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di coscienza e uno stato di p oesia e di gr azia. 11 terzo atto è improntato appunto della sentimentalità di Solveig. E sso è languido, nostalgico, doloroso, so ave. Consta di cinque episo di , la cui v arietà si armonizza in una fluenza di espressioni malinconiche. Qui emerge la melodia vocale. Il vigore r itmico e la policromia armonistico-contrappuntistico-orchestrale le lasciano il passo. L'ambiente è inizialmente permeato di cupi presentimenti. Il canto dei Tre uccelli neri vagamente s'accorda con i loro misteriosi concetti. La mesta melodia è affidata alla voce più acuta, e accompagnata ora con imitazioni, ora con omofonie, sorretta e armonizzata da gravi legni e ottoni; vagamente s'accorda, dicevamo, e tuttavia è addicevole. È un cantilenare da Lied, romantico indubbiamente, che fa ripensare alla toccante delicatezza di Peter Cornelius nella sua prima m aniera. Nelle loro risposte a Peer, che invano cerca la strada della salvezza, (egli interroga in modo recitativo, spesso senza accompagnamento), gli Uccelli mutano modo, e la più elevata voce tenta quasi il verso d 'un uccello e accenta ritmi briosi, mentre l'orchestra la sostiene lieve, con trilli dei flauti. Anche il secondo episodio, cioè il dialogo dello Sconosciuto con Peer, un dialogo massimamente recitativo, è di color fosco nella declamazione, con marcati intervalli o con la monotonia di alcuni tocchi strumentali. Il terzo consta dell'elaborazione strumentale del canto dell'uccello al principio dell'atto, elaborazione non sinfonica, ma « intermezzo » nel senso delle opere pucciniane o mascagnane, che è utile soltanto al cambiamento della scena. E si torna alla sala del vecchio nel mondo dei T!"oll. Anche in questo punto la musica è malinconica. Una cantilena pur essa lideristica passa da Mads a Ingrid, ad Aase, e serpeggia nel seguente concertato. Il quinto e ultimo episo dio , il nono quadro, è romanticissimo n ella qualità e nell ' accento . Comincia con una canzone di Solveig, che rammemora la sua attesa, la fiducia nel ritorno di Peer, e invoca su lui benedizione e pace. Canzone bipartita, m elodia spianata, con ripetizione di frasi, appoggiature e giuoco di cadenze carezzose, rievocanti la romanza e il Lied ottocenteschi, fra Catalani e Brahms, così per un sommru:io esempio. Il motivo di tale canzone primeggia anche nel duplice coro, che commenta la crisi spirituale di Peer, e cede poi a un altro canto, malinconico e soave, della stessa Solveig, allorc1è P eer s'inginocchia davanti alla fanciulla e stanco poggia il capo nelle mani di lei. È, ques.t 'ultimo canto, come u.na ninna nanna, delicata, affettuosa nell'andamen-
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to, ora sospiroso ora ardente, e nell' armonia. Con il frequente unisono dei violini e della voce, con un intervallo d 'ottava e un lungo si bemolle filato , nuovamente fa sovvenire dei modi frequenti di alcune romanze operistiche dell'Ottocento italiano e di qualche arioso di Riccardo Strauss. Questo terzo atto è il migliore dell'opera, in quanto è fondamentalmente drammatico.
A. DELLA CORTE.
AUTARCHIA MUSICALE ITALIANA.
Riproduciamo il discorso pronunciato dall'Accademico Ildebrando Pizzeui di fronte al Ministro Bottai, in occasione della riunione plenaria delle Commissioni per lo studio dei testi per la autarchia della Scuola italiana nei metodi dell'insegnamento della musica.
I. Eccellenza,
quando, or son circa sei mesi, tutti noi qui presenti ci trovammo dinanzi a Voi che ci avevate chiamato per affidarci il còmpito, alto e sommamente onorifico ma difficilissimo, di studiare i provvedimenti più opportuni a poter conseguire, secondo la volontà del Duce, la totale autarchia della Scuola italiana nei metodi d'insegnamento della musica, io terminavo il discorso col quale, a nome di tutti, avevo voluto ringraziarVi della fiducia da Voi dimostrataci, dicendo che avremmo fatto , ognuno nel campo della propria competenza specifica, del nostro meglio, e che speravamo il nostro meglio avesse ad essere buono.
