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La responsabilità giuridica in sala operatoria: Lavoro di equipe, casistica Luca Benci Firenze http://www.lucabenci.it

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La responsabilità giuridica in sala operatoria: Lavoro di equipe, casistica Luca Benci Firenze http://www.lucabenci.it. Il tramonto del capo equipe. Dalla responsabilità gerarchica alla responsabilità professionale individuale Il principio dell ’ affidamento. - PowerPoint PPT Presentation

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La responsabilità giuridicain sala operatoria:

Lavoro di equipe, casistica

Luca BenciFirenze

http://www.lucabenci.it

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Il tramonto del capo equipe

Dalla responsabilità gerarchica alla responsabilità professionale individuale

Il principio dell’affidamento

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La responsabilità del capo èquipe: orientamenti dottrinali

Il capo èquipe ha l’obbligo di prevedere e quindi di impedire un comportamento imprudente, negligente o imperito degli altri partecipanti all’attività medico-chirurgica

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La responsabilità del capo èquipe: orientamenti dottrinali

Vige di fatto il principio dell’affidamento secondo il quale ogni membro può e deve contare sul corretto adempimento dei compiti altrui e ha l’obbligo di intervenire solo quando ravvisa l’errore.

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La responsabilità in sala operatoria

Responsabilità del singolo Responsabilità dell’equipe

monoprofessionale Responsabilità dell’equipe interprofessionale

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Responsabilità medica

Mancato consenso del paziente Errore nell’esecuzione dell’intervento Dimenticanza di corpi estranei

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L’evoluzione del consenso informato

Cassazione penale, sentenza 5 aprile 1992, sezione V, n. 5639

Il caso Massimo Un chirurgo che, in caso di necessità e urgenza

terapeutiche, sottopone il paziente a un intervento operatorio di più grave entità rispetto a quello meno cruento e più lieve di cui abbia informato preventivamente il paziente e ottenuto solo il consenso per quello meno lieve, commette il reato di lesioni volontarie, “essendo irilevante sotto il profilo psichico la finalità pure sempre curativa della sua condotta”

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L’evoluzione del consenso informato

cassazione penale, sezione IV, sentenza 27 marzo 2001, n. 36519

Sentenza Cicarelli Il chirurgo che opera contro la volontà del

paziente esita in una condotta illecita capace di configurare più fattispecie di reato, quali violenza privata, lesione personale dolosa e, nel caso di morte, omicidio preterintenzionale.

Conta il divieto di manomissione del corpo dell’uomo e la violazione consapevole del diritto della persona a preservare la sua integrità fisica

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L’evoluzione del consenso informato

cassazione penale, sezione IV, sentenza 29 maggio 2002, n. 26446

Sentenza Firenzani L’incisione della cute è priva di una propria

autonomia funzionale rappresentando null’altro che un passaggio obbligato verso il raggiungimento dell’obiettivo principale dell’intervento, quello di liberare il paziente dal male che lo affligge.

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L’evoluzione del consenso informato

Cassazione penale, sezione IV, 16 gennaio 2008, n. 11335

Sentenza Huscer Non è configurabile il reato di omicidio

preterintenzionale poiché la finalità curativa perseguita dal medico deve ritenersi concettualmente incompatibile con la consapevole intenzione di provocare un’alterazione lesiva dell’integrità fisica della persona offesa.

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L’evoluzione del consenso informato

Cassazione penale, sezioni unite, sentenza 21 gennaio 2009, n. 2437

L'atto operatorio in sè, dunque, rappresenta solo una "porzione" della condotta terapeutica, giacchè essa, anche se ha preso avvio con quell'atto, potrà misurarsi, nelle sue conseguenze, soltanto in ragione degli esiti "conclusivi" che dall'intervento chirurgico sono scaturiti sul piano della salute complessiva del paziente che a quell'atto si è - di regola volontariamente - sottoposto.

