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serie con la Natività della Vergine, con lo Spo- salizio, e con Maria a servizio del Tempio, ove sono le sigle O. I. P. che ho altra volta inter- pretato Opus Iuli Patavini, cioè Giulio Campa- gnola. II) Affreschi databili intorno al 1505- 1506, I) Ne scrive nuovamente e utilmente A. MOSCHETTI nel .. Bollettino del Museo Civico di Padova", 1928, numeri 3, 4 (ma pubblicato nell'aprile 1931); di cui cfr. anche idib. 1925, n. 1. Godo vedervi riconosciuti gli affreschi di Santo Stefano (cappella Pagani- Cesa) di Belluno, da me indicatigli, con la cessione delle stesse fotografie. In quanto alle altre attribuzioni credo che la pala del Santo, anche se commessa nel 1469, ad evidenza cinquecentesca, sia stata incominciata nell'ultimo tempo del pittore (1508 circa); tanto che Gerolamo del Santo la terminò. Per il Chiostro dei Novizi è certo che Iacopo da Montagnana lavorò tra l' 87 e l' 88, e P. L. GUIDALDI (Il Santo, 1932, giugno) pubblicherà un affresco suo che ne fu strappato, ora nel Museo della Basilica An- toniana; ma il mistico Matrimonio di Santa Caterina, pure ivi (fig. 76 dell'articolo MOSCHETTI), per quanto ne provenga del pari, è ben lontano dall'appar tenergli, come aveva notato il vecchio CAVALCASELLE (A History 01 painting in .. N. Italy", ed. 1912, Borenius, II, pago 65, n. 5), indicandone il vero autore, ora a noi meglio noto: FILIPPO DA VERONA. Non accenno naturalmente alla tentata attribuzione al piccolo Montagnana del bellissimo quanto rovinatis- simo fregio Cornaro ai Frari, opera giovanile del Man- tegna, che nessuno ha mai accolto (B. BERENSON, Ita- lian Pictures 01 the Renaissance, 1932, Oxford, pago 329), di altri riconoscimenti non attendibili come l'As- sunta del Museo di Padova, spettante al Mansueti; cfr. Berenson loc. cito p. 325 G. Fiocco in " Rivista d'Arte '" 1930, 4 0 , pagine 578, 579). 2) Intorno al Parenzano cfr. CROWE e CAVALCASELLE, A History, cit., II, 1912; G. CAPRIN, L' Istria nobilis- sima, 1907, Ili A. VENTURI, St oria dell'arte, VII, 30, 1914 i B. BERENSON, Italian Picture s, cit., Oxford, 1932. troppo insipidi nella loro normalità per convenire a un pittore che, sino all'ultimo, come ben prova la nervosa Storia degli ossessi, rimase fedele alla sua maniera contorta e sempre lontano dall'ordi- nario e dal regolare. 12) GIUSEPPE FIOCCO 3) A proposito di questi contatti, senza parlare della vecchia attribuzione della Battaglia Borromeo a Mi- lano, al Butinone, si pensi al Viaggio dei Magi di Vi- cenza, e agli Argonauti del Museo di Padova. 4) Don GEROLAMO DA POTENZA, Cronica Giustiniana, Manoscritto del Museo Civico di Padova, B. P. 829 (del 1598 ma con aggiunte sino al 1619). Le pitture di Gerolamo del Santo vi sono dette del 1540. 5) Carta 60 r. Ibid. e carta 87 e seguenti. 6) P. STANCOVICH, Biografia degli uomini distinti dell' Istria, Capodistria, 1888, pag. 41 l. 7) P. GUGLIELMO DELLA VALLE, Delle pitture d el Chiostro maggiore di Santa Giustina e di quattro stampe del sig. Fr. Mengardi, .. Biblioteca del Museo Civico di Padova ", B. P. 288, II. 8) B. R03SETTI, Descrizione delle pitture ecc. di Pado- va, ed. II, Padova, 1776, pagine 209- 210. 9) P. BRANDOLE3E, Pitture, ecc., Padova, 1795, pagine 99- 100. IO) E. GRAZZINI Cocco, Un campione dell'arte 10- eale. Giovanni Antonio Corona, .. BolI. del Museo Civico di Padova", 1927, numeri 3- 4 (ma pubblicato nel 1929). Credo di aver ritrovato la Natività citata dall' AnonimO) Morelliano (ed. Frizzoni, 1884, pag. 66) in S. Benedetto, in un dipinto, proveniente da Padova, posseduto dall'an- tiquario Podio senior a Bologna. In quanto al contorno della finestra, vicino allo scomparto di B. Montagna, penso si debba assegnare proprio a questo mae3tro migliore, anzichè al Corona (Cocco, op. cit., pag. 97, fig. 22). II) G. FIOCCO, La giovinezza di Giulio Campagnola. " L'Arte", 1915, fase. II- III. 12) B. BERENSON, Italian Pict ures, cit., 1932, pa- gine L'ALBERGO DEI POVERI A NAPOLI S UBITO dopo l'inizio dei lavori per la nuova reggia di Caserta, che doveva essere più sontuosa e soprattutto più sicura della reggia di Napoli, Carlo di Borbone pensò ai poveri del suo regno. E lo fece con quella visione chiara dei bisogni ai quali voleva far fronte e con quel- l'amore per il grandioso che caratterizzarono ogni sua opera. Già fino dal 1736 SI era sentita la necessità di creare un ospizio simile a quelli di Roma e di Genova i) per raccogliere e mantenere i vecchi e gli orfani pnVI d'aiuto, educare al lavoro i vagabondi e gli oziosi. Ma troppo vi era allora da fare per mettere un d'ordine nelle cose del giovane regno, e il progetto fu rimandato a tempi migliori. Sedici anni dopo 439 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

