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– 328 – ENRICO CARERI – 10 di 20 – interviene di nuovo in «forte» nel rapido intervallo, appena un respiro, lasciato vuoto dal canto. Qualcosa di simile accade nell’aria dell’ottava scena, «Se l’ac- quisto di quel soglio», dove rapidi passaggi orchestrali in «forte» preparano i virtuosismi di Damira (battute 17 e 38), e nell’aria dell’undicesima scena, «I lacci tende» (battute 39, 42 e 45). È chiaro che quanto appena descritto è degno di nota solo in relazione al fatto che eccezionalmente ne La verità in cimento Vivaldi prescrive contrasti dinamici dove generalmente il livello dinamico è mantenuto stabile, in particolar modo nelle sezioni di canto. L’imitazione musicale del singhiozzo di per sé non ha niente di eccezionale. Ciò che la rende interessante è l’insolita indicazione dina- mica che per una volta contraddice il pregiudizio che allora incombeva sul melodramma italiano a proposito della scarsa coerenza tra testo e musica (può essere utile ricordare che nel Teatro alla moda Benedetto Marcello prende di mira proprio La verità in cimento). 5 L’introduzione strumentale del terzetto della nona scena, «Aure placide e serene», è costituita da una fitta successione di effetti d’eco. Se in passaggi in cui il contrasto dinamico appare scontato Vivaldi indica accuratamente le «f» e le «p», è lecito immaginare che l’avrebbe fatto anche altrove nell’opera se solo l’avesse voluto. L’abuso ingiustificato di effetti d’eco priva di interesse l’effetto stesso. Nel secondo e nel terzo atto l’utilizzo dei segni dinamici è grosso modo lo stesso di quello fin qui descritto. L’unica cosa degna di nota si trova all’inizio dell’aria della quarta scena del secondo atto, «Un tenero affetto», dove si legge «Tutti gli strumenti piano». Ciò sembra confermare la norma secondo cui l’in- troduzione strumentale è sempre in «forte» anche se non indicato in partitura. Si tratterebbe in questo caso della eccezione che conferma la regola. Si è già accennato al fatto che le arie sostitutive sono del tutto prive di segni dinamici e che la probabile ragione sia la fretta. Situazione analoga sembra esse- re quella del Tito Manlio (RV 738), dove però i segni dinamici mancano nell’inte- ra partitura. La spiegazione sembra indicata a c. 172r del manoscritto, dove si legge «Musica del Viualdi fatta in 5 giorni». Se davvero la composizione è stata realizzata in tempi così ristretti, come evidentemente l’autore tiene a sottolinea- re, è comprensibile immaginare che i primi a farne le spese fossero i segni di rou- tine. Anche in questo caso è preferibile non eccedere con le variazioni dinamiche ed avere ad esempio altre opere vivaldiane in cui i segni sono regolarmente indi- cati, come L’Olimpiade o Griselda. Caso a sé è invece l’Orlando finto pazzo (RV 727), dove l’assenza di segni dinamici nell’intero manoscritto è al momento inspiega- bile. Vivaldi non poteva permettersi di scrivere in fretta, perché si presentava per la prima volta a Venezia in veste di operista. Per l’esordio al Teatro S. Angelo, nell’autunno del 1714, immaginiamo che non abbia risparmiato fatica. Si possono tentare diverse spiegazioni, ad esempio l’eccellenza dei suoi musici- 5 Si veda ENRICO CARERI, Sulla ripresa moderna del melodramma italiano del primo ‘700. Il caso de «La verità in cimento» di Antonio Vivaldi, «Studi vivaldiani», 2, 2002, p. 75.

L’Olimpiade - Fondazione Giorgio Cini Onlus · 2010. 3. 1. · cati, come L’Olimpiade o Griselda. Caso a sé è invece l’ Orlando finto pazzo (RV 727), dove l’assenza di segni

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    interviene di nuovo in «forte» nel rapido intervallo, appena un respiro, lasciatovuoto dal canto. Qualcosa di simile accade nell’aria dell’ottava scena, «Se l’ac-quisto di quel soglio», dove rapidi passaggi orchestrali in «forte» preparano ivirtuosismi di Damira (battute 17 e 38), e nell’aria dell’undicesima scena, «I laccitende» (battute 39, 42 e 45).

