Upload
hatram
View
222
Download
6
Embed Size (px)
Citation preview
1
Le Messe di W. A. Mozart tra storia e analisi
I. Ringraziamenti ………………………………………………… pag. 2
II. Introduzione ………………………………………………… pag. 6
III. La vita di W. A. Mozart e le composizioni sacre ………………. pag. 8
1. La Famiglia Mozart ………………………………….... Pag. 8
2. I primi viaggi all‟estero e le prime Messe (1768 – 1769) ….. Pag. 10
3. I tre viaggi in Italia (1769 – 1773) ……………………… Pag. 16
4. Il ritorno a Salisburgo (1773 – 1776) ……………….. Pag. 25
5. Primi anni di maturità (1776 – 1778) ……………….. Pag. 37
6. Al servizio di Colloredo (1779 – 1781) ……………….. Pag. 41
7. Gli anni di Vienna (1781 – 1787) …………………….... Pag. 49
8. Gli ultimi anni (1790 – 1791) …………………………….. Pag. 53
9. Estetica ed evoluzione dello stile …………………….... Pag. 67
10. L‟ evoluzione dello stile nelle Messe ......…………… Pag. 71
11. La spiritualità di Mozart …………………………….. Pag. 76
IV. Analisi della Krönungsmesse ……………………………………. Pag. 81
V. Conclusioni ………………………………………………………… Pag. 120
VI. Analisi, struttura e commento delle mie composizioni:
Gloria e Sanctus in stile mozartiano ……………………………… Pag. 123
VII. Appendice ………………………………………………………… Pag. 139
1. Elenco Messe di Mozart …………………………………….. Pag. 139
2. Spartito delle mie composizioni
Gloria e Sanctus in stile mozartiano ……………………….. Pag. 140
3. Autografi di alcune parti di Messe di Mozart ………….. Pag. 141
VIII. Bibliografia ………………………………………………………….. Pag. 142
2
I. RINGRAZIAMENTI
La prima volta che ho iniziato a suonare uno strumento musicale è stata ad Ausonia
(FR), ero in pellegrinaggio con mia nonna Antonia, presso il santuario di Madonna
del Piano, all‟età di circa sette anni. Lì mi comprò una mini „pianolina‟ tascabile (che
conservo ancora), al costo di 5.000£, e con cui, oltre a suonare le cose scritte in un
minuscolo foglietto illustrativo, ho ritrovato la prima „canzone‟: la sigla della
pubblicità della pasta Barilla!
Da lì è iniziata la mia esperienza musicale, che continua ancora oggi con
maggiore passione e consapevolezza di prima.
La prima persona che desidero ringraziare è Lei, e sò che da qualche parte
lassù ancora si siede per ascoltarmi mentre suono il pianoforte.
Il ringraziamento più grande va ai miei genitori, Luigi e Lorenza (Loreta), i
quali hanno fatto dei sacrifici ENORMI per permettermi di seguire le lezioni in
conservatorio, basti ricordare tutti i pomeriggi che hanno trascorso sotto la sede
dell‟Alberata, e quelli passati sotto la sede di via Fabi, a farmi i riassunti per la
scuola (che io poi copiavo), al ripetermi la storia che non avevo a volte tempo di
ripassare, ai ricami all‟uncinetto.
Il mio ringraziamento va a Loro perché mi hanno sempre sostenuto, in ogni
mia scelta, ricordandomi i doveri e facendomi notare all‟occorrenza ciò che era giusto
e ciò che era sbagliato, ma lasciando sempre a me la decisione finale. Anche dai
propri errori si trae insegnamento. Per questo non finirò mai di dire loro GRAZIE.
Voglio ringraziare mio fratello Marco, che mi ha aiutato a crescere, e che
partecipava con me alle prove del coro G. P. da Palestrina di Pofi, che non mi ha mai
3
chiesto di non suonare perché doveva studiare, perché mi ha sopportato per tanti anni.
Se penso a mio fratello non posso che pensare a mia cognata Laura. Insieme mi
hanno fatto provare la bellissima esperienza di essere zio di una bellissima
principessa di nome Sara, che a soli due anni e mezzo è un‟artista nata! Balla, canta,
dirige e suona il pianoforte…All‟inizio con i pugni, ora a mano aperta, ma spero un
giorno inizi con le dita! Chissà che anche il prossimo nipotino non sia un artista…Li
ringrazio anche perché sono sempre stati disponibili con me, e mi sono venuti sempre
incontro, specialmente nei momenti di bisogno.
Voglio ringraziare mio nonno Rocco (86 anni!), forse è da lui che ho preso la
„vena artistica‟, ancora oggi mentre suono, mi viene vicino e mi chiede:- La conosci
quella che fa…- Così mi intona le prime note, e poi inizia a cantare mentre io lo
accompagno al pianoforte, lo ringrazio anche per le partite a carte che ci facciamo per
distrarmi un po‟ dallo studio.
Voglio ringraziare mio nonno Umberto, anche lui mi distraeva dallo studio con
le carte, ed era uno spettacolo vederlo giocare con nonno Rocco, e mi ha fatto
conoscere le meraviglie del Mondo, tutti i giorni, alle 18.00 con Geo&Geo mentre
svolgevo i compiti di scuola, …Sono sicuro che da lassù si siede vicino a mia nonna
Antonia per ascoltarmi.
Ringrazio i miei amici di sempre, quelli con cui sono cresciuto, mi hanno
distratto nei momenti di maggiore stress.
Ringrazio gli amici del Conservatorio, nelle giornate di lezione, e nei momenti di
pausa, indimenticabili restano i momenti passati a „scoprire‟ nuove forme musicali, e
nuovi aspetti di autori ed opere che fanno parte del nostro patrimonio musicale,
nonché i momenti di pura goliardia.
4
Ringrazio di cuore il Conservatorio, questa istituzione che mi ha accompagnato
dalla seconda media fino ad oggi; mi ha dato la possibilità di fare esperienze uniche
nel loro genere e di conoscere insegnanti meravigliosi che non sono stati solo maestri
di musica, sono stati anche Maestri di vita. Se oggi sono così è anche merito loro.
Parlando della Musica Corale non posso non ricordare e ringraziare il M° Pio
di Meo, con lui ho passato tante ore, non solo come cantore, ma come amico. Pur
essendoci un po‟ persi di vista negli ultimi tempi, la sua presenza è sempre stata con
me, e ad ogni spiegazione che faccio al mio coro, non posso non citarlo per gli
insegnamenti ricevuti. Grazie Maestro, spero che sia soddisfatto di me.
Il più grande ringraziamento va alla mia insegnate la M° Colomba Capriglione
relatrice di questa tesi, guida sicura, certa, amica, dotata di infinita pazienza e
competenza, dalla quale ho attinto le arti del contrappunto e della composizione
vocale e strumentale. In lei ho trovato conforto nei momenti di smarrimento, e
sempre aveva la parola giusta o la soluzione giusta per risolvere un problema, sia
prettamente „scolastico‟ che non. Ha trovato sempre „cinque minuti‟ (che poi erano
ore intere) per ascoltarmi ed aiutarmi a superare le situazioni più difficili.
Professoressa La ringrazio per avermi accolto nella sua classe ed avermi
accompagnato prima al Diploma, ed ora a quest‟ ultimo traguardo.
Ringrazio la M° Teresa Chirico, correlatrice di questa tesi. Con lei ho imparato
a fare le ricerche storiche, riassumere, sintetizzare tutto il materiale e dare una
sequenza organica al discorso. La ringrazio perché anche lei è stata molto paziente
con me, che per qualsiasi dubbio sollevavo la cornetta e chiamavo per avere
chiarimenti sul da farsi, ed ha impiegato il suo tempo per fare le ricerche del caso.
Grazie „Prof‟!!!
5
Ringrazio i colleghi di lavoro, che hanno cercato di agevolarmi nella frequenza
delle lezioni in Conservatorio facendomi il „cambio turno‟, rinunciando a volte, ai
loro momenti di vita privata.
Ringrazio la mia collega ed amica Cinzia, che mi ha dato una mano con le
traduzioni dal tedesco e dall‟inglese…In questa tesi c‟è anche una parte di lei.
Ringrazio tutti gli amici che oggi partecipano al coro, quelli della parrocchia di
S. Sosio, quelli di Ceccano, quelli del coro Alitalia e del Conservatorio. Li ringrazio
per la pazienza che ogni volta dimostrano nei miei confronti…Se sono qui oggi è
anche merito vostro.
Ringrazio Francesco, che mi ha aiutato a trascrivere „al computer‟ lo spartito
del Gloria e del Sanctus, e che oggi si presta ad accompagnare il coro al pianoforte,
insieme agli amici Alfredo, Carmen, Fabio, Francesca, che cantano da solisti per il
Gloria. Senza il loro apporto non sarebbe stata possibile l‟esecuzione „dal vivo‟.
In ultimo perché più importante, perché senza una grandiosa fine si
vanificherebbe tutto ciò che c‟è prima, voglio ringraziare Sara, la donna della mia
vita, che ogni giorno, ogni momento, ogni attimo mi sopporta e mi supporta. Si dice
che un grande uomo non è nulla senza una grande donna accanto. Io forse non sono
un grande uomo, ma tu sei sicuramente una grande donna. Con te ho deciso di
diventare un‟unica carne, e dal nostro amore sta nascendo un piccolo ometto, Valerio,
e non passa giorno che non ringrazio Dio per averci fatto incontrare e averci fatto
dono di questa meraviglia. Ti amo.
6
II. INTRODUZIONE
Mozart, come è noto, è uno dei compositori più trattati dalla musicologia; esprimere
nuove idee sulla sua produzione sarebbe veramente arduo. Nonostante ciò, ho scelto
di incentrare la mia tesi sulla musica del grande compositore, e in particolare sulle
sue Messe, spinto, oltre che da una grande ammirazione per quel repertorio, dalla mia
formazione di musicista.
A questa scelta ha contribuito anche la visione del noto film AMADEUS di
Miloš Forman, che mi ha particolarmente affascinato e spinto ad approfondire la
conoscenza della musica sacra di Mozart, che costituisce gran parte della sua vasta
opera.
Altro aspetto che mi ha avvicinato a questo grande compositore è il binomio
Cristianità – Massoneria, due pensieri opposti che sembrano convivere in maniera
naturale in Mozart.
Partendo dalla nascita di Mozart, dalle prime esperienze musicali, dal periodo
storico in cui ha vissuto, ho fatto un escursus storico – musicale che va dalla prima
composizione, l‟Andante K 1A al Requiem K 626, sintetizzando le vicissitudini
dell‟uomo in relazione alla musica composta nei diversi periodi che hanno scandito la
vita del Maestro.
Dall‟analisi delle Messe di Mozart, nello specifico della Messa
dell‟Incoronazione K 317, cogliendo gli aspetti più caratteristici del suo stile
compositivo, ho creato un Gloria ed un Sanctus rispecchiando il più possibile (nella
riduzione per pianoforte, coro e solisti), quello che è lo “stile mozartiano” che si
incontra nelle sue Missae Brevis.
7
Si potrà notare un‟evoluzione stilistica che, mentre in ogni altro compositore si
è avuta nel corso naturale di una vita intera, in Mozart avverrà nell‟arco di un
trentennio, ed ancora più sconcertante è la consapevolezza della fine imminente, che
diventa ancora più drammatica se la si vede inserita nel periodo in cui la sua fama
iniziava a crescere.
Mozart, oltre a concludere un' epoca, è il messaggero di una nuova era artistica:
l'aggraziata scrittura rococò si trasforma nell' armoniosa temperie dello stile del
classicismo viennese. Una maestria infallibile, talvolta travestita da semplicità, gli
permise di trattare alla stessa eccezionale altezza tutte le forme e tutti i mezzi sia
vocali sia strumentali, e di creare una sfera emotiva dove il melodramma si nutre di
sinfonismo, potenziando il canto, anziché opprimerlo, e apparentando le opere teatrali
alle Messe e ai concerti in una sintesi mai più raggiunta.
Voglio citare Karl Barth, uno dei maggiori teologi il quale ha scritto quattro
brevi articoli su Mozart. Famosa è la sua espressione sulla musica di Mozart e di
Bach in Paradiso: - Forse gli angeli, quando sono intenti a rendere lode a Dio,
suonano musica di Bach, ma non ne sono del tutto sicuro; sono certo invece, che
quando si trovano fra loro suonano Mozart ed allora anche il Signore trova particolare
diletto ad ascoltarli. -
Non posso che concordare con tale affermazione.
8
III. LA VITA DI MOZART E LE COMPOSIZIONI
SACRE
1. La famiglia Mozart
Mozart nacque a Salisburgo il 27 gennaio 1756, fu battezzato nella cattedrale
di San Ruperto il giorno dopo della sua nascita come Joannes Chrysostomus
Wolfgangus Theophilus. I primi due nomi derivano dal fatto che il 27 gennaio era la
festa di San Giovanni Crisostomo, mentre Wolfgangus era il nome del nonno materno
e Teofilo un nome del suo padrino, il commerciante Joannes Teofilo Pergmayer.
Figlio di Leopold, maestro di cappella presso il principe arcivescovo di
Salisburgo, il piccolo Mozart mostrò precocemente prodigiose doti musicali tanto che
fu avviato allo studio del cembalo e poi del violino a soli quattro anni; a cinque anni
risalgono le sue prime composizioni: minuetti e brevi allegri di sonata pianistica
scritti in forma binaria nello stile del Notenbuch, furono riportate dal padre, fiero del
suo allievo, nell'album di Nannerl, la sorella maggiore di Wolfgang con spiccate
attitudini musicali (il cosiddetto Nannerl Notenbuch iniziato nel 1759), che vi appose
qualche ritocco (Andante K 1A e Allegro K1B).
Mozart ereditò dal padre non solo le doti musicali, ma anche acuta intelligenza
e capacità d'osservazione, un'alta coscienza del dovere, perseveranza nel
raggiungimento di un fine e inflessibile impegno nel lavoro, ma anche un
atteggiamento contraddittorio nella vita, un insieme di socievolezza e di ritrosia, che
fu una delle cause del suo tragico destino. Mentre il padre attuò un compromesso fra
l'austero cattolico e il libero pensatore illuminista, nel figlio questo dissidio fu
mitigato dall'influsso (e dal carattere) della madre, Anna Maria Pertl (1720-78).
Orfana in tenera età di un salisburghese, capitano distrettuale in servizio a Hullenstein
presso St. Gilgen, assolse molto bene la sua missione di mediatrice fra padre e figlio,
trasmettendo al figlio quella ricchezza di fantasia e di sentimenti, quell'ironia e
giocondità che lo contraddistinsero come uomo e come artista. Il trombettista di corte
9
Johann Andreas Schachtner, amico di famiglia, si avvide del genio precocissimo del
fanciullo, che possedeva un orecchio infallibile, una sorprendente capacità di
apprendimento e si entusiasmava per le opere d'arte. Anche la cappella di corte di
Salisburgo, che annoverava ragguardevoli compositori, esercitò un notevole influsso
sul fanciullo. Il maestro di cappella Johann Ernst Eberlin fu uno dei primi influenti
sulla formazione musicale del piccolo Mozart. Eberlin era ancora legato, nella musica
sacra, alla severa polifonia barocca, mentre nella musica strumentale, negli oratori e
nelle opere scolastiche era già attratto dallo stile galante napoletano; all'età di cinque
anni, Mozart comparve per la prima volta sul palcoscenico dell'aula universitaria di
Salisburgo, cantando come corista nell'opera Sigismundus Hungariae Rex di Eberlin.
Anche altri musicisti furono importanti per la formazione del piccolo Mozart.
L'organista Anton Cajetan Adlgasser, allievo di Eberlin, autore di numerose
composizioni strumentali e sacre, primo compositore per gli spettacoli universitari,
era stato nel 1764-65 in Italia, dove aveva subito fortemente l'influsso di Paisiello,
Piccinni, Sarti e di altri. Infine bisogna ricordare l'influenza del fratello di Joseph
Haydn, Michael, la cui importanza come autore di sinfonie e opere teatrali fu per
lungo tempo sottovalutata. Queste impressioni infantili si possono rintracciare nelle
composizioni del giovane Mozart, nelle messe, nei divertimenti, nelle opere teatrali
fino all'Idomeneo.
10
2. I primi viaggi all’estero e le prime Messe (1768 – 1769)
Leopold pensò di sfruttare molto presto le qualità precoci dei due figli. Nel gennaio
1762 la famiglia Mozart si recò alla corte dell'elettore di Monaco di Baviera, dove i
due piccoli musicisti diedero un concerto suscitando stupore e ammirazione; la riso-
nanza fu tale che furono invitati a esibirsi, nel settembre successivo, a Vienna alla
corte di Maria Teresa.
Nel 1763 i Mozart iniziarono un giro di concerti che li condusse in Germania, in
Olanda, in Belgio, quindi a Parigi, dove il fanciullo prodigio sbalordì musicisti e
letterati. A Versailles il ragazzo conobbe la musica sacra francese e ricevette una
profonda impressione dalla cappella del principe Conti, diretta da François-Joseph
Gossec, già allora molto apprezzato come compositore di quartetti.
Nel 1764 Wolfgang soggiornò a Londra, dove fece la conoscenza di Johann
Christian Bach, il figlio più giovane di Johann Sebastian, maestro di cappella a corte
e una delle figure di primo piano della vita musicale londinese: sotto la sua influenza,
Mozart compose le sue prime sinfonie (KV 16, KV 19 e KV 19a) ed ebbe i primi
contatti con il melodramma italiano grazie a un nutrito gruppo di compositori (F.
Giardini, M. Vento, G. B. Cirri, C. Graziani, P. D. Paradies, ecc.), che esercitarono
una profonda influenza su di lui, ed ascoltò opere di Piccinni e Calappi; scarsa
influenza ebbero invece i concerti tradizionali di musica sacra e d‟opera di Händel, il
culto della musica rinascimentale e barocca della «Academy of Ancient Music» e
l'opera inglese (Th. Arne).
Un'altra sinfonia seguì durante il soggiorno a L'Aja, nel viaggio di ritorno (KV
22).
Le speranze riposte da Leopold nei viaggi si erano per la maggior parte realizzate.
Oltre al guadagno ricavato, in tutto il mondo si parlava finalmente dei due prodigiosi
fanciulli – i quali però furono presto dimenticati rispetto alle aspettative di Leopold -.
Wolfgang per la prima volta aveva preso coscienza delle proprie capacità
creative, ed aveva potuto accrescere la sua tecnica compositiva.
11
Dopo poco più di nove mesi trascorsi a Salisburgo, dedicati a diligenti studi e a
un'assidua attività creativa, i Mozart partirono per Vienna nel settembre 1767, dove
restarono per quindici mesi, escluso un intervallo di dieci settimane trascorse a Brno
(Brünn) e Olomuc (Olmütz) nella speranza di evitare il vaiolo, ma i bambini
contrassero ugualmente la malattia. Ritornati nella città imperiale (gennaio 1768), per
un anno intero Leopold si adoperò per far rappresentare la prima opera buffa del
figlio, La finta semplice K 51, che però, a causa di dissidi con l‟appaltatore e
impresario del Teatro di Corte Giuseppe Affligio, non fu eseguita.
In compenso ebbe luogo a corte un concerto nel quale fu eseguita una delle
quattro sinfonie che Mozart aveva composto in quell'anno; poi, nel dicembre del 1768
furono commissionati a Mozart da Anton Mesmer un Singspiel tedesco in un atto,
Bastien und Bastienne (KV 50), che fu rappresentato privatamente a casa del dottor
Franz Anton Mesmer, l‟inventore della „terapia del magnetismo‟ (poi parodiato in
Così fan tutte).
Grazie ad una vecchia conoscenza salisburghese, il gesuita Ignaz Parhammer,
<<persona grata>> alla corte di Vienna, che aveva trasformato l‟Orfanotrofio in un
istituto musicale, Mozart ricevette dall‟imperatore l‟incarico di comporre una Messa
Solenne, con relativo Offertorio, per la consacrazione della nuova Chiesa
dell‟Orfanotrofio stesso.
Il 7 dicembre 1768, alla presenza della corte imperiale e di un foltissimo
pubblico, Mozart diresse la sua messa.
Circa l‟identità della Waisenhousmesse, i musicologi non hanno ancora fatto
chiarezza. L‟annotazione di Leopold nel suo catalogo dell‟anno 1768 “eine grosse
Messe mit 4 Singistimm 2 Violin 2 2 Hautb. 2 Viole, 4 Clarinis, Tymp. Ecc” si
riferisce senza possibilità di dubbio alla Missa Solennis k 139 (47a)
“Festmesse”collocata in data posteriore dalle prime edizioni Köchel.
Malgrado il Kyrie introduttivo in do minore non è una messa funebre (Einsten,
pp. 426 sg; W Kurthen, in <<ZFMWI>>, III, pp. 209 sg.) e non può quindi essere la
messa di Requiem per la morte dell‟arcivescovo Sigismund von Schrattenbach. Il do
12
minore qui non significa altro che una esaltazione della solennità. All‟ambiente di
Vienna fa pensare soprattutto l‟organico, con due parti di viola, strumento non in uso
nella musica per il duomo di Salisburgo, e con quattro clarini. Se quest‟opera sembra
troppo matura, la si confronti con il Veni Sancte Spiritus K 47 composto sicuramente
a Vienna durante lo stesso periodo, e con la Dominicus Messe K 66, ritenuta da alcuni
studiosi la Waisenhausmesse. Secondo Shenk quest‟opera sarebbe da identificarsi in
un frammento di Messa (kyrie, Gloria, Sanctus) ritrovato da W. Senn nel convento
cistercense tirolese di Stam; ma tale tesi manca di argomenti persuasivi. La piccola,
anche se melodicamente deliziosa ed espressiva Missa Brevis k 49 non può essere
presa in considerazione come possibile Waisenhousmesse, non fosse per il suo
organico strumentale (solo archi e organo). Le messe “espressive” di Mozart si
differenziano assai da quelle di tipo “solenne”, ufficiale, anche se le caratteristiche
umane, personali delle prime possono talvolta emergere pure nel corso di una grande
messa. Il mottetto corale (Offertorio) Benedictus sit Deus k177=66a appartiene alla
Dominicusmesse e non alla Waisenhousmesse.
Lo stile chiesastico viennese, in contrasto con la più severa tradizione
salisburghese, amava la fastosa prolissità, e si distingueva per la presenza, non
sempre omogenea, di elementi più antichi, contrappuntisticamente rigorosi, con altri
omofoni dell‟arte napoletana contemporanea, chiesastica ma di gusto teatrale.
Anche le Messe del giovane Mozart si muovono nell‟ambito di questo
singolare stile misto, tipico del barocco e assai lontano dalla purezza antica della
musica sacra. Conformemente al carattere e alle proporzioni, prevalgono in esse ora
la mentalità più antiquata, il linguaggio orchestrale più sobrio di Eberlin o Leopold,
ora le maniere dei maestri italiani, tendenti ai grandi effetti solistici e strumentali.
Alla prima specie appartengono le due piccole Messe in sol maggiore e in re
minore K49 e K65, mentre nella Messa Solenne in Do Maggiore “ Pater Dominicus”
K 66, composta nell‟ottobre del 1769 per la prima messa dell‟amico Dominik
Hagenauer, riaffiorano di nuovo parecchie reminiscenze dello stile chiesastico di
Hasse, pieno di abbellimenti e di gorgheggi.
13
Si sa molto poco circa la composizione della Messa in sol maggiore K 49, tranne
che sembra essere stata composta a Vienna tra l'ottobre e il novembre 1768, il cui
organico orchestrale è per soli archi e continuo. Il Kyrie, nel tempo di Adagio in 4/4,
si apre con il coro che ha una moderata scrittura imitativa, per poi passare, a battuta 6,
nel tempo di ¾ in Andante, in cui la scrittura delle voci resta pressoché uguale, con
alternanze di omoritmia tra le voci. Il Gloria, allegro in 4/4, inizia con le parole „et in
terra pax hominibus‟, in quanto le parole Gloria in excelsis Deo erano intonate dal
sacerdote. In questo brano compaiono i solisti, prima il soprano al „Laudamus te‟, poi
il tenore al „Domine deus‟, seguono poi il basso e il contralto al „Domine Fili‟. Il
brano si chiude con un breve fugato al „Cum Sancto Spiritu‟. La scrittura orchestrale
è più concitata rispetto al Kyrie. Il Credo come il Gloria è privo delle parole iniziali
„Credo in unum Deum‟, che anche in questo caso sono intonate dal sacerdote e prese
dalla messa Missa Sancti Henrici di Biber . Il coro entra sulle parole „Patrem
omnipotentem‟ in omoritmia, con l‟orchestra che accompagna con ribattuti come
nello stile italiano. Al „descendit‟ c‟è una figurazione melodica discendente imitata
tra le voci, creando la figura retorica della catabasi, atta a rappresentare
musicalmente la discesa di Gesù sulla Terra. All‟ Et incarnatus est si va nel tempo di
2/2 poco adagio, con coro in omoritmia e orchestra sempre con ribattuti. Torna
Allegro in 4/4 al et resurrexit, mantenedo lo stile iniziale. Un intervento del basso
solo si ha sul Et unam Sanctam, fino a „per prophetas‟ nel tempo di Andante in 3/4,
cui segue di nuovo l‟intervento del coro al „Et unam Sanctam‟ , 2/2 in allegro. Un
fugato finale al „Et in vitam venturi Seculi Amen‟ chiude il Credo. Il Sanctus,
Andante in ¾, si apre con il coro in omoritmia, varia poi in Allegro al „Pleni sun coeli
et Terra‟, per chiudersi con un breve fugato all‟ Osanna in excelsis nel tempo di
allegro in 2/2. Ai solisti è affidato il Benedictus (Andante in ¾), con ripetizione
dell‟Osanna del coro a chiusura. L‟Agnus Dei, nel tempo di Adagio in 2/2 si apre con
il coro in omoritmia e orchestra che accompagna con i ribattuti. Il Dona nobis pacem
è scritto in 3/8 allegro, e sembra un Rondò.
14
Einstein scrive: "Già la Messa in sol maggiore di Mozart aveva percepito il
problema principale nella composizione del Gloria e del Credo: unificare questi
lunghi movimenti ricchi di contrasti. Soprattutto nel Gloria aveva fornito un esempio
stupefacente di tale unificazione: non impiegando altro che una figura dei violini
reiterata, in rapporto a tutti i motivi melodici ". Stanley Sadie prende atto che questa
Messa è "del genere preferito ogni giorno per l'uso liturgico, ma ha una sola, breve
fuga, e la sua caratteristica più interessante è il coro al Et incarnatus, nonché una
luce, una consistenza eterea e un trattamento cromatico del passus et sepultus est".
La Messa K 65 è stata composta a Salisburgo nel 1769 (la data riportata è 14
gennaio 1769), questo lavoro "stupefacente", come scrive Alfred Einstein, è stato
scritto nella "chiave insolita" di re minore, perché è una messa quaresimale. La prima
rappresentazione avvenne nella Chiesa Collegiata di Salisburgo il 5 febbraio per
l'avvio delle Quarantadue ore di passione.
Graham Dixon scrive: "L'impostazione cromatica del Benedictus è stata creata per
lodare il Signore". Il manoscritto della Messa ne rivela due precedenti in cui Mozart
ha fatto dei tentativi per l'impostazione del testo, prima di scrivere la terza versione
che può anche aver aggiunto alcuni anni dopo. La Messa è conforme allo stile della
Missa brevis, in cui alcune frasi del testo del Credo sono 'incastrate': questo significa
che le varie sezioni del testo si sovrappongono ad altri per ragioni di brevità. Un altro
termine per il testo "incastrato", naturalmente, è "politestualità", il cui uso fu
apprezzato dal successivo Arcivescovo di Salisburgo, il conte Hieronymus Colloredo.
A Mozart non occorrevano che le esperienze acquisite, nonché la naturale
maturazione dell‟età, per portare al culmine del magistero gli elementi assimilati e
quelli suoi propri.
Questo processo evolutivo compiutosi nei dieci anni successivi sfatò l‟antica
leggenda della perfezione assoluta, del perfetto equilibrio precocemente raggiunti. E‟
sintomatico che i fremiti dello Sturm und Drang lo cogliessero all‟età di quasi
vent‟anni, quindi non troppo presto. Anche prima di allora Mozart si era già
indubbiamente portato al livello della migliore arte del proprio tempo. Ma quella
15
nuova svolta lo arricchì tanto da fare della sua arte il modello ideale, universale, di
un‟epoca storica e artistica.
I successi artistici del viaggio a Vienna non mancarono di ripercuotersi a
Salisburgo. Giustamente fiero del suo giovane suddito, il principe arcivescovo
Sigismund fece rappresentare La finta semplice K 51 nel Teatro di Corte, benché non
disponesse di elementi adatti a un‟opera comica.
La finta semplice K 51 venne rappresentata l'anno seguente, 1769, nel palazzo
dell'arcivescovo a Salisburgo. Nell‟ ottobre del 1769 Mozart, non ancora
quattordicenne, fu nominato Konzertmeister onorario senza stipendio presso la corte
arcivescovile salisburghese, e insieme gli venne concessa la licenza per un viaggio in
Italia.
16
3. I viaggi in Italia (1769 – 1773)
Verso la fine dello stesso anno, intraprese con il padre il suo primo viaggio artistico
in Italia (13 dicembre 1769 – 28 marzo 1771), destinato ad avere un'importanza
fondamentale nello sviluppo della sua personalità: Verona, Mantova, Milano,
Bologna, Firenze, Roma, Napoli furono le principali tappe di questo importante
viaggio.
Mozart non era stato chiamato in Italia per comporre Messe, ma i tre viaggi in
Italia (1769-1773), separati da due rientri a Salisburgo, che durarono poco più di un
anno, non mancarono di produrre altri tipi di composizioni sacre. Due delle più
interessanti sono le composizioni dell‟antifona mariana Regina Coeli K108, una in do
maggiore, che compose a Salisburgo nel maggio 1771, l‟altra composta un anno
dopo, datata Salisburgo 1772 in si . L‟esposizione del primo movimento appare in
forma di concerto. Entrambe le antifone richiedono un “capace” soprano solista che
canti fino ad un si ed un si acuto, e da una nota tardiva di Leopold Mozart, possiamo
dire che l‟unico solista in grado di farlo fu Maria Magdalena Lipp (lettera del 12
aprile 1778). Più lirico anche delle due antifone Mariane, è il famosissimo mottetto
Exsultate jubilate, scritto a Milano nel gennaio 1773, per Venanzio Rauzzini,
castrato, il primo uomo in Lucio Silla. Altre composizioni per la Chiesa scritte per
Salisburgo, tra i periodi italiani, includono due serie di litanie, le corte Litaniae
Lauretenae BVM, K109, composte nel maggio 1771, e le molto più lunghe Litaniae
de Venerabili Altaris Sacramento, K125, composte nel marzo 1772. Entrambe sono
17
in sib, e la seconda richiede trombe in si , uno strumento raramente usato da Mozart
(eccetto che nel Lucio Silla).
