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Latte di ragno

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Asia, giovane ragazza bellissima, sensuale, graffiante, con una vita spregiudicata in una Milano dalle mille fragili chimere, viene costretta dai genitori, una sorta di caricature impersonali e grottesche, a trascorrere le sue vacanze estive nel paesino di mare della nonna, teatro della sua infanzia dolce e non ancora corrotta. Il contrasto fra presente e passato, le crisi depressive, il desiderio di emozioni a ogni costo, la porteranno a un intenso spaccato della sua vita, scandito da profonde e distruttive autoanalisi ed effimere ricerche di piacere.

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  • ANTEPRIMA

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    DESCRIZIONE:

    Asia, giovane ragazza bellissima, sensuale, graffiante, con una vita spregiudicata in una Milano dalle mille fragili chimere, viene costretta dai genitori, una sorta di caricature impersonali e grottesche, a trascorrere le sue vacanze estive nel paesino di mare della nonna, teatro della sua infanzia dolce e non ancora corrotta. Il contrasto fra presente e passato, le crisi depressive, il desiderio di emozioni a ogni costo, la porteranno a un intenso spaccato della sua vita, scandito da profonde e distruttive autoanalisi ed effimere ricerche di piacere.

    L'AUTORE:

    Jessica Ravera nata a Bolzano nel 1981. Trasferitasi poi a Milano, si laureata in Lingue e Letterature Straniere con una tesi sul pensiero kafkiano. Insegna e scrive. Dalla sua natura malinconica, crepuscolare, irrequieta e a tratti isterica, nascono i suoi romanzi, crudi, taglienti e intensamente reali. Il suo sito Internet www.jessicaravera.it

    Ha pubblicato anche: I Papaveri crescono anche sull'asfalto, 2008, Zerounoundici Edizioni

    Titolo: Latte di ragno Autore: Jessica RaveraEditore: 0111edizioni Collana: SelezionePagine: 86 Prezzo: 11,00 euro

    9,35 euro su www.ilclubdeilettori.com

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    PARLANDO DI LIBRI A CASA DI

    PAOLO ogni mercoled alle 21 in diretta su TeleNarro

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    (prima trasmissione prevista a FEBBRAIO 2010)

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    A differenza di "Parlando di libri a casa di Paolo", questa trasmissione, condotta da Mario Magro e sponsorizzata dalla nostra associazione, tratter solo libri della 0111edizioni. Anche in questo caso, i libri presentati sono scelti dal conduttore, che li seleziona fra una rosa di titoli proposti dalla casa editrice.

    E' per possibile richiedere una puntata dedicata a un libro specifico, non compreso nell'elenco di quelli selezionati, accordandosi direttamente con il conduttore, Mario Magro.

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    In palio c' un premio per ognuna delle 4 categorie. Il premio, di cui inizialmente viene specificato solo il valore massimo, viene scelto dai rispettivi vincitori dopo il sorteggio.

  • Jessica Ravera

    Latte di Ragno

    www.0111edizioni.com

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    www.ilclubdeilettori.com

    LATTE DI RAGNO Copyright 2010 Zerounoundici Edizioni

    Copyright 2010 Jessica Ravera ISBN 978-88-6307-264-8

    In copertina: immagine Shutterstock.com

    Finito di stampare nel mese di Aprile 2010 da Digital Print

    Segrate - Milano

  • Prefazione di Alan Conti, giornalista. Oggi ho un appuntamento importante. Seduto su questa sedia scric-chiolante, locchio buttato, come una coperta vecchia, sul taccuino. Eh s, compagno di vita. A volte sembra una lista della spesa: sbrodolata di domande e pensate, in attesa di quella che punga, esattamente come i sacchetti del supermercato che sembrano attendere proprio langolo che li lacera. A fare questo mestiere bisogna essere come aghi. Oggi, per, ho un appuntamento importante e non voglio fare del male. Men che meno a lei. Rigiro la penna tra le dita, mi sempre piaciuto. Cos come non mi mai piaciuto, nelle autostrade della scrittura, scegliere quella banale. Una prefazione affare delicato, un poco come prendere in braccio il neonato di unaltra mamma: puoi essere leggero quanto vuoi, ma sarai sempre un intruso e il piccolo lo sa. Anche il libro lo sa. Per questo og-gi, in questa piccola stanza di legno, aspetto lei. Chiss cosa direbbe di questo appuntamento Jessica Ravera. Nella mia vita penso sono stato abituato a raccontare quanto gi avvenuto, le parole gi dette, i fatti gi coperti dal telo del tempo, sep-pur breve. Oggi anticipo. Mi scappa una risata. Mi devo sistemare: se lei arriva devo perlomeno essere presentabile, suvvia, unintervista importante. Raramente una ragazza mi ha agitato tanto al primo incon-tro, forse perch ci si conosceva in due. Oggi, invece, io so gi tutto di lei. Quindi non sar unintervista, no, meglio, una chiacchierata. Tu sei ruvida: s, penso che inizier cos questa bizzarra conversa-zione. Asia, infatti, ha uno strano riflesso incondizionato: tende a trat-tare gli uomini come fossero tutti innamorati di lei. Rovescio subito le carte in tavola. Scanso gli equivoci, non credo le piacciano. Nemmeno ti conosco risponder, forse, come non vorrebbe quel bu-rattinaio storto della sua amica Vale, ma come vorrebbe chi lha for-giata a colpi di penna. Sbagli ti sei pettinata bene: di colpi di spazzola per i tuoi capelli oggi ce ne avrai impiegati almeno quindici. Ho deciso: la spiazzo con una delle citazioni pi scintillanti di questo libro. La letteratura che ri-chiama la letteratura con una freccia di curaro, un poco come i rapper in polemica tra loro. In Asia la freccia la lingua, il curaro la testa: la sua storia affascina per questo. E non ti pitturare le unghie dei piedi

