44
Anno CXIII G GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1 DCB Ferrara copertina antza 1_2 - 2020_34918-cope antza 2-06 v5 03/06/20 09:01 Pagina 1

L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

  • Upload
    others

  • View
    3

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

Anno CXIIIGGENNAIO - APRILE2020

L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA1-2

R I V I S T A B I M E S T R A L E

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1 DCB Ferrara

copertina antza 1_2 - 2020_34918-cope antza 2-06 v5 03/06/20 09:01 Pagina 1

Page 2: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

NEVE NEL SAHARA (S. Bertuzzi)...............................................

IL COVID-19: NIENTE SARÀ COME PRIMA. ANCHE L’AGRICOLTURA? (L. Fiano) .........................................................

SICUREZZA ALIMENTARE A RISCHIO IN UN MERCATOCOMUNITARIO FRAGILE (L. Fiano).............................................

STUDI NIR PER LE ANALISI DI LABORATORIO(M. Benazzi, G. Campagna) ...............................................................

ZUCCHERIFICIO DI CASEI GEROLA (A. Lazzari) ..............

FRA ZUCCHERO E ALCOOL: LE VICENDE DEL SORGOE LA VISIONE INDUSTRIALE DI MONTESI (1935-1939)(L. Aldini) ..........................................................................................

LE TECNICHE “STORICHE” DI DEZUCCHERAZIONE DEIMELASSI (A. Valente)......................................................................

Pag. 1

» 3

» 6

» 9

» 17

» 24

» 32

BABBINI S.p.A. ....................................................................................

BUCKMAN LABORATORIES ITALIANA S.r.l. - Milano ................

N.C.R. BIOCHEMICAL S.p.A. - Castello d’Argile (BO) ....................

» 1a cop.

» 2

» 40

S O M M A R I O

INDICE DEGLI INSERZIONISTI

Autorizzazione del Tribunale di Ferraran. 70 del 6.11.57.

Direzione, Amministrazione, RedazioneFERRARA - Via T. Speri, 5Segreteria telefonica e fax: (0532) 206009www.antza.net - [email protected]

Associata all'Unione StampaPeriodica Italiana (U.S.P.I.)

ISSN Periodico AGRISn. 0019 - 7734

SERGIO BERTUZZI

Direttore responsabile

SATE s.r.l. - Ferrara

In copertina:

BABBINI SPA

Località Belchiaro 135/A47012 Civitella di Romagna (FC) ItalyTel. 0543/983400 - Fax 0543/983424

www.babbinipresses.com

Mercoledì 1 aprile 2020, inesorabilmente colpito da Covid 19, è mancato

Paolo Arselli

Nato il 3 ottobre 1950, laureato in ingegneria, ha legato tutta la sua carriera professio-nale all’industria dello zucchero. Aveva cominciato giovanissimo a fare campagne sac-carifere nello zuccherificio di casa, a Sarmato, stabilimento del quale poi, per lungotempo, assunse la direzione. Passò, poi, alla direzione di San Quirico e là rimase finoalla pensione. Anche da pensionato continuò a tenersi impegnato come consulente diAziende di impianti industriale. Da sempre socio ANTZA, persona gentile ed affabile,seppe conquistare la stima di tutti quelli che ebbero l’occasione di conoscerlo, che ebbe-ro modo di apprezzare la sua competenza e preparazione. Alla moglie, signoraAnnaMaria, e al Figlio Giacomo, le sentite condoglianze di ANTZA.

copertina antza 1_2 - 2020_34918-cope antza 2-06 v5 03/06/20 09:01 Pagina 2

Page 3: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

1«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

F e r r a r a - V i a T i t o S p e r i , 5 - T e l . e F a x 0 5 3 2 . 2 0 6 0 0 9 E - M a i l : i n f o @ a n t z a . n e t

L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANAR i v i s t a b i m e s t r a l e d e l l 'A s s o c i a z i o n e N a z i o n a l ef r a i T e c n i c i d e l l o Z u c c h e r o e d e l l ' A l c o l e

