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SdS/Rivista di cultura sportiva Anno XX n.53 1 2 Le competenze degli allenatori Cristophe Debove La formazione degli allenatori in Francia ed il ruolo dell’Istituto nazionale dello sport e dell’educazione fisica 6 Integratori alimentari e sport di alto livello Alexandra Scheck Gli integratori alimentari nello sport di alto livello: necessità o strategia di mer- cato? 15 Peso corporeo e costituzione fisica nello sport Gudrun Fröhner, Klaus Wagner L’importanza della tipologia di costitu- zione fisica nello sviluppo a lungo termi- ne della prestazione sportiva 25 Lattato ed esercizio: miti e realtà Georges Cazorla, Cyril Petibois, Luc Léger Domande e risposte sulla produzione ed il destino del lattato durante e dopo il carico fisico. Conseguenze del suo accu- mulo sulla funzione muscolare. 34 Il contributo della scienza all’allenamento sportivo Vèronique Billat L’esempio delle corse di fondo e di mez- zofondo (prima parte) 43 La capacità di forza degli arti superiori nella ginnastica artistica Roberta De Pero, Carlo Minganti, Anna Claudia Cartoni, Stefano Amici, Marco Baggio, Guido Brunetti Correlazione tra la capacità di forza degli arti superiori e la verticale-spinta in un gruppo di ginnaste 49 Alcuni problemi della coordinazione motoria Vladimir Ljah Le idee di N.A. Bernshtein, loro diffusione ed importanza pratica 57 Il problema della lateralizzazione Wlodzimierz Starosta La differenziazione laterale dei movimenti alla luce della teoria di Bernshtein 63 Summaries In questo numero

Le competenze degli allenatori In questo numero · Il contributo della scienza ... della funzione dell’allenamento in funzione di tre poli ... sono in relazione con la propria pratica;

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2Le competenze degli allenatoriCristophe DeboveLa formazione degli allenatori in Franciaed il ruolo dell’Istituto nazionale dellosport e dell’educazione fisica

6Integratori alimentari e sportdi alto livelloAlexandra ScheckGli integratori alimentari nello sport dialto livello: necessità o strategia di mer-cato?

15Peso corporeo e costituzionefisica nello sportGudrun Fröhner, Klaus WagnerL’importanza della tipologia di costitu-zione fisica nello sviluppo a lungo termi-ne della prestazione sportiva

25Lattato ed esercizio: miti erealtàGeorges Cazorla, Cyril Petibois, Luc LégerDomande e risposte sulla produzione ed il destino del lattato durante e dopo ilcarico fisico. Conseguenze del suo accu-mulo sulla funzione muscolare.

34Il contributo della scienzaall’allenamento sportivoVèronique BillatL’esempio delle corse di fondo e di mez-zofondo (prima parte)

43La capacità di forza degli artisuperiori nella ginnasticaartisticaRoberta De Pero, Carlo Minganti, Anna ClaudiaCartoni, Stefano Amici, Marco Baggio, GuidoBrunettiCorrelazione tra la capacità di forza degliarti superiori e la verticale-spinta in ungruppo di ginnaste

49Alcuni problemi della coordinazione motoriaVladimir LjahLe idee di N.A. Bernshtein, loro diffusioneed importanza pratica

57Il problema della lateralizzazioneWlodzimierz StarostaLa differenziazione laterale dei movimentialla luce della teoria di Bernshtein

63Summaries

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Le competenze degli allenatori Christophe Debove, Direttore del Dipartimento per la formazione, Istituto nazionale dello sport e dell’educazione fisica, Parigi

La formazione degli allenatori in Francia ed il ruolo dell’Istituto nazionale dello sport e dell’educazione fisica (Insep)

Dopo una breve introduzione sui compiti dell’Institutonazionale dello sport e dell’educazione fisica (Insep), ela definizione del concetto di competenza, vengonoesposte quali debbono essere le competenze degli alle-natori di atleti nazionali ed internazionali, ed illustratele linee generali del nuovo meccanismo di formazionedegli allenatori francesi, differenziato su quattro livelliformativi. Particolare attenzione viene dedicata alla

struttura della formazione degli allenatori di II livello(IV livello europeo), dei quali vengono esposte funzionie compiti, l’incidenza che essi hanno sulla formazionedegli allenatori e le Unità di competenze capitalizzabili(UCC) nelle quali si articola la formazione, delle qualivengono esposti contenuti e modalità di valutazione. Inconclusione, si espongono quali sono i possibili freni aquesta evoluzione della formazione.

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Foto: INSEP

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1. Cosa è l’Insep

Il compito principale dell’Institut Nationaldu Sport et de l’Èducation Physique (Insep)(Istituto Nazionale dello sport e dell’Edu-cazione Fisica) che è un istituto pubblicodel Ministère de la Jeunesse et des Sports(Ministero per la gioventù e gli sport) con-siste nel favorire il successo sia del proget-to sportivo, sia di quello professionaledegli 830 atleti di alto livello che vi sonoattualmente iscritti.A questo compito principale vannoaggiunti altri tre compiti complementari,che ne facilitano la realizzazione, che con-sistono nel:- garantire la formazione professionale

continua dei quadri dello sport francese,al livello più elevato;

- partecipare alla ricerca, alla produzioneed alla diffusione delle conoscenze rela-tive all’ottimizzazione delle prestazionisportive, alle condizioni della loro realiz-zazione, sul piano nazionale ed interna-zionale;

- partecipare alla politica del Ministeroresponsabile dello sport, soprattutto perquanto riguarda lo sviluppo e la promo-zione dello sport di alto livello, sul pianonazionale ed internazionale.

Gli atleti di alto livello dell’Istituto appar-tengono a trentatrè diverse disciplinesportive. Di essi, 102 hanno partecipatoagli ultimi Giochi olimpici e sono tornaticon ventisei medaglie. Nel 2001, quattordi-ci sono diventati Campioni del mondo, edin tutto sono 141 le medaglie da loro otte-nute nei Campionati mondiali od europei.Gli atleti possono proseguire nei loro studinell’Istituto. Per questo possono sceglieretra le trenta diverse trafile di formazione(scolastiche, universitarie o professionali)organizzate nell’Istituto.Per quanto concerne la formazione deiquadri superiori dello sport, nel 2001, l’In-sep ha contribuito al perfezionamento di 1123 allenatori, formatori, o manager dellosport.

2. Definizione della competenza

Le proposte che presenteremo sono ilrisultato della sintesi dei lavori di diversiAutori, ottenuta riunendo quanto essihanno in comune.1. Le competenze sono costituite da uninsieme di elementi articolati tra loro inun’interazione dinamica. Tra questi ele-menti si possono identificare tipi diversi diconoscenze, che vengono chiamate inmodo diversi, a seconda degli Autori. Lanatura degli elementi costitutivi, le moda-lità con la quale si combinano e vengonomobilitati, rappresentano le basi dellacompetenza.

2. Le competenze sono specifiche e relativead una situazione data. Sono finalizzate.Comunque si parla di competenze trasver-sali, che riguarderebbero gruppi di situa-zioni che possono presentare caratteristi-che comuni.3. Le competenze (specialmente quelleprofessionali) si definiscono come la capa-cità che hanno le persone di risolvere pro-blemi in certe situazioni. Si tratta di dispo-sizioni ad agire, di sistemi d’azione.4. La competenza viene acquisita, costruitasoggettivamente. È legata al successo nellacostruzione di soluzioni ai problemi posti.Non è visibile, perché sta alla base dell’agi-re. Di qui il problema della valutazionedelle competenze. Solo se si parte dallavalutazione degli elementi che rappresen-tano il prodotto della loro applicazione, sipuò inferire che esistono competenze.

3. Le competenze degli allenatori nazionali

L’insieme del lavoro dal quale è ricavatoquesto articolo deriva da un documentorealizzato dall’Insep su richiesta del Mini-stero per la gioventù e lo sport, e s’inseri-sce nel progetto di rinnovamento dellaformazione e dei diplomi rilasciati da que-sto Ministero. Il suo obiettivo è quello diproporre una percorso reale di formazionedegli allenatori sportivi, nel quale ognilivello di qualificazione verrà determinatoin funzione della realtà dei mestieri e degliimpieghi (compiti e finanziamenti), peressere poi convalidato dai corrispondentidiplomi. L’obiettivo è che questo approcciosia elastico, efficace e consensuale.Questo documento è frutto del lavoro diun gruppo di insegnanti dell’Insep costi-tuito, soprattutto, da Marine Cornillo,Martine Dupond, Françoise Napias, Véroni-que Cotteaux, Jean Michel Lechevalier, aiquali si deve aggiungere, in parte, GérardBosc (Gip Sepo). La Delegazione alla for-mazione era rappresentata da Jean PaulCezard. Il tutto era coordinato da Chri-stophe Debove, Direttore del Dipartimentodella formazione dell’Insep.Per definire quali siano le competenze

degli allenatori, siamo partiti da una anali-si, basata sulla teoria dei sistemi, dellafunzione dell’allenamento in funzione ditre poli: quello sportivo, il contesto dell’al-lenamento ed il contesto della prestazionedi alto livello (figura 1).Dallo schema generale della figura 1, siricava un gruppo di capacità secondo cin-que principi di analisi della situazione pro-fessionale.

1. Capacità che derivano dall’interrelazio-ne: allenamento/prestazione d’alto livello- analizzare la prestazione d’alto livello e

le sue conseguenze sull’allenamento;- osservare la prestazione d’alto livello e

ricavarne le tendenze attuali;- essere padroni dei principi dell’allena-

mento e delle loro conseguenze sullaprestazione.

2. Capacità che derivano dall’interrelazio-ne: allenamento/atleta- comprendere i principi dell’adattamento

dell’atleta all’allenamento;- pianificare a breve, medio e lungo ter-

mine;- valutare, quantificare l’azione dell’alle-

namento;- individualizzare l’allenamento, differen-

ziare la sua azione per gestire un grup-po;

- gestire la relazione allenatore/atleta;- garantire il massimo di sicurezza, di

salute;- analizzare i rischi derivanti dall’allena-

mento.

3. Capacità che derivano dall’interrelazio-ne: prestazione di alto livello/atleta- identificare la caratteristiche dell’atleta;- selezionare;- scoprire;- guidare;- gestire.

4. Capacità che derivano dalla gestione delsistema allenamento/prestazione/atleta- gestire il sistema dell’allenamento;- gestire il progetto d’allenamento;- gestire il tempo.

AllenamentoAtleta

Prestazione di alto livello

Allenatore

AMBIENTE AMBIENTE

Figura 1 –

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5. Capacità derivanti dall’interrelazione trail sistema ed il contesto ambientale- trasmettere le proprie esperienze ad

allenatori e a futuri allenatori;- scambi con gli altri allenatori;- dirigere un gruppo di allenatori;- gestire le relazioni con l’ambiente del

proprio sport, l’ambiente sportivo ingenerale e gli altri ambienti;

- comunicare con il mondo federale.

4. Proposta per un nuovo sistema di formazione degli allenatori in Francia

Definizione dei diversi livelli diqualificazione professionale degli allenatori (cfr. tabella 1)

È opportuno distinguere il I livello dai pre-cedenti, in quanto, di fatto non si puòinserire in una continuità diretta con il II eIII livello. Intendiamo dire che l’accesso aquesto livello di formazione non può avve-nire se non al termine di un percorso pro-fessionale d’allenatore.Per quanto riguarda l’Insep, per aspirare aseguire una formazione di questo livellosono necessari quattro anni di esperienzaprofessionale.

Le funzioni degli allenatori di alto livello: allenare in una certa disciplina o specialità sportiva un determinatopubblico in una prospettiva di competizione di alto livello

Compiti che debbono essere realizzati:- attuare, elaborare ed applicare un pro-

getto individuale di allenamento peratleti di livello internazionale;

- coordinare più progetti individuali diallenamento;

- pianificare a breve, medio, lungo termine;

- utilizzare l’insieme delle tecnologie cheservono all’allenamento;

- fare rispettare l’etica sportiva;- essere in grado di comunicare per iscrit-

to ed usare gli strumenti informatici insituazioni che hanno una relazione conla propria pratica;

- comunicare verbalmente, argomentandoil proprio punto di vista, in situazioni chesono in relazione con la propria pratica;

- mettere a punto e realizzare situazionidi allenamento;

- dirigere uno o più atleti in una situazio-ne di gara;

- valutare situazioni di prestazione e diallenamento;

- valutare l’effetto dell’allenamento;- organizzare sedute per scoprire, valuta-

re, selezionare talenti;- gestire un numero ridotto di atleti in

allenamento ed in gara;- osservare ed analizzare la competizione

di alto livello e la sua evoluzione;- partecipare all’elaborazione di program-

mi di competizioni;- essere in possesso di strumenti di analisi

della prestazione e della sua evoluzioneed utilizzare nuove tecnologie;

- intervenire specificamente come forma-tore nei sistemi di formazione;

- fare da tutor a stagisti che preparano illoro diploma nel settore “allenamento”.

L’incidenza di una simile definizione dei compiti da realizzare sui tipi di formazione

La logica dei saperi, che troviamo alla basedel nostro attuale sistema formativo,mostra un’evoluzione che va verso unalogica della competenza, sia per quantoriguarda i processi di qualificazione, sia idiplomi professionali. Perciò, attualmente,come prova della capacità d’agire occorre

apprendere ad agire e non più soltanto atrasmettere conoscenze.Questa è la strada che sta imboccando laFrancia, più precisamente il Ministero perla gioventù e lo sport, per quanto riguardale qualificazioni future che preparano almestiere di allenatore.

Una formazione in via di costruzione

La proposta che viene avanzata è quella diun meccanismo che si basa su una orga-nizzazione in quattro Unità di CompetenzeCapitalizzabili (Unités de CompétencesCapitalisables, UCC):- UCC 1: progettare e guidare il progetto

individuale di allenamento di atleti dilivello nazionale od addirittura interna-zionale;

- UCC 2: gestire situazioni concrete diallenamento e/o di gara di livello inter-nazionale;

- UCC 3: analizzare la prestazione e la suaevoluzione e ricavarne principi d’azioneper l’allenamento di atleti di livellonazionale od addirittura internazionale;

- UCC 4: partecipare alla formazione diquadri sportivi nel proprio sport.

UCC 1Progettare e guidare il progetto individuale di allenamento di atleti di livello nazionale od addirittura internazionale

Le capacità:- realizzare, elaborare, ed applicare un

progetto individuale di allenamento peratleti di alto livello;

- coordinare più progetti individuali diallenamento;

- pianificare a breve, medio, lungo termine;- utilizzare l’insieme delle tecnologie che

servono all’allenamento;- fare rispettare l’etica sportiva;- essere in grado di comunicare per iscrit-

to ed utilizzare lo strumento informati-co;

- comunicare verbalmente, argomentandoil proprio punto di vista, in situazioni chesono in relazione con la propria pratica.

Il sistema di riferimento per la valutazioneObiettivo della valutazione: verificare lacapacità dello studente di- costruire un progetto di allenamento a

questo livello di pratica;- elaborare un intervento diretto ad adat-

tarlo rispetto ad un progetto.

Il sistema di riferimento per la valutazionee le modalità della valutazione stessa pre-vedono due aspetti:

la presentazione di una relazione ed uncolloquio;

Livello Funzioni Possibilità d’impiego

IV livello Animare in una data disciplina sportiva, pubblici di Associazioni, comunitàetà diverse in una prospettiva di ricreazione/tempo territoriali, privati.libero/riabilitazione ed in una prospettiva di allenamento/prestazione; inoltre possederecompetenze più specialistiche in questa o quella delle prospettive sopra precisate

III livello Allenare in una certa disciplina od specialità sportiva Associazioni, comunitàun determinato pubblico in una prospettiva competitiva territoriali, privati...

II livello Allenare in una certa disciplina od in una specialità Associazioni, Stato,(IV livello sportiva un determinato pubblico in una prospettiva Federazioni, comunitàeuropeo) di competizione di alto livello territoriali, privati...

I livello Allenare in una certa disciplina od in una specialità Federazioni, Stato(V livello sportiva a livello massimoeuropeo) e/o

dirigere un gruppo di allenatori di alto livello

Tabella 1 –

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La valutazione si basa su ambedue: rela-zione e colloquio.Relazione: si tratta della realizzazione diuna relazione di almeno quindici paginepresentata sotto forma di documento rea-lizzato con un supporto informatico, nelquale viene presentato il progetto annualedi allenamento del gruppo di atleti che ilcandidato ha seguito durante il suo stagein ambiente professionale.Colloquio: esposizione orale di 15 minutiseguita da un dibattito di 15 minuti con laCommissione giudicante. Questa esposi-zione avviene sulla base della preparazionedella risposta ad un problema che è statoposto al candidato.

UCC 2Gestire situazioni concrete di allenamentoe/o di gara di livello internazionale

Le capacità:- progettare e realizzare situazioni di alle-

namento;- valutare in situazioni di prestazione e di

allenamento;- valutare l’effetto dell’allenamento;- organizzarer sedute di ricerca, valutazio-

ne e selezione di talenti;- gestire un gruppo ridotto di atleti in

allenamento ed in gara- comunicare verbalmente, in situazioni

relative alla propria pratica;- fare rispettare l’etica sportiva.

Il sistema di riferimento per la valutazione:Obiettivo della valutazione: verificare lacapacità dello studente di:- risolvere problemi legati ad una partico-

lare situazione individuale o collettiva diallenamento e/o di gara, nella sua spe-cialità;

- esprimere per iscritto le sue proposte edargomentarle.

Il sistema di riferimento e le modalità divalutazione assumono la forma di unaprova scritta di 4 ore. Tale prova riguardalo studio di un caso di allenamento o digara di atleti di livello nazionale. Lo scrittodeve essere una tesina che prevede unaintroduzione, un quesito, un problema,uno svolgimento ed una conclusione.

UCC 3Analizzare la prestazione e la sua evoluzione e ricavarne principi d’azioneper l’allenamento di atleti di alto livello dilivello nazionale, se non internazionale.

Le capacità:- osservare, analizzare la prestazione di

alto livello e la sua evoluzione;- partecipare all’elaborazione di program-

mi di gara;- essere in possesso di strumenti di analisi

della prestazione e della sua evoluzioneed utilizzare nuove tecnologie;

- comunicare verbalmente, argomentandoil proprio punto di vista.

Il sistema di riferimento per la valutazione:Obiettivo della valutazione: verificare lacapacità dello studente di:- risolvere problemi legati ad una partico-

lare situazione di allenamento e/o digara, individuale o collettiva nella suaspecialità;

- esprimere per iscritto le sue proposte edargomentarle.

Il sistema di riferimento e le modalità divalutazione assumono la forma di unaprova orale di 45 minuti. Partendo da unadomanda posta dalla Commissione giudi-cante, che riguarda un aspetto particolarelegato alla realizzazione della prestazione,il candidato, in 30 min prepara una rela-zione orale. La domanda si basa su uno opiù documenti, scritti, informatici, audiovi-sivi, ecc. Il candidato realizza una analisidella situazione e avanza proposte cheriguardano l’orientamento e la conduzionedell’allenamento. L’esposizione dura 15minuti ed il candidato risponde, per 30minuti, a domande che gli vengono postedalla Commissione.

UCC 4Partecipare alla formazione di quadrinella propria disciplina

Le capacità:- intervenire specificamente come forma-

tore nel sistema di formazione;- svolgere la funzione di tutor a stagisti

che preparano il loro diploma nel settore“allenamento”.

Il sistema di riferimento per la valutazione:Obiettivo della valutazione: verificare lacapacità dello studente di:- partecipare ad azioni formative;- svolgere la funzione di tutor per stagisti

che preparano il loro diploma nel settore“allenamento”.

Il sistema di riferimento e le modalità divalutazione sono rappresentati da dueattestati che provano che il candidato ha:- partecipato ad almeno una iniziativa di

formazione, come mimimo di IV livello;- ha svolto funzioni di tutor per uno sta-

gista che si sta formando nel settore“allenamento”.

5. I freni a questa evoluzione

Questa evoluzione pone, direttamente, ilproblema dei saperi e quindi delle cono-scenze scientifiche che sono necessarieall’allenatore. Su questo aspetto è indi-spensabile fare due constatazioni:

1. le scienze dello sport sono composte,principalmente, da scienze che si impa-droniscono a posteriori del campo dellapratica sportiva. È quanto avviene per lafisologia, per la psicologia, per la socio-logia, ecc...

2. Ognuno di questi campi scientifici pro-gredisce ed in ognuno di essi le cono-scenze diventano sempre più specifiche.

I progressi della scienza fanno sì che leconoscenze delle varie scienze si allontani-no sempre più tra di loro e diventa semprepiù necessario collegarle. Edgard Morin haaddirittura parlato di un sapere specificoche collega tra loro i diversi saperi. D’altrocanto, troppo spesso, la maggior parte deisaperi è separata dalla realtà dell’azione,per cui, se si vuole che diventino utili,occorre ricontestualizzarli.Da questo punto di vista è estramementeesemplificativo l’esempio delle scienzedella terra. Si tratta di scienze che sononate dall’unione di diversi settori scientificicome la climatologia, la tettonica a plac-che, la vulcanologia, la metereologia, lostudio dell’atmosfera... L’analisi dei feno-meni che regolano la vita del nostro pia-neta, non poteva dipendere da uno solo diquesti settori della scienza, per cui, è statonecessario metterli in relazione tra loro percomprendere meglio il mondo che ci cir-conda.Lo stesso avviene per l’allenamento. L’alle-natore non è un fisiologo dello sport, unopsicologo dello sport ed un tecnico straor-dinario. Si deve basare su conoscenze chederivano da una vera e propria scienzadell’allenamento che, come le scienze dellaterra, deve essere in grado di mettere inrapporto tra loro ricercatori di formazionee cultura diversa per occuparsi di unostesso oggetto che abbia un rapportodiretto con l’allenamento, come:- il superallenamento;- la ricerca del talento;- la valutazione degli atleti;- l’apprendimento dei gesti tecnici- il coaching;È certo che le scienze dell’allenamentodebbono porsi di nuovo il problema dellecompetenze dell’allenatore per reimpos-sessarsi di un campo che progressivamen-te sfugge loro. Da questa evoluzionedipende anche l’avvenire della formazionedegli allenatori.

L’articolo è la rielaborazione della relazione acca-demica presentata dall’Autore, il 12 dicembre2001 in occasione del I modulo del I CorsoNazionale di IV Livello europeo di formazionedegli allenatori organizzato dalla Scuola delloSport. Traduzione di M. Gulinelli.Nella foto di apertura è rappresentata la statuaHeracles di Antoine Bourdelle che è il simbolodell’Insep.

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Integratori alimentari e sport di alto livelloAlexandra Scheck

Gli integratori alimentari nello sport di alto livello: necessità o strategia di mercato?

Essenzialmente, per integratori alimentari s’intendono prodotti altamente energetici, prodotti ad elevata concentra-zione di carboidrati e di proteine, le cosiddette bevande per gli sportivi, preparati a base di micronutrienti e integra-tori ergogeni di tipo alimentare, che vengono commercializzati per posta, su Internet, nelle palestre di fitness, neinegozi di attrezzature ed abbigliamento sportivo ed anche nei supermercati, vantandone effetti dei quali dovrebberotrarre profitto non solo coloro che praticano sport nel tempo libero, ma anche atleti di alto livello. Il problema èsapere se sono così efficaci quanto viene affermato e in quali casi il loro uso è opportuno e non utile soltanto a chivuole venderli. Questo argomento viene trattato criticamente dal punto di vista degli atleti di alto livello, cioè diquegli atleti il cui dispendio energetico, durante la loro attività di allenamento, va da 500 a 2.000 kcal/die e che ingara consumano oltre 2.000 kcal.

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1. I principi

Fondamentalmente i principi ai quali pos-sono essere ricondotte tutte le affermazio-ni che mettono in dubbio l’efficacia degliintegratori alimentari sono due:

1. non esiste alcun nutriente, il cui fabbiso-gno specifico aumenti con l’attivitàsportiva, in misura superiore rispetto alfabbisogno energetico complessivo.

Ciò vuol dire che, nello sport, l’assunzionedei nutrienti utilizzati od escreti dall’orga-nismo dell’atleta viene garantita se l’ener-gia che è stata utilizzata viene reintegratasotto forma di una dieta variata e comple-ta, nella quale almeno il 55% dell’energiaviene fornito dai carboidrati, al massimo il30% viene fornito dai grassi ed il 15%dalle proteine (tabella 1). In base a questaaffermazione si può arrivare alla conclu-sione che il maggiore consumo di nutrien-ti, durante l’attività sportiva, non deveessere considerato la causa primaria diuna loro eventuale carenza, che è invecedovuta all’inadeguatezza dell’alimentazio-ne rispetto alle necessità. La copertura del

fabbisogno energetico di un atleta attra-verso una dieta completa, che cioè con-tenga tutti i nutrienti, può presentare pro-blemi solo quando l’energia utilizzata perla prestazione è superiore alle 4.000 kcl algiorno (ad esempio, durante il Giro diFrancia). In questo caso, la capacità diassorbimento del tratto intestinale è insuf-ficiente, per cui è inevitabile ricorrere adintegratori alimentari.

2. Un’assunzione di nutrienti superiore alfabbisogno non incrementa la presta-zione

Invece, la capacità di prestazione vienelimitata da un’assunzione inferiore allenecessità, per cui, se la carenza di nutrientiviene compensata, può prodursi un incre-mento della prestazione. Perciò, gli inte-gratori alimentari non sono necessari,anche se possono accelerare la ricostitu-zione delle riserve di nutrienti.

Ora cercheremo di provare queste due tesiattraverso l’esempio della vitamina C.

Per quanto riguarda la 1a tesi: in una corsa di 12 km, un soggetto delpeso corporeo di 67 kg consuma circa 800kcal e perde da 1,0 a 1,5 l di sudore, nelquale sono contenuti non più di 2,5 mg diVitamina C. Se si calcola una percentualedi assorbimento, che va dal 50 all’80%, per

coprire il fabbisogno aggiuntivo di 2,5 mgdebbono essere assunti al massimo 5 mgdi Vitamina C. Una mela (175 g) fornisce20 mg di Vitamina C, ma solo 100 kcal. Seci si attiene alla quantità di vitamina Craccomandata di 50 mg/1.000 kcal (DGE etal. 2000), con 800 kcal verrebbero assunti40 mg di Vitamina C, cioè 35 mg più diquanto necessario (tabella 2). Provocato-riamente, possiamo affermare che sarebbeabbastanza difficile riuscire ad assumere800 kcal senza contemporaneamenteassumere 5 mg di Vitamina C. Lo stessotipo di calcolo può essere fatto non sol-tanto per altre vitamine, ma anche per isali minerali, come viene mostrato dallatabella 2, attraverso l’esempio di duemacroelementi, il magnesio ed il calcio, edun oligoelemento, il ferro.

Per quanto riguarda la 2a tesi:Buzina, Suboticanec (1985), su 171 adole-

scenti di sesso maschile di età tra 13 e 15anni, hanno dimostrato che il massimoconsumo d’ossigeno, in funzione del tassoplasmatico di Vitamina C, aumenta fino aquando sono stati raggiunti 0,86 mg/l(figura 1), una concentrazione che corri-sponde ad una assunzione quotidiana dicirca 80 mg di Vitamina C. L’assunzione diuna quantità maggiore attraverso gli ali-menti non comporta un miglioramentodella capacità aerobica.

•Alimentazione variata•Cereali più volte durante il giorno e

molte patate•Cinque porzioni al giorno di verdura e

frutta•Ogni giorno latte e suoi derivati, più

volte alla settimana carne e uova, eduna volta alla settimana pesce

•Pochi grassi ed alimenti ricchi di grassi•Limitare sale e zucchero•Quantità abbondante di liquidi•Preparare i cibi in modo gustoso, ma

senza deteriorarne i costituenti•Concedersi il tempo per gustare i cibi•Controllare il peso - restare in movi-

mento

Tabella 1 – L’alimentazione corretta secondole regole della DGE (Deutschen Gesellschaftfür Ernährung, Società tedesca per l’alimen-tazione) (DGE 2000)

Vitamina C Magnesio Calcio Ferro

Perdita in 1,5 l di sudore Ciclismo: < 2,5 mg Ciclismo: < 5,5 mg Ciclismo: 100 < mg Corsa: < 1,0 mgDisponibilità biologica 50-80% 35-55% 30-40% (Eme) 23%Assunzione necessaria massimo 5 mg massimo 16 mg massimo 333 mg massimo 4,3 mgDensità in nutrienti 50 mg/1.000 kcal 160 mg/1.000 kcal 500 mg/1 000 kcal 6 mg/1.000 kcaldi riferimentoAssunzione reale 40mg/800 kcal 128 mg/800 kcal 400 mg/800 kcal 4,8/800 kcalBilancio 35 mg + 112 mg* + 67 mg + 0,5 mg

* Questa quantità aggiuntiva dovrebbe coprire il maggiore fabbisogno di magnesio dovuto alla perdita nelle urine

Tabella 2 – Perdita ed assunzione di micronutrienti in una corsa di 12 km (dispendio energetico 800 kcal)

������������������������

������������3,2

3,0

2,8

< 0,2 0,2-0,59 0,6-0,99 < 0,99

2,81(n=32)

2,86(n=50)

3,13(n=26)

3,14(n=63)

Mas

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(l/m

in)

Vitamina C plasmatica (mg/dl)

Figura 1 – Il massimo consumo d’ossigeno in funzione della concentrazione plasmatica di Vitami-na C (da Buzina, Suboticanec 1985)

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2. Concentrati di energia

I prodotti energetici vengono commercia-lizzati in polvere e in barrette. Il ricorso adessi è sensato se i prodotti forniscono nonpiù del 30% di energia attraverso i grassied il 15% attraverso le proteine e se gliatleti, a causa del tempo utilizzato per gliallenamenti e altri impegni, non dispongo-no del tempo necessario per rifornirsi del-l’energia che hanno utilizzato attraversogli alimenti che compongono la loro dietaabituale. È noto che gli alimenti completi,ricchi di carboidrati complessi, che dovreb-bero essere privilegiati nella dieta – comead esempio, frutta, ortaggi, legumi, cereali– sono relativamente voluminosi e ricchi difibre. Ciò assume una certa importanzaquando il fabbisogno totale di energiasupera le 4.000 kcal (2.000 kcal che forni-scono l’energia necessaria per il metaboli-smo di base e più di 2.000 calorie percoprire il fabbisogno di energia determina-to dalla prestazione sportiva). Se si tieneconto delle raccomandazioni che riguarda-no il rapporto tra i vari nutrienti, questaquantità di energia corrisponde ad unapporto di nutrienti principali di oltre 835g di peso secco (da 550 a 600 g di carboi-drati, 135 g di grassi e da 100 a 150 diproteine). In questo caso, l’intestino vienealleggerito se una parte dei nutrienti vieneassunta sotto forma liquida, piuttosto chesolida, come avviene normalmente nelGiro di Francia (Saris et al. 1989).

3.Prodotti ad alta concentrazionedi carboidrati

I prodotti che generalmente si trovano incommercio sotto forma di polveri, conte-nute in bustine da disciogliere nelle bevan-de o da mescolare alle pietanze, sonocomposti prevalentemente da carboidraticon un tasso massimo di ossidazione dicirca 1 g/min, come la maltodestrina (unpolimero del glucosio costituito da 10 a 20monomeri), il glucosio, il maltosio, il sac-carosio e l’amilopectina. Il loro uso comeintegratori alimentari è giustificato quan-do il corpo ha bisogno di disporre rapida-mente di carboidrati. Come abbiamo giàesposto in un nostro lavoro (Schek 1997),durante un carico intensivo di resistenza(dal 60 all’80 del V

.O2max) l’assunzione ad

intervalli regolari di carboidrati con eleva-to indice glicemico risparmia le riserve diglicogeno del fegato, per cui viene ritarda-ta la deplezione degli zuccheri, che si pro-durrebbe dopo circa 90 min, a causa dellalimitata capacità delle riserve di glicogenomuscolare ed epatico. La capacità di pre-stazione di resistenza può essere aumen-tata fino a circa il 15% se si assumonocarboidrati ad assorbimento rapido (Sher-

man 1995). Soprattutto al termine di atti-vità estremamente faticose, è opportunoassumere bevande ad alta concentrazionedi carboidrati per reintegrare il glicogenoconsumato, anche quando non è presentealcuno stimolo dell’appetito. Nei momentiche precedono una attività sportiva sonoda preferirsi i prodotti altamente energeti-ci, anziché i carboidrati. Infatti, monosac-caridi e disaccaridi isolati portano ad unincremento del tasso insulinico (Costill etal. 1977; Gleeson et al. 1986) – che peròpuò anche non presentarsi in condizioni distress – che favorisce il passaggio di glu-cosio ai tessuti grassi, mentre contempo-raneamente inibisce le lipasi (cioè gli enzi-mi che favoriscono l’idrolisi degli esteridegli acidi grassi, in particolare i trigliceri-di, n.d.t.) in essi contenute, per cui dimi-nuisce la disponibilità di acidi grassi e siprovoca un aumento del consumo di gli-cogeno. Un’altra possibilità di impiego di prodottiad alta concentrazione di carboidrati è neigiorni che precedono gare importanti,quando, durante la supercompensazione,la percentuale dei carboidrati nella dietadeve essere aumentata fino a superare il60% dell’apporto globale di energia. Però,normalmente, se si assumono alimenti ric-chi di carboidrati, si ottiene lo stessoobiettivo dei concentrati.

4.Prodotti ad alta concentrazionedi proteine

Questi prodotti sono normalmente dispo-nibili in commercio in polvere o in barret-te. I prodotti in polvere contengono finoall’85% di energia proveniente da proteine(animali), le barrette ne contengono unaquantità inferiore. Una componenteessenziale dei prodotti ad alta concentra-zione di proteine è costituita da lattalbu-mina idrolisa, cioè scissa in dipeptidi edaminoacidi. Il vantaggio di un simile idroli-sato dovrebbe essere quello di una miglio-

re disponibilità degli aminoacidi. Però,questa affermazione non è sostenibile, inquanto, è pur vero che gli aminoacidi otte-nuti dalla lattalbumina idrolisata vengonoassorbiti più rapidamente che quelli otte-nibili dalla lattalbumina non sottoposta adidrolisi, ma non in quantità maggiore,come mostra i l caso dell ’ isoleucinamostrato nella figura 2 (Moch, Kübler1993). Va valutato positivamente il fattoche i concentrati contengono scarse quan-tità di colesterolo e di purina. Come abbiamo già esposto, in un nostrolavoro precedente, i prodotti ad alta con-centrazione di proteine vengono utilizzatisoprattutto dagli atleti degli sport di forza,sebbene essi, rispetto agli atleti degli sportdi resistenza, abbiano bisogno di unaquantità di proteine di poco superiore aquella dei non praticanti sport (Moch1990). Infatti, gli aminoacidi che vengonoliberati dalla strutture proteiche deimuscoli attraverso un allenamento inten-sivo della forza, in gran parte possonoessere riutilizzati. Invece negli sport di resi-stenza, gli aminoacidi glucogenetici (cioègli aminoacidi che possono essere trasfor-mati dall’organismo per sintetizzare gluco-sio attraverso la via della gluconeogenesi,n.d.t.) vengono usati per produrre energia.Cioè la struttura di carbonio viene demoli-ta (ossidata) e l’azoto viene trasformato inurea ed escreto attraverso l’urina. Comun-que la percentuale di proteine consumateper la produzione di energia durante l’alle-namento non è superiore al 5% (Evans etal. 1983) o, anche in attività intense diresistenza a carattere competitivo, è infe-riore al 10% (Lemon, Mullin 1980). Perciòper compensarne il consumo è sufficienteil 10-15% delle proteine alimentari. Tarno-polsky et al. (1986) hanno dimostrato che,in atleti praticanti sport di resistenza benallenati che presentano un consumo dienergia di 4.600 kcal/die, un’assunzionequotidiana di 1,4 g di proteine per kg dipeso corporeo è sufficiente a mantenere

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Idrolisato di lattalbumina

Lattalbumina

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Tempo dall'assunzione (ore)

Figura 2 – Assorbimento dell’aminoacido isoleucina derivante dalla molecola proteica α- lattoal-bumina idrolisata e non modificata: le due curve delimitano superfici della stessa estensione (daMoch, Kuebler 1993)

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costante il bilancio dell’azoto, il che vuoledire che non vengono demolite proteinestrutturali del corpo (figura 3). Altri Autorihanno trovato che gli atleti degli sport diresistenza hanno bisogno da 1,2 a 1,5 g diproteine per kg di peso corporeo (Meredithet al. 1989; Gontzea et al. 1974). Si trattadi quantità che possono essere tranquilla-mente assunte senza ricorrere all’uso diprodotti ad alta concentrazione di protei-ne. Soggetti non praticanti sport, che chia-ramente si approvvigionano di una quan-tità minore di substrati energetici (circa 2100 kcal/die), in media già assumono 1,2 gdi proteine per kg di peso corporeo al gior-no (Karg 1996). Anche quegli atleti deglisport di resistenza che non consumanocarne (perché vegetariani non assoluti),non hanno necessità di ricorrere ad inte-

gratori di proteine, in quanto è sufficienteche i diversi alimenti proteici venganocombinati in modo tale che la mescolanzadelle loro componenti migliori la qualitàproteica della dieta (tabella 3). Comunquel’utilizzazione di prodotti ad alta concen-trazione di proteine è sensata solo nel casodi atleti praticanti sport di resistenza cheevitano non solo la carne, ma anche qual-siasi proteina di derivazione animale(vegetariani assoluti). Coloro che praticano sport di forza a livellocompetitivo, per mantenere la loro musco-latura hanno bisogno di 0,8 g di proteineper kg di peso corporeo die. Questo valore,che è stato misurato da Tarnopolsky et al.(1986) attraverso il bilancio dell’azoto susoggetti praticanti body building ben alle-nati con un apporto energetico quotidiano

di 4.800 kcal (figura 3), è solo di 0,1 g perkg di peso corporeo superiore al fabbiso-gno proteico di soggetti non praticanti,che assumono 3.200 kcal pro die. Questadifferenza del 12%, relativamente scarsa, èstata confermata dai risultati di uno studiobiocinetico di Herrmann (1995): nei diciot-to soggetti studiati, tutti praticanti bodybuilding ben allenati, un allenamento quo-tidiano di mantenimento della muscolatu-ra di 1,5 ore al giorno produceva un incre-mento del metabolismo degli aminoacididel 17%, che corrisponde, al massimo, adun aumento del fabbisogno quotidiano diproteine anche esso del 17%. Dal fabbiso-gno di proteine si può ricavare l’apportoquotidiano raccomandato di 1,2 g di pro-teine per kg di peso corporeo1 (Tarnopolskyet al. 1986) - con l’aggiunta di una devia-zione standard come integrazione di sicu-rezza nel caso di eventuali differenze nelfabbisogno individuale, nel grado di digeri-bilità delle proteine e nella sintesi proteicamuscolare (DGE et al. 2000). Che il fabbi-sogno aggiuntivo, dovuto alla costruzionemuscolare, rappresenti solo un decimodell’integrazione di sicurezza viene dimo-strato da questa riflessione: se si presup-pone che, attraverso l’allenamento diforza, si ottenga un incremento massimodella massa muscolare di 5 kg all’anno, sipuò calcolare un aumento del contenutomuscolare di proteine di poco superiore a1.000 g, in quanto le proteine rappresen-tano solo un quinto della composizionedei muscoli. Se ciò viene rapportato alpeso corporeo di un soggetto ed al nume-ro dei giorni in un anno, ne risulta che ilfabbisogno di proteine per la crescitamuscolare è minore di 0,04 g per kg dipeso corporeo. Perciò, una dieta che pre-veda una percentuale del 10-15% di pro-teine è del tutto sufficiente per garantire ilrifornimento di aminoacidi ad atleti deglisport di forza che si allenano intensamen-te. I body builder, spesso, coprono oltre il20% del fabbisogno energetico assumen-do proteine (2,8 g per kg di peso corporeo).L’apporto di aminoacidi in eccesso, chenon può essere utilizzato dall’organismoper sintetizzare proteine, deve esseredemolito ed eliminato. Ciò spiega perchè,in 24 ore, nell’urina dei body builder si tro-vano 617 mmol di urea rispetto alle 278mmol dei soggetti non praticanti sport(Moch, comunicazione personale), anchese il volume di urina del body builder, cheè di 2.210 ml, è solo di 456 ml superiore aquello dei non praticanti. Per impedire unsovraccarico dei reni, provocato da con-centrazioni elevate di urea, agli atleti deglisport di forza, che non vogliono rinunciaread assumere una quantità più elevata diproteine, si consiglia di raddoppiare larazione giornaliera di liquidi.

