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L’Amministrazione Comunale - sfogliami.it · dell’Ospedale Santa Maria Nuova nello specifico per pagare il progetto preliminare le ... alla sua determinazione e alla raffinata

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L’Amministrazione Comunaledi Quattro Castella

“Questa edizione del Corteo Matildicoè dedicata alla memoria

di Gianfranco Montanari”

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IL SINDACOAndrea Tagliavini

900 anni fa moriva Matilde di Canossa.

50 anni fa si mise in scena il primo Corteo Storico Matildico.

Due ricorrenze importanti per la comunità castellese, che abbiamo voluto celebrare

con un Corteo Storico di straordinaria bellezza.

Il Paese, il Castello di Bianello, il Parco dei Quattro Colli faranno da cornice alla

rievocazione storica più importante dell’Emilia Romagna.

Le 1200 comparse in costume, i volontari del Comitato Matildico e delle Contrade

di sbandieratori e musici, i cittadini di Quattro Castella vi accoglieranno in una due

giorni di grande fascino e suggestione.

Anche quest’anno, grazie alla disponibilità degli interpreti a partecipare a titolo

gratuito, l’intero incasso sarà devoluto in beneficienza all’Associazione CuraRE

Onlus, che raccoglie fondi per la realizzazione del nuovo Reparto Materno

Infantile di Reggio Emilia (MIRE).

Benvenuti a Quattro Castella.

MEDIA PARTNER

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• Ileana Incerti

• Massimiliano Lasagni

• Lorenzo Leonardi

• Luca Magnani “Bonito”

• Luca Magnani “Gnagno”

• Valentina Medici

• Silvia Pederini

• Luana Pili

• Omar Rizzi

• Anna Maria Romani

• Luca Spagni

• Massimo Tarabelloni

• Sara Vecchi

Membri esterni:Valentina Bigliardi • Ludovico Camellini • Giovanni Codeluppi

Lorenza Gambini • Mark Ramunno

Si ringraziano per la collaborazione:Loretta Bosi • Mauro Burani • Pietro Secchi • Daniele Piombi

Gloria Paul • Pasquale Celano • Monica Fornaciari

Si ringraziano inoltre:Tutte le ditte sponsor per il prezioso contributo

Studenti e insegnanti dell’Istituto Galvani di Reggio Emilia

La Scuola di Danza Studio 1

Studenti, insegnati e famiglie delle Scuole dell’Infanzia e delle Scuole Elementari del territorio castelleseGli interpreti che hanno devoluto il loro compenso per beneficienza

I gruppi storici, le comparse e tutti i volontari che hanno partecipato all’organizzazione

Il Comitato organizzatore del 50° Corteo Storico Matildico

• Giacomo Bertani Pecorari - Presidente

• Manuel Aguzzoli

• Tiziana Animini

• Giacomo Barbieri

• Chiara Bertolini

• Guido Buratti

• Luca Conti

• Angelo D’Emiddio

• Leonardo Diana

• Lorenzo Diana

• Danilo Fantini

• Emidio Fantuzzi

• Stefano Giuranno

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È forte l’emozione e la responsabilità di un’edizione del Corteo Matildico di così tanto

rilievo. Due ricorrenze fondamentali, il IX Centenario Matildico e il 50° Corteo, che ci

hanno spronato in 6 mesi di lavoro ad organizzare un evento speciale.

Il baricentro culturale della manifestazione quest’anno è la celebrazione della figura di

Matilde di Canossa nel suo rapporto con Quattro Castella. Una donna straordinaria

la cui vita ha impresso un’identità ad un ampio territorio che oggi identifichiamo come

Terre Matildiche. L’esposizione, curata dal Comitato Matildico con la collaborazione

preziosa del prof. Paolo Golinelli, ha l’obiettivo di condividere la storia matildica a

Quattro Castella e raccontare gli eventi e i grandi personaggi che hanno legato la loro

figura al Castello di Bianello. La novità del villaggio medievale ai piedi del Castello di

Bianello testimonia la volontà di mettere al centro i prati, che portano la memoria di uno

dei più importanti momenti della storia matildica.

Il Corteo Matildico è parte integrante del DNA della comunità castellese e la sua

50° edizione ci consegna la responsabilità di una storia lunga e nobile. Il nostro

impegno rende onore ai tanti cittadini di Quattro Castella che hanno reso grande il

Corteo Matildico prima di noi, sperando di consegnare a chi verrà dopo di noi una

manifestazione ancora più ricca e partecipata. Abbiamo deciso di mettere al centro i

ricordi della storia del Corteo, organizzando diversi momenti dedicati alle figure che

lo hanno reso grande.

L’anima del Corteo Storico Matildico è la passione che la comunità castellese ha

messo in ognuna delle 50 edizioni precedenti. Migliaia di volontari e figuranti al lavoro

per organizzare, cucire, allestire, accogliere ed evocare una grande storia sono una

ricchezza straordinaria. Una partecipazione di popolo che si concretizza anche negli

obiettivi solidaristici che il Corteo Matildico da diversi anni persegue. Grazie alla vostra

partecipazione gli incassi dei biglietti saranno devoluti quest’anno per importanti ed

innovativi progetti sanitari che interessano tutta la comunità.

Buon divertimento a tutti.

IL COMITATO ORGANIZZATOREDEL 50° CORTEO STORICO MATILDICO

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CuraRE Onlus nasce il 31 maggio 2011 a Reggio Emilia per contribuire alla realizzazione dell’Ospedale della Donna e del Bambino un nuovo edificio che si chiamerà MIRE, acronimo di Maternità Infanzia Reggio Emilia, all’interno dell’Ospedale Santa Maria Nuova nello specifico per pagare il progetto preliminare le cui spese ammontano a circa 600 mila euro e di cui CuraRE Onlus si è impegnata a pagare interamente. Il MIRE avrà come obbiettivo la tutela

della salute della donna, della gestante, della coppia, del neonato e del bambino, caratterizzandosi come luogo accogliente e famigliare, corredato dalle più moderne tecnologie e competenze, associate a caratteristiche che permettano le migliori modalità di cure.

I SETTORI CHE SOSTENIAMO ostetricia, ginecologia, tumori genitali femminili, infertilità involontaria dicoppia, preservazione della fertilità, neonatologia e nido, pediatria, anestesia ostetrico-ginecologica, neuropsichiatria intantile, psicologia, genetica, formazione e ricerca.

MISSION• Prendersi cura della donna, della gestante, della coppia, del neonato e del bambino

integrando accoglienza, famigliarità, comfort, sapere, professionalità e tecnologia. Garantire continuità assistenziale e di integrazione tra ospedale e territorio nella provincia di Reggio Emilia.

• Diventare un ospedale di riferimento nella rete assistenziale del Servizio Sanitario Regionale dell Emilia Romagna.

• Formare le nuove generazioni di operatori sanitari in una relazione istituzionalizzata con l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Promuovere la ricerca scientifica dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico dell’Arcispedale Santa Maria Nuova in collaborazione con Università, ospedali italiani ed internazionali.

• Dar vita ad un ospedale che svolge in modo integrato attività di assistenza formazione e ricerca.

Caratteristiche del futuro edificio: l’edificio consisterà in 12.500 metri quadrati totali distribuiti in 5 piani. La gara europea portata avanti dal Servizio Appalti del Santa Maria Nuova ha individuato lo studio tecnico che curerà la progettazione preliminare e definitiva dell’edificio. La progettazione dell’opera, per la quale CuraRE Onlus si è impegnata a donare la somma di 600.000 euro, verrà sviluppata dallo Studio Binini Partners. Costo stimato dell’opera 25.000.000 euro finanziati con il contributo dalla Regione Emilia Romagna.

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MATILDE: 900 ANNI DOPO

Quest’anno per celebrare al meglio il IX centenario della morte di Matilde di Canossa

e il 50° Corteo Storico, il Comitato Matildico ha indetto il concorso Matilde: 900

anni dopo, rivolto alle scuole primarie e secondarie del territorio comunale.

La finalità è quella di contribuire a rendere gli studenti consapevoli tutori dell’eredità

della storia: la storia del nostro territorio e la storia di una straordinaria donna del

Medioevo che, grazie al suo coraggio, alla sua determinazione e alla raffinata arte della

mediazione riuscì a far trionfare la riforma del Clero, un evento fondamentale per il

miglioramento delle sorti dell’umanità.

I nostri giovani studenti hanno avuto l’onore di incontrare e discutere con gli ideatori del

cartone animato Matilde, una donna oltre al suo tempo, che tutti avranno la possibilità

di vedere durante i giorni del Corteo.

