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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DOCUMENTARIE, LINGUISTICO-FILOLOGICHE E GEOGRAFICHE DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE LIBRARIE E DOCUMENTARIE – XXVI CICLO COORDINATORE: PROF. ALBERTO PETRUCCIANI LA SERIE ‘MARCHI’ DEL FONDO UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI COME FONTE STORICA. Il caso della categoria ‘Prodotti per l’igiene personale e la pulizia della casa’ DOTTORANDO FRANCESCA SORINO TUTOR Prof. GIOVANNI PAOLONI CO-TUTOR Prof.ssa MARINA RAFFAELI

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DOCUMENTARIE,

LINGUISTICO-FILOLOGICHE E GEOGRAFICHE

DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE

LIBRARIE E DOCUMENTARIE – XXVI CICLO

COORDINATORE: PROF. ALBERTO PETRUCCIANI

LA SERIE ‘MARCHI’

DEL FONDO UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI

COME FONTE STORICA.

Il caso della categoria ‘Prodotti per l’igiene personale e la

pulizia della casa’

DOTTORANDO

FRANCESCA SORINO

TUTOR

Prof. GIOVANNI PAOLONI

CO-TUTOR

Prof.ssa MARINA RAFFAELI

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SOMMARIO

1. L’ARCHIVIO DELL’UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI .................................... 7

1.1. Brevetti, marchi e modelli di fabbrica: ‘i tre volti di una società’ ..................................... 7

1.2. Identità dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi ............................................................... 14

1.3. L’Archivio: nascita, sviluppo e iniziative di valorizzazione ............................................ 23

1.3.1. La documentazione conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato ....................... 23

1.3.2. Progetti di riordinamento e valorizzazione .................................................................. 26

1.4. L’Archivio dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi: modelli a confronto ........................ 28

2. I MARCHI DI FABBRICA ..................................................................................................... 31

2.1. Il marchio nella storia: nascita del brand ......................................................................... 31

2.2. Normativa nazionale ed internazionale ............................................................................ 40

2.3. Classificazione, analisi e sviluppo delle classi merceologiche ........................................ 49

2.4. Dal Bollettino alla banca dati: analisi di una ricerca ........................................................ 61

3. LA CATEGORIA DEI PRODOTTI PER L’IGIENE PERSONALE E LA PULIZIA DELLA CASA ....................................................................................................................................... 66

3.1. Dai saponi ai detersivi: identità di una categoria ............................................................. 66

3.2. I prodotti: tipologie e ricognizione ................................................................................... 69

3.3. Dall’UIBM alla WIPO: analisi di banche dati e nuove proposte ..................................... 97

3.4. L’utilizzo dei marchi come fonte storica: possibilità e percorsi .................................... 103

4. STUDIO DEI MARCHI ATTRAVERSO LE STATISTICHE ............................................. 106

4.1. I marchi nella storiografia .............................................................................................. 106

4.1. Andamento dei marchi esteri e nazionali registrati in Italia tra il 1870 e il 1949 .......... 109

5. CONCLUSIONI ..................................................................................................................... 141

6. BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................... 144

7. FONTI ONLINE .................................................................................................................... 149

8. INDICE .................................................................................................................................. 150

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INTRODUZIONE

Nel corso degli anni si è molto dibattuto sul valore degli archivi come fonte storica e

sulla loro possibile utilizzazione in relazione ai cambiamenti socio culturali ed ai processi

evolutivi di un paese.

La realtà degli archivi d’impresa, che è rimasta per molto tempo poco conosciuta e a

volte del tutto dimenticata, ha comunque destato un particolare interesse da parte degli

studiosi, che hanno visto nella documentazione prodotta dalle imprese una parte importante

del patrimonio archivistico nazionale, da tutelare e valorizzare.

In Italia l’interesse per il recupero degli archivi d’impresa risale agli anni Settanta,

quando l’attenzione delle aziende e degli imprenditori al recupero della propria memoria

storica, come mezzo di valorizzazione della identità e immagine dell’azienda, incontra la

volontà di un gruppo di storici dell’economia ed archivisti particolarmente attenti a questa

esigenza.

La prima iniziativa è del 19721, quando l’Amministrazione archivistica organizza

una Tavola Rotonda sugli archivi delle imprese in Italia a cui partecipano numerosi storici

economici per discutere attorno al tema degli archivi delle imprese industriali.

Iniziativa che dà il via a una serie di attività per la tutela di un patrimonio considerato

di notevole interesse storico tra cui la creazione nel 1980 dell’Archivio storico Ansaldo2.

Se i documenti d’archivio che rappresentano l’attività di una impresa, infatti, hanno inizialmente un valore giuridico-amministrativo e sono prodotti e conservati per motivi gestionali, giuridici e fiscali; con il trascorrere del tempo l’uso amministrativo lascia il posto alla rilevanza storica. L’archivio diviene così protagonista della salvaguardia e della trasmissione della conoscenza e unico guardiano di un patrimonio documentario di indiscutibile interesse storico3.

Il fondo archivistico dei brevetti e dei marchi, conservato presso l’Archivio Centrale

dello Stato, rappresenta sicuramente una fonte di inestimabile ricchezza e potenzialità per

la conservazione della memoria delle imprese italiane.

La documentazione brevettuale, vista come spazio privilegiato per la raccolta ed il

confronto di soluzioni concrete e fattibili o come luogo custode di idee pioneristiche e

innovative, risulta comunque ad oggi poco studiata.

Non se n’è compresa la reale portata scientifica. 1 Gli atti del convegno furono pubblicati nel 1973 sulla «Rassegna degli archivi di Stato», XXXIII (1973), pp. 9 – 76. 2 Cfr. Fabio Del Giudice, Gli archivi d’impresa in Italia, «Culture e imprese», n. 2, luglio 2005, http://www.cultureimpresa.it/02-2005/italian/atti02.html. 3 Paola Carucci, Marina Messina, Manuale di archivistica per l’impresa, Roma, Carocci, 1998, pp. 15 – 16.

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Riflettendo, infatti, non possiamo che constatare che la storia dell’istituto della

proprietà intellettuale si interseca con le trasformazioni che hanno portato la società e la

cultura occidentale alla cosiddetta ‘prima rivoluzione industriale’.

Anche se gli storici tradizionali hanno trascurato i brevetti di invenzione e i sistemi

di protezione della proprietà intellettuale4, questi sono diventati un’importante fonte di

informazione per quelle tendenze storiografiche che vedono negli oggetti, nella loro

produzione, nel loro uso e consumo, veri e propri ‘dati’ attraverso i quali fornire nuove

letture delle vicende politiche, religiose, sociali ed economiche di una civiltà5.

Si è ritenuto opportuno quindi approfondire, in questa trattazione, tutte quelle teorie

che vedono, nella conservazione, tutela e valorizzazione del fondo archivistico dei brevetti

e marchi e, nello specifico, della Serie Marchi del Fondo Ufficio Italiano Brevetti, una

potenzialità per la conservazione della memoria delle imprese italiane, nonché per la loro

creatività industriale e pubblicitaria6.

4 Cfr. Michelangelo Vasta, Dal Badalone a Windows: la proprietà intellettuale e la tutela dell’innovazione, in R. Giannetti (ed), Nel mito di Prometeo. L’innovazione tecnologica dalla rivoluzione industriale ad oggi. Temi, inventori e protagonisti dall’ottocento al duemila, Firenze, Ponte alle Grazie, 1996, pp. 260 - 278 5 Cfr. Sergio Pizziconi, coordinatore del corso di dottorato Massimo Palermo, direttore della ricerca Maria Catricalà, Norme, parole e forme dei brevetti di invenzione italiani del ‘900, Siena, Università per stranieri, 2004 – 2005, pp. 1 - 3. 6 Cfr. Giovanni Paoloni, Gli Archivi d’Impresa in «Economia della cultura», XVIII, 2008, n.4, pp. 471 - 477.

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1. L’ARCHIVIO DELL’UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI 1.1. Brevetti, marchi e modelli di fabbrica: ‘i tre volti di una società’

Gli archivi brevettuali, così come le biblioteche e più recentemente la rete,

conservano da sempre traccia del pensiero e dell’immaginario di intere generazioni

presentandosi come nuovi custodi del sapere nella società moderna.

Attraverso la memoria delle grandi ‘invenzioni’ e dei suoi ‘marchi’ si possono

seguire le storie individuali di ogni inventore, di una classe sociale, le vicende di una

singola impresa, così come quelle di un intero settore economico e tecnico.

Indipendentemente dall’obbiettivo primario entrando in un fondo brevetti e marchi,

sia esso cartaceo o elettronico, la documentazione presente offre al visitatore la possibilità

di muoversi fra i più differenti temi e problemi fisici e culturali e di viaggiare attraverso il

tempo e lo spazio di intere comunità, come nel labirinto mentale di ogni singolo inventore.

La storia dell’istituto della proprietà intellettuale si intreccia infatti con le

trasformazioni che hanno portato la società e la cultura occidentale verso la prima

rivoluzione industriale.

Trascurati dagli storici tradizionali, i brevetti d’invenzione, i marchi e i modelli di

fabbrica, così come i sistemi di protezione della proprietà intellettuale, si sono invece

imposti come importante fonte di informazione per quelle nuove tendenze storiografiche

che vedono negli oggetti e nelle immagini, nella loro produzione, nel loro uso e nel loro

consumo, veri e propri dati attraverso i quali fornire nuove letture delle vicende politiche,

religiose, sociali ed economiche di una civiltà.

Ed è proprio da queste premesse che comincia l’analisi di come questi tre

protagonisti abbiano effettivamente, in qualche modo, influenzato le vicende di una intera

società a partire dal medioevo, epoca in cui fa la sua prima apparizione il brevetto

d’invenzione, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Per autorità di questo Consiglio, chiunque fabbricherà una macchina nuova e ingegnosa, prima ignota nella Repubblica, e la perfezionerà in modo tale che possa essere utilizzata, è obbligato a comunicarlo all’ufficio dei Provveditori del Comune. E per dieci anni, nell’intera Repubblica, sarà proibito a chiunque costruire macchine identiche o simili senza il consenso o la licenza dell’inventore.7

7 Statuto dei Brevetti, Repubblica di Venezia, 19 marzo 1474.

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È il 19 marzo 1474 quando il Senato serenissimo8 vota a larghissima maggioranza

(centosedici voti a favore, dieci contrari e tre astenuti) il primo Statuto a protezione delle

invenzioni, ma già qualche decennio prima i diritti di monopolio sulle invenzioni avevano

fatto la loro apparizione proprio a Venezia dove era stato conferito nel 1416 il primo

brevetto vero e proprio a un certo Francesco Petri, inventore di un macchinario innovativo

a trazione idraulica per il compattamento e l’impermeabilizzazione dei tessuti di lana.9

Lo Statuto non si limitava a proteggere la proprietà intellettuale, ma obbligava

inventori e innovatori a comunicare i loro ritrovati.

Nel 1421 anche la Repubblica di Firenze conferisce un brevetto ante legem, per tre

anni, a Filippo Brunelleschi per uno speciale battello per il trasporto, sull’Arno, dei marmi

di Carrara necessari per i lavori sulla cupola del duomo di Firenze. L’innovazione è, tra le

altre cose, nell’inusuale estensione del diritto anche al nome del battello ‘il Badalone’,

come fosse una sorta di marchio. Purtroppo il battello si arenò nelle secche dell’Arno

presso Empoli.

Ma è nel 1449, in Inghilterra, che nasce, a livello internazionale, il termine brevetto,

o per meglio dire patent, grazie a una littera patens concessa da Enrico VI ad un artigiano

fiammingo per il monopolio ventennale di un procedimento per ottenere vetri colorati.

Se la tutela dell’ingegno diviene il presupposto per l’innovazione a beneficio

pubblico, rappresentando un incentivo all’investimento nella ricerca scientifica e tecnica e

una premessa allo sviluppo economico; la concessione di un vero e proprio monopolio, sia

pure temporaneo, rappresenta, di contro, un limite allo sviluppo, soprattutto se l’inventore

non è in grado di concretizzare l’invenzione sul piano industriale o commerciale.

Durante la rivoluzione industriale e il conseguente aumento della circolazione delle

merci si ebbe un periodo di diffusa ostilità al sistema dei brevetti, tanto che alcuni Stati

abrogarono le normative a riguardo, a causa delle difficoltà legate alla complessità di

assicurare protezione alle innovazioni e ai perfezionamenti di un’invenzione, nonché alla

gestione sostanzialmente protezionistica operata dagli Stati che si opponevano al

riconoscimento di brevetti stranieri al fine di ostacolare le importazioni e per tentare di

favorire le proprie esportazioni. 8 Il Consiglio dei Pregadi o Consiglio dei Rogadi o, più comunemente, Senato era un organo costituzionale della Repubblica di Venezia istituito sin dal 1229 quale assemblea deliberativa superiore della Repubblica, che si occupava di discutere della politica estera e dei problemi correnti con un meccanismo decisionale più snello e ristretto rispetto al sovrano Maggior Consiglio. Il nome di Consiglio dei Pregadi si riferisce letteralmente al fatto che i senatori venivano originariamente pregati di fornire il proprio consiglio al Doge, mentre il nome Senato si impose invece solamente nel XIV secolo col diffondersi della cultura umanista. http://www.treccani.it/enciclopedia/pregadi_(Enciclopedia-Italiana)/. 9 Cfr. UIBM, 130 anni di storia dell’Ufficio Italiano brevetti e marchi 1884-2014, Roma, Ministero dello Sviluppo Economico, pp. 7 – 15.

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9

Si continuò, quindi, a tutelare la titolarità dell’invenzione sul piano patrimoniale, ma

si abolì il diritto di monopolio.

Con l’avvento del protezionismo, innescato dalla depressione economica iniziata nel

1873 nell’Europa centrale come diretta conseguenza della guerra franco prussiana, arrivò

la stipula della Convenzione di Parigi10 del 1883 (tutt’ora in vigore nonostante le numerose

revisioni) che stabilì un’unione di Paesi per la protezione della proprietà industriale.

Concepita inizialmente per favorire lo sviluppo economico, sia pure nell’ottica del

singolo Stato, la tutela della proprietà industriale rischiò paradossalmente la disfatta in una

fase euforica di libero scambio e di sviluppo economico dovuto alla rivoluzione

industriale.

Trovò invece la possibilità di rivincita durante il protezionismo, ponendo le basi per

la creazione di una tutela internazionale con l’adozione di criteri di reciprocità tra gli stati.

Il concetto di proprietà industriale si unì a quello più vasto di proprietà intellettuale,

che includeva anche la protezione del diritto d’autore, e soprattutto si cominciò a parlare di

proprietà industriale in una accezione più ampia in quanto non si riferiva più ai soli

prodotti dell’industria, ma inseriva al suo interno anche i prodotti dell’agricoltura e

dell’allevamento (vini, cereali, frutta, bestiame, eccetera) e i prodotti minerali commerciali

(acque minerali, eccetera).

In Italia i fenomeni finora descritti furono percepiti con minore intensità anche a

livello di normativa brevettuale tant’è che la rivoluzione industriale fece crescere anche in

totale autonomia una specifica forma di proprietà industriale, già conosciuta a livello

teorico, ma scarsamente utilizzata e protetta.

La produzione di diverse tipologie e l’offerta di una vasta gamma di prodotti da parte

di una stessa impresa, già conosciuta e apprezzata per una produzione precedente, attribuì

un’identità sempre più marcata alle imprese, non soltanto per mezzo del nome, ma anche

attraverso simboli e segni di riconoscimento, a loro volta consolidati dall’utilizzo grafico e

nelle inserzioni pubblicitarie.

Ecco che il logo si pone come strumento di identificazione della marca

distinguendola da ogni altra impresa analoga o concorrente.

10 La Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale, firmata a Parigi, il 20 marzo 1883, fu uno dei primi trattati sulla proprietà intellettuale e proprietà industriale che stabilì un'Unione di Paesi per proteggere questo diritto. Riveduta a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, all'Aja il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Lisbona il 31 ottobre 1958 e a Stoccolma il14 luglio 1967 la Convenzione è riportata nel testo dell’Atto di revisione firmato a Stoccolma il 14 luglio 1967 e successivamente emendato il 28 settembre 1979. Il testo di Stoccolma è stato ratificato dall'Italia con L. 28 aprile 1976, n. 424 (pubblicata in G.U. 19 giugno 1976, n. 160 - S.O.) ed è in vigore dal 24 aprile 1977 (Comunicato pubblicato in G.U. 18 aprile 1977, n. 104).

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I consumatori cominciano ad attribuire maggiore o minore credibilità all’immagine

commerciale dell’azienda, il brand, sulla base della qualità e affidabilità dei prodotti.

Il Regno di Sardegna fu il primo, nel 1885, a contemplare anche una protezione per i

marchi.

Il Regno d’Italia adottò la legislazione del Regno di Sardegna anche in materia di

proprietà intellettuale e dopo il trasferimento della capitale a Firenze furono promulgate

due leggi11 sulla protezione dei marchi e dei disegni e modelli industriali.

La legge sui marchi e segni distintivi di fabbrica12 concede l’uso esclusivo del

marchio ‘o altro segno’ distintivo dei prodotti di una industria, delle ‘mercanzie del suo

commercio’ e anche ‘degli animali di una razza a lei appartenente’ a condizione

ovviamente che il marchio fosse depositato presso la prefettura e fosse diverso da ogni

altro già legalmente in uso.

Dovevano inoltre essere versate quaranta lire per ciascun segno o marchio distintivo.

L’usurpazione e la contraffazione del marchio protetto, ma anche l’uso ingannevole

di marchi simili erano puniti con una multa fino a duemila lire che veniva raddoppiata in

caso di recidiva. Era inoltre punito il reato di falso.

Disposizioni analoghe13 assicuravano protezione per due anni agli inventori di nuovi

disegni o modelli di fabbrica, che dovevano provvedere a depositare dieci lire.

L’attestato di privativa decadeva dopo un anno nel caso in cui non fossero utilizzati i

disegni o modelli o anche nel caso in cui gli stessi non venissero prodotti o

commercializzati.

Leggi sicuramente essenziali e poco sofisticate che con la loro inequivocabile

chiarezza furono in grado di disciplinare per oltre settanta anni la concessione di brevetti,

marchi e disegni, in un’Italia a pochi passi dall’unità.

Dal punto di vista industriale l’Italia di fine Ottocento era in netto ritardo rispetto agli

analoghi Paesi europei e in questo periodo lo Stato assunse sempre di più il ruolo di

produttore.

Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale l’Italia cercò di colmare il forte divario

innovativo e produttivo con gli altri Paesi attraverso l’investimento pubblico, la

realizzazione di un apparato amministrativo unitario, la costruzione di infrastrutture e la

creazione di una legislazione commerciale.

11 Legge 30 agosto 1868, n. 4577 e legge 30 agosto 1868, n. 4578. 12 Legge 30 agosto 1868, n. 4577. 13 Legge 30 agosto 1868, n. 4578.

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É in questo clima che il 23 ottobre 1884, con Regio Decreto n.2730, nacque l’Ufficio

speciale della proprietà industriale e il Deposito centrale dei brevetti d’invenzione, dei

marchi, segni distintivi, disegni e modelli di fabbrica.

Ma con la guerra alle porte lo Stato decise di emanare il Regio Decreto legge 28

gennaio 1915, n.49, che disciplinava l’espropriazione del diritto di privativa industriale a

fini di difesa «nell’interesse della difesa nazionale e pel solo uso militare […], lo Stato

infatti si concedeva di […] espropriare in tutto o in parte il diritto di privativa od usare

dell’invenzione senza il consenso del titolare della privativa».

All’espropriato veniva riconosciuta un’indennità, mentre per le nuove richieste di

attestati era previsto il congelamento a tempo indeterminato se si trattava di una invenzione

interessante per lo Stato.

La I Guerra Mondiale segnò, quindi, un periodo di blocco in materia di privative

industriali, di marchi e modelli di fabbrica, che godettero, invece, di rinnovata attenzione

con l’avvento del fascismo.

Ed è proprio nella fase iniziale del ventennio fascista che l’impulso riformatore si

concentrò sulla struttura dell’Ufficio della proprietà intellettuale, al quale fu conferita una

posizione di rilievo all’interno del nuovo ministero dell’Economia nazionale, e al riordino

dell’intera materia brevettuale in una prospettiva di sviluppo tecnico e scientifico. Queste

riforme erano inquadrate in un più ampio progetto di riforma dell’ordinamento statale che

culminò con l’emanazione dei nuovi codici civile, penale e processuale.

Il codice civile del 1942, riuniva e modificava il codice civile del 1865 e quello del

commercio del 1882 in cui era contenuta la normativa sui diritti di esclusiva dei marchi e

dei brevetti.

Il nuovo testo fissava i caratteri essenziali della proprietà intellettuale.

L’8 settembre 1943 è la data simbolica della liberazione e l’Italia si trovò ad

affrontare un periodo di profonda crisi sia civile che economica. Spaccata in due, con un

Nord che viveva le fasi più tragiche del conflitto e un Sud che affrontava un difficile

dopoguerra, il Governo provò a ricucire gli strappi di una società provata e impoverita dal

conflitto mondiale restituendo un minimo di funzionalità alle istituzioni e agli uffici

pubblici.

In materia di proprietà intellettuale vengono riattivati i compiti dell’Ufficio e viene

temporaneamente disposta una proroga della protezione e la riattivazione dei brevetti

decaduti a causa della guerra.

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Le camere di commercio, soppresse e sostituite nel ventennio dai consigli provinciali

dell’economia e poi dai consigli provinciali delle corporazioni, vengono ripristinate.

Il Trattato di pace è estremamente duro e punitivo per l’Italia e in materia di

proprietà industriale concedeva ai cittadini stranieri la restituzione di tutti i beni da loro

posseduti in Italia, compresi i diritti di proprietà industriale, e prevedeva un anno di

proroga per ottenere o confermare il diritto di priorità per la concessione di brevetti o la

registrazione di modelli, disegni industriali e marchi di fabbrica, le cui domande erano

state presentate in un qualsiasi Stato delle potenze alleate nell’anno precedente l’inizio

della guerra.

Vengono esclusi da tale privilegio i cittadini italiani a causa delle scelte adottate

dall’Italia durante le guerra e forse anche per evitare che imprenditori compromessi con il

vecchio regime potessero riprendere senza sforzo e in regime di monopolio le loro attività.

Tale restrizione venne meno nel 1950, quando il governo approvò il disegno di legge

10 ottobre 1950, n. 842, che consentì ai cittadini e alle persone giuridiche italiane, titolari

di brevetto per invenzione industriale al momento dell’entrata in guerra (10 giugno 1940),

di prolungare la scadenza fino a cinque anni.

Il patrimonio industriale, se non distrutto dalla guerra, necessitava comunque di

un’ingente opera di ammodernamento e in questo senso la creatività italiana trovò nuovi

stimoli nel disegno industriale, soprattutto per quel che riguarda motoveicoli e scooter.

Vecchi e nuovi produttori fanno del loro meglio per combinare funzionalità e design

e anche i marchi svolgono un ruolo essenziale attraverso nomi e loghi memorabili e

accattivanti, come la Vespa per la Piaggio o la Lambretta per Innocenti.

Ciò portò l’Ufficio brevetti a fronteggiare un’ingente mole di lavoro dovuto alla

massiccia ripresa delle domande per i brevetti d’invenzione ed alla registrazione di marchi,

disegni e modelli industriali.

A partire dalla seconda metà degli anni ‘50 l’Italia va incontro a un periodo di

modernizzazione impetuosa, il cosiddetto ‘miracolo economico’, che segna la definitiva

affermazione dell’industria e del consumo di massa.

La pubblicità entra a far parte dell’esperienza quotidiana, soprattutto quella televisiva

che emargina progressivamente la vecchia cartellonistica e i manifesti d’autore.

In questo periodo il numero di brevetti cresce esponenzialmente, nei settori della

moda, dell’arredamento, degli elettrodomestici, dell’agroalimentare.

La creatività italiana conosce finalmente la sua età dell’oro, combinando armonia del

design, delle forme e della progettazione con semplicità ed essenzialità.

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13

I designer cominciano a diventare delle ‘firme riconosciute’ (Giò Ponti, Bruno

Munari ed Enzo Mari) cosi come i marchi diventano la nuova identità del ‘miracolo

italiano’ (Piaggio, Innocenti, Olivetti, Ferragamo, Gucci, Barilla).

L’ascesa industriale di questi anni è senza precedenti, i settori trainanti diventano

quello automobilistico, quello della chimica e della petrolchimica e quello degli

elettrodomestici.

Nel 1957 il numero dei frigoriferi prodotti in Italia (da aziende che fino a poco tempo

prima erano artigianali come Candy, Ignis, Zanussi) sale a 370.000 e nel 1967 arriva a

3.200.000. Nello stesso anno l’Italia è il più grande produttore di lavatrici, cambiando

radicalmente le abitudini degli italiani che vedono irrompere nelle loro case i primi

detersivi sintetici adatti anche per i bucati in lavatrice con la Colgate Palmolive e la Procter

and Gamble che la fanno da padroni.

Gli anni ‘70 rappresentano il momento di massima incertezza e minima

soddisfazione per l’Ufficio brevetti, ma anche quelli in cui si preparano le condizioni, sul

piano europeo e internazionale, per armonizzare le legislazioni interne e sviluppare la

collaborazione degli uffici nazionali con le organizzazioni internazionali.

L’Italia nel frattempo era entrata in un periodo di recessione14 caratterizzato da alti

livelli di disoccupazione, alto tasso di inflazione e forte svalutazione della lira, che incise

moltissimo sulle importazioni di materie prime e beni.

La recessione di metà anni ‘70 colpisce duramente i settori siderurgico,

automobilistico e chimico e il Paese si ritrova proiettato in un clima di austerità.

Anche in queste difficili condizioni, cresce e si sviluppa comunque la piccola e

media impresa, generalmente a conduzione familiare, specialmente nei settori

dell’abbigliamento, delle calzature, dell’arredamento, delle ceramiche e del pellame.

É in questo clima che l’Italia, con l’estro e la creatività dei suoi designer e la spinta

innovativa della sue aziende, sperimenta nuovi materiali e forme fino a quel momento

sconosciute.

La plastica e i colori vivaci fanno il loro ingresso all’interno delle case, e simboli

rivoluzionari diventano marchi inossidabili dell’azienda che li produce. É il caso, ad

esempio, del Serpente della nota oreficeria Bulgari.

Con gli anni ‘80 si assiste ad un ‘secondo boom’: l’inflazione comincia a diminuire,

proseguono i lavori di ristrutturazione dell’intero ramo industriale, si afferma

definitivamente la piccola impresa con la nascita di nuovi distretti e la crescita delle 14 Nel 1973 l’improvvisa interruzione della fornitura di petrolio da parte dei paesi dell’Opec apre un profonda crisi energetica per l’intero Occidente.

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esportazioni nei settori delle macchine utensili, della ceramica, degli strumenti di

precisione, dell’abbigliamento e delle calzature.

Questo periodo è inoltre caratterizzato dalla rivoluzione informatica che porta alla

diffusione in ambito professionale e domestico dei primi personal computer modificando

radicalmente la produzione e la vita collettiva.

Si arriva così alla fine del XX secolo con le criticità strutturali del Paese che

rimangono pressoché inalterate; tra il 2001 e il 2005 la crescita economica dell’Italia si

arresta: la mancata promozione della ricerca, la burocrazia, il corporativismo, l’arretratezza

del Sud, l’assenza di ricambio generazionale in tutti i settori della vita collettiva e i ritardi

tecnologici rispetto al contesto internazionale tendono ad aggravarsi.

In questo scenario anche i marchi e i brevetti, intesi ormai come patrimonio

nazionale in grado di promuovere l’innovazione e la competitività delle imprese, subiscono

un forte indebolimento trasferendo sempre più in mani straniere marchi storici e grandi

aziende del made in Italy (Orzo Bimbo, Parmalat, Star, Galbani, salumi Fiorucci, Bulgari,

Fendi, Gucci sono solo alcuni esempi) con la conseguente acquisizione di brevetti italiani.

L’Italia rimane, nonostante tutto, proiettata verso un futuro migliore grazie anche ad

un intero tessuto produttivo ed economico che resiste ed innova in un momento storico

difficile come quello attuale.

Un tessuto fatto di idee e pratiche imprenditoriali inedite, come per esempio quelle

introdotte da Eataly che ha investito nella qualità enogastronomica, ma anche di settori

come quello della moda o della meccanica che hanno saputo puntare sulla qualità

incrementando la propria creatività attraverso l’investimento nell’innovazione e nella

ricerca.

1.2. Identità dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi

Una tappa fondamentale della ricerca è stata la ricostruzione dell’attività operativa

dell’Ufficio Italiano Brevetti fin dalla sua istituzione, al fine di inquadrarne meglio le

funzioni e l’organizzazione all’interno della pubblica amministrazione nella quale fu

inserito, per meglio comprendere le modalità di nascita ed evoluzione della serie Marchi e

delle sue classificazioni, grazie all’esame incrociato della normativa in materia di brevetti e

marchi e delle notizie presenti all’interno delle fonti bibliografiche, dei documenti della

serie Marchi e della Guida Monaci.

La storia dell’Ufficio Italiano Brevetti comincia assai lontano quando, con

l’emanazione della legge piemontese preunitaria del 12 marzo 1855, n. 782, sulle

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‘Privative per Invenzioni e Scoperte Industriali’, si sentì la necessità di predisporre un

ufficio che si occupasse di tutti quei servizi che riguardavano le privative.

L’ufficio, che allora prese il nome di Ufficio delle privative industriali, fu dapprima

posto alle dipendenze del Ministero delle Finanze e Commercio, poi dell’Istituto tecnico di

Torino15, quindi della Scuola d’applicazione degli ingegneri.

Con l’emanazione della legge sabauda del 30 ottobre 1859, n. 3731 in materia di

privative industriali si ebbe la necessità, in virtù dell’estensione della suddetta legge a tutto

il Regno16, di predisporre un ufficio all’interno della pubblica amministrazione. La

soluzione fu di porlo alle dipendenze del Ministero dell’agricoltura industria e

commercio17, nell’ambito della divisione responsabile per il settore industriale, grazie al

R.D. 9 novembre 1861, n. 322.

L’Ufficio, al quale dovevano essere indirizzate le domande redatte in italiano e in

francese e corredate di disegni e descrizioni, si doveva occupare di rilasciare un attestato di

privativa, senza alcun esame preventivo, che poteva variare da uno a quindici anni. Le

domande di privativa potevano essere richieste anche da cittadini stranieri ed era prevista

inoltre una commissione reclami istituita presso il Ministero. Erano previsti infine anche i

casi di nullità o di annullamento e di eventuali azioni giudiziarie a seguito di violazioni nei

diritti di privativa.

Spettava invece al Ministero la direzione di tutto ciò che riguardava le privative

industriali, compresa la loro registrazione e conservazione18, ed era anche prevista la

pubblicazione trimestrale nella Gazzetta Ufficiale del Regno degli elenchi degli attestati

rilasciati e dei trasferimenti19.

Il Ministero, inoltre, provvedeva alla stampa semestrale di un ‘Bollettino Industriale

del Regno d’Italia’20 nel quale venivano pubblicate, sia le descrizioni e i disegni delle

invenzioni per le quali era stata concessa la privativa nei sei mesi precedenti, sia le

15 Con R.D. 9 agosto 1855, n. 1000. 16 Legge 31 gennaio 1864, n. 1657. 17 Costituito nel 1860 nel Regno di Sardegna attraverso tre momenti legislativi: legge 5 luglio 1860. n. 4150, che stabiliva lo stanziamento finanziario per la ricostruzione del ministero; R.D. 5 luglio 1860, n. 4192 che ne fissava le attribuzioni e il R.D. 8 luglio 1860, n. 4193 che approvava la pianta organica del personale, cfr. Maria Guercio e Linda Giuva, I ministeri economici, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 620 - 642. 18 Tra i suoi compiti erano annoverati anche il controllo dei pagamenti delle tasse, l’annotazione delle variazioni dei titolari per trasferimento o successione e delle sentenze giudiziarie. 19 Con la legge 4 agosto 1894, n. 376, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale degli elenchi degli attestati rilasciati divenne mensile, fino alla riforma del 1939 che la soppresse definitivamente. 20 Con il R.D. 16 settembre 1869, n. 5274 il ‘Bollettino industriale del Regno d’Italia’ divenne mensile e furono introdotte nuove norme per la pubblicazione della seconda serie: per ogni annata della 1a e 2a serie veniva stampato un indice. Il periodico, che dal 1877 prese il nome di ‘Bollettino delle privative industriali del Regno d’Italia’, fu soppresso dalla legge 4 agosto 1894, n. 376, che dispose la sua cessazione con la pubblicazione degli attestati rilasciati fino al dicembre del 1892.

