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22 - N. 2 - 2013 L’ alimentazione a gasogeno (detto anche gassogeno) ci riporta ai tempi della secon- da guerra mondiale, quando le ri- sorse mancavano, e soprattutto scarseggiava la benzina. Ma ci ri- porta anche all’epoca che prece- dette la guerra stessa, quando, a causa di una folle campagna colo- nialista, l’Italia si trovò al centro di un attacco rivolto dalla Società delle nazioni, e - principalmente - da Gran Bretagna e Francia (peral- tro colonialiste anch’esse): le san- zioni economiche, un embargo che la Società delle Nazioni pose in atto contro il Paese per avere inva- so l’Etiopia. Esistono ancora alcuni impianti a gasogeno, veri reperti archeologi- ci, che testimoniano un’epoca qua- si sconosciuta ai più giovani, quasi dimenticata da coloro che l’hanno vissuta o che l’hanno sfiorata. La tecnica Come avviene che legno o carbo- ne bruciati si trasformino in gas combustibile, in pratica una sorta di gassificazione? Il processo prevede reazioni chimi- che di incompleta combustione del carbonio (C) e degli idrocarburi (CnHm), con produzione di ossido di carbonio (CO), di biossido di car- bonio (CO2), di idrogeno (H2) e di metano (CH4). L’alimentazione del dispositivo produttore di gas può variare dal carbone di legna all’an- tracite, dal carbone fossile alla semplice legna, ma - ovviamente - il rendimento cambia in base al combustibile impiegato. L’elemen- to principale dell’apparecchio, le cui caratteristiche differiscono lie- vemente nel caso sia progettato per il carbone o per la legna, è co- stituto dal gasogeno vero e pro- prio, cioè dal produttore di gas di distillazione formato da un forno rivestito di materiale refrattario, dotato di una griglia sotto alla qua- le si deposita la cenere, e da un contenitore per l’acqua (vaporiz- zatore) posto sul fornello. Il gas si ottiene facendo attraversare la zo- na, dove bruciano la legna o il car- bone, da piccole portate d’aria, ad alta velocità, mischiate al vapore acqueo. La miscela che si genera (composta da ossidi di carbonio, azoto, idrogeno, e metano) va al carburatore attraverso una serie di apparecchi secondari: depuratore, refrigeratore, essiccatore e separa- tore. L’inconveniente è dato tuttavia dalla necessità di dover scaldare preventivamente il motore, prima di passare al gasogeno, perché è necessario che le camere di scop- pio raggiungano una temperatura elevata per accettare tale tipo di miscela. Il potere calorico di que- sto combustibile, caldo e gassoso, è piuttosto povero e varia dalle 950 alle 1.200 kcal/m 3 , mentre la carburazione si rivela assai appros- simativa. I gas emessi non sono molto dissi- mili da quelli che la biomassa pro- duce nella naturale bruciatura, an- zi il potente gas serra metano così non si crea, ma forse numerosi me- L’alimentazione a gasogeno di Maurizio Tabucchi La rivista L'Auto Italiana dedicò spesso la copertina all'alimentazione a gasogeno, sistema che stava riscuotendo ampi consensi. L'Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport del prof. Ferraguti nel corso di un rifornimento durante la Mille Miglia del 1933. I meccanici versano benzina nel solo serbatoio supplementare anteriore, allo scopo di favorire la partenza a freddo, mentre un altro meccanico è intento alla registrazione dei freni anteriori. La Fiorini era una della numerose aziende che fabbricavano impianti a gasogeno.

L’alimentazione a gasogeno - epocauto.it · peso della vettura. Inoltre, il condotto di aspirazione fu dotato di un de- Inoltre, il condotto di aspirazione fu dotato di un de- viatore

