5
554 LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA TARDOANTICA/ALTOMEDIEVALE DELL’ARCO ALPINO ORIENTALE: CONTINUITÀ E TRASFORMAZIONI * di CHIARA MAGRINI Nel corso dello studio condotto sull’edilizia abitativa, datata tra tarda antichità e alto medioevo nell’arco alpino orientale, si è affrontata la raccolta dei dati disponibili, edi- ti e inediti, sulle strutture di carattere residenziale datate tra III e IX d.C., dati che sono confluiti in un archivio detta- gliato contenente le informazioni riguardanti circa 50 siti; per ognuno di essi sono stati analizzati tutti gli edifici rin- venuti, la loro articolazione in vani e le loro caratteristiche interne ed esterne. Queste informazioni hanno permesso, innanzitutto, di ricostruire il rapporto tra le differenti tipo- logie abitative individuate e il territorio in cui si trovano inserite e l’evoluzione di questo rapporto in senso diacroni- co; in secondo luogo di esaminare le tecniche costruttive impiegate, non solo per la struttura dell’abitazione, ma an- che per la realizzazione delle sue parti interne; e, infine, di considerare l’utilizzo dello spazio domestico e di indivi- duare, quindi, le diverse attività che si possono localizzare all’interno di esso. Uno degli aspetti su cui ci si è soffermati è, dunque, quello riguardante le tecniche edilizie impiegate per la costruzione delle strutture abitative; attraverso una puntuale schedatura di esse si è cercato di analizzare gli elementi di continuità o di trasformazione nel passaggio dall’età romana a quella medievale e di proporre possibili interpretazioni. L’area alpina, infatti, può costituire un valido punto di riferimento in quanto permette, per il tradizionale conser- vatorismo culturale che la caratterizza, determinato soprat- tutto dalla sua conformazione geografica, di cogliere in maniera più evidente che in altre zone alcuni fenomeni, come quello della continuità o del recupero nell’alto medioevo delle tipologie abitative e delle tecniche costruttive proto- storiche, e di chiarire, quindi, le loro origini e il loro svilup- po. La tematica in questione è stata affrontata nella mag- gior parte degli studi condotti sull’edilizia abitativa tardo- antica/altomedievale in cui si mette, in generale, in eviden- za il passaggio da tecniche edilizie che privilegiano l’uso dei laterizi e della pietra legati da calce, a tecniche edilizie “precarie” che, invece, si basano essenzialmente sull’uti- lizzo del legno e di altri materiali deperibili; questo passag- gio viene spiegato in genere o come recupero di modelli abitativi tradizionali, precedentemente relegati a un ruolo secondario (o utilizzati esclusivamente in ambito rurale), o come influsso delle popolazioni germaniche immigrate in Italia, o ancora come segno di una crisi economica che por- ta a prediligere il materiale edilizio non costoso (in partico- lare per quanto riguarda l’approvvigionamento e i processi di lavorazione) (BROGIOLO 1994a, pp. 10-11). Nonostante le difficoltà incontrate spesso nella determi- nazione delle tecniche edilizie utilizzate per le strutture abi- tative, a causa della genericità dei dati a disposizione e della mancata registrazione, nella maggior parte delle pubblica- zioni, di quegli elementi che possono, ad esempio, aiutare a comprendere le modalità di allestimento dell’edificio nelle sue varie parti, si è tentato di ricostruire i fenomeni ricorrenti che si possono ritenere peculiari dell’area indagata. In età tardo romana (III-V d.C.) le tecniche costruttive impiegate nel territorio dell’arco alpino orientale sono prin- cipalmente di due tipi, ossia interamente litiche e miste. Le prime vedono l’utilizzo prevalente della pietra locale, ov- vero di ciottoli privi di lavorazione o solamente spaccati – nelle aree collinari e di fondovalle – e di frammenti di cal- care nelle zone poste a quote più elevate. Le tecniche murarie utilizzate sono piuttosto semplici e sono rappresentate soprattutto da quella “a sacco”, con di- stinzione dei due paramenti esterni e del nucleo centrale, usata soprattutto nel caso in cui vengano impiegati i ciotto- li, e quella definita dal Mannoni (MANNONI et al. 1991; CA- GNANA 1994a) “disordinata”, realizzata cioè con elementi passanti da una parte all’altra dello spessore del muro in cui si ricerca soprattutto il contatto tra frammenti di pietre con la stessa curvatura. La tecnica a sacco è diffusa nelle aree di fondovalle dove prevalgono impianti rustici con o senza settore resi- denziale datati fino al IV-prima metà del V sec. d.C. e cen- tri abitati sorti in particolare in rapporto con il passaggio dei percorsi stradali, mentre la tecnica “disordinata” viene utilizzata negli insediamenti d’altura che si strutturano nel- la maggior parte del territorio indagato a partire dal V sec. d.C. In quest’ultimo caso si tratta generalmente di siti cinti da mura, caratterizzati dalla presenza di almeno un edificio di culto dislocato in una posizione di rilievo, o al centro dell’altura o sul punto più alto di essa, e da abitazio- ni con planimetrie e articolazioni differenti alle quali si può ipotizzare di attribuire anche una destinazione diversa. Per tutte le costruzioni considerate, sia pubbliche che private, vengono utilizzate pietre prelevate dai banchi roc- ciosi calcarei affioranti, messe in opera con la malta; la tec- nica muraria, piuttosto accurata, è la stessa e si può con verosimiglianza attribuire alle stesse maestranze chiamate a edificare un abitato che sembra essere stato realizzato se- condo una vera e propria pianificazione, come è stato ipo- tizzato, ad esempio, dal Brogiolo per Montebarro (BROGIO- LO, GELICHI 1996, pp. 22-31). L’uso della malta come legante (e anche come rivesti- mento sia pavimentale che parietale) non appartiene natu- ralmente alla cultura costruttiva locale, ma è stato introdot- to dai Romani e si è diffuso nel territorio in questione con tempi e modalità differenti a seconda delle zone e delle ti- pologie di insediamento in cui le strutture abitative si tro- vano inserite. Accanto all’uso della malta, anche l’impiego di laterizi per le coperture degli edifici risulta “estraneo” alla regione stu- diata e, quindi la sua presenza, che in alcuni casi si registra solamente in età tardoantica, diviene un’ulteriore testimonian- za dell’introduzione delle tecnologie tipicamente romane. La tecnica costruttiva di tradizione protostorica, che prevede l’allestimento di basamenti in muratura a secco a sostegno di alzati in materiale deperibile, continua a essere utilizzata, anche in piena età romana, soprattutto nei villag- gi di altura che hanno una continuità di frequentazione dal- l’età del ferro e che si basano su un’economia prevalente- mente pastorizia, come Castelraimondo in Friuli (SANTORO BIANCHI 1992; SANTORO BIANCHI 2001), Doss Zelor (LEO- NARDI 1991) e Sanzeno (BASSI, CAVADA 1994) in Trentino Alto Adige. In alcuni di questi insediamenti, come a Castel Raimondo e a Doss Zelor, l’introduzione tardiva dei siste- mi costruttivi romani si registra solo in determinate zone dell’abitato di carattere esclusivamente residenziale, men- tre in altre aree, in cui le strutture abitative si collocano accanto a impianti artigianali, permane l’uso della tecnica mista. Significativamente anche in alcuni siti di fondovalle del Trentino Alto Adige, come Mezzocorona, località Drei (CAVADA 1994) e località Giontec (BASSI, NICOLIS 1996) e Bressanone (DI STEFANO 2001), la malta compare solamen- te nel II-III sec. d.C. nei restauri degli edifici in tecnica mista o nei loro rifacimenti in muratura, per poi scomparire nuo- vamente con le trasformazioni occorse nel V/VI sec. d.C. quando l’allestimento dei muri avviene di nuovo a secco o con l’argilla come legante. A volte, come nei casi dell’edificio del settore V di Ca- stelraimondo e dell’abitazione di S. Lorenzo di Sebato, fon-

LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA

  • Upload
    others

  • View
    4

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA

554

LE TECNICHE COSTRUTTIVENELL’EDILIZIA ABITATIVA

TARDOANTICA/ALTOMEDIEVALEDELL’ARCO ALPINO ORIENTALE:

CONTINUITÀ E TRASFORMAZIONI*

diCHIARA MAGRINI

Nel corso dello studio condotto sull’edilizia abitativa,datata tra tarda antichità e alto medioevo nell’arco alpinoorientale, si è affrontata la raccolta dei dati disponibili, edi-ti e inediti, sulle strutture di carattere residenziale datate traIII e IX d.C., dati che sono confluiti in un archivio detta-gliato contenente le informazioni riguardanti circa 50 siti;per ognuno di essi sono stati analizzati tutti gli edifici rin-venuti, la loro articolazione in vani e le loro caratteristicheinterne ed esterne. Queste informazioni hanno permesso,innanzitutto, di ricostruire il rapporto tra le differenti tipo-logie abitative individuate e il territorio in cui si trovanoinserite e l’evoluzione di questo rapporto in senso diacroni-co; in secondo luogo di esaminare le tecniche costruttiveimpiegate, non solo per la struttura dell’abitazione, ma an-che per la realizzazione delle sue parti interne; e, infine, diconsiderare l’utilizzo dello spazio domestico e di indivi-duare, quindi, le diverse attività che si possono localizzareall’interno di esso.

Uno degli aspetti su cui ci si è soffermati è, dunque, quelloriguardante le tecniche edilizie impiegate per la costruzionedelle strutture abitative; attraverso una puntuale schedaturadi esse si è cercato di analizzare gli elementi di continuità odi trasformazione nel passaggio dall’età romana a quellamedievale e di proporre possibili interpretazioni.

