro il Veroli. L’unico dato in comune della gara contro i laziali i punti subiti: ben 107. Mai nella sua storia cestistica la formazione della Città Bianca aveva subito 214 punti in due gare consecutive. La sete di vittoria del Barcellona travolge l’ Ostuni di Franco Marcelletti. Le triple dei vari Hicks e Dordei e Green si abbattono sulle velleità dei gialloblu di ripetere gli exploit romagnoli. L’unico aspetto positivo della serata è la nuova dimostrazione d’affetto dei tifosi gialloblu. Oltre 50 quelli presenti al “Pala Alberti” di Barcellona, che vengono ripagati, però, con una prestazione collettiva da cancellare rapidamente.Contro Scafati ci si attende la prova del riscatto da parte dei gialloblu di Franco Marcelletti. Lo chiede la classifica, lo chiedono i tifosi, che insieme alla società vogliono conservare per un lungo tempo, nonostante le tante avversità, un patrimonio importante come la LegaDue, il secondo torneo nazionale. « Ritengo che questa Lega Due sia una grande opportunità per tutti. Per chi la gioca, ma anche per la città – dichiara Enrico Marseglia direttore sportivo dell’ Assi Basket Ostuni -. Mi sovviene l’immagine degli sguardi ammirati dei nostri giocatori stranieri al loro arrivo nella Città Bianca. Lo stesso Vecchiato, Bonamico, Michelini, Franco Lauro ne tessono le lodi in lungo ed in largo per lo stivale. Purtroppo a tutta questa attenzione per Ostuni e la sua squadra non corrisponde analogo interesse da parte di sponsor che vogliano abbinare il proprio marchio ai gialloblu – continua il dirigente gialloblu. - Questo è il terzo anno che affrontiamo un campionato senza main sponsor; sembra quasi una iattura che abbiamo addosso e sinceramente, non riesco a darmi una spiegazione plausibile. Eppure la nostra storia è costellata da una progressione sportiva fantastica che ci ha condotti a traguardi inimmaginabili. Insomma stiamo dimostrando che con il basket ci sappiamo fare, quindi chi volesse investire su di noi lo può fare ad occhi chiusi, non deludiamo maiNon avere un palazzo idoneo, però, ci pesa tanto. Basti pensare che affrontiamo gli allenamenti a Brindisi con gli stessi preparativi di una trasferta. Per fortuna l’affetto dei tifosi non ci sta mancando, per cui il meccanismo tifo-risultati sta funzionando alla grande! La mia preoccupazione è che sul lungo termine qualcosa possa cambiare. Mi auguro, che si trovi al più presto una soluzione per giocare davvero in casa,- conclude Marseglia - così da offrire la possibilità a tutta la città di partecipare a questo splendido spettacolo».

sport

foto di Enzo Suma

foto di Daniela CardoneFactory18 studio

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ASSI BASKET: gIOIA, ORgOgLIO ED EmOZIONI