A Rovereto e a Verona Wolfgang fu nominato maestro di cappella onorario
dell'Accademia Filarmonica e fu ritratto da Saverio della Rosa (il dipinto era stato
attribuito, in un primo tempo, a Cignaroli); qui ascoltò per la prima volta un'opera
italiana nel paese d'origine e partecipò ai divertimenti del carnevale.
A Mantova il Teatro Scientifico, appena finito (oggi situato presso l'Accademia
Virgiliana), fu inaugurato con un trionfale concerto di Mozart. A Milano conobbe N.
Piccinni e fu «scritturato» per la composizione di Ascanio in Alba. Dal 1769 al 1773
Wolfgang viaggiò con il padre per l'Italia, a varie riprese, soggiornando a Torino,
Milano, Verona, Venezia, Bologna, Roma e Napoli.
I soggiorni milanesi diventarono una importante esperienza formativa: Mozart
rimase a Milano complessivamente per quasi un anno della sua breve vita. Incontrò
musicisti (Johann Adolph Hasse, Niccolò Piccinni, Giovanni Battista Sammartini,
Johann Christian Bach e forse anche Giovanni Paisiello), cantanti (Caterina Gabrielli)
e scrittori (Giuseppe Parini, che scrisse per lui alcuni libretti).
Hasse rimase molto colpito dalle capacità del giovane Mozart, tanto che disse:
« Questo ragazzo ci farà dimenticare tutti. »
Lasciò Milano il 15 marzo 1770, per tornarci più volte. Arrivato a Lodi, sulla
strada per Parma, scrisse le prime tre parti del primo Quartetto KV 80 (Adagio,
Allegretto e Minuetto), sotto l'influsso della scuola strumentale italiana (Sammartini),
il Rondò fu scritto più tardi, forse a Vienna (1773) o a Salisburgo (1774). A Parma
ebbe l'occasione di assistere ad un concerto privato della celebre soprano Lucrezia
Agujari, detta “La Bastardella” da cui ricevette istruzioni sul bel canto.
Un altro importante soggiorno fu quello di Bologna (in due riprese, da marzo
ad ottobre 1770). Ospite del conte Gian Luca Pallavicini, ebbe l'opportunità di
incontrare musicisti e studiosi (dal celebre castrato Farinelli ai compositori Vincenzo
18
Manfredini e Josef Mysliveček, fino allo storico della musica inglese Charles Burney
e padre Giovanni Battista Martini). Mozart prese lezioni di contrappunto da padre
Martini e sostenne l'esame per l'aggregazione all'Accademia Filarmonica di Bologna
(allora titolo ambitissimo dai musicisti europei). Sebbene non avesse l'età prescritta
dallo statuto, era stato nominato membro dell'Accademia grazie al benevolo appoggio
del dotto padre Martini, che con le sue lezioni aveva risvegliato in lui un vivo
interesse per il contrappunto.
A Firenze suonò insieme a Nardini e Campioni; le persone più in vista
gareggiavano nel dimostrare la loro benevolenza al ragazzo, come succederà più tardi
a Roma, dove egli rimase impressionato soprattutto dai concerti della Settimana
Santa.
Famoso è l‟episodio a Roma in cui Mozart dà una straordinaria prova del suo
genio: ascolta nella Cappella Sistina il Miserere di Gregorio Allegri e riesce
nell'impresa di trascriverlo interamente a memoria dopo solo due ascolti. Si tratta di
una composizione a nove voci, apprezzata a tal punto da essere proprietà esclusiva
della Cappella pontificia, tanto da essere intimata la scomunica a chi se ne fosse
impossessato al di fuori delle mura vaticane. L'impresa ha i caratteri dello
sbalorditivo, se si pensa all'età del giovanissimo compositore e alla incredibile
capacità mnemonica nel ricordare un brano che riassume nel proprio finale ben nove
parti vocali.
Dopo tale impresa i salisburghesi si recarono a Napoli, dove soggiornarono per
sei settimane e dove la proverbiale scaramanzia partenopea attribuiva all'anello che
portava al dito il compositore la genesi delle sue incredibili capacità musicali, tanto
che egli fu costretto a toglierselo.
Ma a parte la scaramanzia, Napoli nel 1770 era la capitale della musica oltre
che quella di un regno, e i Mozart ebbero modo di sondare il terreno della produzione
musicale napoletana. Amadeus era attratto dagli innovatori della musica a Napoli:
Traetta, Cafaro, Francesco De Majo e principalmente Paisiello. Da Paisiello -
secondo Albert - il giovane Mozart doveva apprendere diversi aspetti “[…] sia per i
19
nuovi mezzi espressivi sia per l'uso drammatico-psicologico degli strumenti. Mozart a
Napoli viene ad imparare, tuttavia la città lo ignora nonostante i positivi riscontri
ottenuti durante il soggiorno a Bologna e a Roma.
Ferdinando IV di Borbone, all'epoca diciottenne, non lo riceve a corte se non in
una visita di cortesia presso la Reggia di Portici. Per Mozart non arriva nessuna
scrittura nei Teatri napoletani, nessun concerto alla corte della Capitale della
Musica.”
Nel viaggio di ritorno ricevette dalle mani del papa Clemente XIV l'ordine dello
«Sperone d'oro» di prima classe. Nell'estate del 1770 compose l'opera Mitridate, re di
Ponto K 87 nella residenza di campagna dei Pallavicini «Alla Croce del Biacco»
presso Bologna, dove era giunto dopo essere passato per Civita Castellana, Loreto,
Senigallia, Imola. L‟opera fu rappresentata a Milano con grande successo nel
dicembre 1770.
Le impressioni di questo lungo viaggio in Italia furono decisive per il
successivo sviluppo di Mozart. Appassionato del paese e degli uomini, ma soprattutto
della musica mediterranea, egli ne trasse gli elementi essenziali per il proprio svi-
luppo. Il suo credo estetico rimase d'allora in poi quello del bello stile, che subordina
il caratteristico al bello. La sua tecnica si nutriva ora di tutte le grandi conquiste della
musica occidentale: dalla polifonia rinascimentale e dalla piatta omofonia barocca di
un Allegri, di cui aveva ascoltato nella Cappella Sistina il Miserere, all'opera seria
napoletana di Hasse e all'opera buffa dei grandi maestri napoletani, senza dimenticare
la musica clavicembalistica, da camera e strumentale italiana. Egli fonderà tutti questi
elementi in un riuscito sincretismo stilistico ed idiomatico la cui struttura si appoggia
su lontane epoche storiche e si estende ad un ambito universale.
In una sua lettera in italiano inviata al ‘molto Rev.do Pad. e Maestro Giovanni
Battista Martini’ spedita da Salisburgo il 4 settembre 1776 Mozart dirà: « La nostra
musica da Chiesa è assai differente di quella d'Italia, e sempre più, che una Messa con
tutto il Kyrie, Gloria, Credo, la Sonata all'Epistola, l'offertorio ò sia Mottetto, Sanctus
ed Agnus Dei ed anche la più Solenne, quando dice la Messa il Principe stesso non ha
20
da durare che al più longo tre quarti d'ora. Ci vuole uno studio particolare per questa
sorta di composizione, e che deve però essere una Messa con tutti strumenti - Trombe
di guerra, Tympani etc. »
Il secondo viaggio in Italia (13 ottobre – 13 dicembre 1771) vide il trionfo di
Ascanio in Alba, un‟opera scritta su libretto di Giuseppe Parini e rappresentata a
Milano il 17 ottobre 1771 in occasione delle nozze fra l'Arciduca Ferdinando
d'Asburgo-Este d'Austria con la Principessa Maria Beatrice Ricciarda d'Este di
Modena. Nel dicembre dello stesso anno Wolfgang e suo padre tornarono nella città
natale.
Al ritorno a Salisburgo, nei primi tempi sembrò che le cose procedessero bene
con il servizio di corte. Il benevolo principe arcivescovo Sigismund von
Schrattenbach, morto subito dopo il ritorno dei Mozart, aveva sempre tollerato con
indulgenza le numerose e prolungate assenze del suo vice maestro di cappella; ma il
suo successore, Hieronymus conte di Colloredo, era un assolutista illuminato sullo
stampo di Giuseppe II, e non permetteva che un dipendente trascurasse i propri
doveri.
Nel maggio 1772 Mozart aveva inaugurato il suo impiego con la serenata
drammatica Il sogno di Scipione K 126 e aveva ricevuto dal nuovo principe lo
stipendio per il posto di Konzertmeister che aveva ricoperto sino ad allora senza nulla
percepire; ma col tempo i rapporti fra l'orgoglioso principe e Mozart, ormai cosciente
del suo genio, si guastarono.
Il 24 ottobre 1772 ebbe inizio il terzo viaggio in Italia, ma Lucio Silla K 135,
rappresentato a Milano il 26 dicembre 1772, non piacque. Dopo un iniziale
insuccesso, non dovuto tanto a ragioni estetiche sotto l'influenza di Gluck e del nuovo
sinfonismo austro – tedesco (Mozart aveva adottato un procedimento troppo
soggettivo), quanto piuttosto all'ordine dell'imperatrice di non prendere in
considerazione l'impiego di «gente inutile come questo Mozart», senza trascurare che
l'interesse destato dal bambino prodigio era ormai dimenticato, questa opera seria
divenne ancora più rappresentata e apprezzata della precedente e applaudita
21
Mitridate, re di Ponto K 87, su libretto di Cignasanti basato sull'omonima opera
francese di Racine tradotta dal Parini, e diretta dallo stesso Mozart per la stessa città
nel 1770.
Dopo il ritorno a Salisburgo da questo terzo viaggio (13 marzo 1773), Mozart
fu impegnato nel comporre lavori per Chiesa, serenate e divertimenti. È di questo
periodo la Missa brevis in sol K140 „Pastorale‟ composta nel 1773, di discussa
autenticità, la quale non rappresenta affatto Mozart nel suo genere. Essa include toni
di danza di Joseph Starter che compaiono nel balletto Die Eifersucht des Harems “Le
gelosie del serraglio”, rappresentato a Milano nel 1772-1773. Mozart ne ritoccò le
parti, e questo ci fa supporre che la musica sia sua. Come entrambi i fratelli Hadyn (e
la maggior parte dei compositori dell‟epoca), Mozart si esibì in tantissimi lavori di
altri compositori1. Fra i più bei lavori giovanili è da ricordare la Missa in Honorem
Sanctissimae Trinitatis in do maggiore K 167 (giugno 1773). È stata probabilmente
scritta per la Chiesa della SS. Trinità, costruita tra il 1694 e il 1702 da Fischer von
Erlach (a Salisburgo), a pochi passi dall‟abitazione di Mozart, dall‟altra parte de
fiume Salzach, nel quartiere Tanzmeisterhaus. A differenza delle Messe che Mozart
scrisse per la cattedrale di Salisburgo, quest‟opera non richiedeva solisti, ma era un
elaborato scritto per orchestra: due oboi, due clarini, due trombe, timpani e archi
(corde). Il carattere festoso dell‟opera punta ad una ricorrenza come la festa della
Trinità, che si celebrò il 5 giugno 1773.
Ci sono alcune premesse di un‟unità globale nell‟impostazione di questa
Messa.
Dopo una breve introduzione dell‟orchestra, entra il coro in omoritmia con il soprano
che delinea la linea melodica del canto (Kyrie Eleison). Le frasi sono brevi e non
appena si arriva al grado della dominante, Mozart inizia delle progressioni. La scelta
non sembra ispirata e si ha l‟impressione che non sia riuscito a sviluppare meglio
l‟idea.
1 HERTZ, Haydn Mozart and the Viennese School 1740 – 1780.
22
Nel Gloria e nel Credo, in rigorosa osservanza delle prescrizioni della Chiesa,
le parole iniziali intonate dal sacerdote non vengono ripetute e mancano le consuete
contrapposizioni dei “tutti” e dei “solo”. Interessante è il minuetto in sol (110
misure), con un‟ampia introduzione orchestrale per la composizione del Et in
Spiritum Sanctum. Con questo movimento, Mozart sembra rendere omaggio alla
Trinità; posiziona i violini all‟ottava, all‟unisono o per terze. Questo modo di scrivere
ricorda lo stile viennese, collegato alla concezione di Starzer intorno alla metà del
secolo.
Il Sanctus, nella tonalità di do maggiore inizia in ¾ sulla parola Sanctus, con il
coro in omoritmia, con valori lunghi per andare in 4/4 all‟ Osanna, in cui la scrittura
si fa più concitata (il coro a crome), per poi tornare come all‟inizio con note lunghe.
Il Benedictus è in fa maggiore nel tempo di 4/4 Allegro, ed inizia in forma di trio di
sonata per gli archi, in cui i solisti si muovono omoritmicamente. Il brano si conclude
con la ripresa dell‟Osanna intonato dal coro nel Sanctus. L‟Agnus Dei ritorna in do
maggiore, Adagio in ¾, ancora una volta con l‟introduzione dell‟orchestra, il cui
movimento è adeguato per una sinfonia, con gli oboi che rafforzano la delicata
sfumatura cromatica un‟ottava sopra i violini. Il coro entra in tono basso e
delicatamente, raggiungendo il dopo quattro battute, alla parola peccata mundi.
Ci sono molte pause, come per tutta la struttura della Messa nel suo complesso. Il
brano si conclude con una fuga sulle parole Dona nobis pacem.
L‟impiego delle trombe ricorda la precedente Festmesse (o Waisenhouse
Messe) K139. Evidente appare lo sforzo di fondere i singoli tempi in una unità
organica, strumentalmente e contrappuntisticamente meditata e sostanziale, sempre
con la massima economia di mezzi. Lo stile di Chiesa e lo stile “galante” non sono
mai stati fusi in una così ben riuscita simbiosi. Tutti questi particolari ci dicono
l‟importanza del mutamento artistico avvenuto in Mozart e dei suoi riflessi anche
sulle composizioni sacre. Tali influenze continueranno ad agire fino al 1780 circa.
23
Se la composizione della frammentaria Missa Brevis K 115, per sole quattro
voci e continuo (EINSTEIN la definisce a ragione << una messa mottettistica>>),
possa veramente collocarsi in prossimità della Trinitatis-Messe rimane da stabilirsi.
Sfortunatamente essa si interrompe alla nona battuta del Sanctus, e proprio là dove ne
viene tentata una prosecuzione più debole. B. Paumgartner tentò di completarla
avvalendosi di altri frammenti mozartiani (Haydn-Mozart – Presse, Salzburg). Il
Kyrie K 221 trasformato nell‟Agnus Dei conclusivo di questa Messa, mediante una
sostituzione del testo, devia, però, secondo K. Pfannhauser (1953), da un Requiem
strumentale di E. Eberlin. La parte corale venne copiata da Mozart a solo motivo di
studio.
Nell'estate dello stesso anno, padre e figlio ripartirono alla volta di Vienna, la
cui parabola della vita musicale e teatrale era in ascesa. L‟opera seria fioriva sotto il
segno del fecondo antagonismo fra i maestri di indirizzo italiano, stretti attorno ai due
venerandi artisti Hasse e Metastasio, e i combattivi innovatori seguaci di Gluck. Oltre
alla Partenope di Hasse, Mozart ebbe occasione di ascoltare la terza opera
riformatrice di Gluck: Paride ed Elena, nell‟arditissima regia dell‟autore stesso.
Parallelamente l‟opera buffa inscenava piacevoli lavori di Gassman, Piccinni, Salieri,
Anfossi, Galuppi; tutti spettacoli assai attraenti e ancor più affini allo spirito viennese
gaio ed ironico di quanto non lo fossero quelli dell‟opera seria.
Sempre a Vienna Mozart incontra Joseph Haydn, la sua guida indiscussa nel
campo della musica strumentale, che aveva allora creato un nuovo, magistrale tipo di
quartetto mediante un‟ideale fusione di libertà strutturale e vivezza contrappuntistica.
In tutti i concerti pubblici o privati le sue sinfonie, le musiche da camera godevano di
una popolarità senza precedenti. Forse per questi motivi Mozart qui termina sei nuovi
Quartetti per archi K 168 – 173, Sei Variazioni per pianoforte K180 sul tema
dell‟aria Mio caro Adone da La fiera di Venezia di Salieri e una Serenata in re
maggiore K 185, in sette tempi.
Da questo momento in poi, con la sua adesione alla maniera di Haydn, inizia la
poderosa ascesa che toccherà il suo vertice con i sei quartetti dedicati a questo
24
Maestro, che compose nel periodo compreso fra il Die Entführung aus dem Serail e
Le nozze di Figaro.
Da questo viaggio Leopold, evidentemente, sperava di ottenere qualche
incarico per Wolfgang. I Mozart furono ricevuti in udienza a corte ma dovettero
accontentarsi di far musica nelle chiese e nelle case borghesi perché, data la stagione,
l'aristocrazia non si trovava a Vienna; quindi, non senza un certo disappunto, se ne
ritornarono a Salisburgo.
25
4. Il ritorno a Salisburgo (1773 – 1776)
Tornati a Salisburgo, Mozart vive un periodo di intensa e feconda attività fino
alla fine del 1774, che vide la piena estrinsecazione del mutamento interiore. Un velo
di serietà sceso anche sui lavori strumentali più luminosi, impianti più vasti,
linguaggio più virile e profondo sono le caratteristiche di questo periodo.
Sempre in questo periodo (dicembre 1773 - 1774) affronta lo studio delle
sinfonie e dei concerti (Concerto in si bemolle maggiore per fagotto K 191 e il primo
Concerto per pianoforte in re maggiore K 175). Pur riallacciandosi ancora al passato,
aveva con esso creato quel tipo di concerto nuovo, originale, che perfezionato
attraverso moltissime altre esperienze, doveva assicurargli il primato assoluto fra i
compositori di grandi concerti pianistici. Pur essendo desunto da forme preesistenti,
si riallaccia da una parte al melodismo affettuoso e ispirato di Christian Bach, e
dall‟altra al tono popolaresco dei concerti viennesi, dal quale però si differenzia per
una concezione strutturale più profonda basata sull‟ingegnoso alternarsi di
contrapposizioni e fusioni di due corpi sonori predominanti: il pianoforte solista e
l‟orchestra.
Per contro, la tensione interiore e la varietà di atteggiamenti dialogici fra il
solista e un‟orchestra già pienamente individuale si proiettano verso l‟avvenire da
farcene intendere le risonanze nel mutato mondo sentimentale e l‟influenza sul
linguaggio soggettivo ed interiore di Beethoven.
La trattazione dei legni, per i quali Mozart nutriva una speciale predilezione,
appare ora anche più libera, multiforme, ardita che non nelle opere e nelle sinfonie
dello stesso periodo durante il quale, nel campo della musica sacra, egli compose
ancora una seconda Litania Lauretana K 195 e due Missae breves in fa maggiore e in
sol maggiore K 192(186f) e K 194 per quattro voci, due violini, basso e organo.
Quella in Fa maggiore, datata 24 giugno 1774 (giorno in cui si celebra la nascita di S.
Giovanni Battista), occupa una posizione intermedia, piuttosto singolare nell‟opera di
Mozart perché, mentre in alcuni tratti raggiunge la profondità espressiva delle
26
composizioni strumentali contemporanee e pur essendo organicamente compiuta e
matura come la Messa della Trinità K 167, accanto ad elementi in stile
contrappuntistico severo, ne presenta altri di garbata cantabilità, più vicini al gusto
del tempo. Questo tono risulta ancora evidente nella Messa in re maggiore K 194 e
nella Litania Lauretana K 195, benché anche qui non manchino episodi mistici e
pensosi.
Appartenente a un folto gruppo di composizioni sacre (compatte Anche nel
primo catalogo K), la Messa K 194 è stata composta nel 1774, anno nel quale Mozart,
dopo la lunga parentesi dei viaggi in Italia (terminati nel 1773) e un breve viaggio
estivo a Vienna, vive all'ombra del limitato panorama di Salisburgo sotto «la greve
signoria» dell' Arcivescovo Colloredo. Anche la Messa K 194, cosi come la sodale K
192, di poco precedente, richiama - se pure fra sostanziali innovazioni - la ricerca
iniziata con le «Missae Breves» del 1768 (K 49 e K 65): l'attenzione musicale di
Mozart è rivolta alla « brevità», intesa non solo nel significato letterale ma in quello,
più lato e musicale, di concisione stilistica ed espressiva. Per quanto nella K 194
riaffiorino episodi solistici più ampi e virtuosistici, una trama solida e attenta
garantisce in profondità il carattere, sempre perseguito, di fusione e omogeneità. 2
Il Kyrie della K192 apre con un breve preludio che introduce il coro, in forma
di fugato, che serve anche come primo soggetto (o tema) nella forma sonata. Il
secondo soggetto (o tema) è distinto dal primo principalmente per la sua nuova
scrittura dell‟accompagnamento alla semicroma per i violini II, su un pedale di sol. I
soprani conducono la musica in due cadenze in do. Dopo un breve ritornello
dell‟orchestra, essi iniziano una sezione modulatoria sul Christe Eleison che è come
uno sviluppo e che conduce poi alla ripresa e conclusione.
2 COMMENTO Abert: «Mozart non ha proseguito per la via indicata dalla Messa K 192. (...)
L'importanza di questa Messa poggia sulle ultime parti e soprattutto sul "Sanctus". li carattere
generale del lavoro è più piacevole che profondo; esso avrà incontrato i gusti dell'Arcivescovo
molto più delle Messe precedenti». Einstein: «IL "Dona nobis" della prima di queste due Messe [K
192] è assai simile al finale di una sinfonia italiana, mentre quello della seconda [K 194] ha un
carattere più vocale, di un'ingenuità piena di fede».
27
Il Gloria è come una danza nel tempo di Allegro in ¾, in cui importanti
cadenze sono marcate da emiole preparatorie come se fosse una corrente.
L‟intonazione del Gloria in excelsis Deo è lasciata al celebrante, dopodiché i soprani
iniziano con note lunge (minime puntate) sulle parole Et in terra pax hominibus. Le
altre tre sezioni del coro (alto, tenore e basso) entrano alle parole bonae voluntatis, i
contralti ed i tenori imitando la piccola figura melodica dei soprani, su un pedale di
dominante al basso. Questo porta alla prima emiola precadenziale, in cui i soprani
racchiudono l‟inizio e la fine della loro melodia di apertura fatta con note lunghe, la
cui ripresa porta alla conclusione del movimento.
Il Credo, messo in musica nel tempo di Allegro in 4/4, non è il più usato e noto
– il Credo niceno-costantinopolitano – bensì il Credo detto “dei dodici apostoli”, così
detto perché la tradizione vuole che i dodici apostoli, prima di lasciarsi e di partire
per evangelizzare ogni angolo della terra, abbiano scritto ognuno una delle
affermazioni di questo simbolo di fede e tutti si siano trovati concordi nell'affermare
che ciò che in quelle parole è professato corrisponde veramente alla rivelazione del
Cristo. Con grande libertà ed insieme profonda consonanza con il testo di tale Credo
Mozart scrisse quello che potremmo definire un “ritornello” musicale che si ripete
esattamente dodici volte, più una tredicesima che è la ripetizione finale della parola
“Credo” che suggella l'unità di tutto il testo. Questo ritornello è dato da 4 note – e
sono le stesse note che riappariranno sia nel Sanctus della Messa K 257 (Credo –
Messe), sia nell'ultimo movimento dell'ultima sinfonia scritta da Mozart, la K 551
(Jupiter) – Lo troviamo così ripetuto 12 volte sulle parole:
1/“Credo (in unum Deum Patrem onnipotentem)”
2/ “Credo (in unum Dominum Jesum Christum)”
3/ “Credo (genitum non factum)”
4/ “Credo (qui propter nos homines et propter nostram salutem)”
5/ “Credo (incarnatus est)”
28
6/ “Crucifixus”
7/ “Credo (et iterum venturum saeculum)”
8/ “Credo (in Spiritum Sanctum Dominum)”
9/ “Credo (in unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam)”
10/ “Confiteor”
11/ “Et vitam venturi saeculi”
12/ “Amen”
29
30
31
Credo (Missa K 192), Sanctus ( Missa K 257) , Sinfonia K 551 “JUPITER” (ultimo
movimento)
32
Degno di nota al momento della prima esposizione è l‟armonizzazione I – IV –
V – I ed il ritmo. A delle minime sulla parola Credo (e semiminima con pausa)
alle prime due battute, si contrappongono le crome sulle parole in unum Deum.
Mozart usa l‟inciso iniziale del Credo alle varie voci, trattandolo in modo
contrappuntistico e fugato, inclusi gli stretti. Per il finale usa di nuovo l‟inciso
iniziale, senza organo, con una nuova armonizzazione dell‟inciso iniziale I – IV –
V – I, adeguato ad una piccola coda con la terza al soprano. Il brano termina così in
un modo debole, quasi senza che ce se ne accorgesse.
Il Sanctus, Andante in ¾, inizia con un movimento discendente dei bassi in
valori lunghi attraverso la scala di fa maggiore, fino ad arrivare al sol, mentre le altre
voci fanno dei brevi interventi, anche loro per moto discendente. L‟Osanna in
excelsis è scritto in forma di fugato e termina con i bassi che cantano un fa basso.
Il Benedictus è scritto nella tonalità di si , sempre in ¾, inizia in modo imitativo
tra le voci di soprano, contralto e tenore, mentre il basso ha una linea indipendente,
per poi imitare il contralto fino a batt. 8. L‟Osanna viene ripreso come per il Sanctus,
e chiude il brano.
L‟ Agnus Dei in re minore è una pagina di grandiosa ispirazione melodica.
Inizia con un Adagio in 4/4, si apre con l‟intervento del soprano solo sulle parole
Agnus Dei qui tollis peccata mundi, cui segue una risposta del coro in omoritmia sul
miserere prima in fa maggiore, poi in fa minore, per poi concludere sul miserere
33
nobis in fa maggiore. Segue poi un secondo pressoché simile, sulle stesse parole da
parte dell‟Alto solista, cui segue la risposta del coro. Ad un terzo intervento del
tenore solo (Agnus Dei Qui tolli peccata mundi), segue una seconda parte, sulle
parole Dona nobis pacem, impostato in un Allegro moderato in 3/8, che è strutturato
alla maniera di un minuetto italiano. La Messa si conclude con una lunga cadenza
plagale sulla parola pacem .
La realizzazione rappresentata da questa Messa in termini di raffinatezza
contrappuntistica, unità dei suoi movimenti individuali, la sua unità globale, ha da
sempre unito favorevolmente critica ed artisti.
Il mottetto Misericordias Domini K 222 composto per desiderio di
Massimiliano III, che Mozart inviò a padre Martini per averne un giudizio, offre un
notevole saggio di tecnica contrappuntistica e vigorosa espressione vocale con le sue
158 battute ricche di elaborate combinazioni fra due temi diversi e ben contrastanti,
su un impianto armonico avvincente. Il secondo di tali temi deriva dal mottetto
Benedixisti Domine di Eberlin, da cui Mozart aveva ricavato le parti staccate per
proprio uso nella primavera del 1773, così come aveva fatto per altre musiche dello
stesso autore e di Michael Haydn.
Secondo il giudizio acuto e raffinato di padre Martini, in quest‟opera “si ritrova
tutto ciò che occorre alla buona musica moderna: buona armonia, matura
modulazione, moderato movimento de violini, modulazione delli passi naturali e
buona condotta [delle parti]”. Tale giudizio non poteva, naturalmente, soddisfare
Mozart essendo egli convinto di aver realizzato un‟opera in stile ecclesiastico antico
rigoroso.
Il rendimento effettivo di una sua esecuzione rimane comunque al di sotto delle
aspettative teoriche e il fluire dell‟idea musicale, di solito così meravigliosamente
spontaneo, risulta spesso inceppato dall‟intenso sforzo del lavoro tecnico.
Nell‟autunno del 1774 giunse a Mozart l‟inatteso incarico di scrivere un‟opera
da rappresentarsi a Monaco durante il carnevale seguente. Era La finta giardiniera
34
(ovvero La giardiniera per amore) K196. Il soggetto era di Ranieri Calzabigi, una
vicenda comico – sentimentale sul genere de La buona figliola di Piccinni.
Sono di questo periodo le sei Messe (K 220, K 257, K 258, K 259, K 262 e K
275), e soltanto la Missa brevis K 258 e in parte anche la bella Messa in si bemolle
maggiore K 275 hanno slanci più ampi verso una struttura contrappuntistica. La
maniera espressiva piacevole che contraddistingue l‟indirizzo stilistico di Mozart in
questo periodo “serenatistico” si manifesta anche in queste opere; e segnatamente
nello spirito popolaresco della Messa in do maggiore K 257 (Credo – Messe).
Momenti di autentica ispirazione mozartiana non ne mancano mai, specie ove
locuzioni misteriose del testo sollecitano le aspirazioni mistiche dell‟artista. Sempre
attiva è la ricerca d‟una verità formale, anche nelle parti di minor rilievo che
tradiscono gli inevitabili momenti di indifferenza dell‟uomo di mestiere di fronte a
lavori scritti per guadagnarsi il pane quotidiano.
Alcune di queste Messe vennero designate con caratteristici soprannomi
nell’ambiente musicale. La K 220 Spatzenmesse (Messa dei passeri) a motivo dei
passaggi violinistici nel Sanctus e nel Benedictus ovvero una appoggiatura della
seconda minore sotto la tonica; la K257 Credomesse, per le numerose ripetizioni
della parola “Credo”; la K 259 Orgelmesse, per l’assolo dell’organo nel
“Benedictus”. Secondo E. Schenk vi sarebbero buoni motivi per vedere nella K 257
la cosiddetta Spaur-messe cioè la messa destinata al coadiutore di Bressanone, il
vescovo Ignaz Joseph conte di Spaur.
Secondo Hertz La Spaur-messe sarebbe la Missa Longa K 262 (246a), p. 650 -
[…] Il Conte Spaur, un amico di famiglia dei Mozart, è stato ordinato vescovo
titolare di cerimonie al Duomo di Salisburgo il 17 novembre 1776, e l'occasione di
festa sarebbe stata ben adattata dalla K 262.-
La Missa longa k 262 (246a) è fra tutte l‟unica di dimensioni più vaste e “solenni”.
In partitura compaiono oboi, corni, trombe, timpani, tromboni, violini, contrabbasso e
35
organo. Lo studio dei muscologi ha datato questa composizione a circa metà del
17753.
La sua durata di circa 31 minuti è dovuta in parte alle tranquille, lente introduzioni
orchestrali, come quello che annuncia il Kyrie, impostato come una doppia fuga che
serve come primo soggetto in uno schema di forma-sonata.
Et in Spiritum Sanctum nel Credo, in 3/4 beneficia di un‟ altra introduzione
orchestrale di ampie proporzioni.
Le fughe in chiusura al Gloria e al Credo sono magistralmente scritti nel loro
genere, quest'ultimo si estende a 122 misure. Diversi climax concludono la fuga, ma
non includono la testa di questo motivo per i soprani nel loro registro superiore, una
cosa impossibile a causa del limite vocale. I violini prendono il posto dei soprani ove
questi non arrivano con la voce in quanto la tessitura sarebbe troppo acuta. Questa
Messa è tra quelle più orientate verso il contrappunto di Mozart; anche l‟Osanna è
impostato, inizialmente, ad un fugato.