L’area alpina, infatti, può costituire un valido punto diriferimento in quanto permette, per il tradizionale conser-vatorismo culturale che la caratterizza, determinato soprat-tutto dalla sua conformazione geografica, di cogliere inmaniera più evidente che in altre zone alcuni fenomeni, comequello della continuità o del recupero nell’alto medioevodelle tipologie abitative e delle tecniche costruttive proto-storiche, e di chiarire, quindi, le loro origini e il loro svilup-po. La tematica in questione è stata affrontata nella mag-gior parte degli studi condotti sull’edilizia abitativa tardo-antica/altomedievale in cui si mette, in generale, in eviden-za il passaggio da tecniche edilizie che privilegiano l’usodei laterizi e della pietra legati da calce, a tecniche edilizie“precarie” che, invece, si basano essenzialmente sull’uti-lizzo del legno e di altri materiali deperibili; questo passag-gio viene spiegato in genere o come recupero di modelliabitativi tradizionali, precedentemente relegati a un ruolosecondario (o utilizzati esclusivamente in ambito rurale), ocome influsso delle popolazioni germaniche immigrate inItalia, o ancora come segno di una crisi economica che por-ta a prediligere il materiale edilizio non costoso (in partico-lare per quanto riguarda l’approvvigionamento e i processidi lavorazione) (BROGIOLO 1994a, pp. 10-11).

Nonostante le difficoltà incontrate spesso nella determi-nazione delle tecniche edilizie utilizzate per le strutture abi-tative, a causa della genericità dei dati a disposizione e dellamancata registrazione, nella maggior parte delle pubblica-zioni, di quegli elementi che possono, ad esempio, aiutare acomprendere le modalità di allestimento dell’edificio nellesue varie parti, si è tentato di ricostruire i fenomeni ricorrentiche si possono ritenere peculiari dell’area indagata.

In età tardo romana (III-V d.C.) le tecniche costruttiveimpiegate nel territorio dell’arco alpino orientale sono prin-cipalmente di due tipi, ossia interamente litiche e miste. Leprime vedono l’utilizzo prevalente della pietra locale, ov-

vero di ciottoli privi di lavorazione o solamente spaccati –nelle aree collinari e di fondovalle – e di frammenti di cal-care nelle zone poste a quote più elevate.

Le tecniche murarie utilizzate sono piuttosto semplici esono rappresentate soprattutto da quella “a sacco”, con di-stinzione dei due paramenti esterni e del nucleo centrale,usata soprattutto nel caso in cui vengano impiegati i ciotto-li, e quella definita dal Mannoni (MANNONI et al. 1991; CA-GNANA 1994a) “disordinata”, realizzata cioè con elementipassanti da una parte all’altra dello spessore del muro in cuisi ricerca soprattutto il contatto tra frammenti di pietre conla stessa curvatura.

La tecnica a sacco è diffusa nelle aree di fondovalledove prevalgono impianti rustici con o senza settore resi-denziale datati fino al IV-prima metà del V sec. d.C. e cen-tri abitati sorti in particolare in rapporto con il passaggiodei percorsi stradali, mentre la tecnica “disordinata” vieneutilizzata negli insediamenti d’altura che si strutturano nel-la maggior parte del territorio indagato a partire dal Vsec. d.C. In quest’ultimo caso si tratta generalmente di siticinti da mura, caratterizzati dalla presenza di almeno unedificio di culto dislocato in una posizione di rilievo, o alcentro dell’altura o sul punto più alto di essa, e da abitazio-ni con planimetrie e articolazioni differenti alle quali si puòipotizzare di attribuire anche una destinazione diversa.

Per tutte le costruzioni considerate, sia pubbliche cheprivate, vengono utilizzate pietre prelevate dai banchi roc-ciosi calcarei affioranti, messe in opera con la malta; la tec-nica muraria, piuttosto accurata, è la stessa e si può converosimiglianza attribuire alle stesse maestranze chiamatea edificare un abitato che sembra essere stato realizzato se-condo una vera e propria pianificazione, come è stato ipo-tizzato, ad esempio, dal Brogiolo per Montebarro (BROGIO-LO, GELICHI 1996, pp. 22-31).

L’uso della malta come legante (e anche come rivesti-mento sia pavimentale che parietale) non appartiene natu-ralmente alla cultura costruttiva locale, ma è stato introdot-to dai Romani e si è diffuso nel territorio in questione contempi e modalità differenti a seconda delle zone e delle ti-pologie di insediamento in cui le strutture abitative si tro-vano inserite.

Accanto all’uso della malta, anche l’impiego di lateriziper le coperture degli edifici risulta “estraneo” alla regione stu-diata e, quindi la sua presenza, che in alcuni casi si registrasolamente in età tardoantica, diviene un’ulteriore testimonian-za dell’introduzione delle tecnologie tipicamente romane.