  • di rosso, qui non ti si vede in uno specchio, ma tra le righe di una pagi-na. Non mi piace la retorica e nemmeno chi mi dice cosa fare o non fa-re dir la freccia della lingua mentre sposter la sedia, azionando il curaro della mente, ma dimenticando le amiche burattinaie. Difficile capire cosa ti piaceo chi insinuer e il primo tempo sa-r mio. Non cattiveria, mi servir disorientarla perch di Asia non ce n una sola. I fili della sua ragnatela sono di foggia diversa: linnocenza della bambina, la strafottenza adolescenziale, la profondit e lindifferenza, la donna e la stupida ragazzina, lamica lamante e la compagna, Ales-sandro e Roberto. Ricordo il ragazzo che nel primo mondo di Ravera, dove I Papaveri crescono anche sullasfalto, disgiungeva e buttava tutto il superfluo per immolare lesistenza a ununica Lei. Ecco, Asia esattamente il contrario e il fatto di essere donna cambia poco. Lessenziale che lei non disgiunge, ma aggiunge. Nel colloquio della sua personalit non ci sono o, ma solo e. Innocente e compromes-sa, innamorata e sfruttatrice, depressa ed entusiasta, lamore delicato dei sogni e lamore inglorioso di un sedile dellauto. Asia: persino il nome un accumulo di molteplicit. Bisogna stringere i fili e ricavarne il latte: la verit. Non facile e fa male, perch il latte di ragno unimmagine che gi di per s un pugno nello stomaco. Berlo, pagina per pagina, forse non sar dolce, ma unautentica sonda della persona-lit. Non facile che accada coi libri. Cosa vuoi da me? Non so nemmeno perch sono venuta qui dentro a parlare con uno che potrebbe essere uno stronzo. Vabb, la mia storia ormai cos, fatta di luoghi in cui non volevo veramente essere e che invece. La fermer con un cenno: il suo mondo era di stronzi o di buoni. Culi di capanna o fighi. Qualche amica o molte sfigate. Tanto molteplice lei quanto manicheo il mondo fuori. Non raccontare troppofinirei nel recinto degli stronzi in pochissimi secondi. Chi punta gli occhi su di noi non sa niente, dovresti essere abi-tuata pi di me. A parlare coi personaggi dei libri finisce sempre cos: loro se ne dimenticano e tu sei il pi teso. Dimmi una cosadavvero pensavi di essere una moderna Lolita? la guarder dritto negli occhi verdi, tra il caramello del suo viso. Anche solo per vedere leffetto che fa. Forse... Per me un s Va bene, s troncher scocciata per la non praticit della domanda.

  • Beh..se vuoi saperlo, a Lolita non ti sei nemmeno avvicinata. Ma vaffanculo. Non difficile immaginare la sua reazione, come non lo il fatto che rimarr ad ascoltare il mio perch. Repulsione e curiosit: lho detto, Asia non disgiunge. Perch forse non avevi capito che viaggiare sui binari classici non stupisce e rende tutto meno efficace. Ecco perch ti ho chiamato: per abbracciare il bizzarro. Che sia seduzione o prefazione cambiano solo le prime lettere. Perch dovrei accettare lezioni da uno scribacchino? Non molto importante essere una Lolita, in fondo. Per lo sentirsi come un quadro di Escher: profondo e complicato nella sua rappresentazione ideale, ma piatto e ordinario nel suo essere solo una tela bidimensionale. Pensavi di essere una prospettiva e inve-ce ne eri solo limmagine posticcia. Unillusione ottica. Questo im-portante, non credi? Ci devo pensare forse sorrider ma pi che un discorso importante sembra una lezione di educazione artistica. Mi scapper da ridere perch se c una materia su cui mi sono sem-pre incagliato proprio quella. Avevo pi dimestichezza con la penna che non con la matita, come Asia ero pi bravo a figurare che non con le figure. Per la metafora artistica potrebbe essere stuzzicante. . Sei uomo, si vede. Alla fine vuoi ridurre tutto al rapporto con gli uo-mini. Lo so, prima o poi mi prender in contropiede e lo far come vuole la sua natura: cogliendo la singola ninfea del discorso. Io gli uomini non li avr nemmeno citati, ma non una sprovveduta. Ha ra-gione. Come lha avuta tante volte nella sua storia. Pu essere, in effetti ci pensavo. Pure tu lo fai. E uomo non lo sei di certo. Se una cosa nellastratto di questa immaginazione mi era parti-colarmente vivida, infatti, era proprio la sua tracotante bellezza fem-minile. Amabile? Dipende, ma bella sicuramente. Mi ci hanno costretto gli eventi. Ti sei fatta costringere dagli eventi Cambia qualcosa? Forse. Non ne ero sicuro. Per assurdo non affatto detto che un ti-mone lasciato autonomo non trovi una rotta migliore di quella scelta

  • dal Capitano della ciurma. Di solito, per, funziona meglio con una barca vuota. Ti sei mai sentita una barca vuota? Troppo vuota e troppo piena. Dipende dai momenti. Raramente, pe-r, lho guidata io. Il timone lhai perso lontano da Milano? In acque che non conosce-vi?. In questo senso Asia proprio figlia di Ravera. Quella capacit di sbattere in faccia la realt metropolitana attraverso il filtro e gli oc-chi di una realt pi raccolta credo derivi dalla sua storia personale, dal suo passaggio dai riccioli asburgici di Bolzano ai frenetici palazzi milanesi. Un bravo demiurgo, per, non si traspone nella sua creatura e infatti Asia si sente come un pesciolino catturato e poi restituito allOceano: lambiente fa parte della sua storia, ma la sua storia non lo riconosce pi. La curiosit non dovrebbe condurre a domande senza risposta.. Dici? Dico. Me lhai ricordato tu: non dobbiamo parlarne troppo, quindi a quella domanda ti rispondo allultima pagina, se vuoi Giusto. Lentamente, per, la conversazione scioglier la patina di dif-fidenza e potremo entrare nel vivo. Sar il momento giusto per affonda-re il colpo definitivo, il quesito che mi circola nella mente e che, ne so-no sicuro, rimbalzer dentro anche a chi, girando questa pagina, avr la fortuna di incastrarsi nei fili della ragnatela che nasconde ad Asia la sua stessa profondit. Il classico ago di cui si parlava. Con quello che successo, oggi che donna sei?. Avr quasi paura di questa doman-da. Eh.. sorrider sorpresa unidea ce lho. Posso dirti che. Dun tratto un giro daria fa vibrare la finestra di questa piccola stan-za e sfibra il castello di carta della mia immaginazione. Stavo ancora rigirando la penna tra le mani. Il foglio bianco con le righe che ghi-gnano cattive. Sicuro che oggi ho un appuntamento importante? Mi alzo, devo chiudere quella finestra: a volte la praticit si infila in modo invadente nella fantasia. Credo lo pensi anche Asia. Che nel frat-tempo con la sua camminata elegante sta raggiungendo il mio portone. Cazzo. Corro. Raccatto la penna e la infilo in tasca. Chiudo il taccuino. Scatto in piedi. Giro la chiave. Poi la maniglia. Lascensore sale e io gi per le scale. Io sono fuori, lei alla porta. Corro. Corro ancora, lon-tano. E il fiato che mi ferma, sufficientemente lontano. Mi scappa da ridere. Non potevo pensare di rompere cos gli schemi, suvvia: lidea che non siano sempre i personaggi a cercare lautore non poteva reggere. Per

