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L’utilizzo della “paura” nei messaggi per la prevenzione degli incidenti stradali * Sabina Cedri Reparto Ambiente e Traumi Dipartimento di Ambiente e connessa Prevenzione Primaria Istituto Superiore di Sanità, Roma È notte inoltrata e, su una strada statale di provincia, in un’automobile di media cilindrata Matteo, Emiliano, Cristina, Federica e Veronica tornano alle loro case dopo una serata passata in discoteca. Ridono, scherzano, cantano. È normale alla loro età, anche se forse qualcuno di loro ha bevuto un po’ troppo e, tra questi, proprio Matteo che sta guidando. La strada non è ben illumina- ta e, dopo una delle tante curve, vediamo improvvisamente riflesse negli occhi dei cinque ragazzi le luci di un camion che sembra essere comparso dal nulla. Matteo prova ad evitarlo e facendolo sterza bruscamente a destra. Ma la stra- da è stretta e l’auto finisce nella ripida scarpata. Mentre seguiamo la scena del- l’auto che precipita sempre più giù, udiamo le urla disperate dei ragazzi, vediamo il panico nei loro occhi che non capiscono cosa sta succedendo, le loro braccia che tentano di aggrapparsi a qualcosa per non essere violentemente sballottati nell’auto che ancora non si ferma. Finalmente, la corsa ha termine, l’auto si è fermata sul fondo del dirupo. I ragazzi, sconvolti e forse feriti, ma vivi, sono immobilizzati dalla paura. Ci tranquillizziamo, pensando che ce l’abbiano fatta, anche se il nostro cuore ancora batte veloce per la forte emo- zione provata. Improvvisamente però, quando ancora i ragazzi non sono usci- ti dall’auto, un violento scoppio ci scuote. L’auto è di colpo esplosa, con i ragazzi ancora al suo interno! La sensazione che ora proviamo è di terrore, disperazione, disgusto… Il luogo da cui abbiamo assistito a tutto ciò non è la strada, ma la comoda pol- trona di casa nostra. E, tuttavia, non stiamo vedendo un film. Si tratta invece di una pubblicità sociale per la prevenzione degli incidenti stradali. Infatti, alla fine della scena appena descritta, una voce fuori campo raccomanda ai giova- ni di prestare attenzione alla guida e, soprattutto, di non guidare dopo aver bevuto. Si tratta, più specificamente, di ciò che gli anglosassoni chiamano “fear 234 * l presente lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto DATIS2, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Intervista pubblicata su “Il Centauro”. 32. LIBRO (234-238) J31 06-01-2006 16:08 Pagina 234

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L’utilizzo della “paura” nei messaggi per la prevenzione degli incidenti stradali *

Sabina Cedri

Reparto Ambiente e TraumiDipartimento di Ambiente e connessa Prevenzione PrimariaIstituto Superiore di Sanità, Roma

È notte inoltrata e, su una strada statale di provincia, in un’automobile dimedia cilindrata Matteo, Emiliano, Cristina, Federica e Veronica tornano alleloro case dopo una serata passata in discoteca. Ridono, scherzano, cantano. Ènormale alla loro età, anche se forse qualcuno di loro ha bevuto un po’ troppoe, tra questi, proprio Matteo che sta guidando. La strada non è ben illumina-ta e, dopo una delle tante curve, vediamo improvvisamente riflesse negli occhidei cinque ragazzi le luci di un camion che sembra essere comparso dal nulla.Matteo prova ad evitarlo e facendolo sterza bruscamente a destra. Ma la stra-da è stretta e l’auto finisce nella ripida scarpata. Mentre seguiamo la scena del-l’auto che precipita sempre più giù, udiamo le urla disperate dei ragazzi,vediamo il panico nei loro occhi che non capiscono cosa sta succedendo, le lorobraccia che tentano di aggrapparsi a qualcosa per non essere violentementesballottati nell’auto che ancora non si ferma. Finalmente, la corsa ha termine,l’auto si è fermata sul fondo del dirupo. I ragazzi, sconvolti e forse feriti, mavivi, sono immobilizzati dalla paura. Ci tranquillizziamo, pensando che cel’abbiano fatta, anche se il nostro cuore ancora batte veloce per la forte emo-zione provata. Improvvisamente però, quando ancora i ragazzi non sono usci-ti dall’auto, un violento scoppio ci scuote. L’auto è di colpo esplosa, con iragazzi ancora al suo interno! La sensazione che ora proviamo è di terrore,disperazione, disgusto…Il luogo da cui abbiamo assistito a tutto ciò non è la strada, ma la comoda pol-trona di casa nostra. E, tuttavia, non stiamo vedendo un film. Si tratta invecedi una pubblicità sociale per la prevenzione degli incidenti stradali. Infatti, allafine della scena appena descritta, una voce fuori campo raccomanda ai giova-ni di prestare attenzione alla guida e, soprattutto, di non guidare dopo averbevuto. Si tratta, più specificamente, di ciò che gli anglosassoni chiamano “fear

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* l presente lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto DATIS2, coordinatodall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti. Intervista pubblicata su “Il Centauro”.

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appeal” (letteralmente “appello alla paura”), termine utilizzato proprio perindicare quei messaggi che fanno uso dell’intimidazione per cambiare gliatteggiamenti ed i comportamenti di soggetti a rischio.Ovviamente, lo spot appena descritto è un caso estremo di pubblicità intimi-datoria e, per lo più, un tale esempio di comunicazione sociale non viene uti-lizzata, almeno nel nostro paese, a parte pochi casi risalenti a diversi anni fa.Tuttavia, e non solo in Italia, sono molte le campagne di prevenzione sullasicurezza stradale che hanno fatto uso, per i diversi supporti comunicativiquali poster, dépliant, messaggi televisivi e radiofonici, di immagini condescrizioni vivide delle conseguenze di un incidente stradale e quindi scenecon veicoli distrutti, persone più o meno gravemente ferite, quando non addi-rittura già decedute. Ancora più spesso poi, altri messaggi fanno un uso dellapaura maggiormente sofisticato e meno diretto, rifacendosi ad altre scene oparole rispetto a quelle relative al contesto vero e proprio dell’incidente stra-dale. Sono messaggi che rimandano comunque alla morte o ad altri pericoliconseguenti all’infortunio su strada: l’immagine di una lapide in un cimitero,il corpo di un giovane sul lettino dell’obitorio, la sedia a rotelle che ricorda lapossibilità di rimanere per sempre disabili. Oppure, ancora più indirettamen-te, i segni di una brusca frenata sull’asfalto, o l’immagine di un bicchiere divino che va ad infrangersi, metafora dell’incidente stradale causato dallaguida in stato di ebbrezza. In effetti, quando si parla di messaggio intimidatorio, o fear appeal, si intendeuna tipologia di comunicazioni in realtà molto differenti tra di loro, in cuiintento è però in ogni caso quello di suscitare timore, paura o addirittura ter-rore nel destinatario ed è pertanto basato essenzialmente sul tentativo di farpercepire al soggetto un senso di vulnerabilità, per indurlo a modificare icomportamenti considerati sbagliati da chi ha commissionato la campagna dicomunicazione. Se la questione del determinare cosa sia un fear appeal può essere di una certacomplessità, ancor più difficile è invece stabilire se tali tipi di messaggi sianoo meno efficaci nel determinare i cambiamenti auspicati.La ricerca sull’efficacia dei fear appeals, che conta ormai più di mezzo secolo(a partire dal primo studio di Janis e Feshnbach del 1953), non ha infatti por-tato finora a risultati concordanti, che possano giustificare o meno l’utilizzo ditale tipo di comunicazione nella prevenzione non solo degli incidenti, maanche di altri tipi di pericolo (es. AIDS, fumo, ecc.). I principali risultati della ricerca in questo campo derivano dagli studi speri-mentali di laboratorio e dall’elaborazione di teorie cognitive, entrambi portatiavanti, nella maggior parte dei casi, nell’ambito della psicologia sociale. Alcuni degli studi sperimentali, ad esempio, hanno dimostrato una correla-zione positiva tra la paura suscitata e l’efficacia persuasiva del messaggio.Secondo tale correlazione, maggiore è il livello di intimidazione indotto nelmessaggio, maggiore sarebbe il cambiamento comportamentale e di atteggia-mento provocato nei soggetti destinatari dello stesso (Insko, Arkoff & Insko,1965, Stainback & Rogers, 1983), nei termini di intenzioni ad adottare compor-

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tamenti più sicuri alla guida. Collegata a tale ipotesi è l’idea che i messaggi scarsamente intimidatori sianopoco efficaci, in quanto i destinatari percepirebbero gli scenari e le conseguen-ze mostrate loro come poco importanti, scarsamente significative e quindi danon prendere in considerazione (Janis e Leventhal, 1968; Bennet 1996).Sul fronte opposto, altri studi hanno invece provato che minore è il livello dipaura del messaggio, maggiore è la possibilità che esso provochi un cambia-mento nel senso desiderato, considerando che invece un alto livello di paurapuò causare, paradossalmente, un cosiddetto “effetto boomerang”, provocan-do nei soggetti destinatari una reazione di evitamento del messaggio. Posti difronte ad un messaggio intimidatorio, saremmo pertanto talmente sconvolti edisgustati da non voler più proseguire la sua visione, ci alzeremmo dalla pol-trona o cambieremmo canale. Un livello troppo elevato di paura, inoltre, seprobabilmente può convincere i destinatari che le scene mostrate sono realisti-che, potrebbe tuttavia portare gli stessi soggetti a non credere che un inciden-te stradale simile possa accadere proprio a loro. Ancora, i destinatari di unmessaggio altamente intimidatorio possono perdere la concentrazione relati-vamente ai contenuti del messaggio stesso, a causa delle forti immagini che ingenere sono presenti in questo tipo di comunicazione (Bennet, 1996). Infine,questi messaggi possono non essere molto efficaci proprio per quei soggettipiù a rischio di incidente stradale, come i giovani, a causa della loro abitualeesposizione ad immagini di tale tipo anche in altri contesti (film, videogiochi,ecc.), che li renderebbero in qualche modo assuefatti a tali modalità comuni-cative.Anche in conseguenza dei risultati sopraccitati, una terza serie di studi hainvece dimostrato che, sia un livello troppo basso che uno troppo alto di pauraimplicita in una comunicazione persuasoria possono dimostrarsi inefficaci,mentre un livello medio sarebbe l’ideale per determinare il cambiamento atte-so (Janis, 1967). Fino ad un certo punto, il livello di paura non sarebbe tale dapoter provocare nel soggetto il risveglio dell’attenzione. Oltre un certo livello,invece, potrebbe causare il già citato effetto boomerang, o altri effetti collate-rali. Studi più recenti, infine, suggeriscono che probabilmente, al di là di un unicoeffetto atteso per questo tipo di messaggi, a secondo del livello di paura con-tenuto in essi, esistono piuttosto diverse situazioni in cui questi messaggi pos-sono funzionare o meno, e ciò è dovuto alle numerose variabili intervenienticonsiderate di volta in volta, relative sia all’emittente del messaggio, sia aldestinatario, sia al messaggio stesso, sia all’argomento preso in considerazio-ne. In effetti, uno dei principali motivi di questi risultati contraddittori è che negliesperimenti effettuati le strategie relative ai messaggi utilizzati negli studi nonsono state controllate (Beck e Frankel, 1981) e diversi tipi di informazioni sonostate utilizzate per manipolare differenti gradi di paura. Oppure, soggetti concaratteristiche demografiche anche molto diverse sono stati utilizzati negliesperimenti (Quinn, Meenaghan e Brannick, 1992).

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Un altro limite degli studi sperimentali deriva dal contesto di visione delleimmagini a cui vengono sottoposti i soggetti sperimentali; nell’esperimento,infatti, i soggetti sono generalmente molto attenti a ciò che stanno vedendo,mentre nella realtà la televisione, un dépliant o un manifesto per strada pos-sono essere guardati con poca attenzione.Pertanto, a tutt’oggi non si può dire, in senso assoluto, che i messaggi che fac-ciano ricorso all’intimidazione abbiano o meno effetto. Il problema è assai piùcomplesso, e i risultati degli studi finora condotti fanno invece considerare inmaniera più specifica le variabili che intervengono nel processo di persuasio-ne, per cui i fear appeal potrebbero avere un determinato effetto per alcunigruppi e non per altri, o in alcune altre situazioni piuttosto che in altre.Una delle variabili da prendere in considerazione è sicuramente l’argomentoaffrontato nei fear appeal. Molti degli studi condotti finora, infatti, hannopreso in considerazione le più diverse tematiche di prevenzione, dai tumoriprovocati dal fumo di sigaretta alle malattie sessualmente trasmesse, dalle vac-cinazioni agli incidenti stradali. Spesso, i risultati derivati da tali studi sonostati confrontati considerando allo stesso modo gli argomenti affrontati, men-tre ci sembra di cruciale importanza che la ricerca sui fear appeal continui spe-cializzandosi in maniera più precisa sui diversi ambiti in cui i messaggi inti-midatori vengono utilizzati. Inoltre, un altro limite deriva dal fatto che, nello studiare gli effetti dei mes-saggi intimidatori, così come nel valutare le campagne di prevenzione, quelliche si prendono in considerazione sono gli effetti a breve termine dei media.Nella teoria e nella ricerca sulle comunicazioni di massa, invece, il concetto diinfluenza a breve termine è stato superato già da parecchi anni, per far postoalla considerazione di effetti cumulativi a lungo termine, che sembrano essere

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Non esiste un unico effetto atteso per questo tipo di messaggiQuarto gruppodi studi

Sia un livello troppo basso che uno troppo alto di paura insita inun messaggio sono inefficaci. La giusta misura sta nel “mezzo”.

Terzo gruppodi studi

Meno il messaggio è intimidatorio, maggiore è il cambiamentoindotto nei soggetti (effetto boomerang dei messaggi altamenteintimidatori)

Secondogruppo di studi

Più il messaggio è intimidatorio, maggiore è il cambiamentoindotto nei soggetti

Primo gruppodi studi

RISULTATI PRINCIPALISTUDI SUIFEAR APPEAL

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quelli più importanti. Tuttavia, spesso la sperimentazione, nonché le valuta-zioni delle iniziative di prevenzione, operano in un ambito temporale ristrettoperché è molto difficile misurare gli effetti dei media a lungo termine. Si trat-ta infatti di effetti cumulati (e quindi non facilmente isolabili) che derivanodall’esposizione dei soggetti a ripetuti messaggi e testi mediali provenienti dadifferenti fonti e di diversi generi.Sarebbe certo opportuno che studi analoghi vengano svolti anche nel nostroPaese, in quanto – e la cosa è di per sé evidente – i risultati ottenuti sono for-temente dipendenti anche dagli aspetti etnico-culturali. Decidere per unapproccio di comunicazione piuttosto che per un altro potrebbe essere ulte-riormente supportato da conoscenze specifiche sulla nostra realtà sociale e cul-turale. Chiaramente, una conoscenza di questo tipo a supporto delle azioni cheverrebbero promosse, aumenterebbe verosimilmente la loro probabilità di suc-cesso, o quanto meno, darebbero un’indicazione sui possibili sviluppi daseguire. Infine, vorremmo sottolineare – nonostante le difficoltà in merito segnalate - lanecessità di affiancare alle prove di laboratorio anche studi longitudinali perquantificare gli effetti di tali messaggi sulle performance stradali, i tassi di inci-denti e le violazioni registrate. Non conosciamo infatti ancora sufficientemen-te quando questi effetti si manifestano, quanto durano e se abbiano o menodelle ripercussioni nella vita di tutti i giorni, proprio perché la vita di tutti igiorni, sia sulla strada che davanti ad uno schermo, è molto più complessarispetto a quello che può essere messo in luce in un laboratorio.

Referenze

• Beck, K. and Frankel A. (1981), “A Conceptualisation of Threat Communications and ProtectiveHealth Behaviour”, Social Psychology Quarterly, 44, pp 204-217.• Bennet, R. (1996), “Effects of Horrific Fear Appeals On Public Attitudes Towards Aids”,International Journal of Advertising, 15, pp. 183-202.• Insko, C.A., Arkoff, A., & Insko, V.M. (1965). Effects of high and low fear-arousing communicationsupon opinion toward smoking. Journal of Experimental Social Psychology, 1, 255-266.• Janis, I.L. (1967). Effects of fear arousal on attitude change: Recent developments in theory andresearch. In L. Berkowitz (Ed.), Advances in experimental social psychology, (Vol. 3). New York:Academic.• Janis, I.L., Feshbach, S. (1953): “Effects of fear-arousing communications.” The Journal of Abnormaland Social Psychology, 48, 78-92.• Janis I. e Leventhal H. (1968), Human Reactions To Stress, In E. Bergatta and Lambert (Eds.)Handbook of Personality Theory and Research, Chicago, Rand McNally.• Quinn, V., Meenaghan, T. e Brannick, T. (1992): “Fear appeals: Segmentation is the way to go”. Int.Jour. of Advertising, 11, 355-366.• Stainback, R.D. e Rogers, R.W. (1983): “Identifying effective components of alcohol abuse preven-tion programs: Effects of fear appeals, message style, and source expertise.” International Journal of theAddiction, 18, 393-405.

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Per una comunicazione “ostensiva” dei messaggi sulla sicurezza stradale (e non solo) *

Franco Taggi

Reparto “Ambiente e Traumi”Dipartimento “Ambiente e connessa prevenzione primaria”Istituto Superiore di Sanità – Roma

IntroduzioneUn antico sufista diceva: “Il miracolo più grande è la sostituzione di una buona qua-lità ad una cattiva” (1) . A ben pensarci, acquisire una buona qualità al posto diuna cattiva costituisce proprio un miracolo, perché in genere siamo tutti forte-mente affezionati alle nostre cattive abitudini, più che alle buone. E guai a far-celo notare. Il tutto è, probabilmente, determinato dal fatto che molte abitudinicattive qualche cosa ci danno; e sono di per sé generalmente intriganti perché cifanno sentire più vissuti, più gagliardi; e molte volte – ahimé - quello che ci dannoè particolarmente piacevole.Segnalare alla gente come certi modi di comportarsi siano particolarmente dan-nosi, per sé e per gli altri, è oggi più difficile di un tempo. Questa difficoltà la sipuò ben caratterizzare riflettendo su due aspetti che hanno preso a concretiz-zarsi sin dalla seconda metà dello scorso secolo: l’eccesso di anziani e l’eccessodi informazione. Vediamo più da vicino cosa intendiamo dire con questo.Una volta, forse, un’indicazione proveniente da un anziano poteva avere un suocarisma: l’anziano era un soggetto che incuteva un naturale rispetto. Oggi glianziani sono tanti, troppi, e sono spesso di peso. Un anziano dei nostri giorninon è più visto come un testimone, come un depositario di una saggezza chetempo ed esperienza hanno consolidato, una persona che è bene ascoltare perpoter comprendere meglio come vanno le cose: l’anziano è prevalentementeconsiderato, nel migliore dei casi, un soggetto da compiangere (in quanto anzia-no); nel peggiore, un povero rimbambito che rompe le scatole con le proprie fis-sazioni e i propri ricordi, con valutazioni buone per un mondo (il suo) che nonesiste più. E’ una visione un po’ cruda delle cose, che per fortuna non si attua-lizza sempre, ma è anche quello che nei fatti accade (si pensi al riguardo, rife-rendoci alla società nel suo complesso, a quanti problemi degli anziani sonolasciati in balìa di se stessi e non affrontati con la dovuta determinazione).