La tecnica costruttiva di tradizione protostorica, cheprevede l’allestimento di basamenti in muratura a secco asostegno di alzati in materiale deperibile, continua a essereutilizzata, anche in piena età romana, soprattutto nei villag-gi di altura che hanno una continuità di frequentazione dal-l’età del ferro e che si basano su un’economia prevalente-mente pastorizia, come Castelraimondo in Friuli (SANTOROBIANCHI 1992; SANTORO BIANCHI 2001), Doss Zelor (LEO-NARDI 1991) e Sanzeno (BASSI, CAVADA 1994) in TrentinoAlto Adige. In alcuni di questi insediamenti, come a CastelRaimondo e a Doss Zelor, l’introduzione tardiva dei siste-mi costruttivi romani si registra solo in determinate zonedell’abitato di carattere esclusivamente residenziale, men-tre in altre aree, in cui le strutture abitative si collocanoaccanto a impianti artigianali, permane l’uso della tecnicamista. Significativamente anche in alcuni siti di fondovalledel Trentino Alto Adige, come Mezzocorona, località Drei(CAVADA 1994) e località Giontec (BASSI, NICOLIS 1996) eBressanone (DI STEFANO 2001), la malta compare solamen-te nel II-III sec. d.C. nei restauri degli edifici in tecnica mistao nei loro rifacimenti in muratura, per poi scomparire nuo-vamente con le trasformazioni occorse nel V/VI sec. d.C.quando l’allestimento dei muri avviene di nuovo a secco ocon l’argilla come legante.

A volte, come nei casi dell’edificio del settore V di Ca-stelraimondo e dell’abitazione di S. Lorenzo di Sebato, fon-

Page 2: LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA

555

do Puenland (MAURINA 2001), è evidente la volontà di man-tenere il “ricordo” della casa protostorica nell’impianto dellastruttura – con lungo corridoio d’accesso e una partizioneinterna in un numero limitato di vani (MIGLIAVACCA 1996) –che viene realizzata, però, in muratura, con il tetto in lateri-zi e, nel caso di S. Lorenzo, con un ambiente decorato conintonaco dipinto alle pareti e riscaldato mediante ipocau-sto.

Da questi dati emergerebbe, quindi, il fatto che l’ado-zione di tecniche costruttive romane nell’edilizia abitativadell’area alpina orientale si deve, con ogni probabilità, al-l’apporto esterno di manodopera specializzata che rispondesia alle esigenze di una parte della popolazione rurale, cheaspira a raggiungere un alto tenore di vita simile a quellodelle aristocrazie municipali (DI STEFANO 2001), sia a quel-le delle stesse aristocrazie che investono i loro capitali nel-l’organizzazione di aziende agricole di piccole e medie di-mensioni nei territori di fondovalle (CAVADA 1994; CAVA-DA 2002, pp. 98-102).

Sempre a maestranze vere e proprie si ricorre, con ogniprobabilità, per la realizzazione degli abitati d’altura di V-VI sec. d.C., in quanto si riscontra una contemporaneità eomogeneità di costruzione sia dei settori pubblici che pri-vati.

Nelle zone più interne e soprattutto negli insediamentiposti a quote più elevate, invece, le abitazioni mantengonole caratteristiche sia costruttive che planimetriche di quelleprotostoriche, come anche nei casi degli edifici datati al I-III d.C. rinvenuti a Elvas e a Tesido in Alto Adige (ALLAVENASELLERIO 2001; DI STEFANO, PEZZO 2002); l’unica novità con-siste, a volte, nell’introduzione della malta come legantedel basamento in muratura che sostiene l’alzato ipotizzato,prevalentemente, a “blockbau”.

Nel momento in cui la presenza “organizzata” di arti-giani specializzati viene meno o si rarefà, per motivi di tipostorico-economici, si costruisce nuovamente in maniera dif-fusa in conformità con le conoscenze e le abilità della po-polazione locale e con l’utilizzo principale dei materiali chesi trovano a disposizione nella zona.

Questo stesso fenomeno è stato messo in evidenza in di-verse aree sia dell’Italia – come la Liguria (CAGNANA 1994b)o l’Abruzzo (STAFFA 1994) – che di altre regioni europee incui, per le caratteristiche geografiche e ambientali del terri-torio e per le vicende storiche che lo hanno contraddistinto,è rimasta forte la tradizione costruttiva preromana.

Interessanti sono, a questo proposito, soprattutto glistudi condotti in alcune zone del nord-Europa, come iPaesi Bassi e l’Inghilterra. Nella regione del basso Reno,dove l’economia è prevalentemente basata sulla pastori-zia, evidente è la continuità della casa rurale protostori-ca (di forma rettangolare, con struttura portante in arma-tura di pali e con una parte destinata al ricovero deglianimali) anche nel periodo romano; questo fatto vienespiegato dagli studiosi (BLOEMERS 1985; RAYMANS 1995)soprattutto con motivazioni di carattere socio-economi-co basate sul presupposto che la cultura pastorizia è for-temente tradizionalista e tende, quindi, a conservare,

anche dal punto di vista materiale, l’assetto più idoneoallo sfruttamento dell’allevamento. Per l’Inghilterra èstato messo in evidenza che il passaggio dalle tecnichecostruttive in pietra a quelle in materiale deperibile sidata già alla fine del IV sec. d.C.; ma le tecniche edilizie“precarie”, soprattutto nella parte settentrionale e occi-dentale della Britannia, hanno contraddistinto le costru-zioni di carattere rurale minore (quindi le “non ville”)durante tutto il periodo romano e, quindi, nel IV secolosi verifica solamente un riemergere delle tecniche costrut-tive tradizionali anche in quelle zone in cui erano stateabbandonate soprattutto per motivi sociali, ossia per lavolontà, in particolar modo da parte delle classi più ele-vate della popolazione, di assimilare i costumi romani(ESMONDE CLEARY 2001; PERRING 2002).