Credo poter Vi dire oggi, con tranquilla coscienza, che ognuno del suo meglio ha fatto, e credo che i risultati del nostro lavoro, che ora sommariamente Vi esporrò, siano infatti buoni, e direi anche superiori a quelli che molti di noi, me compreso, potevano aver sperato .
Ricomposte, secondo l'affinità fra certe discipline dell'insegnamento della musica, in dodici Commissioni l e diciannove che erano state dapprima formate, esse dodici sono state una dopo l'altra convocate per studiare e discutere la materia a ognuna assegnata.
Prima di esporVi le conclusioni e proposte delle varie Commissioni che io, secondo l'incarico del quale voleste onorarmi, ho successivamente presieduto, credo mio dovere dirVi - e, da artista italianissimo quale mi sento e so di
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essere, poterlo dire mi fa piacere - che tutti questi maestri dell'insegnamento della musica, da Voi scelti fra i nostri più esperti e più giustamente rinomati, non solo hanno subito dato allo studio del problema loro proposto il più vivo fervore della loro mente, ma hanno pure dimostrato quanto nei professionisti italiani dell' insegnamento musicale sia profondo e vivo l'amore per l'arte loro e per la scuola, e particolarmente, direi, l'affetto appassionato p er lo strumento da ognuno scelto si e lungamente e pazientemente praticato.
Per essere ormai - non volendo contare gli anni che vi passai come scolaro - trentacinque anni da che vivo la vita dei nostri Conservatori di Musica, diciannove dei quali dati alla direzione dei Conservatori di Firenze e di Milano, io credo conoscere quasi tutti gli insegnanti dei Conservatori italiani di musica: so le loro doti singolari, e quelle di certuni rarissime, e la loro valentìa e il loro costante interesse per l'arte e per lo studio di essa, e la loro abnegazione; . abnegazione, sì, e ammirevole, perchè - lasciatemelo dire, Eccellenza - eccettuati pochi compositori fortunatissimi, i musicisti in genere sono proprio, fra gli artisti di tutte le arti, quelli dei quali più si può dire che quando essi giungono a una certa età hanno dato più di quanto hanno ricevuto o possano ricevere: perchè intanto che son giovani la professione di esecutori alternata a queUa di insegnanti permette loro di vivere una vita modesta sÌ ma non disagiata; ma viene il giorno, e vien sempre troppo presto, quando le mani, che l'esercizio di certi strumenti vuole sicure ed agili, cominciano a diventare tarde e tremuIe, o il respiro, che certi strumenti eRigono ampio e lungo, comincia a essere troppo corto e faticoso: e il musicista esecutore deve allora smettere di sonare e rassegnarsi a che la modestia della sua vita diventi povertà. E tutte queste cose il musicista esecutore le sa, e ciò non ostante egli continua sempre a studiare, per perfezionare la tecnica esecutiva del suo strumento, e per scoprire qualche segreto ad altri sfuggito, e di tutto ciò che lo studio e l'esperienza gli hanno appreso fa volentieri dono ai giovani che mossi dal suo medesimo amore saranno i musicisti esecutori di domani.
