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1 LEGAMI CHIMICI E FORZE INTERMOLECOLARI Con termine LEGAME CHIMICO si indica una forza di natura elettrostatica che tiene uniti tra loro due atomi, da non confondere con le forze intermolecolari che si instaurano tra molecole. Qual è la spinta che conduce due atomi isolati ad instaurare un legame tra loro? Il guadagno di stabilità, ovvero il raggiungimento di uno stato a minore energia. Intuitivamente, minore è l’energia di un corpo, maggiore è la sua stabilità: siete più stabili in posizione seduta o mentre correte? Possedete più energia quando state correndo o se rimanete seduti? La stessa cosa vale per gli atomi che si uniscono tra loro formando un legame chimico. Ne deriva che la formazione di un legame chimico comporta la liberazione di una certa quantità di energia, tanto maggiore quanto più forte è il legame che si stabilisce tra gli atomi. Quindi, quando si forma un legami chimico si libera una certa quantità di energia, mentre se si vuole rompere un legame è necessario fornire energia. + + Si definisce energia di legame la quantità di energia liberata nel processo di formazione di un legame a partire dagli atomi isolati: più grande è l’energia liberata, più forte è il legame e minore è la distanza tra gli atomi. Il chimico statunitense G. Lewis, nel 1916, identificò negli elettroni del livello esterno (livello di valenza) i responsabili dell’unione tra atomi. Infatti, osservando il comportamento dei gas nobili, egli notò che essi esistono solo come molecole monoatomiche e, in condizioni normali, non hanno nessuna tendenza a legarsi. Inoltre, i gas nobili hanno otto elettroni nel guscio più esterno (ottetto), cosa che conferisce loro questa notevole stabilità. Lewis stabilì così la REGOLA DELL’OTTETTO secondo quale ogni atomo, in base al numero di elettroni di valenza, tende a cedere, acquistare o mettere in comune gli elettroni necessari al raggiungimento dell’ottetto completo. Per studiare la formazione dei legami, egli adottò una rappresentazione simbolica (simboli di Lewis) in cui gli elettroni di valenza sono indicati con puntini che si dispongono intorno al simbolo dell’atomo in numero massimo di otto seguendo la regola di Hund. Per comprendere meglio la regola dell’ottetto, seguono alcuni esempi. Il cloro, Cl, del gruppo VII A (alogeni) ha 7 elettroni di valenza perciò, nelle reazioni con altri elementi, cerca di acquistare un elettrone (dato che ha una elevata affinità elettronica) per raggiungere la configurazione ad ottetto dell’argon. Si forma così un anione, un atomo carico negativamente. In modo analogo si comportano gli altri elementi del VII gruppo, del VI e del V che acquistano rispettivamente 1,2,3 elettroni. E ENERGIA ENERGIA Formazione di un legame Rottura di un legame

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LEGAMI CHIMICI E FORZE INTERMOLECOLARI

Con termine LEGAME CHIMICO si indica una forza di natura elettrostatica che tiene uniti tra loro due atomi,

da non confondere con le forze intermolecolari che si instaurano tra molecole.

Qual è la spinta che conduce due atomi isolati ad instaurare un legame tra loro? Il guadagno di stabilità,

ovvero il raggiungimento di uno stato a minore energia.

Intuitivamente, minore è l’energia di un corpo, maggiore è la sua stabilità: siete più stabili in posizione seduta

o mentre correte? Possedete più energia quando state correndo o se rimanete seduti?

La stessa cosa vale per gli atomi che si uniscono tra loro formando un legame chimico. Ne deriva che la

formazione di un legame chimico comporta la liberazione di una certa quantità di energia, tanto maggiore

quanto più forte è il legame che si stabilisce tra gli atomi.

Quindi, quando si forma un legami chimico si libera una certa

quantità di energia, mentre se si vuole rompere un legame è

necessario fornire energia.

+

+

Si definisce energia di legame la quantità di energia liberata nel processo di formazione di un legame a partire

dagli atomi isolati: più grande è l’energia liberata, più forte è il legame e minore è la distanza tra gli atomi.