Il Benedictus, scritto nella tonalità di fa maggiore, inizia con il tenore solista, a cui
risponde il coro sulla parola Osanna, il quale ritorna come “commento corale”
impostato a gruppi sfalsati e sovrapposti di tre note. Lo stesso schema segue per gli
interventi successivi del soprano solo, alto e basso. Abbiamo già osservato questo
ritmo e la struttura nella sua musica strumentale, così come nella musica vocale che
sceglie spesso per le parole di tre sillabe.
La stessa scrittura nel definire la parola Osanna, la ritroviamo anche nelle messe K
220, K 257 e K 258, nonché nella prima parola dell‟ Offertorio Venite populi, K 260.
Non mancando le fughe a conclusione del Gloria e del Credo, benché un editto
dell‟arcivescovo le avesse bandite dalle funzioni del Duomo, e recando i corni in
partitura contrariamente alle consuetudini del Duomo stesso, si intuisce che la Messa
probabilmente sia stata scritta per altro scopo.
Le Litaniae de venerabili Altaris Sacramento K 243 (marzo 1776) consta di dieci
pezzi di diverso carattere: accanto ad arie con fioriture e gorgheggi vi troviamo brani
3 Alan Tyson, Mozart: Studies of the Autograph Scores (Cambridge, Mass., 1987), p. 167.
Secondo B. Paumgartner tale messa è stata composta nel 1776.
36
in stile chiesastico severo, come la meravigliosa parafrasi corale dell‟inno liturgico
Pange Lingua, nel Viaticum. Il cupo e patetico Tremendum caratterizzato dalla
potente espressività delle parti corali, dalla ricchezza di effetti violinistici e
dall‟autonomia di tre tromboni, è una delle pagine più grandiosamente ispirate
dell‟opera.
37
5. Primi anni di maturità (1776 – 1778)
Nell'autunno del 1776 le prime grandi ombre intervengono ad oscurare l'illusoria
felicità cui si era abbandonato il giovane compositore. Furono scambiate lettere con
Padre Martini a Bologna, nelle quali inutilmente si chiedeva soccorso. Wolfgang
rinfrescò le proprie conoscenze linguistiche, preparò un repertorio concertistico che
scelse fra le sue opere, le quali raggiungevano già il numero di oltre 250. Altri viaggi
seguirono, ma non diedero il risultato sperato, ovvero quello di trovare una
sistemazione presso una corte italiana.
Intanto a Salisburgo i rapporti con il nuovo arcivescovo Hieronymus von
Colloredo si facevano sempre più tesi. Wolfgang sentiva via via più opprimente il
peso di un ufficio che lo costringeva negli angusti limiti di una città di provincia,
impedendogli nuove e più formative esperienze.
Un'immeritata svalutazione delle sue capacità e attività da parte di Colloredo portò
poi ad un degenerarsi dei rapporti, in conseguenza del quale padre e figlio
sollecitarono il permesso per un viaggio. Poiché la loro richiesta fu respinta,
Wolfgang lasciò nell'agosto del 1777 il servizio presso l'arcivescovo.
In questo periodo compone Il semplice Marienoffertorium “Alma Dei Creatoris” a
quattro voci K 277 cui sta bene accanto al Graduale Sancta Maria K 273 (9
settembre 1777), il capolavoro liturgico di quel periodo, spiritualmente vicino al
celebre mottetto Ave Verum composto quattordici anni più tardi. L‟otto settembre
cadeva la festa della nascita di Maria, Mozart si preparava a partire per Mannheim e
Parigi. Questa coincidenza e il tono fervido della preghiera giustificano la
supposizione che il giovane artista, alla vigilia di un lungo viaggio pieno di incognite
si rivolgesse direttamente alla materna Vergine per invocarne la protezione. Come l‟
Ave Verum anche il Graduale procede semplicemente a quattro voci, evitando effetti
solistici in forma quasi Lied. La melodia fluisce ininterrotta senza che nulla ne turbi
la profonda intimità espressiva. Di fronte a quest‟opera impallidiscono tutti gli altri
lavori composti per dovere professionale, vale a dire le otto Sonate da Chiesa per
38
organo due violini e basso K 212, K 224, K 225, K 241, K 244, K 274, K 278, in un
solo tempo, musiche nel gusto dell‟epoca da inserirsi, in circostanze varie, nelle
funzioni religiose.
Le “sonate da Chiesa” sono succinte forme di sonata (vale a dire con breve
sviluppo) in un tempo solo inserite tra il Gloria e il Credo, o più esattamente tra
l‟Epistola e il Vangelo (Einstein le chiama anche “Epistelsonaten”). Esse
rappresentano un postumo della consuetudine, molto diffusa in Italia (specialmente a
Bologna) verso la metà del secolo XVIII di arricchire la liturgia con inserzioni
strumentali (Sonate e concerti). Gran parte dei concerti del tardo barocco deve la
propria origine a questa consuetudine. Venezia ed altri grandi centri scritturavano
valenti virtuosi soltanto per far loro eseguire una “sonata da Chiesa” durante
l‟Elevazione. Mozart ne compose diciassette. Non è escluso che i tre Deutsche Lieder
(Die Grossmutige Gelassenheit K 149= 125d, Geheime Liebe K 150=125e, Die
Zufriedenheit im Niedrigen Stande K 151=125f) siano da attribuirsi al padre Leopold.
Almeno la grafia degli autografi è sua, e il marcato razionalismo nella scelta dei testi
si nota anche nella musica. La curiosa indicazione della K 150 “In un tempo d‟un
certo qual recondito contento” fa pensare con quasi assoluta certezza a Leopold e
rende comprensibilissima l‟estrema riserva con cui i tre Lieder vennero elencati nella
parte principale del nuovo Köchel. La Sonata per pianoforte a quattro mani in re
maggiore K 381=123a non appartiene certamente al periodo viennese come
lascerebbe intendere la sua collocazione nelle prime edizioni del Köchel.
Appena un mese più tardi, partì per un nuovo viaggio insieme con la madre (al
padre era stato negato il permesso), che era donna debole e non intraprendente. Né a
Monaco né a Mannheim, ove trascorsero l'inverno, era disponibile un impiego a
corte. Intanto ad Augusta vi erano stati dei dissapori con gli orgogliosi patrizi, mentre
a Parigi il giovane artista non era riuscito a affermarsi così presto come sperava suo
padre. Una sinfonia di Mozart fu eseguita ai «Concerts Spirituels»; il 12 giugno 1778
il famoso Noverre, con il quale, già nel 1771 a Milano aveva preparato i balletti per
Ascanio in Alba, gli procurò la commissione di un'opera che in realtà non fu mai
39
composta (Alexander und Roxane) e lo incitò a comporre la musica per il balletto Les
petits riens. Wolfgang diede lezioni a fanciulle dell'alta società; il noto editore Sieber
gli pubblicò Sei sonate per violino.
Come già era avvenuto durante il tranquillo inverno di Mannheim, anche a Parigi
Mozart visse quella vita di «libero creatore» che dovrà poi condurre a Vienna. Ma il
terribile colpo della morte della madre4 nel luglio del 1778 e l'effettiva incapacità di
Wolfgang di affermarsi a Parigi indussero il padre a richiamarlo energicamente a
casa. Per quel che riguarda i progetti d'impiego di Leopold, il viaggio era stato un
vero insuccesso, a causa del quale la famiglia aveva contratto grossi debiti.
Ancora una volta, tuttavia, il padre lo convince a ritornare al servizio
dell'arcivescovo di Salisburgo; all'inizio del 1779 è nominato organista del Duomo e
4 Di seguito un estratto della straziante lettera di Mozart che descrive gli ultimi momenti passati con
la madre, da solo in una città a loro estranea e sconosciuta. Dalle frasi brevi, interrotte da
punteggiatura, si deduce lo stato d‟animo dell‟artista che a quel tempo aveva solo 22 anni.
- All'abate Joseph Bullinger Parigi, 3 luglio 1778
Pianga con me, amico mio! Questo è stato il giorno più triste della mia vita. Scrivo alle due di notte.
Ed è necessario che glielo comunichi: mia madre, la mia cara madre, non è più. Dio l'ha chiamata a
sé, l'ho visto bene, e perciò mi sono rimesso alla sua volontà. Lui me l'aveva data, lui poteva quindi
togliermela. Si immagini solo tutta l'agitazione, le preoccupazioni e l'angoscia in cui ho vissuto in
questi ultimi quattordici giorni. È morta ormai priva di coscienza, si è spenta come si spegne un
lume. Tre giorni prima si è confessata, si è comunicata e ha ricevuto l'estrema unzione. Negli ultimi
tre giorni però ha delirato costantemente e oggi alle 5 e 21 minuti è entrata in agonia, perdendo
subito i sensi e la conoscenza. Io le stringevo la mano, le parlavo, ma lei non mi vedeva, non mi
udiva e non sentiva più nulla. Ed è rimasta così fin quando non è spirata, cinque ore dopo, alle dieci
e ventuno minuti della sera. Oggi mi è impossibile descriverle tutto il decorso della malattia. Penso
che doveva morire, perché questa era la volontà di Dio. Nel frattempo la prego solo di farmi un
servizio da amico, di preparare gradatamente il mio povero padre alla triste notizia. Gli ho scritto
con questa stessa posta, dicendogli però soltanto che è gravemente malata. Attendo una risposta per
poter decidere il da farsi. Che Dio gli infonda forza e coraggio! Amico mio! Mi sono rassegnato non
da ora, ma già da molto tempo. Per una particolare grazia di Dio ho sopportato tutto con animo
fermo e tranquillo. Quando il suo stato si è aggravato, ho chiesto a Dio soltanto due cose: un
trapasso sereno per mia madre e forza e coraggio per me; e il buon Dio mi ha esaudito. [...]-
40
succede così ad Adlgasser.
41
6. Al servizio di Colloredo (1779 – 1781)
All’inizio del 1779 Mozart rientrava a Salisburgo, al termine del suo secondo
viaggio a Parigi e riprendeva le mansioni legate al suo impiego di organista della
corte e della cappella dell’arcivescovo Colloredo. Il cospicuo numero di musiche
sacre composte durante questo periodo, dimostra come Mozart dovesse prendere alla
lettera i suoi impegni professionali di compositore di musiche da Chiesa. Il 17
gennaio 1779, appena rientrato da Parigi, era stato riassunto al servizio arciepiscopale
in qualità di organista del Duomo, con quattrocentocinquanta fiorini di stipendio
annuo, alla condizione di <<servire anche la Corte e la Chiesa con le sue nuove
composizioni>>. Tra i lavori che egli dovette approntare a norma di contratto
figurano in primo luogo due Messe solenni, destinate, a giudicare dalle rispettive
datazioni, alle liturgie pasquali nel Duomo salisburghese; e cioè le due Messe in do
maggiore K 317 e K 337. La prima è quella generalmente nota sotto il nome di
Krönungsmesse. Stringatezza formale, conforme ai desideri dell‟arcivescovo,
orecchiabilità di temi, contrasti facilmente accessibili di atteggiamenti fastosi con
altri pensosi e lirici, una scrittura corale prevalentemente omofona e la semplice
bellezza dei <<soli>> contribuirono a farne una fra le composizioni sacre di Mozart
più popolari. Mai la semplicità classica dello stile liturgico della Germania del sud e
il suo sinfonismo, così vicino eppure già così lontano dalla prassi della musica
profana, trovarono espressione più chiara che in questa Messa.
Il carattere di ouverture si rivela inequivocabile già fin dal pathos maestoso con cui
inizia il Kyrie; si riafferma ancor più compiutamente nella forma sonatistica del
Gloria, nel vario, monumentale crescendo del Credo, con l‟esultante ripetizione
conclusiva delle parole iniziali, nel Benedictus in forma di rondò – preziosissimo
pezzo per quartetto solistico – e infine nell‟andante sostenuto introduttivo dell‟Agnus
Dei da cui, per una singolare affinità di stati d‟animo, balena l‟anticipazione d‟una
delle più nobili e dolorose melodie del Figaro(dove sono i bei momenti) prima d‟una
42
libera ripresa del Kyrie sulle parole Dona nobis, conformemente all‟antica
consuetudine ecclesiastica.
Il titolo Krönungsmesse non è stato dato da Mozart. Esso appare per la prima volta
negli elenchi delle esecuzioni effettuate dall‟ Imperial regia cappella viennese nel
gennaio 1823; ma con riferimento alla Messa in do maggiore K 337, il che ci lascia
supporre che questa Messa, o la K 317 (le cui partiture, o quanto meno le parti
staccate, si trovavano nell‟archivio dell‟Imperial regia cappella fin da quando Mozart
era ancora in vita) fossero state eseguite dalla cappella suddetta in omaggio – o per
l‟incoronazione – di Leopoldo II (1790-91) a Vienna, Francoforte, Presburgo o Praga;
o, dopo la morte di lui, per Francesco II, in circostanze analoghe. Il titolo
Krönungsmesseriferito alla K 317 apparirà, sempre nell‟elenco delle esecuzioni
effettuate dall‟Imperial regia cappella, soltanto nel 1873.
La <<tradizione salisburghese>> che associa la Messa K 317 all‟annuale festa
dell‟Incoronazione dell‟immagine miracolosa di Maria nel santuario di Maria am
Plain (tradizione risalente al 1751), secondo un articolo di Johann Evangelist Engl,
archivista del Mozarteum, sembra basarsi su ipotesi insostenibili e non comprovate
da documenti di sorta; ipotesi che tuttavia fecero fiorire per circa mezzo secolo tutta
una letteratura sulla <<Krönungsmessedi Maria am Plain K 317 >> (K. Pfannhauser).
Due dati di fatto rendono incredibile tale tradizione: la distanza cronologica,
assolutamente contraria alla prassi compositiva di Mozart, fra le testimonianze del
lavoro (23 marzo) e la festa dell‟Incoronazione (27 giugno); e la consistenza del
complesso orchestrale previsto dalla partitura che difficilmente avrebbe consentito
un‟esecuzione nel santuario di Maria am Plain che aveva un coro troppo angusto per
quell‟organico. Cosicché, a giudicare dalla data e dall‟organico (quattro voci, due
violini, basso e organo), rimane la sola possibilità che per la festività di Maria am
Plain venisse presa in considerazione una delle due piccole Messe in fa o in re
maggiore K 192 o K 194. Ma fino ad oggi non si è andati oltre tale supposizione.
Manca di qualsiasi documentazione locale che indichi per quale festa
43
dell‟Incoronazione di Maria am Plain Mozart componesse una o più opere e di quali
opere si trattasse.
Comunque sia, l‟esecuzione della festosa Messa k 317 effettuata annualmente dai
salisburghesi nel coro del santuario di Maria am Plain, trova una sua giustificazione,
se non storica, artistica, dovendosi intendere tale opera come luminoso simbolo della
non ancora identificata Krönungs - Messe.
La seconda Messa in do maggiore K 337 composta anch‟essa per la messa solenne
di Pasqua del duomo di Salisburgo, <<Salisburgo marzo 1780>> stando alla
datazione dell‟autografo sul primo foglio della partitura, sembra volersi distinguere
dalla precedente K 317, per atteggiamenti stilistici e destinazione, mediante
l‟aggettivo solennis aggiunto al titolo. Invece anche ad essa è propria quella stessa
tendenza a una unitarietà sinfonica che senza dubbio la distingue dal tipo
propriamente <<solenne>> della << Missa longa>> strutturata a sezioni, nelle sue
singole parti principali, nel senso dell‟antica messa cantatistica. Tale concentrazione
conserva alla K 337 il tipo della vera e propria <<Missa brevis>>. La festosa
composizione strumentale della partitura con oboe, fagotto solo, trombe, timpani, ma
senza corni, conferma tale ipotesi. La composizione risponde anche ad uno sviluppo
del ciclo di Messe degli anni precedenti attraverso un adattamento alle regole della
musica ecclesiastica salisburghese durante l‟arcivescovato di Hieronymus von
Colloredo; come messa di festa richiede quindi l‟apparato orchestrale di una Missa
Solemnis, ma è fortemente limitata come estensione temporale e comparabile
piuttosto ad una Missa Brevis. Interessanti contrasti di stati d‟animo nell‟ambito di
questa forma chiusa producono effetti sorprendenti e vivaci, ma l‟immediatezza
espressiva della Messa precedente si manifesta soltanto in alcuni tratti. Nel Kyrie
bipartito lo stato d‟animo è fondamentalmente più dolce. Indicazioni di tempi mossi
nel Gloria (allegro molto) e nel Credo (allegro vivace) caratterizzano la tendenza di
questi pezzi, pur tanto brevi, a un‟intensità trascinante – soprattutto rispetto al
cerimoniale liturgico -. Il Sanctus si attiene alle maniere un po‟ convenzionali dello
stile chiesastico garbato e galante. Ma ad esso segue il Benedictus in modo minore di
44
struttura rigorosamente contrappuntistica, commovente e angoscioso, quale canto di
saluto del Messaggero di Dio prima della Santa Comunione. Ed è << il pezzo più
sorprendente e rivoluzionario di tutte le messe di Mozart>> (Einstein), aspro e pieno
di fervida malinconia, ma con uno stupendo slancio positivo nell‟Osanna. L‟Agnus
Dei (in mi bemolle maggiore), con interventi solistici del soprano, dell‟oboe, del
fagotto, ci fa riudire un‟anticipazione, anche se non così esplicita come nella Messa K
317, del “Porgi amor”, dal Figaro5. Singolare ma molto personale la chiusura del
Dona nobis pacem; così sommessa e sostenuta, essa è nettamente discorde dal tono
sgargiante e festoso delle parti precedenti.
5 Per le Messe dell’Incoronazione K 317 e K 337 cfr. anzitutto K. PFANNHAUSER, in
<<Mozarteum - Mitteilugen>>, XI, agosto 1936, n.3 – 4. Faticose ricerche provengono qui
ad un primo dato sicuro: <<L’articolo di J. E. Engl, totalmente privo di basi documentarie,
ha trascurato il fatto che il nome di una Krönungsmesse mozartiana, molto palesemente,
non sarebbe potuto giungere da Vienna a Salisburgo ma soltanto da Salisburgo a Vienna, e
soltanto nel secolo XX>> (p. II). Molto belle le parole di Massin (p. 854) sull’affinità di
stato d’animo dolente fra la melodia dell’Agnus Dei in entrambe le Messe, e il Porgi amor della contessa nel Figaro: <<En realitè…c’est toujours de soi meme que Mozart parle,
c’est sa Stimmung personelle qu’il esprime, c’est sa propre melancholie salzbourgeoise
qu’il utilise pour évoquer la plus sainte des victimes, et dont il seouviendra pour faire
charter la plus touchante des délaissées>>. L’autografo della Messa K 337 contiene anche
un frammento di un secondo Credo, con la sorprendente soprascritta <<Tempo di
ciaccona>>, che purtroppo si interrompe alle parole <<cujus regni non erit finis>>.
45
46
47
Allo stesso livello di questi lavori stanno due Vespri K 321 e K 339 (con lo
stupendo Laudate Dominum per soprano solo e coro) e nel Regina Coeli K 276.
Composti nel corso del 1780, verosimilmente tra il gennaio e il marzo, i Vespri K 339
concludono la serie di opere sacre che avevano contraddistinto la produzione
salisburghese (tra cui si ricordano le Messe K 317 e K 337, le Sonate da Chiesa K
329 e K 336 e i Vespri K 321). Nonostante non vi sia alcuna certezza sul nome del
Santo «confessore », vi è chi (Einstein fra i primi) ha individuato in San Giuseppe il
presunto dedicatario della pagina. La tonalità di Do maggiore (assai frequente nelle
opere sacre del periodo), la cantabilità corale, non scevra da accenti
inconfondibilmente teatrali, la presenza di un organico straordinariamente composito,
conferiscono ai cinque Salmi «Dixit Dominus», «Confitebor tibi», «Beatus vir»,
«Laudate pueri», «Laudate Dominum» e al «Magnificat» finale, un tono di singolare
imponenza e permettono di considerare l‟ opera una fra le più significative nella
produzione sacra di Mozart.
Un commento di Hildesheimer così dice:« Una composizione ambiziosa e imponente,
nella quale (Mozart) si compiacque di dar libero sfogo alla sua enorme maestria
nell'uso della polifonia e della strumentazione, che a Salisburgo era stata ridotta al
silenzio».
De Nys: «(...) l'opposizione sempre marcata tra lo stile severo e contrappuntistico e la
sensibile omofonia del classicismo viennese è completamente superata da Mozart,
che ha integrato il contrappunto più dotto in una musica viva e moderna».
In particolare sul «Laudate Dominum» - Einstein: «(...) è un pezzo che non si
preoccupa affatto di essere religioso, ed è di tale incanto sonoro e di tale espressione
poetica che difficilmente- forse soltanto nella Serenata di Schubert Op. 135 (...) - si
potrà trovarne l'eguale».
Nei Vespri, il quarto salmo, Laudate pueri sviluppa una ricca polifonia, vivace,
magistralmente condotta e suggestiva nel suo adeguarsi alle esigenze
contrappuntistiche e allo spirito del testo liturgico. Di minore importanza appaiono in
confronto Due << deutsche kirchenlieder >> per voce e basso parzialmente cifrato
48
K 343 e una serie di Kirchensonaten (Sonate da Chiesa) per organo e orchestra K
328, K 329, K 336. << Lieder da Chiesa >>, tendenti al canto comunitario tedesco,
rappresentano forse un tentativo – successivamente sviluppato da Michael Haydn –
nel senso del movimento di riforma della musica chiesastica. Per vivacità e
atteggiamenti tematici, le Sonate da Chiesa, come le loro consorelle degli anni
precedenti, si muovono nella sfera delle sinfonie e dei divertimenti contemporanei.
Con tali lavori Mozart conchiude la propria attività di << compositore da Chiesa >>
alla corte salisburghese. Il Kyrie di Monaco K 341, il frammento della Messa in do
minore K 427, l‟Ave Verum K 618 e il Requiem K 626 verranno più tardi e saranno
pertanto al di fuori di questo ambito compositivo.
Dopo la trionfale esecuzione nel 1781 della sua opera Idomeneo, re di Creta a
Monaco di Baviera, un ennesimo scontro con l'arcivescovo Colloredo, che aveva
usato nei suoi confronti un atteggiamento sprezzante e umiliante, indusse il
compositore ad abbandonare definitivamente gli incarichi salisburghesi e a trasferirsi
a Vienna. Qui visse dando lezioni private, concerti e praticando, come libero artista,
la professione di compositore: questa decisione, se da un lato fu motivo di angoscia
per una situazione economica sempre più precaria, dall'altro rappresentava un primo
rivoluzionario proclama di indipendenza ideale dell'artista nei confronti della classe
detentrice del potere (tale condizione, portata coraggiosamente a compimento da
Beethoven, sarebbe diventata una norma con gli artisti romantici).
49
7. Gli anni di Vienna (1781 – 1783)
<<A Vienna, Mozart non ebbe alcun rapporto ufficiale con la Chiesa e con la
musica sacra>>, scrive Alfred Einstein <<finalmente libero, egli si dedicò dapprima a
Sonate, Serenate, Concerti per pianoforte e a un'opera. Quattro anni prima della sua
morte l'Imperatore lo nominò compositore di camera, ma non gli ordinò mai di scri-
vere per la cappella di corte o per il Duomo di S, Stefano.
Ciononostante, il sentimento religioso di Mozart, che in lui si identifica quasi
coll'impulso artistico, non si affievolì. Esistono problemi artistici la cui soluzione è
possibile solo nel campo della musica sacra. Fu così che nell'estate del 1782 vide un
fatto straordinario: Mozart che iniziava una nuova Messa, a Vienna, non perché
obbligatovi, ma perché spintovi da un bisogno interiore, per adempiere cioè a un
voto, l'essenza religiosa del quale non possiamo analizzare, esistendo in essa troppi
elementi di volontà creativa>>.
In effetti, che un compositore fin dalla giovinezza abituato a scrivere musica
sacra e di principi religiosi saldi, ma non del tutto ortodossi, componesse una Messa
non su commissione, ma per adempiere un voto religioso, è una situazione più unica
che rara. Non meno curioso è il fatto che il voto non fu originato dal desiderio di
sfuggire a una qualche calamità, o di guarire da una malattia, bensì venne determinato
dal semplice desiderio di coronare con il matrimonio il proprio sogno d'amore.
All' epoca del suo fidanzamento (avversato da Leopold), Wolfgang aveva
«promesso a se stesso» che, se avesse potuto condurre Costanza a Salisburgo dopo
averla sposata, vi avrebbe fatto eseguire una Messa composta per l'occasione.
Sappiamo dell'esistenza del voto e del relativo adempimento da una lettera del mu-
sicista indirizzata al padre in data 4 gennaio 1783. Mozart tra l'altro comunica al
genitore: «Quanto alla Messa, la cosa ha perfettamente la sua ragion d'essere e non
me la sono certo trovata nella penna senza motivo; l'ho realmente promesso in cuor
mio, e spero proprio di riuscire a mantenere la promessa. Quando ho fatto questo
voto, mia moglie era ancora malata, e dal momento ch'ero fermamente risolto a
50
sposarla subito dopo la Sua guarigione, non mi era difficile impegnarmici. Il tempo e
le circostanze ci hanno reso impossibile il viaggio, come anche voi ben sapete, ma la
partitura di metà della Messa può comprovare la fondatezza del mio voto: è sempre là
sullo scrittoio, in grado di offrire le migliori speranze».
La destinazione personale della Messa consente di valutare quale posizione
l'autore, esente da ogni vincolo preordinato, avesse raggiunto nell' espressione
artistica del sentimento religioso nel momento in cui la sua arte era sbocciata alla pie-
na maturità. La Messa in do minore K 427 è forse l'opera più vasta e che meglio
rispecchia gli studi effettuati da Mozart nello stile severo degli antichi maestri, e in
molte delle sue parti, ci mette autenticamente di fronte alla preghiera di Mozart,
idealmente in ginocchio, con tutto il suo talento, di fronte all' altare. Certo, il fatto che
l'autore non avesse un committente per questo brano (e dunque che non ci fosse un
saldo da incassare a lavoro espletato), è stato il principale responsabile del dato nega-
tivo della Messa, del fatto cioè che essa sia incompiuta. Contemporaneamente, senza
paura di contravvenire al gusto di chicchessia, l'autore poté fare riferimento, nelle
modalità di scrittura, a tutti quei modelli del passato che all' epoca di Salisburgo a
malapena conosceva e che ora invece, dopo averli studiati, amava appassionatamente.
I grandi che vanno citati in primis fra gli ispiratori di questa Messa sono Johann
Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, ma a tratti si evidenziano anche modi di
scrittura che rammentano Hasse e Graun, oppure grandi compositori italiani come
Pergolesi e Alessandro Scarlatti. Ai primi rimandano la rigorosità delle sezioni
fugate, ai secondi la solare inclinazione alla cantabilità delle melodie.
Il voto venne adempiuto un anno dopo l'inizio della composizione, quando il
25 agosto 1783 la Messa ebbe la sua prima esecuzione nella Chiesa di S. Pietro
(Peterskirche) a Salisburgo. La stessa Costanza Weber Mozart, che era stata l'origine
del voto, cantò la parte del primo soprano in questo debutto.
Secondo la biografia di Nissen, a detta di Costanza questa Messa sarebbe stata
provata il 23 agosto 1783 nella sede della cappella ed eseguita il 25 agosto6 - vale a
6 Per l'errata interpretazione d'una data sfuggita al dottor Feuerstein, curatore della biografia
51
dire due mesi prima del vero - nella Chiesa di San Pietro. Costanza stessa ne avrebbe
cantato gli assolo. Due anni dopo Mozart fece adattare al Kyrie e al Gloria il testo di
una cantata italiana di autore ignoto - forse del Da Ponte - completando la nuova
versione con due arie e una cadenza delle tre voci solistiche. Così nacque l'oratorio
Davide penitente K469 eseguito per la prima volta in un concerto al Burgtheater il 13,
e replicato il 17 marzo 1785. In questa forma l'opera godeva di una certa predilezione
ancora nel secolo scorso.
A nessuno dei suoi precedenti lavori liturgici Mozart aveva mai dato
un‟impostazione così imponente, ricca e grandiosa come alla Messa in do minore; e a
tale grandiosità d‟impianto doveva naturalmente corrispondere un‟adeguata dovizia
di mezzi: coro a cinque, e una volta perfino a otto voci, piena d‟orchestra (senza
clarinetti) con tromboni. Le poderose parti vocali, dal meraviglioso Kyrie cromatico e
arcaicizzante, alle sviluppatissime fughe del Gloria (cum sancto spiritu, osanna in
mozartiana di Nissen, le date relative alla prima esecuzione della Messa in do minore a Salisburgo
sono pervenute inesatte fino a noi. La Messa venne provata il 23 ottobre 1783 nella sede della
cappella ed eseguita il 26 ottobre nella chiesa di San Pietro. I diari della sorella di Mozart pubblicati
soltanto nel 1963 da W. A. BAUER e o. E. DEUTSCH, Mozart, Briefe und Aufzeichnungen, vol.
III, p. 290, certificano la partecipazione di Costanza: <<il 23 alle ore 8, nella casa della cappella,
prova della messa di mio fratello, in cui mia cognata canta gli a solo...>> E più oltre: <<Il 26 alla
messa in s. pietro. Mio fratello ha eseguito la sua messa, c'era tutta la musica di cort>>. Quale delle
sue antiche messe Mozart abbia ripreso per completare il frammento, purtroppo non lo sappiamo.
Dietro suggerimento e con la collaborazione di E. Lewicki, A. Schmitt effettuò nel 1901 il primo
tentativo di ricostruzione della Messa avvalendosi di alcune parti appena abbozzate da Mozart nel Credo, rifacendo l'Agnus col materiale del Kyrie (com'era nelle antiche consuetudini liturgiche),
completando la strumentazione con aggiunta di flauti, clarinetti e mettendo a punto la parte
dell'organo. In tale versione l'opera venne eseguita il 3 aprile 1901 a Dresda nella Martin-Luther-
Kirche. Fra il 1918 e il 1921 Lewicki vi apportò ancora alcune modificazioni. Pubblicata da Breitkopf und Hartel, la Messa ebbe molte esecuzioni. Nel 1956 H. C. Robbin Landon ne licenziò
una nuova versione molto corretta, con introduzione critica e relazione sul lavoro di rifacimento (ed.
Eulenburg). Per le annuali esecuzioni commemorative nella Peterskirche, a cura del Mozarteum, si
completano i brani mancanti con le parti complementari della Missa longa K262, cosi come forse
fece Mozart per la prima esecuzione. Secondo il <<MJB>>, III, 1943, p. 166, fra gli schizzi
autografi della Biblioteca Nazionale di Parigi (Ms. 241) vi sarebbe una <<seconda (e precedente)
versione del Benedictus>> della Messa K427. Eppure già il solo testo (Quoniam tusolus) avrebbe
dovuto essere sufficiente ad avvertire che si trattava del frammento di un Gloria e perciò
sicuramente non appartenente alla Messa in do minore. Tutte le conclusioni tratte dalla suddetta
premessa sono pertanto invalidate. - B. Paumgartner -
52
excelsis), al Gratias a cinque voci e, soprattutto, al meraviglioso doppio coro Qui
tollis, a otto voci, vibrano tutte dello spirito di J. S. Bach e del pathos di Händel.
