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Anno LXII-LVIII • n. 2 (219) Aprile-Giugno 2011 3.10 L’ECO della scuola nuova Periodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - Roma Abbonamenti a L’Eco e iscrizione alla FNISM C.C.P. n. 51494003 intestato a “l’Eco della scuola nuova”, o C.C.B. Unicredit Iban: IT 35 Y 02008 05198 0004010200572 intestato a Fnism - Federazione Nazionale Insegnanti Organo della FNISM Federazione Nazionale Insegnanti fondata nel 1901 da Gaetano Salvemini e Giuseppe Kirner SOMMARIO L’Italia che festeggio Isabella Insolvibile Betta Italia, Amate Sponde Anna Maria Casavola A proposito di valutazione Raffaella di Gregorio e Paola Farina L’infanzia di oggi il paese di domani Paola Farina La FNISM agli Stati Generali Il ritrovamento del manichino Margherita Calò Riordino dell’Istruzione superiore e dimensione europea della formazione 26 e 27 marzo 2011 Marinella Castiglione Legalità: un valore da coltivare Il piacere di leggere Elisabetta Bolondi 14 13 10 8 6 3 21 18 2 La proclamazione del regno d’Italia, nel 1861, avviò un duplice processo: sul piano politico biso- gnava integrare una congerie di stati e staterelli in uno stato unita- rio, sul piano sociale bisognava costruire una nuova identità nazionale fatta da cittadini italia- ni. “Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani” si ramma- ricava Massimo d’Azeglio nelle sue Memorie e al motto "Fatta l'Italia, bisogna fare gli Italiani" fu ispirata la politica successiva alla spedizio- ne dei Mille. Il sogno risorgimentale prevedeva infatti che, accanto all’unità politi- ca, crescesse la consapevolezza di appartenere a una patria che fosse “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”, per dirla con Alessandro Manzoni. Nel completamento della grande uto- pia dello stato unitario in cui si era- no identificati giovani idealisti che avevano dato la vita per realizzar- la e politici che avevano saputo tessere le trame per attuarla, un posto importante fu attribuito all’istruzione e alla scuola in sinto- nia con quanti, come Mazzini nei Doveri dell’uomo, avevano indica- to l’origine di tanti problemi politi- ci e sociali in un problema di edu- cazione. E poiché ogni stato preunitario aveva avuto proprie tradizioni in materia scolastica, il modello cui puntò il regno sabaudo fu quello centralizzato, verticistico, che col- locava la scuola all’interno della pubblica amministrazione. Si avviava così un percorso di laicizza- zione dell’istruzione che doveva sottrarre la scuola all’ingerenza della Chiesa di cui da sempre era stata monopolio e che trovava i suoi capisaldi nella gratuità e nel- l’obbligatorietà dei primi anni di scuola elementare. I problemi non erano pochi, a par- tire dalla necessità di formare una nuova classe docente laica, primo passo per realizzare un sistema scolastico con insegnanti reclutati e formati dallo stato a garanzia di un’uniformità che accomunasse le scuole dalle Alpi alla Sicilia. In 150 anni la scuola italiana di strada ne ha fatta molta, conside- rate le condizioni di arretratezza culturale e sociale da cui si partiva, con un analfabetismo che raggiun- geva il 78 % della popolazione e, nel sud, arrivava anche al 90%. Otre ad insegnare a leggere, scri- vere e far di conto, a scuola veni- vano insegnate le regole della con- vivenza civile, l’igiene e il buon comportamento, la cura del corpo oltre che della mente e si sono favoriti i percorsi di socializzazio- ne. Alle origini di quella che è sta- ta una grande battaglia di civiltà e di costruzione della cittadinanza, troviamo maestre e maestri che, seppure in condizioni di grande difficoltà, svolgevano con impe- gno il loro lavoro, consapevoli che la posta in gioco andava ben oltre l’alfabetizzazione. Cosa resta di tutto questo? A che punto siamo con la creazione del comune sentire che è alla base del- l’appartenenza civica? A che punto è quel patto di cittadinanza che troviamo come vero protagonista ad esempio del libro “Cuore” che, in una scuola elementare di Torino, avvicinava regioni (ogni racconto mensile aveva per protagonista un ragazzo di una differente regione) e classi sociali seppure in maniera a volte ingenua e magari discutibile? È un fronte ancora aperto, che si confronta con un’ampia gamma di differenze, aumentate con la tra- sformazione del nostro Paese da terra di emigranti a tappa finale o intermedia di popoli migranti del- le parti più lontane del mondo. Come agisce la scuola in un’Italia La scuola che ha fatto gli italiani EDITORIALE

L'ECO della scuola nuova - n. 2 - 2011

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periodico della Federazione nazionale degli insegnanti

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Page 1: L'ECO della scuola nuova - n. 2 - 2011

■ Anno LXII-LVIII • n. 2 (219) Aprile-Giugno 2011 € 3.10 ■

L’ECOdella scuola nuovaPeriodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - RomaAbbonamenti a L’Eco e iscrizione alla FNISM C.C.P. n. 51494003 intestato a “l’Eco della scuola nuova”, o C.C.B. Unicredit Iban: IT 35 Y 02008 05198 0004010200572 intestato a Fnism - Federazione Nazionale Insegnanti

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

SOMMARIO

L’Italia che festeggio

Isabella Insolvibile

Betta Italia, Amate Sponde

Anna Maria Casavola

A proposito di valutazione

Raffaella di Gregorio e Paola Farina

L’infanzia di oggi il paese di domani

Paola Farina

La FNISM agli Stati Generali

Il ritrovamento del manichino

Margherita Calò

Riordino dell’Istruzione superiore e

dimensione europea della formazione 26

e 27 marzo 2011

Marinella Castiglione

Legalità: un valore da coltivare

Il piacere di leggere

Elisabetta Bolondi

14

13

10

8

6

3

21

18

2La proclamazione del regnod’Italia, nel 1861, avviò un dupliceprocesso: sul piano politico biso-gnava integrare una congerie distati e staterelli in uno stato unita-rio, sul piano sociale bisognavacostruire una nuova identitànazionale fatta da cittadini italia-ni. “Purtroppo s’è fatta l’Italia, manon si fanno gli italiani” si ramma-ricava Massimo d’Azeglio nelle sueMemorie e al motto "Fatta l'Italia,bisogna fare gli Italiani" fu ispiratala politica successiva alla spedizio-ne dei Mille.Il sogno risorgimentale prevedevainfatti che, accanto all’unità politi-ca, crescesse la consapevolezza diappartenere a una patria che fosse“una d’arme, di lingua, d’altare, dimemorie, di sangue e di cor”, perdirla con Alessandro Manzoni. Nelcompletamento della grande uto-pia dello stato unitario in cui si era-no identificati giovani idealisti cheavevano dato la vita per realizzar-la e politici che avevano saputotessere le trame per attuarla, unposto importante fu attribuitoall’istruzione e alla scuola in sinto-nia con quanti, come Mazzini neiDoveri dell’uomo, avevano indica-to l’origine di tanti problemi politi-ci e sociali in un problema di edu-cazione. E poiché ogni stato preunitarioaveva avuto proprie tradizioni inmateria scolastica, il modello cuipuntò il regno sabaudo fu quellocentralizzato, verticistico, che col-locava la scuola all’interno dellapubblica amministrazione. Siavviava così un percorso di laicizza-zione dell’istruzione che dovevasottrarre la scuola all’ingerenzadella Chiesa di cui da sempre erastata monopolio e che trovava isuoi capisaldi nella gratuità e nel-l’obbligatorietà dei primi anni discuola elementare.I problemi non erano pochi, a par-

tire dalla necessità di formare unanuova classe docente laica, primopasso per realizzare un sistemascolastico con insegnanti reclutatie formati dallo stato a garanzia diun’uniformità che accomunasse lescuole dalle Alpi alla Sicilia.In 150 anni la scuola italiana distrada ne ha fatta molta, conside-rate le condizioni di arretratezzaculturale e sociale da cui si partiva,con un analfabetismo che raggiun-geva il 78 % della popolazione e,nel sud, arrivava anche al 90%. Otre ad insegnare a leggere, scri-vere e far di conto, a scuola veni-vano insegnate le regole della con-vivenza civile, l’igiene e il buoncomportamento, la cura del corpooltre che della mente e si sonofavoriti i percorsi di socializzazio-ne. Alle origini di quella che è sta-ta una grande battaglia di civiltà edi costruzione della cittadinanza,troviamo maestre e maestri che,seppure in condizioni di grandedifficoltà, svolgevano con impe-gno il loro lavoro, consapevoli chela posta in gioco andava ben oltrel’alfabetizzazione.Cosa resta di tutto questo? A chepunto siamo con la creazione delcomune sentire che è alla base del-l’appartenenza civica? A che puntoè quel patto di cittadinanza chetroviamo come vero protagonistaad esempio del libro “Cuore” che,in una scuola elementare di Torino,avvicinava regioni (ogni raccontomensile aveva per protagonista unragazzo di una differente regione)e classi sociali seppure in maniera avolte ingenua e magari discutibile?È un fronte ancora aperto, che siconfronta con un’ampia gamma didifferenze, aumentate con la tra-sformazione del nostro Paese daterra di emigranti a tappa finale ointermedia di popoli migranti del-le parti più lontane del mondo.Come agisce la scuola in un’Italia

La scuolache ha fatto gli italiani

EDITORIALE

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che lo sviluppo economico ha trasfor-mato profondamente e che si è allon-tanata dallo sfruttamento del lavorominorile ma dove ancora di lavoro simuore e dove il precariato incombeminaccioso sul presente e sul futurodei giovani? Ci sarebbe piaciuto sentire una rifles-sione su questi aspetti nel corso dellecelebrazioni del 150° anniversariodell’Unità d’Italia, un punto d’arrivoimportante anche per la scuola italia-na, che mostrasse come chi ha respon-sabilità di governo e istituzionali siinterroga sul ruolo di questa scuola,sulle scelte che devono essere fatteperché non cada il presidio di civiltàche, nonostante le difficoltà, essaancora rappresenta. Il dibattito pubblico più acceso inmateria di scuola ha invece riguarda-to l’interrogativo se fosse più oppor-tuno celebrare la data del 17 marzo,assunta come simbolica dell’unitàd’Italia, con le scuole chiuse per sotto-linearne il valore di “evento di rile-vanza pubblica e collettiva” oppureaperte facendone un’occasione perparlare dell’unità d’Italia. Un confronto che non ci è piaciuto, incui si sono sentite come virtuose leragioni puramente economiche chestigmatizzavano una giornata sottrat-ta al lavoro con l’aggravio dei riferi-menti alla tendenza degli italiani adedificare allegri ponti vacanzieri.Lasciano molta amarezza anche leaffermazioni del ministro dell’istru-zione per cui la giornata poteva esse-re utilmente impiegata a parlare del-l’unità d’Italia. Finalmente, verrebbeda dire. Che senso ha relegare questoobiettivo a un preciso giorno delcalendario, allo stesso livello dellaFesta degli alberi o della Giornata del

risparmio, retaggio d’altri tempi? Una festa nazionale ha l’obiettivo direndere visibile quell’unità d’intentisu cui si deve lavorare quotidiana-mente in maniera trasversale, perchéformare alla cittadinanza è l’obiettivoeducativo e formativo essenziale del-la scuola. Ma per altro verso come èpossibile riconoscersi in questi obietti-vi quando quotidianamente se nevede uno sciagurato slabbramento ininsopportabili uscite da bar in un cli-ma calcistico-politico che si alimentadi goal e falli non solo metaforici?Ci sembra che il chiassoso confrontocui abbiamo assistito su come celebra-re questo anniversario sia la confermache obiettivi definiti 150 anni fa eribaditi nel passaggio dalla monar-chia alla repubblica non sono ancorastati raggiunti. Restano in piedi le sfi-de più importanti cui la scuola è statachiamata a rispondere nel percorso diunificazione del nostro Stato, conproblemi che hanno assunto un voltodiverso ma che restano inalterati.Primo fra tutti il federalismo, cherischia di aprire falle importantiaccentuando quei divari tra nord esud che 150 anni di stato unitario nonhanno ancora sanato. E’ necessarioragionare su come realizzare un’arti-colazione federalista più attenta alleesigenze dei territori, un richiamo giàpresente nei diversi filoni del nostroRisorgimento. Ma nella cultura diffu-sa è l’idea stessa di nazione che vienemessa in discussione, in sintonia conuna logica dell’esclusione che conti-nua ad aggregare su piccoli interessidi bottega. Anche la battaglia contro l’analfabe-tismo è ancora aperta: non dimenti-chiamo che ancora nel 1962, quandofu introdotta la scuola media unica, i

ragazzi di 14 anni che arrivavano aterminare la scuola secondaria infe-riore erano solo il 35% e dobbiamoarrivare all’inizio degli anni ’90 per-ché questo traguardo diventi unarealtà per tutti. E dobbiamo confron-tarci sia con le forme di analfabeti-smo di ritorno, che derivano dallaperdita di conoscenze non utilizzate,sia con le nuove forme di analfabeti-smo funzionale e la difficoltà dipadroneggiare i nuovi strumenti del-la comunicazione. Una battaglia tut-t’altro che vinta. C’è bisogno di una scuola che non sichiuda in se stessa, che stabilisca rela-zioni positive con il proprio contestoterritoriale e con le famiglie, senzarinunciare al suo ruolo e avvii quelpercorso di educazione degli adultiche è alla base della formazione pertutto l’arco della vita. Le si chiede diassumere responsabilità nell’educa-zione alla cittadinanza attiva e diessere consapevole che, fin dal nido edalla scuola dell’infanzia, l’ambientescolastico si presenta al bambinocome il primo luogo della sua socializ-zazione, dove apprendere le regoledella convivenza civile.Il processo di costruzione dell’identitàculturale d’Italia non è affatto conclu-so e il compito della scuola non èesaurito. Al di là delle celebrazionirimane un presente inquietante,dominato da un’economia incattivitae da una politica sguaiata che pena-lizzano soprattutto i giovani, con unadisoccupazione giovanile che va oltreil 30%. Bisogna ricostruire una nuovacittadinanza capace di affrontare iproblemi, forte del portato della cul-tura in un progetto di sviluppo demo-cratico, civile ed economico aperto alfuturo ma memore del suo passato.

2 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaEDITORIALE

L'Italia che festeggioDi Isabella Insolvibile*

GUARDATELA, L’ITALIA UNITAÈ nei call center disseminati sulterritorio, stanzette anguste dallequali partono telefonate chespesso disturbano pisolini pomeri-diani.È nei centri di ricerca all’estero,dove lavorano i laureati diBologna, Napoli, Torino, Roma.Hanno nostalgia di Italia, ma nonpossono vivere con lei.È ai semafori, tra fazzoletti eaccendini, il fastidio di chi è sedu-

to, il coraggio di chi è in piedi e alfreddo. E oggi vende anche trico-lori.È nelle donne e negli uomini chenon si arrendono alla precarietà eprovano a costruire piccole nuovecellule di cittadinanza, le famigliedi oggi e di domani.È nelle nostre madri e nei nostripadri, che c’hanno provato,garantendoci il 68 come punto diriferimento e di partenza, non-ostante e oltre la svendita cultura-le praticata da un potere senzamerito.

È nelle voci stanche, ma non arre-se, di chi continua a raccontarequesti 150 anni, e lo fa perché ègiusto, lo fa senza tornaconto,per mestiere e per passione. Lo faperché sa che quello che davveroconta non sono i 150 anni trascor-si, ma i 150 anni che verranno.È questa l’Italia che festeggiooggi, è questa l’Italia che fa partedella mia cittadinanza europea.

* Ricercatrice IstitutoCampano della Resistenza

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Anna Maria Casavola*

I 55 anni più importanti dellanostra storia tra passioni, guerre,rivoluzioni e infiniti sacrifici. Laineludibile unificazione che oggida più parti si vorrebbe spezzare.Il contestato compleanno 1861-2011

Prima di trattare l’argomento chemi è stato richiesto, ritengo neces-sario fare una premessa : comedice lo storico Emilio Gentile in unsuo recente libro: ”Nel mondo incui viviamo la nazione è tuttora ilprincipio supremo che legittimal’unione di una popolazione nelterritorio di uno Stato indipen-dente e sovrano. Su questo princi-pio è nato il 17 marzo 1861 loStato italiano e su questo princi-pio è stato ricostituito nel 1945dopo la seconda guerra mondia-le” (E Gentile, Né Stato né nazio-ne italiani senza meta, Laterza,Bari, 2010 p..VII). Questa unifica-zione oggi, in un clima di accesorevisionismo e sull’onda di riven-dicazioni localistiche e regionali-stiche, sostenute da un partitopolitico di governo, la Lega Nord,sembra si voglia mettere in discus-sione, se non addirittura spezza-re. Non mancano infatti di tantoin tanto inviti alla secessione edichiarazioni aperte di non italia-nità accompagnate da interpreta-zioni dissacranti del nostroRisorgimento. Ora se l’occasionedei 150 anni ci fa fare un percorsoa ritroso per prendere coscienzadegli errori fatti, questo ha unsenso e può essere utile a nonripeterli, ma se invece deve diven-tare l’occasione di un bilancio inperdita per essere autorizzati adisprezzare e spezzare l’unità cosifaticosamente raggiunta, io credoche sia una grande tragica scioc-chezza. Cosa importante perchéun popolo si senta nazione è diavere il sentimento dei sacrificicompiuti e di quelli che si è anco-ra disposti a compiere insieme. Laverità è che - osserva sempreEmilio Gentile - i cittadini delloStato italiano non hanno maiavuto il sentimento comune deisacrifici compiuti insieme.”