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di Danilo Santoro

L’altezza è pressoché identica a quella di due mostri sacri del calcio mondiale che rispondono al nome di Diego Armando Maradona e Lionel Messi. Poco più di 170 cm che racchiudono estro fantasia e tecnica. Lui però, a differenza dei due fuoriclasse argentini, il pallone preferisce “accarezzarlo” con le mani e non con i piedi. Le platee che incanta hanno dimensioni ridotte rispetto al “Camp Nou” di Barcellona, ma si sentono comunque. I suoi tifosi non hanno i colori blaugrana ma con orgoglio e passione si lasciano rappresentare dal blu del mare e dal giallo del sole. Nato a Chigaco, Aaron Johnson ha impiegato davvero poco per fare breccia nel cuore dei suoi nuovi fans. Lo sguardo timido, ma il carattere di chi ha già ben in mente come vivere questa nuova avventura. La prima per lui dopo gli anni del college. Lungo le rive del Lago Michigan Johnson ha iniziato a giocare quando era molto piccolo: “ Già a sei anni mi divertivo con il pallone tra le mani. Giocavo a basket ovunque, non sempre con casacca e pantaloncini, spesso mi ritrovavo a sfidare il canestro pur indossando dei blues jeans” . Aaron non era l’unico in casa a praticare questo sport:” La mia- dichiara Johnson – è una famiglia quasi completamente composta da cestiti. Lo praticavano, anche, mio padre e mio fratello. Johnson è nato nella terra dove il mitico Michael Jordan, che sta al basket come il Pibe de oro sta al calcio, ha dimostrato al mondo di essere forse il giocatore più forte di tutti i tempi. Verrebbe facile pensare che sia proprio il numero 23 dei Chicago Bulls l’idolo di Johnson. Ma con gli occhi gonfi d’orgoglio Aaron rivela ben altro: “ Michael Jordan è l’idolo di gran parte del popolo americano e di tutti i tifosi di Chicago. I miei idoli, invece, sono altri: mio padre e mio fratello. L’idea di confrontarsi con il basket italiano è nata quasi per caso: “ Terminato il college, avrei voluto provare il grande salto nel campionato Nba. Con il mio agente, però, abbiamo valutato con molta attenzione, e mi ha consigliato di venire in Europa per acquisire maggiore esperienza . In Italia viene considerato un Rookie, ovvero un esordiente alla prima esperienza in questo campionato. Come lui, altri due giocatori, alla loro prima stagione nel Belpaese, stanno avendo un rendimento notevole: Jr Austin Mambu Freeman nel Forlì e Dwight Hardy nel Pistoia. “Non conosco personalmente Hardy, ne avevo comunque sentito parlare. Mentre con Friman -continua Johnson- ho giocato, insieme negli anni del college. Ha attraversato l’oceano per scoprire questo nuovo mondo. Ma Aaron non ha modificato le sue abitudini di vita:” Non c’è stato uno stravolgimento del mio modo di vivere. Ho avuto inizialmente solo delle difficoltà con il cibo”. Suda e corre in palestra e sul parquet sotto gli occhi

vigili di Franco Marcelletti, che osserva ogni suo movimento con attenzione: “ E’ importantissimo per me poter essere allenato da un tecnico così preparato. I suoi consigli ed il suo modo di intendere il basket sono per me uno stimolo necessario per fare sempre meglio”. Non c’è bisogno di nessuna traduzione quando parla Johnson del pubblico di fede ostunese: “ Very Very beautiful. Sono il massimo dell’entusiasmo che si possa chiedere ai fans. Sempre vicini alla squadra e sempre calorosi. Insomma Number One”. Parola di Aaron…

Po. Squadra Pt.

1. Giorgio Tesi Group Pistoia 12 2. Enel Brindisi 12 3. Trenkwalder Reggio Emilia 10 4. Givova Scafati 10 5. Centrale del Latte Brescia 10 6. Sigma Barcellona 8 7. Morpho Basket Piacenza 8 8. Assi Basket Ostuni 6 9. Conad Bologna 6 10. Prima Veroli 6 11. Fileni BPA Jesi 6 12. Tezenis Verona 6 13. Aget Service Imola 6 14. Marcopoloshop.it Forlì 6 15. ASS. Pall. S.Antimo 0

27.11.2012

Fileni BPA Jesi

Aget Service Imola

Trenkwalder Reggio Emilia

Centrale del Latte Brescia

Assi Basket Ostuni

Morpho Basket Piacenza

ASS. Pall. S. Antimo

Riposa

Sigma Barcellona

Marcopoloshop.it Forlì

Giorgio Tesi Group Pistoia

Prima Veroli

Givova Scafati

Enel Brindisi

Conad Bologna

Tezenis Verona

foto di Enzo Suma

foto di Sandro BagnuloFactory18 studio

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LA STORIA DE “L’ALÌA”

l’angolo della tradizione

L’alìa, che in ostunese indica sia l’albero (ulivo) che il frutto (oliva), è stata per millenni (e lo è ancora) la risorsa principale della nostra economia, oltre che uno dei tratti distintivi della nostra storia e della nostra identità. Senza l’oliveto, Ostuni non sarebbe quella che è. Non avrebbe quel paesaggio, grazie al quale si è potuta fregiare del titolo di “Bianca Regina degli Ulivi”, né si sarebbero potuti realizzare, senza il ricavato della produzione e commercializzazione dell’olio, quei magnifici manufatti edilizi del Centro storico, che vanno dai Monasteri delle Benedettine ai Palazzi signorili e alle tante Masserie.D’altro canto senza quegli alberi maestosi e

generosi, tanta povera gente non avrebbe avuto mai l’opportunità di lavorare per mesi e mesi a spelà o accògghje l’alìe, a remennà l’arvulu o a ffatià a llu trappìte contribuendo così a mantenere o formare una famiglia.La Marina ovviamente era (ed è) il regno degli ulivi e li chjandàte, distese enormi di ulivi secolari, rimasero in gran parte proprietà de la Chjesia (ordini monastici, Capitolo Cattedrale) fino al 1800 per poi finire nelle mani de li jalanduèmme, nobili o ricchi possidenti, quando i beni ecclesiastici furono alienati a seguito delle leggi napoleoniche e dello Stato unitario. “L’Ostunese è una delle contrade più oleifere della provincia di Lecce” osservava, nei suoi