* Il presente lavoro è stato prodotto nell’ambito delle attività del progetto DATIS2,coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti.

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Per quanto riguarda l’eccesso di informazione (informazione???) che ci vedebersaglio ogni giorno, riassumiamo il nostro pensiero al riguardo riportiandonel seguito quanto abbiamo scritto per un piacevole libretto sulla sicurezza stra-dale, intitolato “Vacanze con i fiocchi”, edito a cura dell’Associazione Antartide,che è stato distribuito gratuitamente quest’anno a più di 250.000 automobilisti:“Diciamolo con chiarezza: viviamo in un mondo che ci bombarda continuamente di mes-saggi, spesso contraddittori, rispetto ai quali tendiamo a passivarci. Alcuni di questi,poi, si presentano come vere e proprie raccomandazioni, che fanno pensare tanto allafamosa maglia di lana consigliata insistentemente dalla cara e vecchia zia che molti dinoi hanno avuto modo di incontrare nella propria vita. In questo scenario di comunica-zione, prossimo alla saturazione, molto spesso ci accade di sopravvalutare alcune cosemarginali o di sottovalutarne altre di grande importanza”.Siamo tutti testimoni di questo stato di cose: com’è buona la merendina! Stateattenti al vostro peso! Prendi questo farmaco! Attenzione, i farmaci fanno male:usateli solo se necessario! Col cellulare il mondo è tuo! Attenti ad usare il cellu-lare durante la guida! E così via dicendo, dove il “così via” potrebbe comporta-re un elenco di molte pagine di esempi.Alla luce di tutto questo, viene da pensare che in genere oggi si sia più “refrat-tari” di un tempo alle raccomandazioni e, in un certo senso, “impermeabilizza-ti” ai messaggi, quali che essi siano. E se questo fosse vero, anche parzialmente,non appare irragionevole chiedersi in che modo allora si possa cercare di porta-re avanti una comunicazione sulla sicurezza stradale che abbia una ragionevoleprobabilità di produrre un effettivo ritorno.Tanto per fare qualche esempio:

• come far capire alla gente, affinché ci siano virtuose modifiche comportamen-tali, che non indossare il casco è fatto assolutamente demenziale, indipendente-mente dagli obblighi di legge?• Come far capire… stessa domanda, ma relativa all’uso delle cinture;• Come far capire… stessa domanda, ma relativa alla guida sotto l’influenza dialcol o di sostanze;• Come far capire… stessa domanda a proposito di tante altre cose (es. velocitàeccessiva, distanza di sicurezza, guida in stato di profonda stanchezza o inci-piente sonnolenza, ecc.).

La questione non è semplice. Le raccomandazioni sembrano non funzionare piùdi tanto (e non funzionano… molta gente già ne conosce i contenuti, sa che sonoragionevoli, e si sente anche per questo infastidita, in particolare per la crasi chepercepisce tra le proprie convinzioni e i propri comportamenti); la repressioneottiene non poco (si vedano al proposito gli incisivi risultati determinati dall’in-troduzione della patente a punti), e questa è la strada che sembra essere di mag-giore ispirazione per il futuro (si pensi alla recente decisione di effettuare ilsequestro definitivo del ciclomotore per chi non porta il casco). Puntare sullarepressione non sembra sbagliato, ma allarma il fatto che una certa tendenza siaquella di puntare solo (o principalmente) sulla repressione. La repressione non

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ha mai indotto cambiamenti profondi duraturi: come la presa si allenta, il siste-ma tende in genere a tornare, anche velocemente, allo stato originario. E poi, chela repressione “funzioni” sempre, non è nemmeno detto: lo testimoniano molti“proibizionismi”, passati e presenti, come pure pene estreme (ad esempio, lapena di morte), che non controllano più di tanto i fenomeni che vorremmo nonsi manifestassero.Ma, tornando alla sicurezza stradale, tra questi due estremi, ci sono alternative?Tra informare (in termini di raccomandare esplicitamente certi comportamenti(“Non bere se devi guidare!”), magari facendo vedere cosa talora succede a chi nonfa tesoro delle raccomandazioni) e reprimere (“Non porti il casco: ti tolgo il motori-no!”), c’è una terza via (o altre ancora) che possa contribuire all’obiettivo ultimoche giustifica tutto questo affacendarsi, ovvero far sì che diminuisca l’incidenzadegli infortuni stradali con danno alla persona e la gravità delle loro conse-guenze?Noi pensiamo di sì. E questa convinzione nasce soprattutto dalla nostra attivitàdi insegnamento in ambito scientifico. In base alle nostre esperienze, quello chesembra ben chiaro è che a funzionare non sono le dimostrazioni matematiche,bensì i tarli (e ora vedremo che intendiamo con “tarli”). Ad esempio, dimostra-re, nelle sue varie forme, il Teorema Limite Centrale (TLC) è servito, certo, manon più di tanto; far vedere, su simulazioni o su dati concreti, come la propor-zione di successi si stabilizza (Legge Empirica del Caso (LEC) ), riteniamo abbiacontribuito maggiormente nello stimolare gli studenti a crescere.Ci siamo chiesti spesso il perché di questo (di quel che crediamo di aver letto inquesta nostra esperienza didattica). La conclusione a cui siamo giunti è che men-tre il TLC è una sorta di raccomandazione deduttiva (le cose debbono necessaria-mente andare così), la LEC dice qualcosa di diverso: le cose vanno così.E questo fa la differenza. Non c’è un Kolmogorov o un Markov che ti dice chedevi adeguare il tuo punto di vista a quello che ti viene mostrato perché è cosìche deve andare il Mondo: c’è il Mondo che, semplicemente, ti dice che le cosevanno così, indipendentemente da qualunque considerazione deduttiva.E questo è quello che chiamiamo il tarlo. Un tarlo che, una volta entrato nel cer-vello del percipiente, lavora silenziosamente nel tempo e suscita domande,riflessioni, ripensamenti. E il percipiente, nella gran parte dei casi, riflette, pensa,e – se va bene – cresce, si organizza su punti di vista più intelligenti dello statonaturale delle cose. Insomma, a fronte dei fatti bruti, il sistema (il cervello delpercipiente) sembra più propenso a riorganizzarsi onde tener conto dei fatti stes-si. A questo, in genere, segue poi un’attenta riconsiderazione del “deduttivo”,con i vantaggi che questa operazione può avere nel chiarire maggiormente leidee e nel consolidare i principi.Una possibilità sembra dunque quella di mostrare quanto c’è di più diretta-mente intersoggettivo, ovvero come vanno le cose, affinché il cervello di ognu-no lo consideri adeguatamente e su questo processo prenda in considerazionestati di comportamento più adeguati (in scienza o nella vita, che sia), li facciasuoi e li consolidi.Sembra potersi intravvedere una sorta di regola: più questa maggiore intersogget-

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tività proviene dalla natura delle cose, dalla realtà dei fatti, meno essa si prestaad essere interpretata come raccomandazione. E’ così, e basta. Questa è la lezione.Non te lo dice un altro-da-te, che ti racconta cose che altri-da-te hanno pensato eritenuto valide: il Mondo va così, che a te (o ad altri) piaccia o meno. Siamo tuttisulla stessa barca, e non ci sono maestri per quello che stiamo considerando.Se si riflette un momento, ci si rende conto che in questo modo quanto viene pre-sentato risulta assolutamente spersonalizzato.Tornando al problema di fondo, quello che dà il titolo a questo articolo, comepuò essere fattualizzata questa visione delle cose (qualora si sia d’accordo sul-l’interpretazione data all’esperienza brevemente descritta)?Nel nostro modo di vedere il problema riteniamo (ma è ovviamente un’opinio-ne, una congettura) che un approccio comunicativo efficace possa essere oggiquello caratterizzato da una totale ostensività: in altre parole, ti mostro comevanno le cose e… basta. Non sto a farti raccomandazioni di sorta, non sto a dirtiche sono il professor X o il Ministero Y o la Fondazione Z: semplicemente, que-ste sono le cose. Fine.Di questo approccio, che chiameremo per comodità “comunicazione ostensiva”,daremo alcuni tratti generali e successivamente ne mostreremo alcune possibiliapplicazioni pratiche.

La comunicazione ostensiva: alcune caratteristicheUn comportamento difensivo, quando esplicitato, presenta nella nostra societànon pochi problemi in termini di relazioni con gli altri. Il soggetto che fa propriotale comportamento (quale che sia l’ambito in cui lo si attua), se questo com-portamento non è molto diffuso, viene generalmente classificato come pavido.E questo è un grosso problema, specie per i soggetti maschi in relazione a comedesiderano essere considerati dall’altro sesso (e dal proprio): audaci, coraggiosi,sicuri di sé, invincibili.Nei fatti, colui che valuta adeguatamente i rischi non viene in genere considera-to nel modo che apparirebbe più naturale, cioè quello di persona senziente cheadegua di volta in volta il suo comportamento al fine di essere danneggiato ilmeno possibile da quanto può accaderci nella vita: egli viene visto invece comeuna sorta di paranoico o, peggio, di codardo, a fronte di una realtà dove “se qual-cosa deve succedere, succede” (frasi di questi tipo – che sottendono un fatalismomalinteso e deprimente - sono state riportate molto frequentemente nelle sezio-ni “aperte” del questionario dagli studenti che hanno partecipato alle nostreindagini nazionali nelle scuole superiori su “Guida e comportamenti a rischio”).Da quanto detto, sembra opportuno che, se nel messaggio deve figurare un testi-monial, egli debba essere al-di-sopra-di-ogni-sospetto. Più il testimonial appari-rà a priori esente da pavidità, anche perché impegnato in attività ad alto rischio,largamente al di sopra delle possibilità (vere o fantasticate) di chi sta recependoil messaggio, più il tarlo entrerà nel profondo.Accanto a questo aspetto, che può essere in qualche modo controllato nei termi-ni indicati, ce n’è un altro, anch’esso importante, ma più subdolo: molte voltenon percepiamo correttamente– per come è fatto il mondo e per come è fatto il

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nostro cervello – come stanno veramente le cose.Vediamolo su un esempio concreto: la velocità di un veicolo.Nei fatti, noi non ci rendiamo molto conto dell’entità della velocità: ci rendiamoinvece conto assai meglio delle variazioni di velocità. Se chi guida accelera, lopercepiamo subito; se invece mantiene costante la velocità, che sia di 40 km/h,di 120 km/h o di 160 km/h, le possibilità di non rendercene ben conto sono assaifrequenti.Certo, se si va a 100 km/h in città, in strade strette, con auto parcheggiate ai latie qualche semaforo in vista, l’unica reazione del passeggero può essere quella digridare: “Vai più pianoooooo!!!!!”.Ma se siamo in autostrada, una velocità di 100 km/h potrà forse apparirci in uncerto senso contenuta. Il fatto è che, vuoi per le automobili potenti che vengonoprodotte, vuoi per insonorizzazioni varie ed ammortizzatori da favola, vuoi per-ché in autostrada non si hanno riferimenti stringenti come in zona urbana, tra100 km/h, 130 km/h e 160 km/h non è che si senta tanta differenza.Se si va a velocità uniforme, senza riferimenti esterni, non si ha la sensazione delmoto: ce lo ha insegnato Galileo Galilei, il padre della scienza moderna.All’interno della nave che si muove spinta dai venti a velocità costante (questoè l’esempio del pisano), tutti i fenomeni avvengono nello stesso modo in cuiavverrebbero se la nave fosse ancorata nel porto. Se in crociera ci cade di manoun bicchiere, questo cadrà dritto per dritto, come avverrebbe se stessimo a casanostra.Le nostre percezioni sono quindi a volte ingannevoli e talora non ci fornisconoelementi importanti per inquadrare la nostra situazione contingente.Da un punto di vista di psicologia percettiva notiamo che, non solo non ci sirende ben conto sotto certe condizioni della velocità del mobile su cui viaggia-mo, ma non si ha neppure alcuna percezione dell’energia di moto accumulata.E questo è ancora più grave.Per quanto a nostra conoscenza, questo fatto non è mai stato messo in giusta evi-denza prima, pur essendo di grande rilievo nei problemi che trattiamo. Come sisa, l’energia di moto è proporzionale, oltre che alla massa del mobile, al qua-drato della sua velocità. Se viaggiamo a 40 km/h l’energia cinetica vale (in unitàfittizie) 1600 punti; se raddoppiamo la velocità, portandola cioè a 80 km/h, l’e-nergia non è il doppio, ma quattro volte tanto, ovvero 6.400 punti. Se ci si pensaattentamente, viaggiando in aereo, dove di energia di moto ce n’è molta di piùche in un’automobile, dopo che l’aereo ha preso quota ci sentiamo come quan-do ci troviamo seduti in poltrona a casa nostra. Ma se stessimo volando a 700km/h su un aereo che avesse per assurdo la massa della nostra auto, la nostraenergia di moto varrebbe addirittura 49.000 punti!Ragioniamo: se non riusciamo a comprendere istintivamente relazioni lineari,come nel caso della velocità, potremo mai avere senzienza di relazioni quadra-tiche (l’energia)? Certamente no. Da qui l’esigenza di mettere in luce tutte que-ste cose in modo che vengano trasformate da disquisizioni di fisica, che lascia-no nel nostro caso il tempo che trovano, a cose-di-per-sé evidenti, a tarli operosi, incostante lavoro nel cervello della gente.

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Sarà poi opportuno, in questa nostra discussione generale, prendere in conside-razione anche certi approcci, dettati dai nostri desiderata, che spesso mettiamo inatto nel fare prevenzione. E’ bene rendersi conto che di quello che a noi impor-ta come operatori sanitari, o della comunicazione, alla maggior parte della gente(specie quella da convertire) “non gliene può fregare di meno”, tanto per dirla conuna divertente espressione propria dei ragazzi. Dall’interazione che abbiamoavuto più volte con i giovani su importanti problemi che li riguardano (sicurez-za stradale, sicurezza in altri ambienti, uso di alcol, di sostanze, di tabacco, ecc.ecc.), abbiamo tratto una profonda lezione in questo senso: dobbiamo evitare diparlare delle cose che interessano noi, ma concentrarci su quelle che interessanoloro. Ricordiamo al proposito un incontro con gli studenti di una scuola dellaRM/B (una ASL di Roma), i quali avevano partecipato alla prima indagine danoi svolta a livello nazionale sui comportamenti a rischio dei giovani (1998).Dopo aver tanto parlato (nei termini a noi cari) di fumo, di alcol e di droghe, inuna confusione generale che potete immaginarvi, l’attenzione dei ragazzi furiconquistata segnalando loro che queste sostanze sono dannose alla sessualitàmaschile (all’erezione, tanto per non girarci troppo intorno).Dove c’era stata un’indifferenza generale, specie per problemi lontani nel tempoo abbastanza improbabili (“Il tabacco favorisce l’insorgenza di tumori polmonari”,“L’alcol può portare ad una dipendenza, come pure a malattie cronico-degenerativegravi, quali la cirrosi”, “L’uso di cocaina può dar luogo a morte improvvisa”), c’eraadesso la totale attenzione di tutti gli studenti. Domande su domande, intelli-genti, pertinenti, incalzanti: “Dopo quanto tempo si presentano i problemi?”. “E seuno smette, quanto tempo ci vuole perché non abbia più problemi?”. “Ma se uno usapoca roba ha lo stesso problemi?”.I ragazzi della RM/B ci hanno dato certamente una grande indicazione: se vuoicatturare l’attenzione di qualcuno, devi parlare di quello che a lui interessa, nondi quello che interessa a te.In conclusione, volendo caratterizzare ulteriormente quello che abbiamo chia-mato approccio comunicativo ostensivo, i cardini su cui questo dovrebbe basarsisembrano i seguenti:

1) far parlare i fatti (e nessun altro): quello che si cerca di comunicare deve esse-re assolutamente spersonalizzato e desumibile dai fatti stessi;2) se qualche personaggio è coinvolto direttamente nella comunicazione di mes-saggi su comportamenti difensivi, allora è meglio sia il più possibile uno al-di-sopra-di-ogni–sospetto;3) l’argomento da trattare deve svilupparsi su direttrici che siano il più possibi-le congruenti con gli interessi diretti (possibilmente i più immediati) di chi rice-ve il messaggio e non diventare una noiosa carrellata dei nostri desiderata.

L’obiettivo generale della comunicazione “ostensiva”Volendo identificare un obiettivo generale, di fondo, della comunicazione ostensi-va, questo potrebbe essere dato dalla promozione di comportamenti modali, conmoda risultante non troppo distante dal 100%, raggiunta principalmente per

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imitazione spontanea. A ben riflettere, l’uomo è un animale gregario, che tende aseguire le mode: se tutti-quasi tutti fanno qualcosa, si è portati a fare quel qual-cosa (utile o dannoso che sia), più che a non farlo. Ad esempio, se tutti-quasi tuttiindossano il casco (o la cintura di sicurezza), è duro non portarlo; se tutti-quasitutti non lo indossano, allora è duro portarlo.E’ vero che esistono soggetti che amano esibirsi; tuttavia, c’è indubbiamentenella maggior parte di noi un disagio nell’apparire “diversi” e nell’essere ogget-to di specifica attenzione da parte degli altri. Probabilmente, questo è un fattoevolutivo che viene da molto lontano e che si è nel tempo esplicitato in formediverse, sia a bassi livelli biologici, sia a livelli più elevati, di carattere più speci-ficamente sociale. L’evoluzione ha indubbiamente premiato chi tendeva a nondare troppo nell’occhio: il mimetismo è una testimonianza di questo vantaggioevolutivo. E così; quando sentiamo questo disagio da diversità, tendiamo ad eli-minarlo mimetizzandoci tra i più, adeguandoci alle “mode” che ci sembra discorgere nei comportamenti prevalenti degli altri.Appare quindi importante, in termini comunicativi, che i comportamenti chevorremmo promuovere risultino quanto più possibile visibili. In altre parole,sempre riferendoci all’esempio prima dato, deve apparire “normale”, decisa-mente “normale”, indossare il casco (o la cintura di sicurezza), non il contrario.Questo stato di cose lo si può certamente favorire se il comportamento che ciinteressa viene sistematicamente “mostrato”, portato ripetutamente all’attenzio-ne di tutti, e ostensivamente proposto dagli adulti, che spesso sono i primi a tra-sgredire le regole del buon senso e del vivere civile.Per renderci conto di come questa strategia abbia già trovato una sua applica-zione, basta pensare che da qualche anno in molti film americani assistiamo adun rituale che sembra un po’ ridicolo (ma che non lo è affatto in termini razio-nali): poliziotti che, prima di lanciarsi all’inseguimento del cattivo di turno… siallacciano la cintura.L’idea, quindi, non è certo nuova; ma sembra utile esplicitarla con chiarezzaonde essere più facilmente indotti a fattualizzarla quando possibile.Alla luce di quanto sin qui esposto, che deve essere considerato non certo sottouna prospettiva teorica, quanto come un insieme di considerazioni sull’espe-rienza maturata (da chi scrive) in merito all’approccio in questione, mostreremoora nel seguito alcune possibili applicazioni che ci sono venute in mente, tratteda un archivio di idee che stiamo costruendo su questa tematica sin dal 1994.