L’immagine che ne deriva per queste aree è, dunque,quella di una popolazione la cui “acculturazione” romana ri-mane, con l’eccezione delle classi elevate, probabilmentesuperficiale; questo stesso fenomeno riguardante le tecnichecostruttive, comunque, è stato rilevato anche in regioni, comela Gallia meridionale (MARCIER, RAYNAUD 1995), caratteriz-zate da una romanizzazione piuttosto estesa e capillare.

A partire, quindi, dal V secolo, ma in maniera più evi-dente dal VI, si assiste, alla diffusione nell’arco alpinoorientale di strutture abitative realizzate nella cosiddetta“tecnica mista”; spesso si tratta di esempi di quella che ilBrogiolo ha definito “edilizia mista di riutilizzo” (BRO-GIOLO 1994b, pp. 108-109), ossia di edifici non costruitiex-novo, ma in cui vengono recuperate parti di precedentistrutture integrandole con materiali differenti (soprattuttodeperibili).

Uno degli esempi più interessanti e noti nel territorioindagato di abitato realizzato interamente in tecnica mista èquello del periodo III di Invillino (BIERBRAUER 1987); essorisulta, infatti, formato in questa fase da 17 edifici, con piantarettangolare allungata orientata in senso est-ovest, privi,apparentemente, di una divisione interna e costruiti con bassibasamenti in muratura a secco a sostegno di alzati in mate-riale deperibile.

Il ricorso alla tecnica mista confermerebbe l’ipotesi delBrogiolo (BROGIOLO, GELICHI 1996, pp. 16-17) che si tratti

Fig. 1 – Esempio della tecnica “disordinata” utilizzata per il pa-ramento esterno del muro 1 dell’unica abitazione scavata nell’in-sediamento d’altura di Tonovcov Grad (Slovenia) (per gentile con-cessione del Dott. Ciglenecki del Sazu di Ljubljana).

Fig. 2 – L’insediamento d’altura dell’Ulrichsberg da EGGER 1976.

Page 3: LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA

556

ni specializzati.Anche le abitazioni costruite interamente in legno con

la tecnica del blockbau, di cui l’esempio più notevole è rap-presentato dalla struttura rinvenuta presso il lago di Ledroin Trentino (DAL RI, PIVA 1987), non costituiscono una no-vità nel territorio in esame, in quanto le si trova già impie-gate nella protostoria sia nell’area veneto-altoatesina(MIGLIAVACCA 1996) che in quella slovena (DULAR 1995)solitamente con un basso zoccolo in muratura e, a quote piùelevate, anche prive di basamento.

Diverso sembra essere il caso delle strutture realizzatecon armatura di pali senza un basamento litico di appoggioseminterrate e non solo parzialmente presenti nell’arco al-pino orientale; esse risultano, infatti, estranee alla tradizio-ne costruttiva locale, mentre vengono utilizzate come abi-tazioni o come edifici di servizio da popolazioni alloctone,ossia Longobardi (BONA 1976; BONA 1990), Baiuvari (sulvillaggio baiuvaro di Kircheim in Baviera GEISLER 1988) eSlavi (DONAT 1970; DONAT 1980) che, a partire dalla II metàdel VI d.C., si insediano in diverse aree del territorio in esa-me.

In Italia – ad esempio a Brescia (BROGIOLO 1993) e aPoggio Imperiale (VALENTI 1996, pp. 381-382) e anche inaltre regioni europee, come Francia (CHAPELOT 1980;FARNOUX 1995; MARCIER, RAYNAUD 1995; TRÉMENT 2001) eInghilterra (ESMONDE CLEARY 2001), dove sono state messein luce, queste abitazioni sono state spesso ricondotte allapresenza di elementi immigrati; naturalmente si può pensa-re anche a fenomeni di acculturazione e quindi di assimila-zione, da parte degli autoctoni, di tipologie edilizie diffe-renti da quelle in uso nella zona, ma alla portata delle lorocapacità tecnologiche.

Come precisa, infatti, anche la Galetti (GALETTI 1997,pp. 93-106), le conoscenze riguardanti la scelta e la lavora-zione del legno per la realizzazione sia delle strutture delleabitazioni che delle loro coperture sono proprie del baga-glio culturale tradizionale delle popolazioni rurali e, a mag-

Fig. 4 – La struttura in blockbau di Ledro (per gentile concessionedell’Ufficio Beni culturali della Provincia Autonoma di Trento).