16

12

8

4

0

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0,4 0,8 1,2 1,6 2,0 2,4 2,8

Atleti degli sport di resistenzaAtleti degli sport di forzaSoggetti non praticanti sport

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Figura 3 – Il fabbisogno proteico di atleti praticanti sport di resistenza, di forza e di soggetti nonpraticanti sport. Un bilancio positivo dell’azoto non è equivalente ad un corrispondente aumentodella massa corporea magra. Nel caso di un apporto proteico superiore alla quantità quotidiana-mento necessaria per mantenere le proteine dell’organismo (punto di intersezione delle rette conl’ascissa), gli aminoacidi in eccesso finiscono nelle cosidette riserve proteiche labili (pool degliaminoacidi). Trascorsi pochi giorni si avrà un aumento dell’ossidazione degli aminoacidi e dell’e-screzione dell’azoto, per cui il bilancio dell’azoto si adatterà ad un apporto più elevato. Ciò signi-fica che si raggiunge un nuovo stato di equilibrio (steady state, equilibrio fluttuante) (Schek1998). Di conseguenza, per rilevare il fabbisogno di proteine, debbono essere effettuate misura-zioni del bilancio dell’azoto nei casi in cui si ritiene che l’assunzione di proteine copra esattamen-te il fabbisogno (National Research Council 1989)

Uovo-patate 136 Fagioli-granturco 99Uovo-soja 124 Carne bovina-gelatina 98Uovo-latte intero 119 Latte 92Uovo-farina 118 Carne di maiale 85Latte-patate 114 Pollame 80Uovo-fagioli 108 Patate 76Latte-segale 100 Cereali 54-65Soia-miglio 100 Verdure 50Uova 100 Gelatina 25

* La valenza biologica è una misura della qualità proteica, cioè della quantità di aminoacidi chevanno a costituire le proteine del corpo. Come parametro di riferimento ci si serve dell’uovo, lacui valenza biologica viene considerata, per convenzione, 100.

Tabella 3 – Valenza biologica* degli alimenti e della loro combinazione

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5. Le bevande per sportivi

Come abbiamo già esposto dettagliata-mente in un precedente articolo (Schek1996), perdite di sudore da 1,05 fino a 1,5litri, come quelle che si producono nor-malmente in attività sportive che durano60 minuti ed oltre, hanno un effetto limi-tante sulla prestazione. Maggiore è la per-dita di liquidi, dovuta al sudore, maggioredeve essere la rapidità con la quale debbo-no essere reintegrati. Il tasso massimo direidratazione di circa 0,8 l/h si ottieneassumendo bevande isotoniche (osmala-rità: 290 mmol/kg), che contengono 45-68g di zucchero e 0,4-1,1 g di sodio per litro.Quindi, le bevande ottimali per una rapidareintegrazione delle perdite dovute alsudore sono quelle isotoniche che rispon-dono a questi criteri, ottenibili con polveri-ne, oppure già pronte; ad esempio, succhidi frutta diluiti in acqua minerale, checontengono in parti eguali succo di frutta(ad esempio, succo di mela) ed un’acquaminerale ricca di sodio (Schek 2000a). Però, per la reintegrazione dei liquididurante la pratica sportiva, oltre a quelleisotoniche, si possono assumere anchebevande ipotoniche come thè zuccherato,birra analcolica, succo di pomodoro, brododiluito ed acque minerali ricche di sodio, inquanto il loro passaggio dallo stomacoall’intestino tenue e di qui al sangue è solodi poco più lento. Inoltre, come quelle iso-toniche, le bevande ipotoniche, ad eccezio-ne dell’acqua minerale e del brodo, forni-scono quantità non irrilevanti di zuccheriche stabilizzano il tasso di glucosio nel

sangue, come mostrato nella tabella 4.Invece, sono inadatte ad una re-idratazio-ne rapida le bevande ipertoniche, comesucchi di frutta non diluiti, spremute dilimone, bevande contenenti cola e lebevande cosiddette energetiche, in quantosottraggono liquidi al corpo, prima chel’acqua ed i nutrienti vengano assorbiti neitratti inferiori dell’intestino tenue.

6. Preparati contenenti micronutrienti

Le vitamine ed i sali minerali (macro e oli-goelementi) vengono commercializzati, dasoli o combinati, sotto forma di polveri inbustine, compresse effervescenti, capsule,pillole, ecc. Vi sono casi nei quali si superafino a dieci volte la quantità raccomanda-ta. Si tratta di megadosi che vanno evitatein quanto possono avere effetti secondari,ad esempio diarrea. Chi equilibra il suo

bilancio energetico con una dieta comple-ta, non ha bisogno di integrazioni. Infatti,come abbiamo già spiegato nel 1. para-grafo, nello sport, il fabbisogno specificodi vitamine e di sali minerali non aumentain modo sproporzionato rispetto all’incre-mento generale del fabbisogno di energia.Una delle ragioni per le quali ciò avviene, èche l’organismo cerca di risparmiare le suerisorse, come si può vedere dal fatto che -ad eccezione del sodio (Allan, Wilson1971) - il contenuto di vitamine e saliminerali nel sudore diminuisce con l’au-mento della traspirazione. Il lavoro di Eck(1993), da considerarsi rappresentativo pertutte le microsostanze, dimostra che,durante un carico costante al cicloergo-metro, la concentrazione di magnesio e dicalcio nel sudore diminuisce proporzional-mente alla durata dell’attività (cfr. la curvadiscendente della figura 4). Mentre, in queisoggetti che coprono il loro fabbisogno

Isobevande Debbono contenere da 45 a 68 g di mono e disaccaridi (o fino a 160 g di polimeri del glucosio)(isotoniche) e da 400 a 1.400 mg di sodio; possono essere addizionate di non più di 400 - 1.400 mg di cloruri,

da 15 a 225 mg di potassio, da 40 a 225 mg di calcio e da 10 a 100 mg di magnesio.

Succo di frutta diluito Se il succo di frutta è diluito con acqua minerale in un rapporto da 1:1, ogni litro contiene circa(isotonico) 60 g di zucchero; vanno preferite acque minerali ricche di sodio.

The zuccherato Ogni litro di the fruttato o di tisana può essere addizionato di 85 g di zucchero; un aspetto(da ipo ad isotonico) negativo è lo scarso contenuto di sodio.

Birra analcolica Ogni litro contiene 50 g di maltodestrina e maltosio e 50 mg di sodio; (il sapore stimola a bere;(ipotonica) un aspetto negativo è l’effetto diuretico).

Siero di latte zuccherato Ogni litro contiene circa 50 g di lattosio e 50 mg di sodio.(ipotonica)

Succo di pomodoro Ogni litro contiene 15 g di glucosio, di fruttosio e 50 mg di sodio.(ipotonico)

Brodo diluito Ogni litro contiene 1.020 mg di sodio, per la sua preparazione viene utilizzato un quarto della(ipotonico) quantità di sostanza secca indicata (circa 6 g).

Acqua minerale Deve contenere da 400 a 1.100 mg di sodio per litro.(ipotonica)

Tabella 4 – Contenuto di zucchero e sodio delle bevande per sportivi

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Durata del carico Durata del carico

Figura 4 – Concentrazione di magnesio e di calcio nel sudore in funzione dalla durata del carico(Eck 1993)

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con la dieta, i preparati con microelementinon producono effetti di miglioramentodella prestazione, questo si osserva in queisoggetti che presentano carenze di uno opiù nutrienti. Tra i soggetti a rischio, tro-viamo soprattutto quegli atleti che hannoproblemi di mancanza di tempo e quelliche utilizzano per un lungo periodo unadieta ipocalorica, per perdere peso. Unesame clinico è sufficiente a stabilire se viè una carenza di vitamine o di sali minera-li. In questi casi una integrazione è utile.Fra i nutrienti il cui approvvigionamentopuò divenire critico negli atleti ci sono levitamine antiossidanti (Tessier, Marconnet1995), come anche il magnesio, il calcio, ilferro e lo zinco (Brouns 1993). In generale,nella popolazione normale, troviamo unainsufficiente assunzione di iodio (Karg2000). Per questa ragione dovrebbe essereutilizzato il sale iodato ed, almeno unavolta alla settimana, ci si dovrebbe alimen-tare con pesce marino.Da quando è noto che carichi fisici didurata elevata (ad esempio, la corsa dimaratona), possono avere un’azione nega-tiva sulle membrane cellulari e sul mate-riale genetico cellulare, a causa dello stressossidativo che producono, nella dieta del-l’atleta viene prestata particolare attenzio-ne alla provitamina A (β carotene), allavitamina C ed alla vitamina E. Le vitamineantiossidanti bloccano e neutralizzano icosiddetti radicali liberi, cioè le molecolealtamente reattive che si producono per larottura di legami ossidativi. Per garantireuna sufficiente protezione delle cellule dicoloro che praticano sport di resistenza adintensità elevata, si consiglia di nutrirsi,regolarmente, con ortaggi verdi, gialli erossi e con molta frutta, soprattutto fruttidi bosco, pesche ed albicocche.Se non viene consumata una quantità suf-ficiente di alimenti vegetali ricchi di car-boidrati, si osserva una diminuzione delleriserve di magnesio. Oltre che da abitudinialimentari scorrette, ciò è causato soprat-tutto dalle diete ricche di proteine chevengono consigliate per diminuire di pesoo per la costruzione dei muscoli. Le loroconseguenze possono essere crampimuscolari ed altri disturbi di natura neuro-logica. Per prevenire una carenza dimagnesio si raccomanda di alimentarsicon molti ortaggi (pomodori, asparagi,cavolo cappuccio, cavolo verde, fagiolini)insalata, frutti di bosco, latticello e paneintegrale.Se il bilancio energetico è negativo per unperiodo prolungato e nella dieta sonoscarsamente presenti il latte ed suoi deri-vati, si può produrre un deficit di calcio.Questo fenomeno sembra colpire soprat-tutto le atlete fondiste. Un effetto di que-sta carenza può essere l’insorgere di un

catabolismo precoce del tessuto osseo(osteoporosi). Oltre al latte ed ai suoi deri-vati (latticello, yogurth, formaggio a pastamorbida, ecc), buone fonti alimentari dicalcio sono insalata e ortaggi (cavoloverde, cavolo cappuccio, crauti, fagiolini).La carenza di ferro interessa soprattutto ipraticanti corsa, specialmente quandoseguono una dieta vegetariana. Quando sicorre aumenta la distruzione dei globulirossi nei capillari dei piedi, che produce unaumento dell’escrezione di ferro nel sudo-re e nell’urina. Inoltre, l’assorbimento inte-stinale del ferro si riduce della metà. Ivegetariani hanno lo svantaggio che delferro vegetale, privo di eme, viene assorbi-

to solo l’8% (il tasso di assorbimento puòessere aumentando assumendo vitaminaC) a differenza del ferro eme d’origine ani-male, che può essere assorbito fino al23%. Una carente presenza di ferro simanifesta in una riduzione dell’emopoiesi,cui fa seguito una limitazione del traspor-to di ossigeno, che ha un effetto negativosulla prestazione. Buone fonti alimentari diferro animale sono la carne, il pollame edil pesce, mentre buone fonti vegetali sonol’insalata, gli ortaggi (asparagi, cavoloverde, cavolfiore, crauti, fagiolini, pomo-dori, rafano) ed i frutti di bosco. Un aumento del carico fisico e dello stressincrementano il fabbisogno di zinco, la cuicarenza è accompagnata da inappetenza,ritardi nella cicatrizzazione delle ferite eduna maggiore predisposizione a contrarremalattie infettive. Quest’ultima può porta-re a peggioramenti della prestazione. Unaquantità relativamente elevata di zincoviene fornita dai formaggi (Edamer,Gouda, Tilsiter, Camembert, ecc.), daicereali (germi di grano, fiocchi d’avena,riso, cracker di segala), dalla carne, dal pol-lame, dalle uova, dal pesce (anguilla, luc-cio, salmone) e dagli ortaggi (granoturco,rafano, cavoletti di Bruxelles, ecc.).

7. Integratori ergogeni di tipoalimentare

Anche di essi si è già parlato in un prece-dente articolo (Shek 1995), per cui, in que-sta sede, forniremo solo un aggiornamen-to. Senza accampare pretese di completez-za, la tabella 5 fornisce un quadro dei pro-dotti attualmente disponibili. Per nonandare oltre ai limiti di questo articolo, quidi seguito forniremo dei brevi flash sui piùpopolari integratori ergogeni di tipo ali-mentare: creatina, caffeina, piruvato, L-carnitina, aminoacidi ramificati, β-idrossi -β-metilbutirrato, trigliceridi a catenamedia ed acido linoleico coniugato.

• Quale sia l’azione della creatina sullaprestazione sportiva è stato discusso direcente in un nostro articolo (Schek2000b): un trattamento da 3 a 7 giorni, nelquale vengano assunti, sotto forma di pol-vere o di compresse, da 20 a 30 g/die diquesta sostanza differisce la comparsadella fatica in carichi ripetuti di brevedurata e di intensità elevata. Ciò permettedi aumentare il lavoro di allenamento, pro-ducendo così un più rapido aumento dellamassa muscolare e della forza massimale.Però, questo effetto lo si osserva solo sullametà dei soggetti ed è tanto più marcato,quanto minori sono le concentrazionimuscolari iniziali di creatina. Un aspettonegativo è l’accumulo di acqua nelle cellu-le muscolari, che produce un aumento delpeso corporeo di circa 2 kg. Inoltre, l’au-mento della pressione nelle cellule musco-lari accresce il rischi di lesioni, così come,dopo l’assunzione di creatina si possonopresentare crampi muscolari e diarrea.Inoltre è noto un caso di insufficienzarenale acuta a seguito dell’utilizzazioneprolungata di creatina.• Una buona rassegna sull’utilizzazionedella caffeina a scopo ergogeno è fornitoda Spriet (1995). La caffeina è un alcaloide

Principi attivi e prodotti Creatina, inosina, piruvato, acido α-liponico, endogeni del metabolismo idrossicitrato (HCA), Coenzima Q 10, L- carnitina,

colina, inositolo, acido orotico, Grassi β-idrossi−β−metilbutirrato (HMB).

Trigliceridi a catena media (MCT), acido linolico coniugato (CLA).

Aminoacidi Taurina, aminoacidi ramificati (BCAA), triptofano, acido aspartico, arginina, ornitina.

Elettroliti Sodio (sale), magnesio, calcio, potassio, fosforo.Elementi traccia Ferro, zinco, selenio, rame, cromo.Vitamine “ACE”, acido folico, vitamina B12.Sostanze vegetali secondarie FlavonoidiEnzimi Bromelaina, papainaAlcaloidi Caffeina

Tabella 5 – Quadro riassuntivo delle sostenze ergogene di tipo alimentare attualmente in commercio

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presente nel caffè (da 60a 120 mg a tazza), nelthe, nelle bevande con-tenenti cola, nellebevande energetiche (80mg/250 ml), nel cacao enel guarana, ma si trovain commercio anchesotto forma di compres-se da masticare. Se nevengono assunti almeno9 ml per kg di peso cor-poreo, permette unrisparmio di glicogenonei primi quindici minutidi un carico di duratasuperiore ad un’ora. Pro-babilmente, la caffeinadifferisce anche la faticamuscolare, in quantoinfluisce positivamentesul rapporto tra sodio epotassio nei muscoli. Lasua azione eccitante, chesi presenta da 30 a 60min dopo che ne è stataassunta una dose da 50a 200 mg, e che è più omeno accentuata aseconda del grado diassuefazione, incremen-ta l’attenzione e la capa-cità di reazione. Contem-poraneamente, però, lacaffeina svolge un’azio-ne diuretica e broncoco-strittiva. In soggetti par-ticolarmente sensibili,una dose superiore ai250 mg provoca eccita-bilità, nervosismo, irre-quietezza, ansia, insonnia, diarrea, brividie/o mal di testa. 600 mg di caffeina sonosufficienti perchè venga superata la sogliaconsiderata doping di 12ml/l, ma in casodi disidratazione è sufficiente assumerneuna quantità minore per raggiungere que-sto valore soglia.• Il piruvato viene commercializzato insoluzioni contenute in fiale da assumereper via orale. Finora ne sono stati studiatigli effetti sulla capacità di prestazione diresistenza e sulla composizione corporea,ma solo in soggetti non allenati. Stanko etal. (1990) hanno dimostrato che l’assun-zione, rispettivamente, di 25 g di piruvatoe di 75 g di diidrossiacetone (glicerone) -un prodotto della trasformazione del piru-vato - per un periodo di 7 giorni, prece-denti un carico di resistenza protratto finoall’esaurimento, aumentava la capacità diprestazione del 20%. Nel quadro di unadieta ricca di carboidrati (55-70% del fab-bisogno di energia), la sostituzione del15% degli alimenti contenenti carboidrati

con piruvato e diidrossiacetone producevaun maggiore assorbimento del glucosioematico da parte della muscolatura degliarti superiori ed inferiori. La durata dell’as-sorbimento del glucosio nei muscoli venivaprolungata, mentre non veniva influenzatal’ossidazione per unità di tempo dei car-boidrati e dei grassi. Probabilmente, l’inte-grazione con precursori del glucosio sti-mola la gluconeogenesi e la sintesi epaticadi glicogeno. Però è oggetto di discussionese, ad una integrazione con piruvato e dii-drossiacetone – che nelle quantità citatepuò provocare diarrea – per vari giorni,precedenti una attività intensa di resisten-za, non sia da preferire una regolare rein-tegrazione del glucosio durante l’attivitàstessa, se si pensa che, in soggetti allenati,tale reintegrazione migliora la capacità diprestazione in misura analoga. Stanko et al. (1992), inoltre, hanno studia-to quale fosse l’effetto di un supplementa-zione di 30 g/die di piruvato e di diidros-siacetone sulla composizione corporea di

soggetti di sesso femmi-nile in sovrappeso, sot-toposte ad una dietaipocalorica (1.000 kcal/die), rilevando una note-vole riduzione del peso edel grasso corporeo del37-48% nel gruppooggetto dell’esperimen-to, rispetto al gruppo alquale era stato sommini-strato un placebo, senzaperò potere escludere unerrore di misurazionedovuto al metodo utiliz-zato (analisi della impe-denza bioelettrica). GliAutori hanno suppostoche un aumento dellaconcentrazione citosoli-ca del piruvato mettessein moto un “ciclo futile”,nel quale, grazie ad unaumento della cessionedi calore da parte delpiruvato (attraverso l’os-sacelato intramitocon-driale) , si producefosfoenolpiruvato, cheviene di nuovo defosfo-rilizzato a piruvato. In unarticolo specificamentededicato a questo argo-mento (Kirnich 2001),vengono trattati appro-fonditamente altri studisull’influenza del piruva-to (e del diidrossiaceto-ne) sul contenuto digrassi del corpo, sull’at-tendibilità dei risultati e

sulle ipotesi sul meccanismo d’azione. Inquesta sede, ci limitiamo a notare che,nella pratica, vengono utilizzate dosi (da 3a 6 g di piruvato/die) molto inferiori aquelle degli studi che abbiamo citato. • Anche la L-carnitina è stata oggetto diun nostro articolo (Schek 1994). Anche diquesta sostanza, commercializzata inbustine, compresse da masticare, capsule osciroppo, si afferma che se viene assuntain dosi di 1-2 g/die agirebbe da “bruciagrassi” che potrebbe servire sia agli atletidegli sport di resistenza sia a coloro chevogliono ridurre il peso (grasso). Ad ognimodo, alla base dell’effetto che viene pro-pagandato, c’è il presupposto che la carni-tina acceleri l’ossidazione degli acidi grassi,effetto evidenziabile dalla riduzione delquoziente respiratorio (QR). Ma non è così,perchè, a differenza dell’allenamento diresistenza, i supplementi di carnitina nonaumentano la disponibilità cellulare diossigeno o di acidi grassi. E neppure influi-scono sulla velocità di trasporto degli acidi

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grassi attraverso le membrane interne deimitocondri, poichè la concentrazione cel-lulare di carnitina viene mantenutacostante entro stretti limiti. Per cui, nonc’è da stupirsi se, in studi a doppio ciecoben controllati, non si è riusciti a provarel’esistenza di effetti positivi della carnitinasulla capacità di prestazione di resistenzao sulla combustione dei grassi. • Gli aminoacidi ramificati (BranchedChain Amino Acids, BCAA) - valina, leucinaed isoleucina - che si possono trovare incommercio sotto forma di compresse,dovrebbero essere utili sia agli atleti deglisport di resistenza, sia a quelli degli sportdi forza, da un lato, perchè ritarderebberola “fatica a livello centrale” e dall’altro,perchè svolgerebbero un’ “azione anticata-bolica”. L”ipotesi anti-affaticamento”(Blomstrand et al. 1991) si basa sull’osser-vazione che, nei carichi intensivi di resi-stenza, la concentrazione ematica di BCAA- a causa, di un aumento del consumo diquesti aminoacidi nel muscolo scheletricoper produrre energia - diminuisce, per cuiaumenta il rapporto tra triptofano e BCAAnei compartimenti liquidi intra- ed extra-cellulari. Secondo gli Autori, ciò dovrebbeprodurre un incremento nel trasporto deltriptofano nel cervello, dove questi ami-noacidi possono essere trasformati inserotina, un neurotrasmettitore considera-to responsabile dell’affaticamento centra-le. Questa ipotesi viene contraddetta daVan Hall et al. (1995), che hanno dimostra-to che, durante un carico di due ore alcicloergometro, la prestazione non venivané migliorata da una integrazione di BCAA,né peggiorata da una integrazione di trip-tofano. Per quanto riguarda l’azione deiBCAA sul metabolismo muscolare delleproteine, in una ricerca condotta su ani-mali (cani), ai quali venivano iniettatiBCAA, dopo un digiuno di 24 h, è statodimostrato che soprattutto la leucinadiminuiva il catabolismo delle proteine, macontemporaneamente aumentavano i pro-cessi ossidativi, per cui non si producevaalcuna sintesi proteica (Frexes-Steed et al.1992). Un effetto “anticatabolico” viene attribuitoanche ad un derivato della leucina, il β-idrossi-metilbutirrato (HMB), che vienecommercializzato in capsule. Una dose da1,5 a 3,0 g/die ridurrebbe l’insorgere didanni muscolari provocati da un allena-mento intensivo della forza (Nissen et al1996). Una valutazione di questa afferma-zione è difficile, in quanto mancano studidefinitivi in merito. Si sa che l’HMB è unasostanza di partenza per la sintesi delcolesterolo.

• Per quanto riguarda i trigliceridi a cate-na media (Medium Chain Triglycerides,

MCT), che generalmente vengono com-mercializzati in forma liquida, si tratta digrassi costituiti da glicerolo, esterizzatocon tre acidi grassi di una catena di 6, 8,10 o 12 atomi di carbonio. Vengono assor-biti e metabolizzati più rapidamente diquanto non avvenga per i trigliceridi acatena lunga (Long Chain Triglycerides,LCT). L’effetto degli MCT sulla prestazionesportiva è stato riassunto da Jeukendrup(1996): essi accelerano lo svuotamentodello stomaco dopo l’assunzione di bevan-de contenenti carboidrati, aumentando inquesto modo la disponibilità di energia.Però, già quando si assumono da 15 a 30 gdi MCT si presentano effetti secondaricome diarrea, crampi addominali, nausea esenso di vertigine. La massima percentualemisurata di MTC nel metabolismo energe-tico complessivo è inferiore all’8% (in casodi deplezione totale delle riserve di glico-geno). Per quanto riguarda gli sport diresistenza, viene postulato che una inte-grazione con MCT aumenti la concentra-zione di acidi grassi nel plasma, per cuiviene risparmiato glicogeno e così potreb-be esserne differito l’esaurimento. Però, indiverse ricerche, non si è riusciti a confer-mare questa ipotesi (probabilmente perchèuna dose inferiore ai 30 g non è sufficien-te). I body builder che, nella preparazionedei cibi, come fonte alternativa ai grassiutilizzano gli MCT invece dei LCT, lo fannoin quanto sperano in una diminuzione dipeso. Però, non ci sono studi che possanoprovare questo effetto. Gli argomenti asuo favore si basano su uno studio con-dotto su ratti che ha dimostrato che, inuna alimentazione complessivamente iper-calorica, gli MCT, rispetto ad una quantitàdi LCT di pari potere calorico, produrrebbe-ro un minore aumento di peso, la qualcosa viene attribuita ad un aumento dellaproduzione di calore.• L’acido linoleico coniugato (ConiugateLinoleic Acid, CLA), che viene commercia-lizzato in capsule, dovrebbe servire agliatleti praticanti sport di forza per aumen-tare la massa magra e, contemporanea-mente, diminuire il grasso corporeo. Però,finora, è stata dimostrata un’azione positi-va di dosi elevate di CLA sulla composizio-ne corporea solo in pulcini e topi in fase diaccrescimento. Gli Autori suppongono cheil CLA diminuisca il catabolismo muscolare(Pariza et al. 1996) od aumenti l’ossidazio-ne degli acidi grassi nel tessuto adiposo(Park et al. 1997). Però, rimane aperto ilproblema di quali sarebbero i meccanismibiochimici di regolazione di questi adatta-menti. Non conosciamo quali possibili dif-ferenze vi siano nell’azione dei diversi iso-meri del CLA, e così pure sappiamo pocosu effetti secondari indesiderati provocatida dosaggi elevati.

8. Riepilogo

Per quegli atleti che utilizzano più di 4.000kcal per la loro attività sportiva (con undispendio energetico totale di oltre 6.000kcal/die), gli integratori alimentari rappre-sentano una necessità, in quanto – se sitiene conto dei loro elevati volumi di alle-namento – il loro fabbisogno di energia edi nutrienti non può essere coperto sol-tanto attraverso una alimentazione com-pleta ed equilibrata. Invece, per quantoriguarda gli effetti positivi degli stessi pro-dotti, o di prodotti simili, sulla capacità diprestazione di atleti o di praticanti sport alivello non competitivo, che consumanoquotidianamente meno di 3.000 kcal, cosìvantati dalla pubblicità, si tratta di unastrategia di mercato che ha solo l’obiettivodi aumentarne la vendita. Chi pratica sporta livello non competitivo non ha bisognodi questi prodotti e gli atleti ne hannobisogno solo in casi eccezionali. Un’ali-mentazione che sia adeguata ai bisognidell’atleta, basata sulle 10 regole dellaSocietà Tedesca per l’Alimentazione (Deut-schen Gesellschaft für die Ernährung ,DGE), riportate nella tabella 1, fornisce uncontributo essenziale alla capacità di pre-stazione fisica. Dunque, che i prodotti usati come integra-tori alimentari possano migliorare la capa-cità di prestazione sportiva rappresentasolo una pia illusione.

Note

(1) Per mantenere una determinata massamuscolare, soggetti non allenati devono assu-mere più proteine dei soggetti allenati, comehanno dimostrato Lemon et al. (1992) e Tar-nopolsky et al. (1992), con studi basati sulbilancio dell’azoto, condotti su 12 soggetti cheavevano svolto un allenamento sistematicodella forza per due mesi (con sei allenamentisettimanali di 1,5 ore ciascuno). Un apportogiornaliero di 0,8 g/kg di peso corporeo nonera sufficiente a evitare la demolizione delleproteine muscolari, mentre lo era un apportogiornaliero di 1,4 g/kg di peso corporeo. D’al-tra parte, un ulteriore incremento fino a 2,4g/kg di peso corporeo, non portava alcun van-taggio, rispetto all’apporto di 1,4 g/kg di pesocorporeo al giorno. In caso di apporto mag-giorato aumentava l’ossidazione della leucina.

Traduzione di M. Gulinelli da Leistungssport, 5,2001, revisione terminologica di C. Pesce. Titolooriginale: Nahrungsergänzungsmittel im Lei-stungssport: Notwendigkeit oder Marketing-Strategie?

L’autore: Dr. oec. troph. Alexandra Schek Mühl-straße 11, 35390 Gießen

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L’importanza della tipologia di costituzionefisica nello sviluppo alungo termine della prestazione sportiva

Peso corporeo e costituzione

fisica nello sport

Gudrun Fröhner, Klaus WagnerIstituto di scienze applicate

all’allenamento, Lipsia

1. Introduzione

In molti sport, con l’aumento dei risultati,si nota sempre più frequentemente, che illoro sviluppo è legato ad una precisa tipo-logia costituzionale, cioè ad un ben deter-minato somatotipo. Questo fenomeno puòessere attribuito, ad esempio, alle leggibiomeccaniche che sono alla base di deter-minate tecniche sportive, oppure a proces-si fisiologici, che sono tra loro diversi edipendono dai movimenti che vengonorichiesti. Per questa ragione, in alcunisport e in alcune discipline sportive, leproporzioni del corpo assumono una note-vole importanza per quanto riguarda lepossibilità di movimento. Ad esempio,sono evidenti le maggiori probabilità diriuscita delle quali dispongono giocatori dipallacanestro o di pallavolo di staturamolto elevata, oppure i ginnasti di staturabassa o media. Pertanto, in alcuni sport, lecaratteristiche costituzionali degli atletirappresentano un elemento d’importanza

Se si vogliono costruire ed ottenererisultati sportivi elevati a lungo ter-

mine, occorre tenere conto dellecaratteristiche costituzionali, cioé

dei somatotipi, degli atleti. Parten-do da questa constatazione, questolavoro si pone l’obiettivo di dimo-strare, oggettivamente, l’esistenzadi tipologie diverse di costituzionefisica nei diversi sport, di rilevare ifenomeni di cambiamento delle

caratteristiche costituzionali duran-te lo sviluppo ed in relazione all’età,ed infine di esaminare se determi-nati somatotipi comportino una

tendenza a sviluppare determinatemasse corporee.

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fondamentale per ottenere elevati risultatisportivi.Per questa ragione, nello sport di vertice,incontramo spesso questo problema:quando si inizia, precocemente, a costruirela prestazione sportiva a lungo termine inun determinato sport od in una determi-nata disciplina sportiva, nella quale le pro-babilità di ottenere risultati elevati aumen-tano insieme a determinate caratteristichesomatiche, durante alcune fasi dello svi-lupppo, cronologicamente limitate, risulta-ti eccezionali possono essere ottenutianche da quegli atleti che presentanomisure antropometriche non ideali, o chele presentano solo temporaneamente, gra-zie allo sviluppo. Talvolta, solo dopo lunghianni di impegno, si nota che le prestazioniin un determinato sport o disciplina spor-tiva possono essere incrementate sololimitatamente, a causa di fattori costitu-zionali. Non sempre ciò viene accettatosenza che insorgano problemi psicologici.Però, non è raro osservare che, nel caso diuna tipologia costituzionale diversa daquella ottimale per lo sport o la disciplinasportiva praticata, vengono compiuti sforziper modificare tali presupposti somatici,non propriamente idonei: ciò riguarda,soprattutto la massa corporea e soprattut-to le “famigerate” percentuali di grasso.Ma, in questo modo si possono produrre,addirittura, disturbi alimentari, che posso-no manifestarsi sotto forma di anoressia odi bulimia, con i relativi pericoli per lasalute. Nel rapporto con gli atleti, ricono-scere l’individualità del loro corpo richiedesempre una sufficiente capacità di suaaccettazione. Ciò vuole dire che, se sivogliono garantire la salute e con essa laprestazione sportiva, quando si cerca dimodificare la massa corporea di un atletaè necessario considerarne non soltantol’età ed il livello di maturazione, ma anchela tipologia costituzionale. Per questi motivi abbiano affrontato laproblematica: “tipologia costituzionale esport”. Ed attraverso l’esposizione deirisultati del nostro studio, siamo in gradodi dimostrare che, se si vuole garantireuno buono stato di salute, la capacità dicarico e la prestazione sportiva, è assolu-tamente necessario prendere in considera-zione i fattori costituzionali. Se si segue unindirizzo di pensiero, secondo il quale, perprevenire alterazioni negative delle funzio-ni dell’organismo, è importante non solovalutare i parametri di stato attuali, maanche individuare precocemente queisegnali che precedono i disturbi, trattarequesto tema vuole rappresentare un con-tributo alle osservazioni ed ai metodi diassistenza che accompagnano l’allena-mento, durante la costruzione a lungo ter-mine del risultato sportivo.

Nel quadro di una valutazione antropome-trica si offrono molteplici possibilità diformulare consigli, basati sui risultati otte-nuti, come anche di utilizzarli in sensopreventivo. Ciò è particolarmente evidente,quando si affronta il problema della valu-tazione della corretta massa corporeaoppure dello sviluppo della statura.Oggi, come in passato, si presentano sem-pre problemi quando si interpretano alcuniparametri di stato attuali, ad esempio l’in-dice di massa corporea (Body Mass Index,d’ora in poi BMI). Un BMI con valori limite,non necessariamente comporta la diagnosidi anoressia o di adiposità. Per questaragione abbiamo approfondito la ricerca dispiegazioni e di possibilità di miglioramen-to della valutazione e dei consigli che sene ricavano. Ciò ci ha condotto all’analisidella caratteristica tipologia costituzionale(cioè del somatotipo), soprattutto in riferi-mento alla massa corporea. Dalle informa-zioni ricavate da questa analisi ci aspetta-vamo un miglioramento dei mezzi d’inter-pretazione.Soprattutto per la popolazione degli atletie delle atlete si è dimostrata necessariauna più precisa base di valutazione, poichèin alcuni sport, in parte, troviamo l’espres-sione di caratteristiche costituzionaliestreme. Però, ad esempio, in base a leggibiomeccaniche sono proprio esse cheoffrono agli atleti la possibilità di ottenererisultati migliori. D’altra parte, spesso, pro-prio i somatotipi estremi, caratteristici dialcuni gruppi di discipline sono valutatisecondo una norma generale, sebbene esi-sta una norma individuale, specifica di unsport, secondo la quale non corrispondonoa valori patologici ed a particolari pericolidi alterazioni della salute. La costituzionefisica è espressione della morfologia delcorpo di una persona, soprattutto di quellageneticamente determinata. Il concettotipo di costituzione o somatotipo indicache determinati principi di crescita sonolegati a determinate direzioni che, a lorovolta, esprimono le tipiche caratteristichesomatiche individuali (Conrad 1963), che,in generale, si riferiscono a certe funzioni,qualità o capacità di prestazione.Nella popolazione normale troviamo gran-di differenze fisiche. Però, l’esperienza ciinsegna che la valutazione dei parametri distato attuali, generalmente, viene realizza-ta in base ad un unico criterio e, per que-sto, può risultare erronea. Queste riflessio-ni non sono una novità. L’importanza deltenere conto del tipo di costituzione fisicaci è stata tramandata dell’antichità. Il rife-rimento alla costituzione fisica, per quantoriguarda i diversi parametri di stato delcorpo, la frequenza con la quale si presen-tano le diverse malattie, od i loro stadi ini-ziali, si ricollegano al nome di Ippocrate.

