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GIORGIO NAPOLITANO

La storia di giorgio napolitano

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GIORGIO NAPOLITANO

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Gli esordi

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Nasce Napoli nel 1925 da Giovanni, avvocato liberale, poeta e saggista e daCarolina Bobbio, figlia di professionisti napoletani di origine piemontese. Dal 1938 al 1941 studia al Liceo Classico Umberto I di Napoli, dove frequenta quarta e quinta ginnasio per poi saltare alla seconda liceo (erano gli anni della guerra). Nel dicembre del 1941 si trasferisce con la sua famiglia a Padova e lì si diploma presso il liceo Tito Livio. Nel 1942 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli.

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Durante gli anni dell'università, fa parte del GUF, il gruppo universitario fascista, collaborando con il settimanale IX maggio dove tiene una rubrica di critica teatrale. In questo periodo si forma tuttavia il gruppo di amici storico di Napolitano che, seppur militando ufficialmente nel fascismo, guarda alle prospettive dell'antifascismo. Napolitano dirà più avanti: «Il GUF era in effetti un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste, mascherato e fino a un certo punto tollerato». Il giovane Napolitano, appassionato di letteratura e teatro, debutta anche come attore in un paio di piccole parti nella compagnia del GUF

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La carriera nel PCINel 1944 entra in contatto con il gruppo di comunisti napoletani e nel 1945 Napolitano aderisce al Partito Comunista Italiano, di cui è segretario federale a Napoli e Caserta. Due anni dopo, nel1947, si laurea in Giurisprudenza con una tesi di economia politica.

Eletto deputato nel 1953 (e successivamente sempre rieletto, tranne che nella IV legislatura, nella circoscrizione di Napoli, fino al 1996), diviene responsabile della commissione meridionale del Comitato centrale del PCI, grazie all'appoggio che Palmiro Togliatti aveva dato in quel periodo a lui e ad altri giovani nell'ottica della creazione di una nuova e più eterogenea dirigenza centrale.

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In quell'anno, tra l'ottobre e il novembre, si consuma da parte dell'URSS la repressione dei moti ungheresi, che la dirigenza del PCI condannerà come controrivoluzionari (l'Unità arriva persino a definire gli operai insorti "teppisti" e "spregevoli provocatori"). Nel momento stesso degli eventi, egli stesso elogia l'intervento sovietico dichiarando: «L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo».

In effetti, rispetto a coloro che, in quel periodo, affermano che quella d’Ungheria è da considerare una legittima rivoluzione e che nel comunismo si devono sviluppare le prospettive di un'apertura democratica, il travaglio di Napolitano rimane - come ammesso poi nella sua autobiografia politica "Dal PCI al socialismo europeo" - a livello di "grave tormento autocritico" riguardo a quella posizione.

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Giorgio Napolitano con Nicolae Ceaușescu nel 1974

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Negli anni settanta svolge una grande attività all'estero, tenendo conferenze negli istituti di politica internazionale in Gran Bretagna, in Germania (dove contribuisce al confronto con la socialdemocrazia europea)e (cosa all'epoca inusuale per un politico italiano) nelle Università degli Stati Uniti. Nel 1978 fu infatti il primo dirigente del partito comunista italiano a ricevere un visto per recarsi in visita negli Stati Uniti,dove terrà conferenze e importanti incontri ad Aspen, Colorado, e all'Università di Harvard. L'invito ufficiale, nella sua veste politica, venne soltanto una decina di anni dopo, anche grazie all'interessamento di Giulio Andreotti, e diede luogo anche a un nuovo ciclo di conferenze presso le più prestigiose università statunitensi (Harvard, Yale, Chicago, Berkeley, Johns Hopkins-SAIS e CSIS di Washington).

Dal 1976 al 1979 è responsabile della politica economica del partito.