Fig. 3 – Ricostruzione della casa di tipo alpino da CAVADA 1993.

di un insediamento sorto per iniziativa locale diversamenteda molti dei coevi abitati d’altura dell’arco alpino orienta-le, costruiti interamente in pietra, per i quali è stato propo-sto l’intervento di un’autorità pubblica e, quindi, di artigia-

Page 4: LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA

557

gior ragione, di quelle alpine; naturalmente non può esserenegato il ruolo che soprattutto Longobardi e Baiuvari han-no nella diffusione e trasmissione delle tecnologie relativealla lavorazione del legno e alla sua utilizzazione per lacostruzione di edifici.

Si deve sottolineare, a proposito delle strutture lignee,un fenomeno rilevato in particolare nell’area alto-atesi-na, ossia quello delle cosiddette “massicciate obliteran-ti” che si impostano sui resti di edifici di età romana,ricoprendoli, e che costituiscono una specie di basamen-to per le costruzioni in materiale deperibile; è stato ipo-tizzato che esse abbiano la funzione, oltre che di creareun supporto isolante dal terreno per le strutture in legno,anche di “cancellare” sistematicamente le tracce degliinsediamenti di epoca precedente nei confronti dei qualisi vorrebbe operare, quindi, una vera e propria cesura(DAL RI, RIZZI 1994).

Anche nel territorio indagato – e precisamente aVillandro in Alto Adige (DAL RI, RIZZI 1995), a Caneva inFriuli (RIGONI 1999) e a Pristava in Slovenia (ZAKLADITISOCLETIJ 1999) – si è potuta rilevare, infine, pur se in for-ma ridotta, la presenza di strutture abitative in legno, datatesoprattutto ai secoli finali dell’alto medioevo, realizzate conuna tecnica “mista”, caratterizzata, cioè da una strutturaportante in armatura di pali e alzati ancorati a travi orizzon-tali. Queste costruzioni, di solito formate da un unico am-biente e quindi poco articolate dal punto di vista dello spa-zio domestico interno, corrispondono, secondo Gelichi eLibrenti (GELICHI, LIBRENTI 1997), alla ripresa dell’attivitàcostruttiva da parte di un artigianato specializzato soprat-tutto nei centri urbani e nei villaggi rurali di nuova fonda-zione.

In questo senso particolarmente interessante, anche sefino a questo momento poco approfondito, pare soprattuttoil caso di Caneva dove queste tipologie abitative si inseri-rebbero all’interno di un villaggio fortificato del tardo altomedioevo, precedente alla fase di incastellamento bassomedievale.

Anche relativamente alle tecniche costruttive impiega-te per le parti interne degli edifici residenziali studiati siregistra il prevalere di allestimenti molto semplici costitui-ti, per quanto riguarda i pavimenti, o da semplici battuti,contraddistinti spesso da numerosi rifacimenti, o da stratidi malta, interpretati, a volte, come preparazione di assitilignei.

Lo stesso discorso vale per i rivestimenti parietali per iquali si ricorre alla malta soprattutto nel caso di edifici rea-lizzati interamente in muratura e all’argilla nel caso di co-struzioni in materiale deperibile; quest’ultima assume lafunzione di isolante dal freddo e dall’umidità, ma anche diprotezione del legno dal pericolo costituito dalla presenzadei focolari all’interno delle abitazioni.

Si nota inoltre il ricorso, per la divisione degli spaziinterni, anche in edifici realizzati completamente in mura-tura, a tramezzi o in tecnica mista o interamente in legno dicui però, spesso, risulta difficoltoso rinvenire le tracce sulterreno.

Infine si sono rilevate principalmente due tecniche co-struttive per la realizzazione, nel caso in cui siano presenti,dei sistemi di riscaldamento: quella diffusa più ampiamen-te nel mondo romano con le suspensurae che rialzano il pa-vimento, permettendo all’aria calda di circolare al di sotto,ma soprattutto quella tramite “canalizzazioni” (BLACK 1985;DRACK 1988) che si ricollegano direttamente al prefurnio,tecnica che in alcuni insediamenti d’altura dell’arco alpinoorientale – ad esempio sull’Hemmaberg (LADSTÄTTER 2000),a Teurnia (GLASER 1983), sull’Ulrichsberg (EGGER 1976) e aDuel (SCHERRER 2001) in Austria – si trova utilizzata finoalla I metà del VI sec. d.C.

NOTA

* Questo studio è stato condotto nel corso del dottorato diricerca in Archeologia e Antichità post-classiche (XIII ciclo) svoltopresso l’Università di Roma “La Sapienza” e concluso con l’ela-borazione della tesi dal titolo “Tipologie e strutture abitative nel-l’arco alpino orientale tra tarda antichità e alto medioevo” discus-sa l’8 maggio 2002.

Ringrazio il Prof. Gelichi per la consueta disponibilità e per ipreziosi consigli.

BIBLIOGRAFIA

ALLAVENA SELLERIO L. 2002, Un piccolo edificio di epoca romanaad Elvas (Bressanone), in Archeologia romana in Alto Adige.Studi e contributi, Bolzano/Vienna, pp. 444-509.

BASSI C., CAVADA E. 1994, Aspetti dell‘edilizia residenziale alpi-na tra l‘età classica e il medioevo: il caso trentino, in Edili-zia residenziale 1994, pp. 115- 134.