E questo ci sembra essere il veroproblema.Ora il Risorgimento, di cui la spe-dizione dei Mille è stato ilmomento culminante e vittorioso,é il capitolo più importante dellanostra storia: la gestazione e lanascita del nostro paese si com-piono in un arco di 55 anni tra ilCongresso di Vienna chiuso nel1815 e la breccia di Porta Pianel1870, periodo densissimo dipassioni, guerre, rivoluzioni e infi-niti sacrifici. L’ Italia divisa in tantistaterelli e sotto l’egemonia dipotenze straniere, diventa Statounitario indipendente con unasua precisa identità. In quel parti-colare momento nel secolo XIXera una necessità ineludibile, lastoria d’Europa è stata ed è anco-ra, come abbiamo detto, una sto-ria di nazioni, l’Italia come sempli-ce espressione geografica - così fudefinita dal Metternich - nonavrebbe avuto alcun peso e ruoloe forse sarebbe stata cancellatacome alla fine del 700 fu cancella-ta la Polonia dalla cartadell’Europa.

LA SPINTA DEGLI IDEALI ROMAN-TICILa spinta unitaria venne essenzial-mente da motivi ideali, cui poi siaccompagnarono anche quellieconomici e di progresso. Ma que-sto processo al di fuori del climadel Romanticismo europeo sareb-be stato inimmaginabile e a que-sto dobbiamo rifarci per com-prenderlo. La grande intuizionedel romanticismo è stata il valoredella nazione, della patria, allaquale si appartiene per nascita,lingua, cultura e tradizioni, tuttielementi in gran parte spirituali.La patria è come un organismo alquale ci si trova uniti e al quale sideve dare il proprio contributoperché esista e si affermi. Quandosi prende coscienza della propriaidentità è giusta e ispirata da Diola guerra o la rivoluzione fattaper liberarsi dallo Stato oppresso-re. Così in Alessandro Manzoni“Marzo 1821” Per quanto riguarda l’Italia è giu-sto dire subito che l’idea di unanazione italiana con una sua pre-

cisa identità culturale era diffusada secoli, quindi non è ilRisorgimento che ha fatto l’Italiama il contrario, è l’Italia che hafatto il Risorgimento. C’eranoallora, infatti, nell’assetto politicodell’Europa Stati plurinazionali aregime assoluto, cioè Stati-mosai-co di nazionalità diverse, i cuipopoli erano tutti oggetto, nonsoggetto di Storia, privi come era-no del diritto di sovranità. IlCongresso di Vienna nel sistemarel’Europa dopo il terremoto napo-leonico aveva anteposto il princi-pio di equilibrio a quello di nazio-nalità. Essere cittadino per iromantici significa invece sentirsi,non un individuo slegato daglialtri, ma parte di un tutto, cui cor-risponde una reciprocità di dirittie di doveri. Se sulla patria pesa unregime di tirannia, per i romanticinon si cambia patria, ma si develottare perchè questa sia libera,sia redenta, sia indipendente eper la patria è giusto anche sacri-ficare la propria vita. Ecco quindicome patria e libertà diventanoun binomio indissolubile. E questapredicazione accende soprattuttoi giovani. La libertà non è un pri-vilegio di questo o di quell’indivi-duo, di questo o di quel popoloma è diritto di tutti gli uomini, ditutti i popoli.I popoli tra loro sono fratelli percui battersi per la libertà è undovere sacro e la libertà si difendedovunque questa sia minacciata,anche se non si tratta del propriopaese.È indubbio che in Italia, inGermania, in Polonia, in Grecia, semolti patrioti nell’800 congiuraro-no, combatterono, si sacrificaronoper l’indipendenza dei rispettivipaesi, essi trovarono una giustifi-cazione alle loro imprese, spessotemerarie ed apparentementeprive di qualunque possibilità disuccesso, nella concezione roman-tica della vita che abbiamo deli-neato, non certo quindi per inte-ressi pratici o contingenti. Nel cor-so di un mio viaggio, qualcheanno fa, in Moravia per visitare lafamosa prigione austriaca delloSpielberg, mi ha colpito la lapidedi fronte alla cella di Silvio Pellico

3 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaSTORIA E MEMORIA

BELLA ITALIA, AMATE SPONDE…

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STORIA E MEMORIA4 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

che riporta i nomi di tutti i patrio-ti italiani che vi furono rinchiusiper motivi politici, arrestati nelperiodo 1821-1830. Non avevomai supposto fossero tanti, decinee decine e decine ma soprattuttoappartenenti a tutte le classisociali, di tutte le professioni, nonsolo intellettuali o nobili o profes-sionisti ma artigiani, tipografi ,orologiai, carpentieri ecc. ecc.In nessuna altra epoca si è sentitocosì tanto l’attrazione dell’ideale,pur nella consapevolezza dellasua irraggiungibilità, come nelRomanticismo e, come si vede, sia-mo le mille miglia lontani dall’i-dea nazionalistica che invece siaffermerà nel secolo scorso (il XX)quello per intenderci del” sacroegoismo della patria”, per cui ègiusto ciò che favorisce la miapatria anche se danneggia lealtre, idea che sarà responsabiledi ben due guerre mondiali.Con il romanticismo ci troviamoinvece su di un piano alto di idea-li universalistici, umanitari, dialtruismo, di assoluto disinteresse,di concezione della vita come mis-sione

LA VITTORIA DEI MODERATI CON-SERVATORIE’ ovvio però che quando si trattòdi calare questi ideali sul terrenoconcreto dell’azione politica, loscarto fu enorme e si commiseromolti errori e sopratutto si imbri-gliarono le spinte di rinnovamen-to della società e una partedell’Italia, quella meridionale,pagò all’unità un prezzo più alto,prezzo di cui probabilmente oggisi è persa la memoria tanto chespesso il meridione è visto comezavorra. A prevalere fu l’Italia moderatadel Cavour rappresentata dai cetiborghesi e dalla nobiltà latifondi-sta non quella popolare e demo-cratica di Mazzini e Garibaldi.Questi alla fine si sentiranno deglisconfitti quasi estranei alla nuovarealtà politica che pure avevanocontribuito a creare, come se fos-sero stati delle comparse e nondei protagonisti. Questa partepopolare non ebbe nessun ricono-scimento a livello istituzionale.Per fare un esempio la legge elet-torale del nuovo Stato fu quelladel Piemonte a base rigorosamen-te censitaria. Erano elettori i citta-dini maschi di venticinque anni,che sapessero leggere e scrivere e

pagassero almeno quaranta lire diimposte dirette l’anno Gli italianicon questi requisiti erano solo418696 su circa 26milioni di abi-tanti, alla fine andranno a votareper eleggere la prima Camera deideputati del nuovo Stato solo il57% degli aventi diritto, insostanza un larghissimo astensio-nismo. Eppure contributo popola-re ci fu, eccome, soprattutto allaspedizione dei Mille. Questo stavenendo ancora di più alla luceall’Archivio Storico di Torino,dove per i 150 anni, in una colos-sale opera di riemersione, si stan-no aprendo i faldoni contenentitutto il materiale documentariodell’esercito meridionale diGaribaldi .Dai fogli di arruola-mento a quelli di congedo riaffio-rano nomi, cognomi volti, tuttaun’armata di dimenticati, rimastisepolti per tutto questo tempo equindi mai studiati e che addirit-tura un ministro della guerra,Francesco Ricotti Magnani, nel1872 aveva ordinato di distrugge-re (e che fu salvato dall’ostinazio-ne di un archivista ClementeDeluse). Sta emergendo che que-sto esercito di Garibaldi era dav-vero rappresentativo di tutte leregioni d’Italia, di tutti i ceti socia-li e c’erano anche diverse donne,donne del popolo, come risultachiaramente dall’esame dei regi-stri Ma grandissima era la parteci-pazione dei meridionali. C’eranodottori, avvocati, possidenti maanche contadini, barbieri, facchi-ni, garzoni, spaccapietre, macel-lai, falegnami, cuochi, operai,marinai e c’erano anche stranieri.Ma sopratutto grandissima era lapartecipazione dei meridionali(cfr, la Repubblica, MassimoNovelli, I terroni che fecerol’Italia, 20 giugno 2010) All’inizio ivolontari erano1152, verso la fineerano arrivati a 35 - 40 mila. Cartemai studiate a fondo ma chesmentiscono le tesi odierne deirevisionisti padani o neoborboniciperché attestano il consenso dellepopolazioni che li vedevano noncome invasori ma come liberatori.La delusione di Garibaldi e deidemocraticiQuesti garibaldini, prima avversa-ti, poi usati strumentalmente daCavour, ai fini di Casa Savoia e delcostituendo regno d’Italia, dopoaver consegnato un regno aVittorio Emanuele II, vennero poisubito congedati con il regio

decreto dell’11 novembre 1860,senza neppure un ringraziamentoe Garibaldi prese la via di Caprera.Negli anni post-unitari si fece delRisorgimento un mito intoccabilee si scrisse la storia in chiave uni-camente agiografica sabaudista,gli storici ufficiali si autocensura-rono o la censura fu loro imposta.Questo fu un gravissimo errore,perché la storia per essere mae-stra deve essere letta in tutte lesue pagine. Si deve alla penna diun letterato, di uno scrittorecome Verga, se l’opinione pubbli-ca ebbe modo di conoscere ladelusione del mezzogiornod’Italia dopo la sfolgorante con-quista garibaldina, che tante spe-ranze aveva accese soprattuttotra le masse contadine.Ricordiamo la storia della famigliaMalavoglia nel romanzo omoni-mo e la morte tragica di Lucaannegato nella battaglia navaledi Lissa, nella terza guerra di indi-pendenza, senza che quello Stato,che si era preso i figli con la levaobbligatoria, sconosciuta sotto iBorboni, non si curi neppure diinformarne la famiglia.Ma soprattutto la cocente delu-sione appare nella novella “Libertà” in cui si rappresenta larivolta contadina di Bronte, all’in-segna della libertà, cioè finalmen-te del possesso della terra, che essisentivano loro usurpata daipadroni, episodio della spedizio-ne dei Mille, e la durissima indi-scriminata repressione militare diNino Bixio, come mentalità piùvicino a quella classista degli uffi-ciali piemontesi ” E subito ne ordi-nò che ne fucilassero cinque o sei,Pippo, il nano, Pizzanello, i primiche capitarono …Il taglialegna,mentre lo facevano inginocchiareaddosso al muro piangeva comeun ragazzo per certe parole cheaveva dette sua madre e pel gridoche essa aveva cacciato quandoglielo strapparono dalle braccia…Da lontano, nelle viuzze piùremote del paesetto, dietro gliusci, si udivano quelle schioppet-tate in fila come i mortaletti dellafesta” ( G. Verga, Libertà in Tuttele novelle,Oscar Mondatori,Milano, 1979, p. 336 ) Ma c’è unaltro libro, Il Gattopardo, unromanzo storico uscito un secolopiù tardi, nel 1966, a rappresenta-re plasticamente come in effettiera stata imbrigliata la rivoluzio-ne democratica di Garibaldi. Il

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STORIA E MEMORIA5 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

personaggio chiave, il giovaneTancredi, rampollo di una fami-glia nobiliare che corre subito adarruolarsi tra i garibaldini, nonappena Garibaldi sbarca in Siciliae allo zio esterrefatto, il duca diSalina, espone il suo convincimen-to. Lo zio gli aveva detto:”Sei paz-zo figlio mio ? andare a mettersicon quella gente, sono tuttimafiosi e imbroglioni. Un Falconeri deve essere con noi ,per il re “. E il giovane con gliocchi sorridenti:”Per il re, certo,ma per quale re? Se non ci siamoanche noi, quelli ti combinano larepubblica. Se vogliamo che tuttorimanga come è, bisogna che tut-to cambi. Mi sono spiegato ?” Eabbracciò lo zio un po’ commosso.Arrivederci a presto. Ritorneròcon il tricolore”. Quando Garibaldi sbarca aMarsala, data la sua fama di mazzi-niano, il principe Salina dapprima siturba ma poi pensa: “Ma se ilGalantuomo lo ha fatto venirequaggiù vuol dire che è sicuro di lui. Lo imbriglieranno” (G. Tomasi diLampedusa, Il Gattopardo, La nuo-va Italia., Milano1973, pp.26, 45).

IL SISTEMA TRUCCATO DEI PLEBI-SCITIE il sistema per imbrigliare saràl’imposizione subito dei plebiscitiche decisero l’annessione imme-diata di quei territori al regno diVittorio Emanuele, senza permet-tere – come sostenevano i garibal-dini più illuminati – che si eleg-gesse un’assemblea legislativa cheavesse potuto discutere a nomedel popolo. Ciò darà spunto aglistorici di parte borbonica di parla-re della conquista del Sud comedell’ultima invasione straniera .I risultati del plebiscito furono iseguenti: .in Sicilia 432053 disserosì, 667 furono i no; a Napoli i sìfurono 1.302064, i no 10312.Questa stragrande maggioranzadei sì è la spia che quei plebiscitifurono truccati. L’autore delGattopardo dice che, appenanata, fu uccisa la buona fede,quella creatura che più si sarebbedovuta curare perché rimanessecome fondamento e garanzia diun nuovo rapporto con lo Statoverso cittadini non più sudditi.L’altra classe in ascesa che si vede

nel romanzo è quella rappresen-tata da don Calogero Sedara excontadino divenuto ricco borghe-se e sindaco che s’imparenta con

gli antichi nobili, il matrimoniotra Tancredi e Angelica Sedarasuggella l’alleanza tra queste dueclassi sociali per reciproca conve-nienza. E i contadini? Con l’unitàla loro condizione i non migliora:tramonta ogni speranza di rifor-ma agraria, la terra resta salda-mente nelle mani dei latifondisti,che sono in gran parte la vecchiaclasse nobiliare assenteista. Laproprietà nello Statuto albertino,che diventa quello del regnod’Italia, è considerata un dirittoinviolabile, quindi intoccabilecome quello alla vita, alla libertà (art. 29: tutte le proprietà senzaalcuna eccezione sono inviolabili).Siamo molto lontani dalla formu-lazione che troveremo nellanostra Costituzione del 1948 cheall’art.42 garantisce sì la proprietàma ne determina anche i limitiallo scopo di assicurarne la funzio-ne sociale e di renderla accessibilea tutti.

LA CONDIZIONE DEI CONTADINIDEL SUD NON MIGLIORALa confisca dei beni del clero e la

successiva vendita ai sensi dellalegge Siccardi non forma una pic-cola proprietà contadina comeera avvenuto in Francia nel corsodella rivoluzione francese, perchéle terre sono acquistate dai bor-ghesi, i soli che dispongono diliquidità, ai contadini vanno inpiccoli lotti le terre demaniali,appezzamenti troppo piccoli peressere produttivi, e così si perdo-no anche gli usi civici di originefeudale come il diritto di farlegna, di portare il bestiame alpascolo ecc. che da tempo imme-morabile avevano alleviato la loropovertà. Successivamente nonpotendo reggere alla pressionefiscale, sconosciuta sotto iBorboni, i contadini sono costrettia disfarsi di quel pezzo di terrache hanno ricevuto e che non pos-sono riscattare, e ciò va a vantag-gio ancora una volta della classeborghese Lo stesso Garibaldi ebbe a dire”Gli oltraggi subiti dalle popolazio-ni meridionali sono incommensu-rabili. Sono convinto di non averfatto male, nonostante ciò nonrifarei oggi la via dell’Italia meri-dionale, temendo di essere presoa sassate da popoli che mi riten-gono complice della disprezzevo-le genia che, disgraziatamente,regge l’Italia e che seminò l’odio e

lo squallore, dove noi avevamogettato le fondamenta di unavvenire italiano sognato daibuoni di tutte le generazioni emiracolosamente iniziato”(7 set-tembre 1868 lettera ad AdelaideCairoli) Nel 1861, subito dopo la morte diCavour, scoppiò il fenomeno delbrigantaggio, considerato dallaclasse dirigente di allora noncome un fenomeno di disperataprotesta sociale, ma come un’e-splosione di criminalità e delin-quenza da stroncare con metodiesclusivamente repressivi e addi-rittura con l’impiego dell’esercitocome forza di polizia e dei tribu-nali militari per i processi. Fu quel-la contro i briganti la più cruentadelle guerre risorgimentali.Risultato: più di diecimila mortitra quelli caduti in combattimen-to e quelli condannati alla penacapitale. Un esempio: il 14 agosto1861 a Pontelandolfo (Bene -vento) per vendicare 40 bersaglie-ri trovati morti e i corpi appesiagli alberi, l’esercito regio, cui siordinò di non mostrare misericor-dia, uccise 400 contadini compresivecchi donne e bambini e neincendiò il villaggio. Una stragecome quella nazista alle FosseArdeatine( cfr.la Repubblica,Paolo Rumiz, Il massacro dimenti-cato, 27 agosto 2010). CesareLombroso, medico piemontese,spedito al Sud nel 61 a seguire laguerra contro i briganti, ne rica-verà la sua teoria sull’inferioritàcongenita dei meridionali, teoriasposata anche dai socialisti,. for-midabile copertura per la politicafallimentare attuata dalla classedirigente nel mezzogiornod’Italia.Alla luce di quanto abbiamorievocato, e tornando alla pre-messa da cui sono partita, mi sem-bra di poter concludere che oggi,dopo 150 anni, siamo di nuovo difronte ad un bivio: o vanificaretutto ciò che c’è stato di sofferen-ze, lutti, ideali e sacrifici condivisi,compiacendoci delle riscontratenegatività, o ravvivare finalmentetra gli italiani quella solidarietàche è l’essenza della nazione e ilfondamento dello Stato.

