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1 Lago d’Aral – Aral Sea Insieme di materiali sull’apocalittica tragedia silenziosa Materiali raccolti in rete da Daniele [email protected] Questa, per quanti ne fossero all’oscuro, è la storia dei disastri provocati intenzionalmente dall’azione dell’uomo in Asia Centrale. È la storia del lago d’Aral, gigantesco specchio d’acqua interno, circondato da zone aride e desertiche, ora pressoché condannato alla morte per prosciugamento. Come se non bastasse, oltre allo sconvolgimento del clima della regione, all’inquinamento elevatissimo, alla rovina della vita degli animali e della popolazione delle aree coinvolte, la tragedia assume anche caratteri particolarmente inquietanti e catastrofici a causa di una ex isola, ora collegata alla terraferma, le cui viscere nascondono un pericolo concreto per l’umanità intera…”buona” lettura. Di seguito un documento tratto dal sito: www.siamoiblei.com/aral Il Lago di Aral si trova in Asia Centrale a cavallo tra l'Uzbekistan occidentale ed il Kazakistan meridionale. Vedere ciò che resta dello specchio d'acqua - un tempo il quarto lago più grande del mondo per estensione - è praticamente impossibile a meno che non siate nelle condizioni di sorvolare la zona con un elicottero. Durante il nostro viaggio in Uzbekistan, nell'estate del 2001, ci siamo spinti sino a Moynaq, la città che più di altre porta i segni della scandalosa tragedia del lago di Aral, anzi dei laghi, da quando nel 1987 si è diviso in due. Un tempo uno dei maggiori porti dell'Aral Sea e sede di operose industrie di conservazione del pesce, oggi Moynaq si trova a quasi 80 Km dall'acqua: è un luogo fortemente condizionato dal disastro ambientale e ciò che resta della potente flotta di pescherecci è un desolante cimitero di navi inclinate e arrugginite che abbiamo visto con i nostri occhi. La popolazione di Moynaq è in diminuzione: oggi ci vivono circa 2000 anime, in massima parte di origine kazaka, che risentono pesantemente degli effetti della desertificazione e dell'inquinamento: malattie, deformazioni, clima torrido in estate e gelido in inverno, fastidiose tempeste di sabbia e sale.

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Lago d’Aral – Aral Sea Insieme di materiali sull’apocalittica tragedia silenziosa Materiali raccolti in rete da Daniele [email protected] Questa, per quanti ne fossero all’oscuro, è la storia dei disastri provocati intenzionalmente dall’azione dell’uomo in Asia Centrale. È la storia del lago d’Aral, gigantesco specchio d’acqua interno, circondato da zone aride e desertiche, ora pressoché condannato alla morte per prosciugamento. Come se non bastasse, oltre allo sconvolgimento del clima della regione, all’inquinamento elevatissimo, alla rovina della vita degli animali e della popolazione delle aree coinvolte, la tragedia assume anche caratteri particolarmente inquietanti e catastrofici a causa di una ex isola, ora collegata alla terraferma, le cui viscere nascondono un pericolo concreto per l’umanità intera…”buona” lettura. Di seguito un documento tratto dal sito: www.siamoiblei.com/aral Il Lago di Aral si trova in Asia Centrale a cavallo tra l'Uzbekistan occidentale ed il Kazakistan meridionale. Vedere ciò che resta dello specchio d'acqua - un tempo il quarto lago più grande del mondo per estensione - è praticamente impossibile a meno che non siate nelle condizioni di sorvolare la zona con un elicottero. Durante il nostro viaggio in Uzbekistan, nell'estate del 2001, ci siamo spinti sino a Moynaq, la città che più di altre porta i segni della scandalosa tragedia del lago di Aral, anzi dei laghi, da quando nel 1987 si è diviso in due. Un tempo uno dei maggiori porti dell'Aral Sea e sede di operose industrie di conservazione del pesce, oggi Moynaq si trova a quasi 80 Km dall'acqua: è un luogo fortemente condizionato dal disastro ambientale e ciò che resta della potente flotta di pescherecci è un desolante cimitero di navi inclinate e arrugginite che abbiamo visto con i nostri occhi. La popolazione di Moynaq è in diminuzione: oggi ci vivono circa 2000 anime, in massima parte di origine kazaka, che risentono pesantemente degli effetti della desertificazione e dell'inquinamento: malattie, deformazioni, clima torrido in estate e gelido in inverno, fastidiose tempeste di sabbia e sale.

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Foto tratta dal sito siamoiblei.com/aral Il "benvenuto" in città ve lo darà un cartello posto all'entrata su cui è disegnato un enorme pesce. Il ricco passato di Moynaq legato alla pesca e alla presenza di industrie ittiche è descritto nel Museo allestito presso la Scuola di Musica: foto, dipinti, plastici, modellini di pescherecci in miniatura e persino qualche scatola ossidata contenente pesce salato vi racconteranno come era un tempo Moynaq. Due i cimiteri delle navi: il primo è vicino un deposito di gas, l'altro è nei pressi della centrale elettrica. Non pensate che la gente del luogo, imbarazzata per l'accaduto, vi aiuti a trovare i siti. Noi - dopo aver visitato i relitti - abbiamo trovato sbarrata la strada del ritorno da copertoni e vecchie marmitte. Abbiamo pensato ad uno scherzo dei bambini, ma non c'è dubbio sul fatto che gli abitanti del luogo siano scocciati dal continuo andirivieni di turisti. Gli abitanti, con una buona dose di autoironia, dicono che se ciascuno dei visitatori avesse portato un secchio d'acqua, Aral sarebbe tornato come prima! Paradossi a parte, il disperato e inutile tentativo di ristabilire lo stato dei luoghi risiede in putridi acquitrini in cui si abbeverano le greggi. Poco più lontano sorge un monumento ai caduti delle guerre: sorge in cima ad una collina che si eleva a picco su quelle che un tempo erano le sponde di Aral.

Il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale foto tratta dal sito siamoiblei.com/aral

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Per capire come si è giunti ad un disastro di tale portata, bisogna tornare indietro di circa cinquant’anni. Il corso dei fiumi, immissari del lago, Syr e Amu Darya è stato deviato per consentire l'irrigazione delle piantagioni di cotone. Ma nel frattempo avveniva lo scempio.

Ecco come, nel tempo, a partire dai primi anni ‘60 a seguito del prosciugamento, si è ridotto il lago di Aral. La sua estensione è

diminuita del 50%, il suo volume del 75%, il livello si è abbassato di circa 20 metri, la costa è arretrata di 150 Km lasciando a secco porti e

comunità tra cui Moynak.

Bisognava contrastare gli Stati Uniti. Mosca ordinò più cotone e con questo espresse la condanna a morte per il lago di Aral. Almeno nei primi anni la produzione dei batuffoli crebbe davvero, al punto che tutta l'area divenne un imponente e invidiabile impianto monocolturale: un vero vanto per l'Urss. Il canale del Kara Kum fu aperto nel 1956, deviando cosi una larga parte della portata del fiume Amu-Darya nel deserto del Turkmenistan e milioni di ettari di terreno vennero irrigati a partire dal 1960.

foto tratta dal sito siamoiblei.com/aral

Per le popolazioni del luogo però il tempo di festeggiare non c'è stato. Anzi. La produzione del cotone divenne presto molto scadente e nel frattempo la maggiore quantità d'acqua necessaria per l'irrigazione delle piantagioni aveva prosciugato il lago di Aral, rendendone una parte un autentico deserto. Desertificazione a parte, la regione

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fa i conti con l'inquinamento del suolo, dell'aria e dell'acqua potabile causato dalle migliaia di tonnellate di pesticidi usati nei campi. Quello di Aral è uno scempio che ha fatto ammalare e morire una parte della popolazione.

Le pessime condizioni della rete idrica, che di per sé comunque distribuisce acqua contaminata da sale e pesticidi

Bambini presso una pozza d’acqua malsana

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Ancora uno zoom sulle condizioni igieniche

Per portare l'acqua nei campi di cotone i pianificatori sovietici crearono una rete di canali e sbarramenti lungo il corso dei fiumi Amu Darya e Syr Darya, i principali affluenti del mare d'Aral. Il previsto incremento della produzione di cotone dovuto all' irrigazione intensiva non si è realizzato per la progressiva salinizzazione del suolo e l'inefficienza di un sistema in cui il 50% dell'acqua evaporava o si sprecava prima di raggiungere i campi a causa delle canalizzazioni a cielo aperto e spesse volte scavate nel terreno. I campi si ricoprirono piuttosto da uno strato biancastro fatto da una mistura tossica di sale, defolianti e fertilizzanti con cui i pianificatori sovietici ritenevano di incrementare le quote di raccolto. La spirale del disastro ecologico era ormai innescata: Tra il 1960 ed il 1980 l'area irrigata aumentò solo del 20%, ma raddoppiò la quantità d'acqua necessaria prelevata dai fiumi. Mentre il lago si prosciugava, le spiagge si ritiravano, i porti con i pescherecci che un tempo portavano a riva una quantità eccezionale di pesce, restavano a secco. Contestualmente sulla regione imperversavano sempre più spesso tempeste di sabbia miscelata alle sostanze chimiche usate in agricoltura. La rovina dell'ecosistema e la desertificazione hanno causato modifiche al clima.

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Il fiume Amu-Darya a 200 km dalla foce, ormai privato della maggior parte del volume d’acqua, sottratto dai canali per l’irrigazione

Desertificazione: villaggi fantasma, oggi invasi dalle dune del deserto Kyzyl-Kum che avanza

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Ancora uno sguardo sul fenomeno di desertificazione

Aral Sea agiva come termoregolatore, mitigando l'effetto dei venti siberiani d'inverno e delle alte temperature estive. Nel corso degli anni le piogge sono diminuite di dieci volte, l'inverno è divenuto più freddo, l'estate più torrida, il grado salino del del Mare d'Aral è aumentato di tre volte e delle 25 specie di pesce presenti ne sopravvivono solo due o tre.

Impressionanti i dati sulla mortalità, decimate anche le specie animali

Noi siamo stati a Moynaq in Uzbekistan. Un tempo questa città era un florido porto e la sua principale risorsa la pesca. Oggi a Moynaq il mare non c'è più, si è ritirato di 80 km. Il paesaggio è costituito da dune di sabbia, arbusti e stagni maleodoranti. La gente che vive nei dintorni (un milione di persone) è ammalata. I bambini nascono con orribili malformazioni. I pesticidi usati nelle piantagioni di cotone hanno inquinato tutto. Ma non solo. Al centro del lago vi è un'isola su cui circolano voci inquietanti su quello che si può trovare nei sotterranei dei laboratori abbandonati dagli scienziati sovietici.

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Moinaq ha un quartier generale, in Asia Centrale si registrano le peggiori condizioni sanitarie del pianeta e considerato che pure l’acqua è inquinata, tutta la catena alimentare risulta compromessa. Su 700.000 donne residenti il 97% soffre di anemia: rispetto a cinquanta anni fa la percentuale è aumentata di cinque volte. La mortalità infantile è di circa l’80 per mille, contro una media italiana dell’8 per mille. I casi di cancro al fegato sono aumentati del 200%, quelli di tumore alla gola del 25%, mentre la tubercolosi e altre malattie dell'apparato respiratorio hanno raggiunto livelli incontrollabili. La scarsità dell'acqua potabile (che comunque passa prima dagli sterminati campi di cotone) ha determinato tifo, paratifo e dissenteria. Le indicibili sofferenze umane non sono le sole. La stoltezza relativa al dirottamento dei fiumi e alla desertificazione della zona ha fatto si che delle 173 specie di animali che vivevano nei dintorni del lago di Aral ne sopravvivano poco più di 30. L'inaridimento ha sconquassato l'habitat in cui vivevano l'antilope saiga e il raro onagro selvatico dell'Asia. La flora e la fauna dei Fiumi Syr Darya e Amu Darya non è più la stessa; le foreste si sono ridotte; in ciò che è rimasto del lago di Aral ci sono pochi pesci a causa dell'aumento della salinità.

E poi c'è, appunto, l'isola di Vozrozhdenie: secondo gli abitanti del luogo il sito - in cui sembra i sovietici sperimentassero armi batteriologiche e chimiche - avrebbe causato fino agli anni '80 la morte di tantissime persone. Cosa fare per risolvere questo dramma? I Governi locali dormono e solo le organizzazioni internazionali potrebbero fare qualcosa. Esiste infatti l’International Aral Sea Rehabilitation Fund con il compito di promuovere progetti per recupero ambientale e il miglioramento delle condizioni di vita della gente. Questi volontari però temono che finito il tempo delle denunce e delle segnalazioni, tutto sprofondi nell’indifferenza.

L’isola di Vozrozhdenie. Non andate su quell’isola. I sovietici vi sperimentavano armi chimiche, poi l’hanno abbandonata.

Per maggiori dettagli vedi il capitolo dedicato esclusivamente all’isola. Qui trovi un assaggio dei pericoli presenti nella zona. L'isola della morte c'è e si chiama Vozrozhdenie. Non la troverete segnata su nessuna cartina geografica, ma esiste e si trova proprio in mezzo al lago di Aral. Fino ai primi anni '90 - cioè poco prima della completa dissoluzione politico economica dell'Urss - scienziati sovietici giungevano a frotte sulla base segreta russa allocata sulla piccola isola per sperimentare, come riportato nei rapporti della CIA, armi batteriologice e chimiche capaci di produrre peste, vaiolo, brucellosi, febbre del Queensland. I trecento scienziati che si sarebbero alternati tra le provette ed i microscopi del supermarket della morte avrebbero sviluppato batteri che provocano terribili malattie resistenti agli antibiotici. Per decenni hanno condotto i loro esperimenti utilizzando conigli, topi, cavalli, pecore, asini, scimmie e persino animali domestici. Le gabbie che imprigionavano le bestiole sono oggi sparse per tutta l'isola. Rischi di inciampare non solo su quelle, ma pure sulle

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centinaia di maschere antigas lasciate per terra. Tuttavia sull’isola esiste un pericolo ancora più grande. Su Vozrozhdenie, infatti, sono stati seppelliti i fusti provenienti da una base segreta Urss negli Urali, contenenti l'antrace. I contenitori, oggi, potrebbero trovarsi ancora nei bunker sotterranei dell'isola dove sarebbero stipati anche bidoni malamente sigillati o corrosi. Nessuno si fida dell'annunciato buon esito della bonifica dei siti effettuata in questi anni dai russi con i soldi dati dagli Usa. Tracce di spore di antrace sono state comunque trovate e potrebbero entrare nella catena alimentare con conseguenze sconvolgenti. Quando Aral era pieno d'acqua l'isola era proprio un'Isola: circondata dal mare e difficilmente raggiungibile. Oggi che il livello dell'acqua si è abbassato, Vozrozhdenie è più grande e più vicina alla terraferma dalla quale è separata da un esile braccio di mare di tre chilometri. Una barriera troppo blanda per contenere una potenziale contaminazione. (gli abitanti della zona dicono che dal 1998 l’isola è già collegata alla terraferma. ndr) I bacilli dell'antrace provocano una malattia nei ruminanti che si trasmette pure all'uomo. Le conseguenze sono edemi ed emorragie in tutto il corpo con foruncoli e pustole che possono assumere le dimensioni di un uovo e dalle quale fuoriesce pus sanguinolento. Il dolore è lancinante e la pelle si lacera. Se non si interviene in tempo - cosa impossibile durante un attacco bellico - la malattia risulta letale dopo una paurosa agonia. I più pessimisti affermano che l'isola è un ghiotto obiettivo per terroristi. Sarebbe infatti sufficiente scavare e disseppellire un paio di bidoni contenenti spore di antrace per avere tra le mani un'arma così distruttiva da risultare seconda soltanto alla bomba atomica. Ah, dimenticavamo. Vozrozhdeniye in russo significa "Rinascita".

Di seguito un documento tratto dal sito: globalgeografia.com

Aral: storia di un disastro pianificato

Molti laghi sulla superficie terrestre presentano un comportamento dinamico e mostrano, a causa di una miscela di fenomeni naturali ed antropici, la tendenza a ridursi (Ciad, Urmia) o addirittura a sparire completamente (Lop Nor). In questo ambito, il lago di Aral rappresenta un caso unico sia per le dimensioni dell’evento che per il fatto di essere stato deliberatamente “sacrificato” dai pianificatori sovietici. All’inizio degli anni ’60 infatti, le acque dei due grandi fiumi che lo alimentavano, il Sir-Dar’ja e l’Amu-Dar’ja (l’antico Oxus) sono state deviate con l’obiettivo di irrigare immense piantagioni di cotone. A quell’epoca il grande lago salato si estendeva per circa 68.000 Km², più o meno la stessa area coperta dal lago Vittoria, al quarto posto nella graduatoria mondiale.

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La Fig. 1 ci mostra come l’estensione del lago fosse abbastanza costante negli anni precedenti il 1960. Nella parte sinistra è riportata una carta geografica del 1850 (riprodotta dal sito della Biblioteca dell’Università di Berkeley ed attribuita a Nikolai Vladimirovich Khanikoff, un attento viaggiatore russo dell’’800). A destra è rappresentato, con la medesima scala geografica, il perimetro del lago “standard” del 1960 (fonte: WDB II). L’unica differenza tra i due dati è rappresentata dalla presenza nell’800 di una vasta area lacustre in corrispondenza con uno dei rami principali del delta dell’Amu-Dar’ja. A parte questo, e tenendo in conto alcune imprecisioni nella carta geografica, possiamo ragionevolmente concludere che anche nel 1850 l’estensione del lago si aggirava intorno ai 70.000 Km². Come abbiamo già accennato, a partire dagli anni ’60, le acque dei due principali immissari sono state dirottate per irrigare immense coltivazioni intensive di cotone. Le conseguenze di questa scelta non hanno tardato a manifestarsi. A partire dal 1985 le dimensioni del lago di Aral sono state tenute sotto controllo mediante immagini ottenute dai satelliti. La Fig. 2 mostra l’evoluzione nel tempo della “sagoma” del lago.

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La seguente tabella (ripresa, come la figura dalla pagina internet dell’Aral Sea Project) riassume l’andamento dei principali parametri del lago.

Anno Area (km²)

Volume (km³)

Quota slm (m)

Salinità (g/l) Sorgente informazioni

1960 ~68000 ~1040 53 ~10 WDB II

1985 45713 468 41.5 ~23 NOAA-AVHRR

1986 43630 380 40.5 NOAA-AVHRR

1987 42650 354 40 NOAA-AVHRR

1988 41134 339 39.5 NOAA-AVHRR

1989 40680 320 39 ~30 NOAA-AVHRR

1990 38817 282 38.5 NOAA-AVHRR

1991 37159 248 38 NOAA-AVHRR

1992 36087 231 37.5 NOAA-AVHRR

1993 35654 248 37 NOAA-AVHRR

1994 35215 248 37 NOAA-AVHRR

1995 35374 248 37 RESURS-01

1996 31516 212 36 RESURS-01

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1997 29632 190 35 RESURS-01

1998 28687 181 34.8 ~45 NOAA-AVHRR

2010 21058 ~124 32.4 ~70 previsione

La previsione per il 2010 si basa su un’estrapolazione del trend misurato, utilizzando anche la mappa batimetrica del lago. In realtà, da quanto appare dalle immagini che abbiamo elaborato, relative al Settembre 2004 il processo ha subito un’accelerazione tale che la superficie è già inferiore a quella prevista negli anni ’90 per il 2010.

Inoltre osserviamo che, ormai da molti anni (1987), il lago è di fatto diviso in due parti distinte; i tentativi di tenere collegati con un canale il relativamente profondo bacino nord con le acque bassissime del bacino sud hanno trovato sempre maggiore difficoltà a mano a mano che il processo di de-essicazione continuava. La Fig. 3 mostra l’immagine acquisita il 22 Settembre 2004 dal satellite AQUA della NASA con il sensore MODIS.

Attraverso l’analisi dei canali infrarossi di cui è dotato il sensore MODIS, che permettono una discriminazione ottimale tra le aree coperte da acqua anche se poco profonda e la terra ferma, abbiamo ricavato le seguenti misure:

Porzione del lago di Aral Denominazione Superficie (Km²)

Nord Piccolo Aral 2650

Sud Aral < 15.000*

Totale < 17.650

*A causa delle acque molto basse della parte sud-est del lago è estremamente difficile valutare l’esatta estensione. E’ da notare che, per lo stesso motivo, l’estensione del bacino sud varia di almeno il 10% nel corso dell’anno. La misura riportata è quindi da considerarsi come un limite superiore.

Il rapido processo di de-essicazione ha portato con sé un numero impressionante di problemi ambientali. In primo luogo, la salinità accresciuta dell'acqua non ha più permesso la pesca, che rappresentava la maggior risorsa economica delle popolazioni residenti sulla riva del lago. Delle 24 specie ittiche, ne sono rimaste solo 4. Le condizioni del suolo non sono certo migliori: le dune di sabbia del deserto del Kyzyl Kum avanzano dove prima vi erano le acque del lago; la terra nuda è ricoperta da una coltre di sale reso tossico dall’apporto di fertilizzanti e defolianti utilizzati per molti anni nelle piantagioni di cotone.

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Non sono questi però purtroppo i veleni più pericolosi di cui preoccuparsi: la piccola isola, visibile al centro del bacino sud nella mappa del 1850, ha ospitato per decine di anni i laboratori sovietici per lo sviluppo delle armi chimiche e batteriologiche, abbandonati dopo il 1989. A causa del processo di de-essicazione del lago, l’isola, che porta il nome di Vozrozhdeniye (che, ironicamente, in russo significa “rinascita”), è cresciuta fino a collegarsi con la terra ferma in modo stabile tra il 2000 ed il 2001 (vedere “l’evento” documentato sul sito Earth Observatory della NASA). Non è ancora ben chiaro il livello di contaminazione del terreno dell’ex-isola ma è certo che siamo di fronte ad una bomba ad orologeria ambientale con potenziale distruttivo incalcolabile. A concludere il quadro desolante aggiungiamo che i cambiamenti del microclima (con temperature fino a –35°C d’inverno e 50°C d’estate), causati dal venire meno della funzione regolatrice delle acque del lago, hanno accelerato il processo di evaporazione delle acque e rinforzato l’azione del vento che disperde i sali avvelenati sulle zone agricole circostanti. Nonostante tutto concludiamo questa rassegna con un barlume di ottimismo e speranza! Dal 1996 il bacino nord (Piccolo Aral) ha stabilizzato la sua superficie a causa del ritrovato afflusso delle acque del Sir-Dar’ja. Ed è proprio da questo bacino che giungono le uniche buone notizie: sulle rive del lago da qualche anno sono riapparsi pellicani e cormorani.

Luca Pietranera

Di seguito due testimonianze tratte dal sito: orizzontintorno.com

Noi ci siamo stati sull'Aral, mica a Paperopoli. Oddio, sull'Aral: si fa per dire, perché là non c'era un tubo. Acqua? Io non ho visto nemmeno le casse di minerale. Ho visto un bambino che beveva da una pozzanghera in mezzo alla strada, questo sì. E comunque è certo che sull'Aral piove poco e ho il sospetto che quel po' di pioggia sia pure contaminata da tutto il resto: avanzi di ddt, avanzi di esperimenti chimici e batteriologici, sale. Che altro? Noi ci siamo stati sull'Aral. Abbiamo scritto un libro su Asia Overland 2002 e all'Aral abbiamo dedicato una pagina, ma avremmo potuto scrivere un libro sull'Aral e dedicare una pagina al resto, anche. Perché l'Aral, io, ce l'ho ancora negli occhi. O meglio, non ce l'ho proprio: io non ho visto nulla. Ho visto un buco e molta sabbia. Mr. Usmanov mi ha detto che l'acqua in realtà c'è, a ben vedere, ma un po' più in là: cento chilometri più o meno. Ci si può andare in elicottero, volendo. Non so, ma questa cosa di volare su un avanzo arrugginito dell'era sovietica, sopra al fantasma di un mare prosciugato, a me sembra quasi una sfida alle leggi della sfiga. Altro che la mia paura di volare. Lasciamo perdere, eh, Mr. Usmanov? Ci credo e basta. Noi ci siamo stati "dentro" all'Aral. Abbiamo camminato sul fondo del mare. Avete mai provato a camminare sul fondo del mare? Sulle acque uno c'è riuscito e molti, dopo, hanno millantato di saperlo fare, ma camminare sul fondo del mare - senza maschera e pinne, ovvio - provateci a farlo, non è mica uno scherzo. Una cosa bisogna dirla: raccogliere le conchiglie è più facile così. Non che ce ne siano rimaste molte e, a dirla tutta, fa anche un po' senso raccogliere "quelle" conchiglie. Sai mai cosa stai toccando davvero...

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Dovessi dire, non saprei esattamente perché siamo andati all'Aral. Io volevo andarci perché qualcosa avevo letto, avevo visto in tv, avevo sentito dire. E poi che ne so, andiamo in tanti posti solo perché sono lì (citazione), e quindi tanto che siamo in zona perché no: chiamatela curiosità, turismo catastrofico, avventura, coscienza, chennesò. Comunque, tanto che eravamo in zona, abbiamo preferito l'Aral ad Osh, per fare un esempio. Se l'Aral non fosse quello che è oggi, probabilmente saremmo andati ad Osh. O tanto valeva andare sul Caspio. Ricordo bene quella strana sensazione nel venire via dal dopobomba: io mi sarei fermato, avrei voluto rimanere seduto su quella spiaggia - spiaggia? - ad aspettare il tramonto. Dormire a Moynaq, sentire di notte il vento contaminato dell'Aral che soffia attraverso le fessure di qualche avanzo di casa costruita in fondo al mondo. Così, per provare a capire cosa vuole dire, oggi, vivere sull'Aral.

Non è che adesso, qui, valga la pena riassumere per chi non lo sa cosa *non* c'è all'Aral, che è successo laggiù, riportare a galla (bè, "a galla" si fa per dire...) la storia degli ultimi quarant'anni di follia umana abbattutasi in mezzo alla già di per sè deprimente piattitudine dell'Asia Centrale. Internet è una miniera, anche per questo. Quello che è impossibile descrivere, spiegare, anche solo provare ad immaginare, è la dimensione. Il fatto è che tu te ne stai lì a Moynaq a camminare sul fondo del mare, davanti a pareti di arenaria che qualcuno ti racconta essere scogliere, hai capito bene, vagando in mezzo agli scheletri arrugginiti e surreali di navi arenate fra la sabbia e i cespugli: quello che avanza di una specie di porto spettrale. Il tuo sguardo può spaziare fino all'orizzonte, dove il cielo diventa bianco perché il vento salato e contaminato dell'Aral solleva ogni sorta di schifezza e la trasporta per centinaia di chilometri, ed è inquietante, certo. La tua curiosità è magari soddisfatta anche solo da tutto questo.

Ma il problema è che ciò che vedi non è affatto tutto questo. E' solo una milionesima parte, un francobollo in una biblioteca, 35mm di fotografia per un infinito panorama day after. La verità è che tu te ne stai lì a raccogliere conchiglie cercando di non toccarle troppo, ma di fronte a te la follia è infinita. Per centinaia di chilometri, centinaia di migliaia di chilometri quadrati.

I tuoi occhi non la inquadrano l'angoscia, la tua mente può forse intuirne la portata, ma non riesce a darle la dimensione, la scala reale.