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Nel 1985 affermava che il riformismo europeo è "il punto di approdo del PCI". Dal 1986 dirige nel partito la commissione per la politica estera e le relazioni internazionali. In quegli anni all'interno del PCI prevale, in politica estera, la linea di Napolitano di "piena e leale" solidarietà agli USA e alla NATO. Henry Kissinger dichiarò in seguito che Napolitano era il suo Comunista preferito ("My favourite communist").

Dal 1981 al 1986 (durante l'VIII e la IX legislatura) è presidente del gruppo dei deputati del PCI alla Camera dei deputati e, dal 1989 al 1992, parlamentare europeo.

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Il migliorista

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Napolitano è stato uno degli esponenti storici della corrente della "destra" del PCI, nata verso la fine degli anni sessanta e ispirata ai valori del socialismo democratico, nel solco della tradizione segnata da Giorgio Amendola. Negli anni di maggior scontro interno la corrente di Napolitano viene detta dagli avversari "migliorista", nome coniato anche con una certa accezione dispregiativa facendo riferimento a un'azione politica che servisse a migliorare le condizioni di vita della classe lavoratrice senza però rivoluzionare strutturalmente il capitalismo.

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L'altro personaggio politico con cui nel PCI Napolitano si confronta è Enrico Berlinguer. Napolitano divenne uno dei maggiori esponenti dell'opposizione interna a Enrico Berlinguer (per esempio intervenne contro il segretario nella Direzione del 5 febbraio 1981 dedicata ai rapporti con il Psi) e lo criticò pubblicamente sull'Unità per il modo in cui aveva posto la "questione morale e l'orgogliosa riaffermazione della nostra diversità”. In un famoso articolo pubblicato da L'Unità nell'estate del 1981, Napolitano mette in guardia Berlinguer dai pericoli del settarismo e dell'isolamento parlamentare verso cui, dice, rischia di trascinare il Pci al solo scopo di battere i ‘familiari sentieri' della lotta di classe.

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Napolitano inoltre si adopera per tenere aperta la possibilità di un confronto e di una possibile convergenza con il PSICerca di mantenere vivi i contatti con il socialismo europeo e italiano anche negli anni del durissimo scontro tra Enrico Berlinguer e Bettino Craxi.

Alla morte di Enrico Berlinguer, Napolitano è tra i possibili successori alla Segreteria del Partito; gli viene tuttavia preferito Alessandro Natta. Nel luglio del 1989 è Ministro degli Esteri nel governo ombra del PCI, da cui si dimette all'indomani del congresso di Rimini, in cui si dichiara favorevole alla trasformazione in Partito Democratico della Sinistra. In un'intervista concessa il 6 marzo del 1992 ribadisce: "Ci caratterizza l'antica convinzione che il Pci abbia tardato a trasformarsi in un partito socialista democratico di stampo europeo". Nel 1991, in piena guerra del Golfo, fa uno storico viaggio in Israele, riportando le posizioni del Partito Comunista Italiano verso una maggiore attenzione alle istanze della comunità ebraica.

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Dopo lo scoppio dello scandalo Tangentopoli, Gli esponenti milanesi del PDS che furono oggetto di indagine da parte dal pool di Mani Pulite, da molto tempo vicini ai vertici del PSI milanese, provenivano quasi tutti da questa corrente: Giulio Caporali (consigliere d'amministrazione delle Ferrovie dello Stato), Luigi Carnevale (presidente della Metropolitana Milanese), Gianni Cervetti (deputato PCI-PDS e ministro della difesa nel governo ombra del PCI, si definì "garante" delle tangenti al Pds e narrò ai giudici di presunte battaglie tra occhettiani e miglioristi per accaparrarsele, assolto in Appello in quanto estraneo ai fatti), Massimo Ferlini (poi membro di Comunione e Liberazione ed esponente di Forza Italia), Lodovico Festa (posizione processuale archiviata[senza fonte], negli anni '80 direttore della rivista di area Il Moderno), Renato Pollini (arrestato e successivamente assolto in tutte le vicende giudiziari in cui venne trascinato, ex-tesoriere del PCI), Sergio Soave (Lega cooperative), Marcello Stefanini (ex tesoriere del PDS, prosciolto in istruttoria per l'accusa di finanziamento illecito, deceduto poco tempo dopo) e Primo Greganti (l'indagato più noto del PDS, patteggiò tre anni di reclusione).

