Upload
ngokiet
View
246
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DOCUMENTARIE,
LINGUISTICO-FILOLOGICHE E GEOGRAFICHE
DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE
LIBRARIE E DOCUMENTARIE – XXVI CICLO
COORDINATORE: PROF. ALBERTO PETRUCCIANI
LA SERIE ‘MARCHI’
DEL FONDO UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI
COME FONTE STORICA.
Il caso della categoria ‘Prodotti per l’igiene personale e la
pulizia della casa’
DOTTORANDO
FRANCESCA SORINO
TUTOR
Prof. GIOVANNI PAOLONI
CO-TUTOR
Prof.ssa MARINA RAFFAELI
3
SOMMARIO
1. L’ARCHIVIO DELL’UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI .................................... 7
1.1. Brevetti, marchi e modelli di fabbrica: ‘i tre volti di una società’ ..................................... 7
1.2. Identità dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi ............................................................... 14
1.3. L’Archivio: nascita, sviluppo e iniziative di valorizzazione ............................................ 23
1.3.1. La documentazione conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato ....................... 23
1.3.2. Progetti di riordinamento e valorizzazione .................................................................. 26
1.4. L’Archivio dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi: modelli a confronto ........................ 28
2. I MARCHI DI FABBRICA ..................................................................................................... 31
2.1. Il marchio nella storia: nascita del brand ......................................................................... 31
2.2. Normativa nazionale ed internazionale ............................................................................ 40
2.3. Classificazione, analisi e sviluppo delle classi merceologiche ........................................ 49
2.4. Dal Bollettino alla banca dati: analisi di una ricerca ........................................................ 61
3. LA CATEGORIA DEI PRODOTTI PER L’IGIENE PERSONALE E LA PULIZIA DELLA CASA ....................................................................................................................................... 66
3.1. Dai saponi ai detersivi: identità di una categoria ............................................................. 66
3.2. I prodotti: tipologie e ricognizione ................................................................................... 69
3.3. Dall’UIBM alla WIPO: analisi di banche dati e nuove proposte ..................................... 97
3.4. L’utilizzo dei marchi come fonte storica: possibilità e percorsi .................................... 103
4. STUDIO DEI MARCHI ATTRAVERSO LE STATISTICHE ............................................. 106
4.1. I marchi nella storiografia .............................................................................................. 106
4.1. Andamento dei marchi esteri e nazionali registrati in Italia tra il 1870 e il 1949 .......... 109
5. CONCLUSIONI ..................................................................................................................... 141
6. BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................... 144
7. FONTI ONLINE .................................................................................................................... 149
8. INDICE .................................................................................................................................. 150
5
INTRODUZIONE
Nel corso degli anni si è molto dibattuto sul valore degli archivi come fonte storica e
sulla loro possibile utilizzazione in relazione ai cambiamenti socio culturali ed ai processi
evolutivi di un paese.
La realtà degli archivi d’impresa, che è rimasta per molto tempo poco conosciuta e a
volte del tutto dimenticata, ha comunque destato un particolare interesse da parte degli
studiosi, che hanno visto nella documentazione prodotta dalle imprese una parte importante
del patrimonio archivistico nazionale, da tutelare e valorizzare.
In Italia l’interesse per il recupero degli archivi d’impresa risale agli anni Settanta,
quando l’attenzione delle aziende e degli imprenditori al recupero della propria memoria
storica, come mezzo di valorizzazione della identità e immagine dell’azienda, incontra la
volontà di un gruppo di storici dell’economia ed archivisti particolarmente attenti a questa
esigenza.
La prima iniziativa è del 19721, quando l’Amministrazione archivistica organizza
una Tavola Rotonda sugli archivi delle imprese in Italia a cui partecipano numerosi storici
economici per discutere attorno al tema degli archivi delle imprese industriali.
Iniziativa che dà il via a una serie di attività per la tutela di un patrimonio considerato
di notevole interesse storico tra cui la creazione nel 1980 dell’Archivio storico Ansaldo2.
Se i documenti d’archivio che rappresentano l’attività di una impresa, infatti, hanno inizialmente un valore giuridico-amministrativo e sono prodotti e conservati per motivi gestionali, giuridici e fiscali; con il trascorrere del tempo l’uso amministrativo lascia il posto alla rilevanza storica. L’archivio diviene così protagonista della salvaguardia e della trasmissione della conoscenza e unico guardiano di un patrimonio documentario di indiscutibile interesse storico3.
Il fondo archivistico dei brevetti e dei marchi, conservato presso l’Archivio Centrale
dello Stato, rappresenta sicuramente una fonte di inestimabile ricchezza e potenzialità per
la conservazione della memoria delle imprese italiane.
La documentazione brevettuale, vista come spazio privilegiato per la raccolta ed il
confronto di soluzioni concrete e fattibili o come luogo custode di idee pioneristiche e
innovative, risulta comunque ad oggi poco studiata.
Non se n’è compresa la reale portata scientifica. 1 Gli atti del convegno furono pubblicati nel 1973 sulla «Rassegna degli archivi di Stato», XXXIII (1973), pp. 9 – 76. 2 Cfr. Fabio Del Giudice, Gli archivi d’impresa in Italia, «Culture e imprese», n. 2, luglio 2005, http://www.cultureimpresa.it/02-2005/italian/atti02.html. 3 Paola Carucci, Marina Messina, Manuale di archivistica per l’impresa, Roma, Carocci, 1998, pp. 15 – 16.
6
Riflettendo, infatti, non possiamo che constatare che la storia dell’istituto della
proprietà intellettuale si interseca con le trasformazioni che hanno portato la società e la
cultura occidentale alla cosiddetta ‘prima rivoluzione industriale’.
Anche se gli storici tradizionali hanno trascurato i brevetti di invenzione e i sistemi
di protezione della proprietà intellettuale4, questi sono diventati un’importante fonte di
informazione per quelle tendenze storiografiche che vedono negli oggetti, nella loro
produzione, nel loro uso e consumo, veri e propri ‘dati’ attraverso i quali fornire nuove
letture delle vicende politiche, religiose, sociali ed economiche di una civiltà5.
Si è ritenuto opportuno quindi approfondire, in questa trattazione, tutte quelle teorie
che vedono, nella conservazione, tutela e valorizzazione del fondo archivistico dei brevetti
e marchi e, nello specifico, della Serie Marchi del Fondo Ufficio Italiano Brevetti, una
potenzialità per la conservazione della memoria delle imprese italiane, nonché per la loro
creatività industriale e pubblicitaria6.
4 Cfr. Michelangelo Vasta, Dal Badalone a Windows: la proprietà intellettuale e la tutela dell’innovazione, in R. Giannetti (ed), Nel mito di Prometeo. L’innovazione tecnologica dalla rivoluzione industriale ad oggi. Temi, inventori e protagonisti dall’ottocento al duemila, Firenze, Ponte alle Grazie, 1996, pp. 260 - 278 5 Cfr. Sergio Pizziconi, coordinatore del corso di dottorato Massimo Palermo, direttore della ricerca Maria Catricalà, Norme, parole e forme dei brevetti di invenzione italiani del ‘900, Siena, Università per stranieri, 2004 – 2005, pp. 1 - 3. 6 Cfr. Giovanni Paoloni, Gli Archivi d’Impresa in «Economia della cultura», XVIII, 2008, n.4, pp. 471 - 477.
7
1. L’ARCHIVIO DELL’UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI 1.1. Brevetti, marchi e modelli di fabbrica: ‘i tre volti di una società’
Gli archivi brevettuali, così come le biblioteche e più recentemente la rete,
conservano da sempre traccia del pensiero e dell’immaginario di intere generazioni
presentandosi come nuovi custodi del sapere nella società moderna.
Attraverso la memoria delle grandi ‘invenzioni’ e dei suoi ‘marchi’ si possono
seguire le storie individuali di ogni inventore, di una classe sociale, le vicende di una
singola impresa, così come quelle di un intero settore economico e tecnico.
Indipendentemente dall’obbiettivo primario entrando in un fondo brevetti e marchi,
sia esso cartaceo o elettronico, la documentazione presente offre al visitatore la possibilità
di muoversi fra i più differenti temi e problemi fisici e culturali e di viaggiare attraverso il
tempo e lo spazio di intere comunità, come nel labirinto mentale di ogni singolo inventore.
La storia dell’istituto della proprietà intellettuale si intreccia infatti con le
trasformazioni che hanno portato la società e la cultura occidentale verso la prima
rivoluzione industriale.
Trascurati dagli storici tradizionali, i brevetti d’invenzione, i marchi e i modelli di
fabbrica, così come i sistemi di protezione della proprietà intellettuale, si sono invece
imposti come importante fonte di informazione per quelle nuove tendenze storiografiche
che vedono negli oggetti e nelle immagini, nella loro produzione, nel loro uso e nel loro
consumo, veri e propri dati attraverso i quali fornire nuove letture delle vicende politiche,
religiose, sociali ed economiche di una civiltà.
Ed è proprio da queste premesse che comincia l’analisi di come questi tre
protagonisti abbiano effettivamente, in qualche modo, influenzato le vicende di una intera
società a partire dal medioevo, epoca in cui fa la sua prima apparizione il brevetto
d’invenzione, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Per autorità di questo Consiglio, chiunque fabbricherà una macchina nuova e ingegnosa, prima ignota nella Repubblica, e la perfezionerà in modo tale che possa essere utilizzata, è obbligato a comunicarlo all’ufficio dei Provveditori del Comune. E per dieci anni, nell’intera Repubblica, sarà proibito a chiunque costruire macchine identiche o simili senza il consenso o la licenza dell’inventore.7
7 Statuto dei Brevetti, Repubblica di Venezia, 19 marzo 1474.
8
È il 19 marzo 1474 quando il Senato serenissimo8 vota a larghissima maggioranza
(centosedici voti a favore, dieci contrari e tre astenuti) il primo Statuto a protezione delle
invenzioni, ma già qualche decennio prima i diritti di monopolio sulle invenzioni avevano
fatto la loro apparizione proprio a Venezia dove era stato conferito nel 1416 il primo
brevetto vero e proprio a un certo Francesco Petri, inventore di un macchinario innovativo
a trazione idraulica per il compattamento e l’impermeabilizzazione dei tessuti di lana.9
Lo Statuto non si limitava a proteggere la proprietà intellettuale, ma obbligava
inventori e innovatori a comunicare i loro ritrovati.
Nel 1421 anche la Repubblica di Firenze conferisce un brevetto ante legem, per tre
anni, a Filippo Brunelleschi per uno speciale battello per il trasporto, sull’Arno, dei marmi
di Carrara necessari per i lavori sulla cupola del duomo di Firenze. L’innovazione è, tra le
altre cose, nell’inusuale estensione del diritto anche al nome del battello ‘il Badalone’,
come fosse una sorta di marchio. Purtroppo il battello si arenò nelle secche dell’Arno
presso Empoli.
Ma è nel 1449, in Inghilterra, che nasce, a livello internazionale, il termine brevetto,
o per meglio dire patent, grazie a una littera patens concessa da Enrico VI ad un artigiano
fiammingo per il monopolio ventennale di un procedimento per ottenere vetri colorati.
Se la tutela dell’ingegno diviene il presupposto per l’innovazione a beneficio
pubblico, rappresentando un incentivo all’investimento nella ricerca scientifica e tecnica e
una premessa allo sviluppo economico; la concessione di un vero e proprio monopolio, sia
pure temporaneo, rappresenta, di contro, un limite allo sviluppo, soprattutto se l’inventore
non è in grado di concretizzare l’invenzione sul piano industriale o commerciale.
Durante la rivoluzione industriale e il conseguente aumento della circolazione delle
merci si ebbe un periodo di diffusa ostilità al sistema dei brevetti, tanto che alcuni Stati
abrogarono le normative a riguardo, a causa delle difficoltà legate alla complessità di
assicurare protezione alle innovazioni e ai perfezionamenti di un’invenzione, nonché alla
gestione sostanzialmente protezionistica operata dagli Stati che si opponevano al
riconoscimento di brevetti stranieri al fine di ostacolare le importazioni e per tentare di
favorire le proprie esportazioni. 8 Il Consiglio dei Pregadi o Consiglio dei Rogadi o, più comunemente, Senato era un organo costituzionale della Repubblica di Venezia istituito sin dal 1229 quale assemblea deliberativa superiore della Repubblica, che si occupava di discutere della politica estera e dei problemi correnti con un meccanismo decisionale più snello e ristretto rispetto al sovrano Maggior Consiglio. Il nome di Consiglio dei Pregadi si riferisce letteralmente al fatto che i senatori venivano originariamente pregati di fornire il proprio consiglio al Doge, mentre il nome Senato si impose invece solamente nel XIV secolo col diffondersi della cultura umanista. http://www.treccani.it/enciclopedia/pregadi_(Enciclopedia-Italiana)/. 9 Cfr. UIBM, 130 anni di storia dell’Ufficio Italiano brevetti e marchi 1884-2014, Roma, Ministero dello Sviluppo Economico, pp. 7 – 15.
9
Si continuò, quindi, a tutelare la titolarità dell’invenzione sul piano patrimoniale, ma
si abolì il diritto di monopolio.
Con l’avvento del protezionismo, innescato dalla depressione economica iniziata nel
1873 nell’Europa centrale come diretta conseguenza della guerra franco prussiana, arrivò
la stipula della Convenzione di Parigi10 del 1883 (tutt’ora in vigore nonostante le numerose
revisioni) che stabilì un’unione di Paesi per la protezione della proprietà industriale.
Concepita inizialmente per favorire lo sviluppo economico, sia pure nell’ottica del
singolo Stato, la tutela della proprietà industriale rischiò paradossalmente la disfatta in una
fase euforica di libero scambio e di sviluppo economico dovuto alla rivoluzione
industriale.
Trovò invece la possibilità di rivincita durante il protezionismo, ponendo le basi per
la creazione di una tutela internazionale con l’adozione di criteri di reciprocità tra gli stati.
Il concetto di proprietà industriale si unì a quello più vasto di proprietà intellettuale,
che includeva anche la protezione del diritto d’autore, e soprattutto si cominciò a parlare di
proprietà industriale in una accezione più ampia in quanto non si riferiva più ai soli
prodotti dell’industria, ma inseriva al suo interno anche i prodotti dell’agricoltura e
dell’allevamento (vini, cereali, frutta, bestiame, eccetera) e i prodotti minerali commerciali
(acque minerali, eccetera).
In Italia i fenomeni finora descritti furono percepiti con minore intensità anche a
livello di normativa brevettuale tant’è che la rivoluzione industriale fece crescere anche in
totale autonomia una specifica forma di proprietà industriale, già conosciuta a livello
teorico, ma scarsamente utilizzata e protetta.
La produzione di diverse tipologie e l’offerta di una vasta gamma di prodotti da parte
di una stessa impresa, già conosciuta e apprezzata per una produzione precedente, attribuì
un’identità sempre più marcata alle imprese, non soltanto per mezzo del nome, ma anche
attraverso simboli e segni di riconoscimento, a loro volta consolidati dall’utilizzo grafico e
nelle inserzioni pubblicitarie.
Ecco che il logo si pone come strumento di identificazione della marca
distinguendola da ogni altra impresa analoga o concorrente.
10 La Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale, firmata a Parigi, il 20 marzo 1883, fu uno dei primi trattati sulla proprietà intellettuale e proprietà industriale che stabilì un'Unione di Paesi per proteggere questo diritto. Riveduta a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, all'Aja il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Lisbona il 31 ottobre 1958 e a Stoccolma il14 luglio 1967 la Convenzione è riportata nel testo dell’Atto di revisione firmato a Stoccolma il 14 luglio 1967 e successivamente emendato il 28 settembre 1979. Il testo di Stoccolma è stato ratificato dall'Italia con L. 28 aprile 1976, n. 424 (pubblicata in G.U. 19 giugno 1976, n. 160 - S.O.) ed è in vigore dal 24 aprile 1977 (Comunicato pubblicato in G.U. 18 aprile 1977, n. 104).
10
I consumatori cominciano ad attribuire maggiore o minore credibilità all’immagine
commerciale dell’azienda, il brand, sulla base della qualità e affidabilità dei prodotti.
Il Regno di Sardegna fu il primo, nel 1885, a contemplare anche una protezione per i
marchi.
Il Regno d’Italia adottò la legislazione del Regno di Sardegna anche in materia di
proprietà intellettuale e dopo il trasferimento della capitale a Firenze furono promulgate
due leggi11 sulla protezione dei marchi e dei disegni e modelli industriali.
La legge sui marchi e segni distintivi di fabbrica12 concede l’uso esclusivo del
marchio ‘o altro segno’ distintivo dei prodotti di una industria, delle ‘mercanzie del suo
commercio’ e anche ‘degli animali di una razza a lei appartenente’ a condizione
ovviamente che il marchio fosse depositato presso la prefettura e fosse diverso da ogni
altro già legalmente in uso.
Dovevano inoltre essere versate quaranta lire per ciascun segno o marchio distintivo.
L’usurpazione e la contraffazione del marchio protetto, ma anche l’uso ingannevole
di marchi simili erano puniti con una multa fino a duemila lire che veniva raddoppiata in
caso di recidiva. Era inoltre punito il reato di falso.
Disposizioni analoghe13 assicuravano protezione per due anni agli inventori di nuovi
disegni o modelli di fabbrica, che dovevano provvedere a depositare dieci lire.
L’attestato di privativa decadeva dopo un anno nel caso in cui non fossero utilizzati i
disegni o modelli o anche nel caso in cui gli stessi non venissero prodotti o
commercializzati.
Leggi sicuramente essenziali e poco sofisticate che con la loro inequivocabile
chiarezza furono in grado di disciplinare per oltre settanta anni la concessione di brevetti,
marchi e disegni, in un’Italia a pochi passi dall’unità.
Dal punto di vista industriale l’Italia di fine Ottocento era in netto ritardo rispetto agli
analoghi Paesi europei e in questo periodo lo Stato assunse sempre di più il ruolo di
produttore.
Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale l’Italia cercò di colmare il forte divario
innovativo e produttivo con gli altri Paesi attraverso l’investimento pubblico, la
realizzazione di un apparato amministrativo unitario, la costruzione di infrastrutture e la
creazione di una legislazione commerciale.
11 Legge 30 agosto 1868, n. 4577 e legge 30 agosto 1868, n. 4578. 12 Legge 30 agosto 1868, n. 4577. 13 Legge 30 agosto 1868, n. 4578.
11
É in questo clima che il 23 ottobre 1884, con Regio Decreto n.2730, nacque l’Ufficio
speciale della proprietà industriale e il Deposito centrale dei brevetti d’invenzione, dei
marchi, segni distintivi, disegni e modelli di fabbrica.
Ma con la guerra alle porte lo Stato decise di emanare il Regio Decreto legge 28
gennaio 1915, n.49, che disciplinava l’espropriazione del diritto di privativa industriale a
fini di difesa «nell’interesse della difesa nazionale e pel solo uso militare […], lo Stato
infatti si concedeva di […] espropriare in tutto o in parte il diritto di privativa od usare
dell’invenzione senza il consenso del titolare della privativa».
All’espropriato veniva riconosciuta un’indennità, mentre per le nuove richieste di
attestati era previsto il congelamento a tempo indeterminato se si trattava di una invenzione
interessante per lo Stato.
La I Guerra Mondiale segnò, quindi, un periodo di blocco in materia di privative
industriali, di marchi e modelli di fabbrica, che godettero, invece, di rinnovata attenzione
con l’avvento del fascismo.
Ed è proprio nella fase iniziale del ventennio fascista che l’impulso riformatore si
concentrò sulla struttura dell’Ufficio della proprietà intellettuale, al quale fu conferita una
posizione di rilievo all’interno del nuovo ministero dell’Economia nazionale, e al riordino
dell’intera materia brevettuale in una prospettiva di sviluppo tecnico e scientifico. Queste
riforme erano inquadrate in un più ampio progetto di riforma dell’ordinamento statale che
culminò con l’emanazione dei nuovi codici civile, penale e processuale.
Il codice civile del 1942, riuniva e modificava il codice civile del 1865 e quello del
commercio del 1882 in cui era contenuta la normativa sui diritti di esclusiva dei marchi e
dei brevetti.
Il nuovo testo fissava i caratteri essenziali della proprietà intellettuale.
L’8 settembre 1943 è la data simbolica della liberazione e l’Italia si trovò ad
affrontare un periodo di profonda crisi sia civile che economica. Spaccata in due, con un
Nord che viveva le fasi più tragiche del conflitto e un Sud che affrontava un difficile
dopoguerra, il Governo provò a ricucire gli strappi di una società provata e impoverita dal
conflitto mondiale restituendo un minimo di funzionalità alle istituzioni e agli uffici
pubblici.
In materia di proprietà intellettuale vengono riattivati i compiti dell’Ufficio e viene
temporaneamente disposta una proroga della protezione e la riattivazione dei brevetti
decaduti a causa della guerra.
12
Le camere di commercio, soppresse e sostituite nel ventennio dai consigli provinciali
dell’economia e poi dai consigli provinciali delle corporazioni, vengono ripristinate.
Il Trattato di pace è estremamente duro e punitivo per l’Italia e in materia di
proprietà industriale concedeva ai cittadini stranieri la restituzione di tutti i beni da loro
posseduti in Italia, compresi i diritti di proprietà industriale, e prevedeva un anno di
proroga per ottenere o confermare il diritto di priorità per la concessione di brevetti o la
registrazione di modelli, disegni industriali e marchi di fabbrica, le cui domande erano
state presentate in un qualsiasi Stato delle potenze alleate nell’anno precedente l’inizio
della guerra.
Vengono esclusi da tale privilegio i cittadini italiani a causa delle scelte adottate
dall’Italia durante le guerra e forse anche per evitare che imprenditori compromessi con il
vecchio regime potessero riprendere senza sforzo e in regime di monopolio le loro attività.
Tale restrizione venne meno nel 1950, quando il governo approvò il disegno di legge
10 ottobre 1950, n. 842, che consentì ai cittadini e alle persone giuridiche italiane, titolari
di brevetto per invenzione industriale al momento dell’entrata in guerra (10 giugno 1940),
di prolungare la scadenza fino a cinque anni.
Il patrimonio industriale, se non distrutto dalla guerra, necessitava comunque di
un’ingente opera di ammodernamento e in questo senso la creatività italiana trovò nuovi
stimoli nel disegno industriale, soprattutto per quel che riguarda motoveicoli e scooter.
Vecchi e nuovi produttori fanno del loro meglio per combinare funzionalità e design
e anche i marchi svolgono un ruolo essenziale attraverso nomi e loghi memorabili e
accattivanti, come la Vespa per la Piaggio o la Lambretta per Innocenti.
Ciò portò l’Ufficio brevetti a fronteggiare un’ingente mole di lavoro dovuto alla
massiccia ripresa delle domande per i brevetti d’invenzione ed alla registrazione di marchi,
disegni e modelli industriali.
A partire dalla seconda metà degli anni ‘50 l’Italia va incontro a un periodo di
modernizzazione impetuosa, il cosiddetto ‘miracolo economico’, che segna la definitiva
affermazione dell’industria e del consumo di massa.
La pubblicità entra a far parte dell’esperienza quotidiana, soprattutto quella televisiva
che emargina progressivamente la vecchia cartellonistica e i manifesti d’autore.
In questo periodo il numero di brevetti cresce esponenzialmente, nei settori della
moda, dell’arredamento, degli elettrodomestici, dell’agroalimentare.
La creatività italiana conosce finalmente la sua età dell’oro, combinando armonia del
design, delle forme e della progettazione con semplicità ed essenzialità.
13
I designer cominciano a diventare delle ‘firme riconosciute’ (Giò Ponti, Bruno
Munari ed Enzo Mari) cosi come i marchi diventano la nuova identità del ‘miracolo
italiano’ (Piaggio, Innocenti, Olivetti, Ferragamo, Gucci, Barilla).
L’ascesa industriale di questi anni è senza precedenti, i settori trainanti diventano
quello automobilistico, quello della chimica e della petrolchimica e quello degli
elettrodomestici.
Nel 1957 il numero dei frigoriferi prodotti in Italia (da aziende che fino a poco tempo
prima erano artigianali come Candy, Ignis, Zanussi) sale a 370.000 e nel 1967 arriva a
3.200.000. Nello stesso anno l’Italia è il più grande produttore di lavatrici, cambiando
radicalmente le abitudini degli italiani che vedono irrompere nelle loro case i primi
detersivi sintetici adatti anche per i bucati in lavatrice con la Colgate Palmolive e la Procter
and Gamble che la fanno da padroni.
Gli anni ‘70 rappresentano il momento di massima incertezza e minima
soddisfazione per l’Ufficio brevetti, ma anche quelli in cui si preparano le condizioni, sul
piano europeo e internazionale, per armonizzare le legislazioni interne e sviluppare la
collaborazione degli uffici nazionali con le organizzazioni internazionali.
L’Italia nel frattempo era entrata in un periodo di recessione14 caratterizzato da alti
livelli di disoccupazione, alto tasso di inflazione e forte svalutazione della lira, che incise
moltissimo sulle importazioni di materie prime e beni.
La recessione di metà anni ‘70 colpisce duramente i settori siderurgico,
automobilistico e chimico e il Paese si ritrova proiettato in un clima di austerità.
Anche in queste difficili condizioni, cresce e si sviluppa comunque la piccola e
media impresa, generalmente a conduzione familiare, specialmente nei settori
dell’abbigliamento, delle calzature, dell’arredamento, delle ceramiche e del pellame.
É in questo clima che l’Italia, con l’estro e la creatività dei suoi designer e la spinta
innovativa della sue aziende, sperimenta nuovi materiali e forme fino a quel momento
sconosciute.
La plastica e i colori vivaci fanno il loro ingresso all’interno delle case, e simboli
rivoluzionari diventano marchi inossidabili dell’azienda che li produce. É il caso, ad
esempio, del Serpente della nota oreficeria Bulgari.
Con gli anni ‘80 si assiste ad un ‘secondo boom’: l’inflazione comincia a diminuire,
proseguono i lavori di ristrutturazione dell’intero ramo industriale, si afferma
definitivamente la piccola impresa con la nascita di nuovi distretti e la crescita delle 14 Nel 1973 l’improvvisa interruzione della fornitura di petrolio da parte dei paesi dell’Opec apre un profonda crisi energetica per l’intero Occidente.
14
esportazioni nei settori delle macchine utensili, della ceramica, degli strumenti di
precisione, dell’abbigliamento e delle calzature.
Questo periodo è inoltre caratterizzato dalla rivoluzione informatica che porta alla
diffusione in ambito professionale e domestico dei primi personal computer modificando
radicalmente la produzione e la vita collettiva.
Si arriva così alla fine del XX secolo con le criticità strutturali del Paese che
rimangono pressoché inalterate; tra il 2001 e il 2005 la crescita economica dell’Italia si
arresta: la mancata promozione della ricerca, la burocrazia, il corporativismo, l’arretratezza
del Sud, l’assenza di ricambio generazionale in tutti i settori della vita collettiva e i ritardi
tecnologici rispetto al contesto internazionale tendono ad aggravarsi.
In questo scenario anche i marchi e i brevetti, intesi ormai come patrimonio
nazionale in grado di promuovere l’innovazione e la competitività delle imprese, subiscono
un forte indebolimento trasferendo sempre più in mani straniere marchi storici e grandi
aziende del made in Italy (Orzo Bimbo, Parmalat, Star, Galbani, salumi Fiorucci, Bulgari,
Fendi, Gucci sono solo alcuni esempi) con la conseguente acquisizione di brevetti italiani.
L’Italia rimane, nonostante tutto, proiettata verso un futuro migliore grazie anche ad
un intero tessuto produttivo ed economico che resiste ed innova in un momento storico
difficile come quello attuale.
Un tessuto fatto di idee e pratiche imprenditoriali inedite, come per esempio quelle
introdotte da Eataly che ha investito nella qualità enogastronomica, ma anche di settori
come quello della moda o della meccanica che hanno saputo puntare sulla qualità
incrementando la propria creatività attraverso l’investimento nell’innovazione e nella
ricerca.
1.2. Identità dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi
Una tappa fondamentale della ricerca è stata la ricostruzione dell’attività operativa
dell’Ufficio Italiano Brevetti fin dalla sua istituzione, al fine di inquadrarne meglio le
funzioni e l’organizzazione all’interno della pubblica amministrazione nella quale fu
inserito, per meglio comprendere le modalità di nascita ed evoluzione della serie Marchi e
delle sue classificazioni, grazie all’esame incrociato della normativa in materia di brevetti e
marchi e delle notizie presenti all’interno delle fonti bibliografiche, dei documenti della
serie Marchi e della Guida Monaci.
La storia dell’Ufficio Italiano Brevetti comincia assai lontano quando, con
l’emanazione della legge piemontese preunitaria del 12 marzo 1855, n. 782, sulle
15
‘Privative per Invenzioni e Scoperte Industriali’, si sentì la necessità di predisporre un
ufficio che si occupasse di tutti quei servizi che riguardavano le privative.
L’ufficio, che allora prese il nome di Ufficio delle privative industriali, fu dapprima
posto alle dipendenze del Ministero delle Finanze e Commercio, poi dell’Istituto tecnico di
Torino15, quindi della Scuola d’applicazione degli ingegneri.
Con l’emanazione della legge sabauda del 30 ottobre 1859, n. 3731 in materia di
privative industriali si ebbe la necessità, in virtù dell’estensione della suddetta legge a tutto
il Regno16, di predisporre un ufficio all’interno della pubblica amministrazione. La
soluzione fu di porlo alle dipendenze del Ministero dell’agricoltura industria e
commercio17, nell’ambito della divisione responsabile per il settore industriale, grazie al
R.D. 9 novembre 1861, n. 322.
L’Ufficio, al quale dovevano essere indirizzate le domande redatte in italiano e in
francese e corredate di disegni e descrizioni, si doveva occupare di rilasciare un attestato di
privativa, senza alcun esame preventivo, che poteva variare da uno a quindici anni. Le
domande di privativa potevano essere richieste anche da cittadini stranieri ed era prevista
inoltre una commissione reclami istituita presso il Ministero. Erano previsti infine anche i
casi di nullità o di annullamento e di eventuali azioni giudiziarie a seguito di violazioni nei
diritti di privativa.
Spettava invece al Ministero la direzione di tutto ciò che riguardava le privative
industriali, compresa la loro registrazione e conservazione18, ed era anche prevista la
pubblicazione trimestrale nella Gazzetta Ufficiale del Regno degli elenchi degli attestati
rilasciati e dei trasferimenti19.
Il Ministero, inoltre, provvedeva alla stampa semestrale di un ‘Bollettino Industriale
del Regno d’Italia’20 nel quale venivano pubblicate, sia le descrizioni e i disegni delle
invenzioni per le quali era stata concessa la privativa nei sei mesi precedenti, sia le
15 Con R.D. 9 agosto 1855, n. 1000. 16 Legge 31 gennaio 1864, n. 1657. 17 Costituito nel 1860 nel Regno di Sardegna attraverso tre momenti legislativi: legge 5 luglio 1860. n. 4150, che stabiliva lo stanziamento finanziario per la ricostruzione del ministero; R.D. 5 luglio 1860, n. 4192 che ne fissava le attribuzioni e il R.D. 8 luglio 1860, n. 4193 che approvava la pianta organica del personale, cfr. Maria Guercio e Linda Giuva, I ministeri economici, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 620 - 642. 18 Tra i suoi compiti erano annoverati anche il controllo dei pagamenti delle tasse, l’annotazione delle variazioni dei titolari per trasferimento o successione e delle sentenze giudiziarie. 19 Con la legge 4 agosto 1894, n. 376, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale degli elenchi degli attestati rilasciati divenne mensile, fino alla riforma del 1939 che la soppresse definitivamente. 20 Con il R.D. 16 settembre 1869, n. 5274 il ‘Bollettino industriale del Regno d’Italia’ divenne mensile e furono introdotte nuove norme per la pubblicazione della seconda serie: per ogni annata della 1a e 2a serie veniva stampato un indice. Il periodico, che dal 1877 prese il nome di ‘Bollettino delle privative industriali del Regno d’Italia’, fu soppresso dalla legge 4 agosto 1894, n. 376, che dispose la sua cessazione con la pubblicazione degli attestati rilasciati fino al dicembre del 1892.
16
informazioni legislative, le memorie e le notizie concernenti le industrie, le arti, il
commercio interno ed estero.
Con l’emanazione poi delle leggi 30 agosto 1868, n. 457721 e n. 457822 passò al
Ministero anche la competenza in materia di marchi, segni distintivi, disegni e modelli di
fabbrica.
Nel 1869, grazie al R.D. 16 novembre 1869, n. 5351, l’Ufficio, pur rimanendo alle
dipendenze del Ministero, fu unito al Museo industriale di Torino, che fungeva così da
sezione ministeriale. Con l’adesione dell’Italia all’unione dei Paesi, scaturita dalla
Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, nel 1883 tutti i servizi
delle privative industriali vennero allocati a Roma presso la Divisione industria e
commercio dell’Amministrazione centrale del Ministero dell’agricoltura industria e
commercio23 e, con R.D. 23 ottobre 1884, n. 2730, fu istituito presso il citato Ministero un
Ufficio speciale per la Proprietà Industriale.
L’Ufficio si occupava di esaminare le domande di privativa, annotandole in appositi
registri, concedere i brevetti e i marchi, trascrivendoli nel registro degli attestati di
privativa, rilasciare copie e provvedere alla pubblicazione di detti attestati.
I registri si presentavano come cataloghi alfabetici a schede che dovevano essere
aggiornate con l’annotazione di tutti i mutamenti successivi, compresi annullamenti,
nullità, decadenze e trasferimenti.
Annesso all’Ufficio era un deposito centrale dei brevetti d’invenzione, marchi,
modelli e disegni di fabbrica dove il pubblico poteva consultare, sia l’intera
documentazione presentata per ottenere l’attestato e ogni altra informazione riguardante
brevetti, marchi e disegni nazionali e stranieri, sia le pubblicazioni ufficiali di tutti gli Stati
facenti parte dell’Unione internazionale, sia le leggi e i regolamenti in materia realizzati
dagli stessi Stati.
