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Robert o Mont isci Chirurgia vascolare e t oracica Policlinico Universitario Le Prot esi Vascolari

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Roberto Mont isci

Chirurgia vascolare e toracica

Policlinico Universitario

Le Protesi Vascolari

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Stenosi: restringimento del diametro dell’arteria causato dalla crescita della placca aterosclerotica o dalla formazione di un coagulo; una arteria stenotica non è più in grado di trasportare efficacemente il sangue verso i distretti più periferici e quando la stenosi è molto grave i tessuti a valle possono diventare ischemici.

L’ischemia grave riduce o annulla l’apporto di ossigeno ai tessuti con possibile necrosi; nell’organo colpito da necrosi si ha infarto, che produce una parziale o totale perdita della funzione dell’organo medesimo.

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Per quanto concerne il letto arterioso, esistono diverse possibili patologie della parete vascolare che conducono alle due principali cause di malfunzionamento:

stenosi ed

aneurisma.

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Aneurisma: allargamento dell’arteria causato da cedimento progressivo della parete vascolare.

La parete può rompersi provocando una emorragia interna e non trasportando più il sangue a valle.

L’aneurisma causa inoltre anomale condizioni fluidodinamiche, che possono condurre alla trombosi della zona dilatata.

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Le protesi vascolari sono dispositivi medici che vengono impiantati permanentemente allo scopo di ripristinare l’efficacia di un tratto vascolare che, per qualsiasi motivo, non sia più in grado di trasportare correttamente il sangue.

Gli impianti vascolari sono, nella quasi totalità dei casi, impianti arteriosi: ciò dipende dal fatto che le patologie venose sono molto meno gravi in quanto la pressione venosa è inferiore a quella arteriosa (ciò limita il danno vascolare) e solitamente si generano dei circoli collaterali che drenano comunque il sangue venoso.

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Protesi vascolari in generale: problematiche

A. Invecchiamento relativamente rapido delle protesi biologiche autologhe ed omologhe (iperplasia fibrosa lungo le linee di sutura, sclerosi della parete, calcificazione)

B. Degradazione delle protesi biologiche trattate (eterograft bovini, vena ombelicale umana) e delle protesi in Dacron

C. Infezioni della protesi, specie le sintetiche e le biologiche trattate

D. Dilatazione e rottura dei graft "leggeri" in poliestere

E. Lacerazioni a livello dei punti di sutura alle anastomosi

F. Trombosi in ogni tipo di graft

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FATTORI IMPORTANTI NEL DETERMINARE IL DESTINO DELLE PROTESI VASCOLARI

Fattori legati al paziente

• luogo di impianto

• estensione e decorso della patologia (arteriosclerosi)

• presenza di patologie associate (diabete, ipertensione,

tumori, infezioni,…)

• fattori a rischio (fumo, disturbi della coagulazione…)

• adeguato run-off

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FATTORI IMPORTANTI NEL DETERMINARE IL DESTINO DELLE PROTESI VASCOLARI

Fattori legati alla protesi

• tipo e qualità del materiale

• disegno tecnologico della protesi

• fattori tecnici collegati all’impianto della protesi

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La durata dell'impianto deve essere maggiore della life expectancy del paziente

L'inserimento del graft non deve causare reazioni indesiderate diverse da quelle che il paziente riesce a contrastare

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Si parla di protesi di medio o grosso calibro per diametri superiori ai 7 mm.

Le protesi di medio e grosso calibro vengono usate per sostituire l'aorta e le sue diramazioni, cioè le arterie che originano dall'arco aortico e dalle arterie iliache.

La velocità del flusso ematico è elevata e solo una piccola percentuale di sangue che fluisce attraverso il vaso viene a contatto con la parete, per cui i fenomeni trombotici sono meno drammatici.

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Le protesi vascolari di piccolo calibro sono innesti tubulari con diametro interno inferiore a 6 mm

Per le protesi di piccolo calibro, le problematiche in gioco sono molteplici.

Le proprietà essenziali per una protesi di piccolo calibro sono:

1. superficie liscia a basso coefficiente di attrito, non trombogenica;

2. dimensioni e proprietà meccaniche simili a quelle delle arterie che devono essere sostituite.

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Protesi di piccolo calibro1. superficie liscia a basso coefficiente di attrito, non trombogenica.

La resistenza frizionale, infatti, può dar luogo a perturbazioni nel flusso, ed anche turbolenze, in prossimità della parete del vaso.