NEVE NEL SAHARASergio Bertuzzi

Pregherò i cieli lassù per far cadere neve nelSahara (for snow to fall on the Sahara) cantaAnggun, con la sua straordinaria voce, per proteg-gere il suo amato dai raggi cocenti del deserto.Fatto straordinario tra la fine del 2016 e l’inizio del2017 in alcune zone del Sahara sono caduti 80 cen-timetri di neve. Siamo, allora, noi amanti dell’indu-stria dello zucchero italiano, indotti a pregare ilcielo perché, uscendo dalla tragedia Coronavirus,tra le tante cose che non potranno più essere comeprima, ci sia anche un atteggiamento più giustoverso una industria che è stata la grande protagoni-sta, nel secolo scorso, dell’occupazione e del benes-sere economico in quasi tutte le Regioni italiane.Anche in Sicilia, madre dello zucchero di canna inEuropa, si è costruito uno zuccherificio da bietole,a Motta sant’Anastasio, che fu chiuso, tra grandipolemiche, dopo pochi anni. Lodovico Fiano, inquesto giornale, sostiene che la nostra sicurezza ali-mentare è a rischio in un mercato comunitario fra-gile. Si è sempre pensato, ed in conseguenza agito,seguendo necessità del mercato e fatto produrrequasi tutto là dove, apparentemente, costava dimeno. Un tale indirizzo ha compromesso le produ-zioni meno competitive, con particolare riferimentoalle produzioni agricole, ampliando le dipendenzedelle aree deficitarie. Per l’industria italiana dellozucchero è stata una vera ecatombe. Diciannovefabbriche nel 2006 ridotte a due, settemila impiega-ti diretti, almeno tre volte tanti quelli avventizi.Prendendo in considerazione il lavoro nei campi,senza contare l’importanza della bietola nella rota-zione, il giro di affari delle imprese meccaniche,elettriche, delle costruzioni dei trasporti, dei forni-tori di mezzi tecnici, chimici ed agricoli, il giro diaffari e di persone coinvolte diventa enorme. Inquesto crollo verticale le Società saccarifere nonpossono solamente incolpare le varie OGM o ilWTO, che di loro, per la verità, ce ne hanno messoparecchio. Una buona fetta di responsabilità ce

l’hanno anche loro e la dividono ex aequo con leorganizzazioni agricole. Ben lontane da quei con-cetti che in questo numero del giornale ci illustranoAlessandro Lazzari, Lorenzo Aldini e AlessandroValente e che sempre avevano collegato l’industriadello zucchero alle innovazioni che la scienza e latecnica avevano approntato, soprattutto sfruttandociò che la chimica rendeva possibile produrre anchein zuccherificio, le Società saccarifere hanno prefe-rito una buona uscita per abbandonare il settorezucchero. Le Società presenti nel 2006 hanno pre-ferito accettare il contributo che la UE metteva adisposizione per smantellare gli stabilimenti sacca-riferi. Oggi rimane operativa solo la cooperativaCoprob (che non ha rinunciato al proprio contin-gente, mettendo in gioco solo parte di quello che gliapparteneva come socio di SACOFIN). Le pro-grammate ed annunciate riconversioni si sono limi-tate a due: Finale Emilia e Russi. Anche perMinerbio e Pontelongo la vita non appare per nien-te sicura. Il prezzo dello zucchero, ora che il petro-lio ha perso molto del suo valore e quindi la cannaservirà a produrre molto zucchero e poco alcool,non appare, nonostante il periodo tragico, in risali-ta: anzi. Occorre allora che tutta la filiera del setto-re sia concorde nel difendere lo zucchero prodottoin Italia, Gli agricoltori per non perdere l’opportu-nità di coltivare barbabietole: utili alla fertilità deiloro terreni e a reddito noto fin dalla semina, gliindustriali che hanno toccato con mano quanto siapericoloso non avere zucchero prodotto in prossi-mità delle loro fabbriche, il consumatore finale chesi è reso conto di quanto sia ingannevole certa pub-blicità che garantisce benessere a prezzi interessan-ti solamente per chi fornisce il prodotto. E occorresoprattutto che i nostri decisori che governano unaRepubblica che si basa sul lavoro sappiano difende-re i posti di lavoro, faticosamente creati da genera-zioni di italiani innovativi e creativi innamorati delproprio lavoro e degni di fiducia.

Anno CXIIIGENNAIO - APRILE20201-2

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 1

Page 4: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 2

Page 5: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

3«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

IL COVID-19: NIENTE SARÀ COME PRIMA. ANCHE L’AGRICOLTURA?