Questo incontro ha lasciato agli studenti diversi spunti per approfondire la sfaccettata

figura di Matilde di Canossa e soprattutto ha stimolato la loro fantasia e creatività

nell’immaginarla e nel descriverla. Nei mesi scorsi, insieme alle loro insegnanti, hanno

realizzato elaborati creativi sulla figura di Matilde, per renderle omaggio proprio

quest’anno, in occasione del IX centenario matildico.

Nei giorni del Corteo sarà allestita una mostra in cui verranno esposti al pubblico

questi meravigliosi ed originali elaborati, frutto della loro ricerca e del loro impegno.

Domenica 31 maggio durante la mattinata vi aspettiamo numerosi alla premiazione

del concorso, che verrà tenuta dal signor Addimes Fratti, componente del primo

comitato matildico.

Gli elaborati della scuola primaria di Quattro Castella saranno in seguito esposti in

mostra a Bologna nell’ambito del concorso Contessa e Regina. Matilde di Canossa

a novecento anni dalla morte, istituito dal Comune di Bologna insieme al Centro

Internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio (DiPaSt) dell’Università di

Bologna e rivolto a tutte le scuole dell’Emilia Romagna.

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MATILDA VICE REGIS LIGURIS REGNI

In questa edizione decisamente speciale, si è deciso di procedere sulla pericolosa ma

soddisfacente strada della veridicità storica. Anche quest’anno sarà più marcato il carattere

drammaturgico del Corteo Storico allo scopo di impreziosire la rappresentazione degli

avvenimenti legati al nostro Bianello, nell’Anno Domini 1111.

Abbiamo deciso di raccontare i fatti, descrivendo il contesto storico e politico, offrendo

tutto questo al pubblico attraverso la viva voce dei personaggi coinvolti.

Non solo Matilde ed Enrico quindi, ma oltre all’indispensabile Donizone da Canossa,

custode della storia, il prezioso Arduino Della Palude, valente capitano matildico e

acuto diplomatico.

Racconteremo di una Matilde ancora vittima del Bando di Lucca, privata di titoli e

terre, ma ancora temibile e rispettabile al punto che l’erede al trono imperiale colga la

necessità di chiedere una sorta di salvacondotto per attraversare le terre matildiche e il

patrocinio della signora di Canossa al fine di ricevere l’unzione papale che lo avrebbe

consacrato Imperatore del Sacro Romano Impero.

Siamo in piena lotta per le investiture, Matilde lascia che Enrico muova alla volta di

Roma a patto che nessuno alzi le armi sui fedeli di Pietro, ma Enrico una volta giunto

al cospetto di Pasquale II, cambia atteggiamento, rivendica il diritto di nomina delle

gerarchie ecclesiastiche e arresta il Papa.

Matilde invia allora Arduino Della Palude da Enrico, perché onori il patto di Bianello. Il

Papa è libero, Enrico V a questo punto torna indietro verso i territori matildici.

Spiegheremo con il coraggio della verità che a Bianello Enrico non incorona bensì

“reinfeuda” Matilde, ovvero le revoca il Bando di Lucca, le restituisce la dignità di

Grancontessa e la proclama viceregina dei Liguri (così erano chiamati gli Italiani), la

saluta chiamandola madre e si allontana, coi suoi possenti Alemanni, oltre i confini dei

possedimenti canossani.

Stefano Giuranno,Emidio Fantuzzi

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LA PROCLAMAZIONE DI MATILDE DI CANOSSA COME L’HANNO RACCONTATA GLI STORICI

Donizone da Canossa

(…)

Già stava scorrendo il sesto giorno di maggio,

egli arriva, apprende che lei è a Bianello;

la raggiunge e le parla in lingua teutonica,

e non c’è bisogno d’interprete.

Confessò il re che mai donna simile a lei egli aveva trovato,

perciò le affidò il governo del Liguri come vice-regina,

e la chiamò a chiare parole col nome di madre.

Tre giorni trascorse con lei, e firmato un solido patto,

lieto perch’egli cresceva come cedro del Libano,

se ne andò coi possenti Alemanni oltre i monti.

(…)

Donizone, Vita di Matilde di Canossa, traduzione di Paolo Golinelli, Milano, Jaca

Book, 2008, Libro II, vv. 640-662

Leone Tondelli

(…) Scendendo verso Roma, Enrico V inviò al Papa i propri legati. Pasquale II era

più che mai fermo nel rifiutare il diritto di investitura e, dopo laboriose discussioni,

si arrivò finalmente al trattato di Sustri pel quale la Chiesa, ad ottenere la propria

libertà, rinunziava spontaneamente ai feudi imperiali ottenuti da secoli. (…) Ma tale

generosità e spirito di rinuncia non era di tutti .(…)

Ne approfittò abilmente Enrico V: quando Pasquale II, prima di porre sul capo di

lui la corona imperiale, gli raccomandò l’esecuzione del trattato concluso, Enrico V

protestò che non era sua intenzione di togliere alle chiese nulla di ciò che avevano

ricevuto dalla generosità dei suoi antecessori e , rinnovatesi le dispute e riuscite vane

1212

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le intimidazioni, fece dai suoi tedeschi circondare ed imprigionare il Papa, insieme a

un gran numero di prelati. (…) I romani si ribellarono allora contro i tedeschi ed il Re

stesso in una zuffa ebbe una ferita alla fronte. Ma non riuscirono a liberare i prigionieri

ed Enrico V il terzo giorno si ritraeva da Roma menando seco il Papa con tutto il suo

seguito. (…)

Matilde mandò tosto a Enrico V il proprio fidato capitano Arduino della Palude, ma

non riuscì ad ottenere che la liberazione dei vescovi dei suoi domini, Bernardo di

Parma e Bonsignore di Reggio. (…) Dopo sessanta giorni di prigionia, Pasquale II,

mancando d’ogni umano appoggio, per timore di un nuovo scisma ed in parte anche

per debolezza si piegò ad un accordo col Re. (…)

Il Re s’avvio allora per la Germania ed il 6 maggio era ospitato nel castello di Bianello

dalla contessa Matilda, presso la quale si trattenne tre giorni. Secondo il racconto di

Donizone, Enrico V concesse a Matilda, cui dava il nome di madre ed esaltava con la

proprie lodi, il vicereame di Liguria e tra il Re e la Contessa si stabilì un fermo trattato.

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Alcuni storici recenti hanno voluto fissare il contenuto di quel trattato. Se Enrico V

trattò con tanto onore la nemica implacabile di suo padre e le affidò il governo della

Liguria, dovette essere per qualche vantaggio ottenuto come corrispettivo. Per altro

lato Enrico V alla morte di Matilda entrò e si mantenne nel possesso della sua eredità

senza che da parte della Santa Sede, alla quale la Contessa aveva replicatamente

donati tutti i suoi beni, si abbia traccia di una protesta contro di lui.(…)

Leone Tondelli, Matilda di Canossa, Reggio Emilia, Bizzocchi Editore, 1915, p. 135-138

Alfred Overmann

6-8 maggio

Bianello.

Riceve l’imperatore Enrico V, suo ospite per tre giorni, è da lui nominata Reggente

Imperiale di Liguria e Toscana; a sua volta, Matilde lo nomina suo erede universale.

Donizone, II, 403: Tresque dies secum faciens firmum quoque foedus. (Tre giorni

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trascorse con lei e firmando un solido patto).

Senza Dubbio, il foedus (patto) qui ricordato si riferisce alla nomina di Enrico V ad

erede di tutti i beni della Contessa.

Alfred Overmann, La Contessa Matilde di Canossa, Roma, Multigrafica Editrice,

1980, p. 166

Carlo Guido Morr

(…) La testimonianza di Donizone circa un vicariato imperiale di Matilde – scritta

vivente la contessa – è esplicita, anche se detta nel suo latino contorto: Cui liguris

regni regimen dedit in vice regis. Ma contro di essa sta il silenzio di tutte le altre

testimonianze contemporanee e sopra tutto stanno i documenti. (…)

Intanto, che valore avrebbe potuto avere per Matilde un titolo viceregio o vicariale

in Italia? Evidentemente quello di estendere il potere della Contessa sull’Italia

Occidentale, da Parma-Brescia alle Alpi, escludendo però il Veneto, ancora

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formalmente legato alla Baviera, ed il Friuli, di cui è marchese-duca il Patriarca. Ma

nessun documento ci mette sott’occhio una qualunque attività giurisdizionale di

Matilde al di fuori delle terre emiliane e toscane. Rifacciamoci, dunque, all’esame

degli avvenimenti fra l’autunno 1110 e la primavera seguente. Enrico V, entrato in Italia

dal Gran San Bernardo, trova un primo intoppo a Novara, che risolve facilmente

perché la città non è di tal potenza da resistergli; ma all’appuntamento di Roncaglia,

dove dovevano concentrarsi le truppe inviate dagli italici – feudali e comuni –

constata due assenze piuttosto preoccupanti: Milano e la contessa Matilde.