Bozzetti di viaggio, del 1888, lo studioso leccese Cosimo De Giorgi. “Nel comune vi sono 140 frantoi per olio e due stabilimenti a vapore… Gli abitanti sono espertissimi nella coltivazione e nella potatura degli alberi”. Nel primo Catasto ufficiale, voluto dal re Carlo di Borbone nella prima metà del 1700, ad Ostuni vengono censiti 286.118 alberi che occupavano una superficie di oltre 5.700 ettari. Oggi gli ettari, come gli alberi, si sono più che triplicati grazie ai nuovi impianti e all’infittimento, per cui si arriva a produrre oltre 300.000 quintali di olive con una resa in olio superiore ai 60.000 quintali. Della presenza di ulivi nel nostro territorio abbiamo notizia scritta sin dal 1099, grazie agli elenchi che i monasteri

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di Lorenzo Cirasinofoto di Marcello Carrozzo

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l’angolo della tradizione

benedettini compilavano per censire i loro beni. Da quei documenti risulta che gli ulivi, sia allo stato selvatico – oleastri o tièrmete – che frutto di innesto – ensites o nziète –, erano presenti ad Ostuni sia al di sotto delle antiche mura urbane (da Sant’Angelo alla Rosara) sia ai piedi della collina (da Cuti a San Biagio) sia nella marina (da Alberodolce a Zampignola).L’ulivo ha trovato qui da noi, come in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, le condizioni pedoclimatiche migliori per attecchire e portare frutti; per questo è stato sempre considerato il dono più prezioso che gli dei potessero fare agli uomini e per questo suo carattere di sacralità, particolarmente evidente oggi nella ricorrenza delle Palme, è stato sempre protetto con leggi severe: gli antichi Greci punivano con l’ostracismo chiunque aveva l’ardire di tagliare un albero di ulivo.I Romani dal canto loro consideravano di gran pregio le olive prodotte nel Salento: pasòla e chiarita, nardò e calabria. A queste si sono aggiunte in tempi più recenti: leccino, frantoio,

termite di Bitetto, cima di Melfi, coratina, nociara, cipressino e picholine, e infine, più rare e destinate alla concia: mela, bella di Cerignola, uovo di piccione, pendolino e Sant’Agostino. Gli alberi nostri più tradizionali, la Chiarita e la Nardò, sono diventati nel tempo dei veri e propri monumenti della natura, grazie alla loro struttura vigorosa, alla chioma maestosa e ai tronchi massicci, raggiungendo i 15 metri d’altezza. Hanno una produttività ad anni alterni, il frutto è piuttosto piccolo, e quando matura assume un colorito nero intenso e lucido, la resa in olio si aggira intorno ai 18 litri per quintale. Con questa miscela d’olive, ovvero ogliarola più alcune delle varietà suddette, ogni famiglia ricava(va) la provvista d’olio per sé, non tralasciando l’altra buona abitudine di preparare l’alìe a lla conza o sotta salu per poi usarle come companatico o per fare la puccia cu l’alìe e la cepodda. Abbiamo già detto che l’olivicoltura assicurava migliaia e migliaia di giornate di lavoro. Al levar del sole, fiumane di donne e di uomini si concentravano a ll’Acquàre de li Cavàddere (angolo dell’attuale Cinema Roma), punto strategico per raggiungere la parte nord della Marina attraverso la via Carraia, la strada de lu Rizze e la via de Sande Larienze. Divise in squadre, al seguito del proprio ‘fattore/a’, le donne ‘a ll’appète e cu llu panare a llu vrazze’, e solo qualcuna più fortunata ‘a cavadde de nu chìnghe o de na trainedda’ si avviavano, per strade polverose, per raggiungere il proprio posto di lavoro. Nelle giornate più fredde era consentito accendere un falò, raccogliendo qua e là do’ spròcce e qualche residuo d’ascheledda per potersi riscaldare le mani intirizzite, che di lì a poco sarebbero state impegnate a cògghje l’alìe a pezzechìcchje con ritmi sostenuti imposti dal/la sorvegliante, pronto a richiamare chiunque indugiasse o si distraesse con un perentorio: “Jòccia a lli mane: sciàme a lli panare!” o peggio sotto la minaccia di “Uè peccelè, tu crè-demmàne na nge scinne cchjù”. Ovviamente il lavoro di raccolta era più spedito se la terra sotto l’albero era stata ‘retelàta’ accuratamente, con l’eliminazione di foglie e fili d’erba, e le olive, sia quelle cadute che quelle bacchiate, erano rimaste tutte all’interno de lu scegghjàre. A colazione na scemmèdda d’alìe ammature faceva da companatico ad un tozzo di pane più o meno raffermo, insieme all’immancabile panda de fiche e si lavorava sodo, piegati sulle ginocchia, fino al tramonto del sole. Con l’introduzione delle reti per la raccolta delle olive, si ebbero dimostrazioni e scioperi, con le raccoglitrici di olive in prima fila, che le ritenevano responsabili della crescente disoccupazione.In quei tempi l’attesa per il raccolto (e per il lavoro che avrebbe assicurato) cominciava sin dalla primavera: “De la Nezziàta ‘ndrata parata!” recitava un antico proverbio che legava appunto la fioritura dell’ulivo alla data del 25 marzo, festa dell’Annunziata. La notizia che la ‘entrata’ si preannunciava abbondante incoraggiava tutti alla speranza. Certo si sapeva (e si sa) che le olive rappresentano solo il 2% dei fiori, in quanto non tutti riescono a fecondarsi e la maggior parte, una volta sfioriti, sono destinati a cadere, lasciando appesi ai rami solo i frutticini il cui nocciolo comincia ad indurirsi. Ovviamente restava sempre l’incognita

