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INDUSTRIA VICENTINA SETTEMBRE-OTTOBRE 2008 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T.Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia 3/2008 La “Camera” di Mincato Vittorio Mincato spiega, da presidente, il nuovo ruolo della Camera di Commercio di Vicenza TRASPORTI ECCEZIONALI Un’indagine sul trasporto merci, sulle direttrici di scambio e sulla rete infrastrutturale del Vicentino English abstract inside Le nuove “tigri” Non ci sono soltanto Cina e India, nel continente asiatico. Ci sono anche altri paesi e altri mercati sempre più strategici: Thailandia, Vietnam, Malesia... nuove “tigri asiatiche” al centro di un’area verso la quale cresce l’attenzione delle imprese vicentine.

l’attenzione delle imprese Le nuove “tigri” · zioni di laboratorio. Dobbiamo lavorare perché gli studenti durante il ciclo sco-lastico possano en- ... Cent’anni tra cielo

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industriaVICENTINA

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La “Camera” di Mincato Vittorio Mincato spiega, da presidente, il nuovo ruolo della Camera di Commercio di Vicenza

English abstract inside

TRASPORTI ECCEZIONALI Un’indagine sul trasporto merci, sulle direttrici di scambio e sulla rete infrastrutturale del Vicentino

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Le nuove “tigri”

Non ci sono soltanto Cina e India, nel continente asiatico. Ci sono anche altri paesi e altri mercati sempre più strategici: Thailandia, Vietnam, Malesia... nuove “tigri asiatiche” al centro di un’area verso la quale cresce l’attenzione delle imprese vicentine.

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Industria Vicentina210x280.qxp 26-06-2008 14:56 Pagina 1

industriaVICENTINA

1corsivo

L’importanza di puntare sull’istruzione tecnica

C ompetitività, libertà di scelta, in-novazione. Queste le parole chia-ve che il mondo dell’industria po-ne al centro dell’attenzione nella

discussione sul futuro dell’istruzione in Italia. Il filone dell’istruzione tecnica, in particolare, ha rappresentato e rappresenta ancora l’asse portante per le competenze e le professiona-lità necessarie alla struttura produttiva del nostro paese. Nel sistema scolastico italiano l’istruzione tecnica ha sempre assicurato sia la possibilità dell’ingresso immediato nel mondo del lavoro, sia la prosecuzione in molte facol-tà universitarie. Nonostante ciò, le iscrizioni all’istruzione tecnica sono andate calando a partire dagli inizi degli anni Novanta e solo da un paio d’anni sono tornate ad aumentare, perché le famiglie si sono rese conto che il di-ploma permette un facile ingresso nel mondo del lavoro.Confindustria è da tempo impegnata per la tutela e il rilancio dell’istruzione tecnica, con proposte che riguardano nuove modalità di gestione, nuovi metodi didattici, la ridefini-zione degli indirizzi di specializzazione e dei profili di competenze/conoscenze “in uscita” per adeguarli al mutato panorama tecnologico e gestionale. È motivo di soddisfazione constatare che il Regolamento sul riordino degli istituti tecnici proposto dal Ministero ha accolto molte delle proposte di Confindustria, presentate proprio a Vicenza in un convegno nazionale nel 2004, tenendo conto anche dei suggerimenti degli istituti tecnici veneti.Naturalmente, su questi temi c’è una respon-sabilità anche delle imprese, chiamate a nuo-ve responsabilità verso le scuole tecniche:

in termini di disponibilità, di attenzione, di collabora-zione rispet-to sia al la governance degli istituti, sia alle attività di-dattiche e alle dota-zioni di laboratorio. Dobbiamo lavorare perché gli studenti durante il ciclo sco-lastico possano en-trare nella aziende e vedere applicate le cose che hanno visto sui libri e poi tornare a scuola e discuterne con gli insegnanti. L’alter-nanza scuola-lavoro va in questa direzio-ne. In realtà, è una storia che si rinnova: l’origine dell’istruzione tecnica e la nascita di molte scuole fu infatti promossa, tra le fine dell’800 e l’inizio del ‘900, proprio per iniziativa di molti impren-ditori dell’epoca. L’esempio più immediato è quello dell’Itis “Rossi” di Vicenza, giunto a celebrare i 130 anni di vita, una scuola che ha formato generazioni di tecnici e imprenditori vicentini. Solo attraverso questa collaborazione le azien-de potranno continuare a poter contare su diplomati tecnici dotati di una preparazione adeguata e aggiornata.

di Roberto ZuccatoPresidente di Confindustria Vicenza

Nel sistema scolastico italiano l’istruzione tecnica ha sempre assicurato sia la possibilità dell’ingresso immediato nel mondo del lavoro, sia la prosecuzione in molte facoltà universitarie.

“Confindustria è da tempo impegnata per la tutela e il rilancio dell’istruzione tecnica”

Direttore responsabileStefano TomasoniHanno collaboratoElisabetta BadielloSilvia Dal CeredoLocal Area NetworkEros MaccioniMaria Pia MorelliAlessandro ZaltronProgetto graficoPatrizia PeruffoStampaTipografia Rumor S.r.l., VicenzaPubblicitàOepi, VeronaEditoreIstituto Promozionale per l’Industria srlSocietà unipersonalePiazza Castello, 3 - Vicenza

Anno ventisettesimo Numero 3.Settembre-Ottobre 2008Una copia 4,00Registrazione Tribunale di Vicenza n. 431 del 23.2.1982Questo numero è stato stampato in 4.000 copie.È vietata la riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni senza autorizzazione e senza citare la fonte.

FOTOGRAFIEArchivio Associazione Industriali di Vicenza 16, 17, 19, 50 a sin., 51 in alto, 52; Archivio Camera di Commercio di Vicenza 24; Archi-vio Cantina Beato Bartolomeo da Breganze 38 a sin.; Archivio Caron A&D 26, 27; Archivio Cielo e Terra 30, 31; Archivio Colorfoto 51 in basso; Archivio Comune di Vicenza 11, 14, 22; Archivio CSC 34; Archivio C4 48, 49; Archivio E. Zanon 35, 36; Archivio Forgerossi 28,29; Archivio Gruppo Mastrotto 44, 45, 46, 47; Archivio Idea Ricami 37; Archivio Pianegonda 39 in alto; Archivio Poste Italiane 20; Archivio Smalvic 32, 33; Archi-vio Rino Mastrotto Group 18; Archivio Tipografia Rumor 39 in basso; Archivio Umana 38 a destra; Archivio UCIMU 50 a destra; Rodolfo Paolo Rossi 5, 7, 8, 9, 12, 15.

Copertina: Corbisindustria vicentina pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola industria dell’Associazione Industriali della provincia di Vicenza3/2008

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La “Camera” di Mincato Vittorio Mincato spiega, da presidente, il nuovo ruolo della Camera di Commercio di Vicenza

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TRASPORTI ECCEZIONALI Un’indagine sul trasporto merci, sulle direttrici di scambio e sulla rete infrastrutturale del Vicentino

English abstract inside

Le nuove “tigri”

Non ci sono soltanto Cina e India, nel continente asiatico. Ci sono anche altri paesi e altri mercati sempre più strategici: Thailandia, Vietnam, Malesia... nuove “tigri asiatiche” al centro di un’area verso la quale cresce l’attenzione delle imprese vicentine.

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Risposte professionali per alimentare il business

La conoscenzaè energia

per l’impresa

Professionisti in impresa

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nazionale e internazionale

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e contrattuale

Operazioni straordinarie

e finanza d’impresa

Consulenza e assistenza

in materia di bilancio

Assistenza

nelle crisi di impresa

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e revisione contabile

Industria Vicentina210x280.qxp 26-06-2008 14:56 Pagina 1

08-0639 IPI_cop_Italia_okK.indd 1 25-11-2008 8:55:47

corsivo 1. L’importanza di puntare sull’istruzione tecnica di Roberto Zuccato

focus 5. Trasporti eccezionali a cura di Local Area Network

argomenti16. Le nuove “tigri” di Stefano Tomasoni20. Una Camera con vista sul futuro di Vittorio Mincato26. Strategia vincente di Eros Maccioni

imprese28. Forge di famiglia di Elisabetta Badiello30. Cent’anni tra cielo e terra32. Strumenti per cucinare34. Anche a Schio si studia il “big bang” di Silvia Dal Ceredo37. L’azienda che ricama38. Impresaflash

personaggi40. Patagonia on the road di Stefano Tomasoni44. La signora della pelle di Maria Pia Morelli

cultura48. L’arte di crescere con l’arte di Alessandro Zaltron

associazione50. Assoflash

osservatorio54. Dati e statistiche sull’economia vicentina

translation56. Una selezione di articoli tratti dalla rivista e tradotti in inglese

Sommario

industriaVICENTINA

N egli ultimi anni si è molto ridi-mensionato il modello tradizio-nale, che ha dominato dagli an-ni Cinquanta agli anni Novanta,

ovvero la sequenza di industrializzazione diffu-sa, aree produttive con localizzazioni capillari e le strade come “catene di montaggio”, per tra-sferire le lavorazioni di fase da una fabbrica a un’altra. Per il mondo dell’autotrasporto quella è stata l’epoca delle legioni di padroncini spes-so monoveicolari, con le aziende di trasporto più grandi a fare da interfaccia con i canali di-stributivi che andavano al di là del locale. Le cause dell’aumento dei camion sono soprat-tutto tre: – è cambiato il modo di produzione, le azien-

de hanno tutte praticamente esternalizza-to i magazzini, sia in termini di scorte di approvvigionamento, sia come stoccaggi pronti per la distribuzione. I camion sono anche i magazzini viaggianti sia in entrata che in uscita dalle aziende di produzione;

– è cambiata l’organizzazione della distri-

buzione, anche questa fa spesso capo a un centro gestionale distinto da quello produt-tivo, con la collocazione delle piattaforme di stoccaggio pronte per rifornire le reti commerciali all’ingrosso e al dettaglio sepa-rate dal luogo di produzione;

– è cambiata la logistica e l’organizzazione intermodale del trasporto con polarizzazioni che sono generate da una scala internazio-nale e segue logiche parzialmente autonome sia dalla localizzazione delle produzioni che della distribuzione commerciale.

Sulla base di un’indagine rivolta alle imprese del settore dei trasporti e attraverso alcune

Trasporti eccezionali

a cura di Local Area Network

I risultati di un’indagine sul trasporto delle merci nel Vicentino, sulle principali direttrici di scambio e sulla rete infrastrutturale del territorio. Con alcune proposte per migliorare.

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interviste effettuate a una ventina di testimo-ni privilegiati che ben rappresentano l’intero comparto dell’area vicentina, si possono in-dividuare alcuni rilevanti aspetti che possono illustrare il processo di trasformazione e ri-strutturazione dell’intero settore.

Il traffico dei mezzi pesanti

Con riferimento al traffico di mezzi pesanti su

strada, i caselli autostradali più utilizzati sono, nell’ordine, quelli di Vicenza Nord, per quanto riguarda la A31, e quelli di Vicenza Ovest, Gri-signano e Montebello per quanto riguarda il tratto della A4. In sei anni (2001–2007) Montebello è cresciuto di quasi il 30%, Thiene di quasi il 25%. Gli ac-cessi autostradali che crescono maggiormente sono tendenzialmente quelli meno vicini al centro urbano, con una prevalenza di ingressi

Gli accessi/uscite di Vicenza Ovest, Grisignano di Zocco e Montebello Vicentino, per quanto riguarda il tratto della A4, e il casello di Vicenza Nord, per quanto riguarda l’autostrada A31, sono quelli che registrano i volumi di traffico più consistenti.

Entrate e uscite dai caselli autostradali della provincia di Vicenza del traffico pesante

Variazioni % 2001/2007

Grisignano

Vicenza Est

Vicenza Ovest

A. Montecchio

Montebello

TOTALE

Autostrada A4

-40,0% -20,0% 0,0% 20,0% 40,0%

Grisignano

Vicenza Est

Vicenza Ovest

A. Montecchio

Montebello

TOTALE

Autostrada A4

-20,0% -10,0% 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0%

Vicenza Nord

Dueville

Thiene

Piovene Rocchiette

TOTALE

Autostrada A31

0,0% 10,0% 20,0% 30,0%

Vicenza Nord

Dueville

Thiene

Piovene Rocchiette

TOTALE

Autostrada A31

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0%

Elaborazioni LAN su dati Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova

ENTRATE

USCITE

industriaVICENTINA

e uscite che non hanno una caratterizzazione locale. I volumi dei caselli di Vicenza Ovest e Vicenza Est sono in leggera flessione, più pronunciata in coincidenza dell’apertura della complanare sud, che evidentemente ha sot-tratto all’autostrada traffico pesante di raggio locale. Nel corso del 2007 sono transitati oltre sette milioni di veicoli attraverso i caselli del tratto autostradale della A4 (Brescia–Padova) che attraversa la provincia di Vicenza, men-tre lungo la A31 (Vicenza–Piovene Rocchette) il flusso di mezzi pesanti si è fermato a circa quattro milioni e mezzo. Gli accessi/uscite di Vicenza Ovest, Grisi-gnano di Zocco e Montebello Vicentino, per quanto riguarda il tratto della A4, e il ca-sello di Vicenza Nord, per quanto riguarda l’autostrada A31, sono quelli che registrano i volumi di traffico più consistenti (oltre il 20% per i primi e circa il 42% per il secondo) e dall’analisi dei flussi dei veicoli circolanti si può rilevare come lungo la direttrice est-ovest della A4 sono state registrate più uscite che entrate nel corso del 2007 (scarto di oltre 58 mila unità), mentre per quanto riguarda la direttrice nord-sud si rileva un flusso opposto con uno scarto tra entrate ed uscite superiore alle 65 mila unità.Considerando la consistenza dei mezzi pe-santi sul traffico complessivo si può rilevare come il transito di autocarri incida maggior-mente nei caselli di Montebello e di Grisi-gnano e per il casello di Vicenza Nord circa il 35% dei veicoli transitanti risultano essere mezzi pesanti.Questi fattori e l’aumento del numero dei ca-mion ha cambiato la geografia delle criticità infrastrutturali, che ora si sono addensate in quei nodi che fanno da connessione tra i si-stemi produttivi locali e gli accessi alle grandi infrastrutture.

Il movimento di merci e le principali direttrici di scambio

Negli ultimi anni si registra in entrata un for-te incremento delle importazioni dai mercati asiatici (più che raddoppiato tra il 2001 e il 2007) e una significativa crescita dell’import dai Paesi appartenenti alla UE 15 (+18%), mentre flessioni si rilevano considerando i vo-lumi di merci in entrata provenienti dai Paesi extra UE. Per quanto riguarda l’export in asce-sa risultano i mercati dell’Est Europa (+67%) e quello asiatico (oltre 40%), stabile risulta l’andamento delle transazioni verso gli Stati dell’UE 15, mentre più di qualche difficoltà si evidenzia nel mercato americano (-29%).Secondo la differente tipologia merceologica scambiata la dinamica delle transazioni oltre confine evidenzia il forte incremento delle

“I container e i mezzi che viaggiano su strada rappresentano i veri e propri magazzini del nuovo modo di produrre dell’industria”

focus8

esportazioni per quanto riguarda i prodotti in metallo (in particolare i metalli preziosi e gli articoli di oreficeria per cui è quasi raddop-piato il valore delle esportazioni), ma crescite consistenti si registrano anche per quanto ri-guarda i settori dell’elettronica, della chimica e della meccanica (rispettivamente +55%, +39% e +18%). Per il settore della concia e del tessile invece si registrano leggere flessioni (tra -8 e -16%) che riflettono in parte la difficile situa-zione economica che il settore sta attraversan-do e la crisi verso i mercati americani, che ne-gli ultimi anni ha penalizzato tali transazioni sia in entrata che in uscita. Per quanto riguarda i volumi delle importa-zioni le crescite più consistenti si registrano nei comparti della produzione di macchine elettriche (+68%) e di componenti meccaniche (+43%), mentre le crescite delle importazioni nei comparti del tessile, della concia e pelli e del metallo si attestano al di sotto del 10%.

La struttura e l’organizzazione delle aziende di trasporto

Distinguendo le ditte di trasporto sulla base della dimensione aziendale quasi tre quarti delle aziende intervistate possiede un unico

veicolo (aziende singole o padroncini), l’11,7% utilizza un numero di automezzi compreso tra le due e le cinque unità, mentre solo una pro-porzione minima (15,3%) dispone di un parco veicolare superiore ai cinque automezzi. La distinzione per dimensione aziendale per-mette di distinguere le peculiarità delle aziende singole/padroncini dalle imprese più struttura-te: quest’ultime sono orientate maggiormente al trasporto “da e per l’industrie” a differenza delle aziende singole, che si dedicano invece maggiormente alla distribuzione al dettaglio. Nel complesso tuttavia il trasporto in ambito industriale risulta quello maggiormente prati-cato (40%) a testimonianza del fatto che ormai i container e i mezzi che viaggiano su strada rappresentano i veri e propri magazzini del nuovo modo di produrre dell’industria.Le imprese di trasporto vicentine operano in maniera prevalente in un territorio circoscrit-to: quasi la metà entro i confini della regione e circa un terzo nel Nord Italia. I mercati na-zionali ed internazionali non rappresentano dunque dei mercati di sbocco facilmente ac-cessibili perchè i costi elevati del carburante e la forte concorrenza straniera frenano la possibilità di estendere i propri mercati al di fuori dei confini nazionali. Si deve inoltre tenere presente che la dimensione aziendale rappresenta una prerogativa imprendiscindibi-le per poter operare oltre confine e dato l’esi-guo numero di imprese che dispongono di un parco automezzi consistente, minori sono le opportunità di inserirsi in mercati più ampi del contesto regionale e nazionale.La necessità di ridurre i costi e ottimizzare le risorse rappresenta una delle prerogative per organizzare l’attività di trasporto e mantenere elevata la competitività dell’azienda. In questo senso tuttavia si evidenzia un’elevata inciden-za dei chilometri a vuoto sul totale dei chilo-

8 focus

industriaVICENTINA

metri percorsi: solo poco più di un’impresa su cinque riesce a massimizzare la propria reddi-tività portando a termine viaggi interamente “produttivi”; in circa un’impresa su quattro invece l’incidenza dei chilometri percorsi a vuoto si attesta al di sotto del 10%, mentre il 38% delle aziende deve fare i conti con un’in-cidenza di chilometri a vuoto che varia tra il 20 e il 50%. Sono le aziende di più piccole dimensioni a risentire maggiormente di questo problema, mentre le aziende che percorrono più chilometri riescono a spalmare maggior-mente i costi dei viaggi a vuoto.La tendenza di fondo da parte delle impre-se manifatturiere nel ridimensionare i propri magazzini per ottimizzare i costi e le risorse aziendali attribuisce alla velocità degli ap-provvigionamenti un’importanza sempre più rilevante. Ecco perché la rapidità delle con-segne rappresenta uno dei punti di forza o di debolezza di un’azienda di trasporto ed il fatto che circa tre quarti degli ordini viene portato a termine entro le ventiquattr’ore successive all’ordine evidenzia l’elevata specializzazione del sistema di trasporti vicentino.I principali problemi legati alle imprese di trasporto si devono ricercare per lo più al di fuori dell’azienda, anche se la bassa redditività del servizio rappresenta un fattore endogeno all’attività che penalizza fortemente il settore.Spostando l’attenzione al di fuori dei confini aziendali l’aumento del prezzo dei carburanti rappresenta attualmente il problema più dif-fuso e che genera maggior malcontento tra gli autotrasportatori (36,8%). A questo aspetto si aggiunge il problema della sempre più elevata pressione fiscale (24,5%) e della concorrenza sleale (19,4%), soprattutto da parte dei camio-nisti provenienti dall’est europeo, che a prezzi più vantaggiosi si fanno carico di trasportare la merce oltre confine.

In accordo con quanto rilevato relativamente alle cause esterne allo sviluppo, il contenimen-to dei prezzi (39,5%) e la necessità di ridurre la pressione fiscale (27,9%) sono le due priorità di cui si devono fare carico le istituzioni e gli organi competenti per salvaguardare l’attività delle aziende di trasporto. Solo in seconda battuta, anche se strettamente collegato ai primi due aspetti, si segnala la necessità di intervenire per contrastare la concorrenza sleale (17%), mentre meno del 12% richiede interventi concreti a favore del miglioramento della viabilità nel territorio. Le imprese hanno bisogno di essere guidate in questa fase congiunturale non positiva e di forte incertezza: lo testimonia il fatto che alcune delle imprese intervistate (5,5%) po-trebbero essere indotte a chiudere l’attività se non saranno in grado di affrontare e superare

“Negli ultimi anni si registra in entrata un forte incremento delle importazioni dai mercati asiatici (più che raddoppiato tra il 2001 e il 2007) e una significativa crescita dell’import dai Paesi appartenenti alla UE 15 (+18%), mentre flessioni si rilevano considerando i volumi di merci in entrata provenienti dai Paesi extra UE”.

“Le imprese di trasporto vicentine operano in maniera prevalente in un territorio circoscritto”

la finestra10 di Stefano Tomasoni

Milletrecento chilometri di strade. A tanto ammonta la rete viaria di competenza della Provincia di Vicenza. Con Costantino Toniolo, assessore provinciale alla viabilità, parliamo degli interventi e dei progetti della Provincia legati ai temi delle infrastrutture e della sicurezza sulle strade.