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informazioni legislative, le memorie e le notizie concernenti le industrie, le arti, il

commercio interno ed estero.

Con l’emanazione poi delle leggi 30 agosto 1868, n. 457721 e n. 457822 passò al

Ministero anche la competenza in materia di marchi, segni distintivi, disegni e modelli di

fabbrica.

Nel 1869, grazie al R.D. 16 novembre 1869, n. 5351, l’Ufficio, pur rimanendo alle

dipendenze del Ministero, fu unito al Museo industriale di Torino, che fungeva così da

sezione ministeriale. Con l’adesione dell’Italia all’unione dei Paesi, scaturita dalla

Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, nel 1883 tutti i servizi

delle privative industriali vennero allocati a Roma presso la Divisione industria e

commercio dell’Amministrazione centrale del Ministero dell’agricoltura industria e

commercio23 e, con R.D. 23 ottobre 1884, n. 2730, fu istituito presso il citato Ministero un

Ufficio speciale per la Proprietà Industriale.

L’Ufficio si occupava di esaminare le domande di privativa, annotandole in appositi

registri, concedere i brevetti e i marchi, trascrivendoli nel registro degli attestati di

privativa, rilasciare copie e provvedere alla pubblicazione di detti attestati.

I registri si presentavano come cataloghi alfabetici a schede che dovevano essere

aggiornate con l’annotazione di tutti i mutamenti successivi, compresi annullamenti,

nullità, decadenze e trasferimenti.

Annesso all’Ufficio era un deposito centrale dei brevetti d’invenzione, marchi,

modelli e disegni di fabbrica dove il pubblico poteva consultare, sia l’intera

documentazione presentata per ottenere l’attestato e ogni altra informazione riguardante

brevetti, marchi e disegni nazionali e stranieri, sia le pubblicazioni ufficiali di tutti gli Stati

facenti parte dell’Unione internazionale, sia le leggi e i regolamenti in materia realizzati

dagli stessi Stati.

Inoltre, in conformità con gli accordi internazionali stabiliti dalla Convenzione di

Parigi, sempre con il R.D. 23 ottobre 1884, n. 2730, fu istituito un ‘Bollettino ufficiale

della proprietà industriale’24 a cadenza settimanale, contenente gli elenchi dei nuovi

attestati rilasciati e quelli cosiddetti ‘di complemento’ (modificativi o integrativi di una

privativa già rilasciata), riduzione, prolungamento o trasferimento; dichiarati nulli o

21 Legge 30 agosto 1868, n. 4577 sui marchi e segni distintivi di fabbrica e nuovo regolamento 20 marzo 1913. 22 Legge 30 agosto 1868, n. 4577 concernente i disegni e modelli di fabbrica. 23 Con R.D. 9 settembre 1884, n. 2685. 24 Che fu soppresso con R.D. 11 febbraio 1886, n. 3672 sostituito con il Bollettino ufficiale della proprietà industriale letteraria ed artistica.

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annullati dall’autorità giudiziaria, o decaduti per il mancato pagamento della tassa annuale.

Elenco analogo riguardava il deposito dei marchi e segni distintivi.

Il Bollettino dava conto anche della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa

nazionale e straniera e delle novità legislative all’estero in materia di proprietà industriale.

Con l’inizio degli anni ‘90 dell’800 l’Ufficio si trovò ad affrontare un incremento

delle domande di privative grazie allo sviluppo scientifico e tecnologico non solo in ambito

industriale, ma anche economico e commerciale.

Tutto ciò portò alla necessità di una revisione dell’attività organizzativa dell’Ufficio

con l’intento soprattutto di alleggerire l’iter burocratico necessario al rilascio dell’attestato

e riformare il sistema della tassazione.

L’incapacità di far fronte ad una mole di lavoro fortemente aumentata, connessa con

altrettanti problemi finanziari, portò alla decisione di eliminare l’obbligo di pubblicazione

semestrale del testo delle descrizioni e dei disegni, lasciando all’amministrazione la

possibilità di decidere circa la pubblicazione di un riassunto.

Per far fronte all’eliminazione di uno strumento di diffusione delle informazioni in

materia, nel 1902 fu creato un nuovo periodico, il ‘Bollettino della proprietà intellettuale’,

che si occupò di informare sulla legislazione italiana ed estera, sulle statistiche, sulle

convenzioni, sui titoli degli attestati rilasciati mensilmente, sugli elenchi dei trasferimenti

delle privative e sugli indici dei titolari dei brevetti25.

Tra il 1913 e il 1914, inoltre, fu avviata la pubblicazione di un ‘Bollettino dei marchi

di fabbrica e di commercio’ a seguito dell’emanazione del R.D. 20 marzo 1913, n. 5026,

che approvava il regolamento per l’esecuzione della legge sui marchi e segni distintivi di

fabbrica il quale regolava la riproduzione del marchio con l’indicazione relativa al

deposito, e la trascrizione all’interno del ‘Bollettino della proprietà intellettuale’.

Dal punto di vista amministrativo, l’Ufficio passò dalle dipendenze della Divisione

delle privative industriali alle dipendenze della Divisione della proprietà intellettuale26 del

Ministero dell’industria commercio e lavoro.

Il sopraggiungere della guerra portò alla necessità di tutelare gli interessi difensivi

dello Stato attraverso l’esproprio totale o parziale delle invenzioni per uso militare27. In

25 Nel 1903 fu fatto stampare un ‘Catalogo delle privative industriali in vigore al 1 gennaio 1901 secondo le risultanze dei registri’ per colmare il buco nozionistico che si era venuto a creare a seguito dell’eliminazione dell’obbligo delle pubblicazioni semestrali. 26 Cfr. Guida Monaci dal 1872 al 1918. Con R.D. 22 giugno 1916, n. 755 furono creati il Ministero dell’agricoltura e il Ministero dell’industria commercio e lavoro che ereditarono la struttura e le competenze del Ministero agricoltura industria e commercio. Cfr. Maria Guercio, Linda Giuva, I ministeri economici, op. cit.

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vista di ciò fu prescritto l’obbligo, per l’Ufficio della proprietà intellettuale, di dare notizia

delle invenzioni interessanti la difesa nazionale, anche prima del rilascio del brevetto, ai

ministeri militari.

Con il primo dopoguerra si ripropose l’urgenza di una riforma globale del sistema

delle privative imposta, sia dall’evoluzione del mondo industriale, sia dalla necessità di

adeguarsi alle nuove convezioni internazionali28. Prima fra tutte la necessità di una

riorganizzazione dell’apparato burocratico.

Era infatti risaputo che le misere condizioni in cui versava l’Ufficio, da parecchio

tempo a corto di personale e di mezzi, avevano provocato un ingente ritardo nel rilascio dei

brevetti e, grazie al R.D. del 29 luglio 1923, n. 1970, fu previsto un intervento

organizzativo che modificò notevolmente la struttura e l’organizzazione dell’Ufficio che fu

ribattezzato Ufficio della proprietà intellettuale, perdendo l’aggettivo ‘speciale’ ed

estendendo, temporaneamente, la propria competenza al diritto d’autore tanto da includere

la proprietà industriale nella più vasta sfera della proprietà intellettuale.

Innanzi tutto l’Ufficio passò alle dipendenze del Ministero dell’economia

nazionale29, sotto l’Ispettorato generale della proprietà intellettuale e dell’insegnamento

industriale30, fu semplificato il sistema della tassazione e fu concesso un appannaggio

annuo di 600.000 lire per far fronte alle diverse esigenze di servizio, tra le quali pagare lo

stipendio dei precari che erano stati affiancati al personale di ruolo, gli straordinari, le

pubblicazioni, le traduzioni e gli studi, i bollettini periodici ecc.

Il sistema di tassazione fissava a cento lire la quota per richiedere la domanda inziale

e le successive modifiche; era prevista poi una tassa annuale progressiva di cinquanta lire

iniziali aumentate di altre cinquanta lire per ogni anno successivo. In caso di ritardo

venivano concessi tre mesi di tempo per non far decadere la protezione con una mora di

venticinque lire per ogni mese di ritardo.

27 Decreto 28 gennaio 1915, n. 49 con il quale lo Stato, in caso di necessità, si cautelava nei confronti di eventuali azioni speculative e si garantiva la possibilità di impossessarsi di qualsiasi privativa industriale ai fini della difesa nazionale. 28 Accordo de L’Aja relativo al deposito internazionale dei disegni o modelli internazionali, firmato a L’Aja il 6 novembre 1925 e ratificato con R.D. 10 gennaio 1926, n. 169, riveduto a Londra il 2 giugno 1934 e a L’Aja il 28 novembre 1960. 29 R.D. 5 luglio 1923, n. 1439 concernente la riunione in un unico Ministero, denominato Ministero dell’Economia Nazionale, dei servizi e degli uffici dipendenti dai Ministeri dell’Agricoltura e dell’Industria, Commercio e Lavoro, cfr. ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1923 I, fasc. 1/1.2/1701. 30 Tale Ispettorato fu trasformato subito dopo la nascita del Ministero e l’Ufficio passò alle dipendenze dell’Ispettorato generale dell’industria fino al 1926 quando venne costituita la Divisione generale dell’industria e delle miniere nella quale rientrarono diversi uffici e ispettorati soppressi. Cfr. Giuda Monaci, dal 1922 al 1929 e Maria Guercio, Linda Giuva, I ministeri economici, op. cit.

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Altre cento lire erano necessarie per presentare i ricorsi contro il rifiuto o la

sospensione del rilascio dell’attestato, restituite solo in caso di accoglimento del ricorso. La

cessione dell’attestato comportava una tassa di trascrizione di cinquanta lire.

Dagli anni trenta in poi i problemi di riorganizzazione dell’ufficio rimasero sopiti, e

soprattutto inascoltati, a causa degli avvenimenti bellici nei quali si trovò impegnato il

nostro Paese.

Si arrivò così al 1939 e il 24 febbraio, con Regio Decreto legge n. 317, si stabilì lo

spacchettamento della legislazione a riguardo, attraverso distinti provvedimenti per le

invenzioni, i modelli e i marchi.

Le prime ad essere modificate furono le regole sui brevetti e invenzioni industriali,

con i 105 articoli del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, che rimase in vigore fino al Codice dei

diritti di proprietà industriale del 2005, e che creò tra l’altro l’Ufficio centrale dei brevetti

per invenzioni, modelli e marchi31 inserito nell’ambito della Direzione generale

dell’industria posta a sua volta all’interno del Ministero delle Corporazioni32.

Venne istituito il brevetto ‘completivo’ a perfezionamento di una invenzione della

quale già si possedevano i diritti e per il quale era dovuta la tassa iniziale come se si

trattasse di un nuovo brevetto. Veniva riconosciuta l’uguaglianza di trattamento fra

cittadini italiani e stranieri, con espresso rinvio alle convenzioni internazionali alle quali

l’Italia aderiva. Venivano inoltre definiti i compiti amministrativi e gestionali dell’ufficio,

dalla situazione aggiornata dei pagamenti annuali, alla pubblicazione della decadenza in

caso di mancato versamento della tassa, delle cessioni, licenze, diritti di garanzia variazioni

anagrafiche, atti giudiziali e sentenze sulle controversie civili.

Nell’agosto del 1940, con R.D n. 1411, fu approvato il secondo testo dello

spacchettamento, quello relativo ai modelli industriali che in larga misura ricalcava le

norme applicabili in materia di brevetti di invenzione.

Con R.D 21 giugno 1942, n. 929, si arrivò all’ultimo testo sui marchi d’impresa, noto

come ‘legge Marchi’. Il testo contava ottantasei articoli e anche in questo caso molte

disposizioni generali e procedurali ripetevano quelle dei brevetti d’invenzione.

Con la fine della guerra l’Ufficio Brevetti si trovò nella incapacità di affrontare

l’ingente mole di lavoro che lo aveva investito. Spettava all’Ufficio, privo di una adeguata 31Cfr. Maria Guercio, Linda Giuva, I ministeri economici, op. cit. Bisogna sottolineare che, a differenza di quanto stabilito per legge, all’interno della struttura organizzativa del Ministero delle Corporazioni l’Ufficio centrale brevetti e marchi comincerà a comparire solo dal 1941. Prima di allora troviamo ancora menzionato l’Ufficio della Proprietà Intellettuale. Cfr. Giuda Monaci, dal 1930 al 1941. 32 Istituito con R.D. 2 luglio 1926, n. 1131 al fine di esercitare tutte le funzioni di coordinamento e controllo in materia sindacale, con R.D. 12 settembre 1929, n. 1661 si vide accorpare tutte le competenze del soppresso Ministero dell’Economia Nazionale ad eccezione di quelle trasferite al Ministero dell’Agricoltura e foreste.

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preparazione, l’arduo compito di certificare ai cittadini italiani che intendevano operare

all’estero la titolarità di un brevetto in vigore, così come competeva all’Ufficio l’esame di

tutte le domande provenienti dall’estero. Dei diciassette esaminatori laureati in ingegneria

e chimica, previsti dall’organico degli anni ‘30, solo dodici erano effettivamente in

servizio. All’arretrato da sistemare e alle domande di prolungamento da valutare, si

aggiunsero inoltre la massiccia ripresa delle domande per i brevetti di invenzione e la

registrazione di marchi, disegni e modelli industriali.

L’11 dicembre 1953, a Parigi, quattordici paesi firmarono la prima convenzione sulle

formalità per la presentazione delle domande di brevetto. Il testo dell’accordo dava

disposizioni molto minuziose, arrivando a descrivere dal formato della carta ai centimetri

di margine sui bordi, dalle dimensioni allo stile delle scritte e dei numeri a fianco dei

disegni, non mancavano riferimenti allo stile della descrizione e alle unità di misura da

adottare, dal sistema metrico ai gradi centigradi; e in appendice, il fac-simile della

domanda, in doppia versione. Era un passo avanti significativo, nel campo della

standardizzazione delle metodologie amministrative, che avrebbe sicuramente comportato

lo snellimento delle procedure di certificazione.

Il lavoro dell’Ufficio Brevetti risultò così semplificato, soprattutto per quello che

riguardava l’esame delle domande presentate dai cittadini di altri paesi nell’esercizio del

diritto di priorità.

Sul piano dei contenuti venne modificato l’esercizio del deposito diretto, a Roma o

presso le Camere di Commercio. Venne ammessa la spedizione postale raccomandata e il

diritto di priorità, derivante da un precedente deposito all’estero, che poteva essere

esercitato entro due mesi.

L’anno dopo venne firmata, a Parigi, la classificazione internazionale dei brevetti33,

con lo scopo di promuovere un sistema uniforme di classificazione dei brevetti per le

invenzioni in armonia con le legislazioni nazionali dei diversi Stati.

Se da una parte questo nuovo sistema richiedeva una preparazione adeguata da parte

dell’Ufficio per l’applicazione della classificazione; dall’altra semplificava le ricerche di

anteriorità, sia degli esaminatori, sia dei terzi interessati, rendendo così più agevole il

lavoro dell’Ufficio Brevetti.

La ripresa economica degli anni ‘60 mise però in luce tutti quei problemi di

inadeguatezza che la struttura dell’Ufficio centrale brevetti andava da tempo palesando

soprattutto rispetto al panorama internazionale.

33 Firmata a Parigi il 19 dicembre 1954, entrò in vigore il 1° agosto 1955.

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Gli anni ‘70 rappresentarono il momento di massima incertezza e minima

soddisfazione per l’Ufficio Brevetti. La struttura inadeguata, la carenza di personale e gli

stanziamenti insufficienti per far fronte all’aumento del lavoro che si era venuto a creare in

seguito allo sviluppo tecnologico ed alla nascita delle nuove convenzioni internazionali,

avevano infatti aggravato le già drammatiche condizioni in cui versava l’Ufficio.

Tra il 1938 e il 1988 si era registrato, infatti, un aumento dell’attività dell’ufficio di

quattro, cinque volte superiore, mentre l’organico era dimezzato e sul piano finanziario gli

stanziamenti risultavano pari, in valore assoluto, a quelli degli anni venti.

Ciò comportò un lento ma graduale deterioramento dei servizi, con conseguente

formazione di arretrati sempre meno gestibili.

Il tutto si tradusse in un continuo scambio di accuse e giustificazioni tra il mondo

produttivo, che lamentava l’inefficienza del servizio brevetti, e quello istituzionale e

ministeriale che ipotizzava risorse e riforme organizzative sempre rinviate. L’evoluzione

che il settore ebbe in Europa esercitò un traino positivo sulle istituzioni italiane portando

l’Ufficio, nella seconda metà degli anni ’90 del 900, a valorizzare i propri compiti e a

definire, per la prima volta, la propria mission: il sostegno all’innovazione e alla

competitività delle imprese.

Agli inizi degli anni ‘80 però la situazione divenne particolarmente pesante,

coinvolgendo quasi tutti i settori di attività dell’Ufficio.

L’inadeguatezza del sistema dipendeva in primo luogo dal ridottissimo numero degli

addetti dell’Ufficio Centrale Brevetti, che contava solamente cinquanta dipendenti (nel

1938 erano centocinquanta), con conseguenze gravissime per la regolare gestione delle sue

funzioni: oltre cinque anni per il rilascio dei brevetti modelli e marchi34, un arretrato di

duecentomila domande, la mancata pubblicazione da dodici anni del Bollettino dei brevetti

concessi, la mancata registrazione dei pagamenti delle tasse annuali di mantenimento così

da non conoscere e da non poter certificare la permanenza o meno della protezione. Tutto

ciò si ripercuoteva sulle imprese e sulla loro libertà di sviluppare e brevettare nuove

tecnologie impedendo la diffusione delle conoscenze tecnologiche.

Fu così che nel 1984, di fronte ad una situazione divenuta ormai insostenibile, il

Ministero dell’industria del commercio e dell’artigianato35 prese la decisione di inquadrare

34 Non essendo presente in Italia l’esame di merito, la concessione dovrebbe avvenire dopo circa 18 mesi dalla data di deposito. Cfr. Roberto Malaman, Brevetto e politica dell’innovazione: organizzazione e funzioni dell’ufficio brevetti, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 91-110. 35Istituito nel 1966 con legge 26 settembre 1966, n. 972.

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l’Ufficio centrale brevetti e marchi nella Direzione generale della produzione industriale36,

declassandolo ma riuscendo così a potenziarne l’organico, cosa che portò qualche risultato,

per esempio nello smaltimento dell’arretrato delle concessioni. Dal 1988 la situazione

tornò comunque quella dei primi anni ottanta mettendo in luce ancora una volta le carenze

strutturali dell’ufficio e la necessità, perciò, di nuovi interventi riformatori che, a parere di

molti37, avrebbero dovuto portare alla completa autonomia dell’ufficio dal Ministero.

Negli anni ‘90 il sistema dei marchi fu oggetto di una vera e propria rivoluzione

normativa38, nota come nuova Legge Marchi, che coinvolse l’intera disciplina della

proprietà intellettuale e diede vita al Codice dei diritti di proprietà industriale39 che

introdusse nel sistema italiano una disciplina organica e strutturata in materia di tutela,

difesa e valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale.

Tra le molte innovazioni, la Legge Marchi portò alla distinzione tra i brevetti ed i

marchi. Fino ad allora il termine brevetto, concettualmente più vicino all’invenzione o

innovazione, includeva qualsiasi ‘cosa’ fosse sottoposta a registrazione, compreso lo stesso

diritto d’uso del marchio. La mancata distinzione suscitava quindi diverse incertezze

soprattutto in ambito internazionale, dove il brevetto trovava corrispondenza con il termine

patent, il cui significato non includeva però il concetto di marchio. Questa distinzione

comportò il cambio di denominazione anche per l’Ufficio centrale brevetti, che venne da

allora ribattezzato Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM).

La riorganizzazione dell’Ufficio accompagnata dall’adozione di nuove tecnologie40

portò ad un miglioramento della produttività del sistema, che seppe fronteggiare il

considerevole aumento delle domande di registrazione dovuto principalmente alla riforma

del ’92.

Dal 1° gennaio 2009, per effetto del D.P.R 28 novembre 2008 n. 197, è stata poi

costituita la Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione, Ufficio Italiano Brevetti e

Marchi. La Direzione Generale, inquadrata nel Dipartimento per l’impresa e

l’internazionalizzazione, opera, in ambito nazionale ed internazionale, per valorizzare e

36L’Ufficio, all’interno del Ministero dell’Industria e del Commercio, dal 1948 al 1954 fu inquadrato nella Direzione generale della produzione industriale, alle dipendenze dell’Ispettorato tecnico dell’industria, nel 1955 passò alle dipendenze della Direzione generale degli affari generali e nel 1959 passò alle dirette dipendenze del Ministro, fino al 1984. Cfr. Giuda Monaci, dal 1948 al 2001. 37 Cfr. Roberto Malaman, Brevetto e politica dell’innovazione: organizzazione e funzioni dell’ufficio brevetti, op. cit. 38 Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.480. 39 Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. 40 Nel 2004 l’adozione del sistema SARA (Sistema Avanzato di Registrazione e Archiviazione) consentì di migliorare l’efficienza degli esaminatori.

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tutelare la Proprietà Industriale e per sostenere la lotta alla contraffazione, supportando

l’innovazione e la competitività delle imprese.

Nel 2010-11, a compimento della lunga evoluzione normativa, si arriva finalmente al

totale azzeramento dell’arretrato con tempi di attesa di soli due mesi fra deposito e

registrazione, in linea con gli uffici più efficienti a livello internazionale.

Oggi l’UIBM ha un organico di un centinaio di dipendenti, ai quali si aggiungono

ventuno esaminatori, e grazie anche alla collaborazione con le istituzioni internazionali

della proprietà intellettuale l’Ufficio brevetti non soltanto è sopravvissuto, ma è riuscito a

recuperare i ritardi e a legittimare la sua funzione al servizio dell’innovazione.

1.3. L’Archivio: nascita, sviluppo e iniziative di valorizzazione

1.3.1. La documentazione conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato

La documentazione brevettuale conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato è

una delle serie archivistiche più complete. É costituita da 891.000 fascicoli, circa tre

chilometri lineari di materiale, di cui 171.100 fascicoli sono di marchi di fabbrica prodotti

dal 1869 al 1965 dall’Ufficio italiano brevetti e marchi e depositati dal Ministero dello

sviluppo economico, dicastero preposto all’esame delle invenzioni e versati, com’è

d’obbligo per tutti gli archivi delle amministrazioni e degli organi centrali dello Stato,

all’ACS.

La documentazione presente all’ACS arriva con un primo versamento nel 1964 ed è

relativa ai fascicoli 1-90.000 per gli anni 1869-1943 e con un secondo versamento di

81.000 fascicoli nel 2000, dal 90.001 al 171.000, riguardanti gli anni 1944-1965.

La documentazione si presenta sostanzialmente così composta:

• per gli anni 1876-1914:

o dal n. 101 al n. 14.000 immagini originali di marchi ordinate in volumi per

n. di registrazione (volumi da 2 a 140);

o dal n.1 al n. 14.000 attestati e trascrizioni di marchi ordinati in volumi per

data di trascrizione (volumi da 1 a 140);

o domande ordinate in volumi per data di deposito.

• dopo il 1914:

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o da 14.001 faldoni contenenti i fascicoli al cui interno si trova generalmente

la trascrizione, un verbale di deposito, una domanda ed eventuale carteggio

amministrativo, tasse pagate, e in alcuni casi il marchio.

• dal volume 1 fino al volume 274 si tratta di dati riassuntivi ordinati per numero

di presentazione, conservati in fascicoli;

• dal n.14.001 fino a n. 33.301 si tratta di volumi comprendenti il marchio ed i dati

salienti della registrazione effettuata presso l’UIBM, conservati in volumi

contenenti ognuno 100 marchi ordinati per giorno di presentazione (volumi da

140 a 332);

• dal n. 33.301 del 3 maggio 1926 fino al 171.100 del 18 agosto 1965 sono

ordinati per data di registrazione in volumi recanti i numeri sul dorso (esempio

33.301-33.400);

• dal 141 al 274 sono ordinati per volumi contenenti ciascuno 100 marchi, ordinati

per data di deposito.

Esistono anche i volumi per data di presentazione, che analogamente contengono i

dati riassuntivi e l’immagine del marchio ordinato per anno e numero di domanda.

Nel 1996 è stata fatta una ricognizione dei faldoni indicando per ciascuno il numero

dei fascicoli mancanti.

Troviamo infine notizia dei marchi anche all’interno delle seguenti serie o fondi:

• Bollettino Ufficiale della proprietà industriale 1886-1888;

• Bollettino della proprietà intellettuale 1901-1902;

• Bollettino dei marchi di fabbrica 1913, dove i marchi cominciano ad essere

notificati insieme all’immagine e soprattutto ordinati per categorie delle quali

viene data anche notizia all’interno dei registri.

Come si può notare, nel fondo sono presenti due diversi modi di archiviare e

conserva i marchi, a seconda che siano stati depositati prima o dopo il 1914.

La motivazione di ciò è da ricercarsi nei due diversi regolamenti di attuazione della

normativa per la trascrizione dei marchi e segni distintivi di fabbrica (R.D. 30 agosto 1868,

n. 457741) il primo emanato con R.D. 7 febbraio 1869 n. 4860 e il secondo approvato con

R.D. 20 marzo 1913, n. 526.

41 Legge che disciplinò per la prima volta i marchi di fabbrica.

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Inizialmente42, infatti, i marchi venivano conservati in registri contenenti ognuno

cento marchi ed a cui corrispondevano altrettanti volumi43 contenenti domande,

dichiarazioni e descrizioni, ordinate per data di trascrizione. Sugli esemplari dei marchi

all’interno dei registri veniva, invece, apposto un numero d’ordine progressivo, con

l’indicazione della data del deposito.

Il nuovo regolamento44, invece, introdusse la novità di registrare e conservare il

marchio in appositi registri contenenti la dichiarazione, l’indicazione del modo di

applicazione del prodotto e la loro designazione, unitamente ad una descrizione succinta

del marchio, con relativa riproduzione dello stesso in una riquadratura di dimensioni non

superiori a cm 12x16.

Le stesse notizie venivano altresì conservate all’interno di una serie di fascicoli

contenenti la descrizione ed il carteggio formatosi nel tempo e qualche volta la

riproduzione del marchio.

Questa novità, se da una parte garantì la possibilità di avere tutte le notizie relative ai

marchi all’interno di uno stesso volume, dall’altra produsse la perdita dei colori originali

nelle riproduzioni, in quanto le ridotte dimensioni volute dal regolamento fecero sì che le

immagini venissero presentate non in originale, ma attraverso copie ridimensionate.

Esistono, poi, una serie di volumi che contengono le sole domande e da cui non è

possibile stabilire se quest’ultime, presentate alle Camere di Commercio, furono poi

accettate e registrate dall’Ufficio brevetti.

L’archivio è infine accompagnato da uno schedario alfabetico originale contenente i

titolari dei marchi concessi, pervenuto in ACS solamente dalla lettera A alla lettera L,

pertanto non completo e quindi di scarso utilizzo.

Tutta la documentazione fa parte di una serie più cospicua e completa relativa

all’archivio dell’Ufficio Italiano brevetti e marchi costituita da tre differenti serie.

• INVENZIONI, costituita da 620.000 fascicoli dal 1855 al 1962;

• MODELLI, costituita da 100.000 fascicoli dal 1876 al 1965;

• MARCHI DI FABBRICA, costituita da 171.100 fascicoli dal 1869 al 1965.

42 Cfr. il regolamento per l’esecuzione della legge 30 agosto 1868, n. 4577, R.D. 7 febbraio 1869, n. 4860 artt. 6,7,8. 43 Per un totale di 140 volumi, da cui deriva la iniziale suddivisione di 14.000 marchi. 44 Cfr. R.D. 20 marzo 1913, n. 526, art. 2.

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Ogni fascicolo comprende la documentazione inviata al Ministero dell’Industria da

privati o società che così facendo intendevano garantirsi la tutela da contraffazioni ed

eventuali frodi.

1.3.2. Progetti di riordinamento e valorizzazione

Negli ultimi anni si è molto dibattuto sulla possibilità di promuovere progetti mirati

alla conservazione e valorizzazione nel campo degli archivi. Ne è emerso un interesse

sempre più crescente verso la digitalizzazione di documenti cartacei.

Questa operazione risulta molto importante per preservare tutti quei documenti

dichiarati di interesse storico in quanto permette una migliore conservazione nel tempo con

minore deterioramento dell’originale non sottoposto quindi a continue manipolazioni da

parte dell’utente e soprattutto apre le porte a tutti i benefici offerti dal formato digitale a

partire dalla immediatezza della ricerca.

E’ con questi presupposti che in ACS sono stati sviluppati una serie di progetti volti a

valorizzare la serie Marchi:

Un primo progetto di ricerca e valorizzazione della serie marchi, denominato

‘Progetto Finalizzato Beni Culturali’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Target

5.2.1/2), avente lo scopo di instaurare un rapporto di collaborazione e di ricerca in merito

alla catalogazione ed allo studio della documentazione del fondo del Ministero

dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, Serie

Marchi, fu presentato dal prof. Vittorio Marchis del Dipartimento di Meccanica del

Politecnico di Torino.

Il progetto iniziale prevedeva la schedatura di 15.000 marchi, cui sarebbe seguita una

acquisizione delle immagini a corredo delle schede.

Nel 2000, per la realizzazione di questo progetto, l’ACS ottenne un finanziamento

dal CNR che portò alla schedatura analitica di 14.000 marchi relativi agli anni 1869-1913 e

ad una scansione delle prime 8.000 immagini.

Nel 2001, grazie poi alla collaborazione con la società informatica ECS Media,

furono realizzati la schedatura e la scansione dei rimanenti 20.000 marchi, corredati anche

da una soggettazione iconologica.

Successivamente il progetto, che secondo le intenzioni del Comitato stesso avrebbe

dovuto proseguire per altri anni, subì una brusca interruzione a causa del nuovo assetto del

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CNR45 la cui attività non doveva più procedere attraverso la realizzazione di progetti

finalizzati o strategici, ma attraverso l’organizzazione di maro aree interdisciplinari di

ricerca scientifica e tecnologica.

Questo primo progetto a carattere sperimentale fece comunque emergere il valore di

questa serie e la necessità di continuare a percorrere la via della digitalizzazione della

stessa fino ad arrivare alla creazione di una banca dati.

Il primo progetto di banca dati, voluto dal direttore generale per gli archivi del

MIBACT Luciano Scala e dall’allora sovrintendente dell’ACS Agostino Attanasio

nell’ambito delle celebrazioni per l’Unità d’Italia, fu realizzato dalla società di servizi

informatici SIAV nel 2011.

Nello specifico furono schedati 1001 volumi di cui 957 relativi ai marchi e 44 relativi

agli attestati.

La banca dati SIAV fu inizialmente creata attraverso la trasmigrazione dei dati della

vecchia banca dati realizzata durante il precedente progetto e rimase in fase di elaborazione

per circa due anni.

Durante quel periodo, SIAV insieme alla referente del progetto presso l’ACS, la

dott.ssa Margherita Martelli, e al Sovrintendente dell’Archivio, cercarono di armonizzare i

dati presenti all’interno della nuova banca dati dandole uno stile nuovo e più funzionale.

Obiettiva mai raggiunto: la banca dati rimase in una fase di sviluppo, risultando non

solo di difficile consultazione, ma offrendo anche risultati incompleti.

Un aspetto positivo fu, comunque, la presentazione innovativa di una analisi del

marchio rispetto a tutte le altre banche dati riferite ad uno specifico marchio o categoria46:

il marchio veniva infatti considerato un soggetto a sé, portatore di una storia unica e

personale che prescindeva dal suo titolare.

Nel 2013 ebbe inizio la seconda fase curata invece dal Consorzio Roma Ricerche che

grazie ad una innovazione nella modalità di esposizione dei marchi sul web portò alla

realizzazione della attuale banca dati dei marchi presente sul sito dell’ACS47.

L’attuale banca dati è costituita dalle immagini dei marchi corredate da schede

descrittive e soprattutto da una serie di funzioni che offrono innumerevoli potenzialità di

ricerca e che permettono di indagare il fondo archivistico da più punti di vista.

45 Cfr. il decreto legislativo di riforma del CNR, d.lgs. 4 giugno 2003, n. 127. 46 Cfr. banca dati marchio Procter & Gamble http://www.pg.com/it_IT/prodotti/index.shtml. 47 Banca dati marchi sul sito dell’ACS http://dati.acs.beniculturali.it/mm/local/.