E tutte quest e cose io pure le sapevo bene anche sei mesi or sono, e questi miei compagni d'arte io non li ammiravo allora meno di adesso, nè gli volevo meno bene. Ma delle loro doti e qualità e dei loro meriti e della loro abnegazione io ho avuto in questi sei mesi altre prove
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e conferme tali da farmi più che mai persuaso che dei suoi insegnanti anziani la Scuola italiana di musica può esser e orgogli.osa e può additarli quali esempio ai giovani . Non posso, cioè non voglio, far nomi, per non far torto con qualch e dimenticanza involontaria a n essuno, ma devo dire che se vi sono qui, e anche fuori di qui, nei vari nostri Conservatori, insegnanti di musica autori di opere didattiche pubblicate che sono ormai di u so corrente e utilissime e ammiratissime, ve n e sono anche che modestamente, in Rilenzio , senza chiedere nulla a nessuno, hanno scritto opere tuttora inedite - metodi di insegnamento, raccolte di esercizi e di studi - che sono il frutto di pazienti ricerche ed esperienze durate per anni e anni, oper e quali probabilmente pochissime esistono fuori d ' Italia, e tali in ogni modo da fal: onore non solo ad essi ma a tutta la nostra Scuola. E credo poterVi dire, Eccellenza, che l'autarchia italiana dei metodi d'insegnamento della musica, giustamente voluta dal Duce e da Voi a dimostrazione di ciò che la nuova Italia può anche n el campo dell' arte musicale, potrà essere in breve tempo integralmente raggiunta, proprio p erchè i musicisti italiani già da anni lavoravano, p er amore alla loro patria e alla loro arte, ed a ciò condotti dalle condizioni attuali dell' arte musicale italiana, a poterla conseguire.
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Se noi pensiamo che della maggior parte delle discipline musicali - teoria e pratica -l'Italia fu iniziatrice, ed è stata poi maestra a tutte le altre nazioni, non può far meraviglia che il m ateriale didattico in Italia u sato p er certune di esse sia rimasto sempre e rim anga tuttavia interamente italiano. Con questo non si vuoI dire che anche esse discipline non abbisognino di nuovi contrihuti, adeguati alle esigenze di quel linguaggio che p er tutte le arti, ma direi più ancora per la musica, è in continuo divenire: onde la opportunità, e in qualche caso la n ecessità, di provvedere ad aggiunte, appendici, note, ad opere didattiche di u so corrente. Ma certe nostre scuole, e citerò per esempio, quella di Teoria e Solfeggio e quella di Canto, hanno sempre potuto funzionare, e d<!.lldo ottimi frutti, con materiale didattico interamente italiano, e non hanno che da continuare allo stesso modo .
Più o meno abbondante, ma comunque sempre considerevole, è stata invece, dal principio dell'Ottocento , e più ancora dal 1850 in poi,
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l'introduzione di materiale didattico straniero nelle nostre scuole di insegnamento strumentale. Cosa sino a un certo punto comprensibile e giustificabile ove si consideri che lo svolgimento dell'arte strumentale - sinfonica, da camera, solistica - avvenuto in altri pacsi ment:re l 'Italia, p er ragioni che non importa ora esporre e discutere, si appagava del suo incontrastabile dominio dell'arte teatrale, doveva necessariamente produrre, proprio in quei paesi dove più era coltivata e più copiosamente fioriva l ' arte strumentale, opere didattiche ad essa corrispondenti, oper e delle quali era dunque sino a un certo punto ragionevole che anche in Italia ci si servisse, proprio perchè esse conducev ano a poter eseguire a dovere quelle musiche che l e avevano prodotte di conseguenza. Se però era ragionevole che anche in Italia quelle opere didattiche straniere fo ssero adottate, riesce in verità difficile scusare - e si è piuttosto indotti a' imputarlo a incuria o pigrizia degli insegnanti del secolo scorso - che p er esse fo sero state abbandonate e dimenticate cert e opere didattiche italiane fondamentali delle quali i vari esperti qui presenti hanno ora ricono sciuto, in seguito ad attento esame, i grandi pregi e il diritto a essere nuovamente rimesse in luce e in u so.
D'altra parte possiamo ben dire che da circa un cinquantennio avendo ripreso a fiorir e in Italia una musica strumentale che oggi può stare alla pari della migliore straniera, è naturale che da essa siano già state prodotte, e più saranno, opere didattiche di tale valore da potere del tutto sostituire quelle straniere ancora in uso. Non è cosa della quale i compositori debbano o possano insuperbire : ma, insomma, è sempre l 'arte dei compositori che fa progredire la tecnica degli esecutori e impone la necessità di opere didattiche adeguate.