L'ALBERGO DEI POVERI A NAPOLI · " L'Arte", 1915, fase. II-III. 12) B. BERENSON, Italian Pictures, cit., 1932, pa gine 428-4~9. L'ALBERGO DEI POVERI A NAPOLI SUBITO dopo l'inizio

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serie con la Natività della Vergine, con lo Spo­salizio, e con Maria a servizio del Tempio, ove sono le sigle O. I. P. che ho altra volta inter­pretato Opus Iuli Patavini, cioè Giulio Campa­gnola. II) Affreschi databili intorno al 1505- 1506,

I) Ne scrive nuovamente e utilmente A. MOSCHETTI nel .. Bollettino del Museo Civico di Padova", 1928, numeri 3, 4 (ma pubblicato nell'aprile 1931); di cui cfr. anche idib. 1925, n. 1. Godo vedervi riconosciuti gli affreschi di Santo Stefano (cappella Pagani- Cesa) di Belluno, da me indicatigli, con la cessione delle stesse fotografie. In quanto alle altre attribuzioni credo che la pala del Santo, anche se commessa nel 1469, ad evidenza cinquecentesca, sia stata incominciata nell'ultimo tempo del pittore (1508 circa); tanto che Gerolamo del Santo la terminò. Per il Chiostro dei Novizi è certo che Iacopo da Montagnana lavorò tra l' 87 e l' 88, e P. L. GUIDALDI (Il Santo, 1932, giugno) pubblicherà un affresco suo che ne fu strappato, ora nel Museo della Basilica An­toniana; ma il mistico Matrimonio di Santa Caterina, pure ivi (fig. 76 dell'articolo MOSCHETTI), per quanto ne provenga del pari, è ben lontano dall'appartenergli, come aveva notato il vecchio CAVALCASELLE (A History 01 painting in .. N. Italy", ed. 1912, Borenius, II, pago 65, n. 5), indicandone il vero autore, ora a noi meglio noto: FILIPPO DA VERONA.

Non accenno naturalmente alla tentata attribuzione al piccolo Montagnana del bellissimo quanto rovinatis­simo fregio Cornaro ai Frari, opera giovanile del Man­tegna, che nessuno ha mai accolto (B. BERENSON, Ita­lian Pictures 01 the Renaissance, 1932, Oxford, pago 329), nè di altri riconoscimenti non attendibili come l'As­sunta del Museo di Padova, spettante al Mansueti; cfr. Berenson loc. cito p. 325 G . Fiocco in " Rivista d 'Arte '" 1930, 40, pagine 578, 579).