Inoltre, in conformità con gli accordi internazionali stabiliti dalla Convenzione di
Parigi, sempre con il R.D. 23 ottobre 1884, n. 2730, fu istituito un ‘Bollettino ufficiale
della proprietà industriale’24 a cadenza settimanale, contenente gli elenchi dei nuovi
attestati rilasciati e quelli cosiddetti ‘di complemento’ (modificativi o integrativi di una
privativa già rilasciata), riduzione, prolungamento o trasferimento; dichiarati nulli o
21 Legge 30 agosto 1868, n. 4577 sui marchi e segni distintivi di fabbrica e nuovo regolamento 20 marzo 1913. 22 Legge 30 agosto 1868, n. 4577 concernente i disegni e modelli di fabbrica. 23 Con R.D. 9 settembre 1884, n. 2685. 24 Che fu soppresso con R.D. 11 febbraio 1886, n. 3672 sostituito con il Bollettino ufficiale della proprietà industriale letteraria ed artistica.
17
annullati dall’autorità giudiziaria, o decaduti per il mancato pagamento della tassa annuale.
Elenco analogo riguardava il deposito dei marchi e segni distintivi.
Il Bollettino dava conto anche della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa
nazionale e straniera e delle novità legislative all’estero in materia di proprietà industriale.
Con l’inizio degli anni ‘90 dell’800 l’Ufficio si trovò ad affrontare un incremento
delle domande di privative grazie allo sviluppo scientifico e tecnologico non solo in ambito
industriale, ma anche economico e commerciale.
Tutto ciò portò alla necessità di una revisione dell’attività organizzativa dell’Ufficio
con l’intento soprattutto di alleggerire l’iter burocratico necessario al rilascio dell’attestato
e riformare il sistema della tassazione.
L’incapacità di far fronte ad una mole di lavoro fortemente aumentata, connessa con
altrettanti problemi finanziari, portò alla decisione di eliminare l’obbligo di pubblicazione
semestrale del testo delle descrizioni e dei disegni, lasciando all’amministrazione la
possibilità di decidere circa la pubblicazione di un riassunto.
Per far fronte all’eliminazione di uno strumento di diffusione delle informazioni in
materia, nel 1902 fu creato un nuovo periodico, il ‘Bollettino della proprietà intellettuale’,
che si occupò di informare sulla legislazione italiana ed estera, sulle statistiche, sulle
convenzioni, sui titoli degli attestati rilasciati mensilmente, sugli elenchi dei trasferimenti
delle privative e sugli indici dei titolari dei brevetti25.
Tra il 1913 e il 1914, inoltre, fu avviata la pubblicazione di un ‘Bollettino dei marchi
di fabbrica e di commercio’ a seguito dell’emanazione del R.D. 20 marzo 1913, n. 5026,
che approvava il regolamento per l’esecuzione della legge sui marchi e segni distintivi di
fabbrica il quale regolava la riproduzione del marchio con l’indicazione relativa al
deposito, e la trascrizione all’interno del ‘Bollettino della proprietà intellettuale’.
Dal punto di vista amministrativo, l’Ufficio passò dalle dipendenze della Divisione
delle privative industriali alle dipendenze della Divisione della proprietà intellettuale26 del
Ministero dell’industria commercio e lavoro.
Il sopraggiungere della guerra portò alla necessità di tutelare gli interessi difensivi
dello Stato attraverso l’esproprio totale o parziale delle invenzioni per uso militare27. In
25 Nel 1903 fu fatto stampare un ‘Catalogo delle privative industriali in vigore al 1 gennaio 1901 secondo le risultanze dei registri’ per colmare il buco nozionistico che si era venuto a creare a seguito dell’eliminazione dell’obbligo delle pubblicazioni semestrali. 26 Cfr. Guida Monaci dal 1872 al 1918. Con R.D. 22 giugno 1916, n. 755 furono creati il Ministero dell’agricoltura e il Ministero dell’industria commercio e lavoro che ereditarono la struttura e le competenze del Ministero agricoltura industria e commercio. Cfr. Maria Guercio, Linda Giuva, I ministeri economici, op. cit.
18
vista di ciò fu prescritto l’obbligo, per l’Ufficio della proprietà intellettuale, di dare notizia
delle invenzioni interessanti la difesa nazionale, anche prima del rilascio del brevetto, ai
ministeri militari.
Con il primo dopoguerra si ripropose l’urgenza di una riforma globale del sistema
delle privative imposta, sia dall’evoluzione del mondo industriale, sia dalla necessità di
adeguarsi alle nuove convezioni internazionali28. Prima fra tutte la necessità di una
riorganizzazione dell’apparato burocratico.
Era infatti risaputo che le misere condizioni in cui versava l’Ufficio, da parecchio
tempo a corto di personale e di mezzi, avevano provocato un ingente ritardo nel rilascio dei
brevetti e, grazie al R.D. del 29 luglio 1923, n. 1970, fu previsto un intervento
organizzativo che modificò notevolmente la struttura e l’organizzazione dell’Ufficio che fu
ribattezzato Ufficio della proprietà intellettuale, perdendo l’aggettivo ‘speciale’ ed
estendendo, temporaneamente, la propria competenza al diritto d’autore tanto da includere
la proprietà industriale nella più vasta sfera della proprietà intellettuale.
Innanzi tutto l’Ufficio passò alle dipendenze del Ministero dell’economia
nazionale29, sotto l’Ispettorato generale della proprietà intellettuale e dell’insegnamento
industriale30, fu semplificato il sistema della tassazione e fu concesso un appannaggio
annuo di 600.000 lire per far fronte alle diverse esigenze di servizio, tra le quali pagare lo
stipendio dei precari che erano stati affiancati al personale di ruolo, gli straordinari, le
pubblicazioni, le traduzioni e gli studi, i bollettini periodici ecc.
Il sistema di tassazione fissava a cento lire la quota per richiedere la domanda inziale
e le successive modifiche; era prevista poi una tassa annuale progressiva di cinquanta lire
iniziali aumentate di altre cinquanta lire per ogni anno successivo. In caso di ritardo
venivano concessi tre mesi di tempo per non far decadere la protezione con una mora di
venticinque lire per ogni mese di ritardo.
27 Decreto 28 gennaio 1915, n. 49 con il quale lo Stato, in caso di necessità, si cautelava nei confronti di eventuali azioni speculative e si garantiva la possibilità di impossessarsi di qualsiasi privativa industriale ai fini della difesa nazionale. 28 Accordo de L’Aja relativo al deposito internazionale dei disegni o modelli internazionali, firmato a L’Aja il 6 novembre 1925 e ratificato con R.D. 10 gennaio 1926, n. 169, riveduto a Londra il 2 giugno 1934 e a L’Aja il 28 novembre 1960. 29 R.D. 5 luglio 1923, n. 1439 concernente la riunione in un unico Ministero, denominato Ministero dell’Economia Nazionale, dei servizi e degli uffici dipendenti dai Ministeri dell’Agricoltura e dell’Industria, Commercio e Lavoro, cfr. ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1923 I, fasc. 1/1.2/1701. 30 Tale Ispettorato fu trasformato subito dopo la nascita del Ministero e l’Ufficio passò alle dipendenze dell’Ispettorato generale dell’industria fino al 1926 quando venne costituita la Divisione generale dell’industria e delle miniere nella quale rientrarono diversi uffici e ispettorati soppressi. Cfr. Giuda Monaci, dal 1922 al 1929 e Maria Guercio, Linda Giuva, I ministeri economici, op. cit.
19
Altre cento lire erano necessarie per presentare i ricorsi contro il rifiuto o la
sospensione del rilascio dell’attestato, restituite solo in caso di accoglimento del ricorso. La
cessione dell’attestato comportava una tassa di trascrizione di cinquanta lire.
Dagli anni trenta in poi i problemi di riorganizzazione dell’ufficio rimasero sopiti, e
soprattutto inascoltati, a causa degli avvenimenti bellici nei quali si trovò impegnato il
nostro Paese.
Si arrivò così al 1939 e il 24 febbraio, con Regio Decreto legge n. 317, si stabilì lo
spacchettamento della legislazione a riguardo, attraverso distinti provvedimenti per le
invenzioni, i modelli e i marchi.
Le prime ad essere modificate furono le regole sui brevetti e invenzioni industriali,
con i 105 articoli del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, che rimase in vigore fino al Codice dei
diritti di proprietà industriale del 2005, e che creò tra l’altro l’Ufficio centrale dei brevetti
per invenzioni, modelli e marchi31 inserito nell’ambito della Direzione generale
dell’industria posta a sua volta all’interno del Ministero delle Corporazioni32.
Venne istituito il brevetto ‘completivo’ a perfezionamento di una invenzione della
quale già si possedevano i diritti e per il quale era dovuta la tassa iniziale come se si
trattasse di un nuovo brevetto. Veniva riconosciuta l’uguaglianza di trattamento fra
cittadini italiani e stranieri, con espresso rinvio alle convenzioni internazionali alle quali
l’Italia aderiva. Venivano inoltre definiti i compiti amministrativi e gestionali dell’ufficio,
dalla situazione aggiornata dei pagamenti annuali, alla pubblicazione della decadenza in
caso di mancato versamento della tassa, delle cessioni, licenze, diritti di garanzia variazioni
anagrafiche, atti giudiziali e sentenze sulle controversie civili.
Nell’agosto del 1940, con R.D n. 1411, fu approvato il secondo testo dello
spacchettamento, quello relativo ai modelli industriali che in larga misura ricalcava le
norme applicabili in materia di brevetti di invenzione.
Con R.D 21 giugno 1942, n. 929, si arrivò all’ultimo testo sui marchi d’impresa, noto
come ‘legge Marchi’. Il testo contava ottantasei articoli e anche in questo caso molte
disposizioni generali e procedurali ripetevano quelle dei brevetti d’invenzione.
Con la fine della guerra l’Ufficio Brevetti si trovò nella incapacità di affrontare
l’ingente mole di lavoro che lo aveva investito. Spettava all’Ufficio, privo di una adeguata 31Cfr. Maria Guercio, Linda Giuva, I ministeri economici, op. cit. Bisogna sottolineare che, a differenza di quanto stabilito per legge, all’interno della struttura organizzativa del Ministero delle Corporazioni l’Ufficio centrale brevetti e marchi comincerà a comparire solo dal 1941. Prima di allora troviamo ancora menzionato l’Ufficio della Proprietà Intellettuale. Cfr. Giuda Monaci, dal 1930 al 1941. 32 Istituito con R.D. 2 luglio 1926, n. 1131 al fine di esercitare tutte le funzioni di coordinamento e controllo in materia sindacale, con R.D. 12 settembre 1929, n. 1661 si vide accorpare tutte le competenze del soppresso Ministero dell’Economia Nazionale ad eccezione di quelle trasferite al Ministero dell’Agricoltura e foreste.
20
preparazione, l’arduo compito di certificare ai cittadini italiani che intendevano operare
all’estero la titolarità di un brevetto in vigore, così come competeva all’Ufficio l’esame di
tutte le domande provenienti dall’estero. Dei diciassette esaminatori laureati in ingegneria
e chimica, previsti dall’organico degli anni ‘30, solo dodici erano effettivamente in
servizio. All’arretrato da sistemare e alle domande di prolungamento da valutare, si
aggiunsero inoltre la massiccia ripresa delle domande per i brevetti di invenzione e la
registrazione di marchi, disegni e modelli industriali.
L’11 dicembre 1953, a Parigi, quattordici paesi firmarono la prima convenzione sulle
formalità per la presentazione delle domande di brevetto. Il testo dell’accordo dava
disposizioni molto minuziose, arrivando a descrivere dal formato della carta ai centimetri
di margine sui bordi, dalle dimensioni allo stile delle scritte e dei numeri a fianco dei
disegni, non mancavano riferimenti allo stile della descrizione e alle unità di misura da
adottare, dal sistema metrico ai gradi centigradi; e in appendice, il fac-simile della
domanda, in doppia versione. Era un passo avanti significativo, nel campo della
standardizzazione delle metodologie amministrative, che avrebbe sicuramente comportato
lo snellimento delle procedure di certificazione.
Il lavoro dell’Ufficio Brevetti risultò così semplificato, soprattutto per quello che
riguardava l’esame delle domande presentate dai cittadini di altri paesi nell’esercizio del
diritto di priorità.
Sul piano dei contenuti venne modificato l’esercizio del deposito diretto, a Roma o
presso le Camere di Commercio. Venne ammessa la spedizione postale raccomandata e il
diritto di priorità, derivante da un precedente deposito all’estero, che poteva essere
esercitato entro due mesi.
L’anno dopo venne firmata, a Parigi, la classificazione internazionale dei brevetti33,
con lo scopo di promuovere un sistema uniforme di classificazione dei brevetti per le
invenzioni in armonia con le legislazioni nazionali dei diversi Stati.
Se da una parte questo nuovo sistema richiedeva una preparazione adeguata da parte
dell’Ufficio per l’applicazione della classificazione; dall’altra semplificava le ricerche di
anteriorità, sia degli esaminatori, sia dei terzi interessati, rendendo così più agevole il
lavoro dell’Ufficio Brevetti.
La ripresa economica degli anni ‘60 mise però in luce tutti quei problemi di
inadeguatezza che la struttura dell’Ufficio centrale brevetti andava da tempo palesando
soprattutto rispetto al panorama internazionale.
33 Firmata a Parigi il 19 dicembre 1954, entrò in vigore il 1° agosto 1955.
21
Gli anni ‘70 rappresentarono il momento di massima incertezza e minima
soddisfazione per l’Ufficio Brevetti. La struttura inadeguata, la carenza di personale e gli
stanziamenti insufficienti per far fronte all’aumento del lavoro che si era venuto a creare in
seguito allo sviluppo tecnologico ed alla nascita delle nuove convenzioni internazionali,
avevano infatti aggravato le già drammatiche condizioni in cui versava l’Ufficio.
Tra il 1938 e il 1988 si era registrato, infatti, un aumento dell’attività dell’ufficio di
quattro, cinque volte superiore, mentre l’organico era dimezzato e sul piano finanziario gli
stanziamenti risultavano pari, in valore assoluto, a quelli degli anni venti.
Ciò comportò un lento ma graduale deterioramento dei servizi, con conseguente
formazione di arretrati sempre meno gestibili.
Il tutto si tradusse in un continuo scambio di accuse e giustificazioni tra il mondo
produttivo, che lamentava l’inefficienza del servizio brevetti, e quello istituzionale e
ministeriale che ipotizzava risorse e riforme organizzative sempre rinviate. L’evoluzione
che il settore ebbe in Europa esercitò un traino positivo sulle istituzioni italiane portando
l’Ufficio, nella seconda metà degli anni ’90 del 900, a valorizzare i propri compiti e a
definire, per la prima volta, la propria mission: il sostegno all’innovazione e alla
competitività delle imprese.
Agli inizi degli anni ‘80 però la situazione divenne particolarmente pesante,
coinvolgendo quasi tutti i settori di attività dell’Ufficio.
L’inadeguatezza del sistema dipendeva in primo luogo dal ridottissimo numero degli
addetti dell’Ufficio Centrale Brevetti, che contava solamente cinquanta dipendenti (nel
1938 erano centocinquanta), con conseguenze gravissime per la regolare gestione delle sue
funzioni: oltre cinque anni per il rilascio dei brevetti modelli e marchi34, un arretrato di
duecentomila domande, la mancata pubblicazione da dodici anni del Bollettino dei brevetti
concessi, la mancata registrazione dei pagamenti delle tasse annuali di mantenimento così
da non conoscere e da non poter certificare la permanenza o meno della protezione. Tutto
ciò si ripercuoteva sulle imprese e sulla loro libertà di sviluppare e brevettare nuove
tecnologie impedendo la diffusione delle conoscenze tecnologiche.
Fu così che nel 1984, di fronte ad una situazione divenuta ormai insostenibile, il
Ministero dell’industria del commercio e dell’artigianato35 prese la decisione di inquadrare
34 Non essendo presente in Italia l’esame di merito, la concessione dovrebbe avvenire dopo circa 18 mesi dalla data di deposito. Cfr. Roberto Malaman, Brevetto e politica dell’innovazione: organizzazione e funzioni dell’ufficio brevetti, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 91-110. 35Istituito nel 1966 con legge 26 settembre 1966, n. 972.
22
l’Ufficio centrale brevetti e marchi nella Direzione generale della produzione industriale36,
declassandolo ma riuscendo così a potenziarne l’organico, cosa che portò qualche risultato,
per esempio nello smaltimento dell’arretrato delle concessioni. Dal 1988 la situazione
tornò comunque quella dei primi anni ottanta mettendo in luce ancora una volta le carenze
strutturali dell’ufficio e la necessità, perciò, di nuovi interventi riformatori che, a parere di
molti37, avrebbero dovuto portare alla completa autonomia dell’ufficio dal Ministero.
Negli anni ‘90 il sistema dei marchi fu oggetto di una vera e propria rivoluzione
normativa38, nota come nuova Legge Marchi, che coinvolse l’intera disciplina della
proprietà intellettuale e diede vita al Codice dei diritti di proprietà industriale39 che
introdusse nel sistema italiano una disciplina organica e strutturata in materia di tutela,
difesa e valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale.
Tra le molte innovazioni, la Legge Marchi portò alla distinzione tra i brevetti ed i
marchi. Fino ad allora il termine brevetto, concettualmente più vicino all’invenzione o
innovazione, includeva qualsiasi ‘cosa’ fosse sottoposta a registrazione, compreso lo stesso
diritto d’uso del marchio. La mancata distinzione suscitava quindi diverse incertezze
soprattutto in ambito internazionale, dove il brevetto trovava corrispondenza con il termine
patent, il cui significato non includeva però il concetto di marchio. Questa distinzione
comportò il cambio di denominazione anche per l’Ufficio centrale brevetti, che venne da
allora ribattezzato Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM).
La riorganizzazione dell’Ufficio accompagnata dall’adozione di nuove tecnologie40
portò ad un miglioramento della produttività del sistema, che seppe fronteggiare il
considerevole aumento delle domande di registrazione dovuto principalmente alla riforma
del ’92.
Dal 1° gennaio 2009, per effetto del D.P.R 28 novembre 2008 n. 197, è stata poi
costituita la Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione, Ufficio Italiano Brevetti e
Marchi. La Direzione Generale, inquadrata nel Dipartimento per l’impresa e
l’internazionalizzazione, opera, in ambito nazionale ed internazionale, per valorizzare e
36L’Ufficio, all’interno del Ministero dell’Industria e del Commercio, dal 1948 al 1954 fu inquadrato nella Direzione generale della produzione industriale, alle dipendenze dell’Ispettorato tecnico dell’industria, nel 1955 passò alle dipendenze della Direzione generale degli affari generali e nel 1959 passò alle dirette dipendenze del Ministro, fino al 1984. Cfr. Giuda Monaci, dal 1948 al 2001. 37 Cfr. Roberto Malaman, Brevetto e politica dell’innovazione: organizzazione e funzioni dell’ufficio brevetti, op. cit. 38 Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.480. 39 Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. 40 Nel 2004 l’adozione del sistema SARA (Sistema Avanzato di Registrazione e Archiviazione) consentì di migliorare l’efficienza degli esaminatori.
23
tutelare la Proprietà Industriale e per sostenere la lotta alla contraffazione, supportando
l’innovazione e la competitività delle imprese.
Nel 2010-11, a compimento della lunga evoluzione normativa, si arriva finalmente al
totale azzeramento dell’arretrato con tempi di attesa di soli due mesi fra deposito e
registrazione, in linea con gli uffici più efficienti a livello internazionale.
Oggi l’UIBM ha un organico di un centinaio di dipendenti, ai quali si aggiungono
ventuno esaminatori, e grazie anche alla collaborazione con le istituzioni internazionali
della proprietà intellettuale l’Ufficio brevetti non soltanto è sopravvissuto, ma è riuscito a
recuperare i ritardi e a legittimare la sua funzione al servizio dell’innovazione.
1.3. L’Archivio: nascita, sviluppo e iniziative di valorizzazione
1.3.1. La documentazione conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato
La documentazione brevettuale conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato è
una delle serie archivistiche più complete. É costituita da 891.000 fascicoli, circa tre
chilometri lineari di materiale, di cui 171.100 fascicoli sono di marchi di fabbrica prodotti
dal 1869 al 1965 dall’Ufficio italiano brevetti e marchi e depositati dal Ministero dello
sviluppo economico, dicastero preposto all’esame delle invenzioni e versati, com’è
d’obbligo per tutti gli archivi delle amministrazioni e degli organi centrali dello Stato,
all’ACS.
La documentazione presente all’ACS arriva con un primo versamento nel 1964 ed è
relativa ai fascicoli 1-90.000 per gli anni 1869-1943 e con un secondo versamento di
81.000 fascicoli nel 2000, dal 90.001 al 171.000, riguardanti gli anni 1944-1965.
La documentazione si presenta sostanzialmente così composta:
• per gli anni 1876-1914:
o dal n. 101 al n. 14.000 immagini originali di marchi ordinate in volumi per
n. di registrazione (volumi da 2 a 140);
o dal n.1 al n. 14.000 attestati e trascrizioni di marchi ordinati in volumi per
data di trascrizione (volumi da 1 a 140);
o domande ordinate in volumi per data di deposito.
• dopo il 1914:
24
o da 14.001 faldoni contenenti i fascicoli al cui interno si trova generalmente
la trascrizione, un verbale di deposito, una domanda ed eventuale carteggio
amministrativo, tasse pagate, e in alcuni casi il marchio.
• dal volume 1 fino al volume 274 si tratta di dati riassuntivi ordinati per numero
di presentazione, conservati in fascicoli;
• dal n.14.001 fino a n. 33.301 si tratta di volumi comprendenti il marchio ed i dati
salienti della registrazione effettuata presso l’UIBM, conservati in volumi
contenenti ognuno 100 marchi ordinati per giorno di presentazione (volumi da
140 a 332);
• dal n. 33.301 del 3 maggio 1926 fino al 171.100 del 18 agosto 1965 sono
ordinati per data di registrazione in volumi recanti i numeri sul dorso (esempio
33.301-33.400);
• dal 141 al 274 sono ordinati per volumi contenenti ciascuno 100 marchi, ordinati
per data di deposito.
Esistono anche i volumi per data di presentazione, che analogamente contengono i
dati riassuntivi e l’immagine del marchio ordinato per anno e numero di domanda.
Nel 1996 è stata fatta una ricognizione dei faldoni indicando per ciascuno il numero
dei fascicoli mancanti.
Troviamo infine notizia dei marchi anche all’interno delle seguenti serie o fondi:
• Bollettino Ufficiale della proprietà industriale 1886-1888;
• Bollettino della proprietà intellettuale 1901-1902;
• Bollettino dei marchi di fabbrica 1913, dove i marchi cominciano ad essere
notificati insieme all’immagine e soprattutto ordinati per categorie delle quali
viene data anche notizia all’interno dei registri.
Come si può notare, nel fondo sono presenti due diversi modi di archiviare e
conserva i marchi, a seconda che siano stati depositati prima o dopo il 1914.
La motivazione di ciò è da ricercarsi nei due diversi regolamenti di attuazione della
normativa per la trascrizione dei marchi e segni distintivi di fabbrica (R.D. 30 agosto 1868,
n. 457741) il primo emanato con R.D. 7 febbraio 1869 n. 4860 e il secondo approvato con
R.D. 20 marzo 1913, n. 526.
41 Legge che disciplinò per la prima volta i marchi di fabbrica.
25
Inizialmente42, infatti, i marchi venivano conservati in registri contenenti ognuno
cento marchi ed a cui corrispondevano altrettanti volumi43 contenenti domande,
dichiarazioni e descrizioni, ordinate per data di trascrizione. Sugli esemplari dei marchi
all’interno dei registri veniva, invece, apposto un numero d’ordine progressivo, con
l’indicazione della data del deposito.
Il nuovo regolamento44, invece, introdusse la novità di registrare e conservare il
marchio in appositi registri contenenti la dichiarazione, l’indicazione del modo di
applicazione del prodotto e la loro designazione, unitamente ad una descrizione succinta
del marchio, con relativa riproduzione dello stesso in una riquadratura di dimensioni non
superiori a cm 12x16.
Le stesse notizie venivano altresì conservate all’interno di una serie di fascicoli
contenenti la descrizione ed il carteggio formatosi nel tempo e qualche volta la
riproduzione del marchio.
Questa novità, se da una parte garantì la possibilità di avere tutte le notizie relative ai
marchi all’interno di uno stesso volume, dall’altra produsse la perdita dei colori originali
nelle riproduzioni, in quanto le ridotte dimensioni volute dal regolamento fecero sì che le
immagini venissero presentate non in originale, ma attraverso copie ridimensionate.
Esistono, poi, una serie di volumi che contengono le sole domande e da cui non è
possibile stabilire se quest’ultime, presentate alle Camere di Commercio, furono poi
accettate e registrate dall’Ufficio brevetti.
L’archivio è infine accompagnato da uno schedario alfabetico originale contenente i
titolari dei marchi concessi, pervenuto in ACS solamente dalla lettera A alla lettera L,
pertanto non completo e quindi di scarso utilizzo.
Tutta la documentazione fa parte di una serie più cospicua e completa relativa
all’archivio dell’Ufficio Italiano brevetti e marchi costituita da tre differenti serie.
• INVENZIONI, costituita da 620.000 fascicoli dal 1855 al 1962;
• MODELLI, costituita da 100.000 fascicoli dal 1876 al 1965;
• MARCHI DI FABBRICA, costituita da 171.100 fascicoli dal 1869 al 1965.
42 Cfr. il regolamento per l’esecuzione della legge 30 agosto 1868, n. 4577, R.D. 7 febbraio 1869, n. 4860 artt. 6,7,8. 43 Per un totale di 140 volumi, da cui deriva la iniziale suddivisione di 14.000 marchi. 44 Cfr. R.D. 20 marzo 1913, n. 526, art. 2.
26
Ogni fascicolo comprende la documentazione inviata al Ministero dell’Industria da
privati o società che così facendo intendevano garantirsi la tutela da contraffazioni ed
eventuali frodi.
1.3.2. Progetti di riordinamento e valorizzazione
Negli ultimi anni si è molto dibattuto sulla possibilità di promuovere progetti mirati
alla conservazione e valorizzazione nel campo degli archivi. Ne è emerso un interesse
sempre più crescente verso la digitalizzazione di documenti cartacei.
Questa operazione risulta molto importante per preservare tutti quei documenti
dichiarati di interesse storico in quanto permette una migliore conservazione nel tempo con
minore deterioramento dell’originale non sottoposto quindi a continue manipolazioni da
parte dell’utente e soprattutto apre le porte a tutti i benefici offerti dal formato digitale a
partire dalla immediatezza della ricerca.
E’ con questi presupposti che in ACS sono stati sviluppati una serie di progetti volti a
valorizzare la serie Marchi:
Un primo progetto di ricerca e valorizzazione della serie marchi, denominato
‘Progetto Finalizzato Beni Culturali’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Target
5.2.1/2), avente lo scopo di instaurare un rapporto di collaborazione e di ricerca in merito
alla catalogazione ed allo studio della documentazione del fondo del Ministero
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, Serie
Marchi, fu presentato dal prof. Vittorio Marchis del Dipartimento di Meccanica del
Politecnico di Torino.
Il progetto iniziale prevedeva la schedatura di 15.000 marchi, cui sarebbe seguita una
acquisizione delle immagini a corredo delle schede.
Nel 2000, per la realizzazione di questo progetto, l’ACS ottenne un finanziamento
dal CNR che portò alla schedatura analitica di 14.000 marchi relativi agli anni 1869-1913 e
ad una scansione delle prime 8.000 immagini.
Nel 2001, grazie poi alla collaborazione con la società informatica ECS Media,
furono realizzati la schedatura e la scansione dei rimanenti 20.000 marchi, corredati anche
da una soggettazione iconologica.
Successivamente il progetto, che secondo le intenzioni del Comitato stesso avrebbe
dovuto proseguire per altri anni, subì una brusca interruzione a causa del nuovo assetto del
27
CNR45 la cui attività non doveva più procedere attraverso la realizzazione di progetti
finalizzati o strategici, ma attraverso l’organizzazione di maro aree interdisciplinari di
ricerca scientifica e tecnologica.
Questo primo progetto a carattere sperimentale fece comunque emergere il valore di
questa serie e la necessità di continuare a percorrere la via della digitalizzazione della
stessa fino ad arrivare alla creazione di una banca dati.
Il primo progetto di banca dati, voluto dal direttore generale per gli archivi del
MIBACT Luciano Scala e dall’allora sovrintendente dell’ACS Agostino Attanasio
nell’ambito delle celebrazioni per l’Unità d’Italia, fu realizzato dalla società di servizi
informatici SIAV nel 2011.
Nello specifico furono schedati 1001 volumi di cui 957 relativi ai marchi e 44 relativi
agli attestati.
La banca dati SIAV fu inizialmente creata attraverso la trasmigrazione dei dati della
vecchia banca dati realizzata durante il precedente progetto e rimase in fase di elaborazione
per circa due anni.
Durante quel periodo, SIAV insieme alla referente del progetto presso l’ACS, la
dott.ssa Margherita Martelli, e al Sovrintendente dell’Archivio, cercarono di armonizzare i
dati presenti all’interno della nuova banca dati dandole uno stile nuovo e più funzionale.
Obiettiva mai raggiunto: la banca dati rimase in una fase di sviluppo, risultando non
solo di difficile consultazione, ma offrendo anche risultati incompleti.
Un aspetto positivo fu, comunque, la presentazione innovativa di una analisi del
marchio rispetto a tutte le altre banche dati riferite ad uno specifico marchio o categoria46:
il marchio veniva infatti considerato un soggetto a sé, portatore di una storia unica e
personale che prescindeva dal suo titolare.
Nel 2013 ebbe inizio la seconda fase curata invece dal Consorzio Roma Ricerche che
grazie ad una innovazione nella modalità di esposizione dei marchi sul web portò alla
realizzazione della attuale banca dati dei marchi presente sul sito dell’ACS47.
L’attuale banca dati è costituita dalle immagini dei marchi corredate da schede
descrittive e soprattutto da una serie di funzioni che offrono innumerevoli potenzialità di
ricerca e che permettono di indagare il fondo archivistico da più punti di vista.
45 Cfr. il decreto legislativo di riforma del CNR, d.lgs. 4 giugno 2003, n. 127. 46 Cfr. banca dati marchio Procter & Gamble http://www.pg.com/it_IT/prodotti/index.shtml. 47 Banca dati marchi sul sito dell’ACS http://dati.acs.beniculturali.it/mm/local/.
28
1.4. L’Archivio dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi: modelli a confronto
Abbiamo visto nel paragrafo precedente in che modo la documentazione del fondo
del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio Italiano Brevetti e
Marchi, Serie Marchi, sia stata conservata e valorizzata dall’Archivio Centrale dello Stato.
Un insieme di carte e di immagini messe a disposizione degli studiosi e degli
specialisti del settore, dei giovani e del mondo della scuola. Fonti documentarie di
straordinario interesse, capaci di raccontare una storia di innovazioni e di creatività studiata
e indagata fino ad ora solo in parte.
In questo paragrafo si porrà l’attenzione sulle modalità di acquisizione, valutazione,
conservazione e valorizzazione dei brevetti, modelli e marchi messe in atto dal soggetto
produttore.
Dopo i primi ottanta anni di modulistica e archiviazione cartacea48, già negli anni ‘60
l’attuale UIBM guarda all’informatica allora costituita da grandi calcolatori che, per la sola
installazione, richiedevano infrastrutture notevoli per l’ingombro ed il condizionamento
degli ambienti.
Le grandi macchine utilizzavano nastri magnetici, schede o bande cartacee perforate,
per l’inserimento e l’elaborazione dei dati.
Una commissione istituita presso il Ministero del tesoro vede nell’UIBM uno degli
enti statali che necessita di informatizzazione per la mole e qualità della documentazione,
delle informazioni e delle procedure da gestire. A questo proposito viene istituito presso
l’Ufficio brevetti un centro meccanografico formato da venti operatori, oltre ad una rete di
corrispondenti presso le Camere di Commercio. Così si opera sino agli anni settanta
inoltrati, grazie ai calcolatori Elea Olivetti poi sostituiti con elaboratori H6000 collegati a
terminali installati presso gli uffici per l’inserimento diretto dei dati.
Sopravviene tuttavia uno stallo, comune in quel periodo a molte pubbliche
amministrazioni, perché la rapida evoluzione informatica, affiancata da una non meno
rapida evoluzione normativa, richiede scelte tempestive. Lo stallo si protrae fino alla metà
degli anni ‘80, ed è accompagnato dalla sospensione delle domande e quindi delle
concessioni, nonché dal mancato inserimento dei dati.
Gli operatori del centro meccanografico vengono trasferiti ad altre amministrazioni e
nel 1985 viene affidato ad una società esterna l’inserimento dei dati delle migliaia di
domande giacenti, portando in breve tempo all’eliminazione di tutto l’arretrato sui modelli 48 In linea di massima rispecchiano le modalità di archiviazione che abbiamo potuto riscontrare nella analisi della documentazione cartacea presente presso l’ACS e esposto nel paragrafo precedente.
29
di utilità e ornamentali e nell’anno successivo allo smaltimento di quello sulle altre
tipologie brevettuali (che all’epoca comprendevano anche i marchi).
Nel frattempo l’Ufficio usufruisce di un nuovo progetto di archiviazione su
microfilm e di elaborazione non soltanto dei dati, ma anche di tutta la documentazione dei
brevetti concessi (disegni e descrizione).
Il nuovo supporto sostituisce gradualmente tutta la documentazione cartacea che
viene trasferita all’Archivio Centrale dello Stato.