BASSI C., NICOLIS F. 1996, Elementi per la conoscenza dei sistemidi apertura e chiusura in età romana: lo scavo archeologicodi Mezzocorona-Giontec, in Oltre la porta. Serrature, chiavie forzieri dalla preistoria all‘età moderna nelle Alpi orienta-li, Catalogo della Mostra (Trento 1996), Trento, pp. 103-108.

BIERBRAUER V. 1987, Invillino-Ibligo in Friaul I. Die römischeSiedlung und das spätantik und frümittelaterliche Castrum,München.

BLACK E.W. 1985, Hypocaust heating in domestic rooms in Ro-man Britain, «Oxford Journal of Archaeology», 4 (1),pp. 77-92.

BLOEMERS J.H.F. 1985, Les Bassins de l’Escaut, de la Meuse et duRhin, in Architecture de terre et de bois, Documents d’Ar-chéologie Française, 2, pp. 131-142.

BONA I. 1976, The down of the dark ages. The Gepids and theLombards in the Carpatian Basin, Londra.

BONA I. 1990, I Longobardi in Pannonia, in G.C. MENIS (a curadi), I Longobardi, Catalogo della Mostra (Codroipo-Civida-le, 1990), Milano, pp. 14-19.

BROGIOLO G.P. 1993, Brescia altomedievale. Urbanistica ed edili-zia dal IV al IX secolo, Mantova.

BROGIOLO G.P. 1994a, L’edilizia residenziale tra V e VIII secolo:una introduzione, in Edilizia residenziale 1994, pp. 7-13.

BROGIOLO G.P. 1994b, Edilizia residenziale in Lombardia (V-IX secolo), in Edilizia residenziale 1994, pp. 103-114.

BROGIOLO G.P., GELICHI S. 1996, Nuove ricerche sui castelli alto-medievali dell’Italia settentrionale, Firenze.

CAGNANA A. 1994a, Archeologia della produzione fra tardo-anti-co e altomedioevo: le tecniche murarie e l’organizzazionedei cantieri, in Edilizia residenziale 1994, pp. 39- 45.

CAGNANA A. 1994b, Considerazioni sulle strutture abitative li-guri tra VI e XIII secolo, in Edilizia residenziale 1994, pp.169-177.

CAVADA E. 1993, Forme e testimonianze della presenza umananell’area ladino-dolomitica durante il primo millennio d.C.,in Archeologia nelle Dolomiti, Vigo di Fassa (TN), pp. 71-83.

CAVADA E. (a cura di) 1994, Archeologia a Mezzocorona. Docu-menti per la storia del popolamento rustico di età romananell‘area atesina, Trento.

CAVADA E. 2002, Identità e alterità: dinamismi ed esiti della ro-manizzazione in una regione di confine, in Archeologia ro-mana in Alto Adige. Studi e contributi, Bolzano/Vienna,pp. 86-108.

CHAPELOT J. 1980, Le fond de cabane dans l’habitat rural Ouest-Européen: État des questions, «Archéologie Médiévale», X,pp. 5-57.

DAL RI L., PIVA G. 1987, Ledro B: una stazione del primo medio-evo a Volta Di Besta sul lago di Ledro nel Trentino, «Attidell’Accademia Roveretana degli Agiati», serie VI, 26,pp. 265-347.

DAL RI L., RIZZI G. 1994, L’edilizia residenziale in Alto Adige traV e VIII secolo, in Edilizia residenziale 1994, pp. 135-148.

DAL RI L., RIZZI G. 1995, Il territorio altoatesino alla fine del VIe nel VII secolo d.C., in G.P. BROGIOLO (a cura di), Città,castelli, campagne nei territori di frontiera (sec. VI-VII),pp. 87-114.

DI STEFANO S. 2001, L’edilizia fra pubblico e privato. Struttureinsediative e complessi rurali in area medio alpina atesina,

Page 5: LE TECNICHE COSTRUTTIVE NELL’EDILIZIA ABITATIVA

558

«Antichità Alto Adriatiche», XLIX, II, pp. 539-557.DI STEFANO S., PEZZO I. 2002, Testimonianze di epoca romana in

Alto Adige: gli scavi di Laives e di Tesido, in Archeologiaromana in Alto Adige. Studi e contributi, Bolzano/Vienna,pp. 581-639.

DONAT P. 1970, Zur Nordausbreitung del slawischen Gruben-häuser, «Zeitschrift für Archäeologie», 4, pp. 250-269.

DONAT P. 1980, Haus, Hof und Dorf in Mitteleuropa vom VII. bisXII. Jahrhundert. Archäologische Beiträge zur Entwicklungund Struktur der bäuerlichen Siedlung, Berlin 1980.

DRACK W. 1988, Die römischen Kanalheizung der Schweiz, «Jahr-buch der Schweizerischen Gesellschaft für Ur-und Frühge-schichte», 71, pp. 123-159.

DULAR J. 1995, Eisenzeitliche Siedlung, in Kucar. EisenzeitlicheSiedlung und frühchristlicher Gebäudekomplex auf demKucar bei Podzemelj, Ljubjana 1995, pp. 33-70.