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22 - N. 2 - 2013

L’alimentazione a gasogeno (detto anche gassogeno) ci riporta ai tempi della secon-

da guerra mondiale, quando le ri-sorse mancavano, e soprattutto scarseggiava la benzina. Ma ci ri-porta anche all’epoca che prece-dette la guerra stessa, quando, a causa di una folle campagna colo-nialista, l’Italia si trovò al centro di un attacco rivolto dalla Società delle nazioni, e - principalmente - da Gran Bretagna e Francia (peral-tro colonialiste anch’esse): le san-zioni economiche, un embargo che la Società delle Nazioni pose in atto contro il Paese per avere inva-so l’Etiopia. Esistono ancora alcuni impianti a gasogeno, veri reperti archeologi-ci, che testimoniano un’epoca qua-si sconosciuta ai più giovani, quasi dimenticata da coloro che l’hanno vissuta o che l’hanno s� orata. La tecnicaCome avviene che legno o carbo-ne bruciati si trasformino in gas

combustibile, in pratica una sorta di gassi� cazione? Il processo prevede reazioni chimi-che di incompleta combustione del carbonio (C) e degli idrocarburi (CnHm), con produzione di ossido di carbonio (CO), di biossido di car-bonio (CO2), di idrogeno (H2) e di metano (CH4). L’alimentazione del dispositivo produttore di gas può variare dal carbone di legna all’an-tracite, dal carbone fossile alla semplice legna, ma - ovviamente - il rendimento cambia in base al combustibile impiegato. L’elemen-to principale dell’apparecchio, le cui caratteristiche di� eriscono lie-vemente nel caso sia progettato per il carbone o per la legna, è co-stituto dal gasogeno vero e pro-prio, cioè dal produttore di gas di distillazione formato da un forno rivestito di materiale refrattario, dotato di una griglia sotto alla qua-le si deposita la cenere, e da un contenitore per l’acqua (vaporiz-zatore) posto sul fornello. Il gas si ottiene facendo attraversare la zo-

na, dove bruciano la legna o il car-bone, da piccole portate d’aria, ad alta velocità, mischiate al vapore acqueo. La miscela che si genera (composta da ossidi di carbonio, azoto, idrogeno, e metano) va al carburatore attraverso una serie di apparecchi secondari: depuratore, refrigeratore, essiccatore e separa-tore. L’inconveniente è dato tuttavia dalla necessità di dover scaldare preventivamente il motore, prima di passare al gasogeno, perché è necessario che le camere di scop-pio raggiungano una temperatura elevata per accettare tale tipo di miscela. Il potere calorico di que-sto combustibile, caldo e gassoso, è piuttosto povero e varia dalle 950 alle 1.200 kcal/m3, mentre la carburazione si rivela assai appros-simativa.I gas emessi non sono molto dissi-mili da quelli che la biomassa pro-duce nella naturale bruciatura, an-zi il potente gas serra metano così non si crea, ma forse numerosi me-

L’alimentazione a gasogenodi Maurizio Tabucchi

La rivista L'Auto Italiana dedicò spesso la copertina all'alimentazione a gasogeno, sistema che stava riscuotendo ampi consensi.

L'Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport del prof. Ferraguti nel corso di un rifornimento durante la Mille Miglia del 1933. I meccanici versano benzina nel solo serbatoio supplementare anteriore, allo scopo di favorire la partenza a freddo, mentre un altro meccanico è intento alla registrazione dei freni anteriori.

La Fiorini era una della numerose aziende che fabbricavano impianti a gasogeno.

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talli e inquinanti del legno, che in natura si ossidano, alle alte tempe-rature (allo stesso modo di quanto avviene in un caminetto o in una stufa) possono generare gas noci-vi.Se con i motori a benzina la con-versione non si rivelava particolar-mente impegnativa, ben diversa era all’epoca la trasformazione per i Diesel. L’adattamento di un moto-re Alfa Romeo F6-M317 aveva reso necessaria la riduzione del rappor-to di compressione, la testa veniva modi� cata con l’introduzione de-gli alloggiamenti per le candele di accensione; poiché lo scoppio non

avveniva più per compressione, bisognava installare un magnete, sostituire tutto il complessivo di alimentazione, pompa di iniezione compresa, con un carburatore e relativo collettore, aumentare la ci-lindrata da 11.500 a 12.517 cm3, portando l’alesaggio da 120 a 125 mm, alleggerire le bielle e bilancia-re l’albero motore per la maggior velocità di rotazione raggiunta, che passava da 1500 a 1750 giri/min, ridurre poi il rapporto al pon-te da 25/35 a 25/40 sostituendo la corona. Solo così il rendimento non si abbassava molto e, a parte il frequente approvvigionamento di