I nuovi sistemi informatici sono targati IBM, ma nel 2004, con l’avvento di internet e
della tecnologia di rete e quindi con il superamento dell’architettura informatica basata sui
grandi calcolatori centrali, questi sistemi vengono dismessi e viene elaborato dall’Autorità
per l’informatica nella pubblica amministrazione49 un piano di informatizzazione diffusa,
la Rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), basata sulla interoperabilità dei
sistemi disseminati nelle diverse amministrazioni.
Intanto l’Ufficio si arricchisce di un nuovo sistema informatizzato, il cosiddetto
SARA che, a partire dal 2006, si occupa di gestire la procedura di deposito telematico dei
titoli della proprietà industriale, realizzata in collaborazione con il sistema camerale che,
con un sistema di riversamento delle domande prima sul sistema e poi all’Ufficio brevetti,
assicura una capillare presenza sul territorio.
Nel frattempo l’Ufficio compie anche un rilevante sforzo in termini di
digitalizzazione della documentazione brevettuale, procedendo alla scansione di una parte
rilevante del proprio archivio.
Negli ultimi anni l’Ufficio ha provveduto alla reingegnerizzazione dell’intero sistema
informativo passando ad una procedura diretta, tramite il web, di acquisizione online delle
domande senza il passaggio presso le Camere di Commercio.
Un altro passaggio epocale riguarda infine il cambiamento delle modalità di
pagamento dei diritti e delle tasse dei titoli della proprietà industriale che non avviene più
tramite bollettino di conto corrente postale, ma attraverso un modello F24, con il vantaggio
di avere subito a disposizione il resoconto dei pagamenti in relazione a ciascun titolo di
proprietà industriale.
Attualmente l’Archivio dell’Ufficio italiano brevetti e marchi comprende la banca
dati nazionale dell’UIBM che raccoglie tutte le informazioni relative alle domande
depositate a partire dal 1° gennaio 1980 per i depositi dei marchi, brevetti per invenzioni,
disegni, modelli di utilità e traduzioni.
49 Aipa, istituita nel 1993 e ribattezzata Cnipa nel 2003 e DigitPa nel 2010.
30
Sono presenti anche i depositi per le nuove varietà vegetali, certificati di protezione
complementari per i medicamenti e fitosanitari e le nuove topografie per semiconduttori a
partire dal 1° Ottobre 1989; così come i depositi per le trascrizioni e annotazioni a partire
dal 1° gennaio 1996.
31
2. I MARCHI DI FABBRICA
2.1. Il marchio nella storia: nascita del brand
Fin dall’origine dell’uomo, i segni, i simboli, i disegni, costituiscono modi di
rappresentare valori ed esperienze.
I marchi, i pittogrammi, i segni divinatori, apotropaici e iniziatici, sono quindi legati
alla nostra storia, alle più antiche forme di iscrizione e costituiscono ancora oggi sistemi di
comunicazione in numerose etnie.
A metà strada fra parola e disegno, alla frontiera fra segno e simbolo, queste
iscrizioni rappresentano il più delle volte la necessità dell’uomo di uscire dall’individuale
per raggiungere l’universale.
Il concetto di marchio come lo conosciamo oggi iniziò ad apparire solamente con le
prime produzioni artigianali. I manufatti presero ad essere marchiati con segni distintivi,
che identificavano in maniera univoca il proprio creatore, e ne favorivano quindi la
divulgazione presso gli acquirenti e presso altri individui.
Una delle prime forme fu quella adottata dagli antichi egizi, dalle popolazioni
mesopotamiche e dai romani per contrassegnare appunto le terrecotte e i mattoni o i propri
animali attraverso un segno distintivo, che ne esplicitava il possesso.
Il marchio si presentava, fin dalle sue origini, con le funzioni di riconoscimento del
produttore o del proprietario: dalla dichiarazione d’appartenenza di un prodotto o di un
edificio, fino alla tutela dell’esclusività da un punto di vista legale; e soprattutto esprimeva
graficamente e stilisticamente il momento storico-culturale in cui operava trasmettendo un
messaggio in maniera connotativa e simbolica.
Durante il Medioevo appare per la prima volta legato alle insegne delle grandi casate
nobiliari apposto sugli edifici, sui capi di vestiario, sugli oggetti d’uso, ma anche sugli
eleganti monogrammi utilizzati dai banchieri, dai commercianti e da altri rappresentanti
delle classi borghesi per contrassegnare col proprio sigillo lettere, contratti e documenti
d’ogni genere, senza contare i primi significativi esempi di marche tipografiche50 nella
Venezia di fine ‘400.
50 «La tipografia italiana fece larghissimo uso di una marca caratteristica, che ha qualche riscontro con quelle usate per le filigrane delle carte e che divenne per lungo tempo un vero e proprio ‘marchio’ commerciale dell'arte impressoria. La sua forma più consueta è un cerchio con linee secanti o triangolari all'interno e con sovrapposta una croce, spesso a doppio o triplice braccio, impressa in rosso o in nero. Fu usata la prima volta dai soci Nicola Jenson e Giovanni da Colonia, tipografi a Venezia (circa 1480), poi adottata con svariatissime forme - a foggia di cuore, di scudo, quadrangolare, con sigle, simboli, fregi, ecc. - da molti altri tipografi.
32
In età contemporanea, in seguito alla costante crescita dell’industrializzazione e alla
moltiplicazione dei beni prodotti e delle imprese, si impone la necessità di differenziare, in
misura maggiore che nel passato, le merci e gli apparati che le originano.
Ecco quindi che questi segni identificativi subiscono una pluralità di integrazioni e
modificazioni e cominciano ad essere utilizzati per individuare e connotare un’impresa, un
ente, un bene prodotto o commercializzato, ovvero un servizio fornito dall’impresa o
dall’ente che li possiede.
Il marchio diviene così un elemento indispensabile di identificazione e di
qualificazione e con il passare degli anni si avverte la necessità di tutelarlo in modo
appropriato dal punto di vista giuridico.
Fin dall’inizio l’attenzione del legislatore si rivolse sia al ruolo che il marchio
avrebbe dovuto avere per l’azienda, sia alla fortuna che esso avrebbe provocato per il
prodotto sul mercato.
I marchi, infatti, cominciano ad assumere un valore economico nel momento in cui
l’affermarsi del loro utilizzo va di pari passo con il progredire della capacità commerciale
di un’impresa, o di un ente, cioè con l’evolversi della sua capacità di porsi e di proporsi sul
mercato, in un contesto di caratterizzazione ed individualizzazione del proprio messaggio
promozionale.
Là dove alcuni tipi di marchi vengono utilizzati per garantire una specifica qualità di
un bene, o di una categoria di beni, altri invece vengono utilizzati per contraddistinguere
una o più caratteristiche di un prodotto (es. organolettiche), ovvero un suo particolare
componente, altri ancora per proteggere il luogo di provenienza.
Con l’introduzione della stampa tipografica a colori, agli inizi del ‘900, e con la
nascita dell’industria pubblicitaria, i simboli iniziano ad essere usati per veicolare concetti,
idee e metafore.
Nel Novecento con la rapida evoluzione della società e con la sempre maggiore
diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, i marchi diventano sempre più essenziali
per le aziende per poter competere in un mercato in rapida espansione.
In quel periodo l’unità del Paese è recente e l’Italia è ancora legata ad un’economia
basata sull’agricoltura, ecco quindi che il modello che influenza la creazione dei marchi è
ancora quello legato al mondo contadino.
L'interpretazione di questa insegna, nella quale taluni vollero rintracciare un significato simbolico o mistico, è affidata tuttora a conclusioni non definitive, ma la sua origine può benissimo ricollegarsi alle marche commerciali del tempo in uso presso pittori, ceramisti, incisori, ecc.» tratto da Enciclopedia Italiana Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/
33
La mancanza di una tradizione storica alle spalle, inoltre, spinge i nuovi imprenditori
a prendere a prestito le icone più convenzionali del momento, ecco quindi che tra
patriottismo risorgimentale e imprese coloniali compare, fra le muse femminili, anche
quella turrita avvolta nel tricolore che identifica l’Italia.
Foto 1 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 3760
34
Foto 2 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 2445
Quando invece viene raffigurata la donna moderna, lavoratrice nelle filande e nelle
fabbriche tessili, questa assomiglia alla Lucia Mondella di origine manzoniana. Non
mancano poi, tra le figure retoriche, gli animali: dal leone, primo attore incontrastato,
all’aquila che sovrasta il mondo, oppure simboli esotici che rappresentano prodotti che
nulla hanno a che fare con quelle immagini.
35
Foto 3 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 4741
36
Foto 4 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 1982
37
Foto 5 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 587
38
Foto 6 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc.
La fine della seconda guerra mondiale porta con sé la voglia di tornare a produrre e
la necessità di aprire le frontiere ai mercati ed ai prodotti esteri, si assiste così, dal 1945 al
1965, a quello che venne definito il miracolo economico.
Nelle case degli italiani cominciano a comparire i primi elettrodomestici e si assiste
alla produzione di nuovi prodotti, dall’industria alimentare a quella chimica.
39
I marchi diventano sempre più espressione delle potenzialità economiche di un
paese, influenzando gusti, scelte e linguaggio dei cittadini e soprattutto contribuendo alla
divulgazione di una cultura di massa.
Prima degli anni quaranta i marchi, associando parole a immagini, raccontano storie,
dando la possibilità anche a chi non sa leggere di avere notizie su come cambia il Paese.
Successivamente diventano espressione del gusto e della società che cambiano,
danno consigli su cosa mangiare e come vestirsi, modificano il modo di parlare,
introducendo parole straniere, cambiano le abitudini degli italiani.
Negli anni ‘50, quasi in risposta all’affermarsi di un mercato pubblicitario, l’interesse
si sposta sul prodotto anziché sull’impresa, i marchi prendono vita, con tanto di carattere e
di cuore, e danno al modo di apparire dei prodotti una nuova fisionomia e un nuovo stile
impossibile da dimenticare tanto che le lettere, le iconografie classiche (leoni, aquile, ecc.),
le forme geometriche, costituiscono ormai un patrimonio limitato da utilizzare.
Vengono invece utilizzate molte parole straniere, in parte importate dagli Alleati, che
col tempo diventeranno d’uso comune, come la parola shampoo, e in alcuni casi
italianizzate, come lo ‘sciampo’51 della ditta Romagnoli.
Ai nostri giorni lo studio del marchio è diventato una vera e propria scienza e se fino
a non molti anni fa il marchio è stato considerato l’elemento portante dell’identità visiva di
un’azienda (visual identity), oggi il riconoscimento di un’azienda, quindi di tutto ciò che
proviene dal suo interno e si riversa sul sociale, avviene attraverso una strutturazione di
elementi comunicativi coordinati tra cui il marchio, che assume la caratteristica di sigla
visiva.
I più grandi designer usano tecniche visive raffinate per creare simboli di alto
impatto con lo scopo ultimo di suscitare nei potenziali acquirenti (target group) il desiderio
(spesso inconscio) verso i prodotti a cui si riferiscono. Sempre più spesso, inoltre, i
designer usano le tecniche messe a punto da scienze come la psicologia sociale nella
creazione dei marchi.
Il marchio assume forme e significati diversi: se da un lato riassume, sintetizza e
fotografa in un simbolo la storia e la filosofia di un’azienda, dall’altro è un elemento
mobile mutevole e soggettivo per la diversa valenza che assume per ogni singolo
consumatore e per la sua evoluzione nel tempo.
Rappresentare in un segno un universo di valori, vuol dire quindi saper adattare
questo segno alle nuove esigenze di comunicazione.
51 MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc.90765.
40
Bisogna saper trasmettere e comunicare con efficacia i valori del soggetto a cui fa
capo.
Il marchio tende a raffigurare con un preciso stile grafico, figlio del clima e del gusto
in cui è stato concepito, valori estetici che in quel momento storico vengono ritenuti
fondamentali e distintivi e così la sua componente materiale, quella grafica appunto, è
facilmente e ciclicamente messa alla prova dal tempo che passa.
Sono nomi, parole, simboli, disegni, o combinazioni di tutti questi elementi, aventi lo
scopo di identificare e differenziare i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre
imprese, veri e propri ‘brand’ intesi come variabili multidimensionali che contengono non
solo gli aspetti distintivi, ma anche la storia dell’impresa, l’esperienza maturata dai
consumatori, il livello di notorietà e le aspettative dei potenziali acquirenti.
2.2. Normativa nazionale ed internazionale
1868 – Legge 30 agosto 1868, n. 4577, sui marchi e segni distintivi di fabbrica
1883 – Convenzione d’Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale
1891 – Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
1942 – Regio Decreto 21 giugno 1942, n. 929, ‘in materia di marchi registrati’ (Legge
Marchi)
1954 – Ratifica delle modifiche apportate nel 1934 alla Convenzione di Parigi e
all’Accordo di Madrid
1954 – Legge 10 aprile 1954, n. 129, che riduce il numero di classi di prodotti ai fini della
registrazione dei marchi, da 49 a 34
1957 – Accordo di Nizza concernente la classificazione internazionale dei prodotti e dei
servizi ai fini della registrazione dei marchi
1958 – Accordo di Lisbona sulla protezione delle denominazioni d’origine
1967 – Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale
(WIPO)
1973 – Accordo di Vienna che stabilisce una classificazione internazionale degli elementi
figurativi dei marchi
41
1988 – Direttiva Europea sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in
materia di marchi d’impresa
1989 – Protocollo di Madrid relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione
internazionale dei marchi
1992 – Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, Attuazione della direttiva (CEE) n.
104/89 del Consiglio d’Europa del 21 dicembre 1988, recante ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa. (Nuova legge marchi)
1993 – Regolamento 40/94 del Consiglio d’Europa, del 20 dicembre 1993, sul marchio
comunitario (CTM)
1994 – Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio
(TRIPS)
2005 – ‘Codice della Proprietà Industriale’ (Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)
2009 – Regolamento (CE) N. 207/2009 del 26 febbraio 2009 sul marchio comunitario
2010 – Regolamento di attuazione del codice della proprietà industriale (D.Lgs 13 gennaio
2010, n. 33)
2011 – Decreto 11 maggio 2011 sull’opposizione alla registrazione dei marchi italiani
Come abbiamo potuto appurare nel capitolo precedente il riconoscimento giuridico
del diritto di invenzione, come diritto esclusivo allo sfruttamento economico del proprio
ritrovato, ha rappresentato una conquista del diritto moderno.
Inizialmente, prima di arrivare al riconoscimento del diritto esclusivo d’invenzione,
il mezzo tecnico utilizzato per concedere al beneficiario il potere di escludere i terzi
dall’attuazione della invenzione, fu il privilegio o la lettera patente52.
L’avvento della rivoluzione industriale produsse un potente stimolo per l’evoluzione
della tutela giuridica delle invenzioni gettando le basi della moderna giurisprudenza in
materia.
La storia della tutela dell’invenzione si è protratta quindi fino all’inizio dell’800,
quando viene acquisito ovunque il concetto di diritto dell’inventore e vengono promulgate
nuove legislazioni in materia. Furono emanate due importanti leggi, una statunitense53 e
52Brevis patente da cui trarrebbe origine il nome moderno di brevetto in italiano, brevet in francese, patent in inglese e tedesco e patente in spagnolo. Cfr. Roberto Malaman, Brevetto e politica dell’innovazione, Bologna, Il Mulino, 1991, op. cit. 53 Patent Act del 1790 successivamente modificata nel 1793, nel 1800, nel 1836 e nel 1874. Cfr. Nuovo Digesto Italiano, Torino, UTET, 1939.
42
una francese54, che stabilirono, per prime, l’esistenza di un diritto soggettivo dell’inventore
atto ad ottenere il rilascio del brevetto dall’autorità governativa abbandonando
definitivamente il concetto di privilegio.
Da allora il concetto di diritto dell’inventore si fece strada e con l’inizio del nuovo
secolo nuove leggi che regolavano la materia vennero promulgate ovunque.
La prima vera legge in chiave moderna della legislazione brevettuale italiana fu
comunque la legge piemontese preunitaria del 12 marzo 1855, n. 782, sulle ‘Privative per
Invenzioni e Scoperte Industriali’55 promulgata da Vittorio Emanuele II e siglata da Cavour
e Rattazzi, su proposta di Antonio Scajola, che venne poi estesa prima alla Lombardia con
l’atto legislativo 30 ottobre 1859, n. 3731, e successivamente a tutto il Regno con la legge
31 gennaio 1864, n. 1657. E per la prima volta venne regolamentata anche la protezione
del marchio56.
La rivoluzione industriale infatti, aveva fatto crescere e conoscere questa particolare
forma di proprietà intellettuale che fino ad allora era inclusa nella tutela della proprietà
industriale.
La normativa permetteva di utilizzare l’italiano o il francese per la descrizione del
brevetto e marchio, la richiesta doveva essere composta dalla domanda di
brevetto/marchio, dalle eventuali lettere di procura per i rappresentanti dell’inventore, dal
titolo, dalla descrizione, dalle rivendicazioni e dai disegni o modelli.
Nel 1868 il neo costituito Regno d’Italia adotta la legislazione del Regno di Sardegna
anche in materia di marchi, con la legge 30 agosto 1868 n. 4577.
Si tratta della prima vera legge italiana sui Marchi, ispirata alla prima legge organica
francese del 23 giugno 1857: in questa norma non era prevista una data di scadenza di
validità della registrazione, la cui durata era indefinita a condizione che il marchio venisse
usato, né una classificazione di merci e prodotti, si concedeva l’uso esclusivo del marchio a
condizione che esso venisse depositato presso le prefetture del Regno, fosse diverso da
ogni altro già legalmente usato e fossero versate quaranta lire per ciascun marchio o segno
distintivo.
54 Legge 7 gennaio 1791 successivamente modificata con la legge 5 luglio 1844. Cfr. Maria Saveria Cinquegrani, Il brevetto d’invenzione: cenni storici ed analisi delle principali convenzioni internazionali, Roma, Esagrafica, 1993, pp. 9-21. 55 Nella Relazione Scajola di accompagnamento al progetto di legge sono esplicitamente indicati i motivi per i quali si decise di utilizzare il termine di privative industriali: «perché questo diritto esclusivo, durante il tempo in cui esiste, priva naturalmente l’universale della possibilità di mettere in pratica la invenzione o la scoperta medesima, diciamo nell’articolo 1 del progetto, che esso costituisce una privativa» Relazione Scajola, parte generale, § 1, pubblicata in «Rivista di Diritto Industriale», I, 1957. 56 Legge 12 marzo 1855, n. 836 Uso dei marchi e dei segni distintivi in fatto d’industria e commercio.
43
In caso di successione dell’azienda la volontà di mantenere l’esclusiva doveva essere
dichiarata in carta bollata da una lira e doveva essere versata una tassa di due lire per la
trascrizione dell’esclusiva.
Il commerciante di un prodotto protetto non poteva occultare marchi e segni di altri,
ma poteva affiancare i propri.
La protezione veniva infine estesa ai prodotti di importazione a condizione che i
marchi venissero registrati anche in Italia.
Tutti i documenti venivano trasmessi dalle Prefetture o Camere di Commercio locali
al Ministero dell’agricoltura e commercio assicurando così un doppio sistema di pubblicità
legale.
La titolarità del diritto decorreva dalla dichiarazione al Prefetto. Le sanzioni penali e
le azioni risarcitorie in sede civile erano invece subordinate alla pubblicazione della
concessione dell’attestato di privativa nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
L’usurpazione e la contraffazione del marchio protetto, ma anche l’uso ingannevole
di marchi simili, erano puniti con una multa fino a duemila lire, raddoppiata in caso di
recidiva.
Parallelamente allo sviluppo delle legislazioni nazionali, e soprattutto all’aumento
dei traffici internazionali e degli scambi tecnologici tra i Paesi, sul finire del secolo XIX si
sente l’esigenza di coordinare e unificare la disciplina del diritto sulle invenzioni.
Il 20 marzo 1883 si giunge alla stipula della Convenzione dell’Unione di Parigi per
la Protezione della Proprietà Industriale, sottoscritta da undici Stati tra cui l’Italia57.
La Convenzione sancisce due principi fondamentali per l’evoluzione giuridica dei
diritti d’invenzione:
• il principio di assimilazione con cui lo Stato aderente alla Convenzione concede ai
cittadini stranieri gli stessi diritti previsti per i propri;
• il diritto di priorità, che disciplina le procedure di deposito dei brevetti.
57 Entra in vigore il 7 luglio 1884 con la legge n. 2473, viene successivamente modificata a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, a L’Aja il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Lisbona il 31 ottobre 1958 e a Stoccolma il 14 luglio 1967. E’ ratificata dall’Italia con la legge 28 aprile 1976, n. 424, (GU 19 giugno 1976, n. 160), ed entra in vigore il 24 aprile 1977 (comunicato 18 aprile 1977). Attualmente vi aderiscono 103 Stati.
44
La protezione si estende anche ai marchi di fabbrica e commerciali, ad eccezione di
quelli contrari ‘alla morale e all’ordine pubblico’, il rifiuto però può essere opposto solo al
marchio e non al prodotto collegato.
Viene riconosciuta particolare tutela ai nomi commerciali, le ditte si vedono quindi
riconosciuta la protezione non soltanto nel paese di origine ma ovunque questi siano
utilizzati, senza bisogno di essere registrati localmente.
La falsa indicazione di provenienza geografica, se accompagnata da un intento
fraudolento, comporta il sequestro del prodotto.
Per fare da raccordo e da supporto informativo tra i paesi aderenti viene istituito a
Berna l’ufficio internazionale per la protezione della proprietà industriale, posto sotto
l’autorità del governo della Confederazione svizzera, che provvede all’organizzazione e
alla vigilanza.
La Convenzione, inoltre, inaugura un sistema di conferenze periodiche per la
revisione e gli aggiornamenti della stessa.
Ed è proprio in occasione di una di queste conferenze che si arriva nel 1891 alla
stipula dell’Accordo di Madrid58 per la registrazione internazionale dei marchi di fabbrica
o commerciali, che dà vita ad una autonoma Unione di Paesi al fine di semplificare il
principio di parità di trattamento.
L’Accordo istituisce il principio per il quale i marchi di fabbrica e i marchi
commerciali, il cui deposito sia stato accettato nel paese di origine, sono protetti in tutti i
paese dell’Unione, compresi quelli che ne entrino a far parte successivamente, attraverso il
deposito al Bureau international di Berna il quale provvede alla notifica agli altri paesi e a
pubblicizzare la protezione attraverso la pubblicazione sul ‘Journal du Bureau
international’ della riproduzione e della descrizione del marchio. Il paese di origine invece
intrattiene i rapporti con Berna, su mandato del titolare del marchio.
La tutela del marchio è ventennale e sempre rinnovabile; ogni variazione,
annullamento, radiazione o rinuncia deve essere comunicato a Berna.
Ciascun paese, infine, nel quale la protezione del marchio è estesa, può, entro un
anno, opporre un rifiuto motivato contro cui il titolare può presentare ricorso.
Nel 1911 la Conferenza dell’Unione si svolse a Washington, e tra le altre cose
delineò meglio le condizioni dell’estensione della tutela dei marchi e modificò il limite del
rifiuto non più circoscritto ai soli casi di contrarietà alla morale o all’ordine pubblico, ma
58 Accordo di Madrid del 14 aprile 1891 sulla registrazione internazionale dei marchi di fabbrica e di commercio, rivisto a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, a L’Aja il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Nizza il 15 giugno 1957 ed a Stoccolma il 14 luglio 1967;
45
alla eventualità che possieda una natura tale da offendere tali diritti, possa cioè intaccarli,
ostacolarli o ingenerare confusione. In un articolo ‘bis’ viene inoltre contemplata la tutela
contro la concorrenza sleale.
In Italia, nel 1913, viene approvato il regolamento59 nel quale si definisce il
procedimento di registrazione, che stabilisce che le domande siano inoltrate, sia alle
Prefetture del Regno, sia alle Sotto Prefetture, sia allo stesso Ufficio della proprietà
intellettuale che trascrive il marchio in un apposito registro, completo di numero d’ordine,
data del deposito e della trascrizione, nome, cognome, domicilio e residenza del
proprietario e del mandatario e l’elenco dei prodotti ai quali il marchio si applica.
Dopo la trascrizione il richiedente ottiene un attestato sul quale viene applicato un
esemplare del marchio con tutte le indicazioni60, i marchi trascritti vengono poi riportati
all’interno del ‘Bollettino della proprietà intellettuale’ e della Gazzetta Ufficiale.
Il regolamento descrive inoltre le modalità con cui i marchi possono essere
riconosciuti in altri Stati o estesi da altri Stati all’Italia secondo gli accordi internazionali
stabiliti nella Convenzione di Parigi.
In quel periodo compare anche per la prima volta all’interno del ‘Bollettino dei
marchi di fabbrica’ per l’anno 1913-1914 la suddivisione dei marchi in classi
merceologiche, alla stessa stregua di quelle già adottate per raggruppare i brevetti
d’invenzione.
L’adeguamento normativo in materia di marchi continua e nel 1925, in occasione
della sesta conferenza internazionale riunitasi all’Aja, le norme riguardanti i marchi di
fabbrica vengono modificate e vengono inseriti alcuni articoli aggiuntivi. Ma si tratta
sostanzialmente di modifiche formali, o tecniche, o procedurali soprattutto per uniformare i
comportamenti dei vari Stati al fine di prevenire o orientare i contenziosi.
Nel 1934, il capo del Governo Benito Mussolini sottopone al Re una relazione e un
testo legislativo sulle privative industriali e marchi di fabbrica e di commercio61.
La nuova normativa non solo riordina, accorpa e aggiorna le leggi dei primi decenni
successivi all’Unità, ma introduce l’esame preventivo sulla novità delle invenzioni
industriali e dei marchi, l’opposizione preventiva, l’esproprio di stato non solo per ragioni
militari ma anche a fini di pubblica utilità, la cessione del marchio senza l’azienda e
modifica a favore degli inventori ‘finanziariamente provati’ le regole di tassazione.
59 R.D. 20 marzo 1913, n. 526 che approvava il regolamento in esecuzione della legge del 1868. 60 Una copia dell’attestato viene conservata inoltre all’interno dell’archivio dell’Ufficio brevetti e un’altra inviata alla Camera di commercio e industria dove viene conservata e resa accessibile al pubblico per la consultazione. 61 Regio Decreto 13 settembre 1934 n. 1602.
46
La guerra è però alle porte e la necessità di semplificare fa si che il 24 febbraio 1939
venga approvato il Regio decreto n. 317 che prevede solo un’attuazione graduale della
riforma del ’34.
Esso annuncia uno spacchettamento, attraverso distinti provvedimenti separati per
materia (invenzioni, modelli e marchi), e rinvia a tempi successivi tutte le innovazioni più
significative: dall’esame preventivo all’istituzione del Consiglio delle privative e dei
marchi.
Nel 1942 si arriva alla promulgazione del R.D. 21 giugno 1942, n. 92962, sui brevetti
per marchi d’impresa, da allora noto come ‘legge Marchi’, che stabiliva cosa non poteva
essere oggetto di marchio.
Fu vietato tutto ciò che, attraverso parole, figure e segni, non risulti veritiero
sull’origine o sulla qualità dei prodotti o delle merci.
Le altre disposizioni generali e procedurali ripetono in gran parte quelle sui brevetti
di invenzione disciplinate dal Regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127.
Con il dopoguerra si ripropose l’urgenza di una riforma globale del sistema delle
privative, imposta dall’evoluzione del mondo industriale e, soprattutto, dalla necessità di
un adeguamento alle convenzioni internazionali ed anche in ragione del fatto che la
riforma avviata nel 1939, come abbiamo visto, aveva risposto solo parzialmente alle
esigenze emerse nel corso degli anni.
In vista poi della ripresa delle domande per i brevetti d’invenzione e la registrazione
di marchi, disegni e modelli industriali, e a seguito della gigantesca inflazione e
svalutazione monetaria degli anni precedenti, il Governo De Gasperi adottò provvedimenti
generali che culminarono nella legge 19 maggio 1950, n. 36763, per adeguare, almeno
parzialmente, le imposte, le tasse e le tariffe sui marchi.
Nel 1948 era stato approvato il regolamento alla legge marchi del 194264 che
aggiornava quello del 1913.
In materia di marchi, il bureau di Berna aveva proposto, fin dal 1935, una nuova
classificazione dei prodotti e delle merci in 34 categorie, liberamente adottata dai singoli
paesi, tra i quali la Francia; l’Italia invece dal 1942 utilizzava il sistema di 49 classi.
Con la legge 10 aprile 1954, n. 129, l’Italia decise di allinearsi spontaneamente alla
classificazione voluta da Berna al fine di semplificare le domande di registrazione
62 R.D. 21 giugno 1942, n. 929: Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per marchi d'impresa successivamente modificato in Testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati. (Pubblicato nella G.U. 29 agosto 1942, n. 203). 63 Legge 19 maggio 1950, n. 367: Modificazioni in materia di tasse di brevetto per invenzioni industriali. 64 D.P.R. 8 maggio 1948, n. 795: Testo delle disposizioni regolamentari in materia di marchi registrati.
47
internazionale dei marchi. Il nuovo sistema, inoltre, modificava profondamente la sequenza
e la denominazione dei prodotti e dei materiali.
Il 15 giugno 1957 si svolse a Nizza65 una nuova Conferenza diplomatica che estense
la classificazione internazionale dei prodotti ai quali si applicano i marchi di fabbrica e di
commercio anche ai servizi ripartiti in 8 classi, passando quindi da 34 a 42.
L’anno successivo, il 31 ottobre 1958 a Lisbona, si svolse una nuova Conferenza
internazionale per aggiornare la Convenzione di Parigi e l’accordo di Madrid del ‘42, le
modifiche e gli aggiornamenti riguardarono soprattutto la lotta alla contraffazione e fu, poi,
introdotto un nuovo accordo per la protezione e la registrazione internazionale delle
denominazioni di origine prevalentemente in ambito agricolo, estendendo la sua azione alle
‘indicazioni ingannevoli’.
Nel 1961 il Governo italiano decise di aumentare nuovamente le tasse per tutte le
concessioni governative comprese quelle in materia di brevetti, marchi e modelli
definendola una manovra di adeguamento contro l’inflazione sempre più crescente.
Nell’estate del 1967, a Stoccolma, una nuova conferenza internazionale per la
proprietà intellettuale approvò la Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale
della proprietà intellettuale66 con il compito di incoraggiare l’attività creativa e di
promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo. La Convenzione fu
firmata da quarantacinque paesi, ma entrò in vigore solamente nell’aprile del 1970 con
appena tredici Stati aderenti67.
Negli anni ‘70, grazie all’Accordo di Vienna, viene realizzato un ulteriore sistema
internazionale in tema di classificazione dedicato questa volta agli elementi figurativi dei
marchi, che vengono ripartiti in ventinove categorie e 1700 sezioni. Firmato da diciotto
paesi, tra cui l’Italia68, entrò in vigore nel 1985.
Il 27 giugno 1989 viene firmato, da diciotto paesi tra cui l’Italia, il Protocollo di
Madrid sulla registrazione internazionale dei marchi che innova il secolare Accordo di
Madrid del 1891.
Il Protocollo adotta tre lingue ufficiali: inglese, francese e spagnolo; consente di
anticipare la domanda di registrazione internazionale, per la quale non occorre più avere
già ottenuto la registrazione nel paese d’origine, unifica la durata della protezione a dieci
anni e adotta un regolamento comune all’intero sistema.
65 Riveduto a Stoccolma nel 1967 e a Ginevra nel 1977, e modificato nel 1979. 66 WIPO nell’acronimo inglese, OMPI in quello francese. 67 All’inizio l’Italia si avvalse di una clausola transitoria della quale potevano beneficiare per cinque anni i paesi che facevano parte delle preesistenti Unioni, e ratificò il trattato solo nell’aprile del 1977. 68 L’Italia non ha mai provveduto alla ratifica dell’Accordo.
48
Negli anni ’90 il sistema dei Marchi è stato oggetto di una vera e propria rivoluzione
normativa che grazie alla Comunità e all’Unione Europea favorisce il ravvicinamento delle
legislazioni nazionali attraverso le direttive e adotta regolamenti comunitari che porteranno
nel tempo alla stipula del Codice dei diritti di proprietà industriale.
Nel 1992, con l’entrata in vigore della ‘legge Marchi’69 i marchi diventano asset
autonomi non più vincolati alle sorti dell’azienda, possono entrare a far parte del
patrimonio dell’azienda e chiunque può esserne titolare.
Fino ad allora infatti per registrare un marchio si doveva essere imprenditori, e solo il
trasferimento dell’azienda consentiva di trasferire il marchio.
Il marchio diventa, quindi, un bene trasferibile, la sua circolazione libera, può essere
acquistato, ceduto anche parzialmente o temporalmente, con esclusiva o meno.
Tra le molte innovazioni la legge Marchi distingue opportunamente i brevetti dai
marchi.
La legge Marchi è stata modificata negli anni successivi: una prima volta con il
decreto legislativo 198/1996 per adeguare le norme sul commercio dei diritti di proprietà
intellettuale all’Accordo Trip’s70 e una seconda volta con il decreto legislativo 447/1999,
per adottare il Protocollo di Madrid del 1989 sulla registrazione internazionale dei marchi.
Nel frattempo, con Regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio Europeo, del 20
dicembre 1993, sul marchio comunitario viene introdotto il sistema del marchio europeo
(Community Trade Mark – CTM) che si affianca a quelli nazionali e al sistema di Madrid
di registrazione dei marchi internazionali.
Nel 2005, con decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è emanato il Codice della
proprietà industriale, che riordina l’intera materia e la adegua ulteriormente alla normativa
internazionale e comunitaria e alle moderne tecnologie informatiche71.
