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L'architettura della, v La costruzione de e strutture orga - d e più semphe molecole del carboni() agli organismi più complessi - sembra essere dettata da poche regole universalmente valide di Donald E. Ingber Nel corpo umano, per esempio, le macromoleco- le si autoassemblano in componenti cellulari chiamati organelli, che si autoassemblano in cellule; queste ultime si autoassemblano nei tessuti che, a loro volta, formano gli organi. Il risultato di questo fenomeno è un essere organizzato in una serie gerarchica di sistemi contenuti l'uno nell'altro. Perciò, se vogliamo comprendere in modo soddisfacente come gli organismi viventi si sviluppino e funzionino, dobbiamo an- zitutto scoprire i princìpi che sono alla base dell'organizzazio- ne biologica. Anche dopo secoli di studi, si sa ancora relativamente poco riguardo alle forze che inducono gli atomi ad autoassemblarsi in molecole. Ancora più scarse sono le conoscenze su come gruppi di molecole si uniscano per formare cellule e tessuti. Negli ultimi venti anni ho cercato di indagare un aspetto affa- scinante e probabilmente fondamentale dell' autoassemblaggio: una quantità incredibilmente varia di sistemi naturali, che com- prende atomi di carbonio, molecole d'acqua, proteine, virus, cellule, tessuti e perfino gli esseri viventi, è costruita seguendo un unico principio architettonico, detto «tensegrità». Con que- sto termine si indica un sistema che acquista stabilità grazie al la vita è senza dubbio il prodotto più straordinario scaturi- to dalla interazione fra sistemi complessi. Lo svilup- po di un organismo vivente, che si tratti di un batterio o di un babbuino, è frutto di una serie incredibilmente articola- ta di rapporti reciproci che coinvolgono un gran numero di componenti diverse. Queste componenti, o sottosistemi, sono a loro volta costituite da elementi molecolari più piccoli, ciascu- no dei quali, indipendentemente dagli altri, mostra un compor- tamento dinamico tipico, come per esempio la capacità di cata- lizzare reazioni chimiche. Tuttavia, quando questi elementi ri- sultano combinati insieme in unità funzionali più grandi - co- me una cellula o un tessuto - ne scaturiscono proprietà assolu- tamente nuove e imprevedibili, come la capacità di muoversi, di cambiare forma e di crescere. Anche se queste osservazioni sono note da tempo ai biologi, la maggior parte di essi sembra sottovalutarne l'importanza nella ricerca verso la comprensione delle basi fondamentali . della vita. Negli ultimi decenni, si è cercato di comprendere meglio il funzionamento del corpo umano definendo le pro- prietà delle molecole chiave della vita, come il DNA, la mate- ria prima dei geni. Per questo, oggi, molti sforzi sono tesi a identificare ciascun singolo gene che compone il corredo com- pleto, detto genoma, di cui ogni essere umano è fornito. Dal momento che i geni costituiscono altrettanti «progetti» per mo- lecole chiave della vita come le proteine, questo imponente progetto fornirà in un futuro prossimo un catalogo compren- dente, in pratica, tutte le molecole che formano un essere uma- no. Tuttavia, sapere come siano fatti i singoli pezzi di una mac- china complessa non aiuta molto a capire come funzioni l'inte- ro sistema, che si tratti di un motore a combustione o di una cellula vivente. In altre parole, identificare e descrivere i pezzi di un puzz/e molecolare serve a poco se non si comprendono le leggi complessive che guidano l'assemblaggio dei vari tasselli. Che la natura proceda secondo schemi comuni di montaggio delle componenti è implicito nel fatto che motivi come spirali, pentagoni e forme triangolari si ritrovano in modo ricorrente a tutte le scale di grandezza, dal livello molecolare fino a quello macroscopico. Questi motivi appaiono in strutture che vanno da cristalli estremamente ordinati fino a proteine relativamente irregolari, e si ritrovano in organismi assolutamente diversi tra loro come i virus, il plancton o l'uomo. Dopo tutto, sia la mate- ria organica sia quella inorganica sono composte dagli stessi mattoni: atomi di carbonio, ossigeno, azoto e fosforo; l'unica differenza è il modo in cui gli atomi si trovano disposti nello spazio tridimensionale. Questo fenomeno, in cui diverse componenti si uniscono per are strutture stabili più grandi, dotate di proprietà inedite tto a quelle delle singole componenti, è noto come autoas- mblaggio, e si osserva in natura a diverse scale di grandezza. modo in cui le forze meccaniche di tensione e di compressione sono distribuite e bilanciate all'interno della struttura stessa. Questa osservazione fondamentale potrebbe un giorno tro- vare applicazioni pratiche in diversi campi. Per esempio. le nuove conoscenze sulla tensegrità a livello cellulare ci hanno permesso di comprendere meglio come la forma delle cellule e alcuni stimoli meccanici - come la pressione nei vasi sanguigni o la compressione nelle ossa - influenzino l'attività dei geni. Allo stesso tempo, conoscendo più a fondo le leggi naturali dell'autoassemblaggio, si potrà fare migliore uso - in campi che spaziano dalla sintesi di nuovi farmaci alla creazione di tessuti artificiali - dei dati sempre crescenti di cui disponiamo riguardo a molecole, cellule e altre componenti biologiche. Inoltre una spiegazione del perché la tensegrità sia così onni- presente in natura potrà fornirci nuove indicazioni sulla natura delle forze che guidano l'organizzazione biologica, e forse sul- lo stesso concetto di evoluzione. !1 interesse per la tensegrità risale al tempo in cui ero /l aureando all'Università di Yale, intorno alla metà degli anni settanta. I miei studi di biologia cellulare, ma anche quelli di scultura, mi convinsero che il problema di come si formano gli esseri viventi aveva a che fare più con l'architettura che ' n la composizione chimica. Le molecole e le cellule che co- t aiscono i tessuti vengono continuamente rimosse e sostitui- al e; ciò che chiamiamo vita non è altro che il manteni- mento della struttura e del- l' architettura iniziali. La stabilità meccanica delle strutture di tensegrità non di- pende dalla resistenza di ciascun singolo componente. ma dalla maniera in cui l'intero sistema distribuisce e bilancia le solle- citazioni meccaniche. Possiamo dividere queste strutture in due categorie: nella prima. che comprende le cupole geodeti- che di Buckminster Fuller. troviamo essenzialmente impalca- ture composte da montanti rigidi, ciascuno dei quali può resi- stere alla trazione e alla compressione. I montanti che compon- gono l'impalcatura formano triangoli, pentagoni o esagoni, e ognuno di essi è orientato in modo da vincolare le giunzioni in una posizione fissa, garantendo così la stabilità dell'intera struttura. L'altra categoria include strutture che si stabilizzano grazie al fenomeno della precompressione. Questo tipo di struttura fu realizzato per la prima volta dallo scultore Kenneth Snelson. Nelle eleganti sculture di Snelson, gli elementi strut- turali in grado di resistere solo alla trazione sono distinti da quelli che sopportano la compressione. Prima ancora che una simile struttura sia soggetta a forze esterne, tutte le componenti strutturali si trovano già in tensione o in compressione: sono cioè precompresse. All'interno della struttura i montanti rigidi, resistenti alla compressione, tendono i componenti flessibili, resistenti alla trazione; a loro volta questi ultimi esercitano una compressione sugli elementi rigidi. Sono queste forze opposte, che si equilibrano in ogni parte della struttura, a rendere que- st'ultima intrinsecamente stabile. Una caratteristica comune alle strutture di entrambe le cate- gorie è il fatto che la tensione è trasmessa in modo continuo a tutti gli elementi strutturali. In altri termini, un aumento della La tensegrità - un sistema ar hifiltenico nef;4-6- '2 13 %alt , le strutture_si autos bilizzano sfrut- tando l'equilibrio tr. orze poste di trazione e compressione - det a la stabilità e la forma di strutture artidtali e naturali, li ci- toseheletro di una celi a ‘ivébte (sullo sfon- do) è un'impalcatu composta da microbi- buli e filamenti coli ati fra loro. Il rapporto dinamico che esist ra questi elementi ricor- da quello di una. Itura di Kenneth Snelson lin primo piano n cui lunghi montanti sono negati da ca LE SCIENZE n. 355, marzo 1998 SCILN/E n. 355. marzo 1998 4