Il chimico statunitense G. Lewis, nel 1916, identificò negli elettroni del livello esterno (livello di valenza) i

responsabili dell’unione tra atomi. Infatti, osservando il comportamento dei gas nobili, egli notò che essi

esistono solo come molecole monoatomiche e, in condizioni normali, non hanno nessuna tendenza a legarsi.

Inoltre, i gas nobili hanno otto elettroni nel guscio più esterno (ottetto), cosa che conferisce loro questa

notevole stabilità. Lewis stabilì così la REGOLA DELL’OTTETTO secondo quale ogni atomo, in base al numero

di elettroni di valenza, tende a cedere, acquistare o mettere in comune gli elettroni necessari al

raggiungimento dell’ottetto completo. Per studiare la formazione dei legami, egli adottò una

rappresentazione simbolica (simboli di Lewis) in cui gli elettroni di valenza sono indicati con puntini che si

dispongono intorno al simbolo dell’atomo in numero massimo di otto seguendo la regola di Hund.

Per comprendere meglio la regola dell’ottetto, seguono alcuni esempi. Il cloro, Cl, del gruppo VII A (alogeni) ha 7 elettroni di valenza

perciò, nelle reazioni con altri elementi, cerca di acquistare

un elettrone (dato che ha una elevata affinità elettronica)

per raggiungere la configurazione ad ottetto dell’argon. Si

forma così un anione, un atomo carico negativamente.

In modo analogo si comportano gli altri elementi del VII gruppo,

del VI e del V che acquistano rispettivamente 1,2,3 elettroni.

E

ENERGIA

ENERGIA

Formazione di un

legame

Rottura di un

legame

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Il sodio, Na, del gruppo I A (metalli alcalini) ha 1 elettrone di

valenza perciò, nelle reazioni con altri elementi, cerca di

cedere il suo elettrone (avendo una bassa energia di

ionizzazione) per raggiungere la configurazione ad ottetto del

neon. Si forma così un catione, un atomo carico

positivamente.

In modo analogo si comportano gli elementi del I gruppo, del

II e del III che cedono rispettivamente 1,2 3 elettroni.

Quindi, il fatto che gli elettroni di valenza siano alla base della formazione dei legami permette anche di

spiegare il comportamento chimico degli elementi di uno stesso gruppo: le loro proprietà chimiche devono

essere molto simile poiché nella Tavola Periodica le configurazioni elettroniche esterne si presentano uguali

per colonna.

Negli anni Trenta del secolo scorso, L. Pauling affermò che per formare legami chimici è necessaria la

presenza nell’atomo di elettroni spaiati, ovvero di orbitali incompleti. Secondo la sua teoria del legame di

valenza (Valence Bond o VB), il tipo e il numero di legami che gli atomi sono in grado di stabilire si spiegano

tenendo presente che gli orbitali semioccupati dei loro livelli di valenza si sovrappongono.

I legami interatomici si instaurano tra atomi o tra ioni per formare molecole e sono molto forti

(50 – 250 kcal/mol). A seconda che avvengano per acquisto, cessione o condivisione di elettroni si distinguono

in legame ionico, legame covalente e legame metallico.

Una prima distinzione tra essi si può effettuare considerando la differenza di elettronegatività En tra gli

atomi coinvolti nel legame. L’elettronegatività è la misura della tendenza di un atomo ad attrarre su di se gli

elettroni di legame; ideata da L. Pauling, è espressa da un numero adimensionale presente sulla Tavola

Periodica e varia seguendo lo stesso andamento dell’energia di ionizzazione e dell’affinità elettronica:

aumenta lungo il periodo e diminuisce lungo il gruppo (l’elemento più elettronegativo è il fluoro e, non a

caso, gli elementi più elettronegativi sono i non metalli che si trovano in alto a destra). Orientativamente, se

En > 1,7 il legame è ionico, mentre se En < 1,7 il legame è covalente; all’interno dell’intervallo 0 – 1,7 si

distinguono ulteriormente il legame covalente puro per 0 < En < 0,4 e il legame covalente polare per

0,4 < En < 1,7.