Donizone sottolinea molto chiaramente la posizione ostile di Matilde. (…) Non solo

una posizione passiva (assenza dalla riunione), ma un chiaro atteggiamento di ostilità

armata, con la messa in stato di allarme di tutto il sistema fortificato emiliano e toscano.

Il che significava dimostrare l’intenzione chiara e precisa di impedire il viaggio verso

Roma. Giuridicamente era una vera e propria rebellio, e non sarebbe stata ingiustificata

un’azione energica e a fondo contro questa anziana signora che, oltre a tutto, non era

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da considerarsi se non un’usurpatrice di poteri, dopo la messa al bando dell’Impero e

la destituzione proclamata, da oltre vent’anni, da Enrico IV.

Ma le regole giuridiche sono una cosa e la pratica è un’altra. Se si fosse trattato di

qualche castello in pianura, forse ci si poteva provare, dato il poderoso esercito che in

quel momento era a disposizione di Enrico, ma la cosa cambiava aspetto dovendocisi

internare in vallate montane, su una strada piuttosto faticosa, quindi con una marcia

forzatamente lenta ed esposta a tutti i possibili colpi di mano sui fianchi. Senza dire

che bastava l’interruzione di un ponte o di un tratto di strada per far perdere un

mucchio di tempo. Bisognava trovare una soluzione onorevole e comoda: aprire

trattative anche un poco urgenti, pur sapendo di partire da posizioni militarmente forti,

come numero, ma deboli dal punto di vista tattico. E ingoiare, anche, un notevole

rospo: quello di venire a patti con una indurita ribelle!

I contatti dovettero cominciare dai giorni di Roncaglia, se si ammette che il racconto di

Donizone segue un ordine cronologico. (…) Il re ci teneva a far pace con Matilde,

cioè ad eliminare ogni ragione di un attrito che si trascinava da anni. Ma la soluzione

non fu imminente.

È evidente che restando Enrico sui piani di Roncaglia, in attesa dei contingenti italiani,

le trattative dovevano svolgersi in Canossa. (…) Che cosa sia stato conchiuso nei

colloqui di Canossa non si sa, ma dovettero essere poste le basi per le nuove trattive

concrete…a distanza ravvicinata! Infatti di lì a poco il re mosse da Roncaglia fino al

Taro e Matilde scese dall’alta Canossa al castello di piè di colline di Bianello. (…)

L’incontro di Bianello (…) ha il successo sperato. (…)

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Matilde riconosce i diritti del regno e gli obblighi feudali che a lei incombono; il

sovrano reintegra la contessa nei suoi diritti feudali, anche se, per il momento, non si

arriva alla cerimonia solenne dell’annullamento del bando. Il compromesso, dunque,

è in questi termini: Matilde non ostacolerà la marcia del re e questi, col suo esercito,

passerà per la toscana senza recar offese; la contessa offre il servitium feudale di un

contingente armato (al comando di Arduino della Palude) e probabilmente paga il

fodro: il re si impegna (…) a considerare Matilde completamente reintegrata nel suo

honor. Sola condizione, possibile se non allora prevedibile: il contingente militare

matildico non prenderà parte in un eventuale conflitto armato con la Santa Sede. Ma

inopinatamente la clausola negativa del patto di Bianello scatta all’imprigionamento

di Pasquale II e del suo seguito. Fra i catturati v’erano il vescovo di Parma, il cardinale

Bernardo, e Buonsignore vescovo di Reggio Emilia, entrambi vescovi delle terre

matildiche. (…)

Arrestati col Papa, i due vescovi non potevano essere considerati fedifraghi rispetto

al sovrano, perché non avevano agito contro di lui, e quindi non potevano venir

incriminati di fellonia. (…)

Una volta restituito a Matilde il suo honor feudale, cioè tutto l’insieme dei diritti

inerenti ai comitati emiliani ed al Marchesato toscano, tale honor copre, con la tuitio

particolare, tutti coloro che vi abitano, anche se si trovino temporaneamente fuori

territorio di diretto governo: ed il pactum di Bianello questo significava e per questo

valeva, tanto che il re mise immediatamente in libertà i due presuli. (…)

All’infuori di Donizone, nessun cronista accenna a particolari concessioni imperiali a

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Matilde: Ekkerardo non ricorda neppure l’incontro di Bianello e l’Epitome Polironese

– che pur tiene per falsariga la Vita donizoniana – se ricorda le tre giornate di maggio,

tace affatto sul contenuto degli accordi. Donizone, dunque, è l’unica testimonianza

più esplicita in proposito. (…)

Con l’atto formale di Bianello, la Marca di Tuscia ed i comitati emiliani (con

Mantova, Ferrara e probabilmente Bologna), venivano a formare una nuova unità

politico-amministrativa, che poteva ben essere considerata quasi un regno. In questo

caso Donizone ha peccato di amplificazione retorica. (…)

Non dunque, vicariato del Regno, ma la solenne reinvestitura feudale dei domini

tosco-padani, il vero honor matildico. Del resto la diplomatica canossana non

accenna ad un mutamento qualunque di stile: prima e dopo il maggio 1111 Matilde

usa soltanto o la formula di umiltà (Mathilda, gratia Dei, si quid est) o quello

di comitissa filia Bonifacii marchionis (contessa figlia del marchese Bonifacio),

senza aggiungere altro. (…) Dunque, dal punto di vista prosopografico, nessun

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mutamento di grado. Ma neppure nessuno spostamento territoriale. Non sono

pochi i documenti dell’ultimo quinquennio di vita della contessa, ma basta

consultare i regesti offertici dall’Overmann per constatare ch’essa non si spostò

quasi mai dalle terre emiliane: un solo atto ce la mostra a Massa (presso Carrara),

ma poi costantemente al di qua dell’appennino: Bondeno, Badiana (nel ferrarese),

Pegognaga (Mantova), Carpineta, Monte Baranzone e infine la lunga degenza a

Bondeno dall’agosto 1114 alla morte (24/7/1115): forse un anno. La conclusione

che se ne deve trarre, quindi, è che Matilde, non dilatò per nulla i suoi poteri: anzi

si può dire che restrinse la sua attività alla sola zona padana, ai territori veramente

aviti di Reggio, Modena e Ferrara. (…)

Carlo Guido Morr, Il Vicariato italico di Matilde, sta in Studi matildici. Atti e

memorie del 2. Convegno di studi matildici : Modena-Reggio E., 1-2-3 maggio 1970,

Modena Aedes Muratoriana, 1971, p. 67-79

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Giuseppe Sergi

(…)Bonifacio nel 1027 non ottenne «in feudo» la marca di Tuscia, come con pigrizia

mentale un tempo si affermava; andò diversamente: egli ottenne il governo formale

della Marca di Tuscia - tra l’altro una delle zone dove meno spontanei e meno

robusti erano stati i potenziamenti signorili della sua famiglia - perché era vassallo

sicuro del regno e perché disponeva dei mezzi concreti per governare la Marca.

Non acquistò per via feudale il potere. La sua condizione vassallatica lo mise nella

condizione di ricevere un potere delegato d’alto livello, così come la sua condizione

dinastico-signorile lo proponeva al regno come governante idoneo. Un passo

consimile fu compiuto a favore di Matilde nel 1111, quando nel castello di Bianello

venne reintegrata nell’autorità che le era stata formalmente sottratta nel 1053: non di

vicariato si tratta -la testimonianza di Donizone in questo potrebbe essere deviante-,

né di «reinvestitura feudale» dei domini tosco-padani (come aveva suggerito Carlo

Guido Mor). La cosa più probabile è che Matilde avesse garantito il permanere di

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una fedeltà di famiglia al regno (non sappiamo se in forme tecnicamente feudali, data

la sua condizione femminile, difficilmente collocabile in una prospettiva militare) e, in

seguito a questa garanzia, fosse stato tolto il blocco ai poteri delegati dal regno (ma

delegati dal regno per via normale, non feudale). (…)

Giuseppe Sergi, I poteri dei Canossa: poteri delegati, poteri feudali, poteri signorili,

sta in: I poteri dei Canossa: da Reggio Emilia all’Europa: Atti del Convegno

internazionale di studi, a cura di Paolo Golinelli, Reggio Emilia-Carpineti, 29-31

ottobre 1992, Bologna,Patron, 1994, p. 36-37

Edgarda Ferri

Enrico V, il nuovo imperatore, è stato incoronato a Ingelheim. Ha venticinque anni,

è nato a Utrecht, sua madre era Berta di Savoia. Ha scritto al papa, gli ha promesso

fedeltà alle leggi della Chiesa. Il papa rifiuta di credergli. (…) Verso la fine dell’anno

1110, Enrico V parte per l’Italia: andrà a Roma, si farà incoronare a San Pietro. Parte

armato, porta con se un formidabile esercito. (…)

Barricata nei suoi castelli sull’Appennino, Matilde rimane ferma, in attesa.