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• Alcuni miglioristi minori, tra cui Massimo Ferlini, Lodovico Festa, Sergio Soave e Sandro Bondi, hanno aderito o sono vicini a Forza Italia.

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La presidenza della camera

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“Dopo altre due votazioni a vuoto, e con tante schede bianche, con ogni probabilita' questa mattina Giorgio Napolitano, leader migliorista del Pds, sara' eletto presidente della Camera, in sostituzione di Scalfaro, salito al Quirinale. Il voto per Napolitano scaturisce da un accordo fra Pds, Dc, Psi, Psdi e Pri. Ma Rodota' , gia' candidato della Quercia al seggio piu' alto di Montecitorio, sdegnato, si e' dimesso dalla sua carica di presidente del partito, oltre che da vicepresidente vicario della Camera (potrebbe lasciare anche il posto di deputato). E' rimasto molto amareggiato. Nell' assemblea del suo gruppo non ha voluto parlare, quando gli hanno chiesto di sospendere la candidatura avrebbe preferito ritirarsi, ha poi dichiarato di non voler essere inserito in nessuna "rosa" e infine ha commentato: "Questa e' una conclusione annunciata: altri hanno deciso come andra' a finire la vicenda...”.

Tratto dal Corriere della Sera del 3 giugno 1992

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Nel 1992 viene eletto Presidente della Camera dei Deputati subentrando a Oscar Luigi Scalfaro, eletto Presidente della Repubblica Italiana. Si trattò della “legislatura di Tangentopoli” e la Presidenza della Camera divenne uno dei fronti del rapporto tra magistratura e politica: due episodi sono estremamente significativi del modo in cui l'indiscusso prestigio personale del presidente Napolitano guadagnò alle istituzioni il conforto dell'opinione pubblica, che in quel periodo era particolarmente incline alla sfiducia nei confronti delle pubbliche autorità.

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Il 2 febbraio 1993 all'ingresso posteriore di palazzo Montecitorio si presentò un ufficiale della Guardia di finanza con un ordine di esibizione di atti: esso si riferiva agli originali dei bilanci dei partiti politici (peraltro pubblicati anche in Gazzetta Ufficiale), evidentemente utili al magistrato procedente (Gherardo Colombo, della Procura di Milano) per verificare se talune contribuzioni a politici inquisiti fossero state dichiarate a bilancio, secondo le prescrizioni della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Il Segretario generale della Camera, su istruzioni del Presidente, oppose all'ufficiale l'immunità di sede, la garanzia delle Camere per cui la forza pubblica non vi può accedere se non su autorizzazione del loro Presidente. Nei giorni successivi tutti i partiti politici e tutti i principali organi di stampa sostennero la scelta del presidente Napolitano.

Il secondo evento ebbe luogo subito dopo la clamorosa seduta del 29 aprile 1993, in cui alcune delle richieste di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi furono respinte dalla Camera a voto segreto. Il presidente Napolitano convocò il 6 maggio 1993 la Giunta del Regolamento e dispose che le deliberazioni della Camera sulle autorizzazioni a procedere fossero per l'avvenire votate in maniera palese si evitò per il prosieguo che le proposte di concessione dell'autorizzazione richiesta dalla magistratura fossero respinte nel segreto dell'urna da quello che era stato ribattezzato il “Parlamento degli inquisiti”.