* Vicepresidente ConsiglioNazionale FNISM

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di Raffaella di Gregorio ePaola Farina

“La sfida della valutazione” è iltitolo del Convegno internaziona-le organizzato dalla Fondazioneper la Scuola il 24 e 25 maggio2011 a Torino. A dieci anni dallaprima indagine OCSE PISA 2000,l’obiettivo del convegno era indi-viduare le priorità e gli interventiin tema di valutazione e stabilirequale uso si può fare della valuta-zione per migliorare il sistemaformativo scolastico. Nelle due giornate si sono con-frontati sul tema della valutazio-ne esperti convenuti da tutto ilmondo. Gli interventi che hannomaggiormente animato il dibatti-to sono stati quello di NorbertoBottani, direttore del "Service dela recherche en éducation" (SRED)al Dipartimento della PubblicaIstruzione del Cantone di Ginevra,Eric Hanushek, docente dellaStanford University – CA (USA),Daniele Checchi, docente di eco-nomia politica all’Università diMilano e Piero Cipollone, diretto-re esecutivo della BancaMondiale.Bottani nella sua relazione hamesso in evidenza la necessità diuna valutazione democratica eprogressista secondo i principi delsociologo francese Ernest R.House, che sono l’uguaglianzadella scelta (e quindi l’ utilizzazio-ne dei risultati della valutazione)e la trasparenza (gli obiettivi e lemodalità di diffusione dei risulta-ti e delle analisi debbono esseresempre chiarite in partenza).La valutazione del sistema scolasti-co deve verificare se i programmie le politiche scolastiche rispetta-no i criteri necessari per consegui-re gli obiettivi prefissati, se questisono raggiunti e quali sono i moti-vi dei fallimenti o dei successi.Ci sono molte valutazioni, ciascu-na con i suoi strumenti, la cuipadronanza non ne garantiscecomunque l’efficacia.I test e i questionari, strumenti diuna valutazione di tipo empirico,usati nelle analisi di sistema, esi-gono una lunga preparazione,per lo meno biennale.

La ragione del forte interesse perla valutazione trova diverse moti-vazioni:1. aiutare nelle scelte;2. stabilire se l’educazione serve

e quanto serve; 3. utilizzare politicamente i risul-

tati.La valutazione non è mai neutra,ma esprime valori e concezioni dichi valuta e di chi ordina la valu-tazione. La valutazione non gene-ra necessariamente il migliora-mento del sistema.Eric Hanushek, uno dei maggioriesperti del rapporto tra istruzionee crescita economica, ha sottoli-neato gli effetti benefici dell’i-struzione che si riflettono sullacrescita socio-economica di unpaese. Infatti c’è uno stretto lega-me tra i tassi di crescita dei paesidell’OCSE e i risultati dei test PISA.In particolare si è notato che ipaesi che crescono di più sonoquelli che hanno i migliori risulta-ti nelle scienze. Dal 2000 laFinlandia ha modificato il trendnegativo che caratterizzava ilsistema formativo del paese, adesempio inserendo i laureatimigliori nel sistema scolastico.Questi risultati positivi sono rag-giungibili misurando il livellodegli studenti, premiando gliinsegnanti che lavorano bene eaiutando chi non lavora bene atrovare un’altra occupazione.Negli USA è in corso un accesodibattito su queste tematiche: sistima che sostituendo il 5-10%degli insegnanti peggiori conaltrettanti di medio livello si rag-giungerebbero i livelli della

Finlandia. Lo stesso discorso valeper l’Italia: se l’Italia avesse glistessi risultati della Finlandia ibenefici sul Pil sarebbero di 16miliardi di euro.Daniele Checchi ha sottolineatoche la valutazione degli apprendi-menti è solo la punta dell’iceberg.L’Italia non possiede la cultura deldato amministrativo come siste-ma di monitoraggio. Essendofiglia di una cultura idealistica distampo crociano, che considera ladimensione qualitativa più impor-tante di quella quantitativa,rifugge da operazioni intellettua-li quali la misura o la stima, tantopiù se applicate alla sfera dellacultura. La pubblica amministra-zione è sempre stata tenuta alriparo da ogni tentativo diaccountability in nome delloscambio perverso tra bassa retri-buzione e bassa produttività, perdefinizione da non misurare. Perquesto l’Italia è del tutto impre-parata alla sfida della valutazionedei sistemi scolastici. Sarebbeimportante studiare le carrieredegli individui come fanno inSvizzera: basterebbe costruireuna anagrafe agganciabile adaltre anagrafi ed aggiornabile. Ilnostro sistema soffre di una man-canza di organizzazione e di unaautority che coordini i dati. Si pos-sono studiare le carriere degliindividui e collegare i dati dellevarie organizzazioni. In questomodo si può tenere sotto control-lo il sistema della dispersione sco-lastica a differenza della fotogra-fia che ogni tre anni ci forniscel’ISTAT su fine scuola e fine uni-

versità, che nontiene conto deglistudenti cheabbandonano. Piero Cipollone hamesso in evidenzaalcune delle que-stioni su cui appro-fondire il dibattito: 1. chi è il responsa-bile ultimo delmiglioramento del-la singola scuola?2. qual è il ruolodel dirigente scola-stico?

6 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaUNA QUESTIONE PER VOLTA

A PROPOSITO DI VALUTAZIONE…….

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3. qual è il ruolo dei docenti?4. chi è chiamato a monitorare,

ispezionare e sollecitare i per-corsi di miglioramento dellescuole?

È stato quindi da più parti sottoli-neato che nella scuola italiananon c’è una cultura della valuta-zione. Per convincere gli operato-ri del settore della sua necessità ènecessario adottare il metodo del-la condivisione. Tuttavia nonbasta condividere l’idea dellanecessità, ma bisogna anche ave-re fiducia, un elemento indispen-sabile e che nel personale della

scuola manca completamente.Questo perché per troppi anni lascuola pubblica è stata del tutto oignorata dai diversi governi, o èstata fatta oggetto di operazioniche hanno aumentato il disorien-tamento e la diffidenza nei con-fronti dei decisori. E’ chiaro quin-di che chi non si fida non accettaspontaneamente di farsi valutare,perché non crede che il merito el’impegno vengano realmentericonosciuti. Se quello che mancaè la fiducia, la si deve riconquista-re. Ma questo obiettivo è ambi-zioso e di lungo periodo: bisogna

ripensare insieme al valore socialeche si attribuisce alla scuola.Intanto il MIUR ha avviato unariflessione con le associazioni pro-fessionali sugli esiti delle speri-mentazioni di valutazione delleistituzioni scolastici e degli inse-gnanti. La Fnism ha dato la dispo-nibilità ad entrare nel meritodegli elementi positivi e delle cri-ticità emersi in vista del prosieguodell’esperienza, da cui, nella pri-ma fase, siamo stati esclusi.

MOZIONE

Chi valuta i valutatori? La qualitàdella valutazione

Uno dei passaggi più difficili su cuiil Ministero continua a inciamparerovinosamente è quello della valu-tazione. Anche perché il presuppo-sto è che ad ostacolarla sia solo l’o-struzionismo e un no pregiudizialedelle scuole e degli insegnanti. A conferma che non è così, eccol’ultimo scivolone dell’INVALSI, l’i-stituto nazionale per la valutazionedel sistema scolastico. Già il discuti-bile tempismo nell’emanazione del-le norme sugli esami di stato del 1°ciclo e le indicazioni sulla provascritta relativa alla seconda linguaavevano creato sconcerto e ora, nel-la fase di correzione delle prove, èarrivata la comunicazione che legriglie di valutazione delle prove dimatematica e di italiano conteneva-no degli errori tali da falsare lavalutazione degli studenti. Unacosa non da poco, visto che ormai leprove Invalsi contribuiscono a pienotitolo alla media dei voti. A cavarse-la meglio sono state le scuole e gliinsegnanti che avevano procedutocon la correzione manuale, mentreper chi aveva usato le griglie il lavo-ro è stato tutto da rifare. Un disguido irrilevante, un inciden-te da minimizzare come dice ilMinistero? Forse, ma confermacome la partita della valutazionenel nostro Paese sia ancora tuttaaperta e non basta che il ministroGelmini dichiari con una certezzache sfiora l’arroganza “sulla partitaInvalsi non si torna indietro”. Siamoin Europa, non dimentichiamolo,dove da anni si fa ricorso a stru-menti di valutazione del sistema e,

parodiando Totò del “Siamo uominio caporali?” potremmo dire “siamoeuropei o africani?” magari conuna punta di orgoglio leghista deltutto ingiustificato. Non vorremmo passare per i solitidisturbatori della pace scolastica,che non vogliono arrendersi allarassicurante certezza delle circolariministeriali e delle decisioni -comesempre- già prese. Tuttavia, modestamente e con unpo’ di vergogna per non essere por-tatori di certezze in una fase politi-ca in cui non ci sono spazi interme-di tra il sì e il no, spazi per il dubbioe la riflessione, per una ponderazio-ne delle ragioni dell’una e dell’altraparte, vorremmo fare alcune osser-vazioni.Queste prove rientrano in una logi-ca di rilevazione internazionale deilivelli di competenza che in Italianon ha mai riscosso molte simpatieanche per ragioni riconducibili allascarsità e alla poca chiarezza del-l’informazione sull’uso delle provestesse.Sappiamo bene che tra i NO allavalutazione si può trovare di tutto,da chi pensa inopinatamente chel’insegnamento sia un’arte incom-patibile con qualsiasi tipo di verificae di valutazione della sua efficacia achi sostiene che si vuole proporresolo un criterio che distingua trascuole buone e scuole cattive, trainsegnanti bravi e insegnanti inca-paci. Sono un modo per verificare lecarenze nell’azione delle scuole,per capirne le ragioni e magariprovvedere a migliorare o sono soloun altro aspetto della valutazionedegli studenti e, indirettamente, dicontrollo dell’efficacia degli inse-gnanti? In questo caso fanno benequegli insegnanti che, in previsione

della prova, si mobilitano a prepa-rare i loro studenti perché è chiaroche il loro insuccesso li chiamerebbein causa? Ecco allora entrare a pie-no nella didattica gli “alfa test“messi on line dalla stessa INVALSI, ei manuali preparatori che trovanoampio spazio, ricchi di consigli perl’uso e all’insegna dei paradisi diuna didattica alternativa a quellatradizionale..In realtà il problema di fondo cisembra un altro. In assenza di unsistema di valutazione delle scuolee degli insegnanti, oltre che deglistudenti, il ricorso ai test perde ilcarattere di parzialità che dovrebbeconnotarlo intrinsecamente e escedal piano della verifica e dell’accer-tamento dei livelli di comprensionedella matematica o della lettura perdiventare l’unico strumento cui siaffida un giudizio di valore sullascuola. E, sia detto per inciso, tornaa insistere sulla valutazione deglistudenti, come avviene appuntoper gli esami di terza media.E dov’è la scuola che da sempre èanche molto altro rispetto allacapacità di leggere, scrivere e far diconto e tutto ciò che può esserequantificato con strumenti presuntioggettivi? A questo punto hanno ragione gliinsegnanti a dire di no a una didat-tica che si debba preoccupare dellerisposte ai quiz, hanno ragione aprotestare i genitori che si aspetta-no dalla scuola qualcosa di più diun’abilità che al più può portare abuoni risultati nelle trasmissionitelevisive, hanno ragione gli stu-denti che hanno diritto di sapere leragioni e le finalità di ciò che si fa ascuola, per loro e non su di loro.

(giugno 2011)

7 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaUNA QUESTIONE PER VOLTA

iI

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IN PRIMO PIANO8 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

INTERVISTA A NOEMI RANIERICOOR DINATRICE DEL COORDI-NAMENTO NAZIONALE PER LEPOLITICHE DELL'INFANZIA EDELLA SUA SCUOLA

di Paola Farina

Domande a Noemi Ranieri

D. Quale è stato il percorso delcoordinamento?

R. Negli ultimi anni l’attività delcoordinamento è stata caratteriz-zato dalla ricerca di un nuovo edarticolato confronto con le realtàeducative più sensibili ed orienta-te alla ricerca di modelli organiz-zativi innovativi per la cura l’istru-zione e l’educazione dei bambini.I Convegni di Pistoia, Roma,Cosenza rappresentano tappe diun percorso che ha consentito dimettere a punto un programmadi azioni, di ampliamento del con-fronto tra soggetti, impegni,esperienze confluite in un riposi-zionamento dell’organismo costi-tuito nel 1995. Da allora la nostraesperienza -una nel panoramadell’associazionismo di settore,per la capacità di aggregare asso-ciazioni professionali della scuolae organizzazioni sindacali di cate-goria ha realizzato un prezioso

lavoro di sensibilizzazione e didiscussione sulla importanza e leforme della qualificazione profes-sionale dei docenti, sulla funzionedella routine organizzativa inambito educativo, sulla generaliz-zazione della scuola dell’infanziae sul raccordo educativo tra que-sta ed i servizi educativi presentisul territorio. L’obiettivo primarioampiamente condiviso è stato difornire un contributo alla qualifi-cazione del vincente modelloeducativo elaborato per l’infanzianel nostro paese, a partire dallaistituzione della scuola dell’infan-zia e passato attraverso una signi-ficativa stagione sperimentale cheha contribuito a declinarne edampliarne il riconoscimento alivello internazionale. Da questopunto di vista i risultati colti sonostati significativi, la definizione distandard per l’inserimento di

Il Coordinamento Nazionale per le Politiche dell’Infanzia e della sua Scuola riunisce le Associazioni professionaliAIMC, ANDIS, CIDI, FNISM, MCE e le Organizzazioni sindacali CISL Scuola, FLC-CGIL, SNALS- CONFSAL e UIL Scuola.Dal 1994 sostiene le politiche educative per l’infanzia e i processi di sviluppo,di identità,autonomia e compe-tenze della Scuola dell’Infanzia.L’iniziativa “L’infanzia di oggi. Il paese di domani”, tenutasi a Roma il 27 maggio scorso, presso la sede italia-na della Commissione Europea, è stata organizzata per rimettere al centro delle politiche socio-culturali e delwelfare l’infanzia e i suoi bisogni, garantiti da risorse e da livelli di riferimento culturale ,che debbono neces-sariamente essere ampiamente condivisi e sostenuti. Hanno contribuito al successo dell’iniziativa l’Anci, il Coordinamento delle Regioni, il Gruppo nazionale NidiInfanzia, il MIUR e la Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza. Per garantire lo sviluppo personale armonioso ed equilibrato, l’inclusione sociale e un apprendimento per-manente è stata sottolineata l’importanza di:- garantire l’ accesso ai servizi educativi, da non scambiare con un neoassistenzialismo- nominare un Garante nazionale, autonomo e competente, che coordini e interagisca con i Garanti regiona-li, perché non ci siano differenze a livello territoriale- monitorare le attività delle sezioni primavera, i servizi educativi che offrono paramentrandoli sulla ricono-sciuta esperienza della scuola dell’infanzia italiana,sulla qualificazione richiamata dalla strategia di Lisbonainsieme ad una soglia di diffusione dei servizi ad hoc per i più piccoli fissata per il 2020 almeno al 33%La generalizzazione della scuola dell’infanzia, la definizione di standard di qualità, la formazione, l’ediliziascolastica, la diffusione del nido quale opportunità di decondizionamento precoce e di contrasto al gradualeimpoverimento delle famiglie e degli stessi bambini risultano pregiudicati da interventi sottomessi a logicheeconomiche e ad una costante diminuzione delle risorse dedicate. Andare a scuola, e in una buona scuola, o frequentare un nido, è un diritto, e non può essere un colpo di for-tuna legato al momento e al luogo, perché è un investimento per lo sviluppo e la crescita non solo dei bam-bini, ma dell’intero paese.L’esperienza italiana dell’Educazione della Piccola Infanzia è all’avanguardia per qualità di esperienze e per-corsi sperimentali ed è riconosciuta per l’indiscutibile valore pedagogico a livello internazionale.Nonostante la ricchezza del suo patrimonio culturale, la scuola dell’infanzia vive nella costante contraddizio-ne tra il riconosciuto ruolo di innovazione e la limitatezza delle condizioni per realizzare il suo progetto edu-cativo. A ciò si aggiunge la difficoltà di creare luoghi ibridi in cui vengono inseriti bambini di due anni, insezioni di scuola dell’infanzia tradizionalmente dedicate ai bambini dai tre ai sei anni, con una contaminazio-ne di impegni e risorse.Anche per il prossimo anno, il Coordinamento attiverà tutte le strategie e le collaborazioni con tutti i sogget-ti che hanno responsabilità in materia d’infanzia per il raggiungimento degli obiettivi ritenuti irrinunciabili.