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L’evoluzione del consenso informato

Cassazione penale, sezioni unite, sentenza 21 gennaio 2009, n. 2437

Il chirurgo, in altri termini, non potrà rispondere del delitto di lesioni, per il sol fatto di essere "chirurgicamente" intervenuto sul corpo del paziente, salvo ipotesi teoriche di un intervento "coatto";

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L’evoluzione del consenso informato

Cassazione penale, sezioni unite, sentenza 21 gennaio 2009, n. 2437

E', quindi, in questo contesto che andrà verificato l'esito, fausto o infausto, dell'intervento e quindi parametrato ad esso il concetto di "malattia" di cui si è detto.

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L’evoluzione del consenso informato

Pertanto, ove l'intervento chirurgico sia stato eseguito lege artis, e cioè come indicato in sede scientifica per contrastare una patologia ed abbia raggiunto positivamente tale effetto, dall'atto cosi eseguito non potrà dirsi derivata una malattia, giacchè l'atto, pur se "anatomicamente" lesivo, non soltanto non ha provocato - nel quadro generale della "salute" del paziente - una diminuzione funzionale, ma è valso a risolvere la patologia da cui lo stesso era affetto.

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L’evoluzione del consenso informato

- Può quindi concludersi nel senso che, ove il medico sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto,

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L’evoluzione del consenso informato

nel senso che dall'intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie di cui all'art. 582 c.p., che sotto quello del reato di violenza privata, di cui all'art. 610 c.p..

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Il rifiuto alle cure Nel diritto di ciascuno di disporre, lui e lui solo, della

propria salute e integrità personale, pur nei limiti previsti dall’ordinamento, non può che essere ricompreso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la malattia segua il suo corso fino alle estreme conseguenze: il che non può essere considerato il riconoscimento di un diritto positivo al suicidio, ma è invece la riaffermazione che la salute non è un bene che possa essere imposto coattivamente al soggetto interessato dal volere, o peggio, dall’arbitrio altrui,……..

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Il rifiuto alle cure

….ma deve fondarsi esclusivamente sulla volontà dell’avente diritto, trattandosi di una scelta che riguarda la qualità della vita e che pertanto lui e lui solo può legittimamente fare.

Corte di assise di Firenze, sentenza 13/1990

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Rilevanza del consenso e dell’informazione

….Peraltro, la paziente aveva sottoscritto il modulo di consenso informato nel quale era descritto l'intervento al quale sarebbe stata sottoposta: isterectomia radicale, cioè asportazione dell'utero. La natura dell'intervento è di immediata comprensione per qualsiasi donna, anche per quanto concerne le conseguenze.

Tribunale di Monza, 8 novembre 2007

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Rilevanza del consenso e dell’informazione

Nel caso di specie deve ritenersi che la signora fosse del tutto consapevole della natura dell'intervento, dei rischi e delle complicanze, anche per la sua qualifica di infermiera professionale, che opera in una struttura ospedaliera, quale ferrista in sala operatoria, il che comporta delle cognizioni mediche tali da consentirle di valutare, ancora meglio, il significato dell’intervento.

Tribunale di Monza, 8 novembre 2007

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Tipologie di responsabilità infermieristiche

Infermiere di sala Infermiere di anestesia

Infermiere strumentista

Disinfezione e sterilizzazionePosizionamento letto operatorioDanni da elettrocuzione

Smarrimento e perdita di corpi estranei nell’organismo del pazienteDisinfezione e sterilizzazione

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L’equipe chirurgica

Rapporti tra primo operatore e altri chirurghi Rapporti tra primo operatore e medici di diversa

specialità (anestesista) Rapporti tra primo operatore e personale

infermieristico Rapporti tra anestesista e personale infermieristico Attribuzioni del personale infermieristico Attribuzioni del tecnico della perfusione

cardiovascolare

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Casistica giurisprudenziale

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Il fatto

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Un intervento chirurgico

Il signor Rossi viene portato in sala operatoria per un intervento di chirurgia addominale.

All’interno della sala operatoria sono presenti - all’ingresso del signor Rossi – il medico anestesista Bianchi e due infermieri: Verdi con funzione di strumentista e Gialli con funzione di infermiere di anestesia-sala operatoria.