Ciò può provocare aggregazione piastrinica e trombosi. Questo processo, che una volta innescato è autopropagante, è un problema più grave nelle protesi a piccolo diametro che in quelle a largo diametro

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Protesi di piccolo calibro•lo strato fluido più vicino alla parete (lo strato limite) è proporzionalmente più spesso nei vasi più piccoli;

•il rivestimento biologico che si forma sulla parete riduce il lume e, in alcuni vasi a piccolo diametro, agisce come una stenosi.

•Per minimizzare disturbi nel flusso le dimensioni di protesi e arteria naturale dovrebbero essere uguali, e per il trasferimento ottimale di energia pulsatile anche le proprietà elastiche dovrebbero essere le stesse.

•Un cattivo accoppiamento anastomotico è inefficiente e l'inefficienza in vivo è aggravata dal fatto che per ogni innesto protesico ci sono due anastomosi.

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Protesi di piccolo calibroIl problema delle protesi è la compliance: le protesi vascolari in genere non sono compliant e non simulano il comportamento meccanico dei vasi ematici naturali.

( la compliance è una misura della distensibilità di una arteria ed è data da:

(∆D/DP) X 100

dove D è il diametro e P è la pressione ematica).

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Come ottenere una superficie non trombogenica

1. rendere porosa la parete protesica, per favorire la formazione di neointima (nuova superficie cellulare con endotelio). Ma la formazione di una vera tonaca intima non si verifica e specie attorno alle anastomosi il tessuto neoformato può crescere in modo abnorme (iperplasia intimale) ed occludere il vaso.

2. applicare rivestimenti interni in materiale sintetico biologicamente inerte (es. Carbonio).

3. utilizzare un anticoagulante incorporato nella parete protesica (tentativi in questo senso, ad es. legando chimicamente o fisicamente un anticoagulante come l’eparina in superficie hanno incontrato scarso successo clinico per le difficoltà di dosare la quantità e l’attività dell’eparina legata, il costo elevato, la mancanza di riproducibilità.

4. ricreare un endotelio naturale tramite inseminazione della protesi con cellule endoteliali. Questi tentativi che non sono ancora riusciti a dare i risultati sperati a causa dell’incapacità di tali cellule di rimanere adese a lungo alla superficie della protesi e di proliferare normalmente. Con i progressi dell’ingegneria tessutale, tuttavia, si stanno facendo molti passi in avanti in questa direzione.

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Come ottenere una protesi non trombogenica

Benché negli anni ’80 siano stati fatti grossi sforzi per sviluppare protesi sintetiche di piccolo calibro, solo negli anni ’90 si è riusciti a disporne a livello commerciale e clinico.

Il requisito della porosità, considerata essenziale per una adeguata integrazione tessutale, comporta il problema delle perdite ematiche, mentre il ricorso a tecniche di precoagulazione della protesi rischia di aggravare i fenomeni trombotici e le infezioni.

Oggi per le protesi in poliestere si usano rivestimenti “biocompatibili”, impermeabilizzanti, con proteine (collagene, albumina, gelatina) o con idrogeli di sintesi.

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Campi di ricerca

Protesi bio-riassorbibili

Il principio è quello di realizzare un graft che, dopo impianto, venga degradato e simultaneamente sostituito con il tessuto naturale dell’ospite.

Sono stati sperimentati acido poliglicolico e polilattico.La protesi sviluppata a Groningen (Cell Tissue Res., 242, 569, 1985) era un graft misto poliuretano-polilattico, microporoso, compliant e bioriassorbibile.

Tuttavia l’applicazione di una protesi bioriassorbibile implica che le cellule siano in grado di ricostruire una nuova arteria e ciò appare piuttosto problematico dovendosi anche garantire condizioni di sicurezza.

In questo senso il lavoro di ricerca da svolgere è ancora molto ed il cammino verso l’applicazione clinica ancora lungo.

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Vasi e tessuti naturali

Sono state provate numerose protesi fatte con tessuti umani (auto- e omograft) e animali (eterograft) , incluse:

a) arterie crio-preservate di cadavere umano;

b) carotidi bovine modificate chimicamente;

c) vene ombelicali umane, fissate;

d) vasi fibrosi fabbricati su di un mandrino rotante.

Il destino di queste protesi non è sempre buono.

Le pareti, ad eccezione di quelle dei vasi omologhi, sono "morte", e vengono rapidamente rimpiazzate con tessuto fibrotico scadente.

I bypass che rimangono pervi spesso mostrano dilatazioni localizzate (aneurismi) e a volte vanno incontro a rottura.