di lunghi periodi di siccità che riducevano le olive ad anuzzule; ma se ad Agosto, complice na sarda mmòcca a Sande Ronze, si aveva la fortuna di avere piogge abbondanti, la speranza di vedere la drupa ingrossarsi si faceva più concreta: “Jàcqua d’aùste, uègghje e muste” sentenziava un proverbio.E poi restava sempre il timore di attacchi da parte di parassiti sempre in agguato (mosca olearia, cocciniglia, tignola) capaci di compromettere il raccolto o quanto meno di avere un olio scadente.Ma l’operazione più importante per la cura dell’ulivo è rappresentata dalla potatura, che non aveva (ha) solo il compito di assicurare la forma migliore alla chioma, distribuendo e distanziando li cematòre, ma soprattutto di stimolare la fruttificazione abbondante e regolare ed eliminando le parti esauste o dannose per la pianta. Oggi con la meccanizzazione e l’uso di cestelli elevatori e di motoseghe ad aria compressa azionati dalla forza motrice del trattore, tutto appare semplice e veloce; ma un tempo potare un albero di ulivo secolare richiedeva tempo, forza e soprattutto esperienza ed abilità. Il potatore, che indossava nu senàlu di stoffa resistente, stretto ai fianchi da una robusta curèscia in cuoio per trattenere i principali attrezzi del mestiere: accetta, serracchje e fuerceve, si muoveva da un albero all’altro, tenendo in equilibrio sulle spalle una scala che poteva avere da dudece a a deciassette zeppere. Lu mèstre de remònna studiava da terra come e dove intervenire per mettere la pianta sobb’a llu giovene e soprattutto per dare aria e luce all’interno della chioma. Particolare cura veniva dedicata alla pulizia del tronco, lu cremòne, che veniva liberato da tutte lu seccùme, ma anche da li repeddùne, mentre li vènghjere, che crescevano alla base del tronco venivano utilizzati per realizzare la struttura portante de li panare, e cioè il fondo e il manico. Lu mestre e i potatori più esperti curavano la parte dell’albero che dava sul fronte strada, mentre gli altri rimanevano sul fronte interno. La ragione era semplice: i proprietari vicini e tutti quelli che si trovavano a passare dovevano rimanere a bocca aperta di fronte ad una vera e propria scultura arborea e tessere le lodi di quel maestro e della sua squadra.A colazione, era bello vedere decine de remennàture, assìse sobb’a lli pesùlu ricavati dal taglio di grossi tronchi intorno al fuoco acceso: l’alie scurdate de cemàgghja venivano riscaldate sulla cenere e servivano, insieme a llu saracòne, da companatico a nna fedda de pane arressàte. Lu frascàre nel frattempo provvedeva a raccogliere i rami e a farne sàrcene destinate, come combustile, ai tanti forni che cuocevano lu pane fatte a casa. La sera i potatori, che avevano diritto de vesazza, portavano a casa un po’ di legna, jaschelèdde e magghjòcculu, preziosa per cuocere na pignata de fave. Nel frattempo gli alberi ringiovaniti e fortificati ringraziavano i loro manutentori e ritrovavano nuova linfa per conservarsi fino a noi. E noi oggi consapevoli che quegli alberi secolari sono il risultato di tante fatiche e saperi diffusi sentiamo ancora di più la responsabilità di salvaguardarne il valore paesaggistico ma anche economico per le future generazioni.