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L'architettura della, vLa costruzione de e strutture orga - d e più semphemolecole del carboni() agli organismi più complessi - sembra esseredettata da poche regole universalmente valide

di Donald E. Ingber

Nel corpo umano, per esempio, le macromoleco-le si autoassemblano in componenti cellulari chiamatiorganelli, che si autoassemblano in cellule; queste ultime siautoassemblano nei tessuti che, a loro volta, formano gliorgani. Il risultato di questo fenomeno è un essere organizzatoin una serie gerarchica di sistemi contenuti l'uno nell'altro.Perciò, se vogliamo comprendere in modo soddisfacente comegli organismi viventi si sviluppino e funzionino, dobbiamo an-zitutto scoprire i princìpi che sono alla base dell'organizzazio-ne biologica.

Anche dopo secoli di studi, si sa ancora relativamente pocoriguardo alle forze che inducono gli atomi ad autoassemblarsiin molecole. Ancora più scarse sono le conoscenze su comegruppi di molecole si uniscano per formare cellule e tessuti.Negli ultimi venti anni ho cercato di indagare un aspetto affa-scinante e probabilmente fondamentale dell' autoassemblaggio:una quantità incredibilmente varia di sistemi naturali, che com-prende atomi di carbonio, molecole d'acqua, proteine, virus,cellule, tessuti e perfino gli esseri viventi, è costruita seguendoun unico principio architettonico, detto «tensegrità». Con que-sto termine si indica un sistema che acquista stabilità grazie al

la vita è senza dubbio il prodotto più straordinario scaturi-to dalla interazione fra sistemi complessi. Lo svilup- po di un organismo vivente, che si tratti di un batterioo di un babbuino, è frutto di una serie incredibilmente articola-ta di rapporti reciproci che coinvolgono un gran numero dicomponenti diverse. Queste componenti, o sottosistemi, sono aloro volta costituite da elementi molecolari più piccoli, ciascu-no dei quali, indipendentemente dagli altri, mostra un compor-tamento dinamico tipico, come per esempio la capacità di cata-lizzare reazioni chimiche. Tuttavia, quando questi elementi ri-sultano combinati insieme in unità funzionali più grandi - co-me una cellula o un tessuto - ne scaturiscono proprietà assolu-tamente nuove e imprevedibili, come la capacità di muoversi,di cambiare forma e di crescere.

Anche se queste osservazioni sono note da tempo ai biologi,la maggior parte di essi sembra sottovalutarne l'importanzanella ricerca verso la comprensione delle basi fondamentali .della vita. Negli ultimi decenni, si è cercato di comprenderemeglio il funzionamento del corpo umano definendo le pro-prietà delle molecole chiave della vita, come il DNA, la mate-ria prima dei geni. Per questo, oggi, molti sforzi sono tesi aidentificare ciascun singolo gene che compone il corredo com-pleto, detto genoma, di cui ogni essere umano è fornito. Dalmomento che i geni costituiscono altrettanti «progetti» per mo-lecole chiave della vita come le proteine, questo imponenteprogetto fornirà in un futuro prossimo un catalogo compren-dente, in pratica, tutte le molecole che formano un essere uma-no. Tuttavia, sapere come siano fatti i singoli pezzi di una mac-china complessa non aiuta molto a capire come funzioni l'inte-ro sistema, che si tratti di un motore a combustione o di unacellula vivente. In altre parole, identificare e descrivere i pezzidi un puzz/e molecolare serve a poco se non si comprendono leleggi complessive che guidano l'assemblaggio dei vari tasselli.

Che la natura proceda secondo schemi comuni di montaggiodelle componenti è implicito nel fatto che motivi come spirali,pentagoni e forme triangolari si ritrovano in modo ricorrente atutte le scale di grandezza, dal livello molecolare fino a quellomacroscopico. Questi motivi appaiono in strutture che vannoda cristalli estremamente ordinati fino a proteine relativamenteirregolari, e si ritrovano in organismi assolutamente diversi traloro come i virus, il plancton o l'uomo. Dopo tutto, sia la mate-ria organica sia quella inorganica sono composte dagli stessimattoni: atomi di carbonio, ossigeno, azoto e fosforo; l'unicadifferenza è il modo in cui gli atomi si trovano disposti nellospazio tridimensionale.

Questo fenomeno, in cui diverse componenti si uniscono perare strutture stabili più grandi, dotate di proprietà ineditetto a quelle delle singole componenti, è noto come autoas-

mblaggio, e si osserva in natura a diverse scale di grandezza.

modo in cui le forze meccaniche di tensione e di compressionesono distribuite e bilanciate all'interno della struttura stessa.