  • di pi nemmeno il loro vero autore: Ravera mi ammazzerebbe. Non ac-cetter questa prefazione perch non c modo di parlare di questo li-bro senza perdersi dentro alluniverso di chi lo ha reso possibile. A vol-te i personaggi nascono dai libri, a volte i libri nascono dai personag-gi. La differenza non sottile. Mi baster il privilegio di aver bevuto questo latte di ragno in anteprima, mettendo il viso alle sfuriate del vento della realt. Perch la forza di Asia, alla fine, questa: prendere in faccia le sberle della vita e aver scelto per s una storia tremenda-mente reale. Pensare che si tratti solo di immaginazione a volte ingan-na. Realt o fantasia hanno un confine sottile, direi spesso come una pagina. Attraversarlo da una parte e allaltra e confondersi lunico modo per fare una prefazione decente. Sfogliare Latte di ragno non sar un arroccamento nellideale letterario, ma un buttare lo sguardo nel proprio essere e in ci che ci circonda. Asia speciale perch come tutti. Asia speciale perch congiunge e non disgiunge: anche i confini. S, oggi ho avuto un appuntamento importante. Bolzano, febbraio 2010

  • Siamo pi simili a come vorremmo ma non saremo mai, che a come potremmo realmente essere.

  • 11

    Ero gettata sulla spiaggia come un animale morto. Il Ragno mi aveva ormai avvolta del tutto fra le sue ragnatele e mi stava divorando lentamente. Il dolore fisico era ormai eclissato dallintorpidirsi della mia Anima. Mi stavo lasciando morire. Non sentivo pi nulla. Annientata dal vuoto. Non cera speranza per me. Niente pi piacere nellemozione della sofferenza. Solo vuoto. Un rumore. Passi in lontananza. Dapprima colpi decisi sulla strada, poi tonfi sordi sulla sabbia. Il suo passo. Lo riconoscevo. Avevo imparato a riconoscerlo. Quei passi mi strapparono allinedia e lentamente tornai a sentirmi. Dapprima il mio corpo, il male fisico, poi lentamente le mie emozioni. Risentivo di nuovo il rumore delle onde dacqua nera, vedevo ricrearsi la luna nel mare e sentivo il sapore della notte salata. Lanestesia che mi ero indotta stava svanendo. Era dietro di me. Non avevo nemmeno bisogno di girarmi. Si era fermato. Sentii le sue braccia raccogliermi e non opposi resistenza. Fu come ri-nascere. Per un attimo mi irrigidii, per non cadere. Ma poi mi abbandonai a quellabbraccio, stringendomi a lui e appoggiando il viso al suo corpo sentendone il calore e lodore. Piansi davvero. Finalmente. Ora era tutto a posto.

  • 12

    Basta pensare, basta congetture, basta soffrire, basta sbagliare, basta farmi del male. Basta fuochi fatui. Quello era il mio posto. Piansi davvero fra le sue braccia. Lestate era finita, io sorgevo di nuovo, per la prima ed ennesima volta. Lestate era finita, io no.

  • 13

    1. Asia Ero stupenda. Oggettivamente stupenda. Avevo diciassette anni ed ero bella da togliere il fiato. Era un dato di fatto, pi dello specchio me lo dicevano gli sguardi della gente. Sempre, ovunque andassi. Vorrei avere il corpo di allora e la testa di adesso. Forse un po tutti lo vorremmo Ero gi alta come i ragazzi della mia et, di alcuni anche di pi, magra ma molto prosperosa. La mia pelle ancora color caramello, ma allora era morbida e lumino-sa. Portavo i capelli lunghissimi, selvaggi, a incorniciare un viso felino, con due occhi verdi intensi, un naso minuscolo e una bocca da favola. Sembra impossibile? Lho detto che ero stupenda! Cosa fare con un dono cos? Nulla! Non sapevo che farmene, fino a quando conobbi Vale. Niente pensieri strani. Valentina era la mia migliore amica. Non era bella, o almeno non quanto me, ma aveva un sacco di grandi qualit, come ad esempio sapere come fare a divertirsi. Frequentavamo lo stesso liceo linguistico a Milano, in seconda le nostre due classi si sono fuse e ci siamo conosciute. Lei aveva deciso che po-tevo servirle come trampolino di lancio per la vita che aveva intenzione di fare. E io ero contenta di servire finalmente a qualcuno. Nel giro di una settimana avevo tutte le sere occupate. Vale organizza-va uscite con ragazzi pi grandi, amici di sua sorella. Andavo da lei do-po cena e ci venivano a prendere con un sacco di belle macchine. An-che qui, niente pensieri strani. Volevamo solo divertirci, farci portare nei locali come fossimo delle dive. Le nostre compagne di classe si fa-cevano venire a prendere dagli amici col motorino e passavano le loro serate nei cortili dei palazzi. Noi giravamo con le classi A e troneggia-vamo come uccelli del paradiso su trespoli di alte sedie dei locali in corso Como.