Provaci con questa:

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L'avete aperta? Adesso fate due conti: ogni pixel dell'immagine è pari a un quadrato di 1km di lato. Voi siete un cinquecentesimo di ciascun punto. E siete a Moynaq, che più o meno si trova dove ho piazzato quel brufolo rosso: a molti, molti, molti punti di distanza da dove oggi inizia l'acqua. Acqua? Sì, quella schifezza verde. Oddio, non vi deprimete del tutto, il sensore del satellite ci mette il suo zampino nel colorare le cose, ma insomma, fa senso sì. A proposito: il mio punto rosso copre un'area di circa 10x10 km... Moynaq è molto più piccola. Dicevamo: siete dunque distanti dall'acqua molti punti, verso il basso dell'immagine, dalle parti del punto rosso. Perché siete lì? Bè, perché è lì che è la spiaggia. Ops: che era la spiaggia. E gli ombrelloni. E le cabine. E il porto, i pescatori, i bagnanti, i turisti, le conchiglie - vive, la vita. Era tutto lì, una volta. C'è ancora il cartello a ricordarlo: "Moynaq, stazione balneare". Non sopravvivono più a Moynaq, quei pochi che non sono riusciti a scappare, ma certo hanno il senso dell'umorismo. Nero. Ancora fate un po' fatica, vero? Io ho provato a contare i pixel. Un po' a spanne eh, tanto per farmi un'idea. La "pozza" più grande è lunga circa 250 km. Se ho capito bene, una volta, quando al posto di tutte quelle pozzanghere verdi c'era il quarto bacino chiuso al mondo, quell'unica "pozza" era più o meno circolare e aveva un diametro suppergiù di 400 km. In altre parole, copriva anche tutta quella regione che qui vi sembra grigio-biancastra. Biancastra? Sì. Sale. Solo sale, oggi. Sale per centinaia di chilometri. Chi ha la mia età ricorderà le cartine geografiche alle scuole elementari: non c'era mica quella roba lì, non era mica fatto così l'Aral. Io studiavo "c'è il Mar Caspio, ci sono i grandi laghi americani, c'è l'Aral...". Col cavolo. Un sacco di balle mi raccontavano. Non so se a Moynaq ci fossero le discoteche come a Rimini, ma di sicuro c'era lo stesso numero di bambini a fare il bagno, e molta più acqua. Molta è un eufemismo: un qualcosina tipo il 50% in più in superficie ed il 75% in volume. Si faceva lo struscio sul lungomare di Moynaq negli anni '50? Mah, non lo so mica se i russi si strusciano. Però pescare si pescava. E non c'era la mucillagine. Oggi sono scappati quasi tutti. Il vento bianco dell'Aral li insegue fino oltre Nukus, 200 km a sud est, e ancora per migliaia di chilometri quadrati. Deserto che avanza, sale, polveri chimiche, veleni. Per chi invece da Moynaq, e dalle zone circostanti, non è riuscito ad andarsene c'è solo una Chernobyl invisibile e sconosciuta a gran parte del resto del

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mondo. Moynaq è una città morta popolata da fantasmi. Dovete guidare per parecchie ore prima di avere il coraggio di respirare di nuovo a pieni polmoni. Fatto sta che all'Aral, e a Moynaq, ci siamo stati. Chissà se qualcuna delle mie amate t-shirt di cotone ha qualche relazione con quell'immagine. Cosa c'entrano le t-shirt? Le mie non lo so, quelle degli abitanti di Moynaq, loro malgrado, temo qualcosa. Viene da chiedersi se abbiano per caso provato a fermare il sidecar e quelle tre Zigulì arancioni che abbiamo visto arrancare per strada in paese. No perché, con le micropolveri in sospensione, pare che funzioni...

Altra testimonianza (sempre dal sito: orizzontintorno.com)

La tappa più inquietante e assurda del nostro viaggio inizia con una stupenda alba rosa e arancione sui minareti e le cupole verdi di Khiva. La sveglia è alle 6:00, si parte alle 7:30 com Mr. Usmanov e la sua Daewoo Nexia, destinazione Moynaq e il fantasma del Mare d'Aral. Attraversiamo inizialmente una lunga teoria di paesi e villaggi del Korezm, campi di cotone, fioriture lilla. Il terreno, man mano che si viaggia verso nord, inizia a diventare decisamente più salino. Mr. Usmanov è di poche parole, ma parla inglese, tedesco, russo e uzbeko, e conosce bene la storia del suo paese. Anche lui guida sempre sopra ai 100 km/h, con punte a 140, su queste strade asfaltate fra campi e villaggi, piene di buche, Zigulì di tutti i colori, sidecar improbabili e "trittori", come Emanuela ha ribattezzato i trattori a tre ruote. Dopo circa 100 km attraversiamo l'Amu Darya su un suggestivo ponte di barche arrugginite. Qui il fiume è ancora abbastanza grande, ma non come lo abbiamo visto prima di Khiva. Inoltre, qui dovremmo essere nella regione del "delta" dell'Amu Darya. Le tracce del disastro dell'Aral iniziano a fare le prime comparse. Entriamo nel Karakalpakstan e attraversiamo ora un'area desertica. E' come fra Bukhara e Khiva: viaggiando verso nord, deserto a destra dell'Amu Darya, campi di cotone e verde a sinistra. Costeggiamo la nuova ferrovia uzbeka che va verso Nukus, capitale del Karakalpakstan, senza attraversare la frontiera con il Turkmenistan. Qui la strada corre sempre vicinissima al confine, pur mantenendosi sempre in territorio uzbeko. Lunghissimi rettilinei di asfalto si perdono all'orizzonte in mezzo al deserto. Arriviamo a Nukus e ci fermiamo a fare benzina. O meglio, a "comprare" della benzina. A Nukus, infatti, non c'è benzina e i distributori sono chiusi. Mr. Usmanov cerca e trova la casa di un tipo che vende taniche di benzina, e lì "facciamo il pieno". Nukus è già micidiale. "Benvenuti nel regno della desolazione", recita la Lonely Planet. E Nukus è davvero spettrale. E' una vecchia e fatiscente città sovietica, in culo al mondo, polverosa e spazzata dai venti salati dell'Aral. Grandi casermoni di cemento in pezzi, vie piene di buche larghissime, poca gente in giro. Avanzi di industrie, rottami arrugginiti. Cielo cobalto, sembra quasi radioattivo. In effetti i sovietici facevano qui esperimenti su armi chimiche e batteriologiche... Insomma, un bel posticino... Oggi la giornata, pur senza una nuvola come al solito, è freddina. Primo giorno di autunno, la nostra terza stagione in viaggio. L'autunno si fa sentire davvero, l'aria è frizzante.

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Oltrepassata Nukus, ci aspettano 220 km verso Moynaq, in quella che fino agli anni '60 era una regione assai sviluppata. Oggi la tragedia dell'Aral è sempre più visibile man mano che ci si avvicina. E le proporzioni sono ben oltre quello che ci si può immaginare leggendo i libri e gli articoli in proposito. La strada corre attraverso una strana campagna deserta e desolata, in parte incolta, in parte paludosa, in parte decisamente salinizzata. Cespugli, bassa vegetazione, qualche albero. Nessun villaggio, qualche personaggio, cammelli e dromedari - insolitamente presenti entrambi - allo stato brado. E infine si arriva a Moynaq. Moynaq era un famoso porto sul Mare d'Aral, centro di pesca e balneare. Qui partivano i traghetti che attraversavano l'Aral fino ad Aralsk, oggi in Kazakhstan, più di 400 km a nord. Il Mare d'Aral era il quarto bacino chiuso al mondo per estensione. Oggi a Moynaq il mare non c'è più. E non c'è per almeno cinquanta, sessanta, forse cento chilometri. Impossibile saperlo. Al suo posto, il deserto. E il "buco". Il fondale a nudo, trasformato in una distesa arida e sabbiosa, cespugliosa, salmastra, che si perde all'infinito. Spaventoso. L'impiego massiccio delle acque dell'Amu Darya e del Syr Darya per l'irrigazione dei campi di cotone, fra gli anni '60 e '80, ha letteralmente svuotato il mare! Arrivare a Moynaq è quasi surreale, apocalittico. La strada corre sopraelevata su quello che una volta era un istmo. All'ingresso del paese un cartello paradossale: c'è scritto "Moynaq" e ci sono disegnati dei pesci. Sulle rive del "mare", scogliere dalle quali si "gode" una incredibile vista sul mare che non c'è, sul buco, sul deserto. Più avanti, lasciamo la macchina e camminiamo sul "fondale" di questo mare. Raggiungiamo gli scheletri di navi arrugginite e insabbiate. Questo "porto" fa davvero paura, è inquietante oltre ogni immaginazione. Oggi, al mare, o meglio, a ciò che ne è rimasto, non si arriva in alcun modo, se non in elicottero. Non c'è più vita laggiù. Le rive si sono ritirate in media di 80 km, un po' come se si prosciugasse l'Adriatico. Moynaq è un paese quasi fantasma. Sono rimaste poche persone, senza lavoro né null'altro. Moynaq è un posto spettrale. All'orizzonte il cielo è bianco: i venti che spazzano la piana dell'Aral sollevano sabbia e sale, e salinizzano il territorio per centinaia di chilometri, portando desertificazione, veleni e malattie. Il terreno è permeato di residui chimici utilizzati per decenni come DDT sui campi di cotone, per non dire che vaste zone dell'Aral interno erano probabilmente utilizzate come poligono per la sperimentazione di armi chimiche. Questo luogo è davvero impossibile da descrivere. Ripartiamo senza parole. Un poliziotto uzbeko si aggrega a noi quasi a forza. Impossibile rifiutargli la richiesta di un passaggio. Ce ne torniamo a Nukus, dove pernotteremo prima di attraversare domani la frontiera con il Turkmenistan. Nukus è davvero triste, come tutto l'Aral. Un bambino si lava e beve l'acqua di una pozzanghera... Casermoni di cemento in pezzi. Niente di niente in giro. Facciamo una passeggiata e ceniamo all'hotel. Sarà un caso ma, dopo un paio di giorni in cui stavo abbastanza bene, subito dopo cena mi prendono attacchi di stomaco e pancia micidiali. L'albergo non è all'altezza dell'Angara di Irkutsk, ma quasi. Davvero drab e triste. Questo viaggio nell'Aral e nel Karakalpakstan è davvero incredibile e surreale e, a modo proprio, anch'esso oltre le attese. Mr. Usmanov ci dà le ultime istruzioni e ci lascia con i nostri 80$ nelle sue mani. E con

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questa tappa finisce anche il nostro Uzbekistan. Qui, fra l'altro, finisce anche il nostro programma "originario". Fino a poco più di un mese fa, eravamo convinti che saremmo arrivati qui intorno a metà ottobre, e saremmo dovuti volare direttamente in Italia. Tutti i chilometri che faremo da domani saranno dunque "extra", e sarà una grande corsa. Questa camera è letteralmente piena di zanzare, una cosa mai vista! Zanzare mutanti dell'Aral? Più ci penso e più questa giornata è stata davvero incredibile, ai confini della realtà. Certo una delle giornate più "indimenticabili" di questo viaggio. Lo "spettacolo" - qui l'abbondanza di virgolette è d'obbligo - del buco dell'Aral non sarà facile da dimenticare (mi verrebbe da dire, "per fortuna!"). Avrei voluto fermarmi lì una giornata intera a "contemplare" la follia dell'uomo. Spaventoso, davvero... Altro documento, stessi dati… Il lago d’ Aral, detto anche mare di Aral per la salinità delle sue acque, che si trova nell’ Asia centrale e si estende nei territori delle repubbliche del Kazakistan e dell’Uzbekistan, era il quarto lago della terra per superficie : 68.000 kmq. Le sue acque ricche di vita costituivano un’importante risorsa per le popolazioni costiere, che in gran parte vivevano di pesca. Sulle rive venivano in villeggiatura i funzionari sovietici, che chiamavano l’Aral “Azzurro-azzurro” per la limpidezza cristallina delle acque. Il lago esercitava un’azione mitigatrice sul clima di una vasta regione. Negli ultimi 30 anni la sua superficie si è ridotta della metà; nello stesso periodo il volume delle sue acque è passato da 1100 a 460 m cubi e il livello si è abbassato di 16 m.

Dopo le serie di dati, lasciamo che siano le foto a parlare…

L’estensione del

lago nel 1977

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L’estensione nel 1995

Estensione nel

1999

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Estensione al novembre del 2000

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Estensione al dicembre 2001

A metà degli anni 60, infatti, il governo sovietico decise di destinare le aride terre dell’ Asia centrale alla coltura estensiva del cotone. In questa regione, caratterizzata da un clima caldo e secco, il cotone veniva coltivato e lavorato già da molto tempo; per intensificarne la produzione sarebbero state necessarie enormi quantità di acqua per l’irrigazione. I funzionari sovietici pensarono di risolvere il problema utilizzando le acque dei due principali immissari del lago di Aral, l’Amudar’ja e il Syrdar’ja: l’acqua dei due fiumi venne dunque deviata dagli alvei originari e fatta scorrere in centinaia di canali per irrigare la terra. La riduzione dell’ acqua ha fatto aumentare la salinità, determinando la scomparsa di gran parte del pesce e i venti che sollevano l’ acqua salata, hanno portato depositi salini su ampie superfici di terreno, rendendole sterili. Fu l’inizio di un disastro ecologico di proporzioni enormi. A causa della permeabilità del terreno sabbioso, infatti, gran parte dell’ acqua si disperdeva nel terreno prima di giungere ai campi di cotone. La drastica riduzione di volume ha fatto perdere all’Aral anche la sua funzione moderatrice sul clima : le estati sono diventate più calde, gli inverni più freddi e la piovosità è diminuita.

Data la forte evaporazione dovuta quindi alle alte temperature, i livelli di salinità dell’acqua residua sono triplicati, causando la scomparsa di moltissime forme di vita. I centri di pesca Muynak in Uzbekistan e Aralsk in Kazakistan sono stati abbandonati agli inizi degli anni Ottanta e oggi distano quasi 100 Km dalla costa. Così molte famiglie che vivevano delle risorse del lago e dei suoi affluenti sono state costrette a immigrare e gli abitanti rimasti vivono in condizioni economiche e sanitarie sempre più precarie. Fin dagli anni Settanta si

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sono infatti diffuse alcune gravi malattie (cancro, malattie polmonari, della pelle e degli occhi, anemia ), mentre una quota crescente di bambini nasce deforme; in Uzbekistan il tasso di mortalità infantile è tra i più alti al mondo. Le zone un tempo occupate dalle acque sono oggi coperte da una spessa crosta biancastra fatta di sale e sostanze chimiche varie, soprattutto pesticidi e fertilizzanti utilizzati nelle coltivazioni di cotone.

foto dal sito siamoiblei.com/aral

Cimiteri di navi che arrugginiscono nella sabbia, là dove un tempo si pescava

foto dal sito siamoiblei.com/aral

Il fondo del mare di Aral, che si sta trasformando in deserto

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La realtà, in Asia Centrale, supera ogni immaginazione…

foto dal sito siamoiblei.com/aral

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Alcune pozze putride rappresentano i rimasugli dell’ex quarto lago più grande del mondo

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Altre immagini apocalittiche di flotte di pescherecci abbandonati…nella sabbia

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Nell’enorme spianate lasciata dal ritirarsi delle acque e punteggiata dai resti delle imbarcazioni, il sole brucia il terreno velenoso, contaminato da tonnellate e tonnellate di sale e pesticidi. Chi si avventura anche solo per breve tempo tra i rottami adagiatisi sul fondo del lago dovrebbe munirsi di maschera antigas, per evitare che le improvvise folate di vento, che solleva le polveri tossiche, irritino la pelle e gli occhi.

Sollevate dalle frequenti tempeste di sabbia, le polveri tossiche si spargono sugli abitati e sui campi anche a grande distanza. A ciò si aggiunge il fatto che dopo una serie di anni di ottimi raccolti, la produzione diminuì sensibilmente, si ridussero ulteriormente i posti di lavoro e la conseguente disoccupazione produsse notevoli tensioni sociali, in quanto gli abitanti delle rive dell' Aral vedono sconvolta la loro vita, e quei pescatori che erano rimasti hanno dovuto inventarsi un nuovo mestiere o andare definitivamente via. Alcune iniziative sono state studiate dall'ONU e dalla Banca Mondiale che ha finanziato il piano GEP per la creazione, intorno al lago, di una costellazione di "piscine": specchi d' acqua poco profondi che immobilizzano la polvere e creano microambienti naturali dove la flora e la fauna possono ricostituirsi. Questo progetto ha ottenuto alcuni importanti risultati soprattutto nei territori a sud dell' Aral, dove sono riprese alcune attività agricole e di pesca. Nel 1990 si tenne, inoltre, nell' Uzbekistan, una conferenza internazionale sotto l' egida del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente; in quell' occasione venne reso noto che l' intera regione circostante, con circa 3 milioni di abitanti, subiva le conseguenze di quello che fu definito un" disastro ecologico". Una soluzione complessiva sembra tuttavia impossibile, data l'urgenza, la complessità e l'altissimo costo degli interventi necessari . Così il Lago d'Aral si avvia a scomparire abbastanza rapidamente entro il 2010, secondo alcuni scienziati.

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Documento tratto dal sito: www.pollutedplaces.org

Queste informazioni trattano in maniera più specifica I problemi concernenti la salute della popolazione e l’inquinamento da pesticidi.

Up until the 1960’s, the Aral Sea was the world’s fourth-largest inland sea, covering an area of 66,000 sq. km. In a little over 40 years, uncontrolled irrigation has drained the sea; it is now less than one-half of its former geographical size and a third its former volume. At the current rate of decline, the Aral Sea is on the road to disappear completely by the year 2020.

Regional climate became more continental, shortening the growing season and causing some farmers to switch from cotton to rice, which demanded even more diverted water. The exposed area of former seabed was now over 28,000 square kilometers, from which winds picked up an estimated 43 million tons of sediments laced with salts and pesticides, with devastating health consequences for surrounding regions. These contaminated Aral dust storms have been reported as far away as the Arctic and Pakistan. Respiratory illnesses were particularly common, and throat cancers burgeoned. Regional vegetation loss may have increased albedo, possible reducing precipitation. These developing problems had not gone unnoticed during the Soviet era. The solution devised was characteristic of Soviet planners: the waters of Siberia's Ob River were to be diverted southward, so that they would flow to Central Asia rather than the Arctic. Mikhail Gorbachev's glasnost put an end to this scheme, as the Soviet populace became aware of ecological disasters, and began to have the freedom to petition and protest. In 1988, the Soviet Central Committee decreed that cotton growing was to be reduced, so that the Aral Sea could receive water in gradually increasing amounts through 2005. There was some reduction in water diversion as a result. The dissolution of the Soviet Union at the end of 1991 ended any such central authority; the Aral crisis was now in the hands of the five Central Asian nations.

This degradation has been disastrous for the estimated 34 million people in the Aral basin, which includes portions of Uzbekistan, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan and Turkmenistan. Former fishing villages are now more than 70 km away from the sea shore, leaving boats and livelihoods stranded. Human health has also suffered; doctors in the region say the pesticide- and salt-laden dust has led to higher than normal rates of tuberculosis, death from childhood respiratory diseases and other ailments.

The Aral Sea is located in southwest Kazakhstan and northwest Uzbekistan, east of the Caspian Sea. Two rivers feed into it, the Amu Darya and the Syr Darya, both of which are important for agriculture in the Aral basin. An ambitious agricultural and irrigation project begun during the Soviet era overexploited the sea's water resources and covered the area with pesticides, most notably DDT and hexachlorocyclohexane (HCH). Contaminated dust from windstorms over the Aral Sea have been reported from as far away as the Arctic and Pakistan.

When the Aral Sea began to shrink, a desert—contaminated with high concentrations of salt and pesticides—was created. The drinking water in the Aral region contains four times more salt than the World Health Organization recommends. The dust from the Aral Sea bed has been reported to contain 0.5 to 1.5 percent salt plus pesticides, fertilizers, industrial sewage and municipal sewage.

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In January 2000, the Unesco Courier printed an interview with a director from a hospital near the Aral Sea in Kazakhstan. The director reported a marked increase in miscarriages, stillborns and handicapped children born in the area. An increase in the incidence of the following diseases is believed to be a result of the environmental toxins in the Aral Sea basin: thyroid disease, kidney disease, liver disease, anemia, TB, parasites, typhus, hepatitis, oncological diseases, asthma, heart disease and diseases of the blood.

A chronic lack of water treatment plants in the region has added to the problem. Communal water systems do not meet health standards and much of the population in Uzbekistan must drink water straight from contaminated irrigation ditches, canals or the Amu Darya itself. The Uzbek Ministry of Environment has estimated that half the country’s population lives in regions where the water is severely polluted. The government of Uzbekistan estimated in 1995 that only 230 of the country’s 8000 industrial enterprises were following pollution control standards.

A report on the State of Environment of the Aral Sea Basin has reported that 20 to 30 million tons of pesticide and salt-laden dust from the dry Aral Sea bed are blown into the atmosphere each year. The respiratory disease child death rate in Uzbekistan in 1997 was estimated to be 131.06 per 100,000 children and 46 per 100,000 in Kazakhstan, compared to a rate of 40.43 per 100,000 in the United States. A study of particulate matter in the Aral Region by a team from the University of Washington got underway in the Spring of 2004. Results of that study should be helpful as current data on the toxicity levels of the soil, air or water are difficult to locate.

According to data from the Republican Agricultural Services, soil surveys in the Aral Region in 1988 indicated the soil in Uzbekistan and Kazakhstan contained DDT and HCH in amounts many more times the maximum permissible concentrations allowed by the Soviet Union—0.1 mg/kg.

HCH, a pesticide banned or severly restricted in more than 60 countries is one common toxin found in the soil of the Aral region. In a test of the soil of the Aral region in 1988, 0.18 milligrams of HCH per kilogram were found in Uzbekistan and 0.07 milligrams of HCH per kilogram were found in Kazakhstan. The World Health Organization listed the acceptable daily intake for HCH in 1989 as 0.008 milligrams per kilogram of bodyweight. In the U.S. between 1982 and 1984, the estimated average daily intake was less than 0.1 to 0.4 nanograms per kilogram of bodyweight. Symptoms of overexposure to HCH include blood disorders, dizziness, seizures, headaches, changes in levels of sex hormones in the blood, effects on the liver and kidneys and a reduced ability to fight infection. The U.S. Department of Health & Human Services has specified HCH as a possible human carcinogen.

DDT, another widely banned pesticide, was used in the Aral region at a rate 27 to 46 times higher than maximum permissible concentrations allowed under U.S.S.R. regulations until 1982. Symptoms of overexposure to DDT include adverse effects to the nervous system, the immune system, headaches, nausea, convulsions and increased activity of liver enzymes. The current use of other pesticides and fertilizers in the Aral region is estimated to be 10 to 15 times higher than maximum permissible concentrations. In a test of the soil of the Aral region in 1988, 3.70 milligrams of DDT per kilogram were found in Uzbekistan and 0.10 milligrams in Kazakhstan. In 2000, the World Health Organization issued a provisional tolerable daily intake amount for DDT at 0.01 milligrams per kilogram of

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bodyweight. In the United States in 1986, the estimated daily intake of DDT was 0.019 grams per kilogram of bodyweight.

Site Progress

The United Nations has estimated that it will cost around $275 billion to return the Aral Sea to its former size. The World Bank has been involved in the Aral Region since 1982. It supports a variety of programs addressing environmental and health issues. Agencies involved in assessments of the damage in the region have been the United Nations, UNESCO and the European Union.

Factors which contribute to the environmental problems in the Aral region are: lack of law enforcement regarding heavy polluters, inconsistent government economic and environmental planning, corruption and little tolerance by the government of Uzbekistan for grass roots activity. Additional problems are the lack of cooperation among countries in the region and the immense cost required to solve a problem of this magnitude.

(Teresa Bush-Chavey)

Documento tratto dal sito: www.atsdr.cdc.gov Alcune informazioni sul pesticida HCH

Hexachlorocyclohexane

This fact sheet answers the most frequently asked health questions about hexachlorocyclohexanes.

HIGHLIGHTS: Exposure to hexachlorocyclohexane (HCH) happens mostly from eating contaminated food or by breathing contaminated air in the workplace. Exposure to high levels of HCH can cause blood disorders, dizziness, headaches, seizures, and changes in the levels of sex hormones. HCH has caused cancer in animals. What is hexachlorocyclohexane? Hexachlorocyclohexane (HCH) is a manufactured chemical that exists in eight chemical forms called isomers. One of these forms, gamma-HCH (or γ-HCH, commonly called lindane) is produced and used as an insecticide on fruit, vegetables, and forest crops. It is a white solid that may evaporate into the air as a colorless vapor with a slightly musty odor. It is also available as a prescription (lotion, cream, or shampoo) to treat head and body lice, and scabies. Lindane has not been produced in the United States since 1976, but is imported for insecticide use.

What happens to hexachlorocyclohexane when it enters the environment?

• The components of technical-grade HCH have been found in soil and surface waters near hazardous waste sites.

• In the air, the different forms of HCH can exist as a vapor or attached to small particles such

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as soil and dust. The particles may be removed from the air by rain or degraded by other compounds in the atmosphere.

• HCH can remain in the air for long periods of time and travel great distances. • In soil, sediments, and water, HCH is broken down to less toxic substances by algae, fungi,

and bacteria, but this process can take a long time. • HCH can accumulate in the fatty tissue of fish.

How can hexachlorocyclohexane affect my health? Some people who breathed contaminated workplace air during manufacturing of pesticides, including γ-HCH, had blood disorders, dizziness, headaches, and changes in the levels of sex hormones. Some people who swallowed large amounts had seizures and sometimes died.

Animals fed γ and α HCH have had convulsions, and animals fed β HCH have become comatose. All isomers can produce liver and kidney effects. Reduced ability to fight infection was reported in animals fed γ-HCH, and injury to the ovaries and testes was reported in animals given γ-HCH or β-HCH.

How likely is hexachlorocyclohexanes to cause cancer? Long-term oral administration of α-HCH, β-HCH, γ-HCH, or technical-grade HCH to laboratory rodents produced liver cancer. The Department of Health and Human Services (DHHS) has determined that HCH (all isomers) may reasonably be anticipated to cause cancer in humans. The International Agency for Research on Cancer (IARC) has classified HCH (all isomers) as possibly carcinogenic to humans. The EPA has determined that there is suggestive evidence that lindane (γ-HCH) is carcinogenic, but the evidence is not sufficient to assess its human carcinogenic potential. The EPA has additionally classified technical HCH and α-HCH as probable human carcinogens, β-HCH as a possible human carcinogen, and δ and ε-HCH as not classifiable as to human carcinogenicity.

How can hexachlorocyclohexane affect children? The most likely source of exposure for children is from the use of shampoos and lotions containing HCH for the treatment of lice. HCH has also been found as a residue in food products.

Health effects observed in adults should also be of potential concern in children. Children can experience convulsions from exposure to ·-HCH. Accidentally eating high amounts of ·-HCH can kill a child. We do not know whether children are more susceptible than adults to health effects from exposure to ·-HCH. However, a study performed on rabbits showed that young animals had higher death rates and greater sensitivity than adults when ·-HCH was applied to the skin.

We do not know whether HCH causes birth defects in humans. Technical grade and ·-HCH do not cause serious birth defects in animals. HCH has been shown to cross the placenta in pregnant women. HCH has been detected in human breast milk, suggesting that it can be transferred to infants from women who nurse.

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Documento tratto dal sito: http://enrin.grida.no/aral/aralsea/index.htm

Altra analisi, riguardante soprattutto tutte le serie di conseguenze del disastro di Aral.