Questa osservazione fondamentale potrebbe un giorno tro-vare applicazioni pratiche in diversi campi. Per esempio. lenuove conoscenze sulla tensegrità a livello cellulare ci hannopermesso di comprendere meglio come la forma delle cellule ealcuni stimoli meccanici - come la pressione nei vasi sanguignio la compressione nelle ossa - influenzino l'attività dei geni.Allo stesso tempo, conoscendo più a fondo le leggi naturalidell'autoassemblaggio, si potrà fare migliore uso - in campiche spaziano dalla sintesi di nuovi farmaci alla creazione ditessuti artificiali - dei dati sempre crescenti di cui disponiamoriguardo a molecole, cellule e altre componenti biologiche.Inoltre una spiegazione del perché la tensegrità sia così onni-presente in natura potrà fornirci nuove indicazioni sulla naturadelle forze che guidano l'organizzazione biologica, e forse sul-lo stesso concetto di evoluzione.

!1 interesse per la tensegrità risale al tempo in cui ero/laureando all'Università di Yale, intorno alla metà degli

anni settanta. I miei studi di biologia cellulare, ma anche quellidi scultura, mi convinsero che il problema di come si formanogli esseri viventi aveva a che fare più con l'architettura che

'n la composizione chimica. Le molecole e le cellule che co-t aiscono i tessuti vengono continuamente rimosse e sostitui-

al e; ciò che chiamiamo vita non è altro che il manteni-mento della struttura e del-

l' architettura iniziali.

La stabilità meccanica delle strutture di tensegrità non di-pende dalla resistenza di ciascun singolo componente. ma dallamaniera in cui l'intero sistema distribuisce e bilancia le solle-citazioni meccaniche. Possiamo dividere queste strutture indue categorie: nella prima. che comprende le cupole geodeti-che di Buckminster Fuller. troviamo essenzialmente impalca-ture composte da montanti rigidi, ciascuno dei quali può resi-stere alla trazione e alla compressione. I montanti che compon-gono l'impalcatura formano triangoli, pentagoni o esagoni, eognuno di essi è orientato in modo da vincolare le giunzioni inuna posizione fissa, garantendo così la stabilità dell'interastruttura. L'altra categoria include strutture che si stabilizzanograzie al fenomeno della precompressione. Questo tipo distruttura fu realizzato per la prima volta dallo scultore KennethSnelson. Nelle eleganti sculture di Snelson, gli elementi strut-turali in grado di resistere solo alla trazione sono distinti daquelli che sopportano la compressione. Prima ancora che unasimile struttura sia soggetta a forze esterne, tutte le componentistrutturali si trovano già in tensione o in compressione: sonocioè precompresse. All'interno della struttura i montanti rigidi,resistenti alla compressione, tendono i componenti flessibili,resistenti alla trazione; a loro volta questi ultimi esercitano unacompressione sugli elementi rigidi. Sono queste forze opposte,che si equilibrano in ogni parte della struttura, a rendere que-st'ultima intrinsecamente stabile.

Una caratteristica comune alle strutture di entrambe le cate-gorie è il fatto che la tensione è trasmessa in modo continuo atutti gli elementi strutturali. In altri termini, un aumento della

La tensegrità - un sistema ar hifiltenico nef;4-6-'2 13%alt, le strutture_si autos bilizzano sfrut-

tando l'equilibrio tr. orze poste di trazionee compressione - det a la stabilità e laforma di strutture artidtali e naturali, li ci-toseheletro di una celi a ‘ivébte (sullo sfon-

do) è un'impalcatu composta da microbi-buli e filamenti coli ati fra loro. Il rapportodinamico che esist ra questi elementi ricor-da quello di una. Itura di Kenneth Snelsonlin primo piano n cui lunghi montanti sono

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LE SCIENZE n. 355, marzo 1998SCILN/E n. 355. marzo 1998 4

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IN I ))!NUCLEO

5

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N bidello di tensegrità di una cellula co-struito con cilindretti di legno e fili elasti-ci. Come una cellula vivente, questa strut-tura te il nucleo al suo interno) si appiatti-sce quando aderisce a una superficie rigi-da (a sinistra) e assume una forma più sfe-rica se è posta su un substrato flessibile.corrugandone la superficie (a destra).

citoscheletro di una cellula è composto da microfila-menti, microtubuli e filamenti intermedi, tutti del cali-bro di qualche nanometro. La forma tondeggiante vi-cino al centro di ogni microfotografia è il nucleo cellu-lare. I tre elementi, di cui è mostrata la struttura mo-lecolare sopra la rispettiva foto, si collegano per for-mare il reticolo del citoscheletro, che si estende dallasuperficie cellulare fino al nucleo (qui a sinistra).

MICROFILAMENTI MICROTUBULI FILAMENTI INTERMEDI

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SUPERFICIE CELLULARE

NUCLEO\CITOSCHELETRO nide

Una cupola geodetica è ingrado di sopportare un datocarico con il minimo impiedi materiale.

tensione su uno qualsiasi dei componenti risulta in una mag-giore tensione su tutti gli altri elementi, anche su quelli più lon-tani. Questo aumento globale nella tensione è controbilanciatoda una maggiore compressione esercitata su alcuni elementi di-sposti qua e là all'interno della struttura. In questo modo l'inte-ra struttura si stabilizza attraverso un meccanismo che Fullerdescrisse come «trazione continua e compressione locale». Alcontrario, la maggior parte degli edifici deve la propria stabilitàalla compressione continua esercitata dalla forza di gravità.

Nei due tipi di strutture di tensegrità i componenti resistentialla trazione segnano il percorso più breve fra elementi adia-centi (e sono quindi, per definizione, disposti in modo geodeti-co). Dato che le forze di trazione, per loro natura, si trasmetto-no lungo il percorso più breve possibile fra due punti, gli ele-menti di una simile struttura sono disposti precisamente in mo-do da sopportare al meglio le sollecitazioni. Per questa ragionele strutture di tensegrità offrono il massimo della resistenza aparità di materiale impiegato per la costruzione.

Che rapporti può avere la tensegrità con la struttura del cor-po umano? Potremmo rispondere che i suoi princìpi si

applicano pressoché a ogni scala di grandezza misurabile al-l'interno dell'organismo. A livello macroscopico, le 206 ossache costituiscono il nostro scheletro sono sorrette e stabilizzatein verticale, contro la forza di gravità, dalla trazione dei mu-scoli tensori, dei tendini e dei legamenti, in modo simile aquanto fanno i cavi nelle sculture di Snelson. In altre parole,nella complessa struttura che si trova in ognuno di noi, le ossacostituiscono i montanti resistenti alla compressione, mentremuscoli, tendini e legamenti sono gli elementi resistenti allatrazione. All'altro estremo della scala, anche la stabilità delleproteine e delle altre molecole chiave del corpo si basa suiprincìpi della tensegrità; è fra questi due estremi, e più precisa-mente a livello della cellula, che si è maggiormente appuntatoil mio interesse.