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Vasi e tessuti naturaliA tutt’oggi la vena safena autologa è considerato il vaso ottimale per bypass arteriosi di diametro < 6 mm, incluse arterie degli arti e le coronarie.

Le arterie autologhe (iliaca interna ed esterna, femorali superficiali, mammaria interna) sarebbero ideali ma – a parte la mammaria interna – non sono prelevabili senza gravi ripercussioni.

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Vena safena autologaVantaggi:

-presenza di strato di cellule endoteliali;

- proprietà meccaniche paragonabili a quelle delle arterie native;

-assenza di rischio infettivo.

Oggi questa protesi viene considerata come riferimento per la valutazione delle protesi sintetiche proposte

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Vena safena autologaFallimenti = 25 - 40%:

• precoci (entro 30 gg) per problemi tecnici

• intermedi (30 gg - 24 mesi) come conseguenza di errori tecnici, fibrosi delle valvole, iperplasia dell'intima

• tardivi (> 24mesi), secondari al progredire della patologia aterosclerotica.

La vena safena non è disponibile come graft nel 20-30% dei pazienti che necessitano di bypass alle estremità inferiori.

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Vena safena omologaL’uso di omograft venosi è stato tentato per la riparazione di arterie periferiche, in bypass aorto-coronarici e come accesso ematico secondario durante l’emodialisi.

I risultati in letteratura sono controversi: il metodo di conservazione della vena è imputato di influenzare negativamente la sua pervietà a lungo termine ed esiste il problema del rigetto associato alla risposta antigenica, in particolare con i gruppi ematici ABO e anche la crioconservazione non elimina la reazione immunitaria mediata da cellule.

Si crede che i graft di vena omologa mantengano la loro pervietà solo se il loro diametro è almeno di 5 mm, perché tendono alla stenosi per il progressivo ispessimento dell’intima e per la reazione fibrotica dell’avventizia.

L’immunoterapia può essere di aiuto, tuttavia non si conoscono gli effetti sulla biostabilità del graft. Il maggior problema dell’uso di questi graft è la variabilità e la imprevedibilità, soprattutto per quanto riguarda le loro proprietà fisiche e meccaniche.

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Arterie autologheA causa della eccellente pervietà a lungo termine, l’arteria mammaria interna è considerata la scelta migliore per bypass aortocoronarico in pazienti più giovani.

Per altri pazienti, quando la mammaria interna non è disponibile o non indicata, l’alternativa è rappresentata dall’arteria gastrica destra o da quella intercostale.

Anche l’arteria radiale è stata utilizzata con successo per il bypass coronarico.

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Arterie omologheSono state le prime ad essere usate all’inizio della chirurgia vascolare. Vengono prelevate da cadaveri e crioconservate.

Possono andare incontro a fenomeni degenerativi.

Vengono usate in caso di infezione di protesi sintetiche aortiche precedentemente impiantate.

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Sostituti biologici trattati chimicamente

(bioprotesi)Il trattamento consiste nella “fissazione” con glutaraldeide di arterie umane o animali (reticolazione chimica delle molecole di collagene).

Il trattamento elimina l’antigenicità e aumenta la resistenza a trazione, ma anche la fragilità.

Le bioprotesi non sono vitali, ed il lining di endotelio è assente.

I fattori limitanti sono quindi l’assenza di potenzialità riparative (healing) e fragilità strutturale della parete di collagene.

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Sostituti biologici trattati chimicamente

(bioprotesi)a. Eterograft Bovini:

- arterie carotidi di vitello;

- arterie mammarie interne bovine.

Le maggiori complicazioni sono state dilatazioni, biodegradazione (calcificazione, disintegrazione), infezione e formazione di cisti.

Questi graft sono riservati a pazienti che richiedano procedure di accesso ematico secondario in emodialisi, plasmaferesi e/o chemioterapia.

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Sostituti biologici trattati chimicamente

(bioprotesi)b. Vena ombelicale umana (HUV)

Viene preparata reticolando il collagene con glutaraldeide.

Per aumentare la stabilità dimensionale e ridurre la probabilità di dilatazioni il tubo di collagene viene rinforzato con una rete di tessuto poliestere knitted (Dacron).

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Sostituti biologici trattati chimicamente

(bioprotesi)

b. Vena ombelicale umana (HUV)

Difetti: biodegradazione del collagene, con progressiva dilatazione e, in alcuni casi, formazione di aneurismi e colonizzazione batterica.