LEGAMI CHIMICI

IONICO COVALENTE METALLICO

PURO POLARE DATIVO

COVALENTE PURO COVALENTE POLARE IONICO

0 0,4 1,7

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LEGAME IONICO

Il legame ionico si forma in seguito al trasferimento di uno o più elettroni tra atomi con conseguente

formazione di ioni di carica opposta che si attraggono reciprocamente. Ovviamente, non può mai instaurarsi

tra atomi dello stesso tipo, anzi, vista la notevole differenza di elettronegatività richiesta, si realizza tra metalli

e non metalli.

Sono di seguito riportati alcuni esempi di formazione del legame ionico.

Formazione della molecola di cloruro di sodio, NaCl (il comune sale da cucina).

Na Cl Na+ Cl - ≡ Na+ Cl- O,9 3,0 (3,0 – 0,9) = 2,1

Formazione della molecola di ossido di magnesio, MgO (leggero purgante ed antiacido).

Mg O Mg2+ O 2- ≡ Mg2+ O2-

1,2 3,5 (3,5 – 1,2) = 2,3

Formazione della molecola di cloruro di bario, BaCl2 (mordente nell’industria tessile).

Ba Cl 0,9 3,0 Ba2+ 2 Cl - ≡ Ba2+ Cl2- Cl (3,0 – 0,9) = 2,1

LEGAME COVALENTE

Il legame covalente consiste nella condivisione di coppie di elettroni di valenza tra due atomi uguali o diversi,

con differenza di elettronegatività comunque minore di 1,7.

I due atomi mettono in comune elettroni spaiati attraverso una parziale sovrapposizione degli orbitali atomici

che li contengono: i due orbitali si compenetrano l’uno nell’altro per una certa regione di spazio che

appartiene contemporaneamente ad entrambi gli orbitali e, di conseguenza, gli elettroni che si trovano in

questo spazio appartengono contemporaneamente ai due atomi che si legano.

Un legame covalente è detto PURO quando si forma tra atomi della stessa specie o tra atomi diversi, ma con

valori molto vicini di elettronegatività. Gli elettroni che vengono messi in comune tra i due atomi sono attratti

con la stessa forza da entrambi i nuclei e sono pertanto condivisi in maniera uguale, ovvero con distribuzione

simmetrica lungo la retta che congiunge i due nuclei.

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Formazione della molecola di idrogeno, H2.

L’atomo di idrogeno possiede un solo elettrone nell’orbitale 1s; per raggiungere una maggiore stabilità, deve

assumere la configurazione elettronica del gas nobile più vicino, l’elio (1s2): tende perciò a formare un legame

covalente con un altro atomo che mette a disposizione un altro elettrone. Se due atomi di idrogeno si

avvicinano, gli orbitali s di entrambi gli atomi si fondono a formare un’unica nuvola elettronica, che avvolge

entrambi i nuclei e contiene ora due elettroni ed è più stabile.

orbitale 1s orbitale 1s sovrapposizione

H H H H ≡ H – H

Formazione della molecola di cloro, Cl2.

L’atomo di cloro ha configurazione elettronica esterna s2p5, per cui i due elettroni che vengono messi in

compartecipazione per realizzare l’ottetto appartengono a orbitali p e l’orbitale molecolare che ne risulta

avrà una forma diversa da quella della molecola di idrogeno.

Un legame covalente POLARE si forma tra atomi che hanno elettronegatività diversa, ma non tanto diversa

da rendere possibile la formazione di ioni. I due atomi mettono in comune i loro elettroni spaiati tramite la

sovrapposizione degli orbitali, ma la coppia di elettroni di legame non è equamente condivisa: gli elettroni

passano più tempo attorno all’atomo più elettronegativo, rendendolo parzialmente negativo, mentre l’altro

atomo diviene parzialmente positivo (non c’è un trasferimento completo di un elettrone, quindi non si

formano ioni).

Cl Cl

Cl

Cl

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Formazione della molecola di acido cloridrico, HCl.