    È chiaro che quanto appena descritto è degno di nota solo in relazione al fattoche eccezionalmente ne La verità in cimento Vivaldi prescrive contrasti dinamicidove generalmente il livello dinamico è mantenuto stabile, in particolar modonelle sezioni di canto. L’imitazione musicale del singhiozzo di per sé non haniente di eccezionale. Ciò che la rende interessante è l’insolita indicazione dina-mica che per una volta contraddice il pregiudizio che allora incombeva sulmelodramma italiano a proposito della scarsa coerenza tra testo e musica (puòessere utile ricordare che nel Teatro alla moda Benedetto Marcello prende di miraproprio La verità in cimento).5

    L’introduzione strumentale del terzetto della nona scena, «Aure placide eserene», è costituita da una fitta successione di effetti d’eco. Se in passaggi in cuiil contrasto dinamico appare scontato Vivaldi indica accuratamente le «f» e le«p», è lecito immaginare che l’avrebbe fatto anche altrove nell’opera se solol’avesse voluto. L’abuso ingiustificato di effetti d’eco priva di interesse l’effettostesso.

    Nel secondo e nel terzo atto l’utilizzo dei segni dinamici è grosso modo lostesso di quello fin qui descritto. L’unica cosa degna di nota si trova all’iniziodell’aria della quarta scena del secondo atto, «Un tenero affetto», dove si legge«Tutti gli strumenti piano». Ciò sembra confermare la norma secondo cui l’in-troduzione strumentale è sempre in «forte» anche se non indicato in partitura.Si tratterebbe in questo caso della eccezione che conferma la regola.

    Si è già accennato al fatto che le arie sostitutive sono del tutto prive di segnidinamici e che la probabile ragione sia la fretta. Situazione analoga sembra esse-re quella del Tito Manlio (RV 738), dove però i segni dinamici mancano nell’inte-ra partitura. La spiegazione sembra indicata a c. 172r del manoscritto, dove silegge «Musica del Viualdi fatta in 5 giorni». Se davvero la composizione è statarealizzata in tempi così ristretti, come evidentemente l’autore tiene a sottolinea-re, è comprensibile immaginare che i primi a farne le spese fossero i segni di rou-tine. Anche in questo caso è preferibile non eccedere con le variazioni dinamicheed avere ad esempio altre opere vivaldiane in cui i segni sono regolarmente indi-cati, come L’Olimpiade o Griselda. Caso a sé è invece l’Orlando finto pazzo (RV 727),dove l’assenza di segni dinamici nell’intero manoscritto è al momento inspiega-bile. Vivaldi non poteva permettersi di scrivere in fretta, perché si presentavaper la prima volta a Venezia in veste di operista. Per l’esordio al Teatro S.Angelo, nell’autunno del 1714, immaginiamo che non abbia risparmiato fatica.Si possono tentare diverse spiegazioni, ad esempio l’eccellenza dei suoi musici-

    5 Si veda ENRICO CARERI, Sulla ripresa moderna del melodramma italiano del primo ‘700. Il caso de «Laverità in cimento» di Antonio Vivaldi, «Studi vivaldiani», 2, 2002, p. 75.

  • sti che avrebbe reso inutili i segni dinamici, ma alla luce degli altri manoscrittivivaldiani che ho potuto esaminare – dove gli effetti dinamici sono accurata-mente riportati – è forse più giusto astenersi da qualsiasi spiegazione e lasciareper ora irrisolta la questione.