L’imperatore le ha mandato i suoi ambasciatori, chiede di incontrarla. Si incontrano a

Bianello. (…)

Matilde si impegna a rimanere neutrale. A patto che non faccia del male alla sua gente

e non sollevi la spada contro il papa, lei non cercherà di sbarrargli il cammino. (…)

L’11 febbraio 1111, attraverso la “via triumphalis”, il giovane imperatore scende da

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Monte Mario. E’ diretto a San Pietro, porta con sé la corona con cui

Carlomagno fu incoronato ad Aquisgrana. Lo segue un esercito con le

armi abbassate. La cattedrale è gremita di clero e di popolo. Il papa ad alta

voce legge il documento dove Enrico si impegna a rinunciare al diritto delle

investiture. Enrico lo interrompe all’improvviso: non gli è possibile mantenere

la promessa. (…)

Prostrato sulla tomba di San Pietro, il papa rifiuta di procedere

all’incoronazione. Enrico alza la mano destra. Dal fondo, i suoi soldati

avanzano a schiera, le armi levate, le spade sguainate. Lo catturano, catturano

anche i suoi vescovi. (…)

Due giorni di battaglie e di scontri sconvolgono Roma. La città brucia, le sue

torri incendiate illuminano la notte. Matilde preferisce non intervenire: Enrico

è troppo forte, ha un esercito di centomila soldati. (…)

Al galoppo piomba nell’accampamento imperiale il conte Arduino della

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Palude, il più fedele vassallo di Matilde di Canossa. Ricorda ad Enrico la promessa

fatta durante l’incontro di Bianello: in cambio della sua neutralità, lui non avrebbe fatto

del male alla sua gente. Dunque, liberi immediatamente i suoi vescovi. L’imperatore

consegna Bonsignore di Reggio e Dodone da Parma al risoluto Arduino. Matilde non

ha speso una sola parola in favore del Papa. (…)

Stremato, abbandonato, l’11 aprile del 1111, a ponte Mammolo, vicino a Tivoli, il papa

riconosce a Enrico V il diritto di investire con “anulus e baculus” vescovi e abati, gli

garantisce che non tornerà più sulla questione delle investiture, né lo scomunicherà.

Infine gli promette che lo incoronerà. Subito dopo, ha luogo la solenne cerimonia in

San Pietro. (…)

Sulla via del ritorno, Enrico V si ferma a Bianello. Si ferma tre giorni, e per tutto il

tempo discorre fittamente con la cugina Matilde. Le parla in tedesco, più di una

volta si rivolge a lei chiamandola madre. Alla fine della terza giornata, accade un fatto

sbalorditivo, inatteso: firmando imperiosamente dentro le braccia della grande croce,

annullando la donazione fatta alla Chiesa romana, Matilde nomina Enrico V erede di

tutti i beni di sua personale proprietà. Come contropartita, l’imperatore le restituisce

tutto ciò che suo padre le aveva tolto dichiarandola bandita di ogni titolo e incarico, la

reinveste dell’altissimo titolo di sua vicaria in Italia, le promette di seppellire Enrico IV

nella cattedrale di Spira.

Edgarda Ferri, La Grancontessa: vita, avventure e misteri di Matilde di Canossa,

Milano, A. Mondadori, 2002, p. 229-232

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26

1° Corteo Storico - anno 1955Matilde ed Enrico V con il loro seguito scendono da Bianello.

Matilde è interpretata dalla diciannovenne Maria Fiore, attrice già nota.

Foto Emidio Fantuzzi

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Una cartolina celebrativa del 2° Corteo Storico - anno 1956Matilde è interpretata dalla presentatrice televisiva

Marisa Borroni

Foto Emidio Fantuzzi

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29

12° Corteo Storico - anno 1966La gualdana di Bianello.

Foto Lionello Ghidini

30

Bondeno di Gonzaga (Mantova)Veduta attuale della casa tradizionalmente riconosciuta come luogo di morte di Matilde.

sta in: P. Golinelli, I mille volti di Matilde di Canossa.Immagini di un mito nei secoli, Milano, F. Motta, 2003

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Gian Lorenzo Bernini e aiutiMonumento a Matilde di Canossa

1633-1644, marmoCittà del Vaticano, Basilica di San Pietro, navata destra, secondo passaggio a sinistra

Il monumento venne commissionato a Gian Lorenzo Bernini nel 1633, dopo che la salma di Matilde di Canossa era stata trafugata dall’Abate Ippolito Andreasi per ordine di Urbano III e trasferita, dalla sua originaria collocazione nel Monastero di San Benedetto Po, a Roma, dove fu esposta per quasi dieci anni a Castel Sant’Angelo nella Sala del Triregno. Al Bernini in prima persona spetta, oltre a tutti i progetti e ai modelli, gran parte della realizzazione della statua della Contessa, alla quale collaborarono anche due scalpellini e lo scultore francese Niccolò Sale. La figura di Matilde ha un aspetto sereno e regale, ispirato a una classica compostezza, ha sul capo un diadema e stringe con la mano destra lo scettro

e con la sinistra le chiavi e il triregno.

sta in: P. Golinelli, I mille volti di Matilde di Canossa.Immagini di un mito nei secoli, Milano, F. Motta, 2003

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convenzionato con:

Cerchia del Cavalier d’ArpinoDonazione di Matilde a Gregorio VII

1612, affrescoCittà del Vaticano, Musei Vaticani, seconda sala adiacente al Salone Sistino

Matilde è raffigurata in piedi alla destra del Pontefice in trono. Un uomo inginocchiato davanti a loro legge il documento della donazione alla presenza di alcuni cardinali. L’affresco fa parte di un ciclo di scene a carattere storico, raffiguranti donazioni, privilegi e tributi alla Chiesa da parte di sovrani, da Costantino a Carlo IV, commentati da elaborate

iscrizioni in latino.

sta in: P. Golinelli, I mille volti di Matilde di Canossa. mmagini di un mito nei secoli, Milano, F. Motta, 2003

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Matilde di CanossaSecolo XIX, affresco

Guastalla (Reggio Emilia), pieve dei Santi Pietro e Paolo

La pieve romanica dei santi Pietro e Paolo presso Guastalla conserva un “ritratto” matildico eseguito nel corso dei restauri di fine Ottocento. Si tratta di un tondo nella navata centrale dentro una cornice a rami stilizzati di acanto secondo una tradizione stilistica che riprende i mosaico delle basiliche romane. La contessa con una chioma biondo fulva indossa un mantello verde con rigido cappuccio a punta che sembra ispirarsi all’abbigliamento con cui

è raffigurata nel Vita Mathilidis del monaco Donizone degli inizi del XII sec.

sta in: P. Golinelli, I mille volti di Matilde di Canossa.Immagini di un mito nei secoli, Milano, F. Motta, 2003

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Matilde di Canossa a cavalloAffresco

Bondeno di Gonzaga (Mantova), residenza privata

Due sono le case che si contendono l’onore di avere raccolto l’ultimo respiro della contessa Matilde: una, quella ora dimostratasi l’effettiva località, è a Bondeno di Ròncore, dove c’è una vecchia abitazione nella quale sono state trovate tracce di affreschi e iscrizioni; l’altra, tradizionalmente riconosciuta come luogo di morte di Matilde, a Bondeno di Gonzaga in un’abitazione privata, prossima alla chiesa parrocchiale, oggetto di un ciclo di affreschi ancora ben visibili, che testimoniano soprattutto il perdurare del mito. Si tratta di affreschi noti fin dall’Ottocento. L’affresco principale riporta proprio la scritta Cont.a Matilde sotto un imponente cavallo sul quale siede Matilde, in un riquadro del salone al piano nobile

della residenza privata di Bondeno di Gonzaga.

sta in: P. Golinelli, I mille volti di Matilde di Canossa. mmagini di un mito nei secoli, Milano, F. Motta, 2003

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APPENDICEnomi di persone, di luoghi e di cose notevoli

Alberico di Nonantola

Vassallo di Matilde. Nei documenti è accanto alla Contessa in occasioni

ufficiali 8 volte dal 1086 al 1115.