Ci sono problemi associati all’assorbimento di lipidi in relazione al metabolismo dell’organismo ospite che possono favorire il processo di biodegradazione.

Le attuali indicazioni per la HUV sono limitate all’uso come dispositivo per l’accesso ematico e per bypass negli arti inferiori quando non sia disponibile una vena autologa (alternativa a safena in pazienti con scarsa life expectancy).

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Bioprotesi da Vena ombelicale umana

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Graft biologici con supporto sintetico

a. Graft autologhi Sparks-Mandril (ELIMINATI)

I risultati su animale e l’esperienza clinica sono stati deludenti.

Il tubo di collagene è formato da tessuto fibroso non orientato e la protesi non riesce a sopportare la pressione ematica pulsatile e si dilata progressivamente, diventa aneurismatica e infine trombizza o sanguina al punto di sutura.

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Graft biologici con supporto sinteticob. Bioprotesi Xenogeniche trattate chimicamente

Il concetto è stato riproposto da Perloff all’inizio degli anni 1980 (Surgery, 89, 31, 1981) ed è simile a quello di Sparks, solo che la protesi viene fatta maturare nel muscolo paravertebrale della pecora e viene reticolata chimicamente con glutaraldeide per essere resa inerte.

Però risultati sperimentali nel cane (R.G. Guidoin et al., Biomaterials, 10, 369, 1989) hanno mostrato una ricopertura incompleta di fibroblasti, che lascia alcune fibre poliestere e di collagene esposte al flusso ematico.

Esiste un modello commercializzato per uso umano.

I risultati sono molto inferiori a quelli della vena autologa e in alcuni casi è stato necessario l’espianto della protesi

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Bioprotesi di derivazione animale (Omnif low)

Primary patency for Omniflow II above-knee grafts at 3-year follow-up

62

44

0

20

40

60

80

100

%good vascular periphery

poor vascular periphery

Primary patency for Omniflow II below-knee grafts at 3-year follow-up

55

35

0

20

40

60

80

100

%good vascular periphery

poor vascular periphery

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Materiali e fibre artificiali

Le protesi vascolari fabbricate con tessuto poliestere (DACRON®, polietilentereftalato) sono le più usate nella chirurgia vascolare periferica per la sostituzione di vasi di medio e largo calibro.

Gli impianti in posizione aortica e iliaca hanno dato un follow-up di oltre 20 anni.

Lo sviluppo tecnologico è in continua evoluzione.

Tuttavia, le protesi in Dacron di diametro inferiore a 8 mm sono inferiori ad altri materiali per la facilità di occlusione.

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Materiali Sintetici Utilizzati

DACRON® (polietilentereftalato)

Risultati: successo a lungo termine con il 90% degli impianti in larghi vasi

PTFE (politetrafluoroetilene)

Risultati: pervietà a lungo termine in vasi di medio calibro, come seconda scelta rispetto ai sostituti biologici

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DACRON®Tipologia: WOVEN (tessuto intrecciato regolare)

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DACRON®

Tipo: KNITTED (tessuto lavorato a maglia):warp = lavorazione effettuata in direzione longitudinale più denso del weft, resiste allo sfilacciamento.

weft = lavorazione effettuata in direzione radiale più flessibile e più estensibile del warp, richiede precoagulazione ed è più soggetto a dilatazione.

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DACRON®Si deve evitare che il tessuto del graft, una volta tagliato, si sfilacci, con peggioramento della situazione al sito di anastomosi.

Le protesi woven sono meno porose.

Bassa porosità porta ad elevata rigidità, con conseguente facilità di calcificazione; si verifica un cattivo accoppiamento tra il vaso naturale e il graft sintetico, rigido. Il fallimento all'anastomosi è più facile.

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DACRON®TECNOLOGIA AGGIUNTIVA: il velour, rappresentato da molti filamenti ancorati alla struttura woven o knitted, esposti sulla superficie della protesi.

I graft possono essere piani, senza velour, oppure presentare velour interno, esterno, o entrambi.

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Materiali e fibre artificiali

La forma espansa del PTFE (Goretex®, Impra®, ecc.) è ben nota ed ampiamente utilizzata come sostituto di arterie di medio calibro (fino a 6-7 mm).

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PTFEA) Teflon tessuto

Le protesi in PTFE o Teflon sono state disegnate in origine con struttura tessuta (Edwards, 1963), che è stata però scartata perché imputata di emorragie e formazione di falsi aneurismi all’anastomosi (in conseguenza della facilità di sfilacciamento della struttura tessuta alle estremità, dove questa viene tagliata).