2) Intorno al Parenzano cfr. CROWE e CAVALCASELLE, A History, cit., II, 1912; G. CAPRIN, L' Istria nobilis­sima, 1907, Ili A. VENTURI, Storia dell'arte, VII, 30, 1914 i B. BERENSON, Italian Pictures, cit., Oxford, 1932.

troppo insipidi nella loro normalità per convenire a un pittore che, sino all'ultimo, come ben prova la nervosa Storia degli ossessi, rimase fedele alla sua maniera contorta e sempre lontano dall'ordi­nario e dal regolare. 12) GIUSEPPE FIOCCO

3) A proposito di questi contatti, senza parlare della vecchia attribuzione della Battaglia Borromeo a Mi­lano, al Butinone, si pensi al Viaggio dei Magi di Vi­cenza, e agli Argonauti del Museo di Padova.

4) Don GEROLAMO DA POTENZA, Cronica Giustiniana, Manoscritto del Museo Civico di Padova, B. P. 829 (del 1598 ma con aggiunte sino al 1619). Le pitture di Gerolamo del Santo vi sono dette del 1540.

5) Carta 60 r. Ibid. e carta 87 e seguenti. 6) P. STANCOVICH, Biografia degli uomini distinti

dell' Istria, Capodistria, 1888, pag. 41 l. 7) P. GUGLIELMO DELLA VALLE, Delle pitture del

Chiostro maggiore di Santa Giustina e di quattro stampe del sig. Fr. Mengardi, .. Biblioteca del Museo Civico di Padova ", B. P. 288, II.

8) B. R03SETTI, Descrizione delle pitture ecc. di Pado­va, ed. II, Padova, 1776, pagine 209- 210.

9) P. BRANDOLE3E, Pitture, ecc., Padova, 1795, pagine 99- 100.

IO) E. GRAZZINI Cocco, Un campione dell'arte 10-eale. Giovanni Antonio Corona, .. BolI. del Museo Civico di Padova", 1927, numeri 3- 4 (ma pubblicato nel 1929). Credo di aver ritrovato la Natività citata dall' AnonimO) Morelliano (ed. Frizzoni, 1884, pag. 66) in S. Benedetto, in un dipinto, proveniente da Padova, posseduto dall'an­tiquario Podio senior a Bologna. In quanto al contorno della finestra, vicino allo scomparto di B. Montagna, penso si debba assegnare proprio a questo mae3tro migliore, anzichè al Corona (Cocco, op. cit., pag. 97, fig. 22).

II) G . FIOCCO, La giovinezza di Giulio Campagnola. " L'Arte", 1915, fase. II- III.

12) B. BERENSON, Italian Pictures, cit., 1932, pa­gine 428-4~9.

L'ALBERGO DEI POVERI A NAPOLI

SUBITO dopo l'inizio dei lavori per la nuova reggia di Caserta, che doveva essere

più sontuosa e soprattutto più sicura della reggia di Napoli, Carlo di Borbone pensò ai poveri del suo regno. E lo fece con quella visione chiara dei bisogni ai quali voleva far fronte e con quel­l'amore per il grandioso che caratterizzarono ogni sua opera.

Già fino dal 1736 SI era sentita la necessità di creare un ospizio simile a quelli di Roma e di Genova i) per raccogliere e mantenere i vecchi e gli orfani pnVI d'aiuto, educare al lavoro i vagabondi e gli oziosi. Ma troppo vi era allora da fare per mettere un pò d'ordine nelle cose del giovane regno, e il progetto fu rimandato a tempi migliori. Sedici anni dopo

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NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI PIANO TERRENO

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NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI - PRIMO PIANO

----NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI - SE2;IONE DELLA CAPPELLA E FACCIATA

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NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI - PARTICOLARE DELLA FACCIATA

il re stimò che si dovesse ormai risolvere il grave problema sociale, e gettate le basi economiche del nuovo istituto, al margine della città, in un luogo salubre e di facile accesso, venne cominciata la costruzione del­l'edificio che doveva servire da albergo dei poven.

Per la reggia di Caserta, Carlo aveva chia­mato da Roma Luigi Vanvitelli; la nuova impresa volle che fosse affidata a Ferdinando Fuga.

Così i due migliori architetti del tempo, fra i quali non correva troppo buon sangue, si trovarono nuovamente vicini per lavorare agli ordini dello stesso monarca.