Alemanni

Popolo nato dall’alleanza di diverse tribù germaniche stanziate attorno alla

parte superiore del fiume Meno, in una regione nel sud-ovest della Germania.

Arduino della Palude

Figlio di Guido di Gandolfo dei conti di Parma, nipote di Attone I, primo

vassallo e gran capitano d’armi di Matilde di Canossa. La sua presenza

al fianco della Gran Contessa è documentata da numerosi atti (20 volte

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43

tra il 1100 e il 1115). Sappiamo che in alcune occasioni agì senza attendere ordini

da Matilde poiché come comandante del contingente della Contessa aveva pieni

poteri.

Attonidi (Attóni) di Canossa

Dinastia dell’Emilia e della Toscana, discendente forse da famiglie di stirpe longobardica.

Il capostipite fu Azzo Adalberto; seguirono Tedaldo (988-1012), che assunse il titolo

di marchese di Canossa, il figlio Bonifacio, dal 1027 marchese di Toscana, la sua

vedova Beatrice di Lorena (m. 1076) e la figlia Matilde di Canossa (1046-1115). Gli

Attonidi fondavano la loro potenza sui vassalli, vera e propria aristocrazia minore.

Bernardo degli Uberti

San Bernardo degli Uberti, noto anche come San Bernardo di Parma (Firenze, 1060

circa – Parma, 1133), è stato cardinale e vescovo cattolico italiano. Nato da una

delle più illustri famiglie dell’epoca, i degli Uberti, era stato un monaco benedettino.

Fu nominato cardinale da papa Urbano II nel 1099: il pontefice morì poco dopo

la celebrazione del concistoro ed il suo successore, Pasquale II, lo nominò legato

pontificio per l’Alta Italia. L’incarico era difficile: la maggioranza delle autorità civili

e religiose di quelle regioni riconosceva la legittimità dell’antipapa Clemente III,

sostenuto dall’imperatore Enrico IV. Facevano eccezione la gran contessa Matilde

di Canossa e il monastero di San Benedetto di Polirone. Essendo vacante la sede

episcopale parmense, in occasione della festa dell’Assunta del 1104, Bernardo

si offrì di celebrare in quella città, in cui clero era sempre stato ostile alla riforma

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gregoriana. Nell’omelia attaccò aspramente l’Imperatore: le sue parole suscitarono

l’ira delle autorità cittadine che lo imprigionarono. Fu liberato solo grazie alle pressioni

di Matilde. Resse la diocesi di Parma dal 1106 al 1133. È venerato come santo dalla

Chiesa cattolica.

Bonifacio

Figlio di Tedaldo di Canossa e di Guilla di Uberto, dal padre ereditò le contee di

Modena, Reggio Emilia, Mantova, Brescia, Ferrara; dalla madre il controllo di ampi

possedimenti in Toscana. Dal suo secondo matrimonio con Beatrice di Lorena (1037)

nacquero Beatrice e Federico (scomparsi in tenera età, forse avvelenati) e ultima

Matilde. Bonifacio morì nel 1052 durante una battuta di caccia; una leggenda vuole

che sia stato assassinato, ma nella biografia di Donizone non si parla di morte violenta.

Fu sepolto a Mantova.

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Bonseniore

Vescovo di Reggio Emilia dal 1098 al 1118, è citato spesso accanto a Matilde.

Nonostante sia indicato da Donizone come uomo semplice, fu impegnato

in prima linea nella difesa del Pontefice durante la lotta per le investiture.

Imprigionato da Enrico V a Roma nel 1111, con Bernardo di Vallombrosa,

vescovo di Parma, e con il papa Pasquale II, fu liberato solo grazie all’intervento

di Arduino della Palude, vassallo di Matilde.

Canossa, castello di

Geologicamente la rupe di Canossa è costituita da un masso di calcare che

si eleva a 576 metri sul livello del mare e a oltre 50 dal suolo circostante,

ma all’epoca di Donizone doveva essere certamente più elevata e più ampia.

Il Castello di Canossa deve la sua fama allo storico incontro tra l’Imperatore

Enrico IV e Papa Gregorio VII, avvenuto nel gennaio 1077 con la mediazione

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di Matilde di Canossa. Costruito verso l’anno 940 da Adalberto Atto, divenne

il centro di un complesso sistema difensivo a controllo delle valli appenniniche e

della pianura. Nel 950 vi trovò rifugio Adelaide, vedova di Lotario I re d’Italia,

perseguitata dal marchese di Ivrea. Nel 1878 il Governo Italiano acquistò la rupe

con i resti del Castello di Canossa, dichiarandoli monumento nazionale. I primi scavi

archeologici sulla sommità della rupe furono avviati, nel 1877, dall’archeologo Don

Gaetano Chierici, e proseguiti sotto la guida del prof. Naborre Campanini, cui si

deve la costituzione del Museo che porta il suo nome e che raccoglie i materiali

rinvenuti nel corso degli anni. L’odierno Museo è stato completamente ristrutturato

nel 2003 a cura della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di

Bologna, Modera e Reggio Emilia.

Cappella di San Nicola

L’identificazione di questa chiesa è stata oggetto di diversi studi. Tra le ipotesi

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formulate la più probabile è quella che la identifica nella chiesa di Montezane,

sulla base di fonti documentarie dei secoli successivi.

Donizone

Monaco di Sant’Apollonio di Canossa, di cui divenne abate, scrive il poema

Vita Mathildis (Vita di Matilde), o come lui stesso lo intitolò, De Principibus

Canusinis (I Principi di Canossa), tra il 1111 e il 1115, con un’ aggiunta l’anno

successivo, dopo la morte della Contessa. Il poema è diviso in due libri, il

primo dedicato agli antenati di Matilde, il secondo a Matilde. Dalla lettera

dedicatoria sappiamo che quando iniziò a scrivere era monaco già da 25 anni,

perciò possiamo supporre che fosse nato intorno al 1070. Come scrittore

mostra una vasta cultura, non solo proveniente dai testi sacri, ma anche

dagli autori latini; per la ricostruzione storica si basa sulla lettura degli storici

medievali anche contemporanei e di certo sulla documentazione presente a

49

Canossa. Fu spinto a scrivere il suo poema quando nel 1111 furono restaurati i sepolcri

dei primi Canossa, antenati di Matilde, mentre i genitori di Matilde avevano trovato

sepoltura altrove. Scopo del poema era convincere Matilde a scegliere Canossa

e il monastero di sant’Apollonio come sua ultima dimora. Matilde scelse invece il

monastero di San Benedetto Po.

Enrico IV

Re di Germania e Imperatore del Sacro Romano Impero, figlio dell’imperatore Enrico

III, succedette al padre ancora bambino, nel 1056, a sei anni, sotto la reggenza

della madre Agnese di Poitiers che assicurò al figlio la fedeltà dei maggiori principi

tedeschi. Diventato maggiorenne, deciso e spregiudicato, mostrò chiaramente di

voler seguire le orme del padre e si accinse alla restaurazione del potere monarchico.

La rivolta dei Sassoni, iniziata nel 1073 e alla quale diedero il loro appoggio anche

principi laici ed ecclesiastici, fu domata nel 1075. In seguito a ciò rivolse a papa

50

51

Gregorio VII la richiesta di deporre i vescovi ribelli. Il pontefice non acconsentì

e lo esortò a collaborare nella riforma dei costumi del clero tedesco e vietò agli

ecclesiastici di accettare l’investitura laica. Contro questa ingerenza che lo privava di

un’arma di governo potente, reagì con energia: in un sinodo convocato a Worms

nel gennaio 1076 fece dichiarare Gregorio VII indegno del titolo di Papa. Enrico

fu scomunicato e interdetto dal governo dei regni di Germania e d’Italia e vide

vacillare il proprio trono. Cercò allora di riconciliarsi col papa e nel gennaio 1077,

da penitente, a piedi scalzi, ne ottenne il perdono a Canossa. Tornato in Germania,

anziché conformarsi agli accordi di Canossa, dove aveva promesso di risolvere le

controversie con i principi con la mediazione del Papa, li affrontò in battaglia e

proclamò che la sua vittoria valeva come un giudizio di Dio. Nuovamente scomunicato

nel 1080, dichiarò di nuovo deposto il Papa e fece eleggere pontefice Clemente

III. La lotta riprese ancora più accanita. Venuto in Italia nel 1083, occupò Roma,

costrinse Gregorio VII a barricarsi in Castel S. Angelo, fece consacrare l’antipapa

Clemente III e si fece incoronare imperatore. Nel 1093 il figlio primogenito Corrado,

già designato re di Germania, gli si ribellò. Enrico reagì privandolo del trono in favore

del secondogenito Enrico, ma anche quest’ultimo si mise contro il padre, dichiarò

guerra aperta contro di lui e lo costrinse con la violenza a rinunciare a ogni potere.