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Nella gestione del lato politico della vicenda di Tangentopoli - pur avendo pronunciato un deciso intervento in memoria del suicida deputato Moroni - si consumò la sua rottura con Bettino Craxi: scelse di non dare alcun seguito alle doglianze di questi contro il presidente della Giunta delle autorizzazioni della Camera, onorevole Gaetano Vairo, guadagnandone una reazione stizzita a tutto campo. Nel processo Cusani, il 17 dicembre 1993, Craxi affermò: "Come credere che il Presidente della Camera, onorevole Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni ministro degli Esteri del Pci e aveva rapporti con tutta la nomenklatura comunista dell'Est a partire da quella sovietica, non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui, tra i vari rappresentanti e amministratori del Pci e i paesi dell'Est? Non se n'è mai accorto?”. Secondo la sentenza sulle tangenti per la metropolitana di Milano Luigi Majno Carnevale si occupava di ritirare la quota spettante al partito comunista e di girarle, in particolare, alla cosiddetta "corrente migliorista" che "a livello nazionale", "fa capo a Giorgio Napolitano”.

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Ministro dell’interno

Successivamente, Romano Prodi lo sceglie come Ministro dell'Interno del suo governo nel 1996. Come primo ex-comunista a occupare la carica di Ministro dell'Interno, propone (con Livia Turco) quella che diverrà nel luglio 1998 la Legge Turco-Napolitano, che istituisce i centri di permanenza temporanea (CPT) per gli immigrati clandestini.

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Presidente della repubblica

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Il23 settembre 2005 è nominato, assieme a Sergio Pininfarina, senatore a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Il 10 maggio 2006 è eletto undicesimo Presidente della Repubblica Italiana alla quarta votazione con 543 voti su 990 votanti dei 1009 aventi diritto. Giura ed entra ufficialmente in carica il giorno 15 maggio

È il primo esponente proveniente dal PCI a divenire Presidente della Repubblica ed è il primo Presidente della Repubblica proveniente da un gruppo parlamentare (in questo caso L'Ulivo), dopo la caduta della "Prima Repubblica".

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In molti siti web (come quello del politico Beppe Grillo o dei giornalisti Marco Travaglio, Piero Ricca e del politico Antonio Di Pietro), Napolitano è stato accusato di essere troppo accondiscendente nei confronti di Silvio Berlusconi, nel periodo in cui quest'ultimo è stato Presidente del Consiglio. In quest'ottica Napolitano viene accusato di aver firmato alcune delle leggi approvate dal Parlamento su proposta del Governo giudicate "delinquenziali” da una parte dell'opposizione. In particolare:

In occasione della promulgazione del Lodo Alfano Beppe Grillo ha posto cinque domande critiche a Napolitano, colpevole, secondo l'autore, di aver firmato e quindi legittimato una legge anticostituzionale,per il quale è stato richiesto il pronunciamento di costituzionalità da parte della Corte costituzionale e che il 7 ottobre 2009 la Corte ha effettivamente ritenuto incostituzionale. In data 21 maggio 2009, sul sito web della Presidenza della Repubblica è stato pubblicato un comunicato ufficiale di risposta alle critiche mosse da un banner e da un video pubblicati sul blog del politico. In una intervista su Repubblica l'ex-presidente Carlo Azeglio Ciampi ha espressamente criticato la scelta di Napolitano di firmare subito e soprattutto di usare come motivazione, in risposta a una domanda specifica di un cittadino, il fatto che "tanto se me le ripresentano uguale a quel punto sono costretto a firmarla”.

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In occasione della promulgazione del cosiddetto Scudo fiscale, l'Italia dei Valori ha criticato Napolitano per aver firmato senza rinvio una legge accusata da vari economisti di essere un mezzo per riciclare legalmente denaro sporco. Antonio Di Pietro ha definito la firma "un atto di viltà”.

Qualche settimana prima delle elezioni regionali italiane del 2010, a seguito dell'esclusione delle liste PDL in Lazio e Lombardia, Napolitano ha firmato nottetempo il decreto legge del governo per la riammissione delle liste escluse. Per questa scelta Di Pietro ha dichiarato di valutare una richiesta di impeachment.