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1.4. L’Archivio dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi: modelli a confronto

Abbiamo visto nel paragrafo precedente in che modo la documentazione del fondo

del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio Italiano Brevetti e

Marchi, Serie Marchi, sia stata conservata e valorizzata dall’Archivio Centrale dello Stato.

Un insieme di carte e di immagini messe a disposizione degli studiosi e degli

specialisti del settore, dei giovani e del mondo della scuola. Fonti documentarie di

straordinario interesse, capaci di raccontare una storia di innovazioni e di creatività studiata

e indagata fino ad ora solo in parte.

In questo paragrafo si porrà l’attenzione sulle modalità di acquisizione, valutazione,

conservazione e valorizzazione dei brevetti, modelli e marchi messe in atto dal soggetto

produttore.

Dopo i primi ottanta anni di modulistica e archiviazione cartacea48, già negli anni ‘60

l’attuale UIBM guarda all’informatica allora costituita da grandi calcolatori che, per la sola

installazione, richiedevano infrastrutture notevoli per l’ingombro ed il condizionamento

degli ambienti.

Le grandi macchine utilizzavano nastri magnetici, schede o bande cartacee perforate,

per l’inserimento e l’elaborazione dei dati.

Una commissione istituita presso il Ministero del tesoro vede nell’UIBM uno degli

enti statali che necessita di informatizzazione per la mole e qualità della documentazione,

delle informazioni e delle procedure da gestire. A questo proposito viene istituito presso

l’Ufficio brevetti un centro meccanografico formato da venti operatori, oltre ad una rete di

corrispondenti presso le Camere di Commercio. Così si opera sino agli anni settanta

inoltrati, grazie ai calcolatori Elea Olivetti poi sostituiti con elaboratori H6000 collegati a

terminali installati presso gli uffici per l’inserimento diretto dei dati.

Sopravviene tuttavia uno stallo, comune in quel periodo a molte pubbliche

amministrazioni, perché la rapida evoluzione informatica, affiancata da una non meno

rapida evoluzione normativa, richiede scelte tempestive. Lo stallo si protrae fino alla metà

degli anni ‘80, ed è accompagnato dalla sospensione delle domande e quindi delle

concessioni, nonché dal mancato inserimento dei dati.

Gli operatori del centro meccanografico vengono trasferiti ad altre amministrazioni e

nel 1985 viene affidato ad una società esterna l’inserimento dei dati delle migliaia di

domande giacenti, portando in breve tempo all’eliminazione di tutto l’arretrato sui modelli 48 In linea di massima rispecchiano le modalità di archiviazione che abbiamo potuto riscontrare nella analisi della documentazione cartacea presente presso l’ACS e esposto nel paragrafo precedente.

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di utilità e ornamentali e nell’anno successivo allo smaltimento di quello sulle altre

tipologie brevettuali (che all’epoca comprendevano anche i marchi).

Nel frattempo l’Ufficio usufruisce di un nuovo progetto di archiviazione su

microfilm e di elaborazione non soltanto dei dati, ma anche di tutta la documentazione dei

brevetti concessi (disegni e descrizione).

Il nuovo supporto sostituisce gradualmente tutta la documentazione cartacea che

viene trasferita all’Archivio Centrale dello Stato.

I nuovi sistemi informatici sono targati IBM, ma nel 2004, con l’avvento di internet e

della tecnologia di rete e quindi con il superamento dell’architettura informatica basata sui

grandi calcolatori centrali, questi sistemi vengono dismessi e viene elaborato dall’Autorità

per l’informatica nella pubblica amministrazione49 un piano di informatizzazione diffusa,

la Rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), basata sulla interoperabilità dei

sistemi disseminati nelle diverse amministrazioni.

Intanto l’Ufficio si arricchisce di un nuovo sistema informatizzato, il cosiddetto

SARA che, a partire dal 2006, si occupa di gestire la procedura di deposito telematico dei

titoli della proprietà industriale, realizzata in collaborazione con il sistema camerale che,

con un sistema di riversamento delle domande prima sul sistema e poi all’Ufficio brevetti,

assicura una capillare presenza sul territorio.

Nel frattempo l’Ufficio compie anche un rilevante sforzo in termini di

digitalizzazione della documentazione brevettuale, procedendo alla scansione di una parte

rilevante del proprio archivio.

Negli ultimi anni l’Ufficio ha provveduto alla reingegnerizzazione dell’intero sistema

informativo passando ad una procedura diretta, tramite il web, di acquisizione online delle

domande senza il passaggio presso le Camere di Commercio.

Un altro passaggio epocale riguarda infine il cambiamento delle modalità di

pagamento dei diritti e delle tasse dei titoli della proprietà industriale che non avviene più

tramite bollettino di conto corrente postale, ma attraverso un modello F24, con il vantaggio

di avere subito a disposizione il resoconto dei pagamenti in relazione a ciascun titolo di

proprietà industriale.

Attualmente l’Archivio dell’Ufficio italiano brevetti e marchi comprende la banca

dati nazionale dell’UIBM che raccoglie tutte le informazioni relative alle domande

depositate a partire dal 1° gennaio 1980 per i depositi dei marchi, brevetti per invenzioni,

disegni, modelli di utilità e traduzioni.

49 Aipa, istituita nel 1993 e ribattezzata Cnipa nel 2003 e DigitPa nel 2010.

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Sono presenti anche i depositi per le nuove varietà vegetali, certificati di protezione

complementari per i medicamenti e fitosanitari e le nuove topografie per semiconduttori a

partire dal 1° Ottobre 1989; così come i depositi per le trascrizioni e annotazioni a partire

dal 1° gennaio 1996.

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2. I MARCHI DI FABBRICA

2.1. Il marchio nella storia: nascita del brand

Fin dall’origine dell’uomo, i segni, i simboli, i disegni, costituiscono modi di

rappresentare valori ed esperienze.

I marchi, i pittogrammi, i segni divinatori, apotropaici e iniziatici, sono quindi legati

alla nostra storia, alle più antiche forme di iscrizione e costituiscono ancora oggi sistemi di

comunicazione in numerose etnie.

A metà strada fra parola e disegno, alla frontiera fra segno e simbolo, queste

iscrizioni rappresentano il più delle volte la necessità dell’uomo di uscire dall’individuale

per raggiungere l’universale.

Il concetto di marchio come lo conosciamo oggi iniziò ad apparire solamente con le

prime produzioni artigianali. I manufatti presero ad essere marchiati con segni distintivi,

che identificavano in maniera univoca il proprio creatore, e ne favorivano quindi la

divulgazione presso gli acquirenti e presso altri individui.

Una delle prime forme fu quella adottata dagli antichi egizi, dalle popolazioni

mesopotamiche e dai romani per contrassegnare appunto le terrecotte e i mattoni o i propri

animali attraverso un segno distintivo, che ne esplicitava il possesso.

Il marchio si presentava, fin dalle sue origini, con le funzioni di riconoscimento del

produttore o del proprietario: dalla dichiarazione d’appartenenza di un prodotto o di un

edificio, fino alla tutela dell’esclusività da un punto di vista legale; e soprattutto esprimeva

graficamente e stilisticamente il momento storico-culturale in cui operava trasmettendo un

messaggio in maniera connotativa e simbolica.

Durante il Medioevo appare per la prima volta legato alle insegne delle grandi casate

nobiliari apposto sugli edifici, sui capi di vestiario, sugli oggetti d’uso, ma anche sugli

eleganti monogrammi utilizzati dai banchieri, dai commercianti e da altri rappresentanti

delle classi borghesi per contrassegnare col proprio sigillo lettere, contratti e documenti

d’ogni genere, senza contare i primi significativi esempi di marche tipografiche50 nella

Venezia di fine ‘400.

50 «La tipografia italiana fece larghissimo uso di una marca caratteristica, che ha qualche riscontro con quelle usate per le filigrane delle carte e che divenne per lungo tempo un vero e proprio ‘marchio’ commerciale dell'arte impressoria. La sua forma più consueta è un cerchio con linee secanti o triangolari all'interno e con sovrapposta una croce, spesso a doppio o triplice braccio, impressa in rosso o in nero. Fu usata la prima volta dai soci Nicola Jenson e Giovanni da Colonia, tipografi a Venezia (circa 1480), poi adottata con svariatissime forme - a foggia di cuore, di scudo, quadrangolare, con sigle, simboli, fregi, ecc. - da molti altri tipografi.

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In età contemporanea, in seguito alla costante crescita dell’industrializzazione e alla

moltiplicazione dei beni prodotti e delle imprese, si impone la necessità di differenziare, in

misura maggiore che nel passato, le merci e gli apparati che le originano.

Ecco quindi che questi segni identificativi subiscono una pluralità di integrazioni e

modificazioni e cominciano ad essere utilizzati per individuare e connotare un’impresa, un

ente, un bene prodotto o commercializzato, ovvero un servizio fornito dall’impresa o

dall’ente che li possiede.

Il marchio diviene così un elemento indispensabile di identificazione e di

qualificazione e con il passare degli anni si avverte la necessità di tutelarlo in modo

appropriato dal punto di vista giuridico.

Fin dall’inizio l’attenzione del legislatore si rivolse sia al ruolo che il marchio

avrebbe dovuto avere per l’azienda, sia alla fortuna che esso avrebbe provocato per il

prodotto sul mercato.

I marchi, infatti, cominciano ad assumere un valore economico nel momento in cui

l’affermarsi del loro utilizzo va di pari passo con il progredire della capacità commerciale

di un’impresa, o di un ente, cioè con l’evolversi della sua capacità di porsi e di proporsi sul

mercato, in un contesto di caratterizzazione ed individualizzazione del proprio messaggio

promozionale.

Là dove alcuni tipi di marchi vengono utilizzati per garantire una specifica qualità di

un bene, o di una categoria di beni, altri invece vengono utilizzati per contraddistinguere

una o più caratteristiche di un prodotto (es. organolettiche), ovvero un suo particolare

componente, altri ancora per proteggere il luogo di provenienza.

Con l’introduzione della stampa tipografica a colori, agli inizi del ‘900, e con la

nascita dell’industria pubblicitaria, i simboli iniziano ad essere usati per veicolare concetti,

idee e metafore.

Nel Novecento con la rapida evoluzione della società e con la sempre maggiore

diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, i marchi diventano sempre più essenziali

per le aziende per poter competere in un mercato in rapida espansione.

In quel periodo l’unità del Paese è recente e l’Italia è ancora legata ad un’economia

basata sull’agricoltura, ecco quindi che il modello che influenza la creazione dei marchi è

ancora quello legato al mondo contadino.

L'interpretazione di questa insegna, nella quale taluni vollero rintracciare un significato simbolico o mistico, è affidata tuttora a conclusioni non definitive, ma la sua origine può benissimo ricollegarsi alle marche commerciali del tempo in uso presso pittori, ceramisti, incisori, ecc.» tratto da Enciclopedia Italiana Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/

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La mancanza di una tradizione storica alle spalle, inoltre, spinge i nuovi imprenditori

a prendere a prestito le icone più convenzionali del momento, ecco quindi che tra

patriottismo risorgimentale e imprese coloniali compare, fra le muse femminili, anche

quella turrita avvolta nel tricolore che identifica l’Italia.

Foto 1 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 3760

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Foto 2 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 2445

Quando invece viene raffigurata la donna moderna, lavoratrice nelle filande e nelle

fabbriche tessili, questa assomiglia alla Lucia Mondella di origine manzoniana. Non

mancano poi, tra le figure retoriche, gli animali: dal leone, primo attore incontrastato,

all’aquila che sovrasta il mondo, oppure simboli esotici che rappresentano prodotti che

nulla hanno a che fare con quelle immagini.

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Foto 3 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 4741

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Foto 4 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 1982

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Foto 5 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 587

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Foto 6 - MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc.

La fine della seconda guerra mondiale porta con sé la voglia di tornare a produrre e

la necessità di aprire le frontiere ai mercati ed ai prodotti esteri, si assiste così, dal 1945 al

1965, a quello che venne definito il miracolo economico.

Nelle case degli italiani cominciano a comparire i primi elettrodomestici e si assiste

alla produzione di nuovi prodotti, dall’industria alimentare a quella chimica.

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I marchi diventano sempre più espressione delle potenzialità economiche di un

paese, influenzando gusti, scelte e linguaggio dei cittadini e soprattutto contribuendo alla

divulgazione di una cultura di massa.

Prima degli anni quaranta i marchi, associando parole a immagini, raccontano storie,

dando la possibilità anche a chi non sa leggere di avere notizie su come cambia il Paese.

Successivamente diventano espressione del gusto e della società che cambiano,

danno consigli su cosa mangiare e come vestirsi, modificano il modo di parlare,

introducendo parole straniere, cambiano le abitudini degli italiani.

Negli anni ‘50, quasi in risposta all’affermarsi di un mercato pubblicitario, l’interesse

si sposta sul prodotto anziché sull’impresa, i marchi prendono vita, con tanto di carattere e

di cuore, e danno al modo di apparire dei prodotti una nuova fisionomia e un nuovo stile

impossibile da dimenticare tanto che le lettere, le iconografie classiche (leoni, aquile, ecc.),

le forme geometriche, costituiscono ormai un patrimonio limitato da utilizzare.

Vengono invece utilizzate molte parole straniere, in parte importate dagli Alleati, che

col tempo diventeranno d’uso comune, come la parola shampoo, e in alcuni casi

italianizzate, come lo ‘sciampo’51 della ditta Romagnoli.

Ai nostri giorni lo studio del marchio è diventato una vera e propria scienza e se fino

a non molti anni fa il marchio è stato considerato l’elemento portante dell’identità visiva di

un’azienda (visual identity), oggi il riconoscimento di un’azienda, quindi di tutto ciò che

proviene dal suo interno e si riversa sul sociale, avviene attraverso una strutturazione di

elementi comunicativi coordinati tra cui il marchio, che assume la caratteristica di sigla

visiva.

I più grandi designer usano tecniche visive raffinate per creare simboli di alto

impatto con lo scopo ultimo di suscitare nei potenziali acquirenti (target group) il desiderio

(spesso inconscio) verso i prodotti a cui si riferiscono. Sempre più spesso, inoltre, i

designer usano le tecniche messe a punto da scienze come la psicologia sociale nella

creazione dei marchi.

Il marchio assume forme e significati diversi: se da un lato riassume, sintetizza e

fotografa in un simbolo la storia e la filosofia di un’azienda, dall’altro è un elemento

mobile mutevole e soggettivo per la diversa valenza che assume per ogni singolo

consumatore e per la sua evoluzione nel tempo.

Rappresentare in un segno un universo di valori, vuol dire quindi saper adattare

questo segno alle nuove esigenze di comunicazione.

51 MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc.90765.

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Bisogna saper trasmettere e comunicare con efficacia i valori del soggetto a cui fa

capo.

Il marchio tende a raffigurare con un preciso stile grafico, figlio del clima e del gusto

in cui è stato concepito, valori estetici che in quel momento storico vengono ritenuti

fondamentali e distintivi e così la sua componente materiale, quella grafica appunto, è

facilmente e ciclicamente messa alla prova dal tempo che passa.

Sono nomi, parole, simboli, disegni, o combinazioni di tutti questi elementi, aventi lo

scopo di identificare e differenziare i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre

imprese, veri e propri ‘brand’ intesi come variabili multidimensionali che contengono non

solo gli aspetti distintivi, ma anche la storia dell’impresa, l’esperienza maturata dai

consumatori, il livello di notorietà e le aspettative dei potenziali acquirenti.

2.2. Normativa nazionale ed internazionale

1868 – Legge 30 agosto 1868, n. 4577, sui marchi e segni distintivi di fabbrica

1883 – Convenzione d’Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale

1891 – Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi

1942 – Regio Decreto 21 giugno 1942, n. 929, ‘in materia di marchi registrati’ (Legge

Marchi)

1954 – Ratifica delle modifiche apportate nel 1934 alla Convenzione di Parigi e

all’Accordo di Madrid

1954 – Legge 10 aprile 1954, n. 129, che riduce il numero di classi di prodotti ai fini della

registrazione dei marchi, da 49 a 34

1957 – Accordo di Nizza concernente la classificazione internazionale dei prodotti e dei

servizi ai fini della registrazione dei marchi

1958 – Accordo di Lisbona sulla protezione delle denominazioni d’origine

1967 – Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale

(WIPO)

1973 – Accordo di Vienna che stabilisce una classificazione internazionale degli elementi

figurativi dei marchi

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1988 – Direttiva Europea sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in

materia di marchi d’impresa

1989 – Protocollo di Madrid relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione

internazionale dei marchi

1992 – Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, Attuazione della direttiva (CEE) n.

104/89 del Consiglio d’Europa del 21 dicembre 1988, recante ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa. (Nuova legge marchi)

1993 – Regolamento 40/94 del Consiglio d’Europa, del 20 dicembre 1993, sul marchio

comunitario (CTM)

1994 – Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio

(TRIPS)

2005 – ‘Codice della Proprietà Industriale’ (Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

2009 – Regolamento (CE) N. 207/2009 del 26 febbraio 2009 sul marchio comunitario

2010 – Regolamento di attuazione del codice della proprietà industriale (D.Lgs 13 gennaio

2010, n. 33)

2011 – Decreto 11 maggio 2011 sull’opposizione alla registrazione dei marchi italiani

Come abbiamo potuto appurare nel capitolo precedente il riconoscimento giuridico

del diritto di invenzione, come diritto esclusivo allo sfruttamento economico del proprio

ritrovato, ha rappresentato una conquista del diritto moderno.

Inizialmente, prima di arrivare al riconoscimento del diritto esclusivo d’invenzione,

il mezzo tecnico utilizzato per concedere al beneficiario il potere di escludere i terzi

dall’attuazione della invenzione, fu il privilegio o la lettera patente52.

L’avvento della rivoluzione industriale produsse un potente stimolo per l’evoluzione

della tutela giuridica delle invenzioni gettando le basi della moderna giurisprudenza in

materia.

La storia della tutela dell’invenzione si è protratta quindi fino all’inizio dell’800,

quando viene acquisito ovunque il concetto di diritto dell’inventore e vengono promulgate

nuove legislazioni in materia. Furono emanate due importanti leggi, una statunitense53 e

52Brevis patente da cui trarrebbe origine il nome moderno di brevetto in italiano, brevet in francese, patent in inglese e tedesco e patente in spagnolo. Cfr. Roberto Malaman, Brevetto e politica dell’innovazione, Bologna, Il Mulino, 1991, op. cit. 53 Patent Act del 1790 successivamente modificata nel 1793, nel 1800, nel 1836 e nel 1874. Cfr. Nuovo Digesto Italiano, Torino, UTET, 1939.

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una francese54, che stabilirono, per prime, l’esistenza di un diritto soggettivo dell’inventore

atto ad ottenere il rilascio del brevetto dall’autorità governativa abbandonando

definitivamente il concetto di privilegio.

Da allora il concetto di diritto dell’inventore si fece strada e con l’inizio del nuovo

secolo nuove leggi che regolavano la materia vennero promulgate ovunque.

La prima vera legge in chiave moderna della legislazione brevettuale italiana fu

comunque la legge piemontese preunitaria del 12 marzo 1855, n. 782, sulle ‘Privative per

Invenzioni e Scoperte Industriali’55 promulgata da Vittorio Emanuele II e siglata da Cavour

e Rattazzi, su proposta di Antonio Scajola, che venne poi estesa prima alla Lombardia con

l’atto legislativo 30 ottobre 1859, n. 3731, e successivamente a tutto il Regno con la legge

31 gennaio 1864, n. 1657. E per la prima volta venne regolamentata anche la protezione

del marchio56.

La rivoluzione industriale infatti, aveva fatto crescere e conoscere questa particolare

forma di proprietà intellettuale che fino ad allora era inclusa nella tutela della proprietà

industriale.

La normativa permetteva di utilizzare l’italiano o il francese per la descrizione del

brevetto e marchio, la richiesta doveva essere composta dalla domanda di

brevetto/marchio, dalle eventuali lettere di procura per i rappresentanti dell’inventore, dal

titolo, dalla descrizione, dalle rivendicazioni e dai disegni o modelli.

Nel 1868 il neo costituito Regno d’Italia adotta la legislazione del Regno di Sardegna

anche in materia di marchi, con la legge 30 agosto 1868 n. 4577.

Si tratta della prima vera legge italiana sui Marchi, ispirata alla prima legge organica

francese del 23 giugno 1857: in questa norma non era prevista una data di scadenza di

validità della registrazione, la cui durata era indefinita a condizione che il marchio venisse

usato, né una classificazione di merci e prodotti, si concedeva l’uso esclusivo del marchio a

condizione che esso venisse depositato presso le prefetture del Regno, fosse diverso da

ogni altro già legalmente usato e fossero versate quaranta lire per ciascun marchio o segno

distintivo.

54 Legge 7 gennaio 1791 successivamente modificata con la legge 5 luglio 1844. Cfr. Maria Saveria Cinquegrani, Il brevetto d’invenzione: cenni storici ed analisi delle principali convenzioni internazionali, Roma, Esagrafica, 1993, pp. 9-21. 55 Nella Relazione Scajola di accompagnamento al progetto di legge sono esplicitamente indicati i motivi per i quali si decise di utilizzare il termine di privative industriali: «perché questo diritto esclusivo, durante il tempo in cui esiste, priva naturalmente l’universale della possibilità di mettere in pratica la invenzione o la scoperta medesima, diciamo nell’articolo 1 del progetto, che esso costituisce una privativa» Relazione Scajola, parte generale, § 1, pubblicata in «Rivista di Diritto Industriale», I, 1957. 56 Legge 12 marzo 1855, n. 836 Uso dei marchi e dei segni distintivi in fatto d’industria e commercio.

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In caso di successione dell’azienda la volontà di mantenere l’esclusiva doveva essere

dichiarata in carta bollata da una lira e doveva essere versata una tassa di due lire per la

trascrizione dell’esclusiva.

Il commerciante di un prodotto protetto non poteva occultare marchi e segni di altri,

ma poteva affiancare i propri.

La protezione veniva infine estesa ai prodotti di importazione a condizione che i

marchi venissero registrati anche in Italia.

Tutti i documenti venivano trasmessi dalle Prefetture o Camere di Commercio locali

al Ministero dell’agricoltura e commercio assicurando così un doppio sistema di pubblicità

legale.

La titolarità del diritto decorreva dalla dichiarazione al Prefetto. Le sanzioni penali e

le azioni risarcitorie in sede civile erano invece subordinate alla pubblicazione della

concessione dell’attestato di privativa nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

L’usurpazione e la contraffazione del marchio protetto, ma anche l’uso ingannevole

di marchi simili, erano puniti con una multa fino a duemila lire, raddoppiata in caso di

recidiva.

Parallelamente allo sviluppo delle legislazioni nazionali, e soprattutto all’aumento

dei traffici internazionali e degli scambi tecnologici tra i Paesi, sul finire del secolo XIX si

sente l’esigenza di coordinare e unificare la disciplina del diritto sulle invenzioni.

Il 20 marzo 1883 si giunge alla stipula della Convenzione dell’Unione di Parigi per

la Protezione della Proprietà Industriale, sottoscritta da undici Stati tra cui l’Italia57.

La Convenzione sancisce due principi fondamentali per l’evoluzione giuridica dei

diritti d’invenzione:

• il principio di assimilazione con cui lo Stato aderente alla Convenzione concede ai

cittadini stranieri gli stessi diritti previsti per i propri;

• il diritto di priorità, che disciplina le procedure di deposito dei brevetti.

57 Entra in vigore il 7 luglio 1884 con la legge n. 2473, viene successivamente modificata a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, a L’Aja il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Lisbona il 31 ottobre 1958 e a Stoccolma il 14 luglio 1967. E’ ratificata dall’Italia con la legge 28 aprile 1976, n. 424, (GU 19 giugno 1976, n. 160), ed entra in vigore il 24 aprile 1977 (comunicato 18 aprile 1977). Attualmente vi aderiscono 103 Stati.

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La protezione si estende anche ai marchi di fabbrica e commerciali, ad eccezione di

quelli contrari ‘alla morale e all’ordine pubblico’, il rifiuto però può essere opposto solo al

marchio e non al prodotto collegato.

Viene riconosciuta particolare tutela ai nomi commerciali, le ditte si vedono quindi

riconosciuta la protezione non soltanto nel paese di origine ma ovunque questi siano

utilizzati, senza bisogno di essere registrati localmente.

La falsa indicazione di provenienza geografica, se accompagnata da un intento

fraudolento, comporta il sequestro del prodotto.

Per fare da raccordo e da supporto informativo tra i paesi aderenti viene istituito a

Berna l’ufficio internazionale per la protezione della proprietà industriale, posto sotto

l’autorità del governo della Confederazione svizzera, che provvede all’organizzazione e

alla vigilanza.

La Convenzione, inoltre, inaugura un sistema di conferenze periodiche per la

revisione e gli aggiornamenti della stessa.

Ed è proprio in occasione di una di queste conferenze che si arriva nel 1891 alla

stipula dell’Accordo di Madrid58 per la registrazione internazionale dei marchi di fabbrica

o commerciali, che dà vita ad una autonoma Unione di Paesi al fine di semplificare il

principio di parità di trattamento.

L’Accordo istituisce il principio per il quale i marchi di fabbrica e i marchi

commerciali, il cui deposito sia stato accettato nel paese di origine, sono protetti in tutti i

paese dell’Unione, compresi quelli che ne entrino a far parte successivamente, attraverso il

deposito al Bureau international di Berna il quale provvede alla notifica agli altri paesi e a

pubblicizzare la protezione attraverso la pubblicazione sul ‘Journal du Bureau

international’ della riproduzione e della descrizione del marchio. Il paese di origine invece

intrattiene i rapporti con Berna, su mandato del titolare del marchio.

La tutela del marchio è ventennale e sempre rinnovabile; ogni variazione,

annullamento, radiazione o rinuncia deve essere comunicato a Berna.

Ciascun paese, infine, nel quale la protezione del marchio è estesa, può, entro un

anno, opporre un rifiuto motivato contro cui il titolare può presentare ricorso.

Nel 1911 la Conferenza dell’Unione si svolse a Washington, e tra le altre cose

delineò meglio le condizioni dell’estensione della tutela dei marchi e modificò il limite del

rifiuto non più circoscritto ai soli casi di contrarietà alla morale o all’ordine pubblico, ma

58 Accordo di Madrid del 14 aprile 1891 sulla registrazione internazionale dei marchi di fabbrica e di commercio, rivisto a Bruxelles il 14 dicembre 1900, a Washington il 2 giugno 1911, a L’Aja il 6 novembre 1925, a Londra il 2 giugno 1934, a Nizza il 15 giugno 1957 ed a Stoccolma il 14 luglio 1967;

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alla eventualità che possieda una natura tale da offendere tali diritti, possa cioè intaccarli,

ostacolarli o ingenerare confusione. In un articolo ‘bis’ viene inoltre contemplata la tutela

contro la concorrenza sleale.

In Italia, nel 1913, viene approvato il regolamento59 nel quale si definisce il

procedimento di registrazione, che stabilisce che le domande siano inoltrate, sia alle

Prefetture del Regno, sia alle Sotto Prefetture, sia allo stesso Ufficio della proprietà

intellettuale che trascrive il marchio in un apposito registro, completo di numero d’ordine,

data del deposito e della trascrizione, nome, cognome, domicilio e residenza del

proprietario e del mandatario e l’elenco dei prodotti ai quali il marchio si applica.

Dopo la trascrizione il richiedente ottiene un attestato sul quale viene applicato un

esemplare del marchio con tutte le indicazioni60, i marchi trascritti vengono poi riportati

all’interno del ‘Bollettino della proprietà intellettuale’ e della Gazzetta Ufficiale.

Il regolamento descrive inoltre le modalità con cui i marchi possono essere

riconosciuti in altri Stati o estesi da altri Stati all’Italia secondo gli accordi internazionali

stabiliti nella Convenzione di Parigi.

In quel periodo compare anche per la prima volta all’interno del ‘Bollettino dei

marchi di fabbrica’ per l’anno 1913-1914 la suddivisione dei marchi in classi

merceologiche, alla stessa stregua di quelle già adottate per raggruppare i brevetti

d’invenzione.

L’adeguamento normativo in materia di marchi continua e nel 1925, in occasione

della sesta conferenza internazionale riunitasi all’Aja, le norme riguardanti i marchi di

fabbrica vengono modificate e vengono inseriti alcuni articoli aggiuntivi. Ma si tratta

sostanzialmente di modifiche formali, o tecniche, o procedurali soprattutto per uniformare i

comportamenti dei vari Stati al fine di prevenire o orientare i contenziosi.

Nel 1934, il capo del Governo Benito Mussolini sottopone al Re una relazione e un

testo legislativo sulle privative industriali e marchi di fabbrica e di commercio61.

La nuova normativa non solo riordina, accorpa e aggiorna le leggi dei primi decenni

successivi all’Unità, ma introduce l’esame preventivo sulla novità delle invenzioni

industriali e dei marchi, l’opposizione preventiva, l’esproprio di stato non solo per ragioni

militari ma anche a fini di pubblica utilità, la cessione del marchio senza l’azienda e

modifica a favore degli inventori ‘finanziariamente provati’ le regole di tassazione.

59 R.D. 20 marzo 1913, n. 526 che approvava il regolamento in esecuzione della legge del 1868. 60 Una copia dell’attestato viene conservata inoltre all’interno dell’archivio dell’Ufficio brevetti e un’altra inviata alla Camera di commercio e industria dove viene conservata e resa accessibile al pubblico per la consultazione. 61 Regio Decreto 13 settembre 1934 n. 1602.

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La guerra è però alle porte e la necessità di semplificare fa si che il 24 febbraio 1939

venga approvato il Regio decreto n. 317 che prevede solo un’attuazione graduale della

riforma del ’34.

Esso annuncia uno spacchettamento, attraverso distinti provvedimenti separati per

materia (invenzioni, modelli e marchi), e rinvia a tempi successivi tutte le innovazioni più

significative: dall’esame preventivo all’istituzione del Consiglio delle privative e dei

marchi.

Nel 1942 si arriva alla promulgazione del R.D. 21 giugno 1942, n. 92962, sui brevetti

per marchi d’impresa, da allora noto come ‘legge Marchi’, che stabiliva cosa non poteva

essere oggetto di marchio.

Fu vietato tutto ciò che, attraverso parole, figure e segni, non risulti veritiero

sull’origine o sulla qualità dei prodotti o delle merci.

Le altre disposizioni generali e procedurali ripetono in gran parte quelle sui brevetti

di invenzione disciplinate dal Regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127.

Con il dopoguerra si ripropose l’urgenza di una riforma globale del sistema delle

privative, imposta dall’evoluzione del mondo industriale e, soprattutto, dalla necessità di

un adeguamento alle convenzioni internazionali ed anche in ragione del fatto che la

riforma avviata nel 1939, come abbiamo visto, aveva risposto solo parzialmente alle

esigenze emerse nel corso degli anni.

In vista poi della ripresa delle domande per i brevetti d’invenzione e la registrazione

di marchi, disegni e modelli industriali, e a seguito della gigantesca inflazione e

svalutazione monetaria degli anni precedenti, il Governo De Gasperi adottò provvedimenti

generali che culminarono nella legge 19 maggio 1950, n. 36763, per adeguare, almeno

parzialmente, le imposte, le tasse e le tariffe sui marchi.

Nel 1948 era stato approvato il regolamento alla legge marchi del 194264 che

aggiornava quello del 1913.

In materia di marchi, il bureau di Berna aveva proposto, fin dal 1935, una nuova

classificazione dei prodotti e delle merci in 34 categorie, liberamente adottata dai singoli

paesi, tra i quali la Francia; l’Italia invece dal 1942 utilizzava il sistema di 49 classi.

Con la legge 10 aprile 1954, n. 129, l’Italia decise di allinearsi spontaneamente alla

classificazione voluta da Berna al fine di semplificare le domande di registrazione

62 R.D. 21 giugno 1942, n. 929: Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per marchi d'impresa successivamente modificato in Testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati. (Pubblicato nella G.U. 29 agosto 1942, n. 203). 63 Legge 19 maggio 1950, n. 367: Modificazioni in materia di tasse di brevetto per invenzioni industriali. 64 D.P.R. 8 maggio 1948, n. 795: Testo delle disposizioni regolamentari in materia di marchi registrati.

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internazionale dei marchi. Il nuovo sistema, inoltre, modificava profondamente la sequenza

e la denominazione dei prodotti e dei materiali.