Applicazioni di comunicazione ostensivaCOMUNICAZIONE OSTENSIVA DI NORMALITA’: CINTURE & CASCOIdea 1 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: Arrampicatore famoso, che scala amani nude pareti verticali da brivido; Oggetto: uso delle cinture di sicurezza;Target: maschile; Media ideale: TV; Autore: Marco Giustini (ISS).Razionale: in questo spot il testimonial è una sorta di superman: scala pareti roc-ciose a mani nude. Se mette la cintura non lo fa quindi perché è un pavido.Sceneggiatura: il testimonial si appresta a scalare la parete e si allaccia unmoschettone di sicurezza (far sentire bene il click!). Scala la parete (mettere bene

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in risalto la salita, evidenziandone un momento difficile). Arrivato in cima (spia-nata con erba verde) si avvia verso un’auto. Sale, click cintura, parte, fine.Idea 2 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: Cantante di successo, molto amato daigiovani; Oggetto: uso delle cinture di sicurezza; Target: giovani in particolare;Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS).Razionale: in questo spot il testimonial è un famoso cantante, personaggio spre-giudicato, da alcuni criticato per certi suoi comportamenti, decisamente ammi-rato dai giovani. Lo spot tende a trasmettere in maniera ostensiva che pur essen-do il testimonial un tipo controcorrente, particolarmente amante del rischio,certi rischi li evita a priori.Sceneggiatura: il testimonial, dopo un concerto, viene braccato dai suoi fans, mariesce a sganciarsi. Decisamente allegro, si avvia verso la sua auto canticchiandouna vecchia canzone di successo:”Voglio una vita spericolataaa...”; raggiunge lasua auto, entra, continua a cantare, si allaccia la cintura (si sente bene lo scatto),e continuando a cantare, mette in moto e se ne va.Idea 3 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: Grande industriale; Oggetto: uso dellecinture di sicurezza; Target: aspecifico; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi(ISS).Razionale: in questo spot il testimonial è un famoso industriale, persona impor-tante ed ammirata. Lo spot vuole trasmettere in maniera ostensiva che anch’eglipone un’attenzione “normale” alla propria sicurezza.Sceneggiatura: il testimonial va di fretta. Entra in macchina. Un suo collaborato-re, che lo segue dall’inizio, continua ad elencargli gli appuntamenti dell’indo-mani (sonoro confuso e basso). Il testimonial gli dice: “Bertini, pensi a tutto lei: masi ricordi soprattutto della telefonata dell’avvocato Giorgetti, mi raccomando!”. L’altrorisponde: “Stia tranquillo, avvocato, certo avvocato!”. Nel mentre, il testimonial siallaccia la cintura, mette in moto l’auto e se ne va.Idea 4 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: Capo del Governo, Capodell’Opposizione; Oggetto: uso delle cinture di sicurezza; Target: aspecifico;Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS).Razionale: in questo spot i testimonial sono il Capo del Governo e il Capodell’Opposizione. Lo spot vuole trasmettere in maniera ostensiva che anche seci possono essere dei punti di vista inconciliabili, sulla sicurezza non si può cheessere d’accordo.Sceneggiatura: i testimonial escono insieme da una riunione ad alto livello e dis-cutono tra loro animatamente. Salgono in macchina. L’uno dice acidamenteall’altro: “Non saremo mai d’accordo su nulla”. L’altro ribatte con acrimonia: “Lopenso anch’io”. Si allacciano in contemporanea le cinture e l’auto parte.Idea 5 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: Attrice famosa, molto bella e…ruspante; Oggetto: uso delle cinture di sicurezza; Target: giovani in particolare;Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: in questo spot i testimonial sono un’attrice famosa e un ragazzo comu-ne. Lo spot vuole trasmettere in maniera ostensiva che la sicurezza è ben chiaranella mente delle donne e che essere prudenti non è interpretato come pavidità.Sceneggiatura: la testimonial e il “ragazzotto” che la accompagna, entrano in

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auto. Lei (alla guida) si allaccia la cintura, lui no: sta lì fisso a guardarla, come inestasi.. Lei lo squadra e gli fa: “Che t’è venuta la paralisi?”. Lui ha un momento diimbarazzo, poi scoppia a ridere e si allaccia la cintura. Se ne vanno.Idea 6 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: Pilota delle frecce tricolori; Oggetto:uso del casco; Target: giovani in particolare; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi(ISS)Razionale: in questo spot il testimonial ideale è un giovane, occhi di ghiaccio,pilota di aviogetto. Un tipo che non può conoscere la paura. Ma che usa il cer-vello: e questo è il messaggio ostensivo.Sceneggiatura: il testimonial scende dall’aereo dopo aver fatto alcune evoluzioni;si toglie il casco e lo dà ad un assistente che lo saluta: “A domani, signor tenente”.Si avvia verso la sua moto che è posteggiata lì vicino, si mette il casco (eviden-ziare bene che lo allaccia) e parte.Idea 7 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: gente comune; Oggetto: uso delle cin-ture di sicurezza; Target: giovani in particolare; Media ideale: TV; Autore: FrancoTaggi (ISS)Razionale: questo è un esempio dei molti spot ostensivi che abbiamo immagina-to con protagonisti presi tra gente comune: in una eventuale campagna infor-mativa, questi dovrebbero essere la maggioranza degli spot, per dare maggior-mente idea della “normalità” e stemperare un poco la presenza di personaggifamosi. In questo spot, un ragazzo un po’ particolare tenta (con successo) discroccare per l’ennesima volta la benzina alla ragazza.Sceneggiatura: tra vari bacetti, lui e lei escono dalla discoteca. Sorrisi complici.Entrano in auto. Lui fa per mettere in moto, poi esclama “Cribbio, siamo ancora inriserva! Non è che hai da prestarmi venti euro?”. Lei alza gli occhi al cielo e protesta“Ancora!?!”. Lui allarga le braccia, sorridendo. Lei scuote la testa, prende dalborsellino 20 euro e glieli dà. Cinture e via.

COMUNICAZIONE OSTENSIVA DELLE CONSEGUENZE DEL NON-USODELLE CINTURE DI SICUREZZA E DEL CASCO DI PROTEZIONEIdea 1 Tipo: spot; Durata: 30 s; Testimonial: un operatore; Oggetto: uso del casco;Target: giovani; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: l’obiettivo di questo spot è trasmettere in maniera ostensiva che puòsuccedere se non si porta il cascoSceneggiatura: l’operatore mostra due uova (sode), su cui sono disegnati due visi,una con un casco (di creta), una senza. Con un martelletto colpisce forte primal’uno poi l’altro uovo. Se il colpo è ben dato, il caschetto di creta si rompe. Sizoomma poi sulle uova e si osserva l’integrità di quello che aveva il casco e unaserie di “fratture” del guscio di quello che non lo aveva. La cosa fa una certaimpressione. Nota1: lo spot è stato effettivamente realizzato durante una trasmissione dell’emittenteromana “Telesalute” nella seconda metà degli anni ’90.Nota2: il tutto si può anche realizzare con uova fresche; però, il risultato è in questo casomolto più impressionante, in quanto l’uovo che prende direttamente la martellata sirompe e l’albume che esce fuori sembra proprio liquido cefalo-rachidiano, il che fa un poco

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senso. Questo fatto, a nostro parere, può contribuire a distogliere l’attenzione da quantosi vuole venga maggiormente considerato. Tuttavia, si tratta di un’opinione: in terminicorretti, bisognerebbe valutare sperimentalmente quale delle due possibilità comporti ilmaggior impatto.Idea 2 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: nessuno; Oggetto: uso del casco; Target:giovani; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: l’obiettivo di questo spot è trasmettere in maniera ostensiva che puòsuccedere se non si porta il cascoSceneggiatura: tre sfere metalliche pesanti sono sospese su tre uova (sode), condisegno di volti. Un uovo porta un solido caschetto di creta, un altro, un caschet-to, ma di spessore più sottile (che sta a rappresentare un casco non omologato);l’ultimo non ha alcuna alcuna protezione. Cadono le sfere e si va a vedere, zoo-mando, le conseguenze su ognuno.Idea 3 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: nessuno; Oggetto: uso del casco; Target:giovani; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: l’obiettivo di questo spot è trasmettere in maniera ostensiva che puòsuccedere se non si porta il cascoSceneggiatura: vengono poste su un tavolo tre nocchie (si può fare anche con lenoci, ma viene meno bene), una priva di guscio e due col guscio. Con un mar-tello si colpisce la prima, che si spiaccica; si colpisce poi con una certa forza laseconda: il guscio si rompe, ma la nocchia resta integra; si colpisce poi violente-mente la terza: si spiaccica tutto, guscio e nocchia.Nota1: Una voce fuori campo recita: “senza casco” (prima nocchia); “col casco, se vai avelocità ragionevole” (seconda nocchia); “col casco, se vai a velocità eccessiva” (terzanocchia).Nota2: Forse, più che come spot, il tutto sarebbe più efficace se utilizzato in trasmissio-ni dove fosse possibile entrare meglio nei dettagli biomeccanici dell’esperimento.Idea 4 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: nessuno; Oggetto: uso delle cinture disicurezza; Target: aspecifico; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: l’obiettivo di questo spot è trasmettere in maniera ostensiva che puòsuccedere se non si indossano le cinture di sicurezza.Sceneggiatura: su una slitta caricata a molla, stanno due uova (fresche) con dise-gnati dei volti, una che indossa una piccola cintura, l’altra che ne è sprovvista.In fondo alla guida della slitta c’è un fermo e subito dopo un vetro di cristallo.Scatta la molla e parte la slitta. Al fermo, per inerzia, l’uovo libero vola via e vaa sfracellarsi contro il vetro di cristallo. L’immagine, piuttosto forte, viene ripre-sa anche da dietro il vetro.Nota 1: volendo, lo spot potrebbe concludersi con la scritta: “Per non fare la frittata…”Nota 2: potrebbero essere utilizzate anche uova sode per far vedere, zoommando, gli effet-ti dell’urto sul viso.

COMUNICAZIONE OSTENSIVA DELLA VELOCITA’Idea 1 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: grande centometrista; Oggetto: velo-cità; Target: giovani, ma anche meno giovani; Media ideale: TV; Autore: FrancoTaggi (ISS)

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Razionale: l’obiettivo di questo spot è far riflettere, su base ostensiva, in meritoalla comune percezione della velocità.Sceneggiatura: il centometrista è in gara: corre come un fulmine (seguirlo di latocon telecamera, cercando di mettere in luce sforzo, sudore e rapidità del moto).Nel mentre si sente un rumore, rumore che cresce, cresce… e compare in pista alfianco dell’atleta una ragazzina in ciclomotore (col casco). E’ la ragazzina chetaglia per prima il traguardo.Nota 1: la ragazzina taglia prima il traguardo perché va a 40 km/h che sono 11.1 m/s,ovvero fa i 100 metri in 9 secondi netti (il record mondiale dei 100 metri piani è 9.9secondi, cioè 10.1 m/s, ovvero 36.4 km/h).Nota 2: volendo, si potrebbe mettere una scritta finale. Se il campione si chiama Jones ela ragazzina Maria, la scritta potrebbe essere:I) Maria: 100 metri in 9 secondi netti (40 km/h);II) Jones: 100 metri in 9.9 secondi netti (36.4 km/h)Nota 3: la sorpresa (il paradosso) nasce dal fatto che “lento” o “veloce” sono concettirelativi, da noi attribuiti comparativamente ad oggetti interni ad una certa classe. Jones(classe: uomini) è il più “veloce” di tutti; il ciclomotore (classe: veicoli a motore) è quel-lo più “lento” tra i tanti.Lo spot propone una visione trasversale che - collegando le due classi in questione - mettein luce l’uso compartimentalizzato che facciamo inconsciamente del concetto di velocità.

COMUNICAZIONE OSTENSIVA DELL’ENERGIAIdea 1 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: pilota famoso; Oggetto: velocità; Target:giovani, ma anche meno giovani; Media ideale: TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: l’obiettivo di questo spot è far riflettere, in termini ostensivi, sull’e-nergia cinetica che possediamo ad una certa velocità e che, per fermarsi, deveessere smaltita frenando.Sceneggiatura: su pista, due auto uguali viaggiano affiancate ad un certa veloci-tà (diciamo, 70 km/h): in una c’è un pilota di formula uno, nell’altra il signorRossi, funzionario di banca. Scatta un segnale per l’arresto del veicolo. Il pilotafa meglio, perché reagisce più prontamente; ma la distanza percorsa dal signorRossi, prima che il veicolo si arresti, non è molto più lunga di quella del cam-pione.Nota1: la gran parte dello spazio di arresto è data, per velocità superiori a 70 km/h, dallospazio di frenata, che in questo caso è circa uguale per i due conducenti in quanto per-corrono contemporaneamente la stessa pista con macchine di peso analogo. I riflessi piùpronti del campione fanno certo una differenza, ma non sostanziale.

COMUNICAZIONE OSTENSIVA DELLA STANCHEZZA (SONNOLENZA)ALLA GUIDAIdea 1 Tipo: spot; Durata: 20 s; Testimonial: pilota famoso ed attrice famosa;Oggetto: stanchezza & sonnolenza; Target: giovani e meno giovani; Media ideale:TV; Autore: Franco Taggi (ISS)Razionale: l’obiettivo di questo spot è di far riflettere, su base ostensiva, sul fattoche sonno e stanchezza non sono compatibili con una guida sicura.

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Sceneggiatura: il pilota e l’attrice stanno tornando da una festa. Ad un certopunto, lui accosta in un piazzale e ferma l’auto. “Una sosta romantica?” insinualei. Lui risponde sorridendo: “No, sono solo stanco, ho sonno: debbo dormire un quar-to d’ora”. “Ma tu non sei un campione?”, dice lei sorpresa. “Certo che sono un cam-pione: ma il sonno è uguale per tutti”. E si mette a dormire. Al che lei se lo coccolacon lo sguardo, gli accarezza i capelli, poi appoggia la testa sulla sua spalla.

ConclusioneQuesto articolo potrebbe essere intitolato “Elogio del Tarlo”. E in effetti lo è. Infondo, è il dubbio la base della Scienza (e della Conoscenza). Comunque, non siè qui inteso mostrare una strada regia per la modifica in “grande” dei compor-tamenti poco desiderabili: ce ne sono altre, certamente. Ed alcune di queste pre-sentano caratteristiche che ricordano la meccanica quantistica poiché i loro effet-ti sono tali da far passare il sistema da tutto a nulla (quando funzionano), e talo-ra in tempi brevissimi. Ad esempio, l’ironia e la satira: negli anni ’50 molti ragaz-zi romani (e non solo), compreso chi scrive, amavano atteggiarsi ad “americani”.Jeans, parlata in inglese maccheronico e roba del genere. Un certo giorno uscì unfilm di Alberto Sordi, intitolato “Un americano a Roma”: da allora tutti ci guar-dammo bene dal manifestare certi atteggiamenti perché ci sentivamo terribil-mente ridicoli. Rimasero le chitarre, i jeans, il rock ed altre cose: ma “l’americanodel Kansas City” scomparve all’istante. E quindi, al di là di quanto proposto in questo articolo, crediamo che convengaservirsi di tutte le possibilità e i mezzi che la comunicazione può offrire.In questo senso, quella che abbiamo chiamato “comunicazione ostensiva” è un’ul-teriore possibilità (peraltro, nemmeno troppo originale). Anzi, più modesta-mente, diciamo che abbiamo colto un’occasione per riflettere insieme su unaserie di difficoltà che si incontrano nel promuovere la modifica di certi compor-tamenti indesiderabili e suggerire un ulteriore approccio, basato sulla nostraesperienza, approccio che forse potrebbe valer la pena esplorare in maggior det-taglio.

NOTA

Richard P. Feynman, premio Nobel per la fisica, diceva: “In questi tempi di alta specializzazione sono benpochi coloro che hanno una comprensione così profonda di due diversi campi della conoscenza da nonrendersi ridicoli in almeno uno dei due”. In questo senso, l’autore è ben cosciente di non essere un esperto diScienze della Comunicazione. E poiché egli ritiene, d’accordo con Feynman, che ognuno di noi dovrebbe fare sem-pre e solo il suo mestiere (cosa di per sé già difficile), desidera qui chieder venia gli addetti ai lavori per le inge-nuità che sicuramente nel lavoro compaiono.