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Il fatto

Dopo il posizionamento sul letto operatorio viene indotta l’anestesia generale da parte del medico specialista con i seguenti farmaci:

Propofol 300mg,

Tracrium 50 mg, Sevorane (gas anestetico) in O2

Dopo circa una mezzora il medico anestesista si assenta dalla sala operatoria e rivolgendosi all’infermiere di sala operatoria dice: “controlla la situazione”.

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Il fatto

Dopo qualche minuto il primo operatore chirurgico avverte i primi segni di contrazione muscolare e a voce alta dice: “il paziente spinge”.

L’infermiere – dopo una sommaria ricerca del medico anestesista – previo controllo della scheda anestesiologica che nel corso dell’anestesia l’ulteriore somministrazione di curaro (Tracrium 10 mg) in funzione miorilassante decide, data anche la sua lunga esperienza nel settore, di somministrare direttamente il farmaco in assenza dell’anestesia.

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Il fatto

Dalla documentazione si ricava la seguente scheda anestesiologica:

Propofol 300 mg all’induzione……………………… Tracrium 50 mg all’induzione ………………………. Sevorane………………………. Tracrium 10 mg…dopo 35’-40’ dall’induzione……………………. Miscela decurarizzante (Atropina, Prostigmina)alla fine

dell’intervento

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Il fatto

Viene disposto un rinvio a giudizio per il medico anestesista e per l’infermiere di sala operatoria per avere, in concorso tra di loro, condotto e tollerato condotte integranti il reato di esercizio abusivo della professione medica ex art. 348 del codice penale con particolare riferimento alla somministrazione da parte dell’infermiere di farmaci anestesiologici di competenza – per la normativa vigente – del medico anestesista.

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L’accusa contro il medico

La conduzione di una anestesia generale è di competenza del medico anestesista e trattasi quindi di atto medico specialistico.

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L’esercizio abusivo di una professioneart. 348 cp

Chiunque esercita abusivamente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato è punito….

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L’accusa contro il medico

La legge 9 agosto 1954, n. 653

“Istituzione di un servizio di anestesia negli ospedali”

L’anestesista “pratica direttamente sui malati, sotto la propria responsabilità, gli interventi per

l’anestesia, sorvegliando sull’andamento del trattamento”.

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L’accusa contro il medico

La condotta dell’anestesista integrante la fattispecie di reato è relativa a tre precisi comportamenti:

a) Avere lasciato solo il paziente in sala operatoria senza plausibile giustificazione;

b) Avere incoraggiato o tacitamente delegato l’infermiere di sala operatoria a compiere atti di carattere medico-specialistico

c) Avere avallato tali comportamenti nella cartella anestesiologica.

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L’accusa contro il medico

Il farmaco somministrato è un farmaco parte integrante dell’anestesia generale. Nella scheda tecnica si legge

“è un farmaco bloccante neuromuscolare non depolarizzante da utilizzare in anestesia per facilitare l’intubazione tracheale e per ottenere il rilasciamento muscolare in un vasto ambito di procedure chirurgiche che lo richiedono e nella ventilazione controllata”

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L’accusa contro l’infermiere

Per avere somministrato in assenza di una prescrizione medica – tale non può considerarsi la scheda anestesiologica – un farmaco riservato all’attività del medico specialista. Tra l’altro si porrebbero dei dubbi anche dietro prescrizione medica.

Tale farmaco, infatti, può dare luogo a gravi reazioni (broncospasmo, reazioni anafilattoidi, crisi convulsive) non risolvibili se non con l’intervento medico.

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La posizione dell’infermiere di sala operatoria

Fattispecie relativa all’omessa vigilanza reciproca sull’utilizzo degli strumenti chirurgici, uno dei quali, e precisamente una pinza di Kelly, era stata lasciata all’interno della cavità addominale, rendendo necessario a distanza di tempo un secondo intervento per rimuovere la pinza.