Nell’ultimo secolo sono stati fondamentalii lavori di Kretzschmer (1921), Sheldon(1940) e Conrad (1963). Già Aristotele, Platone e, soprattutto Filo-strato, ricordavano le diversità di costitu-zione fisica degli atleti e le loro relazionicon alcune capacità o prestazioni atletiche(Knussmann 1988). Il corridore di fondoveniva descritto con spalle e nuca potenti,ma gambe esili e leggere. Tanner (1964) edanche Kunze, Hughes, Tanner (1972)hanno esaminato la costituzione degliatleti che hanno partecipato ai Giochiolimpici del 1960 e del 1972, ed hannoindividuato tipologie costituzionali tipichenelle varie discipline. Tittel, Wutscherk(1972) hanno trattato esaurientementel’antropometria applicata alla sport, coninformazioni sui suoi metodi e descrivendoi diversi somatotipi che si trovano nellevarie discipline. Bernhard, Jung (1998)hanno fornito un’ampia panoramica gene-rale degli obiettivi e dei metodi dell’antro-pometria applicata allo sport ed hanno,inoltre, riferito i risultati relativi a corridorie sciatori.Nelle nostre ricerche, abbiamo perseguitotre obiettivi principali:- provare, oggettivamente, ancora una

volta che, nelle diverse discipline sporti-ve, esistono vari somatotipi e che è pos-sibile rappresentare le loro espressioniindividuali anche in caso di somatotipiestremi.

- Inoltre, si voleva verificare, oggettiva-mente, se, dal punto di vista delle possi-bilità di cambiamento, si riuscivano adifferenziare fenomeni legati al tipo dicostituzione nel processo di crescità e disviluppo. Infatti, quegli indici che sonoscarsamente soggetti a cambiamentopossono essere più facilmente utilizzatiper prevedere le future caratteristichefisiche, rispetto a quelli fortementedipendenti dall’età, ovvero dalla matura-zione. In generale, ai fini di una valuta-zione concreta dei futuri sviluppi dellacostituzione fisica, questi ultimi indicivanno considerati non riferendoli soload un periodo d’età, ma anche al livellodi maturazione.

- Infine, volevamo verificare se le diversetipologie costituzionali presentano ten-denze a differenti rapporti tra massecorporee/statura e a diversità nellesomme delle pliche cutanee, cioé a per-centuali diverse di grasso.

Dai risultati delle nostre ricerche ci atten-devamo informazioni che permettesserouna valutazione più precisa di questi valorinella pratica. Attraverso l’utilizzazionedegli indici antropometrici, se ci si riferiscealla tipologia costituzionale, alla dinamicadella crescita e della maturazione si ha

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l’opportunità di migliorare la valutazioneindividuale e il rilevamento di rischi per lasalute e lo stato psicofisico. Però, lo scopodella nostra ricerca non era solo quello ditrovare differenze nelle tipologie costitu-zionali tra le varie discipline e le loro parti-colarità nello sviluppo, ma soprattuttoquello di potere utilizzare una valutazionepiù precisa dei parametri di stato, per varisomatotipi, soprattutto per quelli estremi eper i valori rilevati. L’idea guida è che ènecessaria l’accettazione dell’improntaindividuale del corpo, che richiede atten-zione soprattutto nel caso di carichi eleva-ti. Infine, l’elaborazione dei dati sulle tipo-logie costituzionali intende fornire, in unmomento precoce dello sviluppo biologico,informazioni relative all’esistenza di pre-supposti costituzionali verso l’ottenimentodi prestazioni in un dato sport. Ciò si rivelaparticolarmente necessario in tutti queglisport o discipline sportive, nelle quali spe-cifici presupposti nella costituzione fisicarappresentano la possibilità che si riescanoad ottenere i risultati voluti, mentre sco-stamenti notevoli da tali presupposti favo-revoli non solo limitano la possibilità dievoluzione positiva dei risultati , maaumentano i pericoli di alterazione dellasalute o di problemi di natura psicologica.Inoltre, si presume che, attraverso unacorretta valutazione delle caratteristiche edello sviluppo fisico e tenendo conto delsomatotipo, nella valutazione della massacorporea, della somma delle pliche cuta-nee, delle percentuali di grasso e dei relati-vi indici di massa corporea, sia possibileottenere informazioni oggettive che con-tribuiscono a limitare i disturbi alimentari.Per l’oggettivazione delle morfologie e laconseguente classificazione dei tipi dicostituzione ci siamo serviti della metodicamessa a punto da Conrad (1963).

2. Il metodo di valutazione delle tipologie costituzionali di Conrad

Conrad (1963) ha messo a punto il sistemadi coordinate delle tipologie costituzionalirappresentato nella figura 1, che ci è sem-brato adeguato per documentare oggetti-vamente le caratteristiche costituzionalidel corpo. Per valutare i vari tipi di costitu-zione fisica, Conrad ha descritto unavariante primaria ed una secondaria dellatendenza di crescita del corpo. La varianteprimaria è determinata dai poli estremitipo leptomorfo e tipo picnomorfo, mentrele morfologie intermedie vengono da luidefinite metromorfe. Con leptomorfo si indica una forte ten-denza ad un corpo longilineo, con scarsacrescita in larghezza, con predisposizionealla magrezza.

In contrapposizione, Conrad ha definitodefinito picnomorfo quel tipo di costitu-zione nel quale prevale una notevole cre-scita in larghezza, a costo di una minorecrescita in lunghezza. Il corpo tende allapinguedine.

La variante secondaria della tendenza dicrescita del corpo è rappresentata da duepoli estremi, cioé dal tipo di costituzionefisica ipoplastico (tipo debole, astenico,esile) ed iperplastico (tipo atletico, robu-sto). Tra questi due poli si trovano formeintermedie, definite plastiche.Per caratterizzare quantitativamente letendenze di crescita da leptomorfo a pic-nomorfo, Conrad si è servito dell’indicemetrico, i cui principi erano stati elaboratida Strömgen (cfr. Conrad 1963) che sibasa sull’utilizzazione del diametro tra-sverso e di quello sagittale (antero-poste-riore) del torace in relazione alla statura.Visivamente, ci si può rappresentare lapossibilità di differenziazione attraversoqueste misure, in quanto, generalmente, ènota la gabbia toracica ampia e sottile delsoggetto leptomorfo e quella profonda edampia del soggetto picnomorfo. Servendo-si di questo indice, in un sistema di coordi-nate è stata effettuata una suddivisione innove classi diverse, dalla classe A alla I,nella quale la classe A rappresenta la tipo-logia più picnomorfica e quella I quellaaccentuatamente leptomorfica. Nella clas-se E sono rappresentati quei tipi di costi-tuzione fisica che sono precisamentemetromorfi. Tutti i valori che si trovano aldi fuori dei due poli sono classificati nelleclassi Ultra A ed Ultra I.I poli ipoplastico ed iperplastico o le formeintermedie sono classificati attraverso l’in-dice plastico. Quest’ultimo prevede unamisura di larghezza e due circonferenze: lalarghezza delle spalle, la circonferenza del-l’avambraccio (misurata all’altezza delgomito con il braccio esteso) e della mano.L’indice è rappresentato dalla somma diquesti valori e viene differenziato in classida 1 a 9. La classe 1 rappresenta la tipolo-gia costituzionale estremamente ipoplasti-ca e la 9 quella estremamente iperplastica.I valori che non rientrano in queste classisono classificati com Ultra 1 ed Ultra 9.Questi ultimi valori, praticamente, nonsono stati quasi mai rilevati da Conradnelle sue ricerche.

3. Le ricerche degli Autori

Attraverso metodi di misurazione antropo-metrica sono state rilevate alcune misuredel corpo in un totale di 2 075 atleti e 1798 atlete, provenienti da diverse discipli-ne sportive, che definiremo popolazionemista di atleti e di atlete.

I principali dati di riferimento rilevati sono:- l’età cronologica;- il grado di maturazione;- lo sport o la disciplina sportiva praticata;- il sesso.Dal punto di vista antropometrico sonostate misurate:- la statura;- la massa corporea;- i diametri trasversale e sagittale del

torace;- la circonferenza dell’avambraccio e della

mano;- la somma delle pliche cutanee (con 10

punti di misurazione).Su questa base sono stati calcolati questiindici:- l’indice di Quetelet (massa corporea/sta-

tura);- l’indice di massa corporea (Body Mass

Index, BMI = massa corporea/statura2)- l’indice di Rohrer (massa corporea/sta-

tura3)- l’indice metrico (secondo Conrad);- l’indice plastico (secondo Conrad);- la somma delle pliche cutanee;- la percentuale di grasso (utilizzando la

formula della Parizkova);- la massa corporea magra.

Preliminarmente, per ottenere orienta-menti sulla ulteriore elaborazione dei dati,sono stati presi in considerazione, edosservati logitudinalmente, atleti consomatotipi diversi, appartenenti a varisport ed a varie discipline sportive edanche atleti con caratteristiche anoressi-che. Il fine che ci si proponeva era quellodi ottenere informazioni essenziali sulgenere di somatotipi specifici dei varisport e come essi si modificassero, durantelo sviluppo. Per questa ragione, è statonecessario esaminare i parametri di statoin gruppi diversi per età, maturazione,sesso e sport o disciplina sportiva. Il sistema di coordinate di Conrad è statoutilizzato per visuallizzare la tipologiacostituzionale ed anche per rendere com-prensibile agli atleti le diverse morfologiedel corpo. Nello sport si trovano tipologiecostituzionali estreme: di ciò si è tenutoconto, per cui il sistema di coordinate èstato ampliato, sia in direzione di unanotevole tipologia leptomorfica sia in dire-zione di marcate caratteristiche ipo ediperplastiche. Solo così, in alcuni sport ediscipline sportive, è stato possibile rap-presentare, in modo differenziato, qualefosse l’espressione della loro tipologiacostituzionale specifica. Per quanto riguar-da i valori antropometrici, ne sono staticalcolati gli andamenti percentili in rela-zione all’età, utilizzandoli successivamenteper l’analisi longitudinale individuale dellosvolgimento del processo di sviluppo ed, in

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particolare, della sua continuità od anchedi eventuali alterazioni patologiche. L’indi-ce metrico, che è soggetto a modificazioniirrilevanti nel corso degli anni ed è pertan-to rigidamente stabilito geneticamente, siè rivelato molto utile per provare, concre-tamente, l’esistenza di caratteristicheantropometriche legate al tipo di costitu-zione fisica. Per individuare tendenze standard orienta-

tive per le tipologie costituzionali sonostate utilizzate queste fasce dell’indicemetrico della popolazione mista di atletied atlete:- dal 3° al 15° percentile = leptomorfo

(corporatura snella)- dal 15° all’85°percentile = tipicamente

da atleta (nella popolazione normale datipologia metromorfica a leptomorfica);

- dall’85° al 97° percentile = metromorfo.

Oltre il 3° od il 97° percentile si trovanoatleti estremamente leptomorfici od estre-mamente picnomorfici, che sono classifi-cati tra i somatotipi estremi, e non rientra-no nell’analisi. L’espressione tipicamenteda atleta è stata da noi coniata, in quantola maggior parte degli atleti rientra in que-sta fascia di percentili del’indice metrico,oppure presentano caratteristiche costitu-zioniali di corporatura mediamente snella

M

L

K

J

I

H

G

F

E

D

C

B

A

UA

-2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Ipo

pla

sti

co

Ipe

rpla

sti

co

GR

Al.c

Pv

N Al. l

Picnomorfo

Leptomorfo

Figura 2 – Espressione dei diversi tipi di costituzione fisica in atlete dietà adolescenziale e di età adulta in sport diversi. GR: ginnastica ritmi-ca; Al.c: atletica leggera/corsa; Al.l: atletica leggera/lanci; Pv: pallavolo;N: nuoto

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sti

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P icnomorfo

10

13 14 15

13 15

14 16

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21

Leptomorfo

Figura 3 – Espressione della tipologia costituzionale e del suo sviluppoin relazione all’età con indicazione della relativa età cronologica. Bluscuro (in alto): atleta con tipologia costituzionale fortemente leptomor-fica; azzurro (al centro): atleti con costituzione tipicamente da atleta;nero (in basso): atleti con costituzione picnomorfa fortemente atletica

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P icnomorfo

GR1/2 GR

5/6

Leptomorfo

Figura 4 – Sviluppo della tipologia costituzionale di atlete della ginna-stica ritmica. 1/2: stato di maturazione infantile e inizio della pubertà;5/6 stato di maturazione adolescenza ed età adulta

I

1Ip

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sti

co

P icnomorfo

2 3 4 5 6 7 8 9

H

G

F

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C

B

A

Leptomorfo

Figura 1 – Sistema di coordinate per la classificazioni delle tipologiecostituzionali secondo Conrad

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ed armoniosa. Poichè, nei rapporti tramassa corporea e statura che vengono uti-lizzati più frequentemente (indice di Que-telet, BMI ed indice di Rohrer) la staturaviene elevata a potenze diverse, abbiamovoluto confrontare i valori antropometricidei tre gruppi in rapporto ad una staturaquasi costante ed esaminare le differenzesignificative. Per farlo abbiamo utilizzato ilvalore medio della statura ± 2 cm dell’in-tera popolazione di due gruppi d’età diatleti e di atlete.

4. Risultati della ricerca

Differenza nell’espressione dei tipidi costituzione fisica tra gli sport e le discipline sportive

Come abbiamo precedentemente esposto,poichè in alcuni sport troviamo un’espres-sione di tipologie costituzionali estreme, èstato necessario ampliare il sistema dellecoordinate, altrimenti non sarebbero statesufficientemente differenziabili e sarebbestato impossibile rappresentare la loroespressione individuale. Senza l’allarga-mento sarebbe stato anche impossibileosservare l’andamento globale dello svi-luppo in questi gruppi. Servendoci dell’e-sempio di atlete di diversi gruppi di disci-pline in età adolescenziale ed in età adulta,è stato possibile individuare che esistononotevoli differenze di tipi costituzionalinelle discipline prese in considerazione(figura 2). Mentre nella ginnastica ritmica, in media,ottengono risultati di livello elevato atletefortemente leptomorfe con l’indice plasti-co più basso, nelle discipline di lancio del-l’atletica leggera prevalgono tipologiemetromorfiche ed estremamente plastiche.Anche le nuotatrici mostrano una morfo-logia prevalentemente metromorfica, conun indice plastico relativamente elevato.

Sviluppo dei tipi di costituzione fisicain relazione all’età ed allo stato dimaturazione

Nella parte superiore della figura 3 è signi-ficativo il caso di due atleti, costituzional-mente diversi, con diverso indice metricoed un indice plastico che cresce con l’età.Gli andamenti mostrano che, in quasi tuttii casi, con il crescere dell’età l’indice metri-co è soggetto a modifiche irrilevanti. Ciòvuole dire che, un individuo sano, con unacostituzione fortemente leptomorfa non sisvilupperà in una metromorfa e, viceversa,un atleta metromorfo sano, non si trasfor-merà in un atleta leptomorfo. La parteinferiore della figura 3 riguarda un sog-getto, estremamente atletico, in età adole-scenziale ed in età adulta, nel quale il

Figura 5 – Manifestazioni tipiche della tipologia costituzionale degli atleti

S: 193,4 193,2 199,6MC: 74,6 88,8 99,8BMI: 19,9 23,8 25,7Indice di Roher 1,03 1,23 1,29Grasso mm%: 46/8,2% 62/11,0% 71/12,4%Indice metrico: - 2,06 = K - 0,98 = G - 0,62 = FIndice plastico: 91,3 = 7 98,0 = 10 100,6 = 11

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cambiamento dell’indice metrico va ricon-dotto ad un notevole incremento dellamuscolatura.Questa affermazione viene confermata sesi confrontano l’espressione della tipologiacostituzionale delle atlete della ginnasticaritmica dagli stati di maturazione infantilefino all’inizio della pubertà con lo stato dimaturazione nell’adolescenza e dell’etàadulta. L’indice metrico non subisce varia-zioni notevoli in relazione all’età ed allosviluppo, però l’indice plastico aumenta eciò è chiaramente dovuto al tipo di movi-menti richiesti.

Tipi di costituzione fisica dellapopolazione mista di atleti ed atlete tenendo conto soprattutto dell’indice metrico

Sulla base delle curve percentili e del con-fronto con il sistema di coordinate di Con-rad, per quanto riguarda l’indice metricoabbiamo potuto stabilire che la popolazio-ne mista di atleti ed atlete, in media, sicolloca tra la classe leptomorfa e quellametromorfa. Per questo abbiamo definitoquesta tipologia con l’espressione costitu-zione tipica da atleta.Nelle classi limitrofe troviamo i somatotipileptomorfi e metromorfi. In alcuni sport edin alcune disciplina sportive sono rappre-sentate anche le classi dei somatotipinotevolmente leptomorfi o picnomorfi.Nella popolazione di atleti ed atlete esami-nata non è stato rilevato il polo estremodella picnomorfia. Nella figura 5 vengono rappresentatiesempi di espressione di tipologie lepto-morfiche, di tipologie tipicamente da atle-ta e metromorfiche di atleti di età da 18 a20 anni. Nei tre atleti sono ben riconosci-bili non soltanto le differenze nell’indicemetrico, ma anche nel BMI, nell’indice diRohrer e nella somma delle pliche cuta-neee.

Valori dello sviluppo dei tipi dicostituzione fisica, dipendenti ed indipendenti dall’età

Per quanto concerne la loro dipendenzadall’età, se ci si serve degli andamenti per-centili, gli indici antropometrici possonoessere differenziati in due gruppi. Da unlato troviamo indici che non subisconocambiamenti con l’età e dall’altro indiciche cambiano notevolmente. Per questiultimi, proprio perchè dipendono dallo svi-luppo, i valori debbono essere valutati rife-rendoli ad uno standard di età, conside-rando il grado di maturazione. L’indice diQuetelet, il BMI ed anche l’indice plasticomostrano notevoli cambiamenti con l’età(figura 6). Nel caso di quegli indici che

625600

575

550

525

500475

450

425

400375

350

325

300

275250225

200175

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

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70

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6

P3P10P25P50P75P90P97

P3P10P25P50P75P90P97

P3P10P25P50P75P90P97

Andamento dell'indice di Quetelet in relazione all'età/MASCHI

Andamento del BMI con in relazione all'età/MASCHI

Andamento dell'indice plastico in relazione all'età/MASCHI

Figura 6 – Andamento dei percentili di indici costituzionali (indice di Quetelet, BMI ed indice pla-stico) chiaramente dipendenti dallo sviluppo (n = 2.075)

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subiscono modificazioni relativamentescarse rispetto all’età, sono tempestiva-mente individuabili condizioni costituzio-nali determinate geneticamente. Cambia-menti relativamente scarsi si possono rile-vare non solo nell’indice metrico, maanche nell’indice di Rohrer (figura 7).Anche la somma delle pliche cutanee sidifferenzia in relazione con lo sviluppo.Però, in relazione all’età, mostra un incre-mento di scarsa entità nella popolazionemista di atleti e di atlete.

Percentili nei gruppi d’età ed importanza del loro andamento

Lo sviluppo della costituzione fisica indivi-duale, in quasi tutti i casi, si distribuisce indeterminate fasce di percentili, cioè simuove entro determinati “canali”. Ladistribuzione nella popolazione è forte-mente compartimentata, per cui ci sidovrebbe aspettare anche una dipendenzadal tipo di costituzione fisica. Nella figura8 vengono mostrati due andamenti tipicidei percentili.Un’uscita da questi canali (figura 9)durante lo sviluppo deve essere considera-ta con estrema attenzione. Negli anda-menti mostrati nella figura, si può prova-re che vi è una drastica diminuzione delBMI in atlete con chiare sintomi anoressici,anche se non viene superata la nota sogliacritica di 18 e le percentuali di grasso(somma delle pliche cutanee) ancora nonpermettevano di individuare cambiamentiimportanti. Invece in una costituzionechiaramente leptomorfa (Im nella figura 8)troviamo un BMI molto basso e, tuttavia,individualmente, del tutto normale, infe-riore ad un valore di 18, con percentuali digrasso, stato di maturazione e alimenta-zione corretta. Questi casi mettono chiaramente in evi-denza che non sono le tipologie costitu-zionali estremamente esili e snelle ad esse-re minacciate dal pericolo di anoressia, ma,ed in misura nettamente maggiore, letipologie costituzionali metromorfiche.Infatti, chi presenta questo tipo di costitu-zione si orienta su un’immagine ideale dimagrezza che non risponde allo standarddi questo somatotipo. Per queste ragioni,esiste un notevole pericolo che si presenti-no disturbi alimentari.

Una diversa tipologia metrica è legataanche a diverse tendenze medie nellamassa corporea e nella composizionedel corpo

Il confronto dei dati antropometrici ditipologie costituzionali diverse confermal’ipotesi che l’indice metrico rappresenti unparametro di riferimento essenziale per la

1,9P3P10P25P50P75P90P97

Andamento dell'indice di Roher in relazione all'età/MASCHI

1,8

1,7

1,6

1,5

1,4

1,3

1,2

1,1

1,0

0,9

0,8

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

-2,5

-2

-1,5

-1

-0,5

0

0,5

1,0

Andamento dell'indice metrico in relazione all'età /MASCHI

P3P10P25P50P75P90P97

Figura 7 – Andamento dei percentili di indici costituzionali (indice di Rohrer, indice metrico) checambiano in modo insignificante in relazione all’età

28

Andamento del BMI in relazione all'età /MASCHI

26

24

22

20

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129 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

P3P10P25P50P75P90P97lmmm

Figura 8 – Andamento individuale dello sviluppo di atlete con un diverso indice metrico (lm: lepto-morfo; mm: metromorfo)

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valutazione di tutti i rapporto massa cor-porea-statura come anche per la sommadelle pliche cutanee. Nel somatotipo forte-mente leptomorfo il BMI, gli indici di Que-telet e di Rohrer, come anche la sommadelle pliche cutanee mostrano valori signi-ficativamente inferiori rispetto al somato-tipo metromorfo. Le figure 10-13 ne forniscono alcuniesempi. Negli atleti e nelle atlete adole-scenti ed adulti, la differenza media dellepercentuali di grasso tra i maschi lepto-morfi e metromorfi è del 3% (leptomorfo:8,3; metromorfo: 11,3 %) mentre nellefemmine è di circa il 4 % (rispettivamente10,3 e 14,3 %). Ciò vuole dire che, l’atletaleptomorfo deve, normalmente, presentareil 3% di grasso in meno, rispetto all’atletametromorfo. Nel caso di atleti picnomorfiquesta percentuale si rivela ancora mag-giore. I risultati relativi alle atlete portanoalle stesse conclusioni.

28

Andamento del BMI in relazione all'età/FEMMINE

26

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129 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

P3P10P25P50P75P90P97maksel

Figura 9 – Andamento anormale nell’andamento dello sviluppo del BMI. Andamento individualedello sviluppo del BMI con caratteristiche anoressiche in due atlete metromorfe (mak, sel)

26

24

22

20

18

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14

1210-11 17-19 10-11 17-19 17-1910-11

Leptomorfo Da atleta Metromorfo

BMI delle diverse tipologie costituzionali/MASCHI

26

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22

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18

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14

1210-11 17-19 10-11 17-19 17-1910-11

Leptomorfo Da atleta Metromorfo

Andamento del BMI in relazione all'età/FEMMINE

1,6

1,5

1,4

1,3

1,2

1,1

1,0

0,910-11 17-19 10-11 17-19 17-1910-11

Leptomorfo Da atleta Metromorfo

Indice di Roher delle viverse tipologie costituzionali/FEMMINE

150Leptomorfo

Somma delle pliche cutanee delle diverse tipologie costituzionali/FEMMINE

Da atleta Metromorfo

140

130

120

110100

90

80

70

6050

4030

10-11 17-19 10-11 17-19 10-11 17-19

Figura 10 – Confronto tra il BMI di atleti con tipologie costituzionalidiverse tra le classi di età 10/11 e da 17 a 19 anni

Figura 11 – Confronto tra il BMI di atlete con tipologie costituzionalidiverse tra le classi di età 10/11 e da 17 a 19 anni

Figura 12 – Confronto tra l’indice di Roher di atlete con tipologie costi-tuzionali diverse tra le classi di età 10/11 e da 17 a 19 anni

Figura 13 – Confronto le somme delle pliche cutanee di atlete con tipo-logie costituzionali diverse tra le classi di età 10/11 e da 17 a 19 anni

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Discussione e conclusioni pratiche

I risultati che abbiamo presentato confer-mano la pluralità e le differenze di tipolo-gie costituzionali nella popolazione degliatleti di vertice. Utilizzando il metodo diConrad (1963) ed allargando il sistema dicoordinate da lui sviluppato, è stato possi-bile oggettivare i diversi caratteri somato-tipici e rappresentarli chiaramente, inmodo tale da informare gli atleti. Il tipo dicostituzione fisica sembra rappresentareun elemento orientativo per la capacità diprestazione nei singoli sport e disciplinesportive. Naturalmente, vi sono moltissimiesempi nei quali, anche nel caso di tipi dicostituzione fisica sfavorevoli per specifi-che richieste di movimento è possibileottenere risultati di livello elevato. Unapossibile spiegazione viene fornita dallepossibilità di compensazione, grazie acapacità motorie particolari, che si trovanosoprattutto in quegli sport nei quali perottenere risultati elevati è necessariaun’ampia serie di condizioni fisiche emotorie. Le prestazioni sportive, la capa-cità di carico e la costituzione fisica non sibasano solamente sugli aspetti biomecca-nici del movimento, ma anche su variepossibilità fisiologiche. Ciò è dimostratodagli esempi delle atlete in età adolescen-ziale od adulta, nelle quali una costituzio-ne estremamente leptomorfa si rilevasoprattutto nelle atlete praticanti ginnasti-ca ritmica, mentre quella estremamenteiperplastica si presenta nelle atlete dellediscipline di lancio dell’altetica leggera.Sulla base dei valori antropometrici, rica-vati dallo studio di una popolazione mistadi atleti e di atlete e dagli studi longitudi-nali, elaborati in base alla casistica indivi-duale, è stato possibile stabilire che gliindici della costituzione fisica si comporta-no in modo diverso rispetto all’età ed allostato di maturazione. Ciò richiede orienta-menti adeguati, sia per l’interpretazionesia per la previsione dello sviluppo deifuturi parametri di stato. Per ciò cheriguarda l’età infantile e l’adolescenza, èstato possibile provare che i valori dellastatura e della massa corporea, gli indici dimassa corporea relativa (indice di Quetelet,BMI), come anche l’indice plastico dipen-dono notevolmente dalla stato di matura-zione. Invece l’indice di Roher ed, in parti-colare, l’indice metrico, variano solo inmodo irrilevante con l’età e la maturazio-ne. Soprattutto l’indice metrico, che è indi-pendente da una differenza di massa cor-porea e che, quindi, è indipendente dalcomportamento alimentare, può essereutilizzato per la valutazione dell’espressio-ne di quelle caratteristiche costituzionaliche sono determinate, prevalentemente,

da fattori genetici. Quindi possono essereindividuate precocemente quali sono letendenze individuali innate di crescita,legate alla tipologia costituzionale. Però,per la precisione delle misurazioni e dellerelative valutazioni è necessario considera-re le modificazioni strutturali dell’apparatolocomotorio e posturale, come, ad esem-pio, una notevole cifosi del tratto toracicodella colonna vertebrale provocata dallasindrome di Scheurmann, oppure unaccentuato torace ad imbuto. È importanteanche la precisione delle misurazioni, chedevono essere, assolutamente, eseguite dapersonale qualificato e con larga esperien-za in materia.Abbiamo presentato alcuni esempi diandamenti percentili, da noi elaborati, deivalori antropometrici relativi alla popola-zione mista di atleti e di atlete. Questivalori ci dimostrano che, rispetto agliandamenti percentili relativi a diversericerche sulla popolazione normale, le dif-ferenze si riferiscono soprattutto agli indi-ci che riguardano il rapporto massa corpo-rea/statura. Le curve degli andamenti per-centili si prestano ad una valutazione lon-gitudinale individuale per il giudizio sullosviluppo normale o deviante dalla norma.Si consiglia, soprattutto, di utilizzare gliindici metrico e plastico, come anche quel-li che si riferiscono al rapporto massa cor-porea/statura e la somma delle plichecutaneee.Sia per ciò che concerne le possibilità diindirizzare verso certi sport, come ancheper la valutazione della relazione massacorporea/statura ed i relativi consigli, èindispensabile valutare la normalità dellaforme del corpo rispetto alla tipologiacostituzionale. In tutte le classi d’età chesono state oggetto della ricerca, quando sirilevavano differenze nell’indice metrico, si

è confermata l’esistenza di differenzesignificative nal rapporto massa corpo-rea/statura e nella somma delle plichecutanee. Un atleta estremamente lepto-morfo può chiaramente possedere unamassa corporea relativamente bassa edanche una somma minore delle plichecutaneee. Se si conosce quale deve esserel’espressione individuale della tipologiacostituzionale è possibile limitare errori divalutazione e le conseguenze che sipotrebbero incontrare nella pratica, sopra-tutto per quanto riguarda il tentativo dicambiamento della massa corporea, per-chè essa non corrisponde all’ideale dicorpo voluto. Se il somatotipo divergenotevolmente da quello favorevole allosport praticato, ad esempio, potrebbeessere impossibile ottenere la strutturafisica voluta attraverso restrizioni alimen-tari. Soprattutto in queste condizioni,insorge il pericolo di disturbi psicologici odaddirittura rischi per la salute, come dimo-strato dall’andamento del BMI nelle dueatlete metromorfe con sintomi di anores-sia della figura 9. Ad esempio, se si osser-vano le atlete della ginnastica ritmica chesono molto magre, arriviamo a questeconclusioni: avere favorito, nella valuta-zione della prestazione di gara, atletemorfologicamente snelle ha sempre porta-to alla selezione di atlete con tipologiacostituzionale fortemente leptomorfica.Finora, nel quadro delle nostre numerosericerche, ci ha colpito un’atleta che giàmostrava un quadro clinico di anoressia(con valore del BMI inferiore al 3° percen-tile). Alcune altre atlete mostravanoespressioni di tipologie costituzionali limi-te che richiedevano consigli ed ulterioriosservazioni. Solo raramene furono rileva-te percentuali di grasso troppo basse. Acausa della tipologia costituzionale estre-

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mamente leptomorfa che favorisce i risul-tati nella ginnastica ritmica, sia nell’ogget-tivazione della prestazione, ma anche perquanto riguarda il comportamento ali-mentare sono sfavorite quelle atlete il cuiindice metrico tende alla metromorfia.Perciò, accertare precocemente e corretta-mente, quale è la tipologia costituzionalepermette di fornire indicazioni tempestiveriguardo la disciplina sportiva più adatta. Tuttavia, un’espressione estrema dellatipologia costituzionale richiede osserva-zioni specifiche ed eventualmente unintervento tempestivo per garantire unosviluppo continuo, per assicurare unbuono stato di salute, la capacità di caricoe il miglioramento della prestazione spor-tiva. Le nostre esperienze indicano che, sesi vogliono evitare alterazioni nello svilup-po, un’attenzione particolare deve esserededicata alla fase di sviluppo infantile edalla prima metà della fase puberale. Le nostre osservazioni hanno dimostratoche il rischio che si producano disturbi ali-mentari esiste proprio quando il tipo dicostituzione fisica, geneticamente deter-minato, diverge notevolmente da quellodesiderato di un aspetto notevolmenteleptomorfo o maggiormente ipoplastico.Quando il desiderio di raggiungere unadeterminata massa corporea contrasta conle condizioni della tipologia costituzionalesi possono sviluppare rapidamente altera-zioni pericolose per la salute. Perchè ciòavvenga, non è assolutamente necessarioche i valori del BMI od anche le sommedelle pliche cutanee, nelle fasi critichedello stato già raggiunto, siano al di sottodella norma. Invece, un somatotipo forte-mente leptomorfo può presentare un valo-re del BMI che nel suo andamento è aldisotto della norma, sebbene grazie alcontinuo processo di sviluppo e ad unaalimentazione sufficiente non possa essereformulata una diagnosi di anoressia.In linea di principio, l’intervento preventivopiù efficace consiste nell’individuare edeliminare le cause di alterazioni della salu-te od i loro stadi iniziali. L’occasione perl’accertamento delle cause dovrebbe essererappresentata da un segnale oggettivoabbastanza tempestivo. Soprattutto nellosport, la valutazione delle caratteristichecostituzionali (cioè degli indici antropome-trici) offre possibilità concrete di orienta-mento. Quindi, soprattutto ai fini di pre-venzione di alterazioni della salute, duran-te la crescita o nell’età puberale, comestrumento di diagnosi di base si può consi-gliare di ricorrere all’antropometria, tenen-do conto della tipologia costituzionale.Durante l’allenamento svolto in età infan-tile o nell’adolescenza per valutare lacapacità di carico sono importanti (Fröh-ner, Wagner 1996):

• l’individuazione di quei segnali caratteri-stici dello sviluppo somatico che indicanosoprattutto l’inizio, l’andamento e la faseconclusiva dello sviluppo puberale, perpoterne desumere le future caratteristichefunzionali;• l’individuazione di scostamenti dallanorma nello sviluppo somatico rispettoalla popolazione della stessa classe d’età estato di maturazione ed individuazionedelle cause ai fini di un intervento;• il rilevamento del rapporto tra massacorporea e statura, della composizione delcorpo e la loro valutazione.I risultati che abbiamo presentato, amplia-no le indicazioni di ordine pratico relativealla valutazione dei parametri di statoattuali degli atleti e delle atlete. Infatti, allerilevazioni abitualmente in uso andrebbeaggiunta:• l’individuazione della tipologia costitu-zionale, in particolare dell’indice metrico.Per la valutazione della normalità, abitual-mente, si ricorre a determinate categoriedi riferimento. Una di queste è la già ricor-data età cronologica. Da tempo sono notie sono utilizzati i percentili di aumentodella statura e della massa corporea (adesempio, Prader et al. 1985). L’ampiezza divariazione di questi valori è notevole, intutti i gruppi di età, e va da stature emasse corporee basse o scarse a quellemolte elevate. Però, servirsi come criterioorientativo di base dei valori che rappre-sentano la norma per le varie classi d’età,non è assolutamente sufficiente per riusci-re a fornire giudizi sulle cause di fenomeniestremi e tanto meno sui necessari inter-venti. Né è sufficiente per potere fare pre-visioni che riguardano lo sviluppo. Se sivogliono formulare valutazioni affidabili,occorre ricorrere a categorie di indici conorientamento più ampio, che non sonoquelli previsti dagli attuali criteri orientati-vi di base.Per la valutazione e la previsione della sta-tura, la categoria di indici ulteriori, chepuò fornire orientamenti supplementaridurante la fase della crescita, è rappresen-tata dalla maturazione e dall’età biologica.Se si valuta lo stato di sviluppo biologico sipossono formulare giudizi sui temporaneiscostamenti dalla norma nello sviluppo(fenomeni di ritardo o di accelerazione) e,quindi, sul cambiamento della dinamicadella crescita e sulla possibilità che essacontinui. E questa valutazione permetteanche di prendere decisioni corrette sugliulteriori metodi di valutazione che si ren-dessero necessari.Quanto abbiamo esposto è rivolto a sensi-bilizzare sul fatto che i valori standardvalidi per un gruppo di popolazione, adesempio quelli relativi al BMI, assumonogrande importanza ai fini di un orienta-

mento pratico, in quanto permettono didescrivere fenomeni di un certo tipo. Però,spesso, non sono sufficienti per formulareuna valutazione concreta, anche nel casodi un BMI che si trovi nella fascia normaleper quell’età. Se si vuole ottenere la for-mulazione di valutazioni quanto più con-crete ed più attendibili possibile e che ten-gano conto dell’individualità degli atleti edelle atlete, è essenziale considerare latipologia costituzionale.

Traduzione di F. Perini da Leistungssport, 1,2002, 33-40. Titolo originale: Körperbau undSport unter Beachtung des Körpergewicht. Gli Autori: dott.ssa G. Fröhner, medico sportivopresso l’Istituto di scienza applicata all’allena-mento, Lipsia; dott. K. Wagner, collaboratorescientifico dell’ l’Istituto di scienza applicataall’allenamento, LipsiaIndirizzo: Institut für Angewandte Trainingswis-senschaft, Marchnerstr. 29, 04109, Lipsia.