    L’allegro iniziale della Sinfonia dell’Olimpiade (RV 725) è un primo gustosoassaggio dell’uso cospicuo di segni dinamici presente nell’intera partitura. Findalle prime note assistiamo al rapido alternarsi di forti e piani, di effetti d’ecosulle veloci figurazioni affidate ai violini:Esempio 3. L’Olimpiade, Sinfonia, Allegro, battute 1-6

    Contrasti dinamici sono presenti in tutto il brano, talvolta molto serraticome alle battute 17 e 31, dove le prime due battute dell’Allegro vengono con-tratte in una:

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    Esempio 4. L’Olimpiade, Sinfonia, Allegro, battuta 17

    Questo brano è un buon esempio della piena coscienza che il compositoreaveva degli effetti che poteva ottenere con mezzi tutto sommato elementari. Lacontrazione alle battute 17 e 31 gli permette di raddoppiare la velocità già con-siderevole della composizione, resa particolarmente palese proprio dal rapidosusseguirsi di forti e piani. È una scarica elettrica che dalle prime note acceleralo scorrere del tempo preparando l’ascoltatore ai tempi diversi del melodram-ma. Si tenga presente che gli Allegri iniziali dell’Olimpiade e della Verità in cimen-to si basano sullo stesso principio vivaldiano della ripetizione vorticosa di cellu-le ritmico-melodiche elementari, ma che solo nell’Allegro dell’Olimpiade il com-positore prescrive gli effetti d’eco, segno questo che lo stesso principio compo-sitivo non implica necessariamente le stesse modalità esecutive.

    Contrasti dinamici molto serrati si trovano anche nell’introduzione strumen-tale dell’aria di Aminta nella terza scena del primo atto, «Il fidarsi della spene»,in particolare nella terza e quarta battuta, dove si alternano coppie di semicromein forte e in piano. Rapido alternarsi di forti e piani anche nell’introduzione stru-mentale dell’aria di Aristea «Sta piangendo la tortorella», nella terza scena delsecondo atto, soprattutto alle battute 11 e 12. L’indicazione «forte» è talvolta pre-sente nelle parti strumentali nelle note conclusive delle sezioni cantate, sia in A(alla fine delle due intonazioni dei versi) che alla fine di B. Ne sono esempi, nelprimo atto dell’Olimpiade, le arie della quinta e sesta scena del primo atto, «Deldestin non vi lagnate» (battute 42-43 e 81-82) e «È troppo spietato» (battute 29-33,70-74 e 99-101), rispettivamente di Clistene e Aristea. Esempi simili si trovanoanche in molte altre arie dell’opera, tra le quali nel secondo atto quelle della quar-ta, quinta e decima scena, «Per que’ tanti suoi sospiri» (battute 51-53), «Siam naviall’onde algenti» (battute 50-51) e «Se cerca, se dice», rispettivamente di Argene,Aminta e Megacle. Da notare che spesso gli archi suonano in «forte» all’unisonola stessa linea del canto. Nell’aria di Megacle, «Se cerca, se dice», gli strumentisottolineano in «forte» le parole più tragiche del testo metastasiano, «rispondimorì» (battute 9-11 e 32-34) e «piangendo partì» (battute 49-51).

  • Interventi in «forte» dell’orchestra nelle sezioni cantate si trovano anche neiluoghi in cui il compositore vuole enfatizzare singole parole o interiezioni, comenel duetto di Megacle e Aristea, «Ne’ giorni tuoi felici», nella decima scena delprimo atto. A battuta 34 (e più avanti a battuta 63) l’interiezione «Ah» è sottoli-neata dall’improvviso «forte» degli archi, che prima tacevano e che subito doporiprendono in «piano» (v. esempio 5). L’orchestra interviene in «forte» anche perdare particolare enfasi alle parole «tu mi trafiggi il cor» (battute 38-41), «ah chetacendo, o Dio» (battute 77-79), e «chi mai provò di questo affanno più funesto,più barbaro dolor» (battute 104-112, 115-117). Lo stesso accade nell’aria diAlcandro «Se tu sprezzar pretendi», nella seconda scena del secondo atto, alleparole «ingiusta è la mercede» (battute 39-41 e 64-66) e «hai troppo ingrato ilcor» (battute 46-50 e 74-78).Esempio 5. L’Olimpiade, «Ne’ giorni tuoi felici», battute 32-41