Mentre lavoravo alla tesi di laurea con James D. Jamieson aYale, mi concentrai sul modo in cui le componenti dei sistemibiologici - specialmente quelle delle cellule - interagivano dalpunto di vista meccanico. A quell'epoca, alla fine degli annisettanta, i biologi generalmente consideravano la cellula comeun fluido viscoso, o gel, delimitato da una membrana. Si sape-va inoltre che le cellule contenevano un'impalcatura interna, ocitoscheletro, composta da tre diversi tipi di polimeri proteici,noti come microfilamenti, filamenti intermedi e microtubuli.

Le cellule che crescono su di un sottile strato di gomma crea-no pieghe nel substrato perché esercitano una forza di trazio-ne nei punti a cui aderiscono.

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delle cellule poste su una superficie, i-mitai un substrato di coltura di vetro o diplastica tendendo un pezzo di stoffa ebloccandolo saldamente su una base dilegno. Fissai il modello di tensegrità aquesto substrato appiattendolo e cucen-do alla stoffa le estremità di alcuni cilin-dreni. Questi punti di attacco erano ana-loghi a quelli costituiti da molecole dellasuperficie cellulare, oggi note come in-tegrine o recettori di adesione, che colle-gano fisicamente la cellula al propriosubstrato di ancoraggio.

Una volta cucite le estremità dei cilin-dretti alla stoffa ben tesa e fissata allabase, il modello di tensegrità rimanevapiatto, proprio come una vera cellula po-sta su un substrato rigido. Tuttavia,quando toglievo i fermagli e liberavo lastoffa dalla base, fornendo così alla cel-lula una superficie flessibile di ancorag-gio, il modello riprendeva la sua formapiù sferica, arricciando il tessuto sotto-stante. Inoltre notai che, quando appiat-tivo il modello per fissarlo al substrato di stoffa, la cellula e ilnucleo al suo interno si muovevano in modo coordinato, e ilnucleo si spostava verso la base della cellula simulata. Benpresto verificai sperimentalmente che le cellule viventi cheaderiscono a un substrato e i loro nuclei si comportano in ma-niera simile. Così, con la mia costruzione estremamente sem-plificata, potei mostrare che le strutture di tensegrità in effettisimulano il comportamento delle cellule viventi.

Negli anni successivi, i biologi hanno appreso molte cose

riguardo alle caratteristiche meccaniche cellulari, e le lo-ro scoperte sembrano confermare che, in effetti, la forma dellecellule è dettata dalla tensegrità. Inoltre, proprio come prevedeil modello, spesso la struttura delle cellule non è regolata solo

Tuttavia, non era chiaro quale fosse il ruolo di queste strutturenel determinare la forma della cellula. Un altro mistero da ri-solvere riguardava il comportamento delle cellule isolate postesu differenti superfici. Si sapeva da tempo che le cellule si di-stendono e si appiattiscono quando si fissano a una superficierigida come vetro o plastica. Tuttavia, nel 1980, Albert K. Har-ris dell'Università del North Carolina a Chapel Hill mostròche, una volta messe a crescere su un substrato flessibile digomma, le cellule si contraggono e assumono una forma piùtondeggiante. Questi movimenti hanno l'effetto di piegare oincrespare lo strato di gomma posto sotto la cellula.

Mi venne in mente che si sarebbe potuto spiegare facilmentequesto comportamento immaginando la cellula come una strut-tura di tensegrità, e per chiarire questo aspetto costruii un mo-dellino con sei corti cilindretti di legno e un pezzo di elastico.Sistemai i cilindretti - che dovevano sopportare lo sforzo dicompressione - in tre coppie. Ogni coppia era perpendicolarealle altre due, e nessuno di questi montanti di legno toccava glialtri. L'elastico - resistente alla trazione - connetteva fra loro leestremità di tutti i cilindretti, trattenendoli in una conformazio-ne tridimensionale stabile. Inoltre, sistemai un altro modellosferico più piccolo, che simulava il nucleo, all'interno di quellopiù grande che rappresentava il resto della cellula; poi, per si-mulare le connessioni citoscheletriche fra il nucleo e il restodella cellula, tesi fili elastici dalla superficie della struttura piùgrande a quella della più piccola.

Il punto fondamentale dell'esperimento è che, schiacciandoun modello di tensegrità come quello da me costruito, lo si tra-sforma in una pila appiattita di fili e cilindretti. Non appe-na cessa la pressione, l'energia immagazzinata nei filamenti intensione fa sì che il modello riacquisti di scatto la sua for-ma originale, pressoché sferica. Per simulare il comportamento

dalle tre classi di filamenti fondamentali che compongono il ci-toscheletro, ma anche dalla matrice extracellulare, ossia l'im-palcatura di ancoraggio alla quale le cellule dell'organismo so-no naturalmente fissate.

All'interno della cellula si estende una ragnatela di microfi-lamenti contrattili che esercita una trazione: questo sistematende a tirare la membrana della cellula e tutte le componentiinterne verso il nucleo. A questa trazione verso l'interno sicontrappongono due tipi fondamentali di elementi compressi-vi, uno all'interno e uno all'esterno della cellula. La compo-nente esterna è la matrice extracellulare, mentre le «travi» dicompressione all'interno della cellula possono essere microtu-buli o grandi fasci di microfilamenti uniti da legami crociati.La terza componente del citoscheletro, costituita dai filamenti

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CORPOCELLULAR E

RIME

Un microtubulo in crescita si piegaper effetto della compressione inquesta sequenza di immagini vi-deo. Ciò avviene quando il micro-tubulo si allunga e preme controaltre componenti del citoscheletro.

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Le cellule nervose possiedono lunghe estensioni, i neuriti, cheforniscono un collegamento elettrico con le cellule circostanti(qui sopra a sinistra e in alto a destra). L'estensione di neuritidalla cellula (schemi a destra), per esempio durante la rimargi-nazione di una ferita, avviene tramite l'allungamento di fibremolecolari interne, i microtubuli (in viola). Microfilamenti con-

di dimensioni intermedie, integra il tutto, collegando fra loromicrotubuli e microfilamenti contrattili e connettendo entrambialla membrana cellulare e al nucleo. Inoltre questi filamentifungono da tiranti che irrigidiscono il nucleo e lo mantengonoin posizione. Nonostante il citoscheletro sia circondato damembrane e permeato da fluido viscoso, esso costituisce unarete rinforzata di montanti ‘ e cavi molecolari in grado di stabi-lizzare la forma della cellula.