L’alimentazione a gasogeno

Mario Ferraguti era il direttore dell’Istituto di Frutticoltura di Grottaros-sa (Roma) e ancora non sapeva che sarebbe stato protagonista di una storia che fece epoca. Accadde che nel 1931, durante un colloquio con Benito Mussolini, Gia-como Acerbo (ministro dell’Agricoltura), Costanzo Ciano (ministro dei Trasporti), per valutare gli sviluppi su una forma di coltivazione intensi-va dei terreni, il duce rimase stupito da una macchina agricola alimen-tata né a benzina né a gasolio, ma a gasogeno. Chiese allora a Ferragu-ti se il congegno avrebbe potuto muovere anche un’autovettura, ma Ciano cercò invano di dissuaderlo sostenendo che l’impianto, troppo pesante, non sarebbe stato possibile installarlo su una vettura; Ferra-guti cominciò però a maturare la convinzione che ciò fosse invece rea-lizzabile, tanto che ebbe il sopravvento sullo scetticismo di Ciano e il duce si convinse. Il professore si rivolse al fabbricante di Grottarossa dei gasogeni Dux (in onore a Mussolini), ne ordinò uno di piccole di-mensioni per alloggiarlo nientemeno sulla sua Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport (nella foto in basso), praticamente un’auto biposto da com-petizione, con la quale il professore (grande appassionato della Casa del Portello) aveva già percorso ben 100 mila chilometri per le sue visi-te alle coltivazioni, e fece alloggiare l’apparecchio nella coda, eliminan-do il piccolo bagagliaio, la capote, la ruota di scorta e il serbatoio della benzina. Si mise in contatto con Vittorio Jano, il progettista della 6C, il quale gli suggerì di provare preventivamente al banco motore e gaso-geno; l’esito fu favorevole e Jano si mise al lavoro su un motore 1750 Gran Sport adattandolo alle esigenze del nuovo carburante. Il rappor-to di compressione fu portato a 7,45:1 (dai precedenti 5:1) e il rapporto della coppia conica al di� erenziale fu ridotto in relazione al maggior peso della vettura. Inoltre, il condotto di aspirazione fu dotato di un de-viatore che permetteva l’avviamento a benzina e, a motore ben caldo, la conversione a gasogeno. I primi collaudi si svolsero sull’autostrada Milano-Laghi e tanto Jano quanto il professor Ferraguti erano ansiosi di valutare la velocità mas-sima; e quando riuscirono a superare i 110 km/ora, Ferraguti non riuscì a trattenere la gioia. E’ vero che dai circa 160 km/h previsti dall’auto di serie, si era scesi di parecchio, ma è anche vero che il risultato, conside-rando il peso maggiore e il rapporto al ponte, era comunque un suc-cesso. Era talmente entusiasta il professore, che rientrato a Roma per

strada con la sua 6C 1750, propose a Mussolini la sua intenzione di par-tecipare alla Mille Miglia del 1933. Il permesso venne accordato e fu un grande successo; accompagnato dal comandante della Milizia Foresta-le, Augusto Agostini, i due corsero in tuta bianca, proprio per dimostra-re che il gasogeno non provoca fumo e sporco, come i detrattori del sistema sostenevano. Sebbene partecipassero come normali concor-renti, furono però costretti a partire in anticipo sulla prima vettura (la Balilla Sport di Romoli-Mancini) e fuori classi� ca. Con stupore dello stesso Jano, il motore esprimeva ben 53 CV contro gli 85 della versione normale, ma la velocità si rivelò elevata, tanto che la media, sui 1.650 chilometri della gara, fu di 64,37 km/h, mentre sul tratto Roma-Viterbo la media fu impressionante: ben 97 km/h.Con la sua 6C 1750 Gran Sport, Mario Ferraguti partecipò in seguito a molte altre corse, piazzandosi al 17° posto nella Targa Abruzzo. Nel 1934 partecipò al raid Roma-Budapest coprendo la distanza di 1.605 chilometri in 26 ore e 15 minuti, alla media di 65 km/h. L’anno successi-vo, dopo aver dotato la 6C 1750 di una carrozzeria più aerodinamica, il professore si pose l’impegno di proporre a livello internazionale il gasogeno, percorrendo ben 6.300 chilometri in 110 ore e 31 minuti, raid che gli permise di attraversare dieci capitali europee. La sua ini-ziativa fu molto apprezzata all’estero, ben più di quanto lo fosse sta-ta in Italia.