L’INFANZIA DI OGGIIL PAESE DI DOMANI

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bambini anticipatari nelle scuoledell’infanzia, ad esempio, maancora lunga risulta la strada del-la generalizzazione, quella delladefinizione di standard didatticied organizzativi sia per questache per i servizi educativi in capoa diversi soggetti nell’ambito delsistema formativo integrato. I decisori politici non sempre han-no offerto spunti e soluzioni diprincipio per una soluzione con-creta ai diversi problemi, non-ostante il recepimento all’internodi decreti di valore re golamentaredi importanti mi sure. Anche nellaesperienza del Coordinamentorientra quella per cui la ricerca edil confronto aperto e democraticogenerano idee che seppur giusteed ampiamente apprezzate siscontrano con le difficoltà di unaimmatura struttura gestionaledella cosa pubblica. E nulla è di interesse più pubblicodella formazione e della istruzio-ne dei bambini per il potenziale disviluppo individuale e collettivoche ciascun bambino e bambinaportano con sé. Ciò è stato rimarcato da una fasedi stallo delle interlocuzioni istitu-zionali cui il convegno del 27maggio 2011, dedicato alle formedi povertà dell’infanzia ed agliimpegni che le diverse istituzionipossono assumere per contrastar-la sembra aver rimesso in moto ilconfronto.

D. Quali le prospettive per ilfuturo?

R. Tali obiettivi risultano aggior-nati alla luce delle recenti rifles-sioni che spingono lo sguardo ainuovi bisogni, differenziati dallapresenza di fasce sociali deboli -stranieri e migranti, nuovi poveri,diversamente abili- a cui occorre-rà dare risposte altrettanto diffe-renziate in termini di offerta diopportunità educative qualificatee non “purché sia”. La profondacrisi economica porta con sé l’esi-genza di mettere al centro degliinterventi il ruolo dell’istruzione edell’educazione. È vero che queste rappresentanograndi voci della spesa pubblicama sono in realtà le uniche capacidi ridisegnare i cambiamenti tec-nologici e demografici che stannorimodulando i rapporti tra le eco-nomie, i mercati, gli stati, come hafatto notare l’OCSE. Il convegno

“L’infanzia di oggi il paese didomani” ha voluto fare il puntosu come e cosa le istituzioni pos-sono fare per rilanciare una politi-ca di sostegno allo sviluppo del-l’infanzia nel quadro di una reces-sione economica e culturale cheattanaglia l’Europa e va, con gra-vi prospettive per il futuro, a sca-ricarsi sulle tutele dei diritti deipiù deboli. Avere una scuola eduna educazione di qualità all’in-terno di strutture idonee, con per-sonale adeguatamente formato,in cui la salute, la crescita, la socia-lizzazione, l’esperienza del sévengano garantiti fin dalla primis-sima parte della vita, per un futu-ro di integrazione nella societàcomplessa di domani, attraversociò che la società e gli adulti dioggi possono e devono assumeresu di sé costituiscono i nuovi oriz-zonti che il coordinamento sipone. Nei convincimenti condivisi l’in-

fanzia deve diventare una prioritàper le politiche locali, attraversosinergie istituzionali da ricercaresecondo modelli di governanceche consentano di avviare presto,per proseguire meglio percorsieducativi e di istruzione di quali-tà. Qualche segnale positivo co -mincia ad intravedersi, nel maremagnum del dibattito fine a sestesso, la fresca approvazione del-la legge sulla costituzione delgarante per l’infanzia e l’adole-scenza, l’avvio di un monitorag-gio sulle sezioni primavera da par-te del MIUR, da sempre oggettodi approfondimenti e sollecitazio-ni del Coordinamento, e soprat-tutto una nuova voglia di parteci-pazione che dovrà sostenere l’ela-borazione di progetti di sviluppoper il futuro a cui dobbiamo daredisponibilità e prestigio.

È stata approvata all’unanimi-tà la legge che istituisce anchein Italia la figura del “Garantenazionale per l’infanzia e l’a-dolescenza”. Si afferma così ilruolo di un’Autorità di garan-zia con il compito di tutelare epromuovere i diritti dell’infan-zia e di stimolare le istituzionie le amministrazioni a svolgereal meglio il loro lavoro. E’ statosignificativo il voto bipartisanche testimonia del lungo lavo-ro svolto sia nelle sedi parla-mentari sianella sensibi-lizzazione del-l ’ o p i n i o n epubblica in unambito com-plesso. A ren-dere gli inter-venti partico-l a r m e n t enecessari maanche difficilie delicati con-t r i b u i s c o n onumerosi fat-tori, basti pen-sare alle speci-

ficità dei problemi di un’etàminore che va dalla primainfanzia all’adolescenza e chein ambito sociale, sanitario,scolastico, legislativo si con-fronta con questioni anchemolto differenziate.Denominatore comune puòessere solo il rispetto -e nonsolo la tutela- di questa fasciad’età e di coloro che sono ilfuturo, oltre che il presente,della società.

Un garante per bambini eadolescenti

IN PRIMO PIANO9 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

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Si sono svolti a Roma gli StatiGenerali sulla conoscenza FLC.Perché chiamarli così? Nel regnodi Francia prima dellaRivoluzione, gli Stati generali era-no l’assemblea generale dei rap-presentanti dei tre ordini o stati:clero, nobiltà e “terzo stato”. Leelezioni dei rappresentanti agliStati generali procedevano attra-verso una prima designazione dielettori locali, i quali si riunivanonel capoluogo, elaboravano icahiers (quaderni nei quali eranoraccolte le lamentele e i voti dapresentare al sovrano) ed elegge-vano i deputati all’assembleagenerale. Finita la convocazionedell’assemblea generale, durantela quale un solo deputato perordine aveva diritto a parlare, gliStati generali si scioglievano sen-za attendere la risposta del gover-no del re”?In questo caso non si è parlato dirivoluzione, piuttosto di risveglioda un torpore che in questi anniha portato la conoscenza ad esse-re il fanalino di coda anziché prio-rità della nazione. La procedura adottata è stataquella di coinvolgere sul temauna pluralità di soggetti. Tutticoloro che hanno ritenuto oppor-tuno contribuire a mettere in pie-di l’iniziativa, hanno dato vita alcomitato promotore costituito da32 sigle diverse tra le quali laFnism. Il comitato ha elaborato undocumento di base condiviso cheè stato utilizzato come piattafor-ma iniziale per chiarire l’imposta-zione dei lavori. Sono state poielaborate, sempre col metododella condivisione, 4 relazioniintroduttive a 4 seminari, caratte-rizzati da un titolo, da uno o piùnodi da affrontare e da domandeprecise per affrontare la discus-sione. I temi scelti per i seminari sonostati: 1. Conoscenza, Costituzione,

diritti, welfare. 2. Conoscenza: tempi, luoghi,

relazioni per l’apprendimentopermanente.

3. Conoscenza: modalità, meto-dologie, processi.

4. Conoscenza, sviluppo, lavoro.

Al termine delle due giornate dilavoro, i report dei lavori semina-riali hanno dato l’input per la dif-fusione su larga scala dei nodiaperti: nessuna conclusione quin-di, ma temi caldi scelti dall’assem-blea su cui focalizzare l’attenzio-ne nei prossimi mesi.L’appuntamento è per la prossimaprimavera.

Documento di baseC’è oggi nel nostro Paese, indimensioni decisamente maggioririspetto agli altri paesi, una vera epropria emergenza educativa,sociale, culturale e occupazionaleche riguarda i giovani e il lorofuturo.Lavoro, sapere e diritti devonotornare al centro delle scelte stra-tegiche per restituire fiducia efuturo al paese.Nei prossimi dieci anni l’Unioneeuropea è impegnata a raggiun-gere alcuni obiettivi essenziali: tri-plicare gli investimenti nella ricer-ca, raggiungere il 40% dei laurea-ti nella fascia di età 30-34 anni,dimezzare la dispersione scolasti-ca e migliorare gli esiti di appren-dimento, raddoppiare il numerodegli adulti in formazione, rag-giungere il 33% di bambini neiservizi educativi per l’infanzia.Fino ad oggi il nostro paese nonha superato il gap negli investi-menti in conoscenza che lo dividedai paesi più sviluppati e non harealizzato riforme utili a innalzare

i livelli di inclusione e la qualitàdei sistemi della conoscenza.Si è così prodotto un epocale dis-investimento, economico e politi-co, nei sistemi di istruzione, for-mazione e ricerca che acuisce ladivisione dei cittadini sulla basedelle disponibilità economiche,dell’appartenenza sociale, cultu-rale, etnica e territoriale.In questo quadro i sistemi pubbli-ci rischiano di assumere una fun-zione residuale: istruzione e for-mazione pubblica per coloro chenon possono permettersi percorsidi qualità a pagamento e ricerca-tori costretti a trovare occupazio-ne all’estero.Tutto ciò sta allontanando l’Italiada quei paesi che, con lungimiran-za, considerano, invece, la cono-scenza l’elemento su cui puntareper uscire dalla crisi.E’ necessario arrestare questa chi-na, aumentando gli investimentiin istruzione, formazione e ricer-ca, adeguandoli velocemente aglistandard europei. Il sapere è,infatti, volano decisivo per affer-mare un nuovo modello di svilup-po, alternativo alle logiche neoliberiste fino ad oggi egemoni.Siamo sottoposti a una sollecita-zione cognitiva inedita: la straor-dinaria crescita delle conoscenze ela velocità del loro continuo cam-biamento implicano una profondarivisitazione dei sistemi dellaconoscenza e una profonda ricon-versione dei sistemi produttivi.

LA FNISM AGLI STATI GENERALI

IN PRIMO PIANO10 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

Page 11: L'ECO della scuola nuova - n. 2 - 2011

Oggi, infatti, le prospettive di svi-luppo si giocano sull’attivazionedi un circolo virtuoso tra poten-ziamento della ricerca, innalza-mento dei livelli di istruzione eformazione della popolazione,riposizionamento dei sistemi pro-duttivi in direzione dell’innova-zione, della qualità e della soste-nibilità. Istruzione, formazione ericerca assumono, quindi, un ruo-lo decisivo all’interno di unmoderno concetto di cittadinanzae di programmazione economicae, in questa prospettiva, il lavorocognitivo riacquista senso, dignitàe valore.I valori fondamentali dellaCostituzione devono guidare lenecessarie riforme dei sistemi del-la conoscenza:• il sapere come diritto essenziale

per l’esercizio della cittadinan-za attiva,

• la scuola pubblica come fattoreprimario di inclusione e dimobilità sociale,

• la libertà di insegnamento e diricerca,

• la laicitàsono i punti di riferimento delletrasformazioni da realizzare.La conoscenza, in quanto benecomune, deve costituire la basedel progetto di rinnovamentosociale e di ricostruzione demo-cratica ed etica del nostro Paese.Occorre fare spazio alle nuovegenerazioni ed è necessaria la“ripubblicizzazione” dei sistemidella conoscenza.Ripubblicizzazione intesa comeriappropriazione collettiva deiprocessi formativi e come nuovaassunzione condivisa di responsa-bilità da parte dell’intera comuni-tà e di tutti i soggetti che vivonola scuola, l’Università e gli enti diricerca.Democrazia, partecipazione,rispetto della persona, delle diffe-renze e comprensione dell’altrosono valori che vanno riaffermatie trasmessi alle future generazio-ni, per costruire “un mondomigliore di quello che abbiamotrovato”. Per questo occorre ride-finire finalità, ruolo e funzioni deisistemi pubblici della conoscenza,attualizzandone la funzionesociale nell’ottica della costruzio-ne di un nuovo modello di svilup-po fondato sulla solidarietà e giu-stizia e sulla sostenibilità ambien-tale.Il ruolo delle istituzioni della

conoscenza oggi si gioca sul terre-no della cittadinanza, sulla capa-cità cioè di formare persone ingrado di governare la propriavita, educando ai valori condivisi,alla legalità ed alla consapevolez-za dei propri diritti. E’ dunquecompito prioritario dei processieducativi, da un lato formarementalità critiche capaci di risol-vere problemi abituando al dub-bio, all’imprevisto, alla curiosità;dall’altro, educare ad un pensierorazionale e scientifico, indivi-duando i saperi di cittadinanzaindispensabili per vivere, lavorare,continuare a studiare.Ne deriva che è necessario:1. sapere di più e meglio in ognifase della vita;2. ripensare al sapere che serve;3. riorganizzare profondamente ipercorsi di istruzione, formazionee ricerca ed i sistemi di valutazio-ne ad essi collegati.L’apprendimento permanente,inteso come capacità ed effettivapossibilità di apprendere lungotutto il corso della vita, deve costi-tuire la strategia delle trasforma-zioni dei sistemi formativi delnostro paese. E’ indispensabile,pertanto, garantire l’effettivapossibilità di partecipare, in tuttele età ad attività formative (life-long learning) rispondenti all’in-sieme delle esigenze di vita dellepersone (lifewide learning).Occorre costruire un nuovo siste-ma di welfare universale in gradodi assicurare sia il diritto allo stu-dio e l’accesso ai saperi, rimuo-vendo le disuguaglianze econo-miche e sociali di partenza, sia lacontinuità del reddito come fon-damento dell’autonomia socialeper il superamento della precarie-tà lavorativa ed esistenziale dellegiovani generazioni.Occorre, perciò:1. definire i livelli essenziali delleprestazioni, non riducibili a stan-dard minimi di servizio;2. garantire l’accesso ai saperi sututto il territorio nazionale, all’in-terno e all’esterno dei luoghi for-mali della formazione;3. individuare strumenti universa-li di welfare che promuovanoopportunità, scelte, spazi di citta-dinanza, autodeterminazione elibertà, superando gli attualimodelli di tipo prevalentementefamilistico e risarcitorio.Il superamento di ogni forma diprecarietà è presupposto per la

reale garanzia della libertà diinsegnamento e di ricerca ed èfattore decisivo per la qualità deisistemi, unitamente all’autono-mia sociale, alle retribuzioni ade-guate e alla certezza dei diritti dellavoro.La conoscenza è strumento fon-damentale per la crescita perso-nale, il superamento delle dis-uguaglianze e la qualificazionedel modello di sviluppo del paese.Ridare futuro, speranza e fiduciaal paese (come indica l’ultimoRapporto Censis) è la priorità.La conoscenza è lo strumento perfarlo.Sulla base di questo Documento, isoggetti firmatari, a partire dallacomplessità e dalla ricchezza delleproprie differenze, si impegnanoad aprire un dibattito pubblicoverso gli Stati Generali della cono-scenza.Si costituisce, pertanto, ilComitato promotore per gli StatiGenerali della Conoscenza che,facendo forza sulla parte viva delpaese e sui giovani scesi in piazzaper difendere il loro futuro, rima-ne aperto ad adesioni e contribu-ti alla discussione da parte di real-tà associative, esperienze di movi-mento ed iniziative pubbliche,con l’obiettivo di definire propo-ste di rilancio e innovazione deisistemi di istruzione, formazionee ricerca.Le decisioni del Comitato promo-tore degli Stati generaliIl Comitato Promotore degli StatiGenerale della Conoscenza, nellariunione dello scorso 8 giugno,nel confermare la propria soddi-sfazione per la partecipazione e laqualità dei contributi registratinel corso del Forum nazionale del17 e 18 maggio, ha deciso diavviare un percorso finalizzato adare continuità alla prima, impor-tante e riuscita iniziativa.L’ampia partecipazione e la ric-chezza dei punti di vista che sisono espressi nel corso delle duegiornate di lavoro, nelle plenariee nelle attività seminariali, hannoprodotto una prima elaborazionesullo stato della conoscenza delnostro paese e sulle prospettive dicambiamento di grande interesse.Ora si deve sviluppare questonucleo propositivo iniziale attra-verso iniziative articolate, temati-che e/o decentrate, finalizzate adapprofondire i nodi individuati ea definire proposte e azioni utili.