Q uesto vuol dire occuparsi della manutenzione ordinaria e straor-dinaria delle infrastrutture, della costruzione di nuovi tratti e della

messa in sicurezza di quelli che sono individuati come punti critici. Il tutto condito con un intenso lavo-ro di rilevazione e di ricerca legato al monitoraggio delle arterie e alla loro coerenza rispetto alle carat-teristiche locali, in un territorio come quello vicentino, a forte vocazione industriale, anche intensamente sfruttato e che oggi ha un gran bisogno anche di fare il punto sulla sostenibilità ambientale degli interventi e ancor prima sulle scelte di programmazione a medio e lungo termine.Della rete viaria vicentina, degli interventi e dei pro-getti della Provincia parliamo con Costantino Toniolo, assessore provinciale alla viabilità.– Quali sono, assessore, le opere stradali più impor-tanti che la Provincia ha nei suoi piani per il manda-to amministrativo in corso?“La pianificazione provinciale delle opere stradali asse-gna elevata priorità all’asse sud-nord della SP 46, ai collegamenti con la Pedemontana Veneta e al sistema delle varianti est ed ovest di Thiene, per dare una riqua-lificazione viabilistica globale del quadrante nord-ovest della provincia. Sono stati quindi sottoscritti accordi defi-nendo i tracciati per il sistema delle varianti di Thiene, di Schio, della Valle dell’Agno (Cornedo-Trissino e Brogliano) e della Valle del Chiampo (Arzignano-Chiampo), la cui concreta realizzazione discenderà necessariamente, considerate le ingenti risorse preventivate, da un forte impegno economico nella programmazione provinciale e della Regione Veneto. In questo contesto di grande viabilità, inoltre, si articola l’attività di coordinamento e progettazione

che la Provincia sviluppa in accordo con gli altri enti del territorio e riguarda essenzialmente la tangen-ziale nord a Vicenza – dove prosegue il confronto tra i Comuni interessati dall’opera per individuare soluzioni ottimali condivise da approfondire con le risorse economiche che lo Stato metterà a dispo-sizione – la Superstrada Pedemontana Veneta e il nuovo sistema delle tangenziali venete tra Verona, Vicenza e Padova.– Che novità, per la Superstrada Pedemontana Veneta?“Gli Uffici provinciali sono stati coinvolti in attività di coordinamento per la gestione delle varie richieste dei Comuni, con particolare riguardo alle parziali modifiche del tracciato che ne derivano, preveden-do nuovi tratti in trincea per contenere l’impatto paesistico, una nuova galleria nella Valle dell’Agno, nuovi svincoli e raccordi con la viabilità ordinaria tra cui la rete provinciale per migliorare l’inserimento dell’opera nel territorio e la funzionalità del sistema nel complesso”. – Per quanto riguarda la Variante alla SP 46 da Vicenza a Isola Vicentina? “Gli enti locali coinvolti hanno finalmente riconosciuto la necessità dell’opera, portata avanti dalla Provincia. È stato proposto un nuovo progetto definitivo. Si sta puntando a raggiungere l’ennesima condivisione degli enti coinvolti sulla base di una nuova soluzione progettuale trasmessa ai Comuni per un loro recepi-mento dal punto di vista urbanistico”. – Puntiamo a nord: che prospettive per il prolunga-mento a Velo d’Astico della A31 e per la statale 47 “Valsugana”?“Per la A31 sono stati effettuati vari incontri e una conferenza di servizi che ha determinato l’appro-

Toniolo (Provincia):“Ecco le priorità per la viabilità vicentina”

industriaVICENTINA

vazione del progetto preliminare. Per la ‘Valsugana’, il progetto preliminare dei 12 chilometri di nuova strada tutti in sinistra Brenta e fuori dai centri abi-tati, fortemente voluto e finanziato dalla Provincia che era riuscita a mettere d’accordo tutti gli enti interessati, giace alla Direzione Anas di Roma in attesa che la stessa definisca lo sviluppo progettua-le sulla base delle direttive date dall’allora ministro Antonio Di Pietro in occasione della sua recente visita nel 2008”. – Uno dei problemi più gravi legati oggi alla strada, in tutta Italia, è quello della sicurezza, un tema tristemente sempre attuale che chiede l’impegno di tutti per trovare soluzioni concrete. Come vi state impegnando, sotto questo aspetto?“Sì, questa è una nuova emergenza chiama chi governa anche a livello locale. Sulle nostre strade si muore. Il fenomeno dell’incidentalità è un fatto sotto gli occhi di tutti che lede quello che io ritengo un diritto di tutti i cittadini. Tutti hanno il diritto di muoversi sulle nostre strade, in automobile come su un camion, in moto come in bicicletta, in sicurezza e senza rischiare la vita. Le strade devono essere tenute in ordine, vanno attivate tutte le forme di con-trollo contro i possibili comportamenti a rischio. Ma non basta. È necessario anche che i cittadini stessi siano resi consapevoli e responsabilizzati rispetto alle regole da seguire e ai comportamenti da evitare quando si è alla guida. Non possiamo più esimerci dall’occuparci di questo. La Provincia intende quindi svolgere la sua funzione nell’ambito della viabilità impegnandosi anche attraverso l’educazione a una corretta circolazione. Vogliamo farlo insieme a tutti i portatori di interesse del territorio, perché siamo convinti che per avere qualche risultato oggi serva il massimo coinvolgimento di tutto il tessuto sociale ed economico. Vogliamo farlo forti del principio di coor-dinamento che sta ispirando un progetto di gestione della rete stradale attraverso l’incrocio di tutte le specifiche attività che svolgiamo”. – Di cosa si tratta?“Il progetto si chiama ‘Diamo strada alla sicurezza’

e si concretizzerà in una serie di attività e iniziative che coinvolgeranno tutto il territorio, ma soprattutto mi auguro di coinvolgere i cittadini. L’Unione Europea si è posta un obiettivo per il 2010: una riduzione del 50% del numero di incidenti stradali. Oggi pare che per molti paesi sarà impossibile arrivare a questo traguardo, ma siamo coinvolti tutti e la Provincia di Vicenza intende dare il proprio contributo. Salvare anche una sola vita significa aver vinto almeno una delle battaglie di questa difficile guerra”.

focus12

gli attuali problemi. È comunque vero che la maggior parte degli imprenditori del settore (35%) identifica nella possibilità di partecipare a forme di collaborazione con altre imprese la strada migliore per reagire a questa situazione di difficoltà. In alternativa circa un’impresa su quattro punta alla diversificazione ed al mi-glioramento dei servizi per sviluppare e conso-lidare l’attività dell’azienda, mentre in misura minore, ma comunque significativa, si segna-lano quelle strategie orientate a migliorare la qualità del servizio attraverso la certificazione dell’azienda (19,5%) o, diversamente, quelle che prevedono una maggiore diversificazione del “portafoglio” clienti.Per valutare infine il rapporto tra le aziende del settore ed il sistema di infrastrutture pre-sente all’interno della provincia di Vicenza si deve innanzitutto rilevare che il traffico di

mezzi pesanti si concentra fortemente all’in-terno dei rami autostradali: oltre la metà delle aziende percorre quotidianamente l’autostrada e il 14% la utilizza fino a tre volte la settima-na. Il trasporto che rimane completamente al di fuori dei tratti autostradali risulta modesto, poco più del 12% delle aziende opera percor-rendo strade statali o urbane e su queste tratte si concentrano prevalentemente le aziende di piccole dimensioni.Le carenze principali della rete viaria nel vi-centino si possono distinguere in due differen-ti filoni: nella maggior parte dei casi si fa rife-rimento ad aspetti di carattere generale legati alla viabilità (42%), alla scarsa manutenzione delle strade, alla mancanza di una sufficiente segnaletica stradale e alla mancanza di servizi per gli autotrasportatori quali i parcheggi e piazzole di sosta (30,6%).

“La rapidità delle consegne rappresenta uno dei punti di forza o di debolezza di un’azienda di trasporto ed il fatto che circa tre quarti degli ordini viene portato a termine entro le ventiquattr’ore successive all’ordine evidenzia l’elevata specializzazione del sistema di trasporti vicentino”.

industriaVICENTINA

Dall’altra parte, invece, circa un’impresa su cinque individua specifiche criticità del si-stema viario con in primo piano il problema della congestione del traffico in prossimità del casello di Montecchio Maggiore e la necessità che venga realizzata al più presto la “Pede-montana”, ritenuta ormai indispensabile per deviare il traffico pesante dai centri abitati. Un altro importante punto per il quale si richiede un’attenzione particolare è il collegamento tra Vicenza e il “Villaggio del Sole”, includendo in questo tratto il problematico snodo in pros-simità della “rotonda dell’Albera”. Scorrendo il ranking delle criticità del terri-torio, sulla base dei giudizi degli intervistati, nelle posizioni di rincalzo si segnala la ne-cessità che venga portata a compimento la Tangenziale Nord di Vicenza e la richiesta di progettare alcuni collegamenti diretti tra il capoluogo e i più importanti centri della pro-vincia e della regione (Vicenza-Thiene-Schio-Valdagno; Vicenza-Treviso, Vicenza-Bassano e Vicenza-Marostica).In sintesi:• il 40% delle imprese si muove all’interno

del settore produttivo trasportando manu-fatti e semilavorati da un’industria all’altra. In misura minore e con proporzioni presso-ché analoghe si collocano poi quelle tipo-logie di servizio orientate verso la grande distribuzione o verso i distributori locali e al dettaglio (intorno al 19%);

• le grandi categorie di merci trasportatesono macchinari (36,1%), derrate alimen-tari (13,8%), materiali per l’edilizia (11,7%), prodotti agricoli e zootecnici (10,5%) con una significativa flessione di materiali rela-tivi alle produzioni leggere dei distretti. La nuova geografia delle direttrici che hanno in parte ridimensionato il traffico com-merciale di stampo localistico evidenzia

comunque una crescente utilizzazione della macro–regione Padana (32,4%), che assom-mandosi al 48% di tratte locali/regionali di fatto marginalizza sia le direttrici nazionali sotto il Po (12,7%) sia quelle internazionali (6,0%). Dal lato delle dinamiche aziendali delle attività di trasporto vi è una crescita tendenziale delle dotazioni plurimezzo con una correlata contrazione dei padroncini monoveicolari. Ciò che è evidente è che il contesto del mercato contrae i margini delle aziende monomezzo, sia per l’incom-primibilità dei costi inflattivi, sia per l’in-duzione da parte del processo produttivo di ritorni/andate vuoti con gli immagina-bili oneri supplementari. I risultati dell’in-dagine evidenziano la crisi del segmento più tradizionale di padroncini. Ma non si tratta di flessioni univoche, in quanto la maggioranza delle aziende più grandi di-chiara invece di aver accresciuto il lavoro, la clientela, il fatturato e l’occupazione. Ne viene che il settore si sta ristrutturando realizzando delle forti razionalizzazioni organizzative che obbligano a una mag-giore aggregazione nell’uso veicolare e nel coordinamento delle tratte. Se un’azienda su due dichiara che la tratta media è quella della giornata significa che l’area di merca-to prevalente è quella del Nord Italia

Le diverse categorie di attività trasportistiche

Ponendo in relazione diretta i fabbisogni tra-sportistici delle imprese produttive e distribu-tive riscontrabili nel territorio e le dinamiche più generali dei flussi logistici di scala globale, possiamo approdare alla redazione di una gri-glia con quattro tipologie caratterizzanti:1. i “logistici puri” che sono gli operatori del

focus14

settore trasportistico che hanno una delega piena da parte delle imprese committenti nell’ organizzazione in completa esternaliz-zazione del ciclo del trasporto (plurimoda-lità, rotture di carico, trattamento e nuova composizione della merce spedita);

2. i “trasportatori locali” che sono i padronci-ni dell’epoca d’oro dei distretti, delle tratte brevi e della viabilità ordinaria, focalizzati su un segmento di mercato generalista e privo di capacità concorrenziali per aggre-dire sia i nuovi mercati sia per specializzar-

si in modo integrato alla logistica;3. i “trasportisti macroregionali/internaziona-

li” che servono alle nuove esigenze delle imprese a rete soprattutto dal lato degli ap-provvigionamenti, affrontando tratte lun-ghe a costi concorrenziali ma senza inter-facciarsi con bisogni logistici più complessi del cliente;

4. i “trasportatori macroregionali/internazio-nali con versatilità logistica” che interfac-ciano con strutture intermodali e affronta-no per conto del cliente anche le gestioni

Tosetto: “Ripartire dalla mobilità sostenibile”

Ennio Tosetto è l’assessore alla mobi-lità (trasporti, infrastrutture, lavori pubblici, grandi opere) di Vicenza.

– Assessore, qual è il concetto di fondo da cui parte oggi la politica dell’amministrazione comunale in tema di mobilità?“Vicenza ha un problema di traffico urbano, di inquinamento atmosferico. Dobbiamo ripartire da azioni e progetti mirati alla mobilità sostenibile, capace cioè di armonizzare tutte le forme di circolazione: da quella su gomma degli autoveicoli alle piste cicla-bili. In quest’ ottica, c’è la necessità di un ripensamento generale della nostra viabilità”. – Un ripensamento che si traduce in che modo?“Nell’affrontare punto per punto le varie questioni: ruolo del trasporto pubblico, sistema e localizzazione dei parcheggi d’in-terscambio, mappatura e ampliamento delle zone ZTL in centro città e delle isole ambientali nei quartieri dell’hinterland, maggior attenzione alla stessa mobilità in bicicletta. L’obiettivo è quello di offrire ai cittadini una idea precisa della nostra città in termini di viabilità funzionale e sostenibile. L’idea di fondo è quella di levare traffico al centro. Una soluzione è quella di istituire più servizi di metro-bus collegati ai parcheggi d’interscambio”.

– Questo sul breve periodo. Sul lungo termine è ipo-tizzabile un progetto di metropolitana di superficie?“Direi di sì, ma è un discorso di prospettiva. Non c’è dubbio che la metropolitana di superficie si presta per alcune tratte ad alta intensità di traffico: penso ad esempio a una linea che da Altavilla porta in zona stadio, oppure alla linea Anconetta-Cavazzale-Schio, utilizzando l’importante asse ferroviario già presente. Queste opere porterebbero vantaggi enormi, ma ci vogliono soldi, eventuali finanziamenti europei… Il Comune, comunque, d’intesa con la Provincia farà pressing sulla Regione per anticipare l’inserimento di Vicenza nella rete della metropo-litana di superficie regionale”.– E sul fronte delle infrastrutture viarie? “Stiamo stringendo i tempi sul versante delle complanari. Si punta sulla cosiddetta ‘grande U’, cioè il sistema di tangenziali che dovrebbe raccordare la tangenziale sud aggirando la città a est e a ovest. Da qui, come emerge dal documento programmatico, alcune priorità come il prolungamento di via Aldo Moro verso Ospedaletto e la bretella Ponte Alto-Costabissara. Sono opere essenziali per la riorganizzazione del traffico; il can-tiere della bretella dovrà partire quanto prima, garantendo alcune necessarie misure di riduzione dell’impatto ambientale”.

industriaVICENTINA

complementari delle catene distributive, dello stoccaggio dei pezzi di ricambio, delle forniture veloci ecc…

La provincia di Vicenza presenta un buon re-pertorio di localizzazioni baricentriche rispetto alle filiere produttive e distributive, lungo l’A4 tra Montebello e Montecchio Maggiore e a Grisignano, nell’Alto Vicentino, nella pianura intorno al casello di Dueville, presso le stazio-ni della Vicenza–Schio, tra Vicenza e Bassano del Grappa. Con una programmazione negoziata con gli Enti Locali si potrebbero individuare alcune aree prossime a queste polarizzazioni di se-condo e terzo livello, senza consumare nuovo territorio, riconvertendo aree produttive di-smesse o aree urbane dequalificate. Queste aree dovrebbero essere congiunte alle principali in-frastrutture con accessi di collegamento liberi. Attualmente le direttrici verso i nodi sono di buon livello, a esclusione della Pedemontana e dello sbocco a nord (Valdastico e Valsugana). L’analisi dall’interno della categoria mostra come sia in corso una ristrutturazione intensa che incentiva la crescita dimensionale, la spe-cializzazione e l’aggregazione anche consortile delle aziende. Ma queste stanno sostanzial-mente cercando delle nuove efficienze di scala per servire un mercato che è tradizionale. La ricerca di nuovi mercati impone un’apertura all’internazionalizzazione, all’organizzazione logistica e all’innovazione. Pochi e male or-ganizzati, infatti, sono i vettori che servono le catene lunghe sia di approvvigionamento che di distribuzione dei distretti e delle medio e grandi aziende: tratte strategiche come quelle dai porti di Genova, Amburgo, Rotterdam, Livorno; i nodi intermodali del Nord Italia e centro europei; le direttrici lunghe, e quindi gestibili anche via fatto per la Russia, la Ro-

mania e il Nord Europa; i collegamenti veloci con gli hub aeroportuali.Sono tra i molti segmenti di mercato che po-trebbero essere maggiormente presidiati, in una logica di evoluzione di apertura plurimo-dale del servizio.Molto meno rosea, pertanto, è la prospetti-va per i fattori b) e d). La vicenda del CIS di Montebello è paradossale, perché i rinvii han-no aumentato le criticità dimensionali (è trop-po piccolo) non certo l’utilità della funzione: il pregio del posizionamento con l’autostrada e la ferrovia, collocato bene rispetto al Quadran-te Europa e agli Aeroporti di Verona, Brescia e Bergamo, la vicinanza ad aree produttive loca-li importanti come la Valle dell’Agno, la Valle del Chiampo e il Basso Vicentino; la vocazione intermodale e i fabbisogni delle aziende sono fondamentali ingredienti per il suo successo. L’innesco è mancato più per le incertezze di chi doveva guidare l’offerta che per i portatori della domanda. Ma non può essere l’unica ini-ziativa a questo livello, perché gli spazi della logistica saranno sempre più richiesti quanto più si allarga l’organizzazione a rete della produzione e della distribuzione. È molto forte la pressione in aree come l’Altovicentino e il Bassanese a questo riguardo.Il processo può fare un salto di qualità se a una maggiore consapevolezza delle responsa-bilità programmatorie di parte pubblica e dei fabbisogni di parte privata si riuscirà a creare una coalizione con all’interno anche operatori specializzati come i logistic providers.

focus16

N on c’è soltanto la Cina, nel continente asiatico. E nemmeno Cina e India insieme rappre-sentano tutte le potenzialità e

le opportunità economiche di questo grande e sfaccettato continente. Ci sono altri paesi e altri mercati che stanno crescendo e stanno di-ventando sempre più importanti per le imprese italiane, e dunque anche per quelle vicentine. C’è la Malesia, ad esempio, di cui Vicenza ha da poco ospitato una delegazione economica. E ci sono la Thailandia e il Vietnam, due nuove e “tigri asiatiche” che stanno facendo accendere su si sé sempre nuovi riflettori e sono al centro di una delle aree più dinamiche, pur nell'attuale congiuntura negativa, dell’economia. Proprio Thailandia e Vietnam sono stati i paesi su cui si è concentrata una missione economi-ca di Confindustria Vicenza, rappresentata al vertice dal presidente Roberto Zuccato, dal vicepresidente con delega all’internazionaliz-zazione Roberto Ditri, dal presidente della Pic-

Le nuove “tigri”

16 argomenti

di Stefano Tomasoni

Non ci sono soltanto Cina e India nel continente asiatico: ci sono anche altri paesi e altri mercati che stanno diventando sempre più strategici per le imprese di casa nostra. A cominciare da Thailandia e Vietnam, due nuove e dinamiche “tigri asiatiche” al centro di una delle aree più dinamiche dell’economia globale. Proprio su questi due paesi si è concentrata una missione economica di Confindustria Vicenza.