Se è vero che la cellula e il nucleo sono fisicamente collegatida filamenti e non solo da un citoplasma fluido, allora una tra-zione esercitata sui recettori della superficie cellulare dovrebbeprodurre immediatamente trasformazioni strutturali nel cuoredella cellula. Recentemente Andrew Maniotis, che lavoravanel mio gruppo al Children's Hospital della Harvard MedicalSchool, ha fornito una dimostrazione diretta di questo fenome-no. Fissando micropipette ai recettori di adesione della superfi-cie cellulare e tirandole verso l'esterno, Maniotis fece sì che ifilamenti del citoscheletro e le strutture del nucleo si riallineas-sero immediatamente nel senso della trazione. È dunque chiaroche le cellule e i nuclei non si comportano semplicemente co-me palloni riempiti di liquido viscoso.

possiamo chiamare in causa la tensegrità per spiegare an-IL che fenomeni diversi dalla stabilizzazione della strutturadella cellula e del nucleo. Per esempio, verso la metà degli an-ni ottanta, Steven R. Heidemann, lavorando con Harish Joshi eRobert E. Buxbaum della Michigan State University, scopriche la tensegrità può spiegare come le cellule nervose estenda-no lunghe e sottili proiezioni chiamate neuriti, che sono pienedi microtubuli e trasmettono i segnali elettrici nel sistema ner-voso. La crescita di queste estensioni è necessaria perché unnervo danneggiato venga riparato.

Il gruppo di Heidemann scoprì che, all'interno del neurite, imicrotubuli sono compressi alle estremità da microfilamenticontrattili che li circondano. Inoltre i ricercatori fecero unascoperta ancora più importante: l'assemblaggio (o allungamen-to) dei microtubuli - e quindi l'estensione del neurite - è attiva-to dallo spostamento del carico compressivo, che prima grava-va sui microtubuli, verso i punti in cui la cellula si collega allamatrice extracellulare. In altri termini, l'esistenza di un equili-

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trattili (in rosso) circondano i microtubuli, comprimendoli e li-mitandone la crescita. Tali microfilamenti, però, sono collegatiad altri (in arancione) che si estendono fino ai punti in cui lacellula è ancorata al substrato (al centro). Quando i microfila-menti si tendono verso i punti di adesione, essi permettono aimicrotubuli di allungarsi, e il neurite può estendersi (in basso).

brio fra forze di tensegrità fornisce una chiave per integrare alivello molecolare fenomeni meccanici e biochimici.

Molto recentemente, Andrew Matus dell'Istituto FriedrichMiescher di Basilea ha aggiunto un brillante capitolo a questastoria. Evidenziando per fluorescenza i microtubuli delle cellu-le, egli è effettivamente riuscito a osservarli mentre si piegava-no per effetto della compressione.

Il modello della tensegrità fa pensare che la struttura del ci-toscheletro possa essere modificata alterando l'equilibrio delleforze fisiche che si trasmettono sulla superficie cellulare. Ciò èimportante perché molti enzimi e altre sostanze che controlla-no la sintesi proteica, la conversione energetica e la crescitacellulare sono fisicamente immobilizzate sul citoscheletro. Va-riare le proprietà geometriche e meccaniche del citoscheletropotrebbe quindi influenzare le reazioni biochimiche e perfinoprovocare variazioni nel tipo di geni che vengono attivati e, diconseguenza, nelle proteine prodotte dalle cellule.

Per verificare questa possibilità, Rahul Singhvi e ChristopherS. Chen del mio gruppo di ricerca, insieme con George M.Whitesides, sempre diHarvard, hanno e-scogitato un metodoper introdurre variazio-ni nella forma e nellafunzione delle cellule.Collocandole su sotti-lissime «isole» adesiveformate da matrice ex-tracellulare, essi hannocostretto le cellule adassumere forma sfericao piatta, rotonda o qua-drata; ciascuna isola a-desiva era circondatada una superficie dimateriale simile al Te-flon®, a cui le cellulenon potevano aderire.

Semplicemente mo-dificandone la forma, i

ricercatori hanno indotto le cellule a intraprendere programmigenetici distinti. Le cellule che potevano appiattirsi risultavanopiù inclini a dividersi, mentre quelle che dovevano restare ton-deggianti attivavano un programma di morte cellulare, o apop-tosi. Quando però le cellule non erano né troppo distese, nétroppo contratte, anziché dividersi o morire, si differenziavanoin maniera tessuto-specifica: cellule provenienti da capillarisanguigni formavano tubi capillari vuoti; cellule epatiche se-cernevano le proteine che il fegato normalmente riversa in cir-colo; e così via.

Evidentemente, quindi, il rimodellamento meccanico dellastruttura cellulare e del citoscheletro fornisce alla cellula stessainformazioni su come comportarsi. Cellule molto appiattite, incui il citoscheletro è «stirato», percepiscono che sono necessa-rie altre cellule per ricoprire il substrato circostante e quindi -come accade in una ferita che si rimargina - che sono necessaricicli di divisione cellulare. L'arrotondamento indica invece chetroppe cellule sono in competizione per lo spazio disponibilesulla matrice e che la loro proliferazione è troppo attiva; alcunecellule dovranno dunque morire per evitare la comparsa di tu-mori. In una situazione intermedia, si instaura e si mantiene ilnormale funzionamento di un tessuto. Capire come avvenga ilpassaggio fra questi diversi stati potrà forse portare a nuovi ap-procci per la terapia dei tumori e la riparazione dei tessuti, eforse potrà perfino servire per la creazione di tessuti artificiali.

I1 livello successivo nella gerarchia dell'autoassemblaggio è la formazione dei tessuti, che sono creati dall'unione di più

cellule e dalla loro adesione alla matrice extracellulare. Alcunefra le più evidenti proprietà dei tessuti riguardano il loro com-portamento meccanico. Molti tipi, compresi il muscolo, la car-tilagine, i vasi sanguigni e la pelle, mostrano una risposta chia-mata irrigidimento lineare. Se proviamo, per esempio, a darciun pizzicotto, possiamo avvertire che la resistenza aumentacon la forza della trazione: una forza esterna crescente incontrauna resistenza crescente. Studi recenti hanno mostrato che an-che molecole isolate, come il DNA, presentano irrigidimentolineare; tuttavia, prima che li esaminassimo alla luce dei mo-delli basati sulla tensegrità, questi comportamenti non trovava-no alcuna spiegazione meccanica o matematica.