IN PRIMO PIANO11 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

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MOZIONE

Mentre siamo alle prese con pro-blemi -questi sì epocali e tali daincidere pesantemente sulla vitadi tutti, dal lavoro all’economia,dalla qualità del rapporto con legiovani generazioni private delloro futuro alla nostra immaginesulla scena europea e internazio-nale- in un crescendo rossiniano,continua l’attacco alla scuolapubblica. A dividersi la scenasono ora i libri di testo e gli inse-gnanti. L’accusa ai testi scolastici è di pro-porre una versione di stampoeversivo, in particolare della sto-ria patria. La soluzione sarebbel’istituzione di una Commissioneparlamentare che garantisca laloro oggettività e scovi quelli col-pevoli di una parzialità che “get-ta fango su Berlusconi”. Va inquesta direzione il Progetto diLegge Carlucci, firmato da 18parlamentari del PDL, con allega-to l’elenco dei libri incriminati erelativi passaggi messi all’indicedel pubblico ludibrio. Ci sarebbe di che allibire, maormai anche questo sta diventan-do difficile. Per quanto si riferisce agli inse-gnanti, torna l’accusa, già pro-spettata il mese scorso in occasio-ne del congresso dei cristiano-riformisti, di inculcare negli stu-denti ideologie e valori diversi daquelli della famiglia. Questa volta il contesto è l’incon-tro dell’Associazione Nazionaledelle Mamme, il che ha compor-tato anche un melenso peana sulvalore delle donne-mamme,ministre-mamme comprese, “piùbrave in tutto” secondo uno ste-reotipo nostrano che conviveserenamente con una realtà checontinua ad essere fatta da don-ne portatrici d’acqua escluse dalpotere effettivo.Sicuramente in queste esterna-zioni si va ben oltre gli obiettiviproposti. Certo non si sta parlan-do dell’insegnamento della sto-ria: chi può pensare che sia possi-bile ridurla a un neutro resocon-to cronachistico degli eventi?Siamo sempre di fronte a narra-

zioni del passato, la cui attendi-bilità rinvia ad altri elementi, adesempio al rigore e alla comple-tezza delle fonti cui ci si rifà, chedevono essere verificabili dachiunque. Ma temiamo che que-sti aspetti non interessino moltochi ha sollevato la polemica. Né siparla degli storici, ai quali non sipuò chiedere di schierarsi pregiu-dizialmente e fa davvero malevederli sul banco degli imputati,accusati in base alla loro funzio-nalità alla politica e al potereattualmente in auge. Non ci pia-ce proprio che si entri nel meritodi quanto i giudizi di FrancoDella Peruta rispondano di unapresunta “verità storica”: contala correttezza delle sue argomen-tazioni, la sua credibilità di stu-dioso, quell’onestà intellettualeche tale rimane anche quandoaltri studiosi arrivano a conclu-sioni diverse. E allora ci chiediamo se ad esseresotto accusa non sia piuttostotutta la scuola pubblica, cosìpoco funzionale ad educare con-sumatori e a trasmettere una cul-tura che non sia indottrinamentoa maggior gloria del potere. Al di là dell’apparente casualitàdi queste esternazioni, non sipuò più dubitare che tanta insi-stenza sulla scuola la indichicome un potente ostacolo nelpiano, che sta così a cuore a chi cigoverna, di liquidazione delsistema pubblico che passa ancheattraverso la delegittimazione el’intimidazione dei suoi profes-sionisti.Al centro della polemica è il ruo-lo che si attribuisce alla scuolapubblica. È una scelta di fondo tra duealternative: da un lato ci si rifà auna scuola che persegue obiettividi innalzamento dei livelli di cul-tura e di formazione che sonoalla base dell’esercizio della citta-dinanza e attraverso la rimozio-ne degli ostacoli rende praticabi-le senza discriminazioni il dirittoall’istruzione di cui parla laCostituzione. In questa prospetti-va, il problema non è se i valori ele ideologie che la scuola inculcanegli studenti sono diversi da

quelli delle famiglie, ma il fattoche la scuola non deve inculcareproprio nulla. Educare è far crescere, sviluppareil senso dell’appartenenza a unacomunità che si riconosce indeterminati valori espressi nellacarta costituzionale e che nonsono ideologie ma assi d’orienta-mento della convivenza civile e ilcui valore principale consiste nel-l’essere conosciuti e accettati inmaniera consapevole. Dall’altro lato c’è una scuola incui è lecito indottrinare gli stu-denti, purché i valori di riferi-mento siano gli stessi della fami-glia. Questo è particolarmente graveperché non parliamo di scuoleprivate –per definizione parziali,rivolte a chi le sceglie perché siriconosce nel loro cartello valo-riale e religioso- ma di scuolapubblica e allora dovrebberoesserci dei valori omologati, sem-plificati, definiti una volta pertutte che solo i regimi possonopermettersi. Si sente come peri-coloso il dettato costituzionaleche afferma la libertà di pensieroe di parola, il diritto a un inse-gnamento non ideologico, lo svi-luppo delle potenzialità indivi-duali anche oltre i limiti del con-testo familiare, la formazione dispirito critico, il rispetto dellalibertà e dell’uguaglianza. Vale ancora l’osservazione diSalvemini “In generale tutti i par-titi religiosi o politici guardanocon cupidigia alla scuola e sonportati a considerare gl’inse-gnanti come doganieri del pen-siero, o giullari che abbiano ildovere di cambiare la canzonesecondo muta il capriccio dellacastellana” (in “Il programmascolastico dei clericali”). Quante volte ancora dovrà mori-re Socrate che non volendo edu-care i giovani agli dei della cittàfu accusato di perturbare e cor-rompere le loro coscienze?

(Aprile 2011)

12 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

CHI HA PAURA DELLA SCUOLA PUBBLICA?

IN PRIMO PIANO

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Margherita Calò*

Nel 1995 decisi di stabilirmi defini-tivamente nel Centro Antico diNapoli, per coronare i miei sognidi liceale, quando a Lecce studia-vo la Basilica di Santa Chiara, ilGesù Nuovo, San DomenicoMaggiore.Che il Centro Antico di Napoli,con le sue piazze, i suoi palazzi, lesue chiese, sia depositario dimeraviglie e di misteri è risaputoormai tempo, ma ciò che si celanell'intricato reticolo dei vicoli,lontani dalle mete di turisti, cro-ceristi e guide è dominio di pochicuriosi appassionati di storia, leg-gende e racconti. Tra questi cisono anch'io e quotidianamenteritrovo pietre, grate, portoni,finestre, edicole, che di giorno ingiorno si rivelano ai miei occhiscrutatori e curiosi. Proprio in uno di questi vicoli, dalnome strano e poco conosciuto,vico Pazzariello, mi sono trovatatra le mani un vero e proprio scri-gno, colmo di meraviglie, checelavano molti misteri.Aprendo la porta di un piccolovano fatiscente, mi sono trovatadi fronte un oggetto a me caroma inconsueto:un manichino.Sono rimasta ipnotizzata e sonoentrata in un mondo fiabesco, chemi riportava indietro nel tempo dimezzo secolo. Il tempo della miainfanzia, quando la nonna mi por-tava dalla sarta, con la stoffa dame scelta, per ordinare un cap-pottino. Negli anni Sessanta nonesistevano ancora i negozi di soloabbigliamento ma proliferavanole botteghe di tessuti in pezze etimidamente iniziavano a compa-rire le prime confezioni. I tessutivenivano acquistati per lo più dal-le massaie che tagliavano e cuci-vano in casa capi semplici ed eco-nomici, mentre per i capi piùimportanti, come il mio cappotti-no, si andava dalla sarta.Bisognava prevedere e subire unaserie di prove che per me, piccinaimpaziente, rappresentavano unanoia tremenda e mi sembravanointerminabili, ma alla fine il risul-tato era molto personale: la sceltadella stoffa, il dilemma dei botto-

ni, la misura e la forma delletasche, il tipo di asole e persino ilcolore della fodera.Oggi tutto questo è solo un tene-ro ricordo che in quel luogo,ormai magico, diveniva una dolcerealtà. Mi guardai attorno, andaiaccanto al manichino, poggiai lemani su un tavolo di notevolidimensioni, levigato e ricopertodi carta da modelli, una squadra,un paio di forbici, un puntaspilli,un gessetto e tanti pezzi di stoffacuciti singolarmente su un model-lo di carta. A questo punto la miacuriosità aumentò: volevo capireil vero contenuto di quello scri-gno. Cominciai a rovistare in unarmadio e fui sommersa da unmare di carte e cartoncini, cadutiin blocco da una mensola. Miripresi dalla meraviglia, mi sedettiper terra e con calma iniziai arovistare in quella massa disordi-nata e confusa.Per primi riordinai una quaranti-na di figurini su cartone con dise-gni di modelli variopinti, oggiovviamente definiti demodé chemi fecero sorridere, ma che rap-presentano buona parte degliabiti e dei completi che avevoindossato negli anni più belli,quelli in cui una fanciulla divienedonna. Ordinati i figurini, rico-minciai a rovistare nel disordine escoprii una decina di buste sigilla-te e una dozzina di buste aperte,dalle quali fuoriuscivano pezzi dicarta con disegni a me noti: indi-scutibilmente si trattava di carta-modelli. Con attenzione lessi leindicazioni delle buste che risulta-vano inviate da una nota dittabolognese. Non rimanevano che icartoncini, rilegati con uno spagocorroso dal tempo: gli attestati dipresenza dal 1964 al 1985 dellaScuola di Taglio e Cartamodellidella Signorina Rosa Mitrano.Il mistero era rivelato: avevo ritro-vato la “Scuola di Rosina”, moltonota nel quartiere e reginella del-le sartine di Vico Pazzariello.Decisi in quel momento di farerisuscitare la fama di Rosina e pernon farla mai dimenticare propo-si alla Fondazione Mondragone,nella persona della sua presidenteGiulia Parente, la donazione di

manichino, documenti, cartamo-delli e figurini per il recupero del-la memoria di un'antica tradizio-ne napoletana che ha visto impe-gnate le donne. Lo spunto derivato dal ritrova-mento ci propone una riflessionesulla vita delle donne degli anni'50 e '60, che se pur casalinghe,nel contrarre matrimonio, aveva-no il dovere di portare in dote lamacchina da cucire, col fine dicontribuire all'economia familia-re. Certo in quegli anni non sipoteva parlare di emancipazionefemminile e neppure incentivi perla creazione agevolata di imprese,leggi, queste ultime, entrate invigore solo sul finire del 1900. E' evidente, per la presenza aNapoli di scuole di moda finaliz-zate alla produzione industriale eper la creazione stilistica, che leantiche tradizioni sartoriali resta-no vive anche nelle nuove genera-zioni delle ragazze del TerzoMillennio. Le nostre ragazze han-no il dovere di continuare e tene-re alto, il prestigio che ha con-traddistinto nel tempo l'anticaArte Sartoriale Partenopea, concoraggio e con quel pizzico di fol-lia che anima la giovinezza, perio-do della vita di tutti noi, carico diprogetti e speranze.

*Responsabile sez. NapoliStorico e Critico d’Arte

13 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaDALLE SEZIONI

IL RITROVAMENTO DEL MANICHINO

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Di Marinella Castiglione*

La FNISM - Sezione di Cosenza, incollaborazione con la CasaEditrice Anicia di Roma, nell’am-bito di una serie di iniziative diformazione e aggiornamentoprogrammate per l’anno sociale,ha organizzato un Seminario distudio residenziale interregionalerivolto a docenti e a dirigenti del-le scuole di ogni ordine e gradotenutosi presso l’Hotel CentroCongressi “La Principessa” inCampora San Giovanni - Amantea(CS) il 26 e 27 marzo. “Riordinodell’istruzione superiore e dimen-sione europea della formazione”,è il titolo della tematica del semi-nario articolato in tre sessioni. Lapartecipazione gratuita all’inizia-tiva è stata certificata ad ogni cor-sista dalla FNISM, nella sua quali-tà di soggetto accreditato per laformazione presso il MIUR, ai sen-si del D.M. n. 177/2000 e dellaDirettiva Ministeriale n. 90/2003.Il seminario, coordinato daDomenico Milito, presidente dellasezione FNISM di Cosenza, havisto la numerosa e attiva parteci-pazione di docenti e dirigenti sco-lastici che hanno assistito alleinteressanti relazioni tenute dagliesperti sulle problematiche con-nesse con alcuni aspetti ritenutiparticolarmente significativi deiprocessi innovativi di riforma chestanno investendo il sistema edu-cativo e formativo nazionale. Gliambiti di discussione e di confron-to hanno riguardato le questioniafferenti l’assetto autonomisticodelle istituzioni scolastiche, lafunzione dirigenziale e le compe-tenze degli studenti in chiaveeuropea da acquisire attraverso ilprocesso di apprendimento arti-colato lungo un percorso in lineadi continuità educativa e diacroni-ca. Altro argomento ha riguarda-to l’impianto assiologico a cui sirichiamano i principi di responsa-bilità e di trasparenza e le condi-zioni di fattibilità nel sistema sco-lastico.“Dalla funzione direttiva alla fun-zione dirigenziale”, è stato il tito-

lo della prima relazione tenutadal Dirigente Tecnico EmeritoAlberto Alberti, protagonista inprima persona di tutte le vicendedella scuola italiana, dagli anni’60 del secolo scorso ad oggi. Come chiaramente ha prospetta-to l’ispettore Alberti, la funzionedirigenziale attribuita dal D. L.von. 59 del 6 marzo 1998, discendedall’art. 21, comma 16 della L.n.59 del 15 marzo 1997 “Delega alGoverno per il conferimento difunzioni e compiti alle regioni edenti locali per la riforma dellaPubblica Amministrazione e per lasemplificazione amministrativa”,attraverso cui è stato introdotto ilconferimento della qualifica diri-genziale intesa come condizionee presupposto dell’attribuzionedell’autonomia e della personali-tà giuridica alle istituzioni scola-stiche (D.P.R. n. 275 dell’99). Nonper niente è stato ridefinito il det-tato normativo che enuclea i trat-ti connotativi della funzione diri-genziale: “Il dirigente scolasticoassicura la gestione unitaria dell’i-stituzione, ne ha la legale rappre-sentanza, è responsabile dellagestione delle risorse finanziarie estrumentali e dei risultati del ser-vizio. Nel rispetto delle compe-tenze degli organi collegiali scola-stici, spettano al dirigente scola-stico autonomi poteri di direzio-ne, di coordinamento e di valoriz-zazione delle risorse umane. Inparticolare il dirigente scolasticoorganizza l’attività scolasticasecondo criteri di efficienza e diefficacia formative ed è titolaredelle relazioni sindacali” (D.L.von. 165 del 30 marzo 2001). Talicompiti, ha sottolineato il relato-re, implicano un novero diresponsabilità: disciplinari, ammi-nistrative, contabili e civili versoterzi, penali, dei risultati correlatialla disciplina del controllo digestione.L’evoluzione di tale funzione hacorrisposto alla trasformazionestorica del sistema scolastico. Conla Legge Casati del 1859 la parola“preside”, usata fino ad allorasolo di fatto, assume finalmente

forma ufficiale con l’art. 230 dellaLegge n. 3725 del 13 novembre1859. Successivamente, la Legge n.487 del 4 giugno 1911 del ministroLuigi Credaro affida le scuole ele-mentari ad un direttore dotato dinotevole prestigio; vengono isti-tuiti addirittura un Collegio deiDirettori e la figura del Direttoreprovinciale delle scuole elementa-ri del comune capoluogo dellaprovincia. Durante il periodo fasci-sta il Direttore della scuola ele-mentare viene privato di ognipotere rappresentativo; nello stes-so periodo vengono aboliti gliorgani prima richiamati. Per quan-to riguarda la governance dellascuola secondaria occorre rifarsi,invece, all’art. 12 del R.D. n.1054del 6 maggio 1923, in cui è previ-sto che i presidi siano scelti dalministro tra i professori ordinari inpossesso di laurea con almeno unquadriennio di anzianità di ordi-nariato; non vi è dubbio che nellascelta era compresa la valutazionedella fedeltà al regime e l’interes-se raramente cadeva su persone discarso valore. La Repubblica ha imposto, conl’entrata in vigore della Costi -tuzione (1948), il sistema concor-suale per l’accesso ai pubbliciimpieghi, ivi compreso quello nellascuola: è la società che è cambiatae alla scuola essa chiede sempre dipiù. Negli anni successivi si giungeal ribellismo del Sessantotto: aigiovani in fermento si tenta didare risposta con la Legge Delegan.477 del 30 luglio 1973, “la madredi tutti i Decreti delegati” che nerealizzano i principi (dal D.P.R. n.416 al D.P.R. n. 420 del 31 maggio1974). Con il Decreto Delegato n.416 viene introdotto nella scuolaun principio fondamentale qualequello della “partecipazione”: ilPreside cessa di essere il Capod’Istituto, ma partecipa al governodella scuola, di cui è parte inte-grante insieme agli esponenti del-le famiglie, ai docenti e, persino,agli studenti.A partire dagli anni ’70 del secoloscorso il Capo d’Istituto divieneuna figura di rilievo sul piano pro-