"Previous generations have always been anxious about the future, but we are the first who decide if the Earth inherited by our children will be inhabited". Lester Brown, USA.

"The Aral crisis is the brightest example of the ecological problem with serious social and economic consequences, directly or indirectly connected with all the states of Central Asia. Critical situation caused by the Aral Sea drying off was the result of agrarian economy tendency on the basis of irrigated agriculture development and volume growth of irrevocable water consumption for irrigation". Conference of the Central Asian region ministers. States of Central Asia: Environment Assessment. Aarhus, Denmark, 1998.

Central Asia (territory is 1.7 mln. sq.km) is situated in the mid-part of Euroasia at the crossroad of ancient caravan routes between Europe and Asia, Middle and Far East and mainly coincides with the geographical borders of the Aral Sea, completely including territories of Tadjikistan, Uzbekistan, a large part of Turkmenistan, Kyrgyzstan and the south of Kazakhstan.

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As one of the most ancient centres of world civilization, this region has vast territories of arid and semiarid zones(1 mln.sq.km) with only 5% of densely populated oases. The basin is inner water body of the dischargeless Aral Sea which was the fourth largest inland lake in the world before 1960. The dependence of the Central Asian civilization's development of water resources dates back to ancient times. Water and irrigation have always been the basis of life, the development of every living thing, and the main component of nature in the region.

By the beginning of the 20th century, 7-8 million people lived in the region. Irrigated lands made up about 3.5 million hectares and had irrigation networks of different levels. It was the foundation of society's economic base. At present the population of the region has increased 7 times, exceeding 50 million people (54.2 million people in 1997). Irrigated lands had doubled (7.5-7.9 milllion hectares).

History On the basis of geographical and archeological research it was established that the Aral Sea has had periodical changes of its water area, i.e. expansions are followed by withdrawals. This was brought about by climate change and changes in the state of the environment in the region. With the development of land use, anthropogenic factors affected the natural periods of sea fluctuations changing flows of the SyrDarya and AmuDarya. This is especially explicit in the present.

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Evolution of periodic fluctuations of the Aral sea water territory during 10000 BC - 1990 AD

The beginning of irrigated agriculture in the region dates back to the 6th-7th centuries B C and coincides with flourishing the most ancient

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Today the Aral and surrounding territories are world-known for ecological disasters attributed mainly to anthropogenous factors. The growth in water consumption connected to cultivation of new irrigated territories, where mainly cotton and rice are grown, together with the increase in the population working in agriculture, the flow of water to the sea from the two major river systems -the AmuDarya and SyrDarya - completely stopped.

In spite of intensive glacier melting which should have led to increase of territory of the Aral Sea, during last 25 years disastrous reduction of the largest inland water body takes place.

The Aral Sea degradation The Aral Sea is the largest inland body of salty reservoirs in the world. Situated in the centre of the Central Asian deserts at an altitude of 53 metres above the sea level, the Aral Sea functions as a gigantic evaporator. About 60 km2 of water

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and provided normal functioning of artesian wells etc. Ecological balance in the basin was formed in the first half of the 20th century and was stable up to the beginning of the 1960's, with a volume of 1,064 kmі, and a water territory of 66.4 thousand kmІ.

Because of irrevocable removal of river water on irrigated territories, ecological balance began to decline.

Only half of the previous river runoff reached the Aral Sea. But even this quantity of water was not sufficient to support sea level at 53 m. Large-scale photos of the

Aral Sea see here 1973, 1987, 1996, 1997 гг.

During the last 35 years, from 1960 to 1995, the sea received less than 1,000 km3 of river water, which led to the lowering of the sea level by 17 m, accompanied by a reduction of the volume of the water area by 75%.

As a result of the complete stop of the AmuDarya and SyrDarya runoff andexpansion of irrigated territories without any control of the Aral Sea and environmental needs, a serious complex of ecological, social and economic problems was formed in the Pre-Aral area. These problems by origin and level of consequences have an international character. The sea has lost its fishery and transport importance. It was divided into two parts, the Bolshoi and the Maly (Northern) Aral, and moved 100-150 km away from the original shore

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From exposed salty bed (35 thousand kmІ) up to 100 million tons of salty dust flew out annually. Suspended solids in the form of aerosols with agricultural pesticides, fertilizers and other harmful components of industrial and municipal wastes prevail in the composition of the winds.

Development of ecological crisis in the basin of the Aral Sea (1966-1996)

Units of measurement 1966 1976 1996 2000

Territory of "new" salty desert appeared as a result of the sea

drying off. sq. km. No 130200 38000 42000

Physical mass of salt, dust and wastes within salty desert mln ton. No 500 2300 3300

Territory of salt and dust spread

thousand sq. km

No (in fact,mitigate

and favourable impact of

the Aral sea on territory

68900sq.km)

100-150

250-300

400-450

Growth of withdrawal and fall out of salts and dust kg/hect No 100-

200 500-700

700-1100

Population in the zone of ecological crisis

thousand people No 500-

600 3000-3500

3500-7000

Due to the reduction in the sea dimensions, and the increase in evaporation and drainage-collecting water, water salinity considerably increased from 9.94 g/litre in 1965, to about 15 g/litre in 1996.

During the last 3-4 years as a result of abundant water and some measures on rational use of water resources, practical level lowering was reduced, and even tendency to growth is observed in the" Maly" Aral sea.

Impact on climate regime

Sharp continental climate is a feature of the Pre-Aral area climate.

During the the last 5-10 years the drying off of the Aral Sea, brought about noticeable changes in climate conditions. In the past the Aral was considered a regulator mitigating cold winds from Siberia and reducing the summer heat. Climate changes have led to a dryer and shorter summer inthe region, and longer and colder winters. The vegetative

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season has been reduced to 170 days. The pasture productivity has decreased by a half, and meadow vegetation destruction has decreased meadow productivity 10 times. On the shores of the Aral Sea precipitation was reduced several times. Average precipitation magnitude is 150-200 mm with considerable seasonal ununiformity.

High evaporation (up to 1700 mm per year) is marked while air moisture is reduced by 10%. Air temperature during winters has fallen, and summer temperatures have increased by 2-3 degrees C, including observations of 49 degrees C.

Frequent occurence of long dust storms and ground winds is characteristic feature of the Pre-Aral area climate. Strong winds often blow in the region. They are the most intensive on the western coast - with perhaps more than 50 days of storms per year. Maximum wind velocity reaches 20-25 m/s.

These climatic conditions defined that agriculture without irrigation is impossible. The result is intensive accumulation of salt in the soil leading to water use for watering plants and washing off lands.

Impact on soil structure

Most of the sands and soils in the Pre-Aral area are light and easily transported by wind.

The drying off of the Aral Sea resulted in two different kinds of desertification. The newly dried sea bed, and the artificial water logging of irrigated lands. As a result, a new desert "Aralkum" appeared in the centre of the great deserts. It is solid salt-marsh consisting of finely-dispersed sea depositions and remnants of mineral deposits, washed away from irrigated fields.

A new qualitative phase of desertification affecting the Pre-Aral ecosystem degradation, regional and global climate, mountainous flow-forming systems and water-salty regime of agricultural zone takes

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expense of rich sea hydrobiocenose activity, is an artificial anthropogenous volcano, throwing tremendous masses of salt and finely-dispersed dust into the atmosphere. Pollution is increased because the Aral Sea is locatedalong a powerful air stream running from west to east. It contributes to aerosol transference into upper layers and fast spread in the atmosphere of the Earth. That is why traces of pesticides from the Aral region were found in the blood of penguins in the Antarctic, and typical Aral dust has been found on Greenland's glaciers, in Norway's forests, and Byelorussia's fields, all situated thousands of kilometers away from Central Asia.

Impact on cryosphere

One of the dangerous consequences of the drying off of the Aral Sea, is the increasing degradation of mountainous glaciers of the Himalaias, Pamir, Tien-Shan, and Altay, feeding the SyrDarya and AmuDarya.

The increase of dust on glacier surfaces and mineralization of precipitation on them lead to intensive melting of glaciers. At present, 1081 glaciers have disappeared in the Pamir-Altay area , 71 glaciers in the Zaili Alatau area, and the volume of glaciers in Akshirak has been sharply reduced.

On average, valley glaciers in the Tien-Shan area retreat 7.5-13.1 m per year and grow thicker at the same time. This is a dangerous process for a dry region, because in Central Asia, mountainous glaciers are the only ancient remaining storage of fresh water supply and are the main atmospheric moisture condensators of the region.

If the cover of moraine depositions increase, they no longer will be moisture condensators and sharp reduction of the river flow

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will start.

Impact on inhabitation sphere

The Aral disaster has deteriorated the sphere of inhabitation of the region sharply, due to polluting of the atmosphere, the drinking water and the soil.

An evaluation of the field withdrawal from the dry parts of the Aral Sea bed shows that this magnitude varies from several hundred thousand tons to 20-30 million tons per year. In the composition of dust cloud suspended solids in the form of aerosols with agricultural pesticides, fertilizers and other harmful components of industrial and municipal sewage prevail. Salt content makes up 0.5-1.5%. Sand-and-salt aerosol effects on oasis soils and pastures are predominantly negative. Replacing multilayer herbage by single-layer, reduces the quantity of useful feeding plants, and often plants that have no feeding value are cultivated.

Two million hectares of fertile lands disappeared as a result of overwatering and as a result of fast rise of ground water they got polluted for the second time.

Today these lands are either water logged or salinized. Former arid soils of the Pre-Aral area with automorphic feed and moisture regime became meadow-swamp soils with hydromorphic regime. To support this regime artificially it is necessary to raise standards by 2-3 times, in order not to activate the secondary salinization process. A vicious circle of agriculture was formed in this region, where heavy swamped lands are left.

The land-improvement condition of irrigated soils in Central Asia is worsened by collective-drainage water saturated with pesticides and discharged as return runoff into numerous local landscape depressions. As a result, artificial reservoirs-accumulators appear. These reservoirs are a real disaster for surrounding lands. Some of them cause secondary pollution when poisonous bed depositions become dry and are brought on irrigated lands, ruin them and pollute the atmosphere in the surrounding regions.

The most spread pollutants in the Aral Sea are: oil hydrocarbons, phenols, synthetic surface-active substances (SSAS), chlororganic pesticides (COP), heavy metals and minerals. The abundant use of pesticides with high physiological reaction (B-58, metaphos, corotan, butiphos, hexachloran, lindan, DDT etc.) poses a tremendous threat to living organisms. Reservoirs carrying water with undecayed compounds of heavy metals and chlororganic pesticides, led to the destruction of fishery, the appearance of cancerogenic diseases, and changes in

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citogenetic indices.

The maximum pollution level by oil hydrocarbons in 1970 was 54 MPC (maximum permissible concentration) in the Maly Aral (MPC=0.05 mg/dmі), and 80 MPC in the Bolshoi Aral. Since 1978 the tendency to oil hydrocarbons pollution stabilization at the level of MPC is marked. Phenols made up 28 MPC (MPC=0.001 mg/dmі)in the Maly Aral, and 63 MPC in the Bolshoi Aral. At present there is no information about phenol pollution because observations have been stopped. Concentrations of SSAS and heavy metals do not exceed MPC.

Salinization increased from 10 g/l to 40-50 g/l because of lack of fresh water inflow.

Impact on biodiversity

In the past the uniqueness of the Aral Sea contributed to richness and diversity of the biota which could be compared with Africa. The Pre-Aral area possessed half of the biological species of the former USSR, many of these, however, have disappeared or are threatened. There were 500 kinds of birds, 200 species of mammals and 100 species of fishes, thousands of insects and invertebrates.

Before 1960 the river deltas were home to over 70 kinds of mammals and 319 types of birds. At present only 32 kinds of mammals and 160 types of birds remain. In lowstreams of the SyrDarya River, more than 100 thousand hectares of alluvial soils became salt-marsh, and more than 500 thousand hectares of swamp and medow-swamp soil became dry. This resulted in

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the transformation and destruction 5-7 kinds of herbs needed for fodder for sheep, horses, camels and goats. Diseases and death of cattle began, musk-rats cultivation stopped, and sheep live-stock decreased sharply.

The regional flora is impressive and includes 1,200 flowers, 560 types of tugai forests of which 29 are endemic to Central Asia. The flora of the Aral-Sea coast includes 423 kinds of plants of 44 families and 180 genera. The highest diversity of sand vegetation is concentrated on the former islands of the western coast. The dry strip of the Aral is characterized by lower diversity in comparison with the coast. Among them are 30 species which are valuable fodder plants, 31 kinds of weeds, and more than 60 kinds of local flora are potential phytomeliorants for dried coasts. The change in water balance caused mineralization of the water in the Aral Sea basin, which led to the loss of unique biocenosis and a number of endemic species of animals.

Inflow reduction into the Aral caused irreversible changes of hydrological and hydrochemical sea regimes and hydrosystems. Salt balance changes increased the sea salinity 3 times, transforming it into a desert. The formerly flourishing sea ecosystem supported 24 species of fishe that are disappearing. These include carp, perch, sturgeon, salmon, sheat-fish and spike. There were 20 kinds of fish in it, but fishery was based mainly on bream, sazan, aral roach (vobla). Barbel and white-eye fish were caught in the Aral Sea.

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The first signs of the negative impacts of salinization on ichtyofauna of the Aral Sea, appeared in the mid 1960's when salinity reached 12-14%. On shallow water the salinity of water increased faster than in the open parts of the sea, negatively affecting spawning places. By 1971 the average salinity exceeded 15% and resulted in the destruction of fish spawn. Since 1971 the average salinity has reached 12% in the open part of sea, and the first signs of negative impact on fish have appeared. Some kinds of fish have slowed their growth, and the number of fish has been sharply reduced. By the mid 1970's average salinity of the sea exceeded 14%, and the natural reproduction of the Aral fish was completely destructed. In the late 1970s several species of fish did not reproduce at all. By 1980 salinity exceeded 18%.

The Aral Sea has lost its fishery completely. Of the ichtiofauna of the Aral Sea, only aboriginal species - pricles and acclimatizers - bullheads and sprats are left. In the estuaries of the SyrDarya and AmuDarya grown up fishes were caught occasionally. The researchers of the Aral department of the Kazakh Research Institute of Fishery in the 70's collected eurigaline and saltloving kinds of fish. They conducted experiments with Caspian sturgeons, Kurine salmon, Asov and Black sea plaice-glossa and plaice-kalkan. The most promising were the experiments with plaice-glossa having ecological plasticity, spawned at the places with 17% to 60% of salinity, at present its catch makes up 30% of the total number. Plaice quality is very high, and Dutch research showed that there are no traces of pesticides and heavy metals in them.

Impact on ecosystems

The Pre-Aral area is characterized by a complex spatial structure of ecosystems. These are influenced by the physical and geographical conditions of the region, the consequences of its economic utilisation during many centuries, and the active influence of modern anthropogenous processes. Pre-Aral ecosystems are developing in extreme conditions of desert. The factors limiting biota development were established by nature itself. The Pre-Aral area has suffered from anthropogenous processes for a long time, both regionally and locally. Anthropogenous impacts have caused transformations of natural ecosystems which finally led to dramatic changes and degradation.

The ecosystems of delta valleys have been transformed greatly by agricultural land use for many centuries. Irrigated or cultivated fields, rice fields and non-cultivated agricultural lands which are characterized by different stages of soil and

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vegetation cover rehabilitation, are singled out. The following anthropogenic factors that brought about changes in the ecosystems should be considered according to their significance: pastures, land-use, agriculture, transport, city, rural, military objects, hydrotechnical (artificial reservoirs, dams, canals, sewage accumulators), and cattle-breeding.

Impact on the social and economic spheres

The process of degradation in the Aral region caused progressive crises in the social and economic spheres. The primary victims of the crises were the most vulnerable layers of population, namely children, women, ill-paid inhabitants of cities and rural areas. The region has the highest child mortality rate in the former USSR (75 children per 1000 newly born), high level of maternity death: about 120 women per 10,000 births. Diseases such as TB, infections and parasites, typhus, hepatite, paratyphoid always accompany poverty.

The disease rate has a tendency to increase. In the epicentre of ecological disaster, anemia, disfunction of thyroid the gland, kidney and liver diseases are wide spread. Blood, oncological diseases, asthma and heart diseases are progressing. Medical research proves that the incidence and growth of these diseases are directly dependent on ecological disaster.

Neutralization of the Aral crisis

Since the 1980's the cultivation of new large irrigated areas was banned and large-scale water resources projects have been introduced. At the same time measures to improve living conditions in the Pre-Aral area have been adopted at the expense of the construction of health-protection objects, water-supply, gasification, improved social care, and the watering of the AmuDarya and SyrDarya deltas. As a result 10.3mі and 12.56 mі went into the Pre-Aral area in 1995 and 1996 respectively. The AmuDarya River delta recieved 5.1 mі in 1995 and 7.46mі in 1996. This water was stored in artificial reservoirs in the AmuDarya delta, preventing desertification in the Pre-Aral area.

The first attempt to create the Maly Aral took place 1992, when the "Karateren-Kokaral" was constructed. But it collapsed in 1993 as a result of an increase of the water level. It was however restored.

crosspiece "Karateren-Kokaral"

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The crosspiece divided the Aral Sea into two parts: the Bolshoi Aral and the Maly Aral. The SyrDarya waterflows into the Maly Aral and slowly filled its dry bed. The water level rose by 1.5 m, and the growth of salinity stopped at the level of 5 g/l. The water came to the city Aralsk covering a distance of 10 km. The first signs of improvement in the ecological situation appeared: It rained more often, vegetation cover rehabilitation took place in the coastal area, the level of sea water salinity was reduced in a new-born reservoir, giving the opportunity of fresh fish supplies.

In 1999 this crosspiece was destroyed. Sources:

• National report: "On the environment state and use of natural resources in the Republic of Uzbekistan". State Committee on Nature protection of Uzbekistan. Tashkent, 1998.

• K.Isentaev. "Geological structure and perspectives of oil and gas reserves of the Aral Sea". Workshop report. Almaty, 1997.

• Ministerial conference of the Central Asia. "Assessment of the environment". Aarhus, Denmark, 1998.

• J.Mahambetova. "Non-government union "Aral tenizi". Aralsk, 1999.

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Documento tratto dal quotidiano “il manifesto” del 14 dicembre 2003

INTERVISTA

«Rifaremo un mare. Per noi»

ANNA MARIA MERLO,

Serikbai Nurgisaev è governatore della provincia di Kyzyl-Orda, la regione del mare di Aral, in Kazakhstan, che comprende la parte nord di quello che cent'anni fa era il quarto lago del mondo per ordine di grandezza, che ancora nel `60 aveva una profondità di 53 metri e che oggi, ristretto a due terzi della superficie di un tempo, ne ha meno di 30 nei punti più alti. Nurgisaev è stato a Parigi per presentare il progetto di diga per salvare la parte nord del mare di Aral, i cui lavori dovrebero concludersi nel 2006. Del mare di Aral si parla come della «catastrofe ecologica del secolo», causata da un piano di costruzione di canali per l'irrigazione, per facilitare la coltura idrofila del riso e del cotone, costruiti dall'Urss dagli anni `50. Dal `91 il Kazakhstan è indipendente. «Aral è fonte delle nostre disgrazie e delle nostre speranze», riassume con ottimismo Nurgisaev. Quale è la situazione oggi? Il prosciugamento del mare di Aral è stato causato dall'agricoltura intensiva. Il clima è cambiato. C'è un'accumulazione di sale sul fondo secco e milioni di tonnellate di sale, di polvere, rimontano quando i venti violenti lo trasportano per migliaia di chilometri. 200 speci vegetali e animali sono state distrutte. Questo ha causato crescita della disoccupazione e, di conseguenza, in molti sono stati spinti ad emigrare. Ma dal `97 esiste una legge di protezione dell'ambiente e una di protezione sociale per la popolazione. Il Kazakhstan, dopo il crollo di una prima diga nel `99, ha deciso di costruirne una più grande, per salvare la parte nord del Mare di Aral, dopo che il lago nel `98 si è diviso in due parti. Un Fondo internazionale per il risanamento del mare di Aral è stato costituito a partire dal `93. Cosa prevede questo progetto? Oggi, con 85 milioni di dollari stanziati, con l'aiuto della Banca mondiale, è in costruzione un progetto globale: regolare il corso del Syr-Daria per aumentare l'apporto di acqua alla parte nord senza danneggiare le contivazioni di riso. Il progetto permetterà di ridare vita al mare. E' in costruzione una diga tra la parte nord e la parte sud del mare di Aral. Cosa ne pensano in Uzbekistan, dove c'è il grosso della parte sud? Tutti i presidenti dei paesi che hanno interessi nel mare di Aral si sono concertati nel settembre 2003 prima che iniziassero i lavori. L'Uzbekistan è interessato al progetto, perché la diga permetterà di far defluire fino a 300 metri cubi di acqua al secondo verso questo paese. Bisogna dire che gli uzbeki sono un po' invidiosi dei mezzi di cui disponiamo per il nostro progetto. Loro non possono permettersi una cosa simile, a causa della situazione economica. Quando noi avremmo raggiunto i 42 metri di altezza della diga, l'acqua potrà passare in Uzbekistan. Loro stanno studiando nei particolari il nostro progetto e potranno fare lo stesso sull'Amu Daria, quando riusciranno a riunire i finanziamenti. Nel mare di Aral c'era una volta un'isola, che adesso è collegata alla terraferma, dove i sovietici hanno abbandonato laboratori per la guerra chimica e

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batteriologica. Come fate i conti con questo inquinamento? In Kazakhstan abbiamo problemi con i pesticidi, ma oggi siamo sulla strada della soluzione di questa questione. Per quanto riguarda l'isola, essa si trova in Uzbekistan. Ma oggi l'Uzbekistan si è alleato con gli Usa, ed è con loro che stanno studiando come risolvere il problema. Noi non sappiamo bene cosa facciano. Per quanto mi riguarda, posso dire che il Kazakhstan lavora alla questione, ha inviato una spedizione scientifica sull'isola per due mesi. Sono stati fatti esperimenti con piccoli animali, analisi dell'acqua e della terra. Per il momento, non c'è nulla di definitivo. C'è un istituto che lavora su questi temi in Kazakhstan e che dovrà fare un bilancio. C'è bisogno di tempo. Che insegnamenti si possono trarre dalla scoperta archeologica che è stata fatta nella parte prosciugata del mare di Aral? Nel letto di Aral sono state scoperte tracce di abitanti, sculture che risalgono al IX-XIII secolo. Sono stati trovati i famosi scheletri lunghi due metri. Quando la ricerca sarà più avanzata, potremmo fare dei paragoni con la situazione attuale. In altri termini: c'è un ciclo del livello del mare di Aral, che a quei tempi doveva essere prosciugato? E se questo ciclo esiste, continuerà? Potrebbe essere appurato che esiste un ciclo di risalita-prosciugamento. Ipotesi largamente fantasiosa, perlomeno nelle dimensioni che si sono registrate negli ultimi decenni. Infatti in cosi poco tempo una variazione di tale portata non ha assolutamente nulla di “naturale” (ndr).

Strisce di sale bianco che avvelenano ovunque il terreno Si pensa che ben il 10% della polvere terrestre provenga dalla regione dell’Aral

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Vozrozhdenie

Ora è il momento di occuparsi in modo più dettagliato dell’isola di Vozrozhdenie, o meglio dell’ex isola, dato che dalla fine degli anni novanta è ormai collegata alla terraferma da un “ponte” di sabbia emerso con il progressivo ritirarsi delle acque. Questa era un’isola posta più o meno proprio al centro del lago, dunque molto distante dalla terraferma e impossibile da vedere, ma con il passare degli anni e l’aggravarsi della situazione della acque si è man mano ricongiunta alla costa. Sull’isola sono state sperimentate per decenni ed in segreto armi batteriologiche. Nel 1992 i bunker ed i laboratori vennero abbandonati in tutta fretta dagli scienziati, su ordine di Mosca, che nel frattempo, con il dissolversi dell’Urss, aveva posto termine ad ogni progetto ed interesse sull’isola. Per anni nessuno mise piede sull’isola, che non venne bonificata, lasciata nell’incuria più totale, senza che venissero chiusi nemmeno i bunker sotterranei. Oltre ai germi letali più svariati sperimentati sull’isola, le preoccupazioni riguardano tonnellate di antrace che vennero qui seppellite nel 1988, potenzialmente sufficienti ad uccidere 18 miliardi di esseri umani. Si teme che le spore possano fuoriuscire dai fusti lasciati incustoditi e che lentamente si deteriorano. Tracce di antrace sono state già ufficialmente rinvenute nel terreno dell’isola. Ora che l’isola non è più tale, serpenti, roditori e altri animali potrebbero trasportare fino ai centri abitati spore di antrace ancora vive e l’epidemia diventerebbe difficilmente controllabile. O forse…qualcosa di simile è già avvenuto? In una nota dell’ambasciata italiana in Kazakistan si avverte della presenza di casi di peste bubbonica in tutto il paese; nella Mongolia occidentale ogni anno riesplodono focolai della stessa peste, si dice legati al consumo di carne di marmotta in determinati periodi dell’anno… Oltre agli animali, le preoccupazioni riguardano le possibili azioni di gruppi terroristici che potrebbero approfittare di questo deposito di armi batteriologice per impadronirsene. Di seguito, alcuni materiali sull’isola degli orrori.

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La conformazione dell’isola nel 1970. Si notano le piste di atterraggio degli aerei per rifornimenti, intrecciate e a forma di X.

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Questa foto da satellite del 1985 (attenzione: qui i punti cardinali sono rovesciati, in basso appare infatti la costa nord del lago) mostra l’isola, al centro, di forma allungata e spostata un po’ verso destra, con una striscia di sabbia che inizia a formarsi verso la costa meridionale di Aral (in questa foto posta dunque in alto)

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Vozrozhdenie La storia dell’isola degli orrori

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Materiali raccolti da Marco M. Introduzione Nel mondo ne succedono davvero tante e di casi sconvolgenti, agghiaccianti e purtroppo gravi se ne verificano a migliaia. Alcuni però sono più inquietanti, aberranti, sconcertanti e “seducenti” di altri. Con questo ultimo attributo non si vuole indicare certo alcuna possibile ammirazione o alcun compiacimento, ma solamente il fatto che questo caso ha qualcosa di particolare, di intrigante, oltre che di pauroso. Qualcosa di maggiormente orrorifico e spaventoso, fuori dalla media. Forse per l’aurea maledetta che a distanza di tempo si porta ancora dietro, forse per i fantasmi e i timori che accompagnano il suo nome, forse per la paura che questo posto incute ancora e per l’attuale aspetto inquietante. L’hanno chiamata “l’isola dei veleni”, “l’isola dei batteri”, “l’isola dell’antrace”, “l’isola degli orrori”… ne hanno dati di appellativi che c’è da perderne il conto. Di sicuro sono tutti veri e non privi di fondamento. Questo piccolo lavoro empirico porta nero su bianco notizie, testimonianze, articoli su quel posto, la remota isola al centro di quello che era il mare di Aral, ora morente, tra Uzbekistan e Kazakistan. La storia di questa isola oltre che del misterioso ha dello spaventoso. Una storia di sotterfugi illegali, di tradimento di patti e trattati internazionali, una storia di segreti impossibili che durò per decenni e di orrori chimici e batteriologici. Un’isola della morte in cui la sperimentazione segreta di potentissime armi batteriologice ha fatto da padrona assoluta, in tutto segreto, lontano dagli occhi della scena internazionale fino al 1992. Scienziati e militari russi vi sono rimasti fino ad allora in totale segretezza, in una base blindata in cui hanno fatto comparsa virus potenziati pericolosissimi, tra cui quello dell’antrace, sepolta a tonnellate in bunker sotterranei, “bunker che contengono tuttora i virus dell’apocalisse”. Una brutta storia, scoperta grazie anche al Dott. Ken Alibek, fuggito in America, che tutti hanno dimenticato o cercato di farlo. Addirittura le autorità russe smentiscono, nessuno vuole parlare, file e dossier sono stati fatti sparire e sapere realmente cosa è successo sull’isola rimane un’impresa ardua. Il Corriere della Sera nel 1999 ha fatto delle ricerche ed oggi sono trapelate più notizie su questo posto. I crimini collegati a quanto avvenne sull’isola sono molteplici: segretezza durata decenni contro ogni trattato e convenzione anche dopo la messa al bando delle armi batteriologice, la presenza appunto di armi di distruzione di massa, il potenziamento di virus letali. Ancora, senza fare alcuna dichiarazione ufficiale al riguardo, la sepoltura di tonnellate di antrace, nascosto appunto su quest’isola. Esperimenti su animali, una moltitudine di bestie uccise contro ogni regola che riguarda la salvaguardia della vita degli animali per la sperimentazione. Il tutto con un particolare che viene forse ignorato ma che è il più pericoloso: Vozrozhdeniye è ancora oggi una bomba pronta ad esplodere, le operazioni di decontaminazione non sono state ancora eseguite, l’antrace presente è ancora potenzialmente attivo, e l’isola può essere più o meno facilmente raggiunta, dato che si è collegata ormai alla terraferma.