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PTFEPTFE espanso (Impra, Goretex, Vitagraft)

La forma espansa del PTFE è ben nota ed ampiamente utilizzata come sostituto di arterie nelle posizioni femoropoplitea e axillofemorale.

Sopra il ginocchio i risultati sono incoraggianti e paragonabili a quelli ottenuti con la vena safena, mentre sotto il ginocchio l’impianto del PTFE espanso ha meno successo.

La struttura espansa viene realizzata con un processo di stiramento ad alta temperatura che genera noduli di PTFE interconnessi con fibrille altamente orientate.

Il graft in Goretex ha un rivestimento esterno aggiuntivo orientato circonferenzialmente per aumentare la resistenza meccanica, che però diminuisce la permeabilità della parete del graft.

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PTFEPTFE espanso (Impra, Goretex, Vitagraft)Nonostante le positive applicazioni cliniche la protesi in PTFE espanso presenta numerosi svantaggi:

• la scarsa compliance è ritenuta responsabile dell’iperplasia dell’intima all’anastomosi;

• non sono rari i fenomeni di colonizzazione batterica osservati sulla superficie luminale;

• inoltre, la protesi è trombogenica in situazioni di scarso flusso.

Tentativi di ovviare a questi inconvenienti come:

- la modifica della superficie interna in senso di renderla più idrofilica;

- il trattamento con carbonio pirolitico;

-l’aggiunta di un supporto esterno rigido a spirale non hanno dato risultati soddisfacenti.

Tuttavia, la biostabilità in situ del PTFE espanso è notevolissima per cui è largamente usata nei bypass periferici in caso di indisponibilità di vena autologa.

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MATERIALI ALTERNATIVII poliuretani (PU) sono copolimeri a blocchi ottenuti da diisocianati, macroglicoli ed estensori di catena (molecole bivalenti a basso peso molecolare).

Attraverso una opportuna scelta di questi tre reagenti i PU possono essere resi flessibili, rigidi o semirigidi.

Essi hanno dimostrato elevata emocompatibilità, eccellente resistenza all’abrasione, proprietà meccaniche eccezionali e resistenza a fatica in flessione molto alta.

Nella ricerca attuale quella dei poliuretani è la categoria di materiali polimerici che oggi raccoglie più consensi ed attenzione grazie alla grande versatilità strutturale e di lavorazione e alle ottime proprietà elastomeriche che permettono di costruire innesti tubulari di piccolo calibro con modulate ed opportune caratteristiche chimico-fisiche, di compliance radiale e di emocompatibilità.

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POLIURETANISi possono produrre soffici schiume, fibre, rivestimenti tenaci e rigidi.

Si possono costruire graft con miglior compliance con svariate tecniche (filament winding, solvent casting, deposizioni con tecnica spray, ecc.).

A seconda dei reagenti di partenza si possono ottenere poliuretani più o meno idrofilici, o dotati di una superficie che accoppi idrofilicità con idrofobicità in modo da incoraggiare ad esempio l’assorbimento di proteine specifiche, oppure innestabili con molecole attive come eparina, polipeptidi, ecc. per ottenere opportune proprietà fisiche, compliance e stabilità.

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POLIURETANI

Negli ultimi anni si è scoperto che i poliuretani biomedici (poli-etere-uretani) possono andare incontro a degradazione biologica secondo un processo noto come ESC, environmental stress cracking.

Come suggerisce il nome stesso, l’ESC porta a microfissurazione superficiale nell’ambiente aggressivo del corpo umano; una volta iniziato il processo, la rottura catastrofica è solo una questione di tempo.

Il problema della biostabilità dei primi poliuretani biomedici (Biomer, Pellethane, Mitrathane, Tecoflex, ecc) è molto attuale e già ora si stanno introducendo nuovi copolimeri dotati di maggior stabilità con cui si stanno realizzando nuovi prototipi.

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POLIURETANIE’ stato segnalato, comunque, che anche il graft di piccolo calibro sviluppato negli anni ’90 dalla Corvita (Miami, Florida) in poliuretano “biostabile” (un policarbonatouretano) e recentemente commercializzato in Europa ha utilizzato espedienti come un rinforzo di tessuto poliestere e il rivestimento di gelatina.

Recentemente sono stati sviluppati veri copolimeri siliconepoliuretano (tra cui i Pur-Sil e Carbo-Sil, PTG, USA) che sembrano avere migliorate proprietà e promettenti requisiti.