Ritiratosi presso il vescovo di Liegi, annunciò l’intenzione di riprendere la guerra

contro il figlio per recuperare la corona, ma alla vigilia di uno scontro tra i due morì

dopo breve malattia nell’agosto 1106. Cinque anni dopo, in seguito alla revoca della

scomunica, fu sepolto nella cattedrale di Spira.

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Enrico V

Figlio dell’imperatore Enrico IV, dopo la ribellione del fratello maggiore Corrado,

fu designato re di Germania e incoronato ad Aquisgrana nel 1099. Nel 1104,

unendosi al partito avverso al padre Enrico IV, lo costrinse ad abdicare. Divenuto

definitivamente re nel 1106 con l’appoggio di papa Pasquale II, si dimostrò un

continuatore della politica paterna, anziché seguire le norme stabilite dalla Santa

Sede nella questione delle investiture. Dopo il Concilio lateranense del 1110,

che condannava l’investitura ecclesiastica da parte dei laici, scese in Italia con un

forte esercito, tenne prigioniero il pontefice insieme ai cardinali e lo costrinse a

riconoscergli i suoi diritti sull’investitura. Fattosi incoronare imperatore il 13 aprile 1111,

strappò al Papa anche la promessa che mai sarebbe stato colpito dalla scomunica. Fu

proprio di ritorno da Roma, nel maggio 1111, che fece sosta a Bianello, dove incontrò

Matilde di Canossa e le concesse il titolo di Vicaria Imperiale in Italia, restituendole

il potere su tutti suoi domini e l’annullamento del bando di Lucca del 1081, con

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cui era stata espropriata dei suoi beni. Appena Enrico V ebbe lasciato l’Italia nel

1112, Pasquale II ritirò le concessioni fatte e lo scomunicò. Tornò in Italia nel 1115 in

seguito alla morte di Matilde, che aveva lasciato i suoi beni alla Chiesa e dei quali

egli rivendicò il possesso. Senza difficoltà s’impadronì dell’eredità e, morto Pasquale

II nel 1118, tentò un accordo con il successore Gelasio II. Fallito ogni tentativo di

conciliazione, occupò Roma nel marzo dello stesso anno e costrinse il nuovo Papa

alla fuga a Gaeta. I principi lo minacciarono di deporlo se non si fosse riconciliato

con la Chiesa. I negoziati durarono diversi mesi e portarono alla conclusione del

concordato di Worms nel 1122, che pose termine alla lotta delle investiture. Essendo

rimasto sterile il matrimonio tra Enrico V e la figlia di Enrico I d’Inghilterra, si estinse

con lui la casa imperiale di Franconia.

Frassinoro, abbazia di

E’ un comune dell’Appennino modenese non lontano dal Passo delle Radici.

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Secondo la tradizione il nome Frassinoro deriva da un’immagine della Vergine

rappresentata appesa ad un frassino mentre irradia, con i suoi raggi d’oro, i valichi

dell’Appennino. I ritrovamenti archeologici confermano che già dall’VIII sec. in

prossimità del frassino si trovava una cappella con un piccolo ospizio destinato al

ristoro dei pellegrini.

I documenti ci spiegano che nell’agosto 1071 Beatrice di Lorena e la figlia Matilde di

Canossa fondano a Frassinoro un monastero benedettino dedicato a Santa Maria e a

tutti i Santi. In seguito nel 1072 Beatrice dona al convento le reliquie di San Claudio

martire, quindi la chiesa viene intitolata a Santa Maria e San Claudio. L’antica chiesa

era ricca di arredi e sculture marmoree. In ciò si distingueva dalle altre chiese della

montagna modenese, le cui parti strutturali e decorative erano fatte per lo più di pietra

arenaria. Ai monaci erano concessi diversi privilegi: godevano di poteri temporali

ed erano liberi da ogni giurisdizione civile e religiosa. Ciò rientrava nella politica

della Riforma gregoriana della Chiesa, sostenuta dai Canossa, che intendevano così

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far concentrare i frati sulla vita monastica prendendo a modello lo stile di vita del

monastero benedettino di Cluny. I monaci circondarono l’abbazia con torri, rocche

e castelli, ma ciò non fu sufficiente durante l’attacco del 1173, quando l’abbazia fu

conquistata. Dopo il 1210 il monastero viene abbandonato, perde la sua autonomia

e dal 1261 l’abate rinuncia ad ogni potere temporale. Sulle vecchie fondamenta

dell’abbazia, andata in rovina nel XV secolo, si trova oggi la chiesa di Santa Maria

Assunta di San Claudio e Lorenzo.

Gherardo di Canossa

Sono molti i Gherardo che compaiono nei documenti matildici perché si possa

tentare un’identificazione di questo personaggio, conosciuto invece da Donizone.

Giovanni da Marola

Intorno all’anno Mille, a Marola vive un uomo in odore di santità. E’ Giovanni

l’Eremita chiamato anche Giovanni da Marola, che in una radura coltiva il suo

60

orticello, da cui ricava il necessario per vivere; i suoi incontri sono limitati ai

viandanti, che si fermano ad ascoltare le sue parole.

Anche Matilde di Canossa si avvale dei consigli di Giovanni che nel 1092,

nel convegno convocato a Carpineti, la incita malgrado il parere contrario di

tutti, a proseguire la lotta contro Enrico IV. Matilde, convinta dall’Eremita

che quella è l’unica via da seguire, combatte l’Imperatore fino alla vittoria,

che avviene nella famosa battaglia tra Bianello e Canossa, e che porta alla

disfatta dei soldati imperiali. Per dimostrare la sua riconoscenza a Giovanni

l’Eremita, Matilde farà costruire proprio a Marola una chiesa con convento.

Sulla figura di Giovanni da Marola, che morì nel 1101, si è in passato molto

discusso: alcuni storici affermano che il consigliere di Matilde era in realtà

l’abate Giovanni del Monastero di Canossa. Molti storici sono oggi invece

convinti che si tratti di quello di Marola.

61

Giumigna o Giumegna

Detto ancora in dialetto Smégna, è un monte che si trova alla destra di chi va da San

Polo a Canossa.

Gregorio VII

Gregorio VII(Ildebrando di Soana) papa e santo, fu una delle personalità più

innovative del Medioevo. Eletto Papa nel 1073, avviò un sostanziale programma

di riforma della Chiesa. Nel 1075 emanò il Dictatus papae, una raccolta di 27

norme canoniche, in cui fissò i principi fondamentali della riforma della Chiesa: il

potere assoluto del Papa, la sua supremazia sulle gerarchie della Chiesa e il diritto

di deporre gli Imperatori e di sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà. Con

quest’atto Gregorio VII dichiarava la Chiesa libera dal potere dell’Imperatore,

entrando in aperto conflitto con il re di Germania Enrico IV e aprendo un periodo

noto come “lotta per le investiture”. In Germania Enrico IV raccolse intorno a sé

i vescovi che gli erano rimasti fedeli e dichiarò deposto il pontefice. Gregorio VII

lo scomunicò. A questo punto molti feudatari ostili a Enrico IV approfittarono

della situazione per indebolirne l’autorità. Per ristabilire il suo potere, nel 1077

l’Imperatore fu costretto a presentarsi come penitente a Canossa, dove si trovava

Gregorio VII, per ottenerne l’assoluzione, ma ciò non valse a risolvere il conflitto.

Di nuovo Enrico IV discese in Italia nel 1081 e assediò Roma, nominando l’antipapa

Clemente III. Costretto a Castel S. Angelo, Gregorio VII fu liberato nel maggio

1084 e si ritirò a Salerno dove morì.