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La posizione dell’infermiere di sala operatoria

….L’infermiere di sala operatoria nel caso di specie aveva una “posizione del tutto esclusiva rivestiva per l’occasione da costei, in quanto essa, facendo parte del personale non sterile, non aveva avuto alcun contatto con il campo operatorio e non aveva avuto, come si è accertato in concreto, alcun potere di controllo in ordine ai ferri chirurgici usati per l’intervento”

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 18 maggio 2005, n. 18568

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L’infermiere di sala operatoria

La responsabilità per la preparazione del campo operatorio

La responsabilità per la prevenzione delle infezioni

La responsabilità della figura professionale “non lavata”

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Responsabilità per danni da posizionamento sul lettino operatorio

Corte di cassazione, VI sezione penale, sentenza 25 maggio 2010, n. 19637

…..in caso di intervento operatorio ad opera di equipe chirurgica, e più in generale nella ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che il rispetto delle regole di diligenza e prudenza connessi alle specifiche e settoriali mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico.

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Responsabilità per danni da posizionamento sul lettino operatorio

Corte di cassazione, VI sezione penale, sentenza 25 maggio 2010, n. 19637

Ogni sanitario, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare (nei limiti e termini in cui sia da lui conoscibile e valutabile) l’attività precedente e contestuale di altro collega e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (Cass., Sez. IV, 24 gennaio 2005, n. 18548).

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Responsabilità per danni da posizionamento sul lettino operatorio

Corte di cassazione, VI sezione penale, sentenza 25 maggio 2010, n. 19637

Ed alla stregua di tanto, si sottrae a rinvenibili vizi di illogicità (che, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioè coglibile immediatamente, ictu oculi) la considerazione della sentenza impugnata, secondo cui “il posizionamento della paziente sul lettino, pur essendo materialmente predisposto dall’anestesista, non poteva definirsi operazione del tutto sottratta al controllo del medico chirurgo, incaricato dell’intervento”.

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Responsabilità per l’elettrocuzioneTribunale di Monza, sez. IV, 17 gennaio 2007

La relazione del consulente tecnico ha consentito di acclarare un evidente profilo di responsabilità del personale ausiliario e, più segnatamente, della infermiera professionale incaricata di porre la "piastra paziente" a contatto della coscia destra della paziente.

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Responsabilità per l’elettrocuzioneTribunale di Monza 17 gennaio 2007

Più precisamente, è stato ravvisato un profilo di negligenza dell'ausiliaria consistito nell'aver causato l'ustione in conseguenza del "posizionamento non corretto del braccio destro lungo il corpo della paziente" con esclusione di qualsivoglia responsabilità professionale dei chirurghi e dell'anestesista che eseguirono l'intervento di rinosettoplastica sulla paziente considerato che l'infermiera professionale "deve essere in grado di eseguire correttamente i compiti, di sua pertinenza, che gli vengono affidati dai medici".

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I nuovi orientamenti sulla responsabilità di equipe

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Responsabilità di equipe nello smarrimento di ferri

Cass. pen. Sez. IV, Sent., 21-12-2010, n. 4486 la dimenticanza della pinza nell'addome è fuori discussione; e che la giurisprudenza consolidata attribuisce all'intera equipe la responsabilità della cosiddetta conta dei ferri. Dunque, si conclude, la responsabilità per l'errore commesso coinvolge pure l'aiuto chirurgo che svolge un ruolo non trascurabile ed autonomo nel corso dell'intero intervento.

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Responsabilità di equipe nello smarrimento di ferri

La responsabilità si configura sia in riferimento all'atto della dimenticanza, sia con riguardo all'errore nella conta.

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Si è infatti già avuto modo di osservare che il controllo di cui si discute è mirato a fronteggiare un tipico, ricorrente e grave rischio operatorio: quello di lasciare nel corpo del paziente oggetti estranei.

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Esso è conseguentemente affidato all'intera equipe, proprio per evitare che la pluralità dei difficili compiti a ciascuno demandati, le imprevedibili contingenze di un'attività intrinsecamente complessa come quella chirurgica, la stanchezza o la trascuratezza dei singoli, o altre circostanze possano comunque condurre ad un errore che ha conseguenze sempre gravi.