Ed è proprio questa la ragione maggiormente valida p er la quale il proposito di r endere l'insegnamento della musica nell a Scuola italiana del tutto autarchico, proposito che solo venti o trent'anni fa sarebbe stato, per quanto in sè ammirevole, prematuro e utopistico , può apparire oggi, quale in r ealtà è, giustificatissimo e del tutto tempestivo. Tempestivo e attuabile in tutte le speciali discipline dell'insegnamento della musica. anche se nei riguardi di qualcuna di esse sembrino a taluno ancora difficilmente eliminabili e sostituibili alcune pochissime opere didattiche straniere - raccolte di esercizi o di studi - che hanno servito ad apprendere la pratica strumentale ai musicist i esecutori delle ultime generazioni.
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Assistendo e partecipando alla prima riunione di ognuna delle dodici Commissioni di esp erti incaricate di studiare e risolvere la questione loro posta p er la parte di loro sp eciale competenza, io ho creduto opportuno premettere ogni volta alla discussione alcune avvertenze /?;enerali da t ener e costantemente presenti.
Ho dunque prima di tutto avvertito le varie Commissioni, che il còmpito dal Minist ero loro affidato essendo quello di attuare in tutte l e discipline dell'insegnamento della musica la completa autarchia dei metodi, si trattava dunque di provvedere, studiandone e proponendone i modi, alla sostituzione dei metodi stranieri tuttora in u so, ma non si trattava affatto di discutere sp eciali criteri d'insegnamento, o di proporre mutamenti d'indu'izzo didattico, o di chiedere speciali provvidenze, e simili. PadJ·onissimi i commissari di parlare e discutere anche di codeste cose, ma rimanendo bene intesi che il problema loro posto e al quale dovev ano rispondere era quell'altro.
Giustissimo, dunque, che gli insegnanti, per esempio, di Musica corale e polifonia vocale - ma similmente quelli di altre discipline - abbiano lamentato di non poter disporre di pubblicazioni antologiche di musiche italiane le quali sommamentc gioverebbero allo svolgimento dei loro corsi riunendo in conveniente e agevole volume composizioni altrimenti difficilmentc o t roppo costosamente trovabili. E comprensibilissimo, anzi ammirevole, che i componenti la Commissione di Storia della Musica abbiano affermato che un manuale scolastico di storia della musica quale essi vorrebbero ed auspicano sia da attendersi soltanto quale frutto di nuovi e più profondi studi e ricerche e raffronti critici e via dicendo. (È p erò possibile che fra un cinquantennio altri storici abbiano a dire la stessa cosa risp etto ai manuali che si scrivono ora o si scriveranno fra venti o trent'anni).
Giustissime e comprensibilissime osservazioni , e giustissimi rilievi e lodevoli desideri. Ma la questione principale, quella cui dovevasi rispondere, era ed è un'altra. « State voi servendov i di un materiale didattico straniero? ». In tal caso dovete sostituirlo con altro italiano, e indicarlo se ci sia, o dil' e come, a parer nostro, poss.a esser e ottenuto. « No?». E allora fuor di strada non siete, e potet e andare avanti. Ma voi vorreste che il cammino, non per voi stessi ma p er i giovani ch e dovranno percorrerlo, fosse più agevole? Provvederete voi stessi, con
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l a vostra sapienza, e con consigli o altro, a renderlo tale. E lo potrete se lo vorrete. Non per nulla siete a quel posto che occupate, e non per nulla lo Stato vi onora della sua fiducia, e voi godete deUa rinomanza che tutti sappiamo.
Secondariamente ho voluto raccomandare a tutte le varie Commissioni di risalire con le loro ricerche di opere italiane di didattica della musica sino a quelle che si possono considerare iniziatrici o precorritrici di ogni disciplina, sì in quanto teoria e sÌ in quanto pratica. Non che p er rammentare quelle opere gli esperti delle varie Commissioni avessero bisogno di un mio suggerimento. Ma so benissimo che noi italiani, da quei gran signori che giustamente ci sentiamo anche quando ci difettino l e ricchezze materiali, troppo sp esso sdegniamo di dichiarare la conoscenza e il valore di quel nostro patrimonio spirituale p er il quale gran signori appunto ci sentiamo. Nondimeno, credo che non solo debba far piacere, ma debba dare a noi tutti un senso di legittimo orgoglio, legger e, p er esempio, nella Relazione della Commissione p er l'insegnamento della Composizione, che noi possiamo ricollegare l 'insegnamento teorico e pratico di tale materia ad opere nostr e che risalgono ad oltre tre secoli fa, cioè alle opere di uno Zarlino e di un Vicentino, per venire poi a quelle di un Padre Martini, di un Paolucci, dei maggiori maestri della Scuola napolitana, del Cherubini, sino a queUe di trattatisti più recenti o nost ri contemporanei. E cosÌ non può non inorgoglirei che la Relazione della Commissione di Violino e Viola non solo abbia riaffermato la insuperata audace genialità delle invenzioni t ecniche di un Paganini, ma abbia riaffermato la priorità, in quanto maestri della tecnica violinistica, di violinisti italiani quali un Geminiani, un Locatelli, un Viotti, un Rolla, ed altri.