Lodovico Fiano

La pandemia ha colpito l’economia mondiale conuna dirompenza che, si teme, possa superare addi-rittura quella della Grande Depressione del 1929.Il FMI stima per il 2020 una contrazione del PILdel 3% nel mondo, del 7,5% in Europa, con laFrancia, la Germania e la Spagna rispettivamenteal 7,2%, 7%, 8%. Per l’Italia si prevede una con-trazione del 9,1% con un indebitamento del155,5% rispetto al PIL.Una crisi che non conosce confini geografici, conprevisioni incerte poiché dipendono dalla perma-nenza dell’emergenza sanitaria, dalla durata dellemisure di contenimento e dalla velocità della suc-cessiva ripresa. La recessione sarà inevitabilmenteprofonda, con un calo generalizzato dei prezzi ed ilforte rischio di trasformarsi in una lunga depressio-ne, azzerando i progressi degli ultimi dieci anni dilotta alla povertà. L’UE, frenata anche dalla instabi-lità governativa di molti Paesi, stenta a reagire. Senon troviamo rapidamente una risposta comune, ilprogetto europeo è esposto al prevalere dei nazio-nalismi o ad una deriva antidemocratica. Dovrebbe venirci in aiuto il patrimonio culturaledell’Europa. Solo una entità sopranazionale, qualeuna Unione europea integrata e solidale può atte-nuare le diseguaglianze e le insicurezze, rendendopiù efficaci le politiche interne degli Stati naziona-li ed inserendo armonicamente la propria politicaestera nel quadro internazionale. In definitiva unastrategia verso un’Europa che crei fiducia e parteci-pazione attraverso l’attivazione di azioni comuni,con finalità comuni ed estese a tutti gli Stati mem-bri. Occorrono interventi innovativi, congrui nellamisura e nei tempi, proporzionati per assicurarepari condizioni di indebitamento per le aree colpitedalla pandemia in modo differenziato, ma certa-mente senza alcuna diretta responsabilità di chi nesubisce gli effetti devastanti. Appare indispensabileuna forte condivisione, una distribuzione solidaledel debito, in assenza della quale si renderebberonecessari, al livello nazionale, interventi di risana-mento finanziario di dimensioni gigantesche, pre-giudizievoli sul piano degli equilibri economici edincidenti fortemente sull’ordine sociale.I mercati potrebbero essere indotti a dubitare dellanostra capacità di superare gli effetti di un enormeindebitamento. La reazione dei diversi Stati è forte-mente differenziata, con conseguenti tempi diversinella ripresa e differenti esposizioni finanziarie.Secondo alcune analisi l’Italia occuperebbe il 31°

posto, rispetto al 4° per la Germania, il 9° per gliUSA, il 14° per la Francia, il 23° per la Spagna.Non si può certo chiedere anche una mutualizzazio-ne dei debiti del passato che, però, pur dipendendoin gran parte da errori di politica nazionale, sonostati appesantiti da un forte rallentamento del pro-cesso di integrazione della UE. La pandemia giun-ge, infatti, trovando una Europa in piena e persi-stente congiuntura negativa. Se, pertanto, ingentiiniezioni di liquidità possono sostenere il supera-mento della crisi sanitaria è necessario, anticipandoi tempi, tendere con decisione a stemperare le con-dizioni che da troppo tempo rallentano la crescitanella UE.Anche sul piano della politica estera comunitaria siimpone, infatti, una vera e propria svolta, con l’o-biettivo di attenuare una forte discrasia rispetto allapolitica dei maggiori attori internazionali. Non sitratta certo di scadere in una sterile contrapposizio-ne tra liberismo e protezionismo: l’UE deve tende-re ad armonizzare i propri rapporti commerciali nelcontesto internazionale, rimodulando soprattutto leimportazioni dalle aree - incompatibili o a ridottacompatibilità per divari economici, sociali,ambientali - che spesso possono godere di condi-zioni produttive in forte deroga rispetto alle regoledi concorrenza. Non è certo proponibile la riattiva-zione di dazi oggi spesso solo virtuali, ma occorreagire soprattutto attraverso quote di importazioneche possano assicurare una armonica integrazionedei mercati. Non sono anche da escludere supportidiretti o indiretti (tipo Farm Bill USA) rapportatiall’andamento dei prezzi mondiali. La crisidell’Organizzazione Mondiale del Commercio,ormai del resto inadeguata per frenare gli effettiperversi di un accelerato processo di globalizzazio-ne ha, infatti, spinto da tempo importanti aree delmondo a proteggere il proprio mercato con barrieredaziarie riferite soprattutto alle produzioni strategi-che. Una tale politica spinge al ribasso i prezzimondiali, amplificando la dipendenza delle areedeficitarie. Il vecchio continente risulta in effettil’area più aperta del mondo soprattutto con specifi-co riferimento all’Agricoltura, ma anche per altricomparti manufatturieri, quali a titolo puramenteesemplificativo, l’acciaio e l’alluminio.Come può l’UE essere fideisticamente liberistaquando il resto del mondo risulta protezionista? Ladiscrasia appare evidente non solo all’esterno maanche all’interno della UE, per un deficit di armo-