Anche i pezzi d‟assieme dei solisti, il Domine Jesu, il Quoniam, il Benedictus
conservano la severità del grandioso polittico corale. Le parti affidate ai due soprani
solisti, il Christe Eleison, il Laudamus te e la gentile scena pastorale dell‟Incarnatus,
entrambe ricchissime di gorgheggi, sono un‟ultima reminescenza delle messe <<in
stile misto>> del tardo barocco austriaco.
Poco dopo la prima rappresentazione del Entfuhrung aus dem Serali K 384,
avvenuta nel 1782, Mozart sposò Costanza Weber, dalla quale ebbe sei figli: di essi
solo due sopravvissero al padre.
Nell'ambiente estremamente stimolante di Vienna il musicista acquistò una sempre
maggiore consapevolezza culturale, politica (significativa la sua adesione alla
Massoneria) ed estetica. Nacquero i capolavori della maturità: accanto alle maggiori
opere sinfoniche, cameristiche e religiose, le grandi prove drammatiche quali Le
nozze di Figaro (1786), Don Giovanni (1787), la più intensa incarnazione di questo
straordinario mito, e Così fan tutte (1790), composte tutte su libretto di Lorenzo Da
Ponte, poeta dei teatri imperiali.
A Vienna Wolfgang Amadeus Mozart otterrà notevoli successi e preparerà le
grandi opere della maturità, ma sarà esposto anche alla volubilità del pubblico e alle
mode subendo più di ogni altro rovesci e momenti di crisi anche per la totale in-
capacità a mantenere rapporti d'interesse con l'alta società e con le classi dominanti. Il
carattere refrattario al conformismo e la naturale idiosincrasia nei riguardi del potere
costituito gli impediranno, al contrario di Salieri, di ottenere con facilità incarichi
ufficiali e un impiego fisso.
Nel 1787 l'imperatore Giuseppe II conferisce per la prima volta a Mozart una
carica: in seguito alla morte di Gluck, il 7 dicembre lo nomina compositore della
corte reale e imperiale (Kaiserlicher Kammermusikus) Bozzetto di Simon Quaglio
per la scena della Regina della Notte nel Flauto magico, con un salario annuo di
ottocento fiorini (ma Gluck percepiva duemila fiorini). Si trattava di una sorta di sti-
53
pendio onorario che Mozart non aveva alcun obbligo di guadagnarsi; non compone
infatti alcun lavoro in seguito a commissione imperiale, a eccezione forse della
Clemenza di Tito. È comunque un riconoscimento quanto meno simbolico all'attività
di musicista.
Un grave colpo gli venne dalla morte del padre, il 28 maggio 17877.
Fu in quei giorni di profonda prostrazione che germinarono in lui i primi
lineamenti del Don Giovanni.
Mentre le sue condizioni di salute andavano progressivamente peggiorando,
Mozart componeva proprio nell'ultimo anno di vita gli estremi capolavori, quali Il
flauto magico, La clemenza di Tito e il Requiem, opera che rimase incompiuta e che
il musicista affrontò, nella certezza della fine imminente, come un'altissima
meditazione sulla morte.
7 Allego una lettera in cui Wolfgang scrivendo al padre gli comunica che è venuto a conoscenza
dell‟aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Vienna, 4 aprile 1787
[..] In questo istante ricevo una notizia che rappresenta per me un durissimo colpo, soprattutto
perché dalla sua ultima lettera potevo sperare che lei, grazie a Dio, stesse benissimo. Ora invece
sento che è seriamente malato. Non occorre certo che le dica con quanta ansietà attendo da lei una
notizia consolante. E vi spero come in una cosa certa, benché ormai mi sia abituato a temere sempre
il peggio in ogni circostanza. Poiché la morte (a ben guardare) è l'ultimo, vero fine della nostra vita,
da qualche anno sono entrato in tanta familiarità con quest' amica sincera e carissima dell'uomo, che
la sua immagine non solo non ha per me più nulla di terrificante, ma mi appare addirittura molto
tranquillizzante e consolante! E ringrazio il mio Dio di avermi concesso la fortuna di avere l'op-
portunità (lei mi capisce) di riconoscere in essa la chiave della nostra vera felicità. Non vado mai a
letto senza pensare che (per quanto giovane io sia) l'indomani forse non ci sarò più. Eppure nessuno
fra tutti coloro che mi conoscono potrà dire che in compagnia io sia triste o di cattivo umore. E di
questa fortuna ringrazio ogni giorno il mio creatore. […]
54
8. Gli ultimi anni (1790 – 1791)
Il 20 febbraio 1790 muore Giuseppe II e sale al trono Leopoldo II. Mozart fa do-
manda come secondo Kapellmeister di corte considerando, come scrive in una
lettera all' arciduca Franz, che «Salieri, quel Kapellmeister di grande talento, non si
è mai dedicato alla musica sacra mentre, fin dalla mia gioventù, ne ho fatto larga
pratica». Tuttavia anche in questo caso la richiesta non viene accolta, mentre per-
sino Salieri in seguito al riordinamento di tutte le istituzioni culturali e artistiche
cede parte delle sue cariche e si ritira dall‟ attività di direttore di teatro, rimanendo
tuttavia compositore di corte e vicepresidente della Società dei musicisti.
Il celeberrimo mottetto Ave Verum Corpus, “la più alta opera d‟arte che Mozart
abbia scritto” secondo Paumgartner, vide la luce il 17 giugno 1791 (secondo la
partitura autografa) o il 18 (secondo il suo catalogo personale) a Baden, celebre
stazione termale a sud della capitale dove Mozart si era rifugiato (simbolica fuga
dalle miserie di Vienna) accanto alla moglie Costanza che là soggiornava.
La storia del manoscritto ci informa che questo mottetto per quattro voci, archi
(con viola) e organo, era destinato all‟istitutore e regens cori di Baden, Anton
Stoll, un uomo che perpetuava la feconda tradizione di quegli insegnanti-musicisti
che fecero, qualche decennio prima, della Boemia il “conservatorio dell'Europa”
(Burney).
In occasione del Corpus Domini (festività soppressa al tempo dell‟Imperatore
Giuseppe II e riabilitata dal successore Leopoldo II), Mozart volle ricompensare
con una pagina sacra l‟amico Stoll, che aveva offerto qualche lezione a Karl, uno
dei figli di Mozart.
L‟Ave Verum Corpus è uno dei rarissimi esempi di musica sacra composti da
Mozart dopo il trasferimento a Vienna nel 1781, e rappresenta un‟importante
testimonianza del nuovo linguaggio musicale che aveva scelto: un codice meno
sofisticato e più „popolare‟ per rappresentare il mistero divino. A Baden il Corpus
Domini era celebrato normalmente il giovedì successivo alla Trinità (23 giugno) e
55
non è impossibile che Mozart si sia seduto all‟organo della Chiesa della città in
occasione della creazione dell‟Ave Verum. In sole 46 battute l‟immagine dolorosa
del crocifisso, gli spasmi dell‟agonia, gli orrori della morte si trasfigurano nella
pace eterna.
Il testo latino del mottetto non è liturgico; lo si incontra per la prima volta in un
manoscritto di Reichenau del XIV secolo; la Chiesa di Rouen lo utilizzava
nell'Ordinario. Nel sud della Germania e in Austria il mottetto veniva cantato dopo
l'elevazione nelle Messe solenni e per le benedizioni del Santo Sacramento, in
particolare quando la processione del Corpus Domini terminava con una
benedizione solenne nella Chiesa parrocchiale, ed è questo, certamente, il caso di
Baden nel 1791. La prosodia della melodia tradizionale in canto piano misurato è
mal riuscita: non facilita la comprensione del testo. Il testo latino comprende anche
un nono verso che (fortunatamente) Mozart non ha composto: O dulcis, o pie, o fili
Mariae8
Il dieci luglio Mozart diresse con Stoll l‟esecuzione della Messa in si K 275
nella Chiesa parrocchiale di Baden.
Sempre nel mese di luglio, Mozart ricevette un incarico assolutamente inatteso, in
circostanze misteriose. Uno sconosciuto lungo, magro, serio, vestito di grigio, gli si
presentò un giorno recandogli una lettera senza firma. L'anonimo scrivente si
profondeva in lusinghiere espressioni di riconoscimento e di lode per l'artista e
concludeva chiedendo se Mozart sarebbe stato disposto a comporre una Messa di
Requiem, e per quale prezzo. Mozart chiese un onorario di cinquanta ducati, senza
però volersi legare ad una scadenza fissa per la consegna. Alcuni giorni dopo
l'inquietante messaggero ritornò con la somma richiesta e ne lasciò sperare una
maggiore a lavoro ultimato, aggiungendo che sarebbe passato di tanto in tanto ad
8 CARL DE NYS, La musica religiosa di Mozart, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1988, pp.
107-108.
56
informarsi sul procedere della Messa. Il Maestro aveva piena liberta di seguire il
proprio gusto; ma non cercasse in alcun modo di venir a conoscere il nome del
committente. Sarebbe stata fatica sprecata.
Questo fatto strano scosse profondamente il Maestro gia ammalato. I foschi
presentimenti di morte che da mesi gli si affollavano nella fantasia presero forma
concreta nell'idea che gli fosse apparso un messaggero del mondo di là per
commissionargli la propria messa di Requiem. Soltanto dopo la sua morte il mistero
venne chiarito. Il committente era Anton Leitgeb, proprietario terriero confinante ed
amico del conte Franz von Walsegg; e come lui appassionato di musica. Per incarico
dell'amico, di cui era anche consigliere per gli affari legali, Leitgeb aveva
commissionato a Mozart la Messa di Requiem destinata alla annuale funzione in suf-
fragio della contessa Anna von Walsegg, morta pochi mesi prima nel fiore dell' età.
Più tardi ricopiò di proprio pugno il Requiem di Mozart con la soprascritta
«Composto dal conte Walsegg». Il 14 dicembre 1793 lo diresse egli stesso nella
parrocchia cistercense di Wiener Neustadt.
Prima di potersi dedicare a questo nuovo lavoro, Mozart, ricevette dagli stati
generali boemi un pressante invito a recarsi a Praga per scrivere un'opera celebrativa
da rappresentarsi in occasione della solenne incoronazione di Leopoldo II a re di
Boemia. Gli si offriva un compenso di duecento ducati ma in quanto al libretto non
aveva scelta: doveva musicare La clemenza di Tito, un'opera seria apologetica del
Metastasio, nella nuova versione del poeta aulico alla corte di Sassonia Caterino
Mazzolà.
Mozart ebbe tutto il tempo di terminare una buona parte dell'opera, soprattutto
i pezzi d'assieme prima di mettersi in viaggio con Costanza e Süssmayr per la capitale
boema.
Mentre stavano per salire sulla carrozza, inaspettatamente riapparve il miste-
rioso signore e s'informò a che punto fosse il Requiem. Impressionatissimo, Mozart
gli assicurò che appena ritornato si sarebbe messo al lavoro e lo sconosciuto si
57
allontanò soddisfatto9.
Dopo il ritorno da Praga, Mozart fu sopraffatto dai malesseri di cui già da
tempo soffriva, e aumentava sempre più la consapevolezza che le forze lo stavano
abbandonando. Nonostante tali malesseri, come un‟ossessione, si dedicava alla
composizione del Requiem, sempre più chiuso in sé stesso ed estraneo al mondo
esterno.10
Mentre si recava al Pater con Costanza, in una giornata autunnale, Mozart
incominciò a parlare della morte, confidò alla moglie di sentire che il Requiem lo
scriveva per sé:<< Lo sento, lo sento, non ne ho più per molto. Certamente mi hanno
avvelenato. Non riesco a liberarmi da questo pensiero>>. Costanza diede poi grande
diffusione a questo tormentoso sospetto, cominciando così a fiorire le leggende più
strane.
Costanza cercò di distrarre Mozart da tali pensieri arrivando a sottrargli la
partitura del Requiem. Dopo una visita effettuata dal dottor Nikolaus Closset, non
emerse nulla di anomalo, tanto da prescrivere solo riposo e svago. Mozart ebbe un
lieve miglioramento che gli permise di completare la Piccola cantata massonica K
623, che diresse nella loggia il 18 novembre, chiese altresì la restituzione del
Requiem, cui riprese a comporre alacremente.
Il 20 novembre 1791, non potendo più reggersi in piedi, dovette mettersi a
9 B. Paumgartner Mozart (Einaudi) pag. 470 – 471.
10
In una lettera in italiano spedita forse al Da Ponte, Mozart esterna i suoi presagi di morte
imminente.
A Lorenzo Da Ponte (?)
Vienna, settembre 1791
Aff.mo Signore,
Vorrei seguire il vostro consiglio, ma come riuscirvi? Ho il capo frastornato, conto a forza, e non
posso levarmi dagli occhi l'immagine di questo incognito. Lo vedo di continuo, esso mi prega, mi
sollecita, ed impaziente mi chiede il lavoro. Continuo, perché il comporre mi stanca meno del
riposo. D'altronde non ho più da tremare. Lo sento a quel che provo, che l'ora suona; sono in
procinto di spirare; ho finito prima di aver goduto del mio talento. La vita era pur si bella, la carriera
s'apriva sotto auspici fortunati, ma non si può cangiar il proprio destino. Nessuno misura i propri
giorni, bisogna rassegnarsi, sarà quel che piacerà alla Provvidenza, termino, ecco il mio canto
funebre, che devo lasciarlo imperfetto. (Da W- A. Mozart, Lettere, a cura di E. Ranucci, Milano
1981).
58
letto.11
Piedi e mani iniziarono a gonfiarsi e a perdere la mobilità, poi vennero vomiti
improvvisi. Nonostante tutto continuava a lavorare al Requiem.
Il 28 novembre le condizioni di salute del Maestro peggiorarono talmente che
il medico curante volle chiamare in consulto il dottor Sillaba, primario dell‟Ospedale
Generale. Ma non c‟era ormai più nulla da fare. L‟organismo stremato non era più in
grado di sopportare la violenta malattia definita <<febbre biliare>>; ciononostante
Mozart continuava a lavorare al Requiem. Alle due dello stesso giorno erano presenti
presso di lui molti musicisti, e Mozart ne approfittò per provare le parti finite del
Requiem. Il tenore Schanck cantò da soprano, Hofer da tenore, e Gerl da basso,
Mozart tentò di accennare la parte del contralto. Giunsero fino al Lacrimosa, dove il
lavoro era interrotto, e fu qui che il Maestro fu sopraffatto dalla certezza che non lo
avrebbe terminato mai più. Scoppiando in pianto dirotto mise da parte i fogli.
Il giorno seguente Sophie, la sorella di Costanza, trovò Mozart e Süssmayr
assorti negli schizzi incompiuti del Requiem. << Non l‟avevo detto che lo scrivevo
per me?>>, disse Mozart con le lacrime agli occhi. La sera stessa, si aggravò, ma i
suoi pensieri parevano ancora andare alla Messa da Requiem. Verso la mezzanotte si
mise a sedere di scatto sul letto, con gli occhi sbarrati nel vuoto. Poi cadde riverso,
reclinò il capo verso la parete e si assopì. Cinque minuti prima dell‟una del 5
dicembre 1791, Mozart spirò.
Mozart ci lasciò il suo Requiem K 626 incompiuto, poco dopo la sua morte lo
terminarono Eybler e Süssmayr. Joseph Eybler, maestro di cappella successore di
Salieri, in una prima risposta a Costanza, il 21 dicembre 1791, accettò il lavoro,
conducendolo fino all‟Offertorio, poi però si tirò indietro. Süssmayr si rese così
disponibile a completare il lavoro, riprendendo tra l‟altro, alcune soluzioni di Eybler.
Circa due mesi dopo la morte di Mozart, la vedova consegnò all'incaricato del
conte Walsegg la partitura completa della Messa funebre assicurandone l'autenticità e
insistendo in questa affermazione per molti anni ancora. Soltanto quando la certezza
della collaborazione di un estraneo era già da lungo tempo radicata nel mondo
11
Dai resoconti della cognata Sophie Haibl, e ai ricordi della moglie Costanza riportati da
Niemeteschek e Niessen.
59
musicale, ella spiegò finalmente il motivo della mistificazione, giustificandola col
ben comprendibile timore che il conte non accettasse un lavoro finito da altri e le
chiedesse la restituzione della somma versata al marito.
Dei dodici pezzi del Requiem Mozart aveva composto per intero l‟Introito e il
Kyrie; le altre parti, fino al Lacrimosa, le aveva stese dettagliatamente, come soleva
fare tracciando il primo abbozzo della partitura, e cioè con tutte le parti vocali e molte
delle parti strumentali conduttrici.
Il manoscritto era interrotto all'ottava battuta del Lacrimosa. Degli altri pezzi, il
Domine Jesu Christe e l'Hostias erano abbozzati come i suddetti e gli ultimi tre
mancavano del tutto.
Il soggetto della fuga del Kyrie, è melodicamente simile al brano „With his
stripes‟ dal Messia di Händel, trascritto per van Swieten a marzo del 1788. Forse la
melodia così autorevole è stata ispiratrice per il soggetto del suo Kyrie.
60
“Kyrie” dal Requiem di Mozart e “And with his stripes”dal Messiadi Händel
Secondo accertamenti critici, per i pezzi mancanti Süssmayr si avvalse
probabilmente di alcuni sommari appunti del Maestro, perciò la sua affermazione di
aver composto personalmente, <<ex novo>> il Sanctus il Benedictus e l'Agnus Dei,
riprendendo soltanto verso la fine, alle parole <<cum sanctis>> la fuga del Kyrie per
dare maggior unitarietà al lavoro, fu quasi subito messa in dubbio. È probabile che
Mozart nelle ultime settimane, almeno fino a quando non fu invaso dall'assoluta
certezza della morte imminente, impartisse al suo allievo istruzioni anche verbali,
facendosi aiutare da lui, allo stesso modo come poco tempo prima la scarsità di tempo
lo aveva costretto a fare per la partitura del Tito. Costanza ricordava come egli
solesse cantare con l'allievo i pezzi abbozzati, dilungandosi in spiegazioni e talvolta
anche bonariamente riprendendolo: “Ahi, ahi, qui siamo di nuovo usciti dal seminato!
Questo sei ancora ben lontano dal capirlo!”. Nulla lascia credere, insomma, che egli
avesse intenzione di affidare a Süssmayr il completamento di un lavoro così
61
importante. Lo stesso Süssmayr, in una lettera dell'8 febbraio 1800, spiegherà
all'editore Breitkopf: “Il compito di ultimare quest'opera, dopo la morte che colse il
Maestro di sorpresa mentre vi stava lavorando, venne proposto a diversi musicisti.
Alcuni si rifiutarono a causa di altri impegni di lavoro, altri per non compromettere il
proprio talento accostandolo a quello di Mozart. Infine l'incarico venne affidato a me,
perché si sapeva che quando Mozart era ancora in vita io avevo spesso suonato e
cantato insieme a lui i pezzi già musicati ed egli mi aveva spesso parlato del come
intendeva mettere a punto e ultimare l'opera, spiegandomene la condotta e i motivi
della strumentazione”.
Senza di lui quegli abbozzi non sarebbero mai usciti dagli archivi e dalle
monografie per diventare un'opera d'arte viva e concreta. Questi meriti, e la resistenza
della sua elaborazione, hanno assai maggior peso che non le molte, innegabili
debolezze artigianali, rilevabili specialmente là dove il trascrittore fu costretto a
lavorare del tutto o in parte di propria iniziativa. Ciò avvenne, come si è detto,
soprattutto nel Sanctus (che ha la stessa successione ritmico – armonica delle rpime
quattro battute della Messa K 139 Waisenhausmesse) e nell'Agnus Dei, e
probabilmente anche nel Benedictus, per cui forse egli poté disporre di un'idea
originale di Mozart, senza peraltro riuscire a darle uno svolgimento adeguato.
L'ultima parola su questo difficile problema critico-stilistico è ben lungi dal poter
essere detta. Tipica di Süssmayr, anche nelle pagine abbozzate per intero da Mozart,
è una strumentazione, che incomincia a avvertirsi nel Dies irae. Gli archi
raddoppiano quasi sempre le parti vocali definite da Mozart, o se ne scostano con
tremolii e figurazioni impersonali. Anche i tromboni si mantengono incollati al coro,
secondo uno stile chiesastico patriarcale, inconciliabile con la maturità artistica di
Mozart. Ciò risulta particolarmente evidente nel sublime brano del Confutatis alle
parole <<Oro supplex et acclinis>>.
Più che mai evidente appare quanto Süssmayr fosse sprovveduto e “incerto sul
da farsi” (W. Fischer) nella prosecuzione del Lacrimosa, e cioè dall'ottava battuta,
dove il manoscritto di Mozart si interrompe, e lo stupendo frammento viene portato a
62
termine da Süssmayr.
Nella versione URTEXT edita dalla Peters, revisionata da F. Beyer, da battuta
24 a 27 variano sia la scrittura orchestrale, sia l‟armonia. Süssmayr sull‟entrata
imitativa tra basso e soprano lascia in pausa i contralti, facendoli entrare solo a
battuta 25 (Dona eis), fa entrare i tenori a metà di battuta 24 per moto contrario ai
bassi e soprani sulle parole Dona eis, con successione armonica V- VI, addoppiandoli
con il fagotto primo, trombone tenore e violini secondi. Beyer invece affida ai tenori
il compito di imitare le altre voci, continuando così l‟entrata „a canone‟ lasciandoli in
pausa alla battuta 24 con i contralti che tengono un pedale di dominante (re)
sull‟articolazione della parola Dona, facendo entrare i tenori a batt. 25 ad imitazione
dei bassi e soprani, sulle parole Dona eis, con successione armonica V – I. A mio
avviso questa soluzione risulta essere più corretta e gradevole all‟ascolto rispetto alla
soluzione adottata da Süssmayr. Di seguito le soluzioni nella versione ridotta per
pianoforte.
Versione di Süssmayr.
63
Versione di Beyer.
64
La ripresa della fuga del Kyrie nell'Agnus Dei è un comprensibile ripiego,
anche se giustificato dalle consuetudini correnti. Mozart, con la finezza d'intuito
artistico raggiunta negli ultimi anni, avrebbe certamente trovato un'altra soluzione, e
la conclusione dell'opera sarebbe risultata ben altrimenti efficace.
Con il Requiem, il Die Zauberflote, le ultime grandi composizioni strumentali
Mozart pose, anche nel campo della musica da Chiesa, l'ultima pietra all'immenso
edificio dell'opera sua. Il Requiem è totalmente diverso da tutte le sue precedenti
composizioni liturgiche, compresa la Messa in do minore scritta quasi dieci anni
prima. Questo lungo periodo di tempo durante il quale Mozart, eccezion fatta per
l'Ave verum, non scrisse più musica sacra, ci dà la piena misura dell'evoluzione com-
piuta dall'artista. Entrambe le opere mostrano le tracce dell'impressione profonda
prodotta nel giovane musicista dalle opere di Bach e di Händel. Più vicina alla calda e
pomposa espressività handeliana, la Messa in do minore è ancora variamente
inframmezzata anche di elementi di impronta italiana; il Requiem, così elevato,
maturo, compiuto, sorretto dalla sicurezza di esperienze direttamente vissute, appare
invece più affine al profondo sentire bachiano. Pur rispettando tutte le esigenze
liturgiche, esso trascende ogni limitazione dogmatica per esprimersi come un per-
sonalissimo atto di fede dell'artista alle soglie dell'eternità.
Se nel Zauberflote Mozart aveva annunziato all'umanità la dottrina del
reciproco amore, come via di salvezza temporale è nel Requiem che, già prossimo
alla morte, sentiva di scrivere per sé, egli ci parla con fervida fiducia della
redenzione, attraverso l'amore inestinguibile per un mondo migliore.
La dolce soavità del Flauto magico pervade anche quest'opera. Perfino i terrori
del nuovissimo giorno diventano, nel Dies irae trepida commozione senz'ombra di
teatralità. Dalla contrita preghiera dell'Introito che invoca la pace eterna ai defunti si
eleva il soave corale Te decet hymnus del soprano solista come una blanda luce di
promessa sulle tenebre del dubbio e dell'errore. Al Confutatis, sugli orrori della
dannazione aleggiano il celestiale voca me delle voci femminili e le sublimi
successioni armoniche dell'Oro supplex. La terrificante maestà di Dio sorride piena di
65
grazia all'infantile, sommessa preghiera Salva me, nel Rex tremendae. Sante,
consolatrici speranze addolciscono la conclusione del cupo e angosciato Lacrimosa,
la paurosa visione del Tuba mirum e la fervente preghiera del Recordare. Sempre e
dovunque la lotta disperata delle creature si placa nella certezza della pace eterna.
Così Mozart, continua a veder nella morte la «vera e miglior amica degli uomini»,
grazie alla sua semplice ma fermissima fede nell'immortalità.
In orchestra prevale il colore cupo dei corni di bassetto. Gli archi si muovono
di preferenza nei registri gravi, con interventi di fagotti, trombe, tromboni e timpani.
In questa gamma di tonalità funeree non v'era posto per gli oboi, chiari, acuti, né per
clarinetti e corni.
Pur essendo ancora rilevabile nella sua impostazione di fondo, e forse anche in
taluni dettagli, qualche traccia dell'impianto chiesastico tradizionale, e nonostante le
importanti messe funebri di Cavalli, Hasse, Michael Haydn, Gossec e Cherubini, esso
rimane, accanto alla Messa in si minore di Bach, la prima composizione liturgica
nello spirito moderno.
Come Il flauto magico, il Requiem parla già il linguaggio del XIX secolo, pur
mantenendosi vicino al monumentale passato di J. S. Bach. Questa enorme ricchezza
di contenuti culturali, anche a prescindere dalla pura bellezza musicale, ne spiega a
grande efficacia rimasta inalterata fino ai nostri giorni. Specialmente nella Germania
settentrionale, dove lo spirito degli antichi classici si mantenne vivo anche nella
seconda metà del XVIII secolo, il Requiem guadagnò rapidamente terreno subito
dopo la morte di Mozart. Più ancora delle opere teatrali mozartiane esso si affermò
vittoriosamente nei paesi latini. Nel 1804 Cherubini lo presentò a Parigi in una
memorabile esecuzione, e nel 1840, per le solenni onoranze funebri a Napoleone,
venne preferito a tutte le composizioni di autori francesi.
Soltanto in epoca più recente sorsero lavori analoghi, benché di carattere meno
rigorosamente liturgico: la Messa di Requiem di Verdi e il Requiem tedesco di
Brahms.
Nel suo ultimo anno di vita, pur portando a compimento una serie di opere
66
assolutamente mature e perfette, Mozart si era venuto a trovare come a un nuovo
punto di partenza. Concluso il suo passato con Così fan tutte, durante la lunga pausa
del 1790 egli maturava la squisitissima soavità di linguaggio, preannunziatasi in molti
precedenti lavori, per portarla alla pienezza dell'ultima maniera. Passo passo egli
riconduceva la propria arte, nata dalla ingenua galanteria dei preclassici, alla potenza,
alla profondità di sentire degli antichi maestri classici, raggiungendo un perfetto
equilibrio tra profondità di pensiero e compiutezza architettonica in senso assoluta-
mente personale e moderno. Accanto alla calma maturità di Joseph Haydn che aveva
portato l'arte classica strumentale viennese a luminose altezze, le opere della maturità
mozartiana, dopo la prematura morte dell'artista, dovevano continuare ad agire come
una poderosa forza spirituale sull'animo delle successive generazioni.
67
9. Estetica ed evoluzione dello stile
La carriera artistica di Mozart si evolve con gli anni.12
Rispettando in un primo
momento i confini stilistici posti nel periodo barocco fra musica teatrale, sacra e da
camera, egli comincia liberamente ad abolirli e a sviluppare con crescente autonomia
il suo personalissimo stile, non condizionato dalle capacità di comprensione degli
ascoltatori (musica di società), ma informato unicamente alla legge delle intime
esigenze espressive (arte di confessione). In questo senso anche Mozart, impiegando
in modo magistrale il linguaggio artistico che generazioni prima di lui avevano
sviluppato e che egli fece proprio in parte con lo studio teorico, in parte mediante gli
incontri con i primi compositori del suo tempo, oltre a concludere un'epoca, diviene
l'araldo di una nuova èra artistica.
Non si deve dimenticare il sostrato storico della musica mozartiana, che si
ricollega al ricordo di Händel a Londra e alla polifonia italiana di Roma e Bologna:
associato inoltre ai fermenti contemporanei della sinfonia e dell'opera buffa, che già
in tenera età egli aveva avvertito in Francia, Inghilterra e Italia. Questo sostrato
storico rivela l'universalità del suo stile. Ma la formazione di Mozart non si è attuata
solo nei rapporti con i più significativi compositori del suo tempo, ma anche
attraverso incontri con cantanti, virtuosi, orchestre di prim'ordine, nei centri dalle
grandi tradizioni teatrali. Grazie al genio organizzativo del padre, aveva conosciuto le
classi più elevate della società: pontefici, re e principi, cardinali e diplomatici, ma
anche borghesi e commercianti, nonché il popolo minuto.
Aveva vissuto in conventi, città e villaggi di quasi tutta l'Europa, e già nei
primi anni di vita il suo sguardo si era posato sul <<grande teatro del mondo>> -
premessa indispensabile per il precursore del teatro musica moderno -. Egli avvertì
in sé, molto presto, l'acutezza d'osservazione, l'arguzia, la tendenza all'ironia dello
spirito latino, come pure un infallibile istinto formale, fondendo tutto ciò con la
serietà di carattere ereditata dal padre e con l'indole cordiale della madre austriaca.
12 Per l‟argomento, cfr. ERICH SCHENK, Voce Mozart Wofgang Amadeus, DEUMM/B, V, 1988, pp. 227- 229.
68
Da questa fusione risultò quella ricca umanità che gli consentì di rappresentare sulla
scena le passioni degli uomini, di sostituire vivi ritratti alle tradizionali maschere
teatrali, assicurando a molti suoi personaggi l'immortalità. Così non solo dal punto di
vista artistico, ma anche da quello puramente umano, gli riuscì di concludere quel
periodo classico della musica, il cui fine essenziale ed ideale era stato la compiuta
rappresentazione dei sentimenti umani e dei moti dell'animo.
Il Classicismo è la realizzazione artistica di quel secondo Umanesimo che, con
la sua fede nell'uomo e nella vittoria della bontà e della bellezza che appianano ogni
confine fra le classi sociali, rese possibile l‟ ascesa del musicista salisburghese.
L'opera complessiva di Mozart rivela ancora la ricchezza e l'universalità
dell'epoca barocca: non esiste quasi genere musicale del suo tempo che egli non abbia
trattato o uno strumento al quale non abbia dedicato alcune opere, composte con un
finissimo intuito delle particolari risorse tecniche e timbriche.