14 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaDALLE SEZIONI

RIORDINO DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE EDIMENSIONE EUROPEA DELLA FORMAZIONE

26 E 27 MARZO 2011

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fessionale per la promozione e ilcoordinamento delle attivitàdidattiche, nonché di sperimenta-zione e aggiornamento. Sotto laspinta di esigenze di riordino e diriforma della PubblicaAmministrazione, in linea con l’e-sigenza di decentramento e conl’assunzione di nuove responsabi-lità, la funzione si è connotatasempre più in termini di comples-sità, coniugando competenzeesclusivamente amministrativecon quelle più specifiche di pro-mozione, coordinamento, gestio-ne, valorizzazione, sostegno eimplementazione dei processi diinnovazione. Negli anni ’90 siripropone il problema di una veragovernance degli istituti scolasti-ci: ne sono protagoniste le Leggin. 142 e n. 241 del 1990 prima, masoprattutto la Legge n. 59 del1997, la cosiddetta LeggeBassanini dal nome del proponen-te; una nuova stagione si apre perchi ha il governo della scuola, per-lomeno una stagione di chiarezzae di rispetto. L’attuale scenario èrappresentato dall’autonomiadelle istituzioni scolastiche, in cuila trasformazione da una scuola-apparato, con rapporti fortemen-te gerarchici e burocratizzati, aduna scuola-servizio, con i caratteridella funzionalità e del decentra-mento, ha definito nuovi modellidecisionali cui sono corrispostinuovi assetti decisori e gestionali.Volendo sintetizzare i compitiattuali del dirigente scolastico egli ambiti della sua azione profes-sionale, essi si possono sicuramen-te individuare nelle competenzefondamentali che si traducono inmanageriali, direttive e pedago-giche, finalizzate, rispettivamen-te, allo sviluppo della scuola, delpersonale e della didattica. L’esperto, nella parte conclusivadella sua relazione, ha intesoaffrontare un nodo problematicodi notevole portata, cioè quellorelativo al tipo di formazione dagarantire all’alunno, cittadinodella società del terzo millennio,in cui le conoscenze si evolvonocon un ritmo impressionante.L’attenzione è stata rivolta, quin-di, allo sviluppo della mente degliallievi, richiamando la teoria ela-borata da Gardner: lo studioso,com’è noto, è l’inventore delleintelligenze multiple. I nuovi cin-que “must” (disciplina, sintesi,creatività, rispetto ed etica) sono

le regole per il leader del futurocon le quali si misura chi potràvincere, nella consapevolezza cheil ventunesimo secolo appartienealle persone in grado di pensarein un certo modo, mentre chi nonriesce a sviluppare capacità cogni-tive e metacognitive è destinato asoccombere, professionalmente esocialmente, in un mondo sovrab-bondante di informazioni, doveper fare la scelta giusta occorrefarsi guidare da capacità di sintesie da intuito ben allenato. Per“sopravvivere” occorre essererigorosi e creativi allo stesso tem-po: il primo dei cinque approccimentali è quello della mentedisciplinata, la più classica, quellache accoglie i vari input ricevutinel tempo e poi indirizzati e mes-si in pratica in un campo partico-lare, che sarà quello in cui eccelle.Segue la mente sintetica, essen-ziale nell’epoca di Internet e deicanali “all news”: chi ha questotipo di impostazione raccoglie leinformazioni, le seleziona e le sin-tetizza in maniera originale. Lamente creativa è, invece, quellache coltiva nuove idee e si ponedomande insolite, pervenendo arisposte inattese. Vengono poirichiamati due approcci cheGardner definisce “non opzionima necessità”: la mente rispettosa(il modo di pensare di chi accettale differenze, si sforza di capire glialtri e di collaborare) e quella eti-ca (l’approccio mentale che valutai bisogni e i desideri della societàglobale, cercando di spingersioltre gli interessi personali).L’iniziativa di formazione è stata,infine, resa particolarmente signi-ficativa dalla partecipazione dellaPresidente Nazionale della FNISM,Gigliola Corduas, il cui interventonon si è limitato ad illustrare laposizione della Federazione suinodi politico-istituzionali relativiall’argomento trattato, “Le com-petenze in chiave europea, ripen-sando il rapporto suola-lavoro”,bensì ha spaziato sugli aspettioperativi ritenuti imprescindibiliper garantire negli alunni lo svi-luppo delle competenze ritenuteessenziali a livello europeo. Il con-tributo della Presidente ha evi-denziato puntualmente la com-plessità dei processi valutativi nel-l’apprendimento scolastico e nel-lo sviluppo delle competenze, cherappresentano un’occasione fon-damentale per stimolare negli

studenti la possibilità di autovalu-tazione e di autoregolazione del-l’apprendimento, risorse motiva-zionali indispensabili per il succes-so formativo. Affrontare la com-plessità dei problemi inerenti allavalutazione e alla certificazionedelle competenze significa accet-tare la sfida di modificare radical-mente l’organizzazione dei pro-cessi di insegnamento e diapprendimento: non si pone più ilproblema di accumulo delle cono-scenze e, conseguentemente, del-l’elaborazione di un curricoloattento agli aspetti dinamici delladisciplina, ma quello della costru-zione di una “struttura” capace dimettere il soggetto nella condi-zione di riconoscere i diversi cam-pi disciplinari, costruendo e rico-struendo, continuamente, i signi-ficati del suo sapere e del suo agi-re. A tale proposito è stato richia-mato quanto Michele Pellerey(2004) ha asserito offrendo il suopunto di vista in ordine all’esplica-zione del significato dei terminiconoscenza, abilità e competen-za. Secondo il Pedagogista, citatodalla relatrice “Mentre il concettodi competenza si riferisce allacapacità di far fronte a un compi-to, o un insieme di compiti,riuscendo a mettere in moto e aorchestrare le proprie risorseinterne, cognitive, affettive e voli-tive, e a utilizzare quelle esternedisponibili in modo coerente efecondo, il termine conoscenza èriferito ai fatti o alle idee acquisi-ti attraverso lo studio, la ricerca,l’osservazione o l’esperienza edesigna un insieme di informazio-ni che sono state comprese. Il ter-mine abilità viene usato per indi-care la capacità di utilizzare leproprie conoscenze in modo rela-tivamente agevole per l’esecuzio-ne di compiti semplici” .A parere della Corduas le espe-rienze europee e le buone prati-che diffuse in Italia possono solle-citare un cammino di ricerca versoun rinnovato modo di fare scuola,recuperando le competenze comefondamento della progettazionedidattica e formativa; il termine“competenza” nello scenario sco-lastico italiano compare nel D.P.R.n. 323/98 (Regolamento sul nuovoEsame di Stato), nel D.P.R. n.275/99 (Regolamento sull’autono-mia), nel D.M. n. 234/00(Regolamento curricoli autono-mia), per imporsi sempre più nelle

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proposte di riforma ordinamenta-li che si sono succedute daBerlinguer in poi fino ai“Traguardi di sviluppo delle com-petenze” tratteggiati nelle NuoveIndicazioni per il curricolo del2007. Come indicato nella strate-gia di Lisbona, la sfida principaledell’Europa nel settore dell’eco-nomia consiste nell’incrementarela crescita e l’occupazione, difen-dendo al tempo stesso la coesionesociale. I rapidi progressi realizza-ti da altre regioni del mondodimostrano l’importanza di un’i-struzione e di una formazioneinnovatrici, avanzate e di elevataqualità, quali elementi chiave del-la competitività economica.Occorre aumentare il livello gene-rale delle competenze sia perrispondere alle esigenze del mer-cato del lavoro, che per consenti-re ai cittadini di trovarsi a loroagio nella società odierna: garan-tire l’acquisizione di competenzechiave da parte di tutti i cittadinirimane una sfida per tutti gli Statimembri. Il concetto di apprendi-mento si dilata, travalica ladimensione specifica dei percorsidi istruzione e di formazione,intesi come fasi definite dell’esi-stenza degli individui, per decli-narsi come potenzialità che si puòrealizzare durante tutta la vita ein una pluralità di situazioni; daqui l’affermarsi di concetti, parolechiave quali “apprendimento lun-go il corso della vita” (lifelonglearning) e “apprendimento neimolteplici contesti”.In chiave diacronica vengonorichiamati, poi, alcuni documentiche hanno segnato l’evoluzionedelle politiche educativedell’Unione Europea destinate aincidere sulla definizione dellecompetenze e delle qualificheritenute indispensabili per il citta-dino del terzo millennio.Nel Libro Bianco dellaCommissione Europea, “Crescita,competitività, occupazione. Le sfi-de e le vie da percorrere perentrare nel XXI secolo”(1994),ampio spazio è dedicato ai temidell’innovazione tecnologica edella comunicazione; in esso lasocietà si configura come societàdell’informazione. Successivamente, nel Libro Bianco“Insegnare e apprendere, verso lasocietà conoscitiva”(1996) si assu-me come quadro di riferimento ilconcetto di società conoscitiva

che apprende partendo dal pro-blema di come rendere produtti-ve le risorse umane nella societàdell’informazione. L’attenzionecomincia a spostarsi dalla quanti-tà dell’informazione a disposizio-ne e dalle modalità di accesso etrattamento delle stesse alla cen-tralità che il soggetto viene adassumere nei processi formativi eproduttivi; si accentua la capacitàumana di creare e usare la cono-scenza in maniera efficace e intel-ligente. Il Parlamento e ilConsiglio dell’Unione Europea il18 dicembre 2006 hanno varatouna Raccomandazione rivolta aiPaesi membri sulle competenzechiave per l’apprendimento per-manente da acquisire alla finedell’obbligo di istruzione/forma-zione necessarie alla realizzazio-ne e allo sviluppo del capitale cul-turale, sociale e umano.La Relatrice ha poi evidenziato leripercussioni che tali politichehanno fatto registrare nel sistemaformativo del nostro Paese. InItalia, infatti, proprio aderendoalle mete irrinunciabili per la cit-tadinanza europea individuate aLisbona, vengono emanati il D.M.del 31 luglio 2007 concernente le“Indicazioni per il curricolo per lascuola dell’infanzia e per il primociclo di istruzione”, il D.M. n. 139del 22 agosto 2007 (Regolamentosull’obbligo di istruzione) e iRegolamenti di riforma dei licei edi riordino degli Istituti tecnici eprofessionali. Nelle Indicazionisono individuati al termine delprimo ciclo i traguardi di sviluppodelle competenze , mentre per ilcurricolo dell’obbligo di istruzio-ne i saperi e le competenze (bien-nio secondaria superiore) sonoriferiti ai quattro assi culturali(asse dei linguaggi, asse matema-tico, asse scientifico-tecnologico,asse storico-sociale), che costitui-scono il “tessuto” per la costruzio-ne di percorsi di apprendimentoorientati all’acquisizione dellecompetenze chiave. Le competen-ze per la cittadinanza attiva, daacquisire al termine dell’istruzio-ne obbligatoria, si configuranocome il risultato che si può conse-guire all’interno di un unico pro-cesso di insegnamento/apprendi-mento, attraverso la reciprocaintegrazione e interdipendenzatra i saperi e le competenze con-tenuti negli assi culturali.Garantire un accesso universale e

permanente all’istruzione e allaformazione, per consentire l’ac-quisizione e l’aggiornamento del-le competenze necessarie ad unapartecipazione attiva alla societàdella conoscenza, è la premessaincondizionata di una cittadinan-za attiva e dell’occupabilitànell’Europa del XXI secolo; i cam-biamenti economici e sociali com-portano un’evoluzione e un’ele-vazione del livello di competenzedi base di cui ciascuno deve dis-porre per partecipare attivamen-te alla vita professionale, familia-re o collettiva, a tutti i livelli, daquello locale a quello europeo.L’espletamento delle attività diaggiornamento ha registrato,infine, l’intervento del Dott.Sergio Scala, già Vice capoGabinetto MIUR (vice DirettoreGenerale della DirezioneGenerale per lo studente, l’inte-grazione, la partecipazione e lacomunicazione), che si è intratte-nuto sul tema “Il principio diresponsabilità e di trasparenzanel sistema scolastico”. Il relatoreha iniziato illustrando il passaggioda un tipo di scuola organizzataall’interno di un apparato centra-listico alla scuola intesa come ser-vizio fino ad arrivare al nuovomodello implicato dalla attualeriforma della PubblicaAmministrazione attraverso ildecentramento e la riforma delTitolo V della Costituzione, non-ché della privatizzazione del rap-porto di lavoro, giungendo alleimplicazioni che ora è possibileregistrare sul profilo del DirigenteScolastico con le connesse respon-sabilità. L’illustre relatore ha esor-dito sostenendo che i processi dicambiamento sociale che, a livellopiù generale, hanno reso obsole-to il modello accentrato di Statobasato sul principio di autorità,non potevano non investire ancheil mondo della scuola; si innescaun processo che pian piano portaa ritenere superato lo schema del-la scuola-apparato trasformando-la in scuola-servizio, attenta aibisogni reali dei giovani. Unasocietà avanzata, insomma, costi-tuita da famiglie che esprimonospecifiche necessità che si trasfor-mano in richieste ed aspettative;esse si attendono che il complessi-vo sistema formativo sia funzio-nale a consentire alle giovanigenerazioni di inserirsi nel mondodel lavoro, in un contesto econo-

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mico caratterizzato dalle tecnolo-gie e dalla globalizzazione dell’e-conomia. Riformare la scuolaequivale a ricostruire storicamen-te un nesso tra la scuola stessa edil mondo esterno; trasparenza eresponsabilità sono le nuoveparole d’ordine dei nuovi orienta-menti legislativi alle quali le isti-tuzioni scolastiche sono chiamatead improntare i propri comporta-menti. Le prime propaggini delcambiamento si evidenziano neglianni ’70 del secolo scorso con lacontestazione globale che vede lascuola in prima fila nella richiestadi cambiamento degli assetti tra-dizionali; nel 1974, con l’emana-zione dei Decreti Delegati, il legis-latore comincia ad offrire una pri-ma risposta alle istanze più pres-santi, introducendo il principiodella partecipazione di genitori estudenti alla vita scolasticamediante la costituzione di orga-ni collegiali. Peraltro, non siamoancora di fronte ad una inversio-ne di tendenza globale in quantotali organismi rappresentativi siaffiancano alla struttura scolasticaesistente che non viene intaccatanei suoi principi fondamentali,sterilizzando di fatto il ruolo pro-pulsivo che tali organismi avreb-bero potuto avere; dopo trentaanni di vita, d’altronde, la crisidegli organi collegiali appare deltutto evidente e da diverso temponon si riesce a mettervi mano inmodo incisivo per rivitalizzarne ilruolo. Diffusamente è riconosciu-to che tale modalità di partecipa-zione alla vita della scuola non èpiù, da sola, sufficiente a fornirerisposte valide alla necessità delcambiamento, perché nel frat-tempo altri attori (Regioni e forzesociali) hanno fatto la loro irruzio-ne nel campo dell’istruzione edella formazione reclamandoruoli attivi che consentano allescuole di uscire definitivamentedalla loro autoreferenzialità. Iltutto, ha continuato il dott. Scala,si colloca in uno scenario istituzio-nale di coinvolgimento degli entilocali con i quali progettare con-tenuti condivisi dei percorsi for-mativi e di riconoscimento alleRegioni di un ruolo primario neiprocessi di istruzione e formazio-ne. Questi obiettivi hanno ispiratotutte le innovazioni introdottenegli ultimi anni nel mondo dellascuola che hanno radicalmentemutato gli assetti giuridici della

gestione del servizio, inducendoanche una radicale trasformazio-ne dell’Amministrazione scolasti-ca; il rinnovamento investe anchegli assetti ordinamentali delSistema scolastico che, dopo lariforma del primo ciclo d’istruzio-ne, ha trovato completezza con ilriordino della secondaria superio-re. La rigidità del sistema lascia lospazio alla flessibilità e la scuolacomincia ad essere ritenuta ingrado di svolgere la propria mis-sione solo nella misura in cui,abbandonati gli schemi di eroga-zione del servizio in modo unifor-me su tutto il territorio nazionale,riesce ad esprimere un’offertaformativa rispondente ai bisognidiversificati espressi dagli specificicontesti territoriali nei quali ope-ra; ciò è possibile soltantomediante l’attribuzione alle isti-tuzioni scolastiche di autonomepotestà decisionali in ordine alcontenuto delle singole discipline,alla possibilità di introdurne altreall’organizzazione della didattica.La natura dell’autonomia scolasti-ca, da riguardare in un’ottica disistema, è concetto fondamentaleper comprendere correttamente ilnuovo assetto della piena visibili-tà dell’azione educativa e del con-nesso quadro di responsabilità;autonomia non significa libertàassoluta di fare ciò che si vuole,ma soltanto possibilità di decidereda soli su come esercitare le attri-buzioni acquisite: essa finisce, inun’ottica sistemica, là dovecominciano le attribuzioni deglialtri. Parallelamente al processoche porta verso il conferimentodell’autonomia si sviluppa il per-corso riferito al decentramentodelle funzioni amministrativedegli organi centrali e perifericidel Ministero della PubblicaIstruzione alle singole scuole; sitratta di un fenomeno che non vaconfuso con il decentramento isti-tuzionale, che si realizza median-te trasferimento di competenzedallo Stato agli enti territoriali(Regioni, Province e Comuni) eche attua principi e norme di livel-lo costituzionale: il decentramen-to di cui si parla avviene, vicever-sa, per linee interne all’organizza-zione diretta dello Stato e si rea-lizza mediante un decongestiona-mento che porta ad allocare lecompetenze all’emissione di signi-ficativi blocchi di atti amministra-tivi in capo ad organi il più vicino

possibile al cittadino nell’intentodi semplificargli la vita e fornireuna percezione dell’amministra-zione meno distante, astratta edimpersonale.La tornata seminariale si è conclu-sa dopo un intenso dibattito cheha visto molti dei presenti rivolge-re quesiti ai quali gli esperti han-no dato esaustive risposte.

*Sez. FNISM di Cosenza

Il 25 aprile 2011 è mancato CarloOttino, una importante figura diriferimento della cultura laica.Uomo di scuola, insegnante dap-prima di lettere nelle scuolemedie inferiori e poi di storia efilosofia nella secondaria supe-riore, è stato fortemente impe-gnato nella FNISM in cui ha rico-perto incarichi direttivi. Si è sempre richiamato ai valoridell’eguaglianza, della libertà edella laicità con un'opposizioneintransigente ad ogni forma didiscriminazione.È stato un attivista per i dirittiumani in Amnesty Internationale ha collaborato con l'OperaNomadi. Nel 1983 è stato tra i fondatoridel Comitato Torinese per laLaicità della Scuola, del quale èstato presidente dal 1985 al 1996e dal 1988 è stato ininterrotta-mente direttore del trimestraledel Comitato «Laicità», su cui hascritto editoriali, articoli, recen-sioni. Nella introduzione al volu-me Nuove interviste sulla laicità(2003-2008) scrive che la laicità è« per chi tende a praticarla, unmodo di vivere, una regola diatteggiamento e di comporta-mento, attenta all’individuo sen-za individualismi, propensa allarelatività senza relativismi, fau-trice di moralità senza moralismi.Una regola tesa a conoscere ilpassato, a vivere il presente, acomprendere nella storicitàanche l’utopia: a guardare dun-que, senza dirottamenti metafi-sici o confessionali, pure nellepiccole e grandi cose della quoti-dianità problematica, verso ilfuturo».