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I depositi sovietici di armi biologiche I finanziamenti per la ricerca di armi nei paesi dell’ex Unione Sovietica. Uno dei grossi problemi legati alla dissoluzione dell’URSS è, ancora oggi, quello relativo alle materie prime necessarie alla costruzione delle armi non convenzionali, come quelle biologiche. Il problema ha risvolti diversi sia per quanto riguarda l’ordine e la politica internazionale sia per le conseguenze per l’ambiente e la salute dell’uomo. Secondo Kathleen Vogel, ricercatore della Cornell University, le strutture di ricerca e di produzione in Russia e nei nuovi stati indipendenti sono poco controllate ed esposte a furti. I ricercatori dei paesi dell’ex URSS hanno ricevuto finanziamenti per convertire le loro ricerche verso obiettivi pacifici, ma la segretezza e l’inaccessibilità dei loro laboratori fa pensare che questi finanziamenti siano usati per proseguire studi nel campo delle armi batteriologice per poi rivendere i risultati a paesi terzi: non si può infatti dimenticare l’instabilità che ha pervaso l’economia dei paesi dell’ex URSS e la mancanza di controllo a livello centrale. A Kolltsovo, in Russia, ha sede infatti lo state research center for virology and biotechnology, il secondo deposito al mondo dove è custodito ufficialmente il virus del vaiolo, che è stato eliminato in natura nel 1980. Non è escluso che altri laboratori siano in possesso di campioni del virus che, non essendo dichiarati e registrati ufficialmente, sono più facilmente commerciabili.

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I danni delle armi batteriologiche Oltre al virus del vaiolo, ve ne sono altri che preoccupano i ricercatori, quali i ceppi modificati geneticamente di antrace e i batteri della polmonite resistenti agli antibiotici occidentali, cosi come agenti patogeni animali sviluppati per colpire bersagli agricoli. Accanto alla possibilità che questi virus possano cadere nelle mani sbagliate, c’è un’altra conseguenza preoccupante, cioè la possibilità che queste materie prime stoccate in depositi “naturali” possano sfuggire al controllo umano. È ciò che pare sia avvenuto verso la fine degli anni ’80 presso un’isola situata nel mare interno di Aral. Dopo la messa al bando delle armi batteriologice a livello internazionale, i ricercatori russi del laboratorio di Sverdlovsk (Yekaterinburg) hanno ricevuto l’ordine di smaltire centinaia di tonnellate di batteri di antrace. Il materiale venne stoccato in barili e spedito in treno attraverso la Russia e il Kazakistan a più di 1600 km di distanza nell’isola di Vozrozhdeniye, dove venne versato in pozzi scavati dai soldati russi. Usare quest’isola quale discarica segreta era una scelta ovvia: fino al 1992, quando l’esercito abbandonò definitivamente la zona, essa era stata la più importante area di sperimentazione a cielo aperto dell’URSS. Oggi l’isola, che appartiene giuridicamente alle ex repubbliche sovietiche dell’Uzbekistan e del Kazakistan, è il più grande luogo di sepoltura dell’antrace al mondo. Molte spore, nonostante i trattamenti subiti con la candeggina per renderle innocue, sono ancora vive e quindi potenzialmente letali. La sepoltura delle spore di antrace nell’isola di Vozrozhdeniye La preoccupazione maggiore ora è legata alle particolari condizioni del mare di Aral che era un tempo il quarto lago del mondo per ampiezza, ma oggi ha visto ridursi il volume del 75% a causa di una errata politica di irrigazioni forzate iniziata negli anni ’50. Questa politica ha condannato il mare di Aral alla morte per “sete”, non ricevendo più un apporto di acqua sufficiente. In conseguenza del ritiro delle acque l’isola è cresciuta dai 200 km quadrati originari ai quasi 2000 odierni e si è ricongiunta alla terraferma. Gli esperti temono che le spore di antrace possano venire dissepolte da topi, tartarughe, lucertole o uccelli e quindi diffuse negli stati vicini. La malattia è infatti trasmissibile dagli animali all’uomo per contatto diretto ed è curabile con antibiotici solo se immediatamente diagnosticata. Entrambi i paesi, che hanno firmato il bando alle armi di distruzione di massa, hanno richiesto l’aiuto degli USA per accertare l’entità di questo lascito dell’URSS e per decontaminare l’area.

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Vozrozhdeniye island A legacy of biological weapons in Central Asia Prospetto storico- tecnico Introduction Biological weapons (BW) have been created and tested in many countries throughout the world. Although there have been very few instances when BW have been deployed, just the research and development of these weapons has left a daunting legacy. Vozrozhdeniye island is a piece of that legacy. The Soviets tested their biological weapons on this island from 1954 until 1992, when the Soviet bioweapons program was officially discontinued. However, dangerous pathogens still contaminate Vozrozhdeniye island. Geography and climate One of the reasons that Vozrozhdeniye (Voz) island was chosen as the Soviet’s main biological testing ground was the security granted by the island geographic isolation and its hot, dry climate.

1. Voz is located in the Aral Sea between Kazakhstan and Uzbekistan. Its location provided security in three ways:

- during the time of testing both Kazakhstan and Uzbekistan belonged to the Soviet Union. Thus, Voz island was completely surrounded by Soviet territory and posed a lesser security risk to the project’s secrecy than other testing grounds closer to foreign countries; - the island’s 2300 mile distance from Moscow ensured the physical and political safety of Soviet politicians. With the island so far away, there was little if any chance of contracting a disease tested on the island, and few if any foreign inquiries would be directed to Moscow for suspicious activities on an island so far away;

- the island’s placement in the large Aral Sea also guaranteed that few civilians would infiltrate the island and accidentally be infected with the pathogens tested there.

2. The prevailing winds on Voz island blow from northwest to southeast. This predictability allowed for a permanent military base to be built in the north and a testing facility to be built in the south without worries of contaminating the soldiers and civilians of the settlement.

3. Voz island also has a very dry climate (receiving less than 200 mm of rain per year), and temperatures reach up to 125 degrees Fahrenheit during the summer. This climate ensures that most airborne pathogens will be killed after testing by UV rays and/or lack of moisture.

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History of biological weapons testing on Voz island 1936-7: initial foray

1. Voz island transferred to the authority of the Soviet Ministry of Defense (MOD) for use by the Red Army’s scientific medical institute.

2. First expedition of 100 people, headed by professor Ivan Velikanov, arrived on the island that summer and conducted experiments involving the spread of tularaemia and related microorganism.

3. Expedition evacuated for security reasons in 1937. 1952-72: the early days

1. 1952: Soviet government decided to resume BW testing in the Aral Sea. 2. 1954: Biological weapons test site, known as “Aralsk-7”, was built on Voz island.

- officially known as the MOD’s field scientific research laboratory (PNIL), which was headquartered in Aralsk, Kazakhstan.

- a military settlement is built 2 km northeast of the testing ground, and has room for over 150 personnel. The settlement had barracks, residential houses, an elementary school, a nursery school, a cafeteria, warehouses, and a power station.

- barkhan airport, which allowed for air transportation to the mainland, was built on the northern end of the island.

- there was a seaport at Udobnaya bay. Patrol boats protected the island from intruders.

3. 1954-72

- limited testing only in the summer months to take advantage of the extreme heat

and UV exposure that kills excess pathogens. - the BW aerosol tests were also conducted in such a way as to avoid

contaminating the northern military settlement, and a special service on the island was responsible for environmental control.

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1972-92: the “Glory days”

1. 1972: the Soviet Union signs the biological weapons convention (BWC), which goes into force in 1975.

- this treaty states many things, among them that the nations under its jurisdiction

will not pursue offensive biological weapons programs. - however, convinced that the USA is attempting to extend their biological

weapons capabilities despite the BWC, the Soviet Union forms the “civilian” organization Biopreparat to conduct research on and develop biological weapons.

2. 1972-92: Extensive testing on Vozrozhdeniye.

- the purpose of the tests is to determine the dispersal ranges, dissemination

patterns, delivery and detection methods, and ranges of biological agents when deployed.

- the testing facility has an area of 200 square kilometres, and is covered in telephone poles spaced one kilometer apart. Biological sensor to measure agent concentration are placed on some of the poles, which are also used to tie down test animals.

- agents including anthrax, plague, smallpox, tularemia, brucellosis, glanders, Q-fever, and VEE are dispersed over monkeys, horses, sheep, donkeys, white mice, guinea pigs, and hamsters, killing many of them. The animals are then incenerated using a mobile autoclave, and their ashes are buried in the Voz island cemetery.

- weapons used included aerial bombs, bomb submunitions, aerial spray tanks, ballistic missile warheads, artillery shells, rockets, cruise missile warheads, and clandestine release and delivery systems.

- the PNIL developed methods of biological defense and decontamination for Soviet troops. Samples of military hardware, equipment, and protective clothing reportedly passed field tests at the island before being mass-produced.

Biological “accidents” none of which has been proven to be connected to activities on Voz island:

1. 1972: two fishermen died when a shift in direction of the wind sent a cloud of plague over their boat;

2. 1976: a large shoal of fish dies in the Aral Sea; 3. 1970s and 1980s: abnormally high incidences of plague detected among rodents in

the Aral Sea region; 4. 1988: almost 500.000 saige antelope die on the Turgay steppes in approximately

one hour; 5. 1999: nine cases of human plague west of the Aral Sea

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The current problem 1960-2001: Soviet planners divert essential river water from the Aral Sea to irrigation ditches

1. Since 1960, the Aral Sea has lost over three-quarters of its volume. 2. Voz island has grown from a small islet of 77 square miles to a near-peninsula of

770 square miles. The island is now attached to the mainland by a very narrow peninsula, connecting it to the southern shore.

3. The seclusion of Voz island has been compromised. Mainlanders can intermingle with island animals.

Late 1980s-early 1990s: Soviet scientists transfer hundreds of tons of anthranx and plague bacteria from their bioweapons facilities to Voz island

1. The pathogens are treated with bleach. 2. The treated pathogens are buried in pits on the island.

1992: Russian president B.Yeltsin acknowledges the Soviet offensive BW program

1. He declares that Voz island is closed, and will be dismantled and decontaminated pending return to Kazakhstan and Uzbekistan in 1995.

2. The island’s facilities are dismantled and the entire island is quarantined, but the pathogen pits are not decontaminated.

1995: Voz island is returned to Kazak and Uzbek authorities

1. One of the island’s primary security features is breached. The island now belongs to two different countries.

2. The Kazak and Uzbek governments lack sufficient funds to pay for guards to watch the island, and mainlanders frequently infiltrate the island and scavenge from the abandoned military base.

3. Russia maintains that the island was used for defensive testing only. 1997: U.S. scientists conduct soil sampling on Voz island

1. Samples of spores are returned to the U.S. for analysis. 2. Virulent and viable anthrax is identified.

Today: public health and proliferation concerns plague US, Uzbek, and Kazak officials.

1. Birds and rodent live on Voz island. These animals might be infected with plague or other diseases that could be or already have been transferred to the mainland. There is some fear that a new strain of plague found in Kazakhstan originated on Voz island and is moving west toward the Caspian Sea.

2. With the shrinkage of the Aral Sea, mainland people can more easily cross onto the island to scavenge the base and testing facility. Rodent vectors or secondary inhalation could easily pass diseases on to human hosts.

3. Rouge nations or terrorist groups could infiltrate the island and obtain samples of virulent pathogens.

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Necessary steps to address the Voz island problem

1. The island needs to be either secured or decontaminated. 2. The animals native to the island should be monitored for signs of disease and, if

necessary, their populations should be controlled. 3. The human population in the region should be monitored for outbreaks of unusual

diseases.

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Per una panoramica generale… L’isola dell’antrace Sull’isola di Vozrozhdeniye nessuno ci va volentieri. Circolano voci e leggende spaventose su quello che si può trovare nei sotterranei dei laboratori abbandonati dagli scienziati sovietici. Le spore dell’antrace e di altri batteri accuratamente selezionati per resistere ad ogni antibiotico potrebbero ancora essere li, in qualche contenitore sigillato malamente o consumato dal tempo. Le assicurazioni fornite dalle autorità russe (pagate dal governo USA per eliminare un impressionante arsenale di armi batteriologiche), che garantiscono di aver completato nel 1988 lo smaltimento e lo stoccaggio di ogni sostanza pericolosa, non convincono più di tanto. Tracce di antrace sono state trovate nel terreno dell’isola e potrebbero facilmente passare nella catena alimentare. Il braccio di mare che ancora separa l’isola dalla terraferma appare come una esilissima barriera alla potenziale contaminazione, per non parlare del rischio che qualche gruppo terroristico possa ritenere conveniente servirsi di questo supermarket chimico-batteriologico per i propri scopi (ad oggi – 2005 – l’isola è già collegata alla terraferma n.d.r.). Basterebbe disseppellire un paio di bidoni di spore per avere in mano un potenziale distruttivo inferiore soltanto alla bomba atomica. Il museo degli orrori è sempre aperto e piuttosto incustodito. Sull’isola laboratorio di Vozrozhdeniye, che in russo significa “rinascita”, fino alla fine degli anni ’80 ha funzionato una base segreta deputata alla sperimentazione di armi chimiche. Nel periodo della guerra fredda centinaia di scienziati sovietici studiavano e provavano in questo remoto angolo dell’impero germi micidiali capaci di uccidere istantaneamente ogni forma di vita. Con il progressivo prosciugamento del Mare di Aral l’isola è cresciuta di dimensioni, fino ad essere ormai praticamente una penisola, separata dalla costa da un braccio di mare di tre chilometri (vedi sopra n.d.r.) profondo al massimo un metro e mezzo. I sovietici se ne sono andati da anni, la base è stata abbandonata, ma molti temono che tra gli edifici in rovina, le gabbie vuote di animali usati per i test e centinaia di maschere antigas sparse sul terreno, si trovino ancora nascoste tonnellate di sostanze letali. Una bomba batteriologica pronta ad esplodere.

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Museo degli orrori Vozrozhdeniye, laboratorio ai armi biologiche dell’URSS C’era una volta un’isola in mezzo ad un grande lago. L’isola si chiama Vozrozhdeniye (in russo “rinascita”). Il lago è quello di Aral, grande e salato come un mare, attraversato dal confine tra Kazakistan e Uzbekistan, oggi stati indipendenti, ma fino al 1991 repubbliche dell’URSS. A dire il vero, il lago d’Aral non esiste più. A partire dagli anni sessanta il livello delle sue acque si è ridotto del 70% a causa dello sfruttamento intensivo dei suoi affluenti per l’irrigazione delle campagne kazake ed uzbeke. Al posto del lago c’è un’enorme valle sabbiosa, percorribile con fuoristrada. Quelli che un tempo erano porti, sono surreali cimiteri di navi e barche abbandonate. Ma la storia dell’isola di “Rinascita” è ancora più incredibile. Difficile da raggiungere, priva di vegetazione, con un clima terribile (fino a +60° in estate), viene usata dalla NKVD (polizia politica antenata del KGB) come campo di concentramento per kulaki, i contadini perseguitati da Stalin per essersi ribellati alla collettivizzazione delle campagne negli anni ’30. Nel 1936 l’isola è posta sotto l’amministrazione del ministero della difesa, che nel 1954 costruisce un centro per lo studio delle armi batteriologiche, chiamato ”Aralsk-7”. Per quarant’anni è il laboratorio in cui l’URSS mette a punto armi terribili e segrete. Ken Alibek, un tempo capo del programma russo di ricerca sulle armi biologiche, espatriato nel 1992 in USA, sostiene che nell’isola hanno lavorato almeno 70.000 tra scienziati, ingegneri e tecnici. Molti di loro venivano portati sull’isola di notte, in elicottero, spesso contro la loro volontà. L’”Aralsk-7” diventa una vera e propria città, isolata dal resto del mondo. Si sperimentano tossine in grado di provocare botulismo, encefalite equina e soprattutto antrace. I batteri vengono resi immuni a qualsiasi antibiotico e testati su centinaia di scimmie, orsi, conigli e cavalli. L’antrace da i risultati migliori: è un’arma spaventosa, posseduta solo dai sovietici. Ma nel 1988 i satelliti americani catturano immagini compromettenti su quanto accade nell’isola. Il segretario del PCUS Mikhail Gorbachyov decide allora di nascondere tutto. Le spore dell’antrace a altri batteri vengono sigillate in 66 contenitori e sotterrate sull’isola. Passano tre anni e l’URSS si dissolve. Nel 1992 il presidente della federazione russa Boris Yeltsin ordina la chiusura e lo smantellamento dell’”Aralsk-7”. Delle sue disposizioni viene eseguita solo la prima. La base è chiusa e abbandonata. I bidoni rimangono al loro posto, gli animali sono abbandonati nelle gabbie. Il governo uzbeko, temendo un disastro ambientale, chiede aiuto agli USA. Gli americani organizzano tre missioni: nel 1995, nel 1997 e nell’ottobre del 2000. I resoconti sono degni di un film dell’orrore. Gli animali sopravvissuti hanno subito mutazioni nell’aspetto e nel carattere, impadronendosi dei sotterranei e dei laboratori della base. I ricercatori in missione parlano di “terrificante paesaggio lunare”. I bidoni non sono stati individuati e dal governo russo non sono pervenute indicazioni utili. Tracce di antrace sono state riscontrate nel terreno dell’isola. Si teme che roditori, uccelli e serpenti possano trasportare le spore in Uzbekistan, dato che il braccio di mare è ridotto ad una striscia esilissima. C’è poi il timore che l’antrace possa finire in mano a gruppi terroristici e divenire un’arma incredibile.

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Altri punti di vista… Nell’isola di Vozrozhdeniye nel mare di Aral, un luogo dimenticato da tutti e da tutto dove per decenni l’industria bellica di stato ha lavorato alle nuove tecniche di offesa chimica e batteriologica, è stata condotta (come riporta il Corriere della Sera in un articolo del 1999) la sperimentazione di un ceppo batteriologico della pesta resistente agli antibiotici, provandolo su conigli, cavie, topi, cavalli, pecore, asini e babbuini. Ad essere testati sugli animali sono stati anche vaiolo, tifo, botulino, il morbo Ebola e l’encefalite equina che ora, assieme all’ormai noto antrace, ricoprono parte del villaggio militare, ed una porzione indefinita di terreno dell’isola. Il quotidiano “La stampa”, invece, ha descritto con minuzia un test su scimmie: “un centinaio erano legate a paletti che in file parallele si allungavano fino all’orizzonte – scrive Ken Alibek vicedirettore del programma Biopreparat fuggito negli USA nel 1992 – a venticinque metri da terra una nuvola color mostarda si dispiega lentamente, poi si dissolve ricadendo sulle scimmie che si mettono ad urlare tirando le catene. Agonizzano. Saranno recuperate da uomini in tuta di protezione antibatterica, ed esaminate in laboratorio. Morte” …ma solito orrore… Oltre a Stepnogorsk, sull’isola di Vozrozhdeniye nel mare di Aral, prima del 1989, c’era un biopoligono dove le armi batteriologiche venivano sperimentate. Motoscafi militari sorvegliavano l’isola permanentemente e, anche se tra i pescatori locali circolavano strane voci, nessun abitante della regione di Aral sapeva cosa ci fosse sul poligono dell’isola. Vozrozhdeniye faceva parte del grande “arcipelago tossico”, in cui sorgevano 40 centri di ricerca scientifica, 125 impianti, laboratori e reparti dove lavoravano circa 60.000 persone. Fu scoperto quando, nel 1998, gli americani sbarcarono sull’isola in missione ufficiale. Scoperta non inutile. Se infatti già dal 1992 tutto il personale dell’isola era stato evacuato (e i beni, le case, le auto, le attrezzature, abbandonati al saccheggio degli abitanti del posto), nessuno prima della delegazione USA, era penetrato nei laboratori segreti, molto probabilmente per timore di essere contaminati da qualche misteriosa sostanza tossica.

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Altro resoconto Al centro di quel che è rimasto del lago Aral c’è l’isola di Vozrozhdeniye, un’isola ormai dimenticata, sulla quale per decenni è stata attiva una base segreta russa, più volte oggetto dei rapporti dei servizi segreti americani negli anni ’70 e ’80. In questa base, infatti, secondo quanto si evince dai rapporti della CIA, oltre trecento scienziati sovietici hanno studiato e sperimentato per decenni armi batteriologiche, in grado di produrre peste, vaiolo siberiano, tularemia, brucellosi, morva, febbre del Queensland, e potenziato alcuni dei batteri che provocano queste malattie, rendendoli resistenti agli antibiotici disponibili. Gli esperimenti furono condotti su conigli, cavie, topi bianchi, criceti, cavalli, pecore, asini, scimmie e babbuini, come testimoniano le numerose gabbie abbandonate e ritrovate sull’isola. Il pericolo più grave però dal punto di vista sanitario e ambientale è rappresentato dalle tonnellate di bacillus anthracis, che sono state sepolte nei bunker della base, prima del suo abbandono. Il bacillus anthracis provoca l’antrace, una malattia infettiva dei ruminanti che può essere trasmessa all’uomo per inoculazione diretta, attraverso ferite superficiali o abrasioni della pelle, per ingestione di carne cruda, o per inalazione di spore presenti su materiali contaminati. L’infezione produce gruppi di foruncoli che si ingrandiscono, si ulcerano e provocano un dolore continuo e lancinante. Dopo un periodo di tempo variabile da cinque a venti giorni, durante il quale le pustole possono raggiungere le dimensioni di un uovo di gallina, la pelle si lacera in più punti, lasciando uscire una materia densa e grigiastra e pus sanguinolento. L’aggressione dei linfonodi da parte dei bacilli dell’antrace può condurre alla malattia sistemica, con edema generalizzato ed emorragie in tutto il corpo. L’antrace deve essere curato tempestivamente con antibiotici per non risultare letale. I bacilli di antrace non sono stati fabbricati a Vozrozhdeniye, ma vi furono portati nel 1988 dai laboratori di Sverdlovsk,una località degli Urali, a seguito di una fuga di notizie che ne rivelò l’esistenza al mondo occidentale. Gli scienziati di Sverdlovsk sigillarono i “fanghi rossi” contaminati in contenitori d’acciaio, li sterilizzarono e li spedirono su convogli speciali nella base sull’isola, dove vennero sepolti. La questione però è tutt’altro che risolta, perché, come hanno rilevato gli esperti internazionali che hanno potuto ispezionare l’isola, una significativa percentuale delle spore è ancora attiva e potenzialmente mortale. Il problema, con il passare del tempo, tende ad aggravarsi: se infatti il livello del mare di Aral continuerà ad abbassarsi, l’isola di Vozrozhdeniye si congiungerà presto alla costa dell’Aral (si è già congiunta n.d.r.), creando un facile passaggio per insetti, roditori e rettili, peraltro già presenti sull’isola, che potrebbero trasportare le spore sulla terraferma. A quel punto sarebbe estremamente difficile impedire la propagazione del bacillo. Inoltre l’isola, una volta congiunta con la terra ferma, potrebbe essere oggetto di attacchi di qualche organizzazione terroristica, che, impadronendosi delle spore, potrebbe minacciare e ricattare una buona parte della popolazione mondiale. Le informazioni dettagliate ottenute dagli americani sui segreti dell’isola si devono in gran parte allo scienziato uzbeko Alibekov, ora Ken Alibek, rifugiatosi negli USA, che negli anni ’70 e ’80 diresse un impianto per la produzione del bacillus anthracis. Dunque, mentre da quarant’anni si sta consumando uno dei maggiori disastri ecologici del pianeta, cioè la progressiva scomparsa del lago d’Aral, una minaccia peggiore emerge da quello stesso luogo, un’isola con il ventre gonfio di mortali bacilli, che le autorità competenti fingono di ignorare, con il rischio di causare morte e distruzione in intere popolazioni del pianeta.

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L’isola dei veleni continua…tra storia, passato e presente… La sconvolgente scoperta di enormi scorte di batteri e virus tuttora letali, nascoste su di un’isola nel mare di Aral dalle autorità sovietiche, dopo il bando internazionale sulle armi batteriologiche. Nella primavera del 1988 i batteriologi russi di un laboratorio della città di Sverdlovsk ricevettero l’ordine di intraprendere la loro missione più difficile. In gran fretta e totale segretezza trasferirono dentro giganteschi barili di acciaio inossidabile centinaia di tonnellate di batteri di antrace – sufficienti a distruggere più volte l’intera umanità – li ricoprirono di candeggina per decontaminare la potente polvere rosa, li caricarono su un treno e li spedirono attraverso la Russia ed il Kazakistan a più di 1600 km di distanza, verso la remota isola nel cuore del mare interno di Aral. Qui i soldati russi scavarono enormi pozzi e vi versarono la poltiglia letale, seppellendo i batteri e – cosi sperava Mosca – una grave minaccia politica. Mentre M. Gorbachyov sosteneva la sua campagna per la glasnost e la perestroika e si occupava di consolidare i legami con l’occidente, i servizi segreti USA rivelavano che l’URSS, contrariamente agli impegni sottoscritti nei trattati, continuava a produrre tonnellate di germi letali da usare come armi batteriologiche. Scienziati russi, coinvolti nel programma, affermano che le scorte dovevano venire distrutte se gli USA e la Gran Bretagna avessero chiesto un’ispezione. Usare l’isola di Vozrozhdeniye quale discarica segreta era una cosa ovvia: fino al 1992, quando l’esercito abbandonò definitivamente la zona, essa era stata la più importante area di sperimentazione a cielo aperto dell’URSS. Oggi l’isola, che appartiene giuridicamente alle ex repubbliche sovietiche dell’Uzbekistan e del Kazakistan, è il più grande luogo di sepoltura dell’antrace al mondo. Pozzi letali che paradossalmente per i servizi segreti americani sono una vera miniera d’oro. Esperti e scienziati dell’esercito sono stati invitati dai governi delle repubbliche interessate a recarsi più volte sull’isola, per ispezionarla e raccogliere campioni dei batteri sepolti. Quello che hanno scoperto è sbalorditivo. I test, effettuati su campioni di terreno raccolti da sei degli undici grandi pozzi di sepoltura dimostrano che, sebbene siano stati immersi nella candeggina almeno due volte prima nei barili da 250 litri e poi nei pozzi sabbiosi in cui sono rimasti per circa 10 anni, alcune spore sono ancora vive e potenzialmente letali. Le analisi eseguite nei laboratori americani hanno anche dimostrato che il vaccino anti-antrace attualmente somministrato a 2 milioni e mezzo di soldati USA è effettivamente efficace contro il ceppo russo di quel flagello…o almeno contro il ceppo trovato sull’isola. Nonostante questo abbia rassicurato l’amministrazione Clinton, la scoperta di spore vive ha invece allarmato il Kazakistan e preoccupa notevolmente l’Uzbekistan, che ha condotto delle trivellazioni petrolifere esplorative sui tre quarti dell’isola che gli appartengono. Il vaso di Pandora Gli ufficiali militari centro-asiatici e americani temono che la facilità di accesso all’isola indurrà gruppi terroristici ad utilizzare i batteri letali, erogabili in forma nebulizzata, come arma di ricatto. Inoltre si pensa che le stesse spore potrebbero rappresentare un’ulteriore minaccia per la popolazione locale, il cui stato di salute è già considerato dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità) tra i peggiori del mondo. Sia l’Uzbekistan che il Kazakistan hanno siglato il bando alle armi di distruzione di massa ed hanno chiesto l’aiuto degli USA per accertare l’entità di questo lascito del regime sovietico e per decontaminare l’intera area.