69 Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480 attuativo della direttiva (CEE) n. 104/89 del Consiglio del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa e in vigore dal 1° gennaio 1993 70 The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (in italiano, Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale), spesso noto con l'acronimo TRIPS, è un trattato internazionale promosso dall'Organizzazione mondiale del commercio, meglio conosciuta come WTO, al fine di fissare lo standard per la tutela della proprietà intellettuale. L'accordo TRIPS stabilisce i requisiti che le leggi dei paesi aderenti devono rispettare per tutelare la proprietà intellettuale, nell'ambito del copyright, delle indicazioni geografiche protette (IGP), dell'industrial design, dei brevetti, dei marchi di fabbrica registrati e di numerosi altri ambiti. Il TRIPS inoltre stabilisce le linee guida per l'applicazione delle leggi in materia di protezione della proprietà intellettuale, per i ricorsi e per le procedure di risoluzione delle controversie. 71 Nel giro di pochi anni il Codice della proprietà industriale è oggetto di due ulteriori interventi legislativi. Il primo, con legge 23 luglio 2009, n. 99 sullo sviluppo e internazionalizzazione delle imprese, incentrato sui profili procedurali delle controversie e il secondo, con decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 131, che modifica o integra oltre cento articoli del Codice.
49
Nel 2011 il decreto sull’opposizione alla registrazione dei marchi italiani che
disciplina la presenza sul mercato di marchi confondibili, purché essi appartengano ad
imprenditori diversi e tra loro non collegati. Infatti la presenza di più marchi confondibili
indebolisce la riconoscibilità e la forza del marchio originario ed è per questo motivo che
va attentamente valutata ed eventualmente evitata la concessione di marchi simili.
2.3. Classificazione, analisi e sviluppo delle classi merceologiche
In Italia i marchi di fabbrica furono per la prima volta suddivisi in classi
merceologiche all’interno del ‘Bollettino dei marchi di fabbrica per l’anno 1913-1914’.
Essi vennero inseriti all’interno di una ‘scala istituzionale’ al fine di indirizzarli,
controllarli e inquadrarli meglio, così come era già stato fatto per i brevetti, creando
oltretutto un utile strumento d’indagine sulla società dell’epoca e sui suoi cambiamenti.
Classificazione del 1913:
Classe I – Prodotti del suolo, grezzi o parzialmente lavorati per scopi industriali,
non compresi in altre classi;
Classe II – Alimenti, compresi latte, tè, caffè e surrogati; olii e grassi commestibili;
Classe III – Acque minerali, vini, liquori e bevande diverse;
Classe IV – Olii e grassi non commestibili; saponi e profumerie;
Classe V – Metalli lavorati, utensili, macchine in genere, organi e parti di macchine,
non compresi in altre classi;
Classe VI – Orologeria; apparecchi d’elettricità, di fisica, strumenti di misura;
strumenti musicali: macchine da cucire, da maglieria, ecc., macchine da
scrivere, e apparecchi fotografici;
Classe VII – Armi e loro accessori; esplosivi;
Classe VIII – Materiali da costruzione; vetrerie e ceramiche;
Classe IX – Combustibili e materiali e articoli diversi per riscaldamento e
illuminazione;
Classe X – Materiali diversi di uso domestico non compresi in altre classi, oggetti
per sport e giocattoli;
Classe XI – Spazzole, pennelli, lavori in paglia, in crine;
Classe XII – Carrozzeria e trasporti in genere; selleria, valigeria;
Classe XIII – Filati, tessuti, pizzi, ricami;
50
Classe XIV – Articoli di vestiario e oggetti vari d’uso o d’ornamento personale non
compresi in altre classi;
Classe XV – Tabacchi e articoli per fumatori;
Classe XVI – Caucciù e guttaperca72;
Classe XVII – Carte, cartoni (compresa carta per tappezzeria) e oggetti di cancelleria;
Classe XVIII – Prodotti farmaceutici, e apparecchi d’igiene e di terapia;
Classe XIX – Coloranti e vernici;
Classe XX – Prodotti chimici non compresi in altre classi;
Classe XXI – Prodotti diversi non compresi in altre classi;
Classe XXII – Prodotti compresi in più classi.
Inizialmente venne adattata ai marchi la classificazione utilizzata per i brevetti
all’interno dei Bollettini ufficiali della proprietà industriale letteraria ed artistica, i quali
utilizzavano una specificità maggiore nella suddivisione dei prodotti. La superficialità
usata invece nelle descrizioni dei generi di prodotti dei marchi nella prima classificazione è
da ricercarsi nella sperimentazione di tale suddivisione anche al sistema dei marchi fino ad
allora semplicemente trascritti all’interno dei Bollettini.
La classificazione appare infatti molto semplice e le stesse classi contengono una
suddivisione generica dei prodotti, raggruppando in una stessa classe più generi di prodotti
appartenenti ad una stessa famiglia.
Per i prodotti ai quali non si riusciva a trovare una collocazione erano dedicate le
ultime tre classi.
Con l’adeguamento normativo in materia di marchi73 nel 1942 anche la
classificazione dei marchi cambia, passando dalle precedenti 22 alle 49 classi del 1943-
194474.
A questa legge infatti era allegata una tabella C, che classificava ‘i generi di prodotti
o merci’ (allora non venivano riconosciuti come registrabili i marchi di servizio) in 49
classi.
Tale tabella era stata stilata, sia per uniformare l’Italia ad una tendenza
internazionale, sia per assecondare un impegno assunto con la Francia e volto all'adozione
72 La guttaperca o guttapercha è una macromolecola di origine vegetale molto simile alla gomma naturale o al caucciù. 73 Ci si riferisce alla promulgazione del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, sui brevetti per marchi d’impresa, da allora noto come ‘legge Marchi’ che stabilisce cosa non poteva essere oggetto di marchio 74 Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1943-1944.
51
di un sistema uniforme di classificazione al fine di permettere l'adozione tra i due paesi del
principio del deposito ambivalente.
Classificazione del 1943:
Classe 1 - Minerali, terre, pietre, asfalto, bitume, zolfo, combustibili fossili, solidi e
liquidi, coke e combustibili agglomerati;
Classe 2 - Prodotti vegetali, legname da lavorare e da ardere, carbone vegetale,
sughero, fibre vegetali non lavorate, sementi, fiori, piante, resine e gomme
allo stato naturale;
Classe 3 - Prodotti animali, animali vivi, pelli, peli, crini, lana, seta, penne, avorio,
madreperla, corallo, spugne, balena, corno, tartaruga;
Classe 4 - Metalli in barre, fogli, lastre, fili, tubi, rottami;
Classe 5 - Essenze, oli e grassi non commestibili, saponi per usi industriali, sostanze
per liscivare, imbiancare, nettare e smacchiare, tinture ed appretti;
Classe 6 - Cuoi e pelli preparati, caucciù, surrogati e imitazioni del cuoio e della
gomma in fogli, fili e tubi;
Classe 7 - Prodotti chimici per l’industria, la fotografia, la concia, concimi naturali e
artificiali, sostanze chimiche per l’agricoltura;
Classe 8 - Utensili, macchine utensili per la lavorazione del legno, delle pietre, dei
metalli;
Classe 9 - Macchine da cucire, da maglieria, da ricamo, da scrivere, macchine
calcolatrici;
Classe 10 - Macchine, apparecchi e materiali elettrici per la radiofonia e per la
televisione, fonografi, grammofoni e apparecchi cinematografici;
Classe 11 - Macchine e apparecchi diversi e loro parti;
Classe 12 - Costruzioni navali ed accessori, costruzioni aeronautiche, materiale fisso e
mobile per ferrovie, tranvie e funicolari;
Classe 13 - Carpenteria, carrozzeria, automobili, velocipedi e loro parti, pneumatici,
selleria;
Classe 14 - Cordami di fibre e crini di ogni specie, cavi metallici, catene, cinghie di
trasmissione;
Classe 15 - Armi da fuoco, da guerra e da caccia, armi bianche, munizioni, esplosivi,
polveri, micce, inneschi, fuochi d’artificio;
52
Classe 16 - Calce, gesso, cemento, mattoni, tegole, marmo, pietre, legname ed altri
materiali da costruzione, lavorati o tagliati;
Classe 17 - Ferramenta, serrature, chiodi, viti e bulloni, carte e tele smerigliate, sostanze
per pulire metalli, mastici, colle, colori e vernici per le costruzioni,
Classe 18 - Ascensori, montacarichi, elementi per costruzioni metalliche;
Classe 19 - Ebanisteria, mobili, tappezzeria, parati in carta e surrogati, letti e simili;
Classe 20 - Utensili domestici in metallo, legno ed altri materiali per la cucina, per
bagno, apparecchi d’illuminazione, riscaldamento e ventilazione, filtri,
estintori, coltelleria, strumenti taglienti;
Classe 21 - Chincaglierie, vetri, cristalli, specchi, porcellane, vasellami vari, ceramiche;
Classe 22 - Spazzole, pennelli, scope, stuoie, lavori in paglia e simili;
Classe 23 - Filati di lana, di pelo, di crine, di seta, di raion, di juta, di canapa, di lino, di
cotone e di altre fibre;
Classe 24 - Tessuti di lana di pelo, di crine, di seta, di raion, di juta, di canapa, di lino,
di cotone e di altre fibre;
Classe 25 - Tele cerate, oliate, gommate, linoleum, tende, impermeabili ed altri articoli
di tali materiali;
Classe 26 - Biancheria, vestiti confezionati, cappelli;
Classe 27 - Ricami, merletti, nastri, guanti, busti, aghi e spilli, bottoni, penne, fiori
artificiali e mercerie diverse;
Classe 28 - Calzature di ogni specie, lucidi e grassi per cuoi;
Classe 29 - Bastoni, ombrelli, ventagli, valigie, borse, articoli da viaggio;
Classe 30 - Gioielleria, oreficeria, orologeria, lavori ornamentali in metallo e altri
materiali, perle e pietre preziose naturali ed artificiali;
Classe 31 - Profumerie, cosmetici, dentifrici, saponi, pettini ed altri articoli di toeletta;
Classe 32 - Tabacco, carta per sigarette, articoli per fumatori, sigari e sigarette,
fiammiferi e accendi fuoco;
Classe 33 - Giocattoli, giuochi, carte da giuoco, articoli di pesca, di caccia e sportivi;
Classe 34 - Carni, pesci, pollami, uova, cacciagione, freschi, salati o conservati;
Classe 35 - Latte, burro, formaggi ed altri latticini, grassi ed oli combustibili, sale,
aceto, salse, conserva di pomodoro;
Classe 36 - Legumi e frutti freschi, secchi, in conserva;
Classe 37 - Pasticceria, confetture, dolci, caramelle, biscotti, marmellate, zucchero,
miele, cacao, cioccolato, tè, caffè e surrogati, droghe, e derrate coloniali;
53
Classe 38 - Pane, paste alimentari, farine, riso;
Classe 39 - Vini, birra, acquavite, alcole, liquori e bevande alcoliche diverse;
Classe 40 - Acque minerali e gassose, sciroppi ed altre bevande non alcoliche;
Classe 41 - Colori ed accessori per la pittura, materiale per modellatore, strumenti e
materiale per disegna;
Classe 42 - Stampe, carta, cartone, libri, articoli per uffici, inchiostri da scrivere, da
stampa e per timbri, legature, articoli di pubblicità;
Classe 43 - Oggetti d’ornamento scolpiti, dipinti, incisioni, litografie, fotografie,
caratteri da stampa;
Classe 44 - Materiali didattici, modelli, carte geografiche e murali in genere, mobili
scolastici, attrezzi di ginnastica;
Classe 45 - Strumenti per le scienze, l’ottica, la fotografia, strumenti di misura, pesi,
bilance;
Classe 46 - Strumenti ed apparecchi di chirurgia, di medicina, di farmacia, di ortopedia;
Classe 47 - Strumenti musicali di ogni specie;
Classe 48 - Prodotti chimici, medicinali, prodotti farmaceutici, prodotti igienici,
disinfettanti, prodotti veterinari;
Classe 49 - Prodotti diversi non specificati nelle altre classi.
Come si può notare, le classi iniziali vengono maggiormente specificate e ne
vengono introdotte altre, soprattutto in campo alimentare, manifatturiero e tessile.
La motivazione è da ricercarsi probabilmente nella apertura del mercato a nuovi
prodotti la cui nascita è sicuramente legata, sia alla scoperta e alla creazione di nuovi
materiali, sia ad un aumento della richiesta di registrazione dei marchi come conseguenza
dello sviluppo industriale negli anni a cavallo delle due guerre.
In conseguenza di ciò era necessaria quindi una maggiore specificità nella
classificazione.
Nel 1954 la classificazione cambiò nuovamente, riportando a trentaquattro le classi
merceologiche sulla scala di riferimento75, accorpando i prodotti all’interno di categorie
omogenee.
75 Cfr. ACS, Bollettino marchi luglio, agosto e settembre 1954, anche se la modifica risale al maggio dello stesso anno.
54
La classificazione italiana è sostituita, in virtù della Legge 10 aprile 1954, n. 129,
con altra classificazione identica a quella del WIPO per la classificazione dei marchi
internazionali.
La Legge 10 aprile 1954, n. 129, rimase in vigore dal 19 maggio 1954 al 31 gennaio
1960.
Classificazione del 1954:
Classe 1 - Prodotti chimici per l’industria, la scienza, la fotografia, l’agricoltura,
l’orticoltura, la silvicoltura; concimi per terreni (naturali e artificiali);
preparati estintori, tempere e preparati chimici per la saldatura; prodotti
chimici per conservare li alimenti; materie per la concia; sostanze adesive
per l’industria;
Classe 2 - Colori, vernici, lacche; materie preservative contro la ruggine e contro il
deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine; metalli in fogli
e in polvere per pittori e decoratori;
Classe 3 - Preparati per lavare la biancheria e altre sostanze per il bucato; preparati per
pulire, lustrare, sgrassare, raschiare; saponi; profumeria; oli essenziali,
cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici;
Classe 4 - Olii e grassi industriali (esclusi gli olii e grassi commestibili e gli olii
essenziali); lubrificanti; preparati per agglomerare la polvere; preparati
combustibili (comprese le essenze per motori) e materie illuminanti; ceri,
candele, lumini da notte e lucignoli;
Classe 5 - Prodotti farmaceutici, veterinari e igienici; prodotti dietetici per fanciulli ed
ammalati, impiastri, materiale di medicazione; materie per piombare i denti
e per impronte dentarie; disinfettanti; preparati per distruggere erbacce ed
animali nocivi;
Classe 6 - Metalli comuni, grezzi e semilavorati, e loro leghe; ancore, incudini,
campane, materiali da costruzione laminati e fusi; rotaie e altri materiali
metallici per le ferrovie; catene (escluse le catene motrici per veicoli); cavi e
fili metallici non elettrici; serrami; tubi metallici; casseforti e cassette; sfere
d’acciaio; ferri per cavallo, chiodi e viti; altri prodotti in metallo (non
prezioso) non compresi in altre classi; minerali;
55
Classe 7 - Macchine e macchine utensili; motori (eccetto che per veicoli);
accoppiamenti e cinghie di trasmissione (eccetto che per veicoli); grandi
strumenti per l’agricoltura; incubatrici;
Classe 8 - Utensili e strumenti a mano; coltelleria, forchette e cucchiai; armi bianche;
Classe 9 - Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, elettrici (compresa la radio),
fotografici, cinematografici, ottici di peso, di misura, di segnalazione, di
controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e di insegnamento;
apparecchi automatici funzionanti con l’introduzione d’una moneta o d’un
gettone; macchine parlanti; registratori di cassa, macchine calcolatrici;
apparecchi estintori;
Classe 10 - Strumenti e apparecchi di chirurgia, di medicina, di odontoiatria e di
veterinaria (compresi gli arti, gli occhi e i denti artificiali);
Classe 11 - Impianti d’illuminazione, di riscaldamento, di produzione, di vapore, di
cottura, di refrigerazione, di essiccazione, di ventilazione, da distribuzione
d’acqua e sanitari;
Classe 12 - Veicoli; apparecchi di locomozione per terra, per aria e per acqua;
Classe 13 - Armi da fuoco; munizioni e proiettili; sostanze esplosive; fuochi d’artificio:
Classe 14 - Metalli preziosi, leghe e oggetti fabbricati con tali materie e placcati
(eccetto coltelleria, forchette e cucchiai); gioielleria, pietre preziose,
orologeria e altri strumenti cronometrici;
Classe 15 - Strumenti di musica (ad eccezione delle macchine parlanti e degli
apparecchi radio);
Classe 16 - Carta, articoli di carta, cartone e articoli di cartone; stampati, giornali e
periodici, libri; articoli per rilegature; fotografie; oggetti di cancelleria,
materie adesive (per cancelleria): materiali per artisti, pennelli per pittori;
macchine da scrivere e articoli per ufficio (eccetto i mobili); materiale di
istruzione o d’insegnamento (eccetto gli apparecchi); carte da gioco;
caratteri da stampa; stampi tipografici;
Classe 17 - Guttaperca, gomma elastica, balata76 e succedanei, oggetti fabbricati con
tali materie non compresi in altre classi; materiali per la calafatura77, lo
76 Gomma che si ottiene dal lattice di un albero dell’America tropicale, usata per isolanti elettrici, cinghie di trasmissione, tessuti impermeabili ecc. 77 Operazione che serve a rendere impermeabile all'acqua i tavolati dei fasciami esterni e dei ponti di una nave, introducendo nelle fessure stoppa catramata.
56
stoppamento e l’isolamento; amianto, mica e loro prodotti; tubi flessibili
non metallici;
Classe 18 - Cuoio e imitazioni del cuoio, articoli fabbricati con tali materie non
compresi in altre classi; pelli, bauli e valigie; ombrelli da pioggia, ombrelli
da sole e bastoni; fruste, finimenti e selleria;
Classe 19 - Materiali da costruzione, pietre naturali e artificiali, cemento, calce, gesso, e
rena; tubi di pietra e di cemento; prodotti per la costruzione delle strade;
asfalto pece e bitume; case trasportabili, monumenti di pietra; camini;
Classe 20 - Mobili, specchi, cornici; articoli (non compresi in altre classi) in legno,
sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, osso di balena,
tartaruga, ambra, madreperla, schiuma di mare, celluloide e surrogati di tali
materie;
Classe 21 - Piccoli utensili e recipienti portatili per uso domestico e per la cucina (non
in metalli preziosi o in placcato); pettini e spugne; spazzole (eccetto i
pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; strumenti e materiale di
pulitura; paglia di ferro; vetreria, porcellana e maiolica non comprese in
altre classi;
Classe 22 - Corde, spaghi, reti, tende, copertoni, vele, sacchi, materie per imbottitura
(crine, capoc, piume, alghe di mare ecc.); materie fibrose grezze per la
tessitura;
Classe 23 - Fili;
Classe 24 - Tessuti; coperte da letto e da tavola; articoli tessili non compresi in altre
classi;
Classe 25 - Articoli di vestiario, compresi gli stivali, le scarpe e le pantofole;
Classe 26 - Merletti e ricami, nastri e lacci; bottoni, bottoni automatici, uncinetti e
occhielli, spilli e aghi; fiori artificiali;
Classe 27 - Tappeti, stoini, stuoie, linoleum e altri prodotti per coprire i pavimenti
tappezzerie (eccetto in tessuto);
Classe 28 - Giuochi, giocattoli; articoli per la ginnastica e per lo sport (esclusi gli
articoli di vestiario); ornamenti e decorazioni per alberi di Natale;
Classe 29 - Carne, pesce, pollame e cacciagione; estratti di carne; frutta e legumi
conservati essiccati e cotti; gelatine, confetture; uova, latte e altri prodotti di
latteria; olii e grassi commestibili; conserve, alimenti in salamoia;
57
Classe 30 - Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca sago, surrogati del caffè; farine e
preparati fatti di cereali, pane, biscotti, focacce, pasticceria e confetteria,
gelati commestibili; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per
lievitare; sale, mostarda, pepe, aceto, salse; spezie; ghiaccio;
Classe 31 - Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglio, non compresi in altre classi;
animali vivi; frutta e legumi freschi; semi, piante vive e fiori naturali;
sostanze alimentari per gli animali, malto;
Classe 32 - Birra; acque minerali e gassose e altre bevande non alcooliche; sciroppi e
altri preparati per fare bevande;
Classe 33 - Vini, spiriti e liquori;
Classe 34 - Tabacco grezzo o lavorato; articoli per fumatori; fiammiferi.
La necessità di adeguarsi alle convenzioni internazionali porta, nel giugno del 1957,
alla firma dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei
servizi ai quali si applicano i marchi di fabbrica o di commercio, che si pone come
obiettivo quello di una classificazione dei marchi registrati univocamente riconosciuta ed
accettata a livello internazionale.
La classificazione in trentaquattro classi di prodotti, adottata già da alcuni paesi tra
cui, come si è visto l’Italia, viene estesa anche ai servizi ripartiti in otto classi (da
trentacinque a quarantadue): pubblicità e affari; assicurazioni e credito; costruzioni e
riparazioni; comunicazioni, radio e televisione; trasporti e depositi di merci; trattamento di
materiali; istruzione e spettacolo; più una classe di servizi diversi non previsti in altra
classe.
In Italia questo tipo di classificazione fu adottata a partire dal 196078, dopo la ratifica
dell’Accordo avvenuto con legge 24 dicembre 1959, n. 1178.
Classificazione del 1960:
Classe 1 - Prodotti chimici per l’industria, la scienza, la fotografia, l’agricoltura,
l’orticoltura, la silvicoltura; concimi per terreni (naturali e artificiali);
preparati estintori, tempere e preparati chimici per la saldatura; prodotti
chimici per conservare li alimenti; materie per la concia; sostanze adesive
per l’industria;
78 Cfr. ACS, Bollettino marchi ottobre e dicembre 1960.
58
Classe 2 - Colori, vernici, lacche; materie preservative contro la ruggine e contro il
deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine; metalli in fogli
e in polvere per pittori e decoratori;
Classe 3 - Preparati per lavare la biancheria e altre sostanze per il bucato; preparati per
pulire, lustrare, sgrassare, raschiare; saponi; profumeria; oli essenziali,
cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici;
Classe 4 - Olii e grassi industriali (esclusi gli olii e grassi commestibili e gli olii
essenziali); lubrificanti; preparati per agglomerare la polvere; preparati
combustibili (comprese le essenze per motori) e materie illuminanti; ceri,
candele, lumini da notte e lucignoli;
Classe 5 - Prodotti farmaceutici, veterinari e igienici; prodotti dietetici per fanciulli ed
ammalati, impiastri, materiale di medicazione; materie per piombare i denti
e per impronte dentarie; disinfettanti; preparati per distruggere erbacce ed
animali nocivi;
Classe 6 - Metalli comuni, grezzi e semilavorati, e loro leghe; ancore, incudini,
campane, materiali da costruzione laminati e fusi; rotaie e altri materiali
metallici per le ferrovie; catene (escluse le catene motrici per veicoli); cavi e
fili metallici non elettrici; serrami; tubi metallici; casseforti e cassette; sfere
d’acciaio; ferri per cavallo, chiodi e viti; altri prodotti in metallo (non
prezioso) non compresi in altre classi; minerali;
Classe 7 - Macchine e macchine utensili; motori (eccetto che per veicoli);
accoppiamenti e cinghie di trasmissione (eccetto che per veicoli); grandi
strumenti per l’agricoltura; incubatrici;
Classe 8 - Utensili e strumenti a mano; coltelleria, forchette e cucchiai; armi bianche;
Classe 9 - Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, elettrici (compresa la radio),
fotografici, cinematografici, ottici di peso, di misura, di segnalazione, di
controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e di insegnamento;
apparecchi automatici funzionanti con l’introduzione d’una moneta o d’un
gettone; macchine parlanti; registratori di cassa, macchine calcolatrici;
apparecchi estintori;
Classe 10 - Strumenti e apparecchi di chirurgia, di medicina, di odontoiatria e di
veterinaria (compresi gli arti, gli occhi e i denti artificiali);
59
Classe 11 - Impianti d’illuminazione, di riscaldamento, di produzione, di vapore, di
cottura, di refrigerazione, di essiccazione, di ventilazione, da distribuzione
d’acqua e sanitari;
Classe 12 - Veicoli; apparecchi di locomozione per terra, per aria e per acqua;
Classe 13 - Armi da fuoco; munizioni e proiettili; sostanze esplosive; fuochi d’artificio:
Classe 14 - Metalli preziosi, leghe e oggetti fabbricati con tali materie e placcati
(eccetto coltelleria, forchette e cucchiai); gioielleria, pietre preziose,
orologeria e altri strumenti cronometrici;
Classe 15 - Strumenti di musica (ad eccezione delle macchine parlanti e degli
apparecchi radio);
Classe 16 - Carta, articoli di carta, cartone e articoli di cartone; stampati, giornali e
periodici, libri; articoli per rilegature; fotografie; oggetti di cancelleria,
materie adesive (per cancelleria): materiali per artisti, pennelli per pittori;
macchine da scrivere e articoli per ufficio (eccetto i mobili); materiale di
istruzione o d’insegnamento (eccetto gli apparecchi); carte da gioco;
caratteri da stampa; stampi tipografici;
Classe 17 - Guttaperca, gomma elastica, balata e succedanei, oggetti fabbricati con tali
materie non compresi in altre classi; materiali per la calafatura, lo
stoppamento e l’isolamento; amianto, mica e loro prodotti; tubi flessibili
non metallici;
Classe 18 - Cuoio e imitazioni del cuoio, articoli fabbricati con tali materie non
compresi in altre classi; pelli, bauli e valigie; ombrelli da pioggia, ombrelli
da sole e bastoni; fruste, finimenti e selleria;
Classe 19 - Materiali da costruzione, pietre naturali e artificiali, cemento, calce, gesso e
rena; tubi di pietra e di cemento; prodotti per la costruzione delle strade;
asfalto pece e bitume; case trasportabili, monumenti di pietra; camini;
Classe 20 - Mobili, specchi, cornici; articoli (non compresi in altre classi) in legno,
sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, osso di balena,
tartaruga, ambra, madreperla, schiuma di mare, celluloide e surrogati di tali
materie;
Classe 21 - Piccoli utensili e recipienti portatili per uso domestico e per la cucina (non
in metalli preziosi o in placcato); pettini e spugne; spazzole (eccetto i
pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; strumenti e materiale di
60
pulitura; paglia di ferro; vetreria, porcellana e maiolica non comprese in
altre classi;
Classe 22 - Corde, spaghi, reti, tende, copertoni, vele, sacchi, materie per imbottitura
(crine, capoc, piume, alghe di mare ecc.); materie fibrose grezze per la
tessitura;
Classe 23 - Fili;
Classe 24 - Tessuti; coperte da letto e da tavola; articoli tessili non compresi in altre
classi;
Classe 25 - Articoli di vestiario, compresi gli stivali, le scarpe e le pantofole;
Classe 26 - Merletti e ricami, nastri e lacci; bottoni, bottoni automatici, uncinetti e
occhielli, spilli e aghi; fiori artificiali;
Classe 27 - Tappeti, stoini, stuoie, linoleum e altri prodotti per coprire i pavimenti
tappezzerie (eccetto in tessuto);
Classe 28 - Giuochi, giocattoli; articoli per la ginnastica e per lo sport (esclusi gli
articoli di vestiario); ornamenti e decorazioni per alberi di Natale;
Classe 29 - Carne, pesce, pollame e cacciagione; estratti di carne; frutta e legumi
conservati essiccati e cotti; gelatine, confetture; uova, latte e altri prodotti di
latteria; olii e grassi commestibili; conserve, alimenti in salamoia;
Classe 30 - Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca sago, surrogati del caffè; farine e
preparati fatti di cereali, pane, biscotti, focacce, pasticceria e confetteria,
gelati commestibili; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per
lievitare; sale, mostarda, pepe, aceto, salse; spezie; ghiaccio;
Classe 31 - Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglio, non compresi in altre classi;
animali vivi; frutta e legumi freschi; semi, piante vive e fiori naturali;
sostanze alimentari per gli animali, malto;
Classe 32 - Birra; acque minerali e gassose e altre bevande non alcooliche; sciroppi e
altri preparati per fare bevande;
Classe 33 - Vini, spiriti e liquori;
Classe 34 - Tabacco grezzo o lavorato; articoli per fumatori; fiammiferi;
Classe 35 - Pubblicità ed affari;
Classe 36 - Assicurazioni e credito;
Classe 37 - Costruzioni e riparazioni;
Classe 38 - Comunicazioni, radio e televisione;
Classe 39 - Trasporti, depositi di merci;
61
Classe 40 - Trattamento di materiali;
Classe 41 - Istruzione, spettacolo;
Classe 42 - Servizi diversi non previsti in altra classe.
L’Accordo prevedeva inoltre una serie di aggiornamenti periodici, con modifiche e
spostamenti tra le classi, inserimento di nuovi prodotti e servizi, revisione della titolazione
delle classi e dell’elenco alfabetico delle voci, senza la necessità di firmare nuovi accordi
sottoposti poi a leggi di ratifica negli Stati.
Revisioni all’Accordo si ebbero infatti, nelle Conferenze di Stoccolma del 1967, e di
Ginevra nel 1977, con ulteriori modifiche nel 1978.
Dal 2012 è in vigore la decima edizione della classificazione, l’ultima revisione
risale al gennaio del 2014.
L’intervento più significativo è avvenuto nel 2000 con l’introduzione di nuovi servizi
e l’aggiunta di tre classi (da quarantadue a quarantacinque): nello specifico la classe
numero quarantadue non riguarda più la classe residuale ma servizi scientifici, tecnologici,
di ricerca e progettazione, inclusi hardware e software; la classe quarantatré riguarda i
servizi di ristorazione; la quarantaquattro i servizi medici, di cura della persona, di
agricoltura; la quarantacinque i servizi giuridici, di sicurezza, personali e sociali.
Le voci dei servizi sono oltre 1400 ripartite in undici classi, sintomo del graduale
passaggio negli ultimi anni da una società industriale ad una società di servizi.
2.4. Dal Bollettino alla banca dati: analisi di una ricerca
Quando è iniziato il lavoro di ricerca sulla documentazione riferita ai marchi di
fabbrica all’interno del fondo del Ministero dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi è stata importante la
consultazione della raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti italiani per il periodo in
esame, delle Gazzette Ufficiali, dei documenti del Ministero dell’agricoltura industria e
commercio, della documentazione relativa all’argomento brevetti e privative industriali,
nel fondo della Presidenza del Consiglio dei Ministri conservato presso l’Archivio Centrale
dello Stato, e soprattutto dei Bollettini Ufficiali.
Tutte le notizie inerenti alla domanda e registrazione dei marchi di fabbrica, a partire
dalle date di deposito e di registrazione, dalla classe di appartenenza, dal nome del titolare
e mandatario e soprattutto dall’immagine, le possiamo trovare, oltre che all’interno dei
62
registri, dei volumi e dei fascicoli79 presenti in ACS, anche all’interno dei Bollettini
Ufficiali della proprietà intellettuale a partire dal 1886.
• Bollettino Ufficiale della proprietà industriale 1884-1888;
• Bollettino della proprietà intellettuale 1901-1902;
• Bollettini della proprietà intellettuale dal 1902 al 1912;
• Bollettino dei marchi di fabbrica 1913-1914, dove i marchi cominciano ad essere
notificati insieme all’immagine e soprattutto ordinati per categorie delle quali
viene data anche notizia all’interno dei registri.
• Bollettini dei marchi di fabbrica dal 1913 al 1960.
Il primo ‘Bollettino ufficiale della proprietà industriale’80, fu istituito con il R.D. 23
ottobre 1884, n. 2730, in conformità degli accordi internazionali stabiliti con la
Convenzione di Parigi.
Stampato a cadenza settimanale, conteneva gli elenchi degli attestati rilasciati, un
riassunto della giurisprudenza nazionale e straniera in materia e le leggi straniere, con
relative modificazioni, riguardanti la proprietà industriale.
Nel 1902, a seguito della decisione di eliminare l’obbligo di pubblicazione
semestrale del testo delle descrizioni e dei disegni delle privative industriali, lasciando
all’amministrazione la possibilità di decidere circa la pubblicazione di un riassunto, fu
creato un nuovo periodico, il ‘Bollettino della proprietà intellettuale’, per sopperire
comunque all’eliminazione di uno strumento di diffusione delle informazioni in materia,
che si occupò di informare sulla legislazione italiana ed estera, sulle statistiche, sulle
convenzioni, sui titoli degli attestati rilasciati mensilmente, sugli elenchi dei trasferimenti
delle privative e sugli indici dei titolari dei brevetti81.
Tra il 1913 e il 1914, inoltre, fu avviata la pubblicazione di un ‘Bollettino dei marchi
di fabbrica e di commercio’ a seguito del R.D. 20 marzo 1913, n. 5026, che approvava il
regolamento per l’esecuzione della legge sui marchi e segni distintivi di fabbrica, il quale
regolava la riproduzione del marchio con l’indicazione relativa al deposito e la trascrizione
all’interno del ‘Bollettino della proprietà intellettuale’.
79 Al cui interno sono conservati i documenti in originale. 80 Che fu soppresso con R.D. 11 febbraio 1886, n. 3672 sostituito con il ‘Bollettino ufficiale della proprietà industriale letteraria ed artistica’. 81 Nel 1903 fu fatto stampare un ‘Catalogo delle privative industriali in vigore al 1 gennaio 1901 secondo le risultanze dei registri’ per colmare il buco nozionistico che si era venuto a creare a seguito dell’eliminazione dell’obbligo delle pubblicazioni semestrali.
63
Compare, inoltre, per la prima volta all’interno del ‘Bollettino dei marchi di fabbrica
per l’anno 1913-1914’, la suddivisione dei marchi in classi merceologiche.
Per i marchi inferiori al numero 14000 sono state confrontate le descrizioni presenti
all’interno del Bollettino Ufficiale della proprietà industriale 1886-1888 e Bollettino della
proprietà intellettuale 1901-1902 con i dati contenuti all’interno dei volumi presenti in
ACS riguardanti gli attestati e le immagini originali.