BIBLIOGRAFIA

(1) Sahl ibn Abdallah, riportato da R.Nicholson in “Sufismo e mistica islamica” (1914), ed. Libritalia,1997,pag. 149

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La sicurezza stradale tra campagne pubblicitariee cultura

Giancarlo Barletta

Coordinatore redazione RAI – CCISS(Centro Coordinamento Informazioni Sicurezza Stradale)

Il protagonista di un vecchio film americano diceva che le occasioni di un uomoper festeggiare erano principalmente tre: quando si sposava, alla nascita dei figlied infine quando suo figlio si radeva la barba per la prima volta. Nulla da ecce-pire, sono tappe importanti che danno il senso della vita. Forse però oggi l’ulti-ma potremo sostituirla con il giorno quando tuo figlio può guidare un qualsia-si mezzo e andare dove vuole. Perchè proprio in quel giorno si diventa grandi,ci si sgancia dall’adolescenza, dall’egida familiare e si entra a far parte delmondo degli adulti. E ci si entra a pieno titolo perché proprio in quel momentoci si deve assumere delle responsabilità che in questo caso non sono differenti traindividuo e individuo. Alla guida non c’è più differenza tra uomo e donna, tragiovane ed anziano, tra biondo e moro, tra iracheno ed americano; tutti, alla stes-sa misura, ci stiamo confrontando con gli altri e con l’ambiente che ci circonda. In quel momento, forse anche inconsciamente, i giovani maturano.E’ pacifico però che tutto questo non basta; la possibilità di fare degli incidenti èinversamente proporzionale all’anzianità di patente; meno esperienza si ha epiù aumenta la possibilità di causarne.Inoltre sappiamo che più del 90% degli incidenti è causato dall’errato compor-tamento umano. Poco significativi, nelle statistiche, sono invece i casi di rotturadelle componenti meccaniche del mezzo, come pure i problemi che possonoriscontrarsi nelle infrastrutture viarie. Il fattore umano deve essere dunque la base, la considerazione da dove partireper arrivare ad una guida più sicura che possa ridurre in modo concreto ilnumero di incidenti sulle strade. Ognuno deve fare la sua parte:• le case automobilistiche, che dovranno costruire modelli sempre più sicuri;• i gestori delle strade ai quali spetta il compito di migliorare la sicurezza, lasegnaletica, l’informazione per chi viaggia.• gli organi di controllo e repressione, con servizi sempre più puntuali e mirati;• ma principalmente chi guida un veicolo, che sia a 2, 3, 4 o più ruote.Saranno soprattutto questi ultimi che dovranno adeguare il proprio stile alle esi-genze di una guida sicura, moderna e al passo con il progresso dei mezzi con-

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dotti.Da questo punto di vista e considerando l’altissima percentuale di colpa chehanno i conducenti in caso di incidente, c’è ancora molto da fare. Vecchie abitu-dini (guida senza casco o senza la cintura allacciata), modelli errati o superati(guida euforica, uso del telefonino senza viva-voce o senza auricolare, mettersial volante comunque anche se si è bevuto o si ha sonno), scarsa conoscenza deimezzi guidati, il poco rispetto delle regole e dell’ambiente, sono gli aspetti chepiù dobbiamo curare se effettivamente si vuole arrivare ad un reale abbattimen-to degli incidenti stradali.Come fare? Come convincere i più riluttanti? Come crescere con la normaleconsapevolezza dei pericoli sulla strada?Negli anni sessanta il famoso attore Ubaldo Lay, una star televisiva del periodo,nel personaggio del “tenente Sheridan” faceva campagne per la sicurezza stra-dale girando per le strade di Roma insieme ad altri motociclisti tutti rigorosa-mente senza casco. Segno dei tempi, ma anche segno che non sempre la comu-nicazione e gli sforzi per la sicurezza stradale sono adeguati. Anche oggi, con un’informazione martellante e continua sui temi della sicurez-za, si deve riscontrare che le centinaia di migliaia di incidenti che accadono inItalia sono da addebitarsi all’errore umano. ciò malgrado che molto si stia facen-do per contenere questo fenomeno. Però, quei messaggi fini a se stessi, che vor-rebbero mostrare comportamenti virtuosi alla guida o quelli che mostrano irisultati degli incidenti stradali, spesso con immagini raccapriccianti hanno sicu-ramente un’influenza marginale sul nostro comportamento.I primi sconfinano spesso nel moralismo e danno la sensazione di situazioni chepoco hanno a che fare con la quotidianità, tipo i messaggi pubblicitari chemostrano famiglie meravigliose con padre, madre, figli, nonni tutti “perfettini”,eleganti e gioiosi viaggiare su strade libere dal traffico e immerse nel verde.Questo tipo di messaggio è oggi un po’ irriso specie tra i giovani. Per quanto riguarda i secondi, non fingiamo di non sapere che ognuno di noi, etanto più chi è giovane, li rimuove quasi subito come una sorta di scaramanzia.Rimane comunque un monito, ma certo non tale da condizionare lo stile diguida.Abbastanza efficaci, soprattutto sui giovani, sono invece gli interventi di “testi-monial”. I personaggi noti più accettati dai giovani spesso riescono ad entrate làdove è “off limit” per gli altri. Se un importante personaggio “trend setter” pro-paganda, anche indirettamente, un certo tipo di comportamento, viene visto conmeno diffidenza e può essere un polo di riferimento da emulare senza proble-mi. A proposito di emulazione, quanto sarebbe importante se anche i poliziotti inservizio o i politici, nelle loro lunghe auto blu, indossassero sempre la cintura disicurezza? Parlare di sicurezza stradale e poi viaggiare senza avere il minimorispetto per le sue norme è perlomeno un controsenso.Ritengo però che le vie giuste da perseguire siano i controlli seri e puntuali sullestrade, una corretta informazione e più che altro la conoscenza che ognuno dinoi deve avere per arrivare ad una guida più sicura.

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Soffermiamoci dunque su questi aspetti. Non c’è dubbio che l’introduzionedella patente a punti sia stato un argomento forte, un tipo di repressione chetutti hanno recepito e che ha messo l’automobilista di fronte ad una scelta: segui-re in modo serio le regole della guida in sicurezza o correre il rischio di pagareconsiderevoli somme di denaro per le multe e soprattutto di essere privato dellapatente e quindi non idoneo alla guida almeno per un certo periodo. La pauradi perdere la propria autonomia negli spostamenti ha avuto un effetto sicuro cheha ridotto di una apprezzabile percentuale il numero degli incidenti e relativa-mente dei morti e dei feriti sulle strade.L’altro aspetto è l’informazione per chi sta viaggiando che ha raggiunto oggi unbuon livello e diffusione anche se si aspetta ancora un sistema che possa dare intempo reale la situazione sulle strade; il satellite in un futuro prossimo potrà aiu-tarci. Ma la via maestra per una maggiore sicurezza sono la consapevolezza delleregole e la cultura della tutela che nasce dalla conoscenza dei mezzi, dei limiti,dei pericoli che sono determinanti per ottenere uno stile di guida compatibile.Già la norma del patentino per condurre un ciclomotore ha dato forza edimportanza all’azione della guida. Dare a tutti la possibilità di pilotare un mezzomotorizzato sulle pubbliche strade senza una minima preparazione e con la solaregola del limite minimo di età, ne sviliva l’importanza e faceva maturare la con-vinzione che non era poi necessario seguire nessuna regola, tanto che non occor-reva neanche conoscerle. Infine quello che ritengo sia la cosa più importante ed efficace, se veramentevogliamo scommettere su un futuro più sicuro e con meno vittime, è l’educa-zione stradale o, come oggi si vuole intendere, l’educazione alla convivenza civi-le che non sarà certo né una raccomandazione né una predica. L’insegnante chespiega un passo della Divina Commedia, o spiega i logaritmi non dà certo deiconsigli, ma prepara lo studente a conoscere la materia. Così dovrà essere ancheper l’educazione stradale.Saranno importanti per questo proprio la conoscenza diretta di cos’è la velocità,di quanto sia difficile e laborioso fermarsi piuttosto che accelerare; avere dime-stichezza con i nuovi ritrovati tecnologici volti ad aiutare chi è su un mezzo adevitare incidenti o perlomeno a contenerne i danni. Sapere i limiti di protezionedei mezzi o degli strumenti, gli effetti dell’alcol sul fisico e sul comportamentodi guida, (ancor più se parliamo di droghe), della stanchezza. Essere consape-voli della responsabilità civile, ma anche umana, di chi è alla guida di un mezzo;avere la cultura del rispetto ambientale ed altro ancora sono tutti aspetti chedevono far parte del bagaglio culturale di ognuno di noi. Solo con la conoscen-za di tutto questo potremo evitare comportamenti di guida pericolosi, frutto dierrate convinzioni, di mode transitorie, di vecchie e sbagliate abitudini. Stare alpasso dei tempi, e, se vogliamo, essere capaci di cavalcare il progresso, devonoessere la base stessa per un futuro maggiormente sicuro sulle strade. Di certorimarranno i più testardi, i più duri a capire, ma un civile comportamento gene-ralizzato li potrà aiutare sicuramente.

LA SICUREZZA STRADALE TRA CAMPAGNE PUBBLICITARIE E CULTURA

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Gli incidenti stradali in Italia prima e dopol’applicazione delle ultime modifiche al codicedella strada

Pietro Marturano

Ministero delle Infrastrutture e dei TrasportiDipartimento per i Trasporti TerrestriDirezione Generale per la Motorizzazione

IL 1° ANNO DI APPLICAZIONE DELLE ULTIME NORME(1° luglio 2003 – 30 giugno 2004)

Le ultime modifiche al Codice della Strada, attuate con il decreto legge n.151 del27 giugno 2003, convertito con legge n.214 del 1° agosto 2003, hanno consentitonel primo anno di applicazione, cioè dal 1° luglio 2003 al 30 giugno 2004 diregistrare, rispetto all’analogo periodo del 2002-2003, una diminuzione del14,5 % del totale degli incidenti, del 18,8 % di decessi e del 17,9% dei feriti perincidenti stradali.In riferimento ai sinistri rilevati dalla Polizia Stradale e dall’Arma deiCarabinieri, e cioè relativi prevalentemente all’ambito extraurbano, in dettoperiodo si è avuta una riduzione di 27.485 incidenti, di 857 persone decedutee di 24.505 persone ferite, come è facile rilevare dalla tabella che segue (Tab. 1)

Sinistri rilevati dalla Polizia Stradale ed Arma dei Carabinieri

TAB. 1 1° anno anno precedente in assenza norme

Valutazione del 1° anno di applicazione 1° luglio 2003 1° luglio 2002-

30 giugno 2004 30 giugno 2003 Differenza Diff. %

Totale incidenti 161.696 189.181 -27.485 -14,5Morti 3.712 4.569 -857 -18,8Feriti 112.228 136.733 -24.505 -17,9

E’ appena il caso di ricordare che tale confronto, ovvero del primo anno diapplicazione con l’analogo periodo precedente del 2002/2003 (in cui le modi-fiche al Codice non erano ancora entrate in vigore) consente una valida verifi-ca dei primi effetti apportati dagli interventi normativi in oggetto, rispetto aduna situazione temporale immediatamente precedente, priva delle stessenorme.

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Per concludere, possiamo a ragione affermare che, già nel primo anno di appli-cazione, gli effetti indotti dalla normativa in parola, hanno dato risultati moltosoddisfacenti.

IL 2° ANNO DI APPLICAZIONE DELLE ULTIME NORME (1° luglio 2004 – 30 giugno 2005)

Il 1° luglio 2004 ha inizio il secondo anno di applicazione delle modifiche alCodice della strada.I dati dell’incidentalità rilevati da Polizia Stradale e Carabinieri fino al 30 giu-gno 2005 confermano il raggiungimento di risultati ancora una volta davveroconfortanti ed ancora migliori rispetto al primo anno di applicazione.In particolare, ai fini di una compiuta valutazione dell’andamento dell’inci-dentalità, con i dati relativi al 2° anno di applicazione (1° luglio 2004 – 30 giu-gno 2005) è utile un duplice confronto:• il primo, con l’analogo periodo del 2002-2003 (1° luglio 2002 – 30 giugno2003, ovvero quando le norme non erano in vigore) per verificare le variazio-ni di incidentalità nel periodo in cui le norme erano già in vigore rispetto adun periodo in assenza delle stesse, con riferimento cioè, ad un periodo tempo-rale che possiamo definire “di regime” in cui l’effetto iniziale (“effetto annun-cio”) connesso alla nuova entrata in vigore delle norme può ritenersi ormaiscomparso (Tab. 2);• il secondo, con l’analogo periodo del 2003/2004 (1° luglio 2003 – 30 giugno2004, ovvero il 1° anno di applicazione delle norme) per verificare se vi è statauna attenuazione negli effetti degli interventi normativi posti in essere ovverose l’efficacia degli stessi può considerarsi ancora elevata. In altri termini dettaverifica permette di accertare la “tenuta” dei positivi effetti indotti dall’im-pianto normativo così modificato (Tab. 3);

In entrambi i casi, se ne deducono effetti di tutto rispetto, infatti:

Sinistri rilevati dalla Polizia Stradale ed Arma dei Carabinieri

TAB. 2 2° anno anno precedente in assenza norme

Valutazione del 2° anno di applicazione 1° luglio 2004 1° luglio 2002-

30 giugno 2005 30 giugno 2003 Differenza Diff. %

Totale incidenti 150.348 189.181 -38.833 -20,5Morti 3.632 4.569 -937 -20,5Feriti 106.572 136.733 -30.161 -22,1

Nel secondo anno di applicazione (1° luglio 2004 - 30 giugno 2005), i dati evi-denziano una forte riduzione del numero totale di incidenti stradali e dei rela-tivi decessi pari al 20,5% ed una ancora maggiore riduzione dei feriti, pari al22,1% con riferimento all’analogo periodo del 2002/2003 (e cioè in assenza

GLI INCIDENTI PRIMA E DOPO LE ULTIME MODIFICHE AL CODICE DELLA STRADA

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delle norme). Ciò significa in termini numerici una riduzione di 38.833 inci-denti, 937 morti e 30.160 feriti.

Sinistri rilevati dalla Polizia Stradale ed Arma dei Carabinieri

TAB. 3 2° anno 1° anno

Valutazione tenuta del Sistema (2° anno di 1° luglio 2004 1° luglio 2003-applicazione /1° anno) 30 giugno 2005 30 giugno 2004 Differenza Diff. %

Totale incidenti 150.348 161.696 -11.348 -7,0Morti 3.632 3.712 -80 -2,2Feriti 106.572 112.228 -5.656 -5,0

Il confronto dei dati relativi al 2° anno con l’analogo periodo del 2003/2004 (1°anno di applicazione) evidenzia ancora una volta una riduzione del numerototale degli incidenti del 7,0%, dei decessi pari al 2,2% e dei feriti pari al 5,0%.Si rileva pertanto, pur avendo paragonato tra loro periodi omogenei, ovveroentrambi in presenza delle norme, una sostanziale tenuta degli effetti conse-guenti agli interventi normativi varati. Ciò conferma il permanere della validità delle azioni intraprese e la sostanzia-le bontà dell’impianto normativo.

I DATI ISTAT RELATIVI ALL’INTERO TERRITORIO NAZIONALE

Una ulteriore conferma della validità dei provvedimenti adottati e del positi-vo evolversi del quadro globale, è data dall’analisi dell’andamento storico del-l’incidentalità stradale fornito dall’Istituto Nazionale di Statistica.Ciò consente, allo stesso tempo, una verifica globale dell’andamento dell’inci-dentalità, comprensivo quindi anche dell’ambito urbano.Detti dati confermano la netta diminuzione sia in termini di numero totale diincidenti, sia in termini di morti e feriti.A partire dal 2003 (anno di entrata in vigole della “patente a punti”), infatti, sinota la marcata inversione di tendenza del trend che fin da molti anni addie-tro era in costante crescita.Nel particolare, una veloce analisi dei dati ufficiali ISTAT, comprensivi, comedetto, di tutto il territorio nazionale, evidenzia chiaramente che nel 2004,rispetto al 2002 (in assenza delle norme) vi è stata una diminuzione del 6,2 %del totale degli incidenti, del 16,5 % di decessi e del 7,3% dei feriti per incidentistradali.Questo significa che, paragonando tra loro gli ultimi due anni rispettivamen-

te in presenza ed in assenza delle ultime modifiche al Codice della Strada, si èavuta una riduzione di 14.801 incidenti, di 1.114 persone decedute e di 25.030persone ferite.Ancora una volta, è possibile verificare anche con i dati ISTAT la tenace “tenu-

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ta” degli effetti della patente a punti e degli altri interventi, confrontandoinfatti i dati relativi al 2004 (quindi con norme in vigore) rispetto al 2003 (connorme già in vigore dal 1° luglio). Tale confronto conduce inequivocabilmentead affermare che vi è stata una netta riduzione del numero totale degli inci-denti (3,1%), dei decessi (7,3%) e dei feriti (3,3%), che in termini meramentenumerici significa una riduzione di 7.187 incidenti, 440 morti e 10.694 inci-denti, confermando così, anche in questo caso, il permanere della vigorosa effi-cacia delle azioni avviate.

I DATI STORICI DELL’ISTAT

Dalla lettura dei dati ISTAT, graficizzati dal 1991 al 2004, si nota come l’anda-mento dei trend, per incidenti e feriti, sia in costante ascesa dal 1993 al 2002 edal 1996 al 2002 per quanto riguarda i decessi, è possibile quindi constatare“ictu oculi” come il 2003 rappresenti l’anno della svolta. Solo a a partire da tale data, infatti, si nota la netta inversione di tendenza, seb-bene, solo nel secondo semestre dello stesso anno si sono potuti sviluppare glieffetti delle norme in parola.In ogni caso, tale circostanza è indubbiamente da porre in relazione di causa-

effetto con le iniziative intraprese per la riduzione dell’incidentalità ed ilmiglioramento dei livelli della sicurezza stradale di cui alla più volte richia-mata legge n.214/2003.

E’ importante inoltre notare che l’azione positiva degli interventi assume unamaggiore valenza in considerazione che, contemporaneamente, risulta altresìla tendenza in aumento dei volumi di traffico stradale, che, per la sola retetariffata, nel 2004 sono stati complessivamente del 12,3% in più rispetto al2000.

In particolare, i dati forniti dall’Associazione Italiana Società ConcessionarieAutostrade e Trafori (AISCAT) registrano le seguenti variazioni:

Aumento del traffico totale 2001 rispetto al 2000: + 3.8%“ 2002 rispetto al 2001: + 2.9%“ 2003 rispetto al 2002: + 2.9%“ 2004 rispetto al 2003: + 2.2%.