L’atomo di idrogeno ha un elettrone spaiato nell’orbitale 1s mentre l’atomo di cloro ha un elettrone

spaiato in uno degli orbitali 3p. Quando i due atomi si avvicinano i due orbitali si sovrappongono formando

il legame covalente; l’atomo di cloro, essendo più elettronegativo, attira su di sé la coppia elettronica di

legame ed acquista una parziale carica negativa, mentre l’idrogeno una parziale carica positiva (la parziale

carica si indica con la lettera greca delta seguita dal segno della carica). In tal modo, gli elettroni di

legame non sono distribuiti in maniera simmetrica tra i nuclei e la molecola si comporta come un dipolo

elettrico, cioè come un’unità che ha cariche di segno opposto alle due estremità.

Formazione della molecola di acqua, H2O.

L’atomo di ossigeno ha sei di elettroni di valenza di cui quattro negli orbitali 2p: una coppia in un orbitale

p e gli altri due spaiati nei rimanenti orbitali p. Gli orbitali p semipieni dell’ossigeno si sovrappongo con gli

orbitali s dei due atomi di idrogeno originando due legami covalente polari in cui l’ossigeno acquista una

parziale carica negativa.

H H H H

O

O

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Riassumendo:

Alcuni atomi che possiedono più di un elettrone spaiato da mettere in comune possono formare LEGAMI

MULTIPLI come nel caso delle molecole di O2 e N2. Nell’ossigeno è presente un doppio legame, mentre

nell’azoto un triplo legame.

Un legame multiplo è sempre costituito da due tipi di legami covalenti:

1. il legame sigma che deriva dalla sovrapposizione frontale di due orbitali lungo la retta che congiunge i

nuclei degli atomi coinvolti; gli elettroni di legame si trovano quindi tra i due nuclei e tale legame è molto

forte:

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2. il legame pi greco che deriva dalla sovrapposizione laterale di due orbitali p: gli elettroni di legame si

trovano al di fuori della retta che congiunge i due nuclei ed il legame che ne deriva è più debole.

Nella molecola di ossigeno, O2, i due

atomi formano un doppio legame,

mettendo in comune due coppie di

elettroni per raggiungere l’ottetto;

solo uno dei due legami è di tipo sigma

(σ), mentre l’altro è lungo una retta

perpendicolare al legame sigma, per

cui la nuvola elettronica non può

avvolgere completamente l’asse di

legame.

La molecola di azoto, N2, forma un

legame triplo, con tre coppie di

elettroni, appartenenti a orbitali p e

quindi disposti lungo rette tra loro

perpendicolari: solo un legame è di

tipo σ, mentre il secondo e il terzo

legame tra i due atomi di azoto sono

di tipo π, perché gli orbitali molecolari

che si vengono a formare non

includono la retta che collega i due

nuclei.

Quando due atomi instaurano legami multipli uno solo è di tipo , mentre tutti gli altri saranno (poiché una

sola sovrapposizione degli orbitali può essere frontale). Ne segue che un doppio legame consiste in un legame

e in un legame (condivisione di due coppie di elettroni = 4 elettroni di legame), mentre un triplo legame

in un legame e due legami (condivisione di tre coppie di elettroni = 6 elettroni di legame).

Un legame multiplo è sempre più corto di un legame singolo, essendo gli atomi vincolati più saldamente.

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Un caso particolare è il LEGAME COVALENTE DATIVO in cui un unico atomo (donatore o nucleofilo) fornisce

entrambi gli elettroni per metterli in comune con un altro atomo (accettore o elettrofilo).

Gli atomi che partecipano a tale legame devono rispettare i seguenti requisiti:

1. il donatore deve possedere almeno una coppia di elettroni non impegnata in altri legami;

2. l’accettore deve avere un orbitale vuoto nel suo livello di valenza e, ricevendo la coppia, deve completare

la sua configurazione esterna.

Un esempio di legame dativo è dato dallo ione ammonio in cui l’ammoniaca,

NH3, funge da donatore avendo una coppia di elettroni non condivisa

nell’orbitale 2s, e lo ione H+ da accettore, essendo un orbitale 1s vuoto.

Altro esempio è dato dai

composti del cloro con

l’ossigeno e l’idrogeno: in

questo caso il cloro funge

da donatore e l’ossigeno

da accettore.

Ma come può l’ossigeno accettare una coppia di elettroni dal cloro se ha tutti gli orbitali p occupati?