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    Nell’Orlando furioso (RV 728) e nel Giustino (RV 717) si nota un uso piuttostocontenuto dei segni dinamici, sempre limitato alla routine. Unica eccezione nelGiustino l’aria di Amanzio «Candida fedeltà» nella decima scena del secondoatto, dove in tutta la sezione A violini e oboi sottolineano in «forte» le sillabefinali dei singoli versi. Diverso il caso di Griselda (RV 718), dove Vivaldi nonrisparmia forti e piani. Ne sono esempio le arie della terza, quarta e quinta scenadel primo atto, «Se ria procella», «Brami le mie catene» e «Vede orgogliosa l’on-da», rispettivamente di Gualtiero, Griselda e Ottone, tutte introdotte da sezionistrumentali caratterizzate dal rapido alternarsi di forti e piani. Lo stesso avvie-ne nelle arie della prima e seconda scena del secondo atto e della settima scenadel terzo. Non è raro che Vivaldi utilizzi gli strumenti in «forte» nelle sezioni dicanto, come nella parte conclusiva di A della già citata «Vede orgogliosa l’onda»su un arpeggio ostinato di settima di dominante: Esempio 6. Griselda, «Vede orgogliosa l’onda», battute 31-32

    Nell’aria di Costanza della settima scena del primo atto, «Ritorna a lusingar-mi», Vivaldi dimostra un’attenzione davvero particolare per la dinamica. Allebattute 35-37 gli archi accompagnano l’effetto d’eco del canto alternando pianie pianissimi:

  • Esempio 7. Griselda, «Ritorna a lusingarmi», battute 34-37

    Interventi in «forte» dell’orchestra nelle sezioni di canto si trovano nel-l’aria di Griselda della dodicesima scena del primo atto, «Ho il cor già lacero»(battute 41-42), nel terzetto della quattordicesima scena del secondo atto,«Non più regina» (battute 7-9, esempio 8), nell’aria di Griselda della terzascena del terzo atto, «Son infelice» («forte» degli archi sulla parola «morte»alle battute 26, 33, 49, 60, 67), nell’aria di Griselda della sesta scena del terzoatto, «Dopo un’orrida procella» (battute 11, 13, 16, 31, 40, 44, 60). Nell’aria diGualtiero della settima scena del terzo atto, «Sento che l’alma teme», comenell’aria «Ne’ giorni tuoi felici» dell’Olimpiade, il «forte» degli archi serve aporre in rilievo l’interiezione «Ah» (battute 16 e 29) e le parole «pena» (battu-te 24 e 31) e «amore» (battute 25 e 32).

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    Esempio 8. Griselda, «Non più regina», battute 7-9

    Anche ne La fida ninfa (RV 741) Vivaldi indica con precisione dove suonareforte e piano, soprattutto nelle sezioni strumentali che precedono il canto,come nel primo atto nell’aria di Morasto della seconda scena, «Dolce fiamma»(battute 1-4) e nell’aria di Oralto della decima scena, «Cor ritroso» (battute 16-20), e nel secondo atto nell’aria di Morasto della decima scena, «Destin avaro»(battute 8-11). Ma l’aria che più di qualsiasi altra dovrebbe servir da monito adevitare variazioni dinamiche arbitrarie è quella di Licori nella quarta scena delprimo atto, «Selve annose», dove il serrato contrasto dinamico non si limitaalla sezione iniziale affidata agli archi, ma prosegue oltre per tutta la duratadell’aria:

  • Esempio 9. La fida ninfa, «Selve annose»

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  • Un rapido cenno, per concludere, ad alcune note raccolte strumentali astampa. Nell’Estro armonico op. III Vivaldi prescrive di regola il «piano» e il«pianissimo» nelle parti di sostegno al violino principale o ai violini concertan-ti, come in 2/iv (battuta 171), 3/iii (battuta 111), 8/ii (battuta 98), 8/iii (battuta224) e 11/ii (battuta 3).6 Piuttosto frequenti gli effetti d’eco, anche se moltomeno di quanto siamo abituati a dover ascoltare. Il fatto che una frase o ancheun breve inciso sia ripetuto uguale non significa che si debba eseguire primaforte e poi piano (o viceversa). Ancor più che nelle partiture autografe dei melo-drammi Vivaldi indica i livelli dinamici con la stessa precisione degli altri segninotazionali.