Per i marchi superiori al 14001 sono stati invece confrontati i fascicoli presenti nei
faldoni con i Bollettini della proprietà intellettuale dal 1902 al 1912, con il Bollettino dei
marchi di fabbrica 1913-1914 e Bollettini dei marchi di fabbrica dal 1913 al 1960.
Le stesse notizie sono state infine verificate anche nei volumi riassuntivi contenenti
la dichiarazione, l’indicazione del modo di applicazione del prodotto e la loro
designazione, unitamente ad una descrizione succinta del marchio, con relativa
riproduzione dello stesso in una riquadratura di dimensioni non superiori a cm 12x16,
notizie che, come abbiamo visto, sono altresì conservate all’interno dei fascicoli contenenti
la descrizione ed il carteggio formatosi nel tempo e la riproduzione del marchio.
Confrontando le due diverse modalità di conservazione delle informazioni
riguardanti i marchi si è visto che nei marchi con numerazione inferiore a 14001 la
descrizione presente all’interno del Bollettino Ufficiale della proprietà industriale è
praticamente conforme con quella presente all’interno dei volumi di attestati e trascrizioni
dei marchi. Manca invece l’immagine presente solo nei volumi di immagini.
Le sole domande di richiesta di brevetto per marchio d’impresa non sono presenti
all’interno dei Bollettini che danno notizia solo dei marchi accettati e registrati.
Nei marchi superiori al 14001, inoltre, tutte le informazioni presenti all’interno dei
fascicoli contengono anche tutto l’iter burocratico sulle modalità di presentazione o
rinnovazione del marchio come per esempio la necessità di fornire una lettera d’incarico o
una dichiarazione di protezione, una attestazione di tasse pagate o la categoria di
appartenenza; notizie che non compaiono invece nei Bollettini.
Nei Bollettini Ufficiali a partire dal 1913 fino al 1960, vengono, infatti, inserite
solamente le immagini con la specifica della data di deposito e di trascrizione del marchio,
la categoria, la descrizione sintetica del tipo di prodotto e l’indicazione del depositante.
Abbiamo visto nei capitoli precedenti come l’inadeguatezza dell’Ufficio Centrale
Brevetti a far fronte alle sue funzioni primarie abbia provocato, nel periodo considerato, tra
le altre cose anche la mancata pubblicazione per quasi due decenni dei Bollettini.
64
A partire dagli anni ‘60 l’UIBM si avvale dell’informatica per l’archiviazione e
l’inserimento delle migliaia di domande e le registrazioni di tutte le tipologie di brevetto
(compresi i marchi e i modelli di fabbrica).
Negli anni 80, in seguito a vari progetti di archiviazione informatica e piani di
informatizzazione diffusa, tutta la documentazione cartacea viene sostituita da banche dati
elettroniche e sistemi digitali.
Le ricerche per quanto riguarda i marchi catalogati all’interno delle banche dati
cominciano ad essere quindi condotte, sia all’interno delle banche dati ufficiali italiane, sia
in quelle europee e internazionali.
Le banche dati più utilizzate riguardanti i marchi di fabbrica sono:
• Banca dati italiana all’interno del sito dell’UIBM82;
• Banca dati francese all’interno del sito dell’INPI83 (Institut National de la
Propriètè Industrielle);
• Banca dati britannica all’interno del sito dell’Intellectual Property Office84;
• Banca dati dell’UAMI85 (Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato Interno) per
la ricerca dei marchi comunitari;
• Banca dati WIPO86 (World Intellectual Property Organization) per la ricerca dei
marchi internazionali;
• Banca dati TMwiev87.
Le banche dati sono un patrimonio di informazioni, di notizie e di dati al cui interno
le ricerche possono essere effettuate anche in relazione ai dati caratteristici del marchio:
titolare, mandatario, data di deposito, data di pubblicazione, numero, titolo, paese, e classe.
Esse sono diventate strumenti appetibili di ricerca anche all’interno delle stesse strutture
che possiedono materiali d’archivio depositati, per questo motivo molti istituti di deposito
del materiale d’archivio hanno sostenuto progetti di banche dati elettroniche attraverso la
digitalizzazione di inventari, tra cui appunto la serie Marchi del fondo dell’UIBM.
Possiamo perciò annoverare fra le banche dati italiane ed europee anche quelle
presenti presso l’ACS e presso la Camera di commercio di Torino:
82 http://www.uibm.gov.it/uibm/dati/ 83 https://bases-marques.inpi.fr/ 84 https://www.gov.uk/topic/intellectual-property/trade-marks 85 https://oami.europa.eu/ohimportal/it/trade-marks 86 http://www.wipo.int/trademarks/en/ 87 https://www.tmdn.org/tmview/welcome.html
65
• Banca dati: Ufficio italiano brevetti e marchi, serie Marchi e serie Modelli88;
• Banca dati della Camera di commercio di Torino denominata MaToSto89,
acronimo di Marchi Torinesi nella Storia.
La creazione di queste banche dati rientra, come già detto, nei moderni progetti di
creazione di nuovi archivi, ottenuti dalla digitalizzazione del materiale cartaceo.
Questo metodo, oltre al grandissimo apporto di implementazione alla fruizione dato
dalle nuove tecnologie, riveste un importante ruolo di semplificazione della ricerca
d’archivio e, soprattutto, di conservazione della documentazione in ottemperanza ai
dettami del Codice dei beni culturali90 che promuove la valorizzazione come principio
cardine dei beni culturali stessi:
La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale91.
Senza tralasciare comunque la non meno importante volontà, in questo caso
specifico, di armonizzazione di tutta quella innumerevole quantità di dati presenti
all’interno dei registri, volumi, fascicoli e bollettini nella quale è suddivisa tutta la
documentazione afferente ai marchi di fabbrica.
88 http://dati.acs.beniculturali.it/mm/local/ 89 http://www.matosto.to.camcom.it/ 90 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 91 Cfr. art 6, comma 1 del ‘Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137’ Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
66
3. LA CATEGORIA DEI PRODOTTI PER L’IGIENE PERSONALE E LA PULIZIA DELLA CASA
3.1. Dai saponi ai detersivi: identità di una categoria
É ora il momento di entrare nello specifico della ricerca, esaminando da vicino la
categoria dei ‘Prodotti per l’igiene personale e la pulizia della casa’.
Quando inizialmente decisi di prendere in esame questa categoria piuttosto che
un’altra, la mia scelta fu senz’altro influenzata da una serie di ricordi conservati nella
memoria collettiva di ciascuno di noi.
Sono riaffiorate nella memoria vecchie immagini di fustini cilindrici del Dash,
pupazzetti pubblicitari a forma di fantasma legati all’acquisto del detersivo Lavasbianca
con il suo slogan: ‘solo Lavasbianca ti dà il bianco fantasmatico’, bamboline ‘sole blu’ e
‘sole delicato’ regalate con il detersivo Sole piatti e più di tutti il famosissimo pulcino nero
‘Calimero’ della pubblicità del detersivo Ava.
La citata categoria oltre ad essere immediatamente riconoscibile grazie alla
moltitudine di prodotti legati ormai ad immagini e marchi divenuti di uso comune, si
adattava bene a diverse possibilità di indagine: dalla sua evoluzione terminologica e
linguistica, alla evoluzione tecnologica e chimica grazie alla scoperta e all’utilizzo di
nuove materie prime, all’incidenza nel mondo economico dell’attività brevettuale di
singole aziende.
Attraverso l’analisi della categoria nella sua evoluzione storica si vuole inoltre
accertare come la serie Marchi permetta di studiare l’ambiente in cui sono maturati i
prodotti, gli orientamenti della ricerca e della tecnica dell’epoca, i modi di organizzazione
del lavoro scientifico e della produzione, la relazione esistente fra ciò che veniva
pubblicizzato e le reali qualità del prodotto, le ripercussioni che gli sviluppi dell’industria e
del design italiano hanno prodotto all’interno dei costumi e della lingua italiana, l’utilizzo
della documentazione per ricostruire le vicende storiche delle società imprenditoriali.
A questo punto si è resa necessaria anche una ricerca storica, sia sulle modalità di
lavaggio del bucato e della persona durante il periodo in questione, sia sugli effettivi
prodotti a disposizione.
Questo perché durante il lavoro di ricognizione, oltre ai prodotti saponari sono
apparsi anche prodotti e tecniche di lavaggio che non contemplavano l’uso di sapone o
detersivi, soprattutto durante i primi anni su cui è stata condotta l’indagine.
67
Per pulire e sbiancare il bucato veniva infatti utilizzata, oltre al sapone, la lisciva
fabbricata per lo più in casa utilizzando acqua bollente e cenere di legna. Questa, a seconda
della quantità di cenere aggiunta all’acqua, poteva essere dolce o forte.
Il sapone, invece, era realizzato combinando il carbonato di sodio92, conosciuto
anche come soda93, con i grassi animali o vegetali.
Durante la Prima e Seconda Guerra Mondiale la carenza di grassi e olio spinse i
ricercatori a studiare alternative sintetiche ai saponi utilizzati fino a quel momento.
Oltre poi al sapone o alla lisciva e la soda, anche l’amido veniva utilizzato per la
pulizia del bucato.
La soda inoltre poteva essere sostituita dal carbonato di potassio, anche detto potassa,
o dal sodio borato, anche detto borace. L’indaco, il bleu e il turchinetto venivano invece
utilizzati più propriamente come coloranti per il bucato.
I prodotti per l’igiene personale spaziavano dalla semplice acqua d’igiene al sapone
profumato e non, dalla pasta dentifricia alla crema da barba, dai più sofisticati deodoranti-
disinfettanti ai prodotti per la sola igiene femminile.
Innumerevoli infine erano le paste o cere per smacchiare, lucidare, lustrare mobili,
pavimenti o qualsiasi superfice domestica e non solo.
Per quanto riguarda la registrazione dei marchi collegati ai prodotti in questione è
emerso che il primo sapone ad essere pubblicizzato fu il sapone IVORY nel 1879, prodotto
dalla Procter & Gamble94 negli Stati Uniti.
In Inghilterra la Lever Brothers95 confezionava i saponi SUNLIGHT a partire dal
1884.
In Germania la Henkel96 produceva la polvere da bucato e polvere di sapone DIXIN
già nei primi anni del novecento, mentre in Italia la ditta Fratelli Lanza97 produceva saponi
già dal 1873.
92 Fino al XVIII secolo il carbonato di sodio veniva isolato dalla cenere ottenuta bruciando il legno o altre sostanze vegetali. 93 Con l’aumentare della domanda di sapone divenne indispensabile trovare una nuova fonte di soda. Fu così che nel 1789 Nicolas Leblanc, un medico francese, riuscì a produrre il carbonato di sodio dal sale comune, rendendolo quindi disponibile in grandi quantità e a basso prezzo. Nel 1870 il metodo Leblanc venne soppiantato dal metodo Solvay, adottato ancora oggi, che si dimostrò non solo più efficiente nell’ottenere la soda dal sale, ma anche meno tossico e inquinante. Queste conoscenze aprirono la strada ad una produzione di sapone su più ampia scala e a basso prezzo tanto che attorno alla metà dell’Ottocento si ebbe un diffuso miglioramento dell’igiene personale e una prolificazione delle industrie del sapone. 94 Il marchio IVORY venne depositato in Italia Il 6 aprile 1920. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 19457. 95 Il marchio SUNLIGHT venne depositato in Italia Il 21 settembre 1888. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 1697. 96 Il marchio DIXIN venne depositato in Italia Il 30 dicembre 1908. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 9352.
68
Tutti questi prodotti trovarono effettivamente un mercato florido anche in Italia,
permettendo così di studiare l’andamento della produzione dei prodotti in oggetto nonché
gli orientamenti della ricerca e della tecnica nella loro evoluzione storica come proposto in
premessa.
Oltre tutto i processi evolutivi che, soprattutto durante le due guerre mondiali,
portarono alla creazione di prodotti sintetici per la pulizia non fanno che avvalorare la tesi
per la quale la serie Marchi possa essere qualificata come fonte storiografica.
Non poco sorprendente infine è stato scoprire che i marchi presenti ancora oggi,
come Palmolive98, della Palmolive Company, o Lux99, della Lever Brothers, per i saponi, e
Gillette100, della Gillette Safety Razor Company, per i prodotti da barba, erano presenti sul
mercato italiano già durante i primi anni del novecento.
Questo a dimostrazione che i marchi, soprattutto quando funzionano, diventano una
certezza che ci accompagna per tutta la vita, diventando l’anima del prodotto stesso
riconosciuto da nonni e nipoti.
Passando infine all’analisi della categoria e al suo andamento all’interno delle
classificazioni è emerso che dal 1913 al 1960 la categoria ha subito notevoli modificazioni.
Inizialmente viene accorpata insieme ai prodotti industriali, all’interno della classe
IV101 ‘olii e grassi non commestibili; saponi e profumerie’.
La ritroviamo, nel 1943, inserita all’interno di due classi distinte e separate: una che
riguarda solo i saponi per usi industriali, all’interno della classe cinque102 ‘essenze, oli e
grassi non commestibili, saponi per usi industriali, sostanze per liscivare, imbiancare,
nettare e smacchiare, tinture ed appretti’ e una che riguarda invece i saponi e i prodotti in
generale per la pulizia personale all’interno della classe trentuno ‘profumerie, cosmetici,
dentifrici, saponi, pettini ed altri articoli di toeletta’.
Solo nel 1954 fanno la loro prima comparsa i preparati per lavare la biancheria,
all’interno della classe tre103 ‘preparati per lavare la biancheria e altre sostanze per il
bucato; preparati per pulire, lustrare, sgrassare, raschiare; saponi; profumeria; oli
97 Il marchio Lanza venne depositato il 5 dicembre 1873. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 126. 98 Il marchio PALMOLIVE venne depositato in Italia il 19 febbraio 1920. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 19114. 99 Il marchio LUX venne depositato in Italia il 5 settembre 1901. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 5142. 100 Il marchio GILLETTE venne depositato in Italia il 21 aprile 1916. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 13507. 101 Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1913-1914. 102 Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1943-1944. 103 ACS, Bollettino marchi del 1954.
69
essenziali, cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici’, dove vengono raggruppati insieme ai
prodotti per la pulizia in generale e per la pulizia personale.
Ciò perché tali prodotti iniziarono a comparire nelle case degli italiani solo dopo
l’apertura ai mercati esteri e con l’avvento degli elettrodomestici, il tutto come
conseguenza della rinascita economica che caratterizzò il nostro Paese nel secondo
dopoguerra.
La concorrenza straniera portò poi le industrie chimiche a concentrarsi nella
produzione dei detersivi e saponi, tanto che nel 1946 la Procter & Gamble lanciò il primo
detersivo sintetico per tutti i tipi di tessuti adatto per il bucato in lavatrice: il Tide. Nel
1948 la Mira Lanza produsse il primo detersivo in polvere, il Miral, e il detersivo per i
delicati Lip104, mentre, nel 1957 e nel 1959, fecero la loro prima comparsa il Dixan e l’Ava.
La stessa classe rimarrà pressoché invariata nelle classificazioni dal 1960 ad oggi.
Attualmente105, la classe tre comprende essenzialmente i prodotti per pulire e quelli
per la toeletta: preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire,
lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per
capelli; dentifrici e soprattutto deodoranti per uso personale; e prodotti igienici che sono
prodotti di toeletta.
3.2. I prodotti: tipologie e ricognizione
Il lavoro archivistico richiesto dalla ricerca ha riguardato, oltre ad una analisi storica
e storiografica della materia brevettuale e dei marchi di fabbrica nella sua specificità, anche
la ricognizione di tutta la documentazione riferita ai marchi di fabbrica presenti nel fondo
dell’UIBM, serie Marchi, conservato presso l’ACS, per il periodo compreso tra il 1869 e il
1965.
Vista la grande quantità di prodotti analizzati è stato deciso di accorciare l’intervallo
temporale dei prodotti presi in esame. Su circa 90.000 marchi analizzati, 3465 sono stati i
marchi riguardanti la categoria in oggetto e si riferiscono al periodo che va dal 1870 al
1945.
Da subito si sono presentati una serie di problemi riguardanti soprattutto le
innumerevoli tipologie di prodotti presenti all’interno della categoria presa in esame, tanto
è vero che la ricerca non si è limitata ai soli saponi o detersivi, ma si è allargata a tutti quei
104 ACS, Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fascc. 91490 e 94054. 105 X edizione della classificazione di Nizza.
70
prodotti che riguardavano la pulizia in generale come per esempio la lisciva, gli amidi, la
soda, l’indaco, il bleu, la potassa, il borace, i dentifrici, gli shampoo, i saponi intimi, i
deodoranti, i detergenti, le cere, gli smacchiatori, le paste pulenti, e molti altri ancora.
La suddivisione in classi dei marchi di fabbrica comparve, inoltre, soltanto a partire
dal Bollettino dei marchi di fabbrica per l’anno 1913-1914.
Per gli anni precedenti, quindi, l’unico modo per ricercare i marchi riferiti alla
categoria in esame è stata la ricognizione di tutti i marchi, sia all’interno del fondo del
Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sia all’interno della banca dati
che, come abbiamo visto, all’epoca della ricognizione era ancora in fase di sviluppo e
quindi non completa e imprecisa.
É stato quindi necessario improntare il lavoro di ricognizione attraverso l’esame
incrociato tra la allora banca dati106 dei marchi di fabbrica presente in ACS, i Bollettini
Ufficiali dei Marchi di fabbrica107, e la documentazione riferita ai marchi di fabbrica
all’interno del fondo del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio
italiano brevetti e marchi, Serie Marchi.
Bisogna sottolineare comunque che anche con la comparsa delle classi all’interno dei
Bollettini il lavoro di ricognizione si è rivelato arduo in quanto è stato necessario
esaminare non solo la classe riferita ai saponi108, ma tutte quelle che avevano a che fare
con la chimica in generale, visto che molti prodotti sono stati trovati all’interno delle
categorie riguardanti i prodotti farmaceutici, i prodotti chimici, i coloranti, ecc.109
Essi riguardano innumerevoli tipologie di prodotti e sono stati suddivisi nelle
seguenti classi, al fine di agevolarne lo studio:
• Amidi;
• Dentifrici;
• Deodoranti;
• Detergenti;
• Liscive;
106 Ci si riferisce al primo progetto di banca dati realizzata dalla società di servizi informatici SIAV nel 2011 per l’ACS. 107 Inizialmente Bollettino delle Privative Industriali, poi Bollettino Ufficiale della Proprietà Intellettuale, quindi Bollettino dei Marchi di fabbrica e infine Bollettino Marchi. 108 La classe in questione la IV: olii e grassi non commestibili; saponi e profumerie. Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1913-1914. 109 Nello specifico ci si riferisce alle classi XVIII: prodotti farmaceutici, e apparecchi d’igiene e di terapia; XIX: coloranti e vernici; XX: prodotti chimici non compresi in altre classi; XXI: prodotti diversi non compresi in altre classi; XXII: prodotti compresi in più classi. Cfr. ACS, ‘Bollettino marchi del 1913-1914’.
71
• Lozioni;
• Prodotti di toeletta;
• Prodotti per l’igiene;
• Prodotti per la pulizia dei metalli110;
• Saponi.
Tutti i prodotti sono stati poi suddivisi in sottoclassi e, per meglio visualizzare i
risultati, sono stati raccolti in un file Excel da cui sono stati estratti dei grafici a torta nei
quali è possibile osservare la prevalenza di una determinata sottoclasse rispetto ad un’altra.
Prima della produzione del grafico in una tabella vengono elencati i nomi delle
diverse sottoclassi e quanti marchi sono stati individuati al loro interno.
La scelta dei termini utilizzati per identificare le sottoclassi deriva dalla presenza
degli stessi termini all’interno delle descrizioni dei marchi per indicare i prodotti.
110 Poiché non ha sottocategorie non è stato realizzato alcun grafico.
72
Amidi
Amido
Amido borace
Amido di riso
Amido e soda
Blu oltremare
Borace
Indaco
Potassa
Soda
All’interno della categoria Amidi i prodotti denominanti solamente amidi sono quelli
che hanno raccolto una frequenza maggiore, con una percentuale del 52%.
Seguono poi il borace con l’11%, l’amido di riso con il 10%, il blu oltremare e la
soda con il 7%, l’amido borace con il 6%, l’indaco con il 3% e la potassa e l’amido e soda
con il 2%.
73
Dentifrici
Acqua dentifricia
Crema dentifricia
Curativi della bocca e dei denti
Dentifricio
Elisir dentifricio
Igiene della bocca
Lavanda per bocca e denti
Liquido dentifricio
Pasta dentifricia
Polvere dentifricia
Preparato dentifricio
Prodotti dentifrici
Sapone dentifricio
Sciroppo di dentizione
Specialità dentifricia
Nella categoria Dentifrici i prodotti denominanti solamente dentifrici sono quelli con
una frequenza maggiore, con una percentuale del 42%.
74
Seguono poi il termine pasta dentifricia con il 27%, la polvere dentifricia con il 9%,
preparato dentifricio e sapone dentifricio con il 4%, acqua dentifricia e elisir dentifricio
con il 3%, prodotti dentifrici con il 2%, crema dentifricia, curativi della bocca e dei denti,
igiene della bocca, liquido dentifricio e specialità dentifricia con l’1%, sciroppo di
dentizione con lo 0,5%
Deodoranti
Deodoranti per toeletta
Disinfettanti e deodoranti
Prodotti igienici deodoranti
Per la categoria Deodoranti i prodotti denominanti disinfettanti e deodoranti
ottengono una percentuale del 75%.
Seguono poi i prodotti igienici deodoranti con il 13% ed i deodoranti per toeletta con
il 12%.
75
Detergenti
Detergenti
Detergenti e preparati per pulire
Preparati per pulire
All’interno della categoria Detergenti i prodotti denominanti preparati per pulire
hanno una frequenza del 60%.
Seguono poi i detergenti con il 37% ed i detergenti e preparati per pulire con il solo
3%.
76
Detersivi
Detersivo
Detersivo per bucato
Prodotti detersivi
Prodotti per candeggio
Prodotti per lavare
Sapone detersivo
Sapone da bucato
Sgrassatori
Smacchiatori
All’interno della categoria Detersivi i prodotti denominanti sapone da bucato sono
quelli con una percentuale maggiore pari al 47%.
Seguono poi il termine detersivo con il 22%, smacchiatori con il 12%, prodotti
detersivi con l’11%, detersivo per bucato con il 4%, prodotti per candeggio con il 2%,
prodotti per lavare e sapone detersivo con l’1% e sgrassatori con lo 0,2%.
77
Liscive
Lisciva
Lisciva in polvere
Lisciva liquida
Lisciva per bucato
Lisciva saponaria
Lisciva speciale
Prodotto liscivante
Nella categoria Liscive i prodotti denominanti lisciva sono quelli che hanno raccolto
una frequenza maggiore, con una percentuale del 41%.
Seguono poi lisciva per bucato con il 32%, lisciva liquida con l’11%, lisciva in
polvere con il 10%, lisciva saponaria, lisciva speciale e prodotto liscivante con il 2%.
78
Lozioni
Barba
Capelli
Capelli e barba
All’interno della categoria Lozioni i prodotti denominanti capelli raccolgono una
frequenza maggiore, con una percentuale del 66%.
Seguono poi barba con il 30% e capelli e barba con appena il 4%.
79
Prodotti igienici
Crema per l'igiene
Lanolina
Polvere igienica
Prodotto disinfettante
Prodotto igienico
Sali da bagno
Sapone igienico
Per la categoria Prodotti igienici i prodotti denominanti prodotto igienico sono il
63%.
Seguono poi la polvere igienica con il 15%, i sali da bagno con il 10%, prodotto
disinfettante con il 6%, crema per l’igiene, lanolina e sapone igienico con l’1%.
80
Prodotti per toeletta
Acqua da toeletta
Crema da toeletta
Lozioni da toeletta
Polvere da toeletta
Preparato liquido da toeletta
Prodotti da toeletta
I prodotti denominanti prodotti per toeletta hanno una frequenza maggiore, con una
percentuale del 58%.
Seguono poi acqua da toeletta con il 13%, crema da toeletta con l’11%, lozioni da
toeletta e polvere da toeletta con il 7% e preparato liquido da toeletta con il 4%.
81
Saponi
Acqua da toeletta
Crema da toeletta
Lozioni da toeletta
Polvere da toeletta
Preparato liquido da toeletta
Prodotti da toeletta
Per quanto riguarda la categoria Saponi i prodotti denominanti sapone, sono quelli
più frequenti con una percentuale del 71%.
Seguono poi, decisamente distanziati, sapone profumato con il 7%, sapone da
toeletta e saponette con il 6%, sapone comune, polvere di sapone e prodotti di saponeria
con il 2%, sapone liquido, sapone medicinale, sapone solido e sapone speciale con l’1%,
sapone detergente, sapone disinfettante, sapone in crema e saponina con percentuali esigue,
variabili dallo 0,3 % allo 0,1%
82
Oltre ai grafici, sono state inoltre realizzate delle schede111 nelle quali sono state
inserite le informazioni, ‘anagrafiche’ e di ‘contenuto’, dei marchi selezionati estrapolate
dalle serie e dai fondi esaminati. Schede sintetiche come quelle di seguito riportate.
Scheda Marchio Numero di registro 235
Descrizione archivistica 201-300
Data deposito domanda 02/06/1875
Data registrazione marchio 05/06/1875
Titolare DITTA L. SARLIN FILS ET C.IE BARI ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda BARI
Descrizione
TIMBRO A SECCO ESAGONO CONTENENTE NEL CENTRO LA FIGURA DI UNA CASSA CERCHIATA CIRCONDATA DALLE PAROLE MARCA DI FABBRICA E DALLA LEGGENDA SAVONNERIE MARSEILLAISE BARI. IL SUDDETTO MARCHIO SARÀ RINPRESSO SUL SAPONE FABBRICATO NEL SUO STABILIMENTO IN BARI.
Descrizione iconologica
Note
111 Per la consultazione completa delle schede si rimanda al CD allegato. Tutti i dati presenti all’interno sono stati estrapolati dal primo progetto di banca dati realizzato da SIAV nel 2011.
83
Scheda Marchio Numero di registro 679
Descrizione archivistica 601-700
Data deposito domanda 08/02/1880
Data registrazione marchio 27/04/1880
Titolare DITTA PIETRO CALAMARI MILANO ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda MILANO
Descrizione
IMPRESSIONE A RILIEVO PORTANTE LE PAROLE, SUPERIORMENTE: SAPONE ED INFERIORMENTE: MILANO DITTA PIETRO CALAMARI E NEL CENTRO LE LETTERE D.P.C. INTRECCIATE IN FORMA FANTASTICA IN MODO DA FORMARE UN ANAGRAMMA. IL DETTO MARCHIO VERRÀ DALLA DITTA ANZIDETTA USATO MEDIANTE IMPRESSIONE IN RILIEVO PER CONTRASSEGNARE IL SAPONE DETTO ALCALINO DELLA PROPRIA FABBRICA.
Descrizione iconologica
Note
84
Scheda Marchio Numero di registro 1196
Descrizione archivistica 1101-1200
Data deposito domanda 02/06/1885
Data registrazione marchio 07/08/1885
Titolare MEYER EMIL NELLA SUA QUALITA' DI PROPRIETARIO DELLA DITTA EMIL MEYER E C.IE E DELLA DIPENDENTE MARCA ED. PINAUD ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda TORINO
Descrizione
Etichetta ottagonale portante la dicitura a La Corbeille Fleurie con sotto un canestro di fiori susseguito dalla seguente leggenda in otto linee: Hugiene de la tête. Eau de quinine tonique. Excellente pour enlever les pellicules de la tete, fortifier les cheveux en arrêter la chute, leur donner du brillant et de la souplesse. Il degage le curir chevelu de l'actin corrosive des sueurs et leur laisse un parfum agreablde et vivifiant. Préparée par Ed. Panaud Parfumeur. 37 B.D de Strasbourg Paris: e portante inoltre il fac simile della prima: Ed. Pinaud: sovrinpressa obliquamente nell'angolo inferiore. Tale marchio o segno distintivo di fabbrica già usato dal depositante legalmente in Francia mediante impressione sulla carta o in gelatina sul vetro delle boccette contenenti un'acqua per la testa di sua fabbricazione, sarà nell'egual guisa e sugli stessi oggetti adoperato in Italia dove intende far commercio.
Descrizione iconologica
Note Manca l'indicazione della città.
85
Scheda Marchio Numero di registro 1906
Descrizione archivistica 1901-2000
Data deposito domanda 28/01/1890
Data registrazione marchio 15/04/1890
Titolare DITTA ARTHUR'S IDEAL SOAP WORKS LIMITED LONDRA GRAN BRETAGNA
Mandatario
Ente presentazione domanda MILANO
Descrizione
LA DENOMINAZIONE ARTHUR'S IDEAL SOAP WORKS LIMITED.DETTO MARCHIO O SEGNO DISTINTIVO DI FABBRICA GIÀ USATO LEGALMENTE IN INGHILTERRA DALLA DITTA RICHIEDENTE PER CONTRADDISTINGUERE I SAPONI DI SUA FABBRICAZIONE SARÀ DALLA MEDESIMA USATO IN EGUAL MODO IN ITALIA OVE INTENDE DI FARNE COMMERCIO, APPLICANDOLO DIRETTAMENTE AI DETTI PRODOTTI, MEDIANTE INCAVO, RILIEVO, STAMPO, ETICHETTA O ALTRO MODO OPPORTUNO SUI MANIFESTI, INDIRIZZI, FATTURE, LETTERE E CARTE DI COMMERCIO IN GENERE, SULLE SCATOLE, CASSE, INVOLUCRI, IMBALLAGGI E SIMILI, USATI NELLO SMERCIO E NELLA SPEDIZIONE DI DETTI PRODOTTI
Descrizione iconologica ARTHUR'S IDEAL SOAP WORKS LIMITED
Note
86
Scheda Marchio Numero di registro 3040
Descrizione archivistica 28-29-30
Data deposito domanda 18/06/1895
Data registrazione marchio 24/07/1895
Titolare DITTA DOERING & C; FRANCOFORTE S/M GERMANIA
Mandatario
Ente presentazione domanda ROMA
Descrizione
SAPONE.IMPRONTA O DISEGNO DI UNO SCUDO ELITTICO FORMATO DA UNA LARGA FASCIA, CIRCONDANTE UN CAMPO OVALE IN CUI RITTA SU BALLATOIO SI VEDE LA FIGURA DI UNA CIVETTA AVENTE AL DI SOPRA DEL CAPO LA SCRITTA: LA CIVETTA; ED AI LATI MARCA DEPOSITATA IN UN NASTRO ORNAMENTALE CHE PASSA DIETRO LA CIVETTA. NELLA PARTE SUPERIORE DELLA FASCIA STA SCRITTO SAPONE DOERING, IN QUELLA INFERIORE: PREZZO 60 CENT. SUPERIORMENTE ALLO SCUDO VI È LA SCRITTA DOERING & C, INFERIORMENTE FRANKFURT A/M.QUESTO MARCHIO SARÀ DAL RICHIEDENTE USATO PER CONTRADDISTINGUERE IL SAPONE DI PROPRIA FABBRICAZIONE E COMMERCIO APPLICANDOLO IN MODO OPPORTUNO SOPRA DI ESSO, NONCHÉ SUGLI IMBALLAGGI E CARTE DI COMMERCIO.
Descrizione iconologica
Note
87
Scheda Marchio Numero di registro 4635
Descrizione archivistica 4601-4700
Data deposito domanda 12/03/1900
Data registrazione marchio 05/03/1900
Titolare DOMPÉ D. ONORATO MILANO ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda MILANO
Descrizione
PREPARATI PER TOLETTA E MEDICINA. IMPRONTA DI FORMA QUADRATA CON GLI ANGOLI ARROTONDATI E CONTENENTE UN ALTRO QUADRATO NEL QUALE È ISCRITTO UN CIRCOLO, DENTRO CUI STANNO LE PAROLE VANOLIA LACTOLIA, LUNGO LA ZONA FRA I DUE QUADRATI SI LEGGE D.Q. DOMPÉ CHIMICO FARMACISTA PIAZZA SCALA A MILANO. NEGLI SPAZI FRA IL CIRCOLO ED IL QUADRATO INTERNO SONO RIPARTITE LE DUE PAROLE MARCA FABBRICA. QUESTO MARCHIO SARÀ APPLICATO SUI RECIPIENTI IN GENERE CONTENENTI I PRODOTTI E SULLE CARTE DI COMMERCIO.
Descrizione iconologica VANOLIA LACTOLIA
Note
88
Scheda Marchio Numero di registro 6832
Descrizione archivistica 6801-6900
Data deposito domanda 01/05/1905
Data registrazione marchio 13/07/1905
Titolare DITTA ENRICO HEIMANN & C. MILANO ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda MILANO
Descrizione
PASTA PER LUCIDARE METALLI. LA FIGURA DI UN SOLE RAGGIANTE CHE SPICCA SOPRA UN DISCO A FONDO ROSSO E PORTA NEL MEZZO LA PAROLA SPLENDOR IN CARATTERI DECRESCENTI DAL CENTRO, E SOTTO DI ESSA MARCA DEPOSITATA. SUPERIORMENTE IN DUE LINEE CIRCOLARI SI LEGGE PASTA UNIVERSALE PER LUCIDARE QUALUNQUE METALLO E, SOTTO IL SOLE LA ISCRIZIONE SU TRE RIGHE ENRICO HEIMANN & C. FABBRICA DI PRODOTTI CHIMICI - MILANO.