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In apertura, il presidente di Confindustria Vicenza, Roberto Zuccato, insieme con Chawan Svasti-Xuto, direttore generale di ISMEP, l’Ufficio del Ministero dell’Industria Thailandese. Qui sopra, due scorci di Bangkok.

cola Industria Luigi Benedetti e dal direttore Lorenzo Maggio. L’iniziativa è rientrata nell’analoga missione in quell’area del sud est asiatico organizzata da Confindustria nazionale insieme con ABI, ICE e con il governo italiano, rappresentato dal ministro per le attività produttive, Claudio Scajola. Confindustria Vicenza, in particolare, ha guidato la missione in Thailandia anche in virtù del ruolo svolto come associazione co-ordinatrice del Gruppo Internazionalizzazione del “Club dei 15”, l’organismo che raggruppa le 15 province italiane a maggior presenza dell’industria manifatturiera; insomma, i “mo-tori” dell’export italiano nel mondo. Nel caso della Thailandia, la missione si è in-serita anche nel progetto di Confindustria Vi-cenza di assumere una leadership progettuale all’interno del sistema Confindustria, in col-laborazione con le istituzioni thailandesi, che fin dal 2005, con la partecipazione di Vicenza al tavolo della Commissione mista italo-thai-landese, hanno trovato nella nostra provincia un partner ideale del Sistema Italia.“Le ragioni di questo interesse particolare per Vicenza nasce dalla volontà del governo thai-landese di puntare su quel modello di piccole e medie imprese per il quale Vicenza e il nostro Nordest sono conosciute nel mondo – spiega il presidente dell’Associazione, Roberto Zuc-cato –. La presenza nell’area asiatica di grandi colossi economici come la Cina e l’India, ha persuaso la Thailandia a perseguire un model-lo di sviluppo industriale diverso e alternativo, simile al nostro, privilegiando dunque azien-de piccole, molto flessibili e qualitative, più attrezzate a presidiare le nicchie di mercato rispetto ai colossi industriali che hanno privi-legiato i due mercati concorrenti”.Una tappa fondamentale del processo di avvi-

cinamento della Thailandia a Vicenza, è stata la stipula, in maggio, di un accordo di collabo-razione che lega il Comitato Piccola Industria di Confindustria Vicenza all’OSMEP, l’Ufficio del Ministero dell'Industria thailandese che si occupa di supportare le PMI locali anche nelle loro relazioni con i mercati esteri. Un accordo accompagnato a relazioni altrettanto intense, anche se non ancora formalizzate, con il Bo-ard of Investment, l’ente thailandese che pro-muove e supporta gli investimenti industriali esteri nel paese. È da questo contesto che è nata l’idea di esten-dere al ‘Club dei 15’ la partecipazione alla missione in sud est asiatico, guidata da Con-findustria Vicenza e dal presidente Zuccato.Un progetto che ha visto la partecipazione

anche delle principali istituzioni italiane di supporto al commercio estero, dell’ambasciata d’Italia a Bangkok, dell’Ufficio ICE e della Ca-mera di Commercio italo-thailandese.È stato così possibile sviluppare un confronto concreto con chi opera già da anni in Thai-landia: non solo grandi gruppi industriali, ma anche piccole e medie imprese che hanno eletto la Thailandia a centro dei propri affari nell’area dell’ASEAN.“Ne è emerso un quadro molto interessante, dove l’instabilità del quadro politico thailan-dese viene abbondantemente compensata dalla stabilità del suo sistema economico, al centro di un grande mercato integrato, l’ASEAN, che conta su oltre 500 milioni di abitanti e che ha nella Thailandia una delle punte più avanzate della sua economia complessiva” osserva Ro-berto Zuccato. Sono molti gli aspetti positivi del fare business in Thailandia. C’è anche qualche criticità, come la difficoltà di accedere al credito bancario, tipi-ca di un paese non ancora completamente svi-luppato nel terziario finanziario; anche in que-sto campo, comunque, molto si è fatto e altro si sta facendo, come confermato dal rating molto buono raggiunto dalla Thailandia anche grazie alle ristrutturazioni e privatizzazioni realizzate dopo la crisi finanziaria del 1997.La delegazione vicentina ha avuto incontri con le istituzioni thailandesi, con il Board of In-vestment che ha illustrato le politiche thai per la promozione e lo sviluppo degli investimenti esteri, e con il vicesegretario generale di OSMEP che ha ribadito la determinazione a sviluppare ulteriormente le collaborazioni con Vicenza.La missione ha consentito anche lo svolgimen-to di numerosi incontri “business to business” tra le imprese italiane e thailandesi. Oltre qua-ranta gli incontri allestiti da MDA, in collabo-razione con OSMEP, a conferma dell’apprezza-

Occhi puntati anche sulla Malesia Anche la Malesia, all’interno del grande fermento del sud est asiatico, è un paese a cui guardare con attenzione. Il Distretto Veneto della Meccatronica ha partecipato nei mesi scorsi a Kuala Lumpur ad un Forum per promuovere la meccatronica veneta, nell’ambito delle manifestazioni denominate “Festival Italiano”, organizzate dall’ambasciata italiana in Malesia e dall’Ufficio ICE presente nel paese, in collaborazione con il Patto di Distretto della Meccatronica, coordinato da Roberto Ditri. “L’economia malese è tra le più interessanti dell’intera area asiatica – dice Ditri –. Parliamo di un paese che continua a crescere a ritmi del 6-7% e dove la domanda interna cresce addirittura al ritmo del +9%. Paese dunque meritevole dunque di una frequentazione più assidua da parte delle aziende vicentine, anche perché ricco di materie prime, inserito negli accordi doganali dell’ASEAN (500 milioni di abitanti complessivi) e altamente scolarizzato”. C’è ampio spazio, dunque, per sviluppare collaborazioni e interscambio. I prodotti che danno maggior lustro al nostro export sono quelli legati alla meccanica, all’elettronica, agli autoveicoli e ai mobili. Nel settore della meccatronica, in particolare, la Malesia ha una forte domanda di macchine utensili, macchinari per lo stampaggio e l’estrusione dei materiali plastici, attrezzature per l’handling, robotica e automazioni di macchine e impianti, macchine e impianti per imballaggio, macchine per applicazioni speciali, componentistica di qualità con particolare riferimento ai pezzi forgiati.

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mento che la Thailandia ha per la qualità del prodotto Made in Italy.

Vietnam, un’altra porta per l’Asia

E poi, il Vietnam. Qui la missione del sistema-Italia, guidata dal ministro Scajola, ha visto la partecipazione di 160 imprese italiane, per un totale di quasi 300 imprenditori.Le opportunità di investimento, per le pecu-liarità del sistema produttivo e regolamentare vietnamita, hanno rappresentato un momento importante della missione. Il Vietnam, con 119 parchi industriali già presenti e un costo del lavoro estremamente competitivo, può rappre-sentare una porta di ingresso manifatturiero a tutta l’area asiatica.Interessante, a questo riguardo, l’esperienza realizzata dal Rino Mastrotto Group, sia per la formula giuridica prescelta, sia per le espe-rienze accumulate, generalmente positive, in particolare nelle relazioni con il sistema buro-cratico locale e con una manodopera capace di un veloce apprendimento e di una buona produttività, anche se poco incline alla fideliz-zazione aziendale.Nel calendario degli appuntamenti politico-istituzionali della missione ha fatto spicco l’incontro dei vertici di Confindustria Vicenza con il ministro dell’Industria e del Commercio vietnamita, Le Danh Vinh. “Abbiamo fatto presente la necessità di una maggiore apertura agli scambi internazionali e alle importazioni dall'Italia – spiega Ditri –, nella logica di garantire una maggiore attrat-tività del paese agli investimenti delle nostre imprese, posto che l’esigenza di mantenere livelli qualitativi elevati del prodotto richiede l’importazione di quelle componenti che l’in-

dustria locale non è in grado di garantire in tempi rapidi”.Del Vietnam il Club dei 15 ha fatto uno dei suoi obiettivi progettuali prioritari: lo scor-so anno fu realizzato un road show che fece tappa anche a Vicenza, una guida-paese sul sistema legale e fiscale del paese e un artico-lato studio di mercato sulle filiere dei beni di consumo, abbigliamento, calzature e arredo.Per il 2009 e 2010, su indicazioni del Ministro dello Sviluppo Economico, il Vietnam sarà uno dei “paesi prioritari” nel programma di promozione del Made in Italy, per rafforzare i rapporti economici in settori portanti come la cantieristica navale, le macchine utensili, le infrastrutture e costruzioni, l’agroalimentare, il settore farmaceutico e cosmetico. Verranno avviate iniziative per fornire sostegno alle imprese, tra cui seminari tecnici e l’esame di progetti di investimento grazie anche al “desk investimenti” istituito presso l’Ufficio ICE di Ho Chi Minh. In quest'ambito Confindustria istituirà tra bre-ve un apposito “Desk Vietnam” che raccoglie-rà le istanze delle imprese e opererà a servizio degli imprenditori per favorire la loro attività nel paese.

A pagina 18, operai vietnamiti al lavoro nella conceria del Rino Mastrotto Group presente in quel paese.Qui sopra, la delegazione vicentina ad Hanoi: da destra Luigi Benedetti, Lorenzo Maggio, Roberto Zuccato, Roberto Ditri, il presidente dell’ICE Umberto Vattani, Rino Mastrotto.In alto,uno scorcio di Hanoi.

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L’ affetto per la mia terra e la consa-pevolezza di contribuire a risolvere un problema locale che si trasci-nava da oltre un anno mi hanno

fatto accettare due mesi fa la candidatura alla presidenza della CCIAA di Vicenza.Sono consapevole che la mia è una successio-ne impegnativa, e mi riferisco in particolare allo standing dei presidenti che mi hanno pre-ceduto: da Giacomo Rumor, a Renzo Pellizzari, a Danilo Longhi, allo stesso Dino Menarin che voglio qui ringraziare per l’impegno che ha profuso nell’espletamento del suo mandato, di presidente prima e di commissario poi.Questo incarico di presidente della CCIAA, con i suoi onori e oneri, mi avvicina ancora di più alla mia terra e ne sono lieto. Avrete sicura-mente compreso che sono un uomo di gestio-ne, di ristrutturazioni e di sviluppo e confido che il mio sia un contributo fattivo alle sorti

del territorio vicentino, al quale sono rimasto sempre legato. So che mi aspettano scelte im-portanti d’indirizzo, decisioni magari impopo-lari, ma che bisogna prendere. Ci sono capitoli da chiudere e altri da aprire.

La gestione della crisi come nuova opportunità

Negli ultimi due-tre decenni il Vicentino è di-ventato una delle zone più produttive d’Italia, protagonista importante del fenomeno chia-mato Nord-Est e oggi sta reagendo ai venti di crisi, restando uno dei motori più importanti dell’economia italiana.In questo nuovo cammino partiamo da da-ti oggettivi, senza confondere il realismo con il pessimismo. La situazione generale è complessa: una grande tempesta finanziaria sta affliggendo l’economia mondiale: prima

di Vittorio MincatoPresidente della

Camera di Commercio di Vicenza

Una Camera con vista sul futuro

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il crac di colossi finanziari di qua e di là dell’Atlantico, poi il crollo delle Borse di tutto il mondo e un fenomeno di credit crunch di dimensioni mai viste prima d’ora, e infine il gigantesco piano di nazionalizzazioni e di salvataggi negli US. Ne sta derivando un marcato rallentamento economico che investe tutto il mondo. Non siamo al 1929 soltanto perché il sistema è dotato di strumenti che 80 anni fa non esistevano e perché le reazioni delle banche centrali sono state pronte e di segno opposto a quelle di allora.È terminata l’era del credito facile e a buon mercato. Le economie dei Paesi occidentali cresceranno molto meno e perciò il traino del-la domanda estera sarà meno forte in Europa e negli US. Ci affidiamo alle nuove grandi aree di sviluppo che segneranno il futuro delle no-stre esportazioni: l’Asia, la Russia – se riuscirà a superare, come ha gia fatto alla fine del se-colo scorso, la turbolenza finanziaria che la sta affliggendo –, il Brasile, i Paesi del Golfo, che già oggi sono i maggiori detentori di riserve petrolifere e che in prospettiva saranno anche i maggiori produttori petroliferi mondiali. Il problema energetico sta angustiando l’intera economia mondiale, incombe su tutto il no-stro futuro. Abbiamo assistito in queste ultime settimane a una marcata riduzione del prezzo del barile, ma perché le quotazioni possano rientrare strutturalmente su livelli ragionevoli occorre che anche la finanza ritrovi un suo equilibrio, che cessino le generose politiche monetarie degli ultimi anni e che i tassi reali di interesse ritornino a essere positivi, aumen-tando così il costo delle speculazioni finan-ziarie, che già sembrano avere ridotto la loro influenza sul mercato delle materie prime, ma che ogni tanto ricompaiono appena intravedo-no spiragli a esse favorevoli. Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che il

prezzo del barile è esposto non soltanto alle politiche monetarie – degli US, soprattutto –, ma anche alle tensioni geopolitiche, agli even-ti climatici e ai problemi tecnico-logistici, che sono poi comuni a ogni sistema produttivo.Nella zona euro la crescita del PIL nell’intero 2008 è assai deludente e l’Italia sta andando decisamente peggio dei suoi partner: è della settimana scorsa la stima da parte del Mini-stero dell’Economia di un rallentamento della crescita dell’economia italiana nel 2008, men-tre Confindustria valuta che il PIL si stia ad-dirittura riducendo rispetto al 2007, per di più con un’inflazione che ha alzato la cresta e con un preoccupante calo dei consumi. In un anno gli acquisti di beni durevoli sono diminuiti in misura consistente.Dai rilevamenti più recenti, nella nostra pro-vincia risulta un decremento produttivo mar-cato e una amplificazione delle difficoltà sui mercati internazionali (che già nel 2007 avevano segnato una forte riduzione della domanda).

“Proprio sul fronte del difficile momento che l’economia mondiale sta attraversando le Camere di Commercio sono chiamate a svolgere il loro ruolo in sintonia con le Associazioni di categoria e con le altre Istituzioni territoriali, promovendo e supportando il miglioramento delle strutture aziendali sul piano produttivo, organizzativo, commerciale”.

“Dobbiamo essere consapevoli che le crisi danno una sferzata salutare ai sistemi che ne sono aggrediti, e che, se c’è la volontà, consentono loro di riformarsi meglio di quanto si possa in tempi di normalità”.

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Se da un lato è confortante la tenuta della me-talmeccanica, dall’altro preoccupano i settori orafo e conciario, entrambi in sofferenza e bi-sognosi di riposizionarsi verso l’alto.Le istituzioni e le categorie sono molto attive e collaborative al proposito e i due comparti continueranno sicuramente ad avere grande attenzione e sostegno dalla Camera di Com-mercio. Tuttavia occorre che l’intero sistema produttivo vicentino – industriale e artigianale – operi un riposizionamento qualitativo.Dobbiamo essere consapevoli che le crisi dan-no una sferzata salutare ai sistemi che ne sono aggrediti, e che, se c’è la volontà, consentono loro di riformarsi meglio di quanto si possa in tempi di normalità.

Il ruolo della Camera di Commercio

Proprio sul fronte del difficile momento che l’economia mondiale sta attraversando le Ca-

mere di Commercio sono chiamate a svolgere il loro ruolo in sintonia con le Associazioni di categoria e con le altre Istituzioni territoriali, promovendo e supportando il miglioramento delle strutture aziendali sul piano produttivo, organizzativo, commerciale. Nostro obiettivo è l’adeguamento del sistema alle dinamiche della globalizzazione, incorag-giando forme di aggregazione che consentano di superare la debolezza dimensionale delle nostre aziende: quelle piccole – comprese le artigianali, pur nella salvaguardia del loro radicamento sul territorio, – e quelle medie, inidonee a sostenere da sole i mutamenti re-pentini dei mercati mondiali.Mi piace a questo proposito citare le belle parole di Menarin e Masello, che si trovano nella presentazione del 2° volume della «Storia dell’economia vicentina», curato quattro anni fa dall’amico Giovanni Luigi Fontana. Eccole: «Questa capacità di adattarsi [del sistema pro-

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duttivo vicentino] ai cambiamenti di contesto, realizzando un efficace accoppiamento strut-turale tra risorse endogene e fattori esogeni, trova le sue radici e i suoi permanenti punti di forza nell’accumulazione plurisecolare di co-noscenze tecniche in svariati settori produttivi, nel sapere fare e nello spirito di intrapresa, nella propensione all’innovazione e all’aper-tura internazionale, nel multipolarismo indu-striale, nella coesistenza di diverse forme or-ganizzative del lavoro e dimensioni d’impresa, che costituiscono caratteri di lunga durata nel cammino dell’industrializzazione vicentina.»La capacità vicentina di adattamento – che gli autori riferiscono al «secondario» – investe ov-viamente anche il «primario» industrializzato e il «terziario» tradizionale e avanzato.Va detto a questo proposito che l’«Agricoltura» sta attraversando una fase di grandi cambia-menti per adeguarsi alle nuove prescrizioni della politica agricola comunitaria, passando da un sistema sussidiato, e perciò protetto, al mercato aperto, e per affrontare con determi-nazione il problema del rincaro dei prezzi «al banco».L’esperienza dei farmer market organizzata dagli agricoltori, che accorciano la filiera di-stributiva, va monitorata con attenzione anche dal sistema distributivo, per la sua capacità di «saltare» alcuni anelli dell’intermediazione. Il loro successo dipenderà dalla disponibilità del sistema a trasferire margini non soltanto all’agricoltore, ma anche al consumatore, af-flitto in misura preoccupante dal rincaro dei generi alimentari di prima necessità.I problemi che affliggono l’agricoltura sono molti e vanno urgentemente affrontati, perché si tratta di un settore di grandissima importan-za, forse troppo trascurato e sottovalutato nel passato, non soltanto in sede nazionale. Dal canto suo, il «Commercio» si trova a gesti-

Chi è Vittorio MincatoVittorio Mincato è stato nominato il 1° ot-tobre presidente della Camera di Commercio di Vicenza, una fra le più grandi Camere italiane, con più di centomila imprese. Mincato è nato nel 1936 a Torrebelvicino e nel 1957 è entrato all’Eni con la qualifica di impiegato tirocinante, uscendone nel 2005 dopo esserne stato amministratore delegato dal 1998 al 2005. Nel corso della sua carriera all’Eni si è occupato di indu-stria tessile (Lanerossi, della quale è stato direttore amministrativo e finanziario e consigliere di amministrazione), di indu-stria meccanica (Savio, della quale è stato presidente, realizzandone la privatizzazio-ne), di industria petrolchimica (EniChem, della quale è stato presidente).È presidente dell’Assonime (Associazione fra le società italiane per azioni). È stato presidente di Poste Italiane, vicepresiden-te di Confindustria e membro del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).È vicepresidente dell’Unione degli Indu-striali e delle imprese di Roma. È consi-gliere di amministrazione e membro del Comitato di Controllo interno della Fiat e consigliere di amministrazione e membro del Comitato per il Contenzioso della Par-malat. Gli è stata conferita la laurea ad honorem in Ingegneria Gestionale dal Politecnico di Milano e la laurea ad honorem in Econo-mia dall’Università degli studi di Torino. Nel 2002 il Presidente della Repubblica lo ha nominato Cavaliere del Lavoro.

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re la rallentata crescita economica e una con-trazione di consumi interni senza precedenti. Dovrà crescere in professionalità convivendo con la grande distribuzione, sempre – giusta-mente – più aggressiva, e – al contempo – po-tenziare e valorizzare il commercio di nicchia.Dobbiamo poi valorizzare le potenzialità del Turismo vicentino, montano, culturale, di bu-siness.Un’attenzione speciale merita la «Formazione» e mi riferisco in particolare all’università, con il corollario della ricerca e dell’innovazione, strategici per una politica di sviluppo. E qui si inserisce il dibattuto tema del Polo Tecnologi-co, con il connesso ruolo che esso deve avere nei processi di modernizzazione delle aziende,

non soltanto sul piano produttivo, ma anche, e di più, sul piano dei servizi, ancora deboli e non sempre adeguati.Confido che l’incidente di percorso che ha impedito il finanziamento imprescindibile da parte della Fondazione CaRiVerona trovi una sua positiva composizione al di sopra degli interessi localistici.Nel sistema creditizio, finanziario e assicu-rativo, a sua volta in grande trasformazione, occorre facilitare l’accesso al credito da parte della piccola impresa artigianale e industria-le, pur nel doveroso rispetto dei parametri di solvibilità.Vorrei ora soffermarmi sull’annoso proble-ma delle infrastrutture logistiche della nostra provincia, chiave strategica primaria di ogni economia. L’argomento chiede che si ragioni con grande realismo, in una logica di territo-rio e in accordo con le altre Istituzioni venete, concorrendo a determinare un piano strategi-co complessivo per il Vicentino, come parte di un piano strategico veneto.Occorre che si affronti subito il problema se tra le priorità del nostro sistema economico trovi spazio la Aeroporti Vicentini SpA, dove molte, forse troppe, risorse finanziarie sono state impiegate, anche dalla Camera di Com-mercio. Prioritari sono di sicuro, invece, la viabilità, tenendo conto delle scelte che saranno fatte relativamente all’alta velocità ferroviaria, il sistema di stoccaggio delle merci, i mercati e i punti di distribuzione, tutti elementi che producono benefici immediati nella semplifi-cazione della filiera, nella riduzione dei costi e conseguentemente nella competitività. Da questi temi la Camera di Commercio non può essere assente.Vanno riguardate con grande apprezzamento quelle iniziative che sono volte a restituire

“Mi adopererò affinché la Camera di Commercio sia leader, capace di agire con una progettualità di ampio respiro, competente, innovativa, flessibile e… semplice”

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al mercato le imprese energetiche controllate dagli enti locali, non sempre profittevoli, e ancora di più quelle iniziative di aggregazione interterritoriale capaci di dare dimensione eco-nomica alle imprese che non la posseggono.La Camera di Commercio ha responsabilità dirette sull’ottimizzazione dei processi di ap-provvigionamento e commercializzazione, del-la logistica, della finanza, della comunicazione e informatizzazione del sistema economico provinciale e intende farsi promotrice di ade-guate iniziative in proposito.Le risorse che sono a sua disposizione sono modeste avuto riguardo alla natura e alla dimensione degli interventi necessari. Vorrei ricordare che meno di un terzo dei proventi annuali – che ammontano a circa 22,5 mi-lioni di euro – è spendibile in interventi spe-cifici a beneficio dell’economia della nostra provincia; gli altri due terzi sono assorbiti dai costi per l’espletamento di funzioni ammini-strative e istituzionali delegate alle Camere di Commercio dallo Stato e dalle Regioni, dai costi di struttura e dalle quote associative a enti diversi.Occorre approfondire se questa struttura del bilancio della nostra Camera di Commercio – pur tra i più equilibrati fra i bilanci delle altre realtà camerali – sia suscettibile di migliora-mento ed esaminare attentamente l’efficacia degli interventi economici.Sarà questo il primo compito del Consiglio e della Giunta, tenendo ben presente che la na-tura istituzionale delle camere di commercio comporta che la loro azione abbia riguardo all’interesse generale riferito non alla totalità dei cittadini (questo interesse più generale è cura degli enti locali territoriali), bensì alle imprese. Ne dovremo tenere conto ogni volta che as-segneremo risorse a specifiche iniziative, con

la priorità di concentrare la spesa su progetti importanti, che diano veramente un beneficio alla nostra economia.