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Si richiede, dunque, l'attivo coinvolgimento di tutti i soggetti che intervengono nell'atto operatorio. Essi devono attivamente partecipare alla verifica. In conseguenza, non è prevista nè sarebbe giustificabile razionalmente la delega delle proprie incombenze agli altri operatori, poichè ciò vulnererebbe il carattere plurale, integrato del controllo che ne accresce l'affidabilità (Cass. 4^, marzo 2008, Rv. 239605).

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Cass. pen. Sez. IV, 21-09-2009, n. 36580

Non si condivide la critica svolta alla sentenza impugnata nel rilevare che l'errore giuridico in cui sono caduti i giudici dell'appello è quello di aver concepito l'equipe di un reparto chirurgico ospedaliero come un gruppo di professionisti sostanzialmente equivalenti e paritetici, laddove, si tratta, invece, di un organo tecnico complesso, strutturato gerarchicamente, nel quale il primario conserva una posizione nettamente dominante.

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Cass. pen. Sez. IV, 21-09-2009, n. 36580

…nel caso, invece, in cui l'attività dell'equipe è corale, cioè riguarda quelle fasi dell'intervento chirurgico in cui ognuno esercita il controllo del buon andamento di esso, non si può addebitare all'uno l'errore dell'altro e viceversa.

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Cass. pen. Sez. IV, 21-09-2009, n. 36580

Questa Corte ha, infatti, affermato (Sezione 4°, sentenza n. 15282 del 7.03 2008 Rv. 239605) che, in tema di colpa medica nell'attività di "equipe", tutti i soggetti intervenuti all'atto operatorio devono partecipare ai controlli volti a fronteggiare il frequente e grave rischio di lasciare nel corpo del paziente oggetti estranei; ne consegue che non è consentita la delega delle proprie incombenze agli altri componenti, poichè ciò vulnerebbe il carattere plurale, integrato, del controllo, che ne accresce l'affidabilità .

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Cass. pen. Sez. IV, 21-09-2009, n. 36580

Correttamente, dunque, la Corte salentina, in ordine al principale motivo di appello, secondo cui non poteva addebitarsi all'imputato alcuna negligenza o distrazione in ragione del fatto che, nell'ambito della equipe chirurgica, il primario chirurgo dott. M. era solito accentrare su di se tutti gli atti operatori relegando gli aiuti in una posizione collaterale, ha rilevato che non si tratta di "valutazioni" o di "tecniche" operatorie decise dal dott. M. e per le quali l'asserita "prassi" di accentratore avrebbe reso quantomeno difficoltoso imporre diverse soluzioni, ma di una macroscopica e banale dimenticanza che, come tale, deve essere addebitata a ciascuno ed a tutti i componenti di quella equipe.

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Cass. pen. Sez. IV, 21-09-2009, n. 36580

Non appare conferente, poi, il ricorso al "principio dell'affidamento" in ipotesi di lavoro in equipe; è d'uopo osservare che non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, insieme o che eventualmente gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione.

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Gli obblighi sulla sicurezza in quanto operatore sanitario

Violazione di regole precauzionali di condotta di carattere preventivo

Violazione di regole precauzionali di condotta di carattere preparatorio

Violazione di regole precauzionali di condotta di carattere professionale

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Inosservanza di obblighi di carattere preventivo

Mancato controllo dell’efficacia di impianti di sterilizzazione e disinfezione

Mancata predisposizione di sistemi di controllo della sterilizzazione

Mancata monitorizzazione di eventi avversi

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Violazione di regole precauzionali di

condotta di carattere preparatorio Inosservanza di tempi minimi di disinfezioni di

strumenti chirurgici (laddove non sterilizzabili), di presidi, di strumenti ottici-endoscopici ecc..

Inosservanza delle date di scadenza di sterilizzazione dei presidi industriali e dei presidi riutilizzabili

Riuso del materiale dichiarato dal fabbricante come monouso

Risterilizzazione di materiale dichiarato non sterilizzabile ecc.