Il 15 giugno 1957 si svolse a Nizza65 una nuova Conferenza diplomatica che estense

la classificazione internazionale dei prodotti ai quali si applicano i marchi di fabbrica e di

commercio anche ai servizi ripartiti in 8 classi, passando quindi da 34 a 42.

L’anno successivo, il 31 ottobre 1958 a Lisbona, si svolse una nuova Conferenza

internazionale per aggiornare la Convenzione di Parigi e l’accordo di Madrid del ‘42, le

modifiche e gli aggiornamenti riguardarono soprattutto la lotta alla contraffazione e fu, poi,

introdotto un nuovo accordo per la protezione e la registrazione internazionale delle

denominazioni di origine prevalentemente in ambito agricolo, estendendo la sua azione alle

‘indicazioni ingannevoli’.

Nel 1961 il Governo italiano decise di aumentare nuovamente le tasse per tutte le

concessioni governative comprese quelle in materia di brevetti, marchi e modelli

definendola una manovra di adeguamento contro l’inflazione sempre più crescente.

Nell’estate del 1967, a Stoccolma, una nuova conferenza internazionale per la

proprietà intellettuale approvò la Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale

della proprietà intellettuale66 con il compito di incoraggiare l’attività creativa e di

promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo. La Convenzione fu

firmata da quarantacinque paesi, ma entrò in vigore solamente nell’aprile del 1970 con

appena tredici Stati aderenti67.

Negli anni ‘70, grazie all’Accordo di Vienna, viene realizzato un ulteriore sistema

internazionale in tema di classificazione dedicato questa volta agli elementi figurativi dei

marchi, che vengono ripartiti in ventinove categorie e 1700 sezioni. Firmato da diciotto

paesi, tra cui l’Italia68, entrò in vigore nel 1985.

Il 27 giugno 1989 viene firmato, da diciotto paesi tra cui l’Italia, il Protocollo di

Madrid sulla registrazione internazionale dei marchi che innova il secolare Accordo di

Madrid del 1891.

Il Protocollo adotta tre lingue ufficiali: inglese, francese e spagnolo; consente di

anticipare la domanda di registrazione internazionale, per la quale non occorre più avere

già ottenuto la registrazione nel paese d’origine, unifica la durata della protezione a dieci

anni e adotta un regolamento comune all’intero sistema.

65 Riveduto a Stoccolma nel 1967 e a Ginevra nel 1977, e modificato nel 1979. 66 WIPO nell’acronimo inglese, OMPI in quello francese. 67 All’inizio l’Italia si avvalse di una clausola transitoria della quale potevano beneficiare per cinque anni i paesi che facevano parte delle preesistenti Unioni, e ratificò il trattato solo nell’aprile del 1977. 68 L’Italia non ha mai provveduto alla ratifica dell’Accordo.

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Negli anni ’90 il sistema dei Marchi è stato oggetto di una vera e propria rivoluzione

normativa che grazie alla Comunità e all’Unione Europea favorisce il ravvicinamento delle

legislazioni nazionali attraverso le direttive e adotta regolamenti comunitari che porteranno

nel tempo alla stipula del Codice dei diritti di proprietà industriale.

Nel 1992, con l’entrata in vigore della ‘legge Marchi’69 i marchi diventano asset

autonomi non più vincolati alle sorti dell’azienda, possono entrare a far parte del

patrimonio dell’azienda e chiunque può esserne titolare.

Fino ad allora infatti per registrare un marchio si doveva essere imprenditori, e solo il

trasferimento dell’azienda consentiva di trasferire il marchio.

Il marchio diventa, quindi, un bene trasferibile, la sua circolazione libera, può essere

acquistato, ceduto anche parzialmente o temporalmente, con esclusiva o meno.

Tra le molte innovazioni la legge Marchi distingue opportunamente i brevetti dai

marchi.

La legge Marchi è stata modificata negli anni successivi: una prima volta con il

decreto legislativo 198/1996 per adeguare le norme sul commercio dei diritti di proprietà

intellettuale all’Accordo Trip’s70 e una seconda volta con il decreto legislativo 447/1999,

per adottare il Protocollo di Madrid del 1989 sulla registrazione internazionale dei marchi.

Nel frattempo, con Regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio Europeo, del 20

dicembre 1993, sul marchio comunitario viene introdotto il sistema del marchio europeo

(Community Trade Mark – CTM) che si affianca a quelli nazionali e al sistema di Madrid

di registrazione dei marchi internazionali.

Nel 2005, con decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è emanato il Codice della

proprietà industriale, che riordina l’intera materia e la adegua ulteriormente alla normativa

internazionale e comunitaria e alle moderne tecnologie informatiche71.

69 Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480 attuativo della direttiva (CEE) n. 104/89 del Consiglio del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa e in vigore dal 1° gennaio 1993 70 The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (in italiano, Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale), spesso noto con l'acronimo TRIPS, è un trattato internazionale promosso dall'Organizzazione mondiale del commercio, meglio conosciuta come WTO, al fine di fissare lo standard per la tutela della proprietà intellettuale. L'accordo TRIPS stabilisce i requisiti che le leggi dei paesi aderenti devono rispettare per tutelare la proprietà intellettuale, nell'ambito del copyright, delle indicazioni geografiche protette (IGP), dell'industrial design, dei brevetti, dei marchi di fabbrica registrati e di numerosi altri ambiti. Il TRIPS inoltre stabilisce le linee guida per l'applicazione delle leggi in materia di protezione della proprietà intellettuale, per i ricorsi e per le procedure di risoluzione delle controversie. 71 Nel giro di pochi anni il Codice della proprietà industriale è oggetto di due ulteriori interventi legislativi. Il primo, con legge 23 luglio 2009, n. 99 sullo sviluppo e internazionalizzazione delle imprese, incentrato sui profili procedurali delle controversie e il secondo, con decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 131, che modifica o integra oltre cento articoli del Codice.

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Nel 2011 il decreto sull’opposizione alla registrazione dei marchi italiani che

disciplina la presenza sul mercato di marchi confondibili, purché essi appartengano ad

imprenditori diversi e tra loro non collegati. Infatti la presenza di più marchi confondibili

indebolisce la riconoscibilità e la forza del marchio originario ed è per questo motivo che

va attentamente valutata ed eventualmente evitata la concessione di marchi simili.

2.3. Classificazione, analisi e sviluppo delle classi merceologiche

In Italia i marchi di fabbrica furono per la prima volta suddivisi in classi

merceologiche all’interno del ‘Bollettino dei marchi di fabbrica per l’anno 1913-1914’.

Essi vennero inseriti all’interno di una ‘scala istituzionale’ al fine di indirizzarli,

controllarli e inquadrarli meglio, così come era già stato fatto per i brevetti, creando

oltretutto un utile strumento d’indagine sulla società dell’epoca e sui suoi cambiamenti.

Classificazione del 1913:

Classe I – Prodotti del suolo, grezzi o parzialmente lavorati per scopi industriali,

non compresi in altre classi;

Classe II – Alimenti, compresi latte, tè, caffè e surrogati; olii e grassi commestibili;

Classe III – Acque minerali, vini, liquori e bevande diverse;

Classe IV – Olii e grassi non commestibili; saponi e profumerie;

Classe V – Metalli lavorati, utensili, macchine in genere, organi e parti di macchine,

non compresi in altre classi;

Classe VI – Orologeria; apparecchi d’elettricità, di fisica, strumenti di misura;

strumenti musicali: macchine da cucire, da maglieria, ecc., macchine da

scrivere, e apparecchi fotografici;

Classe VII – Armi e loro accessori; esplosivi;

Classe VIII – Materiali da costruzione; vetrerie e ceramiche;

Classe IX – Combustibili e materiali e articoli diversi per riscaldamento e

illuminazione;

Classe X – Materiali diversi di uso domestico non compresi in altre classi, oggetti

per sport e giocattoli;

Classe XI – Spazzole, pennelli, lavori in paglia, in crine;

Classe XII – Carrozzeria e trasporti in genere; selleria, valigeria;

Classe XIII – Filati, tessuti, pizzi, ricami;

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Classe XIV – Articoli di vestiario e oggetti vari d’uso o d’ornamento personale non

compresi in altre classi;

Classe XV – Tabacchi e articoli per fumatori;

Classe XVI – Caucciù e guttaperca72;

Classe XVII – Carte, cartoni (compresa carta per tappezzeria) e oggetti di cancelleria;

Classe XVIII – Prodotti farmaceutici, e apparecchi d’igiene e di terapia;

Classe XIX – Coloranti e vernici;

Classe XX – Prodotti chimici non compresi in altre classi;

Classe XXI – Prodotti diversi non compresi in altre classi;

Classe XXII – Prodotti compresi in più classi.

Inizialmente venne adattata ai marchi la classificazione utilizzata per i brevetti

all’interno dei Bollettini ufficiali della proprietà industriale letteraria ed artistica, i quali

utilizzavano una specificità maggiore nella suddivisione dei prodotti. La superficialità

usata invece nelle descrizioni dei generi di prodotti dei marchi nella prima classificazione è

da ricercarsi nella sperimentazione di tale suddivisione anche al sistema dei marchi fino ad

allora semplicemente trascritti all’interno dei Bollettini.

La classificazione appare infatti molto semplice e le stesse classi contengono una

suddivisione generica dei prodotti, raggruppando in una stessa classe più generi di prodotti

appartenenti ad una stessa famiglia.

Per i prodotti ai quali non si riusciva a trovare una collocazione erano dedicate le

ultime tre classi.

Con l’adeguamento normativo in materia di marchi73 nel 1942 anche la

classificazione dei marchi cambia, passando dalle precedenti 22 alle 49 classi del 1943-

194474.

A questa legge infatti era allegata una tabella C, che classificava ‘i generi di prodotti

o merci’ (allora non venivano riconosciuti come registrabili i marchi di servizio) in 49

classi.

Tale tabella era stata stilata, sia per uniformare l’Italia ad una tendenza

internazionale, sia per assecondare un impegno assunto con la Francia e volto all'adozione

72 La guttaperca o guttapercha è una macromolecola di origine vegetale molto simile alla gomma naturale o al caucciù. 73 Ci si riferisce alla promulgazione del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, sui brevetti per marchi d’impresa, da allora noto come ‘legge Marchi’ che stabilisce cosa non poteva essere oggetto di marchio 74 Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1943-1944.

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di un sistema uniforme di classificazione al fine di permettere l'adozione tra i due paesi del

principio del deposito ambivalente.

Classificazione del 1943:

Classe 1 - Minerali, terre, pietre, asfalto, bitume, zolfo, combustibili fossili, solidi e

liquidi, coke e combustibili agglomerati;

Classe 2 - Prodotti vegetali, legname da lavorare e da ardere, carbone vegetale,

sughero, fibre vegetali non lavorate, sementi, fiori, piante, resine e gomme

allo stato naturale;

Classe 3 - Prodotti animali, animali vivi, pelli, peli, crini, lana, seta, penne, avorio,

madreperla, corallo, spugne, balena, corno, tartaruga;

Classe 4 - Metalli in barre, fogli, lastre, fili, tubi, rottami;

Classe 5 - Essenze, oli e grassi non commestibili, saponi per usi industriali, sostanze

per liscivare, imbiancare, nettare e smacchiare, tinture ed appretti;

Classe 6 - Cuoi e pelli preparati, caucciù, surrogati e imitazioni del cuoio e della

gomma in fogli, fili e tubi;

Classe 7 - Prodotti chimici per l’industria, la fotografia, la concia, concimi naturali e

artificiali, sostanze chimiche per l’agricoltura;

Classe 8 - Utensili, macchine utensili per la lavorazione del legno, delle pietre, dei

metalli;

Classe 9 - Macchine da cucire, da maglieria, da ricamo, da scrivere, macchine

calcolatrici;

Classe 10 - Macchine, apparecchi e materiali elettrici per la radiofonia e per la

televisione, fonografi, grammofoni e apparecchi cinematografici;

Classe 11 - Macchine e apparecchi diversi e loro parti;

Classe 12 - Costruzioni navali ed accessori, costruzioni aeronautiche, materiale fisso e

mobile per ferrovie, tranvie e funicolari;

Classe 13 - Carpenteria, carrozzeria, automobili, velocipedi e loro parti, pneumatici,

selleria;

Classe 14 - Cordami di fibre e crini di ogni specie, cavi metallici, catene, cinghie di

trasmissione;

Classe 15 - Armi da fuoco, da guerra e da caccia, armi bianche, munizioni, esplosivi,

polveri, micce, inneschi, fuochi d’artificio;

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Classe 16 - Calce, gesso, cemento, mattoni, tegole, marmo, pietre, legname ed altri

materiali da costruzione, lavorati o tagliati;

Classe 17 - Ferramenta, serrature, chiodi, viti e bulloni, carte e tele smerigliate, sostanze

per pulire metalli, mastici, colle, colori e vernici per le costruzioni,

Classe 18 - Ascensori, montacarichi, elementi per costruzioni metalliche;

Classe 19 - Ebanisteria, mobili, tappezzeria, parati in carta e surrogati, letti e simili;

Classe 20 - Utensili domestici in metallo, legno ed altri materiali per la cucina, per

bagno, apparecchi d’illuminazione, riscaldamento e ventilazione, filtri,

estintori, coltelleria, strumenti taglienti;

Classe 21 - Chincaglierie, vetri, cristalli, specchi, porcellane, vasellami vari, ceramiche;

Classe 22 - Spazzole, pennelli, scope, stuoie, lavori in paglia e simili;

Classe 23 - Filati di lana, di pelo, di crine, di seta, di raion, di juta, di canapa, di lino, di

cotone e di altre fibre;

Classe 24 - Tessuti di lana di pelo, di crine, di seta, di raion, di juta, di canapa, di lino,

di cotone e di altre fibre;

Classe 25 - Tele cerate, oliate, gommate, linoleum, tende, impermeabili ed altri articoli

di tali materiali;

Classe 26 - Biancheria, vestiti confezionati, cappelli;

Classe 27 - Ricami, merletti, nastri, guanti, busti, aghi e spilli, bottoni, penne, fiori

artificiali e mercerie diverse;

Classe 28 - Calzature di ogni specie, lucidi e grassi per cuoi;

Classe 29 - Bastoni, ombrelli, ventagli, valigie, borse, articoli da viaggio;

Classe 30 - Gioielleria, oreficeria, orologeria, lavori ornamentali in metallo e altri

materiali, perle e pietre preziose naturali ed artificiali;

Classe 31 - Profumerie, cosmetici, dentifrici, saponi, pettini ed altri articoli di toeletta;

Classe 32 - Tabacco, carta per sigarette, articoli per fumatori, sigari e sigarette,

fiammiferi e accendi fuoco;

Classe 33 - Giocattoli, giuochi, carte da giuoco, articoli di pesca, di caccia e sportivi;

Classe 34 - Carni, pesci, pollami, uova, cacciagione, freschi, salati o conservati;

Classe 35 - Latte, burro, formaggi ed altri latticini, grassi ed oli combustibili, sale,

aceto, salse, conserva di pomodoro;

Classe 36 - Legumi e frutti freschi, secchi, in conserva;

Classe 37 - Pasticceria, confetture, dolci, caramelle, biscotti, marmellate, zucchero,

miele, cacao, cioccolato, tè, caffè e surrogati, droghe, e derrate coloniali;

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Classe 38 - Pane, paste alimentari, farine, riso;

Classe 39 - Vini, birra, acquavite, alcole, liquori e bevande alcoliche diverse;

Classe 40 - Acque minerali e gassose, sciroppi ed altre bevande non alcoliche;

Classe 41 - Colori ed accessori per la pittura, materiale per modellatore, strumenti e

materiale per disegna;

Classe 42 - Stampe, carta, cartone, libri, articoli per uffici, inchiostri da scrivere, da

stampa e per timbri, legature, articoli di pubblicità;

Classe 43 - Oggetti d’ornamento scolpiti, dipinti, incisioni, litografie, fotografie,

caratteri da stampa;

Classe 44 - Materiali didattici, modelli, carte geografiche e murali in genere, mobili

scolastici, attrezzi di ginnastica;

Classe 45 - Strumenti per le scienze, l’ottica, la fotografia, strumenti di misura, pesi,

bilance;

Classe 46 - Strumenti ed apparecchi di chirurgia, di medicina, di farmacia, di ortopedia;

Classe 47 - Strumenti musicali di ogni specie;

Classe 48 - Prodotti chimici, medicinali, prodotti farmaceutici, prodotti igienici,

disinfettanti, prodotti veterinari;

Classe 49 - Prodotti diversi non specificati nelle altre classi.

Come si può notare, le classi iniziali vengono maggiormente specificate e ne

vengono introdotte altre, soprattutto in campo alimentare, manifatturiero e tessile.

La motivazione è da ricercarsi probabilmente nella apertura del mercato a nuovi

prodotti la cui nascita è sicuramente legata, sia alla scoperta e alla creazione di nuovi

materiali, sia ad un aumento della richiesta di registrazione dei marchi come conseguenza

dello sviluppo industriale negli anni a cavallo delle due guerre.

In conseguenza di ciò era necessaria quindi una maggiore specificità nella

classificazione.

Nel 1954 la classificazione cambiò nuovamente, riportando a trentaquattro le classi

merceologiche sulla scala di riferimento75, accorpando i prodotti all’interno di categorie

omogenee.

75 Cfr. ACS, Bollettino marchi luglio, agosto e settembre 1954, anche se la modifica risale al maggio dello stesso anno.

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La classificazione italiana è sostituita, in virtù della Legge 10 aprile 1954, n. 129,

con altra classificazione identica a quella del WIPO per la classificazione dei marchi

internazionali.

La Legge 10 aprile 1954, n. 129, rimase in vigore dal 19 maggio 1954 al 31 gennaio

1960.

Classificazione del 1954:

Classe 1 - Prodotti chimici per l’industria, la scienza, la fotografia, l’agricoltura,

l’orticoltura, la silvicoltura; concimi per terreni (naturali e artificiali);

preparati estintori, tempere e preparati chimici per la saldatura; prodotti

chimici per conservare li alimenti; materie per la concia; sostanze adesive

per l’industria;

Classe 2 - Colori, vernici, lacche; materie preservative contro la ruggine e contro il

deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine; metalli in fogli

e in polvere per pittori e decoratori;

Classe 3 - Preparati per lavare la biancheria e altre sostanze per il bucato; preparati per

pulire, lustrare, sgrassare, raschiare; saponi; profumeria; oli essenziali,

cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici;

Classe 4 - Olii e grassi industriali (esclusi gli olii e grassi commestibili e gli olii

essenziali); lubrificanti; preparati per agglomerare la polvere; preparati

combustibili (comprese le essenze per motori) e materie illuminanti; ceri,

candele, lumini da notte e lucignoli;

Classe 5 - Prodotti farmaceutici, veterinari e igienici; prodotti dietetici per fanciulli ed

ammalati, impiastri, materiale di medicazione; materie per piombare i denti

e per impronte dentarie; disinfettanti; preparati per distruggere erbacce ed

animali nocivi;

Classe 6 - Metalli comuni, grezzi e semilavorati, e loro leghe; ancore, incudini,

campane, materiali da costruzione laminati e fusi; rotaie e altri materiali

metallici per le ferrovie; catene (escluse le catene motrici per veicoli); cavi e

fili metallici non elettrici; serrami; tubi metallici; casseforti e cassette; sfere

d’acciaio; ferri per cavallo, chiodi e viti; altri prodotti in metallo (non

prezioso) non compresi in altre classi; minerali;

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Classe 7 - Macchine e macchine utensili; motori (eccetto che per veicoli);

accoppiamenti e cinghie di trasmissione (eccetto che per veicoli); grandi

strumenti per l’agricoltura; incubatrici;

Classe 8 - Utensili e strumenti a mano; coltelleria, forchette e cucchiai; armi bianche;

Classe 9 - Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, elettrici (compresa la radio),

fotografici, cinematografici, ottici di peso, di misura, di segnalazione, di

controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e di insegnamento;

apparecchi automatici funzionanti con l’introduzione d’una moneta o d’un

gettone; macchine parlanti; registratori di cassa, macchine calcolatrici;

apparecchi estintori;

Classe 10 - Strumenti e apparecchi di chirurgia, di medicina, di odontoiatria e di

veterinaria (compresi gli arti, gli occhi e i denti artificiali);

Classe 11 - Impianti d’illuminazione, di riscaldamento, di produzione, di vapore, di

cottura, di refrigerazione, di essiccazione, di ventilazione, da distribuzione

d’acqua e sanitari;

Classe 12 - Veicoli; apparecchi di locomozione per terra, per aria e per acqua;

Classe 13 - Armi da fuoco; munizioni e proiettili; sostanze esplosive; fuochi d’artificio:

Classe 14 - Metalli preziosi, leghe e oggetti fabbricati con tali materie e placcati

(eccetto coltelleria, forchette e cucchiai); gioielleria, pietre preziose,

orologeria e altri strumenti cronometrici;

Classe 15 - Strumenti di musica (ad eccezione delle macchine parlanti e degli

apparecchi radio);

Classe 16 - Carta, articoli di carta, cartone e articoli di cartone; stampati, giornali e

periodici, libri; articoli per rilegature; fotografie; oggetti di cancelleria,

materie adesive (per cancelleria): materiali per artisti, pennelli per pittori;

macchine da scrivere e articoli per ufficio (eccetto i mobili); materiale di

istruzione o d’insegnamento (eccetto gli apparecchi); carte da gioco;

caratteri da stampa; stampi tipografici;

Classe 17 - Guttaperca, gomma elastica, balata76 e succedanei, oggetti fabbricati con

tali materie non compresi in altre classi; materiali per la calafatura77, lo

76 Gomma che si ottiene dal lattice di un albero dell’America tropicale, usata per isolanti elettrici, cinghie di trasmissione, tessuti impermeabili ecc. 77 Operazione che serve a rendere impermeabile all'acqua i tavolati dei fasciami esterni e dei ponti di una nave, introducendo nelle fessure stoppa catramata.

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stoppamento e l’isolamento; amianto, mica e loro prodotti; tubi flessibili

non metallici;

Classe 18 - Cuoio e imitazioni del cuoio, articoli fabbricati con tali materie non

compresi in altre classi; pelli, bauli e valigie; ombrelli da pioggia, ombrelli

da sole e bastoni; fruste, finimenti e selleria;

Classe 19 - Materiali da costruzione, pietre naturali e artificiali, cemento, calce, gesso, e

rena; tubi di pietra e di cemento; prodotti per la costruzione delle strade;

asfalto pece e bitume; case trasportabili, monumenti di pietra; camini;

Classe 20 - Mobili, specchi, cornici; articoli (non compresi in altre classi) in legno,

sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, osso di balena,

tartaruga, ambra, madreperla, schiuma di mare, celluloide e surrogati di tali

materie;

Classe 21 - Piccoli utensili e recipienti portatili per uso domestico e per la cucina (non

in metalli preziosi o in placcato); pettini e spugne; spazzole (eccetto i

pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; strumenti e materiale di

pulitura; paglia di ferro; vetreria, porcellana e maiolica non comprese in

altre classi;

Classe 22 - Corde, spaghi, reti, tende, copertoni, vele, sacchi, materie per imbottitura

(crine, capoc, piume, alghe di mare ecc.); materie fibrose grezze per la

tessitura;

Classe 23 - Fili;

Classe 24 - Tessuti; coperte da letto e da tavola; articoli tessili non compresi in altre

classi;

Classe 25 - Articoli di vestiario, compresi gli stivali, le scarpe e le pantofole;

Classe 26 - Merletti e ricami, nastri e lacci; bottoni, bottoni automatici, uncinetti e

occhielli, spilli e aghi; fiori artificiali;

Classe 27 - Tappeti, stoini, stuoie, linoleum e altri prodotti per coprire i pavimenti

tappezzerie (eccetto in tessuto);

Classe 28 - Giuochi, giocattoli; articoli per la ginnastica e per lo sport (esclusi gli

articoli di vestiario); ornamenti e decorazioni per alberi di Natale;

Classe 29 - Carne, pesce, pollame e cacciagione; estratti di carne; frutta e legumi

conservati essiccati e cotti; gelatine, confetture; uova, latte e altri prodotti di

latteria; olii e grassi commestibili; conserve, alimenti in salamoia;

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Classe 30 - Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca sago, surrogati del caffè; farine e

preparati fatti di cereali, pane, biscotti, focacce, pasticceria e confetteria,

gelati commestibili; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per

lievitare; sale, mostarda, pepe, aceto, salse; spezie; ghiaccio;

Classe 31 - Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglio, non compresi in altre classi;

animali vivi; frutta e legumi freschi; semi, piante vive e fiori naturali;

sostanze alimentari per gli animali, malto;

Classe 32 - Birra; acque minerali e gassose e altre bevande non alcooliche; sciroppi e

altri preparati per fare bevande;

Classe 33 - Vini, spiriti e liquori;

Classe 34 - Tabacco grezzo o lavorato; articoli per fumatori; fiammiferi.

La necessità di adeguarsi alle convenzioni internazionali porta, nel giugno del 1957,

alla firma dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei

servizi ai quali si applicano i marchi di fabbrica o di commercio, che si pone come

obiettivo quello di una classificazione dei marchi registrati univocamente riconosciuta ed

accettata a livello internazionale.

La classificazione in trentaquattro classi di prodotti, adottata già da alcuni paesi tra

cui, come si è visto l’Italia, viene estesa anche ai servizi ripartiti in otto classi (da

trentacinque a quarantadue): pubblicità e affari; assicurazioni e credito; costruzioni e

riparazioni; comunicazioni, radio e televisione; trasporti e depositi di merci; trattamento di

materiali; istruzione e spettacolo; più una classe di servizi diversi non previsti in altra

classe.

In Italia questo tipo di classificazione fu adottata a partire dal 196078, dopo la ratifica

dell’Accordo avvenuto con legge 24 dicembre 1959, n. 1178.

Classificazione del 1960:

Classe 1 - Prodotti chimici per l’industria, la scienza, la fotografia, l’agricoltura,

l’orticoltura, la silvicoltura; concimi per terreni (naturali e artificiali);

preparati estintori, tempere e preparati chimici per la saldatura; prodotti

chimici per conservare li alimenti; materie per la concia; sostanze adesive

per l’industria;

78 Cfr. ACS, Bollettino marchi ottobre e dicembre 1960.

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Classe 2 - Colori, vernici, lacche; materie preservative contro la ruggine e contro il

deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine; metalli in fogli

e in polvere per pittori e decoratori;

Classe 3 - Preparati per lavare la biancheria e altre sostanze per il bucato; preparati per

pulire, lustrare, sgrassare, raschiare; saponi; profumeria; oli essenziali,

cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici;

Classe 4 - Olii e grassi industriali (esclusi gli olii e grassi commestibili e gli olii

essenziali); lubrificanti; preparati per agglomerare la polvere; preparati

combustibili (comprese le essenze per motori) e materie illuminanti; ceri,

candele, lumini da notte e lucignoli;

Classe 5 - Prodotti farmaceutici, veterinari e igienici; prodotti dietetici per fanciulli ed

ammalati, impiastri, materiale di medicazione; materie per piombare i denti

e per impronte dentarie; disinfettanti; preparati per distruggere erbacce ed

animali nocivi;

Classe 6 - Metalli comuni, grezzi e semilavorati, e loro leghe; ancore, incudini,

campane, materiali da costruzione laminati e fusi; rotaie e altri materiali

metallici per le ferrovie; catene (escluse le catene motrici per veicoli); cavi e

fili metallici non elettrici; serrami; tubi metallici; casseforti e cassette; sfere

d’acciaio; ferri per cavallo, chiodi e viti; altri prodotti in metallo (non

prezioso) non compresi in altre classi; minerali;

Classe 7 - Macchine e macchine utensili; motori (eccetto che per veicoli);

accoppiamenti e cinghie di trasmissione (eccetto che per veicoli); grandi

strumenti per l’agricoltura; incubatrici;

Classe 8 - Utensili e strumenti a mano; coltelleria, forchette e cucchiai; armi bianche;

Classe 9 - Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, elettrici (compresa la radio),

fotografici, cinematografici, ottici di peso, di misura, di segnalazione, di

controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e di insegnamento;

apparecchi automatici funzionanti con l’introduzione d’una moneta o d’un

gettone; macchine parlanti; registratori di cassa, macchine calcolatrici;

apparecchi estintori;

Classe 10 - Strumenti e apparecchi di chirurgia, di medicina, di odontoiatria e di

veterinaria (compresi gli arti, gli occhi e i denti artificiali);

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Classe 11 - Impianti d’illuminazione, di riscaldamento, di produzione, di vapore, di

cottura, di refrigerazione, di essiccazione, di ventilazione, da distribuzione

d’acqua e sanitari;

Classe 12 - Veicoli; apparecchi di locomozione per terra, per aria e per acqua;

Classe 13 - Armi da fuoco; munizioni e proiettili; sostanze esplosive; fuochi d’artificio:

Classe 14 - Metalli preziosi, leghe e oggetti fabbricati con tali materie e placcati

(eccetto coltelleria, forchette e cucchiai); gioielleria, pietre preziose,

orologeria e altri strumenti cronometrici;

Classe 15 - Strumenti di musica (ad eccezione delle macchine parlanti e degli

apparecchi radio);

Classe 16 - Carta, articoli di carta, cartone e articoli di cartone; stampati, giornali e

periodici, libri; articoli per rilegature; fotografie; oggetti di cancelleria,

materie adesive (per cancelleria): materiali per artisti, pennelli per pittori;

macchine da scrivere e articoli per ufficio (eccetto i mobili); materiale di

istruzione o d’insegnamento (eccetto gli apparecchi); carte da gioco;

caratteri da stampa; stampi tipografici;

Classe 17 - Guttaperca, gomma elastica, balata e succedanei, oggetti fabbricati con tali

materie non compresi in altre classi; materiali per la calafatura, lo

stoppamento e l’isolamento; amianto, mica e loro prodotti; tubi flessibili

non metallici;

Classe 18 - Cuoio e imitazioni del cuoio, articoli fabbricati con tali materie non

compresi in altre classi; pelli, bauli e valigie; ombrelli da pioggia, ombrelli

da sole e bastoni; fruste, finimenti e selleria;

Classe 19 - Materiali da costruzione, pietre naturali e artificiali, cemento, calce, gesso e

rena; tubi di pietra e di cemento; prodotti per la costruzione delle strade;

asfalto pece e bitume; case trasportabili, monumenti di pietra; camini;

Classe 20 - Mobili, specchi, cornici; articoli (non compresi in altre classi) in legno,

sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, osso di balena,

tartaruga, ambra, madreperla, schiuma di mare, celluloide e surrogati di tali

materie;

Classe 21 - Piccoli utensili e recipienti portatili per uso domestico e per la cucina (non

in metalli preziosi o in placcato); pettini e spugne; spazzole (eccetto i

pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; strumenti e materiale di

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pulitura; paglia di ferro; vetreria, porcellana e maiolica non comprese in

altre classi;

Classe 22 - Corde, spaghi, reti, tende, copertoni, vele, sacchi, materie per imbottitura

(crine, capoc, piume, alghe di mare ecc.); materie fibrose grezze per la

tessitura;

Classe 23 - Fili;

Classe 24 - Tessuti; coperte da letto e da tavola; articoli tessili non compresi in altre

classi;

Classe 25 - Articoli di vestiario, compresi gli stivali, le scarpe e le pantofole;

Classe 26 - Merletti e ricami, nastri e lacci; bottoni, bottoni automatici, uncinetti e

occhielli, spilli e aghi; fiori artificiali;

Classe 27 - Tappeti, stoini, stuoie, linoleum e altri prodotti per coprire i pavimenti

tappezzerie (eccetto in tessuto);

Classe 28 - Giuochi, giocattoli; articoli per la ginnastica e per lo sport (esclusi gli

articoli di vestiario); ornamenti e decorazioni per alberi di Natale;

Classe 29 - Carne, pesce, pollame e cacciagione; estratti di carne; frutta e legumi

conservati essiccati e cotti; gelatine, confetture; uova, latte e altri prodotti di

latteria; olii e grassi commestibili; conserve, alimenti in salamoia;

Classe 30 - Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca sago, surrogati del caffè; farine e

preparati fatti di cereali, pane, biscotti, focacce, pasticceria e confetteria,

gelati commestibili; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per

lievitare; sale, mostarda, pepe, aceto, salse; spezie; ghiaccio;

Classe 31 - Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglio, non compresi in altre classi;

animali vivi; frutta e legumi freschi; semi, piante vive e fiori naturali;

sostanze alimentari per gli animali, malto;

Classe 32 - Birra; acque minerali e gassose e altre bevande non alcooliche; sciroppi e

altri preparati per fare bevande;

Classe 33 - Vini, spiriti e liquori;

Classe 34 - Tabacco grezzo o lavorato; articoli per fumatori; fiammiferi;

Classe 35 - Pubblicità ed affari;

Classe 36 - Assicurazioni e credito;

Classe 37 - Costruzioni e riparazioni;

Classe 38 - Comunicazioni, radio e televisione;

Classe 39 - Trasporti, depositi di merci;

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Classe 40 - Trattamento di materiali;

Classe 41 - Istruzione, spettacolo;

Classe 42 - Servizi diversi non previsti in altra classe.

L’Accordo prevedeva inoltre una serie di aggiornamenti periodici, con modifiche e

spostamenti tra le classi, inserimento di nuovi prodotti e servizi, revisione della titolazione

delle classi e dell’elenco alfabetico delle voci, senza la necessità di firmare nuovi accordi

sottoposti poi a leggi di ratifica negli Stati.

Revisioni all’Accordo si ebbero infatti, nelle Conferenze di Stoccolma del 1967, e di

Ginevra nel 1977, con ulteriori modifiche nel 1978.

Dal 2012 è in vigore la decima edizione della classificazione, l’ultima revisione

risale al gennaio del 2014.

L’intervento più significativo è avvenuto nel 2000 con l’introduzione di nuovi servizi

e l’aggiunta di tre classi (da quarantadue a quarantacinque): nello specifico la classe

numero quarantadue non riguarda più la classe residuale ma servizi scientifici, tecnologici,

di ricerca e progettazione, inclusi hardware e software; la classe quarantatré riguarda i

servizi di ristorazione; la quarantaquattro i servizi medici, di cura della persona, di

agricoltura; la quarantacinque i servizi giuridici, di sicurezza, personali e sociali.

Le voci dei servizi sono oltre 1400 ripartite in undici classi, sintomo del graduale

passaggio negli ultimi anni da una società industriale ad una società di servizi.

2.4. Dal Bollettino alla banca dati: analisi di una ricerca

Quando è iniziato il lavoro di ricerca sulla documentazione riferita ai marchi di

fabbrica all’interno del fondo del Ministero dell’industria, del commercio e

dell’artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi è stata importante la

consultazione della raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti italiani per il periodo in

esame, delle Gazzette Ufficiali, dei documenti del Ministero dell’agricoltura industria e

commercio, della documentazione relativa all’argomento brevetti e privative industriali,

nel fondo della Presidenza del Consiglio dei Ministri conservato presso l’Archivio Centrale

dello Stato, e soprattutto dei Bollettini Ufficiali.

Tutte le notizie inerenti alla domanda e registrazione dei marchi di fabbrica, a partire

dalle date di deposito e di registrazione, dalla classe di appartenenza, dal nome del titolare

e mandatario e soprattutto dall’immagine, le possiamo trovare, oltre che all’interno dei

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registri, dei volumi e dei fascicoli79 presenti in ACS, anche all’interno dei Bollettini

Ufficiali della proprietà intellettuale a partire dal 1886.

• Bollettino Ufficiale della proprietà industriale 1884-1888;

• Bollettino della proprietà intellettuale 1901-1902;

• Bollettini della proprietà intellettuale dal 1902 al 1912;

• Bollettino dei marchi di fabbrica 1913-1914, dove i marchi cominciano ad essere

notificati insieme all’immagine e soprattutto ordinati per categorie delle quali

viene data anche notizia all’interno dei registri.

• Bollettini dei marchi di fabbrica dal 1913 al 1960.

Il primo ‘Bollettino ufficiale della proprietà industriale’80, fu istituito con il R.D. 23

ottobre 1884, n. 2730, in conformità degli accordi internazionali stabiliti con la

Convenzione di Parigi.

Stampato a cadenza settimanale, conteneva gli elenchi degli attestati rilasciati, un

riassunto della giurisprudenza nazionale e straniera in materia e le leggi straniere, con

relative modificazioni, riguardanti la proprietà industriale.

Nel 1902, a seguito della decisione di eliminare l’obbligo di pubblicazione

semestrale del testo delle descrizioni e dei disegni delle privative industriali, lasciando

all’amministrazione la possibilità di decidere circa la pubblicazione di un riassunto, fu

creato un nuovo periodico, il ‘Bollettino della proprietà intellettuale’, per sopperire

comunque all’eliminazione di uno strumento di diffusione delle informazioni in materia,

che si occupò di informare sulla legislazione italiana ed estera, sulle statistiche, sulle

convenzioni, sui titoli degli attestati rilasciati mensilmente, sugli elenchi dei trasferimenti

delle privative e sugli indici dei titolari dei brevetti81.

Tra il 1913 e il 1914, inoltre, fu avviata la pubblicazione di un ‘Bollettino dei marchi

di fabbrica e di commercio’ a seguito del R.D. 20 marzo 1913, n. 5026, che approvava il

regolamento per l’esecuzione della legge sui marchi e segni distintivi di fabbrica, il quale

regolava la riproduzione del marchio con l’indicazione relativa al deposito e la trascrizione

all’interno del ‘Bollettino della proprietà intellettuale’.

79 Al cui interno sono conservati i documenti in originale. 80 Che fu soppresso con R.D. 11 febbraio 1886, n. 3672 sostituito con il ‘Bollettino ufficiale della proprietà industriale letteraria ed artistica’. 81 Nel 1903 fu fatto stampare un ‘Catalogo delle privative industriali in vigore al 1 gennaio 1901 secondo le risultanze dei registri’ per colmare il buco nozionistico che si era venuto a creare a seguito dell’eliminazione dell’obbligo delle pubblicazioni semestrali.

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Compare, inoltre, per la prima volta all’interno del ‘Bollettino dei marchi di fabbrica

per l’anno 1913-1914’, la suddivisione dei marchi in classi merceologiche.

Per i marchi inferiori al numero 14000 sono state confrontate le descrizioni presenti

all’interno del Bollettino Ufficiale della proprietà industriale 1886-1888 e Bollettino della

proprietà intellettuale 1901-1902 con i dati contenuti all’interno dei volumi presenti in

ACS riguardanti gli attestati e le immagini originali.

Per i marchi superiori al 14001 sono stati invece confrontati i fascicoli presenti nei

faldoni con i Bollettini della proprietà intellettuale dal 1902 al 1912, con il Bollettino dei

marchi di fabbrica 1913-1914 e Bollettini dei marchi di fabbrica dal 1913 al 1960.

Le stesse notizie sono state infine verificate anche nei volumi riassuntivi contenenti

la dichiarazione, l’indicazione del modo di applicazione del prodotto e la loro

designazione, unitamente ad una descrizione succinta del marchio, con relativa

riproduzione dello stesso in una riquadratura di dimensioni non superiori a cm 12x16,

notizie che, come abbiamo visto, sono altresì conservate all’interno dei fascicoli contenenti

la descrizione ed il carteggio formatosi nel tempo e la riproduzione del marchio.

Confrontando le due diverse modalità di conservazione delle informazioni

riguardanti i marchi si è visto che nei marchi con numerazione inferiore a 14001 la

descrizione presente all’interno del Bollettino Ufficiale della proprietà industriale è

praticamente conforme con quella presente all’interno dei volumi di attestati e trascrizioni

dei marchi. Manca invece l’immagine presente solo nei volumi di immagini.

Le sole domande di richiesta di brevetto per marchio d’impresa non sono presenti

all’interno dei Bollettini che danno notizia solo dei marchi accettati e registrati.

Nei marchi superiori al 14001, inoltre, tutte le informazioni presenti all’interno dei

fascicoli contengono anche tutto l’iter burocratico sulle modalità di presentazione o

rinnovazione del marchio come per esempio la necessità di fornire una lettera d’incarico o

una dichiarazione di protezione, una attestazione di tasse pagate o la categoria di

appartenenza; notizie che non compaiono invece nei Bollettini.

Nei Bollettini Ufficiali a partire dal 1913 fino al 1960, vengono, infatti, inserite

solamente le immagini con la specifica della data di deposito e di trascrizione del marchio,

la categoria, la descrizione sintetica del tipo di prodotto e l’indicazione del depositante.

Abbiamo visto nei capitoli precedenti come l’inadeguatezza dell’Ufficio Centrale

Brevetti a far fronte alle sue funzioni primarie abbia provocato, nel periodo considerato, tra

le altre cose anche la mancata pubblicazione per quasi due decenni dei Bollettini.

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A partire dagli anni ‘60 l’UIBM si avvale dell’informatica per l’archiviazione e

l’inserimento delle migliaia di domande e le registrazioni di tutte le tipologie di brevetto

(compresi i marchi e i modelli di fabbrica).

Negli anni 80, in seguito a vari progetti di archiviazione informatica e piani di

informatizzazione diffusa, tutta la documentazione cartacea viene sostituita da banche dati

elettroniche e sistemi digitali.

Le ricerche per quanto riguarda i marchi catalogati all’interno delle banche dati

cominciano ad essere quindi condotte, sia all’interno delle banche dati ufficiali italiane, sia

in quelle europee e internazionali.

Le banche dati più utilizzate riguardanti i marchi di fabbrica sono:

• Banca dati italiana all’interno del sito dell’UIBM82;

• Banca dati francese all’interno del sito dell’INPI83 (Institut National de la

Propriètè Industrielle);

• Banca dati britannica all’interno del sito dell’Intellectual Property Office84;

• Banca dati dell’UAMI85 (Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato Interno) per

la ricerca dei marchi comunitari;

• Banca dati WIPO86 (World Intellectual Property Organization) per la ricerca dei

marchi internazionali;

• Banca dati TMwiev87.

Le banche dati sono un patrimonio di informazioni, di notizie e di dati al cui interno

le ricerche possono essere effettuate anche in relazione ai dati caratteristici del marchio:

titolare, mandatario, data di deposito, data di pubblicazione, numero, titolo, paese, e classe.

Esse sono diventate strumenti appetibili di ricerca anche all’interno delle stesse strutture

che possiedono materiali d’archivio depositati, per questo motivo molti istituti di deposito

del materiale d’archivio hanno sostenuto progetti di banche dati elettroniche attraverso la

digitalizzazione di inventari, tra cui appunto la serie Marchi del fondo dell’UIBM.

Possiamo perciò annoverare fra le banche dati italiane ed europee anche quelle

presenti presso l’ACS e presso la Camera di commercio di Torino:

82 http://www.uibm.gov.it/uibm/dati/ 83 https://bases-marques.inpi.fr/ 84 https://www.gov.uk/topic/intellectual-property/trade-marks 85 https://oami.europa.eu/ohimportal/it/trade-marks 86 http://www.wipo.int/trademarks/en/ 87 https://www.tmdn.org/tmview/welcome.html

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• Banca dati: Ufficio italiano brevetti e marchi, serie Marchi e serie Modelli88;

• Banca dati della Camera di commercio di Torino denominata MaToSto89,

acronimo di Marchi Torinesi nella Storia.

La creazione di queste banche dati rientra, come già detto, nei moderni progetti di

creazione di nuovi archivi, ottenuti dalla digitalizzazione del materiale cartaceo.

Questo metodo, oltre al grandissimo apporto di implementazione alla fruizione dato

dalle nuove tecnologie, riveste un importante ruolo di semplificazione della ricerca

d’archivio e, soprattutto, di conservazione della documentazione in ottemperanza ai

dettami del Codice dei beni culturali90 che promuove la valorizzazione come principio

cardine dei beni culturali stessi:

La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale91.

Senza tralasciare comunque la non meno importante volontà, in questo caso

specifico, di armonizzazione di tutta quella innumerevole quantità di dati presenti

all’interno dei registri, volumi, fascicoli e bollettini nella quale è suddivisa tutta la

documentazione afferente ai marchi di fabbrica.

88 http://dati.acs.beniculturali.it/mm/local/ 89 http://www.matosto.to.camcom.it/ 90 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 91 Cfr. art 6, comma 1 del ‘Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137’ Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42

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3. LA CATEGORIA DEI PRODOTTI PER L’IGIENE PERSONALE E LA PULIZIA DELLA CASA

3.1. Dai saponi ai detersivi: identità di una categoria

É ora il momento di entrare nello specifico della ricerca, esaminando da vicino la

categoria dei ‘Prodotti per l’igiene personale e la pulizia della casa’.

Quando inizialmente decisi di prendere in esame questa categoria piuttosto che

un’altra, la mia scelta fu senz’altro influenzata da una serie di ricordi conservati nella

memoria collettiva di ciascuno di noi.

Sono riaffiorate nella memoria vecchie immagini di fustini cilindrici del Dash,

pupazzetti pubblicitari a forma di fantasma legati all’acquisto del detersivo Lavasbianca

con il suo slogan: ‘solo Lavasbianca ti dà il bianco fantasmatico’, bamboline ‘sole blu’ e

‘sole delicato’ regalate con il detersivo Sole piatti e più di tutti il famosissimo pulcino nero

‘Calimero’ della pubblicità del detersivo Ava.

La citata categoria oltre ad essere immediatamente riconoscibile grazie alla

moltitudine di prodotti legati ormai ad immagini e marchi divenuti di uso comune, si

adattava bene a diverse possibilità di indagine: dalla sua evoluzione terminologica e

linguistica, alla evoluzione tecnologica e chimica grazie alla scoperta e all’utilizzo di

nuove materie prime, all’incidenza nel mondo economico dell’attività brevettuale di

singole aziende.

Attraverso l’analisi della categoria nella sua evoluzione storica si vuole inoltre

accertare come la serie Marchi permetta di studiare l’ambiente in cui sono maturati i

prodotti, gli orientamenti della ricerca e della tecnica dell’epoca, i modi di organizzazione

del lavoro scientifico e della produzione, la relazione esistente fra ciò che veniva

pubblicizzato e le reali qualità del prodotto, le ripercussioni che gli sviluppi dell’industria e

del design italiano hanno prodotto all’interno dei costumi e della lingua italiana, l’utilizzo

della documentazione per ricostruire le vicende storiche delle società imprenditoriali.

A questo punto si è resa necessaria anche una ricerca storica, sia sulle modalità di

lavaggio del bucato e della persona durante il periodo in questione, sia sugli effettivi

prodotti a disposizione.

Questo perché durante il lavoro di ricognizione, oltre ai prodotti saponari sono

apparsi anche prodotti e tecniche di lavaggio che non contemplavano l’uso di sapone o

detersivi, soprattutto durante i primi anni su cui è stata condotta l’indagine.

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Per pulire e sbiancare il bucato veniva infatti utilizzata, oltre al sapone, la lisciva

fabbricata per lo più in casa utilizzando acqua bollente e cenere di legna. Questa, a seconda

della quantità di cenere aggiunta all’acqua, poteva essere dolce o forte.

Il sapone, invece, era realizzato combinando il carbonato di sodio92, conosciuto

anche come soda93, con i grassi animali o vegetali.

Durante la Prima e Seconda Guerra Mondiale la carenza di grassi e olio spinse i

ricercatori a studiare alternative sintetiche ai saponi utilizzati fino a quel momento.

Oltre poi al sapone o alla lisciva e la soda, anche l’amido veniva utilizzato per la

pulizia del bucato.

La soda inoltre poteva essere sostituita dal carbonato di potassio, anche detto potassa,

o dal sodio borato, anche detto borace. L’indaco, il bleu e il turchinetto venivano invece

utilizzati più propriamente come coloranti per il bucato.

I prodotti per l’igiene personale spaziavano dalla semplice acqua d’igiene al sapone

profumato e non, dalla pasta dentifricia alla crema da barba, dai più sofisticati deodoranti-

disinfettanti ai prodotti per la sola igiene femminile.

Innumerevoli infine erano le paste o cere per smacchiare, lucidare, lustrare mobili,

pavimenti o qualsiasi superfice domestica e non solo.

Per quanto riguarda la registrazione dei marchi collegati ai prodotti in questione è

emerso che il primo sapone ad essere pubblicizzato fu il sapone IVORY nel 1879, prodotto

dalla Procter & Gamble94 negli Stati Uniti.

In Inghilterra la Lever Brothers95 confezionava i saponi SUNLIGHT a partire dal

1884.

In Germania la Henkel96 produceva la polvere da bucato e polvere di sapone DIXIN

già nei primi anni del novecento, mentre in Italia la ditta Fratelli Lanza97 produceva saponi

già dal 1873.

92 Fino al XVIII secolo il carbonato di sodio veniva isolato dalla cenere ottenuta bruciando il legno o altre sostanze vegetali. 93 Con l’aumentare della domanda di sapone divenne indispensabile trovare una nuova fonte di soda. Fu così che nel 1789 Nicolas Leblanc, un medico francese, riuscì a produrre il carbonato di sodio dal sale comune, rendendolo quindi disponibile in grandi quantità e a basso prezzo. Nel 1870 il metodo Leblanc venne soppiantato dal metodo Solvay, adottato ancora oggi, che si dimostrò non solo più efficiente nell’ottenere la soda dal sale, ma anche meno tossico e inquinante. Queste conoscenze aprirono la strada ad una produzione di sapone su più ampia scala e a basso prezzo tanto che attorno alla metà dell’Ottocento si ebbe un diffuso miglioramento dell’igiene personale e una prolificazione delle industrie del sapone. 94 Il marchio IVORY venne depositato in Italia Il 6 aprile 1920. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 19457. 95 Il marchio SUNLIGHT venne depositato in Italia Il 21 settembre 1888. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 1697. 96 Il marchio DIXIN venne depositato in Italia Il 30 dicembre 1908. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 9352.

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Tutti questi prodotti trovarono effettivamente un mercato florido anche in Italia,

permettendo così di studiare l’andamento della produzione dei prodotti in oggetto nonché

gli orientamenti della ricerca e della tecnica nella loro evoluzione storica come proposto in

premessa.

Oltre tutto i processi evolutivi che, soprattutto durante le due guerre mondiali,

portarono alla creazione di prodotti sintetici per la pulizia non fanno che avvalorare la tesi

per la quale la serie Marchi possa essere qualificata come fonte storiografica.

Non poco sorprendente infine è stato scoprire che i marchi presenti ancora oggi,

come Palmolive98, della Palmolive Company, o Lux99, della Lever Brothers, per i saponi, e

Gillette100, della Gillette Safety Razor Company, per i prodotti da barba, erano presenti sul

mercato italiano già durante i primi anni del novecento.

Questo a dimostrazione che i marchi, soprattutto quando funzionano, diventano una

certezza che ci accompagna per tutta la vita, diventando l’anima del prodotto stesso

riconosciuto da nonni e nipoti.

Passando infine all’analisi della categoria e al suo andamento all’interno delle

classificazioni è emerso che dal 1913 al 1960 la categoria ha subito notevoli modificazioni.

Inizialmente viene accorpata insieme ai prodotti industriali, all’interno della classe

IV101 ‘olii e grassi non commestibili; saponi e profumerie’.

La ritroviamo, nel 1943, inserita all’interno di due classi distinte e separate: una che

riguarda solo i saponi per usi industriali, all’interno della classe cinque102 ‘essenze, oli e

grassi non commestibili, saponi per usi industriali, sostanze per liscivare, imbiancare,

nettare e smacchiare, tinture ed appretti’ e una che riguarda invece i saponi e i prodotti in

generale per la pulizia personale all’interno della classe trentuno ‘profumerie, cosmetici,

dentifrici, saponi, pettini ed altri articoli di toeletta’.

Solo nel 1954 fanno la loro prima comparsa i preparati per lavare la biancheria,

all’interno della classe tre103 ‘preparati per lavare la biancheria e altre sostanze per il

bucato; preparati per pulire, lustrare, sgrassare, raschiare; saponi; profumeria; oli

97 Il marchio Lanza venne depositato il 5 dicembre 1873. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 126. 98 Il marchio PALMOLIVE venne depositato in Italia il 19 febbraio 1920. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 19114. 99 Il marchio LUX venne depositato in Italia il 5 settembre 1901. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 5142. 100 Il marchio GILLETTE venne depositato in Italia il 21 aprile 1916. Cfr. ACS. Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fasc. 13507. 101 Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1913-1914. 102 Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1943-1944. 103 ACS, Bollettino marchi del 1954.

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essenziali, cosmetici, lozioni per i capelli, dentifrici’, dove vengono raggruppati insieme ai

prodotti per la pulizia in generale e per la pulizia personale.

Ciò perché tali prodotti iniziarono a comparire nelle case degli italiani solo dopo

l’apertura ai mercati esteri e con l’avvento degli elettrodomestici, il tutto come

conseguenza della rinascita economica che caratterizzò il nostro Paese nel secondo

dopoguerra.

La concorrenza straniera portò poi le industrie chimiche a concentrarsi nella

produzione dei detersivi e saponi, tanto che nel 1946 la Procter & Gamble lanciò il primo

detersivo sintetico per tutti i tipi di tessuti adatto per il bucato in lavatrice: il Tide. Nel

1948 la Mira Lanza produsse il primo detersivo in polvere, il Miral, e il detersivo per i

delicati Lip104, mentre, nel 1957 e nel 1959, fecero la loro prima comparsa il Dixan e l’Ava.

La stessa classe rimarrà pressoché invariata nelle classificazioni dal 1960 ad oggi.

Attualmente105, la classe tre comprende essenzialmente i prodotti per pulire e quelli

per la toeletta: preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire,

lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per

capelli; dentifrici e soprattutto deodoranti per uso personale; e prodotti igienici che sono

prodotti di toeletta.

3.2. I prodotti: tipologie e ricognizione

Il lavoro archivistico richiesto dalla ricerca ha riguardato, oltre ad una analisi storica

e storiografica della materia brevettuale e dei marchi di fabbrica nella sua specificità, anche

la ricognizione di tutta la documentazione riferita ai marchi di fabbrica presenti nel fondo

dell’UIBM, serie Marchi, conservato presso l’ACS, per il periodo compreso tra il 1869 e il

1965.

Vista la grande quantità di prodotti analizzati è stato deciso di accorciare l’intervallo

temporale dei prodotti presi in esame. Su circa 90.000 marchi analizzati, 3465 sono stati i

marchi riguardanti la categoria in oggetto e si riferiscono al periodo che va dal 1870 al

1945.

Da subito si sono presentati una serie di problemi riguardanti soprattutto le

innumerevoli tipologie di prodotti presenti all’interno della categoria presa in esame, tanto

è vero che la ricerca non si è limitata ai soli saponi o detersivi, ma si è allargata a tutti quei

104 ACS, Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, Ufficio italiano brevetti e marchi, Serie Marchi, fascc. 91490 e 94054. 105 X edizione della classificazione di Nizza.

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prodotti che riguardavano la pulizia in generale come per esempio la lisciva, gli amidi, la

soda, l’indaco, il bleu, la potassa, il borace, i dentifrici, gli shampoo, i saponi intimi, i

deodoranti, i detergenti, le cere, gli smacchiatori, le paste pulenti, e molti altri ancora.

La suddivisione in classi dei marchi di fabbrica comparve, inoltre, soltanto a partire

dal Bollettino dei marchi di fabbrica per l’anno 1913-1914.

Per gli anni precedenti, quindi, l’unico modo per ricercare i marchi riferiti alla

categoria in esame è stata la ricognizione di tutti i marchi, sia all’interno del fondo del

Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sia all’interno della banca dati

che, come abbiamo visto, all’epoca della ricognizione era ancora in fase di sviluppo e

quindi non completa e imprecisa.

É stato quindi necessario improntare il lavoro di ricognizione attraverso l’esame

incrociato tra la allora banca dati106 dei marchi di fabbrica presente in ACS, i Bollettini

Ufficiali dei Marchi di fabbrica107, e la documentazione riferita ai marchi di fabbrica

all’interno del fondo del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ufficio

italiano brevetti e marchi, Serie Marchi.

Bisogna sottolineare comunque che anche con la comparsa delle classi all’interno dei

Bollettini il lavoro di ricognizione si è rivelato arduo in quanto è stato necessario

esaminare non solo la classe riferita ai saponi108, ma tutte quelle che avevano a che fare

con la chimica in generale, visto che molti prodotti sono stati trovati all’interno delle

categorie riguardanti i prodotti farmaceutici, i prodotti chimici, i coloranti, ecc.109

Essi riguardano innumerevoli tipologie di prodotti e sono stati suddivisi nelle

seguenti classi, al fine di agevolarne lo studio:

• Amidi;

• Dentifrici;

• Deodoranti;

• Detergenti;

• Liscive;

106 Ci si riferisce al primo progetto di banca dati realizzata dalla società di servizi informatici SIAV nel 2011 per l’ACS. 107 Inizialmente Bollettino delle Privative Industriali, poi Bollettino Ufficiale della Proprietà Intellettuale, quindi Bollettino dei Marchi di fabbrica e infine Bollettino Marchi. 108 La classe in questione la IV: olii e grassi non commestibili; saponi e profumerie. Cfr. ACS, Bollettino marchi del 1913-1914. 109 Nello specifico ci si riferisce alle classi XVIII: prodotti farmaceutici, e apparecchi d’igiene e di terapia; XIX: coloranti e vernici; XX: prodotti chimici non compresi in altre classi; XXI: prodotti diversi non compresi in altre classi; XXII: prodotti compresi in più classi. Cfr. ACS, ‘Bollettino marchi del 1913-1914’.

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• Lozioni;

• Prodotti di toeletta;

• Prodotti per l’igiene;

• Prodotti per la pulizia dei metalli110;

• Saponi.

Tutti i prodotti sono stati poi suddivisi in sottoclassi e, per meglio visualizzare i

risultati, sono stati raccolti in un file Excel da cui sono stati estratti dei grafici a torta nei

quali è possibile osservare la prevalenza di una determinata sottoclasse rispetto ad un’altra.

Prima della produzione del grafico in una tabella vengono elencati i nomi delle

diverse sottoclassi e quanti marchi sono stati individuati al loro interno.

La scelta dei termini utilizzati per identificare le sottoclassi deriva dalla presenza

degli stessi termini all’interno delle descrizioni dei marchi per indicare i prodotti.

110 Poiché non ha sottocategorie non è stato realizzato alcun grafico.

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Amidi

Amido

Amido borace

Amido di riso

Amido e soda

Blu oltremare

Borace

Indaco

Potassa

Soda

All’interno della categoria Amidi i prodotti denominanti solamente amidi sono quelli

che hanno raccolto una frequenza maggiore, con una percentuale del 52%.

Seguono poi il borace con l’11%, l’amido di riso con il 10%, il blu oltremare e la

soda con il 7%, l’amido borace con il 6%, l’indaco con il 3% e la potassa e l’amido e soda

con il 2%.

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73

Dentifrici

Acqua dentifricia

Crema dentifricia

Curativi della bocca e dei denti

Dentifricio

Elisir dentifricio

Igiene della bocca

Lavanda per bocca e denti

Liquido dentifricio

Pasta dentifricia

Polvere dentifricia

Preparato dentifricio

Prodotti dentifrici

Sapone dentifricio

Sciroppo di dentizione

Specialità dentifricia

Nella categoria Dentifrici i prodotti denominanti solamente dentifrici sono quelli con

una frequenza maggiore, con una percentuale del 42%.

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74

Seguono poi il termine pasta dentifricia con il 27%, la polvere dentifricia con il 9%,

preparato dentifricio e sapone dentifricio con il 4%, acqua dentifricia e elisir dentifricio

con il 3%, prodotti dentifrici con il 2%, crema dentifricia, curativi della bocca e dei denti,

igiene della bocca, liquido dentifricio e specialità dentifricia con l’1%, sciroppo di

dentizione con lo 0,5%

Deodoranti

Deodoranti per toeletta

Disinfettanti e deodoranti

Prodotti igienici deodoranti

Per la categoria Deodoranti i prodotti denominanti disinfettanti e deodoranti

ottengono una percentuale del 75%.

Seguono poi i prodotti igienici deodoranti con il 13% ed i deodoranti per toeletta con

il 12%.

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75

Detergenti

Detergenti

Detergenti e preparati per pulire

Preparati per pulire

All’interno della categoria Detergenti i prodotti denominanti preparati per pulire

hanno una frequenza del 60%.

Seguono poi i detergenti con il 37% ed i detergenti e preparati per pulire con il solo

3%.

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Detersivi

Detersivo

Detersivo per bucato

Prodotti detersivi

Prodotti per candeggio

Prodotti per lavare

Sapone detersivo

Sapone da bucato

Sgrassatori

Smacchiatori

All’interno della categoria Detersivi i prodotti denominanti sapone da bucato sono

quelli con una percentuale maggiore pari al 47%.

Seguono poi il termine detersivo con il 22%, smacchiatori con il 12%, prodotti

detersivi con l’11%, detersivo per bucato con il 4%, prodotti per candeggio con il 2%,

prodotti per lavare e sapone detersivo con l’1% e sgrassatori con lo 0,2%.

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Liscive

Lisciva

Lisciva in polvere

Lisciva liquida

Lisciva per bucato

Lisciva saponaria

Lisciva speciale

Prodotto liscivante

Nella categoria Liscive i prodotti denominanti lisciva sono quelli che hanno raccolto

una frequenza maggiore, con una percentuale del 41%.

Seguono poi lisciva per bucato con il 32%, lisciva liquida con l’11%, lisciva in

polvere con il 10%, lisciva saponaria, lisciva speciale e prodotto liscivante con il 2%.

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Lozioni

Barba

Capelli

Capelli e barba

All’interno della categoria Lozioni i prodotti denominanti capelli raccolgono una

frequenza maggiore, con una percentuale del 66%.

Seguono poi barba con il 30% e capelli e barba con appena il 4%.

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Prodotti igienici

Crema per l'igiene

Lanolina

Polvere igienica

Prodotto disinfettante

Prodotto igienico

Sali da bagno

Sapone igienico

Per la categoria Prodotti igienici i prodotti denominanti prodotto igienico sono il

63%.

Seguono poi la polvere igienica con il 15%, i sali da bagno con il 10%, prodotto

disinfettante con il 6%, crema per l’igiene, lanolina e sapone igienico con l’1%.

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Prodotti per toeletta

Acqua da toeletta

Crema da toeletta

Lozioni da toeletta

Polvere da toeletta

Preparato liquido da toeletta

Prodotti da toeletta

I prodotti denominanti prodotti per toeletta hanno una frequenza maggiore, con una

percentuale del 58%.

Seguono poi acqua da toeletta con il 13%, crema da toeletta con l’11%, lozioni da

toeletta e polvere da toeletta con il 7% e preparato liquido da toeletta con il 4%.

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Saponi

Acqua da toeletta

Crema da toeletta

Lozioni da toeletta

Polvere da toeletta

Preparato liquido da toeletta

Prodotti da toeletta

Per quanto riguarda la categoria Saponi i prodotti denominanti sapone, sono quelli

più frequenti con una percentuale del 71%.

Seguono poi, decisamente distanziati, sapone profumato con il 7%, sapone da

toeletta e saponette con il 6%, sapone comune, polvere di sapone e prodotti di saponeria

con il 2%, sapone liquido, sapone medicinale, sapone solido e sapone speciale con l’1%,

sapone detergente, sapone disinfettante, sapone in crema e saponina con percentuali esigue,

variabili dallo 0,3 % allo 0,1%

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Oltre ai grafici, sono state inoltre realizzate delle schede111 nelle quali sono state

inserite le informazioni, ‘anagrafiche’ e di ‘contenuto’, dei marchi selezionati estrapolate

dalle serie e dai fondi esaminati. Schede sintetiche come quelle di seguito riportate.

Scheda Marchio Numero di registro 235

Descrizione archivistica 201-300

Data deposito domanda 02/06/1875

Data registrazione marchio 05/06/1875

Titolare DITTA L. SARLIN FILS ET C.IE BARI ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda BARI

Descrizione

TIMBRO A SECCO ESAGONO CONTENENTE NEL CENTRO LA FIGURA DI UNA CASSA CERCHIATA CIRCONDATA DALLE PAROLE MARCA DI FABBRICA E DALLA LEGGENDA SAVONNERIE MARSEILLAISE BARI. IL SUDDETTO MARCHIO SARÀ RINPRESSO SUL SAPONE FABBRICATO NEL SUO STABILIMENTO IN BARI.

Descrizione iconologica

Note

111 Per la consultazione completa delle schede si rimanda al CD allegato. Tutti i dati presenti all’interno sono stati estrapolati dal primo progetto di banca dati realizzato da SIAV nel 2011.

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Scheda Marchio Numero di registro 679

Descrizione archivistica 601-700

Data deposito domanda 08/02/1880

Data registrazione marchio 27/04/1880

Titolare DITTA PIETRO CALAMARI MILANO ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda MILANO

Descrizione

IMPRESSIONE A RILIEVO PORTANTE LE PAROLE, SUPERIORMENTE: SAPONE ED INFERIORMENTE: MILANO DITTA PIETRO CALAMARI E NEL CENTRO LE LETTERE D.P.C. INTRECCIATE IN FORMA FANTASTICA IN MODO DA FORMARE UN ANAGRAMMA. IL DETTO MARCHIO VERRÀ DALLA DITTA ANZIDETTA USATO MEDIANTE IMPRESSIONE IN RILIEVO PER CONTRASSEGNARE IL SAPONE DETTO ALCALINO DELLA PROPRIA FABBRICA.

Descrizione iconologica

Note

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Scheda Marchio Numero di registro 1196

Descrizione archivistica 1101-1200

Data deposito domanda 02/06/1885

Data registrazione marchio 07/08/1885

Titolare MEYER EMIL NELLA SUA QUALITA' DI PROPRIETARIO DELLA DITTA EMIL MEYER E C.IE E DELLA DIPENDENTE MARCA ED. PINAUD ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda TORINO

Descrizione

Etichetta ottagonale portante la dicitura a La Corbeille Fleurie con sotto un canestro di fiori susseguito dalla seguente leggenda in otto linee: Hugiene de la tête. Eau de quinine tonique. Excellente pour enlever les pellicules de la tete, fortifier les cheveux en arrêter la chute, leur donner du brillant et de la souplesse. Il degage le curir chevelu de l'actin corrosive des sueurs et leur laisse un parfum agreablde et vivifiant. Préparée par Ed. Panaud Parfumeur. 37 B.D de Strasbourg Paris: e portante inoltre il fac simile della prima: Ed. Pinaud: sovrinpressa obliquamente nell'angolo inferiore. Tale marchio o segno distintivo di fabbrica già usato dal depositante legalmente in Francia mediante impressione sulla carta o in gelatina sul vetro delle boccette contenenti un'acqua per la testa di sua fabbricazione, sarà nell'egual guisa e sugli stessi oggetti adoperato in Italia dove intende far commercio.

Descrizione iconologica

Note Manca l'indicazione della città.

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Scheda Marchio Numero di registro 1906

Descrizione archivistica 1901-2000

Data deposito domanda 28/01/1890

Data registrazione marchio 15/04/1890

Titolare DITTA ARTHUR'S IDEAL SOAP WORKS LIMITED LONDRA GRAN BRETAGNA

Mandatario

Ente presentazione domanda MILANO

Descrizione

LA DENOMINAZIONE ARTHUR'S IDEAL SOAP WORKS LIMITED.DETTO MARCHIO O SEGNO DISTINTIVO DI FABBRICA GIÀ USATO LEGALMENTE IN INGHILTERRA DALLA DITTA RICHIEDENTE PER CONTRADDISTINGUERE I SAPONI DI SUA FABBRICAZIONE SARÀ DALLA MEDESIMA USATO IN EGUAL MODO IN ITALIA OVE INTENDE DI FARNE COMMERCIO, APPLICANDOLO DIRETTAMENTE AI DETTI PRODOTTI, MEDIANTE INCAVO, RILIEVO, STAMPO, ETICHETTA O ALTRO MODO OPPORTUNO SUI MANIFESTI, INDIRIZZI, FATTURE, LETTERE E CARTE DI COMMERCIO IN GENERE, SULLE SCATOLE, CASSE, INVOLUCRI, IMBALLAGGI E SIMILI, USATI NELLO SMERCIO E NELLA SPEDIZIONE DI DETTI PRODOTTI

Descrizione iconologica ARTHUR'S IDEAL SOAP WORKS LIMITED

Note

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Scheda Marchio Numero di registro 3040

Descrizione archivistica 28-29-30

Data deposito domanda 18/06/1895

Data registrazione marchio 24/07/1895

Titolare DITTA DOERING & C; FRANCOFORTE S/M GERMANIA

Mandatario

Ente presentazione domanda ROMA

Descrizione

SAPONE.IMPRONTA O DISEGNO DI UNO SCUDO ELITTICO FORMATO DA UNA LARGA FASCIA, CIRCONDANTE UN CAMPO OVALE IN CUI RITTA SU BALLATOIO SI VEDE LA FIGURA DI UNA CIVETTA AVENTE AL DI SOPRA DEL CAPO LA SCRITTA: LA CIVETTA; ED AI LATI MARCA DEPOSITATA IN UN NASTRO ORNAMENTALE CHE PASSA DIETRO LA CIVETTA. NELLA PARTE SUPERIORE DELLA FASCIA STA SCRITTO SAPONE DOERING, IN QUELLA INFERIORE: PREZZO 60 CENT. SUPERIORMENTE ALLO SCUDO VI È LA SCRITTA DOERING & C, INFERIORMENTE FRANKFURT A/M.QUESTO MARCHIO SARÀ DAL RICHIEDENTE USATO PER CONTRADDISTINGUERE IL SAPONE DI PROPRIA FABBRICAZIONE E COMMERCIO APPLICANDOLO IN MODO OPPORTUNO SOPRA DI ESSO, NONCHÉ SUGLI IMBALLAGGI E CARTE DI COMMERCIO.

Descrizione iconologica

Note

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Scheda Marchio Numero di registro 4635

Descrizione archivistica 4601-4700

Data deposito domanda 12/03/1900

Data registrazione marchio 05/03/1900

Titolare DOMPÉ D. ONORATO MILANO ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda MILANO

Descrizione

PREPARATI PER TOLETTA E MEDICINA. IMPRONTA DI FORMA QUADRATA CON GLI ANGOLI ARROTONDATI E CONTENENTE UN ALTRO QUADRATO NEL QUALE È ISCRITTO UN CIRCOLO, DENTRO CUI STANNO LE PAROLE VANOLIA LACTOLIA, LUNGO LA ZONA FRA I DUE QUADRATI SI LEGGE D.Q. DOMPÉ CHIMICO FARMACISTA PIAZZA SCALA A MILANO. NEGLI SPAZI FRA IL CIRCOLO ED IL QUADRATO INTERNO SONO RIPARTITE LE DUE PAROLE MARCA FABBRICA. QUESTO MARCHIO SARÀ APPLICATO SUI RECIPIENTI IN GENERE CONTENENTI I PRODOTTI E SULLE CARTE DI COMMERCIO.

Descrizione iconologica VANOLIA LACTOLIA

Note

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Scheda Marchio Numero di registro 6832

Descrizione archivistica 6801-6900

Data deposito domanda 01/05/1905

Data registrazione marchio 13/07/1905

Titolare DITTA ENRICO HEIMANN & C. MILANO ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda MILANO

Descrizione

PASTA PER LUCIDARE METALLI. LA FIGURA DI UN SOLE RAGGIANTE CHE SPICCA SOPRA UN DISCO A FONDO ROSSO E PORTA NEL MEZZO LA PAROLA SPLENDOR IN CARATTERI DECRESCENTI DAL CENTRO, E SOTTO DI ESSA MARCA DEPOSITATA. SUPERIORMENTE IN DUE LINEE CIRCOLARI SI LEGGE PASTA UNIVERSALE PER LUCIDARE QUALUNQUE METALLO E, SOTTO IL SOLE LA ISCRIZIONE SU TRE RIGHE ENRICO HEIMANN & C. FABBRICA DI PRODOTTI CHIMICI - MILANO.

Descrizione iconologica SPLENDOR

Note TRASFERITO

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Scheda Marchio Numero di registro 10498

Descrizione archivistica 10401-10500

Data deposito domanda 08/05/1910

Data registrazione marchio 12/10/1910

Titolare DITTA ENRICO HEIMANN & C. MILANO ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda MILANO

Descrizione

LISCIVA. IMPRONTA RETTANGOLARE CON CONTORNO ORNAMENTALE, NELLA QUALE CAMPEGGIA SUPERIORMENTE, SOPRA UNA FASCIA ARCUATA, LA PAROLA SAPONINA, SEGUITA AL DI SOTTO DALLA DICITURA SAPONE CHIMICO POLVERIZZATO. NEL MEZZO FIGURA, SOPRA DUE RAMI D'ALLORO INCROCIATI RECANTI CIASCUNO LE DUE FACCE DI UNA MEDAGLIA, UNA VIGNETTA CON CORNICE RETTANGOLARE RAPPRESENTANTE OPIFICI INDUSTRIALI E SORMONTATA DA UN ANELLO ELLITTICO PORTANTE ALL'INGIRO LA SCRITTA FABBRICA NAZIONALE PRODOTTI CHIMICI E NELL'INTERNO LA FIGURA DI UN'ANCORA TRAVERSATA DA UNA FASCIA CON LE PAROLE MARCA DI FABBRICA, SOTTO LA QUALE STANNO LE INIZIALI E.H.C. NELLA PARTE INFERIORE DELL'IMPRONTA LEGGESI, SU VARIE RIGHE, CONSERVAZIONE DELLA LINGERIA - INSUPERABILE - PER BUCATO - PER LAVARE PANNI COLORATI - ENRICO HEIMANN & C. - FRANCOFORTE S/M. CORNIGLIANO LIGURE - MILANO.

Descrizione iconologica SAPONINA

Note TRASFERITO.

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Scheda Marchio Numero di registro 15534

Descrizione archivistica 143-144

Data deposito domanda 11/05/1915

Data registrazione marchio 08/07/1915

Titolare RECKITT & SON, LTD. HULL, YORK GRAN BRETAGNA

Mandatario DITTA BARZANO' ZANARDO, ROMA

Ente presentazione domanda UFFICIO DELLA PROPRIETA' INTELLETTUALE ROMA

Descrizione BRASSO CONTRADDISTINGUE PREPARATI PER LUCIDARE METALLI ED ALTRI ARTICOLI.

Descrizione iconologica BRASSO

Note ESTESO ALLE NUOVE PROVINCIE 16/01/1924

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Scheda Marchio Numero di registro 18996

Descrizione archivistica 164-166

Data deposito domanda 09/01/1920

Data registrazione marchio 04/11/1920

Titolare DITTA SIRIO FABBRICA PROFUMERIE E SAPONI MILANO ITALIA

Mandatario ING. BARZANÒ & ZANARDO - MILANO

Ente presentazione domanda PREFETTURA DI MILANO

Descrizione ACACIA SIRIO FABBRICA PROFUMERIE E SAPONI CONTRADDISTINGUE SAPONI E SAPONETTE PROFUMATE ALL'ACACIA.

Descrizione iconologica ACACIA

Note ESTESO ALLE NUOVE PROVINCIE 19/02/1924

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Scheda Marchio Numero di registro 26076

Descrizione archivistica 265-266

Data deposito domanda 12/06/1923

Data registrazione marchio 24/04/1925

Titolare R.S. HUDSON LIMITED LIVERPOOL GRAN BRETAGNA

Mandatario G.G. GUARNIERI, MILANO

Ente presentazione domanda PREFETTURA DI MILANO

Descrizione RINSO CONTRADDISTINGUE LISCIVE E ASSIMILATI.

Descrizione iconologica RINSO

Note ESTESO AL CIRCONDARIO DI FIUME IL 31/05/1926 IN INGLESE.

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Scheda Marchio Numero di registro 40256

Descrizione archivistica 40101-40300

Data deposito domanda 28/08/1929

Data registrazione marchio 29/12/1930

Titolare DITTA FRATELLI FERRARIS GARLASCO (PV) ITALIA

Mandatario G.G. GUARNIERI, MILANO

Ente presentazione domanda CONSIGLIO REGIONALE DELL'ECONOMIA MILANO

Descrizione SAPONI, DENTIFRICI, CIPRIE ECC.

Descrizione iconologica OLIVINA

Note TRASFERIMENTI CESSIONARIO: POND'S EXTRACT CO. LTD. A LONDRA, 16/07/1934.

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Scheda Marchio Numero di registro 52221

Descrizione archivistica 52101-52300

Data deposito domanda 10/04/1935

Data registrazione marchio 09/12/1935

Titolare SOC. AN. VERMONDO VALLI MILANO ITALIA

Mandatario G.G. GUARNIERI, MILANO

Ente presentazione domanda CONSIGLIO REGIONALE DELL'ECONOMIA MILANO

Descrizione Una lozione per capelli.

Descrizione iconologica BAY RUM H.T.N. ICE LOTION

Note

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Scheda Marchio Numero di registro 62706

Descrizione archivistica 62600-62800

Data deposito domanda 16/09/1940

Data registrazione marchio 28/11/1940

Titolare GI.VI.EMME. SOC. AN. GIUSEPPE VISCONTI DI MONDRONE & C. MILANO ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda CONSIGLIO PROVINCIALE DELLE CORPORAZIONI MILANO

Descrizione PASTA DENTIFRICIA.

Descrizione iconologica PASTA DENTIFRICIA ERBA

Note

NOME E DOMICILIO DEL RAPPRESENTANTE: VIA PONTE SOSPESO, 22 - FIRENZE. TRASF. CESS. IL PRESENTE MARCHIO È STATO ANNULLATO IN SEGUITO A RINUNCIA DELLA TITOLARE CON DICHIARAZIONE DEL 20/03/1936

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Scheda Marchio Numero di registro 67249

Descrizione archivistica 67201-67401

Data deposito domanda 02/11/1942

Data registrazione marchio 01/10/1945

Titolare DITTA LA DUCALE PARMA ITALIA

Mandatario

Ente presentazione domanda CAMERA DI COMMERCIO DI MILANO

Descrizione PROFUMI, COSMETICI, DENTIFRICI ED ALTRI ECC.

Descrizione iconologica

Note NOME E DOMICILIO: VIA PRIVATA PIAGGIO 8-2- GENOVA

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3.3. Dall’UIBM alla WIPO: analisi di banche dati e nuove proposte

Come abbiamo potuto vedere nel capitolo precedente, le banche dati più utilizzate

riguardanti i marchi di fabbrica sono:

• Banca dati italiana all’interno del sito dell’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e

Marchi);

• Banca dati francese all’interno del sito dell’INPI (Institut National de la

Propriètè Industrielle);

• Banca dati britannica all’interno del sito dell’Intellectual Property Office;

• Banca dati dell’UAMI (Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato Interno) per la

ricerca dei marchi comunitari;

• Banca dati WIPO (World Intellectual Property Organization) per la ricerca dei

marchi internazionali;

• Banca dati TMwiev112;

• Banca dati: Ufficio italiano brevetti e marchi, serie Marchi e serie Modelli;

• Banca dati della Camera di commercio di Torino denominata MaToSto,

acronimo di Marchi Torinesi nella Storia.

La più completa è sicuramente la banca dati inglese che consente di ricercare i dati a

partire dal 1° gennaio 1873 per giungere fino ai giorni nostri, segue poi quella

internazionale che ha come data di inizio il 1946, quella tedesca il 1950, quella francese il

1976, quella italiana il 1980 e infine quella comunitaria il 1996.

L’ultima banca dati, quella TMview, collegandosi alle banche dati nazionali dei

singoli paesi fa riferimento ai loro estremi cronologici.

Analizzando queste banche dati si può notare come esse siano strutturate in modo da

prediligere una ricerca di tipo giuridico legale o di marketing per evitare casi di

contraffazione, piuttosto che di storia industriale o tanto meno per studi socio culturali.

Per questo motivo gli estremi cronologici delle banche dati, ad eccezione di quella

inglese, partono circa dalla metà del ‘900. Per il periodo precedente i dati sono consultabili

esclusivamente presso gli Archivi di Stato o Dipartimentali dei singoli paesi. 112 TMview è uno strumento di consultazione on line, multilingue e di facile impiego, che consente a qualsiasi utente di Internet di cercare gratuitamente i marchi di tutti gli Uffici dei marchi ufficialmente riconosciuti che hanno aderito al sistema. Fornisce informazioni dettagliate su denominazione, riproduzione grafica, status giuridico, elenco dei prodotti e servizi, ecc. I dati sono accessibili attraverso un sistema centralizzato; il loro aggiornamento è responsabilità di ciascun Ufficio membro.

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In Italia, oltre la banca dati dell’UIBM, è possibile studiare i marchi anche attraverso

la banca dati messa a disposizione degli studiosi, dal 2014, dall’ACS che, come detto,

conserva tutta la documentazione cartacea relativa alla serie marchi del fondo dell’Ufficio

Italiano brevetti e marchi.

Grazie a questa banca dati è possibile effettuare ricerche spazio-temporali, per

tematiche e settori, ritrovare elementi fondamentali comuni e non, ricostruire la storia delle

grandi imprese attraverso le immagini, ed inoltre i dati possono essere messi in relazione

tra loro.

I parametri di ricerca che consentono la consultazione sono numerosi: si può partire

dalla descrizione del marchio, dalla tipologia di prodotti per i quali è stato registrato, dal

nome del titolare o da quello del mandatario, o dall’anno in cui è avvenuta la registrazione

della domanda. Particolarmente importante il fatto che si possano reperire, sia i marchi

nazionali, sia i marchi internazionali registrati.

Un altro esempio interessante di banca dati è quella creata dalla Camera di

commercio di Torino MaToSto con la collaborazione tecnica della società Co.pa.t113 per

mettere a disposizione del pubblico i verbali delle domande di registrazione di marchi

nazionali e internazionali che fanno parte dell’archivio storico dell’ente. Si parte dal 1926

e, per il momento, si giunge a consultare i documenti fino al 1941 compreso. In totale

5.197 documenti consultabili in full-text: 501 marchi internazionali, 2.075 marchi

figurativi, 2.998 marchi verbali.

E visto che è proprio dalle banche dati che cominciano le ricerche di gran parte degli

studiosi che decidono di utilizzare i marchi come fonte storiografica per studiare appunto

l’evoluzione della cultura tecnica e tecnologica e i cambiamenti socio culturali e linguistici

del nostro Paese, sarebbe utile poter predisporre una banca dati, per lo meno italiana, che

rispecchi per quanto possibile le modalità di ricerca delle moderne banche dati, ma di

contro inserisca delle caratteristiche peculiari che possano essere di utilità alle diverse

ricerche degli studiosi interessati alla materia anche dal punto di vista storico.

A questo proposito verranno proposti di seguito alcuni esempi di ricerche e

altrettante soluzioni attraverso la compilazione di una scheda ideale da inserire all’interno

di una ipotetica banca dati.

113 Copat progetta e realizza servizi finalizzati alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. In particolare è specializzata in attività di catalogazione, indicizzazione e digitalizzazione di materiale manoscritto e a stampa, antico e moderno, archivistico e multimediale, conformando costantemente l'attività agli standard nazionali e internazionali e sviluppando nuove tecnologie.

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Partiamo da una ricerca sui marchi di ‘moda’ italiani svolta nell’ambito di una tesi di

laurea114 in Scienze della Comunicazione nella quale è stata improntata un’analisi

sistematica di un insieme di marchi del settore tessile e vestiario ideati tra il 1900 e il 1950,

al fine di ricercare dei tratti distintivi sulle tendenze prevalenti della marchionimia in

questo settore dal punto di vista tematico e linguistico.

Un campione di 329 marchi è stato suddiviso, tra le altre cose, in classi per l’analisi

tematica: mitologico, umano, animale, vegetale, oggetto e per l’analisi linguistica in

patronimici, nomi di fantasia e alterativi, neologismi e neoformazioni, forestierismi, sigle e

numeri.

In questo caso l’attenzione dello studioso, interessato ad un’analisi filologica dei

marchi, si è soffermata sullo studio di dati quali il nome del marchio e l’immagine,

suddividendo gli stessi in classi descrittive dei nomi.

Partendo dal presupposto che attualmente i marchi in fase di registrazione115

vengono già suddivisi in:

• Marchio denominativo: quelli costituiti da parole di fantasia, nomi patronimici,

nomi geografici, denominazioni sociali, sigle, lettere dell’alfabeto, numeri, ecc.;

• Marchio figurativo: quelli composti da un disegno o disegno e parole oppure da

una scritta in caratteri stampatello su più righe oppure in caratteri di fantasia,

emblemi e colori fino a rappresentazioni più elaborate, quali vignette, etichette,

ritratti, ecc.;

• Marchio verbale: quelli composti da sole parole scritte su una sola riga in

carattere stampatello maiuscolo e non a colori;

• Marchio individuale: che ha il compito di distinguere il singolo prodotto o

servizio di un imprenditore;

• Marchio collettivo: serve a garantire l'origine, la natura o la qualità di prodotti o

servizi. La registrazione di marchi collettivi è concessa a quei soggetti che

svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati

114 Maria Catricalà e Ilaria Pironti, ‘Marchi ‘di moda’ italiani: una indagine mirata tra il 1900 e il 1950’ tesi di laurea di Ilaria Pironti presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma. Relatrice Maria Catricalà 115 Cfr. modulo di registrazione del marchio d’impresa. Paragrafo C. MARCHIO - Descrizione comprensiva della denominazione [C1]: è obbligatorio indicare il marchio e descriverne brevemente gli aspetti caratterizzanti, ove non si tratti esclusivamente di marchio denominativo. Inoltre barrare con una [X] la casella immediatamente a destra per indicare se il marchio è: [C3] verbale o [C4] figurativo [C5] individuale o [C6] collettivo Colori indicati nella Descrizione [C2]: indicare il/i colore/i come da descrizione, compresi il bianco ed il nero, nel caso in cui tali colori costituiscono caratteristica del marchio stesso.

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prodotti o servizi e che possono concedere l'uso dei marchi stessi a produttori o

commercianti che rispettino determinati requisiti.

Sarebbe forse interessante utilizzare, oltre alla classificazione moderna, anche delle

sottoclassi collegate ai marchi denominativi e figurativi con le seguenti voci:

• Riferito al nome: patronimico, nome di fantasia, alterativo, neologismo,

forestierismo, sigla e numero;

• Riferito all’immagine: mitologico, umano, animale, vegetale, oggetto.

Un altro caso ha ripercorso invece la storia dell’azienda Mira Lanza dalla sua origine

fino alla sua scomparsa attraverso documenti, marchi, pubblicità e figurine116.

In questo caso l’attenzione dell’autore si è soffermata sui singoli prodotti

dell’azienda che nello specifico era specializzata nella produzione sia di lumini, moccoli

stearici, candele normali, decorative e da chiesa, sia di saponi da bucato e per toeletta.

Ora facciamo per un attimo l’ipotesi che lo studioso sia interessato ad un solo settore

di produzione. Di norma all’interno delle banche dati moderne con le ricerche che vengono

effettuate in relazione ai dati caratteristici del marchio: titolare, mandatario, data di

deposito, data di pubblicazione, numero, titolo, paese, classe, una prima differenziazione si

sarebbe avuta visualizzando la classe di appartenenza e il settore di produzione, (le candele

appartengono alla classe quattro mentre i saponi alla classe tre secondo la classificazione

internazionale di Nizza 2014117), ma nel periodo che va dal 1875 al 1965, siccome si

susseguono ben quattro classificazioni118 differenti, non credo sia utile inserire questo tipo

di voce, ma si può sicuramente ovviare a questa mancanza utilizzando appunto la voce

‘descrizione’ alla ricerca semplice, in modo da poter avere fin da subito un’idea del settore

di competenza dei prodotti.

Oppure, così come accade all’interno delle banche dati moderne, si può anche fare

riferimento alla classe di appartenenza inserendo la voce ‘classe’ e la voce ‘prodotti e

servizi’ specificandone però l’anno a cui si riferisce.

116 Cfr. Marco Eula, La gloriosa Mira Lanza, Ginevra, 2010, pp. 5-170. 117 Si tratta di un elenco che descrive la natura di prodotti e servizi in termini generali, allo scopo di classificare i marchi registrati in maniera univocamente riconosciuta ed accettata a livello internazionale. Attualmente siamo alla 10ª edizione della classificazione. È composta da 34 classi di prodotti e 11 classi di servizi. La classificazione è stata definita nel 1957 dall'organizzazione World Intellectual Property Organization (WIPO). 118 Classificazione del 1913, del 1943, del 1954 e del 1960

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Altro caso preso in considerazione è la mostra che si è tenuta nel 2011 all’Archivio

Centrale dello Stato che ha esaminato i 171.000 marchi presenti al suo interno e ha portato

a ripercorrere le tappe della storia italiana dall’Unità alla guerra e dal secondo dopoguerra

agli anni sessanta.

In questo caso si è voluto ripercorrere le tappe fondamentali della storia italiana

attraverso i prodotti e il loro marchi.

Utile per questo tipo di ricerca potrebbe essere l’inserimento della voce ‘storia del

marchio’, già presente all’interno delle altre banche dati moderne sotto la voce storia o

pubblicazioni, nella quale potrebbero essere inserite tutte le notizie riguardanti il marchio:

dai cambi di indirizzo o di nome dei proprietari alle notizie di pubblicazione o di rinnovo

fino ai ricorsi

Ove possibile poi si potrebbe contemplare la possibilità di inserire anche la voce

‘origine del marchio’ e ‘paesi designati’, voce presente per esempio nella banca dati

francese, dove verrebbero menzionati il paese di origine del marchio e gli altri paesi di

esportazione, magari con le relative date di deposito.

Si potrebbe infine utilizzare la funzione ‘mostra gli altri marchi legati al titolare’,

presente per esempio all’interno della banca dati inglese, che rimanda automaticamente

alla lista degli altri prodotti dello stesso titolare senza la necessità di avviare una nuova

ricerca.

Ultimo caso di studio è quello riferito ad una ricerca dal titolo ‘1990 – Jocca la

strategia di comunicazione per riposizionare il cottage cheese’119 nella quale l’autore

presenta lo studio di un piano di marketing per la soluzione di un problema aziendale

relativo ad un prodotto di una delle aziende del gruppo Philip Morris elaborato dai

partecipanti (studenti delle facoltà di Economia) al Premio Philip Morris.

In questo caso il problema riguardava la necessità di ideare un piano di rilancio del

prodotto che a partire dagli anni ‘80 aveva registrato un forte calo della domanda dovuto,

probabilmente, alla concorrenza di nuovi prodotti molto più dietetici o saporiti.

Tra i metodi di studio proposti dall’autore per risolvere un caso di marketing c’è

quello di analizzare una serie di variabili tra cui:

• Individuazione dei principali concorrenti

• Offerta dei concorrenti

• Studio del ciclo di vita dei prodotti 119 Cfr. Carlo Alberto Pratesi, Marketing dei prodotti alimentari di marca, Milano, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1995, pp. 35-72

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Per effettuare una ricerca di questo genere si potrebbe utilizzare, oltre che la voce

‘storia del marchio’, anche la funzione ‘descrizione’ che, unita alla voce ‘classe’, darebbe

come risultato una serie di prodotti simili a quello preso in considerazione, e anche se la

ricerca in questione riguarda lo studio di marchi contemporanei, nulla vieta la possibilità di

estendere questo tipo di indagine pubblicitaria anche ai marchi così detti antichi, quelli

appunto che vanno dal 1875 al 1965.

Le banche dati marchi, infine, consentono di effettuare una ricerca su nomi identici,

ma non offrono un rapporto completo anche per i marchi simili. Se si vuole per esempio

registrare come marchio la parola ‘MOKA’ e si ricerca scritta così, non si troverà mai la

parola ‘MOCA’ che pure, dal punto di vista dei marchi, è del tutto simile alla prima.

Effettuare però una ricerca per similitudine è sicuramente un’impresa quanto mai

ardua in quanto bisogna ricercare tutte le parole simili da un punto di vista fonetico (ad es

‘ph’ – ‘f’; ‘x’ – ‘ics’; ‘ch’ – ‘k’; ‘y’ – ‘ i’; ‘u’ – ‘iu’; ‘s’ – ‘z’; ‘e’ – ‘i’; ...).

Per esempio la parola Fonzi va considerata uguale a Phonzi, Fonzee, Phonzee, Fonsi,

Fonsee, ecc. si può cercare comunque di circoscrivere la ricerca inserendo preventivamente

la classe di appartenenza, anche in considerazione del fatto che in linea di massima è

ipotizzabile il deposito di marchi uguali e/o simili a segni preesistenti, qualora gli stessi

non vengano registrati per prodotti e/o servizi uguali o simili. Si pensi al caso del marchio

Fiesta, che descrive allo stesso tempo un'automobile e uno snack, senza creare alcuna

confusione nei consumatori.

Inoltre, non bisogna dimenticare che il rischio di confusione deve essere sempre

valutato globalmente, sulla base della somiglianza visiva, auditiva e concettuale dei marchi

in questione.

In questo caso la classe di appartenenza è sicuramente un valido aiuto.

Quanto detto viene riportato in una tabella riepilogativa che potrebbe costituire il

prototipo di una possibile scheda di ricerca.

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Numero di registro

Descrizione archivistica

Data di deposito

Data di registrazione

Titolare

Mandatario

Ente di presentazione

Classe

Prodotti e servizi

Descrizione

Descrizione iconologica

Note

Storia del marchio

Origine del marchio

3.4. L’utilizzo dei marchi come fonte storica: possibilità e percorsi

Il progetto di ricerca nasce con l’intento di analizzare i possibili coinvolgimenti della

serie ‘Marchi’ nei processi evolutivi che hanno caratterizzato il nostro Paese tra il 1870 e il

1960, diventando espressione di una società e dei suoi cambiamenti.

Attraverso l’analisi della categoria in oggetto nella sua evoluzione storica si voleva

accertare come la serie Marchi permettesse di studiare l’ambiente in cui erano maturati i

prodotti, gli orientamenti della ricerca e della tecnica dell’epoca, i modi di organizzazione

del lavoro scientifico e della produzione, la relazione esistente fra ciò che veniva

pubblicizzato e le reali qualità del prodotto.

Si è voluto quindi avvalorare l’ipotesi secondo la quale i marchi possono

effettivamente risultare una miniera di informazioni inestimabile per gli studiosi e possono

essere confrontati con precisi eventi naturali, sociali od umani, culturali, tecnici e

tecnologici, in questo o quel settore, in questo o quello Stato, almeno negli ultimi 150 anni,

per valutarne l’evoluzione.

Si è ritenuto opportuno infine approfondire, in questa trattazione, tutte quelle teorie

che vedono, nella conservazione, tutela e valorizzazione del fondo archivistico dei brevetti

e marchi e nello specifico, della Serie Marchi del Fondo Ufficio Italiano Brevetti, una

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potenzialità per la conservazione della memoria delle imprese italiane, nonché per la loro

creatività industriale e pubblicitaria. Proprio in virtù del fatto che già numerosi studiosi

avevano indirizzato le proprie ricerche in questo campo:

Ogni marchio contiene una storia che è sociale, iconografica, linguistica, culturale: il marchio identifica un prodotto, ma utilizza figure decorative, simboliche, scenografiche ben precise, veicola anche valori e significati sedimentatisi nel nostro immaginario120. Possono essere utilizzati come dato identitario di una impresa e quindi, correlati ai propri archivi, essere depositari della memoria dell’impresa e utilizzati come fonte storica in termini di comunicazione, pubbliche relazioni o pubblicità121. I marchi, proprio per la loro natura simbolica complessa, potrebbero rappresentare un potenziale e ricchissimo bacino di dati in cui far convergere gli strumenti metodologici della linguistica, della semiotica e dell’antropologia al fine di indagare come, attraverso tali mezzi di comunicazione e affermazione delle ‘mode’, le autorappresentazioni prodotte dal sistema sociale siano variate nel tempo, oppure, ad esempio, quali dimensioni semantiche, iconiche, simboliche siano risultate più salienti in un determinato settore o momento storico122.

L’analisi ha permesso di qualificare questa serie e i suoi cambiamenti come fonte

storiografica e soprattutto ha portato alla ricostruzione dell’attività operativa dell’UIBM fin

dalla sua istituzione, in uno specifico settore; all’analisi più approfondita degli

orientamenti della ricerca e della tecnica in un determinato periodo di tempo e in un settore

specifico; all’analisi, usando come caso di studio un settore specifico, delle ripercussioni

che gli sviluppi dell’industria e del design italiano hanno prodotto all’interno dei costumi e

della lingua italiana.

Il marchio, dunque, non è solo un nome, ma ha la qualità di non avere sinonimi

perché sul mercato è unico. É la sintesi di un processo di rappresentazione della propria

identità, di racconto della propria storia. Ha il potere di trasmettere in maniera immediata

quello che siamo.

Ecco quindi che la conservazione delle pratiche di brevetto dei marchi di fabbrica dà

la possibilità a questi ultimi di diventare custodi di una memoria storica fatta di immagini e

di linguaggi e di percorrere l’evolversi culturale dell’imprenditoria italiana attraverso

modalità di rappresentazione contemporanee al momento/periodo in cui nascono.

Nello specifico permette di capire come nel tempo le imprese si siano confrontate

commercialmente con il mercato di riferimento in termini di identificazione e

sintetizzazione del proprio messaggio commerciale. É possibile così valutare l’evolversi

della cultura specifica dell’immagine; l’evolversi della consapevolezza del vantaggio

120 Cfr. Margherita Martelli, I marchi di fabbrica e di prodotto. Una storia figurata, in Franco Amatori e Raimonda Piccini, Copyright Italia. Brevetti/Marchi/Prodotti 1948_1970, Biblioteca dell’Unità d’Italia, pp. 177-185. 121 Cfr. Giovanni Paoloni, Gli archivi d’impresa, op. cit. 122 Cfr. Marina Catricalà e Ilaria Pironti, Marchi ‘di moda’ italiani: un’ indagine mirata tra il 1900 e il 1950, op. cit.

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conferito dal segno identificativo nel contesto dello sviluppo concorrenziale del mercato;

l’evolversi dell’approccio commerciale nell’aggressione dei mercati esteri; la

modificazione delle aree commerciali di interesse; l’evoluzione delle tipologie dei prodotti

e dei servizi.

Proprio a questo proposito verranno presentati, nel capitolo seguente, una serie di

percorsi di studio nei quali verranno analizzati: la nascita e l’evoluzione dei prodotti della

categoria dei prodotti per la pulizia e l’igiene personale, il loro andamento sul mercato

italiano attraverso l’analisi dei marchi nazionali e dei marchi esteri registrati, l’incidenza

territoriale dei marchi in relazione alla popolazione presente in un determinato periodo

storico.

Questa analisi permetterebbe anche di mettere a punto strumenti e strategie in grado

di facilitare, sia la ricerca di questi prodotti all’interno della serie Marchi, sia la ricerca,

all’interno della voce descrizione, di tutti quei prodotti che con denominazioni differenti si

riferiscono ad un medesimo marchio o prodotto.

Tale messa a punto potrebbe inoltre avere un valore di modello per altre categorie

merceologiche di prodotti all’interno della serie Marchi del fondo dell’UIBM.

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4. STUDIO DEI MARCHI ATTRAVERSO LE STATISTICHE

4.1. I marchi nella storiografia Come abbiamo potuto constatare l’apporto che l’analisi dell’evoluzione storica dei

marchi può fornire alla ricostruzione della storia del nostro paese e ai cambiamenti socio-

economici è senza dubbio fondamentale.

Ma, dopo un’attenta analisi sulla bibliografia esistente in campo nazionale ed

internazionale, si è potuto constatare anche che l’utilizzo di questo tipo di fonti all’interno

della storiografia rimane circoscritto a settori specifici quali l’economia, la giurisprudenza,

la tecnologia, il marketing e in maniera più marginale la storia spesso industriale.

Non a caso le maggiori pubblicazioni in campo nazionale le ritroviamo soprattutto

all’interno di quotidiani e periodici sulle nuove tecnologie dell’immagine e della

comunicazione, nonché all’interno di monografie e articoli di studiosi e protagonisti123 del

settore marketing, comunicazione e linguistica.

Gli studi e le pubblicazioni in materia di proprietà intellettuale invece, soprattutto nel

mondo anglosassone, le ritroviamo all’interno delle riviste a carattere giuridico e

scientifico facenti capo alle maggiori università inglesi o americane, o all’interno di riviste

di studi e ricerche economiche e tecnologiche124.

Questo perché l’interesse scaturito dall’analisi di questo tipo di fonti è ancora legato

ad uno studio specialistico basato, ancora nella maggior parte dei casi, sulla valorizzazione

e celebrazione storica delle aziende così come di coloro a cui è affidato il compito di

raccontare la loro identità125.

Questa analisi trova concretezza nel fatto che parecchi studi e pubblicazioni in

materia di marchi degli ultimi anni riguardano appunto convegni, eventi, mostre e ricerche

promosse in occasione di anniversari di istituti o aziende interessate dall’argomento perché

direttamente implicate nella produzione o conservazione dei marchi.

Giusto per fare qualche esempio è il caso di citare:

123 Nomi illustri compaiono al riguardo: da Carlo Alberto Pratesi studioso di marketing, Maria Catricalà studiosa di linguistica, Antonio Romano designer. 124 Riguardano per lo più l’analisi di strategie di tutela dei prodotti della proprietà intellettuale, della gestione e consulenza per la loro valutazione registrazione e deposito ad opera spesso di società di servizi specializzate nel settore. 125 In particolare m riferisco alla nascita negli ultimi decenni di moltissimi studi di grafica e designer spinti dalla sempre maggiore richiesta da parte di aziende e istituzioni di essere riconosciute e valorizzate all’interno del mercato globale attraverso un’immagine che rispecchi visivamente l’identità dell’azienda.

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• Franco Amatori e Raimonda Riccini, Copyright Italia. Brevetti, marchi, prodotti

1948-1970, Biblioteca dell’Unità d’Italia. Mostra nata in occasione delle

celebrazioni per l’Unità d’Italia (2011 presso ACS);

• AA.VV., Marchio tra rigore e fantasia. Marchi di fabbrica depositati dal 1891

al 1950 da aziende della provincia di Vicenza, Vicenza, CCIAA, 2001. Progetto

nato dalla collaborazione tra l’ACS e la Camera di commercio di Vicenza che ha

portato alla realizzazione di un volume in cui erano presenti tutti marchi di

fabbrica presentati per gli anni in questione e non solo quelli registrati.

• UIBM, 130 anni di storia dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi 1884-2014,

Roma, Ministero dello sviluppo economico, 2014. Un’opera che, in occasione

dei 130 anni dalla nascita dell’UIBM, racconta la nascita e l’evolversi

dell’Ufficio, senza tralasciare il clima culturale, i costumi, le criticità e il

particolare momento storico del Paese. Il tutto arricchito da fotografie di marchi

e brevetti e didascalie di alcune eccellenze italiane.

• Antonio Romano, Trentannidisegno, appunti per un anniversario, Bologna,

Compositori, 2010. Una raccolta di realizzazioni raggruppate per aree di attività.

Storie di imprese, istituzioni, prodotti, servizi, architetture, eventi, pubblicazioni

che racconta attraverso una selezione di progetti, realizzati praticamente in tutto

il mondo, marchi di impresa, ‘linguaggi’ di marca, architetture, prodotti veri e

propri, caratteri tipografici, pubblicazioni, proposti tutti nella loro veste di opere

di design. Pubblicato dal brand designer Antonio Romano nel 2010 e che ha

fatto da catalogo all’omonima mostra all’Ara Pacis di Roma.

• Marco Eula, La gloriosa Mira Lanza, Ginevra, 2010 . Un libro che racconta la

storia della Mira Lanza, oggi conglobata in una multinazionale anglo-tedesca,

dalla nascita al declino attraverso una ricca documentazione storica e

fotografica.

• Raffaele Fontanella, Come cambiano i marchi: metamorfosi di 60 marchi

italiani, Milano, Ikon, 2003. Un libro che racconta la storia e l’evoluzione di

sessanta marchi, disposti in ordine alfabetico, corredato di pagine pubblicitarie,

manifesti o tavole del manuale di identità visiva.

Come si può notare si tratta di volumi promossi esclusivamente da ‘addetti ai lavori’,

con l’intento di stuzzicare e promuovere la ricerca verso un campo ancora poco esplorato

ma sicuramente ricco di nuove proposte e offerte culturali.

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Non mancano infine tutte quelle ricerche sperimentali, compresa questa, nate in

ambito universitario che mirano a promuovere l’utilizzo dei marchi di fabbrica come fonte

storica non solo, per esempio, nel campo della storia economica e industriale, ma anche in

quella del linguaggio, del costume e degli stili di vita; analizzando la terminologia e i temi

grafici associati ai marchi, nonché la loro rappresentazione pubblicitaria126.

Tutto ciò al fine di mettere in relazione ciò che veniva proclamato nelle varie forme

di propaganda commerciale (stampa, radio e video) con le qualità e caratteristiche dei

prodotti stessi come emergono dalle analisi e caratterizzazioni degli organi preposti.

A tal proposito Margherita Martelli, responsabile del fondo marchi di fabbrica

dell’Archivio centrale dello Stato di Roma, in una ‘Nota storica – giuridica in tema di

marchio’ ha affermato:

Va comunque ricordata la loro importanza in relazione all’evolversi dei costumi e delle mode, della introduzione di nuove forme lessicali poi diventate di uso comune, della costituzione di un repertorio di immagini geografiche legate ai luoghi di produzione. […] i marchi sono stati, soprattutto quando non esistevano molti mezzi di comunicazione di massa, uno dei veicoli per la conoscenza di correnti artistiche, ed in seguito, con l’affinarsi delle tecniche pubblicitarie, ne sono stati autori importanti artisti che hanno legato indissolubilmente un dato prodotto all’immagine del marchio127

Anche Anna Pia Bidolli128 a tal proposito ha scritto:

Auspicabile sarebbe poter fare un vero e proprio lavoro di inventariazione della documentazione […] che fornirebbe uno strumento archivistico capace di offrire molteplici chiavi di lettura. […] si potrebbero impostare studi sull’evoluzione tecnologica dei vari settori stabilendo svariate correlazioni, si potrebbe verificare, per esempio, l’incidenza nel mondo economico dell’attività brevettuale di singole aziende ovvero utilizzare la documentazione in funzione della ricostruzione delle vicende storiche di società imprenditoriali

Ma questi sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che offre il vasto panorama

letterario che partendo da piccoli contributi all’interno di riviste specializzate si pone come

obbiettivo quello di raccontare in che modo il recupero di questo ‘linguaggio nuovo e

unico’ fatto di parole, colori, segni, immagini, idee, possa raccontare la storia e l’identità di

imprese, istituzioni, prodotti, servizi, territori, ma anche grandi e piccoli eventi sociali.

Ecco quindi che i simboli della nostra società, di un’impresa privata, di un’azienda

pubblica, di un servizio per il cittadino, attraverso le immagini diventano vere e proprie

126 A questo proposito cfr. Maria Catricalà e Ilaria Pironti, op cit. e Carlo Alberto Pratesi , op.cit. 127 Cfr. AA.VV., Marchio tra rigore e fantasia. Marchi di fabbrica depositati dal 1891 al 1950 da aziende della provincia di Vicenza, Vicenza, CCIAA, 2001 128 Anna Pia Bidolli, Invenzioni e attività brevettuale nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato, in Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Desenzano del Garda, 1991, pag.602.

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opere d’arte grazie alla tecnica e alla creatività umana, ma soprattutto lo specchio di una

società.

Bisogna rendersi conto che c’è storia e tradizione nei marchi e attraverso la loro

digitalizzazione si può recuperare il valore storico, sia dei grandi marchi, che delle piccole

imprese.

Oggi il marchio è diventato uno strumento di sviluppo e di comunicazione, inteso

come simbolo di una rappresentazione concettuale che ci consente di comprendere il

mondo che c’è dietro e di condurre una ricerca per tematiche e per settori (web semantico)

ritrovando gli elementi fondamentali attraverso la rete.

É proprio per rimarcare questo concetto che è nata l’idea di questa ricerca, con la

speranza soprattutto che l’apertura all’era digitale per la valorizzazione di questo nuovo

modo di fare storia possa aprire le porte ad una maggiore consapevolezza sulla natura

storica e identitaria di questo tipo di fonti, non facendola diventare un’occasione mancata.

4.1. Andamento dei marchi esteri e nazionali registrati in Italia tra il 1870 e il 1949

Per poter effettuare l’analisi completa dei marchi è stato necessario innanzitutto

raccogliere tutti i dati, presenti nei Bollettini, nei registri dei marchi e nella banca dati

provvisoria creata dalla SIAV nel 2011, all’interno di un file Excel.

Nel file sono stati creati dieci campi nei quali sono stati inseriti i dati riferiti a:

• numero di registro

• descrizione archivistica

• data di deposito

• data di registrazione

• titolare

• ente di presentazione del marchio

• mandatario

• descrizione iconologica

• descrizione del prodotto

• note

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Alcune volte è stato necessario desumere i dati dalle notizie presenti all’interno del

testo della descrizione dei marchi, all’interno dei registri e dei Bollettini, all’interno della

banca dati.

Fino al gennaio 1929129 sono anche state prese le immagini correlate alle schede dei

marchi presenti in banca dati, dopo quella data non è stato più possibile in quanto le

immagini non erano state ancora inserite.

Dal file Excel sono state create infine delle schede sintetiche, simili a quelle proposte

inizialmente dalla società SIAV e presenti all’interno della loro banca dati, nelle quali sono

stati riportati i dati ottenuti dalla compilazione del file.

Grazie alla compilazione del file è stato possibile quindi passare allo studio di tre

differenti percorsi nei quali sono stati analizzati: la nascita e l’evoluzione dei prodotti della

categoria per la pulizia e l’igiene personale, il loro andamento sul mercato italiano

attraverso l’analisi dei marchi nazionali e dei marchi esteri registrati, l’incidenza

territoriale degli stessi in relazione anche alla popolazione presente in un determinato

periodo storico.

Il primo caso preso in esame riguarda l’analisi dei marchi esteri e nazionali registrati

in Italia tra il 1870 e il 1949.

Per identificare la nazionalità dei marchi è stato preso in considerazione il paese di

residenza del titolare o dell’azienda.

É stato deciso di effettuare questo tipo di analisi in quanto si voleva verificare

l’esistenza, sia di una relazione tra l’Italia e i paesi esteri titolari dei marchi stranieri

registrati, sia l’andamento temporale delle registrazioni.

L’analisi ha portato all’identificazione dei seguenti paesi, Italia compresa, accanto ai

quali è stato inserito il numero di volte che figurano nella ricerca.

129 Nello specifico: MICA, UIBM, Serie Marchi, fasc. 36852.

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111

ARGENTINA 5

AUSTRIA 20

BELGIO 3

BULGARIA 1

CANADA 1

CECOSLOVACCHIA 16

DANIMARCA 2

FRANCIA 54

GERMANIA 173

GIAPPONE 2

GRAN BRETAGNA 230

IRLANDA 6

ITALIA 2759

LUSSEMBURGO 1

NUOVA ZELANDA 1

OLANDA 14

RUSSIA 1

SPAGNA 6

SVEZIA 1

SVIZZERA 16

UNGHERIA 4

USA 150

É stato quindi sviluppato un grafico che mostra la presenza dei paesi stranieri

ordinati per grandezza. É stato deciso di non inserire l’Italia altrimenti il grafico sarebbe

risultato distorto avendo l’Italia, per ovvi motivi, una presenza maggiore rispetto agli atri

paesi.

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112

Successivamente si è deciso di approfondire l’analisi su quei paesi che nel periodo in

esame hanno registrato una frequenza numerica superiore alle venti unità: Austria, Francia,

Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti.

0

50

100

150

200

250

Andamento delle aziende nel panorama internazionale

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

Tito

lo a

sse

Marchi esteri depositati negli anni

AUSTRIA

FRANCIA

GERMANIA

GRAN BRETAGNA

USA

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113

La distribuzione delle frequenze, riferite agli anni in cui furono registrate, ha

evidenziato i seguenti picchi:

• per l’Austria e per la Francia nel decennio 1920-1929;

• per la Germania nel periodo fra il 1900 ed il 1919;

• per la Gran Bretagna nel periodo fra il 1910 ed il 1929 con un deposito di ben

230 marchi nel periodo considerato e il maggior incremento nel periodo

precedente alla prima guerra mondiale;

• per gli Stati Uniti nel periodo 1920-1929.

In tutti i Paesi, che già nel secolo XIX erano giunti alla fase dell’industrializzazione,

ossia la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, gli ultimi anni dell’800

segnano infatti l’inizio di una fase di forte crescita economica che durerà sino allo scoppio,

nel 1914, della Prima guerra mondiale.

La domanda di beni industriali da parte del resto del mondo, e in particolare da parte

del resto d’Europa, combinandosi con la massiccia domanda di materie prime dalle

maggiori potenze industriali, provoca quindi un grande sviluppo del commercio

internazionale.

Nei primi decenni del ‘900 inoltre la scienza e la tecnica finalmente s’incontrano

producendo risultati pratici di enorme importanza. Il moltiplicarsi delle macchine, lo

sviluppo dei motori e della telecomunicazione cambiano la vita e il lavoro di ogni giorno.

Nel campo della manifattura al grandissimo aumento di produttività generato dalla

meccanica si aggiunge un altro fatto di rilievo epocale: la chimica crea nuovi materiali e

sul mercato compaiono nuove ‘materie prime’ artificiali, dette sintetiche.

Il tutto porta ad un incremento delle registrazioni di brevetti che si traduce anche in

un aumento di deposito dei marchi.

Le registrazioni totali, rispettivamente di venti unità per l’Austria e cinquantaquattro

per la Francia trovano poi giustificazione, molto probabilmente, anche nella posizione

geografica che vede le due nazioni confinare con l’Italia.

La potenza economica tedesca degli inizi del XX secolo invece subisce un tracollo

dovuto alla sconfitta nel corso del primo conflitto mondiale.

Gli Stati Uniti vedono un forte incremento della loro economia nel periodo fra il

1920 e il 1929 con un massiccio aumento della produzione industriale che porta il paese a

diventare il più prospero del mondo.

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114

A partire dal 1930 si assiste al crollo della presentazione dei marchi. Crollo

sicuramente dovuto alla crisi mondiale del 1929 e alla conseguente, ma inevitabile,

decisione da parte di tutti i paesi in questione di procedere verso una politica economica

protezionistica e nazionalista.

Per quanto riguarda l’Italia, l’andamento dei marchi nazionali depositati negli anni

1870-1950 mostra una vera e propria paralisi per il deposito dei marchi di fabbrica con

l’inizio della prima guerra mondiale che trova una temporanea interruzione con l’avvento

del fascismo, grazie anche all’impulso riformatore che si concentra sulla struttura

dell’Ufficio della proprietà intellettuale, al quale viene conferita una posizione di rilievo

all’interno del nuovo ministero dell’Economia nazionale, e al riordino dell’intera materia

brevettuale in una prospettiva di sviluppo tecnico e scientifico.

L’esame del grafico evidenzia appunto un andamento crescente costante fra il 1870

ed il 1910. Dalla registrazione di poche decine di marchi fino al 1910 si passa a circa 200

nel decennio 1910-1919.

Il repentino innalzamento del grafico si ha nel periodo che va dal 1919 al 1939.

Gli avvenimenti cui va fatto risalire questo particolare incremento dei depositi dei

marchi sono sostanzialmente imputabili ad una più attenta e dettagliata normativa che

consente il deposito dei marchi con maggiori snellimenti burocratici; all’avvento del

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1870-1879 1880-1889 1890-1899 1900-1909 1910-1919 1920-1929 1930-1939 1940-1949

Marchi nazionali depositati negli anni

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115

fascismo, a partire dal 1922, ed alla politica autarchica promossa dall’Italia dopo le

sanzioni economiche imposte dall’Assemblea delle nazioni, a seguito della guerra di

Etiopia.

Come abbiamo già avuto modo di appurare infatti l’UIBM vide un significativo

impulso del suo operato a partire dagli anni a cavallo del 1910, quando si ebbe coscienza

del fatto che la materia dei brevetti andava necessariamente disciplinata e l’Ufficio aiutato

nel riordino della struttura ordinativa e nell’incremento dell’organico. Ciò facilitò, in

qualche modo, la fase amministrava e burocratica snellendone le procedure e fornendo un

servizio più efficiente alle aziende depositarie dei marchi.

Quando il fascismo giunse al potere la crisi economica scaturita dalla fine del

conflitto mondiale era in via di soluzione e si stava affacciando un periodo di crescita

economica che si sarebbe interrotta solo con l’avvento della crisi del ’29.

Lo sviluppo economico avvenne sulla base di un notevole interscambio con l’estero,

grazie alla concessione da parte degli Stati Uniti di ingenti prestiti che diedero un impulso

significativo alla industrializzazione del paese con il conseguente aumento della

registrazione dei marchi.

A partire dagli anni ‘30 si assistette ad un cambiamento del clima politico-economico

italiano. Si cominciò a valutare la gravità della crisi economica iniziata nel 1929.

Le difficoltà del momento, e in particolare l’acuirsi delle tensioni nel mercato

internazionale, risvegliarono un’attenzione rinnovata per il tema della valorizzazione delle

risorse nazionali.

In un periodo in cui l’economia interna stava rallentando e le strade degli scambi

internazionali diventavano più strette, appariva ragionevole la prospettiva di tentare un

rilancio economico puntando sul mercato interno e sullo sfruttamento delle possibilità della

nazione.

L’avvento della politica autarchica e il blocco delle importazioni fecero emergere

quanto l’Italia dipendesse dall’estero.

Si rese quindi necessario sfruttare al meglio le risorse presenti nel nostro Paese, per

incrementare la produzione.

Questo fece registrare un notevole aumento nel deposito dei marchi.

Dal punto di vista dei prodotti vennero riscoperte le liscive e gli amidi, mai del tutto

abbandonati.

Le lamette da barba, da poco arrivate in Italia, conobbero il tramonto, rispuntò così il

rasoio, messo da parte da alcuni anni, e tutti i prodotti di rasatura ad esso collegati.

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116

Per l'alimentazione si consigliò a tutti di allevare polli e conigli, anche in città, per

non importare carne.

Le ossa degli animali, raccolte in appositi contenitori, vennero bollite e saponificate

e infine trasformate in pezzi di sapone per il bucato. Mentre con l'olio d'oliva non esportato

furono confezionate le saponette da toilette.

L’entrata in guerra, e la successiva sconfitta, fecero poi precipitare il dato e si dovette

attendere il dopoguerra, con il boom economico, per assistere ad un nuovo e significativo

aumento dei depositi in argomento.

4.2 Incidenza territoriale dei marchi depositati

Per approfondire il più dettagliatamente possibile ogni aspetto legato al deposito dei

marchi nel territorio nazionale si è pensato di esaminarli coniugandoli con i territori

comunali, e le relative popolazioni, presso i quali i marchi stessi furono depositati.

L’anno preso in considerazione è stato il 1936 in considerazione del fatto che si è

voluto esaminare un anno rappresentativo dello stadio di sviluppo della società italiana nel

periodo considerato.

Tale sviluppo lo ritroviamo sicuramente nel periodo dell’autarchia, che in quell’anno

era nel pieno del suo sviluppo, che diede un forte impulso alla ideazione e realizzazione di

prodotti esclusivamente nazionali. Inoltre alla data del 21 aprile 1936 venne effettuato

l’VIII censimento generale della popolazione del Regno, che permette di avere una

descrizione dettagliata della popolazione italiana in ogni suo aspetto.

I dati che emergono, riportati nel grafico sottostante, avvalorano la tesi di una

maggiore presenza di marchi nel Nord industrializzato rispetto ai marchi depositati nelle

regioni del Sud; l’area centrale è rappresentata dalla sola Capitale.

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117

L’osservazione della distribuzione dei depositi dei marchi in relazione alla

popolazione ha permesso di evidenziare una certa corrispondenza fra i punti di massima

dei due tracciati e precisamente in corrispondenza delle seguenti città: Bologna, Firenze,

Genova, Milano, Roma e Torino.

I dati della popolazione per ogni città sono stati divisi per il valore dei marchi

depositati, si è così ottenuto un dato numerico che rappresenta per ogni quanti abitanti sia

stato depositato un marchio.

Abbiamo così potuto verificare quali fossero le città dotate di un consistente numero

di abitanti e di una altrettanto significativa entità di marchi depositati.

É stato quindi sviluppato il seguente grafico:

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

ALES

SAN

DRIA

BEN

EVEN

TO

BOLZ

ANO

CARR

ARA

CREM

ON

A

FIRE

NZE

FRO

SIN

ON

E

LA S

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PISA

ROM

A

TORI

NO

TRIE

STE

VARE

SE

VERO

NA

Marchi e Popolazione nelle città italiane

Marchi

Popolazione/1000

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118

Dal grafico notiamo che i valori molto bassi, che rappresentano quindi una

consistente ‘densità’ di marchi, si rilevano nelle città già in precedenza menzionate:

CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI

POPOLAZIONE/MARCHI

BOLOGNA 269687 70 3853

FIRENZE 244972 252 1280

GENOVA 634646 283 2243

MILANO 1115848 1225 911

ROMA 1155722 867 1333

TORINO 629115 368 1710

Come si può notare il valore più basso si ha su Milano dove venne depositato un

marchio ogni 911 abitanti, cui fanno seguito Firenze, Roma e via via gli altri capoluoghi.

L’osservazione del grafico ha inoltre fatto emergere dati positivi per altre due città,

una di piccole dimensioni ed una di dimensioni medio/grandi:

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

90000

100000

ALES

SAN

DRIA

BARI

BERG

AMO

BOLZ

ANO

CAGL

IARI

CATA

NIA

CREM

ON

AFE

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119

CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI

POPOLAZIONE/MARCHI

FIUME 53896 22 2450

TRIESTE 248379 44 5645

E dati negativi per due grandi città del Sud:

CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI

POPOLAZIONE/MARCHI

NAPOLI 865913 91 9516

PALERMO 411879 9 45764

Dove Napoli evidenzia il deposito di un marchio ogni 9516 abitanti e Palermo

addirittura un marchio ogni 45764 abitanti.

Va comunque rilevato che in Sicilia la città di Catania, con 31 marchi depositati,

rappresenta comunque un’eccezione per l’area meridionale con un deposito ogni 7902

abitanti.

CITTÁ POPOLAZIONE MARCHI DEPOSITATI

POPOLAZIONE/MARCHI

CATANIA 244972 31 7092

La disponibilità di innumerevoli valori contenuti nei dati del censimento del 1936, e

legati alla popolazione italiana, ha offerto inoltre la possibilità di approfondire l’esame del

tessuto abitativo delle città prese in esame, analizzando la popolazione impiegata nei

settori dell’industria, del commercio e dell’amministrazione pubblica, considerando anche

la percentuale di popolazione attiva. I dati emersi sono i seguenti:

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120

POP. IND. % COMM. % AMM. PUBBLICA % % POP

ATTIVA

BOLOGNA 269687 57526 21,3 21258 7,9 11196 4,2 46,5

CATANIA 244972 29536 12,1 4518 1,8 6213 2,5 31,5

FIRENZE 322535 59003 18,3 25190 7,8 14383 4,5 44,2

FIUME 53896 10000 18,6 4073 7,6 3619 6,7 44,8

GENOVA 634646 124585 19,6 44020 6,9 18874 3,0 43,3

MILANO 1115848 317843 28,5 97555 8,7 30531 2,7 52,4

NAPOLI 865913 128776 14,9 50365 5,8 28095 3,2 34,5

PALERMO 411879 50949 12,4 21714 5,3 13023 3,2 31,9

ROMA 1155722 173089 15,0 68646 5,9 82173 7,1 42

TORINO 629115 188907 30,0 49585 7,9 22852 3,6 51,9

TRIESTE 248379 46799 18,8 21233 8,5 10988 4,4 46,7

I dati della tabella mostrano come Torino e Milano abbiano rispettivamente il 30%

ed il 28,5% della popolazione impiegata nel settore industriale. Mediamente le altre città si

attestano su valori oscillanti fra il 18% ed il 20%, mentre Catania, Palermo, Napoli e la

stessa capitale Roma si attestano solo su valori che variano dal 12 al 15%.

L’alta concentrazione di depositi di marchi al Nord è quindi giustificata da una

percentuale di abitanti impiegati nel settore industriale maggiore, mentre i valori non

significativi dei depositi al Sud sono legati sicuramente alla scarsa industrializzazione.

Caso a parte è rappresentato da Catania che, pur avendo una popolazione dedicata al

settore dell’industria pari al 12,1%, emerge per il deposito di 31 marchi, uno ogni 7902

abitanti.

Il caso di Roma, invece, che con una scarsa industrializzazione, presenta ben 867

marchi depositati, rappresenta un’anomalia in quanto come analizzeremo meglio in seguito

è legato alla presenza nella capitale dell’Ufficio Italiano brevetti e marchi.

Altro dato, che emerge lampante e merita di essere evidenziato, è quello relativo alla

percentuale della popolazione attiva sul totale di quella residente. Milano e Torino

spiccano rispettivamente con valori del 52,4 e 51,9% (un abitante ogni 1,9), mentre le città

del Sud si attestano su valori di circa il 30% (un abitante ogni 3,33). Anche in questo caso

Roma rappresenta un fattore emblematico con una percentuale di popolazione attiva del

42% (un abitante ogni 2,38).

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121

Si è pensato quindi di estendere la disamina alla popolazione residente nelle

provincie interessate alle attività che si svilupparono nelle aree considerate, in modo da

ottenere un ulteriore approfondimento sul settore di impiego della popolazione.

POP. AGRIC. CACCIA PESCA

% IND. % COMM. % AMM PUB.

%

BOLOGNA 714705 150340 21,0 97596 13,7 31949 4,5 16231 2,3

CATANIA 713160 104263 14,6 60623 8,5 26484 3,7 10666 1,5

FIRENZE 853032 140171 16,4 138244 16,2 41953 4,9 19294 2,3

FIUME 109018 18490 17,0 18490 17,0 7108 6,5 5458 5,0

GENOVA 867162 55394 6,4 156337 18,0 53770 6,2 22083 2,5

MILANO 2175838 124879 5,7 619001 28,4 134274 6,2 42751 2,0

NAPOLI 2192245 232195 10,6 261642 11,9 94541 4,3 48259 2,2

PALERMO 890752 120122 13,5 79584 8,9 32338 3,6 18215 2,0

ROMA 1562580 141787 9,1 210141 13,4 78875 5,0 90206 5,8

TORINO 1168384 136404 11,7 304994 26,1 69268 5,9 31330 2,7

TRIESTE 351595 24658 7,0 66628 19,0 24805 7,1 13451 3,8

Dai dati contenuti nello specchio emerge immediatamente che nella provincia di

Bologna ben il 21% della popolazione era impiegato nel settore agricoltura, caccia e pesca.

Ciò spiega come mai fra le città del Nord Bologna sia quella che presenta il deposito di soli

70 marchi: i settori lavorativi del territorio erano altri. Le provincie di Palermo e Napoli

presentavano basse percentuali di popolazione impiegata nel settore industriale (8,9% e

11,9%) ma non spiccavano nemmeno per alte percentuali di impiego nel settori agricoltura,

caccia e pesca (13,5% e 10,6%). Caso anomalo sempre quello della provincia di Catania

che, con appena l’8,5% della popolazione impiegata nel settore industriale, aveva

presentato più marchi di Palermo, capoluogo di regione.

Si è passati, a questo punto, all’analisi, in dettaglio, delle aziende che avevano

depositato marchi nelle citta fino ad ora esaminate al fine di ricercare ulteriori informazioni

utili all’interpretazione del fenomeno nel suo complesso.

Escludendo le aziende la cui frequenza compariva solo per poche unità di prodotti la

situazione che è emersa, suddivisa per ogni città è stata la seguente:

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122

BOLOGNA 70 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

SOCIETÁ ANONIMA STABILIMENTI L.E.P.I.T.

20 28,6 Articoli di profumeria e saponi profumati

SOCIETÁ ANONIMA VIGEVANI & C.

16 22,9 Sapone da bucato

Su un totale di 70 marchi solamente due aziende presentavano la metà dei marchi

depositati presso le camere di commercio del comune di Bologna, a dimostrazione di una

industrializzazione del settore decisamente contenuta e comunque riferita a pochi prodotti.

CATANIA 31 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

DITTA FRATELLI FERLITO

12 38,7 Sapone

DITTA ANTONINO SMERALDI & COMPAGNO

4 12,9 Sapone da bucato

Anche per Catania due sole aziende avevano presentato la metà dei marchi depositati

ma, a differenza del caso di Bologna, vista la scarsa industrializzazione dell’area e la

contenuta percentuale di popolazione attiva (solo il 31,5%) tale dato può essere considerato

invece positivo.

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123

FIRENZE 252 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

DITTA INDUSTRIE SAPONI, CANDELE ED AFFINI - G. PERI & C. - FIGLI DI EUGENIO MIGONE SUCCESSORI

23 9,1 Sapone e detersivo

ALIGHIERO CAMPOSTRINI

18 7,1 Sapone e saponette

DITTA RAFFAELLO ROMANELLI

8 3,2 Saponi e sapone da bucato

GIOVANNI NADALINI

7 2,8 Sapone e dentifricio

SOCIETÁ CERARIA BERTELLI-ANONIMA PER AZIONI

6 2,4 Sapone e sapone da bucato

Nell’area fiorentina, a fronte di 252 marchi depositati, le sole ditte Peri e Campostrini

depositarono in totale 41 marchi, gli altri 211 invece furono distribuiti su molte aziende, a

dimostrazione di una significativa distribuzione di aziende sul territorio.

FIUME 22 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

FABBRICA FIUMANA DI SAPONI, GLICERINA, SODA CRISTALLIZZATA E PRODOTTI GRASSI I. LERI & CO.

16 72,7 Sapone, sapone da bucato, shampoo, lisciva per bucato

La Fabbrica Fiumana, avendo realizzato 16 dei 22 marchi depositati presso gli uffici

camerali della città istriana ed avendo una discreta gamma di prodotti, rappresentava

probabilmente la fornitrice esclusiva di tali prodotti nell’area.

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124

GENOVA 283 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

SOCIETÁ ANONIMA MIRA LANZA FABBRICHE DI SAPONI E CANDELE

67 22,3 Sapone

DITTA CARPANINI GAMBARO & C.

13 4,6 Lisciva

RINALDO CASALE 12 4,2 Sapone

Genova mostrava di avere una discreta industrializzazione ed una altrettanto discreta

distribuzione di marchi anche se la Mira Lanza, con i suoi 67 marchi, rappresentava più di

un quinto di marchi depositati.

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125

MILANO 1226 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

DITTA SIRIO FABBRICA PROFUMERIE E SAPONI

80 6,5 Sapone e profumi

SOCIETÁ ANONIMA STABILIMENTI ITALIANI GIBBS

70 5,7 Sapone per toeletta, da barba e dentifrici

LEVER BROTHERS LIMITED PORT SUNLIGHT GRAN BRETAGNA SOC. AN. FRATELLI LEVER MILANO

37 3 Sapone e detersivi

SOCIETÁ ANONIMA VERMONDO VALLI

22 1,8 Lozioni per capelli e saponi per la pelle

SOCIETÁ DI PRODOTTI CHIMICO-FARMACEUTICI A. BERTELLI & C. AN.

17 1,4 Profumi e saponi da toeletta

COLLI FIORITI SOCIETÁ ANONIMA

15 1,2 Profumi, saponi, creme

FONTANELLA SOCIETÁ AN.

14 1,1 Sapone

HODGSON & SIMPSON LIVERPOOOL GRAN BRETAGNA

14 1,1 Sapone comune e detergenti

DITTA AMBROGIO SILVA SEREGNO

12 1 Saponi

SOC. AN. LUBRIFICANTI ERNESTO REINACH

11 0.9 Pulitura e lucidatura metalli

DITTA ACHILLE BANFI

8 0,7 Sapone

DITTA ENRICO HEIMANN & C.

7 0,6 Prodotti per pulizia in genere

DITTA AUGUSTO POLLITZER TRIESTE

7 0,6 Saponi, detersivi, liscive e sciroppi

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126

L’osservazione delle ditte che avevano depositato i marchi nell’area milanese

dimostra che il capoluogo lombardo, oltre ad una significativa industrializzazione

dell’area, veniva utilizzato dalle ditte straniere come sede per i loro commerci e ciò

contribuì sicuramente al raggiungimento del significativo valore di ben 1226 marchi

depositati.

NAPOLI 91 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

DITTA FRATELLI CANNAVALE & C.

9 9,9 Sapone

GENNARO ROSSI 7 7,7 Sapone da toeletta M. CIMINO & C. 6 6,6 Sapone e sapone da bucato F.I.L.A. FABBRICA ITALIANA LISCIVE AFFINI

6 6,6 Sapone e lisciva

I valori rilevati per Napoli sono poco significativi, sia perché in relazione alla

popolazione ed all’area geografica i marchi depositati furono decisamente in numero

contenuto, sia perché anche i dati relativi alle aziende che depositarono i marchi appaiono

altrettanto poco significativi.

PALERMO 9 MARCHI

Si è già detto che il capoluogo siciliano, con i suoi appena 9 marchi depositati,

dimostra la scarsa propensione dell’area alla industrializzazione nei settori oggetto della

presente ricerca, di conseguenza ho ritenuto non significativa l’indagine delle aziende

produttrici dei depositi in questione.

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127

ROMA 868 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

L. CHIOZZA & CO. ERSTE TRIESTER REISSCHAL FABRIK A.G. CERVIGNANO (UD) ITALIA DITTA CHIOZZA & TURCHI FERRARA ITALIA

25 2,9 Saponi in genere

AUGUSTO POLLITZER FABBRICA SAPONI E PRODOTTI CHIMICI TRIESTE ITALIA

25 2,9 Saponi, detersivi, liscive e sciroppi

WILLIAM GOSSAGE & SONS, LIMITED WIDNES, LANCASHIRE GRAN BRETAGNA

18 2,1 Saponi di tutte le specie e preparati per lavare biancheria – Articoli da toeletta

JOSEPH CROSFIELD & SONS, LIMITED WARRINGTON, LANCASHIRE GRAN BRETAGNA

17 2 Saponi di tutte le specie, preparati per lavanderia

DITTA LEVER BROTHERS LTD. PORT SUNLIHT (CHESTER) GRAN BRETAGNA

14 1,6 Sapone e detersivi

MACK HEINRICH ULM S/D GERMANIA

12 1,4 Amido, medicinali, profumerie ecc.

DITTA MIGONE & C. I. (DE BENEDETTI) MILANO ITALIA

8 0,9 Saponi, profumerie ed articoli affini

DITTA I. & I. COLMAN LIMITED LONDRA GRAN BRETAGNA

7 0,8 Amido di riso

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128

Come si era avuto modo di anticipare la capitale rappresenta un caso a parte perché,

pur non presentando un livello di industrializzazione elevato, sono ben 868 i marchi

depositati. Il tutto trova giustificazione nella storia stessa dei depositi dei marchi che vede

proprio nella capitale, inizialmente con l’Ufficio Speciale della proprietà Industriale e

successivamente con le sue modificazioni di denominazione, l’unica entità presso la quale

era possibile effettuare i depositi. Degli 868 marchi infatti 463 sono marchi depositati da

aziende italiane, gli altri 405 riguardano aziende straniere la maggior parte delle quali le

ritroviamo presenti in altri capoluoghi. Oltretutto questa compresenza su più città è legata

anche ad un fattore temporale.

Nella maggior parte dei casi infatti le aziende che fino ad un certo periodo

depositavano direttamente presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi cominciano negli anni

successivi a depositare presso gli uffici delle camere di commercio delle città dove

operavano gli stabilimenti. Dato che può essere spiegato con la possibilità, a partire da un

certo periodo, che le camere di commercio locali si occupassero della materia brevettuale e

di conseguenza dei depositi dei marchi.

TORINO 368 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

SAPONERIE FRATELLI DE BERNARDI

26 7,1 Sapone e saponette

VISET SOCIETA' ANONIMA

21 5,7 Sapone e sapone da bucato

SOCIETA' ANONIMA D.CO. ULRICH

13 3,5 Saponi e dentifrici

SOCIETA' ANONIMA MIRA LANZA FABBRICHE DI SAPONI E CANDELE GENOVA ITALIA

8 2,2 Sapone

ELIZABETH ARDEN INC. NEW YORK USA ELIZABETH ARDEN LIMITED LONDRA GRAN BRETAGNA

7 1,9 Prodotti di toeletta

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129

Come per il capoluogo lombardo, oltre ad una significativa industrializzazione

dell’area, Torino veniva utilizzata dalle ditte straniere per il deposito dei loro marchi.

TRIESTE 44 MARCHI

DITTA MARCHI DEPOSITATI

% SUL TOTALE PRODOTTI

DITTA AUGUSTO POLLITZER SUCC.

14 31,8 Saponi

FABBRICA SAPONI GUERRINO HAUSER

6 13,6 Sapone

SAPONIFICIO TRIESTINO G. MOESCHL & C. SOC. IN ACC.

5 11,4 Saponi

A Trieste osserviamo che il 56,8% dei 44 marchi depositati appartengono alle tre

ditte riportate nello specchio. Tra queste, la Pollitzer la troviamo depositaria di marchi

anche a Roma e a Milano. La Pollitzer e la Hauser, comunque, furono aziende triestine che

operarono totalmente nella regione. La prima delle due fondata da Agostino Gilardini (ex

capo saponiere della ditta Chiozza) e August Pollitzer.

4.3 Nascita ed evoluzione dei prodotti attraverso lo studio terminologico

L’ultima analisi è stata la ricerca di una eventuale evoluzione dei prodotti esaminati,

dal punto di vista terminologico, per verificare se i cambiamenti socio economici e

culturali, che avevano caratterizzato il paese nel periodo preso a campione, avessero

prodotto delle trasformazioni a livello lessicale nella denominazione dei vari prodotti.

Sono state quindi realizzate delle tabelle nelle quali sono stati riportati i termini

utilizzati per indicare i vari prodotti e gli anni nei quali gli stessi termini compaiono.

Di seguito le tabelle ora descritte e l’analisi dei dati in esse contenute:

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130

Come viene esplicitato in legenda, all’interno della categoria Amidi sono state

elencate tutte le diverse denominazioni riscontrate durante il lavoro di schedatura per

indicare una stessa tipologia di prodotti.

Il termine più usato, con trentadue marchi riferiti a questo prodotto130, è amido che

compare per la prima volta nel 1886, utilizzato dalla ditta tedesca Hoffmann che ritroviamo

spesso come produttore di famosi prodotti in campo detersivo.

L’utilizzo del termine amido rimane costante fino al 1934, con una leggera flessione

tra il 1924 e il 1934 quando viene utilizzato per l’ultima volta e sostituito da termini più

specifici. Sintomo questo di una maggiore consapevolezza e competenza dei consumatori

nell’utilizzo dei prodotti per pulire e specchio di una società in continua evoluzione.

Inizialmente l’amido veniva utilizzato in maniera generica come prodotto detergente,

sia per la pulizia del corpo, che per la pulizia del bucato. Con il passare degli anni, invece,

si riscontra un perfezionamento nell’uso della terminologia dei marchi riferiti ai prodotti.

Si cominciano ad utilizzare infatti i termini, potassa, indaco e borace per indicare

soprattutto i prodotti specifici nella pulizia del bucato. I termini blu oltremare e soda

compaiono a partire dal 1880, qualche anno prima dell’utilizzo della parola amido e mentre

il primo veniva usato per la tintura degli indumenti a livello industriale, per la soda il

discorso è più interessante. Nel 1789 si scoprì come ottenere della soda di buona qualità

130 Per il dettaglio sulla frequenza delle singole sottoclassi si rimanda al paragrafo 3.2.

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131

dal sale comune, da quel momento la soda divenne disponibile in grande quantità e con

costi contenuti.

Tutti gli altri prodotti, caratterizzati al loro interno dalla parola amido, continuano a

far riferimento a prodotti di pulizia in generale.

Risulta comunque evidente che i diversi termini non si differenziano in modo

sostanziale nel corso dei vari anni. Rimangono infatti tutti più o meno concentrati in uno

intervallo temporale più o meno simile. Sostanzialmente perché si tratta di prodotti ancora

fabbricati con materie prime naturali e legati ad una produzione industriale antica.

Nel 1898 ritroviamo la ditta Hoffmann nella produzione di amido e soda.

Interessante come nella produzione di prodotti di pulizia a base di amidi la maggior

parte delle aziende produttrici operi in Europa (Germania, Belgio e Inghilterra) oppure nel

nord Italia (Milano). Per quanto riguarda gli altri prodotti, che non presentano il termine

amido, tutte le aziende produttrici si trovano in Europa con una preferenza per la Germania

(ditte Henkel, Hoffmann,).

Per la categoria dei dentifrici è sicuramente degno di nota l’utilizzo delle varie

accezioni della parola dentifricio a seconda del periodo nel quale viene usato.

I primi termini, a partire dal 1874, con i quali viene identificato quello che oggi

chiamiamo comunemente dentifricio sono elisir dentifricio o acqua dentifricia,

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132

rispettivamente con undici e quindici marchi presenti all’interno della loro sottoclasse.

Questi prodotti arrivano ad essere usati fino al 1925, quando scompaiono.

A partire dai primi del novecento vengono utilizzati termini più generici che

riguardano in maniera più ampia l’igiene della bocca o la cura della bocca e dei denti. I

preparati dentifrici del 1895 fanno da precursori ai prodotti dentifrici del 1920. Mentre i

termini crema dentifricia e sapone dentifricio li incontriamo a partire dal 1925.

I termini dentifricio, polvere dentifricia o pasta dentifricia vengono invece utilizzati

in maniera costante per tutto il periodo preso in esame.

Gli altri termini stanno ad indicare prodotti dentifrici in genere.

Anche in questo caso non riscontriamo una vera differenza nell’utilizzo dei vari

termini con cui vengono identificati i diversi prodotti specifici dell’igiene orale. Oltretutto

non viene evidenziata una evoluzione lessicale tra un termine e l’altro, vengono piuttosto

utilizzati complessivamente in maniera indifferente e l’unica differenza tra l’utilizzo di un

termine rispetto ad un altro e da riferirsi ad un discorso commerciale nella scelta dei nomi

da attribuire ai marchi per renderli più accattivanti.

Il termine deodorante lo troviamo a partire dal 1905 e fino al 1935 viene utilizzato

insieme al termine disinfettante.

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133

Si differenzia e specializza nel 1920 con i deodoranti specifici per la toletta e nel

1930 con i prodotti igienici deodoranti.

L’utilizzo durante i primi anni di entrambi i termini denota una non chiara

destinazione dei prodotti che si riferiscono a questa specialità.

Nel caso dei detergenti i termini detergenti e preparati per pulire vengono utilizzati

per indicare prodotti generici di pulizia. Il termine detergente viene utilizzato in misura

maggiore rispetto all’altro e compare a partire dal 1910. La specializzazione produttiva nel

settore porta, nel tempo, ad identificare con i due termini due prodotti dalla caratteristiche

differenti che, quindi, con le due diverse terminologie verranno identificati da alcune

aziende. In questo caso è possibile riscontrare una evoluzione nel termine che provoca una

differenziazione dei prodotti. Se inizialmente, infatti, veniva utilizzato il termine

detergente per indicare il prodotto di pulizia, dopo un decennio questo si evolve

differenziandosi tra detergenti e prodotti per pulire generici. I due termini vengono

utilizzate quindi singolarmente, o insieme, per definire due prodotti differenti.

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134

I detersivi sono, insieme ai saponi, lo specchio dei cambiamenti dell’epoca.

Compaiono a partire dal 1905 nella loro accezione generale, dove vengono utilizzati

con il significato di prodotti di detersione in generale, fino ad essere specificati in maniera

costante131 nel 1921, con il termine detersivi per bucato, ad opera della ditta inglese Lever

Brothers, famosa nella produzione dei detersivi. I saponi detersivi compariranno solo dal

1925, mentre i saponi da bucato vengono utilizzati fin dal 1886 in quanto differiscono dai

detersivi proprio per il tipo di pulizia cui sono destinati. Con il termine detersivi per bucato

si indicano quelli che oggi siamo soliti chiamare detersivi in polvere.

Nel 1925 si comincia a parlare di sapone per candeggio, mentre a partire dal 1926

incontriamo la prima acqua candeggiana, antenata della moderna candeggina.

I prodotti per lavare e gli sgrassatori si incontrano a partire dal 1930, mentre gli

smacchiatori vengono utilizzati fin dal 1885 per indicare quei prodotti di pulizia usati in

generale per smacchiare, sia indumenti, sia superfici.

Anche in questo caso troviamo un utilizzo generico dei distinti termini in quanto

sostanzialmente si riferiscono a prodotti che hanno processi produttivi differenti e quindi in

definitiva diversi fra loro anche dal punto di vista della destinazione sul mercato.

131 Il termine viene utilizzato una sola volta già nel 1910 ma il suo utilizzo frequente comincia a ricorrere solo a partire dal 1920.

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135

Predecessori dei detersivi, sono le liscive.

La lisciva veniva utilizzata per pulire e sbiancare il bucato, in sostituzione del sapone

in quanto era realizzata per lo più in casa utilizzando acqua bollente e cenere di legna e di

conseguenza risultava decisamente economica.

Tra il 1850 e il 1914, con l’aumento della produzione industriale e della concorrenza

internazionale favorita dallo sviluppo delle reti di trasporto ferroviario e navale, si

assistette ad un incremento di prodotti specifici sul mercato mondiale che portò alla

comparsa, a partire dai primi anni del ‘900, dapprima delle liscive specifiche per bucato,

poi delle liscive liquide nel 1910 ed infine delle liscive in polvere nel 1914.

In questo caso più che di una evoluzione dei termini si può parlare di una vera e

propria specializzazione dei prodotti che si riflette anche sulla loro terminologia.

Il prodotto lisciva nella sua generalità rimane comunque costante dal 1870 al 1942.

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136

Per quanto riguarda i prodotti specifici per la cura dei capelli è interessante notare

come fin dall’inizio si parli, all’interno della sottoclasse capelli, di acqua curativa della

testa o lozione per i capelli e solo nel 1920 si cominci a utilizzare la parola shampoo,

seppur in maniera limitata. Tra il 1870 e il 1945 sono presenti infatti solo dodici marchi

che utilizzano la parola shampoo o shampooing. Mentre per ciò che riguarda i prodotti per

la rasatura troviamo un uguale utilizzo, sia del termine crema da barba, sia del termine

sapone da barba. Entrambi vengono comunque utilizzati per tutto l’arco temporale con una

leggera differenza di dieci anni tra i prodotti specifici per i capelli e i prodotti per la

rasatura.

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137

Per i prodotti per l’igiene personale viene utilizzato il termine generico di prodotti

igienici per quasi tutto l’arco temporale.

Nel 1890 vengono introdotti anche i termini prodotto disinfettante e sali da bagno

che, seppur apparentemente non attinenti a questa categoria, comprendono comunque

prodotti per la pulizia della persona.

Nel 1885 e nel 1900 troviamo, rispettivamente, gli unici due esempi di lanolina e

sapone igienico, prodotti quindi poco utilizzati.

A partire dal 1925 si ha una specializzazione con l’utilizzo dei termini crema per

l’igiene e polvere igienica.

Quasi mai in ogni caso ne viene specificato l’effettivo utilizzo, preferendo quindi

mantenere una accezione generica del prodotto.

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138

Si riscontra un maggior utilizzo del termine prodotti da toeletta in generale, rispetto

ad acqua da toeletta che incontriamo a partire dal 1895 e polvere da toeletta a partire dal

1900.

Crema da toeletta e lozioni da toeletta li incontriamo rispettivamente a partire dal

1925 e dal 1928.

I preparati liquidi da toeletta sono invece del 1930.

I prodotti da toeletta sono presenti durante tutti gli anni esaminati fino al 1935.

Anche in questo caso possiamo ipotizzare una differente denominazione dei prodotti

riferita ad una effettiva differenziazione dei prodotti piuttosto che per una loro evoluzione

lessicale. Troviamo comunque una esaltazione delle rispettive qualità a partire dai primi

anni del ‘900 quando cominciano a specializzarsi nella loro composizione chimica tra

prodotti in polvere, in crema e liquidi.

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139

Come è facile prevedere il termine sapone in generale è di gran lunga quello più

utilizzato, seguono poi in misura quasi uguale i saponi da toeletta e le saponette, i saponi

comuni e i saponi profumati, che trovano un utilizzo costante dal 1885 circa al 1940.

Questo sicuramente perché furono i primi e i soli ad essere utilizzati come prodotti di

pulizia per la loro facilità di fabbricazione e composizione naturale che faceva si che li si

potesse produrre anche in casa.

Interessante tra tutti poi è il caso delle saponette, in quanto il termine viene utilizzato

una volta sola nel 1888. Lo ritroviamo poi a partire dal 1910, quando comincia a

specializzarsi ed affinarsi la richiesta di tali prodotti sul mercato.

Ad eccezione del termine sapone speciale, che incontriamo a partire dal 1900 e dove

risulta evidente che il termine viene usato a livello commerciale per indurre il cliente ad

acquistarlo, tutti gli altri prodotti li incontriamo a partire dai primi anni del ‘900. Il sapone

medicinale dal 1905, la polvere di sapone e il sapone solido dal 1910. Seguono poi il

sapone detergente e il sapone in crema dal 1915, il sapone disinfettante e il sapone liquido

dal 1925 e per ultimi i due casi di saponina e sapone da cucina del 1930.

Al riguardo possiamo affermare che grazie alla scoperta, nella prima metà dell’800,

del processo di saponificazione132, che apre la strada alla produzione di sapone su più

132 Processo per la produzione del sapone a partire da grassi e idrossidi di metalli alcalini.

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ampia scala e a basso prezzo, il sapone conosce la sua fortuna ed il suo costante impiego

all’interno delle case, contribuendo ad un diffuso miglioramento dell’igiene personale.

Questo provoca anche un maggiore interesse dei produttori ad inserirsi nel vasto

mercato che si spalanca, con la speranza di ideare e produrre prodotti sempre più specifici

in grado di soddisfare una domanda costantemente in crescita.

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141

5. CONCLUSIONI

Inizialmente l’idea che un ‘mucchio’ di vecchie immagini potesse rappresentare lo

stimolo per raccontare la storia di un’intera epoca sembrava un’ipotesi fantasiosa, se non

addirittura assurda.

Ma i marchi, visti solamente come portatori di messaggi pubblicitari, diventano con

il tempo depositari di antiche memorie e raccolgono la possibilità di diventare testimoni

diretti dei cambiamenti e delle culture di un’epoca.

Inoltre, non solo diventano espressione di quell’epoca, ma danno voce a tutti quegli

eventi naturali, sociali, culturali, tecnici e tecnologici che l’hanno caratterizzata.

Con queste premesse nasce l’idea della ricerca, il cui compito è stato quello di

esaminare la ‘Serie Marchi’ nella categoria Prodotti per l’igiene personale e la pulizia della

casa’ nel periodo compreso tra il 1870 ed il 1960, allo scopo di verificare se vi furono, e

quindi quali furono, i possibili coinvolgimenti della serie nei processi evolutivi che

caratterizzarono il nostro paese nel periodo considerato.

Poiché la documentazione offriva un’ampia possibilità di indagine storica e socio-

culturale è stato necessario analizzare la storia dell’Istituto della proprietà intellettuale,

analizzando, nello specifico, inizialmente i brevetti d’invenzione, i marchi e i modelli di

fabbrica per poi concentrarsi sui soli marchi.

Per affrontare la ricerca si è reso necessario anzitutto analizzare l’Archivio

dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi fin dalla sua istituzione, al fine di inquadrarne le

funzioni e l’organizzazione all’interno della Pubblica Amministrazione nella quale

l’Ufficio stesso era stato inserito. Ciò per meglio comprendere le modalità di nascita ed

evoluzione della serie Marchi e delle sue classificazioni.

A questo punto la ricerca si è incentrata sulla documentazione brevettuale conservata

presso l’Archivio Centrale dello Stato, costituita da 891.000 fascicoli, di cui 171.100 sono

di marchi di fabbrica registrati dal 1869 al 1965 presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi.

Il lavoro archivistico richiesto dalla ricerca ha riguardato, oltre ad una analisi storica

e storiografica della materia brevettuale e dei marchi di fabbrica nella sua specificità, anche

la ricognizione di tutta la documentazione riferita ai marchi di fabbrica presenti nel fondo.

Vista la grande quantità di prodotti analizzati è stato deciso di accorciare l’intervallo

temporale dei prodotti presi in esame. Su circa 90.000 marchi analizzati, 3465 sono stati i

marchi riguardanti la categoria in oggetto e si riferiscono al periodo che va dal 1870 al

1945.

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142

L’analisi ha permesso di qualificare questa serie e i suoi cambiamenti come fonte

storiografica e soprattutto ha portato alla ricostruzione dell’attività operativa dell’UIBM,

fin dalla sua istituzione, in uno specifico settore; all’analisi più approfondita degli

orientamenti della ricerca e della tecnica in un determinato periodo di tempo e in un settore

specifico; all’analisi, usando come caso di studio un settore specifico, delle ripercussioni

che gli sviluppi dell’industria e del design italiano hanno prodotto all’interno dei costumi e

della lingua italiana. Proprio a questo proposito sono stati quindi individuati una serie di

percorsi di studio nei quali sono stati analizzati: la nascita e l’evoluzione dei prodotti della

categoria dei prodotti per la pulizia e l’igiene personale, il loro andamento sul mercato

italiano attraverso l’analisi dei marchi nazionali e dei marchi esteri registrati, l’incidenza

territoriale dei marchi in relazione alla popolazione presente in un determinato periodo

storico.

Circa la nascita ed evoluzione dei prodotti attraverso lo studio terminologico

possiamo affermare che, più che di una evoluzione di termini, si è assistito ad una vera e

propria specializzazione dei prodotti che si è riflessa anche nella loro denominazione.

L’analisi dell’andamento sul mercato dei marchi italiani ha portato ad identificare ed

individuare le cause che hanno prodotto delle variazioni nel tempo sul deposito dei marchi,

sia esteri che nazionali.

Nello specifico dell’incidenza territoriale dei marchi in relazione alla popolazione, ci

si è riferiti ai dati del censimento realizzato nel 1936. L’analisi ha evidenziato una forte

industrializzazione del Nord rispetto al Sud.

In definitiva, si può quindi affermare che i marchi si pongono come importanti fonti

di informazioni che attraverso i dati in essi contenuti forniscono nuove chiavi di lettura per

l’analisi storica dei processi evolutivi del paese, conservando al loro interno traccia del

pensiero storico e culturale del periodo a cui si riferiscono.

Come custodi del sapere essi offrono, inoltre, la possibilità di conservare e

tramandare la creatività industriale e pubblicitaria di un’impresa.

Oltre ad aver risposto appieno alle aspettative finora rappresentate, la ricerca ha

anche evidenziato la possibilità di mettere a punto nuovi strumenti e strategie in grado di

facilitare la produzione di indagini. Tale metodologia di ricerca potrebbe essere utilizzata

come modello per lo studio e l’analisi di altre categorie di prodotti all’interno della serie

Marchi del fondo dell’UIBM.

La creazione della banca dati all’interno del file Excel, infine, ha proposto una

visuale particolare di ciò che dal 1876 ha costituito un patrimonio di sapere complesso e

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143

multiforme, articolato e quanto mai ampio, diventando uno strumento parallelo alla

consultazione di tutta la documentazioni collegata alla serie.

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6. BIBLIOGRAFIA

AA. VV., Gli Archivi per la storia della scienza e della tecnica, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1995.

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150

8. INDICE

ACS; 16; 21; 23; 24; 25; 26; 48; 51; 55; 60; 61; 62; 65; 66; 67; 68; 96; 105; 142; 145; 146

Agostino Attanasio; 25 Agostino Gilardini; 127 Aja; 7; 16; 41; 42; 43 Amministrazione archivistica; 3 Anna Pia Bidolli; 106 Antonio Romano; 104; 105; 144 Antonio Scajola; 40 Archivio Centrale dello Stato; 3; 21; 26; 27;

59; 99; 142; 143 Archivio storico Ansaldo; 3 August Pollitzer; 127 Austria; 110; 111 Autorità per l’informatica nella pubblica

amministrazione; 27 Benito Mussolini; 43 Bologna; 13; 19; 39; 105; 115; 119; 120; 143;

144 Bruno Munari; 11 Bruxelles; 7; 41; 42 Camera di commercio; 43; 62; 63; 95; 96;

105 Camera di commercio e industria; 43 Camere di Commercio; 18; 23; 26; 27; 41 Carlo Alberto Pratesi; 99; 104; 106 Carrara; 6 Catania; 117; 118; 119; 120 Cavour; 40 CNR; 24; 25 Consiglio d’Europa; 39 Consiglio dei Pregadi; 6 Consiglio dei Rogadi; 6 Deposito centrale dei brevetti d’invenzione,

dei marchi, segni distintivi, disegni e modelli di fabbrica; 9

Desenzano del Garda; 106 Direzione generale della produzione

industriale; 20 Divisione della proprietà intellettuale; 15 Divisione industria e commercio; 14 Empoli; 6 Enrico VI; 6 Enzo Mari; 11 Etiopia; 113 Europa; 7; 19; 111; 129 Fabio Del Giudice; 3; 142 Filippo Brunelleschi; 6 Firenze; 4; 6; 8; 115; 116; 142; 143; 145

Francesco Petri; 6 Francia; 44; 48; 110; 111 Franco Amatori; 102; 105; 142 Genova; 115; 122 Germania; 65; 110; 111; 129 Giò Ponti; 11 Giovanni Paoloni; 4; 102; 144 Gran Bretagna; 110; 111 Ilaria Pironti; 97; 102; 106 Inghilterra; 6; 65; 129 Institut National de la Propriètè Industrielle;

62; 95 Ispettorato generale della proprietà

intellettuale e dell’insegnamento industriale; 16

Istituto tecnico di Torino; 13 Italia; 3; 7; 8; 9; 10; 11; 12; 13; 14; 17; 19;

25; 30; 31; 40; 41; 43; 44; 45; 47; 48; 55; 65; 66; 96; 102; 105; 107; 108; 109; 111; 112; 113; 129; 142; 143; 144; 145

l’Ufficio Speciale della proprietà Industriale; 126

Linda Giuva; 13; 15; 16; 17 Lisbona; 7; 38; 41; 45 Londra; 7; 16; 41; 42 Luciano Scala; 25 Madrid; 38; 39; 42; 45; 46 Marco Eula; 98; 105 Margherita Martelli; 25; 102; 106 Maria Catricalà; 4; 97; 104; 106 Maria Guercio; 13; 15; 16; 17 Maria Saveria Cinquegrani; 40 Marina Catricalà; 102 Marina Messina; 3; 142 Massimo Palermo; 4 MIBACT; 25 Michelangelo Vasta; 4 Milano; 99; 105; 115; 116; 118; 127; 129;

142; 143; 144; 145 Ministero dell’Agricoltura e foreste; 17 Ministero dell’agricoltura industria e

commercio; 13; 14; 59 ministero dell’Economia nazionale; 9; 112 Ministero dell’economia nazionale; 16 Ministero dell’Economia Nazionale; 16; 17 Ministero dell’Industria; 20; 24; 65; 66; 67;

145; 146 Ministero dell’industria commercio e lavoro;

15

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151

Ministero dell’industria del commercio e dell’artigianato; 19

Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato; 24; 26; 59; 68

Ministero delle Finanze e Commercio; 13 Ministero dello sviluppo economico; 21; 105;

145 Museo industriale di Torino; 14 Napoli; 117; 118; 119; 124 Nicolas Leblanc; 65 Nizza; 38; 42; 45; 55; 67; 98 Organizzazione mondiale del commercio; 46 Palermo; 117; 118; 119 Paola Carucci; 3; 142 Parigi; 7; 14; 18; 38; 41; 43; 45; 60 Politecnico di Torino; 24 Raffaele Fontanella; 105; 143 Raimonda Riccini; 105; 142 Rattazzi; 40 Regno d’Italia; 13 Regno di Sardegna; 8; 13; 40 Repubblica di Venezia; 5; 6 Roberto Malaman; 19; 20; 39 Roma; 3; 6; 14; 18; 25; 40; 97; 105; 106; 115;

116; 118; 127; 142; 143; 144; 145; 146 Scuola d’applicazione degli ingegneri; 13 Senato serenissimo; 6 Sergio Pizziconi; 4 Sicilia; 117 Siena; 4; 144 Stati Uniti; 65; 110; 111; 113 Stoccolma; 7; 41; 42; 45; 59 Torino; 39; 62; 63; 95; 96; 115; 118; 127;

142; 144; 146 Trieste; 127

UAMI; 62; 95 Ufficio brevetti; 10; 11; 21; 23; 26; 27; 43 Ufficio Brevetti; 17; 18; 19 Ufficio centrale brevetti; 17; 18; 20 Ufficio Centrale Brevetti; 19; 61 Ufficio centrale dei brevetti per invenzioni,

modelli e marchi; 17 Ufficio della proprietà intellettuale; 9; 16; 43;

112 Ufficio delle privative industriali; 13 Ufficio Italiano Brevetti; 1; 4; 12; 20; 24; 26;

95; 101; 105; 145 Ufficio italiano brevetti e marchi; 21; 27; 59;

63; 65; 66; 67; 68; 95; 126; 145; 146 Ufficio Italiano brevetti e marchi; 6; 23; 96;

118 Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; 1; 12; 20;

24; 26; 95 Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato

Interno; 62; 95 Ufficio speciale della proprietà industriale; 9 Ufficio speciale per la Proprietà Industriale;

14 UIBM; 6; 20; 21; 22; 26; 27; 37; 62; 67; 95;

96; 102; 103; 105; 108; 113; 145 Venezia; 6; 29; 144; 145 Vicenza; 105; 106; 142; 143 Vienna; 38; 45 Vittorio Emanuele II; 40 Vittorio Marchis; 24 Washington; 7; 41; 42 WIPO; 38; 45; 52; 62; 95; 98 World Intellectual Property Organization; 62;

95; 98