Conclusioni

Abbiamo davanti a noi mesi – forse anni – difficili, perché, come ho detto prima, il qua-dro dell’economia reale mondiale – e quindi anche europea e italiana – continua a segnare un progressivo peggioramento. Ma è proprio in questi momenti che si devono inventare e attivare processi virtuosi capaci di supportare l’impresa.Concludo con una riflessione metaforica che lo Studio Ambrosetti ha recentemente pro-posto sulle doti che anche la pubblica ammi-nistrazione deve possedere per creare valore. Ne sono rimasto colpito, forse in ragione delle mie origini tessili.Lo studio prende come modello la trama e l’ordito, ovvero la struttura di un tessuto, in-dicando la connessione che si deve realizzare tra i diversi fattori di successo: nella trama ci sono innanzitutto la leadership, che la Came-ra di Commercio ha in quanto ente pubblico di riferimento super partes, ma c’è anche la cultura, intesa come identità e conoscenza. Nell’ordito si intersecano l’intelligenza diffusa, cioè la competenza, l’innovazione continua a tutto campo, la flessibilità e la semplicità.Mi soffermo su quest’ultima. La semplicità in-terna a un sistema rappresenta l’unica risposta concreta alla crescente complessità esterna. La semplicità è ciò che serve per far tutto nel modo più efficace ed efficiente, niente di più, niente di meno.Mi adopererò affinché la Camera di Commer-cio sia leader, capace di agire con una proget-tualità di ampio respiro, competente, innovati-va, flessibile e… semplice.

“La semplicità interna a un sistema rappresenta l’unica risposta concreta alla crescente complessità esterna. La semplicità è ciò che serve per far tutto nel modo più efficace ed efficiente, niente di più, niente di meno”.

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E ssere snelli per essere in forma. E parliamo di aziende. Snelli, ovvero “lean”, secondo la teoria di organiz-zazione del lavoro anti-dispersione

che ha trovato nella Toyota la più elevata e imitata esemplificazione. Da più di un anno è operativo il “Lean Enter-prise Club”, che si è costituito per iniziativa della Sezione Meccanica di Confindustria Vi-cenza e la cui gestione è stata affidata al Cuoa. Ne fanno parte circa cinquanta aziende, non solo vicentine e non solo meccaniche, unite dal desiderio di diffondere il “pensiero snello” tramite un progetto di formazione e di con-dividere le proprie esperienze in materia. Ne è nato un vero e proprio centro di eccellenza lean, tutto vicentino e unico in Italia, definito il 15° polo del Lean Global Network. Con la

benedizione di James P. Womack, il grande te-orizzatore e guru mondiale del lean thinking.Molti ancora non conoscono il “lean thinking”, alcuni lo conoscono ma storcono il naso. Tra chi l’ha studiato, assimilato e applicato in azienda c’è Diego Caron, amministratore unico della Caron A&D di Pianezze, vicepresidente della Sezione Meccanica dell’Associazione. Per lui non è solo un criterio di razionalizza-zione del lavoro in azienda, ma uno stile di vita, da abbracciare ogni giorno anche nelle piccole cose. Perché o ci credi fino in fondo o non funziona. Applicando i princìpi della “le-an”, alla Caron A&D, che produce componenti oleodinamici, uffici e reparti sono stati rior-ganizzati così che ciascuno abbia una visione globale del lavoro proprio e altrui, riducendo al minimo le fasi morte e i passaggi a vuoto.

di Eros Maccioni

Da più di un anno è operativo il “Lean Enterprise Club”, che si è costituito per iniziativa della Sezione Meccanica di Confindustria Vicenza. Ne è nato un vero e proprio centro di eccellenza lean, tutto vicentino e unico in Italia, definito il 15° polo del Lean Global Network.

Lean, strategia vincente

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Nella pagina a lato,Diego Caron, vicepresidente della Sezione Meccanica dell’Associazione.

– Signor Caron, ci racconti come è arri-vato a sposare questa “rivoluzione” in azienda”…“È cominciato tutto quattro anni fa, in seno al-la Sezione Meccanici dell’Associazione, durante uno dei tour conoscitivi nelle aziende. Credo di essere stato illuminato durante la visita della Lowara. Vedevo un sistema che mi affascinava, ma allora non lo conoscevo come ‘lean’. Poi ho conosciuto bene Mario Nardi, vicepresidente della Sezione e titolare della Pietro Fiorentini, e ho potuto approfondirne tutti i vantaggi. Successivamente ho frequentato un master sulla lean production e l’ho portata in azienda tramite un corso finanziato dalla Regione”. – Com’è stato il primo impatto?“Non facile. All’inizio sembra di non farce-la, ma mi sono intestardito: la Caron A&D doveva diventare un’azienda snella. E lo è diventata. Credo che la lean sia la principale risorsa per non delocalizzare, soprattutto nel manifatturiero. Oltretutto dà una motivazione particolare al personale, che sente di produrre maggior valore”.– Cos’ha portato il “lean thinking” nella sua azienda?“Ha portato una rete di scorciatoie, spaziali e procedurali. Che può voler dire come si ap-poggia un pezzo che andrà ripreso in mano, l’ergonomia di una postazione di lavoro, la facilità nel reperire attrezzi e materiali, o nel capire per tempo, tramite un semplice curso-re colorato, quando un contenitore necessita di essere riempito e quando no. Nella fase di prova si è scelta un’area delimitata, chiamata ‘minifabbrica’. Con il sistema lean, nel tempo che prima serviva per produrre mille pezzi se ne realizzavano millecinquecento”. – Perché sono ancora pochi coloro che ap-plicano il “lean thinking”?“Innanzitutto esiste una grande confusione,

molti credono che si tratti di un sistema di qualità, un pacchetto confezionato. Non è co-sì: è una filosofia che ogni azienda deve saper interpretare e che l’imprenditore per primo deve interiorizzare. È una trasformazione che richiede anni e che sarebbe ideale realizzare nella filiera. La lean non è uno sconvolgimen-to brutale e improvviso, ma un miglioramento continuo nelle cose elementari. La lean co-stringe tutti, anche l’imprenditore, a mettersi fortemente in discussione. Le decisioni non vengono più prese come prima, la conduzio-ne dell’impresa diventa un gioco di squadra. L’ostacolo principale che si incontra non è nella riorganizzazione strutturale, ma nella mentalità, nel cambiamento delle persone. D’altronde le persone sono la risorsa principa-le, la lean si costruisce sulle teste”.– In quali settori si può applicare il lean thinking?“In tutti, e non solo nell’industria. Credo che porterebbe molti vantaggi anche alla pubbli-ca amministrazione: se nella produzione dà risultati importanti, né da ancora di più nella gestione”.

«La “lean” costringe tutti, anche l’imprenditore, a mettersi fortemente in discussione. La conduzione dell’impresa diventa un gioco di squadra. La “lean” si costruisce sulle teste».

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I l motto da padre in figlio, si sa, è per un’azienda padronale un traguardo da raggiungere ma non sempre si attua. Nel vicentino, ad Arsiero, la Forgerossi non

solo ha raggiunto l’obiettivo ma ha festeggiato addirittura il secolo di vita con la quarta gene-razione. La lavorazione a caldo dei metalli è un’attività molto diffusa nella bassa valle dell’Astico dove l’acqua abbondante, la legna e la manodopera tra boscaioli e carbonai, oltre alla vicinanza con la pianura, ha dato avvio ad un’attività che ha caratterizzato il territorio. «Nella lavorazione del ferro – spiega Luciano Giacomelli, presidente di Forgerossi – l’ac-qua aumentava la potenza dei magli che non riuscivano a raggiungere la temperatura con il solo carbone di legna». Un paesaggio co-

stellato di mulini, segherie, fucine, batti-ferro e batti-rame azionati da rogge. Questa era la valle dell’Astico nel 1908 quando ebbe inizio la storia dei Rossi grazie al coraggio e alle intuizioni del capostipite Coriano, aiutato da Angelo e Giuseppe.“Le prime produzioni – ricorda Alberto Ros-si, amministratore ed erede, assieme al fratello Marco, dell’azienda – erano zappe, vanghe, cunei, leve, e coltelli, attrezzi agricoli che ser-vivano a soddisfare esigenze locali”. Nel ‘35 il fondatore Coriano si separa dai so-ci e i figli Nello, Pietro e Olindo entrano in azienda a lavorare col padre. Seguono nuovi impulsi di crescita nel dopoguerra con la so-stituzione del maglio tradizionale con uno a pistone, più rapido e potente. Non solo ma all’attività di forgia, la lavorazione del me-tallo reso incandescente, vengono affiancate macchine per tornitura, foratura meccanica e apparecchiature per lavorazioni di precisione.“È negli anni Settanta – prosegue Giacomelli – che la Forgerossi compie il passaggio da ar-tigianato a industria, proprio alle porte di una crisi, quella petrolifera del ‘73 che, mettendo in difficoltà il sistema economico mondiale ridisegna anche la situazione italiana”.Ma se l’avvio dell’azienda spetta al capo-

“Il nostro obiettivo è quello di proseguire nell’espansione sui mercati internazionali e sviluppare la ricerca di nuovi materiale per i settori tecnologici più avanzati”.

Forgerossi. L’azienda di Arsiero ha festeggiato il secolo di vita all’insegna della tecnologia più avanzata applicata alla produzione di fucinati, anelli laminati e flange.

Forge di famiglia

imprese

di Elisabetta Badiello

industriaVICENTINA

Nella foto in alto,Alberto e Marco Rossi, la quarta generazione della famiglia fondatrice dell’azienda, e il presidente Luciano Giacomelli.

stipite Coriano, l’affermazione e il consoli-damento nazionale e internazionale arriva con Giorgio, figlio di Pietro. È lui che con grande spirito imprenditoriale parte alla volta dell’Inghilterra, offrendo al mercato del Nord Europa, dove cominciavano a sorgere le pri-me piattaforme petrolifere, il prodotto allora più richiesto: le flange.“Piattaforme petrolifere, raffinerie, industrie chimiche, impianti di estrazione, oleodotti e gasdotti diventano il nostro mercato”, prose-gue Alberto Rossi.Alla soglia degli anni Ottanta la svolta è com-piuta. Per l’azienda ormai il mercato ha defini-tivamente varcato i confini nazionali. Le nuo-ve sfide diventano culturali: lingua inglese, normative, specifiche e procedure internazio-nali, chimica e ricerca. La gestione di Giorgio Rossi ha avuto del pionieristico. La necessità di un sistema di qualità per far fronte alle cer-tificazioni richieste dai mercati internazionali porta ad avviare il primo laboratorio tecnolo-gico. Inoltre, l’inserimento tra gli impiegati di tecnici provenienti dai paesi del nord Europa contribuisce al processo di sprovincializzazio-ne dell’azienda.Dal ‘92 con la certificazione da DNV del pro-prio sistema di qualità alle successive numero-se le certificazioni, Forgerossi è tra i fornitori approvati dalle maggiori compagnie che si oc-cupano di ricerche ed impianti petrolchimici, anche nel settore nucleare.“Con la crisi degli impianti petroliferi negli anni 90 – riassume Giacomelli – l’azienda abbandona le flange per dedicarsi alla pro-duzione di altri prodotti ad elevato contenuto tecnologico. Questo significa nuovi impianti, nuove soluzioni e nuovi investimenti per una dimensione che diventa manageriale”. Da quest’anno, con la scomparsa di Giorgio Rossi il testimone è passato ai figli, Alberto

e Marco, la quarta generazione il cui motto è innovazione nella continuità. “È significati-vo – dice Alberto – che tra il nostro personale ci siano i figli dei nostri primi dipendenti, a testimonianza che anche nel cambiamento la nostra azienda ha radici molto profonde”.Il passaggio generazionale è un tema molto dibattuto in Italia. Alberto e Marco l’hanno colto, e assieme a Luciano Giacomelli costitu-iscono il nuovo consiglio di amministrazione di Forgerossi. “Il nostro obiettivo – prosegue Alberto – è quello di proseguire nell’espansione sui mer-cati internazionali potenziando la struttura interna e ampliando ulteriormente gli spazi produttivi. Stiamo anche sviluppando la ri-cerca di nuovi materiali da proporre ai settori tecnologici più avanzati nei quali è la qualità a fare la differenza. Pensiamo alla ricerca in settori di energia alternativa, come quella eo-lica, e studiamo nuovi materiali, nuove tecno-logie con sempre più attenzione allo sviluppo sostenibile”. Come a dire che buon sangue non mente.

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I n alto i calici per la Cielo e Terra, azien-da vitivinicola di Montorso che festeggia i cent’anni di vita.L’azienda, guidata oggi da Luca Cielo

(presidente è Roberto Muraro, vicepresidente Piergiorgio Cielo, a.d. è Giancarlo Prevarin), ha sessanta dipendenti, un fatturato 2007 di oltre 30 milioni di euro e 3000 ettari di vigneti coltivati. È azienda leader in Italia per il serrato controllo della filiera e per gli elevati standard qualitativi a garanzia dei suoi prodotti.La storia aziendale inizia nel 1908, quan-do Giovanni Cielo acquista “Casa Defra”,

un piccolo podere e una casa colonica a Montorso Vicentino. Aiutato dai figli, met-te a dimora un piccolo vigneto, iniziando a commercializzare i vini nella Valle del Chiampo. Nel 1935 Giovanni viene a man-care e i figli continuano l’attività di pro-duzione d’uva e di commercializzazione di vino nella valle del Chiampo e in altre vallate del Vicentino. Nel 1954 i fratelli

Cielo si dividono e nella sede storica di Mon-torso rimane il più giovane, Pietro. Tre dei suoi otto figli, Giovanni, Renzo e Pier-giorgio, nel 1962 iniziano ad ampliare l’attivi-tà vitivinicola. In quell’anno le cantine Cielo trasferiscono la sede dove è ancora oggi, in Via 4 Novembre, e qui costruiscono una nuova cantina, sviluppandosi per lo più sul mercato italiano. La piccola proprietà viticola diviene a questo punto insufficiente e i Cielo comincia-no ad acquistare direttamente i vini sfusi per

“Da settembre, Cielo e Terra è entrata a far parte di Collis-Veneto Wine Group, consorzio che accorpa al suo interno le Cantine dei Colli Berici di Lonigo e la Cantina di Colognola ai Colli”.

Cielo e terra. I cent’anni di attività dell’azienda vitivinicola di Montorso,leader per il serrato controllo della filiera e gli elevati standard qualitativi.

Cent’annitra cielo e terra

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poi lavorarli e confezionarli. Nel 1962 l’azien-da commercializza 500 mila litri, rivolgendosi per lo più a bar e ristoranti. Nei primi anni Settanta la famiglia Cielo ac-quista un terreno nella zona delle Grave del Friuli, dove pianta dei vigneti e dà vita a una cantina, Pradio, con l’obiettivo di produrre vi-ni di qualità. Oggi l’azienda Pradio è punto di riferimento per i vini della zona delle Grave.Gli anni Ottanta segnano l’entrata ufficiale nel canale della grande distribuzione. Al crescere esponenziale dei volumi di vendita si adegua anche la struttura aziendale, arrivando ad una superficie coperta di circa diecimila metri quadrati. La società diventa uno dei principali fornitori della grande distribuzione nazionale.A questo punto, l’azienda ritiene importante trovare un partner con una solida esperienza nella produzione del vino. Il partner viene in-dividuato nelle Cantine dei Colli Berici: oltre a essere una delle più importanti cantine d’Ita-lia, la Colli Berici è a pochi chilometri dalla sede della Cielo e produce gran parte dei vini da questa messi in commercio. Dopo qualche anno di stretta collaborazione, la famiglia Cie-lo cede la quota di maggioranza alle Cantine dei Colli Berici per dare al mercato un forte segnale di legame con la produzione, con la clausola che è comunque la famiglia Cielo a gestire la parte operativa della società.Nel 1999 la Cielo diviene dunque “Cielo e Ter-ra”: un nuovo nome che indica l’unione tra la tradizione della famiglia Cielo e più di duemi-la produttori nei Colli Berici. In questo modo si chiude il cerchio della filiera produzione-commercializzazione, l’unico modo per affron-tare il mercato globale del futuro con qualità garantita.L’unione si è rivelata un successo: dal 99 ad og-gi l’azienda è cresciuta del 50% in fatturato, ma soprattutto in qualità. Oggi è la quarta azienda

per valore nella vendita di bottiglie di vino in Italia, la settima azienda per valore delle ven-dite nel mercato GDO italiano per il comparto vini (Nielsen 2008).In occasione del centenario l’azienda, già lea-der nella fascia di consumo quotidiano con il marchio Freschello (oltre 10 milioni di bottiglie vendute ogni anno), ha presentato tre nuove selezioni di vini, espressione del territorio dei Colli Berici: Freschello, Maestro italiano Cuvèe Rotonda e Cinquecento (nuova gamma top di vini, quest’ultima, dedicata al grande architetto Andrea Palladio). Tre vini che vengono incontro agli attuali trend di consumo, che sempre più si stanno orientando su prodotti caratterizzati dal-la ricerca di qualità a basso tasso alcolico. Da settembre, Cielo e Terra è entrata a far parte di Collis-Veneto Wine Group, consorzio che ac-corpa al suo interno le Cantine dei Colli Berici di Lonigo e la Cantina di Colognola ai Colli. Il consorzio, presieduto da Roberto Muraro, è un colosso vitivinicolo in grado di raggiungere il 15% del mercato del vino veneto e il 4,5% di quello nazionale, con un fatturato del Gruppo di 150 milioni di euro, esportazioni per 50 mi-lioni di euro e 6.700 ettari di vigneto.

“In occasione del centenario, l’azienda ha presentato tre nuove selezioni di vini”

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T raguardo dei cinquant’anni per la Smalvic, l’azienda di Sarce-do specializzata nella produzione e commercializzazione di forni,

piani cottura e cucine free-standing, a mar-chio proprio e in conto terzi. Cinquant’anni che coincidono con la storia e l’evoluzione dei prodotti italiani di largo consumo. Forte di questo patrimonio di valori, che Smalvic ha contribuito a creare con il suo impegno, la mission aziendale oggi è sempre più orientata a consolidare la produzione di “strumenti per cucinare” rigorosamente pensati, progettati e prodotti in Italia.L’azienda nasce nel 1958 come Officine e Smalterie Vicentine per opera dell’ingegner Enrico Dell’Orto; presto l’iniziale attività di smalteria viene affiancata da una realtà pro-duttiva in grado di immettere sul mercato – prima azienda italiana – l’elettrodomestico da incasso per cucina. Negli anni seguenti la vocazione alla flessibilità nei confronti del mercato si consolida e l’azienda si focalizza

nella produzione di forni e piani cottura sia a marchio Smalvic, che per conto dei maggiori produttori di cucine italiane (tra gli altri Arcli-nea, Snaidero, Febal).Più recente è l’avvio della progettazione e re-alizzazione di cucine free-standing, prodotti tecnologicamente avanzati e di alto profilo d’immagine; prosegue con successo la produ-zione di piani cottura sia di tipo domestico che di ispirazione professionale. Anche la gamma dei forni (elettrici e a gas), tradizionale core business, subisce una significativa trasforma-zione, passando dalla produzione con misure da incasso standard a nuove dimensioni di mini o maxi formato per rispondere in modo adeguato alle nuove esigenze del design per gli spazi cucina.Volontà di innovazione, capacità di cogliere i segnali del mercato, forte attenzione agli aspetti qualitativi del prodotto, sono stati i principi che hanno animato il fondatore e continuano a essere i valori della nuova gene-razione imprenditoriale che guida l’azienda.

Traguardo dei cinquant’anni per la Smalvic, l’azienda di Sarcedo specializzata nella produzione e commercializzazione di forni, piani cottura e cucine free-standing.

Smalvic. L’azienda di Sarcedo consolida la sua produzione di “strumenti per cucinare” rigorosamente Made in Italy.

Strumenti per cucinare

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In alto,veduta aerea degli stabilimenti Smalvic.Qui sopra,prodotti tipici dell’azienda di Sarcedo in un’immagine dei primi anni di attività.