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 3

Page 6: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

4 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

nizzazione fiscale, finanziaria, sociale oltre ad uninsufficiente coordinamento nella lotta all’evasionefiscale ed alla corruzione: un deficit che può esseresuperato richiamando i Capi di Stato ai valori origi-nari della Costruzione Europea. La forte ed espo-nenziale accelerazione nelle aperture commercialidella UE, spesso sulla base di accordi internaziona-li stipulati senza un’attenta ponderazione del con-seguente impatto sulle specifiche aree produttive esenza alcuna reciprocità in relazione alle possibilisituazioni di eccedenza o penuria dei prodotti, haamplificato il processo di internazionalizzazionedei mercati, rendendo le quotazioni internazionaliun riferimento pressoché vincolante per la forma-zione dei prezzi sul mercato interno. Un mercatoche è divenuto, quindi, sempre di più una compo-nente integrata del mercato internazionale. In unasituazione di prezzi bassi, vengono sacrificate leproduzioni meno competitive, donde il rischio diuna vera e propria espulsione dal tessuto produtti-vo. Ne deriva una sempre più ampia esposizione adun confronto impari ed ossessivo, rispetto ad areeche spesso in deroga alle regole della concorrenzahanno costi produttivi ridottissimi. Ne risultanopenalizzati i comparti meno competitivi, con parti-colare riferimento a quello agroalimentare, privoormai di quell’assoluta protezione riconosciuta findall’origine della PAC attraverso l’isolamento dallavolatilità e dalle perturbazioni del mercato mondia-le. Si riscopre, dunque, il valore strategico del com-parto agricolo, donde l’esigenza di un’attenta epuntuale verifica dello stato della nostraAgricoltura. All’inizio di ogni anno si rendono disponibili i datistatistici relativi agli scambi commerciali relativialla filiera alimentare, nonché alle proiezioni deimercati nel medio lungo termine. Tali dati, checostituiscono strumento essenziale per la program-mazione produttiva e conseguentemente puntualeriferimento per innestare un idoneo percorso diconsolidamento competitivo, rischiano oggi diessere gli ultimi veramente affidabili, a causa deglieffetti imprevedibili della pandemia covid-19.Il bilancio agroalimentare del 2019 presenta undeficit agricolo, del 55,13% per l’Italia e del 57,3%per l’UE, del tutto sottostimato in quanto correlatoa valori doganali attestati ad un persistente e bassolivello dei prezzi mondiali. Tale deficit viene più omeno compensato da un vistoso surplus commer-ciale dell’industria agroalimentare: il 24,5% perl’Italia ed il 63,10% per l’UE. Un confronto oltre-tutto che, basato su valori medi, non rappresentacerto i forti differenziali produttivi delle diversearee. Si è sempre pensato ed in conseguenza agito