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La peste nera, l’incubo moderno del lago d’Aral L’ambasciata italiana in Kazakistan ha diffuso un allarmante bollettino medico: attorno al lago d’Aral ci sarebbero numerosi casi di peste bubbonica. L’incubo di un ritorno della morte nera ha cause umane. Il Kazakistan ottenne l’indipendenza dall’URSS nel 1991, ma i russi lasciarono una pesante eredità alla ex-repubblica che negli anni della guerra fredda molti conoscevano, ma che soltanto oggi, travalicando i rapporti segreti della CIA, è sui giornali di tutto il mondo: casi di peste sarebbero stati accertati in Kazakistan. La peste bubbonica è una malattia quasi sconfitta, ne esistono infatti limitatissime sacche in India, ma non sarebbe corretto affermare che è stata debellata. Come il vaiolo, il cui bacillo è stato dichiarato estinto negli anni ’90. Si sospetta che i casi registrati in Kazakistan siano imputabili agli esperimenti che i russi condussero sul lago d’Aral almeno fino al 1992. Nel 1992 il centro medico-militare sull’isola Vozrozhdeniye venne smantellato, poiché la disgregazione dell’URSS rendeva impossibile continuare quell’attività “bellica”. Contenitori d’acciaio sigillati furono interrati nei bunker dell’isola, sterilizzati, nella speranza che l’isolamento di Vozrozhdeniye impedisse al mondo di sapere, e ai virus di propagarsi nell’ambiente circostante. Tra quei barili c’erano anche i cosiddetti “fanghi rossi”, terra contaminata con il bacillo dell’antrace, tipica malattia dei ruminanti che nell’uomo è letale entro le prime 48 ore dall’infezione. Il prosciugamento del ago d’Aral ha complicato ancor di più le cose, poiché viene a mancare la distanza di sicurezza tra isola e terraferma. Non sembra allarmistico, a detta degli esperti, pensare che se i barili sigillati dovessero trovarsi a stretta vicinanza con la riva, si verrà a creare (si è già creato n.d.r.) un passaggio per piccoli animali e quindi una via di contagio. Alcuni credono che vi sia una correlazione causale precisa tra i casi di peste denunciati e l’emergenza ecologica dell’Aral.

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L’isola dei veleni di Judith Miller (esperta di cultura islamica è nella lista del foreign affairs del governo americano. Ė corrispondente per il Medioriente del New York Times) L’Uzbekistan mi ha permesso di visitare l’isola di “rinascita” e di intervistare ufficiali e scienziati preoccupati dall’attuale situazione. Le spedizioni che essi hanno recentemente compiuto sull’isola stanno finalmente facendo luce su uno dei segreti più attentamente custoditi del periodo della guerra fredda. Nel 1992 il presidente russo B. Yeltsin emise un editto in cui disponeva la chiusura del laboratorio, lo smantellamento e la decontaminazione dell’area entro i tre anni successivi. La cronica mancanza di fondi del governo di Mosca non ha permesso di mettere in pratica tali impegni. La Russia, del resto, non ha mai ammesso la propria responsabilità riguardo al cimitero batteriologico sull’isola. Gli scienziati dell’U.S. army medical research and material command , dove si stanno studiano i campioni di terreno prelevati su Vozrozhdeniye, rifiutano di rilasciare dichiarazioni. Alcuni militari, però, dicono che nei laboratori si sta ancora cercando di decifrare la struttura molecolare dell’antrace russo e di determinare come alcune delle spore siano potute sopravvivere. Un ufficiale, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, dichiara: “Sapevamo che l’antrace è difficile da distruggere, ma questo ceppo si è dimostrato particolarmente resistente e purtroppo non si tratta nemmeno di uno dei ceppi più potenti elaborati dai sovietici”. Disastro ecologico e segreti militari Mentre il vecchio elicottero MI-8 partito da Nukus – nei pressi di una base militare uzbeka – si avvicina all’isola, i segni di vita scompaiono gradualmente. I pescatori sulle loro imbarcazioni spariscono man mano che la palude sostituisce quello che un tempo era un vasto mare pescoso e limpido. Dalle ultime pozzanghere fangose spuntano relitti di pescherecci ormai insabbiati nel deserto. Alberi rachitici vengono soppiantati da macchie di steppa desertica e, infine, non vi è altro da vedere se non una immensa screpolata, distesa di sabbia grigia coperta di sale e di polvere tossica, residuo delle tonnellate di pesticidi e fertilizzanti accumulati nelle acque dell’Aral ormai evaporate. Nulla potrebbe sopravvivere laggiù. O quasi. Da uno studio condotto dal Monterrey Institute of International Studies della California risulta che l’isola è stata per lungo tempo uno dei luoghi preferiti dai russi per sbrigarvi questioni segrete. Secondo il principale autore della ricerca, Gulbarshyn Bozheyeva, l’isola e l’ex città portuale di Aralsk vennero poste sotto l’amministrazione del ministero della difesa già dal 1936. Nel 1954 venne costruita la prima area di prova per armi biologiche, chiamata “Aralsk-7”. La mancanza di vegetazione, il clima caldo e secco e la presenza di un terreno sabbioso che in estate raggiungeva i +70°, lo rendevano un luogo ideale per condurre test batteriologici, perché questi fattori riducono la diffusione e la sopravvivenza degli organismi patogeni. Nonostante nel 1988 i satelliti avessero registrato una insolita attività sull’isola, fonti ufficiali americane affermano che gli USA non appresero della discarica letale fino al 1992, quando il dott. Kanatjan Alibekov, o Ken Alibek come si fa chiamare ora, disertò. Alibek era un ufficiale d’alto grado coinvolto nel programma di ricerca sulla guerra batteriologica, nonché direttore del gigantesco impianto di produzione dell’antrace a Stepnogorsk in Kazakistan. Tra il 1988 e l’anno della sua defezione fu direttore delegato del Biopreparat, la rete segreta delle circa 40 presunte strutture innocue che fornivano una copertura civile alla ricerca batteriologica militare. Nel suo libro intitolato “Biohazard” (“Pericolo biologico” ed. Random House 1999) Alibek non rivela che l’antrace venne sepolto sull’isola, né cosa comunicò agli ufficiali americani durante il suo interrogatorio, ma riferisce che sull’isola, a partire dal 1970, si sperimentavano armi batteriologice derivate da: la cosiddetta febbre dei conigli, la febbre

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del Queensland, la brucellosi, la peste e la morva (malattia degli equini dovuta ad un bacillo, trasmissibile all’uomo e solitamente mortale). In un’intervista ha aggiunto che, tra l’86 e l’87, venne anche testato un particolare ceppo di peste resistente agli antibiotici. Dalla ricerca Monterrey e dal libro di Alibek risulta che nei laboratori sovietici vennero sperimentati anche il tifo, la tossina botulinica, l’encefalite equina venezuelana, il vaiolo ed alcuni ceppi microbici con particolari caratteristiche utili in guerra (come l’alta virulenza e la resistenza a raggi UV ed al calore) e che, sul finire degli anni ’80 vennero sviluppati alcuni ceppi geneticamente manipolati. Oggi abbondano le prove di tali sinistre ricerche. Avvicinandosi al complesso di laboratori ed all’area di sperimentazione appaiono chiaramente visibili i pali telefonici situati ad un chilometro di distanza uno dall’altro, sui quali venivano posti i rilevatori per misurare gli agenti patogeni e dove venivano legati gli animali sottoposti ai test. Gli edifici abbandonati e l’unità di contenimento di massima sicurezza, che un tempo racchiudeva gli agenti più micidiali, sono stati spogliati delle strutture, delle tubazioni, e persino delle piastrelle che rivestivano pavimenti e muri. Quello che i sovietici si erano lasciati dietro è stato trafugato da sciacalli apparentemente indifferenti al potenziale pericolo di contagio. Le costruzioni che ospitavano le migliaia di animali uccisi negli esperimenti – conigli, topi, cavie, cavalli, pecore, scimmie e babbuini – sono ora vuote, con le finestre rotte e i tetti crollati. Centinaia di gabbie grandi e piccole sono accatastate in un magazzino in rovina. Il fetore dei laboratori è quello familiare ai veterani del macabro mondo della guerra batteriologica: un misto di candeggina, polvere, escrementi di animali e morte. Sul lato nord della zona, a poco più di un chilometro dai laboratori, si trovano le caserme a tre piani, le residenze, l’asilo e lo spaccio usati dalle famiglie e dai ricercatori russi che vi lavoravano. Circa un migliaio di persone in tutto. Gli scienziati coinvolti nel progetto affermano che quasi nessuno dei bambini sull’isola era vaccinato contro i letali agenti patogeni sperimentati. “Ci limitavamo a compiere gli esperimenti solo se il vento soffiava verso sud, lontano dalle abitazioni”, dice il dott. Gennai L. Lepyoshkin, ex colonnello sovietico succeduto ad Alibek alla direzione di Stepnogorsk ed ora direttore del pacifico national center for biotechnology del Kazakistan. Manipolazioni genetiche Solo dopo che il loro paese divenne indipendente, nel 1992, gli ufficiali uzbeki compresero le gravi implicazioni del lascito biologico sovietico. “Ė stato uno shock apprendere quale fosse la reale situazione”, dice Isan M. Mustafoev, deputato del ministero degli affari esteri. Preoccupato dall’impatto causato dalle non convenzionali sulla salute e sull’ambiente, il presidente dell’Uzbekistan, Islom Karimov, le ha bandite. Nel 1995, dopo che Mosca rifiutò di dichiarare quali strutture di ricerca chimica o biologica erano state costruite in territorio uzbeko o cosa fosse stato sperimentato e li sepolto, il governo di Tashkent chiese l’aiuto di Washington. Il 25 maggio venne firmato un accordo bilaterale tra USA ed Uzbekistan che prevedeva un aiuto finanziario americano di circa 6 milioni di dollari, per smantellare e decontaminare le strutture presso il mare d’Aral. Rispettivamente nel ’95 e nel ’97, Kazakistan ed Uzbekistan hanno invitato esperti del pentagono a visitare l’area e determinare come alcuni batteri fossero riusciti a sopravvivere. Per effettuare i pericolosi test, gli americani indossavano tute protettive simili a quelle usate dagli astronauti e maschere antigas con respiratori, inoltre tutti i membri della squadra erano stati vaccinati. Secondo uno degli ufficiali coinvolti “Era come un allunaggio…solo un po’ più pericoloso”. Gli scienziati ritengono che si potranno ricavare importanti informazioni dal materiale recuperato. Il dott. William C. Patrick III, ideatore di armi batteriologice per gli USA – prima che il presidente Nixon le bandisse trent’anni fa – afferma che i campioni raccolti permetteranno agli studiosi di determinare sia la potenza del ceppo sovietico di antrace, sia se tale ceppo sia stato geneticamente manipolato o comunque rafforzato per

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aumentarne la virulenza o altre qualità desiderabili dal punto di vista militare. Decontaminare l’isola, data la sua grandezza e l’enorme quantità di antrace sepolta, avrebbe un costo proibitivo. Per questo motivo l’Uzbekistan ed il Kazakistan hanno richiesto l’aiuto degli USA. Nel frattempo i rispettivi governi continuano a fare pressioni su Mosca perché fornisca maggiori informazioni su quanto vi avveniva. Il prof. Milton Leitenberg, esperto in armi non convenzionali russe, afferma a sua volta che Mosca nel 1987 riusci ad inserire la città di Aralsk – ma non l’isola stessa – nella sua prima dichiarazione sui siti usati per le sperimentazioni di armi batteriologiche, in ottemperanza alle norme stabilite nel 1972 dalla convenzione sulle armi biologiche che bandiva tali armi a livello internazionale. Solo in una ulteriore dichiarazione, del 1992, Mosca finalmente aggiunse l’isola tra tali siti, ma solo come luogo dove si sperimentavano vaccini e materiali difensivi. Vittime ignare Nessun’altra regione dell’Uzbekistan è stata cosi duramente colpita dall’errata politica economica dell’URSS (e dalla sua instancabile ricerca sulle armi non convenzionali) quanto il Karakalpakstan, la repubblica uzbeka semi-autonoma abitata da quasi 5 milioni di abitanti con specifiche tradizioni etniche, lingua e cultura. Il Karakalpakstan, patria del mare d’Aral, ha assistito alla devastazione della sua, un tempofiorente, industria ittica, alla rovina delle sue terre coltivabili a causa dell’abuso di fertilizzanti e pesticidi ed all’inquinamento delle sue acque potabili. Secondo Yusup S. Kamalov, uno scienziato uzbeko che dirige il gruppo ambientalista indipendente Unione per la difesa del mare d’Aral: “la situazione è praticamente senza speranza, la superficie del mare si è ridotta della metà, il suo volume del 75%, il mare sta morendo”. L’unica organizzazione umanitaria internazionale del luogo è Medecins sans frontièrs e Ian Small, dirigente di zona di questa associazione, dichiara che gli abitanti dell’area sono “tra i più cronicamente malati di tutta l’ex URSS”. Il 98% delle donne in gravidanza sono anemiche, i livelli di mortalità infantile sono paragonabili a quelli dell’Africa sub-sahariana e due terzi della popolazione soffre di gravi affezioni croniche come la tubercolosi. C’è stato un impressionante aumento delle patologie renali e di vari tipi di cancro, ma poichè dal 1986 non è più stato fatto un censimento e le statistiche sanitarie sono inesistenti o non affidabili, è impossibile sapere se la situazione attuale è il risultato del generale stato di povertà e degrado ambientale della regione o se sono da incolpare i test chimici e biologici effettuati nel passato. Mentre gli ufficiali uzbeki cercano di istituire un servizio sanitario decente, il personale di medecins sans frontiers è letteralmente sopraffatto dalle richieste di assistenza; ciononostante, l’organizzazione sta avviando una ricerca che possa far luce non solo sull’incidenza delle malattie ma anche sulle cause. La maggior parte degli scienziati specializzati in armi batteriologiche, che hanno frequentato l’isola di Vozrozhdeniye, credono che non vi sia un pericolo immediato per la popolazione locale. Purtroppo, con la continua riduzione delle acque, l’isola sta diventando facilmente raggiungibile e inoltre, secondo alcuni recenti visitatori, la melma di antrace e candeggina inizia a fuoriuscire da alcuni pozzi e a filtrare nella sabbia. Sebbene gli ufficiali abbiano messo in quarantena l’isola, quando essa si ricongiungerà alla terraferma gli abitanti del luogo verranno inevitabilmente in contatto con i batteri letali. “Stiamo brancolando nel buio – si confida Small – ed è spaventoso non sapere cosa dovremo affrontare”.

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Nel Kazakistan si registrano casi di peste e antrace La morte nera minaccia l’Asia Due notizie, una più impressionante dell’altra. La prima è che la pesta bubbonica, la terribile morte nera che fece in passato milioni di vittime, sta per tornare. La seconda è che la causa potrebbe essere il mancato controllo di quelle armi batteriologice che vennero sperimentate dagli anni ’50. Dall’ambasciata italiana in Kazakistan è giunta un’inquietante segnalazione: “In tutto il territorio del paese si registrano casi di peste bubbonica e antrace. Particolare importanza è data alla peste bubbonica la quale è stata rilevata sia nella confinante Mongolia, che in otto regioni del Kazakistan occidentale e meridionale, compresa la città di Almaty. Si consiglia di adottare le misure igienico-sanitarie del caso”. Di fronte al comunicato le autorità, specie quelle turkmene, non fanno che ripetere la parola “normalità” e sottolineano che i casi di peste bubbonica segnalati non stravolgono i dati abituali, che la peste è una malattia oggi controllabile con adeguate cure e massicce dosi antibiotiche. Insomma, dicono che non ci sia da allarmarsi. Ci si impaurisce invece se si considera che la zona infetta coincide singolarmente con l’area intorno al lago d’Aral, dove i sovietici crearono dei laboratori per armi batteriologiche. Torna cosi d’attualità l’allarme lanciato nel 1999 dal Corriere della Sera sulla bomba batteriologica sepolta nell’isola degli orrori.

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Una testimonianza dall’isola Il racconto del nostro informatore, che aveva partecipato ad una missione militare sull’isola, sembra una trama da film dell’orrore. “La zona è desertica – racconta – ci sono i resti del villaggio dove vivevano 1500-2000 ricercatori. A poca distanza ho visto due grandi piste di atterraggio e qualche chilometro più a nord, in territorio kazako, c’è il porto dove arrivavano le navi con i materiali e i rifornimenti. I laboratori abbandonati sono a circa tre chilometri dal villaggio. Tutta l’area è circondata da un triplice recinto di reti metalliche. Attorno agli edifici ci sono rottami di ferro, mezzi cingolati bruciati, resti di camion militari smontati. Sul terreno ho visto tante impronte di animali: forse quelli che i russi lasciarono nei laboratori. Sono diventati i padroni dell’isola, sono pericolosi e non capisco come possano vivere senz’acqua. Forse si sono abituati a quella salata. Non eravamo tranquilli. Le finestre dei laboratori sono sfondate, i vetri rotti e le porte divelte. Ho avuto paura ad entrare, ho guardato a lungo dall’esterno. Dentro ho visto attrezzature scientifiche a pezzi, maschere antigas, scatoloni di siringhe, recipienti di vetro, provette e tante gabbie piccole e grandi, tutte aperte, dove dovevano stare gli animali per esperimenti. Alcuni di noi sono entrati nelle stanze, ma sono usciti subito perché erano invase dai serpenti. Le porte di molti bunker sono sfondate. Nessuno di noi è sceso in quei sotterranei. Comunque è stato filmato tutto. Non ci tornerò mai più”. Una cupa testimonianza che trovò poi conferma nelle immagini del filmato. Ora il burocratico annuncio sanitario (dell’ambasciata italiana in Kazakistan n.d.r.) fa riaffiorare l’incubo della peste nera, anche se le fonti ufficiali negano ogni collegamento tra quei morti “normali” e i laboratori degli orrori. (Viviano Domenici)

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Pioggia di dollari per pulire l’isola dei veleni sull’Aral Sei milioni di dollari per neutralizzare e bonificare uno dei più grandi arsenali batteriologici al mondo. Una discarica di veleni abbandonata da un decennio e divenuta oggi un facile self-service per specialisti del terrore. Impegnati nella guerra all’antrace (questo articolo è del 2001 n.d.r.), gli USA cercano di tagliare i “rifornimenti” al nemico invisibile offrendo un cospicuo sostegno finanziario all’Uzbekistan – prezioso alleato nelle operazioni militari in Afghanistan – per la distruzione del deposito di ordigni batteriologici nell’isola di Vozrozhdeniye, nel lago d’Aral. Realizzato negli anni ’30 su quest’isola deserta sperduta nell’Asia centrale, l’impianto fu per decenni il laboratorio segreto dell’URSS per le ricerche batteriologiche, dove gli scienziati sperimentarono ogni tipo di veleno. Poi, poco prima del crollo dell’URSS, fu trasformato in un deposito di stoccaggio dove far sparire in tutta fretta le spore di antrace e tonnellate di altri batteri letali per non compromettere le trattative con gli americani sul disarmo batteriologico. Dopo la fine dell’URSS, per diverso tempo nessuno si interessò più all’isola dei veleni. Solo qualche anno fa alcuni esperti militari americani chiamati dal governo uzbeko a ispezionare il sito, si accorsero che un buon numero di spore di antrace erano ancora vive. Fu subito programmato un piano di bonifica del deposito, ma al di là di piccoli interventi poco era stato fatto finora. Adesso grazie ai dollari americani sarà possibile dare un’accelerazione ad un intervento divenuto indifferibile. Non solo perché l’antrace è ancora li, fra le mura fatiscenti dei laboratori in abbandono da un decennio, ma soprattutto perché l’isola non è più un’isola. Il prosciugamento del lago ha creato un ponte con la terraferma e i laboratori finora off-limits soprattutto per la collocazione geografica sono divenuti facilmente raggiungibili. Troppo facile per chi, come i terroristi, può disporre di mezzi per entrare nei depositi abbandonati e portarsi via un arsenale di morte. (di Alessandro Corti) (pensiamo al brivido che possono aver provato i capi USA quando nel 2005 una rivolta di matrice islamica, probabilmente soffocata momentaneamente nel sangue dall’esercito uzbeko, ha sconquassato l’Uzbekistan orientale…e se in quel paese cambiasse il regime a capo del governo? chi andrebbe sull’isola? Queste sono considerazioni “politiche” che non vogliono schierarsi né da una parte né dall’altra, ma solamente cercano di individuare i problemi. Per qualche milione di dollari di “aiuto” è necessario impiantare basi militari in territorio uzbeko, come hanno fatto gli americani imponendo di fatto la loro presenza anche in quel paese, gettando le basi per una loro stabile presenza con connessa influenza sulla politica dello stato? n.d.r.)

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E intanto veniva a galla che… Stepnogorsk è una piccola città situata a circa 200 km da Astana, la nuova capitale del Kazakistan. Il suo nome non figura sulle mappe, non perché sia ormai il terzo che cambia (prima del 1963 si chiamava Makinsk, poi ribattezzata Zelinograd-25): Stepnogorsk non è segnata sulle vecchie carte sovietiche perché è stata centro di ricerche militari top-secret. La città segreta Sotto la giurisdizione diretta di Mosca, questa città segreta era abitata da circa 50.000 persone che avevano un tenore di vita neanche lontanamente paragonabile a quello del resto della popolazione sovietica: salari alti, ampia scelta di prodotti alimentari, servizi, infrastrutture efficienti. Qui venivano i migliori laureati delle università più prestigiose, per lavorare al servizio del ministero della difesa sovietico. Ufficialmente a Stepnogorsk si estraevano oro e uranio, in realtà si fabbricavano armi biologiche: carbonchio, peste e vaiolo. Questo laboratorio bunker, costruito sottoterra e a prova di attacco atomico nel 1982 da una colonia di detenuti, non fu mai scoperto né dall’intelligence, né dai satelliti spia americani. Nel sottosuolo c’erano reattori atomici alti quattro piani, hangar di cemento armato e laboratori per gli esperimenti di simulazione di attacchi biologici sugli animali. A svelare l’esistenza di questo centro fu il microbiologo militare Kanatjan Alibekov, uno dei direttori del progetto, allorchè, dopo il crollo dell’URSS, riusci a fuggire in USA e sotto protezione narrò i fatti in un libro, “Il pericolo biologico”. Ex colonnello dell’esercito sovietico, Alibek, come ora si chiama, è il creatore dei batteri di carbonchio maligno e l’ideatore, assieme al suo gruppo di ricerca, dell’arma biologica “Variant U”, nuova ed incontrollabile. Oggi Alibek è presidente della Hadron Advanced Biosystem, organizzazione privata di ricerca per la difesa contro le armi biologiche, e direttore del centro di difesa dall’arma biologica dell’università di George Mason. (insomma proprio un personaggio con i fiocchi questo traditore opportunista senza scrupoli, che invece di passare il resto della vita a meditare e chiedere perdono dei disastri combinati e vivere di una misera pensione in Kazakistan, ha preferito fare la spia, probabilmente “a pagamento”, in USA e riciclarsi in centri “di difesa biologica” i cui scopi pacifici…insomma diciamo che li prendo come una battuta di cattivo gusto, chissà cosa stanno tuttora producendo. Sono affermazioni prive di prove e da querela da parte dell’interessato? Forse, ma per quanto mi riguarda penso solo alla responsabilità di fronte all’umanità di certe persone coinvolte in decenni di traffici di questo genere. Siamo tutti potenziali giudici pronti a condannare questi soggetti. n.d.r.)

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Vozrozhdeniye open-air test site Location: Vozrozhdeniye island, Aral Sea Subordination: the site formerly was subordinated to the USSR ministry of defense. Activities: the site was designed for open-air testing of BW agents developed at various Soviet facilities. Status: dismantled History: Vozrozhdeniye island is located in the middle of the Aral Sea, which straddles a section of the border between Kazakhstan and Uzbekistan. Although a major part of the island - including the former soviet BW facilities – falls under the Uzbek jurisdiction, both the Uzbekistani and kazakistani governments have been actively involved in the measures of eliminating negative consequences of BW activities at the island since the break up of the Soviet Union. From 1936 to 1992, Voz island was the major proving ground in the Soviet Union for the open-air testing of BW agents developed at different Soviet BW facilities. A variety of BW agents were tested on the island, including the microbial pathogens that cause plague, anthrax, Q-fever, smallpox, tularemia, and Venezuelan equine encephalitis, as well as botulinum toxin. According to CNS occasional paper by Tucker and Zilinskas, (“The 1971 smallpox epidemic in Aralsk, Kazakhstan, and the soviet biological warfare program”), some of the pathogens tested in aerosol form were genetically modified strains that produce atypical disease processes and are resistant to existing medications, potentially complicating diagnosis and treatment. In addition to common pathogenic strains, special strains developed for military purposes were tested at the island. Bacterial simulants were also used to study the dissemination of aerosol particles in the atmosphere. BW agents tested at the Voz site had been basically developed at the MOD facilities in Kirov, Sverdlovsk, Zagorsk, and Biopreparat center in Stepnogorsk. Voz island was apparently chosen for open-air testing of biological weapons because of its geographic location and climatic conditions. The shores of the Aral Sea are predominantly large, sparsely populated deserts and semi-deserts, which hindered unauthorized access to the secret site. The island’s sparse vegetation, hot, dry climate, and sandy soil – which reaches temperatures of +60° in summer – all reduced the possibility that pathogenic microorganisms would survive and spread. In fact, the test site on Voz island remained in operation until the disintegration of the Soviet Union. Evacuation of Russian military personnel from the island began in 1991, after the PNIL specialists left and the laboratories were closed. On 18 january 1992 the supreme soviet of newly independent Kazakhstan issued the edict “On urgent measures for radically improving the living conditions of Aral area residents” under which the Vozrozhdeniye military site was officially closed. On 11 april 1992 russian president Boris Yeltsin issued edict no.390 “On ensuring the implementation of international obligations regarding biological weapons”, which ordered all offensive BW programs shut down. Following the decree, the Russian government declared that the Vozrozhdeniye site was closed, the special structures would be dismantled, and within two or three years tha island would be decontaminated and transferred to kazakhstani control. In august 1995, specialists from U.S. department of defense visited Voz island and confirmed that the experimental field lab had been dismantled, the site’s infrastructure destroyed, and military

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settlement abandoned. However, the contamination of the island still presents a growing threat to the nearby population and the environment because of the desiccation of the Aral Sea. In 1998, information was revealed regarding viable anthrax spores on the Voz island, which caused a new wave of concern regarding the environmental condition of the island. It’s also notable that during the late 1980s, large quantities of anthrax spores that had been mass-produced and stockpiled in Russia were transported to the island for decontamination and burial. In the aftermath of the September 11 attacks, the US government recognized the urgency of decontaminating the anthrax burial sites to eliminate the threat of terrorist access. Moreover, because oil companies are interested in drilling on the island for petroleum and natural gas, these activities could stir up contaminated dust that could blow across to the mainland. In october 2001, the U.S. department of defense and the uzbek ministry of defense signed an agreement allowing the cooperative threat reduction (CTR) program to spend up to $ 6 million ti prevent the proliferation of biological weapons materials and technology from Uzbekistan. Because the CTR program is prohibited by law from engaging in economic conversion or environmental remediation, the goals of the Vozrozhdeniye project are to destroy the residual viable anthrax spores in the burial pits and to dismantle the BW laboratory complex on the island. During the soviet period, all work conducted on the island was strictly classified and its existence well-concealed by special services coordinated from Moscow. Therefore, today Kazakhstan does not possess complete information about the character and range of activities at the site. There is still no official information in this regard, only unofficial open foreign and local publications. Multiple appeals from the kazakhstani government to Russia to release the needed information have been unsuccesful.