Dal 2004 amministratore delegato di Smalvic è Paola Gasparini, nipote del fondatore Enrico Dell’Orto.Oggi l’azienda occupa 100 dipendenti e di-spone di uno stabilimento di 30 mila metri quadrati coperti, dove sono in funzione reparti distinti per la smalteria, per lo stampaggio e la lavorazione dei semilavorati; l’area produzio-ne è dotata di un autonomo laboratorio per il controllo della qualità.La produzione annuale ammonta a circa 100 mila pezzi, commercializzati attraverso la rete nazionale di rivenditori e grazie ai dealer attivi sui mercati internazionali.Forte è la propensione all’internazionalizza-zione, confermata dai dati dell’export: il 60% della produzione viene venduta nei mercati europei ed extraeuropei (Medio Oriente, Far East, USA, Australia e Nuova Zelanda).“Costruire prodotti di qualità, proponendo soluzioni tecnologiche di alto livello, in grado di soddisfare le diverse esigenze della cottura, garantendo ottimi standard di risparmio ener-

getico: può essere riassunto così il principio ispiratore della filosofia produttiva di Smalvic – dice Paola Gasparini –. Il presidio e il con-solidamento della presenza sui mercati inter-nazionali resta una delle nostre priorità, insie-me alla volontà di essere sempre estremamente flessibili alle necessità dei clienti, si tratti dei grandi marchi di cucine o dei consumatori fi-nali. Anche il rinnovato impegno nella proget-tazione e nella ricerca di soluzioni di design risponde a questa istanza di produrre ‘a misu-ra del cliente’. L’attenzione alle problematiche ambientali e la responsabilità dell’impatto sul territorio dell’attività industriale sono stati e continuano a essere valori di riferimento per la produzione dell’azienda, come testimonia l’installazione dell’impianto di depurazione delle acque nel 1977, con Smalvic capofila tra le imprese venete. Ugualmente importante, per noi, è il legame con il territorio: la storia e la vocazione di Smalvic restano fondamentali riferimenti per i valori etici dell’azienda e delle persone che la rappresentano”.

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N elle ultime settimane un po’ in tutto il mondo si è parlato dell’accelleratore di particelle Lhc, tenendo gli occhi puntati

sul laboratorio sotterraneo del Cern di Gine-vra.Il nuovo macchinario dalle dimensioni masto-dontiche che dovrebbe permettere di andare alla ricerca della “particella di Dio” e di inda-gare sul Big Bang dell’universo, è stato realiz-zato grazie anche ad alcuni contributi italiani altamente qualificati, con la partecipazione di oltre cinquanta piccole e medie aziende.Questo importante esperimento della fisica moderna ha visto la collaborazione anche dell’industria vicentina, in particolare delle scledensi Zanon Spa e Csc Spa, ambedue ope-ranti nel settore della caldareria con produ-zione di componentistica speciale, ma con dei settori interni dedicati ai lavori per i centri di

ricerca scientifica internazionali.La collaborazione della Zanon con il Cern, ma anche con altri importanti laboratori come il Desy di Amburgo o l’Istituto nazionale di fi-sica nucleare (Infn), è iniziata negli anni ’80, maturando sempre più una grande esperienza nei settori dell’”ultravuoto” e del “supercon-duttivo”.Per l’accelleratore Lhc, i lavori sono partiti ancora a metà degli anni ’90 e hanno portato alla realizzazione di una quindicina di proto-tipi dei criostati costituenti l’anello circolare, serviti per la messa a punto costruttiva della macchina.La Zanon ha poi condotto gli studi prelimi-nari sul detector Atlas realizzato all’interno dell’anello, costruendone una parte in modello 10 per 5 metri, oltre ad averne prodotto e in-stallato tutti gli schermi termici. Essendo una delle rare aziende specializzate nella tecnica di

Zanon e CSC. Da Schio un contributo di alta tecnologia per la ricerca più avanzata della fisica moderna.

Anche a Schiosi studia il “big bang”

di Silvia Dal Ceredo

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In apertura,un particolare della tecnologia Csc.In questa pagina e nella seguente,alcune produzioni della Zanon.

saldatura a fascio elettronico, indispensabile per l’Lhc, ha costruito componenti speciali come le cavità in rame, effettuando inoltre un’attività di supporto per le altre aziende ita-liane impegnate nel progetto che necessitava-no di tale tipologia di saldatura. “Nel corso dei decenni – sottolinea l’ingegnere Giorgio Corniani, responsabile del settore della fisica – abbiamo maturato una grande espe-rienza che ci consente di affrontare lavori con requisiti di base estremi, che non molte azien-de possegono”.La Zanon, fondata nel 1919 poco dopo la fine della Grande Guerra, si è ampliata e specia-lizzata nel corso dei decenni fino ad arrivare ad oggi, vantando una superficie di 45 mila metri quadrati, di cui 20 mila coperti, ubicati a Schio. Attualmente guidata dal presidente Et-tore Zanon, conta 200 dipendenti che si occu-pano complessivamente della prdoduzione di apparecchi a pressione, recipienti e camere a vuoto ed alto vuoto, componenti per ultra alto vuoto (Uhv), parti interne di reattori e circuiti di prova, a cui si affiancano scambiatori di calore, reattori, colonne, autoclavi, sistemi di tubature e componenti per centrali nucleari. Per quanto riguarda i servizi produttivi, pro-

pone invece tornitura cnc, fresatura, alesatura, brasatura, varie tipologie di saldatura (Mig, Tig, plasma, Eb con fascio elettronico, con ro-bot, orbitale e Narrow gap), trattamenti termici e sottovuoto, procedure di pulizia ad ultrasuo-ni ed elettropulizia. L’altra eccellenza nel territorio altovicentino è la Csc Spa, un’azienda più giovane, nata nel 1976 dalla volontà di cinque famiglie, di cui è già operativa la seconda generazione rappresentata dai quattro dirigenti Riccardo Pamato, Adelucio Dal Santo, Marco Scortega-

Due aziende scledensi, la Zanon e la CSC, hanno fornito componenti per l’acceleratore di particelle Lhc del Cern di Ginevra.

“Alla ricerca della ‘particella di Dio’ anche con il contributo delle due aziende scledensi”

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gna e Franco Dalle Carbonare.Gli stabilimenti dell’azienda, impiegati per la costruzione e per la commercializzazione di materiali speciali, occupano una superficie di 4 mila metri quadrati più 1700 di area scoper-ta, nel cuore della zona industriale scledense.«Fin dalla fondazione – spiega il direttore del settore ricerca Riccardo Pamato – la Csc ha sempre lavorato anche nei settori della ricer-ca, collaborando con importanti realtà nei settori aereospaziale (con la ex Fiat Avio, ora

Avio), della fisica (con il Cern, il

laboratorio i n g l e s e Je t , g l i

istituti E n e a

e Infn) e delle competizioni (Ferrari, Aprilia)».Con il laboratorio ginevrino i rapporti sono iniziati nei 1991 realizzando, fino al 1998, 120 tanche ad elio impiegate nell’accellerato-re Lep, ora dismesso. Tale incarico era giunto inizialmente attraverso l’Ansaldo Componenti (ora Asg), poi la francese Cerca e infine diret-tamente con il Cern.Per il recente Lhc, sorto dove prima c’era il Lep, la collaborazione ha interessato il periodo 2001-2006, in cui la Csc ha realizzato, tramite la tedesca Accel Instruments Gmbh, 736 fon-di di chiusura in acciaio inox necessari per i quadrupoli, apparecchiature sofisticate che congiungono i tubi d’inerzia dell’anello ope-ranti in ultra alto vuoto (Uhv). Per altri progetti ha invece fornito da poco componentistica speciale quali i target contai-ner in tantalio, materiale estremamente prezio-so e difficile da lavorare, oltre a numerosi altri componenti per esperimenti in passato.«Se negli ultimi anni abbiamo potuto espan-dere il nostro business è anche grazie al tes-suto aziendale scledense – afferma il direttore generale Adelucio Dal Santo –. Per come il mercato si evolve sempre più in maniera glo-balizzata, è neccessario cercare delle nicchie di mercato d’eccellenza che richiedano elevate competenze, altrimenti si rischia di essere in-ghiottiti dal mondo delle produzioni di massa a basso costo». Gli altri campi di attività principali della Csc riguardano la progettazione e costruzione di serbatoi, scambiatori di calore, scambiatori di calore, recipienti a pressione collaudati, au-toclavi, reattori ed altri ed altri manufatti di elevato contenuto tecnologico per l’industria chimica, petrolchimica, navale e alimentare, oltre alle lavorazioni con materiali speciali quali acciai inossidabili,titanio, tantalio, leghe di nichel, duplex o superduplex.

Il nuovo macchinario dalle dimensioni mastodontiche che dovrebbe permettere di andare alla ricerca della “particella di Dio” e di indagare sul Big Bang dell’universo, è stato realizzato grazie anche ad alcuni contributi italiani altamente qualificati.

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D ire che il Vicentino è terra ca-ratterizzata dalla più variegata presenza di imprese è diventato quasi un ritornello. Eppure, è

proprio vero che questa provincia, in fatto di industrie, non si fa mancare nulla. o quassi. Una nuova dimostrazione la offre Idea Ricami, piccola ma dinamica azienda di Torri di Quar-tesolo attiva da dodici anni in un settore che uno non si aspetterebbe di trovare alla voce “industria”: quello dei ricami a mano.Eccola qua, dunque, l’azienda che ricama. Ri-gorosamente a mano, e all’insegna dell’alta qualità. Che si tratti di una nicchia di mercato interessante e foriera di sviluppi produttivi lo conferma il fatto che Idea Ricami ha avviato da qualche tempo un nuovo sito produttivo, di sua proprietà, in Madagascar, nella capitale Antananrivo, dove avviene la produzione delle quantità più ampie di prodotto, garantendo co-stantemente un controllo qualitativo e logistico.Tutto nasce nel 1996 a Torri di Quartesolo, do-ve Idea Ricami ha tutt’oggi il suo “quartier ge-nerale” e il laboratorio. L’intuizione imprendi-toriale è di Annalisa Dalla Libera, che ci mette volontà e passione e fonda la società, diven-tandone l’anima imprenditoriale e creativa.Il core business aziendale è subito individuato nella produzione di ricami a mano, destinati

all’abbigliamento e agli accessori-moda, rea-lizzati con tecniche occidentali e materiali di prima scelta. Il mercato si accorge ben presto di questa nuova realtà produttiva, così come riconosce il suo principale “plus”, ovvero l’ele-vata qualità nello sviluppo di tutte le tecniche occidentali realizzate ad ago.Fin dall’inizio, l’azienda collabora con marchi prestigiosi del Fashion Luxury Internazionale, come Prada, Versace, Marni, Bottega Veneta, Cividini e Louis Vuitton.Idea Ricami, grazie a una nuova società av-viata lo scorso anno e denominata Annie, è in grado di offrire anche consulenza crea-tiva e supporto tecnico in sfilate; lo fa occupandosi dello sviluppo di campioni sia da proprio archivi che da idee di clienti, di ricerca e acquisto di materiali da ricamo. Annie si occupa della creazione di ricami fatti a mano con tecni-che occidentali e materiali di pri-ma scelta, all’insegna della quali-tà, della creatività, della leggerez-za e dell’eleganza e si posiziona tra le realtà di riferimento del mondo dei ricami fashion in ambito internazionale. L’obiet-tivo di questa nuova azien-da è quello di dedicare sempre più attenzione ai clienti del fashion luxury internazionale. Così sono nati lo showroom di Parigi, dove su appunta-mento è possibile consultare l’ampio archivio creativo, e lo studio di Vicenza, dove Annalisa Dalla Libera, tra accessori di ogni colore e forma, crea i suoi meravi-gliosi “gioielli ricamati”.

Idea ricami. Una piccola azienda di Torri di Quartesolosi è affermata nel mondo nella nicchia dei ricami a mano.

L’azienda che ricama Idea Ricami ha avviato da qualche tempo un nuovo sito produttivo, di sua proprietà, in Madagascar, nella capitale Antananrivo, dove avviene la produzione delle quantità più ampie di prodotto.

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ImpresaflashIl “Savardo” della Cantina Beato Bartolomeo di Breganze vince i mondiali del Pinot nero

Il Pinot Nero Breganze doc 2006 Savardo, prodotto dalla Cantina Bea-to Bartolomeo da Breganze, è stato premiato con la medaglia d’oro al re-cente Mondial du Pinot Noir a Sierre, in Svizzera.Il concorso, giunto all’undicesima edi-zione, ha visto la partecipazione di 1.076 etichette di Pinot Nero prove-nienti da tutto il mondo, suddivisi in quattro categorie: vinificazione in ros-

so, in rosato, spumante e passito.Il Pinot Nero è presente a Breganze dall’inizio del Novecento e dal ’69 è inserito tra le varietà a denomina-zione di origine controllata. I vigneti della selezione Savardo si trovano in località Santo Stefano di Breganze e Fortelongo a Fara Vicentino; si tratta di un vino dal colore rubino di me-dia intensità, profumo fruttato con sentori di piccoli frutti rossi e note speziate. “Siamo soddisfatti di questo riconoscimento inatteso – commenta il presidente della Beato Bartolomeo di Breganze, Piergiorgio Laverda –. Ci ripaga del lavoro di attenta selezione che stiamo compiendo sulla linea Sa-vardo”.

King’s e Tecnoponteggi col vento in poppa

Sole, vento e mare formato hanno accompagnato la terza edizione del-la regata “Vento d’impresa” e del trofeo “Team aziendali”, promossi dall’Agenzia per il Lavoro Umana e dai Comitati dei Giovani Imprenditori di Confindustria Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Trentino e organizzati dal Vela Club Venezia con il patrocinio della Federazione Italiana Vela e dell’Autorità Portuale di Venezia.Venticinque gli equipaggi di imprendi-tori, provenienti da Veneto, Friuli, Lom-bardia, Emilia Romagna e Umbria, che si sono sfidati a Venezia, nelle acque antistanti il Lido. Nella regata “Vento d’impresa”, in

classe seconda si è imposto King’s Prosciutti di Sossano, imbarcata per l’occasione sull’M37 “Escandalo” di Manuel Costantin; nella stessa classe un’altra azienda vicentina, la Tecno-ponteggi, ha ottenuto il quarto posto.Grande soddisfazione è stata espres-sa dagli organizzatori, il Presidente dei Giovani Imprenditori del Vene-to, Gianluca Vigne, e il Presidente di Umana, Luigi Brugnaro: “La manife-stazione – hanno detto – ha confer-mato quanto siano simili impresa e mondo della vela”.

Ilsa fonda Ilsa Brasil, stabilimento a impatto zero nella zona del Rio Grande do Sul

Come risolvere il problema dei rifiu-ti delle industrie conciarie? Nel Rio Grande do Sul, stato del Brasile la cui capitale è Porto Alegre, questo è un tema all’ordine del giorno. Perciò quando Ilsa, azienda di Arzignano attiva da oltre 50 anni nel settore

industriaVICENTINA

delle agrotecnologie, ha iniziato i suoi contatti con i rappresentanti istituzio-nali dell’area per la creazione di uno stabilimento produttivo, l’attenzione è stata massima. Perché Ilsa ha tra le sue attività anche la lavorazione degli scarti delle pelli conciate per produr-re concimi. L’azienda di Arzignano, con il placet delle istituzioni locali e degli organi preposti al controllo de-gli insediamenti produttivi, assieme a partner brasiliani ha fondato la Ilsa Brasil Ltda. L’impianto, realizzato con la più moderna tecnologia, funzionerà con energia proveniente da biomassa e fonti rinnovabili presenti in loco, così da garantire un minimo impatto ambientale. Il piano industriale di sviluppo dell’azienda prevede che lo stabilimento produrrà 12 mila tonnellate di fertilizzanti all’anno, ritirando 21 mila tonnellate di scarti di lavorazione delle pelli che quindi non finiranno in discarica ma diven-teranno una vera e propria risorsa. Darà occupazione a una ventina di persone che saranno formate a un lavoro di alta specializzazione che prevede un’attività fortemente meccanizzata. “La produzione, al-meno per i primi due anni, servirà a coprire la domanda europea dei nostri prodotti – spiega Paolo Girelli, presidente della società – che non riusciamo ancora a soddisfare. È per questo che abbiamo deciso di cre-are un nostro stabilimento nel polo conciario più importante del Brasile, proprio per recuperare materia pri-ma, lì dove viene prodotta”.

Nuova boutique Franco Pianegonda a San Paolo, in Brasile

Franco Pianegonda apre la prima boutrique a San Paolo, in Bra-sile. Sviluppata su due piani, lo spazio è stato studiato nei minimi particolari dall’orafo vicentino in collaborazione con il noto architetto brasiliano Wa-shington Fiuza. L’azienda vicentina conta venticinque boutique Franco Pianegonda e più di mil-le partner nel mondo. La Maison Pianegon-da, che oggi ha sede a Grisignano di Zocco, nasce nel 1994 dall’ini-ziativa imprenditoriale di Franco Pianegonda, con l’idea di realizzare gioielli di qualità, inno-vativi e di design capaci di emozionare. Le sue creazioni combinano le

antiche tradizioni dell’oreficeria italia-na, le dominanti tendenze della moda e le più avanzate tecniche stilistiche.

Tipografia Rumor: l’innovazione tecnologica continuaÈ entrata in funzione ai primi di set-tembre la nuova macchina da stam-pa Heidelberg XL 105-10P, la prima installata in Italia.Presentata nel maggio scorso in ante-prima mondiale alla DRUPA di Düs-seldorf, la più importante fiera del settore, offre soluzioni e prestazioni innovative.Il foglio del formato massimo 75x105 esce finito dai 10 gruppi stampa ad una velocità di 15.000 copie all’ora. La tecnologia consente di stampare fino a 5 colori per lato o 10 in linea con una qualità elevatissima.Negli ultimi due anni la Tipografia Rumor ha investito più di 4 milioni di euro per rinnovare gli impianti ed acqui-sire nuove quote nel mercato europeo.

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I l silenzio, gli spazi immensi, il vento, la profondità del cielo, la sensazione chiara e netta di essere in un’altra dimensione, il contrasto di una natura capace di tenere

insieme in un unico sguardo altissime monta-gne innevate e piatte lande desolate. Terra in-credibile, la Patagonia. Difficile da imbrigliare in descrizioni di poche parole. Bruce Chatwin le dedicò il suo libro forse più famoso, “In Patagonia”, e ci mise dentro tutta la sua forza narrativa per evocare la suggestione e l’anima di questo irripetibile angolo di mondo. Un angolo estremo, in fondo al globo, là dove il continente americano si restringe fino a finire con una virgola rovesciata e slabbrata, la Ter-ra del Fuoco.

La Patagonia su due ruote, rigorosamente fuo-ristrada, è stata l’avventu-ra affrontata da due imprenditori vicentini, Alessandro e Mar-co Bocchese, due cugini con aziende operanti nel settore della moda e del tessile: Alessandro nella Miles di Vicenza e Marco nella Bocchese Tessuti, sempre di Vicenza.In gennaio, ovvero al tempo dell’estate suda-mericana, i due imprenditori sono partiti alla volta dell’Argentina e, insieme a un altro paio di italiani e a un gruppetto di francesi, hanno dato vita ad un tour in enduro, ossia in moto da fuoristrada, in uno degli scenari naturali più mozzafiato e ancora incontaminati del pianeta. Arrivati a Buenos Aires dall’Italia, si sono fatti altre tre ore di volo per arrivare al punto di ritrovo. Il giorno dopo, poi, sono par-titi per la prima tappa: dal mitico ghiacciaio del Perito Moreno al Calafate, per 220 chilo-metri di fuoristrada che hanno fatto assaggiare il fascino delle grandi distese e delle grandi montagne patagoniane. “Il Perito Moreno è uno spettacolo mozzafiato: un ghiacciao che finisce a trecento metri sul livello del mare e va a rompersi sul lago che sta sotto. Lascia senza fiato”, racconta Alessandro Bocchese. Nei giorni successivi il gruppo ha fatto tappa

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di Stefano Tomasoni

Due imprenditori vicentini, Alessandro e Marco Bocchese, hanno percorso l’intera Patagonia su moto fuoristrada. Un’avventura tra silenzi assordanti, spazi immensi, natura incontaminata. E qualche incontro “fuori strada”.