Nel 1993 il mio collaboratore Ning Wang, in collaborazionecon James P. Butler della Harvard School of Public Health,sviluppò un dispositivo che permetteva di sottoporre a torsionesingole molecole della superficie cellulare e, simultaneamente,di misurare la risposta della cellula. Scoprimmo così che quan-do applicavamo una torsione alle integrine (molecole che attra-versano la membrana della cellula e connettono la matrice ex-tracellulare al citoscheletro interno), le cellule rispondevano di-ventando sempre più rigide, proprio come fa un tessuto. Inoltre

Un modello fatto di cannucce dabibita (in basso) con giunti flessi-bili mostra come un reticolo dimicrofilamenti contrattili possaridisporsi in fasci lineari (in altoa destra) o in forme geodeticheformate da triangoli, come l'ot-taedro (in basso a destra).

In una struttura di ten-segrità si osserva irrigi-dimento lineare perché isuoi elementi strutturalisi orientano in direzio-ne della tensione appli-cata (verso il basso nel-l'immagine a destra).

le cellule potevano esse-re rese rigide o flessibilimodificando la precom-pressione del citoscheletro, per esempio variando la tensionedei microfilamenti contrattili.

Anche se i meccanismi di questa interazione non sono anco-ra conosciuti in dettaglio, abbiamo mostrato, usando un model-lo di tensegrità ottenuto con cilindretti di legno ed elastici, chele basi di questa risposta si possono dedurre dal modo in cui lestrutture di tensegrità reagiscono alla sollecitazione. Essenzial-mente, tutti gli elementi strutturali collegati fra loro in unastruttura di tensegrità si ridispongono nello spazio in risposta auna tensione applicata localmente. L'irrigidimento lineare ri-sulta dal fatto che, all'aumentare della tensione applicata, unnumero sempre maggiore di elementi si allinea nella direzionedi quest'ultima.

Assieme a Dimitrlie Stamenovic della Boston University ab-biamo realizzato un modello matematico basato su questiprincipi che per la prima volta riesce a prevedere la risposta diirrigidimento lineare di tessuti, cellule viventi e perfino mole-cole. Il modello potrà servire per creare materiali tecnologica-mente avanzati, dotati di proprietà di irrigidimento lineare,sfruttabili, per esempio, per indumenti protettivi e organi artifi-ciali. Lo stesso approccio matematico, incorporato in program-mi informatici, fornirà un modo più rapido per generare mo-delli molecolari e accelererà la progettazione di nuovi farmaci.

Sia negli esperimenti di Wang sia in quelli di Maniotis, ab-biamo osservato che quando la sollecitazione veniva esercitatasu recettori coinvolti nel metabolismo - anziché nell'adesione -essa non si trasmetteva all'interno della cellula. Questi studihanno perciò confermato che la trasmissione di forze meccani-che entro la cellula avviene seguendo percorsi molecolari spe-cifici, una scoperta che ha gettato nuova luce sui meccanismicon cui le cellule percepiscono gli stimoli meccanici che rego-lano lo sviluppo tissutale. Questi nuovi dati, a loro volta, po-tranno servirci a comprendere meglio un'ampia serie di feno-meni, dall'accrescimento muscolare in risposta alla tensione,alla crescita delle radici delle piante per effetto della gravità.

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nche se i modelli della tensegrità sono in grado di prevede-J. numerosi comportamenti delle cellule, una discrepanzarimane inspiegata. Molte cellule possono distendersi e appiat-tirsi in assenza di microtubuli, ossia dell'elemento più impor-tante di resistenza alla compressione previsto dal modello. Sele cellule viventi possono passare da una forma sferica a unapiatta senza l'intervento di queste strutture, come interviene inquesti casi la tensegrità? Usando di nuovo un semplice model-lo matematico, ho scoperto che, sorprendentemente, già il reti-colo di microfilamenti costituisce una struttura di tensegrità.

Nel citoscheletro della cellula vivente, i microfilamenti con-trattili formano un telaio in grado di riorganizzarsi localmentein diverse forme, come grandi fasci o reti di triangoli. Per inda-gare il meccanismo alla base di questa riorganizzazione, horealizzato con cannucce da bibita un modello che rappresenta ilreticolo di microfilamenti, ottenendo una struttura poliedricacomposta da sei triangoli e quattro quadrati (si veda l'illustra-zione in basso a pagina 45). Le cannucce sono tenute insiemeda un unico filo elastico che ho fatto passare dentro ognuna diesse e poi ho annodato a se stesso; ogni cannuccia nel modellorappresenta un singolo microfilamento contrattile in grado, ac-corciandosi, di generare una tensione meccanica. È noto che imicrofilamenti contrattili diventano più rigidi quando si accor-ciano; così, il filo elastico passato internamente nel modello si-mulava la tensione continua di tutta la struttura risultante dal-l'accorciamento di questi filamenti rigidi.

Assunsi anche che questo modello a cannucce simulasseun'unità modulare del citoscheletro che, in una cellula tondeg-giante non aderente a un substrato, si collegherebbe in tutte ledirezioni con altre unità simili. La domanda a cui cercavo di ri-spondere era: «Che cosa succederebbe a questa struttura se lacellula dovesse aderire a una superficie rigida?».

Le cellule si fissano alla matrice extracellulare tramite lega-me con molecole di superficie; tuttavia esse non sono «incolla-te» in modo uniforme alla matrice: piuttosto mostrano una«saldatura a punti» in zone definite, le zone di adesione focale.I microfilamenti contrattili rispondono all'ancoraggio accor-ciandosi e aumentando la tensione isometrica all'interno delreticolo. Il modello a cannucce indicava che la maggiore ten-sione prodotta dall'adesione avrebbe indotto i singoli microfi-lamenti contrattili che formavano i quadrati nella struttura adautoassemblarsi in fasci lineari che avrebbero unito fra loro le

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Forme geodetiche appaiono in una note-vole varietà di strutture naturali, comeparti del citoscheletro delle cellule dimammifero (in alto a sinistra), adenovi-rus (in alto al centro) e (in senso orariodal basso) granelli di polline, un buck-minsterfullerene che circonda uno ionepotassio, complessi enzimatici e l'orga-nismo pluricellulare volvox.

zone di adesione focale, dove le integrineancorano la cellula alla matrice. In effetti,quando le cellule viventi si distendono suuna superficie, i singoli microfilamenti con-trattili si allineano in modo quasi identico aquanto avviene nel modello, formando fascichiamati fibre di tensione (stress fiber).