Nel medesimo tempo, il genio precoce del compositore risolve in una nuova
dimensione i valori puramente musicali di un fervore spirituale che nel clima ro-
mantico avrebbe trovato la massima comprensione, sino a fare del suo stile un
esemplare punto di partenza e di arrivo. L'omogeneità e la coerenza del discorso
mozartiano paiono dar vita a una trasfigurazione dell'elemento musicale, mentre la
trasparenza e la perfezione della forma sembrerebbero annullare la presenza di una
eredità storica. Ma, riconosciuta la natura inconscia e favolosa, misteriosa e ineffabile
dell'arte mozartiana, resta insoluto il problema dell'apporto culturale, di quella
esperienza musicale, mentre si fa più arduo il giudizio sul valore e l'importanza di
ogni singola opera. Ben pochi fra i suoi contemporanei si erano accorti del reale
valore della creazione mozartiana, così come ben pochi, grandi, ne furono influenzati.
Le conquiste di Haydn e di Clementi nel campo della musica strumentale, o di Gluck
e di Cimarosa in quello operistico, suscitavano maggiori entusiasmi, mentre la sottile
rivoluzione mozartiana si nutriva di occasionali vittorie.
Abile in tutti i generi, dotato di una stupefacente capacità e fantasia inventiva,
Mozart impressionava i contemporanei più per le qualità esteriori del suo
69
temperamento artistico, che per la reale ricchezza di contenuto della sua opera. Ne
fanno fede le pagine strumentali, in special modo i concerti; ma soprattutto, la
produzione teatrale che, una volta liberata dal manierismo tradizionale, ha dato vita a
personaggi indimenticabili, quasi simbolici, a situazioni drammatiche mai più
superate, e con tutto ciò non ha suscitato in quell'epoca che lo scalpore dei moralisti e
degli esponenti dell'alta società.
Il linguaggio di Mozart, nonostante l'apparente staticità della sua natura, si
presenta in continua evoluzione e senza che mai il progresso sembri il frutto di un
artificio. Non vi è frattura, ma una continuità storica e discorsiva che sembra
procedere passo dopo passo, verso una meta ideale che, in tutti i generi e in tutte le
forme, Mozart toccherà soltanto negli ultimi anni.
Ogni elemento della tecnica compositiva potrebbe essere fatto oggetto di una
analisi per dimostrare il carattere evolutivo del discorso mozartiano. Si prenda, ad
esempio, la tecnica della variazione, che è predominante in Mozart e che forse è
quella che meglio rappresenta il passaggio da un'epoca a un'altra, da una concezione
all'altra. Si tenga presente che il principio della variazione è anche il principio
creativo fondamentale dell'epoca barocca.
Come si deduce da istruttive lettere di Mozart sulla sua attività didattica a
Parigi e da un quaderno del 1784, egli ha fatto della variazione il punto di partenza,
fornendo cioè ai suoi allievi delle melodie che poi faceva variare e sviluppare (anche
se in ciò, probabilmente, si limitava a seguire il metodo propedeutico sperimentato
dal padre). Comunque, Mozart diede veramente un nuovo sviluppo alla tecnica della
variazione. Non solo ha portato a un'estrema raffinatezza questa tecnica ornamentale
e, superando i limiti stilistici del Barocco, ha enormemente ampliato il repertorio di
formule melodiche, ma soprattutto ha creato le proprie variazioni secondo il principio
dell' elaborazione; seguendo una disposizione psicologica, e raggiungendo in tal
modo una varietà di accenti mai prima udita.
In sostituzione della variazione ornamentale, appare con Mozart la
modificazione (sempre in forma di variazione determinata da impulsi psicologici)
70
delle formule melodiche, ove il mutamento di pochissime note, una lieve sfumatura
armonica, uno spostamento ritmico danno come risultato nuove creazioni di
un'eccezionale forza espressiva e di una affascinante originalità.
Questa evoluzione si compie in tre tappe. Fin verso il 1772 si protrae il periodo
della ricettività, dell'assimilazione sorprendentemente rapida dei mezzi tecnici
d'espressione. Nel decennio 1772-81 il compositore procede in modo sempre più
intenso e consapevole verso una sintesi stilistica personale, finché nell'ultimo
decennio 1781-91 la sua opera si costituisce a simbolo della musica classica, risultato
di un'alta capacità creativa e di un'intensissima virtù espressiva.
Tre tappe fondamentali, dunque, che non impediscono di scorgere l'unità di
condotta e che non vengono vanificate dall'enorme mole dell'opera.
71
10. L’ evoluzione dello stile nelle Messe
È noto che Leopold, aveva posto tutte le sue speranze sulla vocazione
operistica del figlio. Già all'Aja era apparso il Galimathias musicum (K 32) in 16
parti, una strana mescolanza di sinfonia, concerto per clavicembalo e balletto, in cui
forse dei bambini rappresentavano scene di vita alpestre, uno tra i primi contributi di
Mozart al teatro. Un frammento d'opera, una «licenza», cioè una musica d‟omaggio
per una manifestazione in onore d'una personalità fu la prima composizione scritta
dopo il ritorno in patria: l'aria per tenore Or che il dover (K 36). Con essa si
concludevano, infatti, i festeggiamenti annuali per l'anniversario dell'incoronazione
dell'arcivescovo. Mozart compose poi un'intera parte d‟ oratorio (Die Schuldigkeit
des ersten Gebotes, K 35) che secondo lo stile del tempo, non si differenziava in nulla
dall'opera. I modelli diretti di Mozart erano gli oratori di Eberlin, anche talune
composizioni del padre, come rivelano la sicura declamazione, la coloritura
drammatica dei recitativi e la tendenza, a caratterizzare le singole figure. L'impianto
formale delle arie deriva da Johann Christian Bach, il loro puro carattere coloristico
rivela l'influenza italiana e al contempo la sorprendente assimilazione delle
esperienze operistiche di Londra. La Grabmusik (K 42) del 1767, colloquio fra
l'«anima» e un angelo, è una derivazione del dialogo spirituale barocco, soprattutto
del «sepolcro»> viennese; è un'opera napoletana camuffata da cantata. La commedia
scolastica latina Apollo et Hycanthus, tratta da Ovidio (K 38), che nel maggio del
1767 fu rappresentata nel ginnasio benedettino di Salisburgo, dimostra la completa
assimilazione dell'ideale operistico italiano da parte del giovane compositore, seppure
solo occasionalmente si manifesti una personale espressione d'arte. Analoghe ca-
ratteristiche rivela l'opera buffa La finta semplice (K 51), su testo di Coltellini, con la
quale dovevano essere consolidati pubblicamente i primi successi teatrali di
Salisburgo.
A Vienna fu composta anche la prima delle diciotto messe di Mozart, la Missa
72
brevis K 49, contemporaneamente alla Waisenhausmesse, scritta per l'inaugurazione
di un orfanotrofio (K 139), alla quale nel 1769 segui la seconda Missa brevis K 65.
Ambedue mostrano l'influenza di Eberlin e di Michael Haydn nella forma concisa,
nella tematica e nella struttura contrappuntistica.
Al breve soggiorno salisburghese del 1769 risale invece la sua prima grande
Missa solemnis (K 66), la cosiddetta Dominicus-Messe, nella quale si nota il
passaggio dallo stile strettamente polifonico delle messe di Eberlin al brillante stile
napoletano di Adolf Hasse. È una messa in forma di cantata, con un apparato
orchestrale operistico e brillanti assoli vocali, che rispecchiano l'ottimismo col quale
nel periodo rococò si esaltava Dio.
Una grande quantità di musica sacra fu scritta per il duomo di Salisburgo
oppure per committenti italiani. A parte due Messe rimaste incompiute (K 115 e 116)
che, nonostante le inserzioni strumentali di stile napoletano, rispecchiano la dottrina e
la norma contrappuntistica di padre Martini nel loro severo stile vocale a cappella,
nella prima grande Missa solemnis K 139 del 1768 Mozart si riallaccia
inconfondibilmente allo spirito dell'opera, sia per gli accenti drammatici e l'ardita
armonia nei cupi episodi del Kyrie e del Crucifixus, sia per l'impiego di ritmi ternari e
per l'atmosfera gioiosa creata dal ritmo di siciliana.
Nelle Litanie K 109 e 125 Mozart si dimostra amabile, popolaresco e
fantasioso, conformemente alla natura di questo genere. L'opera più ampia di questo
periodo è però l'azione sacra La Betulia liberata (K 118), composta durante il ritorno
dal primo viaggio in Italia e nei mesi successivi a Salisburgo. L'oratorio è in due parti
e nella sua struttura, nei tipici giri melodici e in altri Particolari, come l'impiego di
una melodia gregoriana nel coro finale, segue il modello dell'oratorio di Hasse.
Anche quest'opera, per la forma delle arie e la ricchezza di coloriti, è nello stile delle
pagine giovanili, anche se l'ouverture, di carattere più serio, e i cori rivelano quella
tendenza verso uno stile più maturo già riscontrata nel Lucio Silla.
Fra queste, in ogni caso, meritano una citazione le Messe. La Messa K 167, che
è nello stile della Messa in do min. K 139, ma per la prima volta non presenta la solita
73
contrapposizione di soli e di tutti, annuncia con il ricco contrappunto, il futuro
sviluppo del genere. Questo si avverte particolarmente nella Missa brevis K 192, una
delle cosiddette Credo-Messe, genere prediletto in Austria dopo Fux, nella quale la
parola «Credo» viene ripetuta come citazione appunto nel Credo. Anche qui Mozart
si serve, come incipit intonato dal sacerdote (Credo in unum Deum), del motivo che
egli deriva dalla Missa St. Henrici di Heinrich Biber; mentre il legame tematico delle
singole parti è sviluppato con notevole coerenza. Nella seconda Missa brevis K 194
manca invece una tale rigorosa interpretazione del testo.
Caratteri operistici, evidenti in tale messa, si rilevano anche nelle Litanie
mariane K 195, mentre un'accurata trattazione del testo e passaggi descrittivi
contraddistinguono il Dixit e il Magnificat per i Vespri K 193.
La volontà sempre più decisa di allontanarsi da Salisburgo si manifesta con
particolare chiarezza nelle composizioni sacre di questo periodo. Le sei Messe K 220,
257, 258, 259, 262, 275 (tutte nella tonalità di do magg., tranne l'ultima che è in si
magg.) rivelano quali sono i reali interessi attuali di Mozart, cioè l'opera, la musica
strumentale e il Lied in lingua tedesca. Mentre nella prima manca ogni traccia di
contrappunto a favore di un'effusa cantabilità e di alcuni esperimenti formali, nella
seconda, la Credo-Messe, la ripresa della polifonia rivela il forte richiamo stilistico
della musica strumentale: il carattere semplice e cantabile di quest'opera si ritroverà
rinnovato nelle messe schubertiane. Mentre nella Messa con solo d'organo detta
Orgels-messe K 259 (cfr. il Benedictus) si riflette lo spirito del concerto pianistico,
nelle ultime messe salisburghesi K 258 e 275, Mozart è debitore allo stile che padre
Martini gli aveva fatto un tempo conoscere, mentre la Missa longa (K 262) è vicina al
tipo delle messe solenni.
Le opere scritte nei due anni trascorsi a Salisburgo (1779-81) dopo il ritorno da
Parigi presentano caratteri simili. Le due Messe K 317 (Krönungsmesse, per il
santuario di Maria am Plain presso Salisburgo) e K 337 non si discostano infatti da
74
quelle composte prima della partenza per Parigi. Fanno parte di questo gruppo tre
Kyrie K 323, 340, 341, l'ultimo dei quali rivela chiaramente l'austera disposizione di
spirito del maestro assorbito dalla composizione dell'Idomeneo.
Ricordiamo, inoltre, i Vespri K 321 e 339, nei quali Mozart impiega più volte
passaggi contrappuntistici.
La trasformazione della Messa in do min. nella cantata Davide penitente K 469
del 1785 ci introduce nel campo delle composizioni pseudo-sacre che Mozart scrisse
per incarico della Massoneria. Già nel 1785 era nata la cantata Dir, Seele des Westalls
K 429, per TTB e orchestra. Ancora nel 1785 furono composti per una Loggia
massonica il Lied Gesellenreise K 468, la cantata Die Maurerfreude K 471 e i due
Lieder corali con organo Zerfliesset heut, geliebte gruder K 483 e Ihr unsere neuen
Leiter K 484, scritti nello stile senza pretese del Lied viennese di società, sono
inferiori alla Maurerische Trauermusik K 477 scritta in commemorazione di due
confratelli defunti. Anche in questo famoso brano il timbro è condizionato dalla
particolare sonorità degli strumenti a fiato, mentre l'elaborazione liturgica del cantus
firmus preannunzia rispettivamente brani della Zauberflote (come il Corale dei
Guerrieri) e del Requiem.
Un gruppo a sé formano le composizioni sorte durante l'ultima visita di Mozart
a Salisburgo nel 1783. La Messa in do min. K 427, rimasta incompiuta, fu l'ultima
delle sue diciotto messe; iniziata nel 1782 come voto per ottenere la guarigione della
moglie, alla prima esecuzione nella Peterskirche di Salisburgo, forse dovette essere
integrata con brani di altre messe. Essa è un'alta testimonianza, per non dire la più
significativa, dell'orientamento barocco di Mozart a Vienna, riconoscibile in modo
particolare nelle splendide parti corali come pure nel collegamento tematico delle
singole sezioni. A queste parti, così piene di nobiltà e ispirata grandezza, si
contrappongono alcune arie e frammenti, informati inoltre a differenti stili, come il
Laudate del Gloria.
Del Requiem K 626 Mozart poté ultimare solo l'Introitus, il Tractus, il Kyrie e
in parte la sequenza Dies irae. Il suo allievo Süssmayr completò accortamente e
75
decorosamente il resto, basandosi sulle ultime indicazioni del maestro e sugli schizzi.
Mozart, che da diciotto anni non componeva più messe, fece di questo Requiem una
professione di fede, una manifestazione di grandi idealità etiche, ponendo in tal modo
le premesse per una musica sacra nella quale il dogma cristiano e l'aspirazione
secolare alla trascendenza si compenetrano e si appoggiano vicendevolmente.
Conta, oltretutto, un intimo e elevato sentimento religioso, accorato e
struggente, di umanità rassegnata che la fede quasi non basta a consolare; mentre il
dogmatismo e l'osservanza liturgica sembrano superati nel cantico di fede e d'amore.
Due composizioni vocali di minori dimensioni sono strettamente collegate alla
Zauberflote e al Requiem. Alla Zauberflote appartiene la piccola cantata massonica
Laut verkunde unsre Freude K 623 che il maestro, ormai segnato dalla morte diresse,
diciannove giorni prima della sua scomparsa, nella sua Loggia; al Requiem
appartiene invece il celebre mottetto Ave verum K 618, composto per la festa del
Corpus Domini del 1791 di Baden, che presenta un'intima fusione del Lied tedesco e
dello stile mottettistico a cappella italiano, che aveva avuto in Austria una ricca
tradizione dopo Caldara.
76
11. Spiritualita’ di Mozart
In tutto e per tutto figlio del suo tempo, di quel Settecento che, muovendo dalla
tradizione culturale di stampo religioso, si portava sempre più verso orizzonti laici e
razionalistici, ispirati da suggestioni illuministiche, Mozart segui nell'arco della sua
breve vita il medesimo percorso evolutivo. Non possediamo specifici documenti circa
le convinzioni religiose di Mozart (a parte quel che si può ricavare dalle sue lettere e
dalle sue creazioni musicali) e tuttavia la trasparenza della sua condotta artistica e
umana ci consente di intuirle anche in assenza di dichiarazioni esplicite. Crebbe in un
ambiente cattolico, prestò per lungo tempo la propria opera al servizio della corte
arcivescovile della sua città e di fatto non prese mai completamente le distanze dalla
Chiesa, anche se nei suoi ultimi anni si avvicinò alla «nuova fede» dell' età dei lumi,
quella che sostituiva all'ortodossia religiosa la fiducia nel libero pensiero.
Come è noto, infatti, durante il suo soggiorno viennese Mozart aderì alla
Massoneria e finì con il sottolineare nella sua opera (si pensi soltanto al Die
Zauberflote, Il flauto magico) valori laici di fratellanza e di egualitarismo la cui
rivendicazione si avvicinava al clima delle nuove spinte politiche e culturali che
avrebbero determinato eventi di portata deflagrante nella storia d'Europa.
Anche il clero e le forme rituali delle chiese cristiane, cattolica e protestante,
venivano colpiti dalla critica degli ambienti massonici, sebbene raramente questa sia
sfociata in una lotta aperta, particolarmente nei paesi di lingua tedesca.
Leopold Mozart, che pure aderì alla Massoneria dietro invito e sollecitazione
del figlio, rimase un cattolico di propensioni sostanzialmente ortodosse. Dopotutto
era stato lui a impartire al figlio un'educazione religiosa severa, nella quale il rispetto
della struttura verticale che dalla divinità, attraverso le gerarchie ecclesiastiche,
giungeva fino al singolo fedele, ricalcava la struttura sociale del tempo e persino la
scala gerarchica di casa Mozart, sulla quale Leopold dominava in modo intransigente.
D'altro canto, traendo il proprio maggior reddito dal servizio musicale presso la corte
77
dell' arcivescovo di Salisburgo, Leopold non poteva per forza di cose che dimostrarsi
un cattolico integerrimo. La sua sincera devozione non impediva però che in alcune
occasioni, nelle sue lettere, affiorasse qualche sintomo di ribellione contro i soprusi
perpetrati dai prelati dell'arcivescovado.
Non si poteva non mostrare insofferenza, per un predominio della componente
religiosa sulla vita sociale che, nella Salisburgo del XVIII secolo, possedeva
connotati anacronistici.
Eredi del ruolo temporale medioevale dei vescovi-conti, gli arcivescovi di
Salisburgo controllavano la vita della città da quell'autentica corte che era la
Residenz. Facendo leva sul forte sentimento cattolico della popolazione austriaca e
sull' eterna dialettica della paura escatologica (salvezza o dannazione), i prelati-
padroni accentravano intorno a sé la vita economico – culturale della città, con
stridente anacronismo rispetto alla prevalente tendenza europea verso una gestione
laica del potere.
Il progressivo contrasto fra Wolfgang e suo padre circa il servizio alla corte
arcivescovile non toccò mai elementi dottrinari, ma ruotò sempre intorno alla
condizione servile del musicista alla corte ecclesiastica; una condizione peggiorata
oltretutto da quando al soglio salisburghese era salito l'arcivescovo Hieronymus
Colloredo. Crescendo, il giovane finì con il giudicare sempre più inaccettabile il
ruolo di sfacciata subalternità in cui si svolgeva la sua attività di musicista alla corte
arcivescovile.
Quando il capo cuciniere, conte Arco, lo licenziò con una pedata sul sedere,
Wolfgang prese coraggio, si risolse a chiudere definitivamente con Salisburgo e a
trasferirsi a Vienna per tentare la carriera del libero musicista. Leopold chiaramente
non approvò il fatto che suo figlio rifiutasse di continuare a servire un principe della
Chiesa, infrangendo in tal modo l'antica tradizione feudale ed esponendosi a tutti i
rischi di una vita d'artista senza impiego sicuro. Se si scorrono le sue lettere di quel
periodo, tuttavia, la sua disapprovazione appare più che altro strumentale, finalizzata
a ragioni di natura prettamente economica. Non c'è traccia di indignazione morale in
78
ciò che scrive al figlio, nessuna accusa di lesa maestà. All'acuto senso critico di
Leopold non sfuggivano i troppi difetti del clero e la sua mente aperta appariva
affascinata dai principi ideali del razionalismo illuminista che aveva conosciuto nel
corso dei numerosi viaggi compiuti in Europa insieme con Wolfgang.
Uomo dall'intelligenza ordinata (fu eccellente didatta, come i trionfi del figlio
comprovano, e autore di un metodo per violino rimasto famoso per tutta la prima
metà dell'Ottocento), Mozart padre finì tuttavia con il restare sottomesso all' autorità
costituita. Forse intimamente accolse con soddisfazione la decisione del figlio di af-
francarsi dalla servitù di Colloredo, anche se questo non significa che egli abbia
cessato di rammentare in ogni occasione al ragazzo i suoi doveri religiosi.
Nelle sue lettere il padre lo esorta ripetutamente a confessarsi e ad assistere alla
Santa Messa, temendo che il figlio trascurasse i suoi doveri di buon cristiano. Le
risposte di Wolfgang mostrano come egli cercasse di stornare i sospetti paterni. Si
nota anche quanto, una volta uscito dall'infanzia e dalla prima adolescenza, gli
risultasse fastidiosa (e a volte perfino offensiva) questa sorveglianza. Si finisce con il
parteggiare idealmente per il figlio contro la noiosa pedanteria e bigotteria del padre;
questo anche perché appare evidente che a Wolfgang il proprio, intimo sentimento
religioso sta più a cuore della rigida osservanza di determinati precetti cattolici.
Non sono numerose le lettere di Mozart intorno a questo specifico argomento e
molte di esse risalgono al tempo del suo fidanzamento con Costanza Weber, quando
gli parla con entusiasmo delle confessioni fatte insieme alla futura sposa e delle
Messe ascoltate accanto a lei. L'accenno ai sacramenti da parte di Wolfgang nelle sue
lettere si offre anche a un' altra interpretazione. Il giovane tentava di tranquillizzare
almeno dal punto di vista religioso e ottenere più facilmente il suo consenso alle
nozze quel cattolico praticante che era suo padre (il quale, sia detto per inciso, non
voleva saperne della famiglia Weber).
Una volta sposati i due giovani, e soprattutto dopo che era morto il padre di lui,
non sembra che i Mozart si siano curati soverchiamente di pratiche religiose. È noto
comunque il fatto che Wolfgang abbia preso parte a diverse cerimonie pubbliche,
79
come la Processione del Corpus Domini che il 26 giugno 1791 mosse dalla Chiesa
dei Piaristi. L'ultima pratica religiosa di cui il musicista fece richiesta fu quella
dell'estrema unzione quando, assente sua moglie per un ciclo di cure termali a Baden,
si accorse dell'improvviso aggravarsi della sua malattia. A quanto pare, tuttavia,
nessun prete della parrocchia di St. Peter volle recarsi da lui per somministrargli
l'estremo viatico del culto cattolico. Sua cognata, Sophie Haibl, riferì in una lettera
del 7 aprile 1825 al Nissen (primo biografo di Mozart, secondo marito di Costanza)
che era occorsa molta fatica per convincere un <<prete così disumano>>, a venire.
Come scrive Aloys Greither, <<il fatto che Mozart, in quello stesso periodo, era
entrato a far parte della Massoneria, non basta a spiegare la ripulsa della Chiesa,
perché a quel tempo vi erano anche preti, anzi persino alti dignitari ecclesiastici, fra i
massoni. Ma forse l'entusiasmo con cui aderiva alla Massoneria, e la conseguente in-
differenza nei riguardi della Chiesa, aveva irritato i preti della sua parrocchi>> (da
Mozart, Einaudi, Torino 1968).
La musica religiosa costituisce in ogni caso una parte cospicua della
produzione mozartiana. Il Catalogo Köchel comprende in questo ambito una
cinquantina di opere, di dimensioni varie e spesso incomplete. Certo il numero di
composizioni, per un autore di quell'epoca, non è in alcun modo indicativo della sua
fede religiosa: nel Settecento un'opera nasceva dietro specifica committenza e dunque
era chi effettuava l'ordinazione a determinarne il genere e spesso anche la temperie
spirituale. Sarà molto più tardi, in epoca romantica, per esempio con un Anton
Bruckner, che una predominante componente religiosa del catalogo risulterà effettivo
indizio delle propensioni dell'autore. Tuttavia, la maggior parte delle opere religiose
di Mozart (Messe, Mottetti, Vespri, Litanie ecc.) palesano un'anima, profondamente
religiosa.
Il rituale della Chiesa Cattolica, fatto per parlare ai sensi prima che all'anima
(paramenti sgargianti, profumo d'incenso, musica d'organo ecc., e che trova nella
varietà architettonica delle chiese barocche dell'Austria e della Germania meridionale
un quadro particolarmente confacente), corrispondeva oltretutto al temperamento
80
estroverso del giovane musicista. Incaricato in giovane età di sovrintendere al
bisogno di musica liturgica da parte dell'arcivescovo di Salisburgo, Mozart produsse
la maggior parte della sua opera destinata alla Chiesa proprio nel periodo in cui nella
sua città fu dapprima Konzertmeister, cioè a partire dal 1770 e, a seguito del viaggio a
Parigi, ossia dopo il 1779, organista di corte. Durante lo stesso periodo, nel corso
delle sue tournées concertistiche, il ragazzo ebbe modo di scrivere molto per questo
genere musicale, talvolta regalando le sue composizioni alle autorità ecclesiastiche
delle città che l'avevano ospitato. I motivi ispiratori delle sue opere religiose della
maturità furono però tutt'altri. A Vienna risultarono prevalenti le ragioni personali su
quelli della tradizionale committenza. Gli ideali massonici, d'altro canto, non furono
senza influenza in questo mutamento di profondità psicologica delle sue pagine
sacre:<<Aveva sperimentato a sufficienza quanto poco la dottrina cristiana
"umanizzava" in pratica la vita quotidiana degli uomini" scrive ancora il Greither>>
(Mozart, Einaudi, Torino 1968). <<Lo allontanò dalla Chiesa la rigidezza,
l'impenetrabilità del dogma da parte della ragione. Non era abbastanza superficiale
per ignorare questi scrupoli né abbastanza addestrato per farli tacere. Non abbandonò
la fede trasmessagli dagli avi, ma né il contenuto teologico né il culto lo soddisfecero.
Ciò che del rito non gli piaceva era la scarsa solennità, la trascuratezza della musica
sacra, la pratica della confessione, ottusa e priva di entusiasmo, delle masse dei
fedeli. Inoltre le miserie della vita, le delusioni, la malattia, la precoce esperienza
della morte lo avvicinarono alla lega dei massoni, le cui cerimonie intessute di
musiche di carattere grave lo colpirono fortemente per la loro dignitosa compostezza
e solennità>>.
81
IV. ANALISI DELLA MESSA DELL‟INCORONAZIONE
Le Messe di Mozart risalgono tutte a prima del 1781 (ad eccezione del
Requiem), anno in cui abbandonò la natia Salisburgo per cercare fortuna a Vienna
come libero compositore. Le composizioni migliori della sua gioventù lo mostrano
alle prese con una tecnica contrappuntistica e una scorrevole melodia vocale
affrontate con una facilità disarmante. Il risultato è spesso una musica di grande
fascino ed eleganza che, seppur non molto innovativa, sposa felicemente le capacità
del suo autore con il linguaggio ortodosso della coeva Chiesa austriaca. Buona parte
della musica sacra mozartiano nacque mentr‟egli si trovava al servizio (come il
padre) del Principe arcivescovo di Salisburgo. La città vantava un‟antica tradizione di
musica sacra, che generalmente veniva eseguita con accompagnamento orchestrale
completo di ottoni. Tale caratteristica viene mantenuta negli organici strumentali di
Mozart che prevedono la presenza di trombe e tromboni, nonché, nel caso della
Messa dell‟Incoronazione anche dei corni.
La Messa K 137, destinata alla festa annuale che ricordava l‟incoronazione,
avvenuta nel 1751, di un‟immagine miracolosa della Vergine conservata nel santuario
di Maria am Plain nei pressi di Salisburgo.
L‟anniversario cadeva la quinta domenica dopo la pentecoste. L‟importanza
della celebrazione spiega il carattere festoso e lo sfarzo strumentale della messa
mozartiana, che impiega trombe e timpani in orchestra e sfoggia uno stile più incline
alle suggestioni mondane che alla severità del contrappunto osservato.
Conformandosi alla tradizione salisburghese, Mozart strumenta a quattro parti
reali per archi senza viole e raddoppia le parti corali con tromboni.
Per altri versi mostra invece d‟aver fatto tesoro delle recenti esperienze
sinfoniche e teatrali di Parigi e Mannheim: ai fiati conferisce infatti un ruolo tematico
più spiccato, e ricerca soprattutto impasti inediti ed espressivi dei fiati con gli archi.
Ma influenze ancor più decise si avvertono a proposito del carattere generale della
82
messa: Mozart si allontana, qui, dallo stile dominante presso la corte arcivescovile, da
quella tradizione contrappuntistica che prima di lui avevano coltivato Eberlin,
Adlgasser, Michael Haydn, e altri illustri polifonisti.
La Messa dell‟Incoronazione predilige invece la scrittura concertante e le
aperture ariose, quello stile secolare che pervade in genere, la musica sacra
nell‟Austria e nei paesi tedeschi meridionali alla fine del Settecento. E‟ musica
potenzialmente teatrale, priva però di concessioni al virtuosismo che non contrasta
affatto con un autentico spirito religioso: la cantabilità diffusa che pervade la messa
mozartiana deriva dalla personale religiosità di un compositore per il quale la sfera
dell‟umano e quella del Divino non sono avvertite come entità opposte ed
inconciliabili.
L‟analisi della Messa K 317 è effettuata sull‟edizione DOVER 0-486-27086 dal titolo
Six Masses in full score Wolfgang Amadeus Mozart, pag. 125 e seg. stampato negli
U.S.A. nel 1992, comparata all‟edizione On-line della Barenreiter – Verlag, Kassel
1989 dell‟ International Stiftung Mozarteum, Online Publications (2006), e quella
dell‟ IMSP Stiel und Druck von Breitkof & Hartel in Liepzig Ausgegeben 1878.
83
Il Kyrie, in 4/4 nel tempo di Andante maestoso, e tonalità di do maggiore;
prevede per la parte orchestrale l‟impiego di Oboi, Corni in do, Trombe in do,
Timpani in do e sol, Violini I e II, Violoncello, Contrabbasso, Fagotti ed Organo. Per
l‟organico Vocale, il coro è a quattro voci: l‟Alto è raddoppiato dal trombone Alto, il
Tenore è raddoppiato dal Trombone Tenore, il Basso è raddoppiato dal Trombone
Basso. E‟ altresì previsto l‟impiego di quattro soli nella voce di Soprano, Contralto,
Tenore e Basso.
Il Kyrie è in forma tripartita, anche se la distribuzione del testo non corrisponde
all‟articolazione musicale (“Christe eleison” è una semplice frase all‟interno della
parte centrale).
Alla prima parte conferiscono un tono solenne l‟omoritmia e l‟omofonia
testuale e corale, nonché le figure in ritmo puntato dell‟orchestra; da notare il colore
espressivo particolare che si ha nell‟attacco sulle parole Kyrie, in cui Mozart indica
sul „Ky‟ e rie‟ e l‟orchestra, che segue le dinamiche vocali, riprende, sul ritmo
puntato, mentre il coro è in pausa, il crescendo e poi di nuovo sul secondo „Ky‟ e
„rie‟, ed ancora alla terza ripetizione, fino ad arrivare all‟esclamazione Kyrie eleison
in (batt. 1 – 5).
Posso ipotizzare che per ben tre volte viene esclamata la parola Kyrie, come a
volere invocare il Signore. Il „tre‟ potrebbe indicare la Trinità: Dio Padre, Dio Figlio,
Dio Spirito Santo.