  • 14

    Che cosa ci facevano dei trentenni milanesi di buona famiglia con delle diciassettenni? Il pi delle volte nulla. Io ero un loro accessorio. Ma facevo scena. Vale gestiva tutto: non avrebbero potuto mostrarmi sulle loro decappot-tabili o ballare corpo a corpo in discoteca con me, senza passare per lei. Tre semplici regole: non le chiedete il numero di telefono, non datele n alcolici n droghe, se volete fottervela ricordatevi che minorenne, do-vete avere il suo permesso e comunque qualsiasi contatto non richiesto ci far sparire. La cosa sembrava funzionare. Non abbiamo mai avuto problemi di nes-sun tipo. Cosa diceva la mia famiglia di queste uscite? La mia famiglia un caleidoscopio di gente assurda. Ma a cui ero lega-tissima. Amavo la mia famiglia. Anche se divisa. I miei genitori da giovani erano stati due viaggiatori, erano amanti dellAsia e da qui il mio nome. Lavevano visitata tutta e se ne erano innamorati. Mio padre, uno psicologo, aveva deciso di investire se stes-so nello studio della mente e delle sue potenzialit. Oltre alle consulen-ze nel suo studio scriveva libri di auto-aiuto e su quanto il pensiero in-fluisse sul nostro corpo. Mia madre aveva un negozio di arredamento etnico e la sera teneva corsi di Hata Yoga in un centro olistico. Erano molto zen i miei. Due bellissime persone, che credevano allassoluta bont dellessere umano, vegetariani e decisi a vivere con semplicit e armonia. Che destino beffardo, quello che aveva donato loro due figli come noi: due borghesacci materialisti. Non ero sola infatti, avevo anche un fratello maggiore, Neru, cosi chiamato perch la mamma era rimasta colpita da un ragazzo bellissi-mo, incontrato in uno dei suoi viaggi, che portava questo nome. Chiss che sperava succedesse dandoglielo. Neru non era n bello n brutto, n intelligente n stupido, n buono n cattivo, un po stronzo per lo era. Anzi, pi di un po! Aveva unespressione perennemente arrabbiata e disinteressata a qual-siasi cosa non fosse se stesso, o al massimo la moto. Si era iscritto a economia, e dava gli esami quando gli girava. Per lui luniversit era una buona copertura per la sua attivit principale: fare quello che gli pareva.

  • 15

    Se ne andava in giro in moto anche in inverno, ogni tanto partiva per qualche viaggio, spesso senza dire dove. Al che i miei si attaccavano al telefono cercandolo in continuazione, chiamando poi quei pochi amici che aveva per avere sue notizie. Era introvabile. Quando tornava la mamma piangeva di gioia pregandolo di non farlo pi e il pap, analizzandolo, gli diceva che aveva sbagliato ma che con-fidava nel suo buon senso. E infatti poco dopo spariva di nuovo. A quale ragazza poteva piacere un tipo cos? Ovviamente a tutte! Cera un via vai di donne a casa nostra, quando Neru abitava ancora con me e la mamma. C stato anche qualcosa fra lui e Vale. Ma a lei piaceva essere adorata e quindi il tutto fin nel giro di qualche mese, senza nessuna ferita. An-zi Lautunno dei miei quindici anni, quando ancora credevo nei valori che mi erano stati insegnati, la mia famiglia si ruppe a met. Una sera i due genitori ci vollero entrambi in salotto e ci comunicarono la loro decisione di separarsi perch, dicevano, oramai fra loro non cera pi lamore di un tempo. Vi vorremo sempre bene, affermava la mamma semi in lacrime Il nostro rapporto con voi non cambier, sar sempre basato sul nor-male scambio padre/figli, madre/figli, forse apportando una maturit maggiore al relazionarsi, incalzava mio padre come se presentasse una tesi. Io andr a vivere nella vecchia casa della nonna, quella ap-pena fuori Milano. La mamma rester qui. Abbiamo deciso di comune accordo che siete liberi di scegliere con chi stare, perch la libert un vostro diritto! La casa a Vimodrone, quella col box doppio giusto? Bene io allora vado a vivere col vecchio! Aveva detto Neru quella sera, poi si era lanciato in discoteca con gli amici. Io resto con la mamma, avevo biascicato io, e avrei voluto lan-ciarmi dal balcone. A partire da quel giorno, il Ragno che mi dormiva dentro aveva iniziato a tessere le sue tele. Il mese dopo mi sviluppai. Quello dopo ancora iniziai a portare le mie maschere e a uscire con Va-le. Avere i genitori separati ti d un buon motivo e una buona giustifica-zione per comportarti male.

  • 16

    A Neru non sembrava vero: si faceva ricoprire di soldi perch diceva che se no gli sarebbe rimasto il trauma e che doveva svagarsi. Io ci guadagnavo in libert. La mamma sapeva che durante la settimana alle undici puntuale ero a casa. Il sabato sera dormivo dalla mia amica e l non aveva pi alcun controllo. La bastavano i miei sms randomici Tutto ok, Mi sto divertendo, Non ti preoccupare, Ti voglio bene mamma questultimo poi mi avrebbe fatto tirare il coprifuoco fino alle due. Avevo deciso che avrei fatto solo quello che mi piaceva nella vita. Ini-ziai a creare la mia nuova me stessa forgiandola di freddezza e superfi-cialit. La Distaccata, la Cattiva, la Bella Maledetta. Camminavo per le vie del centro con i tacchi a spillo e tutto quello che poteva fare di me merce da esposizione. Truccatissima. Mi davano tutti almeno dieci anni di pi. Bella comero non avrei avuto bisogno di bardarmi come un animale da circo, ma io volevo di pi. Volevo piacere. A ogni costo. Linizio dellestate dei miei diciassette anni fu traumatica. Per tutto lanno scolastico avevo collezionato una serie di brutti voti, che mi portarono inevitabilmente alla bocciatura. La cosa che pi mi dispiaceva era il pensiero che non sarei pi stata in classe con Valenti-na. E soprattutto che la mia super vacanza a Ibiza di quellanno fosse a rischio. Tutti gli anni ho sempre trascorso il periodo, dal giorno dopo la fine della scuola alla settimana prima della ripresa, nel paesino sul mare del-la nonna, la mamma di mia mamma. A quindici anni, un po per via della separazione dei miei e un po per-ch mi ero bella che rotta le palle di passarmi tutta lestate in quel posto dimenticato da Dio, avevo deciso che piuttosto mi passavo le vacanze a Milano. Durante il giorno andavo con Vale in una piscina in via Corelli dove, tra bagnini e studenti di Scienze motorie che frequentavano le strutture l vicino, avevamo sempre qualcosa da fare. Questi pomeriggi irreali dove il tempo si fermava. Prendevamo il sole sul bordo vasca con i piedi nellacqua. Un silenzio rotto solo dalle voci dei bambini, che urlavano e piangevano, e dagli aerei del vicino aero-porto che ci rombavano multicolori sopra la testa. Rigorosamente senza mai fare il bagno, perch i miei capelli piastrati ne avrebbero risentito. Organizzavamo da l le nostre serate estive, nei