Edilizia residenziale = BROGIOLO G.P. (a cura di ), Edilizia resi-denziale tra V e VIII secolo, IV seminario sul tardo antico ealto medioevo in Italia centrosettentrionale (Montebarro,1993), Mantova.

EGGER R. 1976, Der Ulrichsberg. Ein heiliger Berg Kärntens,Klagenfurt.

ESMONDE CLEARY S. 2001, The countryside of Britain in the 4thand 5th centuries- an archaeology, in Les campagnes de laGaule à la fin de l’antiquité, Atti del colloquio (Montpellier1998), Antibes 2001, pp. 23-43.

FARNOUX C. 1995, Le fond de cabane mérovingien comme faitculturel, in L’habitat rural du haut Moyen Âge (France, Pays-Bas, Danemark et Grande-Bretagne), Atti della XIV giornatainternazionale di archeologia merovingica (Guiry en Vexin-Paris, 1993), Rouen, pp. 29-44.

GALETTI P. 1997, Abitare nel medioevo. Forme e vicende dell’in-sediamento rurale nell’Italia altomedievale, Firenze.

GEISLER H. 1988, Haus und Siedlung, in Die Bajuwaren. VonSeverin bis Tassilo. 488-788, Catalogo della Mostra, pp. 179-184.

GELICHI S., LIBRENTI M. 1997, L’edilizia in legno altomedievalenell’Italia del nord: alcune osservazioni, in S. GELICHI (a curadi), I Congresso nazionale di archeologia medievale, pp. 215-220.

GLASER F. 1983, Die Römische Stadt Teurnia, Klagenfurt.LADSTÄTTER S. 2000, Die materielle Kultur der Spätantike in den

Ostalpen. Eine Fallstudie am Beispiel der westlichen Doppel-kirchenanlage auf dem Hemmaberg, Wien.

LEONARDI P. (a cura di) 1991, La val di Fiemme nel Trentino dalla

preistoria all‘altomedioevo, Trento.MANNONI T., CAGNANA A., FALSINI S., GHISLANZONI P., PITTALUGA D.

1991, Archeologia ed archeometria dei muri in pietra. Su-perfici e strutture in Liguria, in Le pietre nell’architettura:struttura e superfici, Bressanone, pp. 151-161.

MARCIER C., RAYNAUD C. 1995, L’habitat rural en Gaule méditer-ranéenne aux VI-VII s. Approche régionale et étude de cas,in L’habitat rural du haut Moyen Âge (France, Pays-Bas,Danemark et Grande-Bretagne), Atti della XIV giornatainternazionale di archeologia merovingica (Guiry en Vexin-Paris 1993), Rouen, pp. 193-206.

MAURINA B. 2001, Edilizia residenziale a Sebatum (S. Lorenzo diSebato, Bolzano/St. Lorenzen, Bozen), «Antichità Alto Adria-tiche», XLIX, II, pp. 559-598.

MIGLIAVACCA M. 1996, Lo spazio domestico nell’età del ferro,«Preistoria Alpina», 29.

PERRING D. 2002, The roman house in Britain, London-New York.RAYMANS N. 1995, Romanization, cultural identity and the ethnic

discussion, The integration of lower Rhine populations in theRoman Empire, in Integration in the Early Roma West. The roleof culture and ideology, Atti della conferenza internazionale,Titelberg, 1993), Luxembourg, pp. 47-64.

RIGONI A. N. 1999, Il castello di Caneva (PN), in S. SANTOROBIANCHI (a cura di), Studio e conservazione degli insediamentiminori romani in area alpina, Bologna, pp. 81-87.

SANTORO BIANCHI S. 1992 (a cura di), Castel Raimondo. Scavi 1988-90, I, Lo scavo, Roma.

SANTORO BIANCHI S. 2001, Edilizia abitativa negli insediamentid’altura dell’Italia nordorientale: alcune riflessioni, «Anti-chità Alto Adriatiche», XLIX, II, pp. 425-446.

SCHERRER P. 2001, Anmerkungen zur Siedlungsoziologie in spät-antiken Höhensiedlungen des Südostalpenraumes, inCarinthia romana und die römische Welt. Festschrift für Ger-not Piccottini zum 60. Geburtstag, Klagenfurt, pp. 219-237.

STAFFA A. 1994, Forme di abitato altomedievale in Abruzzo: unapproccio etnoarcheologico, in Edilizia residenziale 1994,pp. 67-88.

TRÉMENT F. 2001, Habitat et peuplement en Provence à la fin del’antiquité, in Les campagnes de la Gaule à la fine de l’anti-quité, Atti del colloquio (Montpellier, 1998), Antibes 2001,pp. 275-302.

VALENTI M. (a cura di) 1996, Poggio Imperiale a Poggibonsi. Dalvillaggio di capanne al castello di pietra. I. Diagnostica ar-cheologica e campagne di scavo 1991-94, Firenze.

ZAKLADI TISOCLETIJ 1999, Zgodovina Slovenije od neandertalcevdo Slovanov, Modrijan.