Patagonia on the road

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In apertura e nella foto in alto,Alessandro Bocchese nel corso del “raid” motociclistico in Patagonia.Qui sopra,foto di gruppo di tutti i partecipanti.

al Lago Viedma, a El Chalten, al Lago San Martino, alla Cueva de Las Manos sulla fa-mosa Ruta40, al Lago Posadas, per arrivare infine a Los Antiguos. Ogni giorno una ca-valcata bella robusta: da un minimo di 200 a un massimo di 350 chilometri. E ogni sera, sosta per la notte in una delle “estancie” – specie di spartani agriturismi, per dare l’idea – che si incontrano qua e là in Patagonia, e che restano aperte soltanto nel periodo esti-vo, essendo escluso che nell’inverno gelido di queste latitudini qualcuno pensi di arrivare da queste parti.Per dare un’idea del fascino di questi luoghi, basti dire che la classica del fuoristrada d’av-ventura, la Parigi-Dakar, quest’anno per la prima volta annullata per motivi di sicurezza, non sarà più organizzata tra le dune del deser-to, ma si sposterà definitivamente in Sudame-rica, in Patagonia.– Che realtà avete incontrato, dottor Boc-chese, in questo vostro viaggio? “La Patagonia è molto a sud e di conseguen-za ha le stagioni opposte alle nostre: quando da noi è estate laggiù è inverno, e viceversa. E sono stagioni molto forti: un po’ come an-dare al nord della Svezia, sicché durante la nostra estate lì si arriva a venti, venticinque gradi sotto zero, con un vento tremendo. La stagione giusta è quella che va da dicembre a febbraio: sono i mesi più caldi, che raggiungo-no una temperatura di 22-23 gradi, una nostra primavera”.– Da chi era composto il vostro gruppo?“Eravamo dieci piloti, sei francesi e quattro italiani, più la guida e uno che fungeva da ‘scopa’, stava in fondo per chiudere il grup-po con funzione di controllo. Poi c’erano due mezzi di assistenza, una jeep con due mec-canici e una con due medici. Si tratta di tour organizzati dall’importatore argentino della

Beta, un’azienda italiana di Firenze che co-struisce moto da fuoristrada, da enduro. Tutti noi del gruppo siamo infatti clienti Beta. La cosa simpatica è che questo importatore è di origine veneta, sicché eravamo dall’altra parte del mondo, ma ci sentivamo quasi a casa, a sentire parlare veneto”. – Avete incontrato qualche difficoltà par-ticolari?“È stato un percorso abbastanza impegnativo, ma l’organizzazione è stata perfetta, aveva-mo al seguito dei meccanici bravissimi, che controllavano le moto ogni sera. Ogni tanto incrociavamo la Ruta 40, una strada sterra-ta che attraversa tutta l’Argentina. È famosa,

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Un rifornimentodi carburante

durante il viaggio.Nella pagina a lato,

alcune immagini del suggestivo viaggio

in fuoristrada nei grandi spazi della Patagonia.

ma anche noio-sa e un po’ pe-ricolosa, perché si possono rag-giungere veloci-tà molto elevate e c’è il rischio di farsi prendede-re la mano per rompere la noia

di questa strada infinita. Abbiamo scoperto che i punti per il rifornimento di carburante segna-ti sulla carta in realtà a volte erano del tutto a secco: noi avevamo le riserve sulla jeep, ma immagino cosa può capitare a chi si organiz-za contando di trovare il distributore indicato sulla mappa e poi scopre che benzina non ce n’è. La Patagonia è praticamente disabitata, si coprono lunghissime distanze senza mai tro-vare nessuno, perciò la raccomandazione è di affrontarla bene organizzati. Un’altra cosa in-credibile è il vento. Si incontrano spesso alberi piegati a metà, perché sono cresciuti sempre con questo vento che spazza tutto. Poi ogni tanto ci si può trovare in situazioni stranissi-me, come quando, in mezzo al nulla, abbiamo trovato la capanna di un pastore – pastore di pecore, perché mucche e vitelli non ce ne sono per via del freddo invernale – che vive comple-tamente da solo in un posto dove il villaggio più vicino sarà stato a più di cento chilometri”.– E come passa l’inverno, da solo, in mezzo al nulla, a venti gradi sotto zero?“È quello che gli abbiamo chiesto. Ci ha ri-sposto che si arrangiava, che non era poi così improbo”.– Qual è il fascino di questa mitica Patago-nia, raccontata in pagine letterarie diven-tate cult della letteratura di viaggio e di scoperta?“C’è una luce che noi ci scordiamo. Non c’è

inquinamento, non c’è niente, e trovi que-sta luce che è difficile da descrivere: il cielo azzurro, le nuvole che corrono via veloci… è davvero qualcosa di particolare. E poi, la co-sa incredibile di avere le Ande da una parte, con montagne che stagliano alte e con laghi meravigliosi che si allargano alla loro base, e dall’altra parte queste enormi distese brulle: la bellezza e il fascino nasce da questo incredibi-le contrasto: le montagne, l’acqua, il verde e la pianura brulla a perdita d’occhio. E poi quello a cui non sei più abituato: gli spazi immensi. Te ne rendi conto quando vai via: il fatto di tornare in una dimensione dove le distanze sono di un certo tipo, come qui da noi, ricevi un piccolo shock che ti fa ragionare su come qui viviamo uno sopra all’altro. Non riusciamo mai a staccare del tutto perché siamo sempre comunque immersi nella civiltà; lì invece uno davvero si rigenera la mente. Poi si arriva in queste ‘estancie’ ed entri in piccole oasi di civiltà, ma appena esci da lì torni a immergerti in spazi vuoti e immensi.– Quando le è nata la passione per le mo-to da fuoristrada?“Da ragazzo. Il fuoristrada è una cosa che mi è sempre piacuta. Fino a sette-otto anni fa an-davo a fare anche delle gare, a livello amato-riale. Non ero sicuramente un campione, però l’enduro mi è sempre piaciuto, è qualcosa che ti consente di non pensare a nient’altro”. – Questa in Patagonia era il primo tour del genere?“No, sono stato in Egitto, con un itinerario fuoristrada da Cairo fino a Luxor. Non una gara, ma nemmeno un giro turiustico. Per di-vertirsi in una cosa del genere ci vuole un po’ di esperienza, altrimenti diventa complicato, e anche un pochino pericoloso”. – Ha già in mente il prossimo viaggio “fuo-ristrada”?

“In Patagonia c’è una luce che è difficile descrivere. Il cielo azzurro, le nuvole che corrono via”

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“La bellezza e il fascino nasce da questo incredibile contrasto: le montagne, l’acqua, il verde e la pianura brulla a perdita d’occhio. E poi quello a cui non sei più abituato: gli spazi immensi”.

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“Sto valutando la Mongolia, devo approfon-dire, valutare bene l’organizzazione e capire come funziona, sentire l’esperienza di chi c’è già stato. Per organizzare viaggi di questo tipo occorre affidarsi a gente che è sul posto, che ha le moto (spedirle da qui è impensabile), l’assistenza necessaria e tutto”.– Queste esperienze, per una persona che vive nel nostro tipo di società, immersa quotidianamente in un universo di impe-gni, stimoli, relazioni, possono servire an-che per offrire un’occasione di “staccare” in modo netto rispetto alla vita di tutti i giorni. A un imprenditore, secondo lei, servono al rientro in azienda per trovare nuove energie, fare nuove esperienze di vita e conoscenza di se stessi?“Sì. È un po’ un modo per mettersi alla prova: non si tratta di fare una gara, ma un viaggio del genere ti costringe a prepararti, a metterti alla prova. Nel nostro caso si trattava di stare sette-otto ore al giorno di moto, di mangiare e di dormire in modo spartano. È anche un mo-do per tornare a socializzare, per fare incontri che ti fanno riflettere anche sul senso della vita, sul peso da dare alle cose. Avere qualco-sa di impegnativo da fare è il modo giusto di ‘staccare’. Togliere completamente la spina, per una settimana, qui vuol dire stare in un’altra dimensione, come si viveva una volta, e se uno non sa come è andata la Borsa va bene lo stesso. Ci si rende conto che le cose vanno avanti lo stesso, insomma, ti aiuta a rendere tutto più relativo. E poi si torna in azienda

molto più carichi. In spiaggia ti porti dietro i tuoi problemi e pensi a quelli, mentre nel no-stro caso per una settimana devi concentrarii su quello che stai facendo e basta”.

“Togliere completamente la spina, per una settimana, qui vuol dire stare in un’altra dimensione”

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N ei momenti difficili sopravvive chi ha la pelle dura. Anzi mor-bidissima, lavorata con volontà abbinata a intelligenza e a un

pizzico di fortuna. È la ricetta per conciare per le feste la concorrenza. E lei, Chiara Mastrotto, erede di una dinastia famosa in tutto il mondo che il mestiere lo possiede, questi concetti li sa bene e li applica tutti i giorni.Il 2008 per il Gruppo Mastrotto rappresenta davvero un traguardo importante: cinquant’an-ni di attività in un settore difficile come quello della concia, che nel tempo ha cambiato pelle, ha dovuto ripensarsi, evolvendosi di pari passo con i repentini cambiamenti di stili di vita di una società sempre più globalizzata.

Quella dei Mastrotto è una storia di passione e di valori, di legami familiari che inizia nel 1958 ad Arzignano, quando il nonno Arciso, per impedire a uno dei figli, Santo, di emigrare in Venezuela, apre una piccola conceria. I Ma-strotto, furono tra i primi a valorizzare in modo industriale la lavorazione della crosta, il lembo inferiore della pelle, con nuove applicazioni tecnologiche. Così l’azienda, sfruttando il van-taggio competitivo entra nel mondo delle pelli per calzature e da allora non solo il fiore, la parte più pregiata, ma anche la crosta si nobi-lita con effetti moda dal tatto vellutato, talcato, dalle luminescenze madreperlate, dalle stampe a trame geometriche, a scaglie pitonate o dalla semplice valorizzazione degli aspetti naturali.Santo, Bruno, Rino, Angelo, Mario e la sorel-la più giovane Nella, insomma una squadra imbattibile che mette in piedi un impero ma agli inizi degli anni Novanta si divide pren-dendo strade differenti. E Bruno e Santo con il Gruppo Mastrotto spa, affrontano un percorso importante di crescita toccando anche ambiti come l’arredamento e l’automotive. Le parole d’ordine sono ricerca, alta specia-lizzazione, garanzia della qualità certificata,

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di Maria Pia Morelli

Intervista a Chiara Mastrotto, l’imprenditrice di Arzignano che rappresenta la nuova generazione di una famiglia che ha legato il suo nome a quello della concia.

La signoradella pelle

industriaVICENTINA

A fianco,Chiara Mastrotto insieme con il papà Bruno.

informatizzazione, assistenza tecnica e conse-gna celere alla clientela in tutto il mondo, ma una in particolare si rivela vincente: spirito di squadra. Oggi in azienda c’è la terza genera-zione Mastrotto e Chiara insieme alle sue so-relle Rossella, Giovanna e al cugino Graziano si confrontano con l’esperienza dello zio Santo e del padre Bruno, un uomo non di molte pa-role ma dalle idee chiare, convinto che ”l’im-portante non sono tanto i mezzi che si hanno a disposizione ma la testa che li adopera”. Nascono quindi partnership importanti come quella con Ikea che li vede obbligati ad ade-guarsi agli standard di condotta richiesti dalla società svedese, non cosa da poco, ma che li rende ancora più agguerriti e pronti ad affer-marsi in un circuito internazionale.Un’azienda che ha ampi orizzonti e prospetti-ve che però non perde di vista la dimensione umana del lavoro. Nelle loro fabbriche molti sono gli operai immigrati e la Fondazione Ar-ciso Mastrotto Onlus è nata anche per dare un aiuto concreto direttamente ai paesi dai quali essi provengono.Il pellame, che da sempre rappresenta un ma-teriale tutto sommato semplice usato dagli uo-mini principalmente per coprirsi o per rendere più confortevoli le loro case, oggi acquista una valenza di impiego a tutto tondo. E in questo contesto il Gruppo Mastrotto è una grande re-altà societaria che occupa più di 2000 dipen-denti con unità produttive oltre che in Italia, in Brasile e in Indonesia, con uffici commer-ciali in Cina e in altre 40 nazioni, proprio per soddisfare quella continua attenzione ai mer-cati internazionali e ai paesi emergenti.– Il vostro settore dagli anni Sessanta vi-ve di andamenti tra picchi e contrazioni. Quale potrà essere il nuovo modello di sviluppo?“Le aziende che guideranno la crescita saran-

no notevolmente differenziate e con esse tutto il processo. Da una parte le piccole concerie che sapranno fare della pelle made in Italy un prodotto di nicchia, fornendo un servizio estremamente flessibile nelle quantità e ri-spondente alle esigenze del fashion. Dall’altra i grandi gruppi industriali conciari capaci, in un mercato globale, di fornire affidabilità, elevati standard qualitativi, tecnologia e ri-cerca, continuità in un’ottica di vera e propria partnership con importanti clienti del mondo calzaturiero, dell’arredamento, della pelletteria e dell’automotive e con fornitori globali”.– Dire concia significa parlare di processi a alto impatto ambientale, perché l’allerta generale è forte. È sufficiente quello che si è fatto fin ora?“È stato fatto molto, basti pensare che il fiu-me Chiampo, che passa per Arzignano, era famoso negli anni Sessanta e Settanta per le sue acque di svariati colori; da alcuni decenni invece, quelle stesse acque sono popolate di pesci e nelle loro anse trovano riparo colo-nie di anitre. Ciò è stato possibile perché il distretto ha realizzato il più grande impianto europeo di depurazione delle acque industriali, basato su metodologie biologiche e moltissime concerie si sono dotate di ulteriori sistemi di depurazione interni. Oltre all’osservanza della legislazione ambientale, molte aziende hanno adottato pratiche ambientali su base volonta-ria. Il Gruppo Mastrotto ad esempio si è dotato spontaneamente di un termocombustore che

“Le aziende che guideranno la crescita saranno notevolmente differenziate e con esse tutto il processo. Da una parte le piccole concerie che sapranno fare della pelle made in Italy un prodotto di nicchia.

Dall’altra i grandi gruppi industriali conciari capaci, in un mercato globale, di fornire affidabilità, elevati standard qualitativi, tecnologia e ricerca”.

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depura 80 mila metri cubi di aria all’ora e ha progressivamente abbandonato i prodotti chi-mici basati su solventi, privilegiando sistemi di rifinizione della pelle a base acquosa, valo-rizzando così quella responsabilità sociale che oggi il fare impresa richiede.L’Europa è particolarmente sensibile a queste tematiche e ha approvato il ‘Reach’, un siste-ma molto rigido per l’utilizzo di sostanze chi-miche pericolose. Ciò garantirà maggior tutela per la salute del consumatore, rappresentan-do un motivo di crescita per il settore della ricerca industriale. Il nostro appello, come imprenditori, è però che, a vantaggio di una leale concorrenza, queste regole siano valide per tutti ed estese anche all’importazione di moltissimi manufatti che sfuggono ai controlli più basilari”.– Voi avete delocalizzato spostando anche

all’estero, in Indonesia e Brasile, parte della produzione ma conservando la testa pensante dell’azienda in Italia. È stata una scelta obbligata?“Decisioni di tipo strategico: in Brasile, primo paese al mondo per la macellazione di bovini, per essere più vicini ai nostri fornitori e in Indonesia, strategica per il continente asia-tico, per essere più vicini ai nostri clienti. In entrambi i casi abbiamo esportato la migliore tecnologia conciaria in un’ottica di presenza e sinergia globale. L’obiettivo è di sviluppare nuove strategie non facendo capo soltanto ad una ‘testa pensante italiana’, ma anche grazie all’apporto sinergico di culture diverse che possano implementare e rafforzare la nostra”.– La Norvegia è oggi la nazione con le im-prese più “rosa” al mondo: seconda la Sve-zia con il 19% seguita dagli Stati Uniti con il 15% di presenza femminile nei cda. In Italia, nelle imprese private raggiungiamo invece, il 4,9%, secondo la fonte CONSOB. Il potere quindi è sempre saldamente in mano agli uomini. Ma almeno sono bravi?“Ci sono industriali molto capaci che hanno fatto grande l’Italia e poi ci sono i loro figli che non è detto ereditino geneticamente lo spirito imprenditoriale. In questa seconda categoria vedo molte persone “adagiate”, che non hanno ancora capito che oggi, come è stato per i no-stri padri il dopoguerra, è tempo di rimboccarsi le maniche e rifondare le nostre imprese, con nuovi modelli di sviluppo. Pur avendo buona formazione, ci mancano spesso curiosità e pas-sione che hanno fatto grande la generazione di imprenditori precedente alla nostra.Per quanto riguarda le donne imprenditrici, ce ne sono di molto preparate, capaci e con gran-de visione strategica, ma sono ancora troppo poche, anche perché ad un certo punto si vedono costrette a fare una scelta di famiglia.

personaggi

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Quello che manca quindi non sono le donne che vogliono fare impresa, ma adeguati pro-getti di tutela della famiglia e di assistenza al-la prima infanzia che permettano alle donne di non dovere scegliere tra famiglia e business”.– Imporre dazi a Pechino per proteggere il prodotto nazionale danneggia, anziché aiutare, un mercato già abbastanza de-presso. È d’accordo?“Non credo che potremo costruire il futu-ro della nostra economia stando a discutere dell’opportunità o meno di imporre dei dazi. Da sempre un’economia libera è quella che promuove lo sviluppo e oggi in un mercato globale le grandi minacce possono e devono essere affrontate come nuove opportunità di business. Ciò che invece dovrebbe essere ga-rantito è il rispetto delle medesime regole per tutte le aziende relativamente a difesa dei la-voratori, salute e sicurezza sul posto di lavoro, tutela dell’ambiente e osservanza della norma-tiva fiscale”.– È la cultura del merito a dover assume-re assoluta centralità. Ma per fare questo cosa occorre fare?“Occorre promuovere l’adozione di strumenti premianti per quei gruppi di lavoro come re-parti ospedalieri, uffici e pubbliche ammini-strazioni, che realizzano risultati di successo. E inoltre si deve avere la possibilità di fare la guerra ai famosi ‘fannulloni’ che invadono il settore della collettività, ma sono presenti an-che nel privato. Sappiamo infatti che un treno ha la velocità del suo vagone più lento e per-tanto senza un’adeguata flessibilità nel merca-to del lavoro noi imprenditori saremo costretti a tollerare inefficienze e a viaggiare pesanti. Mentre oggi più che mai, abbiamo bisogno di avere al nostro fianco, a tutti i livelli, persone che contribuiscano responsabilmente alla cre-scita qualitativa delle nostre aziende”.

– Fra le persone di sua conoscenza a chi farebbe “un monumento”?“A mio papà Bruno, che è un imprenditore illuminato, perché ha saputo con coraggio fondare un’azienda leader nel settore concia-rio, sapendo scegliere i propri collaboratori, anticipando sempre il mercato con soluzioni e tecnologie di avanguardia. Papà è testimone di una vita vera basata sui valori del lavoro, con ‘55 anni di conceria’, come dice lui; della famiglia, con oltre 40 anni di matrimonio, di forte attivismo nel campo del volontariato in varie associazioni e ora anche con la Fonda-zione Arciso Mastrotto, intitolata a mio non-no. Vorrei dedicargli un monumento perché è un uomo sensibile, che sa ascoltare, che si pone a fianco dei proprio dipendenti, che sa guardare con affetto i suoi nipotini e lottare ancora per sviluppare una strategia di succes-so per le nostre aziende, ma soprattutto perché è il papà che ogni figlio sogna”.

“Un treno ha la velocità del suo vagone più lento e pertanto senza un’adeguata flessibilità nel mercato del lavoro noi imprenditori saremo costretti a tollerare inefficienze e a viaggiare pesanti”.

“Non credo che potremo costruire il futuro della nostra economia stando a discutere dell’opportunità o meno di imporre dei dazi”

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U n celebre detto popolare invitava un tempo a studiare l’arte ma a metterla da parte. Come a dire: lavoro e fruizione estetica sono

campi distinti, incomunicanti. La tendenza sta cambiando. Ora non è così assurdo vedere un imprenditore con in mano un pennello al po-sto della bacchetta utilizzata per segnare l’an-damento dei grafici aziendali; un manager che modella il gesso anziché essere alle prese con le slide di power point; il dirigente dell’Ulss che assembla tasselli colorati invece di sfo-gliare un business plan.In fin dei conti, chi ha detto che le idee in-novative per un’impresa arrivano da noiosi briefing e non invece plasmando la creta o componendo un collage?Potenza di C4 (Centro Cultura Contemporaneo Caldogno), il primo progetto italiano di forma-zione per l’impresa che attraverso l’arte con-temporanea mira a sviluppare le competenze professionali.La sede del centro (direttore artistico è il cura-

tore e critico Luca Massimo Barbero) introduce degnamente agli scopi sociali: la palladiana Villa Caldogno nell’omonimo comune, con tanto di parco e annesso bunker risalente alla Seconda guerra mondiale, che sarà ristruttura-to per ospitare mostre, laboratori, eventi. L’edi-ficio principale diventa a sua volta galleria espositiva coinvolgendo artisti che vengono invitati a confrontarsi con gli spazi della villa.«La tesi che sorregge il disegno di C4 – spiega Elena Ciresola, responsabile della formazione – è che l’arte contemporanea possa essere una palestra attrezzata che fornisce utili strumenti per far comprendere la realtà a protagonisti diversi».«Lo scenario competitivo – è l’analisi di Pierluigi Sacco, docente di Economia della cultura – obbliga imprese e territori a svilup-pare processi di innovazione radicale oggi indispensabili per rimanere competitivi. Pro-cessi che, per la loro stessa natura, non sono standardizzabili. Non esiste una ricetta al ri-guardo, non esiste un’esperienza adatta per

Si chiama “C4” e la sigla sta per Centro Cultura Contemporaneo Caldogno. È il primo progetto italiano di formazione per l’impresa che attraverso l’arte contemporanea mira a sviluppare le competenze professionali.

di Alessandro Zaltron

L’arte di crescere con l’arte

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Qui sopra,immagini di Villa Caldogno, sede di C4.In apertura,al lavoro con l’arte,nei laboratori del Centro.

tutte le occasioni. Si è quindi iniziato a lavo-rare per strade e percorsi diversi. Un numero crescente di esempi ci dice che la formazione legata all’accesso a esperienze culturali, o più in generale a contesti nei quali le persone so-no costrette a rimettere in discussione i propri schemi mentali, può essere un elemento stra-ordinario per generare innovazione».Gli imprenditori lo sanno bene. Non basta più la dotazione tradizionale, per situazioni che cambiano rapidamente, e però il loro carattere mutevole non esige soluzioni univoche. Ergo, l’arte assurge a sistema educativo sufficien-temente duttile per leggere e decodificare il presente nel suo evolversi.Affrontare la realtà senza certezze precostitu-ite rappresenta l’unica via per non rimanerne schiacciati.I corsi di C4 sono rivolti a un ampio target – compresi studenti universitari e insegnanti –, però a incuriosire è la proposta studiata per manager e funzionari della pubblica ammi-nistrazione. I partecipanti svolgono dei labo-ratori assieme ad artisti selezionati. Devono disegnare, dipingere, scolpire, sagomare, sia individualmente che assieme ai colleghi, se-condo indicazioni dell’artista.«La struttura del nostro progetto formativo motiva i manager, attraverso gli strumenti dell’arte, a utilizzare condizioni “creative” in situazioni estranee ai mondi professionali, ma leggibili poi come metafore dei comportamenti organizzativi – chiarisce Elena Ciresola –. L’esperienza ha dato particolare significato all’attivazione di una fase laboratoriale, in cui i manager provano a costruire con i materiali dell’artista un compito assegnato, al termine del quale c’è un’interpretazione in termini aziendali del prodotto finale».Per uscire dalle impostazioni rigide e da «quel che si è sempre fatto» (innovazione), escogi-

tare prodotti/servizi e soluzioni (creatività) e collaborare al meglio con fornitori, clienti, col-laboratori (rete), l’arte contemporanea si rivela dunque strumento efficace perché, mutatis mu-tandis, progettare e realizzare un’opera riprodu-ce la metodologia di governo dell’azienda.Partner di C4 sono il milanese UniCredit Group con l’iniziativa “UniCredit e l’arte” e “A scuola di Guggenheim”, progetto formativo della Col-lezione Peggy Guggenheim di Venezia; sono coinvolte anche aziende vicentine d’innova-zione come Arclinea, Dainese, Deroma, Grup-po Maltauro, Telwin, Trend Group.Il loro obiettivo è costruire un nuovo modello nel rapporto tra cultura e mondo delle imprese volto a favorire lo sviluppo del territorio loca-le. E in effetti le aziende aderenti instaurano, mediante l’istituzione di Caldogno, un diverso confronto con l’arte che non si esaurisce nella mera sponsorizzazione culturale o nell’acqui-sizione mecenatica di opere.L’impresa stessa può diventare un’opera d’arte grazie alla vena dei suoi protagonisti, chiama-ti a pensare in termini “artistici” anche se si tratta di risolvere piccoli problemi quotidiani, specialmente organizzativi, e ad attivare uno sguardo laterale quando la piatta visione fron-tale non suggerisca spunti all’altezza. Insom-ma, impara l’arte e non metterla da parte.Una cosa è certa. Apprezzamenti come «Quell’azienda è un capolavoro» non sembre-ranno più, d’ora in avanti, fuori luogo.

