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Lario Principe ereditario C’era una volta un Principe Azzurro di nome Lario. I suoi genitori, re Como e regina Lecco, lo avevano cresciuto con tanto amore e un giorno avrebbe ereditato vasti possedimenti di terreni coltivati a cereali e frutta, prati dove il bestiame pascolava alla ricerca dell’erba più tenera, vallate in cui i cavalli scorazzavano liberi, zone montane vestite da fitti boschi e austeri castelli che dominavano lo scenario tra rocciosi pendii. Quando compì la maggiore età, i genitori commossi consegnarono nelle mani del giovane un fagottino di pelle, contenente un preziosissimo anello di fidanzamento, tramandato da generazione in generazione. A corte diedero una gran festa in suo onore, invitando le aristocratiche fanciulle delle terre circostanti; tutte se lo contendevano per un ballo e con battiti di ciglia su occhi dolci, si prostravano in inchini, che gonfiavano le molteplici gonne di seta colorata. Le aspiranti promesse spose apparivano molto graziose, tutte tranne una, davvero bruttina, non più giovanissima, che nonostante il titolo nobiliare non era ancora riuscita a prendere marito! Il vecchio padre di costei era morto, la madre stava dilapidando ricchezze sperperandole in costosissimi filtri magici, preparati durante le lezioni di stregoneria. Ma siccome non funzionavano mai, ella andava di frequente dalla più esperta delle fattucchiere che, consultata la sfera magica, la rincuorava, predicendole un futuro da perfetta strega. Quella sera, quando vide che il principe non invitò la sua figliola nemmeno per un ballo, arcigna e indispettita per l’ennesimo fiasco, diede sfogo alla collera e si vendicò mettendo in atto le sue incerte magie. Mentre la serata stava per concludersi, informò che si sarebbero accomiatate. Di nascosto si versò sul dorso della mano alcune gocce di un intruglio ancora in fase sperimentale, poi si diresse verso il giovane Lario che, in un’elegante riverenza, si prodigò in un baciamano. Non appena le labbra assorbirono la pozione, il povero principe cominciò a trasformarsi in acqua, acqua e acqua; gli ospiti e le belle damigelle vennero spazzati via dalla furia della marea, che allagò tutte le terre circostanti. Il mattino seguente, l’alluvione si era calmata ed era nato un nuovo lago, ben appunto il nostro Lario, e dello sprovveduto principe non era rimasto che il suo nome, la sua bellezza e il colore degli occhi. Gli sventurati genitori furono trasformati in villaggi e l’anello che il principe doveva offrire alla dama di cui si sarebbe innamorato, si tramutò nell’isola Comacina. Della strega e della figlia non si seppe invece più nulla. Il Lario era incastonato nelle Prealpi. Sulle sue rive ghiaiose si affaccendavano pescatori, che sbarcavano il lunario prendendo alborelle, pesci persici e agoni, poi essiccati al sole. Intorno a lui il paesaggio acquistò un’originalità fantastica e col passare dei secoli divenne una meta turistica sempre più ambita da genti di ogni dove: mise ogni sua bellezza a disposizione dell’uomo che, oltre a chiese, case e fabbriche per la lavorazione dei metalli, costruì magnifiche ville, le cui fondamenta parevano immerse proprio nelle sue acque azzurre. Essendo molto ospitale, offrì splendidi soggiorni a personaggi famosi in tutto il mondo come Alessandro Manzoni, Stendhal, Leonardo Da Vinci, i poeti Foscolo e Fogazzaro, i musicisti Verdi, Rossini, Listz e Bellini; Napoleone, il primo ministro inglese Winston Churchill e il presidente Kennedy. Cigno reale Germano reale

Lario Principe ereditario - Provincia di Lecco · vasetto dello yogurt o la confezione delle merendine. Lo slogan che intonarono con grande entusiasmo fu: “ Dico basta ai rifiuti

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Page 1: Lario Principe ereditario - Provincia di Lecco · vasetto dello yogurt o la confezione delle merendine. Lo slogan che intonarono con grande entusiasmo fu: “ Dico basta ai rifiuti

Lario Principe ereditario C’era una volta un Principe Azzurro di nome Lario. I suoi genitori, re Como e regina Lecco, lo avevano cresciuto con tanto amore e un giorno avrebbe ereditato vasti possedimenti di terreni coltivati a cereali e frutta, prati dove il bestiame pascolava alla ricerca dell’erba più tenera, vallate in cui i cavalli scorazzavano liberi, zone montane vestite da fitti boschi e austeri castelli che dominavano lo scenario tra rocciosi pendii. Quando compì la maggiore età, i genitori commossi consegnarono nelle mani del giovane un fagottino di pelle, contenente un preziosissimo anello di fidanzamento, tramandato da generazione in generazione. A corte diedero una gran festa in suo onore, invitando le aristocratiche fanciulle delle terre circostanti; tutte se lo contendevano per un ballo e con battiti di ciglia su occhi dolci, si prostravano in inchini, che gonfiavano le molteplici gonne di seta colorata.