Semplice! Di necessità virtù… il raggiungimento dell’ottetto induce l’atomo di ossigeno ad accoppiare i suoi

due elettroni spaiati in un unico orbitale p, liberando così un orbitale che diviene capace di ricevere la coppia

di elettroni messa in comune dal cloro.

A questo punto è opportuno sottolineare la differenza fondamentale esistente tra il legame ionico ed il

legame covalente. Mentre nei legami covalenti esiste un vincolo diretto tra un atomo e l’altro, rappresentato

dalla coppia di elettroni nelle formule di Lewis o dalla sovrapposizione degli orbitali nel metodo VB, ciò non

si verifica nel legame ionico dove cationi ed anioni sono indipendenti l’uno dall’altro e sono uniti solo a causa

dell’interazione elettrostatica.

Il legame covalente puro ed il legame ionico sono comunque solo casi estremi; la maggior parte dei legami è

di tipo covalente polare. Il legame ionico può essere considerato come la deformazione estrema della nuvola

elettronica che costituisce il legame covalente polare; infatti, mentre nel legame covalente polare la coppia

elettronica di legame si trova per più tempo vicino all’atomo più elettronegativo, nel legame questa vi sta

quasi sempre, ovvero l’elettrone si trasferisce definitivamente sull’atomo.

Ne deriva che il passaggio dal legame ionico al legame covalente non è netto, ma avviene in modo graduale

(si parla infatti di % di carattere ionico).

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LEGAME METALLICO

Il legame metallico consiste nella sovrapposizione degli orbitali relativi agli elettroni spaiati di ciascun atomo

presente, da cui prende origine un’unica nube elettronica, formata dagli elettroni di valenza di tutti gli atomi

in continuo movimento, che tiene uniti gli ioni positivi.

Infatti, i metalli presentano una bassa energia di ionizzazione per cui gli elettroni di valenza sono trattenuti

molto debolmente dai nuclei; questo fa sì che essi possano facilmente “scappare” e muoversi tra i vari cationi,

con un effetto di delocalizzazione elettronica.

In altre parole, tale legame è un “mare di elettroni” che avvolge fortemente gli ioni metallici positivi,

vincolandoli in posizioni ben definite e originando un aggregato cristallino.

Ma come le varie molecole di una sostanza interagiscono tra loro in modo da permetterne l’aggregazione nei

vari stati fisici? Se non esistessero interazioni tra molecole della stessa sostanza, questa si presenterebbe

esclusivamente allo stato gassoso. Quindi, l’esistenza di solidi e liquidi in grande quantità consente di

affermare che esistono interazioni tra le molecole, dette FORZE INTERMOLECOLARI, molto meno intense dei

legami chimici veri e propri, ma estese contemporaneamente a più molecole.

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LEGAME A IDROGENO (LEGAME H o PONTE DI IDROGENO)

Il legame a idrogeno è una forza attrattiva che si instaura tra molecole che contengono un atomo di idrogeno

legato covalentemente a un atomo piccolo, molto elettronegativo e con una coppia elettronica libera (N, O,

F).

Il legame a idrogeno è circa 10 volte più debole di un legame covalente.

Il legame a idrogeno è il responsabile di molte proprietà dell’acqua quali la

minore densità del ghiaccio rispetto all’acqua liquida e l’elevato punto di

ebollizione. Infatti, la molecola di acqua contiene due legami covalenti

polari per cui l’ossigeno, parzialmente negativo, è capace di legare due

atomi di idrogeno, parzialmente positivi, di altre molecole di acqua; ne

segue che le molecole di acqua allo stato solido ed allo stato liquido sono

tutte collegate tra loro.

L’elevato punto di ebollizione dell’acqua rispetto a sostanze di struttura

simile, come il solfuro di idrogeno [H2S], è spiegato proprio dalla presenza

di numerosi legami idrogeno che devono essere rotti per farla evaporare.

Questo spiega perché a temperatura ambiente l’acqua si trova allo stato liquido, mentre il solfuro di idrogeno

allo stato gassoso.

Il ghiaccio (b) è meno denso dell’acqua

liquida (a) (galleggia sulla stessa) perché allo

stato solido i legami idrogeno tra le molecole

di acqua determinano una struttura

reticolare molto ordinata la quale, durante la

fusione, origina un sistema molto più

compatto di molecole (che occupa un

volume minore).