LANUOVAPIAZZA29

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DegradoQuartiere S. Antonio

La gente del quartiere S. Antonio è stan-ca di assistere passivamente al degrado totale della zona, abbandonata da tempo dalle diverse Amministrazioni locali suc-cedutesi.Varie segnalazioni sono state fatte reca-pitare anche all’attuale Amministrazione Comunale per il disagio che la gente vive da troppi anni, con petizioni, articoli di giornali etc. etc., senza alcun ascolto da parte delle Autorità competenti e pertan-to, nell’assoluto oblio e silenzio.In parti-colar modo si denota ciò nelle arterie di via Giovanni Bovio (conosciuta come sali-ta S.Antonio) e sopra di via Padre Serafino Tamborrino, strade attualmente fatiscen-ti, anzi da terzo mondo per certi versi.Per non parlare della villa Cristo Re diventata una specie di letamaio (condita dalle de-fecazioni cani con relativi padroni) e, della strada panoramica , attualmente un covo ideale per ratti e quant’altro, dove l’incu-ria è al massimo della sopportazione.Un comitato cittadino ha cercato per tal stra-da già da tempo di sensibilizzare il Sin-daco e sua giunta, chiedendo anche un pubblico dibattito, affinchè questo luogo potesse diventare l’autentico salotto pa-noramico della città,non per niente fu dato il nome alla via “Panoramica”, con firme, articoli di giornali etc. Tutto vano, infatti, il comitato letteralmente è stato ignorato, senza alcuna risposta in merito da parte del Sindaco.La gente ora si chiede qual’è il futuro e le prospettive riservate dall’attuale Ammini-strazione Comunale per il quartiere di S. Antonio nel cuore di Ostuni

Lettera firmata

AL DIRETTORE

LANUOVAPIAZZA 30

Caro Direttore,leggendo , sul vostro giornale, la proposta dei giovani democratici di installare una rete Wi-Fi per garantire il libero accesso ad internet nei punti strategici di Ostuni mi ero illuso che potesse diventare realtà in tempi brevi.Invece, in questi ultimi giorni, mi è capitato di leggere che la Provincia ha dato il via libera alla realizzazione di impianti di Wi-Fi in quattro piazze del Brindi-sino, e cioè a Brindisi (piazza Vittoria), a Mesagne (Villa Comunale), a Oria (piazza Lorch) e a Francavilla Fontana (piazza Umberto I). A questo punto mi piacerebbe sapere dai nostri amministratori provinciali o locali perché in questo progetto non è stata inclusa Ostuni?

Antonio

“Scrivi al direttore” “Write to the editor”

[email protected]

LETT

ERE

Caro direttore,

a proposito di turismo, ma in questa città c’è qualcuno che è a conoscenza della situazione in cui versano i dipendenti della Valtur - Lamaforca? È possibile che in questa città non si crei mai un dibattito su questioni così importanti?

Mino

Caro direttore,

ma è vero che il comune di Ostuni, con la sua giunta di centro-sinistra ha appro-vato la DAT (Dichiarazione Anticipata di Trattamento)? Ma noi inermi cittadini di questa bellissima e accogliente città quando ci renderanno partecipi di scelte così delicate?

Domenico

novembre 2011

Caro direttore,

seguo da anni l’Assi Basket Ostuni. Dai tempi della serie C nel famoso “pallone gonfiato”. In questi giorni sulle pagine fb degli appassionati gialloblu è montata una polemica riguardo alla reale situazione di difficoltà in cui versa l’Assi Basket. Ma per quale motivo il gruppo dirigente della società e il Sindaco, primo tifoso della squadra, non informano i tanti appassionati sulle reali condizioni in cui versa la squadra? E poi, per quale motivo continuiamo a giocare a Brindisi?

Leonardo

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