Descrizione iconologica SPLENDOR
Note TRASFERITO
89
Scheda Marchio Numero di registro 10498
Descrizione archivistica 10401-10500
Data deposito domanda 08/05/1910
Data registrazione marchio 12/10/1910
Titolare DITTA ENRICO HEIMANN & C. MILANO ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda MILANO
Descrizione
LISCIVA. IMPRONTA RETTANGOLARE CON CONTORNO ORNAMENTALE, NELLA QUALE CAMPEGGIA SUPERIORMENTE, SOPRA UNA FASCIA ARCUATA, LA PAROLA SAPONINA, SEGUITA AL DI SOTTO DALLA DICITURA SAPONE CHIMICO POLVERIZZATO. NEL MEZZO FIGURA, SOPRA DUE RAMI D'ALLORO INCROCIATI RECANTI CIASCUNO LE DUE FACCE DI UNA MEDAGLIA, UNA VIGNETTA CON CORNICE RETTANGOLARE RAPPRESENTANTE OPIFICI INDUSTRIALI E SORMONTATA DA UN ANELLO ELLITTICO PORTANTE ALL'INGIRO LA SCRITTA FABBRICA NAZIONALE PRODOTTI CHIMICI E NELL'INTERNO LA FIGURA DI UN'ANCORA TRAVERSATA DA UNA FASCIA CON LE PAROLE MARCA DI FABBRICA, SOTTO LA QUALE STANNO LE INIZIALI E.H.C. NELLA PARTE INFERIORE DELL'IMPRONTA LEGGESI, SU VARIE RIGHE, CONSERVAZIONE DELLA LINGERIA - INSUPERABILE - PER BUCATO - PER LAVARE PANNI COLORATI - ENRICO HEIMANN & C. - FRANCOFORTE S/M. CORNIGLIANO LIGURE - MILANO.
Descrizione iconologica SAPONINA
Note TRASFERITO.
90
Scheda Marchio Numero di registro 15534
Descrizione archivistica 143-144
Data deposito domanda 11/05/1915
Data registrazione marchio 08/07/1915
Titolare RECKITT & SON, LTD. HULL, YORK GRAN BRETAGNA
Mandatario DITTA BARZANO' ZANARDO, ROMA
Ente presentazione domanda UFFICIO DELLA PROPRIETA' INTELLETTUALE ROMA
Descrizione BRASSO CONTRADDISTINGUE PREPARATI PER LUCIDARE METALLI ED ALTRI ARTICOLI.
Descrizione iconologica BRASSO
Note ESTESO ALLE NUOVE PROVINCIE 16/01/1924
91
Scheda Marchio Numero di registro 18996
Descrizione archivistica 164-166
Data deposito domanda 09/01/1920
Data registrazione marchio 04/11/1920
Titolare DITTA SIRIO FABBRICA PROFUMERIE E SAPONI MILANO ITALIA
Mandatario ING. BARZANÒ & ZANARDO - MILANO
Ente presentazione domanda PREFETTURA DI MILANO
Descrizione ACACIA SIRIO FABBRICA PROFUMERIE E SAPONI CONTRADDISTINGUE SAPONI E SAPONETTE PROFUMATE ALL'ACACIA.
Descrizione iconologica ACACIA
Note ESTESO ALLE NUOVE PROVINCIE 19/02/1924
92
Scheda Marchio Numero di registro 26076
Descrizione archivistica 265-266
Data deposito domanda 12/06/1923
Data registrazione marchio 24/04/1925
Titolare R.S. HUDSON LIMITED LIVERPOOL GRAN BRETAGNA
Mandatario G.G. GUARNIERI, MILANO
Ente presentazione domanda PREFETTURA DI MILANO
Descrizione RINSO CONTRADDISTINGUE LISCIVE E ASSIMILATI.
Descrizione iconologica RINSO
Note ESTESO AL CIRCONDARIO DI FIUME IL 31/05/1926 IN INGLESE.
93
Scheda Marchio Numero di registro 40256
Descrizione archivistica 40101-40300
Data deposito domanda 28/08/1929
Data registrazione marchio 29/12/1930
Titolare DITTA FRATELLI FERRARIS GARLASCO (PV) ITALIA
Mandatario G.G. GUARNIERI, MILANO
Ente presentazione domanda CONSIGLIO REGIONALE DELL'ECONOMIA MILANO
Descrizione SAPONI, DENTIFRICI, CIPRIE ECC.
Descrizione iconologica OLIVINA
Note TRASFERIMENTI CESSIONARIO: POND'S EXTRACT CO. LTD. A LONDRA, 16/07/1934.
94
Scheda Marchio Numero di registro 52221
Descrizione archivistica 52101-52300
Data deposito domanda 10/04/1935
Data registrazione marchio 09/12/1935
Titolare SOC. AN. VERMONDO VALLI MILANO ITALIA
Mandatario G.G. GUARNIERI, MILANO
Ente presentazione domanda CONSIGLIO REGIONALE DELL'ECONOMIA MILANO
Descrizione Una lozione per capelli.
Descrizione iconologica BAY RUM H.T.N. ICE LOTION
Note
95
Scheda Marchio Numero di registro 62706
Descrizione archivistica 62600-62800
Data deposito domanda 16/09/1940
Data registrazione marchio 28/11/1940
Titolare GI.VI.EMME. SOC. AN. GIUSEPPE VISCONTI DI MONDRONE & C. MILANO ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda CONSIGLIO PROVINCIALE DELLE CORPORAZIONI MILANO
Descrizione PASTA DENTIFRICIA.
Descrizione iconologica PASTA DENTIFRICIA ERBA
Note
NOME E DOMICILIO DEL RAPPRESENTANTE: VIA PONTE SOSPESO, 22 - FIRENZE. TRASF. CESS. IL PRESENTE MARCHIO È STATO ANNULLATO IN SEGUITO A RINUNCIA DELLA TITOLARE CON DICHIARAZIONE DEL 20/03/1936
96
Scheda Marchio Numero di registro 67249
Descrizione archivistica 67201-67401
Data deposito domanda 02/11/1942
Data registrazione marchio 01/10/1945
Titolare DITTA LA DUCALE PARMA ITALIA
Mandatario
Ente presentazione domanda CAMERA DI COMMERCIO DI MILANO
Descrizione PROFUMI, COSMETICI, DENTIFRICI ED ALTRI ECC.
Descrizione iconologica
Note NOME E DOMICILIO: VIA PRIVATA PIAGGIO 8-2- GENOVA
97
3.3. Dall’UIBM alla WIPO: analisi di banche dati e nuove proposte
Come abbiamo potuto vedere nel capitolo precedente, le banche dati più utilizzate
riguardanti i marchi di fabbrica sono:
• Banca dati italiana all’interno del sito dell’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e
Marchi);
• Banca dati francese all’interno del sito dell’INPI (Institut National de la
Propriètè Industrielle);
• Banca dati britannica all’interno del sito dell’Intellectual Property Office;
• Banca dati dell’UAMI (Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato Interno) per la
ricerca dei marchi comunitari;
• Banca dati WIPO (World Intellectual Property Organization) per la ricerca dei
marchi internazionali;
• Banca dati TMwiev112;
• Banca dati: Ufficio italiano brevetti e marchi, serie Marchi e serie Modelli;
• Banca dati della Camera di commercio di Torino denominata MaToSto,
acronimo di Marchi Torinesi nella Storia.
La più completa è sicuramente la banca dati inglese che consente di ricercare i dati a
partire dal 1° gennaio 1873 per giungere fino ai giorni nostri, segue poi quella
internazionale che ha come data di inizio il 1946, quella tedesca il 1950, quella francese il
1976, quella italiana il 1980 e infine quella comunitaria il 1996.
L’ultima banca dati, quella TMview, collegandosi alle banche dati nazionali dei
singoli paesi fa riferimento ai loro estremi cronologici.
Analizzando queste banche dati si può notare come esse siano strutturate in modo da
prediligere una ricerca di tipo giuridico legale o di marketing per evitare casi di
contraffazione, piuttosto che di storia industriale o tanto meno per studi socio culturali.
Per questo motivo gli estremi cronologici delle banche dati, ad eccezione di quella
inglese, partono circa dalla metà del ‘900. Per il periodo precedente i dati sono consultabili
esclusivamente presso gli Archivi di Stato o Dipartimentali dei singoli paesi. 112 TMview è uno strumento di consultazione on line, multilingue e di facile impiego, che consente a qualsiasi utente di Internet di cercare gratuitamente i marchi di tutti gli Uffici dei marchi ufficialmente riconosciuti che hanno aderito al sistema. Fornisce informazioni dettagliate su denominazione, riproduzione grafica, status giuridico, elenco dei prodotti e servizi, ecc. I dati sono accessibili attraverso un sistema centralizzato; il loro aggiornamento è responsabilità di ciascun Ufficio membro.
98
In Italia, oltre la banca dati dell’UIBM, è possibile studiare i marchi anche attraverso
la banca dati messa a disposizione degli studiosi, dal 2014, dall’ACS che, come detto,
conserva tutta la documentazione cartacea relativa alla serie marchi del fondo dell’Ufficio
Italiano brevetti e marchi.
Grazie a questa banca dati è possibile effettuare ricerche spazio-temporali, per
tematiche e settori, ritrovare elementi fondamentali comuni e non, ricostruire la storia delle
grandi imprese attraverso le immagini, ed inoltre i dati possono essere messi in relazione
tra loro.
I parametri di ricerca che consentono la consultazione sono numerosi: si può partire
dalla descrizione del marchio, dalla tipologia di prodotti per i quali è stato registrato, dal
nome del titolare o da quello del mandatario, o dall’anno in cui è avvenuta la registrazione
della domanda. Particolarmente importante il fatto che si possano reperire, sia i marchi
nazionali, sia i marchi internazionali registrati.
Un altro esempio interessante di banca dati è quella creata dalla Camera di
commercio di Torino MaToSto con la collaborazione tecnica della società Co.pa.t113 per
mettere a disposizione del pubblico i verbali delle domande di registrazione di marchi
nazionali e internazionali che fanno parte dell’archivio storico dell’ente. Si parte dal 1926
e, per il momento, si giunge a consultare i documenti fino al 1941 compreso. In totale
5.197 documenti consultabili in full-text: 501 marchi internazionali, 2.075 marchi
figurativi, 2.998 marchi verbali.
E visto che è proprio dalle banche dati che cominciano le ricerche di gran parte degli
studiosi che decidono di utilizzare i marchi come fonte storiografica per studiare appunto
l’evoluzione della cultura tecnica e tecnologica e i cambiamenti socio culturali e linguistici
del nostro Paese, sarebbe utile poter predisporre una banca dati, per lo meno italiana, che
rispecchi per quanto possibile le modalità di ricerca delle moderne banche dati, ma di
contro inserisca delle caratteristiche peculiari che possano essere di utilità alle diverse
ricerche degli studiosi interessati alla materia anche dal punto di vista storico.
A questo proposito verranno proposti di seguito alcuni esempi di ricerche e
altrettante soluzioni attraverso la compilazione di una scheda ideale da inserire all’interno
di una ipotetica banca dati.
113 Copat progetta e realizza servizi finalizzati alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. In particolare è specializzata in attività di catalogazione, indicizzazione e digitalizzazione di materiale manoscritto e a stampa, antico e moderno, archivistico e multimediale, conformando costantemente l'attività agli standard nazionali e internazionali e sviluppando nuove tecnologie.
99
Partiamo da una ricerca sui marchi di ‘moda’ italiani svolta nell’ambito di una tesi di
laurea114 in Scienze della Comunicazione nella quale è stata improntata un’analisi
sistematica di un insieme di marchi del settore tessile e vestiario ideati tra il 1900 e il 1950,
al fine di ricercare dei tratti distintivi sulle tendenze prevalenti della marchionimia in
questo settore dal punto di vista tematico e linguistico.
Un campione di 329 marchi è stato suddiviso, tra le altre cose, in classi per l’analisi
tematica: mitologico, umano, animale, vegetale, oggetto e per l’analisi linguistica in
patronimici, nomi di fantasia e alterativi, neologismi e neoformazioni, forestierismi, sigle e
numeri.
In questo caso l’attenzione dello studioso, interessato ad un’analisi filologica dei
marchi, si è soffermata sullo studio di dati quali il nome del marchio e l’immagine,
suddividendo gli stessi in classi descrittive dei nomi.
Partendo dal presupposto che attualmente i marchi in fase di registrazione115
vengono già suddivisi in:
• Marchio denominativo: quelli costituiti da parole di fantasia, nomi patronimici,
nomi geografici, denominazioni sociali, sigle, lettere dell’alfabeto, numeri, ecc.;
• Marchio figurativo: quelli composti da un disegno o disegno e parole oppure da
una scritta in caratteri stampatello su più righe oppure in caratteri di fantasia,
emblemi e colori fino a rappresentazioni più elaborate, quali vignette, etichette,
ritratti, ecc.;
• Marchio verbale: quelli composti da sole parole scritte su una sola riga in
carattere stampatello maiuscolo e non a colori;
• Marchio individuale: che ha il compito di distinguere il singolo prodotto o
servizio di un imprenditore;
• Marchio collettivo: serve a garantire l'origine, la natura o la qualità di prodotti o
servizi. La registrazione di marchi collettivi è concessa a quei soggetti che
svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati
114 Maria Catricalà e Ilaria Pironti, ‘Marchi ‘di moda’ italiani: una indagine mirata tra il 1900 e il 1950’ tesi di laurea di Ilaria Pironti presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma. Relatrice Maria Catricalà 115 Cfr. modulo di registrazione del marchio d’impresa. Paragrafo C. MARCHIO - Descrizione comprensiva della denominazione [C1]: è obbligatorio indicare il marchio e descriverne brevemente gli aspetti caratterizzanti, ove non si tratti esclusivamente di marchio denominativo. Inoltre barrare con una [X] la casella immediatamente a destra per indicare se il marchio è: [C3] verbale o [C4] figurativo [C5] individuale o [C6] collettivo Colori indicati nella Descrizione [C2]: indicare il/i colore/i come da descrizione, compresi il bianco ed il nero, nel caso in cui tali colori costituiscono caratteristica del marchio stesso.
100
prodotti o servizi e che possono concedere l'uso dei marchi stessi a produttori o
commercianti che rispettino determinati requisiti.
Sarebbe forse interessante utilizzare, oltre alla classificazione moderna, anche delle
sottoclassi collegate ai marchi denominativi e figurativi con le seguenti voci:
• Riferito al nome: patronimico, nome di fantasia, alterativo, neologismo,
forestierismo, sigla e numero;
• Riferito all’immagine: mitologico, umano, animale, vegetale, oggetto.
Un altro caso ha ripercorso invece la storia dell’azienda Mira Lanza dalla sua origine
fino alla sua scomparsa attraverso documenti, marchi, pubblicità e figurine116.
In questo caso l’attenzione dell’autore si è soffermata sui singoli prodotti
dell’azienda che nello specifico era specializzata nella produzione sia di lumini, moccoli
stearici, candele normali, decorative e da chiesa, sia di saponi da bucato e per toeletta.
Ora facciamo per un attimo l’ipotesi che lo studioso sia interessato ad un solo settore
di produzione. Di norma all’interno delle banche dati moderne con le ricerche che vengono
effettuate in relazione ai dati caratteristici del marchio: titolare, mandatario, data di
deposito, data di pubblicazione, numero, titolo, paese, classe, una prima differenziazione si
sarebbe avuta visualizzando la classe di appartenenza e il settore di produzione, (le candele
appartengono alla classe quattro mentre i saponi alla classe tre secondo la classificazione
internazionale di Nizza 2014117), ma nel periodo che va dal 1875 al 1965, siccome si
susseguono ben quattro classificazioni118 differenti, non credo sia utile inserire questo tipo
di voce, ma si può sicuramente ovviare a questa mancanza utilizzando appunto la voce
‘descrizione’ alla ricerca semplice, in modo da poter avere fin da subito un’idea del settore
di competenza dei prodotti.
Oppure, così come accade all’interno delle banche dati moderne, si può anche fare
riferimento alla classe di appartenenza inserendo la voce ‘classe’ e la voce ‘prodotti e
servizi’ specificandone però l’anno a cui si riferisce.
116 Cfr. Marco Eula, La gloriosa Mira Lanza, Ginevra, 2010, pp. 5-170. 117 Si tratta di un elenco che descrive la natura di prodotti e servizi in termini generali, allo scopo di classificare i marchi registrati in maniera univocamente riconosciuta ed accettata a livello internazionale. Attualmente siamo alla 10ª edizione della classificazione. È composta da 34 classi di prodotti e 11 classi di servizi. La classificazione è stata definita nel 1957 dall'organizzazione World Intellectual Property Organization (WIPO). 118 Classificazione del 1913, del 1943, del 1954 e del 1960
101
Altro caso preso in considerazione è la mostra che si è tenuta nel 2011 all’Archivio
Centrale dello Stato che ha esaminato i 171.000 marchi presenti al suo interno e ha portato
a ripercorrere le tappe della storia italiana dall’Unità alla guerra e dal secondo dopoguerra
agli anni sessanta.
In questo caso si è voluto ripercorrere le tappe fondamentali della storia italiana
attraverso i prodotti e il loro marchi.
Utile per questo tipo di ricerca potrebbe essere l’inserimento della voce ‘storia del
marchio’, già presente all’interno delle altre banche dati moderne sotto la voce storia o
pubblicazioni, nella quale potrebbero essere inserite tutte le notizie riguardanti il marchio:
dai cambi di indirizzo o di nome dei proprietari alle notizie di pubblicazione o di rinnovo
fino ai ricorsi
Ove possibile poi si potrebbe contemplare la possibilità di inserire anche la voce
‘origine del marchio’ e ‘paesi designati’, voce presente per esempio nella banca dati
francese, dove verrebbero menzionati il paese di origine del marchio e gli altri paesi di
esportazione, magari con le relative date di deposito.
Si potrebbe infine utilizzare la funzione ‘mostra gli altri marchi legati al titolare’,
presente per esempio all’interno della banca dati inglese, che rimanda automaticamente
alla lista degli altri prodotti dello stesso titolare senza la necessità di avviare una nuova
ricerca.
Ultimo caso di studio è quello riferito ad una ricerca dal titolo ‘1990 – Jocca la
strategia di comunicazione per riposizionare il cottage cheese’119 nella quale l’autore
presenta lo studio di un piano di marketing per la soluzione di un problema aziendale
relativo ad un prodotto di una delle aziende del gruppo Philip Morris elaborato dai
partecipanti (studenti delle facoltà di Economia) al Premio Philip Morris.
In questo caso il problema riguardava la necessità di ideare un piano di rilancio del
prodotto che a partire dagli anni ‘80 aveva registrato un forte calo della domanda dovuto,
probabilmente, alla concorrenza di nuovi prodotti molto più dietetici o saporiti.
Tra i metodi di studio proposti dall’autore per risolvere un caso di marketing c’è
quello di analizzare una serie di variabili tra cui:
• Individuazione dei principali concorrenti
• Offerta dei concorrenti
• Studio del ciclo di vita dei prodotti 119 Cfr. Carlo Alberto Pratesi, Marketing dei prodotti alimentari di marca, Milano, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1995, pp. 35-72
102
Per effettuare una ricerca di questo genere si potrebbe utilizzare, oltre che la voce
‘storia del marchio’, anche la funzione ‘descrizione’ che, unita alla voce ‘classe’, darebbe
come risultato una serie di prodotti simili a quello preso in considerazione, e anche se la
ricerca in questione riguarda lo studio di marchi contemporanei, nulla vieta la possibilità di
estendere questo tipo di indagine pubblicitaria anche ai marchi così detti antichi, quelli
appunto che vanno dal 1875 al 1965.
Le banche dati marchi, infine, consentono di effettuare una ricerca su nomi identici,
ma non offrono un rapporto completo anche per i marchi simili. Se si vuole per esempio
registrare come marchio la parola ‘MOKA’ e si ricerca scritta così, non si troverà mai la
parola ‘MOCA’ che pure, dal punto di vista dei marchi, è del tutto simile alla prima.
Effettuare però una ricerca per similitudine è sicuramente un’impresa quanto mai
ardua in quanto bisogna ricercare tutte le parole simili da un punto di vista fonetico (ad es
‘ph’ – ‘f’; ‘x’ – ‘ics’; ‘ch’ – ‘k’; ‘y’ – ‘ i’; ‘u’ – ‘iu’; ‘s’ – ‘z’; ‘e’ – ‘i’; ...).
Per esempio la parola Fonzi va considerata uguale a Phonzi, Fonzee, Phonzee, Fonsi,
Fonsee, ecc. si può cercare comunque di circoscrivere la ricerca inserendo preventivamente
la classe di appartenenza, anche in considerazione del fatto che in linea di massima è
ipotizzabile il deposito di marchi uguali e/o simili a segni preesistenti, qualora gli stessi
non vengano registrati per prodotti e/o servizi uguali o simili. Si pensi al caso del marchio
Fiesta, che descrive allo stesso tempo un'automobile e uno snack, senza creare alcuna
confusione nei consumatori.
Inoltre, non bisogna dimenticare che il rischio di confusione deve essere sempre
valutato globalmente, sulla base della somiglianza visiva, auditiva e concettuale dei marchi
in questione.
In questo caso la classe di appartenenza è sicuramente un valido aiuto.
Quanto detto viene riportato in una tabella riepilogativa che potrebbe costituire il
prototipo di una possibile scheda di ricerca.
103
Numero di registro
Descrizione archivistica
Data di deposito
Data di registrazione
Titolare
Mandatario
Ente di presentazione
Classe
Prodotti e servizi
Descrizione
Descrizione iconologica
Note
Storia del marchio
Origine del marchio
3.4. L’utilizzo dei marchi come fonte storica: possibilità e percorsi
Il progetto di ricerca nasce con l’intento di analizzare i possibili coinvolgimenti della
serie ‘Marchi’ nei processi evolutivi che hanno caratterizzato il nostro Paese tra il 1870 e il
1960, diventando espressione di una società e dei suoi cambiamenti.
Attraverso l’analisi della categoria in oggetto nella sua evoluzione storica si voleva
accertare come la serie Marchi permettesse di studiare l’ambiente in cui erano maturati i
prodotti, gli orientamenti della ricerca e della tecnica dell’epoca, i modi di organizzazione
del lavoro scientifico e della produzione, la relazione esistente fra ciò che veniva
pubblicizzato e le reali qualità del prodotto.
Si è voluto quindi avvalorare l’ipotesi secondo la quale i marchi possono
effettivamente risultare una miniera di informazioni inestimabile per gli studiosi e possono
essere confrontati con precisi eventi naturali, sociali od umani, culturali, tecnici e
tecnologici, in questo o quel settore, in questo o quello Stato, almeno negli ultimi 150 anni,
per valutarne l’evoluzione.
Si è ritenuto opportuno infine approfondire, in questa trattazione, tutte quelle teorie
che vedono, nella conservazione, tutela e valorizzazione del fondo archivistico dei brevetti
e marchi e nello specifico, della Serie Marchi del Fondo Ufficio Italiano Brevetti, una
104
potenzialità per la conservazione della memoria delle imprese italiane, nonché per la loro
creatività industriale e pubblicitaria. Proprio in virtù del fatto che già numerosi studiosi
avevano indirizzato le proprie ricerche in questo campo:
Ogni marchio contiene una storia che è sociale, iconografica, linguistica, culturale: il marchio identifica un prodotto, ma utilizza figure decorative, simboliche, scenografiche ben precise, veicola anche valori e significati sedimentatisi nel nostro immaginario120. Possono essere utilizzati come dato identitario di una impresa e quindi, correlati ai propri archivi, essere depositari della memoria dell’impresa e utilizzati come fonte storica in termini di comunicazione, pubbliche relazioni o pubblicità121. I marchi, proprio per la loro natura simbolica complessa, potrebbero rappresentare un potenziale e ricchissimo bacino di dati in cui far convergere gli strumenti metodologici della linguistica, della semiotica e dell’antropologia al fine di indagare come, attraverso tali mezzi di comunicazione e affermazione delle ‘mode’, le autorappresentazioni prodotte dal sistema sociale siano variate nel tempo, oppure, ad esempio, quali dimensioni semantiche, iconiche, simboliche siano risultate più salienti in un determinato settore o momento storico122.
L’analisi ha permesso di qualificare questa serie e i suoi cambiamenti come fonte
storiografica e soprattutto ha portato alla ricostruzione dell’attività operativa dell’UIBM fin
dalla sua istituzione, in uno specifico settore; all’analisi più approfondita degli
orientamenti della ricerca e della tecnica in un determinato periodo di tempo e in un settore
specifico; all’analisi, usando come caso di studio un settore specifico, delle ripercussioni
che gli sviluppi dell’industria e del design italiano hanno prodotto all’interno dei costumi e
della lingua italiana.
Il marchio, dunque, non è solo un nome, ma ha la qualità di non avere sinonimi
perché sul mercato è unico. É la sintesi di un processo di rappresentazione della propria
identità, di racconto della propria storia. Ha il potere di trasmettere in maniera immediata
quello che siamo.
Ecco quindi che la conservazione delle pratiche di brevetto dei marchi di fabbrica dà
la possibilità a questi ultimi di diventare custodi di una memoria storica fatta di immagini e
di linguaggi e di percorrere l’evolversi culturale dell’imprenditoria italiana attraverso
modalità di rappresentazione contemporanee al momento/periodo in cui nascono.
Nello specifico permette di capire come nel tempo le imprese si siano confrontate
commercialmente con il mercato di riferimento in termini di identificazione e
sintetizzazione del proprio messaggio commerciale. É possibile così valutare l’evolversi
della cultura specifica dell’immagine; l’evolversi della consapevolezza del vantaggio
120 Cfr. Margherita Martelli, I marchi di fabbrica e di prodotto. Una storia figurata, in Franco Amatori e Raimonda Piccini, Copyright Italia. Brevetti/Marchi/Prodotti 1948_1970, Biblioteca dell’Unità d’Italia, pp. 177-185. 121 Cfr. Giovanni Paoloni, Gli archivi d’impresa, op. cit. 122 Cfr. Marina Catricalà e Ilaria Pironti, Marchi ‘di moda’ italiani: un’ indagine mirata tra il 1900 e il 1950, op. cit.
105
conferito dal segno identificativo nel contesto dello sviluppo concorrenziale del mercato;
l’evolversi dell’approccio commerciale nell’aggressione dei mercati esteri; la
modificazione delle aree commerciali di interesse; l’evoluzione delle tipologie dei prodotti
e dei servizi.
Proprio a questo proposito verranno presentati, nel capitolo seguente, una serie di
percorsi di studio nei quali verranno analizzati: la nascita e l’evoluzione dei prodotti della
categoria dei prodotti per la pulizia e l’igiene personale, il loro andamento sul mercato
italiano attraverso l’analisi dei marchi nazionali e dei marchi esteri registrati, l’incidenza
territoriale dei marchi in relazione alla popolazione presente in un determinato periodo
storico.
Questa analisi permetterebbe anche di mettere a punto strumenti e strategie in grado
di facilitare, sia la ricerca di questi prodotti all’interno della serie Marchi, sia la ricerca,
all’interno della voce descrizione, di tutti quei prodotti che con denominazioni differenti si
riferiscono ad un medesimo marchio o prodotto.
Tale messa a punto potrebbe inoltre avere un valore di modello per altre categorie
merceologiche di prodotti all’interno della serie Marchi del fondo dell’UIBM.
106
4. STUDIO DEI MARCHI ATTRAVERSO LE STATISTICHE
4.1. I marchi nella storiografia Come abbiamo potuto constatare l’apporto che l’analisi dell’evoluzione storica dei
marchi può fornire alla ricostruzione della storia del nostro paese e ai cambiamenti socio-
economici è senza dubbio fondamentale.
Ma, dopo un’attenta analisi sulla bibliografia esistente in campo nazionale ed
internazionale, si è potuto constatare anche che l’utilizzo di questo tipo di fonti all’interno
della storiografia rimane circoscritto a settori specifici quali l’economia, la giurisprudenza,
la tecnologia, il marketing e in maniera più marginale la storia spesso industriale.
Non a caso le maggiori pubblicazioni in campo nazionale le ritroviamo soprattutto
all’interno di quotidiani e periodici sulle nuove tecnologie dell’immagine e della
comunicazione, nonché all’interno di monografie e articoli di studiosi e protagonisti123 del
settore marketing, comunicazione e linguistica.
Gli studi e le pubblicazioni in materia di proprietà intellettuale invece, soprattutto nel
mondo anglosassone, le ritroviamo all’interno delle riviste a carattere giuridico e
scientifico facenti capo alle maggiori università inglesi o americane, o all’interno di riviste
di studi e ricerche economiche e tecnologiche124.
Questo perché l’interesse scaturito dall’analisi di questo tipo di fonti è ancora legato
ad uno studio specialistico basato, ancora nella maggior parte dei casi, sulla valorizzazione
e celebrazione storica delle aziende così come di coloro a cui è affidato il compito di
raccontare la loro identità125.
Questa analisi trova concretezza nel fatto che parecchi studi e pubblicazioni in
materia di marchi degli ultimi anni riguardano appunto convegni, eventi, mostre e ricerche
promosse in occasione di anniversari di istituti o aziende interessate dall’argomento perché
direttamente implicate nella produzione o conservazione dei marchi.
Giusto per fare qualche esempio è il caso di citare:
123 Nomi illustri compaiono al riguardo: da Carlo Alberto Pratesi studioso di marketing, Maria Catricalà studiosa di linguistica, Antonio Romano designer. 124 Riguardano per lo più l’analisi di strategie di tutela dei prodotti della proprietà intellettuale, della gestione e consulenza per la loro valutazione registrazione e deposito ad opera spesso di società di servizi specializzate nel settore. 125 In particolare m riferisco alla nascita negli ultimi decenni di moltissimi studi di grafica e designer spinti dalla sempre maggiore richiesta da parte di aziende e istituzioni di essere riconosciute e valorizzate all’interno del mercato globale attraverso un’immagine che rispecchi visivamente l’identità dell’azienda.
107
• Franco Amatori e Raimonda Riccini, Copyright Italia. Brevetti, marchi, prodotti
1948-1970, Biblioteca dell’Unità d’Italia. Mostra nata in occasione delle
celebrazioni per l’Unità d’Italia (2011 presso ACS);
• AA.VV., Marchio tra rigore e fantasia. Marchi di fabbrica depositati dal 1891
al 1950 da aziende della provincia di Vicenza, Vicenza, CCIAA, 2001. Progetto
nato dalla collaborazione tra l’ACS e la Camera di commercio di Vicenza che ha
portato alla realizzazione di un volume in cui erano presenti tutti marchi di
fabbrica presentati per gli anni in questione e non solo quelli registrati.
• UIBM, 130 anni di storia dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi 1884-2014,
Roma, Ministero dello sviluppo economico, 2014. Un’opera che, in occasione
dei 130 anni dalla nascita dell’UIBM, racconta la nascita e l’evolversi
dell’Ufficio, senza tralasciare il clima culturale, i costumi, le criticità e il
particolare momento storico del Paese. Il tutto arricchito da fotografie di marchi
e brevetti e didascalie di alcune eccellenze italiane.
• Antonio Romano, Trentannidisegno, appunti per un anniversario, Bologna,
Compositori, 2010. Una raccolta di realizzazioni raggruppate per aree di attività.
Storie di imprese, istituzioni, prodotti, servizi, architetture, eventi, pubblicazioni
che racconta attraverso una selezione di progetti, realizzati praticamente in tutto
il mondo, marchi di impresa, ‘linguaggi’ di marca, architetture, prodotti veri e
propri, caratteri tipografici, pubblicazioni, proposti tutti nella loro veste di opere
di design. Pubblicato dal brand designer Antonio Romano nel 2010 e che ha
fatto da catalogo all’omonima mostra all’Ara Pacis di Roma.
• Marco Eula, La gloriosa Mira Lanza, Ginevra, 2010 . Un libro che racconta la
storia della Mira Lanza, oggi conglobata in una multinazionale anglo-tedesca,
dalla nascita al declino attraverso una ricca documentazione storica e
fotografica.
• Raffaele Fontanella, Come cambiano i marchi: metamorfosi di 60 marchi
italiani, Milano, Ikon, 2003. Un libro che racconta la storia e l’evoluzione di
sessanta marchi, disposti in ordine alfabetico, corredato di pagine pubblicitarie,
manifesti o tavole del manuale di identità visiva.
Come si può notare si tratta di volumi promossi esclusivamente da ‘addetti ai lavori’,
con l’intento di stuzzicare e promuovere la ricerca verso un campo ancora poco esplorato
ma sicuramente ricco di nuove proposte e offerte culturali.
108
Non mancano infine tutte quelle ricerche sperimentali, compresa questa, nate in
ambito universitario che mirano a promuovere l’utilizzo dei marchi di fabbrica come fonte
storica non solo, per esempio, nel campo della storia economica e industriale, ma anche in
quella del linguaggio, del costume e degli stili di vita; analizzando la terminologia e i temi
grafici associati ai marchi, nonché la loro rappresentazione pubblicitaria126.
Tutto ciò al fine di mettere in relazione ciò che veniva proclamato nelle varie forme
di propaganda commerciale (stampa, radio e video) con le qualità e caratteristiche dei
prodotti stessi come emergono dalle analisi e caratterizzazioni degli organi preposti.
A tal proposito Margherita Martelli, responsabile del fondo marchi di fabbrica
dell’Archivio centrale dello Stato di Roma, in una ‘Nota storica – giuridica in tema di
marchio’ ha affermato:
Va comunque ricordata la loro importanza in relazione all’evolversi dei costumi e delle mode, della introduzione di nuove forme lessicali poi diventate di uso comune, della costituzione di un repertorio di immagini geografiche legate ai luoghi di produzione. […] i marchi sono stati, soprattutto quando non esistevano molti mezzi di comunicazione di massa, uno dei veicoli per la conoscenza di correnti artistiche, ed in seguito, con l’affinarsi delle tecniche pubblicitarie, ne sono stati autori importanti artisti che hanno legato indissolubilmente un dato prodotto all’immagine del marchio127
Anche Anna Pia Bidolli128 a tal proposito ha scritto:
Auspicabile sarebbe poter fare un vero e proprio lavoro di inventariazione della documentazione […] che fornirebbe uno strumento archivistico capace di offrire molteplici chiavi di lettura. […] si potrebbero impostare studi sull’evoluzione tecnologica dei vari settori stabilendo svariate correlazioni, si potrebbe verificare, per esempio, l’incidenza nel mondo economico dell’attività brevettuale di singole aziende ovvero utilizzare la documentazione in funzione della ricostruzione delle vicende storiche di società imprenditoriali
Ma questi sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che offre il vasto panorama
letterario che partendo da piccoli contributi all’interno di riviste specializzate si pone come
obbiettivo quello di raccontare in che modo il recupero di questo ‘linguaggio nuovo e
unico’ fatto di parole, colori, segni, immagini, idee, possa raccontare la storia e l’identità di
imprese, istituzioni, prodotti, servizi, territori, ma anche grandi e piccoli eventi sociali.