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Violazione di regole precauzionali di condotta di carattere professionale

Mancato rispetto di protocolli e linee guida in merito alle procedure e alle tecniche di sala operatoria

(mancata adozione o rispetto procedure di controllo di corpi estranei nell’organismo del paziente)

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La responsabilità per la sterilità

Soltanto l’individuazione della condotta che ha provocato il contagio può consentire di individuare le responsabilità penali……..

La mancata individuazione della stessa in merito a una infezione non può essere superata “chiamando in causa la contaminazione ambientale”

(Tribunale di Pesaro, aprile 2002, caso Lucarelli)

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La responsabilità per l’abbandono di corpi estranei

Dalla responsabilità gerarchica alla responsabilità condivisa

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 Pretura di Pavia,

sentenza 10 marzo – 23 aprile 1999, n. 92 Nel lavoro in èquipe l’unico criterio di carattere

generale cui si può ricorrere è il cosiddetto principio dell’affidamento, secondo cui ogni componente di un gruppo impegnato in un intervento chirurgico, dovrebbe poter confidare sulla capacità dei collaboratori di adempiere alle mansioni affidate con la necessaria competenza e diligenza, fermo restando il potere di controllo di chi, in un dato momento, assume la qualifica di responsabile del gruppo o capo èquipe.

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 Pretura di Pavia

Sentenza 10 marzo – 23 aprile 1999, n. 92

L’abbandono di garze all’interno dell’addome di una paziente è da attribuire alle concorrenti condotte colpose del chirurgo responsabile in prima persona di quella fase di lavoro e dell’infermiere ferrista che ha, tra le sue mansioni specifiche, anche quella della conta delle pezze e dei ferri.

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 Pretura di Pavia

Sentenza 10 marzo – 23 aprile 1999, n. 92

La suddivisione delle mansioni del personale che effettua o coadiuva in un intervento chirurgico non è codificata per legge, ma trova la sua espressione riconosciuta come valida nella prassi chirurgica.

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  Pretura di Pavia

Sentenza 10 marzo – 23 aprile 1999, n. 92

In particolare se i chirurghi compiono le attività loro specificamente commesse, il compito dell’infermiere ferrista è quello di assistere l’operatore fornendogli il materiale richiesto, sostituendo quello usato e preoccupandosi di conteggiarlo per evitare la perdita dei pezzi. Il medico ha il diritto di aspettarsi che l’infermiere compia esattamente quello per cui è deputato, secondo la prassi riconosciuta e secondo le istruzioni avute ad essa conformi.

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Pretura di Pavia

Sentenza 10 marzo – 23 aprile 1999, n. 92

Non è condivisibile la distinzione tra smarrimento e abbandono di corpi estranei nell’organismo del paziente in quanto i due termini appaiono come sinonimi.

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Tribunale di Firenze4 marzo 1998

Deve ritenersi sussistente il delitto di lesioni colpose (sotto il profilo della negligenza del professionista) nel comportamento del medico che, nel corso di un intervento chirurgico, inserita nell’addome del paziente una garza, ometta di rimuoverla al termine del medesimo non potendosi riferire tale condotta né al caso fortuito né alla responsabilità del personale che lo assiste in sala operatoria per la omessa «conta delle garze»…….

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Tribunale di Firenze4 marzo 1998

…..nondimeno integra una autonoma ipotesi di reato di lesioni volontarie la condotta dello stesso chirurgo che resosi conto, a distanza di tempo dall’operazione, della presenza della garza nell’addome, ometta di avvisare lo stesso paziente, così non impedendo l’ulteriore stato di malattia di quello, evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire perché conseguenza della sua precedente condotta antigiuridica…..

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Tribunale di Firenze4 marzo 1998

….invero per la legge penale è possibile ritenere l’autonomia dei due reati realizzati in successione in quanto siano distinguibili i rispettivi elementi costitutivi (condotta ed evento); né in quel comportamento del sanitario può ravvisarsi solo la circostanza di cui all’art. 61 n. 8 c.p. (avere aggravato le conseguenze del delitto in precedenza già commesso) avendo tali conseguenze tutti i caratteri costitutivi di un ulteriore reato.