Più che dall'ampia e severa facciata che si innalza sulla piazza Carlo III o dalle fabbriche affioranti da terra a tergo di quella, potremo avere un' idea della co­struzione come fu concepita, dai disegni on­ginali che si conservano negli uffici del­l'Ospizio. 2)

L'opera non venne compiuta per la partenza di Carlo, chiamato a salire sul trono di Spagna,

e per le mutate condizioni della pubblica fi­nanza: ciò che noi vediamo è appena la quinta parte dell'enorme edificio, il cui lato lungo misurava circa seicento metri ed il corto cento­tren tacinq ue.

Nel centro si alzava la chiesa circolare, dalla quale partivano, a guisa di ragglera, le navate per le quattro categorie dei rico­verati, e quella per il pubblico. Due ampi cortili per lato davano aria e luce alle corsie interne.

Esso doveva ospitare, oltre al personale di custodia, ottomila poveri e contenere uffici, laboratori, sale di riunione, scuole ed i ne­cessan locali di servizio. In trent'anni di lavoro si condussero a termine quasi i tre quinti del lato corrispondente alla facciata principale, e si costruirono le fondazioni ed il basamento della chiesa, delle navate e di alcuni corpi trasversali.

Ma anche così incompleto, l'ospizio è uno dei più importanti d'Italia, e mostra quanto fosse audace e generoso il proponimento del re.

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L'area interna è divisa in quattro cortili da due fabbricati interse­cantisi ad angolo retto: nel centro vi è la cap­pella, circolare, verso la quale convergono, a destra ed a sinistra, due navi per i ricoverati maschi e femmine ; a tergo la navata per gli infermi; da van ti quella ad uso del pubblico. A terreno le grandi sale perimetrali sono destinate a laboratori: nei piani superiori a dormitori. Concezione chiara e bene equili­brata, il cui nucleo è formato dalla chiesa, attorno alla quale si svolgono armonica­mente le diverse parti dell ' edificio. Dieci sca­le, messe a posto con giudizio, rispondono ai bisogni di una ordinata e rapida circolazione.

Non altrettanto fe­lice è la pianta con­cepita dal Fuga. La forma eccessivamente lunga del rettangolo, forse consigliata dalla vicinanza della collina

GENOVA, ALBERGO DEI POVERI (Fot. R. Soprint. all'Arte Medioev. e Mod. della Campania) che sorge dietro, rende

difficili, o almeno tarde e faticose, le comunicazioni interne; le scale, poche e mal distribuite, pos­sono dar luogo a ingorghi pericolosi; la divisione fra le varie classi dei ricoverati, non è bene di­stinta. Dove però si manifesta la genialità del ­l'architetto è nella parte mediana che comprende la chiesa e le sue dipendenze: qui il problema da risolvere è più conforme al suo temperamento ed alla sua preparazione. Il bisogno delle cin­que navate gli suggerisce il motivo stellare, che egli completa accortamente con cappelle di

Il tema che aveva dovuto svolgere il Fuga era nuovo per lui, e noi pensiamo che vi si sarà accinto dopo avere studiato gli edifici consimili già esistenti, come aveva fatto il Vanvitelli, quando fu incaricato della costruzione del Laz­zaretto di Ancona. Uno dei principali e più ammirati ospizi in Italia era l'Albergo dei poveri di Genova, cominciato nel r654 su disegno di Stefano Scaniglia. L'ospizio genovese ha una pianta il cui perimetro si avvicina al quadrato: il lato lungo è di metri r6r, il corto di metri r47.

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NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI - LA NAVATA PRINCIPALE DELLA CAPPELLA

NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI - LA CAPPELLA: STATO ATTUALE

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NAPOLI, ALBERGO DEI POVERI - ATRIO

pianta ellittica, disposte fra una navata e l'altra presso il loro punto di congiunzione. I piloni di sostegno della cupola sono formati da pila­stri angolari che racchiudono la massa muraria in cui si aprono i passaggi alle cappelle, e grandi finestre con balcone, eco lontana del partito di S. Pietro: la cupola è decorata da nervature piatte che si alternano alle unghie sferiche delle finestre, e salgono a sostegno della lanterna. L'effetto scenografico dal centro della chiesa, sarebbe stato, senza dubbio, grandioso e nuovo, e tanto più ammirevole in quanto ottenuto con mezzi semplici rispondenti a necessità prati­che. Fitti contrafforti esterni, simili a quelli della chiesa angioina di S. Chiara, dovevano assicurare la stabilità degli alti muri delle navi.