Le aspiranti promesse spose apparivano molto graziose, tutte tranne una, davvero bruttina, non più giovanissima, che nonostante il titolo nobiliare non era ancora riuscita a prendere marito! Il vecchio padre di costei era morto, la madre stava dilapidando ricchezze sperperandole in costosissimi filtri magici, preparati durante le lezioni di stregoneria. Ma siccome non funzionavano mai, ella andava di frequente dalla più esperta delle fattucchiere che, consultata la sfera magica, la rincuorava, predicendole un futuro da perfetta strega. Quella sera, quando vide che il principe non invitò la sua figliola nemmeno per un ballo, arcigna e indispettita per l’ennesimo fiasco, diede sfogo alla collera e si vendicò mettendo in atto le sue incerte magie. Mentre la serata stava per concludersi, informò che si sarebbero

accomiatate. Di nascosto si versò sul dorso della mano alcune gocce di un intruglio ancora in fase sperimentale, poi si diresse verso il giovane Lario che, in un’elegante riverenza, si prodigò in un baciamano. Non appena le labbra assorbirono la pozione, il povero principe cominciò a trasformarsi in acqua, acqua e acqua; gli ospiti e le belle damigelle vennero spazzati via dalla furia della marea, che allagò tutte le terre circostanti. Il mattino seguente, l’alluvione si era calmata ed era nato un nuovo lago, ben appunto il nostro Lario, e dello sprovveduto principe non era rimasto che il suo nome, la sua bellezza e il colore degli occhi. Gli sventurati genitori furono trasformati in villaggi e l’anello che il principe doveva offrire alla dama di cui si sarebbe innamorato, si tramutò nell’isola Comacina. Della strega e della figlia non si seppe invece più nulla. Il Lario era incastonato nelle Prealpi. Sulle sue rive ghiaiose si affaccendavano pescatori, che sbarcavano il lunario prendendo alborelle, pesci persici e agoni, poi essiccati al sole. Intorno a lui il paesaggio acquistò un’originalità fantastica e col passare dei secoli divenne una meta turistica sempre più ambita da genti di ogni dove: mise ogni sua bellezza a disposizione dell’uomo che, oltre a chiese, case e fabbriche per la lavorazione dei metalli, costruì magnifiche ville, le cui fondamenta parevano immerse proprio nelle sue acque azzurre. Essendo molto ospitale, offrì splendidi soggiorni a personaggi famosi in tutto il mondo come Alessandro Manzoni, Stendhal, Leonardo Da Vinci, i poeti Foscolo e Fogazzaro, i musicisti Verdi, Rossini, Listz e Bellini; Napoleone, il primo ministro inglese Winston Churchill e il presidente Kennedy.

Cigno reale

Germano reale

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Lario brillava al sole e si rabbuiava in prossimità di un temporale, ma quando gli amici Breva e Tivano gli facevano i grattini, increspava le onde muovendosi tutto e gli amanti della vela per questo lo adoravano. Anche lui era un tipo sportivo e aveva partecipato alle “olimpiadi dei laghi italiani”, piazzandosi primo per profondità e terzo in grandezza. Talvolta, quando si sentiva solo, guardava verso i piccoli paesi montani e fantasticava di poter tornare ad essere un ragazzo, sognava il suo castello e pensava ai suoi sudditi che ora non c’erano più; quando invece la malinconia gli pungeva il cuore, allora straripava e si spingeva fino in piazza Duomo a Como o sul lungolago di Lecco, per abbracciare i genitori che, da borgate, erano cresciuti diventando moderne cittadine. Lario si era sempre adoperato per tutti, regalando appunto bellezza, disponibilità, ospitalità e generosità, ma a poco a poco le genti dimenticarono tutto questo, cominciando a non rispettarlo più. Qualsiasi cosa non servisse, veniva gettata sulle rive delle sue acque di cristallo. Un bel giorno l’amico fiume Adda, suo immissario ed emissario, gli disse con voce molto triste che le folaghe, gli svassi, le anatre e i cigni avevano progettato di andarsene dai loro nidi, perché tra i canneti galleggiavano polistirolo, bottiglie di plastica e quant’altro. Il vecchio corso aveva cercato di dissuaderli, rispondendo che nemmeno lui respirava bene, ma non per questo aveva intenzione di andare altrove! Lario condivise appieno le lamentele dell’amico, informandolo che nei fondali e sulle sue rive c’era molto di più… Oramai l’uomo sottoponeva l’acqua e la terra ai suoi voleri senza considerarli come beni preziosi. Nella bella stagione gli umani passavano ore deliziose sulle spiagge tra tuffi, bagni di sole e sonnellini ristoratori all’ombra di qualche salice. A fine giornata però nessuno si prendeva la briga di portare a casa i propri ri-fiuti e smistarli nei vari sacchi della raccolta differenziata. Lario se ne stava silenzioso, senza difese ingoiava tutto quanto, nella speranza che prima o poi qualcosa sarebbe cambiato. Alcune GEV, ovvero Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia, si trovavano in perlustrazione sulle rive del lago e passo dopo passo scoprirono che il bel Lario aveva le sponde disseminate dei più svariati rifiuti; allora decisero che era arrivato il momento di intervenire e progettarono l’operazione “Lario pulito”.

L’intento era di salvaguardare la grandiosa bellezza dei luoghi, informando grandi e piccini sulla gravità dell’abbandono dei rifiuti. Lario era un Principe Azzurro e tale doveva rimanere; così la popolazione si impegnò a non buttare lattine, cannucce, pile, vetri taglienti e mozziconi di sigaretta. I bambini divennero sostenitori impareggiabili di un mondo più pulito, ricordandosi di portare sempre appresso un sacchetto dove riporre l’eventuale

immondizia, come ad esempio la gomma da masticare, il fazzolettino di carta, il vasetto dello yogurt o la confezione delle merendine. Lo slogan che intonarono con grande entusiasmo fu: “Dico basta ai rifiuti tra i miei fiduciosi flutti!”. Il Principe dei laghi, che nel frattempo aveva trovato l’amore nella Grigna che si specchiava nelle sue ormai limpide acque, visse per sempre felice e contento, in compagnia dell’inseparabile amico Adda. Testo redatto in collaborazione con Antonella Bolis - GEV Provincia di Lecco

Fotografie di Marco Ranaglia - Agente della Polizia Provinciale di Lecco

Illustrazioni by www.tocco-magico.com

Svasso maggiore Folaga