84
Molto curata la simbiosi coro/orchestra in modo da creare „tensione‟ con le
pause che interrompono il discorso continuo. E‟ questa una figura retorica: la tmesi,
ovvero la frammentazione del discorso melodico tramite pause. Serve ad esprimere
sospiro, ma è anche associata a parole di determinazione e di invocazione; quando
preceduti o seguiti da pause, con funzione di invocazione, richiamo ecc.., hanno un
effetto aggiuntivo di Esclamazione.
L‟Esclamazione (Esclamatio), è quella figura retorica che consiste
nell‟elevazione o abbassamento della voce, associata spesso ad interiezioni e vocativi
come “ohimè”, “lasso”, “deh”, “Dio”, ecc.. – Più in generale: accentua l‟emissione di
un suono posto in particolare rilievo. Sinonimo di ecfonesi nella trattatistica
posteriore.
85
86
Proprio a battuta 5 troviamo la cadenza che non risolve, ma resta in sospeso su
un V grado, con il coro che esclama le parole Kyrie eleison. È questa una specifica
condizione della figura retorica dell‟abruptio, in questo caso c‟è l‟elisione della nota
finale della cadenza: la pausa nega l‟attesa di una continuazione ed è seguita di solito
da un deciso cambiamento ritmico.
Ed infatti da qui l‟orchestra prepara l‟attacco del soprano solo, in , che in tempo Più
andante esegue una sorta di duetto con il tenore solo ed intonano un tema scorrevole
(sarà ripreso nella parte conclusiva della messa). Il motivo del soprano ricompare
anche nell‟aria di Fiordiligi in Così fan tutte al n°11 del primo atto, Come scoglio, e
anche l‟orchestra mantiene lo stesso stile.
87
88
89
Alle battute 8 e 9 del Kyrie, l‟oboe ripete il tema del soprano solo, facendo una
piccola imitazione, come a voler “giocare” con esso.
A battuta 11 entra il tenore che risponde al soprano, imitandone la linea melodica
delle battute 9 – 10. In orchestra, sempre l‟oboe, con un movimento ascendente in
semicrome, introduce l‟intervento del tenore. Lo stesso motivo melodico introdurrà, a
battuta 13 il soprano solo, e poi di nuovo a battuta 15 il tenore.
A battuta 13 un nuovo intervento del soprano che di nuovo sulle parole Kyrie
eleison esegue la successione armonica VI II V I , per poi ripresentare una
successione V – I e di nuovo lasciare la cadenza in sospensione sul V, alla parola
eleison (batt. 15), per preparare l‟intervento del tenore.
Sulle parole Christe eleison (batt. 15), il tenore prima e il soprano poi, ripetono
il tema in tonalità minore per tornare e chiudere di nuovo in maggiore.
Questo giocare con le tonalità di maggiore e minore, sembra indicare una
forma di “seduzione” con la musica, forse la scelta del soprano e del tenore non è
stata casuale, ma voluta come ad inserire le maniere delle esperienze derivate dai
viaggi, soprattutto (come già anticipato), in campo operistico.
Molto usata, e non smentita, arriva a batt. 19 la cadenza d‟inganno V – V –VI,
preparando così la cadenza V – I (batt. 20) che riporta al tempo di Andante maestoso
(batt. 21), e lo stesso tema (con qualche variazione) di batt. 1, che però ha amplificato
il discorso musicale portando all‟enfasi l‟episodio.
Da notare che mentre a battuta 5 Mozart lascia la cadenza in sospeso, ora
„chiude‟ il discorso di „seduzione‟ (lasciato aperto precedentemente), a battuta 26.
A battuta 27 il coro viene lasciato a cappella (versione DOVER, mentre
accompagnato dai tromboni in quella del Mozarteum), e quello che per l‟orchestra era
una parte principale all‟inizio del brano, ora è una parte di sottofondo. Da sottolineare
90
che alle battute 30-31, il tema dell‟orchestra di apertura del Kyrie si fonde con il tema
del soprano solo (batt. 8 – 9) ripetuto dall‟oboe.
Si chiude così il Kyrie, con la ripresa della prima parte, ripetuta in un quadro di
ulteriore amplificazione sonora.
91
Il Gloria, sempre in do maggiore, è costituito da un grande complesso unitario, in tre
parti, cui dà coerenza un impianto sonatistico.
Il brano, in tempo di Allegro con spirito in ¾, è aperto da un‟ampia sezione
(Gloria in excelsis) che espone nel tono principale e in successione, una serie di
motivi corali ed orchestrali.
Anche nel gloria c‟è sin da subito un contrasto di espressione: dal
dell‟esclamazione Gloria del coro con orchestra (batt.1, 5, 9), si contrappone il
-4, 6-8), con il coro in omoritmia, appunto sulla parola
Gloria.
Anche qui, come nel Kyrie, Mozart per ben tre volte fa esclamare al coro la
parola Gloria, ripresentando le stesse figure retoriche di Esclamazione e Tmesi.
92
A battuta 10, cambia la scrittura, i violini eseguono dei ribattuti alla
semicroma, come a sottolineare il testo.
La scrittura orchestrale, si rifà anche alla tradizione italiana, si veda ad esempio
Giacomo Antonio Perti (mottetti per l‟assunzione di Maria Vergine A-R Editions,
Inc.2007).
Non a caso Mozart sulle parole in excelsis Deo (da batt. 10 a 13) crea la figura
retorica dell‟anabasi, ovvero una figurazione melodica che accentua la salita, in cui si
esprime lo stato d‟animo di esaltazione o il movimento verso l‟alto (i soprani cantano
un sol!). E sulle parole et in terra pax hominibus, ancora in , fa un‟altra figura
retorica: l‟abruptio, che a differenza del Kyrie, qui ha funzione di inaspettata
interruzione della frase melodica mediante una pausa; in questo caso la pausa è
generale, (anche per la parte orchestrale), potremmo quindi parlare di aposiopesi, che
sottolinea il significato, ovvero il senso della parola pax (hominibus), e sul terzo pax
coincide l‟apice dell‟anabasi creatasi in precedenza: sia le voci che gli strumenti
raggiungono il punto acuto ed estremo di tensione.
Segue un cambio di scrittura ritmica sia vocale che strumentale (batt.20): gli
oboi (in ) con delle minime puntate, introducono il coro (batt. 22) che con la stessa
figura ritmica e imitazione melodica, pronunciano le parole bonae voluntatis (fino
batt. 28).
A questo punto la seduzione si manifesta con repentino cambiamento di
sensazione: dalla compressione alla rarefazione della scrittura separata da una
significativa pausa a motivo di punteggiatura linguistica e dal passaggio dalle
semicrome alle minime puntate.
93
Altro motivo di seduzione si ha dalla sospensione armonica sul grado di sol che
da tonica diventa dominante, tramite passaggi melodici degli oboi in do maggiore,
ripetuti dal coro sulle parole bonae voluntatis (batt. 22 – 28).
Riprende così l‟orchestra in , che prepara un nuovo intervento del coro in
omoritmia sulle parole Laudamus te, che introducono la risposta dei quattro solisti
che in „acefalo‟ e in , pronunciano le parole benedicimus te con successione
armonica I – V – I (batt. 34 – 36), per ripeterlo alla dominante sulle parole adoramus
te. Tornando alla tonalità di do maggiore, il coro in omoritmia, risponde in ai soli
sulle parole glorificamus te (batt. 42 – 44).
Sul gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam, Mozart, mantenendo lo
stile iniziale agli archi, e con coro in omoritmia e con la figura retorica già vista in
precedenza della abruptio, con elisione della nota finale della cadenza; modula nella
tonalità di sol maggiore, con una progressione da battuta 46 a 50 sulle parole gratias
agimus, poi un lungo II sulle parole gloriam ripetute anche qui tre volte che
risolve sul V (batt. 56), che resta in sospeso.
L‟ episodio alla dominante (Domine Deus da batt. 57 a Jesu Christe batt. 77)
svolge il ruolo del secondo tema di forma sonata: intonato dai solisti, contrasta col
primo gruppo per la sonorità più ridotta e per una scrittura moderatamente imitativa,
sia pure su parole diverse, prima tra soprano e tenore (batt. 57 – 65), poi ad
imitazione tra basso e contralto prima ritmicamente (batt. 69 – 70), poi in forma
imitativa sulle parole Domine fili Jesu Christe batt. 73 – 77, mentre il soprano e il
tenore proseguono pressoché omoritmicamente.
94
Da sottolineare l‟episodio e l‟intreccio (tipico delle Misse Brevis di Mozart)
delle parole tra il soprano e il contralto dalle battute 66 a 69, che muovendosi per
terze cantano (il soprano) Domine fili unigenite, (il contralto) Domine Deus agnus
Dei.
In questo episodio, l‟orchestra in sottofondo ha un ruolo di supporto armonico
– ritmico, a sostegno delle voci.
E‟ poi la volta della parte centrale (Qui tollis peccata mundi, miserere nobis), a
carattere di sviluppo, nella quale coro e solisti si alternano modulando
frequentemente e conducendo il discorso a toccare tonalità lontane. Da notare come il
discorso musicale si alterna tra il e la figura retorica dell‟interruptio del coro sul
qui tollis, che culmina sulle parole peccata mundi, e la risposta in con discorso
musicale continuo senza pause dei soli sulle parole miserere nobis (batt. 78 – 95).
Lo stesso disegno ritmico melodico si ripete pressoché da battuta 96 a 113 sulle
parole Qui tollis peccata mundi , suscipe deprecationem nostram. Questa volta i
Solisti accennano un disegno imitato prima il tenore (batt. 105) poi il soprano ( batt.
106) poi il basso (batt. 107), ed infine il contralto (batt. 108), per terminare in
omoritmia alle battute 110 –113, sulle parole (de) –precationem nostram.
Segue il coro che da battuta 113 con i tenori in , sulle parole Qui sedes ad
dexteram patris, danno vita ad un movimento imitativo variato; risponde il soprano
(batt. 114, uguale ritmo ma melodia variata), poi il contralto, pressoché uguale al
tenore, e il basso in omoritmia con il contralto e la cui linea melodica è come quella
del soprano (batt. 116), poi di nuovo il tenore (batt. 117). A battuta 118 il basso è in
95
omoritmia con il soprano (fino a batt. 121), mentre il contralto con il tenore (batt. 118
– 121).
Tutte le voci terminano l‟episodio simultaneamente sull‟ultima sillaba della
parola patris. Ecco di nuovo i solisti che sul miserere (batt. 123 – 129) hanno un
movimento pressoché uguale al precedente di battuta 86, unica differenza la cadenza
finale che per tornare alla tonica (sol), Mozart usa la sua tipica sesta tedesca, con la
successione 7 6 6.
I violini primi alla battuta 131, iniziano un movimento ritmico uguale a partire
dalla battuta 28, fino a 40 e dalla 44 alla 51. A sostegno dei violini però questa volta
intervengono anche gli oboi che raddoppiano le parti, mentre corni e trombe fanno da
supplemento armonico come pure i timpani, solo per il battere.
La ripresa avviene alle parole Quoniam tu solus sanctus (batt. 134, I tema), nella
tonalità di impianto do maggiore.
Con l‟Amen conclusivo, l‟episodio della prima parte alla dominante viene così
ricondotto alla tonica.
A battuta 173 entra il soprano solo che in contrasto con l‟omoritmia del coro
che si è protratto dalla ripresa ad ora, inizia un tema a cui il contralto risponde in
modo imitativo con varianti all‟ottava (batt. 175), poi il tenore ( batt. 177 sempre
96
all‟ottava) ripropone il tema del soprano, ed infine il basso (batt. 179 sempre
all‟ottava) che risponde con varianti: è questa un‟altra figura retorica: la mimesi
ovvero la ripetizione di un passaggio omofonico ad altezza differente, cui è essenziale
la netta separazione delle voci, sia in forma di dialogo (mediante la pausa), sia
all‟interno di un discorso continuo di tutte le voci. Può essere ripetuto anche un breve
passaggio imitativo con entrate assai ravvicinate. Molto simile alla figura retorica
dell‟anafora (in cui si imita l‟intonazione prodisiaca di annunci, invocazioni, moniti
ecc..).
A battuta 181 rientra il coro, sull‟Amen. Il soprano e il tenore si muovono in
omoritmia (batt. 181 – 193); molto bello l‟effetto che si crea con la loro entrata dopo
le battute di pausa che fanno cantare il contralto ed il basso che salta di ottava per poi
muoversi per cromatismi discendenti (181 – 182). Il cromatismo si ripete dalle battuta
182 a 186, con la variazione che il basso salta di sesta anzichè ottava.
A battuta 187 e 188 ripete, in omofonia, la parola amen, proprio per
sottolinearne il significato, così come aveva fatto per le parole Gloria (batt. 1, 5, 9),
Pax (batt. 15, 16), Magnam gloriam tuam (batt. 52, 53, 54), Sanctus Dominus (batt.
158, 159). A battuta 189 prepara la cadenza sulla IV – V – V che risolve sul
primo a battuta 194.
Sempre a battuta 193, sul secondo quarto, il basso ed il tenore ad unisono
ripetono la parola Amen, la quale viene successivamente ripresa, sempre ad unisono
dal soprano e dal contralto. Si chiude così, in forte e come un‟esplosione di
sentimento e preghiera il Gloria di questa messa.
97
Il Credo è un brano dalla forma ampia e complessa, seppur rispecchia la forma
di sonata bipartita: nel movimento di base Allegro molto, intervengono un Adagio (Et
incarnatus est) a cui segue la ripresa del TEMPO I e un secondo episodio di
digressione (Et in spiritum Sanctum), che sembrano configurarsi come i couplets di
un rondò a tre ritornelli.
Il tema principale è costituito da figure dei violini in movimento rapido sulle
quali il coro in omofonia e omoritmia in , declama potentemente il testo Credo in
unum Deum (batt. 5 – 7), il quale, in omoritmia continua la declamazione del testo
Patrem omnipotentem. L‟unità di ritmo e note, simboleggia l‟assemblea che declama
il Credo.
Queste figure, che rendono estremamente unitario il Credo, riappaiono in più
punti sia come ripresa vera e propria (Et resurrexit, Et unam sanctam) sia come
materiale di transizione o collegamento tra sezioni (Genitum, non factum).
L‟insieme vocale e strumentale in queste prime battute resta immutato nel tono,
di do maggiore e con il coro sempre in omoritmia. Un secondo episodio (batt. 12 –
15) sulle parole visibilium omninum et invisibilium, c‟è una prima modulazione a sol
maggiore. Da qui una pausa interessa il coro, e vede protagonista l‟orchestra che si
prepara a modulare la minore sulle parole Et in unum Dominum.
L‟orchestra riprende la scena con il movimento rapido dei violini (batt. 15), per
modulare in la minore (batt. 18) dove c‟è di nuovo il presentarsi del contrasto di
tutto l‟ensamble sul battere (batt. 19 – 21); dando risalto alle parole Dominum,
Christum, Dei, e poi tutti in sulla parola unigenitum.
98
Un pedale di dominante (mi) accompagnerà tutto l‟episodio, che sembra
concludersi a battuta 22 .
Anche in questo caso Mozart sottolinea con questi contrasti le tre parole che
identificano Jesum Christum come un solo Signore e unico figlio di Dio filium Dei
unigenitum (batt. 19 – 23). Proprio in questo punto c‟è la figura retorica
dell‟abruptio, che elude la cadenza finale e prepara invece una serie di passaggi
armonici veloci sulle parole et ex patri natum ante omnia secula che concludono
l‟episodio a battuta 28.
Inizia qui un nuovo episodio che termina nella tonalità di sol maggiore sulle
parole Deum de Deo, lumen de lumine, Deum vero de Deo vero (batt. 33), che
prepara la ripresa del tema dei violini in movimento rapido sulle quali il coro di
nuovo in omofonia e omoritmia in , (come già anticipato) esclama le parole
Genitum non factum, consubstanzialem Patri (batt. 36).
Sulle parole Per Quem omnia (batt. 40), Mozart fa una serie di progressioni
che lo portano a far muovere tutte le voci per moto parallelo ascendente, sulle parole
facta sunt (batt. 43). È questa la figura retorica già vista nel Kyrie dell‟anabasi, in
questo caso Mozart vuole sottolineare l‟importanza del concetto che tutte le cose
sono state create dal Padre.
A batt. 44 inizia un‟altra serie di passaggi armonici sulle parole Qui propter
nos homines et propter nostram salutem che lo porteranno a realizzare la figura
retorica della Catabasi (Catabasis) o Descensus, ovvero una figurazione melodica
che accentua la discesa, sulla parola descendit (batt. 50 – 55), quindi rappresenta
musicalmente la discesa di Cristo sulla terra per salvare gli uomini peccatori. Insieme
alla catabasi, l‟Anafora si presenta come figura retorica alle medesime battute, dove
in forma imitativa Mozart riproduce su tutte le voci lo stesso disegno melodico.
A battuta 56 torna l‟omoritmia del coro, a sottolineare con chiarezza la discesa
di Cristo dal cielo alla Terra (descendit de coelis). Conclude l‟episodio l‟orchestra
che di nuovo ripete il motivo iniziale del Credo, e di introduce all‟Adagio (batt. 60).
99
I solisti intervengono per la prima volta in corrispondenza dell‟ Adagio sulle
parole Et incarnatus est (batt. 60) fino a homo factus est (batt. 64): un passaggio
fortemente espressivo per le armonie ardite e dissonanti le modulazioni rapide, le
inquiete figure discendenti alla biscroma dei violini (con sordina), in cui ritroviamo di
nuovo la figura retorica dell‟abruptio, nel quale Mozart sembra voler restituire tutta
l‟angoscia umana di Cristo, dal momento dell‟incarnazione nel seno della vergine
Maria, alla crocifissione.
Inizia ora la parte più drammatica della presenza di Cristo sulla terra: il
momento della crocifissione, introdotta da Mozart con tre mi in tempo puntato
suonato dall‟orchestra (batt. 64) come ad attirare l‟attenzione dell‟assemblea, come
fossero squilli di tromba, e poi il coro, tutto in omoritmia scandisce le parole
Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato, poi di nuovo la figura retorica
dell‟abruptio per un momento di raccoglimento e di partecipazione emotiva tale da
„mozzare il fiato‟, come rappresentato dai violini che interrompono „a singhiozzi‟ la
loro linea melodica.
Questo è il sacrificio estremo per la salvezza dell‟uomo, rappresentate in
vede il trapasso (ripetuto ancora una volta per tre volte) del Cristo e la successiva
sepoltura, che sfocia da un crescendo ad un (passus, passus, passus et sepultus est
batt. 68 – 71). D‟effetto è la scrittura orchestrale, che vede un dialogo tra i violini
(acefali in semicroma su un gruppo di quattro note ascendenti), gli oboi, ed il coro
tutto su un pedale di sol tenuto dai corni (batt. 68 – 69).
100
Proprio il momento della sepoltura, viene scandito una seconda volta seconda
volta, in e con pausa ad ogni sillaba (ora più che mai) a sottolineare l‟importanza
del momento, in segno di rassegnazione da parte del popolo che inerme ha assistito al
momento della morte e sepoltura del Cristo (batt. 71).
E proprio dalla morte che avviene nella Fede il mistero della resurrezione, su
cui è basata tutta la religione Cristiana. Momento di massimo gaudio cui avviene la
ripresa del Tempo I, e lo stesso motivo iniziale del Credo, i violini senza sordina e
l‟orchestra tutta in , ed il coro che in scandisce in omoritmia le parole Et
resurrexit tertia die secundum scripturas (batt. 72 – 76).
È questa la riconferma nella Fede e la proclamazione del proprio Credo.
Dopo le dissonanze della crocifissione, morte e sepoltura, ora si torna nella
confidenza e sicurezza della tonalità iniziale di do maggiore, chiara e limpida, come a
dimostrare che nella Fede si ha una guida sicura.
Interessante è notare come ancora una volta Mozart sottolinei con la
contrapposizione di e le parole Gloria, judicare e poi in vivos et mortuos (batt.
86 – 90), come a sottolineare che Gesù risorto siede alla destra di Dio, e nella Gloria
del Padre giudicherà gli uomini vivi e morti.
Merita altrettanta attenzione il non dal cujus regni non erit finis (batt. 91 – 95),
nella tonalità di la minore, in cui si ritrova di nuovo la figura retorica dell‟ abruptio, a
voler sottolineare la non fine del regno di Dio.
Dopo la ripresa del gruppo principale (Et resurrexit), un nuovo interludio – più
breve del precedente – riporta in primo piano i solisti che intonano nuove figure
tematiche sulle parole Et in Spiritum Sanctum (batt. 96).
101
Attacca il soprano solo nella tonalità di fa maggiore, raggiunta con una
modulazione quasi diretta in una sola battuta, accompagnato soltanto dai violini I e II,
che disegnano una figura melodica discendente (batt. 97 – 100) in gruppi di quattro
semicrome che sembrano fare un abbellimento al canto del soprano, e giocano
scambiandosi di volta in volta il ruolo di protagonista, cui si aggiungeranno a battuta
99 il contralto e il tenore sulle parole et vivificantem, mentre all‟orchestra si
aggiungono gli oboi.
A battuta 101 il basso ripete il tema cantato dal soprano, sulle parole Qui ex
Patre Filioque procedit (fino batt. 104), questa volta nella tonalità di do maggiore, e
di nuovo si ripresentano i violini che ripetono lo stesso disegno melodico, e di nuovo
c‟è questo “giocare” con le parti che si contrappone alla serietà e profondità musicale
presente nell‟Adagio.
Sempre a battuta 104 entrano il soprano, l‟alto e il tenore (in omoritmia) sulle
parole Qui cum Pater et Filio che riproducono l‟effetto di contrasto tra il e il che
fino ad ora ha fatto il coro (batt. 18 – 21, 86 – 88) sulle parole Pater (et Filio), per poi
ripeterlo a battuta 107 sulla parola Adoratur (simul adoratur).
A sottolineare questi colori contrastanti, c‟è il ritmo di sincope che fa il
soprano (batt. 104), poi ripetono in omoritmia il contralto e il tenore a batt. 107, per
poi tornare in omoritmia e non più in sincope a batt. 109, cui ritorna anche il basso,
sulle parole et conglorificatur.
A battuta 110 il basso inizia un tema sulle parole qui locutus est, sulla
dominante, ripreso in modo imitativo dal soprano e dal il tenore che in moto contrario
imita solo l‟inciso iniziale (batt. 111), il contralto invece ha una linea melodica a se,
come se facesse solo da sostegno armonico al gioco delle altre voci (batt. 111 – 114).
La cadenza, in do maggiore, si completa sulle parole per Prophetas (batt. 113 –
114) che coincide con la ripresa del tema iniziale e l‟ingresso del coro.
Questa volta le voci del basso e del contralto, sulle parole Et unam sanctam
catholicam (batt. 114 – 116) si muovono in ottava per moto parallelo, raddoppiando il
102
tema dei violini, supportati anche dai corni in do, al quale si oppone il lungo pedale di
tonica, fatto sempre in ottava, dal soprano e dal tenore supportati dagli oboi.
A battuta 118, differentemente dall‟inizio del brano, il coro non si muove più
in omoritmia, ma sulle parole Confiteor unum baptisma in remissionem Mozart crea
una sorta di imitazione ritmica tra le voci, introdotta dal Confiteor dei soprani, imitati
dal contralto prima, poi dal basso, mentre a battuta 119 al tenore è affidata una parte
libera. Tale imitazione termina alla battuta 120.
A battuta 121, sulla parola peccatorum, di nuovo la figura retorica
dell‟anabasi ed il coro si muove in omoritmia per moto parallelo ascendente, ad
eccezione dei contralti che eseguono due sincopi, come a simboleggiare che il
confidare nel battesimo in remissione dei peccati, ci purifica e ci eleva alla grazia di
Dio.
Sempre a battuta 122 sulle parole Et expecto resurrectione mortuorum, si
ripresenta la stessa contrastante presenza di , su un pedale di dominante che
accompagna tutto l‟episodio, che si conclude alla battuta 128.
Inizia così una catabasi che dà una speciale amplificazione alle parole
Resurrectionem mortuorum: in un diminuendo generale in cui il coro intona, appunto,
una serie di note sforzate e dal valore largo, che sprofondano poco a poco nel registro
grave, a simboleggiare la vita nella morte in attesa della resurrezione.
A battuta 128 fino a 130, sulle parole et vitam venturi saeculi, quello che da
battuta 23 a 26 Et ex Patre natum ante omnia secula era un intervento in tonalità di la
minore, adesso è nella tonalità di do maggiore. La tonalità maggiore, su cui è
impiantato il Credo, illumina le parole pronunciate che aprono alla speranza e
salvezza dell‟anima sulla morte nella vita che verrà.
Una progressione introduce l‟Amen (batt. 130 – 132), che vede una
configurazione melodica discendente in sincope per il soprano, mentre il basso ed il
tenore, anch‟essi in moto discendente, fanno una serie di appoggiature sulle note
103
reali, mentre il contralto, continuando moto retto discendente con le altre voci, si
muove per minime.
A battuta 133 si prepara la cadenza V – I in do maggiore, con le voci che
tornano in omoritmia, per preparare la figura retorica imitativa dell‟anafora e
catabasi (bat. 137), il soprano prima, seguito dal contralto in forma imitativa, dal
basso, e dal tenore, ripetono insistemente l‟ Amen. Questo disegno melodico lo
abbiamo già incontrato alle battute 50 – 55 (discendit), anche se al soprano
rispondeva in primis il tenore.
A battuta 137, il contralto ed il soprano iniziano una imitazione simile tra loro,
ma diversa dalla precedente, mentre il basso ed il tenore continuano l‟imitazione del
disegno melodico iniziato alla battuta 134 dal soprano. In questo punto la scrittura
orchestrale vede i fiati raddoppiare le voci, e i violini che incalzano e si rincorrono
scambiandosi di continuo il ruolo, con semicrome e sincopi.
L‟episodio si chiude a battuta 141, con la cadenza in do maggiore, in cui
l‟orchestra prepara un nuovo intervento in omoritmia del coro, esclama a battuta 142 ,
con una formula di cadenza perfetta la parola Amen. Le voci anche questa volta sono
raddoppiate dei fiati, e i violini in controtempo accentuano il significato
dell‟invocazione Amen. E di nuovo a battuta 144 l‟Amen in omoritmia. A battuta 145,
l‟orchestra riprende il tema iniziale per preparare la ripetizione delle parole Credo in
unum Deum , in omoritmia con tutti in
A battuta 149, di nuovo l‟Amen, ripetuto due volte (batt. 149 - 150, 150 - 151),
con la figura retorica dell‟abruptio, appunto per sottolineare con forza la parola
Amen: esaudiscimi.
Il ripetere in chiusura le parole ben scandite dal coro Credo in unum deum,
Amen, Amen, potrebbe significare la conferma da parte di Mozart della certezza nella
fede Cattolica.
Si chiude cosi il Credo, con un‟esplosione finale per sottolineare
l‟appartenenza e la profonda fede in Cristo Dio Signore dell‟Universo.
104
La struttura del Sanctus è conforme alla tradizione: ad una prima parte grave e
maestosa sulle parole Sanctus Dominus Deus ne fa seguito una improntata al
massimo dinamismo Osanna in Excelsis; nell‟una e nell‟altra la scrittura corale è
prevalentemente accordale; in orchestra acquista rilievo una successione di figure
nervose e scattanti suonate all‟unisono da tutti gli archi.
Il brano è in ¾ nella tonalità di do maggiore in Andante maestoso, lo stesso
tempo del Kyrie. Sin dalla prima battuta, sulla parola Sanctus, si percepisce questa
maestosità espressiva che dà un senso di piena sonorità.
Mentre il coro in omofonia e omoritmia (batt. 1) con note lunghe intona le
parole Sanctus (minima su San e semiminima sul ctus,), l‟orchestra ha una varietà di
ritmi tra i vari strumenti.
Gli oboi e i corni in sincope, le trombe ed i timpani in omoritmia, i violini con
un disegno ritmico a parte, all‟unisono, nel registro grave rendono, insieme al
continuo, un effetto di mistero e solennità che è prevalente in questa parte iniziale del
brano.
Per ben tre volte viene ripetuta la parola Sanctus (batt. 1 – 4) (di nuove il tre
come simbolo della Trinità), maestosa presentazione all‟acclamazione dell‟assemblea
rappresentata dal coro.
A battuta 5, sulle parole Dominus (Deus Sabaoth), Mozart usa dei cromatismi
che rendono instabile la tonalità di impianto, facendo credere che si sta modulando ad
un‟altra tonalità, quando invece la cadenza rende chiara la conferma del do maggiore
(batt. 5- 8). La scrittura orchestrale, fino a questo punto, resta pressoché invariata da
quella iniziale, con il compito assegnato ai violini (e continuo), di legare tra di loro i
vari episodi, svolgendo questo ruolo in omoritmia e all‟unisono, mentre i fiati fanno
da materiale di secondo piano come supporto armonico.
A battuta 9, sulle parole Plenisunt coeli et terra, continua l‟instabilità
armonica, con il coro sempre in omoritmia, per scandire bene il testo, Mozart inizia
una modulazione con il IV grado (si ), con la successione armonica I /V – I , a
105
battuta 11 un I /IV che risolve ad un I terra (batt. 12). Da notare
come Mozart è tornato a giocare di nuovo con le tonalità del maggiore e minore,
prima il IV grado maggiore (fa) e poi minore per aumentare l‟attrazione verso il I
grado (do), che a sua volta ha la terza minore. L‟orchestra mantiene ancora la
struttura iniziale.
A battuta 13 l‟accordo di settima diminuita sul IV grado alterato, sulla parola
Gloria pronunciato sempre in omoritmia dal coro, ne esalta il significato, sottolineato
dall‟orchestra, in cui i violini che ora suonano ad un registro acuto che gli permette di
essere in primo piano, dando enfasi all‟episodio, che si conclude sulla parola tua, su
un V grado (batt 14).
Torna qui la figura retorica dell‟Aposiopesi, che prepara al cambio ritmico, da
Andante maestoso ad Allegro assai (batt. 15), in cui l‟orchestra introduce il coro, che
sulle parole Osanna in Excelsis (batt. 16 – 19), cantate pressoché in omoritmia, in
registri acuti, e con il raddoppio dei fiati, risaltano l‟importanza del testo,
simboleggiando gioia nell‟alto dei Cieli. Il basso ha qui la funzione di pedale di
dominante, infatti tutto l‟episodio resta in sospeso, e viene ripetuto a battuta 20, ma
questa volta non si chiude subito, viene altresì prolungato, a mò di progressione, con
una serie di passaggi armonici che preparano la cadenza che inizia a battuta 27.
Da notare come il basso salti, a battuta 23, di tritono (sol –do#), con funzione
di appoggiatura al re II grado, mentre si muove, con una serie di cromatismi
discendenti da battuta 27 a 30, il che aumenta la tensione di tutto l‟episodio, dando
rilievo non solo timbrico, ma anche spirituale all‟episodio, che si chiude questa volta
sulla tonica.