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Domande e rispostesulla produzione ed il destino del lattatodurante e dopo ilcarico fisico. Conseguenze delsuo accumulo sulla funzione muscolare

Lattato ed esercizio: miti e realtà

Georges Cazorla, Facoltà di Scienze dello sport e dell’educazione fisica, Università Victor Ségalen-Bordeaux 2Cyril Petibois, Facoltà di Scienze dello sport e dell’educazione fisica, Università di Poitiers Luc Léger, Dipartimento di cinesiologia, Università del Quebec, Montréal

Ciascuna delle due parti,nelle quali è diviso questolavoro viene presentatasotto forma di domande,alle quali si cerca di daredelle risposte critiche,esprimendo anche riservesu teorie, talvolta troppofrettolosamente accettate,che riguardano gli effettidell’acido lattico. La primaparte, riguarda, essenzial-mente, lo studio della pro-duzione e del destino dellattato durante od al ter-mine di un carico fisico epermette di giustificare lecritiche espresse su alcunipregiudizi che interessanogli effetti del lattato, sulconcetto di soglia anaero-bica lattacida e sulle teorieche ne sono alla base. Laseconda parte è molto piùorientata sulle ipotetiche,ma non provate, conse-guenze dell’accumulo diacido lattico sulla funzionemuscolare. E ci si chiede seattualmente sia ancorasostenibile che la glicolisilattacida abbia un cattivorendimento, che l’accumulodi lattato provochi fatica,crampi ed altri eventi dolo-rosi muscolari tardivi.

Foto: BRUNO

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Prima parte

1.1. Acido lattico o lattato: quale la differenza?

Durante la contrazione muscolare, la con-tinua reiterazione della formazione e dellarottura dei ponti acto-miosinici richiedeenergia, che viene liberata dall’idrolisi del-l’ATP (equazione 1) che è presente inquantità molto limitata nel muscolo (circa4-6 mM . kg-1 di muscolo), appena suffi-ciente per una partenza di una corsa divelocità.

Equazione 1:

(da 30,5 in condizioni standard a 50kJ .mol-1 nelle condizioni cellulari) dove ATP2:adenosin-trifosfato; ADP: adenosina difo-sfato; Pi, fosfato inorganico)Si noti la formazione di un protone H+ dal-l’ATP idrolizzato.Quindi, perché si possa continuare in unesercizio muscolare è necessaria la sintesidelle molecole di ATP man mano che ven-gono idrolizzate. Ciò viene realizzato nellevie metaboliche: l’idrolisi della fosfocreati-na, la glicolisi (catabolismo del glucosio) ela glicogenolisi (catabolismo del glicogeno)che si svolgono nel citosol senza utilizza-zione diretta dell’ossigeno, ed infine lefosforilazioni ossidative che si svolgononei mitocondri.Durante esercizi intensi e di breve durata(ad esempio: 100, 200, 400 m di corsa), laglicogenolisi anaerobica, fortemente solle-citata, permette che da una molecola diglicogeno si sintetizzino tre ATP, formandodue molecole di lattato.In vitro, in assenza di ossigeno e per fer-mentazione, una mole di glucosio (C

6H

120

6)

viene trasformata in due moli d’acido latti-co (CH

3-CHOH-CO

2H) con una liberazione

d’energia ∆G0 di -197 kJ . mol-1 (equazione2). Al pH intramuscolare (che può variareda 7,05 a 6,1), la molecola d’acido lattico,la cui costante di dissociazione (pKa) èabbastanza debole (3,86) viene interamen-te dissociata in un protone (H+) ed in unanione, cioè il lattato (equazione 3).

Equazione 2:

Equazione 3:

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Visto che i protoni, in parte, vengono cap-tati dei diversi sistemi tampone cellulari(composti fosfatici, aminoacidi...) ed ema-tici (proteine plasmatiche, emoglobina,bicarbonato...), il pH varia scarsamentemalgrado le forti sollecitazioni della glico-genolisi.

Osservazione. Dunque è legittimo chiedersi:è così negativo produrre acido lattico (lat-tato) come viene spesso affermato?

Maggiore è la concentrazione di lattato,maggiore è il numero delle molecole diATP che sono state sintetizzate e, quindi,più intenso è stato il lavoro muscolare.Così, Lacour et al. (1990) hanno dimostra-to una forte correlazione tra la lattacide-mia e la prestazione sui 400 m. Non èaffatto un caso che il ghepardo, che è ingrado di correre a 100 km . h-1 sia ungrande produttore di lattato e che gli atletiche riescono meglio negli esercizi brevi (da10 s a 5 min) sono quelli che producono

più lattato (Lacour et al. 1990) e, di conse-guenza, forniscono una quantità maggioredi energia per unità di tempo ai loromuscoli, attraverso la glicogenolisi. Ciòavviene grazie alla velocità di risintesi del-l’ATP attraverso la glicogenolisi che èmolto più rapida della fosforilazione ossi-dativa e può essere attivata in pochisecondi (Brooks et al. 1996; Spriet et al.2000). Quindi, la glicogenolisi anaerobicapermette che l’organismo si adatti a quellesituazioni che esigono un aggiustamentorapido e notevole del dispendio energetico.Infatti, Hultman et al. (1991) hanno potu-to osservare un aumento molto significati-vo della lattacidemia già dopo 6 s di eser-cizio, mentre la produzione di ATP attra-verso la via aerobica richiede vari minutiper aggiustarsi all’aumento improvvisodella richiesta di energia.

1.2. Cosa avviene del lattato?

Durante un esercizio intenso e breve, il lat-tato si accumula nel citosol. Una parte, inequilibrio con il piruvato, viene ossidatanel mitocondrio (Brooks et al. 1999; Glad-den 2000), mentre il resto viene trasporta-to attraverso il sarcolemma, fuori dallafibra muscolare, nello spazio interstiziale enei capillari sanguigni (Brooks, Fahey1984; Brooks 2000). Una volta trasportatonel sangue, il suo destino è vario: unaparte viene ossidata nel miocardio esoprattutto dalle fibre ossidative (ST) deigruppi muscolari non impegnati o pocosollecitati; un’altra parte viene utilizzatacome precursore della neoglicogenesi epa-tica e, quindi, ricostituisce il glucosio (cfr.la figura 1a).

C6H1206 → CH3-CHOH-CO2H glucosio acido lattico

(∆G0 = – 197 kJ . mol-1)

a pH ≤ 7 : C3H6O3 → C3H5O3 + H+

acido lattico lattato protone(anione)

ATP2 + H2O → ADP + Pi + H++ energia

In conclusione, quando si parla dell’e-sercizio muscolare, è più giusto parlaredi lattato che di acido lattico e sottoli-neare che il lattato non rappresentaaltro che la testimonianza di una produ-zione dell’ ATP attraverso la glicogenolisie/o la glicolisi. E si tratta anche di untestimone impreciso, visto che il lattatopresente nel muscolo o nel sangue rap-presenta il residuo della sua produzione,una volta eliminata quella sua parte cheviene metabolizzata durante i processiche si svolgono contemporaneamente(cfr. la successiva domanda).

GLICOGENO

PIRUVATO

LATTATO

OSSIDAZIONE

CAPILLARI(Lattacidemia)

O2Mitocondrio

Ambiente interstiziale

Cellula muscolare

H+

CO2

CO2

ADP ATP

CIT

NADNADH

ADP

ATP (+3)

CK

ESERCIZIO INTENSO

Figura 1a – Produzione e metabolismo del lattato durante esercizio intenso e di breve durata(400, 800 m di corsa)

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Se l’intensità dell’esercizio diminuisce(recupero attivo) o se l’esercizio vieneinterrotto (recupero passivo), il tasso diossidazione e di neoglicogenesi epaticaaumentano, mentre nella cellula, grazieall’intermediazione della lattato deidroge-nasi (LDH) il lattato viene ossidato a piru-vato. Una parte del piruvato di nuova for-mazione viene trasportato fuori dalla cel-lula, quindi, attraverso la via ematica, rap-

presenta anche un precursore della neogli-cogenesi epatica. Un’altra parte vienetransaminata in alanina che, trasportatadal muscolo verso il sangue e disaminata alivello epatico, segue lo stesso destino dellattato e del piruvato. Infine, sempre nellacellula, la percentuale maggiore del piru-vato di nuova formazione viene ossidatanel mitocondrio, dove contribuisce allarisintesi dell’ATP (cfr. la figura 1b).

Globalmente, se si fa un bilancio di ciò cheavviene del lattato durante l’esercizio, trequarti della sua produzione vengono ossi-dati, mentre l’altro quarto è destinato aricostituire le riserve del glicogeno epatico(cfr. figura 2).Allora, occorre notare che la lattacidemianon rappresenta altro che la testimonian-za, indiretta ed incompleta della produzio-ne cellulare di lattato. Essa riflette soprat-tutto la risultante della quantità prodottain entrata (cellula → ambiente interstiziale→ sangue) e quella in uscita (sangue →miocardio → fegato, muscoli). Quando laseconda è superiore alla prima si ha dimi-nuzione; ciò corrisponde a quanto avvienequando l’esercizio viene sospeso. General-mente, dopo un recupero di un’ora e tren-ta, si ritrova la concentrazione iniziale ariposo (da 1 a 2 mmol · l-1). Quando sonouguali, come avviene in un esercizio aero-bico, si ottiene uno steady state che, nor-malmente va da 6 a 8 mmol · l-1. Infinequando la prima è superiore, come avvienein un esercizio intenso, l’accumulo del lat-tato ematico assume una forma esponen-ziale, che è all’origine della ricerca dellasoglia, o delle soglie anaerobiche.

1.3. Quale significato deveessere dato alle soglie anaerobiche (SA) ?

Una soglia rappresenta un: “valore limite ilcui raggiungimento condiziona la compar-sa di un determinato fenomeno” (Devoto-Oli) ed “anaerobico” significa “senza aria”,cioè senza ossigeno, situazione che puòessere creata in vitro, ma non corrispondea quello che si osserva in vivo. Di conse-guenza, la SA dovrebbe delimitare duezone: una al di sotto di un limite (che puòessere una potenza, una percentuale dellamassima potenza aerobica, una velocità,una percentuale della massima velocitàaerobica, una FC, una percentuale dellamassima frequenza cardiaca, un consumod’ossigeno (V

.O

2max), una percentuale del

V.O

2max) con caratteristiche essenzialmen-

te aerobiche e l’altra, al di sopra di questolimite, con componenti essenzialmenteanaerobiche, che comportano un accumu-lo del lattato.Se questa teoria corrisponde alla realtà,allora l’allenatore avrebbe a disposizione iriferimenti oggettivi necessari per gestireindividualmente le intensità di allenamen-

O2

GLICOGENO

ALANINA

PIRUVATO

LATTATOCAPILLARI

(Lattacidemia)

CO2

CO2H+

NH2

Mitocondrio OSSIDAZIONE

CKADP ATP

CIT H2

FegatoNEOGLICOGENESI

Altri muscoliOSSIDAZIONE

MiocardioOSSIDAZIONE

Rene

Cellula muscolare

Glucosio

H2

H2O

RECUPERO

Figura 1b – Produzione e metabolismo del lattato nel corso di recupero attivo e passivo

LATTATO

CHE SUCCEDE AL LATTATO?

ELIMINAZIONEtrascurabile

OSSIDAZIONE≈ 3/4

GLICOGENESI≈ 1/4ATTRAVERSO:

* i muscoli scheletrici• le fibre muscolari che

lo hanno prodotto• le fibre muscolari

attigue (navetta)• le fibre muscolari

non impegnatedi altri distretti

* Il miocardio 10%

* I reni < 10%

ATTRAVERSO:

* il fegato• ciclo di Cori• ciclo dell'alanina-

glucosio

* I muscoli(indirettamente)

ATTRAVERSO:

* urina

* sudore

Figura 2 – Riepilogo della produzione e del destino del lattato, che mette in evidenza il suo ruolodi metabolita intemedio, potenzialmente ricco di energia

Perciò, il lattato non è quel “rifiuto” edancora meno quella “tossina che avvele-na il muscolo” come viene, talvolta,affermato. Esso rappresenta niente altroche un metabolita intermedio dal fortepotenziale energetico.

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to aerobica od anaerobica (cfr. figura 3).Ma come stanno esattamente le cose?

1. 3.1. All’inizio di un esercizio triangolare(modalità di definire un tipo specifico diesercizio all’interno di un determinato pro-tocollo, n.d.t.), la stabilità del lattato nelsangue corrisponde a condizioni solamen-te aerobiche? A quale potenza il muscolocomincia a produrre lattato?

I lavori di Green et al. (1983) mostranoche, ad una potenza che corrisponde al50% del V

.O

2max, che è inferiore alla

potenza alla quale si trova abitualmente laSA, la concentrazione del lattato muscola-re raggiunge le 4,5 mmol . l-1, mentre lalattacidemia non aumenta oltre i suoivalori a riposo: da 1,3 a 1,5 mmol . l-1

(figura 4). D’altro canto, i lavori di Connetet al. (1984), Christel et al. (1984) e Fukubaet al. (1989) mostrano che, in un esercizioad intensità progressiva, il muscolo produ-ce lattato fin dalle prime potenze di lavoroe successivamente la concentrazioneintramuscolare aumenta linearmente conle potenze successive.

L’assenza di modificazioni della lattacide-mia all’inizio dell’esercizio triangolare pro-babilmente è il risultato dell’interazione ditre fenomeni:

– del gradiente di concentrazione del lat-tato intramuscolare che è troppo scarso;

– della scarsa attivazione dei carrier mem-branali del lattato quando il gradientedel lattato è scarso. Infatti esistono pro-teine, scoperte recentemente (Rot,Brooks 1990, Bonen 2000), i MCT (MonoCarboxylate Transporter), che permetto-no il trasporto del lattato attraverso ilsarcolemma, dalle quali dipende la velo-cità di passaggio del lattato muscolareall’ambiente extra cellulare ed al sangue.

Tale velocità dipende dal livello di stimo-lazione dei carrier e dal numero di quellicoinvolti (Roth 1991);

– dalla diluizione di scarse quantità dellattato prodotto in un ampio spazioextra cellulare (Zouloumian, Freund1981) per cui, rispetto ai cinque litri disangue in circolo, le concentrazioni dilattato che vi giungono sono trascurabili.

1. 3. 2. La formazione e l’accumulo di lat-tato nel sangue è provocata dall’assenzadi ossigeno?

La glicolisi e la glicogenolisi non utilizzanodirettamente l’ossigeno, perciò vengonodefiniti “processi anaerobici” e portano allaformazione d’acido lattico; di qui il con-cetto “anaerobico-lattacido” che vienemenzionato così spesso. Tutto ciò è perfet-tamente verificabile in vitro. Ma in vivo?I lavori di Pernay et al. (1972), hannodimostrato che, globalmente, durante unesercizio massimale (cioè al V

.O

2max), a

livello dei muscoli sollecitati, la PO2

delsangue venoso che lascia i l tessutomuscolare non diventa inferiore ai 20 mmHg, mentre la lattacidemia aumenta note-volmente.I lavori di Chance e Quirstoff (1978), chehanno utilizzato tecniche micro spettrofotometriche, mostrano che, localmente,nella cellula muscolare, la PO

2minima,

necessaria per garantire un’attività massi-male della fosforilazione ossidativa è infe-riore a 0,5, addirittura a 0,1 mm Hg, men-tre qualche anno più tardi (1984) Connetet al. che avevano utilizzato le stesse tec-niche non trovarono alcun gradiente diPO

2perimitocondriale ed alcun sito dove la

PO2

era inferiore a 2 mmHg nel muscologracile del cane, stimolato in modo sovra-massimale in situ. Dunque, questi risultatisono da 4 a 20 volte superiori alla PO

2cri-

tica determinata da Chance, Quirstorff(1978).

Lam, mmol/l Las, mmol/l

4,5

50%

1,5

50%Potenza (%VO2max) Potenza (%VO2max)

MUSCOLO SANGUE

Figura 4 – Confronto tra la concentrazione di lattato prodotta dal muscolo rispetto a quella checompare nel sangue nello stesso istante. Al 50% del V

.O2max dal muscolo vengono prodotte 4,5

mmoll . l-1, mentre la lattacidemia varia scarsamente rispetto al suo valore a riposo

Perciò, non si deve arrivare alla conclu-sione che vi sia una assenza di produzio-ne di lattato, partendo dalla assenza diuna modificazione della lattacidemiaall’inizio del test triangolare. Dunque,non esiste una potenza soglia al di sottodella quale il muscolo non produce latta-to ed al di sopra della quale lo produce.

Di conseguenza: malgrado la produzio-ne e, soprattutto, l’accumulo di lattato,il muscolo scheletrico, anche quandolavora a potenze elevate (≥ V

.O

2max) non

è mai in ipossia, nè globalmente, nèlocalmente. Contrariamente a quantoviene spesso affermato, non è l’assenzadi ossigeno che provoca l’accumulo dilattato, in quanto vi è sempre più ossi-geno della quantità massimale che puòessere utilizzata dal muscolo. Per cui, lateoria che sta alla base della sogliaanaerobica, secondo la quale il muscoloproduce lattato perché al di là di unacerta potenza soglia è in ipossia, non èsostenibile.

Potenza, % PA max, velocità, % VA max, Fc, % Fc max, VO2 o % VO2 max

LA, m

mol

. l-1

AEROBICOSENZA LATTATO?

ANAEROBICOACCUMULO DI LATTATO?

SA

Figura 3 – Ipotesi della definizione di una soglia anaerobica sulla curva della lattacidemia, otte-nuta durante un esercizio con protocollo cosidetto triangolare

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Ipotesi: l’accumulo intracellulare di lattatopotrebbe essere dovuto alla concomitanzadi due fenomeni:1. la differenza tra l’attività enzimaticamassimale della lattatodeidrogenasi (121micromoli . min-1 . g-1) rispetto alle possibi-lità ossidative mitocondriali e quella dellachetoglutarato deidrogenasi (2 micromoli .min-1) che sono enzimi che limitano il flus-so metabolico rispettivamente della glico-lisi e dell’ossidazione. Questa differenza di60 volte a favore della lattatodeidrogenasipotrebbe spiegare l’accumulo di lattato aldi là delle possibilità di ossidazione dellafibra, malgrado la presenza d’ossigenosuperiore alla capacità dell’attività enzima-tica massimale del ciclo di Krebs. Quindi, inun allenamento della resistenza aerobica,che aumenta il numero e le dimensioni deimitocondri e con essa la concentrazionedegli enzimi ossidativi, è possibile spiegareperché, alla stessa intensità, si accumulameno lattato. 2. il livello di attivazione ed il numero diproteine MTC, che permettono il trasportoattraverso le membrane del lattato versol’ambiente extra-cellulare (Pilegaard et al.1993). Mc Dernott, Bonen (1993), dal cantoloro, hanno mostrato come l’allenamentodi resistenza possa aumentare il trasportodel lattato attraverso la membrana mole-colare, contribuendo così ad un suo mino-re accumulo a livello intracellulare.Infine, segnaliamo che la velocità di tra-sporto del lattato attraverso le membranedipende dal tipo di fibre muscolari. Le fibreossidative sono quelle che presentano lavelocità più elevata, mentre questa capa-cità diminuisce con l’età (Juel et al. 1991).Ciò può spiegare anche perché il picco dellattato ematico post-esercizio si presentapiù precocemente in un esercizio aerobicoe nei soggetti più giovani.

1.4. Quale validità si può attribuire al concetto di soglia anaerobica?

La validità della SA può essere messa indiscussione non soltanto dal punto di vistodelle teorie erronee che ne sono alla base,ma anche per:

1. 4. 1. il numero delle tecnichein grado di determinarla:

un totale di trentaquattro repertoriate daLéger, Tokmakidis (1987: 19 invasive e 15non invasive!) Per cui, sulla stessa curvache determina la lattacidemia durante unesercizio triangolare, è possibile ottenere10 diverse SA! Per definire arbitrariamente un punto, laSA, su un continuum fisiologico, alcunihanno dato prova di molte capacità imma-

ginative e speculative, per cui possiamoprendere a prestito questa battuta di Péro-nett (1995): “Indubbiamente, se per scova-re la soglia anaerobica sono stati profusisforzi e tesori d’immaginazione, può essereche non essere riusciti a trovarla sia ancheconsiderabile come una prova cheforse...non esiste”;

1. 4. 2. la mancanza di validità interna:

anche se si sceglie, arbitrariamente, unadella tecniche per determinare una SA,essa può variare in funzione:• di alcune manipolazioni sperimentali: adesempio, nello stesso soggetto, un dietaricca o povera di glucidi può spostare,rispettivamente, verso destra o verso sini-stra, la curva di aumento delle concentra-zioni ematiche di lattato e così spostare laSA (Maasen, Busse 1989);• dal livello di deplezione delle riserve di

glicogeno delle fibre muscolari sollecitate(Ivy et al. 1981; Hugues et al. 1982; Yoshi-da et al. 1984). Per cui, un atleta che si èsottoposto ad un notevole allenamentodella resistenza aerobica il giorno prima diuna valutazione, è molto probabile cheincorra in uno spostamento verso destradella sua curva del lattato ematico e quin-di della sua SA. Ciò non è affatto un indiceche ha migliorato il suo stato di allena-mento, ma semplicemente uno stato dideplezione del glicogeno dei muscoli solle-citati! Perciò, prima di ogni valutazioneche preveda lattacidemia, si dovrebbe rac-comandare un periodo di 48 ore di riposoed un regime dietetico equilibrato;• dai protocolli delle prove di valutazioneutilizzati. Così, la cinetica del lattato puòvariare a seconda dei protocolli: triangola-re, rettangolare o misto, con o senzapause, secondo la frequenza di pedalata,ecc....;

Rappresentazione schematica della formazione del lattato nel citoplasma cellulare

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1. 4. 3. dal livello di allenamento e dalla sua specificità:

se si sceglie la percentuale del V.O

2max che

corrisponde, ad esempio, ad una lattacide-mia di 4 mmol . l-1, secondo i dati dell’ab-bondante letteratura in materia, la SA a 4mml si troverebbe tra il 50 ed il 55% in unsoggetto sedentario, tra il 60 ed il 68% inun velocista, tra il 70 e l’80 in atleti di altrisport, soprattutto degli sport di squadra, etra l’85 ed il 92% negli atleti resistenti emolto resistenti. Se si escludono i velocisti,per i quali la ricerca di un’eventuale SAnon svolge un ruolo nella gestione delleintensità dell’allenamento, attualmentenessuno studio longitudinale permette didimostrare la fondatezza di allenarsi alivello di questa o quella soglia o comple-tamente senza soglia, in quanto le tecni-che per determinare le soglie sono cosìnumerose e le loro variazioni sono cosìnotevoli che, come succedeva per Mon-sieur Jourdan per la prosa (il protagonistadi una commedia di Moliére che si stupivadi parlare in prosa...senza saperlo, n.d.t.)per quanto riguarda l’allenamento ci siallena: “sempre sulla base di questa oquella soglia anaerobica lattacida (...)senza saperlo” (Péronnet (1995).

Comunque alcuni consigli: se, malgradotutto, una cinetica del lattato ematicorisulta utile per valutare lo stato di allena-mento di un atleta e seguire l’evoluzionedei suoi adattamenti fisiologici, è opportu-no ricordarsi che la lattacidemia dipende:

Per questa ragione, consigliamo di rispet-tare queste condizioni:

In queste condizioni, è possibile realizzareun controllo coerente, sovrapponendo piùcurve del lattato di uno stesso soggetto,ma non confrontare tra loro i risultati diuno o più soggetti.

Seconda parte

Spesso, visto che la glicolisi o la glicoge-nolisi permettono la sintesi di solo due otre molecole di ATP e sono accompagnatedalla produzione di lattato, si sottolinea illoro cattivo rendimento energetico ed illattato viene accusato di essere responsa-bile di tutti i mali muscolari immaginabi-li.... Ma come stanno le cose, esattamente?

2.1. La glicogenolisi ha realmente un cattivo rendimento energetico?

Il modello proposto da di Prampero, Fer-retti (1999) è quello che permette megliodi rispondere a questa prima domanda.Prendiamo una molecola di glicogeno:sappiamo che il suo potenziale energeticoè di 2 880 kJ. Il bilancio energetico del suocatabolismo in due molecole di lattatocorrisponde ad una spesa energetica di197 kJ che ha permesso la risintesi di 3molecole di ATP. Ora, nelle condizioni cel-lulari, la risintesi di una mole di ATP richie-de circa 50 kJ. Perciò il rendimento dellaglicogenolisi è :

(50 · 3) · 100/197 = 76%

mentre le molecole di lattato presentanoancora un potenziale energetico di 2 880 -197 = 2 683 kJ!Ora, utilizziamo lo stesso ragionamentoper confrontare la glicogenolisi al processoaerobico. L’ossidazione totale delle due

molecole di lattato che si sono formatepermette di risintetizzare 36 ATP e portaalla formazione di 6 H

2O e di 6 CO

2. L’ac-

qua ed l’anidride carbonica che si sonocosì formate non hanno alcun valore ener-getico e vengono eliminate a più o menobreve termine. Sono esse i veri rifiuti dellacombustione cellulare e non il lattato, lacui eliminazione è trascurabile. Il rendi-mento energetico dell’ossidazione delledue molecole di lattato è quindi:

(50 · 36) · 100/2 683 = 67%

di quasi il 10% minore della glicogenolisianaerobica.Notiamo, comunque che, secondo Murrayet al. (1995), in condizioni standard, lavariazione di energia libera dell’ATP è - 7,3kcal, ovvero - 30,5 kJ. Il rendimento dellaglicolisi anaerobica diventa 46,6% e nonpiù 76% e quello dell’ossidazione completadel lattato 41,1% e non più 67%.

2.2. Che ne è del suo rendimento meccanico?

Riprendiamo l’esempio di Péronnet (1995)di un atleta di alto livello che produce unamole di lattato alla fine di un 400 m o un800 m di corsa (che secondo Lacour et al.(1990) rappresenta una stima del tuttocorretta alla fine di questo tipo di corsa).Per produrre una mole di lattato, è statonecessario il catabolismo di 1/2 mole diglucosio, ovvero:

90 g di glucosio – 9 g d’acqua = = 81 g di glicogeno

Attraverso la glicolisi anaerobica può esse-re fornito, in un lasso di tempo da 2 a 3 s,il 100% di energia ed in circa 40 s puòessere formata 1 mole di lattato, che per-mette di estrarre 95,5 kJ per sintetizzare1,5 ATP (cfr. precedentemente: 197 kJ/2 =98,5 kJ) e fornisce una potenza di 98 500 J· 40 s_1= 2 463 W.Attraverso una via esclusivamente aerobi-ca, il 100% di energia viene fornito in circa2-3 minuti e sono necessari 67,5 l di O

2per ossidare completamente 1/

2mole di

glucosio. Tenendo conto dell’aggiustamen-to iniziale del VO

2, per un soggetto capace

di mantenere un V.O

2max di 5 l . min-1 (che

è molto rispettabile!) gli saranno necessaricirca quattordici minuti per ossidare que-sta 1/

2mole di glucosio. Ora, sappiamo che

il potenziale di 1/2

mole di O2

è 2 880 kJ =1 440 kJ, che corrisponde ad una potenzadi 1 440 000 J/840 s = 1 714 W.Inoltre, tenendo conto del relativo rendi-mento delle due vie metaboliche: 76% perquella anaerobica lattacida e 67% perquella aerobica, la differenza è ancora più

Per riepilogare questa prima parte, ognivolta che viene proposta una sogliaanaerobica lattacida è indispensabileporsi sempre queste tre domande:- di quale soglia si tratta?- su quale teoria si basa?- quali dati sperimentali permettono di

provare che è efficace per guidarel’allenamento ed ottenere risultatimigliori?

- dalla natura e dal tipo di allenamento;- dall’intensità e dalla durata dell’eserci-

zio (cioè dalla natura del protocollod’esercizio);

- dall’ampiezza della massa muscolarecoinvolta nell’esercizio;

- dalla qualità dei muscoli sollecitati edalle loro percentuali di fibre FT e STche li compongono;

- dall’età di chi viene valutato;- dalle sue riserve iniziali di glicogeno

muscolare, quindi dall’allenamento edal tipo di alimentazione precedenti lavalutazione;

- dal punto di prelievo del sangue.

- fare riposare il soggetto da valutarealmeno per 48 ore prima della valuta-zione;

- consigliargli una dieta mista equilibra-ta (evitare un apporto glucidico eleva-to);

- realizzare la prova sempre nello stessomomento della giornata;

- per eliminare il lattato prodotto dalleghiandole sudoripare, lavare con l’ac-qua il punto del prelievo, in quanto illattato è solubile in acqua, ed asciu-garlo bene;

- eseguire il prelievo sempre nello stessopunto e nello stesso momento dopol’esercizio;

- mantenere lo stesso protocollo e lostesso ergometro

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notevole, rispettivamente 2 463 . 0,76 = 1872 W e 1 714 . 0,67 = 1 148 W, ovverouna differenza di 724 W in favore della viaanaerobica, che vogliono dire il 63% inpiù.

2.3. La fatica è dovuta all’accumulo di lattato?

Chi non ha imputato all’acido lattico laresponsabilità della “tetanizzazione”muscolare e degli arti inferiori che si pro-ducono dopo un esercizio estremamenteintenso, come una corsa su 400 m? L’abi-tudine di parlare dell’acido lattico derivadal suo riferimento alla glicolisi in vitro,oppure alla normale concomitanza dellaproduzione di protoni H+ e di anioni di lat-tato in vivo. È la concentrazione di protonie non quella di lattato che interviene nelle

modificazioni acido-basiche e nelle altera-zioni omeostatiche che (...forse) sono all’o-rigine della fatica. “Di fatto, il lattato non èche il testimone innocente della presenzadei protoni” (Cailler et al. 1996) e sappia-mo come la maggior parte di essi sia ilrisultato dell’idrolisi dell’ATP (equazione 1)e non della glicolisi e della glicogenolisi,alle quali l’assenza totale di capacità diriassorbimento protonico della prima, o lascarsa capacità di tale riassorbimento dellaseconda, conferisce le proprietà acidifican-ti alle quali ci si riferisce nel tentativo dispiegare i fenomeni della fatica muscolare(Cailler et al. 1996). La velocità di accumu-lo dei protoni è una funzione diretta dellivello di attivazione della glicolisi (Gollnicket al. 1974) e dunque dell’intensità d’eser-cizio e del reclutamento progressivo dellefibre FT (Helal et al. 1987; Donovan,Pagliassotti 2000). L’acidosi metabolicache ne risulta viene considerata, da nume-rosi Autori, il fattore principale di fatica edi interruzione dell’esercizio intenso e dibreve durata, da 30 s a 5 min (Shalin1991). Per spiegare la fatica muscolaresono state avanzate diverse ipotesi. Ilmodello elaborato da Hermansen (1977),

che ne sintetizza le principali, è quello cheviene attualmente citato più spesso (figura5).Secondo questo modello, in vitro, l’accu-mulo di protoni H+ comporta un notevoleabbassamento del pH cellulare (7!6) cheinibisce l’attività dell’enzima regolatoredella glicolisi: la fosfofruttochinasi o PFK(Dobson et al. 1986). Questa inibizioneprovocherebbe l’arresto della glicolisi e diconseguenza l’arresto della sintesi dell’ATP(Hermansen 1981; Sahlin 1986) e, con ciò,una diminuzione della forza contrattile,sinonimo di incapacità funzionale. Semprein vitro, i protoni entrerebbero in conflittocon gli ioni calcio, impedendo loro di inte-ragire con i siti del calcio della troponina(Hermansen 1981; Inesi, Hill 1983; Metzer,Fitts 1987). In queste condizioni, non puòessere eliminata l’inibizione, esercitata ariposo, dal complesso troponino-tropo-miosinico sulla formazione dei ponti acto-miosinici: perciò non si potrebbe produrrela contrazione muscolare.Queste due possibili cause della diminu-zione funzionale, legata all’accumulo diprotoni H+, cioè alla diminuzione del pH,però non resistono ai dati sperimentali invivo. In effetti, l’inibizione della PFK vieneparzialmente eliminata quando si ricosti-tuisce l’ambiente intracellulare di unmuscolo attivo. Ad esempio, aggiungendofosfato inorganico (Pi) ADP, AMP ed unabassa concentrazione di fruttosio-6-fosfa-to (F6P), l’inibizione della PFK viene supe-rata, e si ritrova dal 70 all’80% della suamassima attività enzimatica (Dobson et al.1986).D’altronde, due studi recenti (Shalin, Ren1989; Arnold et al. 1994), che riguardanola competizione tra protoni e ioni calcio,sollevano attualmente un dubbio seriosulla fondatezza dei risultati ottenuti invitro per tentare di spiegare la diminuzio-ne della tensione muscolare concomitantecon una caduta dei pH! Da due a tre minu-ti di recupero sono sufficienti, affinché ilmuscolo possa recuperare la sua capacitàfunzionale, dopo interruzione per esauri-mento successiva ad un esercizio intensoche aveva provocato una notevole diminu-zione del pH (Sahlin, Ren 1989). Ora, ilcontrollo delle variazioni del pH attraversola risonanza magnetica nucleare mostranoche, per ritrovare il suo valore di riposo,sono necessari 10 min (Arnold et al. 1994).

Di conseguenza, contrariamente a ciòche si afferma talvolta, sia a livello bioenergetico sia a livello biomeccanico, laglicolisi anaerobica ha un rendimentonettamente superiore a quello della viaaerobica.

ESERCIZIO MUSCOLARE INTENSO

ACCUMULO DI PROTONI H+(idrolisi dell’ATP + glicolisi lattacida)

Attività della PFK

Glicolisi

Sintesi di ATP

Interazione Ca2+ — Troponina

Interazione Actina — Miosina

Tensione meccanica

Incapacità funzionale

Diminuzione del pH

Figura 5 –

Di conseguenza, sebbene l’acidosi siaconcomitante con la fatica muscolare el’incapacità funzionale, questi dati speri-mentali sembrano indicare che non visono relazioni da causa ad effetto tra lacaduta del pH e la diminuzione dellaforza contrattile.

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La forza muscolare rappresenta il risultatodel concatenarsi di numerose tappe neuromuscolari e metaboliche, durante le qualiun’alterazione dell’equilibrio acido-basicopuò provocare una disfunzione specifica,per cui sarebbe molto riduttivo pensare aduna sola causa della fatica, mentre questa,probabilmente, è il risultato dell’interazio-ne complessa di numerosi fattori. Attual-mente, non si sa, in maniera precisa inquale punto e come questa interazioneperturbi o rompa la catena della tappeneuro muscolari e/o metaboliche del lavo-ro muscolare nel caso di affaticamento.

2.4. È l’accumulo di lattato che provoca i crampi?

I crampi possono presentarsi contempora-neamente ad un forte accumulo di lattato,ma se vi fosse una relazione da causa adeffetto, ogni volta che si accumula lattatosi produrrebbero crampi. Per fortuna, ciònon succede nelle attività che comportanouna forte produzione di lattato come lecorse sui 400, 800, 1 500 m, i 100, 200 mdi nuoto od il chilometro od i 5 km nelciclismo. In esse, spesso, si rilevano lattaci-demie da 20 a 25 mmol . l-1 senza che gliatleti accusino crampi. Invece, in sportdove troviamo uno scarso accumulo di lat-tato, ad esempio il calcio o le corse su lun-ghe distanze (mezza-maratona, maratona)non è infrequente che gli atleti soffrano dicrampi. Inoltre, si può soffrire di crampidurante il sonno, nel momento in cui lalattacidemia è più bassa! Anche in lineateorica, al limite, un notevole accumulo diprotoni potrebbe spiegare un’inibizioneparziale della contrazione muscolare, manon una contrazione prolungata, come è ilcaso del crampo muscolare.

2.5. L’accumulo di lattato provoca indolenzimenti muscolari?

Come è il caso dei crampi, gli indolenzi-menti o dolori muscolari tardivi si possonoprodurre quando vi è un notevole accu-mulo di lattato, senza però che vi sia rela-zione da causa ad effetto.

2.5.1 Dolori muscolari e muscoli non alle-nati (Friden et at. 1983; Hagermanet al. 1984)

Primo caso: se ad un nuotatore molto alle-nato viene richiesto di realizzare più rapi-damente possibile una corsa di 400 m,accumulerà una notevole quantità di lat-tato e l’indomani ed i giorni seguentiaccuserà forti dolori della muscolaturadegli arti inferiori. Un primo riflesso sareb-be quello d’incriminare l’accumulo di latta-to come fanno la maggior parte degli alle-natori e non solo essi...Secondo caso: se allo stesso nuotatore sichiede di nuotare 100 m alla massimavelocità, l’accumulo di lattato sarà semprenotevole, senza che subentrino dolorimuscolari tardivi. Lo stesso avviene se sichiede ad un corridore allenato specifica-mente per i 400 m di correre questadistanza, od una vicina.

2.5.1 Dolori muscolari e lavoro muscolare eccentrico

Qui si può citare l’esperienza di Schwaneet al. (1980), che hanno fatto correre glistessi soggetti su un nastro trasportatorein piano ed in discesa (lavoro muscolareeccentrico). In questo secondo esperimen-to, la lattacidemia era significativamenteminore, mentre il giorno dopo venivanonettamente avvertiti dolori muscolari,valutati attraverso un questionario. Ciònon avveniva dopo la corsa in piano. Ingenerale, il lavoro eccentrico comporta unminore accumulo di lattato, ma, abitual-mente provoca dolori muscolari tardivi.Come avviene, ad esempio nelle discese apiedi dopo una lunga escursione in mon-tagna.