GLI INCIDENTI PRIMA E DOPO LE ULTIME MODIFICHE AL CODICE DELLA STRADA

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L’incidentalità stradale in Italia, cause, effetti e costi. Gli effetti delle ultime modifiche alcodice della strada. Le linee di intervento

Pietro Marturano

Ministero delle Infrastrutture e dei TrasportiDipartimento per i Trasporti TerrestriDirezione Generale per la Motorizzazione

L’incidentalità stradale in Italia negli ultimi tempi ha contato qualcosa come6000 morti, 300.000 feriti e 200.000 incidenti all’anno.Si rabbrividisce al solo pensiero che per disprezzo verso le norme e le più ele-mentari regole del buon senso, un elemento essenziale per lo sviluppo ed ilprogresso del Paese, si trasforma puntualmente in un sistema all’inte rno delquale perdono la vita, o se la rovinano per sempre, tanti nostri concittadini.Questa situazione assolutamente inaccettabile, ha indotto i Legislatori, a vara-re una serie di disposizioni destinate ad incidere in modo energico ed imme-diato sui comportamenti degli utenti della strada, in modo da invertire il peri-coloso trend ascensionale degli incidenti sulle nostre strade.Tra i principali interventi posti in essere, meritano di essere ricordati iseguenti:

• l’istituzione della patente a punti;• l’obbligo del conseguimento dell’attestato di idoneità per la guida di ciclo-motori (patentino) per la fascia di età 14/18 anni e, dal 1° ottobre 2005, ancheper i maggiorenni;• le regole per un corretto uso del cellulare e di altri apparecchi durante laguida;• la sospensione in via cautelativa della patente di guida, fino all’esito di visi-ta medica, in caso di accertamento durante la guida di un valore corrispon-dente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro;• l’obbligo d’uso, in articolari situazioni, dei dispositivi retroriflettenti diprotezione individuale (giubbotti) destinati a proteggere chi scende da unveicolo;• l’obbligo d’uso delle strisce posteriori e laterali retroriflettenti per gli auto-veicoli con massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate;• l’obbligo di utilizzo dei fari accesi di giorno sulle autostrade e sulle stradeextraurbane per una migliore visibilità dei veicoli;• l’inasprimento delle sanzioni per le violazioni più gravi e l’ampliamentodei poteri di Polizia;

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• il divieto di somministrazione di bevande superalcoliche sulle autostrade;• l’adozione di procedure certe e snelle per la verifica dell’assunzione disostanze alcoliche o stupefacenti;• la revoca della patente di guida in caso di violazioni che hanno provocatola morte di altre persone.

Come principali riferimenti normativi ricordiamo:

NORME DI RIFERIMENTOD. Lgs. n. 9 del 15 gennaio 2002, “Disposizioni integrative e correttive del nuovocodice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85”(Gazzetta Ufficiale n.36 del 12 febbraio 2002 - Supplemento Ordinario n. 28)Decreto Legge n. 151 del 27 giugno 2003, “Modifiche ed integrazioni al Codicedella Strada” (G.U. n.149 del 30 giugno 2003)Legge n. 214 del 1° agosto 2003, “Conversione in legge, con modificazioni, deldecreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, recante modifiche ed integrazioni al Codice dellaStrada” (Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003 – S.O. n.133)

PROVVEDIMENTI APPLICATIVID.M. 29.7.2003, “Accreditamento di soggetti pubblici e privati che possono svolgerecorsi per il recupero dei punti della patente di guida” (Gazzetta Ufficiale n.181 del 6agosto 2003)D.M. 29.7.2003, “Programmi dei corsi per il recupero dei punti della patente diguida” (Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2003)Circolare prot.n. MOT3/4984/M350PaP del 16 dic. 2003, “Chiarimenti in meritoallo svolgimento, da parte delle autoscuole, dei corsi per il recupero dei punti dellapatente di guida” (Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2003)Circolare prot.n.MOT3/4053/M350 del 9 ott. 2003, “Autorizzazione a svolgere icorsi per il recupero dei punti della patente di guida da parte delle associazioni di cate-goria degli autotrasportatori” (Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2003)Circolare prot.n.MOT3/3442/M310 del 9 sett. 2003, “Chiarimenti in merito allosvolgimento, da parte delle autoscuole, dei corsi per il recupero dei punti della patentedi guida” (Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2003)Circolare prot.n.MOT3/3021/M330 del 20 ago. 2003, “Recupero di nove punti perla patente di guida, a seguito della frequenza di specifici corsi” (Gazzetta Ufficiale n.181 del 6 agosto 2003)

Il vero contenuto innovativo di queste norme è costituito dal forte richiamoalla coscienza di ogni utente affinché la circolazione sulle strade possa svol-gersi nel modo più sicuro possibile.L’analisi dei dati sull’incidentalità stradale in Italia dimostra purtroppo chenon meno del 90% degli incidenti stradali trova la sua origine nel fattoreumano: cioè in tutta quella gamma di comportamenti (mancato rispetto dellesegnalazioni semaforiche, mancato rispetto dello STOP, della distanza di sicu-rezza, sorpassi azzardati, eccesso di velocità rispetto alle condizioni esistenti,

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incauto uso del cellulare, assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti, son-nolenza e stanchezza, distrazione, ecc.) di cui gli utenti della strada per incu-ria, per arroganza, per sopravalutazione delle proprie capacità, si rendonotroppo spesso responsabili.Se è vero, che nel determinarsi di un incidente, possono concorrere altri fatto-ri (quali ad es. lo scoppio di un pneumatico), è anche vero che spesso il verifi-carsi di queste concause trova fondamento nella superficialità o nella trascu-ratezza con la quale si è provveduto alla corretta manutenzione del veicolo.Torna dunque, anche in questo caso, in evidenza il comportamento umano.Come più volte ricordato, anche in altre occasioni, l’analisi dei dati forniti daPolizia Stradale ed Arma dei Carabinieri (relativi prevalentemente all’ambitoextraurbano) hanno evidenziano chiaramente che gli interventi legislativieffettuati hanno portato ad una forte riduzione del totale degli incidenti, deidecessi e dei feriti.

Gli stessi dati, aggiornati al 30 giugno 2005 (a due anni di applicazione dellapatente a punti) confermano il raggiungimento di risultati confortanti, infatti,nel secondo anno di applicazione, cioè dal 1° luglio 2004 al 30 giugno 2005, idati evidenziano, con riferimento all’analogo periodo del 2002/2003 (e cioè inassenza delle norme), una forte riduzione del numero totale di incidenti stra-dali e dei relativi decessi pari al 20,5% ed una ancora maggiore riduzione deiferiti, pari al 22,1%.Ciò conferma la sostanziale “tenuta” degli effetti ed il conseguente permane-re della validità delle azioni intraprese. E’ certa quindi, oramai, la sostanzialeaffidabilità dell’impianto normativo così modificato. Occorre adesso nonabbassare la guardia, ma continuare verso questa direzione, cercare di mante-nere il livello di attenzione sopra la soglia minima e non perdere di vista l’o-biettivo comunitario di riduzione del 50% degli incidenti entro il 2010 (e conquesti risultati finora raggiunti, possiamo farcela).E’ importante notare, in ogni caso che, in un contesto nazionale costituito da800.000 km di strade, 49.000.000 di veicoli e 34.000.000 di patenti attive, glieffetti sopra evidenziati assumono un ancora maggior valore in considerazio-ne che, contemporaneamente, risulta altrsì la tendenza in aumento dei volumidi traffico stradale, che, per la sola rete tariffata, nel 2004 sono stati del 2,2% inpiù rispetto all’anno precedente.Una azione così importante come quella attivata va sostenuta ed alimentata

costantemente con ulteriori e mirati interventi atti a tenere alta l’attenzione sulproblema.E’ interessante anche dare un veloce cenno a quelli che sono i costi sociali deri-vanti da incidenti stradali nel nostro Paese. Secondo le ultime stime ISTAT, nel2004, i costi sociali sono stati di oltre 33 miliardi di euro, vale a dire pari al 2,5%del PIL dello stesso anno (ovvero pari alla metà del PIL dell’Algeria o alla metàdel fatturato della Honda Motor Company (Japan) o della Hewlett-Packard(US)).A titolo meramente esemplificativo, nella cifra totale calcolata dall’IstitutoNazionale di statistica, vengono ricompresi:

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

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• costi umani, inabilità, perdita di capacità produttiva;• danni biologici per invalidità e danni morali ai superstiti delle persone dece-dute;• costi sanitari (ospedalizzazioni ed accessi al pronto soccorso);• danni materiali ai mezzi ed alle infrastrutture, spese di assicurazione RCA,spese per interventi e rilievi sul luogo dell’incidente da parte delle Forze del-l’ordine e Vigili del Fuoco, costi giudiziari.

LE LINEE DI INTERVENTOA questo punto occorre proseguire il cammino con la realizzazione di nuove epiù sicure infrastrutture stradali, la manutenzione ed il miglioramento diquelle esistenti, l’adeguamento della segnaletica, l’adozione di misure per gliutenti deboli (pedoni, ciclisti, anziani, ecc.), l’utilizzo e la ricerca di nuove tec-nologie per accrescere la sicurezza sia dei veicoli sia delle infrastrutture e pro-cedere per mezzo di un costante monitoraggio e studio del fenomeno inci-dentalità e delle sue cause.Va ricordato che è ferma intenzione del Ministero delle infrastrutture e dei tra-sporti quella di pervenire all’adozione di un nuovo Codice della strada con l’o-biettivo di un testo semplificato e snello che contenga comunque tutti i prin-cipi di carattere generale, la disciplina delle norme di comportamento, il siste-ma sanzionatorio, i principi generali in materia di patente a punti, il tutto conl’ulteriore obiettivo della effettività degli istituti sanzionatori.Così facendo gli attuali oltre 600 articoli del Codice e del Regolamento attuati-vo saranno sensibilmente ridotti a poche decine di articoli.Al contempo, la disciplina dei procedimenti amministrativi riferibili ad esem-pio ai contenuti più tecnici, attualmente irrigiditi in un campo normativopesante e poco versatile, saranno sottoposti alla emanazione di regolamenti disecondo livello, conseguendo così una maggiore flessibilità ed elasticità checonsentirà di adeguarli più rapidamente.Un’altra importante iniziativa del Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti, mirata ad una idonea selezione dei candidati a diventare utenti dellastrada, è quella della completa informatizzazione dell’esame di teoria per ilrilascio della patente di guida. Ciò consentirà una più trasparente ed efficacegestione degli esami stessi.In tale contesto, il Dipartimento dei Trasporti Terrestri sta oramai completan-do la realizzazione del progetto e si prevede, già per la prossima primavera, diutilizzare la nuova procedura.Saranno così elevati i livelli di sicurezza, trasparenza, funzionalità ed efficien-za, conseguendo l’allineamento agli attuali obiettivi di snellimento e moder-nizzazione delle procedure della Pubblica Amministrazione.

LE LINEE DI INTERVENTO COMUNITARIESono oramai tre anni che, sempre a Verona, i Ministri dei trasporti europei siincontrano per sviluppare le politiche di sicurezza stradale dell’UE attraversoalcune linee comuni di intervento tra le quali:

L’INCIDENTALITÀ STRADALE IN ITALIA, CAUSE, EFFETTI E COSTI

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• Il miglioramento della sicurezza stradale in genere• Le possibilità di finanziamento dei progetti di sicurezza stradale • L’attuazione della normativa vigente • Come ottenere veicoli tecnologicamente più sicuri

Durante le conferenze, vengono inoltre stabilite le priorità da rispettare perincrementare i livelli di Sicurezza Stradale e per sviluppare, in modo compati-bile, le infrastrutture europee, attraverso le proposte di ambiziosi ed articolatiinterventi da condividere tra i Paesi membri.Nei vari incontri è stato affrontato come debba essere ulteriormente intensifi-

cata l’azione sui comportamenti di guida, con l’introduzione della patente apunti, il rafforzamento dei controlli, la certezza delle sanzioni per le trasgres-sioni più gravi. È stato anche affrontato l’importante tema delle risorse finanziarie necessarie

per implementare gli interventi previsti o da prevedere, stabilendo che occor-re assicurare un flusso di finanziamenti certo e stabile sul quale tutti gli ope-ratori chiamati a contribuire al miglioramento della Sicurezza Stradale possa-no contare. Se l’esperienza comunitaria insegna a usare le diversità culturali, politiche,socio-economiche e territoriali come una risorsa, anche sul fronte dellaSicurezza Stradale sarà necessario dotarsi di uno strumento chiave, di unasede di confronto delle diverse esperienze, di valutazione della loro efficaciain relazione ai diversi contesti.Nell’ultimo incontro dell’autunno 2005, è stata ribadita la necessità di istituireun’Agenzia Europea per la Sicurezza Stradale (AESS), e Verona è certamen-te la città naturale candidata ad ospitarla.TTutti i Paesi presenti hanno inoltre condiviso la proposta di introdurre l’edu-cazione stradale nelle scuole elementari.TInfine, l’impegno dei Ministri dei Trasporti Europei è stato ancora una voltaquello di ritrovarsi ogni anno, sempre a Verona, sia per verificare lo stato diattuazione dei progetti, sia per proporre nuove linee di intervento e correttivi.

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

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La stima degli effetti sanitari della patente a punti in zona urbana *

Franco Taggi1

e Pietro Marturano2

1Istituto Superiore di sanità – Reparto ambiente e traumi - Dipartimento Ambiente e

connessa Prevenzione Primaria2

Ministero Infrastrutture e Trasporti – Dipartimento per i trasporti terrestri –Direzione generale per la motorizzazione

IntroduzioneI salutari effetti delle nuove disposizioni del Codice della Strada, introdotte nelnostro Paese il primo luglio del 2003, sono sotto gli occhi di tutti. Peraltro, oltreche “fuori”, la gran parte di noi li percepisce anche “dentro” in quanto – sottola pressione di queste nuove norme, patente a punti in primo luogo – molti dinoi hanno modificato sensibilmente il loro rapporto con la strada e con laguida. Ed ecco dunque crescere l’uso dei dispositivi di sicurezza, realizzarsiuna riduzione della velocità media e un maggior rispetto delle regole, ed altroancora, che sia pur con qualche incertezza nel corso degli ultimi mesi, abbia-mo potuto tutti constatare.Il problema – per quel che ci riguarda in questa sede - non è dunque andare avedere se le nuove norme hanno ridotto le conseguenze sanitarie degli inci-denti stradali (sarebbe la scoperta dell’acqua calda…) ma di quantificare almeglio questo effetti, fatto particolarmente importante in un contesto – quellourbano - in cui i dati relativi non appaiono ancora né sufficientemente com-pleti né prontamente disponibili. E questo è quello che faremo nel presentearticolo, concentrando la nostra attenzione proprio sull’ambiente urbano,all’interno del quale si realizza la maggioranza degli incidenti stradali con con-seguenze di interesse sanitario (circa il 75%).Dedicare questa attenzione all’ambiente urbano è di grande importanza inquanto, a parte il suo già accennato peso sull’entità del fenomeno, i dati adesso relativi non sono disponibili né rapidamente né esaustivamente comequelli di altri ambienti, specificamente l’autostrada (vero e proprio “laborato-rio”, i cui dati sono rilevati con metodologia standardizzata esclusivamentedalla Polizia Stradale, che li mette prontamente a disposizione in pochi giornisul sito web: www.poliziadistato.it) e le strade statali e provinciali (monitorate

* Il presente lavoro è stato prodotto nell’ambito delle attività del progetto DATIS2,coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti.

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da più operatori, ma i cui dati sono prontamente disponibili per quantoriguarda la maggioranza degli incidenti, in quanto verbalizzati dalla PoliziaStradale e dall’Arma dei Carabinieri).

Materiali e MetodiI dati qui considerati sono quelli delle Statistiche degli Incidenti StradaliVerbalizzati dell’ISTAT, relative agli anni 2001, 2002 e 2003. Poiché per l’anno2002, in particolare per la zona urbana, le statistiche sono state modificate inquanto numerosi dati sono giunti in ritardo, sono state prese per questo annodue precauzioni: la prima è stata quella di ricostruire i semestri del 2002 inbase ai nuovi totali (i dati dei semestri sono stati aumentati in modo propor-zionale alle nuove statistiche); la seconda è stata quella di considerare nell’a-nalisi anche i dati relativi all’anno 2001, definitivamente consolidati. Le varia-zioni sono mostrate sia in termini di valori assoluti, sia percentuali, secondo laformula (Dopo – Prima)/Prima.

RisultatiI morti per incidente stradaleI dati relativi ai soggetti deceduti o feriti in incidenti stradali avvenuti in zonaurbana, relativi agli anni 2001-2003, sono riportati in tab. 1.

TAB. 1Valori Assoluti Zona UrbanaAnno Morti Feriti

2003 2421 2273572002 2901 2398022001 3096 243413

A fronte di queste cifre assolute, le variazioni percentuali tra i diversi anni con-siderati sono riportate in tab. 2.

TAB. 2Variazioni percentuali Zona Urbana

Morti Feriti

2003 vs. 2002 -16,5 -5,22003 vs. 2001 -21,8 -6,62002 vs. 2001 -6,3 -1,5

Come si osserva, nel corso del 2003 si è assistito ad una riduzione dei decessiassai consistente rispetto ai due precedenti anni; tale riduzione risulta più con-tenuta per quanto riguarda i soggetti rimasti feriti.Tuttavia, tenendo conto che le nuove norme sono entrate in vigore il primoluglio del 2003, questa lettura appare piuttosto aspecifica per valutare conaccuratezza l’effetto delle norme stesse. Nei fatti, questo effetto dovrebbe evi-denziarsi correttamente nella seconda metà del 2003.

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

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Un’analisi più mirata da intraprendere appare quindi quella sui semestri deglianni in questione.Come riportato in tab.3 (come pure nella tab.4, a questa duale) le variazioni trasemestri che possono essere messe in evidenza sono di due tipi: tra semestridello stesso anno (I semestre vs. II semestre) e tra semestri corrispondenti dianni diversi.La prima (tra semestri dello stesso anno) non tiene conto della stagionalità, mava comunque considerata in un certo senso indicativa in quanto questo limitevale per ogni anno studiato.Dalla tab.3 osserviamo che tra il II e il I semestre del 2003 la riduzione di mor-talità è stata del 5.7%; lo stesso confronto, effettuato per il 2002, mostra unaumento del 21.3%; analogamente, per il 2001 si osserva un aumento del 6.1%.Il 2003 appare quindi in controtendenza, nel confronto tra semestri, rispetto al2001 e 2002 (oltretutto, va ricordato che, in condizioni stazionarie del fenome-no, il secondo semestre deve riportare più eventi (circa +1.5%) rispetto alprimo in quanto presenta un numero di giorni superiore: 184 gg vs. 181 gg (o184 vs. 182, se l’anno è bisestile).

Considerando ora i corrispondenti semestri dei diversi anni (e quindi tenendoconto della stagionalità) troviamo risultati di interesse più solidi.Il I semestre del 2003 rispetto al corrispondente del 2002 segnala una diminu-zione di mortalità di circa il 5% che segue una riduzione del 12.7% già verifi-catasi tra 2002 e 2001.Nel caso del II semestre, il 2003 mostra una riduzione del 26.1% rispetto al2002, che segue una inconsistente riduzione, pari allo 0.25%, del 2002 rispettoal 2001.