A battuta 31, di nuovo l‟orchestra prepara, con la stessa struttura ritmica avuta
sinora, un nuovo intervento del coro che, in una scrittura veloce, racchiude in un
unico intervento l‟esaltazione della gioia nel regno di Dio (batt. 33 – 36). Anche
questa volta la cadenza viene chiusa, sulla tonica, come a riaffermare, ancora una
volta che la salvezza dell‟uomo è nell‟alto dei Cieli, e che la vera gioia la si trova con
106
certezza nell‟altra vita. Questa volta l‟orchestra supporta il movimento concitato con
tutta l‟orchestra in semiminima sulle parole Osanna in excelsis, ma alla seconda
ripetizione di in excelsis (batt. 35) i violini fanno una serie di semicrome ad un
registro alto e discendente, mentre i fiati si muovono sull‟accordo di do maggiore in
semiminime.
La stessa situazione si ripresenta alle battute 38 – 41, e successivamente con
una scala in semicrome ascendente (anabasi che introduce in Excelsis), lasciando
l‟ultimo intervento (in Excelsis) affidato esclusivamente al coro, ai fiati e al continuo
(batt. 41 – 42).
Se si guarda attentamente il testo in relazione alla musica, ci si accorge che alle
battute 34 –35, si crea un‟emiola, in quanto l‟accento musicale (come scritto)
dovrebbe essere su in Ex (giustamente in levare a batt. 33 e 38) invece di seguire
quello parlato che cade su celsis, che si trova invece sul secondo quarto, quindi su un
tempo debole. Mozart ripete lo stesso disegno melodico – ritmico, alle batt. 39 – 40,
42 – 43, ed un‟ultima volta a 44 – 45, facendo così la figura retorica della repetitio
forse per lasciare la cadenza all‟orchestra per chiudere il brano con gli strumenti, così
da dare più forza, incisività ed elevazione al significato del testo Osanna in excelsis.
Termina qui il Sanctus, con un‟esplosione di musica finale che dà l‟idea di
grandezza di Dio nell‟alto dei Cieli.
107
Il Benedictus costituisce un brano indipendente di carattere nettamente
contrastante: è affidato per intero ai solisti ed è dominato da un‟atmosfera lirica. Una
melodia equilibrata e distesa, suonata prima dall‟orchestra e poi dal gruppo dei
solisti, è condotta sino ad un punto di massima intensità espressiva; quando si arresta
sulla dominante per dar luogo alla ripresa dell‟Osanna da parte del coro.
Il brano è in 2/4 nella tonalità di do maggiore e tempo di Allegretto. Si apre
con una lunga introduzione orchestrale, che vede protagonisti solo gli archi che in
anticipano il tema che sarà cantato dai solisti. Anche il continuo in partitura riporta la
dicitura tasto solo, appunto per non compromettere l‟intimità della struttura (batt. 1 -
10).
I solisti entrano, sotto voce come riportato in partitura, a battuta 11, intonando
al contralto il tema introduttivo, accompagnato in omoritmia per terza, dal tenore
sulle parole benedictus qui venit, raddoppiati dagli oboi in orchestra, facendo così una
sorta di risposta al tema introduttivo dei violini; sempre sulle stesse parole, il basso fa
una sorta di interventi isolati che vengono imitati dal soprano (batt. 11 –15). I corni
hanno la funzione di pedale di tonica ed accompagnano tutto l‟episodio.
A battuta 16 il soprano continua ad imitare la parte del basso, per poi avere una
linea melodica indipendente (batt. 17) per terminare in omoritmia con tutte le voci
(batt. 18 – 20). Il basso in quest‟episodio accompagna le voci, dando supporto
armonico e riempitivo.
Il contralto ed il tenore sempre per terze (batt. 15 – 16), di nuovo sulle parole
Benedictus qui venit, continuano il tema introduttivo dei violini (batt. 4) fino alla
conclusione della frase (batt. 20), cui ricompare la figura retorica dell‟ aposiopesi, in
cui gli oboi all‟unisono ed i corni in ottava (batt. 20) introducono un nuovo intervento
dei solisti (batt. 21- 24) che in omoritmia, sul ritmo sincopato e pedale di dominante
tenuto dal basso, dagli oboi e dal continuo, ripetono le parole Benedictus qui venit,
mentre i violini per terze eseguono un movimento discendente in semicrome staccate
108
ribattute, con appoggiatura ascendente sulla nota reale, il cui effetto risultante sembra
un gioco continuo con i solisti.
Ritorna qui il contrasto , dei soli e dell‟orchestra, ma che questa volta più
che sottolineare un passaggio o una parola, sembra aggiungere un tocco di „grazia‟ e
delicatezza a tutto l‟episodio, come una sfumatura più accesa in un dipinto, che non
contrasta ma accentua una determinata tonalità.
Lo stesso episodio si ripete a battuta 25, questa volta i corni raddoppiano gli
oboi e sostengono il basso per tutto l‟episodio, facendo un lungo pedale di dominante
(fino a batt. 29).
A battuta 28 prima e 29 poi, sulle parole nomine Domini, di nuovo la figura
retorica dell‟aposiopesi, ma in questo caso potremmo intenderla come suspensio,
ovvero ostacolo al raggiungimento di un obiettivo (la conclusione dell‟episodio),
mediante prolungamenti o fermate che creano tensione e accrescono l‟attesa
nell‟ascoltatore, in questo caso l‟assemblea; accentuata dal colore dell‟ensamble ( ).
Il ponte di collegamento tra la fine dell‟episodio e la ripresa del tema iniziale è
affidata al contralto (batt. 30 e 31) sulla parola Benedictus con un‟anabasi, su pedale
di dominante tenuto dal soprano e dalle trombe, cui si aggiungono a battuta 31 il
tenore per terza e il basso per moto contrario, sul crescendo, per tornare subito (sul
tema iniziale appunto) in sotto voce (batt. 32 – 33).
Alle battute 34 – 35 il basso, da solo con l‟orchestra, modula alla tonalità di re
minore (batt. 35 – 38), cui segue il ritorno immediato a do maggiore (batt. 38 – 43),
ma la cui scrittura vocale e strumentale si infittisce: le semiminime e le crome
lasciano il posto alle semicrome (batt. 35 – 40), e non compaiono le pause ad
interrompere il discorso musicale affidato al contralto e tenore, mentre il basso ed il
soprano, ancora una volta hanno un ruolo secondario. È uno scorrere di note e suoni
che tornano poi alla cadenza di do maggiore di battuta 44.
109
Da notare come a battuta 42 e 43 ricompare il contrasto
nomine Domine, ma questa volta per dare risalto al significato del testo, in quanto si
proveniva da una figurazione melodica più concitata in cui il testo era secondario alla
musica ed i soli non seguivano più l‟omoritmia avuta fino ad ora.
Ancora una volta si ripresenta il carattere seduttivo già visto nei brani
precedenti e che si riscontra nell‟Opera, ma che ora si fa più presente: il contralto
„duetta‟ con il tenore, ed il soprano con il basso; le cadenze lasciate in sospeso, per
poi ripetersi e concludersi, alternando il modo maggiore e minore.
A battuta 44 – 45 – 46, i soli ripetono in omoritmia la parola Benedictus, con i
soliti contrasti di e sul tempo forte, e continue pause che frammentano il
discorso, quindi di nuovo la figura retorica della suspensio, accompagnati
dall‟orchestra con le stesse dinamiche in sottofondo, ma con discorso musicale
continuo. A battuta 47 ci si accinge alla cadenza sulla dominante che chiude
l‟episodio, con gli oboi che raddoppiano all‟ottava il soprano e i violini secondi
raddoppiano nel registro grave.
A battuta 50 si interrompe la parte di sviluppo per riprendere, dopo una pausa
dei solisti e un accordo di sol maggiore suonato in arpeggio dagli oboi, mentre i corni
ribattono la fondamentale sol,a battuta 51 gli oboi fanno da pedale di sol al posto dei
corni che sono in pausa, i solisti cantano in omoritmia le parole Benedictus qui venit ,
in ritmo sincopato, con il basso che fa da pedale di dominante, e i violini „giocano‟
con le voci in un movimento di semicrome discendenti. Anche in questo caso si ha
una cadenza sospesa sulla dominante.
A battuta 55 si ripete il tema come a battuta 51, ma questa volta si ripete in
minore, con ritmo sincopato e con l‟orchestra che segue omoritmicamente i solisti
(batt. 56 – 57), senza pause a frammentare il discorso e su un pedale di dominante.
110
Alle battute 58 – 59 tutto l‟ensamble è in pianissimo, con i violini nella figura
retorica dell‟abruptio per aumentare la tensione verso la cadenza in sospeso sulla
dominante fino a battuta 60, cui c‟è un decisivo cambiamento ritmico ed espressivo:
sul tempo di ¾ in Allegro assai, entra il coro che esclama in le parole Osanna in
Excelsis (batt. 61), il coro omoritmico è raddoppiato dagli oboi, i soprani cantano nei
registri acuti, mentre i bassi fanno da pedale di dominante. I violini sono in pausa
durante l‟intervento del coro sostenuto solo dai fiati, e fanno una serie di gruppi di
note veloci quando il coro è in pausa.
A battuta 66 l‟orchestra introduce l‟intervento del coro, simile a quello di
battuta 17 – 18 e 21 – 22 del Sanctus, ma questa volta variato alle battute 68 – 69. Il
coro, sempre in omoritmia, sulle parole in excelsis, conclude l‟episodio con una
cadenza sospesa alla dominante, e di nuovo la figura retorica dell‟abruptio,introduce
la ripresa dei soli, a battuta 72 nel Tempo I, 2/4 sottovoce con le parole e tema iniziali
Benedictus qui venit.
Al termine della ripetizione abbreviata del Benedictus, uguale alle battute da 11
a 20, il brano si conclude con la ripresa definitiva dell‟Osanna, a battuta 83, nel
tempo di ¾ in Allegro assai, da parte del coro che chiude il brano.
Questo intervento è uguale a quello del Sanctus alle battute 32 fino alla fine, in
cui il coro in forte ripete Osanna in excelsis per due volte (batt. 83 – 92), i violini
fanno figure scattanti, per poi concludere, con un‟emiola e la figura retorica della
repetitio sulle parole in Excelsis (batt. 92 – 97). Anche il Benedictus è chiuso
dall‟orchestra, sui registri acuti degli strumenti, creando una vera e propria esplosione
musicale.
Probabilmente il Benedictus si ripete come il Sanctus in quanto considerati un
unico momento di proclamazione di Fede: l‟uno non potrebbe essere completo se non
ci fosse l‟altro a supporto.
111
L‟Agnus Dei, dal taglio decisamente anticonvenzionale, è un brano formato da
due parti distinte. La prima consiste in una vera e propria aria solistica del soprano,
che ripete tre volte, variandola, la stessa linea melodica sul testo Agnus Dei (batt. 9 –
16, 25 – 32, 44 - 53): si tratta di una linea morbida, quasi malinconica e dal carattere
spiccatamente teatrale.
Con qualche piccola variante melodica, lo stesso Mozart la riprenderà per l‟aria
della Contessa “Dove sono i bei momenti” nelle Nozze di Figaro.
112
Agnus Dei e Dove sono i bei momenti
113
La seconda parte dell‟Agnus Dei (Dona nobis pacem batt. 57) riprende due
volte la musica della parte centrale del Kyrie, all‟intervento dei soli, sviluppandola in
modo più ampio: la prima volta affidandola ai solisti in tempo Andante con moto, la
seconda al coro, in un tempo più mosso (Allegro con spirito batt. 57 ), quasi marziale
e con tutta la pienezza della sonorità orchestrale.
Il brano è nella tonalità di fa maggiore nel tempo di ¾ in Andante sostenuto; si apre
con una lunga introduzione orchestrale, molto sobria che vede l‟impiego di Oboi,
Corni in do, Violini I e II (con sordina), Violoncello, Contrabbasso, Fagotti ed
Organo. Come si può notare, scompaiono le trombe in do ed i Timpani
(ricompariranno a battuta 57).
Ai violini I è affidato il tema principale, raddoppiati dall‟oboe da battuta 3 a 6
che introducono l‟aria cantata dal soprano. A battuta 8, gli oboi fanno una scala
discendente per terze che prepara l‟intervento del soprano solo.
Il Soprano solo interviene a battuta 9 sul testo Agnus Dei, accompagnato dai
violini I all‟unisono, dai violini II che nel registro grave fanno un accompagnamento e
dal continuo: il contrabbasso pizzicato e l‟organo con tasto solo. Anche se non
specificato in partitura, è palese che il soprano canti in Per due volte viene ripetuto,
a distanza di terza, la Parola Agnus Dei, con la figura retorica dell‟abruptio la quale
funzione è di accrescere un momento di attesa per vedere lo sviluppo della frase. Alle
battute 13 - 14 i corni con i violini I tengono un pedale di dominante sulle parole qui
tollis peccata che prepara la cadenza IV - V - V – I, sulle quali il soprano ripete le
parole peccata mundi, come a voler sottolineare il significato testuale e spirituale
dell‟atto di Cristo immolato, nel mondare gli uomini dai loro peccati.
Sulle parole Miserere Nobis (batt. 16 – 24) Mozart modula alla dominante (do
maggiore), mantenendo sempre la continuità musicale della prima parte. Frammenta
spesso il discorso musicale con pause, anche questa volta la figura retorica dell‟
114
abruptio, aposiopesi a battuta 21, la quale funzione è di evidenziare l‟atto di pietà
implorato verso il Signore. Mozart evidenzia questa richiesta intima, variando
l‟espressione: la prima volta implora il miserere in (batt. 16 – 17), per poi portare il
soprano ad una tessitura più acuta (batt. 18), per poi ripeterlo una terza volta, dal
crescendo al , facendo un cromatismo verso il la minore (batt. 21), per tornare di
nuovo al -24), come a consapevolezza dei propri
peccati e umiltà nel chiedere perdono. Per aumentare l‟enfasi di tale episodio,
Mozart sposta gli accenti nella parte orchestrale: i violini già da battuta 16 sono in
acefalo, per poi fare delle sincopi da battuta 18 a 20, e spezzare con pause il discorso
musicale alle battute 21 e 22 (abruptio come detto sopra). Da notare a battuta 23 gli
oboi entrano per terza e raddoppiano il soprano (il primo all‟ottava), fino alla ripresa
del tema iniziale, dove l‟oboe I prende il posto dei violini I nel raddoppiare il soprano,
facendolo non all‟unisono ma all‟ottava superiore (batt. 24 - 29).
A battute 32, dopo la cadenza in fa, Mozart sembra modulare in si maggiore,
ma poi a battuta 35 invece di risolvere, fa dei cromatismi sia al soprano che al basso
continuo, che rendono l‟episodio particolarmente pieno di tensione. Si percepisce ora,
ancora di più, il senso di pietà implorato in precedenza, tanto che a battuta 38 torna
sulla tonica (fa), ma con la 3 . A battuta 38 entrano gli oboi per terze a sottolineare
questo momento particolarmente intenso, evidenziato dalla tonalità minore. A battuta
40 di nuovo il soprano intona un fa acuto sulle parole miserere, con i violini (sempre
115
acefali) in sincopi discendenti, che sottolineano questo momento topico anche con il
contrasto come già fatto in precedenza con gli altri brani della Messa, per
iniziare, sulla parola nobis ( batt. 41) un pedale di dominante, assieme ai corni, con i
violini I e II che si muovono per terze e fanno un disegno melodico contrastante con
l‟immobilità del soprano, all‟ottava con gli oboi, che lascia la cadenza in sospeso sul
V grado a battuta 43, dove l‟orchestra ha due quarti di pausa (di cui una coronata), ed
il soprano ha due corone, sul do e sul si , prima di riprendere di nuovo il tema iniziale
dell‟aria, come fosse un „da capo‟.
Questa volta la ripresa vede i violini che non accompagnano più in sordina,
bensì in pizzicato, e nessuno strumento raddoppia il soprano, il quale fa una sorta di
abbellimento sulla parola Agnus (batt. 44 e 46); a battuta 48 sulle parole qui tollis
peccata il soprano, su delle semicrome, fa una sorta di scala prima discendente poi
ascendente, su un pedale di dominante tenuto dagli oboi, a cui segue la risposta dei
violini I e II che in ottava ripetono lo stesso disegno melodico del soprano che intanto
è in pausa (batt. 50), per riprendere la cadenza come le due precedenti sulle parole
peccata mundi: questa volta però Mozart termina l‟episodio sul V grado di do, il fa
cantato dal soprano non è che la settima del V grado, da qui si prolunga per tre
battute, (da batt. 53 a 56) un lungo pedale di dominante che vede il ripetersi delle
figure retoriche dell‟ anafora e dell‟abruptio, sulle parole Agnus Dei qui tollis
peccata, che culmina con una pausa generale (aposiopesi) coronata, dove solo il
soprano resta sul fa ad libidum, cui segue un cambio generale del brano come già
anticipato (batt. 57): da ¾ a 4/4.
Si torna alla tonalità di do maggiore su cui è stata impiantata tutta la messa, in
tempo di Andante con moto: i violini I e II sono senza sordina, ricompaiono le trombe
in do, i timpani, il trombone alto, il trombone tenore e trombone basso, il coro e gli
altri solisti.
116
Inizia il soprano solo (batt.57) che, come detto all‟inizio del brano, riprende lo
stesso tema del Kyrie iniziale della messa (batt. 7), sulle parole Dona nobis pacem cui
risponde l‟oboe I ripetendo lo stesso tema, alla stessa altezza; a battuta 2 le trombe
eseguono il disegno melodico di crome eseguito dal soprano e oboe (sol do re mi),
segue un secondo intervento del soprano a continuazione della frase, ripetuto dal
tenore solo (batt. 61), ed accompagnati dai violini I e I che si muovono per terze nel
registro grave; ed hanno qui un ruolo secondario di secondo piano.
A battuta 63, sulle parole Dona nobis pacem, un nuovo intervento del soprano
che esegue la stessa successione armonica della battuta 13 del Kyrie, e di nuovo
lascia la cadenza in sospensione sul V grado (batt. 64), per preparare l‟intervento in
do minore, sempre sulle parole Dona nobis pacem, del tenore e del basso (batt. 65).
Nel Kyrie il tenore attaccava da solo.
117
Riecco di nuovo l‟arte della variazione: l‟organo che sosteneva il tenore nel
Kyrie, ora raddoppia il basso, salvo qualche variante (batt. 65 – 84), il contralto che
era in pausa, ora accompagna il soprano. Da notarsi i disegni melodici delle voci: il
basso ed il contralto eseguono lo stesso disegno melodico, come anche il tenore con il
soprano.
Anche in questo caso l‟orchestra ha un ruolo secondario, da notare i corni che
fanno un pedale di dominante, (batt. 64 a 66), per ripetere lo stesso disegno melodico
di batt. 58, fatto dalle trombe e risolvere su un I (batt. 67).
A battuta 66 di nuovo il discorso armonico torna sulla tonalità maggiore, sulla
parola pacem. Di nuovo compare il dualismo maggiore – minore, ovvero uomo-
donna, seduzione e teatralità che sempre sono stati presenti ed hanno influenzato la
maniera compositiva di Mozart.
Come nel Kyrie, la struttura armonica e melodica non varia: il tema
questa volta affidato al soprano che ripete le parole Dona nobis pacem (batt. 66 – 68)
anziché al tenore (batt. 17 – 19 del Kyrie), a battuta 68 (19 del Kyrie) risolve su una
cadenza d‟inganno, preparando così la cadenza V – I (batt. 70) che riporta al tempo di
Allegro con spirito, in cui rientra il coro e ripresenta lo stesso tema, come già
anticipato più marziale, cantato dai solisti.
In queste battute la scrittura orchestrale si intensifica, con gli oboi che
raddoppiano il soprano e l‟alto, i corni tengono un pedale di tonica (batt. 68 – 69) e
raddoppiano i violini a battuta 70, che fino ad ora hanno comunque avuto un ruolo di
secondo piano limitato all‟accompagnamento dei solisti, il tutto da un crescendo
(batt. 69), sfocia in un all‟attacco del coro.
A battuta 71 il coro entra in Dona nobis pacem, con i soprani che
riprendono la parte del canto del soprano solo, imitati dai tenori, come uno stretto, i
118
bassi ripetono la figura del basso solo (come batt. 66) ed è raddoppiato dal continuo,
mentre il contralto, con la figura ritmica si limita a tenere un pedale di sol.
L‟orchestra che fino ad ora ha una funzione di supporto, alla battuta 73 inizia a
raddoppiare le voci: i violini I raddoppiati dall‟ oboe I sono con i soprani (fino a batt.
74), i violini II raddoppiano il tenore, i bassi col continuo e gli altri strumenti hanno
parti libere.
A battuta 74, sempre sull‟ultimo quarto, mentre il coro è in pausa, l‟orchestra
prepara un nuovo intervento del coro, sempre sulle parole Dona nobis pacem (batt. 75
– 77), uguale al precedente da battuta 71 a 73.
Sugli ultimi due quarti di battuta 77, i soprani sulla parola pacem in semicrome
eseguono un‟anabasi fino al sol acuto, come a simboleggiare l‟elevazione a Dio della
richiesta di pace. Questa volta l‟episodio si conclude sul I grado a battuta 78.
A battuta 79 Mozart, in sul tono della dominante di do, sottolineato dai corni,
utilizza la testa del tema del Dona, per creare un gioco tra il coro e l‟orchestra, in cui
questa, con le trombe in pausa a non raddoppiare le voci, risponde alle „chiamate‟ del
coro. I soprani si muovono in omoritmia con i tenori a distanza di terza, mentre i
contralti sono in omoritmia con i bassi, ed entrambi restano sul sol. Di nuovo la
figura retorica dell‟abruptio, e l‟alternarsi sulla scena tra il coro e l‟orchestra. Anche
questa volta possiamo ritrovare lo stile operistico, che come più volte ribadito, ha
accompagnato la vita artistico – musicale di Mozart, e sempre si ripresenta
nell‟Agnus Dei.
Lo stesso disegno melodico, sempre su un pedale di dominante, lo ritroviamo a
batutta 80, sulla parola Pacem.
A battuta 81 gli oboi raddoppiano i corni, tenendo sempre il pedale di
dominante, mentre i violini I sono più presenti e con ritmo sincopato danno
119
movimento all‟episodio; i violini II invece hanno una scrittura di accompagnamento
alla semicroma.
Il coro si muove omoritmicamente, ripetendo la parola Dona sulla figura
ritmica – 72. L‟episodio
termina, di nuovo in sospensione sul v grado, a battuta 82, sulle parole nobis pacem.
Un breve passaggio discendente di semicrome agli archi introduce, questa volta in
un nuovo intervento pressoché omoritmico del coro sulle parole Dona (batt. 83), il
quale esegue la figura retorica dell‟abruptio, come a sottolineare la richiesta di
implorazione all‟esaudire le proprie preghiere di pace.
In orchestra ritroviamo le trombe che raddoppiano il coro, assieme agli oboi
che raddoppiano i soprani e i tenori, mentre i violini si muovono all‟unisono con il
continuo.
Dal punto di vista armonico si ha una progressione di due battute (batt. 83 –
84) pacem. Da notare che da battuta
83 a 85 potremmo parlare di una nuova figura retorica; quella della Congerie
(Congeries) o Synatrhoismos, ovvero una concatenazione di accordi in
a accordi in , in forma di progressione ascendente o discendente.
L‟episodio appena citato (da batt. 79 a 86) si ripresenta uguale da battuta 87 a
94: l‟orchestra senza tromboni (che rientrano a battuta 91, i corni in pedale di sol da
battuta 87 a 89, i violini e gli oboi che dialogano con il coro).
A battuta 94, il coro, con i soprani raddoppiati dai violini I e dagli oboi, con le
trombe e i corni che ripetono il do a croma, e le altre voci raddoppiate dai tromboni,
120
inizia in sincope, un nuovo episodio sempre sulle parole dona nobis pacem, che si
sviluppa e conclude su una cadenza evitata V – VI dopo solo una battua e mezza (batt.
94 – 96), per essere ripresa e conclusa, con una cadenza perfetta alle battute 97– 98.
Vuole essere questo un intervento che sintetizza tutti gli episodi precedenti. Di nuovo
la figura retorica dell‟abruptio che lascia una sensazione di sospensione all‟episodio,
che dà respiro ed evidenzia la formula di cadenza perfetta a batt. 97 – 98.
L‟orchestra in questo episodio ha una scrittura molto più concitata, e si
ripresentano anche i timpani, che danno un movimento ritmico a tutto l‟ensamble,
sottolineando le sillabe cantate dal coro.
A battuta 98 gli oboi e i violini, per terze, in introducono di nuovo la testa del
tema di batt. 71, cui segue la risposta dei soli a battuta 99, anch‟essi in sulla parola
Dona, in cui il soprano si muove per terza in omoritmia con il tenore, il basso ripete
la figura melodica del continuo, mentre il contralto resta sul sol, e poi di nuovo gli
oboi assieme ai violini, ripetono di nuovo lo stesso inciso, cui di nuovo seguono i
soli, a cui segue un nuovo intervento del coro, che in
lo stesso disegno melodico (batt. 100 – 104), con una piccola variazione al soprano a
batt. 101, delle battute da 94 a 98.
Con il coro in omoritmia, sulle parole Dona nobis pacem, l‟orchestra che è
spostata sui registri più sonori, con i violini I in accordi di croma, i violini II che
raddoppiano il continuo, su figure di semicrome, e su successioni armoniche V – I,
presentate allo stato fondamentale dal coro, si chiude l‟Agnus Dei, e la Messa
dell‟incoronazione, in una esplosione di colori, di musica e di sensazioni.
121
V. CONCLUSIONI
La musica di Mozart, ben lontana dalla fanciullesca inconsapevolezza che la
critica romantica volle attribuirle, si fonda al contrario su precise scelte estetiche e
ideologiche e, in molte pagine, è solcata da ombre profonde e da inquietudini di
stampo preromantico.
L'arte mozartiana, vivificata dai valori del Settecento ancora profondamente
radicata nel periodo bachiano, è giunta inalterata fino a noi.
All‟estensione dell'arco storico – culturale tracciato dalla produzione
mozartiana, fa riscontro la sua quasi inconcepibile ricchezza interiore e una varietà di
forme incomparabile. Mozart compì il grande passo che doveva portarlo al dramma
universalmente umano con insuperabili lavori nello stile «giocoso» italiano, e quindi
approfondendo la semplice grazia del Singspiel nazionale fino a trarne l'opera tedesca
di mondiale importanza. Le sue opere strumentali comprendono ed esauriscono tutti i
generi: dalla disinvolta gaiezza delle serenate alla nobile passione delle ultime
sinfonie, dal semplice divertimento alla spiritualità degli Haydn-Quartette o delle
fantasie per pianoforte, dalla serenità dei rondò e delle variazioni alla
differenziazione psicologica degli ultimi concerti per pianoforte. Un grande percorso
di maturazione stilistica c‟è stato fra il mottetto Exsultate e l'Ave verum, fra la
Krönungsmesse e il Requiem. Dalle iniziali messe in cui è evidente lo stile di cantata,
legata allo stile barocco della corte salisburghese, si arriva ad una originalità
compositiva che trae la sua essenza dall‟opera, e sempre più è indirizzata verso essa.
La Krönungsmesse è forse il punto di congiunzione tra i due percorsi evolutivi;
già in essa si coglie la capacità di esprimere con la musica i sentimenti,
rappresentando i vari aspetti dell‟animo umano.
Mozart riesce, nel suo percorso di evoluzione stilistica, a trovare sempre un
perfetto equilibrio tra le voci e l‟orchestra, riuscendo a far risuonare in modo
inconfondibile, nel registro migliore, sia le voci che gli strumenti.
Non esiste una sola forma che egli non abbia gradualmente e coerentemente
122
portata a definirsi nel capolavoro, non un solo strumento di cui non abbia esaurito
tutte le possibilità tecniche ed espressive. La sonorità incantevole, la chiarezza, la
potenza espressiva della sua strumentazione, la bellezza, la cantabilità delle sue linee
vocali, la profondità, la grazia, la pregnanza delle sue sintesi formali sono rimaste
fino ad oggi esemplari e raramente eguagliate. Dall'essenza della sua arte scaturì un
fluido impalpabile ma sensibile che, come un'antichissima canzone popolare,
percorse il mondo musicale divenendone patrimonio inalienabile. Il luminoso stile
della sua musica, è destinato forse, a durare per l'eternità.
123
VI. ANALISI, STRUTTURA E COMMENTO DELLE
MIE COMPOSIZIONI: GLORIA E SANCTUS IN STILE
MOZARTIANO
GLORIA
Per comporre le due parti di Messa, Gloria e Sanctus in stile mozartiano, come
già detto, mi sono basato sullo studio e sull‟analisi delle opere sacre da lui composte.
Di seguito espongo l‟analisi delle mie composizioni.
Il Gloria, nella tonalità di do maggiore, è composto da 173 battute, inizia nel
ritmo di Allegro in 4/4, e si alterna, al Qui tollis peccata mundi, miserere nobis con
un ¾ in Andante, come per la Missa Longa K 262/264a, e la Missa Solennis Pater
Dominicus K 66 per riprendere l‟Allegro in 4/4 con il Tempo I e ripresa del tema.
Questo cambio di ritmo lo si ritrova spesso nei Credo delle Misse Brevis, ad esempio
nella K 137. Dopo la ripresa Quoniam tu solus Sanctus, si ha un fugato al Cum sancto
Spiritu, che porta alla ripresa in omoritmia del soggetto, per arrivare all‟ Amen finale
che chiude il brano.
La struttura è in forma di sonata, il cui primo tema è affidato al coro che in
omoritmia apre il brano, cui segue un secondo tema affidato ai solisti. Segue una
parte di sviluppo al Qui tollis, per tornare poi al Tempo I con ripresa del tema iniziale
sulle parole Quoniam tu solus Sanctus, con qualche variazione, per concludersi, in
stile di fugato, alla maniera delle Missae di Mozart composte tra il 1768 – 1779, sul
Cum Sancto Spiritu…Amen.
Nella forma qui presentata l‟accompagnamento è pianistico; ma il Gloria è
pensato ed adattabile per un organico orchestrale composto, come per le Messe di
Mozart (eccezion fatta per il Requiem, che non prevede gli oboi, ma corni di basetto),
124
dai violini I e II, viole, violoncelli e contrabbassi, corni, oboi, fagotti, trombe,
trombone alto, trombone tenore e basso a raddoppio delle voci del coro, timpani.
Per la parte vocale ci sono il coro a quattro voci e quattro solisti nella voce di
basso, tenore, alto e soprano.
Come per le messe di Mozart, la parte ricoperta dai solisti, è prevalente nel
Domine Deus… Filius Patris,
Il brano si apre con il coro in omoritmia che, sulla suceessione armonica I – V - I
esclama la parola Gloria. Segue, al in exceslsis Deo (batt. 2 – 7), una figurazione
melodica ascendente iniziata dai soprani ed imitata dalle voci del contralto e del
basso. E‟ questa la figura retorica dell‟Anabasi, ovvero il rappresentare “ l‟Alto dei
Cieli “ con la musica.