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

(Fattispecie relativa a smarrimento di pinza chirurgica di tipo Kelly in addome per rottura di una delle estremità del ferro che ne ha causato lo scivolamento nelle anse intestinali. Intervento chirurgico effettuato da equipe senza l’assistenza di un infermiere ferrista)

La rottura di un ferro, pur non essendo un accadimento frequente non è comunque imprevedibile ed eccezionale. Infatti l’usura dei ferri o un eventuale difetto di costruzione possono cagionare un evento del genere.

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

La condotta colpevole dei ricorrenti si identifica non tanto nella rottura della pinza, che, pur non essendo circostanza imprevedibile, non è attribuibile direttamente agli imputati, quanto nell’omesso conteggio dei ferri dopo la sutura della ferita, e nella successiva omessa immediata rimozione.

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

E’ infatti evidente che è opportuno il conteggio prima della chiusura della ferita per rimuovere eventuali pezzi dimenticati, senza procedere poi alla “scucitura” subito dopo l’intervento, ma è altrettanto evidente che regole semplici di diligenza, di perizia e di prudenza, senza neppure “scomodare la conoscenza della scienza medica, impongono di controllare nuovamente che tutti i ferri siano stati rimossi dopo la sutura della ferita in quanto a una eventuale omissione si può porre rimedio nell’immediatezza procurando un lieve trauma…

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

….la “scucitura” della sutura, la dove la permanenza del ferro nel corpo per molto tempo (nella specie diversi mesi) e il dovere procedere a nuovo interventi chirurgico per rimuoverlo dopo che si siano prodotte tenaci aderenze sono causa di lesioni gravi, o addirittura della morte del paziente.

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

Il dovere professionale di procedere al conteggio dei ferri non può quindi ritenersi esaurito eseguendolo prima della sutura della ferita e ancorchè ancora alcuni pezzi permangono nel corpo della persona sottoposta a intervento chirurgico, ma va completato con una ulteriore verifica subito dopo la sutura per controllare la rimozione degli ulteriori pezzi, proprio perché è possibile (come è avvenuto nella specie) che tali ferri possano, per diverse cause (per dimenticanza o per incidente) essere lasciati nel corpo della persona operata.

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

(i ricorrenti si sono difesi sostenendo che) secondo una prassi consolidata la “conta dei ferri” era compito del personale infermieristico e, in mancanza di infermieri, del terzo componente della squadra operatoria.

Non può esservi dubbio che almeno il controllo della rimozione dei ferri spetti all’intera equipe operatoria, e cioè ai medici, i quali hanno la responsabilità del buon esito dell’intervento, non solo in relazione all’oggetto dell’operazione, ma altresì per tutti gli adempimenti connessi, sicchè è del tutto inaccoglibile l’argomento secondo il quale il controllo successivo alla suturazione della ferita, e cioè quello definitivo e tranquillizzante, sia devoluto al personale infermieristico, secondo una prassi consolidata, avendo il personale paramedico, nel settore chirurgico, funzioni di assistenza e non di verifica dell’attuazione dell’intervento operatorio nella sua competenza.

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Smarrimento e dimenticanza di corpi estranei

Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 39062/2004

Né i giudici di merito hanno ritenuto di individuare la sussistenza di particolari deleghe, riaffermandosi,comunque che gli imputati non hanno né rimosso e neppure controllato che siano state rimosse le ultime pinze lasciate per tenere aperti i lembi della ferita prima della sutura.

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Corte di cassazione IV sezione penale, Sentenza 12 settembre 2008, n. 24360

Nel corso di un intervento di rinoplastica il chirurgo ha somministrato una soluzione contenente adrenalina e carbocaina alla quale era stata aggiunta per errore, invece di una soluzione fisiologica, un disinfettante contenente benzalconio cloruro (verosimilmente desogen o neodesogen) che aveva cagionato dopo l’infiltrazione sottocutanea, un edema imponente e necrosi a carico di alcuni tessuti.