Essi potrebbero essere causati da quattrofattori:

• micro lesioni del tessuto muscolare eperimuscolare;

• modificazione della pressione osmoticalegata ad un accumulo di metabolitiintracellulari, che comportano unaritenzione d’acqua nei tessuti circostan-ti;

• spasmi muscolari;• stiramento eccessivo e microlesioni di

parti del tessuto connettivo intramusco-lare e tendineo.

La tesi che sembra attualmente più accet-tata è quella delle micro lesioni, che sibasa sull’aumento sierico della creatinfo-sfocinasi (CPK) e della mioglobina (MG),che testimoniano l’esistenza di microlesioni muscolari e peri muscolari, e suquello delle concentrazioni urinarie d’i-drossiprolina, che interviene nel metaboli-smo del collagene, che provano l’esistenzadi micro traumi del tessuto connettivotendineo che accompagnano i dolorimuscolari tardivi.I dolori muscolari susseguenti ad unaripresa dell’allenamento (muscoli “fragili” enon sufficientemente allenati), o ad eserci-zi intensi e non abituali, eseguiti anche daatleti bene allenati, sarebbero legati allatesi delle micro lesioni muscolari e perimuscolari, mentre i dolori tardivi susse-guenti ad esercizi pliometrici (nei qualiviene utilizzato il lavoro muscolare eccen-trico) sarebbero legati alla tesi delle microlesioni del tessuto connettivo muscolare etendineo, come provato dall’aumento del-l’idrossiprolina urinaria (Byrnes et al.1985). In ambedue i casi programmareprima, durante e dopo gli esercizi intensi,un buon riscaldamento progressivo asso-ciato a, e seguito da, esercizi di allunga-mento statici, serve non soltanto a preve-nire il dolore, ma anche ad allieviarlo.

Traduzione di M. Gulinelli da Staps, 54, 2001, 63-76, Revisione terminologica: Dott. Pasquale Bel-lotti. Titolo originale: Lactate et exercise: mythes etréalites.

Di conseguenza, il crampo non ha nullaa che vedere, né da vicino, né da lonta-no, con l’accumulo di acido lattico. Sitratta di un fenomeno che non è benconosciuto, che è, probabilmente, pro-dotto da una iper eccitabilità muscolaredovuta ad alterazione dell’equilibrio deifluidi e dei sali minerali, provocato siadalla disidratazione sia da carenze diminerali.

In generale, i dolori muscolari tardivi sipresentano inevitabilmente, anche nel-l’atleta molto allenato, quando realizzaun esercizio non abituale che sollecitaintensamente un gruppo muscolare nonallenato a questo tipo di esercizio.

Di conseguenza, tutti questi esempimostrano che i dolori muscolari nonhanno neppure lontanamente una rela-zione da causa ad effetto con l’accumu-lo di lattato nel muscolo.

Per saperne di più leggere soprattutto:

Cailler J. et al., Le proton: exercise et fati-gue, Science et Sport, 11, 1996, 53-63.Péronnet F., Significations et limites de lalactatémie nel controllo dell’allenamento,in: Cazorla G., Robert G. (a cura di), Actesdu troisième Colloque internationale de laGuadeloupe, 15-17 dicembre1994, Entraî-nement - Superentraînement - Désentraî-nement (ed. AREAPS), 209-226.Sahlin K., Metabolic aspects of fatigue inhuman skeletal muscle, Med. Sport Sci. 34,1992, 4-68.

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Bibliografia

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Vèronique Billat, Università di Lilla 2, Facoltà di scienze dello sport, “Studio della motricità umana”

Viene analizzata l’evoluzione del con-tributo delle scienze della vita e dellasalute in generale, e della fisiologia inparticolare, allo sviluppo dei risultati edei metodi di allenamento delle corsedi fondo (dai 10 000 alla maratona).Infatti, i fattori limitanti di questeprove sono principalmente d’ordinefisiologico, e, soprattutto, bioenergeti-co. Se si esamina la progressione(regolare) delle migliori prestazionimondiali nella maratona dalla fine delXIX secolo ad oggi, è impossibile indivi-duare un progresso straordinario, attri-buibile a questa od a quella scopertascientifica. Attualmente è possibiledistinguere zone di velocità, corrispon-denti a risposte fisiologiche particolari,che permettono di migliorare sudistanze di corsa diverse. Si distinguo-no tre velocità che delimitano quattrozone d’intensità: 1° la velocità massi-male nello stato stabile di lattacide-mia, il cui tempo limite è un’ora; 2° lavelocità critica (asindeto della relazio-ne tempo limite a V

.O2max e distanza

limite a V.O2max) il cui tempo limite è

di 30 min e 3° la velocità minima chesollecita il V

.O2max (vV

.O2max o velo-

cità massimale aerobica) determinatadurante un test triangolare, come iltest di Léger. Per gli atleti di alto livelloqueste velocità corrispondono allevelocità specifiche della mezza mara-tona, dei 10 000 e dei 3 000 m. I pro-grammi di allenamento non sonomolto diversi secondo le epoche e lescuole, ma è attualmente possibileanalizzare le cause di una riuscita o diun insuccesso, se il volume di allena-mento realizzato a queste velocitàviene collegato con le modificazionifisiologiche.

L’esempio delle corse di fondo e di mezzofondo(prima parte)

Il contributo della scienza all’allenamentosportivo

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Introduzione: la posta in palionell’approccio scientifico all’allenamento

L’avvenire dello sport di alto livello saràdeciso nei prossimi dieci anni. Infatti, lacredibilità delle prestazioni del passato edattuali è inficiata dal grande caos deldoping. In questo articolo non discutere-mo le cause di questa improvvisa caccia aldoping (cfr. Le système des sport di Paul

Yonnet). Comunque dopo esserci chiesti:“ma che fa la polizia?” è venuta l’ora diinterrogarsi su quale sia stato il contributodella scienza al settore dell’allenamentosportivo. Come esempio significativo del contributodelle scienze della vita e della salute, edella fisiologia in particolare, si può esami-nare l’evoluzione delle prestazioni e deimetodi di allenamento nelle corse di fondo(dai 10.000 alla maratona). In effetti, i fat-tori limitanti di queste prove sono princi-palmente di ordine fisiologico, ed in parti-colare bioenergetico.1Se si esamina la progressione (regolare)delle migliori prestazioni mondiali sullamaratona, a partire dalla fine del XIX seco-lo, è impossibile individuare un migliora-mento straordinario che possa essereattribuito a questa o quella scoperta scien-tifica. Però, si può constatare che, moltospesso, allenatori ed atleti, come il prota-gonista di una commedia di Moliére, “scri-

vevano in prosa” senza saperlo, mettendoa punto metodi di allenamento che gliscienziati riuscivano a spiegare ed a con-validare molti anni dopo.Quindi, ripercorreremo questo secolo diprogressi nelle tecniche di allenamento edi concetti fisiologici applicati agli effettidell’esercizio sul corpo umano. Gli enormiprogressi che sono già stati realizzati inquesto campo, ci potrebbero permettere diprevedere quale sarà l’avvenire di un alle-

namento senza doping. A condizione peròche ci si doti dei mezzi necessari per for-mare i quadri tecnici. Per illustrare quanto vogliamo dimostrareabbiamo scelto le corse di fondo (dai 3.000m alla maratona) che, attualmente inFrancia, contano quattro milioni di prati-canti. La maratona ormai non fa più paurae tutti vogliono migliorarsi secondo le lorocapacità fisiche ed il tempo che hanno adisposizione. Per farlo è possibile un alle-namento “su misura” se si adegua meglioil profilo energetico del corridore (delquale preciseremo le determinanti) allaspecificità fisiologica e biomeccanica dellacorsa di fondo. Infatti, un allenamento scientifico richiedela verifica di quali siano le risposte fisiolo-giche (frequenza cardiaca, consumo d’os-sigeno, lattacidemia, volume ventilatorio)ad una gamma di velocità, vicine alla velo-cità di gara.Migliorarsi correndo, basandosi solo sulle

proprie sensazioni è possibile, ma solodopo che si è appreso come fare corri-spondere la propria percezione dell’inten-sità dell’esercizio con le risposte fisiologi-che. Si tratta di un apprendimento che èpossibile fin da una età precoce (da 9 ad11 anni) attraverso la scala della percezio-ne della difficoltà dell’esercizio, sia in fun-zione della sua intensità (velocità) chedella sua durata (Garçin et al. 1998).

1. L’inizio del secolo e l’iniziodell’analisi matematica e fisiologica dei record di corsa della specie umana

Il primo articolo nel quale è stato studiatoil futuro dei record di corsa è stato pubbli-cato nel 1906. Il suo autore, Kennely (inge-gnere elettrico ad Harvard) affrontava, perla prima volta, la forma di relazione chelega la velocità in funzione del tempo(curva di rendimento). Successivamente, aquesto tipo di approccio contribuì il fisio-logo, premio Nobel, Archibald Vivian Hill(1927), un pioniere della bioenergeticamuscolare, al quale si deve l’introduzionedi molti concetti (massimo consumo d’os-sigeno2, debito di ossigeno3) che furono dalui utilizzati per spiegare la forma cheassume la relazione velocità-tempo nellacorsa a piedi, elaborata partendo dalrecord del mondo sui 100 m alla maratona(tabella 1).

Distanze Record maschili Velocità Record femminili Velocità(m, km) (h, min, s) (km · h-1) (h, min, s) (km · h-1)

100 m 9,84 s 36,50 10,49 s 34,32200 m 19,32 s 37,27 21,34 s 33,73400 m 43,29 s 33,26 47,60s 30,35800 m 1min41,11 s 24,48 1min53,28s 25,42

1.500 m 3min26,00s 26,21 3min50,46s 23,431.609 m 3min44,39s 25,82 4min12,56s 22,932.000 m* 4min47,88s 25,01 5min25,36s 22,123.000 m* 7min20,67s 24,51 8min06,11s 22,215.000 m 12min39,36s 23,70 14min28,09 s 20,7410.000 m 26min22,75s 22,75 29min31,78 s 20,32

20 km 54min55,06s 21,85 1h6min48,8 s 17,9621,00 su strada 59min17s 21,36 1h06min43 s 18,9721,101 su pista 1h00min00s (record dell'ora) 21,10 18,34 km (record dell'ora) 18,3425 km su strada 1h13min55,8s 20,29 – _

30 km 1h29min18,1s 20,15 – _42,195 km 2h06min05s 20,08 2h20min47,0s 17,98

100 km 6h32min20s 16,38 – _200 km 16h32min20s 12,09 – _452,27 48h 9,42 – _

1.023,2 km 144 h (6 giorni) 7,11 – _

Tabella 1 – Velocità record della specie umana (maschi) in funzione della distanza e della durata nella corsa a piedi (al 1° marzo 1999). * Questevelocità sono prossime alla velocità minima che sollecita il V

.O2max, cioè la massima velocità aerobica (VMA)

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In questa curva, si possono individuaresezioni di durata dell’esercizio nelle qualila perdita di velocità non è notevole. Infat-ti, in una corsa la cui durata raddoppiapassando da 10 a 20 s, la velocità si man-tiene a 36 km/h e per quella la cui duratapassa da 1h a 2 h, si perde solo 1 km · h-1.Invece, in certe sezioni della curva che col-lega velocità e tempo di corsa, esistonoflessioni che mostrano enormi perdita divelocità per durate assai vicine, come, adesempio dal primo al secondo minuto dicorsa, dove le velocità scende da 33 a 28km · h-1. Lo studio di questa curva ha permesso, aifisiologi d’inizio secolo, di ipotizzare e sco-prire similitudini per quanto riguarda i fat-tori limitanti e le qualità energeticherichieste per queste diverse coppie velo-cità-durata, che determineranno la presta-zione, cioè il tempo impiegato su una datadistanza, stabilita dai regolamenti delleFederazioni sportive.

Vale la pena di constatare che, questarelazione tra velocità e durata della suaconservazione, non è cambiata durantequesto secolo. Ciò vuole dire che l’evolu-zione dei record del mondo sulle brevi elunghe distanze, si è realizzata in modouniforme per tutto il secolo e che si puòcorrere più a lungo a 36 km/h, ma anche a20 km/h (ricordiamo che non sono glistessi atleti che realizzano le prestazionisulle brevi e sulle lunghe distanze). Se si consulta la tabella 1 si può constata-re che le donne corrono, su tutte le distan-ze, ad una velocità che è di circa 2 km/hinferiore a quella degli uomini. Ciò vuoledire che le loro prestazioni sulle lunghedistanze sono in ritardo rispetto a quellebrevi, e, probabilmente, ciò è dovuto airegolamenti che hanno inserito la marato-na olimpica nel programma dei Giochiolimpici solo in occasione di quelli di LosAngeles 1984.

2. Dalla prestazione alle caratteristiche fisiologiche del corridore

Chiediamoci ora quali siano i parametrienergetici che ci permettono di prevedere irisultati di un corridore sulle lunghedistanze, da quando questi fattori sononoti e quali sono le nuove strade perapprofondire la nostra conoscenza dell’e-nergetica umana.I parametri che permettono di prevedere leprestazioni di un corridore sono:

1. la potenza metabolica che il corridoreriesce a esprimere per una certa durata(cioè la potenza energetica del corridore),che dipende dalla sua capacità di trasfor-mare in energia meccanica (accorciamentodei muscoli che agiscono sulle leve ossee)l’energia chimica, accumulata in forma diglucidi, lipidi, protidi e fosfocreatina. Negliesercizi di durata superiore a 3 min (a par-

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tire dai 1.500 m) questa trasformazioneavviene con l’intermediazione dell’ossige-no (con il consumo di un litro di ossigenoche, se si parte dai glucidi, corrisponde aduna produzione di energia di 21 kJ).2. il costo energetico della sua corsa,secondo l’equazione di di Prampero. Que-sto ricercatore, nella tradizione della scuo-la italiana (a partire da Margaria negli anni‘30 e poi Cerretelli, dagli anni ‘70) ha con-

tribuito molto alla conoscenza degli aspet-ti energetici della locomozione umana edha formulato l’equazione che indica che lapotenza metabolica (E

r, energy rate) dipen-

de dalla velocità di corsa e dal costo ener-getico (C

r, in inglese Cost of running) (di

Prampero 1986):

Er = Cr · V (1)

dove V è la velocità indicata in metri alsecondo C

rviene espresso in J od in ml di

ossigeno per m e per kg di peso corporeoed E

rin W od in ml d’ossigeno consumato

per s e per kg di peso corporeo (massimoconsumo d’ossigeno, V

.O

2max). Questa

equazione è stata applicata ad ogni tipo dilocomozione umana (nuoto, ciclismo…)compreso lo spostamento con una gondo-la (di Prampero lavora all’Università di

Sembra che esistano quattro zone di velocità a seconda dellediverse soglie delle modificazioni fisiologiche: da una corsa discarsa intensità (footing lento di rigenerazione o corsa lenta dipiù giorni) ad una corsa che sollecita la durata limite con ilmassimo consumo d’ossigeno (V

.O

2max)

→ 1a zona:Velocità nelle quali non si presenta produzione di acido lattico

Queste velocità sollecitano un consumo d’ossigeno inferiore al60% del V

.O

2max. Le velocità in questa zona possono essere

mantenute per più ore, addirittura più giorni. Si tratta di un’an-datura trotterellata, nella quale non si forma o si forma pocolattato, che viene immediatamente ossidato nelle fibre lente di Itipo e nel miocardio. La lattacidemia è bassa, perché il tasso dicomparsa del lattato (rate of appareance, RA, Brooks 1985) èanche esso basso.A questa bassa intensità troviamo una utilizzazione preferen-ziale dei lipidi rispetto ai glucidi ed una sollecitazione del solometabolismo aerobico. Questa notevole utilizzazione degli acidigrassi ha anche un effetto inibitore della glicolisi. Il risultato diquesta inibizione, provocata dal metabolismo degli acidi grassiliberi, è una minore produzione di lattato ed un aumento dellasua ossidazione a piruvato. Il consumo d’ossigeno resta stabile,con un leggero aumento nello spazio di circa un’ora, dovutoall’utilizzazione dei lipidi che hanno bisogno di una maggiorequantità di ossigeno per risintetizzare la stessa quantità di ATP.I fattori che limitano una corsa a velocità estremamente lentasono piuttosto di carattere muscolare e traumatico, a causa delripetuto impatto del piede con il terreno (che è pari a circa trevolte il peso del corpo, ogni volta che viene appoggiato il piedea terra).

→ 2a zona:Velocità nelle quali non c’è accumulo di acido lattico ed il consumo d’ossigeno è ancora stabile

Si tratta di velocità di corsa che hanno bisogno di consumid’ossigeno che vanno dal 60 all’80% del V

.O

2max, a seconda dei

corridori. Queste velocità vengono utilizzate nelle corse di 100km, o nei trails (corse di lunga durata in ambiente naturale, dif-fusesi negli anni ‘90 in Francia), oppure nella maratona dai cor-ridori meno allenati. La maggiore utilizzazione dell’ATP ha biso-gno dell’intervento delle fibre di tipo rapido che resistono atensioni muscolari più forti. Queste fibre hanno un metaboli-smo anaerobico che porta ad un aumento della produzione del-l’acido lattico e ad un aumento del volume ventilatorio (V

.E), per

compensare l'acidosi metabolica. L'accumulo di lattato in que-

sta fase, va da 2 a 4 mmol · l-1. L'acido lattico (C3H

6O

3) viene

interamente dissociato nell'organismo in ioni di lattato e diidrogeno (C

3H

5O

3- H+) secondo la reazione: HCO

3- + H+ → H

2O

+ CO2

Ne risulta un eccesso di CO2

che viene eliminato attraverso laventilazione aumentando V

.E ed quindi VCO

2. L'aumento di VE e

di VCO2

è maggiore di quello del VO2, provocando un aumento

sproporzionato dell'equivalente respiratorio per l'ossigeno:V.E/VO

2e del quoziente respiratorio R (VCO

2/VO

2). Contempora-

neamente, dato che l'organismo non consuma una quantità diossigeno maggiore di quella necessaria per la fosforilazioneossidativa (per risintetizzare l'ATP utilizzato), l'aumento di V

.E fa

sì che venga estratta una minore quantità di ossigeno per volu-me d'aria ventilata: per questa ragione aumenta FEO

2. Dunque,

l'inizio di questa seconda fase è caratterizzato dall'aumento diFEO

2, senza che vi sia una corrispondente diminuzione di FECO

2.

Ciò corrisponde alla soglia ventilatoria definita da Wassermanet al. nel 1973).

→ 3a zona:Velocità alle quali si presenta un accumulo di acido lattico, cheè ancora compatibile con uno stato stazionario di consumod'ossigeno, inferiore al suo massimo

Si tratta di velocità di corsa che, a seconda dei corridori, hannobisogno di un consumo d'ossigeno pari all'80-90% del V

.O

2max,

utilizzate nella maratona e nella mezza maratona, oppure sui10 000 m dai corridori meno allenati. Oltre all'accumulo di lat-tato, dovuta alla rottura dell'equilibrio tra velocità della suaproduzione e quella della sua eliminazione, si osserva ancheun'accelerazione dell'aumento della ventilazione ed un aumen-to continuo di VCO

2. In questo stadio, comunque, l'iperventila-

zione non può compensare l'aumento del lattato ematico. D'al-tro canto, i muscoli respiratori, che garantiscono l’iperventila-zione, consumano una maggiore quantità di ossigeno. Per que-sta ragione, una parte del VO

2non può essere disponibile per

essere utilizzata dai muscoli direttamente sollecitati nel movi-mento di corsa.

→ 4a zona:Velocità alle quali il consumo d'ossigeno aumenta fino al massimo

Si tratta di velocità di corsa che sollecitano dal 90 al 95% delV.O

2max nei primi tre minuti, per raggiungere il valore massimo

alla fine dell'esercizio, la cui durata limite va da circa 10 a 12min. In gara si tratta delle velocità dei 10.000 m, o 3.000 m peri corridori meno allenati.

Riquadro 1 – Le zone di velocità importanti in una corsa ad intensità crescente e loro utilizzazione nell’allenamento

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Udine, ad un centinaio di chilometri daVenezia).Dunque, per gli esercizi di durata maggiorea 3 min, C

rdipende dal V

.O

2max e l’equa-

zione (1) può essere scritta come segue:

Velocità massima (m · min-1) = V.O2max (ml · min-1 · kg-1)/

costo energetico (ml · m-1 . kg-1)(2)

Ciascuno di noi ha un valore massimo diconsumo d’ossigeno (V

.O

2max) che equivale

a 10 a 25 volte il metabolismo a riposo. Unsoggetto a riposo consuma circa 3,5 ml ·min-1 · kg-1. Ciò che distingue i campionidalle persone normali è la loro capacità diaumentare questo consumo di ossigenonon di 10, ma fino a 25 volte, per raggiun-gere il valore di 88 ml · min-1 · kg-1 (misu-rato su un famoso ciclista, Michel Indu-rain) oppure di 91 ml · min-1 · kg-1 come inalcuni corridori dell’atletica leggera (adesempio, i portoghesi Dominguo e Dioni-sos Castro che hanno corso in 3min36 sui

1.500 a 25 anni e 2h07min sulla maratonaa 35 anni). Nella tabella 4 viene riportato ilvalore del consumo di ossigeno ed il tipodi allenamento dei campioni che hannocaratterizzato la storia della corsa difondo.Abbiamo già dimostrato (Billat et al. 1994)che il tempo di mantenimento (tempolimite) di questo massimo consumo d’ossi-geno, è un parametro che può variare del25% in un gruppo di corridori dello stessolivello di prestazione (record sulla mezzamaratona) che mostrano un consumod’ossigeno omogeneo (5% di variazione).Questa dimostrazione, che rispondeva alladomanda legittima di conoscere non sol-tanto le caratteristiche della potenza aero-bica (massimo consumo d’ossigeno) maanche della resistenza (tempo limite) aquesta potenza massima, finora era stataelusa.La resistenza può essere misurata attraver-so il fattore F (“F come frazione delV.O

2max utilizzata per uno sforzo di una

data durata”). La determinazione di questo

fattore “resistenza”, evidenziato daFrançois Péronnet (professore dell’Univer-sità di Montréal) richiede una serie diprove faticose con la misurazione degliscambi gassosi respiratori. Per semplifica-re, si può utilizzare la relazione esistentetra la velocità associata al V

.O

2max (o mas-

sima velocità aerobica) ed il tempo recordsulle distanze di gara. D’uso più corrente, èanche indagare la velocità (cfr. riquadri 1 e2, figure 1a, 1b, che riguardano la lattaci-demia e la cinetica del consumo d’ossige-no in funzione della velocità) e la frazioned’utilizzazione del V

.O

2max, alla quale la

glicolisi è troppo rapida per la risintesi delNADH a NAD (nicotinamide adenina dinu-cleotide) nella catena respiratoria. Questavelocità, detta velocità alla soglia lattacidao, in modo meno corretto, soglia anaero-bica a partire dagli anni ‘60, compare tra il60 ed il 90% della velocità massima allaquale si raggiunge il V

.O

2max. Questa defi-

nizione di soglia anaerobica, è arbitrariaperché l’accumulo di lattato, dovuto allariduzione dell’acido piruvico a acido lattico

Un secolo di letteratura fisiologica ci insegna che il consumod'ossigeno aumenta proporzionalmente alla potenza di un eser-cizio, realizzato correndo su un nastro trasportatore o pedalan-do al ciclo ergometro (Åstrand, Rohdal 1986). Quando le poten-ze prese in considerazione sono comprese tra la soglia d'iniziodell'accumulo di lattato e la velocità associata al V

.O

2max e si

lascia trascorrere il tempo, con il soggetto che sviluppa unapotenza costante, si osserva una componente lenta del consu-mo d'ossigeno che tende a raggiungere il V

.O

2max (cfr. la rasse-

gna di Gaesser, Poole 1996, su questo problema). L'aumento delconsumo d'ossigeno prosegue fino alla sospensione dell'eserci-zio per esaurimento del soggetto. Questa componente lentad'aggiustamento del V

.O

2max è stata descritta per la prima volta

nel 1972 da Whipp e Wasserman. Le cause di questa compo-nente lenta del VO

2sono attribuite all'aumento del costo della

pedalata, dovuto al reclutamento delle fibre rapide che presen-tano un rapporto minore ATP/O

2. Infatti, l'86% di questo

aumento viene ottenuto a livello del consumo locale d'ossigenoda parte degli arti in attività (misurazione effettuata attraversoun catetere applicato sulla gamba durante la pedalata, Poole etal. 1991). Quando la potenza dell'esercizio è sub-massimale (cioè inferiorealla potenza associata al V

.O

2max, determinata in un protocollo

di test triangolare) il soggetto raggiunge il V.O

2max (Poole et al.

1988; Roston et al. 1987). Sebbene le cause di questo aumentodel consumo d'ossigeno con il tempo, in questi esercizi d'inten-sità superiore alla soglia lattacida siano ancora poco chiare,recentemente abbiamo messo in evidenza che questa compo-nente lenta del consumo d'ossigeno fino al V

.O

2max, si presenta-

va in corse ad esaurimento di 18 min al 90% della vV.O

2max, ma

non era di entità tale da fare in modo che i corridori raggiun-gessero il loro V

.O

2max (Billat et al. 1996c). Questo concetto di

componente lenta del consumo d'ossigeno, dunque, rimetteva

in discussione il concetto di velocità associata al V.O

2max, valu-

tata solo attraverso il protocollo triangolare. Infatti, occorrereb-be anche prendere in considerazione la velocità minima asso-ciata al V

.O

2max, misurata ad un livello d'esercizio inferiore alla

soglia anaerobica (circa l'85% di vV.O

2max) che offrirebbe la

possibilità di raggiungere il V.O

2max alla fine di un certo periodo

di tempo. Ciò vorrebbe dire che non esiste un V.O

2max ma più

V.O

2max, secondo il protocollo utilizzato, come anche non esiste

un tempo limite a V.O

2max, ma dei tempi limite, a seconda della

velocità stabilita. Partendo da questa idea, avanzata durante uncongresso dell'America College of Sport Medicine a Minneapolisnel 1995, Hill et al. (in un lavoro sottoposto a pubblicazione nelJournal of applied physiology nel 1997) hanno calcolato unapotenza critica, attraverso il modello di Scherrer, utilizzando,però, non il tempo limite ad una potenza data, ma il temponecessario a raggiungere il massimo consumo d'ossigeno.Hanno così definito il concetto di potenza critica, che rappre-senta la potenza massima alla quale è ancora possibile ottenereuno stato stazionario di consumo d'ossigeno ad un valore signi-ficativamente inferiore al V

.O

2max. Ed hanno dimostrato che

questa potenza equivale alla potenza critica classica.Il difetto di questo approccio è che considera che il termine d'e-saurimento sia determinato dal termine in cui viene raggiunto ilmassimo consumo d'ossigeno, mentre abbiamo dimostrato che,per lo stesso termine di esaurimento (pedalando o correndo) al90% di v o pV

.O

2max, gli atleti potevano o non potevano rag-

giungere il loro massimo consumo d'ossigeno (Billat et al.1998). L'assenza di una significativa componente lenta del VO

2,

ad una intensità superiore alla soglia lattacida, non impedisce lasospensione dell'esercizio senza che l'atleta sia in acidosi odabbia esaurito la fosfocreatina. Nello stesso modo, alla sogliad'inizio dell'accumulo di lattato, le riserve di glicogeno intracel-lulare delle fibre di II tipo sono esaurite.

Riquadro 2 – La componente lenta del consumo d'ossigeno

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(che si dissocierà successivamente in ionelattato e protone idrogeno (H+), che provo-ca la diminuzione del pH muscolare edematico) è dovuta, soprattutto, al recluta-mento delle fibre rapide, che presentano,in grande quantità, l’isoenzima LDH diforma M (che trasforma l’acido piruvico inacido lattico) e non di forma H (che favori-sce, come avviene nel cuore, la trasforma-zione dell’acido lattico in acido piruvico).L’intensità della contrazione muscolare,che dipende dalla forza necessaria (accele-razione di una massa), che condiziona unlavoro (forza applicata su una distanza) esuccessivamente una potenza (lavoro pro-dotto nell’unità di tempo), determina unafflusso di calcio che (attraverso il mes-saggero AMP ciclico) stimola la trasforma-zione in attiva della fosforilasi, preceden-temente inattiva. Questo enzima è respon-sabile della glicolisi lattacida (scissione delglicogeno, che è la forma nella quale ilglucosio viene immagazzinato negli ani-mali), che condurrà ad una attivazionedella LDH-M e quindi ad un accumulo dilattato. La definizione soglia lattacidaforse è meno equivoca, in quanto non faaltro che constatare l’accumulo di lattato,senza sottintendere una qualche forma dianaerobiosi. Se, dopo un periodo di allena-mento, l’atleta è in grado di correre piùrapidamente, prima di raggiungere lasoglia di accumulazione del lattato, signi-fica che avrà sollecitato, in misura minore,le sue fibre rapide ed aumentato i suoienzimi ossidativi. In media un corridore èin grado di correre una maratona ad unavelocità equivalente al 90-95% della velo-cità alla soglia lattacida, cioè all’80-85%del suo V

.O

2max.

Il terzo fattore discriminante della presta-zione su lunghe distanze è il costo energe-

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lattato (mM) 55% MAVlattato (mM) 75% MAVlattato (mM) 85% MAVlattato (mM) 95% MAVlattato (mM) 100% MAV

Cinetica della lattacidemiaLa

ttato

(m

M)

Tempo (min)

Figura 1a – Aumento della lattacidemia in funzione del tempo a velocità diverse di corsa (in %della massima velocità aerobica, MAV)

5.000

4.000

3.000

2.000

1.000

00 10 20 30 40

VO2 (ml/min) 55% MAVVO2 (ml/min) 75% MAVVO2 (ml/min) 85% MAVVO2 (ml/min) 95% MAVVO2 (ml/min) 100% MAV

Cinetica del consumo di ossigeno

VO

2 (m

l/min

)

Tempo (min)

Figura 1b – Aumento del consumo d’ossigeno in funzione del tempo a velocità diversa di corsa (in% della massima velocità aerobica, MVA)

Soglia FV.O2max Costo energetico V

.O2max Velocità sulla Tempo realizzato

lattacida sulla lordo (ml · m-1 · kg-1) maratona h, min, s%V

.O2max maratona (ml · m-1 · kg-1) (km · h-1)

95,5 0,91 0,190 0,180 78 88 22,41 26,69 1h53min36s 1h34min54s

92,4 0,88 0,200 0,190 76 86 20,06 23,89 2h06min01s 1h46min12s

89,3 0,85 0,210 0,200 74 84 17,97 21,42 2h20min56s 1h58min12s

86,1 0,82 0,220 0,210 72 82 16,10 18,33 2h37min15s 2h18min10s

83,0 0,79 0,230 0,220 70 80 14,42 17,24 2h45min49s 2h45min49s

79,8 0,76 0,240 0,230 68 78 12,92 15,46 3h16min00s 2h43min54s

Tabella 2 – Simulazione delle caratteristiche bioenegetiche e delle prestazioni passate, attuali e future della maratone. Valori di riferimento per ledonne ed i maschi (in corsivo). L'attuale record femminile è di 2h20min47s ed il record maschile di 2h06min05s

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tico dello spostamento del corridore. Infat-ti, a parità di dispendio energetico, il corri-dore più rapido è quello dalla falcata piùeconomica. Il costo energetico (C

r) è una

quantificazione dell’economia di corsa perunità di distanza percorsa e di peso corpo-reo trasportato. Così, è stato dimostratoche la specie umana ha un costo energeti-co medio di 4 kJ per km corso e per kg dipeso corporeo. Un valore che è vicino aquello del cavallo che però (con lo stessolivello di allenamento) ha una produzionedi energia due volte superiore, il che spie-ga velocità massimali aerobiche superioridel doppio a quelle dei migliori corridori difondo (50 contro 25 km · h-1). Sapendo cheil consumo di 1 l di O

2permette di fornire

21 kJ di energia, è possibile trasformare ilcosto energetico di 4 J · m-1 in ml d’O

2consumato per unità di distanza e di pesocorporeo. 4 J rappresentano un costo in O

2di 4/21 l = 0,190 ml · min-1. Occorre sotto-lineare che il costo energetico è una quan-tità di ossigeno (e dunque, di joul perequivalenza) spesa per unità di distanza edi peso corporeo e che, tra i 10 ed i 20 km· h-1 è relativamente indipendente dallavelocità. Al di sotto, la corsa diventa menoeconomica, perché il corridore è obbligatoad accorciare il passo (aumento del lavorointerno o della gesticolazione dovutaall’aumento della frequenza dei movimen-ti) (Cavagna et al. 1991) e al di sopradiventa non trascurabile la componenteaerodinamica del costo energetico (Pugh1970). In effetti, oltre i 20 km · h-1 il con-sumo di ossigeno (quindi il maggioredispendio energetico ∆VO

2) aumenta in

modo esponenziale con la velocità secon-do l’equazione:

∆VO2 = 0,02 · V3

dove ∆VO2

viene espresso in ml · kg-1 e Vin m · s-1.Quindi, a 24 km · h-1 (6,66 m · s-1), come adesempio in un 3.000 m corso in 7min30s,la componente aerodinamica può esserecosì calcolata:

VO2 a 24 km · h-1 = = 3,5 ml · min-1 · 24 == 84 ml · min-1 · kg-1

(3)

per cui

∆VO2 = 0,002 · V3 = = 0,002 · 6,663 = 0,002 · 295 =

= 5,9 ml · kg-1 · min-1

Quindi, a 24 km · h-1 degli 84 ml · min-1 .kg-1 d’economia di corsa (VO

2ad una data

velocità) la componente aerodinamica rap-presenta 5,9 ml · kg-1 ovvero il 7%.

Inoltre, si distingueil costo energeticolordo (nel qualeviene incluso ilconsumo d’ossige-no a riposo) dalcosto energeticonetto (nel qualenon viene compre-so il VO

2a riposo,

che è di 3,5 ml ·min-1 · kg-1).Se l’equazione di diPrampero (1986)viene applicata allacorsa, diventa pos-sibile calcolare lec a r a t t e r i s t i c h eenergetiche neces-sarie ai corridoriper superare lamigliore prestazio-ne mondiale sullamaratona (nel con-testo di una corsaa temperatura di18° con riforni-mento di acqua eglucosio, dopo cheil corridore ha fattoil “pieno” di glucidii giorni precedenti).

