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La politica fiscale nell’Unione Economica e Monetaria

La politica fiscale nell’Unione Economica e Monetaria · un lungo dibattito teorico e politico, sono collocati nell’art. 109J del Trattato. Essi sono: 1. Raggiungimento di un

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La politica fiscale nell’Unione Economica e Monetaria

Il Trattato di Maastricht

•  11 dicembre 1991: 12 paesi membri della CEE adottano a Maastricht gli accordi sull’Unione politica, economica e monetaria, integrati in un unico testo costitutivo del Trattato sull’Unione Europea (TUE), comprendente 252 articoli, nuovi o risultanti dalle modifiche dei Trattati CEE, CECA ed EURATOM.

•  Con il Trattato di Maastricht i 12 paesi della vecchia CEE istituiscono una Unione Europea, che si sovrappone alle comunità esistenti (CEE, CECA ed EURATOM), e alle vecchie forme di cooperazione politica aggiunge il coordinamento in tema di politica estera e affari interni e giudiziari.

Il Trattato di Maastricht

•  Il Trattato vuole instaurare una vera e propria politica economica comune, fondata su: –  uno stretto coordinamento delle politiche

economiche nazionali dei paesi membri; –  sul mercato unico in cui realizzare

definitivamente le 4 libertà di movimento previste dai trattati originari (beni, servizi, persone e capitali)

–  su obiettivi macroeconomici comuni, nell’ambito di una completa libera concorrenza.

Il Trattato di Maastricht

•  Secondo il disegno del Trattato, la politica economica comune richiede e determina: –  Una politica monetaria e di cambio comune. –  L’instaurazione della moneta unica, l’ECU.

•  L’azione deve essere condotta nel rispetto di alcuni principi guida: –  Stabilità dei prezzi –  Risanamento delle finanze pubbliche –  Stabilità della bilancia dei pagamenti

Il Trattato di Maastricht

•  Questi principi hanno rilevanza costituzionale, e fanno sì che, per garantirne il rispetto, agli stati membri possano essere imposti vincoli alla conduzione delle politiche economiche.

•  In altri termini, viene definitivamente sancita la perdita di una rilevante porzione di sovranità nazionale sulla politica economica.

Il “governo” dell’economia europea •  Secondo il Trattato, la realizzazione dell’UEM sarà

sostenuta dalla presenza di un “governo dell’economia europea”, affidato al Consiglio dei Ministri, che: –  Fisserà ogni anno i grandi orientamenti di politica economica

dell’Unione. –  Sorveglierà l’evoluzione economica di ciascuno stato

membro, con particolare riguardo per l’andamento dei disavanzi pubblici, affinché non risultino eccessivi.

•  Per questi fini il Consiglio dei Ministri potrà servirsi di: –  Raccomandazioni. –  Sanzioni, nei casi più gravi di incoerenza con gli indirizzi

generali dell’Unione.

Il “governo” dell’economia europea

•  Di fatto si sanziona l’irreversibilità del processo di convergenza delle politiche economiche e una progressiva perdita della sovranità nazionale in questo campo.

•  Gli orientamenti generali di politica economica non possono più essere decisi a livello esclusivamente nazionale, e non possono mutare in base al colore delle maggioranze politiche.

•  Si accetta invece l’idea che la politica economica debba essere concepita nel rispetto di determinati vincoli di partenza.

Le tre fasi dell’UEM •  Conformemente con le prescrizioni del Rapporto Delors,

il Trattato di Maastricht prevede 3 tappe per la realizzazione dell’UEM.

•  Dal 1 luglio 1990, è previsto un periodo interlocutorio per la piena realizzazione del mercato comune, caratterizzato dallo sforzo di convergenza economica degli stati membri sottoposto ora a procedure di sorveglianza da parte delle istituzioni comunitarie.

•  Dal 1 gennaio 1994, si richiede agli stati membri di conseguire gli obiettivi di convergenza previsti per il passaggio alla terza fase che, secondo il Trattato, inizierà, secondo le circostanze, il 1 gennaio 1997 oppure 1999. Viene istituito l’Istituto Monetario Europeo, che prefigura alcune delle funzioni che, nella terza fase, saranno affidate alla Banca Centrale Europea.

Le tre fasi dell’UEM

•  A partire dalla terza fase, la politica monetaria dovrà essere gestita da una nuova istituzione comune, il Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), composto dalla Banca Centrale Europea, dotata di personalità giuridica, e dalle Banche centrali nazionali dei paesi membri.

•  In questa fase gli stati che parteciperanno all’Unione saranno obbligati a rispettare regole precise sulle politiche economiche, comprese quelle di bilancio, per assicurare la stabilità della moneta unica e l’omogeneità complessiva del sistema.

Il meccanismo di sorveglianza multilaterale •  Il Consiglio dei ministri dell’economia dell’UE

(ECOFIN) assume un ruolo centrale nel meccanismo di sorveglianza multilaterale. –  L’ECOFIN, a maggioranza qualificata, su raccomandazione

della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima per le politiche economiche degli stati membri. Corrispondentemente, il Consiglio Europeo adotta una raccomandazione che adotta tali indirizzi.

–  Sulla base delle relazioni presentati dalla Commissione, l’ECOFIN sorveglia l’evoluzione economica degli stati membri e la coerenza delle loro politiche economiche con gli indirizzi di massima.

–  In caso di “politiche non coerenti”, l’ECOFIN, deliberando a maggioranza qualificata, può rivolgere allo stato membro in questione le necessarie raccomandazioni, che può anche rendere pubbliche.

I criteri della convergenza

•  I criteri di convergenza, che sono tuttora al centro di un lungo dibattito teorico e politico, sono collocati nell’art. 109J del Trattato. Essi sono:

1.  Raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi. Questo risulterà da un tasso di inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.

2.  Sostenibilità della situazione della finanza pubblica; questa risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo la definizione di cui all'art.104C, paragrafo 6.

I criteri della convergenza

3. Rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema Monetario Europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei confronti della moneta di un qualsiasi altro Stato membro.

4. Livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro e della sua partecipazione al meccanismo di cambio dello SME.

I valori della convergenza •  I criteri hanno carattere qualitativo, e nelle intenzioni

avrebbero dovuto permettere un certo grado di discrezionalità. Tuttavia sono stati da subito molto controversi, anche dal punto di vista tecnico: 1. Disavanzo pubblico: si potrebbe considerare eccessivo un

disavanzo superiore alla media degli stati membri. 2. Inflazione: ci si deve chiedere quando un tasso di inflazione sia

sufficientemente prossimo a quello dei 3 paesi più virtuosi. 3. Il rispetto dei margini normali di fluttuazione per 2 anni può dar

luogo ad altre difficoltà, visto che fa sembrare l’UEM come uno sbocco dello SME nella sua fase ultima di quasi-fissità dei cambi.

4. Tassi di interesse: la loro convergenza dipende in pratica dalle altre condizioni, visto che risulterebbe quasi automaticamente dalla convergenza dei tassi di inflazione e dall’eliminazione del rischio di cambio.

I valori della convergenza

•  Il Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi stabilisce i valori di convergenza per deficit e debito pubblico:

1. Il rapporto tra disavanzo pubblico (previsto o effettivo) e PIL ai prezzi di mercato non deve superare il 3%.

2. Il rapporto tra debito pubblico e PIL ai prezzi di mercato non deve superare il 60%.

I valori della convergenza

•  Il Protocollo sui criteri di convergenza previsti dall’articolo 109J stabilisce i criteri monetari: 3. Il tasso medio di inflazione degli stati membri,

osservato per un anno prima dell’esame, non deve superare di più dell’1,5% quello dei 3 stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.

4. Il tasso di interesse nominale degli stati membri non deve eccedere di più del 2% quello dei 3 stati membri con i tassi di interesse più bassi.

L’importanza della disciplina fiscale

•  Vi è un’estesa letteratura che evidenzia i benefici della disciplina fiscale, nel breve, medio e lungo periodo.

•  Nel medio periodo, la disciplina fiscale permette di contribuire alla stabilità dei prezzi e ad aspettative di inflazione basse e stabili.

•  Secondo la Fiscal Theory of the Price Level (FTPL), se la politica fiscale non assicura la solvenza del settore pubblico per ogni livello dei prezzi, la politica monetaria perde il controllo sulla determinazione del livello dei prezzi: bilanci fuori controllo spingerebbero prima o poi i banchieri centrali a intervenire attraverso politiche monetarie espansive, in modo da monetizzare il debito pubblico e riportarlo sotto controllo per evitare una crisi finanziaria.

L’importanza della disciplina fiscale

•  La monetizzazione del debito è l’emissione di debito verso la Banca centrale, che determina un aumento della moneta in circolazione e (almeno nel lungo periodo) dell’inflazione: la Banca centrale compra il debito pubblico stampando nuova moneta (emettendo base monetaria) che affluisce nelle casse pubbliche e viene usata per pagare la spesa pubblica.

•  Perciò, per permettere alla politica monetaria di mantenere l’inflazione sotto controllo, la politica fiscale deve adattare l’avanzo primario nella misura necessaria a rispettare il vincolo di solvibilità per ogni livello dei tassi di interesse.

L’importanza della disciplina fiscale

•  Finanze pubbliche sotto controllo favoriscono anche un policy-mix appropriato alla crescita, poiché:

1. permettono di mantenere bassi i tassi d’interesse, con effetti positivi sugli investimenti privati.

2. Agevolando la stabilità e la comparabilità dei prezzi esse favoriscono una migliore allocazione delle risorse.

3. Evitando la formazione di uno stock troppo elevato di debito pubblico, o portando alla sua riduzione, la disciplina fiscale permette inoltre di mantenere basso o ridurre il pagamento degli interessi sul debito pubblico, e dunque facilita uno spostamento di risorse pubbliche a vantaggio di categorie di spese più produttive.

Flessibilità nell’interpretazione dei criteri •  I criteri relativi alla finanza pubblica sono tuttavia i più

controversi. Il Trattato ne prevede un’interpretazione flessibile. L’art. 104C prescrive che il disavanzo non possa superare un certo valore di riferimento, “a meno che”:

1. Il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicini al valore di riferimento.

2. Oppure, in alternativa, il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo, e il rapporto resti vicino al valore di riferimento.

•  Analogo elemento di elasticità viene introdotto sul rapporto debito/PIL. Questo non deve superare il valore di riferimento, a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con un ritmo adeguato.

La convergenza difficile

•  Tra la fine del ‘95 e l’inizio del ‘96 si riapre la discussione sulla capacità dei singoli paesi di soddisfare i criteri previsti dal trattato. Le prospettive dell’economia reale cambiano, e la ripresa si rivela più bassa del previsto. Anche in Germania la crescita rallenta.

•  2 conseguenze: –  1. Forte aumento della disoccupazione. –  2. Aumento del rapporto deficit/PIL in tutti i paesi

europei. •  Perfino la Germania rischia di non rispettare il

criterio di convergenza.

Le difficoltà dell’Italia

•  Nel 1995, l’Italia è lontana dal soddisfare tutti i criteri di convergenza.

•  Alla fine del 1995, il tasso di inflazione è di circa il 5,6%, il triplo della media dei 3 paesi più virtuosi.

•  Alla fine del 1992, l’Italia era uscita dallo SME, e quindi neanche il criterio del cambio era soddisfatto.

•  La situazione della finanza pubblica è peggiore. Alla fine del 1995, il rapporto deficit/PIL è al 7,4%, e il rapporto debito/PIL supera il 120%.

•  Le preoccupazioni sono aggravate dal fatto che le politiche restrittive hanno peggiorato notevolmente la distribuzione del reddito, riducendo la quota dei salari sul reddito nazionale di oltre 4 punti percentuali.

Il Patto di Stabilità e Crescita •  Il dibattito riguarda anche quelli che saranno i criteri che

gli stati membri dovranno soddisfare per rimanere nell’UEM, dopo esserci entrati.

•  Nel Consiglio Europeo di Dublino del dicembre 1996 il ministro delle finanze tedesco Theo Waigel propone di adottare un Patto di Stabilità.

•  Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) viene introdotto formalmente con una risoluzione del Consiglio Europeo di Amsterdam del giugno 1997 e due regolamenti, “sul rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche” (1466/97) e “sull’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi” (1467/97).

Il Patto di Stabilità e Crescita

•  Il PSC prevede una doppia strategia: 1. Identificazione preventiva degli eccessi di politica

fiscale 2. Fissazione di misure correttive per i disavanzi definiti

eccessivi. •  Obiettivo del PSC è permettere le fluttuazioni

cicliche del bilancio pubblico, tenendo il disavanzo strutturale a un livello prestabilito o sotto di esso.

•  I paesi membri devono quindi fissare obiettivi di bilancio di medio periodo per ottenere un saldo “prossimo al pareggio o positivo”.

Il Patto di Stabilità e Crescita

•  I due principi teorici su cui si basa il PSC sono:

1. I paesi membri devono attuare politiche di tax smoothing, cioè tenere costanti le aliquote indipendentemente dalla fase del ciclo, per ridurre l’effetto distorsivo del prelievo fiscale.

2. La politica fiscale deve in generale essere basata sugli stabilizzatori automatici e non sull’azione discrezionale dei governi.

Elementi costitutivi del PSC

•  Gli elementi costitutivi del Patto di Stabilità e Crescita sono:

1. Definizione delle condizioni di eccezionalità e temporaneità delle fluttuazioni del deficit.

2. Definizione temporale della procedura per i disavanzi eccessivi.

3. Specificazione delle eventuali sanzioni a carico dei paesi che dovessero avere disavanzi eccessivi senza che ci siano le condizioni di eccezionalità e transitorietà.

Condizioni di eccezionalità e transitorietà nel PSC •  Il superamento del valore di riferimento per il disavanzo

pubblico è considerato eccezionale e temporaneo qualora sia determinato da un evento inconsueto non soggetto al controllo dello stato membro interessato, e che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione,

•  oppure nel caso sia determinato da una grave recessione economica.

•  Il superamento del valore di riferimento provocato da una grave recessione è eccezionale solo se sussiste un declino annuo del PIL in termini reali di almeno il 2%.

•  Nello stabilire l’esistenza di queste condizioni, il Consiglio tiene conto delle osservazioni formulate dallo stato membro per dimostrare che il declino annuo del PIL è a sua volta dovuto a eventi eccezionali (esogeni).

La procedura prevista dal PSC

•  Ogni anno gli stati membri devono presentare un programma di stabilità, che deve contenere: 1. Un obiettivo di bilancio per il medio termine (in

pareggio o in surplus) 2. Il sentiero di aggiustamento per conseguire questo

obiettivo. •  Il Consiglio, a maggioranza qualificata e sentito il parere

della Commissione, approva il programma o chiede di modificarlo, e vigila sulla sua attuazione, con il potere di emettere delle raccomandazioni in proposito.

La procedura prevista dal PSC

•  Due volte l’anno (entro il 1 marzo e il 1 settembre) i paesi membri sottopongono alla Commissione i dati del bilancio pubblico.

•  La Commissione stila un rapporto e, sulla base di esso, il Consiglio, a maggioranza qualificata, decide sull’esistenza o meno di un disavanzo eccessivo, ed emette una raccomandazione sulle misure da prendere.

•  Se la raccomandazione non viene seguita entro 4 mesi, il paese viene invitato a prendere misure concrete.

•  Se queste sono disattese, dopo due mesi vengono comminate delle sanzioni, sotto forma di depositi infruttiferi.

I depositi infruttiferi •  L’ammontare del deposito è costituito da:

–  un elemento fisso, pari allo 0,2 % del PIL e –  un elemento variabile pari ad un decimo della differenza

tra il disavanzo espresso in percentuale del PIL nell’anno precedente ed il 3%.

•  Tale deposito non può comunque superare lo 0,5% del PIL. •  Pur se questa forma di sanzione è considerata dannosa,

soprattutto se applicata in periodi di bassa crescita, va considerato che nei primi due anni, quando la sola sanzione comminata è un deposito, il suo costo è principalmente reputazionale: il costo finanziario è infatti rappresentato solo dal servizio del debito emesso per finanziare il deposito (il deposito viene poi restituito).

L’Euro •  Il 1 gennaio 1999, 11 degli allora 15 stati membri

dell’Unione Europea adottano l’Euro come valuta comune.

•  A questi si aggiunge la Grecia, che rientra nei parametri economici richiesti nel 2000, e viene ammessa nell'eurozona il 1 gennaio 2001.

•  In questi primi dodici stati l'euro entra ufficialmente in circolazione il 1 gennaio 2002 sotto forma di monete e banconote.

•  Nel 2006 un tredicesimo stato, la Slovenia, entrata nell'Unione nel 2004, dimostra di rispettare i criteri di convergenza e viene ammessa nella zona euro il 1 gennaio 2007.

•  Nel 2007, Malta e Cipro raggiungono il rispetto dei criteri di convergenza e vengono ammessi nella zona euro. L'introduzione della divisa comune nelle due isole mediterranee è avvenuta il 1 gennaio 2008.

•  Il 1 gennaio del 2009 è entrata la Slovacchia. •  Il 1 gennaio del 2011 l’Estonia.

Eurolandia

L’Eurosistema

•  Con una moneta unica, ci può essere: –  un unico tasso di interesse; –  un unico tasso di cambio verso il resto del mondo; –  un’unica politica monetaria.

•  Normalmente ciò implicherebbe una sola Banca centrale ma, come sappiamo, non è questo il caso dell’Eurosistema.

•  Ogni paese membro è entrato nell’UEM avendo già una propria Banca centrale, ultima traccia della perduta sovranità monetaria.

•  Il Trattato di Maastricht non prevede infatti la fusione delle banche centrali nazionali in una sola istituzione (anche per la paura di licenziare migliaia di dipendenti).

Il fiscal compact •  Nella primavera 2010 la Germania spinge gli altri stati

membri ad inasprire le regole sul raggiungimento del pareggio di bilancio.

•  Alla fine del 2010 sono avanzate proposte emendative del Patto di stabilità e crescita volte al rafforzamento del coordinamento delle politiche fiscali.

•  Nel febbraio 2011 la Germania e la Francia propongono il “Patto di competitività”, volto a rafforzare il coordinamento economico nella zona euro; tale proposta è stata approvata anche dalla Spagna.

•  Il cancelliere tedesco Angela Merkel, diversi ministri delle finanze europei ed il presidente della Banca centrale europea cominciano a sostenere l'idea di un'unione fiscale.

Il fiscal compact •  Nel marzo 2011 viene proposta una nuova riforma del

Patto di stabilità e crescita, volta a rendere automatiche le sanzioni per chi viola i parametri riguardanti il 3% nel rapporto deficit/PIL e il 60% nel rapporto debito/PIL. È il famigerato Fiscal compact.

•  Angela Merkel insiste affinché la Commissione europea e la Corte di giustizia dell'Unione europea (organi non rappresentativi) svolgano un ruolo importante di garanzia nel controllare il rispetto degli obblighi da parte dei paesi.

•  il 30 gennaio 2012 il Consiglio europeo, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, approva il nuovo patto fiscale.

Il fiscal compact •  Il Fiscal Compact (Treaty on Stability, Coordination and

Governance in the Economic and Monetary Union; noto anche come Fiscal Stability Treaty) è un trattato internazionale che sostituisce – con termini più restrittivi – il Patto di Stabilità e Crescita, firmato il 2 marzo 2012 da tutti gli stati membri dell’UE tranne Repubblica Ceca e Regno Unito.

•  Ogni paese, dopo la ratifica del trattato, ha avuto tempo fino al 1º gennaio 2014 per introdurre la regola che impone il pareggio di bilancio nella legislazione nazionale (non è detto che ciò debba avvenire a livello costituzionale).

•  Solo i paesi che avranno introdotto tale regola entro il 1º marzo 2014 potranno ottenere eventuali prestiti da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità. L'obiettivo, dopo l'entrata in vigore, è quello di incorporare entro cinque anni il nuovo trattato nella vigente legislazione europea.

Il fiscal compact

•  Il testo del trattato si trova sul sito della Commissione: http://www.european-council.europa.eu/media/639226/10_-_tscg.it.12.pdf

Il fiscal compact •  L'impegno ad avere un deficit pubblico “strutturale” (cioè “corretto” per il ciclo economico) che non deve superare lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito pubblico è inferiore al 60% del PIL, l'1%.

•  Questo significa che le uscite dello Stato possono essere ogni anno superiori alle entrate al massimo dello 0,5 per cento del PIL, comprese le spese per gli interessi sul debito pubblico.

•  La parola “strutturale”, però, introduce complicati meccanismi statistici che aggiustano il calcolo a seconda del ciclo economico.

•  Se ci si trova in una fase di difficoltà dell’economia, infatti, le entrate del sistema fiscale si abbassano e le uscite si alzano, per esempio per maggiori spese per i sussidi di disoccupazione.

•  I calcoli statistici dovrebbero riuscire a tener conto di questo contesto, ed è quindi possibile che un paese che in termini assoluti ha un deficit del 2 per cento del PIL abbia un deficit “strutturale” inferiore allo 0,5 per cento stabilito dal trattato.

Il fiscal compact •  L'obbligo per i Paesi con un debito pubblico

superiore al 60% del PIL, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualità (20 anni di austerità).

•  L’obbligo per ogni stato di garantire correzioni automatiche con scadenze determinate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati.

•  L'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale, che verrà verificato dalla Corte europea di giustizia.

•  L’obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del PIL, come previsto dal Patto di stabilità e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche.

•  L'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 17 leader dei paesi che adottano l'euro.

L’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione

•  Il testo, scritto dal governo Berlusconi promuove a principio costituzionale un approccio di politica economica estremamente liberista ed estremamente orientato sul piano ideologico, secondo cui la spesa pubblica in deficit, cioè non interamente finanziata dalla tassazione, è intrinsecamente sbagliata.

•  Cenni al contesto in cui nasce tale proposta di importanza capitale: le accuse di prostituzione minorile!

•  In pratica non sarà più possibile emettere titoli del debito pubblico per finanziare la spesa, a meno che non ricorrano determinate condizioni.

•  Diversi analisti hanno osservato che sarà comunque facile per le forze politiche accordarsi per aggirare il nuovo testo costituzionale, e che questo ridurrà ulteriormente la trasparenza dei conti pubblici (si veda per esempio il contributo di Tito Boeri e Fausto Panunzi su La Voce).

•  Ma non è questo il punto. Di fatto, la nuova formulazione della Costituzione implica il rifiuto dell’idea che lo stato sociale sia una istituzione fondamentale del nostro sistema economico e sociale.

•  È praticamente impossibile istituire uno schema pubblico di protezione sociale in pareggio di bilancio.

•  È vero che in Italia tali schemi esistono già e non dobbiamo certo cominciare da zero. Ma il nostro stato sociale versa da almeno due decenni in una profonda crisi e necessita di riforme strutturali per poter garantire con efficienza un livello accettabile di servizi essenziali quali la sanità e l’assistenza.

•  Tali riforme costano e, considerando la situazione di forte stress fiscale cui è già sottoposto il nostro paese, non sarà facile finanziarle con la tassazione. Adesso, con l’approvazione della riforma, non si potrà più ricorrere nemmeno al debito pubblico per il finanziamento.

L’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione

L’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione •  Uno degli aspetti più controversi della trasformazione

istituzionale in corso è la totale assenza di dibattito politico su queste misure.

•  Il Parlamento si è espresso in modo quasi unanime sull’approvazione della riforma costituzionale, e le forze parlamentari hanno tradito una sostanziale ignoranza della sostanza profonda della riforma che si stava approvando.

•  Ciò è tanto più grave se si considera che il Parlamento allora in carica aveva seri problemi di rappresentatività democratica, ma poteva prendere provvedimenti di importanza capitale grazie a una maggioranza estesissima dovuta alla “alleanza” programmatica tra Pd e Pdl.

•  Ciò ha consentito di approvare il testo da parte dei due terzi del Parlamento, soglia che implica l’impossibilità di sottoporre la riforma a referendum popolare.

Fiscal Compact e riduzione del debito •  Il paese è obbligato quindi, nei prossimi vent’anni, a portare il

suo debito pubblico dal 132% al 60% del PIL. Si tratta di circa 45 miliardi di risparmi l’anno, miliardo più, miliardo meno, a seconda dell’andamento del ciclo economico.

•  E, si noti, poiché il PIL durante una recessione scende, il rapporto debito/PIL sale. Pertanto il nuovo accordo si configura come una manovra che aggraverà gli effetti di una fase discendente del ciclo.

•  Per avere una dimensione di paragone, la spending review di cui tanto si parla incide per appena 29 miliardi in tre anni, meno di 10 miliardi l’anno.

•  Nonostante l’avanzo primario sia stato costantemente positivo fino al 2009, il debito si è ridotto di 20 punti in quattordici anni, dal picco del 1995 fino 2008.

•  Ora si richiede di ridurlo di 66 punti in 20 anni.

Debito pubblico in % del Pil

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debito/Pil Obiettivo Patto Stabilità e Crescita

Fiscal Compact e riduzione del debito

•  La diminuzione del debito pubblico sulla base di una crescente sottrazione di risorse può avere un effetto ancor più traumatico.

•  Quando il debito pubblico scende perché diminuisce la spesa pubblica, infatti, è molto probabile che il debuto privato salga. Il motivo è che l’austerità costringe imprese e famiglie ad indebitarsi, spesso anche solo per mantenersi.

•  E cosa succede quando il debito privato cresce? •  La Spagna e l’Irlanda ci dicono molto sugli effetti

perversi di questa politica e di come in un paio d’anni si può far schizzare nuovamente su il debito pubblico anche di 70 punti.

Il fiscal compact •  I premi Nobel per l'economia Kenneth Arrow, Peter Diamond,

William Sharpe, Eric Maskin e Robert Solow, in un appello rivolto al presidente Obama, hanno affermato che «Inserire nella costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida.

•  Aggiungere ulteriori restrizioni, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose»; soprattutto «avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nell'attuale fase dell'economia, continuano, «è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa economica già di per sé debole».

•  Anche Paul Krugman, il quale ritiene che l'inserimento in costituzione del vincolo di pareggio del bilancio, possa portare alla dissoluzione dello stato sociale.

•  Consiglio di lettura: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/04/11/pareggio-di-bilancio-e-declino-del-welfare-dove-la-sinistra/

European Stability Mechanism

•  European Stability Mechanism (ESM): è il cosiddetto “fondo salva-stati”, che sarà utilizzato per prestare fino a un totale di 500 miliardi di euro ai paesi dell’eurozona che ne faranno richiesta. Con l’ESM l’Europa si dota per la prima volta di uno strumento permanente per aiutare gli stati membri in difficoltà finanziaria.

•  Il capitale di cui sarà dotato l’ESM sarà in parte versato dal fondo provvisorio che operava in precedenza (EFSF l’European Financial Stability Facility) e in parte dagli stati che hanno aderito all’ESM (cioè tutti i 17 paesi dell’eurozona). In tutto, entro il 2014, il fondo avrà in cassa 80 miliardi di euro. Altri 620 miliardi saranno “garantiti”: i vari paesi aderenti si impegnano a tirarli fuori nel caso ce ne fosse bisogno.

European Stability Mechanism

•  Il fondo ha il compito di fornire assistenza finanziaria a un paese membro della zona euro, che abbia difficoltà ad accedere ai mercati finanziari a costi sostenibili, a causa di una situazione di finanza pubblica già compromessa: l’eccessivo costo del finanziamento sul mercato potrebbe fare precipitare quel paese nell’insolvenza, minacciando la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso.

•  La finalità dell’intervento dovrebbe essere quella di ripristinare al più presto la capacità del governo di accedere al mercato a costi ragionevoli.

•  Con questo totale di 700 miliardi, tra soldi versati e garanzie, l’ESM potrà emettere obbligazioni o altri strumenti finanziari per raccogliere sul mercato circa 500 miliardi di euro. Non di più, perché 200 miliardi dovranno restare liberi: una specie di riserva di emergenza, per garantire che quei 500 miliardi di obbligazioni godano di un rating tripla A.

European Stability Mechanism •  Denaro e garanzie saranno versati dai vari paesi

dell’Eurozona in proporzione alla loro partecipazione al capitale della BCE. La Germania sarà il primo contributore e verserà 21 miliardi garantendone altri 190. La Francia sarà il secondo, con 20 miliardi versati e 142 garantiti e l’Italia sarà il terzo con 17 miliardi versati e 125 garantiti.

•  In base a queste quote sarà ripartito anche il diritto di voto negli organismi di governo del fondo. Il principale si chiamerà Consiglio dei governatori e ne faranno parte tutti i ministri delle Finanze dei 17 paesi aderenti. Ognuno di loro voterà in base alla percentuale del capitale del fondo versata dal suo paese.

•  Il Consiglio eleggerà un Consiglio di amministrazione e un direttore generale, che si occuperanno della gestione giorno per giorno delle attività del fondo, mentre il governatore della BCE e il Commissario agli affari economici dell’Unione Europea saranno osservatori senza diritto di voto.

European Stability Mechanism

•  I prestiti dell’ESM saranno concessi a stati che si troveranno in difficoltà nel pagare i loro conti oppure con un sistema bancario che potrebbe entrare in crisi se non venisse sostenuto.

•  Il prestito sarà concesso soltanto se lo stato sottoscriverà un Memorandum of Understanding, cioè un impegno ad adottare una serie di misure economiche per risolvere i suoi problemi di bilancio.

•  Per ottenere l’aiuto dell’ESM lo stato dovrà anche aver sottoscritto il trattato del Fiscal compact.

•  I contenuti del memorandum saranno decisi dalla direzione dell’ESM.

Limiti dello European Stability Mechanism

•  Le risorse a disposizione sono limitate, per quanto ampie possano sembrare.

•  La loro governance è politica: le decisioni sono prese da un Consiglio dove siedono i ministri economici degli stati membri.

•  Le decisioni sono prese all’unanimità; anche nel caso in cui si adotti la cosiddetta “procedura veloce”, che permette di prendere una decisione a maggioranza qualificata (85 per cento del capitale), tre paesi mantengono il potere di veto: Germania, Francia e Italia (che hanno quote di capitale superiori al 15 per cento).

•  La concessione della assistenza finanziaria avverrà solo su richiesta del governo interessato e dopo la firma di un Memorandum of Understanding, che contiene le condizioni per l’erogazione del prestito.

Limiti dello European Stability Mechanism

•  Quest’ultimo punto è particolarmente delicato. Nel vertice di fine giugno i governi europei avevano trovato un accordo politico sul fatto che il Memorandum NON dovrebbe contenere condizioni aggiuntive rispetto a quanto già previsto dagli altri strumenti di controllo europeo sui conti pubblici dei singoli paesi: fiscal compact, procedure per disavanzo eccessivo (PSC).

•  Tuttavia, lo stesso fatto di dovere arrivare alla firma di un Memorandum apre la strada a una trattativa tra il governo interessato e gli altri, con la mediazione della Commissione UE. In questa trattativa è probabile che si faccia pressione sul governo interessato perché adotti misure ulteriori, rispetto a quelle già previste, per accedere all’assistenza del fondo.

Limiti dello European Stability Mechanism •  Questo è ciò che sta accadendo nel caso della Spagna: da quando

si è profilata la necessità di ricorrere allo Esm, è iniziata una trattativa serrata tra governo spagnolo e Commissione sulle misure di finanza pubblica da adottare; l’esito di questa trattativa verrà poi formalizzato nel Memorandum of Understanding.

•  Non solo, ma il suo rispetto verrà poi verificato dalla Commissione e dalla Bce. Non è un caso se il governo spagnolo si mostra assai riluttante all’idea di chiedere l’assistenza dello Esm (se non per il settore bancario, per il quale ha già firmato un apposito Memorandum).

•  Il governo italiano, dal canto suo, non perde occasione per dichiarare che l’Italia non ha alcun bisogno di chiedere l’assistenza del Fondo.

•  L’impressione che si ha, tenendo conto anche del ruolo che sta giocando la Francia, è che ciascun paese speri che sia un altro governo a richiedere l’assistenza del Fondo, confidando così di ottenere un effetto benefico sul costo del suo debito – grazie alla stabilizzazione dei mercati finanziari – ma senza pagare il costo politico della richiesta di assistenza.

Limiti dello European Stability Mechanism •  L’eventuale richiesta di assistenza allo Esm potrebbe essere

una buona notizia, per il paese interessato e per i mercati finanziari, solo per una ragione. Potrebbe aprire la strada all’intervento della Bce sul mercato del debito pubblico di quel paese.

•  La svolta avvenuta durante l’estate ha introdotto nel panorama europeo il solo “scudo anti-spread” che sia veramente in grado di funzionare: l’acquisto, potenzialmente illimitato, di titoli pubblici da parte della banca centrale.

•  Questa è l’unica istituzione dotata della capacità finanziaria e dei processi decisionali in grado di esercitare una efficace stabilizzazione dei tassi d’interesse, evitando gli ampi divari tra un paese e l’altro. Non a caso il semplice annuncio della svolta nella strategia della Bce ha determinato una netta riduzione degli spread: quello italiano è calato di circa 150 punti base dalla fine di luglio a ottobre 2012.

Riepilogo

•  Trattato di Maastricht •  Unione Economica e Monetaria •  Criteri di convergenza •  Importanza della disciplina fiscale •  Patto di Stabilità e Crescita •  Fiscal Compact •  European Stability Mechanism •  Limiti della governance europea

Possibili domande d’esame

•  Si descrivano accuratamente i criteri e i valori della convergenza previsti dal Trattato di Maastricht

•  Si descrivano dettagliatamente gli elementi costitutivi del Patto di Stabilità e Crescita (Condizioni di eccezionalità e temporaneità delle fluttuazioni del deficit, e procedura per i disavanzi eccessivi)

•  Si descrivano dettagliatamente gli elementi costitutivi del Fiscal Compact, con particolare riferimento al caso del debito italiano.

•  Si discutano brevemente i problemi legati all’implementazione del Fiscal Compact, con particolare riferimento all’attuale congiuntura recessiva.