La Mille Miglia a gasogeno del professor Mario Ferraguti

legna o carbone, l’impiego era ab-bastanza agevole.

La storiaCon il 1929, il governo fascista di Benito Mussolini dà inizio al pro-getto per la conquista di un “pro-prio posto al sole” sull’esempio di Gran Bretagna, Francia e altri Paesi europei: la volontà del duce è quel-la di avviare una politica imperiali-sta, di conquistare terre ricche di risorse naturali, il sogno di ricostru-ire qualcosa che si ricolleghi al gran-de impero romano, in grado di dare potenza e prestigio al Paese. L’11 ottobre 1935 la Società delle

L'originale � nto baule di una

Balilla nasconde il gasogeno.

Particolare dell'impianto a gasogeno delle 6C 1750 Gran Sport.Ancora uno scatto al posto di rifornimento. Ruote di scorta, bauletto e capote erano stati eliminati per far posto al voluminoso congegno.

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Nazioni delibera le san-zioni contro l’Italia. Niente più armi, niente crediti, niente materie prime, non si importa-no più merci italiane. Ci viene imputata l’ag-gressione all’Etiopia, Nazione indipendente, tale - si era sperato - da non suscitare reazioni internazionali. Ma si era sottovalutato il fatto che anche il Paese afri-cano faceva parte dello stesso organismo inter-nazionale, il quale non aveva infatti tardato a muoversi. Sembrano provvedi-menti pesanti, ma non sarà così. Le maglie del-la rete delle sanzioni so-no ine� caci: Germania e Stati Uniti non aderi-scono e altri Paesi non le applicheranno con ri-gore. Sarà un embargo

attenuato da interessi economici, ma intanto il 7 novembre le san-zioni sono u� cialmente decretate e il 18 dello stesso mese diventano operative. In Italia si a� erma un concetto magico che servirà al re-gime per inventarsi il nemico: au-tarchia.Vogliamo diventare autosu� cien-ti, il fai da te diventa il pretesto per stimolare l’orgoglio nazionale; gli italiani sono chiamati tutti a rac-colta dal fascismo a “consumare Italia”. Il regime alimenta il mito dell’autarchia. Si sostituisce il tè con il carcadè, il carbone con la li-gnite, la lana con il lanital, si aboli-sce il ca� è “che fa male”, si recupe-rano gli stracci, la carta, si fa incetta di pentole di rame, si sostituisce il cuoio con impasti di vario genere (tristemente famose le scarpe con la suola di cartone dei nostri solda-ti in Russia). Le donne usano scar-pe con suole di sughero (recente-mente tornate di moda). I termini stranieri non si possono più usare; addirittura il cognac cambia nome e, su proposta di Gabriele d’An-nunzio, diventa arzente, E sui muri spiccano i premonitori slogan a � r-ma del duce. Il più di� uso: “E’ l’ara-tro che traccia il solco ma è la spa-da che lo difende”. E l’altro: “Meglio un giorno da leoni che cento da pecore”; Mussolini ha in mano il Paese.E la benzina? Ben più pesante dal punto di vista economico per i co-sti di importazione, che non irre-peribile, si tenterà di sostituirla con una geniale trovata: il gasogeno. Le “inique sanzioni”, secondo un al-tro slogan, hanno vita breve. Nel 1935 sono già in discussione, nel 1936 cessano; il 15 luglio sono abolite e Londra ritira l’Home Fle-et, la � otta della Royal Navy, dal Mediterraneo. Nei confronti del sanzionismo, Mussolini tuona: “è stata innalzata la bandiera bianca”. Il fascismo sta attraversando un momento d’oro, è l’era prenazista. Per il duce, che apparentemente ha vinto, sarebbe il momento di mostrare saggezza. Ma sappiamo che non andò così.

Anche in Francia usavano il gasogeno, la foto, da un giornale dell'epoca, mostra una Berliet alimentataa legna.

Alla � era di Padova, la A.A.V.S. esponeva questa Fiat 508C abbinata ad un bruciatore per l'alimentazione a gasogeno.

Un gasogeno Fiat montato sull'autelaio di un autocarro.

A destra il disegno esplicativo del complesso sistema di alimentazione.