TAB. 3I Sem II Sem Delta % II vs I

2003 Morti 1.246 1.175 -5,702001 Morti 1.502 1.594 6,13Delta sem 03/01 -17,04 -26,29

I Sem II Sem Delta % II vs I2003 Morti 1.246 1.175 -5,702002 Morti 1.311 1.590 21,28Delta sem 03/02 -4,96 -26,10

I Sem II Sem Delta % II vs I2002 Morti 1.311 1.590 21,282001 Morti 1.502 1.594 6,13Delta sem 02/01 -12,72 -0,25

Le figg. 1, 2 e 3 visualizzano le diverse situazioni indicate.

LA STIMA DEGLI EFFETTI SANITARI DELLA PATENTE A PUNTI IN ZONA URBANA

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FIG. 1

FIG. 2

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

266

Variazione percentuale del numero di morti in zona urbana tra il primo e ilsecondo semestre (Anni 2001-2003)

-10

-5

0

5

10

15

20

25

anno 2001 anno 2002 anno 2003

Diff. %

Differenza percentuale tra anni del numerodi morti in zona urbana registratinel primo semestre di ogni anno

-18

-16

-14

-12

-10

-8

-6

-4

-2

02003 vs. 2002 2003 vs. 2001 2002 vs. 2001

Diff. %

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FIG. 3

I feriti per incidente stradalePer quanto riguarda i feriti, dalla tab.4 osserviamo che tra il II e il I semestredel 2003 la riduzione è stata del 10.1 %, cui corrispondono nel 2002 un aumen-to del 7% e nel 2001 una riduzione impercettibile dello 0.29%.Confrontando invece i corrispondenti semestri dei diversi anni troviamo che ilI semestre del 2003 rispetto al corrispondente del 2002 segnala un modestoaumento di circa il 3% che segue una riduzione del 4.7% già verificatasi tra2002 e 2001.Nel caso del II semestre, il 2003 mostra una riduzione del 13.4% rispetto al2002, che segue un modesto aumento, pari a 2.3%%, del 2002 rispetto al 2001.

TAB. 4I Sem II Sem Delta % II vs

2003 Feriti 119736 107621 -10,122001 Feriti 121884 121529 -0,29Delta % sem 03/01 -1,76 -11,44

I Sem II Sem Delta % II vs I2003 Feriti 119736 107621 -10,122002 Feriti 116180 124310 7,00Delta % sem 03/02 3,06 -13,43

I Sem II Sem Delta % II vs I2002 Feriti 116180 124310 7,002001 Feriti 121884 121529 -0,29Delta % sem 02/01 -4,68 2,29

LA STIMA DEGLI EFFETTI SANITARI DELLA PATENTE A PUNTI IN ZONA URBANA

267

Differenza percentuale tra anni del numerodi morti in zona urbana registratinel secondo semestre di ogni anno

-30

-25

-20

-15

-10

-5

02003 vs. 2002 2003 vs. 2001 2002 vs. 2001

Diff. %

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Le figg. 4, 5 e 6 visualizzano le diverse situazioni indicate.

FIG. 4

FIG. 5

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

268

Variazione percentuale del numero di feriti in zona urbana tra il primo e il secondosemestre (Anni 2001-2003)

-12-10-8-6-4-202468

anno 2001 ann0 2002 anno 2003 Diff. %

Differenza percentuale tra anni del numerodi feriti in zona urbana registratinel primo semestre di ogni anno

-6

-5

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

2003 vs. 2002 2003 vs. 2001 2002 vs. 2001 Diff. %

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FIG. 6

ConclusioniLa semplice analisi sviluppata in questo lavoro mette chiaramente in luce unariduzione assai importante del numero di morti e feriti in seguito ad inciden-te stradale in zona urbana, concentrata nel secondo semestre del 2003, periodoin cui sono entrate in vigore le ultime modifiche al Codice della Strada (decre-to legge n.151 del 27 giugno 2003, convertito con legge n.214 del 1° agosto 2003).Per quanto riguarda i decessi avvenuti in zona urbana, la riduzione osservataappare ancora più consistente dell’analoga osservata in zona extraurbana(autostrade, strade statali, provinciali, ecc.).

Zona Urbana Riduzione stimata Riduzione Riduzione AssolutaII semestre Assoluta Stimata

2003 vs. 2002 Già Osservata per il periodo1.7.2003 – 30.6.2004

Persone decedute -26.1 % -415 -740Persone ferite -13.4% -16.689 -32.733

BIBLIOGRAFIA

ISTAT “Statistiche degli Incidenti Stradali” (anni 2001, 2002, 2003)

LA STIMA DEGLI EFFETTI SANITARI DELLA PATENTE A PUNTI IN ZONA URBANA

269

Differenza percentuale tra anni del numerodi feriti in zona urbana registratinel secondo semestre di ogni anno

-16

-14

-12

-10

-8

-6

-4

-2

0

2

4

2003 vs. 2002 2003 vs. 2001 2002 vs. 2001

Diff. %

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Gli incidenti stradali dopo l’introduzione dellapatente a punti: analisi della serie temporale dei feriti *

Alessio Pitidis, Giulia Viola, Marco Giustini

Reparto “Ambiente e Traumi”Dipartimento “Ambiente e connessa prevenzione primaria”Istituto Superiore di Sanità – Roma

Introduzione: L’entrata in vigore nel luglio 2003 del Decreto Legge n.151“Modifiche ed integrazione al Codice della Strada“ ha introdotto sostanzialimodifiche nel sistema sanzionatorio delle violazioni al Codice della Strada, nel-l’intento di rafforzare l’effetto deterrente sulle infrazioni che più mettono arischio la sicurezza stradale. Obiettivo: Il presente lavoro si propone di verificare se l’incidentalità stradaleabbia subito una effettiva diminuzione nel periodo seguente all’applicazione delnuovo codice della strada. Si è focalizzata l’attenzione sugli aspetti sanitari del fenomeno, utilizzando comeindicatore di infortunistica stradale il numero di persone ferite, poiché la consi-stenza dei dati di morbosità, diversamente da quanto avviene per la mortalità,consente di ottenere un maggior potere risolutivo nell’analisi dell’andamentotemporale dei traumi da incidente stradale nella popolazione. Materiali: I dati analizzati riguardano gli incidenti avvenuti in autostrada, cir-costanza che garantisce la totale copertura della rilevazione e permette di fareriferimento alla sola Polizia Stradale come fonte statistica. La serie temporale hacadenza giornaliera e copre il periodo dall’1 agosto 2001 al 31 luglio 2004, nelquale sono rimaste ferite 66.831 persone: la serie ha media 61,0 e deviazionestandard 24,0.Metodi: Il confronto tra i valori registrati prima e dopo l’introduzione dellenuove norme non poteva prescindere da una preventiva neutralizzazione dellaperiodicità stagionale e delle oscillazioni casuali, che erano fortemente presentinella serie. Le variazioni indotte dai diversi giorni della settimana, che fanno registrare unadiversa esposizione al rischio di incidente, sono state eliminate considerando laserie mensile. Si è quindi stimato su di essa il modello additivo:

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* Il presente lavoro è stato prodotto nell’ambito delle attività del progetto DATIS2,coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti.

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F = T + S + U (1)

dove la serie F dei feriti è disaggregata nelle sue componenti di trend (T), sta-gionalità (S) e residui (U). La Figura 1 mostra il correlogramma della serie, in cui si evidenziano i picchi diautocorrelazione positiva tra le misure di mesi contigui e tra le misure che dis-tano 12 e 24 mesi.

Figura 1: Correlogramma della serie mensile.

La serie destagionalizzata F-S si ricava dalla relazione:

ottenuta algebricamente dalla (1); è necessario quindi dividere la serie originaleF per un coefficiente che esprima la quota dovuta alla stagionalità; un coeffi-ciente così costruito assume valori più grandi dell’unità se il mese interessatovede mediamente un aumento del fenomeno (S>0) e assume valori inferioriall’unità nel caso contrario (S<0).I coefficienti di stagionalità mensili sono stati calcolati con il metodo delle mediepercentuali:

GLI INCIDENTI STRADALI DOPO L’INTRODUZIONE DELLA PATENTE A PUNTI

271

-1.0

0-0

.50

0.00

0.50

0 10 20 30 40Lag

Bartlett's formula for MA(q) 95% confidence bands

F −S= FT + U +S

T + U

Sm =

Fm,a

Faa=1

k

∑K

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dove m assume valori da 1 a 12, Fa è la media dei feriti nell’anno a e k è il nume-ro di anni cui la serie si riferisce: nel nostro caso è uguale a 3. sm esprime la diminuzione o l’incremento del numero di feriti rispetto allamedia annua che è attribuibile in media al mese m. Nella nostra applicazionepresentano un valore maggiore di uno i coefficienti relativi ai mesi da maggio asettembre e il mese di dicembre. Dividendo la serie mensile per i coefficienti smsi è ottenuta la serie destagionalizzata, composta dalla somma del trend e dellacomponente casuale.Per estrapolare il trend si è effettuata un’operazione di smoothing con mediemobili di ordine 4 sui dati pregressi; si è ritenuto 4 un giusto valore del parame-tro per rendere la serie regolare senza tuttavia appiattirne l’andamento caratte-ristico.La serie dei residui non presenta un trend né una stagionalità e i valori assuntisono contenuti (Figura 2).

Figura 2: La serie originale e le tre componenti che sono state estratte.

Risultati: Il trend ottenuto presenta un andamento suddivisibile in tre periodi:da agosto 2001 a marzo 2002 è crescente in maniera lineare, ad aprile 2002 si assi-ste a un cambiamento dell’inclinazione e la curva decresce fino a gennaio 2004,anche se con un picco di massimo relativo nel mese di giugno, infine da febbraioa luglio 2004 torna ad essere in crescita (Figura 3).Per valutare in modo più preciso la diversa manifestazione del fenomeno primae dopo l’introduzione delle nuove norme, si è stimata una forma funzionale suidati di trend antecedenti il mese di aprile 2002, ottenendo una retta (R2=0,28); siè poi stimata una parabola per interpolare il trend da aprile 2002 a luglio 2004

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

272

-100

00

1000

2000

2001m9 2002m7 2003m5 2004m3 2005m1mese_d

(sum) feriti stag

ma: x(t)= f_destag: window(3 1 0) r_mm4

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(R2=0,76). Dal confronto si evince in modo più netto che la diminuzione dei feri-ti è stata repentina e di grande portata fino a gennaio 2004 (in questo mese si èstimato il 23% circa di feriti in meno), ma poi il numero di feriti ha ripreso adaumentare fino alla fine del periodo che si è analizzato (circa 16% di feriti inmeno a luglio 2004). Complessivamente dal confronto tra le stime calcolate nel-l’ipotesi di assenza delle nuove norme e quelle calcolate sui dati si misuramediamente il 17% di feriti in meno da aprile 2003 a luglio 2004.

Figura 3: Trend, serie destagionalizzata e funzioni interpolanti.

Conclusioni: La diminuzione del numero di feriti accenna a realizzarsi già dalmese di aprile 2003, anche se a giugno il dato destagionalizzato torna ad esserealto: è lecito supporre comunque che, per effetto di un fattore d’annuncio, lenuove norme abbiano agito in parte ancora prima della loro introduzione.L’applicazione del Decreto Legge è stata preceduta infatti da un’ampia campa-gna informativa, che ha trovato largo rilievo sugli organi di stampa nei mesiantecedenti l’entrata in vigore delle nuove norme.Nel complesso appare incontestabile l’effetto positivo sortito dai provvedimen-ti introdotti; resta invece il dubbio sulla permanenza nel lungo periodo di talibenefici, la cui entità è forse dovuta all’impatto che l’applicazione del nuovosistema di sanzioni ha avuto sull’opinione pubblica. Comunque, sebbene gliandamenti mostrino una tendenza al ritorno verso la situazione del periodo pre-cedente, i valori registrati al momento in cui si è terminata l’analisi registranoancora una sensibile diminuzione del numero di feriti rispetto alla stima calco-lata nell’ipotesi di assenza dei nuovi provvedimenti.

GLI INCIDENTI STRADALI DOPO L’INTRODUZIONE DELLA PATENTE A PUNTI

273

1400

1600

1800

2000

2001m9 2002m7 2003m5 2004m3 2005m1mese_d

ma: x(t)= f_destag: window(3 1 0) f_destagFitted values Fitted values

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Sesso, Comportamenti e Fatti nella Sicurezza Stradale *

Franco Taggi

Reparto “Ambiente e Traumi”Dipartimento “Ambiente e connessa prevenzione primaria”Istituto Superiore di Sanità – Roma

IntroduzioneIl presente lavoro prende in considerazione i dati dei conducenti che commetto-no infrazioni gravi alla guida e quelli dei conducenti responsabili di aver causa-to un incidente stradale, indagando le differenze di genere con l’uso di nuoviindici statistici ricavati dai dati della Patente a Punti (PaP) e degli incidenti stra-dali verbalizzati (SISV). Sulla base di diverse statistiche, le donne appaiono inte-grarsi al meglio nel sistema “circolazione”, risultando minore rispetto ai maschila loro propensione a commettere gravi violazioni al Codice della Strada; inol-tre, anche la loro propensione ad essere responsabili di incidenti stradali risultaridotta rispetto a quella dell’altro sesso.Sia per quanto riguarda le infrazioni al Codice della Strada sia per l’essereresponsabili dell’incidente, gli uomini mostrano invece propensione molto piùelevata delle donne, in particolare da giovani. Questo risultato che si osserva anche in relazione alle conseguenze sanitariedegli incidenti (morte, gravità delle lesioni, ecc.) potrebbe dipendere da unadiversa esposizione delle donne, e non sottendere una differenza profonda tra igeneri nel rapportarsi ai complessi problemi della circolazione e della sicurezzastradale. Ma se questo non fosse, il tutto potrebbe far pensare ad un approcciomaggiormente olistico e difensivo dei processi di analisi del cervello femminilerispetto a quello maschile. Come si vedrà, l’approccio qui seguito sembra poter-ci far concludere che in effetti le donne costituiscono una sorta di “gold stan-dard” della sicurezza stradale.Materiale e MetodiI dati sulle patenti attive e sulle infrazioni previste dalla patente a punti sonoquelli dell’archivio generale della patente a punti del ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti, relativi al periodo 1 luglio 2003 – 30 giugno 2004 (2).

274

* Il presente lavoro è stato prodotto nell’ambito delle attività del progetto DATIS2,coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti.

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I dati sugli incidenti stradali sono invece quelli degli “Incidenti StradaliVerbalizzati dalle Forze dell’Ordine” (ISTAT-ACI, anno 2003).Gli indici utilizzati, descritti altrove, ricavati dai dati della Patente a Punti, sono:• Indice di Violazione (IV): rapporto tra numero di infrazioni relative allapatente a punti e numero di patenti attive;• Indice di Pericolosità (IP): rapporto tra numero di punti sottratti e numero dipatenti attive;• Indice di Gravità (IG): rapporto tra numero di punti sottratti e numero diinfrazioni commesse.In relazione ai dati degli incidenti verbalizzati, verrà invece utilizzato un ulte-riore indice:• Indice di Responsabilità dell’incidente stradale (IR): rapporto tra il numerodi conducenti responsabili dell’incidente stradale e numero di patenti attive.Verrà inoltre fatto uso dei seguenti rapporti:• RIV, rapporto tra indici di violazione nei due sessi nelle diverse età (RIV =IV(Maschi) / IV(Femmine) );• RIR, rapporto tra indice di responsabilità dei maschi e quello delle femmine(RIR = IR(Maschi) / IR(Femmine) );Per la quantificazione delle correlazioni tra i diversi indici sono stati impiegati ilcoefficiente di correlazione di Spearman e quello di Pearson, calcolati con l’usodel package STATISTICA.RisultatiI comportamenti sulla strada nei due sessi: i dati della Patente a PuntiLa distribuzione percentuale di patenti attive, per sesso ed età, nella popolazio-ne italiana nel 2003, è riportata in fig. 1.

Fig. 1

Come si osserva, all’aumentare dell’età, le donne tendono a rinunciare allaguida di un veicolo più dei maschi. E questo è anche più accentuato di quantopotrebbe suggerire la fig. 1 in quanto al cresce dell’età il numero di donne pre-

SESSO, COMPORTAMENTI E FATTI NELLA SICUREZZA STRADALE

275

Distribuzione percentuale delle patentiper sesso e per età (Italia, 2003)

0,02,04,06,08,0

10,012,014,016,0

<20 20-24

25-29

30-34

35-39

40-44

45-49

50-54

55-59

60-64

65-69

70-74

75-79

80+

Classe di età

% p

aten

ti a

ttiv

e

F PatentiM Patenti

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senti nella popolazione diventa sempre più numeroso rispetto al numero dimaschi (ad esempio, da 70 anni in poi ci sono tre femmine per ogni due maschi).In relazione alle infrazioni contemplate per la PaP, quale è stato il comporta-mento nei due sessi? Lo si può osservare nella fig. 2, che riporta per sesso ed etàl’indice di violazione:

Fig. 2

Come si osserva, la differenza dell’indice di violazione tra i due sessi è moltonetta (largamente significativa, anche ad un semplice test dei segni): mentre lefemmine mostrano un IV sostanzialmente stabile, nei maschi l’indice è elevatonelle età più giovani e tende a declinare con l’età, raggiungendo verso i 65 annivalori analoghi a quelli delle femmine. I ridotti valori dell’IV che si osservanoper la classe dei conducenti con età inferiore ai 20 anni appaiono spiegabili conil fatto che nei primi tre anni di patente i punti delle infrazioni sono raddoppia-ti e quindi c’è maggiore attenzione da parte dei conducenti a non infrangere leregole del Codice della Strada.Il rapporto tra indici di violazione nei due sessi per età (RIV = IV(Maschi) /IV(Femmine) ) è mostrato in fig. 3:Dalla figura può vedersi come, stante la sostanziale invariabilità dell’indice diviolazione delle femmine, l’andamento del rapporto RIV sia assai simile a quel-lo dell’indice di violazione dei maschi. Si osservi, peraltro, con attenzione l’an-damento monotòno declinante con l’età.Il RIV fornisce una misura di quanto i maschi di una certa classe di età trasgre-discano le regole del Codice della Strada più delle femmine della stessa classe.I fatti nei due sessi: conducenti responsabili di incidenti stradaliNel 2003, si sono resi responsabili di incidenti stradali verbalizzati dalle Forzedell’Ordine oltre 235,000 conducenti (circa 0.7% in termini di patenti attive). Ladistribuzione dei conducenti maggiorenni responsabili, per sesso ed età, è ripor-tata in tab. 2, dove le classi di età sono diverse dalle precedenti in quanto ISTAT-ACI e MIT utilizzano differenti ripartizioni.