  • 17

    vari cherenguitos sparsi per la citt o ai locali dellidroscalo o sui navi-gli. Vegetavamo. Ma andava bene cos. Il Ferragosto eravamo comunque in un modo o nellaltro invitate a gri-gliate o simili. La nostra presenza aumentava il prestigio di una festa. Noi lo sapevamo bene. Quellestate doveva essere diversa. Era tutto pronto per tre settimane a luglio a Ibiza. Non vedevo lora. Dovevamo partire in cinque, noi due e altri tre ragazzi, tra cui uno era che stato preso per fare il DJ in una del-le discoteche l pi famose. Lentrata gratis era quindi assicurata per tutta la vacanza. Per loccasione avevamo fatto due giorni di shopping sfrenato. Vole-vamo vestiti che non lasciassero spazio allimmaginazione, volevamo stupire, volevamo tutto. Saremmo partiti i primi di luglio, ed ero gi l con la testa. Vale, credi che la mia bocciatura potrebbe crearmi problemi? Le chiesi quella mattina di giugno, il giorno dopo che la scuola fin. Asia, hai i genitori separati solo da qualche anno, hanno ancora troppi sensi di colpa per venire a fare la morale a te su qualcosa e soprattutto castigarti. Ricordati, genitori lasciati uguale nessuna educazione, soldi e libert totale! Non so dove Vale pescasse queste teorie, ma ci ho creduto intensamen-te fino al momento in cui, quella sera, mia madre mi comunic che non se ne parlava nemmeno di una vacanza dopo quello che avevo combi-nato. Che cosa? Non posso andare in vacanza con i miei amici? Urlai die-tro a mia madre che stava preparandosi per andare al suo corso. No Asia, non hai fatto nulla per tutto lanno, ti sei sempre comportata malissimo con me e con pap e soprattutto ti sei fatta bocciare. Ho de-ciso che questestate vai al mare dalla nonna. Almeno l te ne starai un po tranquilla. Non mi piace per nulla landazzo che hai preso nella tua vita! Luned prendi il treno e vai gi. Senza guardarmi stava mettendo lo stuoino nella borsa. Luned? Appunto, la mia vita. Che fastidio vi d se io vado in vacan-za l o l? Piuttosto me ne sto a casa, almeno mi diverto di pi! No! Non puoi rimanere qui da sola! Chiuse la borsa. E tu? E pap? Stavo iniziando ad agitarmi.

  • 18

    Io vado in India per quel seminario, te ne avevo gi parlato, e pa-pbeh non lo so ma anche lui avr i suoi piani! Si incammin per il corridoio. Posso stare da Vale No, non ti lascio in quella famiglia di matti tutta lestate! Apr la porta. E Neru? Lui rimane no? Mi stavo aggrappando a tutto. No, Neru se ne va in Messico o gi di l, non mi ricordo, se ne occu-pa pap stavolta! Usc sul pianerottolo e io la seguii per qualche me-tro urlando. Perch per Neru avete sempre un occhio di riguardo ed libero di fa-re tutto, eh? perch? Dalla tromba delle scale mi url: lui dice la stessa cosa di te! Ciao ci vediamo pi tardi! Dovreste vergognarvi, colpa vostra se sono cos, se siamo cos! Non giusto, voglio andare dove voglio questestate! Mi afflosciai rabbio-sa sulla ringhiera delle scale. Mia madre ormai non poteva pi sentirmi. Tornai in casa e sbattei la porta. Chiamai subito a casa di mio padre, non poteva rendersi complice di una meschinit simile alla sua bambi-na. S? Neru passami il pap! Ah sei tu, che palle! Muoviti oh, urgentissimo, muovitiii! Vecchio, vieni c il tuo secondo coito interrotto andato male al tele-fono! Sentii la voce di mio padre in lontananza. Neru non devi dire queste cose, lo sai che per me siete un dono del cielo! Asia? Pap, perch non vuoi che vada in Spagna con i miei amici? Perch non vuoi che io sia felice? Tesoro, non questo; che hai perso lanno, giusto che qualcosa ti venga tolto. Ma non temere, ci che ti viene tolto ti ritorner sotto for-ma di una maggior gratificazione personale quando sarai in grado di capire che per fare una valutazione Pap, per favore, non voglio andare dalla nonna al mare, sar tre-mendo, l non c veramente nulla da fare, per favore fammi restare con te

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    Asia non posso, devo partecipare a una serie di incontri estivi dove tratteremo largomento dellascesi attraverso la purificazione del corpo. Recenti studi hanno dimostrato che Ho capito, ciao pap! Misi gi il telefono. Non ci potevo credere, Ibiza era il coronamento perfetto della mia vita perfetta. Il mio presente era cos, la frenesia, la superficialit, le uscite, il non sentirsi. Tornare in quel paese significava ritrovarmi al punto di partenza, signi-ficava fare i conti con la me stessa di anni fa. Io avevo giurato che non volevo pi averci a che fare. Quel paesino sul mare, lontano dai posti di villeggiatura italiani pi fa-mosi, dove ancora i ritmi erano lenti e noiosi, quel paesino con la nonna e tutta la sua gente, i suoi piccoli negozi, il suo unico albergo, i suoi due bar, quel paesino dove avevo trascorso i tre quarti della mia vita ora mi richiamava a s. Noia, paura, rabbia non lo so cosavessi in testa. Vale, andiamo fuori stasera e anche domani e anche dopodomani, fra tre giorni vado a morire! Faccio un giro di telefonate e alle dieci siamo da te. Vestiti bene gio-ia, mi raccomando! S! Le ultime tre sere. Per quel che mi riguardava, gli amici di Vale, quelle tre sere, avrebbero potuto infrangere anche tutte e tre le regole. Non me ne importava pi nulla! Di niente!