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Gualdana

Schiera, truppa armata per fare scorrerie nel territorio dei nemici. Secondo alcuni

deriva dal tedesco waldan assalto, secondo altri da wald bosco, come dire incursione

nei boschi a scopo di caccia, poi estesa a cose militari.

Guiberto di Gonzaga

Vassallo di Matilde. Nei documenti è accanto alla Contessa in occasioni ufficiali 4

volte dal 1086 al 1115.

Irnerio

Giurista (seconda metà sec. XI - primi sec. XII), è considerato il fondatore della scuola

di diritto di Bologna. A lui si deve la nascita del diritto come scienza autonoma. Tra il

XI ed il XII secolo, grazie ad Irnerio, si sviluppò a Bologna uno studio approfondito

dei testi giuridici, tramite commenti al testo detti “glosse”: la cosiddetta la Scuola

di Bologna. I glossatori bolognesi godevano di grande prestigio sociale: ne è una

64

testimonianza la presenza di quelle che vengono chiamate le tombe dei

glossatori. Uno dei sepolcri appartiene ad Accursio e al figlio Francesco, gli

altri al giurista Odofredo e a Rolandino de’ Romanzi.

Liguri

Antica popolazione, che ha dato nome all’odierna regione della Liguria,

attestata già intorno al 2000 a.C. nel Nord Italia e nella Francia meridionale.

Tradizionalmente erano posti tra le foci del Rodano e dell’Arno. Alcuni

storici hanno sostenuto che con questo termine Donizone intendesse

l’intero Nord Italia, mentre studi più recenti sostengono che a Matilde

fosse stata affidata V solo la reggenza della cosiddetta marca Obertenga,

un vasto territorio che si estendeva da Genova a La Spezia fino a Parma e

all’Oltrepò pavese.

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Lintergnano

Piccolo monticello, oggi denominato Sedignano per la sua vicinanza al piccolo borgo

di Sedignano, si trova sulla strada che da San Polo va a Canossa, sulla destra , poco

più a nord del monte Giumigna.

Luni

Antica città romana alla foce del fiume Magra, non lontano da Sarzana: l’influenza

della città, divenuta il porto più importante del Mar Ligure, fu tale da connotare

col proprio nome l’intero territorio circostante. La Lunigiana oggi è la zona

corrispondente al bacino del fiume Magra. La Lunigiana storica corrispondeva

invece ai possedimenti facenti capo all’antica sede vescovile di Luni, che controllava

le attuali province della Spezia e di Massa-Carrara, l’alta Garfagnana e la Versilia

fino a Pietrasanta, oltre ad un minuscolo territorio nel comune di Albareto, in

provincia di Parma.

Madonna della Battaglia, oratorio

E’ posto su una piccola sella della cresta collinare, all’incrocio di due strade, una

proveniente da S. Polo attraverso il borgo di Caverzana, l’altra che risale da un

gruppo di case dette La Valle.

In questo luogo avvenne nel 1092 lo scontro tra l’esercito di Enrico IV e le forze

fedeli a Matilde, conclusosi con la sconfitta e la fuga dell’Imperatore. Da qui deriva

il nome della località e dell’oratorio, certamente preesistente a questo episodio e

dedicato a S. Genesio, un santo molto caro alla famiglia dei Canossa, dato che nel

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968 le ossa di S. Genesio, vescovo di Brescello, furono trovate da Atto Adalberto

di Canossa e deposte in un sarcofago ai piedi dell’Abbazia di Brescello.

Matilde di Canossa

Nacque a Mantova nel 1046, terzogenita della potentissima famiglia feudale dei

Canossa, di origine longobarda. Il padre, Bonifacio di Canossa, era l’unico erede

della dinastia canossiana, la madre, Beatrice di Lorena, apparteneva a una delle più

nobili famiglie imperiali, imparentata con Enrico III ed Enrico IV, dei quali Matilde era

rispettivamente nipote e cugina. Rimase presto orfana di padre e un paio d’anni dopo

la perdita del padre morirono entrambi i suoi fratelli. La madre si risposò e a causa di

questo matrimonio madre e figlia furono imprigionate da Enrico III in Germania, dove

rimasero un anno, non certo in carceri e catene, ma in ogni caso non in condizione

di tranquillità. Tornarono in Italia nel 1056, dopo la morte di Enrico III. Sappiamo da

Donizone che Matilde era una donna molto colta. Il suo destino fu deciso quando

aveva otto anni da un contratto di fidanzamento che la legava a Goffredo detto il

Gobbo. Tale contratto fu stipulato in occasione del matrimonio fra Beatrice di Lorena

e Goffredo detto il Barbuto, padre del promesso sposo di Matilde. I due giovani si

sposarono nel dicembre del 1069, pochi giorni prima che Goffredo in Barbuto morisse.

Mentre Beatrice tornava in Italia, Matilde rimase in Lorena, a fianco del marito.

Non per lungo tempo: nel settembre del 1072 è già testimoniato il suo ritorno in

Italia. In quel periodo le era nata una bambina, alla quale aveva dato nome Beatrice,

una bambina che morì subito dopo la nascita. E’ questa tristissima vicenda che

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probabilmente causò il suo allontanamento dalla Lorena e dal marito, che non

volle più rivedere. Nel febbraio del 1076 Matilde rimase vedova: Goffredo

il Gobbo morì assassinato. Nei primi mesi del 1076 quindi Matilde si trovò

sola al mondo, ma libera di agire secondo la sua volontà. E’ solo da questo

momento in avanti che Donizone narra le vicende della sua vita. Nel 1073

era divenuto papa Gregorio VII. Nello stesso anno il nuovo imperatore Enrico

IV si era rivolto verso i suoi possedimenti in Italia. Cominciò tra i due un duro

duello, che vide contrapposta l’autorità della Chiesa a quella dell’Impero nella

lotta per le investiture, cioè su chi avesse il diritto di nominare vescovi e abati.

Nel 1076 il Papa decise di scomunicare l’Imperatore, che da questa iniziativa si

vide escluso dai riti religiosi e con sudditi non più obbligati alla sottomissione.

Matilde si schierò con decisione al fianco di papa Gregorio VII, nonostante

l’imperatore fosse suo secondo cugino. La scomunica indusse Enrico IV a

scendere in Italia. Gregorio VII lo ricevette nel gennaio 1077 mentre era

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ospite di Matilde nel castello di Canossa. In quell’occasione l’Imperatore, per

ottenere la revoca della scomunica, fu costretto ad attendere davanti all’ingresso del

castello per tre giorni e tre notti. Il faccia a faccia si risolse con un compromesso il 28

gennaio 1077: Gregorio revocò la scomunica a Enrico IV, ma non la dichiarazione

di decadenza dal trono.

In due anni le sorti del confronto tra papato e impero si ribaltarono: nel 1080 Enrico

IV convocò un Concilio in cui fece deporre il Papa, l’anno seguente decise di

scendere una seconda volta in Italia per ribadire la sua signoria sui suoi territori e

decretò Matilde deposta e bandita dall’impero (Bando di Lucca). Nel 1088 Matilde

si trovò a fronteggiare una nuova discesa dell’Imperatore Enrico IV e si preparò al

peggio con un matrimonio politico: scelse il duca diciannovenne Guelfo V, erede

della corona di Baviera. Le nozze rientravano in una rete di alleanze di cui faceva

parte anche il nuovo papa, Urbano II, allo scopo di contrastare Enrico IV. Anche

questo secondo matrimonio non fu felice, i due si separarono dopo poco tempo e

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non ebbero mai figli.

Nel 1090 Enrico IV si preparò alla sua terza discesa Italia, per infliggere una

sconfitta definitiva alla Chiesa. Matilde si arroccò nel 1092 a Canossa. Nello

scontro presso la Madonna della Battaglia il potente esercito imperiale fu

distrutto dalle truppe matildiche, che mantennero intatta la fedeltà ai Canossa

anche di fronte all’Impero. Dopo la vittoria di Matilde molte città come

Milano, Cremona, Lodi e Piacenza si schierarono con la Contessa per sottrarsi

al controllo imperiale. Nel 1093 il figlio secondogenito dell’Imperatore,

Corrado di Lorena, sostenuto dal Papa, da Matilde e da una lega di città

lombarde,fu incoronato Re d’Italia. Si accese dunque una lotta all’interno

della stessa famiglia imperiale. Enrico IV privò Corrado della corona a favore

del terzogenito Enrico, che a sua volta si ribellò al padre e lo fece deporre. Il

nuovo imperatore Enrico V riprese la lotta contro la Chiesa e l’Italia. Questa

volta l’atteggiamento di Matilde nei confronti della casa imperiale fu differente:

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davanti all’offerta di pace di Enrico V si piegò ai suoi voleri, pur riservandosi il diritto

di mantenersi neutrale in un eventuale lotta contro il Papa. Nel 1111, tra il 6 e il 9

maggio, sulla via del ritorno da Roma verso la Germania, Enrico V la incontrò al

castello di Bianello. Matilde gli confermò la sua fedeltà, Enrico V le conferì il titolo

di Vicaria Imperiale in Italia, che la rendeva allo stesso tempo suddita e alleata.