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

276

Indice di Violazione (rapporto tra numero di infrazioni e numero di patenti attive) per sessoed età (Italia, 2003)

0,000

0,020

0,040

0,060

0,080

0,100

0,120

<20 20-24

25-29

30-34

35-39

40-44

45-49

50-54

55-59

60-64

65-69

70-74

75-79

80+

Classe di età

Ind

ex o

f Vio

lati

on

F Rinfra/PatM Rinfra/Pat

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Fig. 3

Tab. 2 – Conducenti responsabili di incidente stradale,ripartiti per età e sesso (valori assoluti, 2003)

ETA’ Maschi Femmine R M/F

18-20 12901 3568 3,61621-24 21001 5965 3,52125-29 27359 8308 3,29330-44 63235 21003 3,01145-54 24704 7516 3,28755-59 9197 2439 3,77160-64 7986 1819 4,39065+ 16253 3051 5,327

TOT 182636 53669 3,403

Il rapporto tra numero di conducenti responsabili di sesso maschile e quellofemminile è pari a 3.4 (contro un corrispondente rapporto di 1.4 sul numero dipatenti attive). Gli aumentati valori del rapporto per le classi 60-64 anni e 65 eoltre anni di età sono diretta conseguenza di un numero ancor più elevato diconducenti maschi tra gli anziani.Al fine di rapportare questi numeri assoluti al numero effettivo di patenti sotto-stanti, possiamo considerare l’indice di responsabilità, ovvero il rapporto tranumero di conducenti responsabili dell’incidente stradale e numero di patentiattive.L’andamento, per sesso e per classe di età, dell’indice di Responsabilità è ripor-tato in fig. 4. Come si osserva gli andamenti dell’IR nei due sessi sono estremamente simili aquelli visti per l’indice di violazione.La correlazione tra indici di responsabilità e indici di trasgressività per età èmolto elevata nei maschi (coefficiente di correlazione di Spearman: Rs=0.9048,

SESSO, COMPORTAMENTI E FATTI NELLA SICUREZZA STRADALE

277

Andamento per età del RIV, rapporto tra indice di violazione dei maschi e quello dellefemmine (Italia, 2003)

0,000

1,000

2,000

3,000

4,000

5,000

6,000

<20 20-24

25-29

30-34

35-39

40-44

45-49

50-54

55-59

60-64

65-69

70-74

75-79

80+

RdiR Infr/Pat M/F

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p<0.0201), ed è assente nelle femmine (Rs=0.3767, p<0.3577, n.s.), come d’altraparte è da attendersi data la sostanziale invarianza per età dell’IOV nel caso deiconducenti di sesso femminile. Analogamente a quanto già visto per gli indici di violazione, può essere calcola-to un rapporto tra l’indice di responsabilità dei maschi e quello delle femmine(RIR = IR(Maschi) / IR(Femmine) ), il cui andamento per età è mostrato nella fig. 5.Il RIR fornisce una misura di quanto i maschi di una certa classe di età si renda-no responsabili di un incidente stradale più delle femmine della stessa classe.La correlazione tra questo rapporto e il corrispondente rapporto tra indici di vio-lazione (ricalcolato per le corrispondenti classi di età) è elevato e statisticamen-te significativo (coefficiente di correlazione di Spearman: Rs= 0.7545, p<0.031).Indice di Violazione, indice di Responsabilità e ormoni maschiliGli andamenti dell’indice di violazione e dell’indice di responsabilità deimaschi, che potrebbero segnalare entrambi livelli di aggressività in diminuzio-

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

278

Andamento per età del RIR(RIR = IR(maschi) / IR(femmine) )

0,000

0,500

1,000

1,500

2,000

2,500

3,000

3,500

18-20

21-24

25-29

30-44

45-54

55-59

60-64 65+

Classi di Età

RIR Serie1

Fig. 4

Indice di Responsabilità per sesso ed età(IR, rapporto tra numero di conducenti responsabili e numero di patenti attive)

0,0000,0020,0040,0060,0080,0100,0120,0140,0160,0180,020

18-20 21-24 25-29 30-44 45-54 55-59 60-64 65+

M R CR/PatF R CR/Pat

Fig. 5

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ne con l’età, sembrano piuttosto simili a quelli del testosterone (T), e ancor di piùa quelli del diidroepiandrosterone (DHEA), il principale ormone cortico-surre-nale ad azione androgenica. D’altra parte, il livello di testosterone libero èdeterminato principalmente dai livelli di Sex Hormone-Binding Globuline(SHBG), che ha col testosterone un’alta affinità di legame e gli impedisce dilegarsi ai recettori degli androgeni.Le concentrazioni medie per classi di età, in nmol/l, di T, DHEA e SHBG, uni-tamente ai corrispondenti valori di IV e IR, sono riportati in tab. 3 :

Tab. 3

Age T DHEA SHBG IV IR

<=34 19 18 35 0,1043 0,014535-44 22 15 40 0,0849 0,010645-54 21 12 44 0,0716 0,008655-64 18 10 46 0,0531 0,006665-74 17 9 50 0,0324 0,004275+ 15 5 65 0,0270 0,0085

Calcolando su tali dati i coefficienti di correlazione Rs di Spearman e r diPearson, si osserva che la correlazione tra T e IR è limitata e non significativa (Rs= 0.657, p<0.156, n.s.;r= 0,387, p>0.05, n.s.); quella tra T e IV è più stretta (Rs= 0.829, p<0.0416; r= 0.758,p>0.05, n.s.). Queste relazioni divengono strettissime nel caso del DHEA e della SHBG.Risulta: - DHEA vs. IV: Rs= 1.000, p<0.05; r = 0.970, p<0.05;

- DHEA vs. IR: Rs=0.829, p<0.0416; r = 0.741 (n.s.).Risultati analoghi al DHEA si hanno per SHBG, ove ora la correlazione è ovvia-mente negativa.DiscussioneUn problema fondamentale nell’interpretazione di questi risultati è datodall’”esposizione” dei conducenti. In altre parole, nell’ipotesi nulla che la pro-pensione ad infrangere le regole e la propensione ad essere responsabili di inci-dente stradale fossero le stesse per i due generi, potrebbero esistere una serie disituazioni legate all’età e al sesso, non necessariamente “patologiche” in terminisociali, che potrebbero contribuire ad aumentare o diminuire la probabilità diessere multati o di essere responsabili di incidente stradale. Infatti, – a parità ditutte le altre condizioni - se una persona percorre ogni anno 20.000 km avrà mag-giore probabilità di essere multato o di provocare un incidente stradale rispettoad un’altra persona che in un anno percorre 1000 km. Tuttavia, parlare di questadiversa probabilità ha senso solo a parità di tutte le altre condizioni . Siamo infat-ti in presenza di un sistema fortemente non-lineare: ad esempio, colui che per-corre 20.000 km/anno potrebbe essere più esperto, osservare più attentamente ilCodice della Strada (proprio perché più spesso alla guida e quindi abituato atenere comportamenti attenti onde evitare di incorrere in multe, di cui magari ha

SESSO, COMPORTAMENTI E FATTI NELLA SICUREZZA STRADALE

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già avuto più volte esperienza, ecc.); di contro, colui che percorre 1000 km/annopotrebbe essere meno esperto, meno allenato a guidare con perizia nel traffico,disabituato a tenere a mente le regole; potrebbe non avere una chiara percezio-ne della possibilità di essere multato, ecc. .Anche gli orari di esposizione alla strada potrebbero alterare le probabilità inquestione: ad esempio, guidare in ore serali o notturne comporta un rischio piùelevato sia di incorrere in un incidente stradale, come pure di incappare in con-trolli specifici (ad esempio, controlli dell’alcolemia o dell’uso di sostanze psi-coattive). In generale,in Italia come in altri Paesi, l’esposizione dei conducenti è assaidiversa, sia per genere che in relazione all’età: un uomo percorre mediamente inun anno più chilometri di una donna; un anziano ne percorre meno di un gio-vane; maggiore è l’età, minore è la guida su lunghi percorsi, nelle ore notturne,fuori dai centri abitati, ecc. . Una diversa esposizione per genere può inoltredipendere anche dal tipo di lavoro: ad esempio, gli autotrasportatori professio-nisti in Italia sono quasi tutti maschi (questa potrebbe essere una forte variabileconfondente, ma gli incidenti relativi ai mezzi pesanti – pur essendo più letalidegli altri - sono soltanto il 7% del totale).I risultati del presente lavoro, tuttavia, forniscono indicazioni che sembrano pre-scindere da effetti indotti da diversa esposizione.Infatti, la sostanziale invarianza con l’età dell’indice di violazione nelle donnesegnala qualcosa indipendente dall’esposizione, esposizione che nelle donnediminuisce sensibilmente al crescere dell’età. Nella sostanza, l’indice di viola-zione sembra dirci che, quale sia l’età, la possibilità che una donna si renda col-pevole di un’infrazione grave è praticamente costante.Questo fa pensare a qualcosa di caratteristico del genere, ad un diverso modo dirapportarsi con la strada e con le sue regole. Questa ipotesi appare ancor piùragionevole alla luce dell’andamento per età dell’indice di responsabilità, chenon ha forti variazioni nelle donne (come invece avviene negli uomini) e il cuiandamento in leggera diminuzione può ragionevolmente essere attribuito aldiminuire dell’esposizione al crescere dell’età.L’elevata correlazione nei maschi tra gli andamenti dell’IV e dell’IR con l’età fainoltre pensare che le regole della circolazione siano nel loro complesso rispon-denti alle necessità: questa correlazione appare segnalarci che una quota deicomportamenti a rischio si fattualizza inevitabilmente in incidenti stradali.In ultimo, l’elevata correlazione dell’IV con il DHEA e con la SHBG suggerisceanche un legame con livelli di aggressività determinati naturalmente dal testo-sterone libero.ConclusioniQuello che abbiamo esaminato è relativo sia ai comportamenti di guida (Indicedi Violazione), sia al fatto di rendersi colpevoli di aver causato un incidente stra-dale (Indice di Responsabilità).L’aspetto che più colpisce è il valore costante dell’indice di violazione delledonne, a fronte del declinare con l’età dell’indice di violazione degli uomini.Questa costanza dell’IV nelle donne appare sostanzialmente indipendente dal-

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

280

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l’esposizione, che diminuisce con l’età. Viene da pensare che la donna, nel rap-portarsi alla strada, sia sin da giovane cosciente e rispettosa delle regole della cir-colazione. In altre parole, la donna sembra “intelligere” più dell’uomo, indipen-dentemente dalla sua età, i problemi della strada e la necessità di limitare i rischiche una guida non difensiva comporta.Quanto messo in luce in questo lavoro dovrebbe, a nostro avviso, essere atten-tamente tenuto presente nella determinazione dell’ammontare dei premi assi-curativi relati ai rischi della guida.Il comportamento al volante della donna sembra costituire una sorta di “goldstandard” cui gli uomini dovrebbero adeguarsi, senza aspettare di raggiungereun’età in cui l’abbassamento del livello di testosterone contribuirà forse a ren-derli naturalmente meno aggressivi, anche nella guida.Questo risultato, appare a nostro avviso segnalare una impostazione marcata-mente“olistica” del cervello femminile rispetto a quello che è dato a vedere peri maschi, e si presta a numerose speculazioni, anche in relazione a quel che èstato il contributo della donna nella evoluzione sociale: un contributo realistico,solido, responsabile, spesso silenzioso, proiettato verso i problemi concreti che ilfuturo sottende, più che indirizzato ad astratte speculazioni mentali.Sembra quindi importante studiare meglio la condotta di guida delle donneonde trarne indicazioni al fine di promuovere azioni volte a ridurre gli elevatilivelli di rischio assunti dai conducenti maschi. In un mondo che appare oggi morbosamente interessato a mettere in luce diffe-renze tra cervello maschile e cervello femminile (quasi sempre a scapito delledonne), può essere di riflessione l’esistenza di questa differenza “virtuosa”, pro-pria del sesso femminile.Non resta che sperare che essa rappresenti per l’altro genere una sorta di model-lo comportamentale da considerare e da imitare.

Nota: a scanso di equivoci, l’autore tiene a precisare di ritenersi, per cultura, esperien-za ed età, un “maschilista”. Tiene anche a sottolineare che egli intende con questo ter-mine un approccio comportamentale che certamente risente del nostro sviluppo storico,antropologico e sociale, ma che non implica affatto il considerare il sesso femminile infe-riore a quello maschile. Certamente, dato che i tempi sono profondamente cambiati perquel che riguarda il rapporto tra i due sessi (in meglio e per tante cose, a suo parere), egliha dovuto rivedere non poco alcune sue posizioni, di natura profondamente ancestrale.Con rammarico, forse, ma anche con quella serenità che può darci una distaccata ed one-sta visione delle cose.Alla luce di tutto questo, perciò, l’autore desidera manifestare la sua profonda soddisfa-zione per quanto messo in luce dal presente lavoro, nella speranza che esso possa contri-buire a catalizzare una reciproca ammirazione ed emulazione tra i due generi, per il loroessere così diversi e così complementari, e non l’assurda rivalità di tipo ottusamente fon-damentalistico che spesso è data a vedere.

SESSO, COMPORTAMENTI E FATTI NELLA SICUREZZA STRADALE

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Del perché a misure di prevenzione efficaci può corrispondere un aumento del costo medio dell’incidente stradale *

Franco Taggi

Reparto “Ambiente e Traumi”Dipartimento “Ambiente e connessa prevenzione primaria”Istituto Superiore di Sanità – Roma

1. IntroduzioneIn Italia, secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), si osservano nel-l’anno a causa di incidenti stradali circa 7500 morti, 150.000 ricoveri (di cui circa20.000 relativi a quadri traumatici molto gravi) e più di 1.500.000 accessi alPronto Soccorso (stime ISS 2003) (1). Come noto, dall’introduzione della paten-te a punti (luglio 2003) si è registrata nel nostro Paese un’importante flessionedel numero di incidenti stradali, accompagnata da una netta diminuzione dellevittime e degli infortunati, diminuzione che varia a seconda degli ambienti stra-dali considerati (autostrade, strade extraurbane, strade urbane) dal 15% al 25%(2) (a questo proposito, si sottolinea che le stime prima riportate si riferiscono alperiodo precedente l’entrata in vigore della patente a punti).A fronte di questa riduzione di mortalità e morbosità, è stato da molti chiesto diadeguare i premi assicurativi al nuovo quadro accidentologico. Le Assicurazioni– pur confermando la tendenza al calo anche per quel che riguarda i dati speci-fici in loro possesso - hanno però comunicato che a fronte della riduzione osser-vata risultava esserci anche un aumento del costo medio dell’incidente stradalecon danni alla persona. In altre parole: “E’ vero che si è avuta una riduzione di mortie feriti ma, in termini assicurativi, gli incidenti stradali costano mediamente di più”.Questo aumento del costo medio, apparso a tutti assai sconfortante, ha suscita-to non poche perplessità in quanto in apparente contrasto con il nuovo anda-mento del fenomeno; d’altra parte, quanto segnalato dalle Assicurazioni meritala piena fiducia essendo, in fondo, un dato puramente contabile, un “fatto”, noncerto dipendente da interpretazioni diverse o da differenti punti di vista.

282

* Il presente lavoro è stato prodotto nell’ambito delle attività del progetto DATIS2,coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti. Intervista pubblicata su “Il Centauro”.

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Nel presente lavoro mostreremo come, se si verificano certe condizioni, l’au-mento del costo medio dell’incidente stradale possa essere fisiologicamente con-sequenziale alla riduzione quantitativa del fenomeno e della sua gravità.

2. Materiali e metodiI dati considerati sono costituiti dalle stime dell’ISS, già segnalate, sui dati sani-tari dell’infortunistica stradale. La base dei soggetti trattati negli esempi sarà quindi quella del complesso degliinfortunati, non già quella (più ridotta) di specifico interesse assicurativo.Questa scelta, dettata da motivi di conoscenza del dato, nulla toglie alla validitàdella trattazione e il modello di analisi, nella sua forma qui utilizzata, può facil-mente essere applicato ad altre basi di dati. Infatti, pur essendo i dati di interes-se assicurativo un sottoinsieme di quelli complessivi da noi utilizzati, quello cheinteressa è rappresentato non già da valori assoluti, quanto dalla loro variazio-ne, cioè dalla dinamica dei flussi tra le diverse conseguenze dell’incidente, gene-rata dalle azioni di prevenzione.Considereremo nel seguito, in corrispondenza dei dati accidentologici, i solicosti relativi ai danni alla persona, schematizzando per semplicità le conse-guenze dell’incidente stradale in “nulle” (nessuna lesione o, comunque, nessunricorso a strutture sanitarie), “lievi” (accesso al Pronto Soccorso non seguito daricovero), “moderate” (ricovero, senza conseguente invalidità di rilievo),”gravi” (ricovero, con esiti invalidanti importanti) e “mortali” (decesso nell’an-no dell’infortunato) (v. anche in fig.1 il modello MGML (Morte-Gravi-Moderate-Lievi), e appendice) (Taggi, 1982)(3).I modi per assegnare i soggetti a queste classi sono diversi, ma questo non com-porterà problemi nel seguito: quello che qui ci interessa è che il costo medio inogni classe aumenta rapidamente passando da una classe di minore gravità (es.“lieve”) ad una di gravità maggiore (es. “moderata”). In altre parole, per quan-to riguarda il discorso che seguirà, dette modalità risultano portatrici di unachiara ordinalità, cui corrisponde, per il costo medio ad esse associato, un’in-tensità crescente in termini non lineari.Ai fini di una valutazione più realistica, i costi medi considerati, basati anch’es-si sulle stime dei costi sanitari prodotte dall’ISS, verranno opportunamenteincrementati, onde simulare più da vicino i costi assicurativi (a noi non noti),ovviamente superiori a quelli relativi al solo trattamento medico dell’infortuna-to. A questo fine è stato attribuito un valore convenzionale di 1.000.000 di europer ogni morto, 500.000 euro per ogni grave (che sarà presumibilmente portato-re di importante invalidità permanente), un costo di 16.000 euro per ogni rico-verato con lesioni moderate (4 volte la spesa sanitaria di ricovero), un costo for-fettario di 2000 euro per ogni accesso al Pronto Soccorso non seguito da ricove-ro. Questi costi vanno intesi come costi sostenuti dalle società assicurative e,ripetiamo, sono puramente strumentali per mettere meglio in luce quello chepotremmo chiamare “il paradosso del costo medio”. In ultimo, sarà bene sottoli-neare ancora una volta che quanto seguirà ha solo lo scopo di mettere in luce ilgioco dei flussi, non già di valutare costi reali. Tra l’altro, i costi calcolati nel

DEL PERCHÉ DELL’AUMENTO DEL COSTO MEDIO DELL’INCIDENTE STRADALE

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seguito non sono certo quelli sostenuti dalle assicurazioni in quanto non tutti gliincidenti avvengono per colpa di una controparte. Questo fatto può essere rias-sunto dal teorema “100-50-25” (Taggi, 1991 (4)): fatto 100% il complesso degliinfortunati, circa la metà non interessa le Assicurazioni in quanto relativa adeventi singoli (es. perdita di controllo del veicolo); del restante 50%, solo unametà è in media responsabile. Questo restante 25% è quello che genera i costiassicurativi.