Nell'aprile del 2010 Giorgio Napolitano ha promulgato con la propria firma la legge sul legittimo impedimento del capo del governo e dei ministri, mentre ipubblici ministeri di Milano si sono detti pronti a ricorrere alla Consulta per sollevare eccezione di incostituzionalità.[42] Nel gennaio 2011 la corte ha ritenuto la legge in parte incostituzionale.

Altre promulgazioni criticate e discusse hanno riguardato il decreto Mastella per distruggere i dossier della security Telecom, l'ordinamento giudiziario Mastella-Castelli, la legge "salva-Pollari", la norma della legge finanziaria che ha raddoppiato l'Imposta sul valore aggiunto a Sky, i due pacchetti sicurezza del ministro Maroni accusati di contenere norme anti-immigrati.

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L'8 novembre 2011, giorno in cui il governo Berlusconi IV verifica di non avere più una maggioranza parlamentare alla Camera e si verificano intensi attacchi speculativi ai titoli di Stato, Napolitano si accorda con Berlusconi perché si addivenga alle dimissioni del suo governo non appena sia concluso l'iter di approvazione delle leggi di bilancio. Il giorno successivo, Napolitano nomina Mario Monti senatore a vita, mossa interpretata dai commentatori e dai mercati finanziari come una indicazione di un probabile successivo incarico al ruolo di Presidente del Consiglio. Infatti il 12 novembre, dopo l'approvazione e la promulgazione della Legge di stabilità, Napolitano accoglie le dimissioni di Berlusconi e affida proprio a Monti l'incarico per la formazione di un nuovo governo.

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Monti, al momento della formazione del suo Governo, era considerato da alcuni osservatori un "tecnico”, non avendo egli mai fatto parte di alcun partito, né del parlamento italiano prima del 9 novembre 2011, quando è stato nominato senatore a vita dallo stesso Napolitano.Secondo altri osservatori gli incarichi ricoperti prima nella Commissione Santer, nel ruolo di Commissario europeo per il mercato interno e i servizi (1995-1999) e poi nella Commissione Prodi, come Commissario europeo per la concorrenza (1999-2004), lo avrebbero reso un politico a tutti gli effetti.

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Mario Monti Nel 2010 è inoltre divenuto presidente europeo della Commissione Trilaterale, un gruppo di interesse di orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller e membro del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg. Il Gruppo Bilderberg (detto anche conferenza Bilderberg o club Bilderberg) è un incontro annuale per inviti, non ufficiale, di circa 130 partecipanti, la maggior parte dei quali sono personalità influenti in campo economico, politico e bancario. I partecipanti trattano una grande varietà di temi globali, economici, militari e politici. Da questi incarichi si è dimesso il 24 novembre 2011, a seguito della nomina a presidente del Consiglio.

Tra il 2005 e il 2011 è stato international advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute, presieduto dalla economista statunitense Abby Joseph Cohen.

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È stato inoltre advisor della Coca Cola Company, membro del "Senior European Advisory Council" di Moody’s ed è uno dei presidenti del "Business and Economics Advisors Group" dell'Atlantic Council

Il governo Monti è il secondo governo tecnico nella storia repubblicana dopo il governo Dini. Il Governo Monti viene giudicato un governo tecnico d'emergenza dalla stampa internazionale.

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Subito dopo l'esito della consultazione popolare del 12 e 13 giugno scorsi, l'Acea ha chiesto rassicurazioni sul mantenimento degli accordi stipulati a Giulio Napolitano, avvocato, esperto del settore e figlio del Presidente della Repubblica. Secondo il parere legale, l'esito dei quesiti non sarebbe sufficiente a intaccare gli interessi delle società idriche.

La mossa avviata da Acea - primo operatore idrico, società quotata in Borsa – che ha chiesto ad un giurista esperto quali armi tecniche utilizzare per contrastare la volontà dei cittadini italiani, è arrivata all’indomani del voto. Un parere contenuto in un documento di sedici pagine con la pesante firma dell’avvocato Giulio Napolitano, ordinario di diritto pubblico a Roma Tre, uno dei due figli del Presidente della Repubblica che gira dallo scorso giugno riservatamente tra i gestori dell’acqua, citato nei Consigli di amministrazione di tante Spa che si occupano di risorse idriche. Un dossier articolato, inviato a Renato Conti, manager della multinazionale romana, a capo della Direzione funzione legale, quando nelle piazze ancora si festeggiava la vittoria dei Sì.

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In altre parole Acea voleva essere rassicurata dalla voce autorevole di Giulio Napolitano sul mantenimento di quelle condizioni di gestione dell’acqua contestate da tanti comitati che avevano portato milioni di italiani ad esprimere il loro voto per una gestione pubblica del servizio idrico integrato.

Chi pensava che con il referendum si potesse tornare alla gestione pubblica dell’acqua, secondo Giulio Napolitano si deve mettere l’anima in pace: con il risultato del voto “in nessun modo (…) è possibile trarre indicazioni prescrittive in ordine ad un ipotetico ritorno a forme di gestione integralmente pubblica dei servizi idrici”. Nulla da fare – almeno nell’immediato – anche per il secondo quesito, quello che ha eliminato il profitto garantito, considerato dai gestori privati dell’acqua come una vera e propria bomba atomica in grado di eliminare ogni convenienza nel business degli acquedotti.

Tratto da “Il fatto quotidiano” del 27 novembre 2011

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La rielezione

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Il 20 aprile 2013 gli è stata richiesta da un ampio schieramento parlamentare la disponibilità ad essere rieletto, che egli ha dato, venendo eletto alla sesta votazione con 738 voti su 997 votanti dei 1007 aventi diritto e divenendo il primo Presidente della Repubblica ad essere eletto per un secondo mandato.

Dopo la sua rielezione al Quirinale, Giorgio Napolitano ha visto anche la chiusura della storia delle  intercettazioni del Colle con l’ex ministro Nicola Mancino, registrate nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Tutte le conversazioni sono state infatti distrutte dal gip di Palermo.

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“Le registrazioni  hanno costituito un vulnus costituzionalmente rilevante” e per questo devono essere distrutte “con procedura camerale”, senza contraddittorio tra le parti, si legge nelle motivazioni della sentenza della Cassazione, che aveva dato il via libera al macero, respingendo il ricorso di Massimo Ciancimino.

Quella delle intercettazioni tra il Colle e Mancino è una vicenda lunga, che ha visto numerose tappe. Le telefonate risalgono infatti a fine 2011, ma la storia è divenuta pubblica solo nel giugno scorso. Da lì il conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale nei confronti della Procura di Palermo, poi il pronunciamento della Corte costituzionale a dicembre e infine la richiesta dei pm di Palermo al gip di distruggere le telefonate. Ecco però poi  arrivare il ricorso di Massimo Ciancimino, che in quanto parte in causa ha chiesto, in virtù del diritto i difesa, di poter ascoltare le conversazioni. Richiesta ritenuta “inammissibile” dalla Corte di Cassazione, che ha dato quindi il via libera alla distruzione.  

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Il telefono sotto controllo su mandato degli inquirenti era quello di Mancino, in quella fase indagato e oggi imputato di falsa testimonianza: secondo i pm, l’ex ministro, insediatosi al Viminale il primo luglio 1992, sapeva della trattativa e avrebbe mentito sui rapporti tra pezzi dello Stato e pezzi di Cosa Nostra intercorsi nei primi anni ’90. Per lui e per altri undici indagati i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio il 24 luglio scorso e l’udienza preliminare è in corso. Mancino, preoccupato per l’inchiesta che lo riguardava, ha compiuto diverse diverse telefonate contattando anche lo stesso Napolitano. Il Capo dello Stato ha ritenuto lese le proprie prerogative e la Consulta gli ha dato ragione.

Tratto da “Il fatto quotidiano” del 22 aprile 2013