Ecco quindi che i simboli della nostra società, di un’impresa privata, di un’azienda
pubblica, di un servizio per il cittadino, attraverso le immagini diventano vere e proprie
126 A questo proposito cfr. Maria Catricalà e Ilaria Pironti, op cit. e Carlo Alberto Pratesi , op.cit. 127 Cfr. AA.VV., Marchio tra rigore e fantasia. Marchi di fabbrica depositati dal 1891 al 1950 da aziende della provincia di Vicenza, Vicenza, CCIAA, 2001 128 Anna Pia Bidolli, Invenzioni e attività brevettuale nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato, in Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Desenzano del Garda, 1991, pag.602.
109
opere d’arte grazie alla tecnica e alla creatività umana, ma soprattutto lo specchio di una
società.
Bisogna rendersi conto che c’è storia e tradizione nei marchi e attraverso la loro
digitalizzazione si può recuperare il valore storico, sia dei grandi marchi, che delle piccole
imprese.
Oggi il marchio è diventato uno strumento di sviluppo e di comunicazione, inteso
come simbolo di una rappresentazione concettuale che ci consente di comprendere il
mondo che c’è dietro e di condurre una ricerca per tematiche e per settori (web semantico)
ritrovando gli elementi fondamentali attraverso la rete.
É proprio per rimarcare questo concetto che è nata l’idea di questa ricerca, con la
speranza soprattutto che l’apertura all’era digitale per la valorizzazione di questo nuovo
modo di fare storia possa aprire le porte ad una maggiore consapevolezza sulla natura
storica e identitaria di questo tipo di fonti, non facendola diventare un’occasione mancata.
4.1. Andamento dei marchi esteri e nazionali registrati in Italia tra il 1870 e il 1949
Per poter effettuare l’analisi completa dei marchi è stato necessario innanzitutto
raccogliere tutti i dati, presenti nei Bollettini, nei registri dei marchi e nella banca dati
provvisoria creata dalla SIAV nel 2011, all’interno di un file Excel.
Nel file sono stati creati dieci campi nei quali sono stati inseriti i dati riferiti a:
• numero di registro
• descrizione archivistica
• data di deposito
• data di registrazione
• titolare
• ente di presentazione del marchio
• mandatario
• descrizione iconologica
• descrizione del prodotto
• note
110
Alcune volte è stato necessario desumere i dati dalle notizie presenti all’interno del
testo della descrizione dei marchi, all’interno dei registri e dei Bollettini, all’interno della
banca dati.
Fino al gennaio 1929129 sono anche state prese le immagini correlate alle schede dei
marchi presenti in banca dati, dopo quella data non è stato più possibile in quanto le
immagini non erano state ancora inserite.
Dal file Excel sono state create infine delle schede sintetiche, simili a quelle proposte
inizialmente dalla società SIAV e presenti all’interno della loro banca dati, nelle quali sono
stati riportati i dati ottenuti dalla compilazione del file.
Grazie alla compilazione del file è stato possibile quindi passare allo studio di tre
differenti percorsi nei quali sono stati analizzati: la nascita e l’evoluzione dei prodotti della
categoria per la pulizia e l’igiene personale, il loro andamento sul mercato italiano
attraverso l’analisi dei marchi nazionali e dei marchi esteri registrati, l’incidenza
territoriale degli stessi in relazione anche alla popolazione presente in un determinato
periodo storico.
Il primo caso preso in esame riguarda l’analisi dei marchi esteri e nazionali registrati
in Italia tra il 1870 e il 1949.
Per identificare la nazionalità dei marchi è stato preso in considerazione il paese di
residenza del titolare o dell’azienda.
É stato deciso di effettuare questo tipo di analisi in quanto si voleva verificare
l’esistenza, sia di una relazione tra l’Italia e i paesi esteri titolari dei marchi stranieri
registrati, sia l’andamento temporale delle registrazioni.
L’analisi ha portato all’identificazione dei seguenti paesi, Italia compresa, accanto ai
quali è stato inserito il numero di volte che figurano nella ricerca.
129 Nello specifico: MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 36852.
111
ARGENTINA 5
AUSTRIA 20
BELGIO 3
BULGARIA 1
CANADA 1
CECOSLOVACCHIA 16
DANIMARCA 2
FRANCIA 54
GERMANIA 173
GIAPPONE 2
GRAN BRETAGNA 230
IRLANDA 6
ITALIA 2759
LUSSEMBURGO 1
NUOVA ZELANDA 1
OLANDA 14
RUSSIA 1
SPAGNA 6
SVEZIA 1
SVIZZERA 16
UNGHERIA 4
USA 150
É stato quindi sviluppato un grafico che mostra la presenza dei paesi stranieri
ordinati per grandezza. É stato deciso di non inserire l’Italia altrimenti il grafico sarebbe
risultato distorto avendo l’Italia, per ovvi motivi, una presenza maggiore rispetto agli atri
paesi.
112
Successivamente si è deciso di approfondire l’analisi su quei paesi che nel periodo in
esame hanno registrato una frequenza numerica superiore alle venti unità: Austria, Francia,
Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti.
0
50
100
150
200
250
Andamento delle aziende nel panorama internazionale
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
Tito
lo a
sse
Marchi esteri depositati negli anni
AUSTRIA
FRANCIA
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
USA
113
La distribuzione delle frequenze, riferite agli anni in cui furono registrate, ha
evidenziato i seguenti picchi:
• per l’Austria e per la Francia nel decennio 1920-1929;
• per la Germania nel periodo fra il 1900 ed il 1919;
• per la Gran Bretagna nel periodo fra il 1910 ed il 1929 con un deposito di ben
230 marchi nel periodo considerato e il maggior incremento nel periodo
precedente alla prima guerra mondiale;
• per gli Stati Uniti nel periodo 1920-1929.
In tutti i Paesi, che già nel secolo XIX erano giunti alla fase dell’industrializzazione,
ossia la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, gli ultimi anni dell’800
segnano infatti l’inizio di una fase di forte crescita economica che durerà sino allo scoppio,
nel 1914, della Prima guerra mondiale.
La domanda di beni industriali da parte del resto del mondo, e in particolare da parte
del resto d’Europa, combinandosi con la massiccia domanda di materie prime dalle
maggiori potenze industriali, provoca quindi un grande sviluppo del commercio
internazionale.
Nei primi decenni del ‘900 inoltre la scienza e la tecnica finalmente s’incontrano
producendo risultati pratici di enorme importanza. Il moltiplicarsi delle macchine, lo
sviluppo dei motori e della telecomunicazione cambiano la vita e il lavoro di ogni giorno.
Nel campo della manifattura al grandissimo aumento di produttività generato dalla
meccanica si aggiunge un altro fatto di rilievo epocale: la chimica crea nuovi materiali e
sul mercato compaiono nuove ‘materie prime’ artificiali, dette sintetiche.
Il tutto porta ad un incremento delle registrazioni di brevetti che si traduce anche in
un aumento di deposito dei marchi.
Le registrazioni totali, rispettivamente di venti unità per l’Austria e cinquantaquattro
per la Francia trovano poi giustificazione, molto probabilmente, anche nella posizione
geografica che vede le due nazioni confinare con l’Italia.
La potenza economica tedesca degli inizi del XX secolo invece subisce un tracollo
dovuto alla sconfitta nel corso del primo conflitto mondiale.
Gli Stati Uniti vedono un forte incremento della loro economia nel periodo fra il
1920 e il 1929 con un massiccio aumento della produzione industriale che porta il paese a
diventare il più prospero del mondo.
114
A partire dal 1930 si assiste al crollo della presentazione dei marchi. Crollo
sicuramente dovuto alla crisi mondiale del 1929 e alla conseguente, ma inevitabile,
decisione da parte di tutti i paesi in questione di procedere verso una politica economica
protezionistica e nazionalista.
Per quanto riguarda l’Italia, l’andamento dei marchi nazionali depositati negli anni
1870-1950 mostra una vera e propria paralisi per il deposito dei marchi di fabbrica con
l’inizio della prima guerra mondiale che trova una temporanea interruzione con l’avvento
del fascismo, grazie anche all’impulso riformatore che si concentra sulla struttura
dell’Ufficio della proprietà intellettuale, al quale viene conferita una posizione di rilievo
all’interno del nuovo ministero dell’Economia nazionale, e al riordino dell’intera materia
brevettuale in una prospettiva di sviluppo tecnico e scientifico.
L’esame del grafico evidenzia appunto un andamento crescente costante fra il 1870
ed il 1910. Dalla registrazione di poche decine di marchi fino al 1910 si passa a circa 200
nel decennio 1910-1919.
Il repentino innalzamento del grafico si ha nel periodo che va dal 1919 al 1939.
Gli avvenimenti cui va fatto risalire questo particolare incremento dei depositi dei
marchi sono sostanzialmente imputabili ad una più attenta e dettagliata normativa che
consente il deposito dei marchi con maggiori snellimenti burocratici; all’avvento del
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1870-1879 1880-1889 1890-1899 1900-1909 1910-1919 1920-1929 1930-1939 1940-1949
Marchi nazionali depositati negli anni
115
fascismo, a partire dal 1922, ed alla politica autarchica promossa dall’Italia dopo le
sanzioni economiche imposte dall’Assemblea delle nazioni, a seguito della guerra di
Etiopia.
Come abbiamo già avuto modo di appurare infatti l’UIBM vide un significativo
impulso del suo operato a partire dagli anni a cavallo del 1910, quando si ebbe coscienza
del fatto che la materia dei brevetti andava necessariamente disciplinata e l’Ufficio aiutato
nel riordino della struttura ordinativa e nell’incremento dell’organico. Ciò facilitò, in
qualche modo, la fase amministrava e burocratica snellendone le procedure e fornendo un
servizio più efficiente alle aziende depositarie dei marchi.
Quando il fascismo giunse al potere la crisi economica scaturita dalla fine del
conflitto mondiale era in via di soluzione e si stava affacciando un periodo di crescita
economica che si sarebbe interrotta solo con l’avvento della crisi del ’29.
Lo sviluppo economico avvenne sulla base di un notevole interscambio con l’estero,
grazie alla concessione da parte degli Stati Uniti di ingenti prestiti che diedero un impulso
significativo alla industrializzazione del paese con il conseguente aumento della
registrazione dei marchi.
A partire dagli anni ‘30 si assistette ad un cambiamento del clima politico-economico
italiano. Si cominciò a valutare la gravità della crisi economica iniziata nel 1929.
Le difficoltà del momento, e in particolare l’acuirsi delle tensioni nel mercato
internazionale, risvegliarono un’attenzione rinnovata per il tema della valorizzazione delle
risorse nazionali.
In un periodo in cui l’economia interna stava rallentando e le strade degli scambi
internazionali diventavano più strette, appariva ragionevole la prospettiva di tentare un
rilancio economico puntando sul mercato interno e sullo sfruttamento delle possibilità della
nazione.
L’avvento della politica autarchica e il blocco delle importazioni fecero emergere
quanto l’Italia dipendesse dall’estero.
Si rese quindi necessario sfruttare al meglio le risorse presenti nel nostro Paese, per
incrementare la produzione.
Questo fece registrare un notevole aumento nel deposito dei marchi.
Dal punto di vista dei prodotti vennero riscoperte le liscive e gli amidi, mai del tutto
abbandonati.
Le lamette da barba, da poco arrivate in Italia, conobbero il tramonto, rispuntò così il
rasoio, messo da parte da alcuni anni, e tutti i prodotti di rasatura ad esso collegati.
116
Per l'alimentazione si consigliò a tutti di allevare polli e conigli, anche in città, per
non importare carne.
Le ossa degli animali, raccolte in appositi contenitori, vennero bollite e saponificate
e infine trasformate in pezzi di sapone per il bucato. Mentre con l'olio d'oliva non esportato
furono confezionate le saponette da toilette.
L’entrata in guerra, e la successiva sconfitta, fecero poi precipitare il dato e si dovette
attendere il dopoguerra, con il boom economico, per assistere ad un nuovo e significativo
aumento dei depositi in argomento.
4.2 Incidenza territoriale dei marchi depositati
Per approfondire il più dettagliatamente possibile ogni aspetto legato al deposito dei
marchi nel territorio nazionale si è pensato di esaminarli coniugandoli con i territori
comunali, e le relative popolazioni, presso i quali i marchi stessi furono depositati.
L’anno preso in considerazione è stato il 1936 in considerazione del fatto che si è
voluto esaminare un anno rappresentativo dello stadio di sviluppo della società italiana nel
periodo considerato.
Tale sviluppo lo ritroviamo sicuramente nel periodo dell’autarchia, che in quell’anno
era nel pieno del suo sviluppo, che diede un forte impulso alla ideazione e realizzazione di
prodotti esclusivamente nazionali. Inoltre alla data del 21 aprile 1936 venne effettuato
l’VIII censimento generale della popolazione del Regno, che permette di avere una
descrizione dettagliata della popolazione italiana in ogni suo aspetto.
I dati che emergono, riportati nel grafico sottostante, avvalorano la tesi di una
maggiore presenza di marchi nel Nord industrializzato rispetto ai marchi depositati nelle
regioni del Sud; l’area centrale è rappresentata dalla sola Capitale.
117
L’osservazione della distribuzione dei depositi dei marchi in relazione alla
popolazione ha permesso di evidenziare una certa corrispondenza fra i punti di massima
dei due tracciati e precisamente in corrispondenza delle seguenti città: Bologna, Firenze,
Genova, Milano, Roma e Torino.
I dati della popolazione per ogni città sono stati divisi per il valore dei marchi
depositati, si è così ottenuto un dato numerico che rappresenta per ogni quanti abitanti sia
stato depositato un marchio.
Abbiamo così potuto verificare quali fossero le città dotate di un consistente numero
di abitanti e di una altrettanto significativa entità di marchi depositati.
É stato quindi sviluppato il seguente grafico:
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
ALES
SAN
DRIA
BEN
EVEN
TO
BOLZ
ANO
CARR
ARA
CREM
ON
A
FIRE
NZE
FRO
SIN
ON
E
LA S
PEZI
A
LUCC
A
MIL
ANO
NO
VARA
PAVI
A
PISA
ROM
A
TORI
NO
TRIE
STE
VARE
SE
VERO
NA
Marchi e Popolazione nelle città italiane
Marchi
Popolazione/1000
118
Dal grafico notiamo che i valori molto bassi, che rappresentano quindi una
consistente ‘densità’ di marchi, si rilevano nelle città già in precedenza menzionate:
CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI
POPOLAZIONE/MARCHI
BOLOGNA 269687 70 3853
FIRENZE 244972 252 1280
GENOVA 634646 283 2243
MILANO 1115848 1225 911
ROMA 1155722 867 1333
TORINO 629115 368 1710
Come si può notare il valore più basso si ha su Milano dove venne depositato un
marchio ogni 911 abitanti, cui fanno seguito Firenze, Roma e via via gli altri capoluoghi.
L’osservazione del grafico ha inoltre fatto emergere dati positivi per altre due città,
una di piccole dimensioni ed una di dimensioni medio/grandi:
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
90000
100000
ALES
SAN
DRIA
BARI
BERG
AMO
BOLZ
ANO
CAGL
IARI
CATA
NIA
CREM
ON
AFE
RRAR
AFI
UM
EFR
OSI
NO
NE
IMPE
RIA
LIVO
RNO
LUCC
AM
ESSI
NA
MO
DEN
AN
OVA
RAPA
LERM
OPA
RMA
PISA
REG
GIO
EM
ILIA
ROVI
GOTO
RIN
OTR
EVIS
OTR
IPO
LIVA
RESE
VERC
ELLI
VICE
NZA
119
CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI
POPOLAZIONE/MARCHI
FIUME 53896 22 2450
TRIESTE 248379 44 5645
E dati negativi per due grandi città del Sud:
CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI
POPOLAZIONE/MARCHI
NAPOLI 865913 91 9516
PALERMO 411879 9 45764
Dove Napoli evidenzia il deposito di un marchio ogni 9516 abitanti e Palermo
addirittura un marchio ogni 45764 abitanti.
Va comunque rilevato che in Sicilia la città di Catania, con 31 marchi depositati,
rappresenta comunque un’eccezione per l’area meridionale con un deposito ogni 7902
abitanti.
CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI
POPOLAZIONE/MARCHI
CATANIA 244972 31 7092
La disponibilità di innumerevoli valori contenuti nei dati del censimento del 1936, e
legati alla popolazione italiana, ha offerto inoltre la possibilità di approfondire l’esame del
tessuto abitativo delle città prese in esame, analizzando la popolazione impiegata nei
settori dell’industria, del commercio e dell’amministrazione pubblica, considerando anche
la percentuale di popolazione attiva. I dati emersi sono i seguenti:
120
POP. IND. % COMM. % AMM. PUBBLICA % % POP
ATTIVA
BOLOGNA 269687 57526 21,3 21258 7,9 11196 4,2 46,5
CATANIA 244972 29536 12,1 4518 1,8 6213 2,5 31,5
FIRENZE 322535 59003 18,3 25190 7,8 14383 4,5 44,2
FIUME 53896 10000 18,6 4073 7,6 3619 6,7 44,8
GENOVA 634646 124585 19,6 44020 6,9 18874 3,0 43,3
MILANO 1115848 317843 28,5 97555 8,7 30531 2,7 52,4
NAPOLI 865913 128776 14,9 50365 5,8 28095 3,2 34,5
PALERMO 411879 50949 12,4 21714 5,3 13023 3,2 31,9
ROMA 1155722 173089 15,0 68646 5,9 82173 7,1 42
TORINO 629115 188907 30,0 49585 7,9 22852 3,6 51,9
TRIESTE 248379 46799 18,8 21233 8,5 10988 4,4 46,7
I dati della tabella mostrano come Torino e Milano abbiano rispettivamente il 30%
ed il 28,5% della popolazione impiegata nel settore industriale. Mediamente le altre città si
attestano su valori oscillanti fra il 18% ed il 20%, mentre Catania, Palermo, Napoli e la
stessa capitale Roma si attestano solo su valori che variano dal 12 al 15%.
L’alta concentrazione di depositi di marchi al Nord è quindi giustificata da una
percentuale di abitanti impiegati nel settore industriale maggiore, mentre i valori non
significativi dei depositi al Sud sono legati sicuramente alla scarsa industrializzazione.
Caso a parte è rappresentato da Catania che, pur avendo una popolazione dedicata al
settore dell’industria pari al 12,1%, emerge per il deposito di 31 marchi, uno ogni 7902
abitanti.
Il caso di Roma, invece, che con una scarsa industrializzazione, presenta ben 867
marchi depositati, rappresenta un’anomalia in quanto come analizzeremo meglio in seguito
è legato alla presenza nella capitale dell’Ufficio Italiano brevetti e marchi.
Altro dato, che emerge lampante e merita di essere evidenziato, è quello relativo alla
percentuale della popolazione attiva sul totale di quella residente. Milano e Torino
spiccano rispettivamente con valori del 52,4 e 51,9% (un abitante ogni 1,9), mentre le città
del Sud si attestano su valori di circa il 30% (un abitante ogni 3,33). Anche in questo caso
Roma rappresenta un fattore emblematico con una percentuale di popolazione attiva del
42% (un abitante ogni 2,38).
121
Si è pensato quindi di estendere la disamina alla popolazione residente nelle
provincie interessate alle attività che si svilupparono nelle aree considerate, in modo da
ottenere un ulteriore approfondimento sul settore di impiego della popolazione.
POP. AGRIC. CACCIA PESCA
% IND. % COMM. % AMM PUB.
%
BOLOGNA 714705 150340 21,0 97596 13,7 31949 4,5 16231 2,3
CATANIA 713160 104263 14,6 60623 8,5 26484 3,7 10666 1,5
FIRENZE 853032 140171 16,4 138244 16,2 41953 4,9 19294 2,3
FIUME 109018 18490 17,0 18490 17,0 7108 6,5 5458 5,0
GENOVA 867162 55394 6,4 156337 18,0 53770 6,2 22083 2,5
MILANO 2175838 124879 5,7 619001 28,4 134274 6,2 42751 2,0
NAPOLI 2192245 232195 10,6 261642 11,9 94541 4,3 48259 2,2
PALERMO 890752 120122 13,5 79584 8,9 32338 3,6 18215 2,0
ROMA 1562580 141787 9,1 210141 13,4 78875 5,0 90206 5,8
TORINO 1168384 136404 11,7 304994 26,1 69268 5,9 31330 2,7
TRIESTE 351595 24658 7,0 66628 19,0 24805 7,1 13451 3,8
Dai dati contenuti nello specchio emerge immediatamente che nella provincia di
Bologna ben il 21% della popolazione era impiegato nel settore agricoltura, caccia e pesca.
Ciò spiega come mai fra le città del Nord Bologna sia quella che presenta il deposito di soli
70 marchi: i settori lavorativi del territorio erano altri. Le provincie di Palermo e Napoli
presentavano basse percentuali di popolazione impiegata nel settore industriale (8,9% e
11,9%) ma non spiccavano nemmeno per alte percentuali di impiego nel settori agricoltura,
caccia e pesca (13,5% e 10,6%). Caso anomalo sempre quello della provincia di Catania
che, con appena l’8,5% della popolazione impiegata nel settore industriale, aveva
presentato più marchi di Palermo, capoluogo di regione.
Si è passati, a questo punto, all’analisi, in dettaglio, delle aziende che avevano
depositato marchi nelle citta fino ad ora esaminate al fine di ricercare ulteriori informazioni
utili all’interpretazione del fenomeno nel suo complesso.
Escludendo le aziende la cui frequenza compariva solo per poche unità di prodotti la
situazione che è emersa, suddivisa per ogni città è stata la seguente:
122
BOLOGNA 70 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
SOCIETÁ ANONIMA STABILIMENTI L.E.P.I.T.
20 28,6 Articoli di profumeria e saponi profumati
SOCIETÁ ANONIMA VIGEVANI & C.
16 22,9 Sapone da bucato
Su un totale di 70 marchi solamente due aziende presentavano la metà dei marchi
depositati presso le camere di commercio del comune di Bologna, a dimostrazione di una
industrializzazione del settore decisamente contenuta e comunque riferita a pochi prodotti.
CATANIA 31 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
DITTA FRATELLI FERLITO
12 38,7 Sapone
DITTA ANTONINO SMERALDI & COMPAGNO
4 12,9 Sapone da bucato
Anche per Catania due sole aziende avevano presentato la metà dei marchi depositati
ma, a differenza del caso di Bologna, vista la scarsa industrializzazione dell’area e la
contenuta percentuale di popolazione attiva (solo il 31,5%) tale dato può essere considerato
invece positivo.
123
FIRENZE 252 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
DITTA INDUSTRIE SAPONI, CANDELE ED AFFINI - G. PERI & C. - FIGLI DI EUGENIO MIGONE SUCCESSORI
23 9,1 Sapone e detersivo
ALIGHIERO CAMPOSTRINI
18 7,1 Sapone e saponette
DITTA RAFFAELLO ROMANELLI
8 3,2 Saponi e sapone da bucato
GIOVANNI NADALINI
7 2,8 Sapone e dentifricio
SOCIETÁ CERARIA BERTELLI-ANONIMA PER AZIONI
6 2,4 Sapone e sapone da bucato
Nell’area fiorentina, a fronte di 252 marchi depositati, le sole ditte Peri e Campostrini
depositarono in totale 41 marchi, gli altri 211 invece furono distribuiti su molte aziende, a
dimostrazione di una significativa distribuzione di aziende sul territorio.
FIUME 22 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
FABBRICA FIUMANA DI SAPONI, GLICERINA, SODA CRISTALLIZZATA E PRODOTTI GRASSI I. LERI & CO.
16 72,7 Sapone, sapone da bucato, shampoo, lisciva per bucato
La Fabbrica Fiumana, avendo realizzato 16 dei 22 marchi depositati presso gli uffici
camerali della città istriana ed avendo una discreta gamma di prodotti, rappresentava
probabilmente la fornitrice esclusiva di tali prodotti nell’area.
124
GENOVA 283 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
SOCIETÁ ANONIMA MIRA LANZA FABBRICHE DI SAPONI E CANDELE
67 22,3 Sapone
DITTA CARPANINI GAMBARO & C.
13 4,6 Lisciva
RINALDO CASALE 12 4,2 Sapone
Genova mostrava di avere una discreta industrializzazione ed una altrettanto discreta
distribuzione di marchi anche se la Mira Lanza, con i suoi 67 marchi, rappresentava più di
un quinto di marchi depositati.
125
MILANO 1226 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
DITTA SIRIO FABBRICA PROFUMERIE E SAPONI
80 6,5 Sapone e profumi
SOCIETÁ ANONIMA STABILIMENTI ITALIANI GIBBS
70 5,7 Sapone per toeletta, da barba e dentifrici
LEVER BROTHERS LIMITED PORT SUNLIGHT GRAN BRETAGNA SOC. AN. FRATELLI LEVER MILANO
37 3 Sapone e detersivi
SOCIETÁ ANONIMA VERMONDO VALLI
22 1,8 Lozioni per capelli e saponi per la pelle
SOCIETÁ DI PRODOTTI CHIMICO-FARMACEUTICI A. BERTELLI & C. AN.
17 1,4 Profumi e saponi da toeletta
COLLI FIORITI SOCIETÁ ANONIMA
15 1,2 Profumi, saponi, creme
FONTANELLA SOCIETÁ AN.
14 1,1 Sapone
HODGSON & SIMPSON LIVERPOOOL GRAN BRETAGNA
14 1,1 Sapone comune e detergenti
DITTA AMBROGIO SILVA SEREGNO
12 1 Saponi
SOC. AN. LUBRIFICANTI ERNESTO REINACH
11 0.9 Pulitura e lucidatura metalli
DITTA ACHILLE BANFI
8 0,7 Sapone
DITTA ENRICO HEIMANN & C.
7 0,6 Prodotti per pulizia in genere
DITTA AUGUSTO POLLITZER TRIESTE
7 0,6 Saponi, detersivi, liscive e sciroppi
126
L’osservazione delle ditte che avevano depositato i marchi nell’area milanese
dimostra che il capoluogo lombardo, oltre ad una significativa industrializzazione
dell’area, veniva utilizzato dalle ditte straniere come sede per i loro commerci e ciò
contribuì sicuramente al raggiungimento del significativo valore di ben 1226 marchi
depositati.
NAPOLI 91 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
DITTA FRATELLI CANNAVALE & C.
9 9,9 Sapone
GENNARO ROSSI 7 7,7 Sapone da toeletta M. CIMINO & C. 6 6,6 Sapone e sapone da bucato F.I.L.A. FABBRICA ITALIANA LISCIVE AFFINI
6 6,6 Sapone e lisciva
I valori rilevati per Napoli sono poco significativi, sia perché in relazione alla
popolazione ed all’area geografica i marchi depositati furono decisamente in numero
contenuto, sia perché anche i dati relativi alle aziende che depositarono i marchi appaiono
altrettanto poco significativi.
PALERMO 9 MARCHI
Si è già detto che il capoluogo siciliano, con i suoi appena 9 marchi depositati,
dimostra la scarsa propensione dell’area alla industrializzazione nei settori oggetto della
presente ricerca, di conseguenza ho ritenuto non significativa l’indagine delle aziende
produttrici dei depositi in questione.
127
ROMA 868 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
L. CHIOZZA & CO. ERSTE TRIESTER REISSCHAL FABRIK A.G. CERVIGNANO (UD) ITALIA DITTA CHIOZZA & TURCHI FERRARA ITALIA
25 2,9 Saponi in genere
AUGUSTO POLLITZER FABBRICA SAPONI E PRODOTTI CHIMICI TRIESTE ITALIA
25 2,9 Saponi, detersivi, liscive e sciroppi
WILLIAM GOSSAGE & SONS, LIMITED WIDNES, LANCASHIRE GRAN BRETAGNA
18 2,1 Saponi di tutte le specie e preparati per lavare biancheria – Articoli da toeletta
JOSEPH CROSFIELD & SONS, LIMITED WARRINGTON, LANCASHIRE GRAN BRETAGNA
17 2 Saponi di tutte le specie, preparati per lavanderia
DITTA LEVER BROTHERS LTD. PORT SUNLIHT (CHESTER) GRAN BRETAGNA
14 1,6 Sapone e detersivi
MACK HEINRICH ULM S/D GERMANIA
12 1,4 Amido, medicinali, profumerie ecc.
DITTA MIGONE & C. I. (DE BENEDETTI) MILANO ITALIA
8 0,9 Saponi, profumerie ed articoli affini
DITTA I. & I. COLMAN LIMITED LONDRA GRAN BRETAGNA
7 0,8 Amido di riso
128
Come si era avuto modo di anticipare la capitale rappresenta un caso a parte perché,
pur non presentando un livello di industrializzazione elevato, sono ben 868 i marchi
depositati. Il tutto trova giustificazione nella storia stessa dei depositi dei marchi che vede
proprio nella capitale, inizialmente con l’Ufficio Speciale della proprietà Industriale e
successivamente con le sue modificazioni di denominazione, l’unica entità presso la quale
era possibile effettuare i depositi. Degli 868 marchi infatti 463 sono marchi depositati da
aziende italiane, gli altri 405 riguardano aziende straniere la maggior parte delle quali le
ritroviamo presenti in altri capoluoghi. Oltretutto questa compresenza su più città è legata
anche ad un fattore temporale.
Nella maggior parte dei casi infatti le aziende che fino ad un certo periodo
depositavano direttamente presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi cominciano negli anni
successivi a depositare presso gli uffici delle camere di commercio delle città dove
operavano gli stabilimenti. Dato che può essere spiegato con la possibilità, a partire da un
certo periodo, che le camere di commercio locali si occupassero della materia brevettuale e
di conseguenza dei depositi dei marchi.
TORINO 368 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
SAPONERIE FRATELLI DE BERNARDI
26 7,1 Sapone e saponette
VISET SOCIETA' ANONIMA
21 5,7 Sapone e sapone da bucato
SOCIETA' ANONIMA D.CO. ULRICH
13 3,5 Saponi e dentifrici
SOCIETA' ANONIMA MIRA LANZA FABBRICHE DI SAPONI E CANDELE GENOVA ITALIA
8 2,2 Sapone
ELIZABETH ARDEN INC. NEW YORK USA ELIZABETH ARDEN LIMITED LONDRA GRAN BRETAGNA
7 1,9 Prodotti di toeletta
129
Come per il capoluogo lombardo, oltre ad una significativa industrializzazione
dell’area, Torino veniva utilizzata dalle ditte straniere per il deposito dei loro marchi.
TRIESTE 44 MARCHI
DITTA MARCHI DEPOSITATI
% SUL TOTALE PRODOTTI
DITTA AUGUSTO POLLITZER SUCC.
14 31,8 Saponi
FABBRICA SAPONI GUERRINO HAUSER
6 13,6 Sapone
SAPONIFICIO TRIESTINO G. MOESCHL & C. SOC. IN ACC.
5 11,4 Saponi
A Trieste osserviamo che il 56,8% dei 44 marchi depositati appartengono alle tre
ditte riportate nello specchio. Tra queste, la Pollitzer la troviamo depositaria di marchi
anche a Roma e a Milano. La Pollitzer e la Hauser, comunque, furono aziende triestine che
operarono totalmente nella regione. La prima delle due fondata da Agostino Gilardini (ex
capo saponiere della ditta Chiozza) e August Pollitzer.
4.3 Nascita ed evoluzione dei prodotti attraverso lo studio terminologico
L’ultima analisi è stata la ricerca di una eventuale evoluzione dei prodotti esaminati,
dal punto di vista terminologico, per verificare se i cambiamenti socio economici e
culturali, che avevano caratterizzato il paese nel periodo preso a campione, avessero
prodotto delle trasformazioni a livello lessicale nella denominazione dei vari prodotti.
Sono state quindi realizzate delle tabelle nelle quali sono stati riportati i termini
utilizzati per indicare i vari prodotti e gli anni nei quali gli stessi termini compaiono.
Di seguito le tabelle ora descritte e l’analisi dei dati in esse contenute:
130
Come viene esplicitato in legenda, all’interno della categoria Amidi sono state
elencate tutte le diverse denominazioni riscontrate durante il lavoro di schedatura per
indicare una stessa tipologia di prodotti.
Il termine più usato, con trentadue marchi riferiti a questo prodotto130, è amido che
compare per la prima volta nel 1886, utilizzato dalla ditta tedesca Hoffmann che ritroviamo
spesso come produttore di famosi prodotti in campo detersivo.
L’utilizzo del termine amido rimane costante fino al 1934, con una leggera flessione
tra il 1924 e il 1934 quando viene utilizzato per l’ultima volta e sostituito da termini più
specifici. Sintomo questo di una maggiore consapevolezza e competenza dei consumatori
nell’utilizzo dei prodotti per pulire e specchio di una società in continua evoluzione.
Inizialmente l’amido veniva utilizzato in maniera generica come prodotto detergente,
sia per la pulizia del corpo, che per la pulizia del bucato. Con il passare degli anni, invece,
si riscontra un perfezionamento nell’uso della terminologia dei marchi riferiti ai prodotti.
Si cominciano ad utilizzare infatti i termini, potassa, indaco e borace per indicare
soprattutto i prodotti specifici nella pulizia del bucato. I termini blu oltremare e soda
compaiono a partire dal 1880, qualche anno prima dell’utilizzo della parola amido e mentre
il primo veniva usato per la tintura degli indumenti a livello industriale, per la soda il
discorso è più interessante. Nel 1789 si scoprì come ottenere della soda di buona qualità
130 Per il dettaglio sulla frequenza delle singole sottoclassi si rimanda al paragrafo 3.2.
131
dal sale comune, da quel momento la soda divenne disponibile in grande quantità e con
costi contenuti.