3. Prime considerazioni modellisticheIl costo dell’incidente stradale dipende fortemente dalle sue conseguenze sullasalute dell’infortunato. Se si classificano le persone incorse in incidente stradalein base alle conseguenze sanitarie dello stesso, avremo un grande numero disoggetti con lesioni lievi, un numero più contenuto con lesioni moderate, unnumero ancor più ristretto con lesioni gravi ed infine un numero molto basso(“basso” in relazione ai valori precedenti) di soggetti deceduti in seguito all’in-cidente.L’andamento del costo nelle varie classi, come detto, non verrà qui studiato neldettaglio: saranno utilizzati, come detto, valori indicativi il cui impiego saràpuramente strumentale, limitato a mettere in luce le caratteristiche della strut-tura formale del costo medio.In sostanza, i soggetti che andiamo a considerare (gli infortunati nell’anno) pre-sentano la caratteristica di essere più numerosi nelle classi di minore gravità evia via meno numerosi e più costosi al crescere della gravità stessa.Se indichiamo con k il numero delle classi di gravità (costruite come si voglia,ma sostanzialmente ordinali), con ni il numero di soggetti che si osserva in unacerta classe i-esima e con ci il costo sanitario medio a questa associato, il costo delvolume complessivo degli infortunati sarà evidentemente dato da:

(1)

cui corrisponderà un costo medio generale, secondo la formula:

(2)

In queste formule si suppone, ai fini di una loro concreta utilizzazione, che leclassi siano costruite in modo tale che il costo medio della generica classe di gra-vità sia ragionevolmente rappresentativo del costo di ogni soggetto apparte-nente alla classe stessa, ovvero che sia sufficientemente contenuta la transva-rianza dei costi tra classi.

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

284

C =in

i=1

k

∑ ic

C =in ic

i=1

k

ini=1

k

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Ora, se un’azione di prevenzione dell’incidente stradale (vuoi una legge, unnuovo regolamento, azioni mirate a scoraggiare la guida sotto l’influenza dialcol e sostanze, una campagna nazionale di informazione, o quant’altro) è real-mente efficace, essa comporterà necessariamente non solo una riduzione delnumero di incidenti, ma anche una contrazione delle conseguenze sanitarie suisoggetti comunque infortunati.Quanto detto è facilmente intuibile, poiché nella gran parte dei casi le conse-guenze sanitarie di un incidente stradale dipendono in primo luogo dalla velo-cità relativa d’impatto e, in secondo luogo, dal mancato uso di tutti quegli accor-gimenti che possono in qualche modo disperdere l’energia posseduta dal sog-getto al momento dell’impatto in forme per lui non dannose (anche se oggetti-vamente importanti, nel seguito del discorso non saranno considerati altri fatto-ri che influenzano la gravità dell’incidente stradale).Se si pensa che l’energia dipende dal quadrato della velocità, si intuisce facil-mente come anche un modesto calo della velocità media di impatto comportiuna sensibile riduzione dell’energia disponibile a provocare il danno alla perso-na; come pure, è facile comprendere come un uso più diffuso delle cinture disicurezza, del casco e dei seggiolini può permettere in più casi di “scaricare” inmodo non dannoso parte (o tutta) l’energia posseduta dal soggetto al momentodell’impatto, nella malaugurata evenienza che l’incidente si realizzi.D’altronde, in un traffico più ordinato che tutti vorremmo, in cui l’utente sia piùvigile e rispetti maggiormente la distanza di sicurezza, la probabilità di incorre-re in un incidente stradale tende a diminuire in quanto il conducente ha piùtempo a disposizione per percepire, riconoscere la situazione, decidere il da farsied agire di conseguenza. Avere più tempo, peraltro, permette anche di “scarica-re” una quantità maggiore di energia di moto, poiché aumenta lo spazio dispo-nibile per la fase di frenata.Alla luce di queste considerazioni, l’impatto di azioni di prevenzione efficaci sitraduce nella sostanza in un certo numero di incidenti che non si realizzano e,nei casi in cui l’incidente comunque si verifichi, in una generalizzata tendenzaallo spostamento della distribuzione del danno sanitario da conseguenze piùgravi a conseguenze meno gravi.Il tutto può essere schematizzato nel modello a compartimenti (modello MGML)riportato nella fig. 1, in cui è stato aggiunto il box “nessuna lesione”, in quanto inmolti casi una guida più difensiva (corretta distanza di sicurezza e velocità ade-guata al contesto) e/o l’uso di dispositivi di sicurezza possono evitare il realiz-zarsi dell’incidente o azzerarne le conseguenze sanitarie. Nel modello, evidente-mente, i casi incidenti nell’anno costituiscono l’input mentre quelli che finiscononel box “nessuna lesione” l’output. I coefficienti di transizione, indicati con a , icui pedici segnalano il box di partenza e quello di arrivo, rappresentano nelnostro caso la diminuzione percentuale del box di partenza in relazione a quellodi arrivo, il quale ovviamente si incrementa nella stessa misura.Considereremo nel seguito, per semplicità, solo i coefficienti di transizione prin-cipali, quelli cioè che definiscono la catena di transizione: morti ---> gravi --->moderati ---> lievi ---> nulla. In base a questa scelta, potremo indicare i coeffi-

DEL PERCHÉ DELL’AUMENTO DEL COSTO MEDIO DELL’INCIDENTE STRADALE

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cienti di transizione con un solo indice ( ai ), senza possibilità di equivoco, inve-ce che con i due che sarebbero necessari. In un modello più generale, infatti,avremmo una matrice di coefficienti tipo {αij} , dove nei vari ai,j (i≠ j), i indica ilbox di partenza e j quello di arrivo, mentre gli elementi della diagonale princi-pale, del tipo αii , rappresentano i flussi in ingresso dalla popolazione nei diver-si box (nei fatti, gli aii sono le incidenze nell’anno).In questa semplificazione, non verranno considerati i coefficienti relativi a flus-si inversi (es. moderato ---> morto) in quanto ritenuti trascurabili, come puresaranno trascurati, in termini conservativi, quelli delle transizioni secondarie,tipo “morto ---> nulla”, ben più vantaggiose delle principali e meno rare diquelle inverse.

4. L’effetto dell’intervento: variazione del numero di infortunati e dei costiDopo l’intervento, il costo totale e il costo medio generale saranno, con eviden-te scrittura, dati ora da:

(3

e

(4)

Indicando con ai la variazione percentuale del numero di soggetti nella classe digravità i-esima, dopo l’intervento si avrà:

(5)

dove per i=0 è evidentemente n0=0 e a0=0.La (5) segnala una variazione della spesa complessiva pari a :

(6)

o, in termini di variazione relativa:

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

286

|C =i

|ni=1

k

∑ ic

|C =i

|ni=1

k

∑ ic

i

|ni=1

k

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(7)

Per quanto riguarda il costo medio generale, avremo poi:

(8)

La struttura della (8) dipende fortemente dal valore dei diversi αi , presenti siaal numeratore che al denominatore. Il confronto tra la (8) e la (4) non quindi cosìsemplice. Nel seguito cercheremo, perciò, di mettere in luce la relazione tra ilcosto medio prima dell’intervento e quello dopo l’intervento con adeguati esem-pi numerici.

5. Il caso di un effetto dell’intervento uniforme nelle diverse classi di gravitàFissiamo il numero di accessi al Pronto Soccorso non seguiti da ricovero (lesionilievi) pari al valore minimo della stima formulata dall’ISS: 1.500.000; definiamopoi come “gravi” 20.000 soggetti dei 150.000 ricoverati e “moderati” i restanti130.000.Poniamo anche, per semplicità, un valore unico per i vari coefficienti di trans-izione principali, pari a 0.20 (20%), in analogia con quanto osservato global-mente dopo l’introduzione delle nuove norme. Si osservi che anche questa è

DEL PERCHÉ DELL’AUMENTO DEL COSTO MEDIO DELL’INCIDENTE STRADALE

287

Distribuzione per gravitˆ dei soggetti infortunanti nell'anno in seguito ad incidente stradale

(Stime ISS, 2003)

0

500000

1000000

1500000

Lievi Moderati Gravi Morti

n¡ infortunati

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un’ipotesi conservativa, in quanto è ragionevole pensare che percentualmente latransizione “lievi ---> nulla” sia, a parità di impatto delle norme, ben più consi-stente ad esempio della transizione “morti ---> gravi”; inoltre, si osservi ancheche il valore unico utilizzato, 0.20, è puramente strumentale e non ha alcunainfluenza sulla validità del discorso: potrebbe essere diverso senza che quantoverremo a mostrare cambi di significato (in termini fattuali, comunque, i vari aisono generalmente diversi).Come si rileva nella figura sottostante, la gran parte degli infortunati è costitui-ta da soggetti con lesioni lievi, che non necessitano di un ricovero.Nella tabella sottostante, sono poi riportati, per classi di gravità, i soggetti del-l’anno di partenza (prima delle azioni di prevenzione), il costo unitario, il costototale, il bilancio dell’effetto (riduzione, resto del box, ingressi da altri box), i casidell’anno successivo, il loro costo totale e i costi medi dei due anni.

Casi Costo Costo Riduzione Resto Ingressi Casi Costoanno 1 unit. tot. anno 1 anno 2 tot. anno 2

Morti 7500 1000000 7500000000 1500 6000 0 6000 6000000000Gravi 20000 500000 10000000000 4000 16000 1500 17500 8750000000Moderati 130000 16000 2080000000 26000 104000 4000 108000 1728000000Lievi 1500000 2000 3000000000 300000 1200000 26000 1226000 2452000000TOT 1657500 22580000000 1357500 18930000000Costo Medio 13623 13945

Come si osserva dalla tabella, il costo globale nelle ipotesi formulate si riducesensibilmente, da circa 22 miliardi di euro a circa 19 miliardi di euro (-16.2%); incorrispondenza il costo medio aumenta leggermente, da circa 13.500 euro a circa14.000 euro (+2.4%). Dalla tabella si vede chiaramente che al notevole decre-mento nel numero di casi lievi (a basso costo), che contribuisce a rendere più pic-colo il denominatore del costo medio (numero di casi), non fa riscontro un paral-lelo abbattimento del costo totale annuo, che resta fortemente influenzato daicasi più gravi. Abbiamo dunque un rapporto (il costo medio) in cui il denominatore tende acalare sostanzialmente in modo più veloce del numeratore. Ne risulta che, puressendo la spesa globale decisamente ridotta, il costo medio, dati le caratteristi-che della distribuzioni statistica in gioco nel fenomeno e l’ipotesi di uniformitàdi effetto considerata, ha tendenza ad aumentare.

6. Il caso di un effetto dell’intervento concentrato sulla classe di minore gra-vitàSupponiamo ora che, in qualche modo, tutti i traumi “lievi” fossero all’origineevitati. In questo caso osserveremo soltanto eventi “lievi” derivanti dalla ridu-zione di gravità di eventi “moderati”. Sotto questa condizione il costo totalepassa da circa 22 miliardi a 16 miliardi di euro (-26.8%); in corrispondenza, siottiene un incremento vertiginoso del costo medio che passa da circa 13.500 euroa circa 105.000 euro (+670%), come si può rilevare nella tabella sottostante:

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

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Casi Costo Costo Riduzione Resto Ingressi Casi Costoanno 1 unit. tot. anno 1 anno 2 tot. anno 2

Morti 7500 1000000 7500000000 1500 6000 0 6000 6000000000Gravi 20000 500000 10000000000 4000 16000 1500 17500 8750000000Moderati 130000 16000 2080000000 26000 104000 4000 108000 1728000000Lievi 1500000 2000 3000000000 1500000 0 26000 26000 52000000TOT 1657500 22580000000 157500 16530000000Costo Medio 13623 104952

7. Il caso di un effetto dell’intervento concentrato sulle classi di gravità mag-gioreImmaginiamo ora di poter far sì che tutti i casi mortali e gravi divengano mode-rati: in questa ipotesi il costo totale diminuisce enormemente, da circa 22 miliar-di a 5 miliardi di euro (-79.8%), come pure il costo medio, dove si registra unariduzione da circa 13500 euro a circa 3500 euro (-75.4%):

Casi Costo Costo Riduzione Resto Ingressi Casi Costoanno 1 unit. tot. anno 1 anno 2 tot. anno 2

Morti 7500 1000000 7500000000 7500 0 0 0 0Gravi 20000 500000 10000000000 20000 0 0 0 0Moderati 130000 16000 2080000000 26000 104000 27500 131500 2104000000Lievi 1500000 2000 3000000000 300000 1200000 26000 1226000 2452000000TOT 1657500 22580000000 1357500 4556000000Costo Medio 13623 3356

8. ConclusioniAlla luce di quanto mostrato, si può concludere che l’osservazione di un aumen-to del costo medio non può costituire una valida argomentazione contro un’i-potesi di riaggiustamento dei premi assicurativi relativi ai danni alle persone. Ilcosto medio reagisce in modi diversi (aumentando o diminuendo) in base al tipodi distribuzione di gravità dei casi incidenti e alla tipologia della variazioneindotta dall’applicazione di azioni di prevenzione. Analogo discorso potrebbefarsi anche nel caso di aumento della sinistrosità stradale dove, ad esempio, unaforte crescita di soli casi lievi porterebbe ad una consistente riduzione del costomedio. La situazione appare ora molto chiara, tanto da poter essere banalizzatacon una metafora: immaginiamo che un bambino stia giocando con alcune pal-line di peso diverso: se gli togliamo delle palline leggere, le restanti – media-mente – peseranno di più; se invece gli togliamo delle palline pesanti, quelle cherestano – sempre mediamente – peseranno di meno. In effetti, non sembra che ilcosto medio di un infortunio stradale dica qualcosa di più di quanto nei fattiesso rappresenta, ovvero l’intero costo sostenuto diviso il numero di soggettiinfortunati. Al massimo, il costo medio può essere considerato un indicatore(scadente e di difficile interpretazione) della “qualità” della variazione osserva-ta, “qualità” che d’altra parte viene meglio analizzata in forma quantitativa conmodelli più puntuali, anche molto semplici, come quello descritto nel presentelavoro.

DEL PERCHÉ DELL’AUMENTO DEL COSTO MEDIO DELL’INCIDENTE STRADALE

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Un indicatore adeguato a mettere in luce effetti sui costi (e quindi atto a fornirerazionali indicazioni per riconsiderare l’entità del premio) appare invece, comeragionevole, il costo totale sostenuto nell’anno, la cui riduzione assoluta (o, se sivuole, percentuale), può considerarsi un interessante indicatore sintetico globa-le degli effetti indotti dagli interventi promossi.

8. Appendice (Nota sul modello MGML)Il modello MGML è di tipo strumentale in quanto non riflette puntualmente ciòche accade, ma è teso a mettere in luce le variazioni delle conseguenze sanitarienei vari ambiti di gravità. Infatti, nella realtà quello che cambia in funzione dinuove normative sono i flussi in ingresso – l’input -dei vari box - , cioè i vari αii, non già i coefficienti di transizione αi,j utilizzati. Chiaramente, gli αii dipen-dono dalle caratteristiche degli incidenti stradali che avvengono. Purtroppo, diquesti incidenti solo una parte è nota (quelli con responsabilità che vengono ver-balizzati), e peraltro in modo non sufficientemente analitico per quel che riguar-da la loro dinamica. Non è quindi possibile partire dalle diverse caratteristichedegli incidenti per stimare il nuovo set {αii} (ovvero le nuove incidenze nell’an-no). Peraltro, nelle statistiche degli incidenti stradali (limitate, come detto, ai soliincidenti verbalizzati) mentre il numero di morti è sufficientemente completo(questo numero sottostima quello dei morti nell’anno di un 10%), nulla sappia-mo sulla gravità delle lesioni degli infortunati. Per questo, nel modello MGMLsi suppone costante l’input (cosa che nei fatti non avviene) e si simulano – inbase alle variazioni osservate prima-dopo l’introduzione delle nuove norme –gli effetti primari (variazione degli αii ) con opportuni coefficienti di transizio-

SICUREZZA STRADALE: VERSO IL 2010

290

1

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Fig. 1 - Modello MGML (Taggi, 1982)

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Page 58: L’utilizzo della “paura” nei messaggi per la prevenzione ...old.iss.it/binary/muta/cont/Cap. 31-39.1141384947.pdf · dei cinque ragazzi le luci di un camion che sembra essere

ne tra box (i vari αi,j ). In questo modo è possibile una prima stima delle con-seguenze sanitarie degli incidenti stradali nell’anno secondo la partizioneMGML, non ottenibile – se non per i deceduti – dai dati correnti delle statistichedegli incidenti stradali.

BIBLIOGRAFIA

(1) F. Taggi, M. Giustini, G. Dosi, A. Pitidis, F. Cipriani, V. Buratta, S. Bruzzone, R. Amato “I ‘veri’ datisanitari della sicurezza stradale in Italia: mortalità, invalidità, ricoveri, accessi al pronto soccorso, costi “, in“Aspetti sanitari della sicurezza stradale”, a cura di Franco Taggi, pag. 83-87 (2003)(2) F. Taggi et al., dati di prossima presentazione(3) F. Taggi, 1982, non pubblicato. Questo modello, nelle sue varie forme, è stato utilizzato nella valu-tazione degli effetti della legge sull’uso obbligatorio del casco, prima nel 1986, poi nel 2000, quandol’uso del dispositivo fu generalizzato.(4) F.Taggi, 1991, non pubblicato. La ripartizione mostrata è basata sui risultati all’epoca ottenuti dalProgetto SISI (Studio Italiano sugli Incidenti), svolto in tre Regioni – Liguria, Marche e Molise - sugliaccessi al pronto soccorso per eventi accidentali, in cui risultava che più del 40% degli incidenti stra-dali era avvenuto per perdita di controllo.

DEL PERCHÉ DELL’AUMENTO DEL COSTO MEDIO DELL’INCIDENTE STRADALE

291

FIG.2 -Modello MGML semplificato dell’impattodi azioni di prevenzione sulla gravità del trauma

Morte

Lesioni Gravi

Lesioni Moderate

Lesioni Lievi

Nessuna Lesione

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