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I giornali, i mass-media in genera-le giornalmente tuonano sullagioventù “bruciata, scellerata,prepotente, viziata...” incapace diassumersi ogni tipo di responsabi-lità Se non quella di vivere negliagi, al sicuro in famiglia con mam-ma e papà oltre i quarant’an-ni…Ma questi giovani non sono inostri figli, i nostri studenti, lanostra proiezione nella societàfutura? Dunque cui prodest dipin-gere un quadro così fosco e pessi-mista della nostra gioventù?Hanno ereditato tutti il DNA diCatilina e di Nerone o è un mododi cui si serve la famiglia, la scuo-la, la società con la sua politicasbagliata per rimuovere le proprieinadempienze, o l’incapacità ope-randi di un sistema vuoto di con-tenuti,edonista e barattiere,privodi costruttive linee di riferimentosu cui tracciare un progetto edu-cativo per i nostri figli ed uno eti-co per chi si arroga il diritto digovernarci. La crisi di valori è imperante, leistituzioni hanno confuso lademocrazia con la demagogia elegiferano in continuazione gene-rando confusione e disaffezioneanche in chi ancora continua asognare la democrazia di Licurgo.I bambini dell’oggi, i giovani e icittadini del domani a ben ragio-ne dovrebbero essere i Caligoladel futuro, crudeli e cospiratori,privi di coscienza umana, vogliosidi conquistarsi il potere ad ognicosto. Non sempre però, l’alberomarcio genera il frutto marcio,sarebbe in questo caso la fine del-la specie umana:i nostri giovaniancora cullano ideali di giustiziadi uguaglianza e di solidarietàsociale, di pace.Sono ormai nove anni che propo-niamo il Premio internazionale“Marco & Alberto Ippolito”a cuipartecipano studenti di tanti pae-si europei e non finiscono mai disorprenderci per la serietà e lacompetenza con cui portano atermine i compiti loro affidategli.Hanno affrontato tematiche cul-turali e sperimentali di notevoledifficoltà con metodo e con entu-siasmo in un confronto semprefranco e leale.Hanno dato a noi adulti chiare

lezione di vita e ci hanno additatola via da perseguire per aiutarli adesprimere pienamente la lorovocazione nell’interesse personalee di conseguenza nell’interesse diun costruenda società sana edequilibrata. Hanno dimostrato disapersi sacrificare in vista di un tra-guardo produttivo e di saper gioi-re anche del successo degli altri.Questa sarebbe la gioventù sfac-cendata e superficiale? Non direiproprio,i giovani ai quali ci riferia-mo fanno parte di una larga fettadell’Europa e dell’America delnord e tutti, proprio tutti, hannoespresso le stesse esigenze, hannofatto le stesse richieste e hannoveramente benedetto il premio“Marco &Alberto Ippolito”perchéhanno avuto la possibilità di espri-mersi in piena libertà, ma nelrispetto del contesto culturale incui agivano e nel confronto soli-dale con coetanei di differentiaree geografiche.In quest’ultima edizione poi han-no dato prova di genialità opera-tiva di onestà intellettuale, di pos-sedere veramente una coscienzaeuropea pacifica e costruttiva. Hanno svolto l’impegnativa tema-tica, “legalità:Un valore da colti-vare”e oltre ad esprimere le loroidee e le loro richieste di caratterepedagogico- formativo, ogniscuola ha realizzato uno slogan eun logo con le relative motivazio-ni. Nel meeting di Reggio Calabriai ragazzi lavorando in gruppiautogestiti, e discutendo civil-mente tra di loro in inglese hannoideato immediatamente un nuo-vo logo dando prova di insospet-tabili com-petenze. Il giornodopo in und i b a t t i t op u b b l i c o ,ogni gruppoha presenta-to il propriolavoro e lagiuria com-posta da unrappresen-tante di ogniscuola e daesperti haproclamato

il logo vincente che dovrà essereadottato da tutte le scuole parte-cipanti e dalla FNISMI giovani in questa attività hannorealizzato la ricerca –azione ,dimostrando di sapere essere e disapere fare, e hanno sottolineatol’importanza e la ricchezza pro-duttiva dei lavori di gruppo. Metodologia imprescindibile nel-l’attuale società multiculturale emultietnica che sottintende ilvero senso della legalità e delrispetto altrui, pone cioè saldebasi ad una corrente comunicati-va ed ad una capacità di media-zione necessaria nel dialogo fraculture differenti.Non mi sento affatto, visto i risulta-ti, di continuare con la solita repri-menda sulla gioventù bruciata,direi che bruciati siamo spesso noiadulti con i nostri pregiudizi, lenostre incertezze che spesso ciimpediscono di dare fiducia ainostri ragazzi proiettando su diloro luci ed ombre che sono nostre.

Natina CristianoPresidente della sezione

FNISM di Reggio Calabria

Uno dei momenti più significatividella nona edizione del premiointernazionale “Marco & AlbertoIppolito” è stato l’incontro tra ledelegazioni delle scuole italiane ele delegazioni della Spagna, dellaPolonia, della Romania, dellaGrecia, della Repubblica Ceca,della Bulgaria, della Germania,della Svezia, del Canada, sul temadella legalità. Il dibattito che ne èseguito è stato pacato ma ricco di

LEGALITÀ:UN VALORE DA COLTIVARE

DALLE SEZIONI18 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

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spunti e di significati. Ogni delegazione ha esposto ilconcetto di legalità elaboratodagli studenti dell’istituto scola-stico di provenienza ed alla finetutti i giovani presenti hanno scel-to un logo comune tra i tanti sucui avevano discusso. Nel corso di quell’interessanteconfronto il termine legalità è sta-to spesso accostato a quello dilibertà e di rispetto per gli altri,per cui è parso chiaro che nell’a-rea europea ci sia un comunemodo di sentire e di intendere unconcetto che non è solo una con-quista intellettuale, ma soprattut-to un modo di intendere i rappor-ti tra gli uomini e il cuore di ogniordinamento democratico.Alla fine del dibattito è statoadottato come logo comune quel-lo che coniuga il concetto di lega-lità con quello di rispetto per l’al-tro che, involontariamente ispira-to all’ama il prossimo tuo come testesso, ha una indubbia valenzareligiosa ma oltre a contenere ilconcetto di libertà, coglie anche ilvero significato del legale, talenon potendo essere, per legge dinatura, tutto ciò che ferisce o nonrispetta la dignità altrui. L’incontro tra tanti giovani didiversa provenienza, non è statouna mera esercitazione scolastica,ma una grande occasione per con-sentire a tutti di esprimere la pro-pria opinione su un argomentoche è il vero cardine del viverecivile e che per il modo come èstato affrontato,lascia ben spera-re per l’avvenire.

Pasquale IppolitoPresidente aggiunto

della Corte di Cassazione

iI

La bellezza di riunire studenti, pro-fessori, Dirigenti scolastici e rappre-sentanti Culturali con la volontà dilavorare insieme su un progettocomune , ha dato al convegno lasua ragione di essere e la spinta acontinuare su questa strada.Mettere in un convegno scambiculturali e sociali dedicati all’ami-cizia ed alla convivenza umana,sono gli punti piu riusciti edimportanti della mia esperienza alconvegno.Dare agli allievi una “tribuna”,

una voce e un riconoscimento,vuol dire fornire gli strumentinecessari per coltivare e dirigere icambiamenti reali nella nostrasocietà, dal punto di vista educati-vo, culturale e sociale. Soltantocosi si realizzano i veri cambia-menti educativi e formativi.Questo grande lavoro ha posto inatto una sfida: usare la stessametodologia nell’ affrontare erisolvere le problematiche quoti-diane (povertà, oppressione edu-cativa e sociale, violenza, etc.)L'organizzazione di un così gran-de iniziativa è stata esemplare,molta gente si è impegnata perraggiungere il successo.

Quando i giovani e gli adultisono messi in condizioni di inve-stire il loro tempo per ricercare esperimentare il risultato finale èsempre positivo.

Nicolino PrimianoDirigente Scolastico

“Laurier Senior” High School - Montreal - Canada

iI

Il premio internazionale "Marco& Alberto Ippolito" ha rappresen-tato per me una delle più belleesperienze alle quali ho avuto lafortuna di partecipare. Commossae felice in uguale misura, ho ini-ziato a vivere la mia meravigliosa“avventura” insieme ad altri trealunni, che non conoscevo ancoratanto bene, al fine di scoprire iluoghi della meravigliosa cittàverso la quale ci dirigevamo. Ilviaggio in aereo è stato moltopiacevole ed il tempo è passatomolto velocemente e senza quasiaccorgerci siamo arrivati a desti-nazione dopo il lungo tragitto inaereo e in tra-ghetto.All’hotel Lun go -mare, siamo statiaccolti calorosa-mente dai diri-genti dellaFNISM che sonostati vicini a noidurante tutto ilperiodo del sog-giorno. Abbiamocenato e poi sia-mo ritornati all’-hotel impazientidi conoscere gli

altri studenti con i quali ci appre-stavamo a trascorrere giorni distudio e formazione. Sebbenemolto stanchi, non abbiamo potu-to dormire perché eravamo curio-si ed impazienti di scoprire le bel-lezze della città, cosicché siamousciti a spasso per le vie di Reggio.La prima cosa che ha attirato lanostra attenzione è stata il gran-de numero di "gelaterie". Hoancora in bocca il gusto meravi-glioso del primo gelato. I giornisono passati molto rapidamente,abbiamo visitato la città ed altripaesi caratteristici viciniori e sia-mo rimasti piacevolmente sorpre-si dall'ospitalità delle persone.Abbiamo gustato dei piatti tradi-zionali e ci siamo divertiti coinostri nuovi amici. Ho trascorso delle vacanze-studioche non dimenticherò mai per lesensazioni intense che ho vissuto,specialmente all’avvicinarsi algiorno delle premiazioni.E sì, il grande momento è arriva-to: il gala dove si proclamavano ivincitori dei vari concorsi. Forti emozioni… abbiamo indossato i nostri abititradizionali per presentare unmomento specifico della regionedi Dobroudja (Dobrogea). Una serata molto attesa che mi hafatto guadagnare la fiducia in mestessa, la sera in cui il mio lavoro èstato ricompensato ed io sono sta-ta apprezzata ricevendo il premio"Katia Pangallo."È sì, certo, un'esperienza che rivi-vrei mille volte, un capitolo moltobello della vita di liceale.

Georgiana ChesnoiuCostanza (Romania)

iI

DALLE SEZIONI19 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

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L’ avere partecipato a questo pre-mio è stata una delle miglioriesperienze della mia vita. Mi haaffascinato soprattutto la coope-razione internazionale per lacreazione di un Logo dal titolo"Legalità:un valore da coltivare”.Eravamo un gruppo di dodicialunni di differenti nazionalità etuttavia abbiamo instaurato uncolloquio amicale ed una intesaperfetta. Siamo riusciti ad averesuccesso semplicemente coope-rando in un "team", in cui abbia-mo discusso le nostre moltepliciidee ed in cui alla fine si è creatoun logo comune.Questo progetto è soprattutto unincontro internazionale che dà lapossibilità ai giovani di comunica-re e di scambiare le loro esperien-ze e prospettive. La creazione dellogo e l'interpretazione dellalegalità dimostra che i giovanisono capaci di intendersi, di met-tersi di accordo sui loro valoricomuni e di realizzare così qualco-sa di straordinario nell’ambitoeuropeo, malgrado il differentepassato storico e politico deinostri paesi di origine. Il risultatodi mostra che siamo tutti europei.Il nostro soggiorno è durato sola-mente cinque giorni, ma ci siamoarricchiti di sensazioni indimenti-cabili. Abbiamo avuto la fortunadi conoscere culture e stili di vitadegli altri studenti e dei parteci-panti al progetto. Abbiamo fatto la conoscenza dialtre abitudini e di altre prospetti-ve ed allo stesso tempo, nel con-fronto, ci siamo resi maggiormen-te conto della nostra identità. La cooperazione con le altrenazioni, la buona intesa ed il lavo-ro al logo sono stati per me gliaspetti più importanti del proget-to.Per riassumere, posso dire chesono molto contento e ricono-scente a chi mi ha dato la possibi-lità di vivere questa realtà. La par-tecipazione al premio "Marco &Alberto Ippolito" per me è un'e-sperienza straordinaria ed inte-ressante.

Chris PflügerEssen (Germania)

Coordinatore di un gruppo dilavoro.

iI

L'esperienza inReggio Calabriaè stata qualchecosa di stupen-do per me.Molto tempoprima sono sta-to coinvolto inquesto proget-to, ma devodire che, con ilpassare deltempo, tutto èstato semprepiù positivo. Posso affermareche per me saràsempre un pun-to di riferimen-to positivo nella mia vita. Hoincontrato tanti studenti prove-nienti da quasi tutta l'Europa chevivono le mie stesse preoccupa-zioni. Questa metodologia mi piacemolto perché questo è il modopiù efficace di fare scuola e for-mazione e dimostra anche chel’imparare non è limitato soltantoal lavoro svolto in classe e sui libri. Di Reggio ho molti grandi ricordiche io non voglio dimenticare.Durante i giorni del premio noiabbiamo vissuto con persone dialtre paesi dell'Europa di culturadiversa con le quali ci siamo subi-to amalgamati e compresi da nonvolerci più dividere. Mi sono sentito così a mio agio dadesiderare ritornare di nuovo inItalia per rivivere questa meravi-gliosa esperienza!

Konstantinos PapakonstantinouSalonicco(Grecia)

Coordinatore di un gruppo dilavoro

iI

Questa esperienza in Italia inoccasione del premio internazio-nale "Marco & Alberto Ippolito" èstato molto interessante e alta-mente formativa dal punto divista umano. Durante la riunione di importantilicei europei ho avuto l'opportu-nità di entrare in contatto constudenti appartenenti a paesimolto differenti della Romaniasotto numerosi aspetti, di comuni-care in un contesto completamen-te inedito con giovani di diverse

nazionalità.Sono stata molto sorpresa, ma inmodo piacevole, nello scoprireche, benché sembrava ci fosseroapparentemente delle differenze,gli alunni di queste scuole si somi-gliavano tutti, rivelando le stessequalità e gli stessi difetti; ciò miha fatto comprendere quanto sipossa essere simili a dispetto dellebarriere linguistiche e culturali.Fortunatamente, l'aspetto lingui-stico non è stato un ostacolo perme, ma un reale vantaggio per-ché, mi ha facilitato la comunica-zione con gli altri studenti.Sono riuscita a ritornare da que-sta esperienza con un bagaglioculturale e di conoscenze superio-ri, che mi saranno molto utili nel-l'avvenire. Una delle più impor-tanti soddisfazioni di questo viag-gio, al di là dell'onore di avereottenuto il primo premio, è quel-la di aver condotto in modo pro-fessionale il mio gruppo multina-zionale di cui ero coordinatrice.In conclusione, trovo questa espe-rienza meravigliosa, e la ripetereiin ogni momento senza la minimaesitazione, poiché sono stata mol-to felice di scoprire come giovaniche pur provenendo da culturedifferenti, da persone educate edintelligenti, possono entrare inempatia e comunicare con grandeciviltà nel rispetto reciproco.

Dafina FulinaRomania

Coordinatrice gruppo di lavoroVincitrice del premio poesia

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20 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaDALLE SEZIONI

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A cura di Elisabetta Bolondi

Dove nessuno ti troverà di Alicia Giménez BartlettSellerio 2011

Non so se questo sia il miglioredei libri pubblicati da questa scrit-trice spagnola speciale, anzi forsenon lo è, ma la sua scrittura, il suomodo di raccontare una storia dif-ficile, poco conosciuta, ostica, è diuna grande raffinatezza narrati-va, oltre ad essere costruita consapiente maestria e quel tanto diromanzesco che consentono unalettura agile, pur se il libro è lun-go e leggermente ripetitivo (tal-volta troppo). La vicenda che laGiménez sceglie di raccontare èquello di una partigiana, o piutto-sto un partigiano, dall’identitàsessuale ambigua, che dopo lafine della guerra civile spagnolarestò in montagna, introvabilemalgrado i numerosi delitti chele/gli venivano attribuiti, divenen-do un mito per i contadini e ipastori delle desolate montagnespagnole, luogo impervio in cui lastoria si srotola nel corso dei primianni cinquanta. Pretesto narrati-vo per raccontare questa inquie-tante vicenda storica sono duepersonaggi romanzeschi che lascrittrice crea per dare un sensoalla lunga narrazione in primapersona che La Pastora (così veni-va chiamata la persona nataTeresa e divenuta Florencio) forni-rà ai due interlocutori: si trattadel professore francese LucienNourrissier, psichiatra molto bor-ghese di un ateneo parigino, allaricerca della Pastora per ricostruir-

ne il percorso psicologico e la psi-che criminale, e il giornalista free-lance di Barcellona Carlos Infante,che accetta per denaro di seguirlonella sua pericolosa impresa, allaricerca di un individuo che laGuardia Civil considera un perico-lo pubblico e da cui tutti gli abi-tanti della zona sono spaventati amorte. Il romanzo alterna leavventure quasi rocamboleschedei due improvvisati detective,che tra bevute di superalcolici perdifendersi dal freddo e dalla pau-ra e litigate fenomenali a cuiseguono affettuose riappacifica-zioni, al lungo monologo dellaPastora, che racconta dettagliata-mente tutta la sua lunga, difficile,dolorosa vicenda umana.La trama romanzesca creata dallaGiménez Bartlett ben si addicealla misteriosa personalità dellaprotagonista assoluta di questaavvincente narrazione.Teresa/Florencio è una personaalla quale tutti ci affezioniamo,che tutti alla fine capiamo, giusti-fichiamo, perdoniamo: attraversola sua solitudine, la sofferenza, lafame, i maltrattamenti, ognunodei personaggi, Carlos e Lucien,capiscono meglio se stessi, i loroturbamenti, le loro sconfitte eperfino noi lettori usciamo dallepagine del romanzo più consape-voli, più maturi. La storia dellaSpagna tra Guerra civile e franchi-smo, l ignoranza in cui venivanotenuti i contadini e i pastori, ilsogno di libertà proposto dallaRepubblica son ben sintetizzati inqueste righe, rivolte da un parti-giano alla Pastora:Quello che vogliono è che tuttorimanga uguale, che i poveri sirompano la schiena a lavorare,che non sappiano leggere, perchécoi libri si fanno le rivoluzioni Ma cosa c’entrano i libri se la gen-te ride di me? C’entrano Pastora,c’entrano. Nel partito ti insegna-no che le persone, tutte le perso-ne, hanno una dignità e meritanorispetto, e questo si impara suilibri, lì si impara la libertà.Sulla fascetta del libro in libreria

c’è scritto “Un piccolo capolavo-ro”, certamente questo romanzoè davvero originale nel panoramadella editoria attuale e meritauna lettura attenta, una riflessio-ne profonda, un’analisi precisa.