Viceversa, nella parte superiore della cellulanon esiste alcun substrato adesivo che opponga re-sistenza alla trazione esercitata dai filamenti che si ac-corciano. In queste regioni, la contrazione di ciascun mi-crofilamento può essere controbilanciata unicamente dallatensione e dall'irrigidimento dei filamenti vicini. Molti anni fa,Fuller dimostrò che in questo tipo di struttura la trazione versol'interno e la torsione provocano una trasformazione in cui ilsistema flessibile di quadrati e triangoli si converte in forme ot-taedriche o tetraedriche: in altre parole, in strutture di tense-grità totalmente formate da triangoli. Quando provai a inter-connettere fra loro diversi modellini a cannucce, trovai che isingoli moduli si contraevano progressivamente, dando originea una struttura geodetica composta da forme ottaedriche e te-traeliche alternate, strettamente impaccate. In una cellula, lacontrazione delle reti di filamenti che si connettono con la basedella cellula stessa dovrebbe far sì che questa struttura si curvial di sopra del nucleo sferico, dando origine a una cupola for-mata da strutture triangolari o, più precisamente, a una cupolageodetica.

Queste stesse trasformazioni furono osservate nella regionecitoplasmatica situata sopra al nucleo di cellule che si distende-vano da Elias Lazarides, che allora lavorava al Cold Spring

za; a mio parere, uno schema ricorrente non è altro che la pro-va tangibile dell'esistenza di regole comuni di autoassemblag-gio. In particolare, tutte queste entità si stabilizzano nelle tredimensioni secondo un meccanismo simile: dispongono cioè leparti che le compongono in modo da minimizzare l'energia ela massa sfruttando la trazione continua e la compressione lo-cale (ossia la tensegrità).

L'assemblaggio dei virus coinvolge interazioni di legamefra proteine simili che si raggruppano a formare un involucrovirale geodetico, che racchiude il materiale genetico. Durantela formazione del virus, estensioni lineari delle proteine si so-vrappongono a unità analoghe provenienti dalle proteine vicinee formano strutture geodetiche triangolari a scala nanometrica.In queste strutture, ciascun punto di giunzione si autostabilizzagrazie a un equilibrio fra la trazione esercitata dalle forze di at-trazione intermolecolari (i legami a idrogeno) e la capacità del-

le singole code proteiche di resistere alla com-pressione e alla deformazione.

Lo stesso schema di base si ritrova nei buck-minsterfullereni, con la differenza che in questocaso i mattoni sono atomi anziché proteine. Inqueste strutture, 60 atomi di carbonio formanouna sfera geodetica costituita da 20 esagoni in-frammezzati da 12 pentagoni: in pratica, il dise-gno di un pallone da calcio. Dì fatto, i 90 legamicarbonio-carbonio presenti in un buckminsterful-lerene sono i montanti di una sfera di tensegrità.

Risulta più difficile riconoscere le stesse rego-le di costruzione in strutture irregolari, comemolte molecole biologiche che non presentano

e forme geodetiche. Le proteine, dalle quali la cel-lula dipende per innumerevoli funzioni, sonolunghi filamenti di amminoacidi. Brevi regioni

c` dell'impalcatura amminoacidica della proteina sit avvolgono formando strutture a elica; queste re-

gioni si autostabilizzano sfruttando l'equilibriofra la forza di attrazione dei legami a idrogeno(che tengono unite diverse regioni della moleco-

T a struttura geodetica presente nel citoscheletro è un esempio1.3 classico di uno schema che possiamo ritrovare ovunque innatura, a diverse scale di grandezza. Aggregati sferici di atomidi carbonio, detti bucluninsterfullereni, nonché virus, enzimi,

organelli, cellule e perfino picco-li organismi viventi mostranotutti forme geodetiche. Strana-mente, pochi ricercatori si sonochiesti il motivo di tale ricorren-

Harbor Laboratory presso New York, e da Mary Osborn eKlaus Weber del Max-Planck-Institut a Gatingen, in Germa-nia. È significativo come l'esistenza, a livello molecolare, diuna cupola geodetica all'interno del citoscheletro dimostri inmodo conclusivo che le cellule utilizzano effettivamente l'ar-chitettura basata sulla tensegrità per dare forma al citoscheletro.

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Una scultura di tensegrità verticale e unmodello molecolare di un microfilamen-to del citoscheletro (sopra) devono la lo-ro resistenza allo stesso principio: que-ste strutture si autostabilizzano sfrut-tando l'equilibrio fra compressione etrazione. Nel tessuto superficiale del-l'occhio di una mosca (immagine sfuma-(a nella pagina a fronte), le cellule sonodisposte in modo geodetico per lo stessoscopo: fornire stabilità attraverso tra-zione continua e compressione locale.

Esempi di «mensole» sospese precompresse, stabilizzate dallatensegrità, comprendono il collo della giraffa e una sculturadi Kenneth Snelson, composta da cavi e montanti.

la) e la resistenza all'accorciamento della proteina avvolta. Inaltri termini, queste regioni a elica si stabilizzano sfruttando latensegrità, così come avviene per tutte le molecole a elica, co-me il DNA.

L'organizzazione delle proteine implica inoltre una costru-zione gerarchica. Le brevi regioni di una proteina che sono irri-gidite dalla conformazione a elica sono separate l'una dall'altrada regioni dello scheletro amminoacidi-co che funzionano come cardini flessibi-li. Queste regioni si ripiegano su se stes-se (a causa della tensione esercitata dailegami a idrogeno), così da stabilizzarel'intera molecola. Localmente le elicherigide possono risultare molto compres-se, anche se le forze sono distribuite lun-go l'intera struttura precompressa.

Dato che una forza locale può modifi-care la forma complessiva di una struttu-ra di tensegrità, il legame fra due protei-ne può far sì che le regioni rigide a elicacambino la propria posizione relativalungo tutta la molecola. Per esempio, nelcaso di un recettore che attraversi lamembrana dall'esterno all'interno, il le-game di una molecola di segnalazione aun'estremità può provocare modifica-zioni della conformazione al lato oppo-sto del recettore. Queste modificazionidella conformazione, a loro volta, altera-no la forma delle proteine adiacenti, in-nescando una cascata di riarrangiamentimolecolari all'interno della cellula. Ineffetti questo è il meccanismo con cui lecellule percepiscono e rispondono allevariazioni dell'ambiente che le circonda.