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AssoflashRenato Munaretto presidente del Raggruppamento di ThieneRenato Munaretto, 47 anni, socio dell’impresa di costruzioni F.lli Mu-naretto di Thiene, è stato eletto alla presidenza del Raggruppamento di Thiene dell’Associazione. È subentrato a Paolo Mariani, giunto a fine man-dato. Munaretto (nella foto, a sinistra, insie-me con il presidente dell’Associazione Roberto Zuccato e con Paolo Maria-ni) ha lasciato di recente la carica di presidente della Sezione Manufatti in cemento, gesso e prefabbricazione ed è ora vicepresidente della Sezione Cemento, Calce, Laterizi, Ceramica, Ve-tro, Abrasivi, Manufatti in cemento e Prefabbricazione. È anche consigliere

della Sezione costruttori edili. Come presidente del Raggruppamento di Thiene, guiderà per il prossimo bien-

nio un consiglio direttivo composto da Luigi Andrighetto (Elteco, Breganze), Roberto Brazzale (Brazzale, Zanè), Artenio Fabris (Penta, Fara Vicentino), Mario Lievore (SIMAS Asiago Immobi-liare, Asiago), Paolo Mariani (Mariani, Carrè; past president), Loris Mattei (Legnopan, Chiuppano), Vania Sperot-to (Sperotto Carrozzerie Industriali, Sarcedo), Massimo Stella (Estel Offi-ce, Thiene) e Rinaldo Zuccato (Ares Enigeering, Carrè).

Massimo Carboniero vicepresidente di UCIMU

Massimo Carboniero è stato nomina-to vicepresidente di UCIMU-Sistemi per Produrre, l’associazione dei co-struttori italiani di macchine utensili, robot e automazione.

Già presente in qua-lità di consigliere nel direttivo di UCIMU, Carboniero è anche membro della giun-ta di Confindustria V i cenza e de l l a giunta di Confindu-stria Veneto. Per UCIMU si oc-cupa anche del co-ordinamento della attività del comita-to marchio UCIMU preposto allo svilup-po di progetti volti a

promuovere presso gli utilizzatori di tutto il mondo il marchio di qualità per l’industria italiana della macchina

utensile, che occupa il quarto posto nella graduatoria mondiale di produ-zione di settore e il terzo in quella di esportazione.Carboniero, 49 anni, è direttore gene-rale e contitolare di Omera, società di Chiuppano leader nel settore delle macchine utensili lavoranti per de-formazione, comparto nel quale gli italiani eccellono, occupando il vertice della classifica mondiale di produ-zione davanti a Germania, Cina e Giappone.Con un fatturato che nel 2007 ha raggiunto i 18 milioni di euro (fattu-rato che sale a 33 milioni se si consi-derano le società partecipate) Omera è specializzata nella produzione di presse oleodinamiche e meccaniche, rifilatrici automatiche e semi-automa-tiche, cesoie e punzonatrici, linee au-tomatiche per la deformazione della lamiera.

industriaVICENTINA

Progetto Metalli puliti: inaugurato il nuovo reparto nell’officina del carcere di VicenzaÈ stato inaugurato presso l’officina at-tiva all’interno della Casa circondaria-le S.Pio X di Vicenza, il nuovo reparto di lucidatura dell’alluminio e di acciai speciali, che consente di dare avvio ad una nuova attività di lavoro rivolta ai detenuti del carcere. Il reparto ha ricevuto la benedizione del Vescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia.È arrivato così in porto il “Progetto Metalli puliti”, promosso in primis da Confindustria Vicenza con la Coopera-tiva Saldo&Mecc che opera da anni all’interno della casa circondariale di Vicenza.La nascita del nuovo reparto è di-venuta realtà in soli nove mesi. Si tratta di un nuovo importante punto di riferimento nelle attività di recupe-

ro e reinserimento nella società che l’istituzione carcere potrà sviluppare nei confronti dei detenuti. Il progetto del nuovo reparto produt-tivo è dedicato espressamente alla lucidatura dell’alluminio e di acciai speciali, fasi lavorative molto ricercate dalle imprese vicentine e per le quali c’è dunque parecchia richiesta di pro-fessionalità e manodopera da parte del mercato.

Sicurezza sul lavoro, siglato accordo con i sindacati Confindustria Vicenza, Cgil, Cisl e Uil hanno siglato un accordo sindacale in tema di salute e sicurezza sul lavoro che consentirà la programmazione e realizzazione di iniziative congiunte in materia di sicurezza, utilizzando risorse pubbliche e private messe a disposizione allo scopo. L’attività, in

concreto , sarà concordata e pro-gettata tramite l’Organismo Pari-tetico Provinciale (OPP), già previsto per legge. L’accordo è stato firmato dal pre-sidente dell’Asso-ciazione, Roberto Zuccato, e dai se-gretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Mar ina Berga-min, Luigi Copiel-

lo e Ricardo Dal Lago. L’intesa intende favorire la crescita della cultura della sicurezza a par-tire dal mondo della scuola e della formazione professionale, fornire alla Prefettura elementi utili a diffondere le buone pratiche fin qui sperimen-tate dalle parti, individuare le aree merceologiche o professionali verso cui fare formazione mirata, favorire la creazione di un osservatorio pro-vinciale dell’andamento infortunistico, censire e utilizzare le possibili fonti di finanziamento disponibili per il soste-gno delle iniziative, incontrarsi perio-dicamente a livello di OPP per fare il punto del lavoro svolto e dell’attività da realizzare. “La sicurezza sul lavoro è un tema prioritario nel mio programma, sul quale siamo chiamati a impegnarci tutti sempre di più – dice Zuccato –. Questo accordo dimostra una impor-tante condivisione di obiettivi tra im-prenditori e sindacati: stiamo lavoran-do insieme con un unico scopo, quello di realizzare un progetto a vantaggio della salute dei lavoratori”.

associazione52

L’istruzione tecnica e scientifica al centro dell’edizione 2008 di “Orientagiovani”“Giovani, scienza, tecnologia”. È stato questo il tema dell’edizione 2008 di Orientagiovani, la giornata nazionale sull’orientamento scolastico rivolta ai docenti delle scuole medie inferiori, organizzata in tutta Italia da Con-findustria e giunta alla sua quindice-sima edizione. Come da tradizione, Orientagiovani ha fatto tappa an-che nel Vicentino: su organizzazione di Confindustria Vicenza, la giornata dell’orientamento si è svolta in quat-tro aree della provincia con la formu-la della visita aziendale, per portare i docenti a conoscere da vicino le caratteristiche attuali del mondo pro-duttivo, le competenze che le azien-de ricercano nei futuri collaboratori e le risposte che attendono dal sistema della formazione.“Quest’anno è stato scelto il tema dell’istruzione tecnico-scientifica – osserva Giuseppe Zigliotto, vicepre-sidente di Confindustria Vicenza con delega per l’Education –. Il grado di pervasività della cultura scientifica nella vita civile, nell’ambiente sco-lastico e nelle imprese favorisce lo sviluppo e rende il paese più dinami-co e competitivo: tutti i settori sono ormai caratterizzati da alte cono-scenze tecnico-scientifiche e l’innova-zione, tecnologica e organizzativa, è diffusa anche nelle aziende di minori dimensioni”.

In visita a Vicenza una delegazione economica brasiliana guidata dal governatore del Mato Grosso do SulIn occasione della visita in Italia del Governatore del Mato Grosso do Sul, André Puccinelli, l’Associazione ha ospitato un incontro tra una de-legazione economica brasiliana pro-veniente da quello stato e gli opera-tori economici vicentini interessati alle relazioni con il Brasile.

Il Mato Grosso do Sul è uno degli Stati più interessanti del Brasile per lo sviluppo economico in atto e gli investimenti che il governo regionale intende realizzare nei suoi settori guida (agroalimentare, turismo, energia, ambiente, nuove tecnologie manifatturiere, alleva-mento bovino).Nella foto Massimo Carboniero, delegato di Confindustria Vicenza per l’energia, con il governatore Puccinelli (rispettivamente quarto e quinto da sinistra).

“16 ore”, formazione obbligatoria per chi inizia a lavorare in ediliziaIl nuovo contratto nazionale di lavoro del settore edile prevede, all’artico-lo 91, che ogni volta che l’impresa procede all’assunzione di un lavora-tore senza precedenti esperienze in edilizia, debba inviarlo in formazione per due giornate (16 ore) prima che inizi il lavoro. La norma diventerà ob-bligatoria dal 1° gennaio prossimo. In provincia di Vicenza l’unica strut-tura titolata a svolgere e certificare

questo percorso formativo è la scuola edile “Andrea Palladio”. Le 16 ore, gratuite, ver-ranno frequentate dal la-voratore prima del primo giorno di assunzione e non hanno dunque alcun peso economico per l’impresa. Il Ministero del Lavoro e l’INAIL hanno fatto propria

l’iniziativa di formazione e, insieme al sistema Formedil delle Scuole Edili, sono titolari dell’iniziativa.La Scuola Edile di Vicenza, in vista dell’entrata in vigore di questo obbligo di legge, ha avviato in questi gior-ni una sperimentazione anticipata, mettendo a disposizione di tutte le imprese edili vicentine, regolarmente iscritte alla Cassa Edile di Vicenza, il corso di formazione di 16 ore, in mo-duli di due giorni che si svolgeranno tutti i lunedì e i martedì e che sono già programmati per l’intero 2009.

industriaVICENTINA

“Storie d’impresa”, i vincitori della settima edizione del concorso Si è conclusa la settima edizione del concorso “Le Storie d’Impresa”, pro-mosso dalla Commissione Scuola di Confindustria Vicenza e rivolto alle scuole superiori di tutta la provin-cia per favorire la collaborazione fra scuola e impresa. Oggetto del concorso è la realizzazio-ne scritta di una “storia d’impresa” da parte degli studenti, chiamati a sce-gliere un’azienda da raccontare, a vi-

sitarla e a conoscerla a fondo per poi raccon-tarne la storia, l’idea imprenditor iale di fondo, l’organizzazio-ne attuale, i prodotti, le strategie future. Il concorso è articola-to in sette fasi ter-ritoriali all’interno della provincia, che ven-gono vinte da altrettante scuole. Quest’anno vincitrice assoluta del concorso è stato l’ISIS di Asiago, che ha realizzato la storia aziendale del Caseificio Pennar. Secondo classificato

l’ITAS “Tren-tin” di Lonigo, con l’azien-da FTG Safety Shoes. Al terzo posto l’ITCG “Pasini” di Schio con la storia della Tam&Co.

osservatorio54

ndamento lento, anche nella seconda parte dell’anno L’indagine congiunturale dell’As-

sociazione relativa al secondo trimestre 2008 ha evidenziato un andamento complessivamente negativo dei princi-pali indicatori economici vicentini.La produzione industriale ha registrato un calo dell’1,2% (+1,7% nel trimestre precedente, +5,4% nel corrisponden-te periodo del 2007). Il fatturato ha mostrato il seguente andamento: Italia -0,7%, Europa +1%, extra-UE -2,1%.Disaggregando il dato generale, anche le piccole imprese (fino a 100 dipen-denti) hanno registrato un andamento negativo della produzione industria-le (-1,6%) e delle vendite sul mercato interno (-0,9%) ed extra-Ue (-4,5%). Positive, invece, le esportazioni verso l’Europa (+1%).E’ peggiorato quindi il contesto con-giunturale in cui operano le azien-de: esportazioni verso i paesi extra-Ue più deboli a causa dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro, aumento dei prez-zi delle materie prime in particolare del petrolio che ha toccato i 150 dollari.La consistenza del portafoglio ordini presenta ancora una situazione tesa, così come indicato anche dal periodo di lavoro assicurato che non risulta supe-riore a tre mesi nell’86% delle aziende.A livello occupazionale, le indicazioni delle imprese hanno segnalato una so-stanziale stabilità del numero di addetti. Il 22% delle ditte ha dichiarato aumenti nel numero degli addetti, a fronte del 16% che ha registrato diminuzioni. Il saldo è risultato così pari a +6 (+9 nella precedente rilevazione; +6 nel 2° trime-stre dello scorso anno).Rispetto al precedente trimestre è au-mentata la quota di aziende che se-gnala ritardi negli incassi (dal 33% al

38%) e la percentuale di imprese che denuncia tensioni di liquidità (dal 19% al 23%).Le aspettative del mondo imprendito-riale vicentino per la seconda parte del 2008 non fanno intravedere particolari segnali di miglioramento.Si prevedono, infatti, andamenti in calo della produzione (-1,8%), delle vendite sul mercato interno (-1,9%) e dell’oc-cupazione (-0,7%). Le esportazioni, in-vece, dovrebbero registrare un leggero aumento (+0,4%).Secondo quanto rilevato dal Centro

Studi Confindustria, la riduzione del clima di fiducia delle imprese manifat-turiere a giugno indica forte debolezza dell’attività produttiva anche nel terzo trimestre.In questo contesto abbastanza incerto, solamente il 19% delle aziende (16% nella precedente rilevazione) prevede incrementi del livello degli investimen-ti; inoltre continua ad aumentare la quota di aziende che dichiara di non avere in programma alcun investimen-to per i prossimi mesi (dal 35% nel trimestre precedente al 39%).

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produzione export

2007 2008

Produzione ed export

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Alimentare

Grafica e carta

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Produzione2º trimestre 2008

Saldi di opinione

A

industriaVICENTINA

La rilevazione viene effettuata su un campione di aziende con significativi

indicatori economico-finanziari

Conto correnteTasso franco commissione 8,73 %max scopertoSpese per operazione 1,58Valuta per assegni 3,1 gg. Lav.fuori piazzaAnticipi su fattura/contrattiTasso aperto 5,3 %Smobilizzo italiaTasso sbf 5,12 %Commissione incasso effetti 2,97 %cartaceoCommissione incasso effetti 2,45 %elettronicoValuta portafoglio cartaceo 4,4 gg. lav.Valuta portafoglio elettronico 5,1 gg. lav.Operazioni con l’esteroTasso per anticipi export 5,15 %Spread a favore della banca 0,26 %su eurodivisaCrediti di firmaFidejussione italia 0,59 %Indicatori di riferimentoBce 4,25 %Euribor 3 mesi lettera 365 5,034 %Rendimento lordo 4,7 %titoli pubblici

Gen 07 3,799Feb 07 3,864Mar 07 3,938Apr 07 4,021Mag 07 4,118Giu 07 4,200Lug 07 4,267Ago 07 4,565Set 07 4,802Ott 07 4,769Nov 07 4,686Dic 07 4,927Gen 08 4,429Feb 08 4,422Mar 08 4,624Apr 08 4,838Mag 08 4,924Giu 08 5,001Lug 08 5,028Ago 08 5,034Sett 08 5,062

Fonte: nostre stime

Euribor 3 mesi

Tassi e condizioni bancarie al 31 agosto 2008

2003 2004 2005 2006 2007Popolazione 819.297 831.356 838.737 844.111 852.242

Famiglie 314.759 322.325 327.124 331.218 337.268

Imprese attive

non agricole 63.446 64.193 64.960 65.708 66.079

Occupati 376.000 374.000 374.000 372.000 374.000

– in agricoltura 12.000 14.000 10.000 12.000 12.000

– nel settore produttivo 193.000 176.000 175.000 174.000 171.000

– nel terziario 171.000 184.000 189.000 187.000 191.000

Tasso disoccupazione 2,5% 3,3% 3,5% 3,7% 3,4%

Fatturato industria 40,9 miliardi € 42,5 miliardi € 42,2 miliardi € 43,5 miliardi € 44,7 miliardi €

Esportazioni 10,6 miliardi € 12,0 miliardi € 11,7 miliardi € 13,8 miliardi € 13,3 miliardi €

Importazioni 6,0 miliardi € 6,6 miliardi € 6,5 miliardi € 7,8 miliardi € 7,7 miliardi €

Reddito lordo 19,7 miliardi € 20,miliardi € 20,6 miliardi € 21,8 miliardi € –

Sportelli bancari 606 605 617 639 655

Impieghi bancari 21,0 miliardi € 21,5 miliardi € 23,2 miliardi € 25,2 miliardi € 28,3 miliardi €

Depositi bancari 8,7 miliardi € 9,4 miliardi € 9,7 miliardi € 10,0 miliardi € 10,4 miliardi €

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008Gennaio 1,9 1,5 2,2 3,0 2,4 2,8 2,2 1,9 2,2 1,7 2,9

Febbraio 2,1 1,4 2,4 3,0 2,5 2,6 2,3 1,9 2,1 1,8 2,9

Marzo 2,1 1,3 2,5 2,8 2,5 2,7 2,3 1,9 2,1 1,7 3,3

Aprile 2,1 1,5 2,3 3,1 2,4 2,7 2,3 1,9 2,2 1,5 3,3

Maggio 2,0 1,5 2,5 3,0 2,3 2,7 2,3 1,9 2,2 1,5 3,6

Giugno 2,1 1,4 2,7 3,0 2,2 2,7 2,4 1,8 2,3 1,7 3,8

Luglio 2,1 1,7 2,6 2,9 2,2 2,7 2,3 2,1 2,2 1,6 4,1

Agosto 2,1 1,7 2,6 2,8 2,4 2,8 2,3 2,0 2,2 1,6 4,1

Settembre 2,0 1,8 2,6 2,6 2,6 2,8 2,1 2,0 2,1 1,7

Ottobre 1,9 2,0 2,6 2,5 2,7 2,6 2,0 2,2 1,8 2,1

Novembre 1,7 2,0 2,7 2,4 2,8 2,5 1,9 2,2 1,8 2,4

Dicembre 1,7 2,1 2,7 2,4 2,8 2,5 2,0 2,0 1,9 2,6

Media annua 2,0 1,7 2,5 2,7 2,5 2,7 2,2 1,9 2,1 1,8

Scheda generale della provincia di Vicenza (2003-2007)

InflazioneVariazione %

translation56

Cooking tools

Based in Sarcedo, Smalvic manufac-tures and sells cookers, ovens and free-standing cookers under its own trademark and for third parties. The company now celebrates its fifty years of business, which coincide with the history of the evolution of Italian con-sumer goods. Smalvic embodies such a heritage of values and is increasing-ly committed to manufacturing cook-ware exclusively devised, designed and made in Italy.Established in 1958 as Officine e Smalter ie Vicent ine by Enr ico Dell’Orto, it was the first company in Italy to make household built-in appli-ances. In the following years, the com-pany strengthened its flexibility and increasingly focused its business on the manufacture of ovens and cook-ers both under the Smalvic trademark and for the leading kitchen manufac-turers in Italy such as Arclinea, Snaid-ero, Febal.Smalvic has recently begun to design and make free-standing cookers, i.e. technologically advanced, high-pro-file products. It successfully contin-

ues to manufacture cookers for the home and the professional user. Its core business, which includes elec-tric and gas cookers, is undergoing a major change, going from standard-size built-in kitchens to different sizes made to adequately meet new kinds of requirements in kitchen design.Since 2004 Paola Gasparini, the founder’s grand-daughter, Enrico Dell’Orto, has been the managing director of Smalvic.The company has currently 100 em-ployees and a 30,000 sq m factory, which includes different shops such as enamelling, moulding and process-ing of semi-finished products; the pro-duction area is equipped with its own quality control laboratory.The company’s annual output amounts to approx. 100,000 items, sold through dealers operating both on the domestic and on the interna-tional markets.The company is strongly export-ori-ented, as proved by export figures: 60% of its output is sold both in Eu-rope and on non-European markets

such as the Middle East, the Far East, the USA, Australia and New Zealand.“The key ideas underlying production at Smalvic may be summed up as fol-lows: manufacturing quality products, offering technologically advanced so-lutions in order to meet all the various needs in cookery and ensuring excel-lent energy saving standards – says Paola Gasparini –. One of our priori-ties is still strengthening our position on international markets, as well as promoting flexibility in meeting our customers’ needs, which may both concern leading kitchen brands or the end consumer.The company is indeed committed to research in design so as to offer custom-made products.The commitment to environmental issues and the impact of industries on the territory are and have always been a priority for the company, as proved by the establishment of a wa-ter purification plant in 1977 pro-moted by Smalvic and other Venetian enterprises. “Our link with the terri-tory is equally important: our history and vocation make up the company’s ethical values and a benchmark for everyone in the company”.