Tutti gli altri prodotti, caratterizzati al loro interno dalla parola amido, continuano a
far riferimento a prodotti di pulizia in generale.
Risulta comunque evidente che i diversi termini non si differenziano in modo
sostanziale nel corso dei vari anni. Rimangono infatti tutti più o meno concentrati in uno
intervallo temporale più o meno simile. Sostanzialmente perché si tratta di prodotti ancora
fabbricati con materie prime naturali e legati ad una produzione industriale antica.
Nel 1898 ritroviamo la ditta Hoffmann nella produzione di amido e soda.
Interessante come nella produzione di prodotti di pulizia a base di amidi la maggior
parte delle aziende produttrici operi in Europa (Germania, Belgio e Inghilterra) oppure nel
nord Italia (Milano). Per quanto riguarda gli altri prodotti, che non presentano il termine
amido, tutte le aziende produttrici si trovano in Europa con una preferenza per la Germania
(ditte Henkel, Hoffmann,).
Per la categoria dei dentifrici è sicuramente degno di nota l’utilizzo delle varie
accezioni della parola dentifricio a seconda del periodo nel quale viene usato.
I primi termini, a partire dal 1874, con i quali viene identificato quello che oggi
chiamiamo comunemente dentifricio sono elisir dentifricio o acqua dentifricia,
132
rispettivamente con undici e quindici marchi presenti all’interno della loro sottoclasse.
Questi prodotti arrivano ad essere usati fino al 1925, quando scompaiono.
A partire dai primi del novecento vengono utilizzati termini più generici che
riguardano in maniera più ampia l’igiene della bocca o la cura della bocca e dei denti. I
preparati dentifrici del 1895 fanno da precursori ai prodotti dentifrici del 1920. Mentre i
termini crema dentifricia e sapone dentifricio li incontriamo a partire dal 1925.
I termini dentifricio, polvere dentifricia o pasta dentifricia vengono invece utilizzati
in maniera costante per tutto il periodo preso in esame.
Gli altri termini stanno ad indicare prodotti dentifrici in genere.
Anche in questo caso non riscontriamo una vera differenza nell’utilizzo dei vari
termini con cui vengono identificati i diversi prodotti specifici dell’igiene orale. Oltretutto
non viene evidenziata una evoluzione lessicale tra un termine e l’altro, vengono piuttosto
utilizzati complessivamente in maniera indifferente e l’unica differenza tra l’utilizzo di un
termine rispetto ad un altro e da riferirsi ad un discorso commerciale nella scelta dei nomi
da attribuire ai marchi per renderli più accattivanti.
Il termine deodorante lo troviamo a partire dal 1905 e fino al 1935 viene utilizzato
insieme al termine disinfettante.
133
Si differenzia e specializza nel 1920 con i deodoranti specifici per la toletta e nel
1930 con i prodotti igienici deodoranti.
L’utilizzo durante i primi anni di entrambi i termini denota una non chiara
destinazione dei prodotti che si riferiscono a questa specialità.
Nel caso dei detergenti i termini detergenti e preparati per pulire vengono utilizzati
per indicare prodotti generici di pulizia. Il termine detergente viene utilizzato in misura
maggiore rispetto all’altro e compare a partire dal 1910. La specializzazione produttiva nel
settore porta, nel tempo, ad identificare con i due termini due prodotti dalla caratteristiche
differenti che, quindi, con le due diverse terminologie verranno identificati da alcune
aziende. In questo caso è possibile riscontrare una evoluzione nel termine che provoca una
differenziazione dei prodotti. Se inizialmente, infatti, veniva utilizzato il termine
detergente per indicare il prodotto di pulizia, dopo un decennio questo si evolve
differenziandosi tra detergenti e prodotti per pulire generici. I due termini vengono
utilizzate quindi singolarmente, o insieme, per definire due prodotti differenti.
134
I detersivi sono, insieme ai saponi, lo specchio dei cambiamenti dell’epoca.
Compaiono a partire dal 1905 nella loro accezione generale, dove vengono utilizzati
con il significato di prodotti di detersione in generale, fino ad essere specificati in maniera
costante131 nel 1921, con il termine detersivi per bucato, ad opera della ditta inglese Lever
Brothers, famosa nella produzione dei detersivi. I saponi detersivi compariranno solo dal
1925, mentre i saponi da bucato vengono utilizzati fin dal 1886 in quanto differiscono dai
detersivi proprio per il tipo di pulizia cui sono destinati. Con il termine detersivi per bucato
si indicano quelli che oggi siamo soliti chiamare detersivi in polvere.
Nel 1925 si comincia a parlare di sapone per candeggio, mentre a partire dal 1926
incontriamo la prima acqua candeggiana, antenata della moderna candeggina.
I prodotti per lavare e gli sgrassatori si incontrano a partire dal 1930, mentre gli
smacchiatori vengono utilizzati fin dal 1885 per indicare quei prodotti di pulizia usati in
generale per smacchiare, sia indumenti, sia superfici.
Anche in questo caso troviamo un utilizzo generico dei distinti termini in quanto
sostanzialmente si riferiscono a prodotti che hanno processi produttivi differenti e quindi in
definitiva diversi fra loro anche dal punto di vista della destinazione sul mercato.
131 Il termine viene utilizzato una sola volta già nel 1910 ma il suo utilizzo frequente comincia a ricorrere solo a partire dal 1920.
135
Predecessori dei detersivi, sono le liscive.
La lisciva veniva utilizzata per pulire e sbiancare il bucato, in sostituzione del sapone
in quanto era realizzata per lo più in casa utilizzando acqua bollente e cenere di legna e di
conseguenza risultava decisamente economica.
Tra il 1850 e il 1914, con l’aumento della produzione industriale e della concorrenza
internazionale favorita dallo sviluppo delle reti di trasporto ferroviario e navale, si
assistette ad un incremento di prodotti specifici sul mercato mondiale che portò alla
comparsa, a partire dai primi anni del ‘900, dapprima delle liscive specifiche per bucato,
poi delle liscive liquide nel 1910 ed infine delle liscive in polvere nel 1914.
In questo caso più che di una evoluzione dei termini si può parlare di una vera e
propria specializzazione dei prodotti che si riflette anche sulla loro terminologia.
Il prodotto lisciva nella sua generalità rimane comunque costante dal 1870 al 1942.
136
Per quanto riguarda i prodotti specifici per la cura dei capelli è interessante notare
come fin dall’inizio si parli, all’interno della sottoclasse capelli, di acqua curativa della
testa o lozione per i capelli e solo nel 1920 si cominci a utilizzare la parola shampoo,
seppur in maniera limitata. Tra il 1870 e il 1945 sono presenti infatti solo dodici marchi
che utilizzano la parola shampoo o shampooing. Mentre per ciò che riguarda i prodotti per
la rasatura troviamo un uguale utilizzo, sia del termine crema da barba, sia del termine
sapone da barba. Entrambi vengono comunque utilizzati per tutto l’arco temporale con una
leggera differenza di dieci anni tra i prodotti specifici per i capelli e i prodotti per la
rasatura.
137
Per i prodotti per l’igiene personale viene utilizzato il termine generico di prodotti
igienici per quasi tutto l’arco temporale.
Nel 1890 vengono introdotti anche i termini prodotto disinfettante e sali da bagno
che, seppur apparentemente non attinenti a questa categoria, comprendono comunque
prodotti per la pulizia della persona.
Nel 1885 e nel 1900 troviamo, rispettivamente, gli unici due esempi di lanolina e
sapone igienico, prodotti quindi poco utilizzati.
A partire dal 1925 si ha una specializzazione con l’utilizzo dei termini crema per
l’igiene e polvere igienica.
Quasi mai in ogni caso ne viene specificato l’effettivo utilizzo, preferendo quindi
mantenere una accezione generica del prodotto.
138
Si riscontra un maggior utilizzo del termine prodotti da toeletta in generale, rispetto
ad acqua da toeletta che incontriamo a partire dal 1895 e polvere da toeletta a partire dal
1900.
Crema da toeletta e lozioni da toeletta li incontriamo rispettivamente a partire dal
1925 e dal 1928.
I preparati liquidi da toeletta sono invece del 1930.
I prodotti da toeletta sono presenti durante tutti gli anni esaminati fino al 1935.
Anche in questo caso possiamo ipotizzare una differente denominazione dei prodotti
riferita ad una effettiva differenziazione dei prodotti piuttosto che per una loro evoluzione
lessicale. Troviamo comunque una esaltazione delle rispettive qualità a partire dai primi
anni del ‘900 quando cominciano a specializzarsi nella loro composizione chimica tra
prodotti in polvere, in crema e liquidi.
139
Come è facile prevedere il termine sapone in generale è di gran lunga quello più
utilizzato, seguono poi in misura quasi uguale i saponi da toeletta e le saponette, i saponi
comuni e i saponi profumati, che trovano un utilizzo costante dal 1885 circa al 1940.
Questo sicuramente perché furono i primi e i soli ad essere utilizzati come prodotti di
pulizia per la loro facilità di fabbricazione e composizione naturale che faceva si che li si
potesse produrre anche in casa.
Interessante tra tutti poi è il caso delle saponette, in quanto il termine viene utilizzato
una volta sola nel 1888. Lo ritroviamo poi a partire dal 1910, quando comincia a
specializzarsi ed affinarsi la richiesta di tali prodotti sul mercato.
Ad eccezione del termine sapone speciale, che incontriamo a partire dal 1900 e dove
risulta evidente che il termine viene usato a livello commerciale per indurre il cliente ad
acquistarlo, tutti gli altri prodotti li incontriamo a partire dai primi anni del ‘900. Il sapone
medicinale dal 1905, la polvere di sapone e il sapone solido dal 1910. Seguono poi il
sapone detergente e il sapone in crema dal 1915, il sapone disinfettante e il sapone liquido
dal 1925 e per ultimi i due casi di saponina e sapone da cucina del 1930.
Al riguardo possiamo affermare che grazie alla scoperta, nella prima metà dell’800,
del processo di saponificazione132, che apre la strada alla produzione di sapone su più
132 Processo per la produzione del sapone a partire da grassi e idrossidi di metalli alcalini.
140
ampia scala e a basso prezzo, il sapone conosce la sua fortuna ed il suo costante impiego
all’interno delle case, contribuendo ad un diffuso miglioramento dell’igiene personale.
Questo provoca anche un maggiore interesse dei produttori ad inserirsi nel vasto
mercato che si spalanca, con la speranza di ideare e produrre prodotti sempre più specifici
in grado di soddisfare una domanda costantemente in crescita.
141
5. CONCLUSIONI
Inizialmente l’idea che un ‘mucchio’ di vecchie immagini potesse rappresentare lo
stimolo per raccontare la storia di un’intera epoca sembrava un’ipotesi fantasiosa, se non
addirittura assurda.
Ma i marchi, visti solamente come portatori di messaggi pubblicitari, diventano con
il tempo depositari di antiche memorie e raccolgono la possibilità di diventare testimoni
diretti dei cambiamenti e delle culture di un’epoca.
Inoltre, non solo diventano espressione di quell’epoca, ma danno voce a tutti quegli
eventi naturali, sociali, culturali, tecnici e tecnologici che l’hanno caratterizzata.
Con queste premesse nasce l’idea della ricerca, il cui compito è stato quello di
esaminare la ‘Serie Marchi’ nella categoria Prodotti per l’igiene personale e la pulizia della
casa’ nel periodo compreso tra il 1870 ed il 1960, allo scopo di verificare se vi furono, e
quindi quali furono, i possibili coinvolgimenti della serie nei processi evolutivi che
caratterizzarono il nostro paese nel periodo considerato.
Poiché la documentazione offriva un’ampia possibilità di indagine storica e socio-
culturale è stato necessario analizzare la storia dell’Istituto della proprietà intellettuale,
analizzando, nello specifico, inizialmente i brevetti d’invenzione, i marchi e i modelli di
fabbrica per poi concentrarsi sui soli marchi.
Per affrontare la ricerca si è reso necessario anzitutto analizzare l’Archivio
dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi fin dalla sua istituzione, al fine di inquadrarne le
funzioni e l’organizzazione all’interno della Pubblica Amministrazione nella quale
l’Ufficio stesso era stato inserito. Ciò per meglio comprendere le modalità di nascita ed
evoluzione della serie Marchi e delle sue classificazioni.
A questo punto la ricerca si è incentrata sulla documentazione brevettuale conservata
presso l’Archivio Centrale dello Stato, costituita da 891.000 fascicoli, di cui 171.100 sono
di marchi di fabbrica registrati dal 1869 al 1965 presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi.
Il lavoro archivistico richiesto dalla ricerca ha riguardato, oltre ad una analisi storica
e storiografica della materia brevettuale e dei marchi di fabbrica nella sua specificità, anche
la ricognizione di tutta la documentazione riferita ai marchi di fabbrica presenti nel fondo.
Vista la grande quantità di prodotti analizzati è stato deciso di accorciare l’intervallo
temporale dei prodotti presi in esame. Su circa 90.000 marchi analizzati, 3465 sono stati i
marchi riguardanti la categoria in oggetto e si riferiscono al periodo che va dal 1870 al
1945.
142
L’analisi ha permesso di qualificare questa serie e i suoi cambiamenti come fonte
storiografica e soprattutto ha portato alla ricostruzione dell’attività operativa dell’UIBM,
fin dalla sua istituzione, in uno specifico settore; all’analisi più approfondita degli
orientamenti della ricerca e della tecnica in un determinato periodo di tempo e in un settore
specifico; all’analisi, usando come caso di studio un settore specifico, delle ripercussioni
che gli sviluppi dell’industria e del design italiano hanno prodotto all’interno dei costumi e
della lingua italiana. Proprio a questo proposito sono stati quindi individuati una serie di
percorsi di studio nei quali sono stati analizzati: la nascita e l’evoluzione dei prodotti della
categoria dei prodotti per la pulizia e l’igiene personale, il loro andamento sul mercato
italiano attraverso l’analisi dei marchi nazionali e dei marchi esteri registrati, l’incidenza
territoriale dei marchi in relazione alla popolazione presente in un determinato periodo
storico.
Circa la nascita ed evoluzione dei prodotti attraverso lo studio terminologico
possiamo affermare che, più che di una evoluzione di termini, si è assistito ad una vera e
propria specializzazione dei prodotti che si è riflessa anche nella loro denominazione.
L’analisi dell’andamento sul mercato dei marchi italiani ha portato ad identificare ed
individuare le cause che hanno prodotto delle variazioni nel tempo sul deposito dei marchi,
sia esteri che nazionali.
Nello specifico dell’incidenza territoriale dei marchi in relazione alla popolazione, ci
si è riferiti ai dati del censimento realizzato nel 1936. L’analisi ha evidenziato una forte
industrializzazione del Nord rispetto al Sud.
In definitiva, si può quindi affermare che i marchi si pongono come importanti fonti
di informazioni che attraverso i dati in essi contenuti forniscono nuove chiavi di lettura per
l’analisi storica dei processi evolutivi del paese, conservando al loro interno traccia del
pensiero storico e culturale del periodo a cui si riferiscono.
Come custodi del sapere essi offrono, inoltre, la possibilità di conservare e
tramandare la creatività industriale e pubblicitaria di un’impresa.
Oltre ad aver risposto appieno alle aspettative finora rappresentate, la ricerca ha
anche evidenziato la possibilità di mettere a punto nuovi strumenti e strategie in grado di
facilitare la produzione di indagini. Tale metodologia di ricerca potrebbe essere utilizzata
come modello per lo studio e l’analisi di altre categorie di prodotti all’interno della serie
Marchi del fondo dell’UIBM.
La creazione della banca dati all’interno del file Excel, infine, ha proposto una
visuale particolare di ciò che dal 1876 ha costituito un patrimonio di sapere complesso e
143
multiforme, articolato e quanto mai ampio, diventando uno strumento parallelo alla
consultazione di tutta la documentazioni collegata alla serie.
144
6. BIBLIOGRAFIA
AA. VV., Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1995.
AA.VV., Marchio tra rigore e fantasia. Marchi di fabbrica depositati dal 1891 al 1950 da aziende della provincia di Vicenza, Vicenza, CCIAA, 2001.
Amatori, Franco, Riccini, Raimonda, Copyright Italia. Brevetti, marchi, prodotti 1948-1970, Biblioteca dell’Unità d’Italia. Mostra nata in occasione delle celebrazioni per l’Unità d’Italia (2011 presso ACS).
Aziende riunite coloranti & affini, Detergenti per uso domestico ed industriale, A.R.C.A., Milano, 1960.
Bidolli, Anna Pia, Invenzioni e attività brevettuale: un percorso di ricerca nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato, in Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1995.
Bosotti, Luciano, I brevetti: la valorizzazione dell’innovazione d’impresa, Etas libri, Milano, 1993.
Calmels, G., Manuale pratico per fare I saponi: Saponi comuni, fini, spumanti, trasparenti, medicinali, paste ed emulsioni, analisi dei saponi, Libr. Edit. Brero, Torino, 1904 (Tip. Vincenzo Bona).
Carucci, Paola, L’Archivio Centrale dello Stato, in AA. VV. Guida Generale degli Archivi di Stato italiani, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1981.
Carucci, Paola, Messina, Marina, Manuale di archivistica per l’impresa, Roma, Carocci, 1998.
Catricalà, Maria, Studi per una grammatica dell’invenzione: l’italiano brevettato dalle origini, 1860 – 1880, Manent, Firenze, 1996.
Catricalà, Maria, Pironti, I., Marchi ‘di moda’ italiani: un’indagine mirata tra il 1900 e il 1950.
Cinquegrani, Maria Saveria, Il brevetto d’invenzione: cenni storici ed analisi delle principali convenzioni internazionali, Esagrafica, Roma, 1993.
Coatti, Guido, L'industria dei detersivi: descrizione e processi di fabbricazione dei detersivi, dai più antichi a quelli più moderni, per uso domestico e per uso industriale, sistemi di produzione per grandi, medi e piccoli fabbricanti, analisi dei detersivi, U. Hoepli, Milano, 1956.
Del Giudice, Fabio, Gli archivi d’impresa in Italia, «Culture e imprese», n. 2, luglio 2005.
Dolza, Luisa, I privilegi industriali come specchio dell’innovazione nel Piemonte preunitario: 1814-1855, La Rosa, Torino, 1992.
145
Eramo, Nella, Fonti per la storia della scienza e della tecnica negli archivi del Ministero di agricoltura industria e commercio, in Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1995.
Eula, Marco, La gloriosa Mira Lanza, Ginevra 2010.
Faraggiana di Sarzana, Chiara, Ateneo XII 521 C-D: un’antica legge sibaritica, in ‘Aevum’, 61, 1987.
Ferrarotto, Gianlorenzo, Marchio tra rigore e fantasia. Marchi di fabbrica depositati dal 1891 al 1950 da aziende della provincia di Vicenza, Ministero per i beni e le attività culturali, Archivio Centrale dello Stato, Vicenza, 2001.
Figuier, Luigi, Guillaume, Louis, Il sapone, il sale, il solfo, le sode e le potasse, l'acido solforico, Fratelli Treves, Milano, 1880.
Fontanella, Raffaele, Come cambiano i marchi: metamorfosi di 60 marchi italiani, Milano, Ikon, 2003.
Franceschelli, Remo, Trattato di diritto industriale, Giuffrè, Milano, 1960.
Franchi, Carlo, Saponi da toeletta, U. Hoepli, Milano, 1915.
Franchi, Luigi, Leggi e convenzioni sulle privative industriali, disegni e modelli di fabbrica, marchi di fabbrica e di commercio: legislazione italiana, legislazioni straniere, convenzioni esistenti fra l’Italia ed altri Stati, Hoepli, Milano, 1904.
Giannetti, Renato, Nel mito di prometeo: l’innovazione tecnologica dalla rivoluzione industriale ad oggi: temi, inventori e protagonisti dall’Ottocento al Duemila, Ponte delle Grazie, Firenze, 1996.
Giannetti, Renato, Vasta M., Storia dell’impresa industriale italiana, Il Mulino, Bologna, 2005.
Guercio Maria e Giuva Linda, I ministeri economici, in Melis Giovanni, L’amministrazione centrale dall’Unità alla Repubblica. Le strutture, i dirigenti, III, Il Mulino, Bologna, 1992.
Italia, Norme sulle privative industriali e marchi di fabbrica e di commercio: illustrate con i lavori preparatori, Colombo, Roma, 1934.
Magri, Antonio Maria, Zuccotti, Gian Carlo, Enciclopedia di direzione e consulenza aziendale, vol. I, Vallardi, Milano, 1989.
Malaman, Roberto, Brevetto e politica dell’innovazione, organizzazione e funzioni dell’ufficio brevetti, Il Mulino, Bologna, 1991.
Maldonado, Tomàs, Reale e virtuale, Feltrinelli, Milano, 2007.
Marazza, Ettore, L' industria saponiera, con alcuni cenni sulle industrie della soda e della potassa : materie prime e fabbricazione in generale : guida pratica, U. Hoepli, Milano, 1896.
Martelli, Margherita, I marchi di fabbrica e di prodotto. Una storia figurata, in Copyright Italia. Brevetti/Marchi/Prodotti 1948_1970.
146
Melis, Giovanni Battista, Guidi ? , L’amministrazione centrale dall’Unità alla Repubblica. Le strutture, i dirigenti, III, Il Mulino, Bologna, 1992.
Moroni, Ercole, Ricerche sul mercato dei detergenti (analisi della sua evoluzione), Tip. STEB, Bologna, 1960.
Monzilli, Antoine, La lègislation italienne et la Convention internationale pour la protection de la proprietè industrielle, Heritiers Botta, Roma, 1886 .
Paoloni, Giovanni, La scienza nell’Italia unita: fonti romane di rilevanza nazionali, in Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1995.
Paoloni, Giovanni, Gli Archivi d’Impresa in «Economia della cultura», XVIII, 2008.
Pavone, Claudio, [a cura di], Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti, Ministero per i beni e le attività culturali, Dipartimento per i beni archivistici e librari, Direzione generale per gli archivi, Roma, 2006.
Petraz, Gilberto, Le carte operose. Gli archivi d’impresa nella realtà nazionale e locale: le fonti, la ricerca, la gestione e le nuove tecnologie, ANAI sezione Friuli Venezia Giulia.
Pizziconi, Sergio, Norme, parole e forme dei brevetti di invenzione italiani del ‘900, Università per stranieri, Siena, 2004.
Pratesi, Carlo Alberto, Marketing dei prodotti alimentari di marca, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1995.
Ragno, Maria, L' industria dei saponi ed affini in Italia e all'estero, Federaz. Naz. Fasc. Degli Industriali Dei Prodotti Chimici, Roma, 1936 (Tip. Castaldi).
Rassegna degli archivi di Stato, XXXIII,1973.
Ravasenga, Mario, La biblioteca dei brevetti, in ‘Biblioteche oggi’, 7, 2003.
Salomone, Giovanni, Prodotti per il bucato : bucato razionale, surrogati del sapone, soda cristallizzata, G. Lavagnolo, Torino, 1943.
Romano, Antonio, Trentannidisegno, appunti per un anniversario, Bologna, Compositori, 2010.
Scansetti, Vittorio, L' industria dei saponi : nozioni generali, materie prime e sostanze ausiliarie, U. Hoepli, Milano, 1933.
Séguéla, Jachues, Hollywood lava più bianco, Lupetti, Milano, 1996.
Sena, Giovanni, Codice dei brevetti : invenzioni e modelli : leggi, regolamenti e convenzioni internazionali, Pirola, Milano, 1986.
Serafini, Alessandro, Contributo allo studio sperimentale del potere disinfettante dei saponi comuni, Società ed. Dante Alighieri, Roma, 1898.
Sirotti Gaudenzi, Andrea, Manuale pratico dei marchi e brevetti: proprietà industriale, aspetti sostanziali e processuali, tutela dei segni distintivi in internet, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2005.
147
Spallino, Giovanni, Legislazione industriale italiana. Brevetti d’invenzione disegni modelli marchi, Tipografia Agostiniana, Roma, 1954.
Tomassini, Luigi, Venturini, Luigi, Guerra e scienza: lo stato e l'organizzazione della ricerca in Italia, 1915-1919. L'Ufficio invenzioni e ricerche e la mobilitazione scientifica dell'Italia durante la grande guerra: fonti e documenti, Edizioni scientifiche italiane, 1991.
Vandana, Shiva, Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano, 2002.
UIBM, 130 anni di storia dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi 1884-2014, Roma, Ministero dello sviluppo economico, 2014.
ACS, Bollettino ufficiali della proprietà industriale dal 1884 al 1888.
ACS, Bollettino della proprietà intellettuale dal 1901 al 1902.
ACS, Bollettini della proprietà intellettuale dal 1902 al 1912.
ACS, Bollettino dei marchi di fabbrica del 1913 al 1914.
ACS, Bollettino dei marchi di fabbrica dal 1913 al 1960.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1904, fasc. 11.3/414-416.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1919 I, fasc. 3/815.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1919 I, fasc. 13/1/1097.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1923 I, fasc. 1/3.1/662.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1923 I, fasc. 1/1.2/1701.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1927 I, fasc. 1/1.2/3832.
ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1928-30, fasc. 3/2.2/4818.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fascc. 91490 e 94054.
Archivio di Stato di Venezia, fondo del Senato Terra, registro 7, carta 32.
Archivio di Stato di Firenze fondo Provvisioni, registri, filza 111, carte 49-59.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fascc. 1 – 30.000.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 126.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 5142.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 1697.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 9352.
148
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 13507.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 19114.
ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 1945.
Camera dei Deputati. Legislazione XXVII, La legislazione fascista 1922 – 1928 (I- VII).
Guida Monaci dal 1872 al 2000.
Gazzette Ufficiali del 1939; 1940; 1942; 1976; 1979; 1992; 2005; 2010.
Il Digesto Italiano, UTET, Torino, 1894.
Nuovo Digesto Italiano, UTET, Torino, 1939.
Novissimo Digesto Italiano, UTET, Torino, 1984.
Ministero delle Corporazioni, Direzione Generale dell’Industria, Ufficio Centrale dei Brevetti per invenzioni, modelli e marchi di fabbrica, Brevetti d’invenzione, modelli e marchi di fabbrica. Legislazione, La Tipografica, Roma, 1937.
Raccolta Ufficiale Leggi e Decreti Indici dal 1911 al 2002, Roma. Tipografia delle Mantellate, poi Istituto Poligrafico dello Stato.
149
7. FONTI ONLINE
http://archivio.camera.it/
https://bases-marques.inpi.fr/
http://dati.acs.beniculturali.it/mm/local/
https://oami.europa.eu/ohimportal/it/trade-marks
http://www.acs.beniculturali.it
http://www.archivi.beniculturali.it/
http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/
http://www.archiviodistatovenezia.it/
http://www.camcom.gov.it/
http://www.cultureimpresa.it/
http://www.dircost.unito.it/
https://www.gov.uk/topic/intellectual-property/trade-marks
http://www.lombardiabeniculturali.it/
http://www.matosto.to.camcom.it
http://www.parlamento.it/
http://www.senato.it/
https://www.tmdn.org/tmview/welcome.html
http://www.to.camcom.it/
http://www.uibm.gov.it/
http://www.ufficiobrevetti.it/
http://www.wipo.int/trademarks/en/
150
8. INDICE
ACS; 16; 21; 23; 24; 25; 26; 48; 51; 55; 60; 61; 62; 65; 66; 67; 68; 96; 105; 142; 145; 146
Agostino Attanasio; 25 Agostino Gilardini; 127 Aja; 7; 16; 41; 42; 43 Amministrazione archivistica; 3 Anna Pia Bidolli; 106 Antonio Romano; 104; 105; 144 Antonio Scajola; 40 Archivio Centrale dello Stato; 3; 21; 26; 27;
59; 99; 142; 143 Archivio storico Ansaldo; 3 August Pollitzer; 127 Austria; 110; 111 Autorità per l’informatica nella pubblica
amministrazione; 27 Benito Mussolini; 43 Bologna; 13; 19; 39; 105; 115; 119; 120; 143;
144 Bruno Munari; 11 Bruxelles; 7; 41; 42 Camera di commercio; 43; 62; 63; 95; 96;
105 Camera di commercio e industria; 43 Camere di Commercio; 18; 23; 26; 27; 41 Carlo Alberto Pratesi; 99; 104; 106 Carrara; 6 Catania; 117; 118; 119; 120 Cavour; 40 CNR; 24; 25 Consiglio d’Europa; 39 Consiglio dei Pregadi; 6 Consiglio dei Rogadi; 6 Deposito centrale dei brevetti d’invenzione,
dei marchi, segni distintivi, disegni e modelli di fabbrica; 9
Desenzano del Garda; 106 Direzione generale della produzione
industriale; 20 Divisione della proprietà intellettuale; 15 Divisione industria e commercio; 14 Empoli; 6 Enrico VI; 6 Enzo Mari; 11 Etiopia; 113 Europa; 7; 19; 111; 129 Fabio Del Giudice; 3; 142 Filippo Brunelleschi; 6 Firenze; 4; 6; 8; 115; 116; 142; 143; 145
Francesco Petri; 6 Francia; 44; 48; 110; 111 Franco Amatori; 102; 105; 142 Genova; 115; 122 Germania; 65; 110; 111; 129 Giò Ponti; 11 Giovanni Paoloni; 4; 102; 144 Gran Bretagna; 110; 111 Ilaria Pironti; 97; 102; 106 Inghilterra; 6; 65; 129 Institut National de la Propriètè Industrielle;
62; 95 Ispettorato generale della proprietà
intellettuale e dell’insegnamento industriale; 16
Istituto tecnico di Torino; 13 Italia; 3; 7; 8; 9; 10; 11; 12; 13; 14; 17; 19;
25; 30; 31; 40; 41; 43; 44; 45; 47; 48; 55; 65; 66; 96; 102; 105; 107; 108; 109; 111; 112; 113; 129; 142; 143; 144; 145
l’Ufficio Speciale della proprietà Industriale; 126
Linda Giuva; 13; 15; 16; 17 Lisbona; 7; 38; 41; 45 Londra; 7; 16; 41; 42 Luciano Scala; 25 Madrid; 38; 39; 42; 45; 46 Marco Eula; 98; 105 Margherita Martelli; 25; 102; 106 Maria Catricalà; 4; 97; 104; 106 Maria Guercio; 13; 15; 16; 17 Maria Saveria Cinquegrani; 40 Marina Catricalà; 102 Marina Messina; 3; 142 Massimo Palermo; 4 MIBACT; 25 Michelangelo Vasta; 4 Milano; 99; 105; 115; 116; 118; 127; 129;
142; 143; 144; 145 Ministero dell’Agricoltura e foreste; 17 Ministero dell’agricoltura industria e
commercio; 13; 14; 59 ministero dell’Economia nazionale; 9; 112 Ministero dell’economia nazionale; 16 Ministero dell’Economia Nazionale; 16; 17 Ministero dell’Industria; 20; 24; 65; 66; 67;
145; 146 Ministero dell’industria commercio e lavoro;
15
151
Ministero dell’industria del commercio e dell’artigianato; 19
Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato; 24; 26; 59; 68
Ministero delle Finanze e Commercio; 13 Ministero dello sviluppo economico; 21; 105;
145 Museo industriale di Torino; 14 Napoli; 117; 118; 119; 124 Nicolas Leblanc; 65 Nizza; 38; 42; 45; 55; 67; 98 Organizzazione mondiale del commercio; 46 Palermo; 117; 118; 119 Paola Carucci; 3; 142 Parigi; 7; 14; 18; 38; 41; 43; 45; 60 Politecnico di Torino; 24 Raffaele Fontanella; 105; 143 Raimonda Riccini; 105; 142 Rattazzi; 40 Regno d’Italia; 13 Regno di Sardegna; 8; 13; 40 Repubblica di Venezia; 5; 6 Roberto Malaman; 19; 20; 39 Roma; 3; 6; 14; 18; 25; 40; 97; 105; 106; 115;
116; 118; 127; 142; 143; 144; 145; 146 Scuola d’applicazione degli ingegneri; 13 Senato serenissimo; 6 Sergio Pizziconi; 4 Sicilia; 117 Siena; 4; 144 Stati Uniti; 65; 110; 111; 113 Stoccolma; 7; 41; 42; 45; 59 Torino; 39; 62; 63; 95; 96; 115; 118; 127;
142; 144; 146 Trieste; 127
UAMI; 62; 95 Ufficio brevetti; 10; 11; 21; 23; 26; 27; 43 Ufficio Brevetti; 17; 18; 19 Ufficio centrale brevetti; 17; 18; 20 Ufficio Centrale Brevetti; 19; 61 Ufficio centrale dei brevetti per invenzioni,
modelli e marchi; 17 Ufficio della proprietà intellettuale; 9; 16; 43;
112 Ufficio delle privative industriali; 13 Ufficio Italiano Brevetti; 1; 4; 12; 20; 24; 26;
95; 101; 105; 145 Ufficio italiano brevetti e marchi; 21; 27; 59;
63; 65; 66; 67; 68; 95; 126; 145; 146 Ufficio Italiano brevetti e marchi; 6; 23; 96;
118 Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; 1; 12; 20;
24; 26; 95 Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato
Interno; 62; 95 Ufficio speciale della proprietà industriale; 9 Ufficio speciale per la Proprietà Industriale;
14 UIBM; 6; 20; 21; 22; 26; 27; 37; 62; 67; 95;
96; 102; 103; 105; 108; 113; 145 Venezia; 6; 29; 144; 145 Vicenza; 105; 106; 142; 143 Vienna; 38; 45 Vittorio Emanuele II; 40 Vittorio Marchis; 24 Washington; 7; 41; 42 WIPO; 38; 45; 52; 62; 95; 98 World Intellectual Property Organization; 62;
95; 98