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Anthrax buried for good By Christopher Pala, THE WASHINGTON TIMES Almaty, Kazakhstan – When soviet troops hastily buried hundreds of tons of weaponized anthrax on a remote island in the Aral Sea in 1988, they had no idea the site would be dug up by Americans, or that the lessons they would learn would be useful in the search for buried anthrax that is expected to begin after the U.S. led invasion of Iraq. Brian Hayes, who led the expedition to Vozrozhdeniye island in summer, is a biochemical engineer with the U.S. threat reduction agency. During two long interviews, one in Washington, the other by telephone, ha asked that his title not be disclosed, nor his role in the U.N. inspections of Iraq, in which he said ha had participated. He also declined to discuss what future role he might play in analysing Iraqi soil samples. Under difficult conditions, the American group dug up, tested, killed and reburied the anthrax over a three-month period. While not secret, the operation was not publicized by the U.S. government and, until now, no account of it has been published. First used in 1936, the island was abandoned by the soviet army when the Soviet Union dissolved in 1991. It become the property of Kazakhstan and Uzbekistan. But because of its remoteness, neither country sent forces to guard it, and scavengers have been picking it of valuable materials every summer since 1996. The anthrax was buried there after soviet president Mikhail Gorbachyov became concerned that the stockpile – produced and stocked at Zima, near Irkutsk – would be an embarrassment if western countries asked to inspect the plant. Suspicions had been raised that the Soviet Union might be violating a 1972 treaty banning biological weapons after an accidental release in Sverdlovsk of anthrax spores killed some 70 people. So the soviets sent the spores by train to Aralsk, then by ship to the island, according to Kazakhstan officials. Russia hasn’t said how much anthrax was moved, and Mr. Hayes said it was hard to guess. Estimates vary between 100 and 200 tons. The anthrax was buried at a depth of 5 to 8 feet, Mr. Hayes said. “The purpose of the expedition – by the American team in 2002 – was to prevent potential adversaries from acquiring biochemical materials that could pose a significant risk and danger to Uzbekistan (ma chi ci crede? Gli USA si preoccupano dell’Uzbekistan?) and the USA (ecco adesso ci siamo, questo è il vero motivo dell’interesse n.d.r.)” Mr. Hayes said. Gennady Lepyoshkin, who during the soviet period ran a huge anthrax-production facility in Stepnogorsk, northern Kazakhstan, and spent 18 summers on the island, disputed the proliferation risk. “It’s much easier to get anthrax spores from laboratories than from the island”, he said in an interview. “It’s very remote and not many people know where the anthrax was buried”. Mr. Lepyoshkin said the anthrax used for the late 2001 attacks in Washington did not come from Vozrozhdeniye. (Published accounts in the USA say the anthrax spores used in the 2001 attacks that killed 5 persons on the East coast, including two postal workers in Washington, and contaminated government sites on Capitol hill, were of the Ames strain, developed in a secret U.S. army program. The person or persons behind those attacks have not been identified) Voz island remoteness was very much on Mr. Hayes mind when he and a handful of Americans assembled in Nukus, Uzbekistan for one of the most challenging expeditions in the history of biological weapons. Nukus is one of the poorest towns in the former Soviet Union. Yet that is where Mr. Hayes procured five backhoes, four dump trucks, six water trucks, various four-wheel-drive vehicles and a crane, along with a work force of nearly 100 uzbeks. “We went door-to-door looking for the personnel and equipment,” he said. “Most of the equipment was in pretty bad shape so, for instance, we needed five backhoes to have three working simultaneously.”

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Men and materiel were flown 100 miles to Moynaq, once a prosperous fishing port on the Aral Sea, now a dying town 50 miles from its receding coast, in a creaking, single-engine Antonov An-2 biplane, the workhorse of the soviet hinterlands. From there, three Mi-8 helicopters carried the equipment another 100 miles to Kantubek, the town on Vozrozhdeniye island built for the 2000 people who once staffed the top-secret testing ground. Mr. Hayes bought a cement mixer in Nukus to mix the contaminated earth with calcium hydrochloride, which would kill the spores. “It was too heavy for the helicopter to lift, s owe disassembled it into two parts,” he said. “That was such a complicated process that once we finished, we realized that we probably couldn’t reassemble it.” So Mr. Hayes devised another way to kill the anthrax: he used the backhoes to dig trenches in the vicinity of each of the 11 pits where the anthrax had been buried. The trench was lined with thick plastic, filled with calcium hydrochloride, and the contaminated earth was covered with water there for six days and re-buried after testing found no live spores. When the team – which at its peak would total 113 persons – arrived on the island, the challenges continued. Not far from the pits were warehouses still containing standard laboratory equipment. The warehouses had become overgrown with weeds which, in the semi-desert environment, provided shelter for snakes and rodents. “The first night, we found a 6-foot pit viper inside the camp,” he said. “On another occasion, an 8-foot cobra was shot near the tents where the staff lived. In all, we had run-ins with about 25 poisonous snakes.” Water proved to be another problem. “We needed a lot of water because we sprayed the work area constantly so none of the anthrax spores could become airborne,” ha said. “Basically, we worked in mud all the time. And in addition, we wore hot zone suits any time we went within 300 yards of the pits. Everybody wore them.” In Nukus, he was told he could drill for water on the island, but the equipment provided was useless. “We found a group of large cisterns in the town,” ha said, “and we helicoptereted the six water trucks so they could carry the water from the town to the pits” – about 2 miles. The soviets had apparently mixed the anthrax with the calcium hydrochloride in what Mr. Hayes called “a smaller version of the 55-gallon drum” and then emptied the mixture into the pits, taking nearly all of the drums back with them. “We did some testing, and when we found that some spores were alive, we didn’t go any further,” ha said. “We just went on the assumption that all the earth in the sample area contained spores.” They brought high-tech lab equipment that was used to test more than 1000 samples for live anthrax spores. Without the lab, Mr. Hayes said, the team would not have been able to test the effectiveness of their work. “We left everything looking the way it looked before,” ha said. This correspondent, who spent five days in the area three months after the expedition and looked for the pits, failed to detect any sign of them. The operation cost somewhere between $ 4 million and $ 5 million. “That’s a bargain. You couldn’t do it for that kind of money in the States,” Mr Hayes said. Near the laboratory complex was the unmarked grave of a woman who died of an infection she got handling germs several decades ago. “I used to drive up there every day and say a prayer for her,” ha said.

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Forse qualcosa si sta facendo… May 1, 2002. US team to destroy uzbek anthrax by Catherine Davis, BBC Central Asia correspondent An American-led team is to begin destroying anthrax bacteria at what was the former Soviet Union’s main open-air biological testing site. It will be the first time the US government has carried out a pathogen destruction operation like this overseas, and the attacks on the USA last September have given the project added impetus. Specialist equipment has been transported to the remote Vozrozhdeniye island in north-west Uzbekistan. The Vozrozhdeniye pathogen destruction operation, as it knows, is expected to take out about 30 days to complete. The project is being carried out under the US cooperative threat reduction programme (CTR). Tight security Voz island is situated in the Aral Sea which is shrinking rapidly, causing concern that one day it will become part of the mainland. The anthrax is buried in 11 pits there. The plan is to soak the area in a chlorine bleach solution first, then excavate the pits. Samples from each one will be analysed at a specially built on site laboratory. When it is clear no material remains, the dirt will be returned to the pits, which will be capped. Once the excavation starts, it will be an exhaustive, round-the-clock operation until the process is completed. Security will be tight, with not only armed guards but helicopter patrols too. Little danger Experts consider the anthrax in the pits to be highly dangerous, but the likelihood of it spreading infection is said to be low. An engineer working on the project said the equipment on the island had deteriorated due to years of neglect and could not be used for proliferation purposes. Since the soviets left in 1992, scavengers have stripped the original test site bare. The island is now becoming more accessible as the surrounding sea recedes. But soil samples taken from the island earlier this year – according to american specialists – showed no contamination. They say anthrax does not last well in the sandy soil and hot dry climate, where temperature reach +60° degrees in the summer.

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Un articolo scritto probabilmente poco prima della spedizione USA Menzogne sovietiche sull’incontrollata isola laboratorio by Ben Aris in Moscow Uno dei più grandi depositi del mondo dell’antrace per armi batteriologice è stato lasciato incustodito. Il deposito è sull’isola Vozrozhdeniye nel mezzo del mare d’Aral, la quale un tempo era luogo di test per armi batteriologiche testate dai sovietici. Si trova a circa 600 miglia dall’Afghanistan. L’isola è stata abbandonata 10 anni fa, ma ci sono rimaste abbastanza spore dell’antrace da uccidere la popolazione del mondo parecchie volte. L’antrace è sepolto in tamburi di metallo alcuni piedi sotto la superficie. A seguito degli attacchi terroristici in america c’è stata molta speculazione sul possibile uso di armi biologiche da parte dei terroristi. Sonya Ben Ouagrham, un esperto di non proliferazione all’istituto Monterrey a Washington, ad esempio dice che l’antrace non sarebbe facile da usare, ma:”se foste un terrorista sarebbe possibile andare semplicemente là e scavare sulle spore, ma il problema è che si deve sapere se sono ancora virulente ed attive. Dovete esaminarle, il che richiede esperti, tempo e soldi.” Nondimeno, l’isola Vozrozhdeniye è ora totalmente non protetta. Le protezioni russe si sono ritirate nel 1992 e Uzbekistan e Kazakistan hanno schivato ogni responsabilità. Un terrorista alla ricerca di armi biologiche avrebbe bisogno soltanto di una forcella.

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Antrace L’antrace o carbonchio è una malattia endemica degli erbivori causata dal bacillus anthracis. L’antrace può essere trasmessa anche all’uomo per inoculazione diretta, attraverso ferite superficiali o abrasioni della pelle, per ingestioni di carne cruda, per inalazione di spore presenti su materiali contaminati. La malattia assume nell’uomo diverse forme cliniche a seconda delle modalità di contagio. Nella trasmissione da contatto si manifesta in una delle forme più lievi con delle pustole carbonchiose e deve essere curato tempestivamente con gli antibiotici, mentre quando viene assunto per via inalatoria da luogo al carbonchio polmonare, che provoca la morte in un breve lasso di tempo se non identificato. Se si insinua nelle vie respiratorie il bacillo provoca febbre, tosse, affaticamento e quando compaiono disturbi più gravi qualunque trattamento è ormai inutile. L’antrace è una delle maggiori malattie infettive dell’antichità. La quinta e sesta piaga nel libro dell’Esodo, nella Bibbia, possono essere state un’epidemia di antrace nel bestiame e negli umani rispettivamente. C’è chi sostiene che il flagello nero o peste che colpi l’Europa nel 1600 causando milioni di morti tra uomini e animali fu probabilmente antrace o che comunque l’antrace, oltre alla peste, avesse fatto la sua parte di morti. Nel 1876 fu scoperta l’eziologia batterica dell’antrace da parte di Koch e cinque anni più tardi, nel 1881, l’antrace fu la prima malattia batterica per la quale fu disponibile la vaccinazione. Grandi epidemie di antrace negli esseri umani si sono verificate nell’era moderna, più di 6000 casi prevalentemente cutanei si sono verificati in Paraguay nel 1987. L’antrace rappresenta la più grave minaccia di guerra biologica. Un rapporto dell’organizzazione mondiale della sanità stimava che dopo tre giorni il rilascio di 50 chili di spore di antrace lungo una linea di 2 chilometri di una città di 500.000 abitanti, avrebbe causato 125.000 infezioni producendo 95.000 morti. Questo numero rappresenta più morti del previsto in ogni altro scenario di rilascio di agenti biologici. Inoltre è stato stimato che un rilascio per via aerosol di antrace lungo una linea di 100 chilometri in condizioni meteorologiche ideali potrebbe produrre il 50% di tasso di vitalità. Gli USA hanno scelto di includere l’antrace nel loro armamento bellico di armi biologiche nel 1950 e anche l’URSS e l’Iraq ammisero di possedere armi di antrace. Un incidente militare a Sverdlovsk nel 1979 portò almeno a 66 morti a causa dell’inalazione di antrace, una dimostrazione non prevista dell’efficacia di questo agente biologico e della fattibilità concreta di questa arma. L’antrace è causato dal bacillus anthracis, un germe gram positivo che forma delle spore. La forma in spore di questo organismo può sopravvivere nell’ambiente per molti decenni. Certe condizioni ambientali producono delle zone di antrace, aree in cui il suolo è costantemente contaminato con le spore. Queste condizioni comprendono il suolo ricco di componenti organici (ph < 6.0) e drammatici cambiamenti del clima, per esempio abbondanti piogge seguite da una prolungata siccità. L’antrace è una importante malattia veterinaria, specialmente negli erbivori domestici, in parte perché esso persiste nel suolo, poi perchè questi erbivori possono contrarre la malattia dal morso di certe mosche e gli avvoltoi possono diffondere meccanicamente l’organismo nell’ambiente. Le zone di antrace negli USA corrispondono strettamente ai movimenti di bestiame negli anni del 1800. Le spore di antrace si diffondono bene per via aerosol e resistono alla degradazione ambientale, inoltre queste spore di 2-6 micron di diametro sono della dimensione ideale per raggiungere le mucose delle basse vie respiratorie degli uomini ottimizzando le possibilità di un’infezione. La maggior parte dei casi di antrace sono cutanei e sono contratti attraverso uno stretto contatto della pelle abrasa con prodotti derivanti da erbivori infetti, principalmente il bestiame, pecore e capre. Questi prodotti possono includere pelle, lana, ossa, e carne. L’antrace cutanea è facilmente riconoscibile e presenta una limitata diagnosi differenziale, è sensibile alla terapia con diversi antibiotici ed è raramente fatale. L’inalazione di antrace,

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conosciuta anche come “malattia del tosatore”, è stata riconosciuta un rischio occupazionale e quindi considerata malattia appartenente alla medicina del lavoro che colpisce i lavoratori dell’industria tessile e dei macelli. L’immunizzazione di questi lavoratori ha pressoché eliminato questo rischio nelle nazioni occidentali. Come arma biologica tuttavia, l’antrace può essere rilasciata come aerosol ed essere di conseguenza contratta per via inalatoria. I rischi di contagio nel caso delle spore sono elevatissimi: se qualcuno liberasse nell’atmosfera il batterio vicino ad una città di 500.000 abitanti, potrebbe causare la morte di oltre 90.000 persone entro una settimana. L’infezione di antrace inizia dopo l’esposizione ad un inoculo di batteri, successivamente si verifica l’uptake delle spore da parte dei macrofagi polmonari, che trasportano le spore ai linfonodi tracheo-bronchiali o mediastinici, qui il bacillo dell’antrace incontra un veicolo favorevole per la crescita. L’organismo incomincia a produrre una capsula antifagocitica e almeno tre proteine che giocano un grande ruolo nella virulenza: questa proteine sono conosciute come fattore edema (EF), fattore letale (LF) e antigene protettivo (PA). PA serve come molecola di trasporto necessaria per EF ed LF e permette la penetrazione dentro alle cellule. Una tossina letale risulta dalla combinazione di LF+PA. Queste tossine portano a necrosi del tessuto linfatico che a sua volta causa il rilascio di una grande quantità di bacillo antrace. Gli organismi guadagnano quindi l’accesso alla circolazione e rapidamente si verifica una setticemia fatale: all’autopsia si riscontra una diffusa emorragia che interessa molti organi. L’inalazione di antrace generalmente si verifica dopo un periodo di incubazione di 1-6 giorni. Durante l’epidemia di Sverdlovsk tuttavia i casi spontanei comparvero anche 43 giorni dopo il contagio, tali casi ritardati sono inspiegabili, ma pongono serie implicazioni per la gestione post-esposizione delle vittime di un attentato per via aerosol. La sintomatologia è la seguente: dopo il periodo di incubazione caratterizzato da febbre, mialgie, dolore di testa, si verifica una tosse non produttiva e un dolore al petto. Generalmente c’è un periodo di miglioramento apparente che compare 1-3 giorni dopo la comparsa dei sintomi iniziali, ma segue rapidamente il peggioramento: questa seconda fase è caratterizzata da una febbre elevata, da difficoltà respiratorie, da cianosi e da shock. In molti casi si riscontra una meningite emorragica, la radiografia toracica può mostrare delle effusioni pleuriche e un allargamento del mediastino, sebbene una vera e propria polmonite non sia tipicamente presente. La morte è quasi certa nei casi non trattati, come si può verificare in almeno il 95% dei casi trattati se la terapia è iniziata più di 48 ore dopo l’inizio dei sintomi. Non esiste possibilità di contagio da persona a persona. In conclusione, anche se l’antrace può essere considerato tra gli agenti biologici più pericolosi per la disponibilità quale arsenale terroristico e di guerra, bisogna considerare che è anche un’arma per la quale esiste un vaccino ed esistono terapie antibiotiche e profilassi post-esposizione. Considerando il relativamente breve periodo di incubazione e la progressione rapida della malattia, l’identificazione della popolazione esposta entro 24-48 ore e l’impiego di antibiotici per la cura e profilassi rappresentano una strategia di fondamentale importanza.

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Ecco un’immagine dei laboratori abbandonati dell’isola Vozrozhdenie

I prossimi due documenti sono tratti dal sito: http://cns.miis.edu/pubs/dc/briefs/vozisland.htm

Qui viene riportata la trascrizione di una conferenza circa un accordo USA-Uzbekistan in merito alla bonifica dell’isola dai suoi veleni. Di seguito un articolo sull’interesse mostrato dalla Russia nel 2002 per la bonifica dell’isola.

Biological Decontamination of Vozrozhdeniye Island: The U.S.-Uzbek Agreement

Jonathan B. Tucker Ambassador Shavkat Khamrakulov Dr. Alla Karimova

Transcript

Introduction, Dr. Jonathan B. Tucker

Vozrozhdeniye Island, or "Rebirth Island" in English, is located in the Aral Sea, which divides the Central Asian countries of Uzbekistan and Kazakhstan. During the Soviet era,

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the island was an open-air testing site for the Soviet biological weapons program. From 1936 to 1991, field tests carried out on the island involved the release of “weaponized” pathogens: microorganisms specially developed by military scientists to be virulent, hardy, and antibiotic-resistant.

Among the biological warfare agents tested on the island were special strains of Bacillus anthracis (the causative agent of anthrax), Yersinia pestis (plague), and Francisella tularensis (tularemia) that had been rendered resistant to multiple antibiotics and environmental stresses. Some evidence suggests that viral agents, including the smallpox virus, were also tested on the island.

The Red Army's Fifteenth Directorate, which ran the test site, operated a year-round command post in Aralsk, on the Kazakh mainland. All of the key facilities on the island, however, were located south of the Uzbek border. At the barracks and headquarters area, up to 800 scientists and troops were deployed at the peak testing periods from April to August.

One kilometer south was a laboratory complex, including high-containment facilities for work with dangerous pathogens. South of the lab complex was a 240 square mile open-air test range where the biological warfare agents were tested.

The Aral Sea was once the world's fourth largest inland body of water. During the Soviet testing program, deadly germs released experimentally were unable to escape from the island because a large expanse of open water separated it from the mainland. Beginning in the 1960s, however, the Soviet authorities diverted the sea's feeder-rivers into concrete irrigation canals, with the aim of growing large amounts of cotton.

After a few successful harvests, the desert soil became exhausted, the rivers silted over, and desiccation and pesticide contamination turned the area into an environmental wasteland, with serious health consequences for the local populations.

The diversion of the rivers has also caused the Aral Sea to shrink dramatically and ended the former isolation of Vozrozhdeniye Island. A land bridge has now formed from the Uzbek mainland, transforming the island into a peninsula, as shown in this sequence of overhead images.

In 1988, after the Soviet BW program was supposedly shut down, slurries of anthrax spores and other pathogens were buried on the island. The anthrax spores had been produced at the military microbiology facility in Sverdlovsk and then stockpiled near Irkutsk.

Because the volume of the anthrax material was too large to autoclave, it was shipped to Vozrozhdeniye Island for decontamination and burial. The anthrax spores were mixed with bleach in 250-liter stainless steel containers and then buried in 11 pits within a total area of less than a football field. Because the spores tended to clump together, some were protected from the bleach and remained viable in the soil.

In 1992, Kanatjan Alibekov, a senior Soviet bioweapons scientist, defected to the United States and revealed that weaponized anthrax had been buried on Vozrozhdeniye Island. The U.S. intelligence community was able to determine the locations of the burial sites from historical satellite images taken while the pits were being dug. A Department of

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Defense team then traveled to the island and took soil samples, which revealed the presence of viable spores of weaponized anthrax.

In the aftermath of the September 11 attacks, the U.S. government recognized the urgency of decontaminating the anthrax burial sites to eliminate the threat of terrorist access. Moreover, because oil companies are interested in drilling on the island for petroleum and natural gas, these activities could stir up contaminated dust that could blow across to the mainland.

Even so, it would be an exaggeration to call Vozrozhdeniye Island an environmental catastrophe. Because sunlight is an excellent disinfectant, no viable pathogens remain on the surface, only below ground.

Last October, the U.S. Department of Defense and the Uzbek Ministry of Defense signed an agreement allowing the Cooperative Threat Reduction (CTR) program to spend up to $6 million to prevent the proliferation of biological weapons materials and technology from Uzbekistan.

Because CTR is prohibited by law from engaging in economic conversion or environmental remediation, the goals of the Vozrozhdeniye project are to destroy the residual live anthrax spores in the burial pits that pose a security threat and to dismantle the BW laboratory complex on the island.

Next month [February 2002], the American side will present a plan and a proposed decontamination technology to the Uzbek Ministry of Defense for its approval, and the actual work will probably get under way in the spring. The current plan is to use a special decontamination solution to soak the anthrax-contaminated soil in situ. The soil will then be dug up and run through the solution again to make sure that all of the spores have been killed. The anthrax pits should be decontaminated by the end of this year, although it will take longer to dismantle the laboratory complex.

Fasi di una missione sull’isola

This is not the first collaborative effort between the United States and the government of Uzbekistan. CTR has been working in Uzbekistan since 1997 to dismantle the R&D and pilot production equipment at the former Soviet chemical weapons laboratory at Nukus, a project due to be completed this year.

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Ambassador Shavkat Khamrakulov

It is good to know that academic circles in the United States have an interest in Vozrozhdeniye Island. Vozrozhdeniye Island is what we inherited from the former Soviet Union. Heritage and inheritance could be different, they can be good and they can be bad and one cannot get to choose either. We were destined to get Vozrozhdeniye Island.

As Dr. Tucker said, I was grateful to the Kazakh scientist Alibekov who brought this information to the United States. I would also be grateful to him if he had brought it to Tashkent. It is very difficult to have such an island on one's territory when you do not know what is on it and what kind of threat it poses. In this regard, I am very grateful to the American side for their willingness to work with us and for their desire to help us.

Today, as we are facing the threat of international terrorism all over the world, such an island as Vozrozhdeniye could become a target for global terrorists. They could use what is on that island to "get even" with various parts of the world, and therefore, the island becomes even more important.

Everybody in this audience can remember 10 or 15 years ago when we would get together and talk about the threat of terrorist use of chemical, biological or nuclear weapons. We are facing this today. The current cooperation between the United States and Uzbekistan focuses on preventing the spread of chemical and biological weapons from Uzbekistan.

I do not want to take too much of your time, because I think it is going to be much more interesting for you to listen to what Dr. Karimova has to say. I think it will be very interesting for you because Dr. Karimova has been working on this subject for a long time. I have known her for a long time. She is a Doctor of Political Sciences and she has also authored a book on nonproliferation issues. Today this book is considered the best textbook on the issue in Uzbekistan. It is my pleasure to give the floor to Dr. Karimova.

Alla Karimova

I am very pleased to be here and to participate in this conference on such an important issue of international cooperation. The changes in world politics caused by the events of September 11 have demonstrated even more clearly the closeness between Tashkent and Washington. They have also made stronger the positive tendencies that were formed over the course of the past 10 years between our two countries. Our co-operative efforts in the area of nonproliferation played a very significant role in forming trust in our relationship.

Alongside government organizations, in 1996 the Monterey Institute and the Center for Nonproliferation Studies became pioneers in developing such ties. This was a unique experiment when a U.S. non-governmental organization and the Uzbek Ministry of Foreign Affairs started working together in creating a nonproliferation culture in Uzbekistan. Since then, our cooperation has not stopped for even a minute. The scientists and staff from the Monterey Institute have presented a number of lectures on nonproliferation in Uzbekistan. Every year they bring groups of people from our country to train in the United States. They also conduct regional conferences. In other words we continue working in instituting the culture of nonproliferation in our country.

Looking back at the last six years, I would like to remind you of a conference that took place in Tashkent. This was the conference called Central Asia Nuclear Weapons Free

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Zone. The success of the conference was due to the work conducted by our colleagues from Monterey. The importance of this conference is that it was the beginning of a new project creating the Central Asia Nuclear Weapons Free Zone. Also, Uzbekistan joined the “international agenda” on nonproliferation of weapons of mass destruction.

The events of September 11 made this process go faster. They have drastically changed our view of security, strategic stability and the whole complex of measures that ensure security and stability. Moreover, they demonstrated a very dangerous interconnection between international terrorism and illegal arms and drug trafficking. At the same time as we reached a new level of international cooperation, we became closer on many issues and are able to discuss many critical issues successfully and usefully for both parties.

It is in this regard that I would like to mention the issue of anthrax contamination of postal letters that created a concern for many around the world. The active agent of anthrax is a large bacillus which in the human body forms a capsule. When it is in the natural environment it transforms into a spore, which when boiled, dies immediately. The disinfecting solutions can kill it after a few minutes. But spores can live in the ground for about a hundred years.

The Uzbek Ministry of Health does all that it can in order to prevent the penetration into our territory of this dangerous disease. On our border we have 166 sanitary sites that control the spread of the disease and our Ministry also has an anti-epidemiological staff. Four years ago, we approved regulations that were called the "sanitary rules" in order to protect the territory of our republic from the spread of various dangerous diseases.