Matilde mori il 24 luglio 1115, presumibilmente di gotta, malattia frequente tra i nobili

dell’epoca che si nutrivano principalmente di carne. Donizone ci dice che spirò in un

villaggio chiamato Bondeno, riconoscibile o nell’attuale Bondanazzo di Reggiolo o in

Bondeno di Gonzaga, a pochissima distanza dal precedente. Venne prima sepolta

nel monastero di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po, poi, nel 1633, per

volere del papa Urbano VIII, la sua salma fu traslata a Roma in Castel Sant’Angelo.

Nel 1645 i suoi resti trovarono definitiva sistemazione nella Basilica di San Pietro a

Roma in una tomba scolpita dal Bernini.

Monastero di Sant’Apollonio a Canossa

Una chiesa esisteva a Canossa già nel 961, ma non ne è nota l’intitolazione. Nel

971, con la traslazione delle reliquie di Sant’Apollonio, iniziò l’intitolazione al Santo

e probabilmente una ristrutturazione dell’edificio, con l’aggiunta di un’abitazione per

permettere la vita dei canonici.

Monte Falcone

E’ un piccolo rilievo sotto Monte Zane, l’ultimo dei colli di Quattro Castella verso

ovest. Non è certo che all’epoca di Matilde vi sorgesse un insediamento con una

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piccola cappella romanica. Le prime notizie documentate sono molto più

tarde e la tradizione vuole che qui San Francesco d’Assisi nel 1217 abbia

fondato un convento sopra un terreno boschivo donatogli da Guido, signore

di Bianello e Canossa.

Nel corso dei secoli l’importanza dell’insediamento di Montefalcone fu

notevole e numerose furono le trasformazioni che lo videro prima Convento

Francescano, poi sede estiva del Seminario Vescovile, Università reggiana,

sede estiva del Collegio Convitto dei Nobili, sede del Convitto della

Municipalità di Reggio Emilia. Pur nell’attuale stato di semi-rovina, il Convento

regala una visione di rilevante monumentalità.

Monteveglio

Il Comune di Monteveglio si trova sull’Appennino bolognese a circa 25

km a ovest della città. Feudo dei Canossa già dalla metà del X secolo, fu

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fondamentale per la resistenza che la contessa Matilde oppose all’ imperatore Enrico

IV, disceso in Italia per vendicarsi della celebre umiliazione di Canossa. Fu proprio alle

porte di Monteveglio che l’Imperatore vide morire il proprio figlio in combattimento

e probabilmente incrinarsi per la prima volta la speranza di sottomettere il papato alla

sua politica. Poco dopo infatti Enrico IV tolse l’ assedio. Matilde in seguito consolidò

il castello e la sua pieve, concedendo particolari privilegi agli abitanti a ricompensa

del loro valore.

Oberto

Capo della famiglia Pallavicino, un ramo degli Obertenghi, ostili a Matilde soprattutto

a causa del suo secondo matrimonio con Guelfo di Baviera.

Rainerio di Sasso

Vassallo di Matilde. Nei documenti è accanto alla Contessa in occasioni ufficiali 12

volte dal 1103 al 1115.

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San Paulo in Caviano

Oggi san Polo d’Enza, prende nome dalla cappella dedicata a San Paolo edificata

all’interno della Rocca, mentre Cavilianum o Cavianum è il nome storico della località.

Tutti gli storici concordano nell’affermare che l’Imperatore Enrico IV sostò presso il

Castello di San Polo nell’ottobre del 1092, prima dello scontro con le truppe di

Matilde presso la Madonna della Battaglia.

Sasso di Bianello

Vassallo di Matilde tra i più fedeli. Nei documenti èa accanto alla Contessa in

occasioni ufficiali 26 volte dal 1086 al 1115.

Tuscia

Tuscia era la denominazione attribuita all’Etruria dopo la fine del dominio etrusco,

utilizzato dalla Tarda antichità e per tutto l’Alto Medioevo. Il nome indicava un

territorio assai vasto, che le vicissitudini storiche hanno ripartito in tre grandi aree:

la “Tuscia romana”, corrispondente al Lazio settentrionale con l’antica provincia

pontificia corrispondente oggi alla provincia di Roma fino al Lago di Bracciano; la

“Tuscia ducale”, che includeva i territori del Lazio soggetti al Ducato di Spoleto;

la “Tuscia longobarda”, l’attuale Toscana, comprendente i territori sottoposti ai

Longobardi e costituenti il Ducato di Tuscia.

La Marca di Tuscia fu un feudo dipendente dal Regnum Italiae, esistito dal 797 al

1001, situato nell’Italia centrale, che comprendeva gran parte dell’odierna Toscana. Il

Marchesato di Toscana fu la sua naturale evoluzione alle dipendenze dirette del Sacro

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Romano Impero, dal 1002 all’epoca comunale.

Ugo di Toscana, considerato il fondatore del Marchesato di Toscana, riuscì

a consolidarne i confini e trasferì definitivamente il capoluogo a Firenze;

all’epoca l’antico nome Tuscia venne gradualmente soppiantato dal nuovo

nome Toscana.

Il primo canossiano a diventare Marchese di Toscana fu Bonifacio III di

Canossa, padre di Matilde; a partire dal 1076, dopo la morte del padre, del

marito e della madre, sarà la trentenne Matilde l’unica sovrana incontrastata

di tutte le terre dal Lazio al lago di Garda, Marchesato di Toscana compreso.

Ugo di Cluny

Detto anche Ugo di Semur o sant’Ugo il Grande (1024 – 1109), fu un

abate cluniacense francese e una delle personalità più carismatiche tra i

rappresentanti degli ordini religiosi del Medioevo; è venerato come santo

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dalla Chiesa cattolica. Primogenito del conte Dalmazio di Semur, non assecondò

i desideri del padre che voleva farne un cavaliere, ma s’indirizzò verso gli studi,

entrando come novizio nell’abbazia di Cluny, dove nel 1044 fu ordinato sacerdote e

a soli 24 anni divenne abate. Rimase in questa carica per oltre 60 anni, durante i quali

fece numerosi viaggi in Europa. Importante fu il suo ruolo di mediatore a Canossa tra

il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, di cui era stato padrino di battesimo.

Villici

Il termine villico deriva dal latino villa casa di campagna e sta ad indicare il contadino,

cioè chi è addetto alla villa e attende ai lavori della campagna. Niente a che vedere

pertanto con il termine villano che indica invece un uomo grossolano che ignora le

buone maniere.

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Bibliografia• AA. VV., La Madonna della Battaglia, Quattro Castella, Lions Club val d’Enza,

(1978)• Donizone, Vita di Matilde di Canossa, edizione traduzione e note di Paolo Golinelli,

Milano, Jaca Book, 2008• Ghirardini, Lino Lionello, Storia critica di Matilde di Canossa, Reggio Emilia, Bizzocchi

Editore, 1989• Golinelli Paolo, Culto dei santi e vita cittadina a Reggio Emilia (secoli IX-XII), Modena.

Aedes Muratoriana, 1980• Golinelli Paolo, Matilde di Canossa donna di potere nel Medioevo, Nogara, 1999 http://digilander.libero.it/biblionogara matildedicanossa.htm• Lazzari Tiziana, Matilde e le sue antenate, Quattro Castella, Comune di Quattro

Castella, 2008• Matilde di Canossa, il Papato, l’Impero, Cinisello Balsamo, Silvana, (2008)• AA.VV., Montefalcone. Contributi alla storia di un monumento, Reggio Emilia,

Tecnograf, 1984

Sono inoltre state consultate singole voci sui siti internet www.treccani.it e www.wikipedia.it

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MATILDE

Ricerca storica e testi: Ufficio Cultura, Comune di Quattro CastellaProgetto grafico: Studio Pubblicità Tre, Reggio Emilia - 2015stampato da Gruppo Litografico Graphic Partners, Cavriago - 2015

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