Un t erzo avvertimento ho creduto opportuno esporre alle varie Commissioni a riguardo delle opere didattiche italiane scritte in tempi più o meno lontani, e ormai disusate, delle quali esse proponessero la riadozione e, data la necessità di aggiornarle con aggiunte e note, la ristampa. Ho dunque avvertito che noi, nè potremmo chiedere al Ministero dal quale dipendono le nostre scuole di assumere egli stesso l 'ònere di ristampare metodi e trattati, nè gli potremmo chiedere di dare a n essuno di noi speciali incarichi per l'aggiornamento di tali opere. Tutto questo non potrà essere fatto· che per via di private iniziative. Ma stiamo pur sicuri che il fatto stesso dell'avere il Ministero accettato le conclusioni positive di una Commis-
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sione di esperti a rigmu-do del valore didattico di una determinata opera italiana del passato, e del suo merito per essere riadottata, sarà argomento persu asivo p erchè uno dei nostri edi tori di musica accetti di ristamparla.
Una questione più difficile, o più delicata, di quella riguardante la riadozione di opere didattich e italiane del passato, si presentava a riguardo delle opere di autori contemporanei e viventi. A tale riguardo io ho creduto dover dire che - sempre rimanendo fermo il principio di non poter chiedere allo Stato di pubhlicare opere inedite - la scelta fra quelle già pubhlicate doveva esser e lasciata libera ad ogni singolo insegnante secondo i suoi propri criteri didattici: e ch e dunque doveva escludersi dalle Relazioni delle varie Commissioni qualsiasi precisa segnalazione di quella o quell'altra di esse opere in quanto op ere da essere obbligatoriamente adottate.
E d ecco ch'io sto p er toccare il punto più sensibile di quel complesso di questioni ch e l e vari e Commissioni hanno in questi mesi considerato e trattato, che è quello della dubbia o difficile sostituibilità di alcune opere stranier e della didattica strumentale.'
D etto subito - ed è cosa del tutto confortante - come, in gran parte proprio per effetto delle ricerch e e studi compiuti dai maestri qui presenti, dodici su diciannove delle nostre scuole di insegnamento della mu sica potranno da oggi servirsi - prescindendo dalle difficoltà non lievi ma superabilissime di provvederselo c poterne disporre - di un materiale didattico interamente italiano - e sono la scuola di Composizione, quella di Direzione d'orchestra (la quale poi non possiede metodi nè stranieri nè italiani, nè forse ne ha bisogno), la scuola di Organo, quell a di Canto, e le scuole di Viola, di Contra,basso, di Flauto, di Clarinetto, di Corno, di Musica, corale e Polifonia vocale, di Storia della musica e di Teoria e solfeggio - rimangono sette scuole - cioè quelle di Pianoforte, di A rpa, di Violino, di Violoncello, di Oboe, di Fagotto e di Tromba e Trombone - per il funzionamento delle quali gli esperti ch.e qui le rappresentano p ensano siano per ora difficilmente so stituibili alcune opere didattiche straniere - una decina in tutto - già' da molti anni e tuttora in u so.
La soluzione radicale della questione da vari commissari proposta sarebbe stata quella di dare incarico a musicisti italiani esecutori di un dato strumento, o della tecnica di esso specialmente esperti, di scriver e nuove oper e didattiche da sostituire a quelle stranier e ora in u so. Ma non la credo accettabile. Mi spiego.