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Vasi ematici e ingegneria tessutale

Molti gruppi di ricerca stanno cercando alternative alle vene autologhe per un utilizzo nei bypass delle arterie coronariche.

In particolare si tenta:

(1) di progettare materiali sintetici non trombogenici per costruire protesi oppure

(2) di ingegnerizzare vasi ematici vitali utilizzando cellule e supporti di sintesi (scaffold).

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Dacron

PTFE

Bioprotesi da Vena ombelicale umana

Bioprotesi di derivazione animale

Protesi eparinate

Protesi endotelizzate

Vena autologa

Arteria omologa crio-preservata

Bio-compound

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Above knee bypass: Primary patency

0

20

40

60

80

100

years

%

Dacron

ePTFE

Below-knee bypass: Primary patency

0

20

40

60

80

100

years

%

Dacron

ePTFE

Dacron

Vs

ePTFE

Primary patency (overall)

0

20

40

60

80

100

years

%

Dacron

ePTFE

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Primary patency for Heparin Bonded Dacron vs PTFE

0

20

40

60

80

100

0 1 2 3 4 5

years

%

HBDacron

PTFE

Cumulative limb salvage for Heparin Bonded Dacron vs PTFE

0

20

40

60

80

100

0 1 2 3 4 5

years

%

HBDacron

PTFE

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TAPERED OR STRAIGHT ?

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Protesi in ePTFE rivest ite al carbonio

Most rano una riduzione marcata dell’ adesività piast rinica (sei volte in meno); non hanno però risultat i migliori delle protesi non rivest ite in termini di pervietà a distanza

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L’ iperplasia int imale è at tualmente considerata come la causa principale di complicanze t rombot iche che si verif icano fra 2 e 24 mesi dall’ impianto.

Fra le possibili cause di iperplasia int imale sono stat i invocat i:

• Fat tori genet ici

• Elevato shear st ress

• Basso shear st ress

• Mismatch fra le proprietà elast iche del vaso accet tore e del graft

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• Trombosi precoce

• Fagocitosi del t rombo

• Proliferazione di f ibroblast i nella neo-int ima

• Comparsa ed estensione di cellule endoteliali

• Comparsa di cellule muscolari l isce

• Proliferazione di f ibroblast i e produzione di f ibre collagene

PROGRESSIONE DELLA IPERPLASIA INTIMALE

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Tipi di “polsino venoso” o di patch proposti per ridurre l’incidenza di iperplasia intimale

Miller cuff

Taylor patch

(proximal anastomosis)

Linton patch

St Mary’s boot

Karacagil cuff

Taylor patch

(distal anastomosis)

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Primary patency for vein-cuffed and uncuffed below-knee grafts at 3-year follow-up.

57

29

0

20

40

60

80

100

%Vein cuffed

Uncuffed

Primary patency for vein-cuffed and uncuffed below-knee grafts at 2-year follow-up

52

29

0

20

40

60

80

100

%Vein cuffed

Uncuffed

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Stato della ricerca

Uso di materiali protesici sintet ici come supporto per il rivest imento con biomateriali at t ivi

Uso di materiali sintet ici protesici come supporto per impianto di cellule

Ut ilizzazione di una “ mat rice” biologica (collageno, elast ina) come supporto su cui far migrare cellule per produrre una “ arteria art if iciale”

Colt ivare cellule “ vascolari” per produrre component i st rut turali e ext ra-cellulari della mat rice vascolare art if iciale

St imolare cellule nel cavo peritoneale (“ bioreat tore” ) per rivest ire un tubo inerte con cellule derivate dal midollo osseo o dall’ endo- telio per formare una “ arteria art if iciale”

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CARATTERISTICHE DI UNA BIOPROTESI OTTIMALE

• resistenza alle infezioni

• biocompat ibilit à (atossica, af logist ica, non carcinogena, non immunogena) e biostabilità

• emostat ica ma non t rombogenica con adeguata porosità per una buona bio-integrazione (queste carat terist iche sono garant ite in una arteria dall’ endotelio che agisce come organo secret ivo e come barriera a permeabilità selet t iva.

• proprietà meccaniche adeguate (resistenza parietale, resistenza al kinking)

• buona “ suturabilità”

• bio-at t ività intesa come capacità di reagire appropriatamente agli st imoli f isiologici (capacità di vasocost rizione in risposta agli st imoli nervosi o biochimici)

• possibil ità di fabbricazione a cost i accet tabili e in tempi e gamma adeguat i