3. Applicazione dei fattoridiscriminanti della prestazioneai record del mondo maschili efemminili sulla maratona

L’analisi delle esigenze bioenergetiche delrecord del mondo della maratona femmi-nile contribuisce a caratterizzare meglio lecaratteristiche fisiologiche delle atlete. Seci si riferisce alle equazioni (2) e (3) di diPrampero (1986):

Velocità (m · min-1) = = F V

.O2max (ml · m-1 · kg-1)/

costo energetico (ml · m-1 · kg-1) (4)

– dove V è la velocità sulla maratona, F èla frazione d’utilizzazione del V

.O

2max nella

maratona, che si può avvicinare attraversola soglia lattacida – è possibile definire leesigenze bioenergetiche di questa nuovamigliore prestazione sulla maratona fem-minile. Il costo energetico rappresenta ilconsumo d’ossigeno lordo (compresi i 3,5ml · kg-1 a riposo) per unità di distanzapercorsa e per kg di peso corporeo. Nellatabella 2 sono riportati i valori di riferi-mento di questi fattori bioenergetici, com-

patibili con le caratteristiche della donna edell’uomo, che permettono di realizzareuna data prestazione sulla maratona. Ineffetti, allo stesso livello di prestazione(facendo riferimento alla tabella dei pun-teggi della IAAF) la donna presenta unV.O

2max di 10 ml · min-1 · kg-1 inferiore a

quello dell’uomo. Perciò, per esaminare leesigenze bioenergetiche di questo nuovorecord mondiale femminile sulla maratona,abbiamo scelto la gamma dei valori delV.O

2max che vanno da 68 a 78 ml di O

min-1 · kg-1 (Péronett 1992). Questo valorecorrisponde ai consumi di ossigeno dellefondiste di alto livello. Il record del mondosulla maratona, stabilito nel 2000 dallagiovane keniota Loroupe (che non erastato migliorato dal 1985) corrisponde aduna velocità di 17,98 km · h-1. Per correre aquesta velocità per 2h20 occorre (avan-zando l’ipotesi di un movimento di corsamediamente economico con un costoenergetico lordo di 200 ml · kJ · km-1) unconsumo d’ossigeno di 60 ml · min-1: 18 km-1 · h-1 = 60 ml di O

2· min-1 · kg-1 · 60

min 4/200 ml · kg-1 · km-1.Se si considera che, in media, la maratonaviene corsa al 90% della velocità allasoglia lattacida (dati non pubblicati regi-strati su 73 maratoneti con prestazioni da2h07min a 3h30min, tesi di Mario Paiva,Università di Porto) e che la velocità alla

Anni Tempo sulla maratona Velocità(min, s) (km . h-1)

1926 3h40min22s 11,49

1963 3h37min07s 11,66

1964 3h19min33s 12,69

1967 3h07min26s 13,51

1970 3h02min53s 13,84

1971 2h49min40s 14,92

1973 2h46min36s 15,20

1974 2h43min54s 15,45

1975 2h38min19s 15,99

1977 2h34min47s 16,36

1978 2h32min30s 16,60

1979 2h27min33s 17,16

1980 2h25min40s 17,38

1983 2h22min43s 17,74

1985 2h21min06s 17,94

1998 2h20min47s 17,98

Tabella 3 – Evoluzione delle velocità dopo il primo record del mondofemminile nella maratona stabilito nel 1926 (IAAF 1995). Tale recorddel mondo era di 3h40min22s, cioè una velocità media sui 42,145 kmpari a 11,5 km . h -1

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Anno vV.O2max) (km/h) Allenamento Allenamento alla Allenamento a Allenamento

Nome e V.O2max) alla velocità < alla velocità = velocità uguale a velocità >

Risultato (ml/min/kg) soglia soglia lattacida a 90-100% vV.O2max)

del corridore (km) (km) vV.O2max) (km)

1920 Paavo Nurmi 22,12 km/h 15-20 km/giorno ? 20x100 m 4x400 m alla5.000 m (20,73 km/h) 75 ml/min/kg massima velocità14min28s R = 15 min10.000 m (19,93 km/h)30min06s1 allenamento al giorno

1950 Emil Zatopek 23,45 km/h 20 km/giorno 1. 20x200 4x200 m 6x400 m5.000 m (21,5 km/h) 76,2 ml/min/kg + 40x2 + 400 m r = 200 m alla massima 13min57s + 20x200 m trott. velocità10.000 (20,75 km/h) 2. o 50x200m R = 10 min28min54s2 mattina e2 allenamenti al giorno pomeriggio

1968 Kip Keino 23,45 km/h 5x45 min e ? 100x400 m 10x200m3.000 (23,5 km/h) 6x60 min r = 2 min +10x100 m7min35s o + 4 x 80 m5.000 (22,05 km/h) 6x800 m r = 300 m al passo13min36s5 r = 2-5 minda 2 a 3 allenamenti al giorno

1972 1976 Lasse Viren 23,96 km/h 80 km a 100 bpm 130 km di fartlek 10x200 m 8x6005.000 83,0 ml/min/kg (da 12 a 15 km) r = 2 min r = 600 m al passo13min16s (22,61 km/h) o 10.000 6x800m27min38s (21,7 km/h) r = 3-5 min

1984 Grete Waiz 21 km/h da 45 min a sedute di 20 min 6x1.000 2 serie di5.000 m (19,82 km/h) 73,0 ml/min/kg 2 ore alla soglia durante r = 1 min o 10 x 30015min08s corse di di 60 min 5x1.600 r = 100 m al passo 10.000 (19,35 km/h) (allenamento r = 2 min o R = 5 min al passo30min59s8 sul ritmo) al passoMaratona (17,4 km/h) 5x 2 000 r = 3 min2h25min28s2 allenamenti al giorno

1986 Ingrid Kristiansen 21,7 km/h da 45 min a Sedute di 2 x15 min 5x1.000 2 serie di 5x100 m5.000 76 ml/min/kg 2 h 30 min alla soglia in una r = 2 min r = 200 al passo14min37s33 corsa di 90 min R = 400 m al passo(20,52 km/h) (allenamento10.000 m (19,85 km/h) sul ritmo)30min13s74Maratona2h21min06s(17,94 km/h)2 allenamenti al giorno

Tabella 4 – Esempio dell'allenamento di alcuni campioni "storici" della corsa di fonda classificati secondo l'intensità. R indica il recupero tra le seriedi più ripetizioni, r indica il recupero tra ogni ripetizione. I valori del V

.O2max, della velocità associata al V

.O2max (vV

.O2max) sono stati stimati dall'Au-

tore, pertendo dai loro record sui 3.000

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soglia lattacida rappresenta il 90% delV.O

2max, il consumo di ossigeno di 60 ml di

O2

· min-1 · kg-1, necessario per correre a 18km · h-1 (con un costo energetico lordodella corsa uguale a 200 ml · kg-1), implicache l’atleta debba avere un massimo con-sumo d’ossigeno di:

V.O2max = [(1/(0,9 · 0,9)] · 60 =

= 74 ml · min-1 · kg-1

Una corsa più economica permette didiminuire il V

.O

2max necessario. La Loroupe

ha fatto meglio di Mimoun che, nel 1956,per vincere l’oro ai Giochi olimpici di Mel-bourne percorse la distanza in 2h25min, edi Zatopek che aveva corso in 2h23min adHelsinki, quattro anni prima. Questomiglioramento regolare delle prestazionidurante il XX secolo (Bocquet et al 1999), èdovuto ad un aumento della quantità edella qualità dell’allenamento. Infatti imaratoneti attuali, durante il periodo di unraduno, arrivano a correre una distanzapari ad una maratona al giorno (ad esem-pio, i migliori corridori portoghesi) senzatrascurare, per tutto l’anno, sedute di alle-namento corse tra il 90 ed il 100% dellavV

.O

2max (due sedute settimanali per tutto

l’anno).La banalizzazione di una prova, che unavolta era mitica e che attualmente vienecorsa da milioni di persone, offre la possi-bilità di convincere alcuni giovani corridoridi mezzofondo a lanciarsi più precoce-mente su questa distanza. Inoltre, la mara-tona, che viene corsa in tutte le nazioni, èrealmente una disciplina universale. Se gliafricani eccellono sulle corse di fondo daAbebe Bikila in poi, le africane sono com-parse in campo internazionale da cinqueanni.Nella tabella 3 viene mostrata l’evoluzionedel record femminile di maratona. Il primorecord ha resistito per quaranta anni,mentre il penultimo (1985) ha resistito pertredici anni. Di qui l’andamento sigmoideodella curva che visualizza l’evoluzione delrecord del mondo della maratona femmi-nile.Il margine di progresso calcolato per l’an-no 2000 (estrapolando in base alla relazio-ne che si è stabilita negli anni e la velocitàrecord sulla maratona) arrivava ad untempo di 2h00! Però non è possibile pen-sare che le donne superino gli uomini nellecorse su lunghe distanze, come ipotizzatoda Whipp e Ward (1992) in un articolodella rivista Nature. Per quanto riguardagli uomini sono stati superati i 20 km/h,cioè essi sono 2 km · h-1 (+10%) più velocidelle donne. Applicando le caratteristichebioenergetiche dei migliori corridori difondo in grado di realizzare la corsa ideale(avendo in partenza una riserva di glicoge-

no al massimo)5 studi basati su previsionimatematiche (Lui 1998) e non sulle carat-teristiche energetiche umane, hanno pre-visto che nel 2030 la maratona sarà corsain 1h59min. Usando lo stesso approccio,ma con un aggiornamento, prevediamoche si scenderà sotto le due ore nel 2010(Bocquet et al. 1999). Per esaminare quale sarà l’evoluzione diquesti record nel prossimo millennio con-viene aspettare i prossimi cinque anni. Per quanto riguarda le donne, visto chehanno cominciato a correre ufficialmentela maratona molto tardi (prima maratonaolimpica: Los Angeles 1984) è difficileapplicare una previsione matematica, qua-litativamente valida, in quanto il numerodei risultati realizzati è insufficiente. Tutta-via, se si parte da dati bioenergetici, com-patibili con i dati attuali, un’atleta con unV.O

2max di 75 ml · min-1 · km-1 ed una

soglia lattacida dell’89% del V.O

2max ed un

costo energetico lordo di 210 ml · min-1

potrebbe correre la maratona in meno di2h20 (+ di 18 km · h-1) e più precisamentein 2h19min02s. Una maratoneta idealeche avesse contemporaneamente un costoenergetico lordo molto basso (180 ml ·min-1 · km-1), un V

.O

2max elevato (78 ml ·

min-1 · kg-1) ed una soglia d’accumulo dellattato al massimo livello (90% delV.O

2max), sarebbe in grado di correre i

42,195 km a 21,06 km · h- 1 , cioè in2h00min12 s.Però, sia negli atleti che nelle atlete, nonabbiamo mai potuto osservare, nella stessapersona, un elevata produzione di energiaed un basso valore di costo energetico. Èanche vero che, se ci si attiene alla lettera-tura scientifica, la mole di dati disponibili èrelativamente limitata, in quanto i miglioricorridori non frequentano i laboratori. Ciòdovrebbe cambiare, grazie all’approcciopermesso da apparecchiature portatili,come il K4, che permettono la misurazionedegli scambi gassosi sul campo. Il doping permette di migliorare il massi-mo consumo di ossigeno, la resistenza e lasoglia lattacida. Il problema che si pone èquello di sapere se sia possibile, attraversoil solo allenamento, migliorare i tre fattoridella prestazione nella corsa di fondo. Larisposta è si, ma prima di mostrare attra-verso quali procedure di allenamento ciòsia possibile, è opportuno esaminare l’evo-luzione storica dei metodi di allenamentoe delle conoscenze su questi fattori fisiolo-gici della prestazione nelle corse di fondo.Questa analisi sintetica del passato ci per-metterà di comprendere meglio come,negli anni futuri, sia necessaria l’interazio-ne tra conoscenze scientifiche e capacitàdegli allenatori e degli atleti.

(1. continua nel prossimo numero)

Traduzione di M. Gulinelli da STAPS, 2001, 54,23-43. Titolo originale: L’apport de la sciencedans l’entrainement sportif: l’exemple de la cour-se de fond.

L’Autore: dott.ssa Veronique Billat, Università diLilla 2, Facoltà di scienze dello sport, Studio dellamotricità umana.Indirizzo dell’Autore: Universitè Lille 2, Facoltédes Sciences du sport, Etude de la motricitéhumaine, 9, Rue de l’Université, 59790, Ronchin.

Note

(1) La bioenergetica è quella parte della fisiologiache studia le trasformazioni dell’energia necessa-rie nell'organismo (dall'energia chimica degli ali-menti all'energia meccanica del muscolo).(2) Il massimo consumo d'ossigeno rappresenta lamassima potenza delle vie metaboliche che ven-gono definite "aerobiche", cioè di quelle vie meta-boliche che utilizzano l'ossigeno per "bruciare" icarburanti (lipidi, glucidi) necessari a "ricaricare"energeticamente il muscolo. Questo consumod'ossigeno dipende dalla quantità di sangue (l ·min-1) che può trasportare ossigeno ogni minutoverso i muscoli interessati al lavoro (fattore prin-cipale del consumo d'ossigeno), ma anche dallacapacità del muscolo di riuscire ad utilizzare l'os-sigeno che gli viene fornito (fattore periferico). Lalimitazione è centrale e può essere polmonare pergli atleti di alto livello ed i cavalli da corsa (si trat-ta di una ipossemia indotta dall'esercizio, identifi-cata da una diminuzione di oltre il 15% dellasaturazione in ossigeno dell'emoglobina).(3) Per gli esercizi di durata inferiore ai 3 min,l'organismo utilizza processi di trasformazionedelle sue riserve di energia chimica in energia nonaerobica servendosi delle riserve di fosfati organi-ci o della demolizione del glucosio ad acido latti-co. Quando il fabbisogno energetico è superiore alconsumo di ossigeno si produce un deficit d’ossi-geno. L'uomo presenta un massimo deficit d’ossi-geno (ottenuto per mezzo di 1-2 min di corsa allamassima velocità) di circa 1 ml · kg-1 di peso cor-poreo.(4) Il fattore 60 rende omogenee le unità tra levelocità espresse in chilometri all’ora ed il consu-mo d’ossigeno al minuto. (5) Il glicogeno è una forma di immagazzinamen-to dei glucidi in forma complessa, dei quali 100 gsono immagazzinati nel fegato e da 300 a 400 gnei muscoli. Dopo circa 1h45 min d’esercizio, leriserve cominciano ad essere esaurite e la sempremaggiore utilizzazione dei lipidi provoca unadiminuzione della velocità, in quanto i lipidi esi-gono un maggiore consumo d'ossigeno per otte-nere la stessa quantità di energia: il consumo di 1l di O2

al minuto fornisce soltanto 19,6 kJ di ener-gia contro 21 kJ dei glucidi, cioè il 7% in meno. Aquesto minore rendimento energetico del substra-to si aggiunge un aumento del costo energeticodella falcata a partire dal 30° km (di Prampero etal. 1986).

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Roberta De Pero, Carlo Minganti, Anna Claudia Cartoni, Stefano Amici,

Marco Baggio, Guido Brunetti, Cattedra di tecnica e teoria della didattica

della ginnastica attrezzistica, Istituto universitario di scienze motorie, Roma

Correlazione tra la capacità di forza

degli arti superiori e la verticale-spinta in

un gruppo di ginnaste

La forza degli arti superiori è unacapacità organico-muscolare difondamentale importanza nella

ginnastica artistica, dal momentoche, in nessuna altra disciplina,assistiamo ad un così elevato

numero di movimenti nei quali l’a-tleta si ritrova con tutto il caricodel proprio corpo sugli arti supe-riori. Il ginnasta, inoltre, non solodeve stare in appoggio sugli artisuperiori, ma spesso deve anche

creare fasi di volo tramite partico-lari azioni di spinta (ad esempio, intutti gli esercizi di ribaltamento,eseguibili al suolo e agli attrezzi).Gli aspetti organico-muscolari,

però, nonostante la loro rilevanzanell’apprendimento tecnico sono

stati oggetto di un numero limita-to di indagini. Con questo lavoro si

è voluto indagare su quanto lacapacità di forza degli arti supe-riori influisca sulla realizzazione

della “verticale-spinta”, elementotecnico propedeutico per l’appren-dimento degli esercizi di ribalta-mento, in un gruppo di ginnaste.

La capacità diforza degli artisuperiori nella

ginnastica artistica

Foto: COSTANTINI

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Premessa

Anche nelle discipline tecnico-combinatorie, la forza rappresentauna delle più importanti capacità organico-muscolari. È ormainota a tutti la difficile, se pur stretta, dipendenza tra i risultati tec-nico-sportivi ed un ottimale sviluppo della forza muscolare: infatti,ciascuna tecnica ha nella forza un fattore limitante. D’altra parte,l’esclusiva cura dello sviluppo di questa capacità non determina unelevato sviluppo della prestazione. Questo è vero in particolare nella ginnastica artistica, dove la valu-tazione tecnica è il parametro di riferimento della prestazione.La relazione tra preparazione fisica (allenamento della forza inquesto caso) e preparazione tecnica deve essere vista, quindi, intermini quantitativi e soprattutto qualitativi.Da un punto di vista quantitativo, non bisogna dimenticare che,essendo gli esercizi ginnici legati ai diversi spostamenti del corponello spazio, risulterà ovviamente molto importante avere comeriferimento il livello della forza relativa (forza massima in relazioneal peso corporeo della ginnasta).Da un punto di vista qualitativo, l’allenamento moderno è caratte-rizzato da un elevato grado di specificità. Per quanto riguarda losviluppo della forza, in particolare, esso deve essere raggiuntoattraverso un miglioramento delle sue diverse espressioni, tenendoconto che ogni specialità è caratterizzata da uno specifico regimedi contrazione preponderante.Con il passare degli anni di allenamento, inoltre, il crescere dellaqualificazione dell’atleta costringe a scegliere mezzi di allenamen-to delle capacità organico-muscolari sempre più correlati con ilmodello di prestazione.Nel caso specifico della ginnastica artistica è corretto ipotizzareuna relativa indipendenza tra i requisiti organico-muscolari (inparticolare le diverse espressioni di forza muscolare) ed il risultatotecnico.

Tecnica della verticale-spinta

La verticale-spinta è uno degli esercizi propedeutici specifici perl’insegnamento della “spinta delle spalle” in molti degli esercizi diribaltamento che si possono eseguire al suolo e agli attrezzi. Inginnastica artistica per spinta di spalle si intende, in modo specifi-co, la capacità della muscolatura delle spalle di reagire, in formapiù o meno dinamica, al peso del corpo contro gravità mantenen-do gli arti superiori ritti. L’esercizio prevede, nello stesso istantedella posa delle mani al suolo (contemporanea allo slancio-spintadegli arti inferiori), una spinta delle spalle a braccia ritte in mododa ottenere un rimbalzo per tornare, dopo la spinta, sempre in ver-ticale (figura 1)1.

Scopo della ricerca

Presupposto che la preparazione fisica, in generale, costituisce unpunto di partenza imprescindibile per l’apprendimento tecnico, si èvoluto indagare quanto capacità di forza e tecnica esecutiva fos-sero in realtà correlate in ginnaste praticanti attività agonistica esoprattutto se, una volta acquisita la tecnica ottimale del movi-mento, nella sua esecuzione pratica fosse richiesta la massimaapplicazione di tale capacità organico-muscolare.In particolare, si è voluto indagare sull’importanza della capacitàdi spinta degli arti superiori (spinta di spalle) nell’effettuazione diun’azione motoria propedeutica utilizzata per l’apprendimentodegli esercizi di ribaltamento, la cosiddetta verticale-spinta. Ci sidomandava cioè se fosse necessario un elevato grado di forza peresplicitare una verticale-spinta tecnicamente efficace e/o al contra-rio, se una corretta tecnica esecutiva potesse produrre una impor-tante spinta, pur senza applicazione di grandi quantità di forza.

Materiali e metodi

Soggetti

Sono stati sottoposti ai test diciassette soggetti, di sesso femmini-le, praticanti ginnastica artistica; si è costituito un gruppo omoge-neo sia per l’età, compresa tra i 17 ed i 24 anni, sia per il livello diqualificazione, in quanto tutte partecipanti a gare di livello nazio-nale.Delle ginnaste sono state rilevate le misure relative alla statura edal peso; i dati sono riassunti nella tabella 1.

Apparecchiature

• Kit base Optojump by Microgate• Special Power B. Cacchi• Griglie per la rilevazione dei dati• Computer per l’elaborazione dei dati

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Figura 1 –

Età Statura Peso Anni di attivitàagonistica

1 19 165 50 82 19 162 53 113 20 164 55 124 19 159 50 95 18 161 52 106 19 160 52 107 20 163 56 128 20 166 55 119 18 160 49 910 17 162 51 1011 17 160 53 812 17 160 50 813 24 160 50 1014 23 152 48 1115 24 156 53 916 21,0 172 59 817 20,0 155 45 13

Tabella 1 – Dati del campione

Media 19,7 161,0 51,8 9,94Dev.St 2,2 4,5 3,3 1,56Max 24,0 172 59 13Min 17 152 45 8

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Strumentazione e test utilizzati per la ricerca

La capacità di spinta degli arti superiori, pur se oggetto di numero-si studi (studi, in verità, relativi soprattutto all’applicazione di dettacapacità nell’esecuzione dei salti-volteggi) non trova nella lettera-tura una metodica oggettiva di valutazione.Non bisogna dimenticare, infatti, che oggetto dello studio è statala spinta di spalle, cioè di quella specifica azione degli arti superioriesistente solo nella ginnastica artistica.Per cercare di rendere più oggettiva possibile la valutazione dellacapacità di spinta degli arti superiori, si è misurata l’altezza in cen-timetri della fase di volo (derivata dal tempo di volo), prodottadurante l’esecuzione della verticale-spinta, grazie al sistemaOptojump by Microgate. L’Optojump è un sistema di rilevamentoottico che permette la misurazione dei tempi di contatto e di volo,con una precisione di 1/1000 sec., durante l’esecuzione di unaserie di salti. È costituito da due barre strumentate (dimensioni100x4x3cm) poste una di fronte all’altra ad una distanza massimadi 4 m circa; una contiene la parte di controllo e ricezione, l’altraquella di trasmissione. Le barre sono collegate al cronometro por-tatile Racetime che consente il rilevamento dei dati relativi allamisurazione della forza esplosiva ed elastica, compresa la misura-zione dei tempi di reazione a segnali ottici e acustici.Alle ginnaste è stato richiesto di effettuare la verticale-spinta alsuolo; tramite nastro adesivo, è stata segnata una zona di ≈ 20 cmentro la quale bisognava effettuare la posa delle mani ed il succes-sivo arrivo dopo la spinta.

La posizione di partenza per l’esecuzione era libera, (dalla stazioneeretta con braccia in alto o in basso) in modo da non inficiare l’ac-quisita coordinazione individuale dell’elemento; si richiedeva alleginnaste di effettuare la spinta più energica possibile e di ricaderenella zona prefissata.La prova è stata ripetuta per tre volte (figura 2)

Per la valutazione, invece, della capacità di forza degli arti superio-ri è stato utilizzato lo Special Power B. Cacchi (figura 3).Questa apparecchiatura consente di lanciare verticalmente unbilanciere speciale montato su di una struttura che ne permette,appunto, lo scorrimento (con attrito costante prossimo allo zero).Tramite una fotocellula interfacciata ad un computer, il sistemaArm-Ergometer B. Cacchi registra i tempi di volo del bilanciere inmillisecondi; un apposito software elabora questi valori traducen-doli in centimetri, consentendo di conoscere l’altezza raggiunta dalbilanciere nonché la quantità di lavoro espressa in Joule.I protocolli dei test finora eseguiti con questa apparecchiatura(Reclined Throw e Reclined Throw countermovement) non sonostati utilizzati in quanto prevedevano una fase di piegamento degliarti superiori ed una successiva di spinta; il lancio del bilancierenel nostro caso doveva avvenire a braccia ritte dopo una semplice“ceduta” a livello scapolo-omerale.Per verificare l’attendibilità del test, considerando che il sistemaArm-Ergometer veniva utilizzato in una situazione diversa dal soli-to, si è ritenuto opportuno calcolare la correlazione test-retest (cfr.tabella 2).

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Figura 2 – Figura 3 –

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Il coefficiente di correlazione ottenuto, 0,91 è da ritenersi un buonindice di attendibilità del test. Nella figura 4 è riportata la distribuzione e la retta di regressionedella correlazione test-retest.

Analisi dei dati

I test sono stati somministrati secondo le seguenti modalità:• 1° giorno: prova d’apprendimento al bilanciere• 2° giorno: prova al bilanciere (n. 5 prove valide) (test)• 3° giorno: prova al bilanciere (n. 5 prove valide) (retest)• 4° giorno: test della “verticale-spinta” (n. 3 prove valide)Le prove del test con il bilanciere sono state eseguite nell’arcodella stessa settimana, per evitare che intervalli di tempo maggioripotessero condizionare i dati dei singoli test. Per quanto riguarda iltest/retest, in accordo con quanto indicato in letteratura, si è prov-veduto a somministrare le due prove a distanza di un solo giorno.I dati ottenuti nelle varie prove sono riassunti nelle tabelle 3, 4, 5.

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)

Bilanciere test (cm)

Correlazione test bilanciere

Figura 4 – Dispersione e retta di regressione test-retest bilanciere

Bilanciere test Bilanciere retest(cm) (cm)

1 10,4 10,22 11,3 9,23 9,3 9,64 8,6 8,65 9,7 10,76 11,0 11,27 13,9 13,18 7,8 7,69 6,0 7,810 5,0 5,211 3,9 3,612 5,1 6,313 5,9 4,314 7,4 7,415 11,2 8,816 17,9 14,017 6,60 4,2

Tabella 2 – Correlazione test/retest bilanciere

Bilanciere test (cm)

1a prova 2a prova 3a prova 4a prova 5a prova Media

1 10,4 9,6 9,9 10,1 8,7 9,742 8,5 10,0 11,3 8,2 9,4 9,483 7,0 8,5 6,6 7,8 9,3 7,844 6,7 6,7 5,1 6,8 8,6 6,785 7,2 9,7 7,8 5,7 8,8 7,846 7,5 7,5 10,4 10,9 11,0 9,467 13,9 12,1 9,7 8,8 9,2 10,748 4,9 7,0 7,8 3,2 7,5 6,089 3,8 5,4 6,5 6,0 4,4 5,2210 2,1 3,9 4,4 5,0 4,5 3,9811 2,0 3,9 2,0 2,8 3,6 2,8612 5,1 4,5 4,9 4,1 5,1 4,7413 3,4 5,3 3,4 5,9 4,6 4,5214 8,5 7,4 4,5 5,4 5,6 6,2815 8,6 11,2 7,8 8,5 9,4 9,1016 14,7 14,5 11,8 14,0 12,4 13,4817 4,2 6,6 4,2 4,5 5,0 4,90

Tabella 3 – Dati test bilanciere

Correlazione 0,91

Media 7,24Dev.St 2,73Max 13,48Min 2,86

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Bilanciere test (cm)

1a prova 2a prova 3a prova 4a prova 5a prova Media

1 9,5 7,1 10,2 8,4 8,7 8,782 6,7 9,2 7,2 7,5 9,4 8,003 8,3 7,4 7,8 6,7 9,6 7,964 5,4 5,6 7,6 8,0 8,6 7,045 9,7 10,0 10,7 8,3 9,1 9,566 10,4 10,1 10,5 11,2 10,2 10,487 13,1 8,6 9,4 10,2 9,1 10,088 7,6 7,0 7,0 5,1 6,4 6,629 5,2 6,8 5,1 7,8 5,5 6,0810 3,6 4,8 5,2 4,7 5,2 4,7011 3,2 3,2 3,6 3,1 2,9 3,2012 4,3 3,5 6,3 6,0 4,6 4,9413 4,2 2,7 5,0 4,3 2,7 3,7814 7,4 5,9 5,1 5,1 7,5 6,2015 8,8 8,3 7,5 7,8 8,8 8,2416 11,6 13,4 14,0 11,8 11,3 12,4217 3,7 3,1 4,8 3,5 4,2 3,86

Verticale spinta (cm) Media

1 10,1 12,2 8,7 10,32 16,2 21,7 16,9 18,33 9,4 9,7 10,2 9,84 7,1 6,8 9,4 7,85 11,1 11,1 10,9 11,06 8,3 9,6 9,1 9,07 8,9 7,6 4,4 7,08 7,4 8,1 8,3 7,99 9,9 9,8 8,6 9,410 9,4 9,6 8,6 9,211 10,3 10,1 9,1 9,812 10,1 10,3 13,1 11,213 9,8 6,6 7,3 7,914 9,4 6,7 7,6 7,915 8,4 7,1 7,5 7,716 7,3 7,9 7,7 7,617 7,1 8,2 7,7 7,7

Tabella 4 – Dati retest bilanciere

Tabella 5 – Dati verticale-spinta

Media 9,50Dev.St 2,70Max 18,30Min 7,00

Media 7,20Dev.St 2,54Max 12,42Min 3,20

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Per l’analisi statistica sono state prese in considerazione le provemigliori. Per verificare se tra capacità di forza degli arti superiori, misurataattraverso il test al bilanciere, e l’elemento tecnico della verticale-spinta esistesse una correlazione è stato calcolato il coefficiente dicorrelazione di Bravais-Person (tabella 6). Il valore ottenuto, pari a 0,06, dimostra come non ci sia una corre-lazione statisticamente significativa tra i due parametri valutati. Nella figura 5 è riportato il diagramma di dispersione con la relati-va retta di regressione lineare della correlazione ottenuta

Conclusioni

Scopo della nostra ricerca è stato quello di verificare l’esistenza dicorrelazione tra la capacità di spinta degli arti superiori ed un ele-mento tecnico quale la verticale-spinta. I valori ottenuti da taletipo di indagine, così prossimi allo zero, (0,06 per la correlazionetra verticale-spinta e test al bilanciere), hanno dimostrato che tra idue parametri messi a confronto, in realtà, tale correlazione nonesiste.Tali risultati sembrano confermare l’ipotesi iniziale di una relativaindipendenza tra la capacità generale di forza e l’esecuzione tecnicadel gesto in ginnaste di medio-alto livello: l’espressione della capa-cità di forza diventa altamente specifica ed è principalmente legataa particolari coordinazioni ed adattamenti di tipo neurogeno.In sostanza con il crescere della prestazione e degli anni di allena-mento, l’espressione della forza dipende in misura sempre maggio-re da un regime di contrazione specifico, sempre più correlato conil gesto tecnico.Ciò giustificherebbe, dal punto di vista metodologico, il grande usoche si fa nella ginnastica artistica del metodo degli esercizi specialie di gara, per l’allenamento di tale importante capacità organico-muscolare.Le ginnaste esaminate sono state soltanto diciassette, un campio-ne non eccessivamente numeroso. Non bisogna dimenticare, tut-

tavia, che il numero delle ginnaste di alta qualificazione con unnumero elevato di anni di allenamento non è poi così grande,tanto da averci fatto ritenere che il campione sia comunque rap-presentativo.Potrebbe inoltre risultare utile, per indagare più approfonditamen-te la relazione tra capacità di forza e capacità tecnica, utilizzarealtri metodi di indagine (ad esempio la curva Forza/tempo oForza/velocità), al fine di poter offrire agli allenatori dati oggettiviin base ai quali elaborare una sempre più adeguata metodologiad’allenamento.

Note(1) Per il disegno cfr Cartoni A. C., Putzu D. op.cit.

Indirizzo degli Autori: IUSM, Piazza Lauro de Bosis 15, 00194, Roma

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Bibliografia

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Verticale-spinta (cm)

Figura 5 – Dispersione e retta di regressione test-retest bilanciere

Verticale-spinta Bilanciere

1 12,2 10,42 21,7 11,33 10,2 9,64 9,4 8,65 11,1 10,76 9,6 11,27 8,9 13,98 8,3 7,89 9,9 7,810 9,6 5,211 10,3 3,912 13,1 6,313 9,8 5,914 9,4 8,515 8,4 11,216 7,9 14,717 8,2 6,6

Tabella 6 – Correlazione bilanciere/verticale-spinta

Correlazione 0,91

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Alcuni problemidella coordinazione

motoria

Vladimir Ljah, Accademia di Educazionefisica, Katowice; Istituto di Psicologia

per l’infanzia e gioventù, Mosca

Il lavoro che presentiamo è l'articolo diapertura del numero speciale della rivistaTeoria i praktika fisiceskoj kul'tury, pubbli-cato nel 1991, in occasione del 95° anni-versario della nascita di N. A. Bernshtein.Anche se scritto alcuni anni fa, l'articolonon ha perso nulla della sua attualità. Ilsuo Autore, V. N. Ljah, che rappresentaancora oggi uno dei più eminenti studiosidei problemi della coordinazione dei movi-menti - anche se le sue ricerche pluriennalisono quasi sconosciute nel nostro Paese -dopo avere illustrato come l'opera di NAB(considerato non soltanto uno dei padridelle moderna biomeccanica, ma l'inizia-tore della moderna teoria del movimento)abbia profondamente influenzato le ricer-che e l'opera di studiosi e ricercatori nonsolo russi, ma di vari altri Paesi, mette inrisalto quale sia l'importanza che ancoraoggi assumono i risultati delle ricerche e leidee del grande scienziato russo. In parti-colare, la sua teoria sul sistema del con-trollo a più livelli dei movimenti, secondoLjah, rappresenta una base teorica e prati-

ca per lo studio delle capacità coordinati-ve, ancora oggi non compresa ed utilizzatafino in fondo. A tale proposito, l'Autorecita i risultati di proprie ricerche, cercandodi dimostrare come l'approccio allo studiodelle capacità coordinative, basato sulleidee di NAB, permetta di sistematizzare glieventi ed i fatti che riguardano le differen-ze individuali nell'espressione di questecapacità; permetta un'analisi più profondadella dinamica delle correlazioni tra que-ste capacità ed una spiegazione della lorodiversa espressione e della loro variabilità,durante lo sviluppo. Secondo Ljah, inoltre,la concezione psicofisiologica sul sistemadel controllo a più livelli del movimentoproposta da NAB, può costituire una solidabase scientifica per l'elaborazione di testche permettono di valutare i parametridelle capacità coordinative. Ljah ricorda,però, che il lavoro sperimentale e le teoriedi NAB sono importanti non solo per lostudio e l'analisi delle capacità coordinati-ve dell'uomo. Esso ha enormemente con-tribuito alla comprensione ed allo studio

della filogenesi e dell'ontogenesi delle fun-zioni motorie, alla teoria delle abilità edelle abitudini motorie, allo sviluppo delleidee sulla natura dell'automatismo, all'a-nalisi dei movimenti volontari ed involon-tari, coscienti ed incoscienti, alle teoriesull'apprendimento motorio, come ancheall'analisi dei fenomeni del transfert edella generalizzazione. Tutti temi che con-tinuano a restare di grande attualità enella cui trattazione, per chi conosce leopere e le teorie di NAB, non è difficilericonoscere come molti concetti, cheattualmente sono quasi diventati sensocomune, tanto da apparire banali e quasiscontati, trovino proprio nell'opera diBernshtein la loro origine. Malgrado ciòLjah - ed in ciò sta anche il valore attualedella sintesi che fa delle idee e dell'operadi NAB - ci ricorda come, specialmente nelcampo dell'educazione fisica e dello sportlarga parte di esse non abbia trovatoancora l'attenzione e lo spazio che merita-no e come rimangano un fonte estrema-mente importante per ulteriori ricerche.

Dopo avere illustrata l'influenzadelle idee di N. A. Bernshtein relati-

ve ai meccanismi neurofisiologiciresponsabili del controllo dei movi-menti e come siano state sviluppate

in diversi Paesi e nei diversi ramidella scienza dello sport, viene

dimostrato come esse ed in partico-lare la sua teoria del controllo a piùlivelli del movimento, possano esse-re utilizzate, con successo, in parti-colare per lo studio delle capacità

coordinative. Vengono così riportatii risultati di ricerche condotte dal-l'Autore in questo campo, riguar-

danti il concetto di capacità coordi-native, il rapporto tra diverse capa-cità coordinative, la scelta dei testper il loro studio, i concetti di abi-lità e di abitudine motoria e i pro-

blemi dell'asimmetria motoria.

Le idee di N.A. Bernshtein, loro diffusione ed importanza pratica

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1. Introduzione

Quando N.A. Bernshtein era ancora in vita,le sue opere, realizzate nell’ambito dellaneurofisiologia, della biomeccanica, dellamedicina, della psicomotricità, caratteriz-zate da un’eccellente unità e profonditànella concezione scientifica del mondo,godettero di un notevole riconoscimento econtemporaneamente provocarono criti-che intense, soprattutto nel periodo com-preso tra il 1948 e il 1954. In questi ultimi decenni, le ricerche e leopere di Bernshtein, non solo non hannoperso di attualità, ma al contrario fannoriscontrare una continua crescita d’inte-resse verso di esse da parte di scienziatirussi e di altri Paesi. Ciò viene confermato,in modo esplicito, da una nuova edizionedelle opere di Bernshtein (Mosca, Nauka,1990), che comprende due suoi lavori fon-damentali: “Sulla costruzione dei movi-menti” (1947), che fu insignita del Premiodello Stato (all’epoca “Premio Stalin”) e“Saggi sulla fisiologia dei movimenti esulla fisiologia dell’attività” (1966), chel’Autore considerava il risultato fonda-mentale della sua attività scientifica.Noti scienziati dell’ex-URSS, come A.A.Uhtomskij, F.B. Bassin, S.G. Gellershtein,A.D. Novikov, N.G. Osolin, G.S. Gurgenize,V.P. Zincenko, V.V. Lebedinskij, A.P. Luria,I.M. Gel’fand, I.M. Feigenberg, L.V. Chaidzee molti altri hanno dedicato vari loro lavoriall’attività e all’importanza delle concezio-ni di Bernshtein per lo sviluppo, soprattut-to, della fisiologia, della biologia, della psi-cologia, della cibernetica, della filosofiadelle scienze naturali.Sia in Russia, come all’estero, il numerodelle pubblicazioni dedicate all’utilizzazio-ne creativa, all’analisi e allo sviluppo delleidee di quello che può essere considerato ilfondatore della moderna biomeccanica deimovimenti dell’uomo e della teoria del con-trollo dei movimenti, oltre che uno speri-mentatore ed un pensatore tra i principalidella nostra epoca, è in continuo aumento. Ad esempio, nella rivista Nauka i zisn’(“Scienza e vita”) (1976, n. 4-6), V.L. Nay-din, allievo di Bernshtein, ha esposto informa divulgativa le idee dello scienziatosui livelli di guida e di sfondo dell’organiz-zazione dei movimenti dell’uomo. V.I. Filip-povic, nella rivista Legkaja atletika (Atleticaleggera) (1980, n. 7), ha presentato le ideedi Bernshtein sul concetto di destrezzamotoria tratte dal suo libro: “Sulla destrez-za e sul suo sviluppo”. Dieci anni dopo, lastessa rivista, cominciando dal n. 3 del1990, ha pubblicato vari capitoli di questolibro. Questa pubblicazione è stata prece-duta da un articolo introduttivo del prof.Zaciorskij (n. 2, 1990), nel quale vienedescritta la storia eroica e nello stesso

tempo drammatica, della vita di questogrande scienziato.Una prova della comprensione e dell’inte-resse profondo verso i lavori di Bernshtein,che ha rivelato la loro importanza per unulteriore sviluppo delle ricerche neuro epsicofisiologiche, biomeccaniche, psico-motorie, è stata la Prima Conferenza Inter-nazionale: “Le ricerche attuali sulla motri-cità sportiva alla luce della concezione diN.A. Bernshtein”, appositamente dedicataall’attività dello studioso, che si è svoltanella ex-RTD nel novembre del 1988.Questo articolo si propone, in primo luogo,di fare conoscere al lettore l’esistenza dinuovi, o poco noti, lavori di eminenti spe-cialisti esteri, realizzati soprattutto nell’ul-timo periodo, ed in secondo luogo di pre-sentare un riassunto delle idee di Bernsh-tein e dei dati della letteratura specializza-ta sui meccanismi neuro- e psicofisiologiciresponsabili del controllo e della regolazio-ne delle azioni motorie dell’uomo. Inoltre,esso ha come obiettivo (e si tratta dell’o-biettivo più importante) quello di soffer-marsi su quelle idee, su quelle ipotesi e suquelle concezioni di Bernshtein che nonsono state ancora sufficientemente analiz-zate dagli specialisti, ma che, dal nostropunto di vista, risultano molto attuali edinteressanti e, senza dubbio, troverannouna risposta nella generazione attuale enelle future generazioni di scienziati.