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    2. La nonna e Roberto. Quella mattina sentivo gi il Ragno vivere dentro di me. Appena sveglia avevo gi la consapevolezza che avrei anche potuto non svegliarmi mai, e non me ne sarebbe importato. Mi alzai. Ero sudaticcia, avevo gli occhi gonfi e la testa che girava. Mi infilai una t-shirt arancione a cui avevo tagliato il collo, quella che usavo nei momenti in cui sentivo di non esistere. Era abbastanza lunga da coprirmi anche il sedere, ma che importava? A parte la mamma, og-gi non mi avrebbe vista nessuno. Era tutto troppo. Troppo silenzioso, troppo inutile, troppo noioso, trop-po. Ciondolavo per la stanza alla ricerca di qualcosa da fare. Appena mi veniva unidea correvo frenetica per immergermi in quelleffimera sal-vezza. Posso vedere se nei dintorni c qualche festa a cui andare men-tre sar al mare, mi dicevo, ma gi quellidea svaniva nellaccendere il pc. Riordiner la stanza, non ho mai tempo di farlo. Allora accendevo la radio, ci mettevo unora per trovare una canzone e, alla prima mu-tanda sporca che raccoglievo da terra, sentivo che no, quella non era giornata per dare un ordine alle mie cose. Guardavo ossessivamente lorologio. Le lancette non si spostavano mai. Erano le 9:30 del mattino. Le 9:32. Le 9:37. Che esistenza. Se dormo non sento nulla, mi ributtai sul letto. Mi coprii con il lenzuolo. Avevo caldo. Mi riscoprii. Mi tolsi anche la maglietta e la gettai sulla sedia. Arriv sullo schienale e poi cadde. Mi prese una rabbia nervosa e annoiata incredibile. Mi alzai di scatto, la raccolsi e la ributtai sulla se-dia. Andai con passi pesanti a letto. Mi rigirai una decina di volte. Cercai di dormire. Dopo circa venti minuti la sirena di unambulanza mi fece svegliare di soprassalto. Furiosa e con la testa che ormai non mi dava tregua mi rialzai. Le 10: 13! Troppo poco. Ho ancora una giornata davanti a me. Non ce la posso fare! Mi dicevo facendo scaldare il latte nel pentolino. La mamma mi aveva lasciato la moka con il caff gi pronto. Mi sedetti sulla sedia della cucina. Tentavo inutilmente di strappare le ragnatele dentro di me cercando disperatamente un qualsiasi cosa che mi tenesse impegnata. Ma appena cedevo, ecco che Lui ne tesseva unaltra, ogni volta pi grande e pi resistente della prima.

  • 21

    E cos le mie giornate scivolavano nellapatia pi totale. Non facevo nulla, e alla sera mi dispiaceva di non aver vissuto. Speravo nel giorno dopo. Se il Ragno mi lasciava stare la mattina ero pronta a vivere. Se invece decideva di usarmi non avevo armi per combattere. Non ce la facevo. Non da sola. Ogni persona ha un qualcosa che la fa stare male. Io avevo il Ragno, o come lo aveva definito la dottoressa presso cui ero in cura da diversi anni, forma depressiva. La depressione una malattia, perch questo , che non bussa quando vuole entrare dentro di te. Un giorno ti senti pi gi del solito, un giorno ti senti apatica, un giorno ti senti insulsa, un giorno ti senti triste, un giorno ti senti disperata per nulla, un giorno senti che niente ha senso. normale, la vita. Un giorno per ti accorgi che diverso. Non sei gi come al solito, non la solita apatia, non la solita giornata insulsa, non la grande disperazione dei brutti momenti o la piccola tri-stezza di una sera troppo solitaria. Non sei pi niente. A me sembra di vederla questa forma depressiva. Lho immaginata come un grosso Ragno entrato dentro il mio essere. Quando stavo bene dormiva e sembrava non esserci. Ma bastava un niente, a volte nemmeno quello, e si svegliava. S svegliava e lavorava. Iniziava a filare le sue viscide tele dentro di me. Quando cercavo di salvarmi rompevo al massimo qualcuna di loro, ma non Lui. Era dura ucciderlo. Puoi togliere tutte le ragnatele che vuoi, ma se non uccidi il Ragno continuer a farle. Eccomi sul treno. Avevo quel leggero giramento di testa e il senso di nausea di chi si alzata troppo presto. E di malavoglia. Seduta sul mio sedile in prima classe, mamma ci teneva tanto, guardavo distrattamente le altre persone correre su e gi per i binari. Vedevo compagnie di ra-gazzi che ridevano e si accalcavano su treni regionali, pronti a divertirsi allo sbando. Decisi che non ci volevo pensare. Infilai gli occhiali da so-le, mi tolsi i sandali e appoggiai le mie lunghe gambe sul sedile di fron-te, sicura che nessun controllore mi avrebbe mai detto nulla. Poteva for-se perdersi un simile spettacolo? Mandai qualche sms di rito a Vale, tanto era troppo presto e li avrebbe letti solo al suo risveglio. Mi infilai

  • 22

    gli auricolari del lettore mp3 nelle orecchie, mettendo subito il volume al massimo per stordirmi il cervello. Mio padre avrebbe detto che il soggetto ricercava nelluso inappropriato dellapparecchio acustico una mera ed effimera soluzione per distogliere le cellule cerebrali da pen-sieri che non si volevano accettare. E, per una volta, avrebbe avuto ra-gione! Arrivata alla stazione di cambio, mi feci aiutare dal primo cretino che vidi a portare gi le valigie. Giusto il tempo di un caff in una cittadina ancora civile, poi presi il cesso regionale che mi avrebbe portato al paese. La nausea si era fatta pi forte, e dopo dieci minuti di viaggio vomitai caff e colazione in quello schifoso bagno puzzolente, fra lo sferragliare tremendo del va-gone e i fischi continui nellattraversare paesi morti. Il treno aveva sempre viaggiato nellentroterra. Finalmente, dopo una serie di gallerie nella montagna, il panorama si appiatt un po per la-sciare spazio alla campagna e infine al mare. Abbassai il finestrino e il vento salmastro entr nello scompartimento semivuoto, facendo frustare contro il vetro le orribili tende blu polvero-se. La giornata era stupenda. Ma io non ero in grado di apprezzarla. Il treno inizi a rallentare e poco a poco si ferm nella piccola stazione del paese. Mi alzai a prendere le mie due enormi valigie, piene di vestiti da sera e quantaltro. Volevo dimostrate a quei paesanotti del cazzo che era arrivata la ragazza dalla citt e che dovevano rispettarla. Scelsi lespressione schifata e di sufficienza che ben sintonava a quella stazioncina da due binari, senza biglietteria e con la sala daspetto di cinque metri quadrati. Lanciai unocchiata fuori per vedere dovera la nonna. Ma non vidi nessuno. Decisi che una come me non doveva dare limpressione di dover aspet-tare e presi a scrivere subito a Vale per renderla partecipe di quella merda di posto. Sono arrivata. Stazione di paese pulcioso. Solo vecchi che mi guard Asia? Alzai lo sguardo da sopra gli occhiali da sole e vidi un uomo di fronte a me. Un uomo bellissimo. Molto alto, spalle larghe, muscoloso, abbronzantissimo, capelli corti neri un po sfilati, occhi neri e profondi. Indossava una camicia bianca leggermente aperta, dei jeans e mocassini marroni senza calzini.