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Che la questione non possa dirsi radicalmente e stahilmente risolta sino a quando musicisti italiani abbiano dotato la Scuola di opere tali da potere sostituire sic et simpliciter quelle straniere delle quali non possediamo oggi come oggi le equivalenti, si capisce henissimo. Ma non credo si possa dare incarico preciso e ufficiale a musicisti italiani di scrivere tali opere. Si potrà sempre, e ragionevolmente, dare incarico a un espertissimo teorico della musica di scrivere una grammatica, come a un buon filologo si potrà sempre dare incarico di scrivere una grammatica latina o italiana o un trattato di retorica; ne uscirà un'opera più o meno pregevole, ma trattandosi di esporre e definire una materia, per cosÌ dire, scientifica, l'opera risponderà almeno sino a un certo punto allo scopo, hastando a dare di ciò garanzia la cultura e intelligenza ed esperienza dell'autore designato. Ma lo scrivere una raccolta di studi per pianoforte o per violino o per qualsiasi altro strumento musicale, è cosa di tutt'altro genere. Prima di tutto perchè anche una raccolta di studi strumentali è, sia pure in misura limitatissima, opera d'arte, cioè della fantasia creatrice, e non basta incaricare un musicista, sia pure ottimo, di compierla, p er essere sicuri che riuscirà sempre hella e buona: e poi perchè la specifica utilità di una raccolta di studi strumentali, e cioè la sua rispondenza a un determinato scopo, non potrà mai essere provata ed affermata se non p er via dell'uso pratico . Per conto mio, dirò francamente che se domani un cditore, o magari il Ministero, mi chiedesse di scrivere una raccolta di studi, mettiamo per pianoforte, non so se accetterei (anzi, non accetterei), ma se accettassi direi: Ecco qui gli studi ; provateli, fateli provare a quanti più maestri e allievi sia possibile, e fra due o tre anni mi direte se possano servire o se siano da buttar via.
E allora, come provvedere intanto - dico sino a che le desiderate nuove opere didattiche italiane non siano state scritte, e poi dai competenti sperimentate e approvate - come provvedere intanto alla eliminazione e sostituzione di quella decina di opere straniere alle quaH gli specialisti riconoscono un valore didattico particolarmente considerevole ?
La questione deve essere divisa, a parer mio, in due. O una data opera didattica strumentale ha, sia pUl"e nei limiti della semplicità linguistica e strutturale imposta dal suo scopo didattico, un reale valore artistico, e allora essa appartiene alla letteratura universale di quel dato strumento - come, per esempio,
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appartengono alla letteratura pianistica il Cla'vicembalo ben temperato di Bach e gli studi di Chopin, e le Sonate di Bach o quelle di Tartini alla letteratura violinistica, e via dicendo - , e non c'è dunque ragione di doverla proprio eliminare, chè, come Voi stesso, Eccellenza, ci diceste chiaro or son sei mesi, noi non siamo una nazione che voglia disconoscere nessun reale valore dello spirito , e dunque dell'arte, e che voglia chiudersi la visione dell'orizzonte con alte muraglie. Se insomma, e per parlare del tutto apertamente, se gli studi di Cramer, e altri pochi analoghi, sono, sia pure entro certi limiti, musica, cioè arte, come indubbiamente sono arte quelli, per esempio, di Clementi, non c'è ragione che noi non vogliamo continuare a conoscerli, studiarli, eseguirli. E così direi degli studi di Krcutzer e dei Capricci di Rode per violino. E appunto perchè gli studi di Cramer e quelli di Rode e di Kreutzer sono, per quanto potevano aspirare ad esserlo, arte, pur volendo che domani essi debbano essere sostituiti da altri italiani equivalenti, non c'è ragione, oggi come oggi, di abbandonarli del tutto .