Altre sostanze capaci di formare legami idrogeno sono l’ammoniaca [NH3] e l’acido fluoridrico [HF].

FORZE INTERMOLECOLARI

LEGAMI A IDROGENO INTERAZIONI

DIPOLO - DIPOLO

FORZE DI VAN DER WAALS

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INTERAZIONI DIPOLO - DIPOLO

Si instaurano tra molecole polari, ovvero sostanze che presentano un dipolo permanente come, ad esempio,

l’acido cloridrico [HCl]. Si tratta sempre di forze di attrazione elettrostatica tra parziali cariche opposte

presenti nelle molecole.

FORZE DI VAN DER WAALS (FORZE DI LONDON)

Si instaurano tra molecole apolari, prive cioè di una parziale separazione di carica. Una molecola apolare

forma un dipolo istantaneo in seguito ad uno sbilanciamento della distribuzione di elettroni e questo induce

dei dipoli indotti nelle molecole vicine che pertanto subiscono una reciproca attrazione elettrostatica.

Ammoniaca

Acqua

Ripiegamento di una catena proteica dovuto alla formazione di legami idrogeno tra gli atomi di ossigeno legati al carbonio e gli atomi di idrogeno legati all’azoto

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A rigore tra molecole polari e apolari possono

generarsi altre forze di attrazione elettrostatica

riconducibili comunque ai modelli sopra visti: le

interazioni dipolo – dipolo indotto tra molecole

polari e molecole inizialmente apolari e le

interazioni ione – dipolo.

Prima di vedere come i legami chimici e le forze intermolecolari influiscono sullo stato di aggregazione delle

varie sostanze, si riporta un quadro riassuntivo di queste interazioni in termini di forza relativa.

PROPRIETA’ DEI SOLIDI IN FUNZIONE DEL TIPO DI LEGAME

La materia si presenta allo stato solido quando le attrazioni che vincolano le particelle (atomi, ioni o molecole)

sono più forti delle vibrazioni dovute all’agitazione termica. In fase solida i legami chimici costringono le

particelle in posizioni reciproche fisse creando strutture altamente ordinate e con specifiche geometrie

regolari che si ripetono: il CRISTALLO. Da sottolineare che alcuni solidi, ad esempio il vetro e l’ossidiana

(roccia effusiva di origine vulcanica), non presentano tale struttura cristallina e le loro particelle costituenti

sono disperse in modo casuale (solidi amorfi).

L’ordine caratteristico di un solido cristallino è

dovuto al reticolo cristallino, una struttura

formata da punti (nodi del reticolo) che indicano le

posizioni occupate in un cristallo dagli atomi (nei

solidi covalenti), dagli ioni (nei metalli e nei solidi

ionici) o dalle molecole (nei solidi molecolari). Ogni

reticolo è una ripetizione ordinata e periodica nello

spazio di blocchi identici di punti detti celle

elementari.

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SOLIDI IONICI

Nei solidi ionici ogni ione è attratto dagli altri di segno opposto che si sistemano secondo orientazioni imposte

dalle rispettive dimensioni. Infatti, anioni e cationi hanno dimensioni molto diverse, ma solitamente più

grande è un catione (o un anione) maggiore è il numero di anioni (o cationi) con cui esso può venire in

contatto.

Si origina così una struttura in cui gli ioni sono fortemente vincolati tra loro con conseguenti alti punti di

fusione e elevata durezza, ma con superfici di frattura molto nette disposte secondo piani in cui il vincolo tra

gli ioni è minore.

SOLIDI CRISTALLINI

IONICI COVALENTI METALLICI MOLECOLARI

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I composti ionici non conducono corrente allo stato solido (gli ioni sono vincolati nelle posizioni fisse e non

possono muoversi), ma sono buoni conduttori allo stato fuso o in soluzione acquosa perché gli ioni divengono

liberi di muoversi in seguito della rottura dei legami ionici.