  • 23

    Ma che mi stava succedendo, stavo arrossendo io la pantera Io ero abituata a trattare con gli uomini, erano loro in imbarazzo con me, non io. Ci conosciamo? Dissi con il tono pi distaccato possibile mentre cancellavo il messaggio. Mi avevano detto che eri cresciuta ed eri bellissima, ma non credevo cos. Sono Roberto, non ti ricordi? Si abbass e mi diede due baci sul-le guance. Roberto! Avevo il cuore che mi martellava nel petto. Roberto Tri-viani? Esatto! Ma sono cos invecchiato che non mi hai riconosciuto, va beh che sono tre anni. Decisi di fargli capire che mi stava facendo perdere tempo e iniziai a guardarmi intorno. In fondo la nonna la dovevo cercare davvero. Ah, tua nonna non c, ha mandato me a prenderti. Ha pensato che saresti stata stanca per il viaggio e ha preferito che io ti venissi a pren-dere in macchina, contenta? Ma quanta confidenza, va bene che era lamico di famiglia dei nonni, ma diavolo, aveva davanti a s questa perla di rara bellezza e mi tratta-va con una compagnetta. Che caldo qui. Si tir su le maniche mostrandomi due baraccia mu-scolose stupende, rese ancora pi accattivanti nello sforzo di caricare i miei due bauli nel portabagagli della sua auto. Morivo dalla voglia di chiamare Vale. Mi sedetti vicino a lui. Decisi per uno sguardo sostenuto ma amichevo-le. In fondo lo degnavo di portarmi in giro per il paese. Avrebbe guada-gnato un sacco di punti. Intanto mi guardavo attorno, dovetti ammettere che il tutto era migliorato. Il lungo mare che costeggiava la ferrovia era stato ristrutturato e arricchito di panchine nuove e siepi molto curate. Il parchetto aveva ora giochi nuovi belli colorati in plastica e non pi in ferro battuto scolorito e mezzo arrugginito. Cerano molti pi negozi di souvenir e locali che reclamizzavano happy hour. Tutto sommato me lo ricordavo molto peggio. Sono contento che tu sia qui, mi disse, continuando a fissare la stra-da. Aveva un profilo stupendo, mi ricordava tantissimo quellattore Rupert Everett. Mi impettii un pochino. Ah s perch?

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    Beh, prima di tutto perch da una vita non ti facevi vedere, e poi per-ch tua nonna ha proprio bisogno di un po di compagnia. Stamattina, quando mi ha chiamato, era felicissima. Reclin il volto verso di me e mi sorrise. Denti bianchissimi e un po irregolari completavano la perfezione di quelluomo. Arrivammo davanti a casa della nonna. Era esattamente come la ricor-davo. Piccola, azzurra, con il giardinetto davanti. Appena Roberto spense il motore, subito la nonna usc di casa. Era molto abbronzata, si stava asciugando le mani con uno straccio che abbandon sul cancellet-to. Mi venne incontro. Bella la mia bambina! Mi abbracci e io sentii il calore e il profumo di tutta la mia infanzia. Mi fece quasi tenerezza, perch ero molto pi alta di lei. Una volta ero io che, quando piangevo, mi facevo avvolgere dalle sue braccia sicure e le appoggiavo la testa sul petto. Roberto port dentro le mie valigie. Si muoveva bene in quella casa, evidentemente era un habitu molto molto bene. Ti fermi a pranzo con noi? No, grazie. Torno da Jenny, me la devo godere questi ultimi giorni. Sorrise e la nonna ringraziandolo lo conged. vero, lavevo dimenticata. Jenny... Roberto aveva trentasette anni, portati alla stragrande aggiungerei io, e lei quaranta, ma ne dimostrava centoquaranta. Si erano conosciuti ventanni prima. Lei era una delle prime giovani inglesi in avanscoperta nei paesini di mare italiani sconosciuti. Erano venute in due, lei e la sua amica. Entrambe pallide e bionde e amanti dellidea dellItalia e dei suoi panorami. Com come non , Robertino diciassettenne si invagh di questa ventenne dallocchio ceru-leo e laccento straniero. Fu lestate che tutti ricordano essere quella della loro passione travolgente. La pallida straniera silenziosa e il bron-zeo e aitante figlio dellavvocato del paese dettero spettacolo e suscita-rono pettegolezzi. Il fuoco dei mesi estivi non svan con i primi freddi, e nellottobre di quellanno Jenny si trasfer in Italia. Lei continu gli studi e divenne professoressa dinglese, amata da tutti, non cera infatti bambino nel paese e nei dintorni che non avesse ricevuto ripetizioni e butter biscuits da lei. Lui si laure in design e apr un piccolo studio