2. La fortuna attuale delle ideedi Bernshtein

Tra i primi lavori, occorre citare il libroBewegungslehre, opera di un gruppo diautori, curato da due noti specialisti dellaRdt, il prof. Meinel e il prof. Schnabel(1987). Il libro è stato tradotto in moltelingue, ed è già arrivato all’ottava edizione.In esso, hanno trovato sviluppo e confer-ma sperimentale molte idee di Bernshtein:l’idea dell’interpretazione biopsicosocialedelle azioni motorie, quella sulla regolazio-ne a più livelli delle azioni motorie daparte del SNC, quella sulla coordinazionedei movimenti, quella sull’ontogenesi dellamotricità, ecc.Di notevole interesse è anche una mono-grafia del Presidente dell’AssociazioneAmericana di Psicologia Sportiva, prof. R.A.Magill: “L’insegnamento dei movimenti –concezioni e applicabilità” (Jowa: Wm. C.Brown Publ. 1989 – 544 p., III edizione). Inmolti punti di questo lavoro, si può notarela grande importanza dei lavori di Bernsh-tein che hanno avuto un effetto determi-nante sull’Autore, come anche sulle teoriedell’insegnamento dei movimenti, elabora-te dai famosi scienziati americani Adams eSchmidt.Nel suo libro (1984), nel quale spiega la

struttura delle capacità coordinative sullabase delle diverse teorie del “comporta-mento motorio”, K. Roth, un ricercatoredella Repubblica Federale Tedesca che hagià conquistato un ampio riconoscimentoda parte dei suoi colleghi, mette ad unodei primi posti la concezione di Bernshteine dei suoi continuatori diretti nella peda-gogia tedesca, K. Meinel e G. Schnabel.Nella ex-Rdt, alcuni gruppi di studiosi, gui-dati da noti specialisti, quali il prof. R.Pöhlmann (Rostok) e P. Hirtz (Greifswald),hanno realizzato alcuni studi sulla motri-cità sportiva alla luce dell’interpretazionematerialista dei movimenti proposta daI.M. Secenov e hanno pubblicato alcunemonografie fondamentali sulla base dellateoria di Bernshtein del controllo a piùlivelli dei movimenti e sulla base dei risul-tati delle sue ricerche.Sempre nella ex-Rdt, il prof. L. Beyer (Iena),il prof. Pickenhain (Lipsia) hanno realizzatole loro ricerche neurofisiologiche alla lucedelle idee di Bernshtein. Il problema “delsuperamento dei gradi ridondanti dilibertà...” è stato studiato da R. Buchmann(Berlino) e da K.-H. Leist (Monaco), mentreil prof. R. Weinberg (Amburgo) haapprofondito, sulla base della concezionedi Bernshtein, la teoria scientifico-sportivadell’apprendimento delle azioni motorie.Una grande ricerca sperimentale sullo stu-dio della struttura delle capacità coordina-tive dei giovani atleti è stata svolta da H.Eimmer (Lipsia) che, per interpretare i suoirisultati, ha utilizzato l’ipotesi di Bernsh-tein sui livelli guida e sui livelli di sfondodell’organizzazione dei movimenti, mentreil prof. Jantzen ha analizzato il rapportotra le categorie psicologiche e le categoriefisiologiche nel controllo dei movimenti,basandosi sulle riflessioni di Bernshtein. E.Joosch, O. Popp, S. Riebel (Iena) hannocontinuato ad approfondire le idee diBernshtein sui problemi del rapporto tra iltutto e gli elementi del tutto; sul problemadella formazione dei rapporti funzionali;sul problema dello sviluppo di strategiedifferenziate della regolazione dell’ele-mento del tutto e delle funzioni, mentreM. Sust (Iena) ha studiato la legge biomec-canica della forza. L. Nordmann (Lipsia) hastudiato il problema del transfert del com-portamento sensomotorio nei giovaniatleti, mentre il prof. S. Starischka (Dort-mund) ha unito l’approccio basato sullostudio scientifico dell’allenamento e l’ap-proccio biomeccanico al problema delladiagnostica delle capacità motorie e,soprattutto, delle capacità coordinative. Oltre che negli USA e nella Germania, leidee di Bernshtein si sono radicate anchein molti altri Paesi. In Polonia, le ricerche siconcentrano sul problema della formazio-ne tecnico-sportiva, sullo studio della

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coordinazione dei movimenti e sul proble-ma del controllo efficace dei movimenti,come anche sul fenomeno “simmetria-asimmetria dei movimenti” (W. Starosta,Varsavia). Il prof. S. Celikovskij (Praga) hautilizzato la teoria dell’informazione nel-l’ambito delle capacità coordinative. Leidee di Bernshtein sono conosciute anchein Iraq, dove sono state condotte ricerchesul ruolo svolto dalla sensibilità cinestesicae da altri tipi di sensibilità; sul ruolo svoltodalla capacità di memoria nel controllo deimovimenti di soggetti (studenti) praticantisport e di soggetti sedentari (prof. M. Han-tosch, Facoltà di Educazione fisica dell’U-niversità di Mosul). In India, vengono svol-te ricerche sull’individuazione delle princi-pali capacità coordinative in diverse disci-pline sportive (P.I. Sebastian) e sul livello disviluppo di queste capacità a seconda del-l’età biologica (K.D. Sharma).

3. Le idee di Bernshtein sul controllo dei movimenti e loroimportanza pratica e teorica per lo studio delle capacitàcoordinative

Nella letteratura specializzata russa edinternazionale, sono conosciute soprattut-to le idee di Bernshtein sui meccanismineuro- e psicofisiologici che controllano lefunzioni del cervello e che si trovano allabase della coordinazione dei movimenti. Leteorie su questi problemi hanno subitonotevoli modifiche durante la loro storia,ormai centenaria. I primi approcci scienti-fici alla spiegazione del comportamentomotorio dell’uomo e dei meccanismi dellacoordinazione dei movimenti, sono legatiai nomi di I.M. Secenov e I.P. Pavlov chehanno spiegato questi meccanismi dalpunto di vista della teoria dell’attivitàriflessa. In particolare, Pavlov considerava imeccanismi dell’attività coordinativa delSNC in relazione ai processi di eccitazionee di inibizione degli archi riflessi che parte-cipano alla realizzazione di una determina-ta attività motoria dell ’organismo,mostrando che, nell’organizzazione degliatti motori finalizzati (coordinazione deimovimenti), un ruolo importante vienesvolto dalle zone frontali dell’encefalo; chei movimenti volontari vengono svolti gra-zie all’attività complessa dell’analizzatoremotorio e di altri sistemi analizzatori. Unruolo di grande importanza nella spiega-zione dei meccanismi della regolazionenervosa delle azioni motorie è stato svoltodalla “teoria del dominante” di A.A.Uhtomskij, dalle idee sulla struttura a piùpiani del riflesso condizionato di E.A.Astratian, dalla concezione di P.K. Anohinsull”accettore dell’azione” e dalle idee diS.A. Kosilov, che spiegano i processi cosid-

detti “perfetti” di coordinazione dei movi-menti (fluidità, ritmicità, esclusione dimovimenti superflui, economia) comerisultante delle tracce dell’eccitazione,della concentrazione della forza muscolaree dei processi nervosi, sulla base dellalegge dell’immagine integrale del movi-mento di lavoro.Però, le teorie degli specialisti che spiega-no i meccanismi della coordinazione deimovimenti sulla base dell’attività delriflesso condizionato, da un lato non sonostate ancora confermate sperimentalmen-te, come sarebbe necessario, e dall’altro leteorie basate sui riflessi condizionati nonspiegano sufficientemente le funzioni dicontrollo dell’encefalo rispetto all’attivitàmotoria dell’uomo (A.P. Luria, N.A. Rokoto-va, V.S. Gurfinkel’ et al.), perché lo schemadel riflesso condizionato come sistema dicontrollo (secondo il meccanismo dell’arcoriflesso) non è in grado di effettuare unacorrezione continua degli errori e di cerca-re le diverse varianti delle reazioni dirisposta, che rappresentano una caratteri-stica indispensabile del processo motorio.Bernshtein ha compiuto un passo in avan-ti, completamente nuovo, nell’interpreta-zione del controllo dei movimenti, che –probabilmente – proprio per questo non fuimmediatamente compreso. Infatti, hascoperto nuove funzioni che caratterizza-no l’encefalo come sistema del controllodei movimenti e ha formulato nuovi con-cetti per la fisiologia dell’attività cerebrale,come quello di scopo, quello di ricercaattiva, quello di circuito chiuso gerarchicodi controllo (lo schema del circuito (anello)riflesso). Ha giustificato la teoria dellastruttura polifunzionale e gerarchica del-l’attività psicomotoria dell’uomo ed haindividuato un insieme, composto da cin-que livelli d’organizzazione dei movimenti,controllati dalle diverse zone del SNC,responsabili delle funzioni motorie (la cor-teccia sensomotoria e frontale, le strutturestriopallidali, il cervelletto, il nucleo rosso,il midollo spinale) e della periferia che essecontrollano (soprattutto i muscoli).Bernshtein distingue questi piani dellacostruzione dei movimenti:A: il livello delle regolazioni paleocinetiche

(il livello rubrospinale del sistema nervo-so centrale);

B: il livello delle sinergie (il livello talamopallidale);

C: il livello del campo spaziale (il livellopiramido-striale) che si differenzia indue sottolivelli: C1 – il sottolivello strialeche appartiene al sistema extrapirami-dale e C2 – il sottolivello piramidale cheappartiene al gruppo dei livelli corticali;

D:il livello delle azioni (delle azioni mate-riali, delle catene concettuali, ecc.) (illivello sincipite-premotorio);

E: il gruppo dei livelli corticali, che control-lano le coordinazioni simboliche (il lin-guaggio, la scrittura, ecc.)

Per la loro migliore comprensione nelriquadro di pag. 58 riportiamo quanto lostesso Bernstein scriveva, nel suo libroSulla costruzione dei movimenti (1947).

Nonostante alcune differenze nei punti divista, i principi del controllo dei movimen-ti, proposti da Bernshtein, attualmentevengono condivisi, oltre che dagli speciali-sti già citati, dalla maggiore parte deglialtri ricercatori (I.M. Gel’fand, V.S. Gur-finkel’, M.L. Ztlin, M.L. Shik, J. Miller, E.Galanter, K. Pribram, N.A. Rokotova, Ja.M.Koz, E.N. Surkov et al.). Questi specialistihanno ampliato le nostre conoscenze sulsistema della regolazione centrale delleazioni motorie ed hanno ampliato i lcampo di utilizzazione di queste cono-scenze, per spiegare altre forme di com-portamento finalizzato dell’uomo. Però, attualmente, le nostre conoscenzesulle funzioni neurofisiologiche del cervel-lo come sistema di controllo dei movimen-ti non possono essere considerate ancorasufficienti. Inanzittutto, non è ancoraabbastanza chiara la logica del funziona-mento dei meccanismi superiori di elabo-razione dell’informazione, cioè dei sistemidi immagazzinamento a lungo terminedelle informazioni e il sistema della valuta-zione (cioè della variazione e della classifi-cazione) dell’informazione attuale (corren-te) sugli eventi esterni e sugli stati funzio-nali interni legati ad essi (N.A. Rokotov).Attualmente, è ancora difficile spiegarecome funzionano i sistemi che trasforma-no l’informazione elaborata e valutata inun processo controllato; come avviene laricodificazione dell’informazione, ad esem-pio dell’informazione visiva, in termini chepossano essere “compresi” dai sistemi dicontrollo dell’organo in movimento, ecc.In Russia, le ricerche biomeccaniche diBernshtein sono state continuate da L.V.Chaidze, D.D. Donskoj, V.M. Zaciorskij, I.P.Ratov, V.N. Korenberg e molti altri.Se affrontiamo l’esposizione di quelle idee,di quelle concezioni e di quelle proposte diBernshtein che sono di grande valoresoprattutto per la teoria e pratica dell’edu-cazione fisica, vogliamo sottolineare anzi-tutto che Bernshtein è stato uno dei primistudiosi che si sono basati sui principi e suiconcetti dell’approccio e dell’analisi fonda-te sulla teoria dei sistemi insieme a L.S.Vygodskij (nel suo studio delle funzionipsichiche superiori) e P.K. Anochin (che haelaborato la “teoria del sistema funziona-le”). Bernshtein ha utilizzato questo tipo dianalisi per spiegare i fenomeni dell’allena-bilità, dell’abitudine motoria, della coordi-nazione dei movimenti e della destrezza (o,

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utilizzando il termine più esatto, dellecapacità coordinative). Così, nello sviluppodelle sue idee sulla natura di questi feno-meni, si è basato sui meccanismi neuro- epsicofisiologici del controllo dei movimen-ti, sulla loro struttura e sul loro funziona-mento. Inoltre, ha utilizzato il metodogenetico, cioè ha analizzato il problemadella loro origine e del loro sviluppo, sianella filo- che nell’ontogenesi. Proprioquesto approccio permette di spiegare (enon solo di descrivere) in modo dialetticol’allenabilità dei movimenti, l’abilità moto-ria, le capacità coordinative e di trovareper ciascuno di questi concetti una posi-zione in un sistema integrale, definito

come teoria delle coordinazioni. Finora,l’approccio proposto da Bernshtein rimaneun tentativo insuperato del pensiero siste-mico nell’analisi dei concetti citati, nelquale ciascuno di essi non si presentasemplicemente come definizione (termine)riuscita, ma come concetto (nozione) chefa parte integrante di una concezionescientifica.L’utilizzazione della teoria di Bernshteinsul sistema a più livelli del controllo deimovimenti, ha mostrato come sia oppor-tuno applicarla per l’analisi e per lo studiodelle capacità coordinative nell’ontogenesidell’uomo (Ljah, 1979, 1990). In particola-re, è stato formulato il concetto di capa-

cità coordinative ed è stata elaborata unaloro classificazione e sono state definite lecaratteristiche qualitative e quantitativenecessarie e sufficienti, di queste capacità:- la correttezza (l’adeguatezza e la preci-

sione),- la rapidità (la tempestività e la velocità),- la razionalità (l’opportunità e l’econo-

mia),- l’ingegnosità (l’iniziativa e la stabilità).L’analisi teorica e le ricerche sperimentalisvolte hanno dimostrato che ogni caratte-ristica delle capacità coordinative non rap-presenta semplicemente una particolaritàsemplice e univoca, che caratterizza que-ste capacità. Invece, ciascuna di questecaratteristiche è complessa e non univoca.Proprio questa circostanza spiega l’assenzadi correlazioni, oppure il carattere con-traddittorio che esse assumono, tra idiversi parametri della precisione, dellavelocità, dell’economia e della stabilità deimovimenti. Ad esempio, in alcuni casi, iparametri della precisione (cioè della ripro-duzione e della differenziazione dei para-metri dei movimenti) dipendono maggior-mente dalla finezza delle sensazioni e dellepercezioni cinestetiche (il cosiddetto“senso muscolare”) che si basano sul livelloB (il livello delle sinergie o livello talamo-pallidale del SNC); in altri casi essa, adesempio durante i movimenti nella corsa,viene determinata prevalentemente dalsottolivello del campo spaziale C1; in altricasi ancora, i parametri della precisione diun tiro o di un calcio ad un pallone vengo-no determinati da un elevato grado di svi-luppo del sottolivello C2, del livello pirami-dale che “guida” la precisione del tiro.Naturalmente, i rapporti di correlazione traquesti tipi di precisione possono esserecompletamente assenti in quanto “questitipi di precisione” sono eterogenei. In uncerto qual modo, ciò riguarda anche tuttigli altri parametri che determinano lecapacità coordinative attraverso la preci-sione, la rapidità, l’economia, la stabilità,oppure attraverso la loro combinazione(V.I. Ljah, 1987, 1990).Nello studio del problema dei rapportireciproci (correlazioni) tra le diverse capa-cità coordinative, la maggiore parte degliAutori si limita a constatare la loro esi-stenza o la loro assenza e, purtroppo, noncerca di individuare quali siano le causereali dell’esistenza o dell’assenza di questecorrelazioni. Però, il problema consiste nontanto nel fatto che alcuni soggetti assimi-lano facilmente e velocemente i movimen-ti degli esercizi della ginnastica artistica,mentre altri soggetti quelli dei giochi spor-tivi, quanto nel perché ciò avviene. Spiega-re questi fenomeni attraverso diversi ten-tativi empirici, descrittivi, ecc. non è moltosemplice. Questi “tentativi privi di una base

Il concetto di livelli diversi della costruzione (organizzazione) dei movimenti viene com-preso meglio se si confrontano una serie di movimenti simili, per quanto riguarda il loroaspetto esterno, ma molto diversi, per quanto riguarda la loro costruzione (organizza-zione) per livelli.Ad esempio, l'uomo può eseguire il movimento circolare con un braccio, in una serie disituazioni molto diverse tra di loro. Ad esempio:A: nell'esecuzione molto rapida del "vibrato" del pianoforte, cioè nella ripetizione dellastessa nota o della stessa ottava con una frequenza di 6-8 volte al secondo, spesso ipunti della mano e dell'avambraccio dei grandi maestri si muovono su piccoli cerchi (oellissi). B: si può disegnare con il braccio un cerchio nell'aria, eseguendo un esercizio diginnastica o un movimento coreografico. C: l'uomo può tracciare con la matita il con-torno di un cerchio disegnato o impresso sulla carta (C1) oppure ridisegnare un cerchioche vede davanti a sé (C2). D: può eseguire un movimento circolare della mano, facen-do un punto con l'ago o sciogliendo un nodo. E: dimostrando un teorema geometrico,può disegnare sulla lavagna un cerchio che fa parte del disegno che viene usato perdimostrare questo teorema. Si tratta sempre di cerchi o di qualcosa di simile ad essi. Però, in tutti gli esempi citati,le loro radici nervose centrali, i loro livelli d'organizzazione sono notevolmente diversi.In tutte le varianti citate, inoltre, potremmo vedere che ci sono anche differenze nellameccanica del movimento, nella sua immagine spazio-dinamica esterna e, ancora piùimportante, nei meccanismi di coordinazione che determinano questi movimenti.Innanzittutto, bisogna notare che tutti questi movimenti circolari ogni volta sono legatiad afferenze diverse. I cerchi nell'esempio A (e ciò sarà dimostrato nei capitoli III e IV)vengono realizzati spontaneamente, grazie al riflesso propriocettivo inconscio. Anche ilcerchio descritto in un movimento di ginnastica e in un movimento coreografico (B)viene realizzato grazie alla correzione propriocettiva, però, non elementare riflessa, ma ,in una determinata misura, cosciente che manifesta il prevalere non delle componentimuscolari di forza, ma delle componenti articolari spaziali dell’afferentazione proprio-cettiva. Il cerchio contornato (C1) o disegnato (C2) viene realizzato con il controllodominante da parte della vista: nel primo caso, più spontaneo e primitivo; nel secondo,effettuato da un sistema afferente sintetico molto complesso cioè il "campo visivo-spaziale". Nel caso D, il sistema afferente principale è rappresentato dall'idea dell'ogget-to, dalla percezione dell'oggetto, dalla comprensione della sua forma e del suo signifi-cato, che producono un risultato attivo rappresentato da un'azione attiva o una serie diazioni, dirette alla manipolazione finalizzata di questo oggetto. Ed infine, nel caso E (ilcerchio disegnato da un professore di matematica sulla lavagna), il momento principaleè rappresentato non tanto dalla riproduzione della forma geometrica del cerchio (comesarebbe stato se al posto del professore di matematica sulla cattedra ci fosse stato unprofessore di disegno), quanto la rappresentazione semicondizionata dei rapporti tra ilcerchio disegnato e altri elementi del disegno matematico. L'alterazione della formacorretta del cerchio non disturba l'idea del professore e non provoca nella sua motricitàalcun impulso di correzione che, invece, sarebbe stato provocato immediatamente, nellastessa situazione, in un professore di disegno.Tutti i movimenti descritti (da A fino ad E) rappresentano cerchi, per quanto riguarda iloro schemi muscolari e articolari, però, in ogni caso concreto, la loro realizzazione, laloro costruzione, effettuata dal Sistema nervoso centrale, si realizza ad un livello diverso.

Bernstein N.A Sulla costruzione dei movimenti, Mosca; 1947, pagg. 41-42

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interpretativa fondamentale si infrangonosempre contro il muro di una enormevarietà di dati” (Bernshtein, 1947, p. 172). Questi problemi vengono concretizzatinell’ambito della “teoria del controllo a piùlivelli”. Secondo le idee di Bernshtein, perla realizzazione di compiti motori chesono diversi sia per quanto riguarda la loroorigine e il loro significato, sia per quantoriguarda molte delle loro caratteristichepsicofisiologiche, vengono formate strut-ture diverse, a più livelli, che vengonoregolate dal corrispondente livello “guida”

che è quello che determina gli aspetti con-cettuali o gli obiettivi dell’attività motoria.Sotto questo controllo da parte del livelloguida, alla realizzazione dell’azione moto-ria partecipano i livelli di sfondo chegarantiscono le componenti di sfondo equelle tecniche del movimento: il tonomuscolare, le sinergie complesse, ecc. Adognuno di questi livelli corrispondono unsubstrato anatomico in una determinataparte del SNC e le correzioni sensorialitipiche di questo livello, che rappresentanoil fondamento della coordinazione deimovimenti. In soggetti diversi, i relativigradi di sviluppo dei singoli livelli coordi-nativi sono diversi. “Esistono persone

caratterizzate da una grande grazia earmonia nei movimenti del corpo (livelloB), che contemporaneamente hanno maniestremamente incapaci e non sono ingrado di maneggiare anche il più semplicedegli attrezzi. Altre persone sono caratte-rizzate da un’elevata precisione di queimovimenti minuti che sono necessari, adesempio, nel lavoro di un orologiaio o diun incisore, però, sono goffe, poco agili,inciampano su un pavimento liscio equando camminano urtano le sedie e lefanno cadere; in queste persone i livelli C2

e D prevalgono sul livello B”. Alcuni sog-getti assimilano facilmente gli esercizi gin-nici ed acrobatici, diretti allo sviluppo dellecapacità coordinative (il livello guida C) e,con difficoltà, quelli dei giochi sportivi (illivello guida D), ecc.Quindi, secondo Bernshtein, un determina-to livello di sviluppo e un determinatolivello di allenabilità sono una caratteristi-ca tipica non di singoli atti motori (in tuttala loro varietà), ma di interi gruppi dimovimenti che costituiscono: “gli attrezzi(il bagaglio) dell’insieme di un determinatolivello di organizzazione dei movimenti daparte del SNC”. Questi livelli non sonomolto numerosi e in un individuo concreto

è molto più facile fornire una valutazionedi ciascun livello, che studiare e valutareogni singolo atto motorio. Quindi, se unsoggetto mostra elevate capacità coordi-native relativamente a due movimentiappartenenti al sottolivello inferiore C1 (adesempio, relativamente a qualche esercizioacrobatico), è possibile prevedere, congrande probabilità, che mostrerà un eleva-to livello di capacità coordinative in altrimovimenti di questo gruppo. Oppure, seun soggetto dimostra un elevato livello dicapacità coordinative in alcuni movimenti

balistici finalizzati alla precisione, apparte-nenti al sottolivello superiore C2, su que-sta base si può presumere che vi sia unelevato livello di capacità coordinative,anche in altri movimenti appartenenti aquesto sottolivello.Alla luce di quanto detto precedentemen-te, l’obiettivo pratico della verifica dell’ipo-tesi di Bernshtein consiste nel dimostrareche i parametri omogenei delle capacitàcoordinative, controllati dagli stessi livellidi guida e di sfondo di organizzazione delmovimento, debbono essere maggiormen-te correlati (correlazione positiva) tra loro,mentre i parametri eterogenei, che riguar-dano livelli diversi di guida e di sfondo,

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Strutture nucleari e strutture di rete dei canali afferenti, una parte dei quali forma il feedback a più canali

Strutture nucleari e strutture di rete dei canali afferenti del rapporto diretto

Figura 1 – Sistema a più livelli del controllo dei movimenti. A – livello delle regolazioni paleocinetiche; B – livello delle sinergie; C – livello del campospaziale, C1 – sottolivello striale, C2 – sottolivello piramidale; D – livello delle azioni; E – livello delle coordinazioni simboliche. Modificato da “Bio-mehanika i fisiologhija dvizenij (Biomeccanica e fisiologia dei movimenti), Bernstein N.A., a cura di V.P. Zincenko M., 1997, p. 586

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sono caratterizzati o dall’assenza di rap-porti di correlazione, o da correlazioniscarse o mediamente positive, ma anchedalla probabilità che siano negative.Questa ipotesi è stata da noi verificatasperimentalmente su bambini (maschi efemmine) appartenenti a tutte le fasce dietà comprese tra i 7 e i 17 anni (n>2 000),analizzando circa 50 000 coefficienti dicorrelazione. Si è visto che può essereosservato un transfert positivo delle capa-cità coordinative solo nelle azioni motorieappartenenti agli stessi livelli di guida e difondo di organizzazione dei movimenti(caratterizzate da aspetti concettuali e diprogrammazione simili, come anche dacomponenti di realizzazione e da unastruttura motoria simili). Un determinatotransfert positivo, anche se inferiore alprimo caso, si nota in quei casi in cui leazioni motorie vengono controllate dalivelli guida simili e da livelli di sfondodiversi, oppure da livelli di guida diversi eda livelli di sfondo simili. Infine, nelle azio-ni motorie controllate sia da diversi livellidi guida che da diversi livelli di sfondo sinota un transfert neutro ed a volte negati-vo (Liah, 1987).

Le ricerche realizzate hanno permesso diconcludere che, in tutti quei casi in cui isoggetti sono caratterizzati da un livelloscarso, ma relativamente uguale, di espe-rienza motoria (livello di apprendimento)e, quindi, da uno scarso numero di compo-nenti automatizzate del movimento, ibambini caratterizzati da uno maggioresviluppo dei livelli di guida di organizza-zione dei movimenti che determinano gliaspetti concettuali e di programmazionedei movimenti stessi (la correttezza e l’in-gegnosità dell’esecuzione) hanno un livellopiù elevato di capacità coordinative. Edinvece, con l’aumento dell’esperienzamotoria e del numero delle componentiautomatizzate delle azioni motorie, unlivello più elevato di capacità coordinativeviene mostrato dai soggetti caratterizzatida un volume più ampio e da un livello piùelevato di formazione delle abilità tecniche

e degli automatismi superiori dei livelli disfondo del campo spaziale C e del livellodelle sinergie B. È presumibile che la velo-cità e la razionalità, cioè i criteri piùimportanti della valutazione delle capacitàcoordinative nella tappa finale dell’ap-prendimento di azioni motorie complessedal punto di vista coordinativo, sianodeterminate da un’attività sintonizzata traquesti due livelli (Ljah, 1990). In generale, l’approccio basato sulla con-cezione di Bernshtein permette di sistema-tizzare gli eventi ed i fenomeni riguardantile differenze individuali nella manifesta-zione delle diverse capacità coordinative,favorisce un’analisi più profonda delladinamica delle correlazioni tra questecapacità e una spiegazione della lorodiversa espressione e della loro variabilitànei bambini, durante il passaggio da unafascia di età all’altra (Ljah, 1990).Uno dei momenti più importanti e fonda-mentali nella scelta dei test per la valuta-zione delle capacità coordinative è rappre-sentato dalla loro giustificazione teorica.Purtroppo, nelle ricerche scientifiche,spesso si ricorre a test privi di qualsiasisolida giustificazione scientifica. Vienetacitamente stabilito che uno o più test,scelti dall’Autore per la ricerca, valutano“la coordinazione”, “le capacità coordinati-ve” o “la destrezza”. Però, questa imposta-zione non può essere considerata corretta.In primo luogo, utilizzando un solo test,anche il più complesso, che comprendemolti compiti motori, non si possono otte-nere valutazioni precise e differenziate dellivello di sviluppo di capacità coordinativeconcrete. In secondo luogo, non è lecitovalutare il livello di formazione di tutte lecapacità coordinative, il cui numero èpiuttosto elevato, sulla base di uno o dipiù test, anche se abbastanza informativi.In altre situazioni abbastanza frequenti,non è molto chiaro il contenuto psicologi-co o fisiologico dei test utilizzati. In parti-colare, in molti lavori sul problema deitest, viene affrontato in modo poco scien-tifico quel problema che può essere rias-sunto nella domanda: “un determinatotest di cosa rappresenta il parametro?”Qui, un test presenta un determinato inte-resse solo dal punto di vista della sua cor-relazione (rapporto) con altri test simili.Però, in questi casi, cioè quando non èabbastanza chiaro il significato psicofisio-logico dell’esperimento, quando i test ven-gono scelti in base ad un “empirismocieco”, oppure basandosi sulle osservazionidella vita quotidiana, non si possono otte-nere risultati scientifici chiari, soprattuttoper quanto riguarda l’interpretazione dellanatura delle differenze individuali che sitrovano alla base di determinate capacitàcoordinative. Quindi, i test debbono sem-

pre avere una solida base scientifica (unateoria).Questa base può essere rappresentata, consuccesso, dalla concezione psicofisiologicasul sistema del controllo a più livelli deimovimenti proposta da Bernshtein, secon-do la quale nell’uomo si individuano sedicicapacità coordinative speciali ed alcuneparticolari (specifiche) che appartengono adue classi di destrezza: “la destrezza cor-porea” e “la destrezza manuale” (Ljah,1987). Da questo punto di vista, il compitodegli scienziati consiste nell’elaborare, onel reperire in letteratura, il maggiorenumero possibile di test per la valutazionedei parametri di queste capacità coordina-tive e di sottoporli, quando necessario, averifica sperimentale. L’approccio che rite-niamo più corretto è quello che prevedeche ogni singola capacità coordinativavenga studiata possibilmente attraverso lavalutazione di più parametri di controlloomogenei. Ciò, da un lato, permette diottenere una valutazione più affidabile delsuo livello di sviluppo e, dall’altro, l’esi-stenza di correlazioni positive tra caratte-ristiche omogenee mostra che questi test(gruppi di test) sono equivalenti e valutanola stessa capacità coordinativa.

4. Il contributo di Bernshteinalla comprensione ed allo studiodell’ontogenesi e filogenesi deimovimenti umani

Oltre alla notevole importanza della teoriadi Bernshtein per lo studio e l’analisi dellecapacità coordinative dell’uomo, occorrenotare il suo enorme contributo alla com-prensione e allo studio della filogenesi edell’ontogenesi delle funzioni motorie(motricità), alla teoria dell’abilità motoria,e, in particolare, alle idee sulla natura del-l’automatismo, all’analisi dei movimentivolontari ed involontari, coscienti ed inco-scienti, all’analisi dei fenomeni “transfert”e “generalizzazione”. Nel saggio: Sull’origine della funzionemotoria, Bernshtein ha dimostrato, ad unelevato livello scientifico, nel suo tipicomodo avvincente ed espressivo, perché neimovimenti extrapiramidali l’uomo risultainferiore rispetto agli uccelli e: “nei movi-menti che fanno parte del livello delcampo spaziale, una serie di mammiferisupera, per quanto riguarda la motricità,l’uomo: un gruppo lo supera per quantoriguarda l’agilità; un altro, per quantoriguarda la forza; un terzo ancora, perquanto riguarda la precisione, la stabilità,la resistenza, la lunghezza nei salti, la per-fezione dell’equilibrio, ecc.” Però, già nel-l’ambito delle azioni con gli oggetti e dellecatene concettuali, tutto ciò di cui dispon-gono anche le scimmie antropoidi rappre-

Abbiamo definito come livello guida illivello superiore, responsabile della rea-lizzazione di un determinato atto moto-rio; i livelli subordinati, inferiori ad esso,che assistono dal punto di vista tecnicoquesto determinato atto, sono statidefiniti come livelli di sfondo, mentre lecorrezioni supplementari realizzate daquesti livelli sono state definite corre-zioni di sfondo o semplicemente sfondidi un determinato movimento.

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senta soltanto un inizio elementare,rispetto all’enorme ricchezza psicomotoriatipica dell’uomo.Le righe scritte da Bernshtein sull’anda-mento dello sviluppo della motricità infan-tile dal momento della nascita fino all’etàdi 3 anni e nel periodo compreso tra i 3anni e i 10 anni, si leggono con grandeinteresse. L’Autore analizza questo proble-ma in relazione alla maturazione e allo svi-luppo funzionale dei livelli d’organizzazio-ne dei movimenti. In particolare, il periodocompreso tra i 3 e i 7-8 anni viene carat-terizzato come periodo di sviluppo funzio-nale del sottolivello inferiore (striale) dellivello del campo spaziale che guida i livellidi fondo sinergici talamo-pallidali. A que-sto proposito: “nei bambini la grazia e lamobilità locomotorie, tipiche di questoperiodo di età, coesistono con un livellomolto scarso di destrezza corporea gene-rale (senza parlare di quella manuale)”.Questa “goffaggine graziosa”, tipica deibambini dai 3 ai 7 anni , viene spiegatacon il fatto che: “la destrezza, che rappre-senta una specie di manovrabilità deimovimenti, di ingegnosità, di capacità dicombinare ad hoc formule motorie ade-guate, richiede un livello elevato di svilup-po funzionale dei livelli corticali C2 e D el’accumulo in essi di una determinataesperienza motoria”. Bernshtein propriocon l’immaturità di questi sistemi coordi-nativi spiega il fatto che: “i bambini di 3-7anni saltano relativamente male gli osta-coli, non sono abili nel prendere la mira,nell’arrampicarsi sugli alberi o su scale dicorda, ecc. Tutto questo riesce dopo, conl’inizio dell’adolescenza”.Analizzando l’andamento dell’ontogenesidella motricità, Bernshtein ha propostoun’interpretazione originale della naturadella dominanza nell ’uso della manodestra e della mano sinistra, che ancoranon è stata utilizzata, né dagli scienziati nésul piano pratico. Bernshtein ha dimostra-to che: “la differenza funzionale tra lamano destra e la mano sinistra non è tipi-ca di tutti i livelli di organizzazione deimovimenti, ma inizia soprattutto solo dallivello puramente corticale D”. Sulla basedella teoria “del controllo a più livelli” essospiega quali siano le cause delle differenzeche si trovano nelle opinioni dei vari Auto-ri sul problema dell’età in cui viene indivi-duata l’asimmetria motoria del bambino:alcuni ricercatori parlano di un’età di 2anni, altri di 14 anni. Bernshtein affermache tutto deriva da quali movimenti sonostati osservati (studiati) dall’Autore. Sel’osservatore ha dedicato più attenzionealle azioni con oggetti, allora nota prima ladisparità (l’asimmetria destra-sinistra) trail lato destro e il lato sinistro. Le ricerchesperimentali mostrano che, nel periodo

compreso tra l’età della scuola elementaree l’età della scuola media, si può parlare diun evidente aumento dell’asimmetriadestra rispetto all’asimmetria sinistra erispetto all’ambidestrismo, soltanto perquanto riguarda le azioni motorie control-late dal livello corticale superiore D delleazioni con oggetti. Ciò viene favorito dal-l’aumento della percentuale delle azionimotorie con oggetti nel numero totaledelle azioni eseguite nella seconda metàdell’infanzia (7-10 anni). Contemporanea-mente, non si può parlare di una prevalen-za evidente di soggetti caratterizzati dal-l’asimmetria destra o dall’ambidestrismotra i bambini di tutte le fasce di età e disesso, quando si tratta dell’esecuzione deicompiti motori che appartengono allaclasse della cosiddetta “destrezza corpo-rea” che viene controllata, come dicevaBernshtein, dal livello guida del campospaziale C, che è abbastanza simmetrico.Questo livello funziona con maggioreintensità nel periodo di età compreso tra i3 ed i 7 anni e raggiunge il suo maggiorelivello di sviluppo verso l’inizio del secondodecennio di vita. Quanto abbiamo detto viene confermatoda un esperimento pedagogico che preve-deva l’esecuzione di esercizi diretti allo svi-luppo delle capacità coordinative: corsa,salti, lanci, esercizi di sviluppo generale(eseguiti in ambedue le direzioni). È statodimostrato che il rapporto “asimmetria-simmetria” cambia a favore dell’asimme-tria sinistra e dell’ambidestrismo soprat-tutto nell’età scolare inferiore e superiore.Contemporaneamente, questo esperimen-to ha dimostrato che l’esecuzione di azionidi giochi sportivi, controllate dal livello“asimmetrico” delle azioni con oggetti (D),dominato, nella maggiore parte dei casi,dall’emisfero sinistro dell’encefalo, nonproduceva un’influenza notevole sul rap-porto tra soggetti destri, mancini e sog-getti ambidestri dell’età scolare media esuperiore (Ljah, 1990).Dal punto di vista della teoria di Bernsh-tein, si può anche riuscire a spiegare l’esi-stenza di grandi differenze, per quantoriguarda i parametri quantitativi, nell’ere-ditarietà di caratteristiche simili ed anchediverse nelle capacità coordinative. È pre-sumibile che, la causa principale di questadifferenza nella probabilità di ereditare lecaratteristiche delle capacità coordinative,consista nel fatto che i ricercatori hannostudiato parametri della coordinazionecompletamente diversi per quanto riguar-da le loro componenti concettuali ed ese-cutive, che vengono controllate da livelli diguida (C1, C2, D) e da livelli di sfondodiversi di organizzazione dei movimenti.Evidentemente, una maggiore ereditarietàè tipica di quelle caratteristiche delle capa-

cità coordinative che sono controllate dalivelli più antichi di organizzazione deimovimenti, ad esempio dal livello di guidadel campo spaziale C. A questo livelloappartengono diversi gruppi di capacitàcoordinative della classe destrezza corpo-rea. Di conseguenza, una minore eredita-rietà è tipica di quelle caratteristiche dellecapacità motorie che vengono controllatedal livello guida delle azioni con oggetti D.A questo livello appartengono diversigruppi di capacità motorie della classedestrezza manuale. Questa ipotesi, anchese concorda con i risultati delle ricerche econ le ipotesi di altri scienziati (S.N. Davy-denkov, 1947; B.A. Nikitiuk, 1974, I.V.Ravic-Sherbo, 1978; V.M. Rusalov, 1979;L.P. Serghienko, 1980, ecc.), richiede, però,una conferma sperimentale diretta.