    Altro luogo dove talvolta sono presenti contrasti dinamici è la sezione fina-le, come in 2/ii (battute 77-83), 3/iii (battute 219-248) e 9/iii (battute182-191),per dare particolare enfasi alle battute conclusive. Ci sono poi interi movimentibasati sull’alternanza di piani e forti, come 2/iii, o in cui comunque Vivaldi pre-scrive segni dinamici che vanno oltre la normale routine, come 4/ii (battute 59-65) e soprattutto 8/iii (battute 195-202), dove i diversi livelli dinamici sono sepa-rati e sottolineati da pause. All’inizio di 9/iii Vivaldi prescrive il «piano» percreare un forte contrasto tra la prima frase affidata al violino principale e aiprimi e secondi violini e la violenta risposta orchestrale, e prepara in tal modole sezioni virtuosistiche del solista. Casi come questo, dove la scrittura orche-strale suggerisce in modo apparentemente inequivocabile i livelli dinamici,devono far riflettere. Se il compositore si preoccupa di precisare piani e fortidove appare scontato vuol dire che così scontato non è. L’interprete potrebbeinfatti seguire la norma, che all’inizio prevede il «forte». In sostanza Vivaldiinterviene dove immagina possibile che l’esecutore non capisca le sue intenzio-ni, che in questo caso non sono solo quelle di realizzare un contrasto soli-tuttima qualcosa di più marcato.

    Nel Cimento dell’armonia e dell’inventione op. VIII ci si potrebbe aspettare unuso forse più esteso dei segni dinamici, se non altro perché molti concerti rap-presentano scene e situazioni della vita reale. Se si eccettuano i luoghi abitualigià visti nell’op. III, Vivaldi se ne serve invece in poche occasioni. Un buonesempio di utilizzo della dinamica ad uso «imitativo» o «rappresentativo» è ilprimo movimento dell’Autunno, dove la graduale diminuzione del volume dalpiano, al più piano, al pianissimo e infine al silenzio serve al compositore perimitare l’ubriaco che pian piano, finita l’euforia, si addormenta.

    Le altre composizioni strumentali e vocali che ho potuto consultare confer-mano la tesi di fondo di questo studio: l’assenza di segni dinamici nei luoghinon abituali non è imprecisione o dimenticanza né autorizza l’arbitrio. L’analisisistematica di apparenti dettagli fornisce ulteriori prove – se ce ne fosse biso-gno – che la musica è il frutto di un’azione intelligente che richiede intelligen-za. Seguire il proprio istinto giustificandosi con presunte imprecisioni notazio-

    6 Il numero arabo indica il concerto, quello romano minuscolo il movimento.

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    nali è errato proprio perché offende l’intelligenza del compositore. Negli ultimianni della sua vita, Schubert si è servito spesso delle pause per realizzare quel-la che Newman ha definito «freedom of time», ossia una libertà temporale cheè nella musica stessa e che l’interprete realizza eseguendo con precisione quan-to indicato in partitura.7 Ignorare le pause, ossia accorciarle o eliminarle, signi-fica pensare che il compositore si sia sbagliato, che Schubert si sia sbagliato,non uno qualunque. Non si è sbagliato, né si sbaglia, Vivaldi, «dimenticando»tre «p» nella prima battuta della Sinfonia de La verità in cimento e tre «f» nellabattuta seguente.

    7 WILLIAM NEWMAN, Freedom of Time in Schubert’s Instrumental Music, «Musical Quarterly», 41,1975, pp. 528-545.