Da battuta 8 di nuovo il coro in omoritmia, su un pedale di tonica tenuto dai
bassi (come il Gloria K 317), si intonano le parole Et in terra pax hominibus. Come
nella k 317, il contrasto tra sulla parola Pax e sulla sillaba mi (hominibus), batt. 9
– 12, danno un particolare colore all‟episodio. Questo contrasto immediato di
espressione, si trova su quasi tutte le Messe di Mozart, per un immediato riscontro si
veda il Credo della Messa k 317. A battuta 13 (Laudamus Te…adoramus Te),
iniziano una serie di progressioni, che si protraggono fino a battuta 18, in modo
imitativo, partendo dai soprani prima, seguiti dai contralti e dai tenori, mentre i bassi
sono in pausa, si esegue un arpeggio melodico discendente di do sulle parole
Glorificamus Te (batt. 18 – 20). Vuole essere questa la figura retorica della repetitio o
(anafora), in cui si vuole sottolineare la Glorificazione di Dio da parte degli uomini.
Questi ingressi „sfalzati‟ molto ravvicinati (batt. 18 – 20), si possono ritrovare
nel Requiem all‟ Offertorio (Domine Jesu Christe), sulle parole De poenis inferni e ne
cadant in obscurum.
125
Sempre a battuta 20, in omoritmia il coro, questa volta anche con i bassi, ripete
le parole Glorificamus Te. La scelta compositiva di far ripetere in omoritmia il
Glorificamus Te, è dovuta all‟idea di unificare tutto il popolo di Dio in un‟unica voce,
in cui il messaggio chiaro è la volontà di rendere Gloria all‟Altissimo.
A battuta 21 (ultimo quarto), come era solito fare da Mozart, una serie di
emiole, qui al Gratis agimus tibi, portano alla cadenza finale in do maggiore, sulle
parole propter magnam gloriam tuam. Interessante è il movimento del basso che sale
per cromatismi.
Un breve passaggio musicale: progressioni di scale discendenti alla semicroma,
- che si possono ritrovare oltre che nelle Messe di Mozart (es. K 258 Gloria), anche
nelle composizioni liturgiche minore quali ad esempio il Te Deum KV 141 batt. 43 –
45 (figura 1), nelle sonate per pianoforte, nelle sinfonie e nei concerti -, preparano
l‟intervento del soprano solo sempre sulla tonalità di do maggiore. E‟ questo da
intendersi come un secondo tema della forma di sonata.
Fig.1. Te Deum
126
Come per la maggior parte delle Messe di Mozart, l‟intervento dei solisti
avviene alle parole Domine Deus Rex coelestis…Filius Patris.
Su un ritmo sincopato tenuto dal pianoforte, il soprano inizia la melodia con la
successione armonica I – V – I, in cui a battuta 32 sulle parole Rex Coelestis,
troviamo la caratteristica appoggiatura ascendente alla terza sull‟accordo di tonica.
Segue una modulazione al IV grado (batt.39),A batt. 40 interviene il contralto
solo che ripete, pressochè invariata, la linea melodica del soprano, sullo stesso
testo(batt. 40 – 47). Il soprano solo si sovrappone al contralto (batt. 41) facendo una
sorta di risposta al tema principale, ed intrecciando il testo Domine Fili Unigenite
Jesu Christe, al Domine Deus Rex Coelestis cantato dal contralto, come nelle Missae
Breves composte da Mozart.
A battuta 47 inizia la modulazione verso re minore, che risolve a battuta 50. E‟
questa la parte di sviluppo che si articola nel modo minore.
A battuta 50 entra il tenore che riprende il tema del soprano solo in tonalità
minore, sulle parole Dominus Deus Agnus Dei, cui si aggiunge, a battuta 51 il basso
solo che ripete il testo del tenore, con una linea melodica indipendente. La scrittura
pianistica si intensifica e tutto l‟episodio diventa più carico di tensione.
A battuta 53 i solisti tornano in omoritmia e la scrittura pianistica torna più
distensiva, si inizia la modulazione verso fa magg. in cui il re minore viene inteso
come VI di fa, cui segue un IV - V - I (batt. 53 – 55). Le voci sono ancora con il
testo non allineato, l‟andamento è pressoché accordale fino alla cadenza in fa batt. 58.
Un passaggio musicale, leggermente imitativo, sposta di nuovo il discorso
armonico alla tonalità di re minore, sulle parole Qui tollis peccata mundi.
Dato il significato importante del testo, la scrittura si fa accordale, con il coro
in omoritmia e pause a frammentare il discorso melodico. E‟ questa la figura retorica
127
dell‟abruptio, usata a sottolineare i momenti topici di penitenza dell‟uomo, e la
richiesta di pietà (miserere nobis).
Dal tempo di Allegro si passa ad Andante, è da considerare questa una parte di
sviluppo, in cui l‟armonia si fa più instabile, non è mai definita, e quando c‟è una
cadenza, subito un‟altra modulazione ci porta ad un‟altra tonalità, sempre minore.
Nella semplicità dell‟omoritmia del coro, si oppone la complessità armonica,
ma sempre riconoscibile, che dà personalità all‟episodio.
A battuta 64 il basso e il contralto si muovono per terze (chiave di volta
inferiore) nella staticità delle altre voci, tale figurazione sarà ripresa, a battuta 74 dal
soprano e dal tenore (chiave di volta superiore).
A dare „drammaticità‟ a tutto l‟episodio sono i salti di quarta aumentata
(tritono) del basso, su accordi diminuti, e dai ritardi della fondamentale effettuata dai
contralti. Questa scelta è giustificata dal testo, in quanto secondo la teoria degli
affetti, la musica è affine a ciò che è emotivamente espresso dal testo stesso. Anche
Mozart nelle sue Messe nei momenti di tensione fa spesso uso di questi espedienti
compositivi (Messa K 317, Gratias, il basso salta di quarta discendente su un accordo
di settima di prima specie, Requiem, Confutatis ritadi alla fondamentale, Oro
supplex).
Sulla stessa progressione, alle battute 69 – 70 – 71, il Qui tollis peccata, viene
ripetuto in per il senso di intimità con cui si chiede il perdono dei propri peccati, per
tornare in a battuta 71 affinchè l‟implorazione sia esaudita.
Da battuta 76 a 78, per affinità di pronuncia sillabica, il miserere nobis è in ¾
, atto a significare l‟umiltà con cui si chiede la pietà per la propria anima. Segue
infatti, dopo la cadenza in la minore, come un momento di intima preghiera e
128
riflessione, una pausa coronata a tutte le voci. E‟ questa la figura retorica
dell‟Aposiopesi, che vuole sottolineare, con una pausa generale, questo particolare
episodio.
A battuta 79 si torna in 4/4 , e continua lo sviluppo come ad imitazione delle
battute precedenti, con una piccola variazione a battuta 82, in cui sul al Qui tollis,
l‟accordo sul V grado non ha ritardo della fondamentale ma la settima, oltre ad essere
un motivo di variazione, ha anche la funzione di aumentare l‟attrazione verso il I
grado (si minore).
Sull‟ultimo quarto di battuta 83 si torna di nuovo sul , e riprende di nuovo la
modulazione, con il basso che salta sempre di una quarta aumentata, per concludere
tutto l‟episodio (peccata mundi) nella tonalità di fa# minore.
Si torna di nuovo al ¾, questa volta sono i solisti che in alle parole Suscipe
deporecationem nostram, in omoritmia, invocano l‟accoglimento della supplica del
perdono divino sui peccati umani. L‟andamento pianistico, è accordale a raddoppio
delle voci, mentre il pianoforte esegue degli arpeggi sull‟armonia, che vanno
progressivamente spostandosi verso la tonalità di la maggiore.
A battuta 95, sull‟ultimo quarto, in contrasto con l‟intervento dei solisti, rientra
il coro che in , e in omoritmia, su un pedale di la, declama con vigore le parole Qui
sedes ad dextreram Patris. La scrittura pianistica torna di nuovo accordale a
raddoppio delle voci, così da dare loro risalto e chiarezza al testo pronunciato. Una
129
pausa coronata generale (di nuovo la figura retorica dell‟aposiopesi), separa
l‟intervento del coro da una nuova entrata dei solisti che, nella tonalità di la minore,
implorano in e omoritmicamente la Misericordia Divina (Miserere nobis), tornando
nella tonalità di do maggiore.
A battuta 107 c‟è la ripresa del tempo I (allegro in 4/4) e del primo tema. Il
coro in , esclama le parole Quoniam tu solus sanctus, poi prosegue in modo
imititativo, come per l‟inizio del brano (In excelsis), alle parole Tu solus Dominus, Tu
solus Altissimus (batt. 109 – 114). Da battuta 114 a 117, sulla parola Jesu, una serie
di emiole, portano alla chiusura dell‟episodio (Jesu Christe). Di nuovo si ripresenta la
figura retorica della repetitio, o anafora, in quanto si vuole sottolineare vivamente la
compassione di Gesù nel perdonare l‟uomo dei suoi peccati.
Ho volutamete citato, alle batt. 116 – 117, un passaggio del Credo della
Krongsmesse di Mozart, nello specifico batt. 132 – 133 (Amen), ad omaggio del
grande compositore salisburghese (Figura 2).
130
Fig. 2. Credo dalla Messa dell‟Incoronazione
131
La scrittura pianistica è di poco differente dall‟inizio, in quanto si limita ad
accompagnare il coro con accordi che rispecchiano il ritmo tenuto dal coro.
Un nuovo intervento pianistico, uguale a quello delle batt. 25…28, introduce la
fuga al Cum Sancto Spiritu…Amen
Iniziano i bassi, a battuta 122, cui segue la risposta dei tenori alla dominante
(batt. 125), con i contralti che introducono il controsoggetto, seguiti dai soprani che
riprendono il tema a batt. 128, di nuovo i bassi a batt. 131 ripetono il soggetto e i
tenori il controsoggetto variato, cui segue la risposta alla dominante dei contralti. A
batt. 134 si modula in sol maggiore; ai contralti è affidato il compito di introdurre il
soggetto, variato nel finale. A battuta 145 si passa alla tonalità di la minore. Sono i
soprani ad introdurre il soggetto (batt. 146), cui si sovrappongono i contralti con la
testa del controsoggetto in tonalità minore, seguiti dai tenori a batt. 147 che
riprendono il tema variandolo melodicamente, poi i bassi a battuta 149 ripropongono
il tema, sempre alla tonica, cui si sovrappongono di nuovo i tenori con il
controsoggetto, anch‟esso variato. A battuta 151 si modula verso la tonalità di mi
minore. Sono i contralti che in questa nuova tonalità introducono il soggetto. Inizia
qui una sorta di stretto, in cui le entrate delle voci sono ravvicinate. A battuta 153
entrano i bassi che riprendono il tema iniziale sviluppandolo, sulla terza misura della
stessa battuta entrano i soprani che riprendono il soggetto variandolo, seguono i
tenori a battuta 154, anch‟essi variando il soggetto della fuga. Di nuovo i contralti
ripropongono il tema variato a battuta 156, cui seguono i bassi a batt. 157. A battuta
158 entrano i soprani con il controsoggetto variato, che concludono la fuga su una
progressione discendente in ritmo sincopato, con ritardi della fondemntale. Tutte le
voci muovono per moto parallelo discendente, questa è la figura retorica della
catabasi, che si sovrappone alla figura retorica della congerie (o synathroismos),
ovvero la successione di concatenazione di accordi in 3/6 o 4/6 alternati ad ccordi in
3/5, comparabili all‟Agnus Dei della Messa dell‟Incoronazione. A battuta 159 il
tenore conclude il suo intervento iniziando il tema del soggetto, ma variandolo in
132
relazione all‟andamento delle altre voci. Il pianoforte, per tutta la durata della fuga, è
limitato alla funzione di supporto armonico.
A conclusione della fuga, batt. 164, il coro ripete in omoritmia il soggetto della
fuga, il cui tema è affidato ai soprani. L‟episodio termina con una cadenza d‟inganno
V - VI sulla parola Amen a batt. 166; la cadenza perfetta è preparata da batt. 167, con
la ripresa, sempre in omoritmia, del controsoggetto, con successione armonica IV – V
– I. Anche questa formula di cadenza è tipico delle composizioni mozartiana, basti
vedere ad esempio, l‟Agnus Dei della Messa dell‟Incoronazione (da batt. 95 a 98) o
un altro intervento del Te Deum (batt. 132 – 141) (figura 3).
133
Fig. 3 Te Deum
A battuta 168 del Gloria, sull‟ultimo quarto, iniziano una serie di successioni
armoniche V – I con il coro in omoritmia che ripete con fervore la parola Amen ed il
pianoforte che accompagna alla semiminima, per la conclusione del Gloria.
Questa formula di chiusura è riscontrabile nel finale dell‟ Agnus Dei della
Messa dell‟Incoronazione. (Fig. 4)
134
Fig. 4 Agnus Dei (finale) dalla Missa Dell‟Incoronazione
Da battuta 170 a fine, il coro ripete, con minime, raddoppiato dal pianoforte, la
parola Amen. Idealmente si vuole rappresentare l‟assemblea che con tutta la fede
declama la Gloria del Signore e invoca la salvezza della propria anima.
135
SANCTUS
Il Sanctus, nel tempo di ¾ in Andante Maestoso è nella tonalità di re maggiore,
un‟altra delle tonalità „luminose‟ scelte da Mozart per le sue Messe. Basti ricordare il
Sanctus dell Missa Brevis K 194, e quello composto da Süssmayr, seguendo gli
appunti di Mozart, nel Requiem.
Anche questa composizione è nello stile delle Missae Breves, e consta di 50
battute.
Come per il Gloria, l‟accompagnamento è pianistico, ma è adattabile per
orchestra: violini I e II, viola, violoncello e contrabbasso, corni, timpani oboi, fagotti
e tromboni a raddoppiare le voci.
Dal punto di vista vocale, ho pensato di strutturare il brano in modo da affidare
tutta l‟esecuzione al coro, così come i Sanctus delle Missae di Mozart.
Dopo un inizio omoritmico del coro, segue una parte di fugato all‟Osanna,
senza cambi ritmici o timbrici in quanto il brano vuole essere semplicemente un canto
di lode al Signore Dio.
La composizione consta di 50 battute, e si apre con il coro che in omoritmia
esclama le parole Sanctus per tre volte. Il tre indica, ancora una volta la Trinità.
I soprani, per moto contrario ai bassi, eseguono una figurazione melodica
ascendente, quindi di nuovo la figura retorica dell‟Anabasi simboleggiando
l‟innalzamento della parola e l‟acclamazione del Signore Dio nell‟alto dei Cieli.
L‟episodio termina sulla dominante a battuta 4, per riprendere subito, a battuta
5 con un cromatismo al basso (la#) sulla parola Dominus, che rende instabile tutto
l‟impianto armonico, per risolvere sulla dominante, mi maggiore, a batttuta 10 (Deus
Sabaoth).
Di nuovo tra battuta 8 e 9 il basso esegue un salto discendente di quarta
aumentata, la cui funzione è quella di appoggiatura della tonica mi. Tutto l‟episodio
136
ha un movimento intrinseco di armonie che giocano su ritardi e appoggiature, che
nella staticità della scrittura prettamente accordale, rendono movimentato l‟episodio.
A battuta 11, sulle parole Pleni sunt, l‟accordo di settima di dominante ci fa
intuire l‟avvicinarsi della cadenza sulle parole coeli et terra, ma che però non risolve
su un primo grado, bensì sul VI (batt. 14) raggiunto con un cromatismo, per ripetere,
da batt. 15 a 18, sulle stesse parole la formula di cadenza perfetta.
Questa formula di cadenza, oltre che, come visto per il Gloria, si riscontra nella
Messa in re maggiore K 194 (figura 1).
fig. 1 Dal Sanctus della Missa Brevis K 194
A battuta 19, una serie di progressioni, che si concluderanno a battuta 27, sulla parola
Gloria tua, riporteranno il il brano alla tonalità iniziale di re maggiore.
Inizia qui, sull‟ultima misura di batt. 27, un fugato, il cui tema è affidato ai
bassi sulle parole Osanna in excelsis, cui segue l‟entrata dei tenori sulla dominante a
battuta 29, poi di nuovo i contralti sulla tonica a battuta 31, ed infine i soprani a
battuta 33.
137
Di nuovo, a simboleggiare l‟alto dei Cieli, la figura retorica dell‟anabasi su cui
è impostato il fugato.
A batt. 33 il discorso armonico si sposta alla dominante (la), cui si ripete il
tema della fuga, iniziano i soprani, seguiti dai bassi a batt. 35 – 36, cui segue di
nuovo un ritorno alla dominante di re a battuta 37 con il tema dato ai tenori, per
ritornare a re maggiore a batt. 40.
A battuta 38 un nuovo elemento melodico viene introdotto dai contralti, che ha
funzione di controsoggetto al tema principale, con la contemporanea funzione di
introdurre il soggetto della fuga (batt. 38 – 39).
Ad imitazione del contralto, entrano progressivamente il soprano a battuta 40
sulla dominante, per riprendere il tema del soggetto a batt. 41, ed il tenore, sempre ad
imitazione del contralto, entra a battuta 42 restando sulla dominante e continuando, a
battuta 43 il tema.
A battuta 44 di nuovo un accenno del nuovo elemento da parte dei contralti su
un pedale di tonica (con i soprani in pausa), che muove di nuovo sulla dominante a
battuta 45.A battuta 46 i soprani portano a conclusione la fuga, con il coro che
esclama in omoritmia (da batt. 47 a 50) Osanna in excelsis.
Ho voluto omaggiare in questa conclusione, il grande Maestro riportando il
finale del Sanctus, della Messa da Requiem, con una piccola variazione al contralto,
l‟ultima opera che porta il suo nome e che ha segnato la fine della sua vita terrena.
(fig. 2)
138
Fig. 2 finale del Sanctus dalla Messa da Requiem K 626.
139
VII. APPENDICE
1. Elenco Messe di Mozart
K 49 Sol maggiore, Vienna X – XI / 1768
K 139 Do minore, Vienna 1768 Waisenhaus - Messe
K 65 Re minore, Salisburgo 14 / I / 1769
K 66 Do maggiore, Salisburgo X / 1769 Dominicus - Messe
K 115 Do maggiore, Salisburgo 1773
K 140 Sol maggiore, Salisburgo 1773 Pastorale (di Mozart?)
K 167 Do maggiore, Salisburgo VI / 1773 Trinitatis - Messe
K 192 Fa maggiore, Salisburgo 24 / VI / 1774
K 194 Re maggiore, Salisburgo 8 / VIII / 1774
K 220 Do maggiore, Monaco I / 1775 Sptzenmesse
K 262 Do maggiore, Salisburgo 1776 Missa - Longa
K 257 Do maggiore, Salisburgo XI / 1776 Credo – Messe
K 258 Do maggiore, Salisburgo XII / 1776
K 259 Do maggiore, Salisburgo XII / 1776 Orgelsolo – Messe
K 275 Sib maggiore, Salisburgo 1777
K 317 Do maggiore, Salisburgo, 23 / III / 1779 Krönungs – Messe
K 337 Do maggiore, Salisburgo, III / 1780
K 427 Do minore, Vienna, 1782- 83 Grande Messa framm.
K626 Re minore, Vienna, 1791 Requiem; completato
da Süssmayr
140
2. Spartito del Gloria e del Sanctus
Testi:
GLORIA
Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
Laudamus Te, benedicimus Te, Adoramus Te, Glorificamus Te.
Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam.
Domine Deus, Rex coelestis, Deus Pater omnipotens.
Domine Fili unigenite, Jesu Christe.
Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris.
Quie tollis peccata mundi, miserere nobis.
Qui tollis peccata mundi, suscipe deprecationem nostram.
Qui sedes ad dexteram Patris, miserere nobis.
Quoniam Tu solus Sancus, Tu solus Dominus, Tu solus altissimus Jesu Christe,
Cum Sancto Spiritu in Gloria Dei Patris, Amen.
SANCTUS
Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt coeli et terra gloria Tua.
Osanna in excelsis.
141
3. Autografi di alcune parti di Messe di Mozart
142
VIII. BIBLIOGRAFIA
H. ABERT, W. A. Mozart, 5° edizione completamente riveduta ed ampliata del Mozart
di OTTO JAHN, 2 vol., Breitkopf und Härtel, Leipzig 1919.
SECHTER – ECKSTEIN Das Finale von W. A. Mozarts Jupiter – SYMPHONIE
WIENER PHILHARMONISCHER VERLAG A. G., Wien 1923
K.A. ROSENTHAL: 'The Salzburg Church Music of Mozart and his Predecessors',
MQ, XVIII (1932), 559-77
T. DE WYZEWA e G. DE SAINT-FOIX, W. A. Mozart, sa vie musicale et son œuvre de
l‟enfance à la pleine maturitè (1756 – 1777), 2 voll., Perrin et Cie, Paris 1912. Tre
volumi di Saint – Foix, Paris 1936.
K.A. ROSENTHAL: 'Mozart's Sacramental Litanies and their Forerunners', MQ, XXVII
(1941), 433-55
B. PAUMGARTNER, MOZART Atlantis Verlag, Zurich und Freiburg im Breisgau;
traduzione di Carlo Pinelli, prima ed. <<Saggi>> Torino 1945, Giulio Einaudi
Editore s.p.a.
A. EINSTEIN, Mozart, sein Charakter, sein Werk, Barman – Fischer – Werlag,
Stockholm 1947
K.G. FELLERER: Mozarts Kirchenmusik (Salzburg, 1955) G. Reichert: 'Mozarts
"Credo-Messen" und ihre Vorlaufer',MJb 1955,117-44
G. REICHTER Mozarts Credo-Messen und ihre Vorlaufer, in MJb 1955, 117 – 144
143
K. GEIRINGER: 'The Church Music', in Landon and Mitchell, B1956, 361-76
H. FEDERHOFER: 'Probleme der Echtheitsbestimmung der kleineren
,kirchenmusikalischen Werke W.A. Mozarts', MJb 1958, 97-1,suppl., MJb 1960-
61,43-51.
K. PFANNHAUSER: 'Mozarts kirchenmusikalische Studien im Spiegel seiner Zeit
und Nachwelt', KJb, xliii (1959), 155-98
F. BLUME: 'Requiem but no Peace', MQ, xlvii (1961), 147 – 69; repr. in Lang, B1963,
103-26
O.E. DEUTSCH: 'Zur Geschichte von Mozarts Requiem', Omz xix (1964), 49-60
L. NOWAK: 'Das Requiem von W.A. Mozart', OMz,xx (1965) 395-9
R. FEDERHOFER-KONIGS: ‚Mozarts „Lautanische Litaneien“ KV 109 (74e) und 195
(186d)‟, MJb 1967,
111 – 20
A. HOLSCHNEIDER: ‚C.Ph.E. Bachs Kantate „Auferstehung und Himmelfahrt
Jesu“ und Mozarts Auffuhrung des Jahres 1788‟, MJb 1968-70, 264-80
F. BEYER: ‚ "Mozarts Komposition zum Requiem": zur Frage der Erganzung',
Acta mozartiana, xviii (1971), 27 – 33
G. DUDA: 'Neues aus der Mozartforschung: Requiem – Begrabnis - Grabfrage',
Acta mozartiana, xviii (1971), 33 – 7 [on the Requiem]
144
C. ROSENTHAL: 'Der Einfluss der Salzburger Kirchenmusik auf Mozarts
kirchenmusikalische Kompositionen‟, MJb 1971 – 2, 173 - 81
K. G. FELLERER: 'Liturgische Grundlagen del Kirchenmusik Mozarts' Festschrift
Walter Senn, ed. E. Egg and E. Fassler (Munich, 1975)64-74 'Sektion
Kirchenmusik', MJb 1978-9, 14-29 [4 articles]
A.D. OULIBICHEFF: Mozarts Opern: kritische Erlauterungen (Leipzig,1848) [trans. of
part of Oulibicheff. B 1843]
G. REICHERT, Mozarts >Credo-Messen< und ihre Vorläufer, in: MJb 1955,117-144.
L. NOWAK, Wer hat die lnstrumentalstimmen in der Kyrie-Fuge des Requiems von W.
A. Mozart geschrieben? Ein vorläufiger Bericht, in: MJb 1973/74, 191-201.
MANFRED HERMANN SCHMID Mozart und die Salzburger tradition – Verlet Bei Hans
Schneider – Tutzing 1976
F. BEYER Mozart Requiem KV 626 Soli, Chor un Orchester Klavierauszug / Vocal
Score. Urtext fragments completed by Franz Beyer. Edition C. F. PETERS –
FRANKFURT/ M. Leipzig – London – New York, 1983.
A. TYSON, The Dates of Mozart' s Missa brevia KV 258 and Missa longa KV 262
(246a). An lnvestigation into His >Klein-Querformat< Papers, in: Fs. A. Dürr,
hrsg. von W. Rehm, Kassel u. a. 1983, 328-339.
B. CHURGIN, Beethoven and Mozart's Requiem: a New Connection, in: The Journal
of Musicology 5, 1987, 457-477 .
145
DIZIONARIO ENCICLOPEDICO DELLA MUSICA E DEI MUSICISTI (DEUMM) a cura di
AlbertoBasso, UTET, Le biografie 1988.
M. HOLL: Geitsliche Gesangswerke serie I, Werkgruppe I: Messen und Requiem,
Abteilung I: Messen –Band 4,1989 BÄRENREITER, VERLAG KARL VÖTTERLE GMBH
& CO. KG, KASSEL –BASEL – LONDON – NEW YORK, Kritisher Bericht ZUR NEUEN
MOZART – AUSGABE. Printed in Germany.
P. MOSELEY: 'Mozart's Requiem: a Revaluation of the Evidence', JRMA, cxiv
(1989),203-37
R.D. LEVIN: 'Zu den von Sussmayr komponierten Satzen des Requiems KV 626',
Mozart Congress: Salzburg 1991 [MJb 1991] 475-93
R. MAUNDER, Mozart's Requiem. On Preparing a New Edition, Oxd. 1988, Nachdr.
1992.
P.MOSELEY, Mozart's Requiem: a Revaluation of the Evidence, in: Journal of the
RMA 114, 1989, 2°3-237.
F. BEYER, Zur Neuinstrumentation des Mozart-Requiems - Eine
Werkstattbetrachtung, in: D. Hellmann u.a., Mus. Aufführungspraxis und Edition.
Johann Sebastian Bach, W.A. Mozart, Ludwig van Beethoven, Rgbg. 1990, 81-121
(= Schriftenreihe der Hochschule für Musik in Mn. 6).
W. BRAUNEIS, >Dies irae, Dies illa Tag des Zornes, Tag der Klage<. Auftrag,
Entstehung und Vollendung von Mozarts >Requiem<, in: Jb. des Vereins für
Gesch. der Stadt Wien 47/48, 1991/92, 33-50 .
DERS., Exequien für Mozart. Archivfund über das Seelenamt für W. A. Mozart am 10.
146
N ov. 1791 in der Wiener Michaelerkirche, in: Singende Kirche 38, 1991, 8-11 .
W. BRAUNEIS: "Dies irae, dies illa - Tag des Zornes, Tag der Auftrag, Entstehung
und Vollendung von Mozarts „Requiem“, Jb des Vereins fur Geschichte der Stadt
Wien, xlvii-xlviii (1991-2) 33-50
H. JUNG, Ein Torso und seim Vollender. Zu den Ergänzungen von Mozarts Missa c-
MoU KV 427 (417a), in: Kgr.Ber. Baden - Wien 1991, Tutzing 1993, 677 - 684.
DOVER, Six Masses in full score Wolfgang Amadeus Mozart. Reprinted from his
Werke, Ser.1, Messsen, and Ser. 24, Supplement, originally publisched: Leipzig:
Breitkopft & Härtel, 1878, 1882. N. Y. 1992.
M. H. SCHMID, Das Kyrie der c-moll-Messe KV 427. Textdarstellung und Form in
Mozarts Vertonungen des ersten Messensatzes, in: Mozart Studien 2, 1993, 181-
230.
R. MUNSTER: 'Die beiden F assungen der Motette Exsultate, ;.' " KV 165', Mozart-
Studien, ii (1993), 119-33
C. WOLFF: Mozarts Requiem: Geschichte, Musik, Dokumente, Partitur des
Fragments (Munich and Kassel, 1991; Eng. trans.,1994)
W. D. SEIFFERT: 'Wolfgang Amadeus Mozart: Requiem', Werkanalyse in Beispielen:
grosse Chorwerke, ed. S. Helms and R. Schneider (Kassel, 1994), 72-97
D. HERTZ, Haydn Mozart and the Viennese School 1740 – 1780, New York and
London, W. W. Norton & Company, 1994.
147
G. FORNARI Mozart Gli orientamenti della critica moderna. Atti del convegno
internazionale Cremona 24 – 26 novembre 1991 – Libreria musicale italiana1994
U. KONRAD, >Requiem, aber keine Ruhe<. Mozarts Requiem - Gesch. und
Ergänzungsversuche, in: AMoz 41, 1994, 65-78 .
S. LEOPOLD, Händels Geist in Mozarts Händen. Zum >Qui tollis< aus der c-Moll-
Messe KV 427, in: MJb 1994, 89 – 111.
M. H. SCHMID, Bildintentionen in Mozarts c-Moll-Messe, in: AMoz 42, 1995, 2 – 12.
D. LEESON: 'Franz Xaver Sussmayr and the Mozart Requiem: a Computer Analysis of
Authorship based on Melodic.1995,111-53
M. SCHULER: 'Mozarts Requiem in der Tradition gattungsgeschichtlicherTopoi',
Studien zur Musikgeschichte:eine Festschrift fur Ludwig Finscher, ed. A.
Laubenthal and K. Kusan-Windweh (Kassel, 1995), 317-27
M. SCHULER, Mozarts Requiem in der Tradition gdttungsgesch. Topoi, in: Fs. L.
Finscher, hrsg. von A. Laubenthal, Mitarb. K. Kusan – Windweh, Kassel u. a.
1995, 317-327.
B.C. CLARKE: 'From Little Seeds: what were the Circumstances Surrounding the
Inception of Mozart's Requiem and its Aftermath?', MT, cxxxvii (1996), 13-17
M. HOLL: Kritisher Bericht serie I: geistliche Gesangswerke, Werkgruppe I: Messen
und Requiem, Abteilung I: Messen –Band 4,1996 BÄRENREITER – VERLAG, KASSEL
– NEUE MOZART – AUSGABE. Redaction und EDV – Staz: Elisabeth Schmitt, alle
Rechte vorbehalten/ 1999/ Printed in Austria.
148
M. KORTEN, Mozarts Requiem KV 626. Ein Fragm. wird ergänzt,Ffm. u. a. 2000 (=
Europäische Hochschulschriften 36/199).
U.KONRAD, Sigismund von Neukomm: Libera me, Domine d-Moll NV 186. Ein
Beitr. zur liturgischen Komplettierung von W. A. Mozarts Requiem d-Moll KV 626,
in: Fs. G. Haberkamp, hrsg. Von der Bischoflichen Zentralbibl. Rgbg. durch P.
Mai, Tutzing 2001, 425-434.
INTERNATIONALE STIFTUNG MOZARTEUM, 2006: Online Publications
(www.mozarteum.at) (Partiture, Autografi).