Come abbiamo già notato, fino ad oggi lateoria dell’abitudine motoria, elaborata daBernshtein alla luce della sua concezionedell’organizzazione a più livelli, è stataimmeritatamente trascurata. Particolar-mente interessanti sono le sue riflessionisullo sviluppo per tappe successive delleidee teoriche sulla formazione dell’abitudi-ne motoria e, in particolare, l’analisi delproblema: “perché non è corretta la conce-zione della localizzazione periferica degliatti motori”, secondo la quale la capacitàdi allenamento motorio viene localizzatanell’apparato scheletrico motorio (periferi-co). Sono comprensibili le critiche da luirivolte agli “estrapolatori della teoria deiriflessi condizionati” e al principio “dell’ar-co riflesso” sul quale si basa questa teoria,che fino ad oggi figura nella maggioreparte dei manuali come teoria principaleche spiega i meccanismi fisiologici di for-mazione dell’abitudine motoria.Bernshtein nota che ogni abitudine moto-ria rappresenta una struttura a più livellicomposta dal livello guida e dal livello disfondo del controllo e della regolazionedei movimenti da parte del SNC. SecondoBernshtein: “il processo di formazionedelle abitudini motorie include due periodi,ciascuno composto da una serie di fasi chesi realizzano contemporaneamente od insuccessione”.

…ogni struttura motoria dotata di sfon-di rappresenta una abitudine motoriache si è formata durante la vita....per abitudine motoria intendiamoquella struttura coordinativa che rap-presenta l’assimilazione dell’abilità dirisolvere un determinato tipo di proble-ma motorio.

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Il primo periodo include:1. la determinazione del livello guida;2. la definizione della struttura motoria del

movimento;3. l’individuazione di correzioni adeguate

per tutti i dettagli e per tutte le compo-nenti del movimento, l’individuazionedel carattere e del grado di precisione diqueste correzioni e dell’elenco dei corri-spondenti livelli di sfondo.

4. la quarta fase di questo periodo è rap-presentata dal passaggio reale delle cor-rezioni di sfondo ai corrispondenti livelliinferiori, cioè dal processo di automatiz-zazione...”

Il secondo periodo del processo di forma-zione dell’abitudine motoria viene definitoda Bernshtein come periodo di stabilizza-zione. In questo periodo:1. i livelli di sfondo assimilano le compo-

nenti della struttura motoria, che sonostate trasferite ad essi in seguito all’au-tomatizzazione; in questo periodo,avviene anche la sintonizzazione tra isingoli livelli di sfondo e livelli di guida,e tra i livelli di sfondo stessi, che è pro-babilmente la cosa più difficile;

2. si conclude quell’aspetto del processo diautomatizzazione che viene definito:“standardizzazione della struttura moto-ria e delle sue componenti”, ed infine,

3. si realizza una vera e propria stabilizza-zione dell’atto motorio, cioè l’aumentodella stabilità dei suoi aspetti e dei suoidettagli verso tutto ciò che può alterarli.

Ecco come descrive Bernshtein il processodi assimilazione di un movimento di lanciodel disco. All’inizio della formazione dell’a-bitudine: “quella sinergia generale, cheinclude la rotazione dell’intero corpo nellastazione eretta, la rotazione elicoidale deltronco e della testa ed il movimento ampiodel cingolo scapolo-omerale e dell’artosuperiore e dell’arto superiore, viene cor-retta dai sistemi corticali... scarsamentelegati alla propriocezione. Successivamen-te, grazie all’esercizio, questa sinergiapassa sotto controllo del livello talamo-pallidale, che è caratterizzato da un rap-porto stretto e ben sviluppato con gliorgani della sensibilità tattile e propriocet-tiva e, quindi, tutta la coordinazione diquesto aspetto del movimento diventa piùprecisa, più solida, più facile, più economi-ca. Di conseguenza:1. il livello di guida viene liberato da un

lavoro superfluo;2. le coordinazioni di questa sinergia esco-

no dal campo della coscienza e,3. contemporaneamente, le coordinazioni

vengono migliorate non solo dal puntodi vista quantitativo, ma subisconoanche profondi cambiamenti qualitativi,perché passano alle correzioni sensoriali,qualitativamente più adeguate”.

Occorre anche notare che, fornendo unadefinizione abbastanza rigorosa, nei limitidelle possibilità, dell’abitudine motoriacome struttura coordinativa che rappre-senta “l’assimilazione dell’abilità di risolve-re un determinato tipo di compito moto-rio”, Bernshtein ha dato un fondamentoall’idea, secondo la quale il primo stadiodell’assimilazione dell’azione è rappresen-tato dallo stadio dell’abilità, mentre lo sta-dio superiore e ultimo è rappresentatodallo stadio dell’abitudine motoria. In altritermini, l’abilità motoria si trasforma inabitudine motoria e non viceversa come sipuò leggere in alcuni manuali e testididattici. Qui, sarebbe opportuno citareuna considerazione di M.M. Bogen (1985),secondo la quale non è abbastanza corret-to parlare di abilità di grado più elevatoche seguono l’abitudine.Un attenzione particolare meritano anchele idee di Bernshtein sull’automatizzazione,e su come le componenti automatizzatedei movimenti escono dal campo dellacoscienza e perché in ogni funzione moto-ria: “viene percepita coscientemente sol-tanto la struttura del livello guida, indi-pendentemente dalla sua posizione (altez-za) assoluta”; le sue idee su dove si trova ilconfine tra i movimenti volontari e i movi-menti involontari, tra i movimenti coscien-ti e quelli inconsci. In particolare, Bernsh-tein sottolinea che i livelli di guida dell’or-ganizzazione dei movimenti vengono sem-pre compresi coscientemente, ma contem-poraneamente questi livelli possono deter-minare sia i movimenti volontari che quelliinvolontari. Secondo Bernshtein, normal-mente, i movimenti legati ai sistemi corti-cali (livelli: C2 e superiori ad esso) sonosempre volontari, mentre il livello C1:“comprende già una determinata percen-tuale di movimenti involontari; nel livelloB ne troviamo un grande numero, ed infi-ne tutte le componenti del livello A sonoinvolontarie”. L’automatizzazione degli atti motori vieneinterpretata da Bernshtein come passaggiodi una serie di componenti del movimentoche viene assimilato, ai livelli inferiori diorganizzazione del movimento, cioè: “ilpassaggio di una serie di correzioni coor-dinative dell’atto motorio alle afferenzedei livelli inferiori che sono più adeguateproprio rispetto a queste correzioni”.Occorre, però, sottolineare che è difficiletrovare nei manuali attualmente diffusiun’esposizione logica della teoria dell’abi-tudine motoria di Bernshtein. Per cui glistudenti degli Istituti superiori di educa-zione fisica non la conoscono. Del resto,anche molti professori non hanno un’ideachiara di questa teoria. Probabilmente, ciòè dovuto alle conseguenze negative di unpassato, non tanto remoto, nel quale le

idee di Bernshtein furono sottoposte aduna critica incivile ed infondata. Un esem-pio di tali critiche che vogliamo citare èl’opinione di un personaggio autorevolecome A.N. Krestovnikov che nel suo libroSaggi sulla fisiologia degli esercizi fisici(1951) scriveva che la teoria dell’abitudinemotoria, elaborata da Bernshtein, riportavadi decine di anni indietro le idee su questoproblema. Però, il primo manuale sullafisiologia (Fisiologia dell’uomo, Fiskul’tura isport, 1946) per gli Istituti di educazionefisica fu scritto da A.N. Krestovnikov e M.E.Marshak proprio in collaborazione conBernshtein, che fu l’autore dei capitolidedicati al controllo dei movimenti e allaformazione delle abitudini motorie. Dalpunto di vista scientifico, nei manuali difisiologia scritti successivamente, questicapitoli rimangono insuperati. Qui, occorrenotare che l’efficacia delle diverse teoriesull’apprendimento dei movimenti (cioè,della formazione delle abitudini motorie)deve essere determinata utilizzando meto-di scientifici, ad esempio attraverso speri-mentazioni. Ed a questo proposito va dettoche mancano lavori sperimentali dedicatial confronto tra le idee di Bernshtein e lealtre concezioni esistenti su questa proble-matica.Uno dei momenti più importanti della teo-ria di Bernshtein, che ancora non è statoanalizzato dagli specialisti, né a livello spe-rimentale, né a livello teorico, è rappresen-tato dal problema dei profili motori indivi-duali, cioè dei rapporti individuali: “deter-minati dalla costituzione, tra livello di svi-luppo e capacità di sviluppo dei singolilivelli di organizzazione dei movimenti”.Questo problema fa parte della problema-tica più ampia del talento motorio, nellaquale ha una grande importanza praticauna solida interpretazione qualitativa deiprofili motori del bambino e dell’adole-scente.In un solo articolo, è assolutamenteimpossibile esporre, anche soltanto inmodo schematico, tutte le idee e tutti ilavori di Bernshtein, il suo contributo allaformazione e allo sviluppo delle diversescienze, tra le quali la teoria dell’educazio-ne fisica e dell’allenamento sportivo rima-ne ancora in una luce poco favorevole.Però, è indubbio che i suoi lavori caratte-rizzati: “da un elevata profondità di analisi,da una sorprendente lucidità di pensiero”(O.G. Gasienko, I.M. Fejghenberg) illumine-ranno la strada di molte generazioni discienziati e conquisteranno gli animi di chilavora nel campo pratico.

Traduzione ed adattamento dal russo a cura diOlga Iourtchenko da Teoria i praktika fisiceskojkul’tury, 1991, 3. Titolo originale: Idei N.A. Bern-steina i ih rasvitie v nauke i praktike.

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Il problema della lateralizzazioneWlodzimierz Starosta, Istituto dello sport, Varsavia

La differenziazione laterale dei movimenti alla luce della teoria di Bernshtein

La struttura simmetrica dell’apparato locomotorio per-mette all’uomo di eseguire simmetricamente un grandenumero di tipi diversi di movimento. Secondo Bernsh-tein, per ragioni che sono ancora oggi completamenteignote ed inspiegabili, le abilità della mano destra sononettamente superiori a quelle della mano sinistra, siaper quanto riguarda il livello di precisione e di rapiditàdi quei movimenti che richiedono coordinazione, sia per

quanto concerne la loro forza. La domanda che si poneè se la dominanza della mano destra sia giustificata ecosa possa spiegare la simmetrizzazione dei movimenti.La teoria di Bernshtein può spiegare molti aspetti diquesto grande problema della differenza di lateralità neimovimenti del corpo umano. E fornisce anche moltiinteressanti elementi al concetto di simmetrizzazione delmovimento umano.

Foto: BRUNO

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Introduzione

N. A. Bernshtein, che è stato uno dei pio-nieri e dei fondatori della scienza delmovimento (cinesiologia), non si è occupa-to approfonditamente del problema delladifferenziazione laterale dei movimenti,che era solo uno dei molti problemi da luiaffrontati nel suo vasto lavoro teorico epratico. Per questa ragione lo ha trattatosolo in termini generali. Le opere fonda-mentali di N. Bernshtein furono prodottenegli anni ‘40, e la sua teoria era moltoavanzata rispetto al periodo nel qualevisse e lavorò. Ma, a distanza di oltremezzo secolo, molti elementi della suateoria sono estremamente attuali edhanno un grande valore per gli studi sullascienza del movimento umano. Per questaragione, vorrei esporre in questo lavoroalcune riflessioni che scaturiscono dallostudio dei lavori monografici di questogrande scienziato russo (Bernshtein 1947,1991).

1. L’uso della mano destra è giustificato?

N.A. Bernshtein (1991) contrappone laposizione asimmetrica degli organi internidell’essere umano alla simmetria checaratterizza tutto il suo apparato muscola-re e scheletrico. Questa simmetria struttu-rale (morfologica) permette la simmetriafunzionale di numerosi movimenti, tra iquali Bernshtein cita diversi tipi di loco-mozioni, di esercizi ginnici, di eserciziacrobatici, la mimica ed altri movimenti,che annovera tra quelli completamentesimmetrici. Il metodo di analisi dei movi-menti che utilizzava N. Bernshtein (che erasopratuttto la ciclogrammometria) sembraconfermarlo.Però, in una osservazione laterale o dall’al-to dei movimenti, come quella propria delmetodo da lui utilizzato per le sue ricerche,è impossibile stabilire un’asimmetria dimovimenti come, ad esempio, quelli dilocomozione. Ricerche successive, realizza-te da numerosi Autori (Demel, Sikora1952; Ginzburg 1947; Iljin 1963; Iwanicki1959; Schilling 1979, 1979a) nelle quali ilmovimento veniva osservato frontalmenteo da dietro, hanno permesso di scoprireindizi molti significativi di asimmetria neimovimenti di deambulazione, di corsa onel movimento di pattinata, che sonodeterminati da vari fattori, tra i quali ladiversa lunghezza e la diversa forza degliarti inferiori. Per diminuire l’effetto di que-sta asimmetria funzionale, che ha uneffetto notevole di disturbo soprattuttonello sport competitivo, gli atleti eseguonomovimenti di compensazione (spostando illoro baricentro e modificando i movimenti

di varie parti del corpo). Una asimmetriaancora maggiore interessa l’esecuzionedegli esercizi della ginnastica (Maznic-zenko 1959). Nel nuoto, l’asimmetria deimovimenti è stata osservata anche nellarana, che viene considerata la più simme-trica delle nuotate (Czabánski, Koszczyc1982). Se si segue l’andamento del ragionamentodi N. A. Bernshtein (1991), si può avanzarel’ipotesi che, sottolineando la costruzionesimmetrica dell’apparato motorio, proba-bilmente voleva dimostrare la possibilitàdell’uomo di eseguire movimenti lateral-mente indifferenziati. Sicuramente, sullabase del contrasto morfologico e funzio-nale esistente nell’apparato motorio arrivòa questa riflessione: “... per ragioni com-pletamente ignote e finora inspiegabili, lamano destra domina significativamente lamano sinistra, è di gran lunga superiore adessa per precisione, per facilità nel con-trollare nuove coordinazioni e capacità diforza” (1991, 179). Questa citazione con-ferma la significativa dominanza dell’e-stremità superiore destra (nei soggettidestrimani) e l’assenza di una causa chegiustifichi questo fenomeno. Occorre sem-pre ricordare che questo studio risale aquarantacinque anni fa! Ma anche il livellodi conoscenze della scienza attuale nonpermette di definire, con precisione, leragioni dell’uso prevalente della manodestra. Ci sono però alcune ipotesi.

Secondo alcuni autori (Kobler 1932;Ludwig 1931), nel processo millenario dievoluzione dell’esecuzione dei movimentiumani, dapprima dominò la mano sinistra,poi le succedette l’ambidestrismo. L’usoprevalente della mano destra invece diven-ne una caratteristica degli ultimi due mil-lenni.La mancanza di una giustificazione geneti-ca dell’uso prevalente della mano destra èindicata dai risultati di molte ricerche sul-l’evoluzione dell’uomo durante la suaontogenesi (Passian et al. 1970; Pozelujew1958; Storjohann 1969; Suchenwirth, Gal-lenkamp 1967; Szuman 1957) e dalladistribuzione irregolare dei mancini sullaterra (figura 1): ad esempio, in Sud Africa,dove rappresentano il 50% della popola-zione (Starosta 1995). Comunque, non si riesce a trovare unlavoro di Bernshtein nel quale esprima unsuo punto di vista netto a favore o control’ipotesi delle origini genetiche od ambien-

Un numero abbastanza elevato di Autoricondivide l’ipotesi secondo la quale l’usoprevalente della mano destra avrebbeavuto la sua origine in fattori ambientalie, gradualmente, sanzionato da secoli ditradizione, assunse aspetti innati (Han-delsman, Smirnov 1960; Krestovnikov1951, 1954; Starosta 1975, 1990).

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301

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26

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3

Autori diversi

Ljach (1989)

Studenti di Facoltà di educazione fisica –

Baley et al. (1952)

Wolanskij (1957)

Parson (1924)

Martin (1928)

Ogorenkov (1959)

Emisfero nord

Sud Africa

USA

RFT

Francia

ex-URSS

Australia

SECONDO VARI AUTORI

PAESI E PARTI DEL MONDO

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Figura 1 – Percentuale dei mancini sulla popolazione totale di alcuni Paesi e secondo vari Autori

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tali dell’uso prevalente della mano destra.Stando così le cose, merita una riflessionela sua affermazione:

2. L’ambidestrismo è impossibile?

Come risulta dall’affermazione di N. A.Bernshtein: “I casi di completa simmetria odi ambidestrismo, cioè i casi in cui siosserva che la mano destra e quella sini-stra operano con la stessa rapidità e preci-sione, sono estremamente rari” (Bernsh-

tein 1991, 179). Si può essere d’accordocon questa tesi in quanto, nella nostra vitadi tutti i giorni, è raro imbattersi in sog-getti ambidestri, che cioè usano ambeduele loro estremità (superiori ed inferiori) conla stessa efficacia. La causa va trovato nelfatto che la maggior parte della popolazio-ne era e resta destrimane. Questa maggio-ranza costringe la minoranza (cioè i man-cini) a seguire un certo modello, cioè ladominanza della mano destra, nella vita ditutti i giorni e nel lavoro. L’ambidestrismosi osserva più frequentemente in un grup-po di persone mancine. Il loro ambidestri-smo è dovuto al processo che le porta adiventare simmetriche, cioè a bilanciarel’efficacia dei movimenti dei due lati delcorpo, rafforzato dall’ambiente in cui vivo-

no. Un ambidestrismo quasi completo èrafforzato dal suonare uno strumento (adesempio, pianoforte, organo o sintetizza-tore). Lo stesso tipo di simmetria dei movi-menti si può osservare negli artisti delcirco, non solo per quanto riguarda imovimenti delle loro estremità superiori(ad esempio, eseguire esercizi di destrezzacon oggetti diversi), ma anche delle loroestremità inferiori (ad esempio, con ogget-ti o con partner).Se ci chiediamo quale sia la ragione diquesto fenomeno, come già detto, larisposta è perché la maggior parte dellesocietà, nelle varie regioni del mondo,sono sempre rimaste legate all’uso dellamano destra, ed impongono alla lorominoranza di mancini un certo modelloche è la dominanza della mano destranella vita quotidiana e nel lavoro. Questomodello, accettato dalla società, divennecomponente della tradizione e fu diffuso,di generazione in generazione, diventandocomponente del patrimonio culturale.Inoltre, fu profondamente radicato in varielingue (tabella 1). Nella maggior parte dei

paesi europei, secondo Bernshtein, laparola che indica l’abilità nei movimenti(anche manuale) deriva dalla stessa radicedella parola “destra”, ed indica colui cheusa la mano destra (“destrezza”). Se si ana-lizza la semantica di questo concetto, siarriva alla conclusione che l’utilizzazionedella mano destra caratterizza la popola-zione in generale, mentre il mancinismorappresenta un’eccezione alla normasociale, a tal punto che i mancini, in taluneepoche erano perseguitati, ad esempio,dall’Inquisizione e talvolta condannati amorte perché in contatto con il diavolo.Il modello per i giovani resta la dominanzadella mano destra. È anche vero che, negliultimi venti-trenta anni, in molti Paesi, perquanto riguarda questo aspetto, vi sono

stati molti cambiamenti, per cui vienesempre più accettata l’eccezione allanorma dell’uso della mano destra. Il man-cinismo viene valutato meno negativa-mente. Probabilmente, però la normarimane ed é la ragione per la quale alcunimancini (anche se in numero sempreminore) modificano la loro condottamotoria e rivelano che la dominanza diun’altra estremità non sempre è accettatadall’ambiente in cui vivono (Fetz, Werner1992; Schilling 1979). Talvolta, la presenzadi una persona mancina suscita addiritturasorpresa in alcuni ed imbarazzo nei manci-ni stessi.Malgrado ciò i l numero dei manciniaumenta ed i casi di ambidestrismo dimi-nuiscono. Infatti molti di essi, originaria-mente, erano mancini e trasformando illoro uso della mano sinistra in uso anchedella destra diventano ambidestri (adesempio, Leonardo da Vinci, I. Pavlov).Questo ambidestrismo era frutto dellecostrizioni dell’ambiente, e rappresentavaun tentativo di adattarsi ad esso.Comunque nel mondo vi sono società

nelle quali l’ambidestrismo viene promossodalla prima infanzia. Ad esempio, in Giap-pone, è oggetto di educazione familiare esecondo alcuni rappresenta un relitto diun modello culturale che sta scomparen-do. Ciascuno di noi, in una certa gamma diattività, ha tentato di eseguire simmetrica-mente dei movimenti e per questo èdiventato leggermente ambidestro. Leragioni di questa modificazione sonodiverse e non rappresentano qualcosa dieccezionale. Già agli inizi del secolo passa-to, il medico polacco A. Klesk (1915) pen-sava che lo sviluppo dell’ambidestrismosarebbe stata un’esigenza indispensabiledel futuro. Questa idea si fece strada nellosport. Ad esempio, in alcuni Paesi, neiCampionati nazionali, si richiedeva l’esecu-

“È di estremo interesse che l’evidentesuperiorità della mano destra sulla sini-stra, per quanto riguarda l ’abilitàmanuale e la manipolazione deglioggetti, della quale abbiamo parlato, sisia riflessa anche nel linguaggio: inmolte lingue europee la parola che indi-ca l ’abilità nei movimenti (anchemanuale) ha la stessa radice della paro-la “destra”, ed indica colui che usa lamano destra (destrezza)” (Bernshtein1991, 179).

Lingua Parola usata per Parola usata per indicare Parola usate per indicare Parola usata per indicareindicare la mano la destrezza la mano sinistra un individuo maldestro

Francese droit adresse, dexteritè gauche gaucheInglese right dexterity left undextrousItaliano destro destrezza sinistro maldestroSpagnolo destro desteridad izquierdo desmañado

(destereza) siniestroLatino dexter dexteritas sinister –Russo pravaja lovkost' levaja nielovvkijPolacco prawa zwinnosc lewa niezwinnosc

niezrecznoscniezgrabnosco

Tedesco rechte (rechts) Wendigkeit linke (links) linkisch

Tabella 1 – Traccie della dominanza della lingua destra su quella sinistra e loro legame con la destrezza in alcune lingue europee

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zione di certi movimenticon ambedue le mani (adesempio, in Polonia, neilanci dell’atletica legge-ra). Questa idea si tra-sferì poi anche alle gareinternazionali: ad esem-pio, durante i Giochiolimpici del 1912, le garedi lancio dell’atletica leg-gera prevedevano duedifferenti competizioni.In una venivano presi inconsiderazione i risultatiottenuti lanciando conl’arto dominante, mentrenella seconda venivaregistrata la somma deilanci eseguiti sia con ladestra che con la sini-stra, e furono attribuitemedaglie in ambedue lecompetizioni (Starosta1990, 1995). Attualmen-te, l’enorme evoluzionedi una tecnologia semprepiù complessa richiedel’uso di ambedue lemani, in quanto con lasola estremità dominan-te non siamo in grado diutilizzare correttamenteattrezzi, apparecchiaturee veicoli diversi (per fareun esempio semplice,un’automobile). Anchegli astronauti sono staticostretti a diventareambidestri. Se ritorniamo a quanto affermato daBernshtein (1991), allora ci dobbiamoporre la domanda se sia possibile un ambi-destrismo completo. Anzitutto è necessa-rio che si definisca che cosa intendiamocon il concetto di ambidestrismocompleto. Se lo consideriamo come ugualeabilità di ambedue i lati del corpo in tuttal’enorme gamma dei movimenti possibili,diventa un obiettivo irraggiungibile. Seinvece con esso intendiamo un’abilitàsimile, o quasi, in una certa gamma dimovimenti, esso è sicuramente raggiungi-bile. In fondo, non soltanto i risultati di

molte ricerche (Starosta 1975; 1990;1995), ma la nostra stessa vita ci fornisco-no molti argomenti che confermano que-sta affermazione. Ad esempio, un’ambide-strismo notevole è richiesto per lavorarecon le macchine da scrivere o con letastiere dei computer, per suonare stru-menti musicali (Bernshtein cita suonarel’organo come un tipo speciali di simme-trizzazione sia delle estremità inferiori chedi quelle superiori), per usare strumentichirurgici (l’ambidestrismo del fisiologo I.Pavlov è ben noto), per scolpire e dipingere(l’ambidestrismo di Leonardo da Vinci èancora oggetto di ammirazione).

Le immense possibilità diadattamento dell’essereumano sono confermateda molte ricerche sullasimmetria di movimentidi vari livelli di comples-sità: i movimenti di dise-gno e di scrittura deibambini (Ruzejnikow,Zubrzycki 1964); il saltoin alto (Doja 1979); ilanci dell’atletica leggera(Pocelujew 1955); Dren-kow 1960); alcuni ele-menti delle tecniche deljudo e della lotta libera(Starosta 1990); elementidel programma libero nelpattinaggio di figura(Starosta 1975, 1990).Finora l ’attenzione èstata concentrata sullasimmetria delle estre-mità superiori, cioé sullasimmetria localizzatanella parte superiore delcorpo. Invece, nella vitaquotidiana, specialmentenello sport, dominanomovimenti di tutto i lcorpo. La pratica di alcu-ne discipline sportiverichiede simmetria dimovimenti , che deveessere tanto maggiorequanto maggiore è i lgrado di qualificazione.Una speciale simmetria

nei movimenti delle braccia è richiestanella canoa e nel canottaggio (skiff); neimovimenti delle estremità inferiori e supe-riori nelle nuotate a rana od a farfalla,mentre la simmetria dei movimenti ditutto il corpo era richiesta nell’esecuzionedegli esercizi obbligatori nel pattinaggio difigura (Starosta 1990). In questo sport,quando nel programma di gara eranoancora previsti gli esercizi obbligatori, lasimmetrizzazione raggiungeva quasi laperfezione ed uno dei principali criteri divalutazione era la simmetria dell’esecuzio-ne di metà della figura sul pattino destro,e l’altra metà su quello sinistro (figura 2).

Figura 2 – Un test speciale delle possibili umane di adattamento nella gamma dei movimenti simmetrici era quello dell’esecuzione delle figure obbli-gatorie nel pattinaggio di figura su ghiaccio ed a rotelle. Metà della figura doveva essere eseguita con l’arto inferiore destro, l’altra metà con l’artoinferiore sinistro

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3. Cosa spiega la simmetria deimovimenti?

In accordo con Bernshtein (1991), l’esi-stenza della simmetria dei movimenti ègiustificata da una straordinaria simmetriadella struttura dell’apparato motorioumano. Qui troviamo il motivo del suo

stupore di fronte all’inspiegabile e signifi-cativa dominanza della mano destrarispetto alla sinistra per quanto riguardaprecisione, forza e velocità nell’apprenderenuovi movimenti. Possiamo considerarlacome mancanza di integrazione tra strut-tura e funzione. Questa integrazione èpossibile?

N. A. Bernsthein (1991) ricorda alcuneprove empiriche che indicano come alcunepersone (maschi e femmine) siano capacidi trasferire la loro calligrafia a parti diver-se del loro corpo (figura 3). Le caratteristi-che tipiche della loro calligrafia restavanosimili, indipendentemente dalla parte delcorpo utilizzata per scrivere.

Figura 3 – Il trasferimento dell’abilità di scrivere dalla mano destra a varie parti del corpo è una prova della plasticità del sistema nervoso (Bernsh-tein 1947, 93). 1 e 2 – scrittura normale con le dita della mano destra; 3 – la matita viene tenuta con le dita della mano destra, la scrittura vienerealizzata attraverso il movimento dell’intera mano destra; 4 – la matita viene fissata vicino al processo (apofisi) stiloideo del radio destro; 5 – lamatita viene fissata vicino all’epicondilo mediale dell’omero destro; 6 – la matita viene fissata sulla scapola destra; 7 – la matita viene fissata allapunta della scarpa del piede destro; 8 – la matita viene tenuta con i denti e viene fissata al capo; 9 – la matita viene tenuta con le dita della manosinistra; 10 – la matita viene fissata alla punta della scarpa del piede sinistro. La scala di ogni linea sotto la firma è di 5 cm. Il soggetto dell’esperi-mento è un soggetto normale non allenato caratterizzato dalla dominanza dal livello oggettuale nella motricità (ricerca svolta da N.A. Bernshtein, Isti-tuto centrale di ricerca e sperimentazione sull’educazione fisica, 1940)

0,38

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0,6020,6780,706

0,619

0,562

0,679

0,624

0,603

4 1 2 3

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7

Figura 4 – Differenze significative nella capacità di reazione delle diver-se parti del corpo in atleti juniores della Nazionale polacca di pesistica(n = 24) (Starosta 1996)

Figura 5 – Valori dei coefficienti di correlazione nella velocità di rea-zione di diverse parti del corpo in atleti juniores della Nazionale polac-ca di pesistica (n=24). I numeri indicano l’ordine di realizzazione dellemisure sulle diverse parti del corpo

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Il risultato di alcune ricerche prova chenon esiste una differenza significativanella velocità di reazione di alcune partidel corpo (Starosta, Furdal 1990) (figure 4e 5). Risultati simili ottenuti da quattrodiverse parti del corpo (estremità superioried inferiori, estremità destre e sinistre) inatleti appartenenti alla squadra nazionalepolacca di pesistica, provano il carattereintegrato del sistema nervoso. Se ci chie-diamo se la “plasticità” (secondo l’espres-sione usata da N. Bernshtein), che si basasul trasferimento di abilità o caratteristi-che da una parte all’altra del corpo, nonindichi le grandi possibilità di simmetrizza-zione dei movimenti che posseggono gliesseri umani, non possiamo che risponderedi sì.Questa possibilità di simmetrizzazione fuosservata da N. Bernshtein, non soltantonel settore dei movimenti locali, anche senon conosceva quanto avrebbero realizza-to nel futuro alcuni atleti simmetrici, che

rappresentano casi estremi. Citiamo, adesempio, il caso di Takasc, che, nel tiro conla pistola, dopo avere perso la mano domi-nante, la destra, ottenne la medaglia d’oroolimpica sparando con l’altra estremità(Jokl 1981), oppure quello di un atleta diclasse mondiale nel tennis tavolo, A. Grub-ba, che durante i Giochi olimpici utilizzò lamano destra, pur essendo mancino (Staro-sta 1995). Le ricerche non riferiscono solodi casi individuali. Le osservazioni condottesu atleti di vari sport o discipline sportive(Drabik, Adam 1983; Starosta 1990; Ober-beck 1989; Fischer 1988) provano che laloro tecnica e la loro prestazione durantegare di massimo livello era dovuta allasimmetria dei movimenti.

4. Osservazioni conclusive

Le riflessioni che abbiamo esposto nonesauriscono tutte le problematiche chevengono aperte dallo studio della teoria di

Bernshtein. Bernshtein stesso non si è par-ticolarmente occupato del problema delladifferenziazione laterale dei movimenti. Loha solo citato, e ciò lascia irrisolti molti deisuoi aspetti. Alcuni di essi sono già statielaborati, il reso è ancora “terreno inesplo-rato”. Se si considera il livello della scienza del-l’epoca di Bernshtein, questi ci ha lasciatoun materiale estremamente prezioso edalle sue idee scaturiscono molti stimoliper future ricerche. Se ve ne fosse statobisogno, anche in questo campo ciò dimo-stra, quale fosse la genialità di questogrande scienziato.

Traduzione di M. Gulinelli, F. Perini da Leistungs-sport, 1, 32, 2002, 59-62. Titolo originale: DieSymmetrie und Asymmetrie der Bewegunggemäß der Bernshtein-Theorie.Indirizzo dell’Autore: Instytut Sportu, Vl. Trylogü2/16 P–01–98 Varsavia.

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Bibliografia

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Coaching skillsChristophe Debove

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development is measured. Finally it isexamined whether different types of bodyconstitution show a trend towards differ-ent relative body masses.

Lactate and exercise: myths and realitiesG. Cazorla, C. Petibois, L. Bosquet, L. Léger

This rewiew is made of two parts; each oneis presented under the form of questionsto which, by using only published scientificdata, we try to give up-to-date answersand to high light the limits of theoriessometimes easily admitted concerning lac-tic acid effects. The first part of the rewiewis mainly focused on the study of lactatesynthesis and metabolism during and afterexercise. This study would allows us tobuilt our criticisms concerning: several apriori about lactate effects, about the con-cepts of anaerobic lactic thresholds and onthe theories underlining these ones. Thesecond parte of the rewiew is focused onpossible consequences, but not proved, oflactate accumulation on the skeletal mus-cle function. How should we accept any-more to ear that lactic glycolysis has apoor energetic yield, or that lactate accu-mulation leads to cramps, fatigue, andother differed muscular pains?

The contribution made by science tosports trainingVéronique Billat

For almost 80 years, physiological studieshave attempted to explain the basis forendurance performance and to developways of improving performance by train-ing. Performance, for a runner can be rep-resented by his/her personal power (veloci-ty) versus time to exhaustion (time limit)relationship. There are some particularvelocities that delineate intensity domainswhich are determined by oxygen uptake(V.O2) and blood lactate response vs. time.

Which can distinguish : 1°: the maximallactate steady-state where the rate ofappearance of blood lactate equals the rateof disappearance and at which V

.O2 stabi-

lizes after 3 minutes at about 85 % V.O2.

This corresponds to the highest velocitythat an athlete can sustain for an hour (85% vV

.O2max for a well-endurance trained

subject), carbohydrate (and lactate even)are the main substrates for this exercise;2°, the critical power which is the slope ofthe relationship between distance and timerun at V

.O2max; 3°, the minimal velocity

associated with V.O2max determined in an

incremental test (vV.O2max or maximal aer-

obic velocity). In the light of this physio-

sum

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ABSTRACT 53 63-64 17-05-2002 9:51 Pagina 63

Page 64: Le competenze degli allenatori In questo numero · Il contributo della scienza ... della funzione dell’allenamento in funzione di tre poli ... sono in relazione con la propria pratica;

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logical approach it should be possibie inthe next five years to diversify training andto explore endurance training effects andfitness.

The importance of upper limb strengthin artistic gymnastics R. De Pero, C. Minganti, A. C. Cartoni, S. Amici, M. Baggio, G. Brunetti

The strength of the upper limbs is anorganic-muscular quality of vital impor-tance in artistic gymnastics, since in noother sport are there such a high numberof movements for which the upper limbshave to bear the weight of the whole body.The gymnast, moreover, not only supportshimself with the aid of his upper limbs butmust also generate flight movement bymeans of particular thrust actions (allsomersault exercises, for instance, both onthe floor and on apparatus). Organic-mus-cular aspects have however been the sub-ject of a limited number of studies despitetheir importance for basic coaching. This

paper aims to examine the extent to whichthe strength of the upper limbs influencesthe execution of “vertical thrust”, a basictechnical element for learning somersaultexercises, among a group of gymnasts.

Some problems relating to motor coordination Vladimir Ljah

After illustrating the influence of the ideasof N.A. Bernshtein on neurophysiologicalmechanisms responsible for movementcontrol and how these ideas have beendeveloped in different countries and indifferent branches of sports science, thispaper shows how these ideas, and in par-ticular the theory on movement control atseveral levels, can be successfully used forthe study of coordinative ability. Theresults of researches conducted by theAuthor in this field are given, focusing onthe concept of coordinative ability, the rela-tionship between distinct coordinative abili-ties, the choice of tests for their study, the

concepts of motor ability and practice andproblems relating to motor asymmetry.

The problem of lateralityWlodzimierz Starosta

The symmetrical structure of the locomo-tor apparatus enables human beings toperform, symmetrically, a high number ofdifferent movements. According toBernshtein, for reasons that are still com-pletely unknown and unexplainable, theright hand is evidently more dexterousthan the left hand, with regard to thedegree of precision and rapidity of move-ments requiring coordination, and also tostrength. The question is whether thesupremacy of the right hand is justified,and what can cause the symmetrization ofmovements. Bernshtein’s theory mayexplain many aspects relating to lateralitydifferences in the movements of thehuman body, and it also adds many inter-esting elements to the concept of thesymmetrization of human movements.

Nel n. 52 le foto di pagine 25, 47, sono di Gigante e non di Bruno, come erroneamente indicato. Ce ne scusiamo con l’interessato.

Errata corrige

ABSTRACT 53 63-64 17-05-2002 9:51 Pagina 64