Schio studiesthe “big bang”

In the past few weeks the news of an LHC particle accelerator kept the world staring at the underground Cern laboratory in Geneva.The new, mammoth apparatus, which should enable scientists to search for

industriaVICENTINA

the God particle and shed light on the Big Bang, was made also thanks to highly-qualified Italian companies, consisting of over 50 small and medi-um-sized firms. This important experiment in modern physics involved Zanon Spa and Csc Spa, two companies of Schio, within the province of Vicenza, which manu-facture boilers and special compo-nents, and are equipped with internal departments in collaboration with in-ternational research centres.The cooperation of Zanon with Cern, but also with other leading laborato-ries such as Desy of Hamburg or Infn of Italy, began in the 1980s and grew over the years in the fields of ultra-high vacuum and super conductive.The Lhc accelerator project began in the mid 1990s and resulted in the making of about 15 prototypes for the cryostats which make up the circular ring and were used in the fabrication of the accelerator.Zanon also carried out preliminary studies on the Atlas detector made within the ring, and manufactured a section of it, which measured 10x5 m. The company also manufactured and installed all the thermal screens. As it is one of the few companies specialised in electron-beam welding, which was required by the Lch, Zanon built special components such as cop-per cavities, as well as supported the other Italian companies involved in the project in this type of welding.“Over the years – says Giorgio Corni-ani, head of the physics department – we have acquired great expertise,

which enables us to deal with projects requiring extreme basic requirements, which only few companies can meet”.Established in 1919, soon after the end of the Great War, Zanon has 200 employees who basically handle the production of pressure equipment, vacuum and high vacuum chambers and containers, ultrahigh vacuum components, inner parts of trial reac-tors and circuits, together with heat exchangers, reactors, columns, auto-claves, and piping systems and com-ponents for nuclear power stations.Zanon also supplies industries with CNC turning, milling, boring, brazing and various types of welding such as Mig, Tig, plasma, Eb, robot, orbital or narrow gap, thermal and vacuum treatment, ultrasound cleaning and electrocleaning.The other top-performing company within the Vicenza area is Csc Spa, a young company set up in 1976 by five families. Now it’s the second generation who is running the company. The four directors are Riccardo Pa-mato, Adelucio Dal Santo, Marco Scor tegagna and Franco Dalle Car-bonare.The company’s factor ies where the manufacture and sale of special materials take place cover a 4,000 sq m area, together with over 1,700 sq m of un-covered area in Via Lago

Maggiore, in the centre of the indus-trial site in Schio.“Right from its establishment – ex-plains Riccardo Pamato, head of the research department, Csc has al-ways worked in the field of research, where we cooperated with leading space agencies such as Avio, ex-Fiat Avio, physics agencies such as Cern, Jet – a British laboratory, and Enea and Infn, and motor racing industries such Ferrari and Aprilia”.Relations with the Geneva labora-tory began in 1991 and until 1998 the company manufactured 120 he-lium cans used in the Lep accelera-

3/2008

INDUSTRIAVICENTINA

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La “Camera” di Mincato Vittorio Mincato spiega, da presidente, il nuovo ruolo della Camera di Commercio di Vicenza

English abstract inside

TRASPORTI ECCEZIONALI Un’indagine sul trasporto merci, sulle direttrici di scambio e sulla rete infrastrutturale del Vicentino

English abstract inside

Le nuove “tigri”

Non ci sono soltanto Cina e India, nel continente asiatico. Ci sono anche altri paesi e altri mercati sempre più strategici: Thailandia, Vietnam, Malesia... nuove “tigri asiatiche” al centro di un’area verso la quale cresce l’attenzione delle imprese vicentine.

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Industria Vicentina210x280.qxp 26-06-2008 14:56 Pagina 1

08-0639 IPI_cop_Italia_okK.indd 1 25-11-2008 8:55:47

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tor, which has now been discontinued. These products were ini-tially commissioned by Ansaldo Com-ponenti, now Asg, then by Cerca from France and eventually by Cern.For the Lhc accelerator, set up in the same place as there used to be the Lep, the cooperation spanned be-tween 2001 and 2006, when Csc manufactured through Accel Instru-ments Gmbh from Germany 736 stainless steel end plates needed for quadripoles, sophisticated devices connecting the inertia tubes of the ring in ultrahigh vacuum.Other projects consisted of manufac-turing special components such as target containers made of tantalum, an extremely precious and hard-to-work material, as well as many other components for past experiments.“We strongly believe in the Italian industry, especially in local industries – says CEO Adelucio Dal Santo –. As the market is increasingly becom-

ing globalised, we need to find excel-lence market niches which require high skills, otherwise we r isk being over-whelmed by mass, low cost produc-t ion and even closing down”.The other main areas of busi-ness done at Csc i n c l ude the design and

manufacture of tanks, heat exchangers, tested pressure contain-ers, autoclaves, reactors and many other highly technological products for chemical, petrochemical, naval and food industries, as well as for special processing requiring materials such as stainless steel, titanium, tantalum, nickel alloys, duplex or super duplex.

A century of forgings

“From father to son” is the usual catch-phrase appealing to family businesses, as for them it is a goal to achieve but they do not always man-age to do it.In the province of Vicenza, Forgerossi of Arsiero has not only accomplished that goal but in the next few days its fourth generation will celebrate one hundred years of business.The company’s history is an outstanding instance of family strength and entre-

preneurship. Hot metal processing is widespread business in the lower Astico valley, where there is plenty of water, wood and labour among woodcutters and charcoal burners. Moreover, the prox-imity to the plain has always prompt-ed many businesses to set up in this valley.“When you worked iron – says Lu-ciano Giacomelli, president of Forg-erossi – water would increase the power of hammers, but the desired temperature could not be reached by using charcoal only”. The territory was scattered with mills, sawmills, forge shops, blacksmiths and coppersmiths powered by streams.That used to be the Astico valley in 1908, when the history of the Rossi family began, thanks to the boldness and ingenuity of family founder Co-riano, helped by Angelo and Giuseppe.“The early production – remembers Alberto Rossi, the company’s manag-ing director and heir, together with brother Marco – consisted of hoes, spades, wedges, levers and knives, i.e. agricultural tools which met local farmers’needs”.In 1935 Coriano and his partners split and the founder’s sons Nello, Pietro and Olindo began to work with their father. The years after the Sec-ond World War were marked by clear signs of growth, as the traditional hammer was replaced by a piston hammer, which was more rapid and more powerful. Moreover, the forg-ing process, i.e. making metal incan-descent, was improved by the use of

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turning machines, boring machines and precision machining.“In the 1970s – says Giacomelli – Forgerossi changed its structure from craft to industrial, just at the begin-ning of the 1973 oil crisis, which plunged the world economy into a deep crisis and radically changed the Italian economic structure”.Just as the company’s establishment was carried out by founder Coriano, the company’s domestic and interna-tional standing was achieved by Gior-gio, Pietro’s son. His farsightedness led him to enter the UK market and offered the Northern Europe market its brand-new flanges, i.e. products that were in great demand at a time when the early oil rigs had begun to be constructed.“Soon our market included oil rigs, oil

refineries, chemical industries, drilling plants, oil pipelines and gas pipelines”, says Alberto Rossi.In the early 1980s the turning point took place . Forgerossi definitely crossed the national borders and began to face new cultural challenges such as learning the English language, getting to know international stan-dards, specifications and procedures, and doing chemical analysis and re-search.The work done by Giorgio Ros-si was a pioneer work. The need for a quality system as required by interna-tional markets urged the company to set up its first technological labora-tory. Furthermore, the employment of technical staff from the North of Europe gave the company an interna-tional appeal.In 1992 the company’s quality sys-

tem was certified by DNV and later certifications fol-lowed. Since then Fo rge ro s s i has been one of the major industr ies dealing with petro-chemical research and facilities , as well as nuc lear plants.“Due to the 1990 oil crisis – sums up Giacomelli – the manufacture of f langes was discontinued. The company began to manufacture other

technologically advanced products. This meant that new plants, new so-lutions and new investments were needed in our company”.This year, after the death of Giorgio Rossi, the company is run by his sons, Alberto and Marco, the fourth gen-eration, whose catch-phrase is now innovation within continuity. “It is in-teresting that among our staff – says Alberto – there are the children of our early employees, and this means that our company proves to have well-deep roots, even though it has changed a lot over the years”.“Our aim – says Alberto – is to car-ry on our expansion in international markets and strengthen our internal structure, as well as further enlarge our production site. We are also de-veloping the research on new materi-als to be offered to highly advanced industries, where quality makes the difference. We are doing research on alternative energy sources such as wind power, as well as on new mate-rials and new technologies aimed to achieve a sustainable development”.Namely, breeding will out.

A hundred years between heaven and earth

A toast to Cielo e Terra, a winery of Montorso, for its one hundredth birth-day.Currently run by Luca Cielo, the com-pany’s structure includes president Roberto Muraro, vice-president Pier-giorgio Cielo and managing director

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Giancarlo Prevarin. There are 60 em-ployees, a 2007 turnover amount-ing to over € 30 million and 3,000 hectares of vineyards. Cielo e Terra is a leading company in Italy for its strict control on the production pro-cess and for its high quality standards which guarantee the whole range of its products.The company’s history began in 1908, when Giovanni Cielo purchased “Casa Defra”, a small estate with a farmhouse in Montorso Vicentino. Helped by his sons, he started to grow a small vineyard and sell wines in the Chiampo Valley. In 1935 Gio-vanni Cielo died and his sons con-tinued to make and sell wines in the Chiampo Valley, as well as in the other valleys of the Vicenza area. In 1954

the Cielo brothers broke up. Only Pi-etro, the youngest of them, remained in the Montorso mansion. In 1962 Giovanni, Renzo and Piergiorgio, three of his eight children, began to expand the business, and in the same year the Cielo winery moved to its current headquarters, in via 4 Novembre. A new winery was built and its business mainly concerned the Italian market. The output from such a small winery soon turned out to be rather poor and the Cielo family started to pur-chase wines from the cask so as to pack and sell them.In the early 1970s the Cielo family bought a plot of land in Grave del Friuli. Here they planted a vineyard and set up a winery called Pradio in order to make quality wines. Now

Pradio vinery is the benchmark for wines made in the Grave area.The 1980s marked the official begin-ning of a large wine distribution. As the output grew, the company’s struc-ture also was to expand. The winery decided to seek a partner with a solid experience in the field of wine mak-ing. They identified Cantine dei Colli Berici as a suitable partner. As well as one of the leading wineries in Italy, it is situated at a few kilometres from the Cielo headquarters and makes most of the wines which are then sold by the Cielo family.Such a close collaboration lasted a few years and then the Cielo family transferred its majority stake to Can-tine dei Colli Berici but retained the company’s management.In 1999 Cielo vintners changed their name into “Cielo e Terra”, symbolis-ing a union between the tradition of the Cielo family and over 2,000 wine makers in the Berici hills. Thus blending wine making and market-ing meant offering quality wines to an increasingly globalised market. This was soon a success: since 1999 the company’s turnover have grown by 50%, and the quality of wines has significantly increased. Cielo e Terra now ranks fourth in the sale of bot-tled wine in Italy, and seventh in the sale of wines within the Italian GDO (Nielsen 2008).During the celebrations for its one hundredth anniversary, Cielo e Terra, which is already known for its Fre-schello table wine trademark (over 10 million wine bottles sold each

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year) has introduced three new wine selections from the Berici hills: Fre-schello, Maestro Italiano, Cuvèe Ro-tonda and Cinquecento – this is a new range of wines dedicated to Andrea Palladio, the great six-teenth century architect. These new selections meet the current consumption trends, namely a growing demand for low-alcohol wines.

“Savardo” wine of the Beato Bartolomeo wineries of Breganze wins the world Pinot Noir competitionThe DOC 2006 Savardo Pinot Noir Breganze made by the Beato Bar-tolomeo wineries of Breganze was awarded the gold medal at the latest Mondial du Pinot Noir in Sierre, Swit-zerland.The competition on its 11th edition gathered 1,076 Pinot Noir labels from all over the world, divided into 4 categories: red, rosé, sparkling and wines made from raisins.Pinot Noir has been grown in Bregan-ze since the early 20th century and has been included into the DOC clas-sification since 1969. The Savardo vineyards are to be found in Santo Stefano di Breganze and in Fortelon-go, near Fara Vicentino. It is a medium depth ruby wine with a fruity aroma and with hints of small red berries and spicy flavours.

“We are highly satisfied with this unexpected award – says Piergiorgio Laverda, director of Beato Bartolomeo wineries –, which rewards the careful selection we constantly do on the Savardo line”.

Ilsa establishes Ilsa Brazil, a zero-impact factory in Rio Grande Do SulHow can we solve the problem of waste produced by tanneries? This is a hot issue in Rio Grande Do Sul, a country in Brazil, whose capital is Porto Alegre. Therefore, when Ilsa, a company based in Arzignano, which has been operating for over 50 years in the field of food technologies, start-ed to contact the local authorities to be allowed to set up a factory, this project caught immediate attention. Indeed, among the activities done at Ilsa, waste materials from tanned

hides are processed to pro-duce fertilizers.With the approval of the lo-cal authorities in charge of monitoring the establishment of production plants, Ilsa set up Ilsa Brasil Ltda.This plant made with the most advanced technologies will be powered by biomass fuels and from local renewable sources, so as to ensure the lowest environ-mental impact. The company’s industrial development plan also expects that this plant will pro-duce 12,000 tons of fertilizers a year, thus processing 21,000 tons of waste from tanned hides, which

will no longer be stored in a dump but will be used as a resource. There will be around 20 employees working in this highly automated plant and, therefore, they will undergo highly specialised training. “Production for at least two years – explains Paolo Gire-lli, the company’s chairman – will aim to meet the European demand for our products, which we are still un-able to satisfy. That is the reason why we have decided to set up a factory in the leading tanning site in Brazil, in order to recover raw materials on site”.

A new Franco Pianegonda boutique in San Paolo, in BrazilFranco Pianegonda opens its first bou-tique in San Paolo, Brazil. Built on two

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floors, the space was carefully de-signed by this goldsmith from Vicenza, in collaboration with the renowned Brazilian architect Washington Fiuza. The company boasts 25 Franco Pi-anegonda boutiques and more than one thousand partners all over the world.Maison Pianegonda, which is based in Grisignano di Zocco, was established in 1994 by entrepreneur Franco Pi-anegonda, whose idea was to make quality, innovative, designer jewels, capable of arousing emotions. His creations blend old Italian goldsmiths’ traditions with the latest fashion trends and the most advanced style techniques.

Patagonia on the road

The stillness, the vast spaces, the wind, the deepness of the sky, the apparent feeling of living in another world, the contrast with a nature ca-

pable of portraying very high, snow-capped mountains and flat, desert lands in one single view: this is Pa-tagonia, believe it or not. It can hardly be summed up in just a few words. Bruce Chatwin dedicated probably his best-selling book to Patagonia with this title “In Patagonia”, and he used the whole of his creative mind to evoke suggestions and the soul of this unique corner of the world. A faraway corner, further down the globe, where America gets narrower and narrower until it becomes a jagged offshoot called Tierra del Fuego.Off-road travelling around Patagonia was the adventure chosen by two en-trepreneurs from Vicenza, Alessandro and Marco Bocchese, two cousins who respectively run Miles and Boc-chese Tessuti, both based in Vicenza and dealing with fashion and textiles.Last January, when it is summer in South America, both of them left for Argentina and, along with a couple

of Italian entrepreneurs and a few French businessmen, organised an off-road tour on their motorbikes in one of the most breathtaking, unpol-luted landscapes on Earth.When they got to Buenos Aires straight from Italy, they flew for an-other 3 hours to get to the meeting place. The day after, they left for the first stage of the race: from Perito Moreno glacier to Calafate on a 220 km off-road track, which was sur-rounded by the charm of the great plains and the high Patagonia moun-tains.“Perito Moreno is a breathtaking sight: the glacier ends at 300 m on the sea level and it breaks on the lake underneath. It is overwhelming”, tells Alessandro Bocchese. On later days, the group stopped at Lake Viedma, El Chalten, Lake San Martino, Cueva de Las Manos on the popular Ruta 40, Lake Posadas, to eventually get to Los Antiguos. A tough ride every day: from min. 200 km to max. 350 km. And every evening a stop for the night in one of the “es-tancie” – local farmhouses sparsely scattered in Patagonia, open only in the summer, as you take for granted that no one would come to these places in the sheer winter climate of these regions.To give an idea of the charm of these places, the Paris-Dakar – the tradi-tional off-road race – cancelled for safety reasons for the first time will no longer be organised among the desert dunes but will be definitely moved to Patagonia, in South America.

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– Mr Bocchese, what kind of landscape did you find during your journey?“Patagonia is the southern-most place in the world. Here the seasons are opposite to ours: when it is summer here, it’s winter there, and vice versa. And these are extreme seasons: it’s like travelling to northern Sweden, so when it’s summer in Italy, in Pa-tagonia temperatures drop as low as - 20, even - 25°C, with winds blowing strongly. The best season is between December and February: these are the hottest months, when tempera-tures reach 22-23°C, which is similar to our spring”.– Who joined your group?“There were 10 motorbike riders of us, six French and four Italian, togeth-er with our guide and another person riding at the end of the parade.Then, there were two emergency vehicles, a jeep with two mechanics, and another one with two doctors. These tours are organised by the Argentinia importer from Beta, an Italian company of Flor-ence which manufactures off-road motorbikes. All the members of our group are indeed Beta customers. The funny thing is that this import-er comes from the Veneto, so even though we were on the other part of the world, we felt as if we were at home, because we all spoke Venetian dialect”.– Did you meet any unusual dif-ficulties?“It was a pretty tough tour but the organisation was excellent. We were assisted by very good mechanics,

who inspected our mo-torbikes every evening. Every now and then we would come across Ruta 40, an unsurfaced route crossing Argentina. It is very popular but also boring and a bit dangerous, because you may soon reach a very h i g h speed. Since this is a never-ending road and you don’t want to get bored, it is quite likely that you may exceed any speed. We also found out that the filling stations marked on the map had actually no fuel. We would carry spare fuel in our tanks in the jeep, but you can imagine what may hap-pen to anyone who gets to a filling station and finds that it has run out of petrol. Patagonia is virtually unin-habited; you ride your motorbike very long distances without meeting any-one. That is why we strongly recom-med travelling in a group. One amaz-ing thing there is the wind. You often come across bent trees, because they have been growning in this strong wind day in, day out. Then, every now and then, you may live very odd ex-periences, such as when we came across a shepherd’s hut in the middle of nowhere. In Patagonia neither cows or calves are raised because of the winter cold. The closest place to this shepherd’s hut was at more than 100 km away”.– And how did he spend the win-ter, alone, in the middle of no-where, at – 20°C?“That was our question too. He said that he could get by somehow, that

was not so hard after all”.

– What is the charm of wonder-ful Patagonia, narrated in stories which are the most outstand-ing among travel and adventure books?“The light you can see there is some-thing we are not used to. There is no pollution, there is nothing and you see this light all around you, which you can hardly describe: the light blue sky, clouds running away quickly ... it is something quite unusual. Then, what amazed me was to see the Andes, very high mountains with beautiful lakes at their foot on one side, and wide barren plains on the other side. Patagonia’s beauty and charm come from the contrast between the moun-tains, water and the green, and bar-ren lands extending as far as the eye can see. And then you are not used to limitless spaces. You realise that they are so when you leave these places. Going back to places where you have an idea of what distances are comes as a shock, which makes you think that we live squeezed up. We are so wrapped up in the problems of our civilized society that you can hardly isolate. In Patagonia, your mind regen-erates. You feel immersed in bounless, empty spaces, where ‘estancie’ are the only civilized oases”.