In view of the current situation, this regulation was adopted and changed. We have adopted a government program on preventing and reducing the impacts of zoonotic diseases, including tuberculosis, anthrax, and rabies. 50,000 people who are part of the higher risk group are vaccinated against anthrax in Uzbekistan every year. These activities have brought positive results. However, at the same time, tragic events in the United States, anti-terrorist operations in neighboring Afghanistan, and the spread of anthrax in a number of countries are evidence of the fact that part of the world's arsenal of weapons includes chemical and bacteriological weapons, which could end up in terrorist hands.

In this regard, we have adopted additional measures in Uzbekistan. For example, we vaccinate postal workers, administrative, sanitary, and epidemiological staff, as well as customs, railway, and airlines employees against anthrax. We have also increased control over water-treatment facilities and water quality. We are taking measures to prevent the slaughtering of cattle without a preliminary veterinary inspection. We have created groups to assess how ready we are in bacteriological, sanitary, and epidemiological stations and laboratories all over the country. The Ministry of Health has set up a special office in order to strengthen preparedness against infectious diseases and, also, to increase our reserves of drugs, antibiotics, infusion solutions, and other drugs.

The government of Uzbekistan considers it very important to work in the international arena in order to prevent the threat of anthrax disease. In this area, we are very pleased that we have established a legal base for cooperation with the United States, and we are thankful to the United States for their help in the demilitarization of the Nukus facilities. We also hope that the positive experience that we have had in the joint Cooperative Threat Reduction work would also be developed in order to prevent the proliferation of biological weapons in concurrence with the Framework Agreement signed in 2001 between

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Uzbekistan and the United States. I would also like to mention the implementation agreement on the decontamination of Vozrozhdeniye Island.

Thank you very much for your attention. If you have any questions, I would be happy to answer them.

Question and Answer

Question: How accessible is the island? Is there a risk of terrorist groups diverting the anthrax spores buried on the island?

Jonathan Tucker: There has been scavenging of metals and other valuable items from the island, but the location of the anthrax burial sites is not generally known. People would have to be lucky if they were able to find the appropriate site from which to take samples. My understanding is that the island is now secured by military troops and that the possibility of terrorists gaining access to it has been removed. I would defer to my Uzbek colleague to confirm that.

Alla Karimova: I think that Dr. Tucker gave a very correct answer to your question. We do not have any information on terrorists coming to Vozrozhdeniye Island. I think what needs to be done is to implement the agreement that was signed in the summer of 2001 between the governments of the United States and Uzbekistan.

Ambassador Shavkat Khamrakulov: Today, the troops of Uzbekistan's Ministry of Defense surround the contaminated area. As Dr. Karimova said, the protection of this area is so strong that it is unlikely that terrorists are going to be able to penetrate it. But, we should not forget that besides terrorists, there are other living beings that could act as the spreading agents of this disease. What I mean is small insects, small animals, and birds that come to the territory. I do not think it matters why one dies, whether you die from the hands of terrorists or because you ate contaminated meat.

Question: Did you vaccinate people at risk against anthrax prior to September 11?

Alla Karimova: No. However, after September 11 we increased the numbers of people who are considered to be in the higher risk category. Before we had the information on anthrax powder delivered in envelopes, people who worked in the mail facilities, administrative workers, railroad workers, and people who deal with transportation were not included in the higher risk group. Now they are. We used measures that were developed in the United States, and we also received help from the U.S. that allowed us to prevent potentially life-threatening situations.

Terence Taylor, IISS: Perhaps it would be useful for British experts who decontaminated anthrax spores on Guinard Island off the coast of Scotland to share their experiences. (The British used the island to test anthrax bombs during World War II.)

Jonathan Tucker: I think that this is a very interesting observation. There are probably some useful lessons learned from the Guinard Island experience that could be applied to Vozrozhdeniye. Of course the technology of decontamination has improved in the intervening years. There is another dimension that we have not discussed, the possibility of some type of animal reservoir on the island for plague. We know that plague, unlike many other agents, does infect animals, particularly rodents. There was testing of plague

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on the island, but it is unknown whether or not there may be a reservoir of infected rodents on the island. The Uzbek government has expressed some interest in doing surveys of the fauna on the island to assess this possibility. I wondered if our Uzbek colleagues could comment on proposals by both Uzbekistan and Kazakhstan to do surveys of the island to determine if there is a lingering contamination threat from plague, as well as anthrax.

Alla Karimova: Dr. Taylor, thank you very much for the important remark. I would like to say that any additional information in this area is very useful. I will make sure to tell our experts who work in this area that they can contact you for any additional or missing information. I would also like to say that the intergovernmental agreement that was signed has many facets to it, and we are planning to sign more implementation agreements. For example, there are plans for an agreement that would involve the Ministry of Health, our scientists, academic experts and the political and technical aspects of cooperation on Vozrozhdeniye Island. This is very important to us.

Question: Did Uzbek nationals participate in the BW testing on Vozrozhdeniye Island during the Soviet time?

Alla Karimova: I would like to tell you that there are no Uzbek citizens who worked on Vozrozhdeniye Island. We only learned about what was going on there from the press. The Soviet Union did not tell us anything, and the Uzbek government has no documents on what went on there. Our first activity, after we learned about it, was to look for Uzbek citizens who were involved in this program. I want to tell you first that I am happy that none of our citizens were involved in it, but on the other hand, it makes our information-gathering more difficult.

Question: Will Russia be involved in the decontamination of Vozrozhdeniye Island?

Alla Karimova: I think you are right in raising this issue. However, something that we have to take into account is the issue of passing on the information. The Soviet government and the Russian government are two completely different things. Since the Russian government also participates in the Nunn-Lugar program, I think that they are facing much of the same challenges that we are facing with Vozrozhdeniye Island. Based on the literature that I am reading, I know that Russia has even more problems than we do, and I respect them for being so involved and committed to wanting to solve these problems. Yet I think that we made the right choice in choosing the United States as our partner. I think that we will be successful in eliminating the threat from Uzbekistan.

Rose Gottemoeller, Carnegie Endowment: I was wondering about your relationship with Kazakhstan. Obviously Kazakhstan owns part of the island as well. What is that working relationship like?

Alla Karimova: I want to say that we have a very good relationship with Kazakhstan on a whole range of issues. Our scientists, especially those who are involved in this area and those who work in the health, sanitary, and epidemiological fields work together. They have joint conferences, joint projects that are aimed at reducing the threat, and all the appropriate agencies in both governments work together.

Question: What is the total agreed cost between Uzbekistan and the U.S. to decontaminate the Island?

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Jonathan Tucker: My understanding is that six million dollars has been allocated, both for the decontamination project and for the dismantlement of the biological weapons complex. I think that there is still some discussion over the decontamination technology to be used. But that decision will be made shortly and then presented to the Uzbek government for their approval.

Alla Karimova: The allocated amount of money has been determined and I would like to again refer back to the implementation agreement, which specifies the amount of money, who is going to do the work and how the work is going to be done on Vozrozhdeniye Island. As far as scientific debates are concerned, it would be strange if they were no scientific debates, it would not be interesting.

Ambassador Shavkat Khamrakulov: I would like to say that we have the implementation agreement, and as Dr. Tucker mentioned, six million dollars has been allocated. Uzbekistan has very limited funds. As you probably guessed, the six million dollars was provided by the United States. Over the course of our negotiations, which lasted for a year and a half, we came to the conclusion that six million dollars may not be sufficient because we do not really understand the scope of the threat that is presented there. But it is certainly enough to start the work. Another aspect that has to do with Vozrozhdeniye Island is environmental. Based on the slides that Dr. Tucker presented to us, we all understand that the inevitable consequence of what is happening there is that the Aral Sea will disappear from the map. I am afraid that Vozrozhdeniye Island will first become a peninsula, and then it will turn into a part of the sediment, part of the bottom of the Aral Sea. You may remember that 10 or 12 years ago there was an article that talked about salts and dust from Vozrozhdeniye Island that have fallen into countries such as Turkey, Romania, and even countries that are further away. One can only imagine the environmental threat for countries that are surrounding the Aral Sea. Although Uzbekistan and the United States are working on solving the Vozrozhdeniye Island issue, it is not just a bilateral issue, rather, it is an issue that concerns many other countries. I would like to one more time thank Dr. Tucker and Ms. Gottemoeller for holding this meeting, and I would also like to thank everyone who came.

Rose Gottemoeller: Thank you very much, Mr. Ambassador. Having escaped now from government service and no longer being constrained in my former Department of Energy role from being concerned about environmental problems, I would like to say that I agree with you that the problems of environmental contamination of the whole region are considerable. I hope that there will be many international efforts to work on this problem.

Ecco il secondo documento:

Russia Announces Plans to Participate in Research on Vozrozhdeniye Island

Prepared by the Washington, D.C. Office of the Center for Nonproliferation Studies

On February 27, 2002, the Russian government announced that experts from the Russian Ministry of Civil Defense, Emergencies and Natural Disasters will conduct joint research with scientists from Kazakhstan to assess the contamination of Vozrozhdeniye Island ("Rebirth Island" in English), a Soviet-era biological weapons test site in the Aral Sea. According to Gennadiy Korotkin, Russian deputy minister for emergency situations, Russia

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and Kazakhstan have created a joint working group to organize research activities on the island.[1] This working group will decide what research is needed to assess the contamination of the island, the methodologies to be used, and project financing. Russia and Kazakhstan will sign a final agreement in May, after which Russia plans to negotiate a similar bilateral agreement with Uzbekistan.[1]

From 1936 to 1991, the Soviet Union used Vozrozhdeniye Island as an open-air test site for biological weapons, including the causative agents of anthrax, plague, tularemia, and smallpox.[2] Although the Aral Sea was once the world's fourth largest inland body of water, in the 1960s the Soviet Union began to divert its feeder-rivers into concrete irrigation canals as part of an effort to grow cotton. This diversion dramatically lowered the sea level around the island, ultimately creating a land bridge between the island and the Uzbek mainland in late 2001.

In 1992, Kanatjan Alibekov (a.k.a. Ken Alibek), a senior Soviet bioweapons scientist, defected to the United States and revealed that large quantities of anthrax spores, partially decontaminated with bleach, had been buried in pits on Vozrozhdeniye Island in 1988. Experts from the U.S. Department of Defense subsequently located the burial sites and detected viable anthrax spores in the soil. In late 2001, the formation of a land bridge to the island, coupled with the events of September 11 and the subsequent anthrax attacks in the United States, raised serious concerns about the accessibility of the island to terrorists intent on acquiring deadly biological pathogens. On October 22, 2001, the United States signed an agreement with Uzbekistan pledging $6 million to decontaminate the anthrax burial sites and to dismantle a former biological weapons laboratory on the island.[3] The U.S. government plans to complete the decontamination phase of the project by the end of 2002; dismantlement of the laboratory could take an additional two years.

The announcement of Russia's plan to participate in research on the contamination of Vozrozhdeniye Island caught the United States by surprise. It is unclear if Russia will seek to join the existing effort supported by the U.S. government or will develop its own projects. Given the Russian government's extensive knowledge of Soviet-era BW activities on the island, it could provide valuable assistance in assessing current contamination problems. One worrisome possibility, for example, is that rodents living on the island could have become infected with a weaponized strain of plague bacteria. Plague is known to persist in rodent populations and may be carried by fleas to infect humans.

Sources

[1] BBC Monitoring Service/Interfax, "Russia to Join Research on Former Soviet Bioweapons Test Range in Aral Sea," Financial Times, February 27, 2002, <http://globalarchive.ft.com/globalarchive/article.html?id=020227007351>.

[2] Jonathan B. Tucker, Ambassador Shavkat Khamrakulov, and Alla Karimova, "Biological Decontamination of Vozrozhdeniye Island: The U.S.–Uzbek Agreement," Center for Nonproliferation Studies, <http://www.cns.miis.edu/pubs/dc/briefs/011802.htm>.

[3] Philipp C. Bleek, "U.S. to Clean Up Soviet-Era Germ Warfare Site in Uzbekistan," Arms Control Today, November 2001, <http://www.armscontrol.org/act/2001_11/uzbeknov01.asp>.

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Documento tratto dal sito: globalsecurity.org

Vozrozhdeniye Island Renaissance / Rebirth Island

L’isola vista

dal satellite

The Vozrozhdeniye [Renaissance or Rebirth] Island test site in the Aral Sea was part of the older, military BW system. The island was apparently chosen for open-air testing of biological weapons because of its geographical isolation. Vozrozhdeniye is situated in the middle of the Aral Sea, surrounded by large, sparsely populated deserts and semi-deserts that hindered unauthorized access to the secret site. The island's sparse vegetation, hot, dry climate, and sandy soil that reaches temperatures of 60· C (140· F) in summer all reduced the chances that pathogenic microorganisms would survive and spread. In addition, the insular location prevented the transmission of pathogens to neighboring mainland areas by animals or insects. The northern part of Vozrozhdeniye Island, which Kazakhs call Mergensay, is on Kazakhstani territory. The southern two-thirds of the island is in the Karakalpak autonomous region of Uzbekistan.

In 1936, Vozrozhdeniye Island was transferred to the authority of the Soviet MOD for use by the Red Army's Scientific Medical Institute. The first expedition of 100 people, headed by Professor Ivan Velikanov, arrived on the island that summer. The researchers were provided with special ships and two airplanes and reportedly conducted experiments involving the spread of tularemia and related microorganisms. In the fall of 1937, however, the expedition was evacuated from the island because of security problems, including the arrest of Velikanov and other specialists.

In 1952, the Soviet government decided to resume BW testing on islands in the Aral Sea. A biological weapons test site, officially referred to as "Aralsk-7," was built in 1954 on Vozrozhdeniye and Komsomolskiy Islands. The MOD's Field Scientific Research Laboratory (PNIL) was stationed on Vozrozhdeniye Island to conduct the experiments.

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Military unit 25484, comprising several hundred people, was also based on the island and reported to a larger unit based in Aralsk. The PNIL developed methods of biological defense and decontamination for Soviet troops. Samples of military hardware, equipment, and protective clothing reportedly passed field tests at the island before being mass-produced. During the Soviet intervention in Afghanistan, military protective gear developed for Afghan conditions was tested at the PNIL.

Infrastructure and BW Development

The BW test site on Vozrozhdeniye Island was divided into a testing complex in the southern part of the island and a military settlement in the northern part where officers, some with families, and soldiers lived. The settlement had barracks, residential houses, an elementary school, a nursery school, a cafeteria, warehouses, and a power station. Personnel were subjected to regular immunizations and received hardship benefits.) PNIL laboratory buildings, located near the residential area, possessed up-to-date equipment and a Biosafety Level 3 containment unit. Also located in the northern part of the island was Barkhan Airport, which provided regular plane and helicopter transportation to the mainland, and a seaport at Udobnaya Bay. Special fast patrol boats protected the island from intruders.

The open-air test site in the southern part of the island was used for studying the dissemination patterns of BW agent aerosols and methods to detect them, and the effective range of aerosol bomblets with biological agents of different types. The testing grounds were equipped with an array of telephone poles with detectors mounted on them, spaced at one-kilometer intervals. BW agents tested at the Vozrozhdeniye site had been developed at the MOD facilities in Kirov, Sverdlovsk, and Zagorsk, and the Biopreparat center in Stepnogorsk, and included anthrax, tularemia, brucellosis, plague, typhus, Q fever, smallpox, botulinum toxin, and Venezuelan equine encephalitis. The experiments were conducted on horses, monkeys, sheep, and donkeys, and on laboratory animals such as white mice, guinea pigs, and hamsters. In addition to common pathogenic strains, special strains developed for military purposes were tested at the island. Bacterial simulants were also used to study the dissemination of aerosol particles in the atmosphere.

The fact that the island's prevailing winds always blow toward the south, away from the northern settlement, was probably an important factor in designing the site. The BW aerosol tests were also conducted in such a way as to avoid contaminating the northern military settlement, and a special service on the island was responsible for environmental control. Nevertheless, the activities on the secret island caused serious concerns among local residents because of repeated epidemics and the mass deaths of animals and fish in the area. Individual cases of infectious disease also occurred in people who spent time on the island.

Desiccation of the Aral Sea

The Aral Sea is fed by two rivers -- the Amu Darya and the Syr Darya -- which pass through a large desert area that has been turned into irrigated farmland. Planners diverted most of the fresh river waters that once flowed to the Aral Sea to irrigate water-intensive cotton crops. Only 10 percent of that water now reaches the Aral. As a result, the Aral, once the fourth largest inland sea, has lost over half its surface area since 1960 and

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continues to shrink. Islands are rising from the sea and have split it into several separate water bodies.

The accompanying loss of the commercial fishing industry, deterioration in water quality, contamination of the soil from salt blown hundreds of miles from the former sea bottom, and declining ground water levels have devastated a 400,000 square kilometer region. For example, a fish processing factory which was once on the banks of the Aral Sea is now 80 km from the beach. Trainloads of fish now are transported from the Pacific Ocean to keep the factory open and the surrounding community productive. Also, as the Amu Darya and Syr Darya flow through the farmland, they collect agricultural chemicals which then are deposited into the Aral Sea. As these chemicals have moved into the sea and surrounding area, soil fertility has decreased and human health problems have increased in the area. Cancer rates and birth defects are up. Several science teams are studying the death of what was once the fourth largest lake in the world.

Comparison of 1962 CORONA imagery with more recent satellite data shows details of the dramatic change in the shoreline of the Aral Sea in Russia resulting from extraction for agricultural and other purposes.

By the early 1990s, the desiccation of the Aral Sea, which had been taking place since the 1960s because of the diversion of water into irrigation projects, had begun to impair the operation of the Vozrozhdeniye test site. Although the island was initially 200 square kilometers in size, it expanded to 2,000 square kilometers by 1990. The shrinkage of the Aral Sea increased operational expenditures at the test site, particularly the cost of importing necessary items. The site's port had to be relocated several dozen kilometers away from the settlement, increasing the need for ground transportation and the size of the labor force needed for loading and unloading operations. Kazakhstani specialists believe that by 2010, the island will be connected to the mainland; there is already a shallow zone between the island and the settlement of Muynak on the Uzbekistani coast. The emergence of a land bridge would eliminate the major security benefits of the island.

The Moscow authorities did not allow Kazakhstani public representatives to visit Vozrozhdeniye Island until 1990. The first Kazakhstani commission, headed by N. I. Ibrayev, Deputy Chairman of the Kzylorda Oblast Executive Committee of the CPSU, visited the island in August 1990. The visit was hosted by Valeriy Sinevich, the commander of the military unit stationed on the island, and Victor Donchenko, deputy head of the PNIL. In the spring of 1992, a second Kazakhstani government commission headed by Svyatoslav Medvedev, Minister of Ecology and Bioresources, visited the island. In August 1992, an independent expert commission of the Aral-Asia-Kazakhstan non-governmental organization also visited. The Russian military authorities claimed that no offensive testing or research had been conducted on the island and that the site had tested only defenses against biological weapons.

Evacuation of Russian military personnel from Vozrozhdeniye Island began in 1991, when the PNIL specialists left and the laboratories were mothballed. On January 18, 1992, the Supreme Soviet of newly independent Kazakhstan issued the edict "On Urgent Measures for Radically mproving the Living Conditions of Aral Area Residents," which officially closed the Vozrozhdeniye military site. On April 11, 1992, Russian President Boris Yeltsin's Edict No. 390, "On Ensuring the Implementation of International Obligations Regarding Biological Weapons," ordered that all offensive BW programs be shut down. Following this decree, the Russian government declared that the Vozrozhdeniye site was

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closed, the special structures would be dismantled, and within two to three years the island would be decontaminated and transferred to Kazakhstani control. In August 1995, specialists from the US Department of Defense visited Vozrozhdeniye Island and confirmed that the experimental field lab had been dismantled, the site's infrastructure destroyed, and the military settlement abandoned.

After the Russian authorities left Vozrozhdeniye Island in 1992, local residents of Kazakhstan and Uzbekistan flocked to the island to seize abandoned military equipment that the Russian forces had been unable to take with them. It is to be hoped that the looting occurred in the safer, residential part of the island. Kazakhstan has not yet used the portion of the island under its jurisdiction for economic purposes, and specialists remain concerned about environmental contamination.

American scientists have found live spores of the deadly anthrax bacteria in a pit on Vozrozhdeniye Island, where the biological weapon was supposed to have been buried safely more than a decade ago, The New York Times reported on 02 June 1999.

Effetti dell’antrace sulla pelle

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Effetti dell’antrace sulla pelle

The newspaper described the Central Asia island where the pit is located as "the world's largest anthrax burial ground." Hundreds of tons of anthrax bacteria, which were developed in the Urals region of Russia under the Soviet biological weapons program, were drenched in bleach, sealed in stainless steel drums and sent to the island by train. The bleach was to have killed the bacteria before it was buried in the pit. However, US military scientists and intelligence officials, who have studied the site for four years, found that some spores survived and were potentially lethal. The danger of contamination has increased because the Aral Sea is drying up. As it does so, the island has grown, and local officials fear it will soon be connected with the mainland.

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Corona Mosaic Images of Vozrozhdenly Island

27 Nov 1962

203k 27 Nov 1962

97k

13 Oct 1965 247k

13 Oct 1965 144k

02 Aug 1969 123k

02 Aug 1965 215k

03 Jun 1970 179k

03 Jun 1970 144k

Northern Support Facility

Corona Mission 9048 27 November 1962

Corona Mission 1025-2 13 October, 1965

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Corona mission 1107-2 2 august 1969 Corona mission 1110-2 3 june 1970

U-2 imagery mission 4035 5 august 1957

Laboratory

Corona mission 9048 27 nov 1962 Corona mission 1107-2 2 aug 1969 Corona mission 1110-2 3 jun 1970

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U-2 mission 4035 5 august 1957

Facility diagram U-2 mission 4035 5 aug 1957 Japanese biological weapons laboratory Harbin, Manchuria, 1942

Airfield with 2 AN-2 colt transport aircraft

Southern Test Range Sources and Methods

Legacy of Soviet germ war lives on By Dana Lewis NBC NEWS 20 October 1999 — Some 2,300 miles south of Moscow in the middle of the Aral Sea lies one of the darkest secrets of the Cold War: Vozrozhdeniye Island.

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L’incidente di Sverdlovsk (oggi Yekaterinburg) Era il 2 aprile del 1979 quando la distrazione di un operaio di una fabbrica sovietica di armi batteriologiche causò l’unico contagio di massa di carbonchio in una città industriale. Alla fine di un turno, l’uomo dimenticò di sostituire un filtro vecchio appena tolto dagli impianti. L’indomani, quando gli altri lavoratori riavviarono i processi, le spore della malattia si diffusero nel cielo di Sverdlovsk (oggi ribattezzata in Yekaterinburg). Più di 90 persone vennero contaminate e, secondo le fonti di allora, 64 morirono: la prima vittima perse la vita dopo due giorni dall’incidente, l’ultima sei settimane più tardi. Le autorità sovietiche sostennero che la malattia si era propagata attraverso carni infette e soltanto nel 1992 Boris Eltsin ammise che la causa della tragedia era stata una disattenzione all’interno di uno stabilimento dedicato alla produzione di bombe biologiche. Quel giorno del ’72 il vento soffiava sulla periferia di Sverdlovsk: ma se la direzione fosse stata diversa, verso il centro cittadino, i morti sarebbero stati "decine di migliaia, forse centinaia di migliaia", sostiene il ricercatore Kanatja Alibekov, direttore - tra l’88 e il ’92 - del programma sovietico per le armi biologiche “Biopreparat”.

Due immagini di K. Alibekov, oggi K. Alibek Alibekov, che oggi vive a Washington, in un’intervista alla catena televisiva Pbs, ha affermato che "il carbonchio non provoca vaste

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epidemie. In genere il numero di persone contagiate simultaneamente non è molto alto: cinque, dieci, forse venti". Proprio questa sua caratteristica ne fa una buona arma: la malattia non si diffonde da una persona all’altra, ma necessita del contatto diretto con spore o particelle, permettendo così a chi la utilizza a fini bellici o terroristici di tenersi fuori dalla zona pericolosa e di ridurre al minimo i rischi personali. I sovietici, come ammesso da Boris Eltsin, hanno a lungo lavorato a progetti di armi batteriologiche. E dopo la dissoluzione dell’Urss, non è chiaro che fine abbiano fatto gli ordigni biologici conservati nei bunker delle repubbliche distaccatesi dalla Russia. Secondo rapporti delle organizzazioni internazionali e dei servizi segreti americani, dal ’95 a oggi sono diciassette i paesi sospettati di aver coltivato batteri a scopo militare o terroristico. L’uso di armi batteriologice per scopi terroristici comporta il vantaggio di poter condurre offensive in ogni parte del mondo attraverso piccole cellule ben organizzate. Un quadro che rende possibili gli attentati per mezzo del carbonchio. Tuttavia, sostiene Barbara Rosenberg, microbiologa della State University of New York e responsabile del gruppo di scienziati americani che vigilano sul “disarmo biologico”, "gli esperti militari sono d’accordo: è molto, molto improbabile che un terrorista possa condurre un attacco di questo genere senza essere stato addestrato o rifornito da un paese dotato della necessaria esperienza in armi batteriologiche".

Prove di guerra biologica

L’epidemia ebbe luogo nella città di Aralsk, in Kazakistan, e colpi dieci persone, uccidendone tre

Gli esperti di bioterrorismo stanno discutendo su un rapporto preliminare secondo cui una piccola epidemia di vaiolo scoppiata in Unione Sovietica nel 1971 fu il risultato della sperimentazione segreta di un'arma biologica. "L'epidemia - dice Alan Zelicoff, del Sandia National Laboratorie di Albuquerque, in Nuovo Messico - mostra che anche un attacco condotto disperdendo il virus nell'aria può essere mortale." L'epidemia ebbe luogo nella città di Aralsk, in Kazakistan, e colpì dieci persone, uccidendone tre. Nessuna notizia dell'avvenimento raggiunse il mondo occidentale fino all'anno scorso, quando un rapporto originale degli anni '70 fu spedito al Monterey Institute of International Studies. Secondo questo rapporto l'epidemia ebbe un'origine naturale, ma dopo aver analizzato attentamente il documento e aver parlato con due delle vittime sopravvissute, Zelicoff ha raggiunto una conclusione diversa. Il rapporto conclude che molto probabilmente il primo paziente contrasse il vaiolo durante un'escursione su una nave di ricerca

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ecologica. Ma il tempo d’incubazione del vaiolo rende questa teoria sospetta; inoltre, la giovane donna non sbarcò in nessun porto. Una spiegazione molto più plausibile, dice Zelicoff, è che essa fu infettata quando la nave passò nei pressi dell'isola di Vozrozhdeniye, in quel tempo luogo segretissimo per la sperimentazione delle armi biologiche. Zelicoff suggerisce anche che si trattò di un ceppo particolarmente infettivo, perché tre delle 25 persone vaccinate che assistettero i pazienti contrassero la malattia, una percentuale stranamente alta. In un'intervista rilasciata alla rivista “Science”, Kennet Alibek, in passato dirigente all'interno del programma sovietico per le armi biologiche, ha sostanzialmente confermato la teoria di Zelicoff. Tuttavia, secondo Alibek l'esperimento non riguardò un ceppo di vaiolo sconosciuto, ma piuttosto quello noto come India-1967, che si sospetta proprio fu usato dai sovietici nel loro programma di guerra biologica.