Ma c'è poi l'altra metà della questione, cioè quella riguardante quegli studi strumentali che propriamente arte non possono dirsi, ma soltanto o soprattutto valgono in quanto esercizi intesi al superamento di determinate difficoltà tecniche. E quando si tratti di tali studi - per esempio molti di quelli di Czerny : per pianoforte, e certi altri per violoncello, per fagotto, per oboe - la loro eliminazione credo possa essere sin d'ora ammessa, provvedendo, in attesa di opere italiane che possano interamente sostituirli, a colmare la lacuna lasciata dalla eliminazione di essi con ingegnose provvidenze transitorie. Messe cioè al posto che certi di tali studi occupano nei programmi di esame, composizioni italiane che per difficoltà tecniche ad essi equivalgano, e considerando tali composizioni come punti d' arrivo di precedenti esercitazioni tecniche, provvedere al testo di tali esercitazioni tecniche con gli esercizi e studi italiani che le varie scuole già posseggono, anche se di grado inferiore, opportunamente dagli insegnanti stessi modi6cati. Non io a loro, ma essi a me, gli insegnanti di violoncello o di fagotto, di oboe o di tromba o di qualsiasi altro strumento, possono insegnare che uno studio di media difficoltà tecnica può diventare di grado superiore e presentare difficoltà ardue sol che sia trasportato di tono, e certi passi di esso siano estesi da una a due o tre ottave, o che il suo ritmo venga variato, complicato, e via dicendo. Tutti provvedimenti da considerare
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come temporanei e transitori, ben s'intende, ma sufficienti, intanto, a poter far funzionare la Scuola senza materiale straniero in attesa di quelle opere italiane delle quali prima o poi gli specialisti sapranno fornirla. Sul quale punto non credo si possano aver dubbi. Quando p enso che, per esempio, nelle scuole italiane di oboe - e noi tutti sappiamo quali eccellenti esecutori siano da esse u sciti ed escano - da anni e anni sono in u so esercizi e studi manoscritti dovuti proprio ai tre valentissimi maestri che fanno parte di questa Commissione (il che mi fa p ensare alle dispense che indipendentemente dai trattati stampati raccolgono n elle Università il miglior succo delle lezioni del professore), io dico che anche certe opere didattiche straniere di pura tecnica sin qui usate possono benissimo essere eliminate e che si può aver fiducia negli insegnanti per la sostituzione immediata di esse. Se mai, c'è da meravigliarsi e dolersi che certe opere didattiche dei nostri insegnanti non abbiano ancora trovato un editore.
Ma, e se non si trovassero, se non ci fossero , nella letteratura di un dato strumento, quelle composizioni italiane da mettere nei programmi di esame in quanto, come dicevo dianzi, punti di arrivo di una determinata pratica? In tal caso, e una volta di più gli insegnanti strumentisti possono insegnarlo a me più che io a loro, si potrà provvedere con trascrizioni: con opportune modificazioni, potranno transitoriamente servire al fagotto composizioni originariamente scritte per violoncello o p er viola, all'oboe composizioni originariamente scritte p er flauto o per violino, e via dicendo. Tutte cose, queste, delle quali si dovrà poi tener conto rivedendo quei programmi degli esami di compimento della istruzione musicale che bisognerà in gran parte rifare, non solo in quanto logica conseguenza di questi provvedimenti dei quali stiamo occupandoci a riguardo dell'autarchia dei metodi d'insegnamento, ma anche perchè, in verità, in quei programmi v'è ancora troppo di musica straniera. P er sino per gli esami degli strumenti a percussione sono indicati passi di composizioni straniere modernissime, come se non ve ne fo ssero di importantissimi e quant'altri mai probanti nelle partiture italiane, da quelle di Verdi a quelle di Puccini e di Respighi e via via a quelle dei migliori musicisti viventi.
IV.
Stanno per essere ormai quasi sei mesi da quando Voi, Eccellenza, qui ci convocaste la prima volta. Non sono un breve tempo, ma
non sono neanche molto per quel còmpito che voleste affidarci. Quel che posso assicurarVi è che del problema a noi posto ognuno di noi ha sentito l 'importanza e la bellezza: e tanto ognuno di noi ha voluto, come raccomandava il Manzoni, « p ensarci su », pensarci profondamente e amorevolmente, che, come spero averVi dimostrato, la autarchia dei metodi d'insegnamento della Scuola italiana di musica può dirsi già oggi - per le ricerche e i preziosi suggcrimenti di questi maestri e p erch è, ripeto, già da molt' anni essi lavoravano a prepararla - solidamente impostata per essere integralmente e, per quanto pussibile, rapidamente conseguita.