Nelle facciate esterne dell'edificio invano si cerca il decoratore gustoso cresciuto alla scuola di Giambattista Fugini, il vivace archi­tetto del palazzo della Consulta, della chiesa di S. Maria della Morte, della basilica di S. Maria Maggiore. Qui pare che egli abbia voluto morti­ficare la sua fantasia fino al punto di non conce­dersi la più piccola licenza, e in questa reazione

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contro la sua natura artistica, in questo pro­posito di far trionfare la massa quasi come una forza bruta, in questo disdegno di ogni movi­mento, di ogni sussidio di ombre, di ogni impeto di vita, vi si mette, come di puntiglio, quasi per dimostrare che le sue qualità di costruttore (poste in dubbio durante le astiose polemiche romane) sapevano prevalere su quella di archi­tetto. Ma l'artista si manifesta con spontaneità tanto più grande, quanto più esso vuole na­scondersi. Ed eccolo scoprirsi nella scalea che si lega con tanta grazia di proporzioni all'avan­corpo appena accennato della porta centrale;

• nel giuoco dei piani sulle pareti dell' atrio; nell'imponente arco d'ingresso alla nave me­diana della chiesa.

Se la fabbrica si fosse compiuta, la eccessiva e ininterrotta lunghezza della fronte l'avrebbe resa monotona. Forse il Fuga all'ultimo mo­mento sarebbe ricorso a qualche espediente per non cadere nell'errore, così come lo trovò nella aggiunta del timpano triangolare in cor­rispondenza delle arcate d'ingresso; l'inter­ruzione dei lavori rese superfluo qualsiasi

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cambiamento e la facciata dell' Albergo dei poveri quale oggi la vediamo, nella sua austera semplicità, ha raggiunto quel perfetto rapporto

I) MICHELANGELO SCHIPA, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli, 1904.

2) Questi disegni vennero rinvenuti e sono stati esposti nella stanza dell ' Amministrazione dal So-

fra le sue parti che la fa considerare una delle più riuscite opere architettoniche del genere. GINO CHIERICI

printendente generale dell' Albergo dei poveri, duca Vinc.enzo De Giovanni di Santaseverina che con tanto fervore dedica la sua attività all' importante opera pia.

UNA STATUA DI OTTAVIA NEL MUSEO NAZIONALE DI NAPOLI

C ONFUSA nella selva di statue e di busti della ricca collezione iconografica del Museo

Nazionale di Napoli, la statua che qui si studia, e di cui si offro­no per la prima volta adeguate riproduzioni fo­tografiche (figg. I, 2 e 3) è pas­sata a lungo qua­si inosservata agli occhi degli studiosi dell 'arte antica. Il

Pure è note­vole la sua im­portanza, sia per gli studi icono­grafici, sia, e direi ancor più, per gli studi sti­listici sulla scul­tura romana, e osiamo anzi af­fermare che essa meriti di occu­pare uno dei pri­mi posti fra i monumenti più significativi della statuaria di età augustea.

È il ritratto

romana di altissimo rango, come indica chiaramente la nobiltà del portamento e dell'acconciatura. La snella ed elegante figura è eretta, ed insiste

sul piede sini­stro, toccando appena con la punta del destro il terreno. È completamente avviluppata in un amplissimo mantello lungo fino quasi a rag­giungere i piedi e gettato intorno al corpo con su­prema e sem­plice eleganza. Di sotto al mar:­tello si vede ca­dere sui piedi con ncco glOCO di pieghe la stof­fa soffice della stola. Al volto magro, dai tratti nobilissimi, di ­gnitosamente e­retto sull'esile collo, fa cornice con ricchi fasci di pieghe illem­bo del mantello

di una donna FIG. I-NAPOLI,MUSEONAZ.- PARTIC. DELLA STATUA DI OTTAVIA (Fot.Losacco) riportato sul capo

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