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Documento tratto da: Equilibri.net – 12 febbraio 2005 10Dossier n°7/05 Unione Sovietica - Russia Il complesso degli istituti coinvolti nel programma biologico sovietico è stato, almeno fino 1992, di proporzioni ingenti. Struttura portante era la Biopreparat, diretta, fino al momento della defezione, da Ken Alibek. Il suo libro “Biohazard” presenta la prova inconfutabile della realizzazione di bombe e missili in grado di diffondere il virus del vaiolo, così come il batterio dell’antrace e della peste. Nel 1992 l’allora presidente russo Boris Yeltsin ha dichiarato il termine del programma biologico. Nonostante ciò, l’articolata organizzazione degli enti coinvolti nella produzione delle armi biologiche e la commistione tra la sfera civile e quella militare rendono estremamente complicato definire la misura in cui la dichiarazione di Yeltsin abbia avuto un riscontro nella realtà. Da rete segreta per la produzione d’armi biologiche, la Biopreparat è stata frantumata in molteplici industrie farmaceutiche, lasciando in ogni modo nelle mani dello stato un nucleo centrale costituito da una società per azioni. Il mantenimento del controllo di parte della struttura ha permesso a Mosca di operare ingannevolmente il passaggio dal settore militare a quello civile. Tuttavia, se si osservano con attenzione tutte le manovre, i persistenti legami con il Ministero della Difesa sono ancora evidenti. Nel 1991, nonostante la gestione della Biopreparat sia stata formalmente trasferita al Ministero della Salute, l’ente ha continuato ad ottenere finanziamenti esterni al ministero, assicurandosi dunque la possibilità di agire in modo indipendente. Nel 1996 il complesso è stato posto sotto la direzione del Ministero dell’Industria, inglobato nel marzo dell’anno successivo nel Ministero dell’Economia. Nel maggio dello stesso anno quest’ultimo è stato deputato alla supervisione dell’industria difensiva russa, assorbendo in questa trasformazione larga parte del personale precedentemente impiegato nel Ministero dell’Industria di Difesa. Non stupisce che l’attuale direttore della Biopreparat, Yurii Tikhonovich Kalinin, ricopra il rango di Generale e abbia lavorato in passato come funzionario nel Ministero della Difesa. L’altra direzione in cui la Russia è andata al fine di celare i reali impieghi delle strutture adibite alla produzione d’armi biologiche è stata una timida apertura al libero mercato. Il nucleo della Biopreparat, nella trasformazione in società per azioni statale, ha assunto il nome RAO Biopreparat e ha sviluppato un ramo dedicato al commercio, l’AOOT Biopreparat-Tsentr. Parallelamente è avvenuta la privatizzazione di parte delle industrie che facevano parte della vasta rete di produzione di armi biologiche. Ciò ha dato adito a aspri scontri all’interno della classe dirigente per il possesso delle nuove imprese, portando in più di un caso a sfiorare l’attacco di impianti contenenti materiale nocivo. In ogni modo permangono dei dubbi sull’efficacia di questa apertura al mercato: sembra infatti che alcune delle nuove società non abbiano interrotto i rapporti con il settore militare. La Spa D.Mazai i K., per esempio, si avvale per la ricerca delle attrezzature specializzate che i centri scientifici della Biopreparat adoperavano per la realizzazione del programma biologico. La questione del controllo delle vecchie strutture militari è particolarmente sentita nel caso del Kazakistan. Qui infatti era stabilito il complesso della KNPK Biomedpreparat, dove l’antrace e altri batteri e virus erano stati montati su vettori e dunque resi effettivi. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica non solo il materiale, ma anche il personale, costituito da circa 800 scienziati, sono stati lasciati senza controllo. I rischi che ne conseguono sono rappresentati dalla mancanza di adeguate misure di sicurezza, ma soprattutto dalla possibilità che le armi cadano in mano a gruppi terroristici. La comunità internazionale, in primo luogo gli Stati Uniti e la Russia, stanno cercando di arginare questo problema con

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l’acquisto di alcune strutture, collaborando con la Biomedpreparat in progetti di ricerca e infine creando nuovi impieghi per il personale. 27-9-2001 Kate Wong

Le armi biologiche sovietiche

Alcuni laboratori potrebbero ancora possedere campioni non dichiarati di vaiolo

Nonostante gli sforzi degli Stati Uniti per cambiare la situazione, la minaccia delle armi biologiche sovietiche rimane concreta. Secondo Kathleen Vogel, della Cornell University, le strutture di ricerca e di produzione in Russia e nei nuovi Stati indipendenti sono poco controllate e vulnerabili ai furti. Inoltre, la Russia continua a negare l'accesso per l'ispezione di quattro laboratori per le armi biologiche del Ministero della Difesa statunitense. "Non ne abbiamo le prove, ma ci sono indizi che la Russia stia limitando l'accesso per proteggere le sue armi. Speriamo però che ci siano altre ragioni," dice Vogel. Gli specialisti delle armi biologiche in Russia e nei nuovi Stati indipendenti hanno ricevuto finanziamenti dagli Stati Uniti per indirizzare le loro ricerche verso obiettivi pacifici. Ma Vogel nota che a causa dell'instabilità dell'economia russa, "non si può escludere che alcune persone cedano alla tentazione della corruzione." I ricercatori sono particolarmente preoccupati di un possibile furto di campioni del virus del vaiolo.I ricercatori sono particolarmente preoccupati di un possibile furto di campioni del virus del vaiolo. Gli unici depositi del virus, che è stato eliminato in natura nel 1980, sono il Center for Disease Control di Atlanta e lo State Research Center for Virology and Biotechnology di Koltsovo, in Russia. Ma anche altri laboratori in Russia potrebbero avere campioni non dichiarati del virus. Altri virus preoccupanti comprendono ceppi modificati geneticamente di antrace e batteri della polmonite resistenti agli antibiotici occidentali, così come agenti patogeni animali sviluppati per colpire bersagli agricoli. Secondo Vogel, la minaccia più pericolosa potrebbe venire dal reclutamento di studiosi delle armi biologiche da parte di governi ostili. "Sono necessari programmi di non-proliferazione," dice, "perché dobbiamo rendere più difficile per altre nazioni reclutare questi ricercatori e sfruttare così le loro conoscenze sulle armi biologiche."

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Non solo Aral…cenni sulle armi batteriologiche nel mondo Stati Uniti Un team di più di 3.000 scienziati si è dedicato per 25 anni alla realizzazione del programma biologico degli Stati Uniti a Camp Detrick, nel Maryland. Qui si studiavano gli effetti di agenti come antrace, morva, brucellosi, tularemia, meliodosi, peste, tifo, psittacosi, febbre gialla, encefalite e varie forme di infezione da riketsia. Nell’ottobre del 1943 cominciò nel Camp Detrick il “Cloud Chamber Project” (progetto della camera-nube), in cui piccoli animali da laboratorio venivano immersi in nubi di agenti biologici concentrati; in questo modo, venne raccolta una massa enorme di dati sulla diffusione delle infezioni per inalazione. È stata riconosciuta pubblicamente la capacità degli Stati Uniti di caricare su vettori alcuni degli agenti biologici più letali, come il botulino e l’antrace, nonostante l’estrema difficoltà che tali agenti pongono al momento dell’impiego su larga scala. A tale proposito svariati esperimenti aventi come oggetto lo studio dei sistemi di aerosolizzazione e di dispersione degli agenti sono stati condotti deliberatamente sulla popolazione statunitense dal 1949 al 1968. La verifica dell’impatto che tali agenti avrebbero potuto avere è avvenuta mediante l’uso di sostanze innocue o inabilitanti affini a quelle letali. Nel 1950 nella baia di San Francisco il bacillus globigii diffuso da un aerosol installato su una nave è stato impiegato come simulatore dell’antrace. Nel 1966 la metropolitana di New York è stata teatro di un test avente come oggetto il bacillus subtilis, analogo anch’esso all’antrace: il risultato sembra sia stato positivo grazie agli spostamenti di aria provocati dal passaggio dei treni che facilitano la dispersione dell’agente da una stazione a larga parte del sistema. Il riscontro concreto di tali test rimane comunque vago: calcolare il numero delle persone che hanno contratto la malattia – nei casi in cui esso era inabilitante – comporta considerevoli imprecisioni. Gli Stati Uniti hanno progettato di utilizzare come arma anche agenti biologici non letali. In particolare sono state create delle bombe a grappolo contenenti il batterio della brucellosi e della tularemia. Studi approfonditi sono stati condotti sull’enterotossina B derivata dallo stafilococco (SEB). Potente, facile da ridurre in microparticelle, semplice da conservare, stabile se diffusa per via aerea, la SEB rappresenta il candidato perfetto per il montaggio su una munizione. Un ulteriore campo di indagine per i ricercatori militari di Camp Detrick era la trasmissione di malattie attraverso insetti. A Camp Detrick è stata intrapresa una coltura di zanzare destinate a diffondere la febbre gialla: era possibile crescere mezzo milione di insetti al mese. Questa arma è stata collaudata negli anni ’50, quando delle zanzare non infette sono state rilasciate nei cieli della Georgia e della Florida da alcuni elicotteri e aerei. Le probabilità che questi agenti conducano alla morte sono praticamente nulle. Gli effetti ottenibili si limitano ad essere in quasi tutti i casi febbre alta per alcuni giorni, brividi e mal di testa. Del siero tratto da un uomo malato di febbre gialla fu iniettato in alcune scimmie; da esse venne ricavato plasma infetto in cui furono sparse larve di zanzare. Infine i ricercatori fecero pungere dalle zanzare infette dei topi di laboratorio che in tal modo si ammalarono di febbre gialla. Ancora negli anni ’80, esperimenti del genere condotti nel Camp Detrick sono indicati nel rapporto “The Military’s War on Animals” dell’associazione americana PETA (People for the Ethical Treatment of Animals): per valutare l’effetto della temperatura nella trasmissione del virus Dengue 2, una malattia attaccata dalle zanzare che causa febbre, dolori muscolari ed esantemi, fu rasata la pancia a scimmie rhesus adulte e poi scatole di

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cartone contenenti zanzare vennero attaccate al loro corpo per consentire alle zanzare di nutrirsi della loro carne. Gran Bretagna Nel 1942 l’isola di Gruinard, sulla costa nord-occidentale della Scozia, divenne il fulcro di un massiccio progetto di ricerca, diretto da Porton Down, i cui effetti sul territorio erano destinati a durare fino agli anni ’80. Dopo aver evacuato gli abitanti dell’isola ed avervi lasciato solamente un gregge di pecore, un team di militari ed illustri scienziati fece esplodere una bomba riempita di miliardi di spore di antrace. Una nuvola invisibile si diffuse al di sopra dell’isola; il giorno dopo le pecore cominciarono a morire. Ulteriori esplosioni vennero provocate fino all’estate del ’43. Alla fine di ogni test, le carcasse delle pecore venivano buttate giù da un dirupo, poi la cima veniva fatta esplodere e franando ricopriva i cadaveri. L‘antrace, o carbonchio, è una malattia degli erbivori trasmissibile all’uomo. È causata dal Bacillus Anthracis che, se respirato, si fissa e si moltiplica nei polmoni, trasmettendosi poi a tutto l’organismo, causando tosse, difficoltà respiratoria, febbre alta e infine morte. Le pecore di Gruinard furono le prime vittime di una potentissima arma batteriologica destinata all’uomo.Il programma inglese di guerra batteriologica aveva avuto inizio nel 1934. In pochi anni, i laboratori inglesi ed americani arrivarono molto più avanti dei tedeschi. Si studiavano, oltre all’antrace, infezioni come la peste, il tifo, il botulismo (forma letale di avvelenamento da cibo). L’antrace venne codificata dagli inglesi con il nome in codice “N” ed era probabilmente la più potente arma dopo la bomba atomica nelle mani degli Alleati durante la guerra. Nel 1944 Lord Cherwell, consulente scientifico di Churchill, scrisse per il Primo Ministro un rapporto sull’ efficacia dell’antrace: il rapporto fa genericamente riferimento a sperimentazione su animali; per motivi di sicurezza, il copista lasciò spazi bianchi che vennero riempiti personalmente a mano da Cherwell con la scritta “N spores”, ovvero spore di antrace. Dalla minuta di Lord Cherwell sui devastanti effetti dell’antrace: “È estremamente probabile che un animale che abbia respirato una minima quantità di queste ‘spore N’ muoia in modo rapido ed indolore entro una settimana. Non esistono cure conosciute né una profilassi effettiva. Ci sono pochi dubbi che sia ugualmente letale per gli esseri umani. Le ‘spore N’ possono restare depositate sul terreno per mesi o forse anni, inattive, ma possono essere fatte risalire, come una polvere molto sottile, da esplosioni, veicoli o anche soltanto da persone che camminano.È estremamente difficile liberarsene una volta diffuse. Conseguentemente, il loro uso potrebbe essere ottimale dietro le linee [nemiche], per far sì che le città diventino inabitabili e che sia effettivamente pericoloso entrarvi senza una maschera antigas. Abbiamo sviluppato mezzi a nostro parere efficaci per immagazzinare e spargere le ‘spore N’ in bombe di 4 libbre che entrano negli ordinari contenitori incendiari. Mezza dozzina di Lancasters dovrebbero bastare per trasportare spore che, se sparse in modo uniforme, sarebbero sufficienti ad uccidere chiunque si trovi nel raggio di un miglio quadro [circa 2,5 km quadrati] e a rendere conseguentemente inabitabile la zona”.

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Lago d’Aral Mappa interattiva

Qui trovate info, immagini e mappe sull’area del lago d’Aral tra il 1989 ed il 1994

Immagini

Immagini & info

Illustrazioni grafiche & info

Materiali tratti dal sito: http://visearth.ucsd.edu/VisE_Int/aralsea/index.html

Image credit: GLAVKOSMOS and the Russian Scientific and Research Institute of Space Devices. Nell’immagine qua sotto, identica a quella precedente, ad ogni puntino colorato corrisponde un numero, con cui è identificata, nelle pagine a seguire, ogni immagine o grafico.

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THE ARAL SEA

The Aral Sea, located in Uzbekistan and Kazakstan (both countries were part of the former Soviet Union), is historically a saline lake. It is in the center of a large, flat desert basin. The Aral Sea is a prime example of an dynamic environment. In 1960 it was the world's fourth largest lake, the size of the entirety of Southern California (at 26,250 square miles, approximately two hundred times larger than the Salton Sea).

This south looking image (STS51F-0036-0059) of the Aral region was taken from the Space Shuttle on August 6, 1985. It also appears in the article on the Aral Sea that can be found in the February 1990 issue of National Geographic.

In the past few decades, the Aral Sea's volume has decreased by 75 percent , the equivalent of draining Lakes Erie and Ontario, and its surface area by 50 percent. The shoreline has receeded up to 120 km from its former shore. Sea level has fallen by more than 16 meters in this already shallow sea. This is a drastic change, but, in the far distant past, the Aral Sea has completely dried up. It has also been much larger than it was in 1960. The controversy about the Aral Sea Region arises because the change is human induced, maybe even on purpose, not the natural cycle of environmental change. During natural cycles, changes occur fairly slowly, over hundreds of years. Human induced environmental changes occur more rapidly.

Come si evince dalla traduzione, questo sito, come alcuni altri, anche se minoritari, afferma la possibilità di cicli naturali della vita del lago d’Aral, che lo porterebbero appunto ad incrementare o a diminuire di dimensioni, fino a poter scomparire del tutto. Un andamento dinamico della sua vita, data anche l’area desertica circostante e la possibile diversa portata nel corso dei secoli dei due affluenti, è presumibile, ma ciò non può essere confuso con lo sconquasso di tale ambiente portato dall’uomo. Infatti “rebus sic stantibus”, il lago d’Aral non potrà mai più tornare come prima, alla faccia dei cicli naturali.

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1

Date: April 1991

Altitude: 136 nautical miles

Latitude: 46.5

Longitude: 60

Tilt: Near Vertical

Lens: 250 mm

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2 Since 1987, the Aral Sea has split into two parts. The point where the Syr Darya (Darya is Persian for sea) entered the Aral Sea filled with silt and cut off the extreme northern part (at the top in this image) of the sea from its main body. The "Big Aral" is the large area at the bottom right, and the "Little Aral" is the much smaller area at the top left. Recently, the "Little Aral" has split again.

This is image STS039-0080-0016. It was taken from the space shuttle in April 1991.

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3 In 1960, the town of Aralsk (upper right hand corner) was a major fishing port on the Aral Sea.

Aralsk is now landlocked about 100 km from the water. It, like Muynak has fishing boats sitting high and dry on what was once the bottom of the Aral Sea.

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4

Date: April 1991

Altitude: 136 nautical miles

Latitude: 46

Longitude: 61

Tilt: Near Vertical

Lens: 250 mm

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5 Because of dropping water levels, the Kokaral Peninsula has expanded eastward and connected with the delta of the Syr Darya (Darya is Persian for sea) , cutting of the northernmost portion of the Aral Sea. This smaller, more northern portion is now refrerred to as the Little Aral. There is no river entering the Little Aral Sea, and eventually it will be reduced to a series of smaller lakes.

This is image NM21-735-46. It was taken in 1996 from the Russion Space Station, MIR.

In this image you can see what was once the thriving fishing port of Aralsk (northeast corner.) It is now nearly 100 kilometers from water. The Syr Darya once carried a large volume of water. It is now just a trickle.

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6

Date: April 1991

Altitude: 136 nautical miles

Latitude: 46

Longitude: 59.5

Tilt: Near Vertical

Lens: 250 mm

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7 Barsa-Kel`mes, the smaller island at the northern end of the Aral Sea, is also increasing in size. In 1961 the island was extremely small.

Barsa Kel'mes Island surrounded by sea ice

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8

Date: March 1992

Altitude: 165 nautical miles

Latitude: 46

Longitude: 60

Tilt: Low Oblique

Lens: 250 mm

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9

Date: August 1989

Altitude: 162 nautical miles

Latitude: 45.5

Longitude: 61

Tilt: Near Vertical

Lens: 250 mm

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Vozrozhdenie

Vozrozhdenie (rebirth), the large island in center of Aral Sea, was a Soviet germ warfare facility during the cold war era. At one time, we would not be viewing this photo because it was classified as militarily sensitive. Astronauts on early shuttle flights were told not to take any photographic images of that region.

Vozrozhdeniya Island, in more detail.

Images taken during the winter show that the sheet ice formation on the Aral Sea is so extensive that Vozrozhdenie is almost land-linked. There is a possibility that retreating waters could create a problem if the island became physically linked to the land and biological hazards were released into larger environment.

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Date: September 1994

Altitude:117 nautical miles

Latitude: 45

Longitude: 59

Tilt: Low Oblique

Lens: 250 mm

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12 By 1977, the formerly large fish catch at the Aral Sea had declined by over seventy-five percent. Once, the annual catch of fish in the Aral was 50,000 tons. By the early 1980's, commercially useful fish were eliminated, shutting down an enterprise that had employed 60,000. No fish have been commercially taken since 1981.

Wetlands along the shore disappeared as the lake receded, and falling water tables destroyed oases. The remaining water has become very salty. There has been a massive loss of plant and animal species that could not survive the high salinity. One hundred and thirty-five of the 173 species of animals dependent on the lake have become locally extinct. Most animal life in the Aral died as the sea's volume declined from 1,075 cubic kilometers with a salinity of 10 grams per liter, to only 54 cubic kilometers with more than ten times that salinity. Several species of fish unique to the Aral Sea are now extinct. Increased salinity is a result of evaporation and leached cations from irrigated land. This is the environmental consequence of bringing desert soils into agricultural production.

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Date: August 1989

Altitude: 162 nautical miles

Latitude: 44.5

Longitude: 61

Tilt: Near Vertical

Lens: 250 mm

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14 The Aral Sea was once an oasis in the middle of an expansive desert. Now it has become part of that desert. This image shows how the shore of the Aral Sea is being invaded by the sand dunes of the Kyzyl Kum Desert. The dunes also contain a great deal of the salt formed by the evaporation of the Aral Sea. The desert is encroaching upon the agricultural regions to the South of the Aral Sea.

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15 The western basin of the Aral Sea is deeper than the eastern basin, so over time the western shoreline has been less affected by the dropping water levels than the eastern shoreline. Since 1961, the water level of the Aral Sea has dropped 16 meters. As you can see from the image below, the eastern shore has receded much farther than the western shore.

This is a false color 3-D image of the Aral Sea. It provides some very important information about the change in water level between 1960 and the late 1980's. The darker blue color shows the extent of the Aral Sea in the late 80's, while the lighter blue color shows the Aral's shoreline in 1960. By the late 80's, the Aral Sea had broken into 2 separate bodies of water, now refered to as the Big Aral and Little Aral. Since the late 80's, the Aral Sea has been further subdivided.

This image was created using ER Mapper. Georeferenced images of the Aral Sea in 1960 and a second from the late 1980's were laid over the DEM of the region. Using the false color clearly shows the change in water level that has occurred over the last 30 years.

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16 For 10,000 years, the Amu Darya (Darya is Persian for sea) carried a large volume of water to the Aral Sea. Now the water from this river is diverted for agricultural and human needs.

This is a 1995 shuttle image of the delta of the Amu Darya .

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Date: April 1991

Altitude: 136 nautical miles

Latitude: 44

Longitude: 59.5

Tilt: Near Vertical

Lens: 250 mm

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18 As you can see, in 1960, the town of Muynak (at bottom in center) was situated on a peninsula. It was surrounded by water on both sides, making it an excellent port. In fact it was the chief fishing town for the Aral Sea. More than 10,000 fishermen worked out of Muynak hauling in thousands of tons of pike, perch, and bream each year.

Muynak was also home to the fish canning factory that employed many people from the town. Some 60,000 people were employed by the fishing industry in the 1960's.

Muynak is now landlocked and many miles from the water. Fishing boats sit on the dry bed that was once the bottom of the Aral Sea. The Fish canning factory has long since closed, although it did stay open for several years after the fishing industry in the Aral Sea collapsed. The Soviets brought in fish caught elsewhere in an attempt to keep the factory open and the local people employed. Eventually it became too expensive, and the factory was closed.

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19 Since the 1960's, the salinity of the Aral Sea has increased. This was caused by evaporation of sea water by the sun. Remember, the Aral is a closed system with no outlet. All water loss from the sea itself is from evaporation. During evaporation, only the water is removed, the salt stays behind, increasing the salinity of the remaining water. The salinity of the sea was also increased due to agricultural practices. Leached cations (salts) from irrigated lands enter the Aral Sea. This is an environmental consequence of bringing desert soils into agricultural production. In some areas surface salt sheets now rim the shore for over 100 km.

The wind picks up the salt and deposits it elsewhere, including the agricultural regions. Approximately 47 million tons of dried salt are deposited onto the surrounding agricultural regions each year. Some of this salt helps forms huge dunes that can be seen on the southeastern side of the Aral Sea in this image. Other deposits of salt are found as salt pans, which are also visible in the western portion of the following image (NM21-740-87 taken in 1996 from the Russian Space Station, MIR.) Also notice the sheets of salt rimming the shores of the sea.

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21 Beginning in the 1960's, agricultural demands have deprived this large Central Asian salt lake of enough water to sustain itself, and it has shrunk rapidly. This was caused principally by the diversion of two tributary rivers, the Syr Darya and Amu Darya. Water from the Syr Darya and Amu Darya Rivers was diverted primarily for irrigation of cultivated fields. The plains surrounding the Aral were traditionally cattle pastures. Uzbekistan & Kazakstan, and other Central Asian countries use this water to grow cotton and additional export crops. More than 5 metric tons of cotton are produced in the region each year. The irrigated fields are approximately the size of Ireland.

The resulting concentration of the lake water and desertification of the former lake bottom has been responsible for large impacts on local wildlife and human populations. There are widespread environmental consequences, including fisheries loss, water and soil contamination, and dangerous levels of polluted airborne sediments. 10% of the world's dust comes from Aral Sea Region. Former fishing ports are stranded far from the sea. Some towns that had a fishing industry are now more than 40 miles from the lake shores.

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22 Agricultural development is for the most part, labor intensive, which translates to the employment of many people. Non-irrigated lands in the Aral region are economically "worthless" scrub/desert. The saving of the Aral Sea has become a human right's issue. There is the necessity to feed and employ the people of the area. The fishing industry of the 1960's employed 60,000 people. The agricultural industry of the today employs 2 million people. The problems surrounding the Aral Sea would make a very interesting discussion.

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Date: September 1994

Altitude: N/A

Latitude: 43.5

Longitude: 61

Tilt:Low Oblique

Lens: 100 mm

24 Agent Orange was used extensively in the Aral Basin as a defoliating agent for the cotton crops. This toxic substance, infamous for its use in Vietnam, was sprayed directly on the people while they picked the cotton.

At this time, approximately 25% of the people living in the agricultural region, near the Aral Sea, are mentally retarded. The number of children born with birth defects is also astonishingly high.

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25 Evaporated, pesticide-laden dust blows over the local inhabitants creating multiple health problems. Winds pick up an estimated 47 million tons of sediments, laced with salts and pesticides, each year. Respiratory illnesses are particularly common in the Aral Region, and the number of throat cancers in the area has soared. Infant mortality in the region is on the rise.

The Aral region has one of the highest rates of infant mortality in the world. There are more than 100 deaths per 1000 children born. High infant mortality occurs where outhouses are built too close to water wells. The drinking water is contaminated by pesticides, defoliants, fertilizers, and raw sewage. Surprisingly, the environment is improving when it comes to pesticide pollution. This is only due to the fact that the people can't afford to buy pesticides, which are very expensive. Evaporated salts continue to be a huge problem.

26 The bed of the Amu Darya is dry when it reaches the Aral Sea, the majority of its waters having been diverted 500 miles to the southeast, by the Kara Kum Canal.

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Amu Darya River, south of the Aral Sea

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28 Sarykamysh, the small lake to the south of the Aral Sea, is increasing in size. It is presently less than one-tenth the size of the Aral Sea, but is growing due to water being diverted from the Amu Darya River. This diversion is due to damming practices in the agricultural region south of the Aral Sea. Water that ought to go into the Aral gets backed up behind dams and instead flows into Sarykamysh. The Caspian Sea is also increasing in size.

Sarykamysh

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Immagine tratta dal sito: http://glovis.usgs.gov

Questa foto si riferisce all’aprile del 2003.

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Immagine tratta dal sito http://glovis.usgs.gov Foto del giugno 2005

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Immagine tratta dal sito: http://smisdata.iki.rssi.ru

Questa foto è dell’8 luglio 2005 Conclusione Come riportato dai dati presenti in questa raccolta di informazioni, statistiche e documenti sul lago d’Aral, al massimo entro il 2020 l’ex quarto specchio d’acqua interno del mondo è destinato a sparire lasciando in eredità tutte le conseguenze climatiche, sanitarie, economiche e sociali che sono già state analizzate. Come ultima osservazione si può segnalare la probabile definitività del processo in corso, in quanto se davvero conseguenze quali l’innalzamento delle temperature, la diminuzione della piovosità, la maggiore aridità in genere del clima della regione influenzano anche il pesante ritiro dei ghiacciai delle catene montuose dell’Asia Centrale, ciò condurrà ad una diminuzione della portata dei grandi fiumi immissari di Aral, eliminando dunque anche eventuali possibilità future di rinascita del lago. La desertificazione, causata dall’uomo, sembra guadagnare in Asia Centrale nuovo, ulteriore spazio; spazio che si somma all’avanzata dei deserti nelle americhe, in Africa e nella stessa Europa.