SOLIDI COVALENTI (RETICOLARI)

Sono costituiti da atomi (uguali o diversi) tutti uniti tra loro da legami covalenti, molto forti, per cui mostrano

anch’essi elevata durezza ed alti punti di fusione. Dato che gli atomi sono disposti in modo da costruire un

reticolo tridimensionale in cui tutti gli elettroni di valenza sono occupati nei legami, è impossibile che essi

conducano corrente elettrica.

Tipici esempi di solidi covalenti sono il diamante, la grafite ed il quarzo.

Diamante e grafite sono costituiti da carbonio puro, ma le loro proprietà

sono nettamente diverse proprio a causa della disposizione degli atomi nel

reticolo cristallino. Nel diamante gli atomi di carbonio si dispongono in una

struttura tridimensionale altamente compatta la cui cella elementare è

rappresentata da un tetraedro che

forma un reticolo cubico, mentre

nella grafite essi costituiscono una

struttura planare formata da

esagoni. I diversi strati sono tenuti

insieme da una nuvola elettronica

simile a quella che caratterizza il legame metallico.

Ne segue che il diamante è duro ed isolante, mentre la grafite è facilmente sfaldabile e buona conduttrice di

elettricità.

Il quarzo [silice, SiO2] è costituito da atomi di silicio e di ossigeno disposti in

una struttura simile a quella del diamante che si ripete nello spazio formando

differenti reticoli cristallini. Pertanto, esistono numerose varietà di quarzo tra

le quali l’ametista.

L’analogo solido amorfo del quarzo è il

vetro, costituito sempre da silice, ma con

disposizione casuale degli atomi.

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SOLIDI METALLICI

In questi solidi gli elettroni messi in comune dagli atomi permeano come un “gas” gli spazi tra gli ioni positivi

che si sono formati. In un metallo gli atomi presenti hanno le stesse dimensioni per cui, all’atto della

cristallizzazione, essi si dispongono in modo da occupare il minor spazio possibile in reticoli esagonale

compatto (EC) tipica di zinco, cobalto, magnesio, zirconio,

rutenio, osmio e di molti lantanidi, o cubico a facce centrate

(CFC) caratteristica di nichel, rame, rodio, palladio, argento,

indio, platino e oro. Ferro, cromo, molibdeno, tungsteno e

tutti i metalli alcalini assumono una struttura cubica a corpo

centrato (CCC).

Ne deriva che la diversa struttura con cui gli atomi si dispongono nel reticolo influisce sulle caratteristiche

tecnologiche: la CFC conferisce ai metalli notevole duttilità e malleabilità.

La struttura a ioni immersi in un “gas” di elettroni spiega la buona conducibilità termica e elettrica dei metalli

e la loro eccezionale deformabilità (interi blocchi di atomi possono scorrere tra di loro senza che si rompa il

reticolo cristallino); esempi notevoli sono l’oro che può essere lavorato a foglie nella tecnica artistica della

doratura e l’alluminio che può essere ridotto in sottili fogli (la carta stagnola per avvolgere gli alimenti).

SOLIDI MOLECOLARI

Sono sostanze costituite da molecole che si attraggono grazie al legame idrogeno, al legame dipolo – dipolo

ed alle forze di Van der Waals; i nodi del reticolo sono quindi occupati da molecole tenute insieme da deboli

interazioni. Questo spiega il loro basso punto di fusione rispetto ai solidi finora visti.

Le sostanze costituite da molecole apolari presentano deboli legami tra le molecole (forze di van der Waals)

e forti legami tra gli atomi; sono pertanto allo stato gassoso (H2, Cl2, O2, N2) e quelle solide sono tenere e

basso-fondenti (I2, P4, S8). Non conducono corrente né allo stato solido né allo stato liquido.

IODIO

FOSFORO ROSSO ZOLFO

Page 16: LEGAMI CHIMICI E FORZE INTERMOLECOLARI · raggiungimento dell’ottetto ompleto. Per studiare la formazione dei legami, egli adottò una ... Per omprendere meglio la regola dell’ottetto,

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Le sostanze costituite da molecole polari hanno invece legami intermolecolari più forti (dalle interazioni

dipolo – dipolo ai legami a idrogeno) per cui hanno punti di fusione e di ebollizione maggiori. Ne sono esempi

il ghiaccio e lo zucchero.

Concludendo: