La Rappresentazione Dello Spazio

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  • 7/28/2019 La Rappresentazione Dello Spazio

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    da La rappresentazionedello spaziodi Luciano Bellosi

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    Edizione di riferimento:in Storia dellarte italiana , I. Materiali e problemi,4. Ricerche spaziali e tecnologiche, a cura di Giovan-ni Previtali, Einaudi, Torino 1979

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    Indice

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    6. La prospettiva quattrocentesca: una regolaper la rappresentazione dello spazio e ilrecupero totale della realt terrena

    7. La diffusione della visione prospettica

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    6. La prospettiva quattrocentesca: una regola per larappresentazione dello spazio e il recupero totale dellarealt terrena.

    La nuova visione artistica diffusa da Piero della Fran-cesca e da Donatello era quella elaborata a Firenze trail secondo e il terzo decennio del Quattrocento, in unaopposizione alla cultura artistica circostante molto pinetta di quanto non fosse la pittura di Jan van Eyck, cheper numerosi aspetti si richiamava al gotico internazio-nale e alla pittura del Trecento. I punti di riferimentoper i novatori fiorentini sono, semmai, lantichit clas-sica e Giotto. Si torna a porsi, infatti, il quesito giotte-sco di trasferire su una superficie a due dimensioni unarealt a tre dimensioni e se ne trova una soluzione nonpi empirica, ma ormai perfettamente scientifica, con lascoperta delle regole matematiche della costruzione pro-

    spettica1

    . noto che tutto ci si deve allingegno diFilippo Brunelleschi: difficile dire quale ne sia stato lin-centivo in un artista che aveva esordito come orafo nelconcorso del 1401 per una delle porte del Battistero conun rilievo in cui lara delSacrificio di Isacco era ancoracostruita con le facce perpendicolari che recedevanoverso la profondit divergendo invece che convergendo.La sua genialit si sviluppa per gradi, ma con una dispo-nibilit mentale del tutto eccezionale. Il suo rilievo per

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    il concorso e il suoCrocifisso di Santa Maria Novellasono difficilmente classificabili entro coordinate stili-

    stiche e nemmeno sembrano particolarmente ispirateallantico, tanto vi prevale una ricerca di autenticite di aderenza oggettiva alla storia che rappresentano; inquesta propensione a basarsi pi sulla verit offerta dallanatura, o comunque sui dati oggettivi, che su una coe-renza di stile da collocare anche lesigenza di une-sperienza diretta sul reale quale ci dato cogliere nelBrunelleschi che si accinge a ricomporre vedute cittadi-ne su di una tavoletta messa ad argento, da usare forsecome uno specchio2. Questo evento eminentemente cit-tadinesco della scoperta delle leggi prospettiche si forse prodotto innanzitutto di fronte alla veduta di unavia. Le vie, pi ancora che le piazze, caratterizzanoancora oggi la citt di Firenze. Su due quinte si allinea-no caseggiati di diversa altezza e quindi con le finestre,i cornicioni e le tettoie disposti su livelli continuamen-te diversificati; ma proprio questa diversit rende pievidente una costante: che tutte quelle linee sembranoproiettarsi in profondit dirigendosi verso uno stessopunto. Vedere nellesperienza visiva di una via cittadi-na uno dei punti chiave della elaborazione delle leggiprospettiche da parte del Brunelleschi sar forse unil-lazione a posteriori, ma la rendono plausibile alcunedelle prospettive messe in opera da Masaccio nella Cap-pella Brancacci o da Domenico Veneziano nella predel-

    la della pala di Santa Lucia dei Magnoli. Naturalmentenon si potranno dimenticare gli incentivi di fonte uma-nistica e quindi le letture degli antichi e lesperienza dimisuratore delle architetture classiche, tra le quali,secondo le credenze di allora, andava annoverato lo stes-so Battistero fiorentino.

    Del Battistero fiorentino il Brunelleschi aveva dipin-to una veduta prospettica, che Antonio Manetti3 ci testi-monia di aver visto coi propri occhi, cos come una

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    veduta di piazza della Signoria. Ma se queste due tavo-lette erano tutto ci che rimaneva nella seconda met del

    Quattrocento degli esperimenti prospettici brunelle-schiani, ci non toglie che essi iniziarono probabilmen-te molto prima di arrivare a questi complessi risultati,coinvolgendo anche il giovane Donatello. La consorte-ria di questultimo col Brunelleschi in rapporto con espe-rimenti nel campo della scultura documentata dai paga-menti fatti ad ambedue nel 1415 per un modello inmarmo ricoperto di piombo dorato per una scultura daporsi sugli sproni dellabside del Duomo di Firenze4.Probabilmente anche la rinascita di una tecnica anticacome quella della scultura in terracotta, scomparsadurante il Medioevo, si deve alle stesse sperimentazio-ni, dal momento che poco tempo prima, nel 1411, Dona-tello aveva eseguito per gli stessi sproni una grande figu-ra in terracotta5. Fatto sta che il rilievo che fa da pre-della alSan Giorgio eseguito da Donatello per uno deiTabernacoli di Orsanmichele intorno al 1416 diretta-mente implicato nella ricerca prospettica brunelleschia-na e forse ne documenta una fase. Fortemente centra-lizzato, con la tana rocciosa del drago che fa da quintairregolare sulla sinistra e una costruzione sulla destra conloggiato e pavimento a mattonelle quadrate le cui lineedi fuga convergono verso un centro collocato sul dorsodel cavaliere. esso pu chiamarsi la prima costruzionescientificamente prospettica dopo lantichit. Lobie-

    zione in contrario, basata sul fatto che le linee di fuganon concorrono in modo del tutto esatto verso il puntocentrico, pu venire solo da storici dellarte dellera ato-mica. Nemmeno i rilievi dellaltare del santo a Padovarisultano del tutto soddisfacenti a questo riguardo, eppu-re rappresentano uno dei punti nodali nella storia delladiffusione della visione prospettica in Italia. Daltraparte, baster confrontare il rilievo di Orsanmichelecon la produzione fiorentina contemporanea sia nel

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    campo della scultura che della pittura per rendersi contodellassoluta novit che esso rappresenta in ordine al

    problema della rappresentazione dello spazio. In questosenso va considerato, daltra parte, che nella predella diOrsanmichele la stessa concezione del rilievo si modi-ficata a tal punto da farlo diventare quasi una superfi-cie piana. Questa tecnica, nota come stiacciato, cheforse ha trovato lo spunto nelle parti marginali dei rilie-vi ghibertiani per la Porta Nord del Battistero6, usatada Donatello proprio in rapporto alla necessit dellacostruzione prospettica, che aveva bisogno di una super-ficie piana per la sua realizzazione. Donatello pu cosdare limpressione di uno spazio molto pi ampio rispet-to a quello reale7: uno spazio nel quale entra una lonta-na fila di colline alberate e il cielo su cui passano le nubi. questo un altro punto che pone il rilievo donatellianodi Orsanmichele in rapporto con gli esperimenti pro-spettici del Brunelleschi; il Manetti dice, infatti, chenella tavoletta con la veduta del Battistero: ... perquanto saveva a dimostrare di cielo, cio che le mura-glie del dipinto stanpassono nella aria, messo darientobrunito, acci che laria e cielj naturalj vi si specchias-sono drento e cos e nugolj, che si vegono in quelloariento essere menati dal vento, quande trae8.

    Durante tutto il Trecento qualsiasi sperimentazionespaziosa aveva avuto come limite simbolico il fondodoro nei dipinti su tavola e il corrispondente fondo blu

    negli affreschi; anche la pi rigorosa costruzione di spaziera sempre ribaltata contro questo invalicabile limitetrascendentale (unica eccezione, estremamente signifi-cativa, il cielo oltre le finestre dei finti coretti diGiotto a Padova). Con la prospettiva si riconquistatotalmente lo spazio naturale e mondano, privo di qua-lunque limite trascendentale e la ricomparsa del cieloatmosferico ne uno dei segni caratterizzanti. Il fattoche in pittura esso ricompaia per la prima volta nella pre-

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    della dell Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano del1423 e non nel campo maggiore della tavola anches-

    so in qualche rapporto col rilievo delSan Giorgio cheuccide il drago di Donatello, che era appunto una pre-della. probabile infatti che non sia una conseguenzadelle intenzioni naturalistiche di tipo tardo-gotico delpittore fabrianese, ma dei contatti con lambiente fio-rentino, dove questi esperimenti avevano gi avutoluogo. In effetti, nei pannelli decorativi del polittico diValle Romita, ora a Brera, o nella predella con laLapi-dazione di santo Stefano della Gemldegalerie di Vienna,Gentile da Fabriano aveva usato loro come fondo perle sue narrazioni. Invece, nellambiente fiorentino etoscano del terzo decennio del Quattrocento la predel-la ha sistematicamente il fondo azzurro del cielo atmo-sferico, anche in artisti non di primo livello quali Gio-vanni Toscani (si veda il suo pannello nella Galleria del-lAccademia di Firenze conSan Francesco che riceve le

    stimmate e un Miracolo di san Nicola, parte della predel-la di un polittico quasi certamente risalente agli anni1424-25)9. Masaccio, nato nel 1401, poteva avere ini-ziato la sua attivit fin dal 1420 circa; i pannelli dellapredella del suo polittico pisano dei carmelitani del1426, oggi a Berlino, hanno tutti il cielo con le nubi.

    A queste date, la nuova visione naturale e prospetti-ca aveva gi oltrepassato anche se di poco le muradi Firenze. Tra il 1423 e il 1426, infatti, il Sassetta esor-

    disce a Siena col polittico dellArte della Lana; nella pre-della, le storie si svolgono in spazi naturali campiti dalcielo atmosferico e segnati da vani puntigliosamenteprospettici.

    Gli affreschi di Masaccio nella Cappella Brancacci alCarmine hanno tutti il cielo atmosferico, anche quellieseguiti in collaborazione con Masolino. La loro rigoro-sa costruzione prospettica raggiunge lapice nelle duestorie diSan Pietro che guarisce con la propria ombra e lE-

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    lemosina di san Pietro, ambedue nel registro inferiore ailati dellaltare. Queste scene memorabili, ambientate

    per vie fiorentine forse perfino riconoscibili, sono uni-ficate dal punto di fuga in comune che si colloca nel cen-tro della parete di fondo, al di fuori delle superfici su cuisono dipinte10.

    Ovviamente, la costruzione prospettica pi rigoro-sa e sistematica messa in opera da Masaccio nellaf-fresco conLa Trinit in Santa Maria Novella. In essosi attua uninterpretazione estremamente mondana enaturale di un argomento cos trascendente, i cui pre-cedenti iconografici sono nelle numerose versionitardo-gotiche del cosiddettoTronum Gratiae. Limpe-gno prospettico e la cultura anticheggiante messi inopera nella impaginatura architettonica di questo affre-sco gli conferiscono un aspetto pi intellettualistico diquanto non ci si sarebbe aspettato dalle altre opere delpittore e in questo senso va considerata lipotesi avan-zata da pi parti di una collaborazione del Brunelle-schi11. Lopera e certo una sorta di manifesto della pit-tura prospettica a venire, probabile punto di riferi-mento per Leon Battista Alberti e per il suo trattatoDella Pittura del 1436, dedicato guarda caso alBrunelleschi. Perfettamente razionale in tutte le sueparti,La Trinit di Santa Maria Novella costruita col-locando la linea dellorizzonte allo stesso livello del-locchio dellosservatore e cio in corrispondenza del

    piano della mensa del finto altare, cosicch il vano incui le figure hanno il loro spazio visto dal sotto in su.Lillusionismo spaziale si attua cos perfettamente, giu-stificando lentusiasmo del Vasari (pare che sia buca-to quel muro)12. Limpressione sui contemporanei,abituati a dipinti che al meglio potevano essere quellidi Lorenzo Monaco, doveva essere enorme e quasi dis-sacrante doveva apparire la terrenit delle figure sacre,abitanti nello stesso spazio e figurate con gli stessi

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    corpi e le stesse dimensioni dei due committenti rico-noscibilissimi.

    Perfettamente organica, la visione artistica di Masac-cio riguarda unumanit del tutto terrena. La bruttez-za fisica dei volti, impietosamente segnati da occhiaievistose, da rughe profonde, deformati dallurgenza didarne una definizione tridimensionale attraverso lo scor-ciare degli occhi, ribaltata in eroica fierezza dalla gra-vit dei gesti, dallintensa concentrazione degli sguardi,dalla fatalit degli atteggiamenti, dalle solenni cadenzedei panni. In confronto a una visione cos severa e senzaconcessioni, la generazione successiva elabora una con-cezione della pittura pi serena, luminosa e colorata, chetrova uno dei suoi momenti paradigmatici nella pala diSanta Lucia dei Magnoli di Domenico Veneziano, oggiagli Uffizi.

    Fra il 1430 e il 1440, mentre fuori Firenze Masolinoricorda i suoi contatti con Masaccio in erte e improba-bili prospettive, anche in ambiente fiorentino, dopo lamorte precocissima del grande novatore, si ha una note-vole stasi. Molti pittori continuano a comportarsi comese Masaccio non fosse mai esistito; altri ne rimangonofortemente impressionati, senza tuttavia che il loro sba-lordimento13 si traduca in un coerente linguaggio. lapittura di cassoni ad accoglierne in modo pi vistosocerti suggerimenti; sar forse perch uno dei pi proli-fici artisti in questo campo era suo fratello, Giovanni di

    ser Giovanni detto lo Scheggia con cui deve identificarsiil gruppo anonimo noto come Maestro del CassoneAdimari14; sta di fatto che lo spazio come ritratto dellevie e delle piazze cittadine messo in opera da Masaccioal Carmine trova in questa attivit artistica i suoi rifles-si pi diretti e il volto quattrocentesco di molti degliantichi luoghi storici della citt di Firenze ci offertosoprattutto dalla pittura dei cassoni.

    Ma il pi intelligente aggiornamento a Masaccio

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    compiuto dallAngelico e in un momento assai precoce.Non c forse nella storia dellarte occidentale un altro

    caso in cui cos evidentemente traspaia dalle opere ese-guite la condizione di religioso di chi le esegu. Eppure,proprio il primo artista che crea unarte devota e chequindi fa risaltare, per contrapposto, la connotazionelaica dellarte di Masaccio, anche il primo a dialogarecon il grande novatore: pochi dipinti mostrano al pari[dellImposizione del nome al Battista nel Museo di SanMarco] lintuizione geniale da parte dellAngelico delmomento pi sottilmente prospettico di Masaccio, comesi legge nel desco da parto di Berlino15. E cosa dire del-l Annunciazione di Cortona, delleStorie di san Francesconegli Staatliche Museen di Berlino o dellIncoronazionedella Vergine del Louvre? In questultimo dipinto, lastoria collocata in un ambiente che sar di certo unasala del Paradiso, ma non molto diversa da un vanochiesastico di questo mondo, sul cui pavimento, realiz-zato secondo i principi di un impressionante illusionismoprospettico, i santi stanno inginocchiati scandendo mira-bilmente lo spazio. Bisogna riconoscere che, in con-fronto a questi risultati, il successivo altare dei Linaio-li (1433) segna una sorta di regresso.

    Nello stesso decennio, nemmeno lesordio di FilippoLippi porta dei contributi positivi: intorno alla sua

    Madonna di Tarquinia del 1437 cresce uno spazio dinuovo quasi rampante.

    Ancora una volta, le voci pi seriamente interessatealla ricostruzione prospettica della realt fanno capo aFilippo Brunelleschi. in nome suo che lAlberti pub-blica, nel 1436, il trattatoDella Pittura, in cui sembrache il mondo visibile non sia altro che un insieme diquantit sistemate in uno spazio: vedendo qualcosa,diciamo questo essere cosa quale occupa uno luogo16. nella brunelleschiana Sagrestia Vecchia di San Loren-zo che Donatello sperimenta il primo sottins della sto-

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    ria dellarte moderna nel tondo in stucco con l Assun-zione di san Giovanni Evangelista. un uomo molto vici-

    no al Brunelleschi, Antonio Manetti, ad attuare le primetarsie prospettiche nella sagrestia del Duomo di Firen-ze17, molto probabilmente sotto gli occhi stessi del Bru-nelleschi.

    Arriva poi a Firenze, nel 1439, Domenico Venezia-no, con accanto in qualit di giovane aiuto Piero dellaFrancesca, a eseguire un ciclo di affreschi nella chiesa diSantEgidio. La distruzione di questi affreschi18, ci haprobabilmente privati della pi alta testimonianza pit-torica che la generazione successiva a Masaccio fosse ingrado di offrire. Ce lo fa supporre quanto DomenicoVeneziano ha realizzato nella pala di Santa Lucia deMagnoli, oggi agli Uffizi. In essa trovano un tratta-mento inimitabile gli spazi, i volumi, la luce, i colori,come in uno spettacolo meraviglioso, intonato da unaluminosit chiarissima e primaverile. La prospettivasembra qui diventata un congegno stupendo, che per-mette incastri di spazi e di volumi di una precisione stu-pefacente: si veda come i piedi poggiati sul pavimentoin scorcio misurino lo spazio occupato dai quattro santi,o come il volume del busto di santa Caterina sia defini-to dal girare dello scollo, che cade a vu nel centro, pre-ciso come una lancetta. Placata la polemica masaccescacon la cultura contemporanea, hanno di nuovo cittadi-nanza il colore prezioso, la cadenza ritmica e perfino

    larco a sesto acuto. La tersa luminosit, che rende per-fettamente trasparenti anche le ombre e conferisce allecampiture cromatiche lo splendore delle pietre preziose, un effetto che doveva essere stato sperimentato ormaida qualche tempo, se gi nel 1432 il senese Domenicodi Bartolo ne mostrava un riflesso in quellaffascinantecapolavoro che e la Madonna dellUmilt della Pinaco-teca di Siena. E a Siena, il Vecchietta continuer da parsuo su questa strada.

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    singolare che a Firenze, invece, un pittore comePaolo Uccello, talvolta assai vicino a Domenico Vene-

    ziano e impegnatissimo nella sperimentazione prospet-tica, sembri muoversi in unatmosfera ancora memoredei notturni gotici di Gentile da Fabriano, perfino nelletre grandi tavole con laBattaglia di San Romano. I suoistudi sulla dolce prospettiva dnno spesso nel bizzar-ro; ilDiluvio Universale nel Chiostro Verde di SantaMaria Novella, quasi senzacqua, ricostruito in una viacittadina ottenuta con laccostamento di due arche diNo piramidali come quella del Ghiberti nella Portadel Paradiso una vista di fronte e una di fianco, chestanno a indicare due episodi successivi della stessa sto-ria: durante il diluvio, quando larca ermeticamentechiusa, e verso la fine del diluvio, quando No si affac-cia a una apertura dellarca per liberare la colomba. Eche dire della fintaBattaglia di San Romano in cui le pic-che spezzate sono cadute disponendosi in modo da for-nire le stesse indicazioni prospettiche di un pavimentoammattonato?Di Andrea del Castagno, che sembra pensare le suefigure come fossero scolpite nel bronzo o nel sasso, memorabile il vano prospettico in cui si svolge lUltimaCena nel Refettorio di Santa Apollonia a Firenze. Ancheper lui lo spazio in prospettiva acquista una connota-zione spettacolare, come in Domenico Veneziano e comesar in Piero della Francesca.

    In parallelo con lattivit fiorentina di DomenicoVeneziano, la pittura dellAngelico si rinnova, illumi-nandosi di una trasparenza cristallina e di un maggioreimpegno umanistico. La pala per laltar maggiore dellarinnovata chiesa di San Marco, consacrata nel 1443,doveva costituire, quando si poteva vederla in condi-zioni molto diverse da quelle disastrose in cui oggiridotta, uno dei punti di riferimento per la pittura pro-spettica e rinascimentale, e probabilmente per lo stesso

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    noi. Fatto sta che lampio raggio dazione di Piero dellaFrancesca, attivo in Toscana, in Emilia, nel ducato di

    Urbino e a Roma, fa s che la figurazione prospettica escadalle mura di Firenze e diventi italiana.Per la diffusione della visione prospettica la sua atti-

    vit fu determinante, cos come lo fu il soggiorno pado-vano di Donatello. I rilievi in bronzo con leStorie di

    santAntonio per laltare del santo sono le composizioniprospetticamente pi impegnate che Donatello ci abbialasciato. Questo impegno si traduce, anzi, in una ten-sione ossessiva che caratterizzer larte figurativa esoprattutto la pittura dei decenni immediatamenteseguenti alla met del secolo, tra Veneto, Lombardia edEmilia. Mentre perfino artisti di tradizione tardo-goti-ca, come Pisanello, Antonio Vivarini o Jacopo Bellini,si cimentano in esercitazioni prospettiche infiorandoledi citazioni dellantico, Andrea Mantegna realizzernella Cappella Ovetari agli Eremitani di Padova i primiaffreschi settentrionali organicamente costruiti secondole regole della prospettiva. Come negli affreschi dellaparete di fondo della Cappella Brancacci, anche quelliOvetari hanno un punto di fuga in comune al di fuoridella singola storia e dnno lillusione di una spazia-lit perfettamente naturale e vera. La figurazione delMantegna, fitta di riferimenti colti e archeologici daDonatello allantico trova nella pala di San Zeno aVerona il modo di conciliare la struttura del polittico con

    i laterali di tradizione gotica, ancora viva nel Veneto,con una costruzione rinascimentale in cui gli elementidella cornice diventano la facciata della struttura archi-tettonica aperta, dipinta illusionisticamente nella tavo-la e abitata dalle figure protagoniste. unidea nata pro-babilmente con laltare del santo di Donatello e cheavr una larga fortuna nellItalia settentrionale, dallepale di Giovanni Bellini ai polittici architettonici lom-bardi della fine del Quattrocento.

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    Va ricordato che verso la met del secolo, e in qual-che caso anche oltre, gran parte dellItalia ancora lega-

    ta agli sviluppi del gotico internazionale, come la favo-losa Lombardia degli Zavattari e di Bonifacio Bembo,o conquistata dalla cultura fiamminga, come la Ligu-ria del grande Donato de Bardi21, le Marche di Anto-nio da Fabriano, o lItalia meridionale di Colantonio edel giovane Antonello da Messina. Ma proprio la vicen-da artistica di Antonello emblematica dellinversionedi rotta della pittura italiana sotto la spinta delle novitprospettiche diffuse da Donatello e da Piero della Fran-cesca. Il grande pittore messinese comincia infatti conopere come laCrocifissione di Sibiu, dove la natura scrutata con locchio di Jan van Eyck; continua colSanGirolamo nello studio della National Gallery di Londra,dove la penombra dei dipinti fiamminghi si annida entrostrutture architettoniche ancora gotiche, ma gi tradot-te con il linguaggio prospettico; finch, colSan Seba-

    stiano di Dresda del 1476, Antonello produce una delleopere paradigmatiche della concezione prospettica ita-liana. Qui, infatti, come nellaTrinit di Masaccio, nellapala di Santa Lucia de Magnoli o nellaFlagellazione diUrbino, luomo celebra se stesso, trasferendo la realtcorporea di cui si riveste e il mondo in cui vive nellaimmutabile razionalit delle forme geometriche.

    Bisogna riconoscere, tuttavia, che diffondendosi, lavisione prospettica tende ad allentare la tensione che

    caratterizzava le opere dei grandi prospettici attivi finoa poco oltre la met del secolo. Non pi un modo diconcepire la pittura, ma tende a diventare una nozionescientifica che, se pone lartista su di un piano pi altodi quanto non fosse fino al secolo precedente, entrasemplicemente a far parte del suo bagaglio di conoscen-ze. Certamente, cos nella Firenze della seconda metdel Quattrocento, dove maturer anzi una coscienzaantiprospettica che avr le sue incarnazioni in Leonar-

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    do e in Michelangelo. Si continuano certo a produrreopere in cui appare evidente la sapienza prospettica

    degli artisti che le eseguono; e il caso pi vistoso in que-sto senso sono le tavolette di san Bernardino compiutenel 1473 dal Perugino e compagni in stretto rapportocon la bottega del Verrocchio; ma perfino qui si ha ilsospetto di una esibizione letteraria e ricercata che mettesullo stesso piano questo tipo di elaborazione prospetti-ca e opere del tutto antiprospettiche comeLa Primave-ra del Botticelli. Fanno eccezione dipinti quali ilSanRocco del Museo di Arezzo eseguito nel 1479 da Bar-tolomeo della Gatta, il grande pittore educatosi a Firen-ze nella bottega del Verrocchio ma attivo soprattuttonellAretino, in una zona, cio, dove ancora era frescoil ricordo di Piero della Francesca. IlSan Rocco unafigura umana che abita lo spazio di una veduta cittadi-na, quella della piazza di Arezzo sulla quale si affaccialOratorio della Misericordia, committente del dipinto.Tuttavia, in confronto ai risultati della prima meta delQuattrocento, la libert di impostazione e la diffusainquietudine che sottende la figura asciutta del santo,conferiscono a questo dipinto un significato decisamen-te pi moderno.

    Nella seconda met del Quattrocento tutta larte ita-liana, pi o meno, mostra di aver fatto propria la visio-ne prospettica. A Siena, lo stanno a testimoniare leopere tarde del Vecchietta o i dipinti di Francesco di

    Giorgio, ben presto attivo soprattutto come architetto.NellUmbria, i passaggi di Domenico Veneziano, del-lAngelico e di Piero della Francesca creano un clima cul-turale intensissimo, il cui prodotto memorabile rap-presentato dagli affreschi del Bonfigli nella Cappella delPalazzo dei Priori a Perugia. Le Marche hanno in Came-rino un grande centro di civilt figurativa, crocevia trala cultura fiorentina e quella padovana, dove operanoGiovanni Boccati e Girolamo di Giovanni. A Roma e

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    nel Lazio sono Antoniazzo Romano e Lorenzo da Viter-bo le grandi voci rinascimentali. Per il Meridione, abbia-

    mo gi detto di Antonello, ma sarebbe ingiusto limitar-si a lui soltanto: dipinti come quelli dellanonimo Mae-stro di san Giovanni da Capestrano, attivo tra Roma,lAbruzzo e la Campania, sono tra le testimonianze pialte della diffusione della visione prospettica22. In Roma-gna nasce uno dei pi famosi pittori prospettici, Meloz-zo da Forl. Urbino sembra diventare, negli anni set-tanta, la punta di diamante della speculazione prospet-tica italiana. In Emilia, i Lendinara traducono nella tar-sia lesempio memorabile di Piero della Francesca, cuisi rifanno a Modena anche i fratelli Degli Erri. Dei cele-brati ferraresi soprattutto Francesco del Cossa e siveda la sua Annunciazione nella Pinacoteca di Dresda ad avere approfondito i problemi pierfranceschiani diaccordo fra spazio prospettico e luminosit. E anche laLombardia ha nel Foppa, se non un vero e proprio pro-spettico, un grande rinnovatore in senso rinascimenta-le della figurazione lombarda23.Nel Veneto, dopo i clamorosi inizi padovani del Man-tegna, Giovanni Bellini a riassumere lesperienza dona-telliana e quella pierfranceschiana, in contatto con lar-te di Antonello da Messina, che soggiorn a Venezia perqualche anno intorno al 1475. Se soprattutto laspet-to colorato della pittura di Piero a interessare Giovan-ni Bellini, il padre del cromatismo veneto che prima

    di lui non esisteva alcune delle sue opere sono tra igrandi esempi della pittura prospettica italiana, come lapala di Pesaro o laSacra allegoriadegli Uffizi. Ma si halimpressione che, procedendo nel tempo, le preoccupa-zioni prospettiche diventino solo uno dei modi di rap-presentazione del mondo naturale e umano che entra neisuoi dipinti con un respiro caldo e immenso.

    Chi invece, a Venezia, fa della prospettiva laspettofondamentale della propria visione pittorica, bruciandosi

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    per una passione estremistica in un momento assai tardodel Quattrocento, Vittore Carpaccio. Nelle sue opere

    tarde, eseguite quando ormai Giorgione e il giovaneTiziano stavano proponendo ideali artistici ben diver-samente orientati, la sua visione appare troppo radicaleper trovare la forza di rinverdirsi, come accadeva al vec-chio Bellini. Ma i dipinti eseguiti prima dello scadere delsecolo, i primi teleri di SantOrsola, ad esempio, espri-mono una convinzione prospettica impressionante. Lefigure si dispongono negli spazi come solidi regolari sudi una scacchiera rasa; si ricostruiscono lontananzeincredibili ma perfettamente misurabili. Le scenografiearchitettoniche ci restituiscono in modo spettacolare ilsenso delle vedute cittadine della Venezia di fine Quat-trocento.

    Negli anni settanta di quel grande secolo, il centro ita-liano dove vengono condotte le sperimentazioni prospet-tiche pi avanzate Urbino. La corte di Federico daMontefeltro era stata uno dei punti di riferimento perlattivit di Piero della Francesca. L erano nate le bel-lissimetavole Barberini. A Urbino aveva fatto capo, quasicertamente, dalla vicina Forl, Melozzo, il grande pitto-re prospettico attivo poi a Roma. Vi insegn Luca Pacio-li, il teorico della prospettiva allievo di Piero della Fran-cesca. Vi si producono le celebri vedute di pura prospet-tiva divise tra i musei di Baltimora, di Berlino e di Urbi-no. Qui Pedro Berruguete, venuto per collaborare con

    Giusto di Gand, rimarr conquistato dalla prospettiva ita-liana che introdurr in Spagna; i risultati pi impressio-nanti della sua attivit urbinate sono da vedere nel dop-pioRitratto di Federico e di Guidobaldo in Palazzo Duca-le, nellaConferenza di Windsor Castle e nelle Allegoriedelle Arti liberali divise tra i musei di Berlino e la Natio-nal Gallery di Londra; nel loro accordo tra cultura fiam-minga e prospettiva italiana trovano un parallelo solo nelSan Girolamo nello studio di Antonello.

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    A Urbino si educ negli anni 70 il giovane Braman-te, esordiente come pittore prima che come architetto.

    Il suo momento urbinate ci attestato dallaFlagellazio-ne dipinta su tela per lOratorio dei Disciplinati di sanFrancesco a Perugia24. Trasferitosi a Milano, prepara ildisegno per la celebre incisione del 1481, firmataBra-mantus fecit in Mediolano ma eseguita dal Prevedari. soprattutto questa complicata figurazione che ci d li-dea dellimpegno prospettico del Bramante. Siamo benlontani dalla tranquilla e sicura convinzione di Pierodella Francesca che la prospettiva sia un modo perfet-tamente legittimo di concepire la pittura e addirittura divedere il mondo: qui essa appare come uno splendidoartificio, come un esercizio letterario, in unaccezioneche figlier in quel surreale mondo prospettico messo inopera dal grande allievo lombardo del Bramante, Bar-tolomeo Suardi, detto appunto il Bramantino. Allesoglie dellalienazione manieristica, la sua lucida geo-metrizzazione del mondo assume un tono allucinato. AlBramante sembra comunque da ricollegare tutta quellaondata di infatuazione prospettica che, alla fine delQuattrocento investe lItalia settentrionale dalla Lom-bardia allentroterra veneto, dallimpaginazione delpolittico di Treviglio del Butinone e dello Zenale alleopere giovanili di Pellegrino da San Daniele, e che inte-ressa perfino la scultura, come dimostra la fase tarda del-lAmadeo: si veda in particolare il rilievo conSantIme-

    rio che distribuisce le elemosine del Duomo di Cremona(1481-84), tanto singolare nella sua impostazione pro-spettica da richiamare immediatamente il finto rilievosotto l Argo del Bramantino nel Castello Sforzesco diMilano.

    Lultimo grande esito delle speculazioni prospetticheurbinati da vedere, probabilmente, nella Stanza dellaSegnatura in Vaticano, decorata da Raffaello tra il 1508e il 1511 forse in contatto con lo stesso Bramante, il cui

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    ritratto vi compare almeno due volte. CertamenteLaScuola dAtene il grande canto del cigno della conce-

    zione prospettica italiana, che qui, sia pure a cos gran-de distanza temporale e mentale dalle implicazioni geo-metrizzanti che aveva per un Piero della Francesca,ancora sopravvive in un miracoloso equilibrio con lenuove esigenze cinquecentesche di libert figurativa,che significavano anche insofferenza per qualsiasi pre-cettistica.

    La concezione prospettica si sta intanto diffondendoin Europa. In Francia, dopo Jean Fouquet sono i pitto-ri provenzali a farsene i portatori pi appassionati conin testa il bellissimo Maestro delle Storie di san Seba-stiano, da identificare probabilmente con Josse Liefe-rinxe25; mentre sul piano teorico Jean Plerin, il Via-tor, a elaborare un trattato di prospettiva, pubblicato aToul nel 1505, che sembra aver dato il via a una seriedi sperimentazioni pittoriche di effetto quasi metafisi-co, come laDiscesa in cantina dello Pseudo-Flix Chr-tien (1537) conservata nello Stdelsches Kunstinstitut diFrancoforte26. In Germania, Albrecht Drer, oltre adapplicare i princip prospettici italiani ai suoi dipinti, sioccupa anchegli del problema a livello teorico nei suoiscritti27. In Spagna, al caso ricordato di Pedro Berru-guete fanno seguito altri, come quello di Juan de Bor-goa. Nel Tirolo, soprattutto Michael Pacher a intro-durre precocemente la concezione prospettica italiana

    con dipinti memorabili, come i pannelli dellaltare deiPadri della Chiesa dipinto tra il 1480 e il 1483, ora nellaAlte Pinakothek di Monaco.

    1 Non intenzione di questo scritto trattare del problema teoricodella prospettiva, ma solo di tracciare una rapida storia delle conse-guenze di questa scoperta nel campo delle arti figurative. Chi vogliaapprofondire il problema pu partire dad. gioseffi , voceProspettiva

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    in Enciclopedia universale dellarte, XI, Venezia-Roma 1963, cc. 116-59. Linvenzione della prospettiva attribuita al Brunelleschi dal suobiografo e contemporaneo A. Manetti(Vita di Filippo Brunelleschi, acura di D. de Robertis e G. Tanturli, Milano 1976) e tutto sembra con-fermarlo. LAlberti nel trattatoDella Pittura del 1436 non si accredi-ta linvenzione della prospettiva, ma descrive soltanto un modo otti-mo per metterla in pratica.

    2 Vedi, a questo proposito,d. gioseffi , Perspectiva artificialis,Trie-ste 1957, pp. 74 sgg.

    3 ... e io lho avuto in mano e veduto pi volte a mia d, e pos-sone rendere testimonianza (manetti , Vita di Filippo Brunelleschi cit.,p. 59).

    4 g. poggi , Il Duomo di Firenze, Berlin 1909, p. 77, doc. 423.5 Ibid., p. 76, docc. 414 e 415.6 Si vedano, ad esempio, le vesti degli angeli in secondo piano nel

    Battesimo di Cristo o nellaTentazione della Porta Nord del Battisterodi Firenze.

    7 j. pope-hennessy , Italian Renaissance Sculpture, London 1958,p. 16.

    8 manetti , Vita di Filippo Brunelleschi cit., p. 58.9 Vedi l. bellosi , Il Maestro della Crocifissione Griggs: Giovanni

    Toscani, in Paragone, 1966, 193, pp. 44-58.10 Vedia. parronchi , Masaccio, Firenze 1966, pp. 28-29.11

    Vedi soprattuttop. sanpaolesi , Brunelleschi, Milano 1962, pp.49-50.12 vasari , Vite, ed. Della Pergola-Grassi-Previtali, vol. II, Milano

    1962, p. 229.13 r. longhi , Fatti di Masolino e di Masaccio, in La critica darte,

    1940, p. 172.14 Non ho ancora avuto modo di riprendere in mano largomento

    relativo a questa identificazione da me proposta in una comunicazio-ne presso lIstituto Tedesco di Storia dellArte di Firenze che risale al1969. Rimando perci a una scheda del catalogo della Mostra darte sacradella Diocesi di San Miniato, 1969, pp. 56-57, n. 42.

    15 longhi , Fatti cit., p. 175.16 l. b. alberti , Della Pittura, a cura di L. Mall, Firenze 1950,

    p. 81.17 Una vasta e documentata ricerca sulle tarsie della Sagrestia delle

    Messe del Duomo di Firenze quella condotta dam. haines , The Intar- sias of the North Sacresty of the Cathedral of Florence, Ph. D. Thesis,Courtauld Institute, University of London, 1975, di prossima pubbli-cazione presso la Oxford University Press.

    18 Gli affreschi di SantEgidio furono probabilmente distrutti neilavori di rifacimento che la chiesa sub alla fine del Cinquecento;

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    qualche frammento fu riscoperto nel 1938 dalla Soprintendenza diFirenze (vedim. salmi , Contributi fiorentini alla storia dellarte: Ricer-che intorno a un perduto ciclo pittorico del Rinascimento, in Atti ememorie dellAccademia Fiorentina di Scienze Morali La Colomba-ria, n. s.,i, 1947, pp. 422-33.

    19 Vedic. sterling , La peinture franaise. Les primitifs,Paris 1938,pp. 74 sgg.

    20 piero della francesca , Il trattato De prospectiva pingendi, acura di G. Nicco Fasola, Firenze 1942, pp. 128-29.

    21 Questo straordinario pittore, noto per quel capolavoro che lafirmataCrocifissionedi Savona, ha riacquistato una fisionomia artisti-ca di grande rilievo dopo che F. Zeri (Quaderni di Emblema, Bergamo1973, pp. 35 sgg.;Diari di lavoro 2, Torino 1976, pp. 47 sgg.) ne haidentificato lattivit giovanile con il piccolo gruppo di dipinti che pas-savano sotto il nome di Donato Bragadin.

    22 Vedi f. bologna , Il Maestro di San Giovanni da Capestrano, inProporzioni,iii, 1950, pp. 86-98.

    23 Si sa che il Foppa aveva scritto unTrattato di prospettiva. Tut-tavia, sul suo aggiornamento alla prospettiva rinascimentale si veda-no le riserve dir. longhi , Aspetti dellantica arte lombarda, prefazio-ne al catalogo della mostra Arte lombarda dai Visconti agli Sforza, Mila-no 1958.

    24 Vedi l. bellosi , Una Flagellazione del Bramante a Perugia, in

    Prospettiva, 1977, 9, pp. 61-68.25 Vedim. laclotte , Lcole dAvignon, Paris 1960, pp. 110-19.26 Vedia. chtelet e j. thuillier , La pittura francese da Fouquet

    a Poussin, Lausanne 1965, pp. 114-15.27 Vedie. panofsky , The Life and Art of Albrecht Drer, Princeton

    1943 [trad. it.La vita e le opere di Albrecht Drer, Milano 1967].

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