Lo zio Bernac alla corte di Napo leone di Arthur Conan Doyle Donzelli editore, 2011

Arthur Conan Doyle ha pubblica-to questo esilarante romanzo sto-rico, pieno di ironiche avventurerocambolesche, nel 1897. Era giànato l’altro personaggio mitico, ilbrigadiere Gerard, bellissimo ecoraggiosissimo ufficiale protago-nista di una serie di romanzi chel’autore aveva scritto in alternati-va a quelli polizieschi che avevanoper protagonisti il duo celeberri-mo di Sherlock Holmes e il dottorWatson.L’interesse dello scrittore ingleseper l’epopea napoleonica è pro-fonda, ma anche estremamentecritica: si capisce nelle righe delromanzo quanto il pretesto narra-tivo nella ricostruzione storica èsempre funzionale all’ironia, alsarcasmo nei confronti dei france-si, in modo particolare della nuo-va aristocrazia nata dall’ambizio-ne del piccolo ufficiale corso divoler creare una nuova classe diri-gente in sostituzione della vec-chia aristocrazia borbonica legataall’Ancien Régime. Il giovane pro-tagonista della storia è l’erede diuna grande casata francese ripa-rato in Inghilterra dopo i fattidell’89. Louis de Laval è statocostretto a vivere da emigrato,mentre i beni della sua famiglia,soprattutto il castello di Grosbois,sono passati nelle mani di uno zio,Bernac, losco figuro che tendeuna trappola al giovane per

21 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaRECENSIONI

IL PIACERE DI LEGGERE

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richiamarlo in patria e farlo sposa-re con sua figlia, la bella ed enig-matica Sybille, in modo che nonabbia a pretendere la reintegra-zione dell eredità usurpata.Il libro è piacevole non solo per lerocambolesche avventure in cui sitrovano coinvolti i diversi perso-naggi, ma soprattutto per la rico-struzione della corte imperialeacquartierata presso Boulogne, inattesa dell’imminente invasionedell’Inghilterra. Questa non è maiavvenuta, ci racconta il narratorede Laval, ma l’incontro conNapoleone, la bella Giuseppina,Carolina, Paolina e Madame MèreLetizia Bonaparte, i vari generaliJunot, Ney, Bernadotte, Murat, ilministro Talleyrand, le guardieimperiali e il loro rigido cerimo-niale, gli intrighi, le falsità, il ter-rore che Napoleone è capace disuscitare in chi non ubbidisce aqualunque suo ordine, ne fannoun romanzo nel romanzo origina-le e coinvolgente. Il piccolodespota corso pronuncia frasiapodittiche, impone a tutti la sualogica dittatoriale, eppure èmisteriosamente amato e quasivenerato dai suoi soldati. ConanDoyle afferma che Napoleoneafferrava il cuore della questionecon la stessa decisione che glifaceva puntare subito sulla capi-tale del nemico. L’anima di unpoeta e la mente di un uomo d’af-fari è la combinazione che puòrendere un uomo un pericolo peril mondo.Giudizi sul personaggio che risen-tono dell’antipatia che gli inglesihanno nutrito per il loro poten-ziale nemico. Louis de Laval simetterà poi al servizio dell’impe-ratore e gli resterà fedele finoall’esilio, consentendogli di com-mentare, molti anni dopo i fattinarrati:c’è chi ha scritto per lodarlo e chiper biasimarlo. Da parte mia, nonho tentato di fare né una cosa nél’altra, ma solo raccontare l’im-pressione che mi fece in quei gior-ni ormai lontani in cui a Boulogneera accampato l’esercito chedoveva invadere l’Inghilterra.Conan Doyle si mette sulla scia diManzoni, di Tolstoj, di tutti gliscrittori che hanno trovatoNapoleone sulla loro strada, ma lofa con grande leggerezza, ironia espirito critico, facendoci divertire.

Omicidio sulla via Appia di Saylor Steven editrice Nord, 2011

Il noir è ormai diventato il generepiù diffuso nella attuale letteratu-ra di intrattenimento e tra i sotto-generi più frequentati è sicura-mente lo storico-classico, cheannovera soprattutto scrittorianglo-americani, noti per studieruditissimi sulle nostre antichità.Omicidio sulla via Appia (Nord,2011), terza parte di una fortuna-ta serie dello scrittore StevenSaylor, prende il titolo dal luogodel delitto misterioso su cui siindaga ed è interessante più cheavvincente. Se si vuol fare un pia-cevole ripasso della storia romanaai tempi di Giulio Cesare, PompeoMagno, Marco Antonio, Ciceronesi deve leggere con grande atten-zione il lungo romanzo che ci tra-sporta a Roma nel 52 avantiCristo, e ci accompagna al seguitodel detective/cercatore Gordianoe di suo figlio Eco. La storia si svol-ge nelle vicinanze dell’Urbe, lun-go la via Appia appunto, fino aicolli albani, nelle città di Ariccia,Lanuvio, Boville, in un itinerariodove si alternano santuari alladea Vesta, locande sperdute, villepatrizie magnifiche e lussuosissi-me e dove i nostri protagonisti, apiedi, a cavallo, in lettighe tra-sportate da schiavi o da potentis-simi gladiatori, ci raccontanoattraverso un episodio storica-mente accertato, l’assassinio diPublio Clodio, i sussulti che prece-dettero la dittatura di GiulioCesare e la fine della Repubblica.La trama è lunga, i personagginumerosi, quasi tutti realmentevissuti e coinvolti in vario modonelle lotte cruente che portaronoad incendi, assassini, rapimenti,violenze di ogni genere che siconclusero con la morte diCicerone e dello stesso Cesare.Saylor è capace di farci rivivere ilquotidiano di quei tempi oscuricon leggerezza: l’interno delle

domus, i cibi, gli abiti, le acconcia-ture, le biblioteche, le terme, iviaggi, i trasporti vengono resicon immediatezza ma con grandeprecisione nella ricostruzione sto-rica. Assistiamo al progetto direstauro del Senato appenaincendiato, vediamo con lo sguar-do della fantasia la villa diPompeo al Pincio, la rampa diaccesso al foro, l’inizio della viaAppia con il monumento diBasilio...Il romanzo ci propone una rico-struzione in triplice dimensione diquel mondo scomparso nel rac-contarci un delitto di difficilesoluzione: solo nelle ultime pagi-ne ci verrà rivelata la verità, con-tro ogni apparenza. L’incontrocon Giulio Cesare nel suo accam-pamento presso Rimini e lo studioin cui il grande Cicerone preparainsieme al segretario, il libertoTirone, le sue celebri arringhesono certamente tre le pagine piùriuscite del romanzo. StevenSaylor è già autore di Sangue suRoma e Delitto sul Palatino,consigliati agli appassionati di ungenere che riscuote sempre mag-gior successo di pubblico.

La forma del tempo di Fulvia StranoEdilet 2010

In meno di 60 pagine, la storicadell’arte Fulvia Strano riesce acostruire un percorso narrativoche tocca diversi secoli, celebriopere d’arte, diversi linguaggiespressivi. Pregio della scrittrice èriuscire, cosa non facile, a non far-si prendere dal registro accademi-co e specialistico che troppo spes-so allontana il fruitore medio dal-la comprensione di opere il cuisenso più riposto va ricercato concompetenza tecnica, ma anchecon il portato della cultura in sen-so ampio e della sensibilità di cia-scuno. Ci si immerge nella letturadel testo, mai banale, sempre pie-no di corrispondenze con i para-metri storiografici, a cui però laStrano aggiunge un’esperienza

22 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaRECENSIONI

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soggettiva, un episodio occorsodurante una visita, un’epifaniajoyciana che ha cambiato l’angolovisuale di quel particolare ogget-to artistico, che rendono la lettu-ra del piccolo libro davvero emo-zionante. Opere fondamentali della pitturasono raccontate con pathos erilette alla luce di esperienze vis-sute: ecco il Narciso di Cara -vaggio, ecco la La luce meridianadi Piero della Francesca, ecco l’o-recchino di perla che brilla all’o-recchio della celebre ragazzadipinta da Vermeer e che diventaper l’autrice il vero centro delquadro; L’isola dei morti di ArnoldBocklin, visto dall’autrice dappri-ma solo sui manuali universitari,diventa esperienza concreta divita e di morte ed è capace disuscitare il dolore della perdita diamici cari, il senso incombentedella morte che si appressa. I qua-dri di Pontormo, Tintoretto,Raffaello sono raccontati con unocchio alla contemporaneità:Tintoretto che prepara una messain scena di stampo teatrale per ilpubblico; Pontormo che rendesospesi, in punta dei piedi, comedegli astronauti in assenza di gra-vità, i personaggi della Depo -sizione; infine il personaggioritratto nella Camera di Eliodoroin Vaticano, che rivolge lo sguar-do non all’altare dove si sta com-piendo il miracolo, ma a noi osser-vatori posteri, a ribadire l’eternitàdella grande arte rinascimentaleitaliana. Fulvia Strano non si limi-ta alla grande pittura nel suo tourvirtuale: ci racconta della grandescultura berniniana, prendendospunto dal gruppo di Apollo eDafne alla Galleria Borghese,descritto come una metaforamitologica, ma anche come l’abu-so su una bambina che non saràmai più la stessa dopo la meta-morfosi traumatica subita. E anco-ra i grandi manufatti dell’archi-tettura contemporanea, i musei diFrank Lloyd Wright e di Gehry,messi in rapporto con l’architettu-ra borrominiana del cortile di SanCarlino alle Quattro Fontane: laspirale del lanternino che ritornanella spirale del Guggenheim diNew York. Ecco allora che l’espe-rienza dell’opera artistica non silimita più a autore, titolo, data-zione. Dice l’autrice, esiste un bisognodiffuso di ascoltare altre parole,

uscire dai colori di un quadro odai risvolti della piega di un mar-mo. Allora l’esperienza dell’artepuò cambiarci profondamente,perché aiuta ad uscire allo scoper-to mettendo a nudo le nostrapure e il pudore dell’ignoranza.Insomma la storica dell’arte riescea parlare ad un pubblico più vasto,quello dei lettori sensibili, senzaretorica né espressioni troppo spe-

cialistiche, arrivando al cuore dichi, condotto per mano, riesce avedere fino in fondo ciò che adocchio nudo spesso si riesce diffi-cilmente a percepire: non unalezione accademica, ma il contri-buto di un esperienza vera, pro-fonda, sofferta, condivisa.

23 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuovaRECENSIONI

THE TREE OF LIFE - L’ALBERO DELLA VITAREGIA: Terrence Malick. CAST: Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Joanna Going. USA 2011 Palma d' oro al Festival di Cannes 2011

In un susseguirsi di immagini caleidoscopiche, il film percorre levarie fasi della crescita di un bambino di undici anni del Midwest,Jack, in una famiglia dove vive con i genitori e due fratelli. Il suosviluppo ha sullo sfondo l’evoluzione stessa della vita propostaattraverso immagini fantastiche che rendono il vissuto incantatoe meraviglioso di un bambino nella apparente tranquillità di unacittà di provincia nei primi anni Cinquanta. In una cornice dovel’esplorazione della natura si intreccia con l’esplorazione dei sen-timenti, si precisano i suoi rapporti con i familiari, in particolarecon la madre che rappresenta la via dell'amore, mentre il padrecerca di guidare il figlio attraverso regole e comportamenti secon-do canoni di autoaffermazione che mettono se stessi in primo pia-no. Ciascun genitore cerca di affermare il suo punto di vista e lasua concezione della vita e Jack deve conciliare le loro indicazio-ni. Nella sua vita entrano anche la malattia, la sofferenza e la mor-te e il quadro si oscura e assume le sembianze di un labirinto. EJack, ormai adulto, comprende le ragioni della severità eccessivadel padre che esprime il suo affetto per i figli educandoli con trop-pa severità. Anche i rapporti con i fratelli acquistano nuovo spes-sore. Jack si rende conto che ogni cosa che fa parte del nostromondo costituisce un miracolo prezioso e irripetibile che accom-pagna la nostra vicenda di creature inserite in un contesto dovetutto – uomini, animali, vegetazione, l’intero cosmo – nasce cre-sce e si evolve in un ciclo di grande respiro reso magnificamentedai numerosi effetti speciali, che riescono a dare il senso dell’infi-nito che pervade il film. Proprioquesto caleidoscopio d’immagi-ni ci sembra l’aspetto più bellodel film , con le nuvole che sirincorrono creando vortici, glialberi altissimi che creano sfon-di illimitati, la grandezza del-l’immensamente piccolo e del-l’infinitamente grande che rac-chiudono tutti i misteri delmondo e di una natura sempretrascendente. Un’occasione perriflettere e per guardarsi attor-no con uno sguardo menoappannato dalla quotidianità eper sentirsi inseriti in un univer-so dove ciascuno occupa il suopiccolo posto.

(G.C.)

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24 Aprile/Giugno 2011 L’ECO della scuola nuova

DIRETTOREeDIRETTORE RESPONSABILEGigliola Corduas

COMITATO DIRETTIVOMarco Chiauzza, Luisa La Malfa, Domenico Milito,Elio Notarbartolo, Fausto Dominici.

REDAZIONEElisabetta Bolondi,Anna Maria Casavola, LilianaDi Ruscio, Paola Farina.

DIREZIONE E REDAZIONE“L’ECO della scuola nuova”via Rocca di Papa, 113 - 00179 RomaTel. 06.7858568 - 06.5910342 - Fax 06.5910342www.fnism.it - [email protected]

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATOElisabetta Bolondi, Margherita Calò, Anna MariaCasavola, Marinella Castiglione, Natina Cristiano,Raffaella di Gregorio, Paola Farina, IsabellaInsolvibile

EDITOREFnism, Federazione Nazionale Insegnanti,via Rocca di Papa, 113 - 00179 RomaRegistazione del Tribunale di Roma n. 424/81 del21/12/81

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La FNISM, Federazione NazionaleInsegnanti, fondata nel 1901 da GaetanoSalvemini e Giuseppe Kirner, è la primaassociazione professionale di insegnanticostituita in Italia. Ha una struttura federa-le che si articola in sezioni territoriali eassocia insegnanti delle scuole pubbliche diogni ordine e grado, personale direttivo eispettivo della P.I., docenti dell’Università.Offre ai propri associati l’opportunità dipartecipare a progetti di ricerca e di inno-vazione scolastica, seminari e corsi diaggiornamento, gruppi di lavoro su argo-menti didattici e dibattiti, proposte di poli-tica scolastica e associativa. La FNISM, che sirichiama alla laicità come metodo di con-fronto e di vaglio critico delle conoscenze,vuole il potenziamento della scuola pubbli-ca, scuola di tutti, la valorizzazione dellaprofessionalità docente, il riconoscimentodi uno status di soggetti del processo for-mativo alla componente studentesca, l’at-tribuzione ai capi di istituto di una funzio-ne di coordinamento dell’attività didatticae di gestione delle risorse scolastiche.È affiliata alla Fédération Européenne del’Enseignement et de la Culture, attraversola quale partecipa a programmi finanziatidell’Unione Europea e organizza scambi epartenariati. L’iscrizione si può effettuareversando la quota presso una delle sedilocali o utilizzando il c.c.p. n. 51494003intestato a “L’ECO della scuola nuova”, viaRocca di Papa 113, 00179 Roma o il c.c.b.Unicredit Iban: IT 35 Y 02008 051980004010200572 Intestato a Fnism -Federazione Nazionale Insegnanti. Sidovranno indicare, oltre alla causale delversamento, nome e cognome, indirizzo,materia/e di insegnamento, eventuale sededi servizio.

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