P er conseguirla effettivamente avremo bisogno, non occorrerebbe dirlo, del Vostro aiuto , e di quello degli organi esecutivi del Ministero da Voi governato, e avremo bisogno della collaborazione amorevole, e talvolta materialmente disinteressata, dei nostri editori di musica. Ma la conseguiremo. A questo proposito credo int erpretare il pensiero e il desiderio di tutti i colleghi musicisti qui presenti chiedendo che il Ministero della Educazione Nazionale voglia costituire un piccolo Comitato centrale di esperti delle varie discipline dell'insegnamento della musica, perchè esso dia direttive per la composizione e redazione di nuove oper e didattiche, e p erchè prenda in esame, per proporne poi 1' uso nene varie scuole, quelle opere didatt iche che gli siano mandate in esame dagli autori.
Ma ora, Eccellenza, Vi chiediamo due anni di t empo per il compimento di una grande oper a, e di un'altra assai minore ma pure importante, di cui ho voluto serhare la proposta p er concludere questa mia Relazione.
L'operetta, della quale l'idea è stata suggerita alla Commissione di Teoria e Solfeggio, che l'ha approvata, da un insegnante del Conservatorio di Fircnze, e che la Commissione di Storia della Musica, da me informata, ha accettato di patrocinare, l 'operetta sarebbe un manuale di Nomenclatura musicale per il quale venisse finalmente unificata la ora troppo val'ia e spesso impropria terminologia della nostra arte. Potranno redigerla in collaborazione un insegnante di Composizione, uno di Storia della Musica e uno di Teoria e Solfeggio.
Ma l'altra opera dovrebbe essere veramente espressione e frutto di tutta quanta la contemporanea Scuola italiana di Musica: un'opera quale nessuna nazione ha mai prodotto - dico in quanto opera collettiva -, e che della odierna Scuola italiana di musica potrebbe affermare quella forza vitale che noi tutti oggi le ricono-
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sciamo, e che imporrebbe di essa la stima e l'ammirazione a tutto il mondo e, ciò che a noi ancora più può importare, darebbe ai nostri giov-ani musicisti il senso della loro responsabilità di fronte al passato e di fronte all'avvenire. Si tratta, insomma, di un grande Tratta,to di Stmmentazione (non di arte dell'orchestrare, la quale, come ogni vero compositore sa benissimo, non è costringibile in regole o schemi o modelli, ma dipende del tutto dal genio o ingegno del compositore singolo): un trattato al quale dovrebbero collaborare, con un loro rappresentante, tutte le scuole strumentali italiane, e che recherebbe, oltre che notizie sulla storia la costruzione le caratteristiche espressive e le possibilità di esecuzione di tutti gli strumenti, il contributo di quelle nuove ricerche e scoperte dei nostri tecnici specialisti delle quali, io che in parte le conosco, posso dirVi che esse ci farebbero onore presso i musicisti di tutto il mondo.
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Il Trattato italiano di Stmmentazione, diviso in una ventina di capitoli, potrehbe essere contenuto in un volume di circa cinquecento pagine, e ove Voi accettaste la proposta di affidarcene la composizione, noi potiemmo sin d'ora impegnarci a consegnarvelo entro due anni. Dico a consegnarvelo, Eccellenza, perchè esso - come pure l'operetta sulla Nomenclatura mllsicale - dovrebbe essere èdito dallo Stato, dalla Libreria dello Stato, proprio in quanto dimostrazione di fronte agli stranieri del conto che lo Stato italiano fa della scuola musicale contemporanea, e di coloro che vi insegnano. E per noi musicisti italiani ciò sarebbe dimostrazione che lo Stato riconosce l'am'ore che noi tutti portiamo alla nostra nazione e alla nostra arte, e lo sforzo che ognuno di noi continuamente compie per essere e sentirsi degno dell'una e dell'altra.
ILDEBRANDO PIZZETTI.
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