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Corte di cassazione IV sezione penale, Sentenza 12 settembre 2008, n. 24360

In primo grado (Tribunale di Cosenza) veniva condannato il medico e lo strumentista.

In secondo grado (Corte di appello di Catanzaro) ha assolto il chirurgo e condannato l’infermiere

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Sentenza della Cassazione

Nel caso in esame va per altro osservato che la preparazione del composto medicinale da somministrare è certamente un atto medico di competenza del medico chirurgo; questi può delegarne a persona competente l’esecuzione materiale ma deve sempre controllare, proprio perché si tratta di un atto solo a lui riferibile, la corretta esecuzione dell’operazione;........

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Corte di cassazione IV sezione penale, Sentenza 12 settembre 2008, n. 24360

……e, nella specie, non risulta che questo controllo sia stato dal chirurgo posto in essere.

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Corte di cassazione IV sezione penale, Sentenza 12 settembre 2008, n. 24360

ma se anche la preparazione del composto non fosse da considerare atto medico non per questo verrebbe meno la responsabilità del chirurgo perché i ricordati principi che regolano il principio dell’affidamento non si applicano nel caso in cui all’agente sia attribuita una funzione di controllo sull’opera altrui; in questo caso egli risponde delle regole ordinarie delle condotte colpose del terzo da lui riconducibili ed evitabili.

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Corte di cassazione IV sezione penale, Sentenza 12 settembre 2008, n. 24360

Del resto già in altre occasioni è stato affermato che la funzione dell’infermiere, nel corso dell’intervento chirurgico, è di assistenza del personale medico cui vanno riferite le attività svolte

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La delega di funzioni nell’esercizio professionale

Consiste in un documento con cui un soggetto abilitato trasferisce la titolarità di una o più funzioni proprie trasferendo contestualmente anche la titolarità dei poteri decisionali.

La delega di funzioni è il modo per rendere certo e conoscibile il trasferimento di funzioni e il documento formato costituisce una prova storico-documentale.

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La delega di funzioni nell’esercizio professionale

L’istituto della delega non è un istituto normativo (da intendersi letteralmente, nel senso che non è previsto da alcuna norma giuridica) ma una creazione giurisprudenziale.

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Requisiti essenziali della delega

1) deve essere comprovata e non presunta (principio di certezza)

2) i poteri devono essere precisati (Principio di specificità o determinazione)

3) Deve essere portata a conoscenza del delegato e da questi esplicitamente accettata (Principio di consapevolezza)

4) Deve essere conferita per iscritto (Principio di scrittura)

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Requisiti essenziali della delega

5) Acquista efficacia solo se data a persona qualificata, tecnicamente capace, esperta, competente (Principio dell’assenza della culpa in eligendo)

6) è valida solo se correlata alle più ampie facoltà di iniziativa e di organizzazione, in modo che il delegato sia posto in grado di assolverla (Principio di corrispondenza o di effettività)

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Requisiti essenziali della delega

7) Il delegante non deve ingerirsi personalmente – neppure indirettamente – nell’assolvimento dei compiti delegati (Principio di non ingerenza o di astensione)

8) Il delegante non deve essere a conoscenza dell’inefficienza del delegato (Principio di non connivenza o di non acquiescenza)

9) Il delegante deve predisporre un sistema di controllo e di verifica periodica dell’attività del delegato (Principio dell’assenza di culpa in vigilando)

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Requisiti essenziali della delega

Non è ammissibile l’ipotesi della “subdelega” o delega a cascata che si verifica allorquando il soggetto delegato deleghi a sua volta altra persona a svolgere le mansioni delegate.

Delegatus non potest delegare

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Requisiti essenziali della delega

La subdelega non è ammissibile in quanto non permette al delegante di esercitare il dovuto duplice controllo all’origine:

a) Verifica dei requisiti di idoneità tecnica

b) Verifica della rispondenza dell’attività svolta ai contenuti delle delega