Da tutto ciò emerge come la tense-grità sia il sistema costruttivo preferitodalla natura, che si tratti di molecole o diossa, muscoli e tendini del corpo umano.Solo la tensegrità, per esempio, puòspiegare perché, ogni volta che muovia-mo un braccio, la pelle si tende, la matri-ce extracellulare si allunga, le cellule sideformano e le molecole che formanol'impalcatura interna della cellula avver-

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tono la trazione: il tutto senza provocare rotture o discontinuità.La tensegrità arriva perfino a spiegare come tutti questi feno-

meni possano essere così perfettamente coordinati in una crea-tura vivente. Donald S. Coffey e Kenneth J. Pienta della JohnsHoplcins School of Medicine hanno scoperto che le strutture ditensegrità funzionano come oscillatori armonici accoppiati. Co-sì il DNA, i nuclei, i filamenti del citoscheletro, i canali ionicidi membrana e intere cellule e tessuti viventi entrano in riso-nanza a specifiche frequenze di vibrazione. Semplicemente, latrasmissione della tensione lungo il sistema di tensegrità fa sìche le forze si distribuiscano su tutti gli elementi interconnessi;in tal modo l'intero sistema risulta accoppiato, o «accordato»,

dal punto di vista meccanico come se sitrattasse di un unico elemento.

Atche se sono le alterazioni del DNAa determinare la diversità biolo-

gica, i geni sono un prodotto, e non lacausa, dell'evoluzione. In effetti, formegeodetiche simili a quelle che ritrovia-mo nei virus, negli enzimi e nelle celluleesistevano già nel mondo inorganico deicristalli e dei minerali molto tempo pri-ma che comparisse il DNA: perfino lemolecole d'acqua possiedono una strut-tura geodetica.

La questione cruciale a questo puntoè come le molecole organiche e le cellu-le si siano evolute a partire da compo-nenti inorganiche. Dopo tutto, per quan-to riguarda la comparsa di caratteristichenuove, l'autoassemblaggio delle mole-cole in organelli o cellule non è moltodiverso dall'autoassemblaggio degli ato-mi in composti chimici. Così, il sodio,che è un metallo instabile, e il cloro, ungas tossico, si combinano per formare ilcloruro di sodio che, contrariamente aicomponenti originari, può essere usatocome sale da cucina. Il principio impor-tante in questo caso è che a determinareil comportamento di una struttura nelsuo insieme è il modo in cui essa prendeforma e tiene insieme i propri compo-nenti nelle tre dimensioni.

In generale, tutti i corpi sono soggettialle stesse restrizioni spaziali, indipen-dentemente dalla scala o dalla posizione.Perciò, dati questi vincoli, la tensegritàrisulta il sistema di costruzione meno di-

spendioso e più efficiente, dalla scala molecolare a quella ma-croscopica. E possibile che le strutture di tensegrità totalmenteformate da triangoli si siano evolute grazie alla loro efficienzastrutturale: un'alta resistenza meccanica col minimo dispendiodi materiale. La flessibilità delle strutture di tensegrità precom-presse potrebbe essere vantaggiosa perché permette loro di as-sumere diverse forme. Una molecola o una cellula in grado diassumere una forma più stabile a una certa temperatura o pres-sione, o più efficiente dal punto di vista metabolico, avrebbeprobabilmente la possibilità di vivere più a lungo e quindi di in-teragire con altre entità simili e di autoassemblarsi nuovamente.

Oggi si ritiene che l'evoluzione biologica abbia avuto origi-ne in strati di argilla, piuttosto che nell'oceano primordiale. Èinteressante il fatto che l'argilla stessa sia un reticolo poroso diatomi disposti in modo geodetico in forme ottaedriche e tetrae-driche. Tuttavia, dato che ottaedri e tetraedri non sono stretta-mente impaccati fra loro, essi mantengono la capacità di muo-versi e di scivolare l'uno sull'altro. È probabilmente grazie aquesta flessibilità che l'argilla è in grado di catalizzare nume-rose reazioni chimiche, comprese quelle che potrebbero averoriginato i primi mattoni della vita organica.

Col tempo, diversi aggregati di molecole si autoassemblaro-no a formare le prime strutture aventi una funzione specializza-ta - i precursori degli attuali organelli - le quali poi si combina-rono per formare le prime, semplici cellule. In seguito, questeprodussero proteine che si autoassemblarono per formare leimpalcature di ancoraggio della matrice extracellulare, che aloro volta favorirono l' autoassemblaggio di tessuti pluricellula-ri. Gli organi si svilupparono dall'autoassemblaggio di tessuti,e gli organismi complessi presero origine dalla combinazione edal rimodellamento progressivo di più organi. In effetti, lo svi-

DONALD E. INGBER, docente di patologia alla HarvardMedical School e ricercatore nei Dipartimenti di chirurgia e pa-tologia del Children's Hospital di Boston, è membro del Centerfor Bioengineering al Massachusetts Institute of Technology.Oltre che alle ricerche sulla struttura cellulare. Ingber si è dedi-cato allo studio dell'angiogenesi tumorale, scoprendo, tra l'al-tro, un farmaco antitumorale attualmente sottoposto a sperimen-tazione clinica. È fondatore della Molecular Geodesics, Inc.,una società con sede a Cambridge (Mass.) che costruisce mate-riali tecnologicamente avanzati ispirati ai sistemi biologici.

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La comparsa del DNA e dei geni dette poi origine a un nuo-vo meccanismo capace di generare diversità strutturale, che ac-celerò l'evoluzione. Tuttavia, durante tutto questo tempo, le re-gole alla base del processo di autoassemblaggio gerarchico ri-masero essenzialmente immutate. Non è quindi sorprendenteche la disposizione di base di ossa e muscoli sia eccezional-mente simile in Tyrannosaurus rex e in Homo sapiens; cheanimali, insetti e piante sfruttino tutti il meccanismo della pre-compressione per assicurare stabilità meccanica al loro organi-smo; e che le forme geodetiche, come esagoni, pentagoni e spi-rali, siano predominanti nei sistemi naturali.

Infine, sorge una domanda più filosofica: questi principi so-no universali? Si possono applicare anche a strutture modellateda forze a scala eccezionalmente grande o incredibilmente pic-cola? Non lo sappiamo. Snelson, tuttavia, ha proposto un mo-dello suggestivo di atomo basato sulla tensegrità che prende ilvia proprio dal punto in cui il fisico francese Louis de Brogliesi fermò nel 1923. Lo stesso Fuller arrivò a immaginare il si-stema solare come una struttura composta da una serie di anelliindeformabili di orbite planetarie tenute insieme da una conti-nua tensione gravitazionale. Anche il fatto che il nostro univer-so in espansione (in tensione) contenga enormi fibre di galassietenute insieme dalla forza di gravità e buchi neri isolati sotto-posti a immense forze locali di compressione non può che la-sciarci sbalorditi. Forse, dopo tutto, esiste un solo tema di fon-do comune a tutta la natura. Come propose all'inizio del XXsecolo lo zoologo scozzese D' Arcy W. Thompson, citando Ga-lileo, che a sua volta citava Platone: il Libro della Natura po-trebbe veramente essere scritto con le lettere della geometria.

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