  • 25

    nella cittadina vicina. Si sposarono, matrimonio damore per sempre. I figli non arrivarono mai. Lei, ogni estate, luglio e agosto li trascorreva dalla sua famiglia nello Yorkshire a badare ai suoi innumerevoli nipoti, mentre lui rimaneva qui a lavorare e a godersi il mare. E cos venuto Rupert a prenderti eh che figata! Ero sdraiata sul lettino della mia camera. Erano circa le sei di sera. Il pomeriggio lavevo trascorso a sistemare i miei vestiti e a parlare un pochino con la nonna. Da quando era morto il nonno mi sembrava pi vecchia e pi triste, pi sola. Mentre ero al telefono con Vale mi stavo mettendo lo smalto rosso alle unghie dei piedi. Vale, lascia stare. Sono gi stufa di stare qui, tutto cos lento, cos noioso. Ma tu hai di che divertirti gioia! Che vuoi dire? Cazzo Avevo sbavato e con lunghia del pollice della mano stavo grattando il bordo dellalluce per rimuovere la vernice sbavata. Tesoro mio, sei bella come il sole, in un paesino di ciofeche, e hai l un bel quarantenne con un sorriso da cinema. Ma sposato! Bella, ma non ti ho insegnato niente! Di Vale Il telefonino, che reggevo fra spalla e mento, scottava. Di tu, Asia. Hai l il motivo della tua vacanza. Un bel pezzo di man-zo, sposato e per di pi innamoratissimo della moglie mmm peccato solo non abbia dei bei figlioli. Vale, ma che dici? Preda interessantissima, mia cara, difficile ma interessante ahhh sedurre uno sposato, da quanto che non mi capita e poi con lei che lo ama ancora Non sono sicura di volerlo fare Ti sembra giusto che tu sia l ad annoiarti? No. Ti sembra giusto che quella sgualdrina da quattro soldi, brutta e sce-ma, possa permettersi di avere un uomo cos? No. Ti sembra giusto che quella possa starsene due mesi felice e beata nella sua campagna inglese a mangiare pudding perch tanto

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    quelluomo dolce, meraviglioso e intelligente indossa una cintura di ca-stit? No. Ti sembra giusto che una come te, che chiunque non sia cieco o pazzo desidera, non provi a farlo capitolare? No. Ti sembra giusto che lui da ventanni tutte le notti la faccia va bene! Basta, ho capito! Che devo fare? Piccola mia, appena la scema sale sullaereo tu devi diventare lossessione di Roberto, e tu sai come fare vero? Non risposi. Dimmi che lo farai Asia! Sar fatto. Brava! Attaccai il telefono. Ma s, chi se ne frega, voglio divertirmi e lo far! Pensai.

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    3. Alessandro Altra mattinata apatica. Erano circa le dieci quando mi svegliai. Ci misi qualche secondo a capire dove fossi e mi alzai a sedere di scatto. Quan-do mi resi conto di trovarmi nella casa al mare di mia nonna, desiderai non alzarmi per nulla e ricaddi a peso morto sul cuscino. Mi guardai per un attimo attorno. Nelle stanze dei nonni il tempo si ferma. Trattengono tutto, reliquie di un passato che non torna. Cerano addirittura i peluche di mia madre, un orribile orso arancione infeltrito che avevano vinto con un concorso di liquori, allora sar sembrato un premione. Cerano foto sue, mie, di Neru. Odiavo quel mio sguardo in-nocente. O forse un po lo invidiavo. La piccola Asia che mi guardava ricciolina e con in mano un secchiello pensava solo al mare e a divertir-si. Non aveva da pensare a come irretire un uomo sposato, lei. Mi alzai, me ne andai in bagno a piedi nudi e iniziai a lavarmi il viso. Fortunatamente le piastrelle verdi del bagnetto erano fresche al contat-to. Sorrisi nel vedere il corredo di mia nonna nella specchiera cigolante. La lacca per capelli nella sua confezione marrone, la crema da giorno bianca con il tappo azzurro e vicino al lavabo, appoggiati su quellovale indefinito pieno di ventose, il sapone verde Palmolive, secco e con le crepe annerite, e la spazzolina per le unghie. Credo fosse lattrezzatura standard del bagno di qualsiasi persona sopra i sessantanni. Lodore del sapone, il tappo in plastica nera con la catenella che odioso mi ca-deva nel lavabo e che bisognava girare intorno su se stesso per tenerlo buono, mi riportarono al mio dolce passato. Alla mia tranquillit, ai miei sogni di bambina. La piccola vasca da bagno senza tenda, il catino arancione scolorito. Mi spazzolai i capelli, a me di colpi di spazzola ne bastavano dieci. Mi lanciai un timido sorriso e andai in cucina. La nonna era nel salotto a guardare la televisione. Buongiorno piccolina! Ti ho lasciata dormire, sarai stata stanca. In-dovina chi ti ha cercata, stamattina. Roberto?! Chi mi ha cercata? Dissi, iniziando a fare colazione. La nonna si alz e inizi ad aiutarmi lei nella preparazione. Un lusso che avevo dimenticato.

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    Il figlio della Lisetta, te lo ricordi, lAlessandro. Per un attimo mi si blocc il respiro. Come avevo potuto dimenticar-mene. S me lo ricordo. Bel figliolo, lo dovresti vedere, sembra un principe. Appena saputo che venivi da me, stamattina alle otto era gi qui, non vedeva lora di incontrarti e pensa che Non la stavo pi ascoltando. Quel nome mi aveva aperto dentro un oce-ano di ricordi. Alessandro Aveva quattro anni pi di me. Le nostre mamme si conoscevano da sempre. I suoi genitori erano proprietari dellunico albergo del paese, la pensione Luisa, affacciata direttamente sul mare. Da piccoli giocavamo sempre assieme, io adoravo quei suoi occhi az-zurri, cos affilati e intelligenti. sempre stato unartista, un fantasioso, inventava storie e io ero sempre la sua protagonista principale. Ogni giorno con lui si viveva unavventura diversa, unemozione intensa. Lui mi amava. Tanto. Da sempre. Ogni volta, quando i primi di settembre dovevo ritornare a Milano, lui veniva a salutarmi portandomi un fiore e mi diceva: lanno prossimo sar pi grande e ti potr sposare Asia! E felici di quella promessa, ci lasciavamo. Avevo tredici anni e lui diciassette quando quellestate aveva iniziato a portare i capelli lunghi. Erano molto belli, leggermente mossi e castani schiariti dal sole. I suoi occhi erano diventati ancora pi accattivanti e i suoi modi pi gentili e romantici. Quella sera che mai dimenticher, mi aveva portata in riva al mare. Mi aveva raccontato una fiaba, io lo stavo ad ascoltare, come sempre, rapi-ta dalle sue parole, dalla sua bocca, dal suo sorriso. Mi aveva preso il viso fra le mani. Allora sapevo emozionarmi anche solo per un respiro. Mi aveva fissato intensamente, a lungo. Mischiammo il nostro respiro e poi le nostre labbra. Era un bacio dolce, era un bacio damore, intenso di tutto ci che era-vamo. Avevo i brividi ovunque. Lamore della mia vita, anche se era gi pi grande, anche se ce ne erano state altre, anche se mi vedeva solo per pochi mesi allanno, mi aveva baciata. ...CONTINUA...

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