seguendo necessità del mercato e fatto produrrequasi tutto là dove, apparentemente, costava dimeno. L’Italia, più di altri Paesi, appare maggior-mente esposta ad una estensione sempre più ampiadello status di trasformatore di prodotti agricoliimportati, poiché gli acquisti a prezzo ridotto fannoaggio sulla qualità, con pesante impatto all’esternoma anche all’interno dell’Unione Europea. Gliscambi intra UE sono, infatti, prevalenti nel nostrobilancio, donde il rischio fondato di un ulteriore edirreversibile riduzione del nostro tasso di autoap-provvigionamento agricolo. Oltretutto il Made inItaly, in assenza di rigorose e puntuali regole sul-l’etichettatura delle confezioni, troppe volte risultasolo apparente, ancorché goda dell’assoluto affida-mento dei consumatori in marchi la cui radice èprofondamente ancorata nelle tradizioni: una ita-lianità enfatizzata ma falsata troppo spesso quandola proprietà passa ad imprese multinazionali.Come straniero in alcuni casi addirittura risultanoil prodotto, il confezionamento e perfino la rete didistribuzione: una sorta di italian sounding all’in-verso. L’Agricoltura, soprattutto per la sua valenzastrategica, costituisce un comparto molto impor-tante non solo per sé stessa ma perché per la suaridotta competitività anticipa il processo di margi-nalizzazione che investirà progressivamente moltialtri comparti, in un mercato esposto ad una spie-tata ed ossessiva concorrenza ed in assenza di ido-nei ammortizzatori.L’agricoltura europea dovrà adeguarsi anche ainuovi indirizzi già evidenziati nel corso del nego-ziato di riforma della PAC. La nuova politicaGreen lanciata dalla Commissione europea godedi un forte sostegno di molti analisti, che accusanola Politica agricola di aver contribuito all’attualeemergenza climatica, senza raggiungere gli obiet-tivi socio-economici per le aree rurali. Il modellodi agricoltura intensiva porta direttamente alla per-dita di biodiversità, all’inquinamento dell’acqua edell’area. Si chiede con forza la diminuzione delladipendenza dalle sostanze chimiche di sintesi,pesticidi e fertilizzanti chimici ed un aumento deicontrolli e del monitoraggio dell’efficacia ambien-tale degli interventi finanziati. La emergenza sani-taria accelererà tale svolta, con drastica prevalen-za degli aiuti ambientali rispetto agli interventicomunque legati direttamente o indirettamentealle produzioni o alle superfici investite. Appare,pertanto, indilazionabile anticipare una nuovavisione programmatica, acquisendo nuovi stru-menti di sostegno dei redditi agricoli. Siamo difronte ad un radicale cambio di paradigma per pas-sare dalla logica della compensazione di reddito a

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 4

Page 7: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

5«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

quella del recupero della competitività.Le proiezioni a medio termine 2019-2030, contenu-te nel Rapporto annuale della Commissione UE, sibasano su un’analisi sistematica che, riproducendoper il futuro una parte della incertezza del passato,adotta coefficienti di variabilità attorno ad una lineadi base plausibile: una ottimazione stocastica chenon poteva certo considerare gli effetti di una emer-genza sanitaria che, per la sua tonalità pandemica,induce a considerare una recessione globale noncerto una visione distopica ma pressoché scontata.La emergenza sanitaria ha accentuato la crisi uncommercio internazionale fragile e fortementedipendente dalla Cina.Il commercio internazionale non sarà più lo stessodopo questa crisi, ma appare difficile contare sullapiena disponibilità dei principali attori mondiali adassicurare un nuovo e stabile equilibrio per gliscambi commerciali.L’emergenza sanitaria ha risvegliato un oscurosenso di incertezza e di paura che, come nell’annoMille in attesa dell’apocalisse, spinge ad una lettu-ra introspettica nel profondo della propria intimità,alla ricerca dello spirito vitale di ogni esistenza: unbisogno ancestrale che comprende – anche a causadi una sempre più pressante crisi occupazionale –una incontrollabile ricerca del cibo, assopita datempo illimitato nelle aree sviluppate e relegata allefasce più povere ed emarginateTutti i paesi a partire dalla Cina vengono spintiverso un processo di de-globalizzazione con untrasferimento della produzione in luoghi vicini alconsumo: una sorta di semi-autosufficienza dellegrandi regioni che può creare picchi di prezzo edifficoltà di approvvigionamento estremamentepericolose. In caso di un aumento generalizzatodei prezzi, quale sarà il nostro costo alimentare?Appare emblematico il caso della produzione diriso a Myammar, un Paese tradizionalmenteesportatore in 50 Paesi con flussi verso la Cina peril 40%. Sono state sospese le licenze di esporta-zione in seguito alla dichiarazione di pandemia, alfine scongiurare accaparramenti sotto la spinta delpanico.A livello nazionale si impone, in definitiva, un per-corso di consolidamento competitivo non più rin-viabile, che preveda interventi radicali sul pianocolturale e su quello delle strutture di trasformazio-ne: semplificazione burocratica, contenimentodegli oneri fiscali, una innovazione tecnologica nelperseguimento del più alto livello qualitativo equantitativo e, nel contempo, nella salvaguardiaassoluta della sicurezza alimentare. Una indispen-sabile integrazione delle remunerazioni agricole

può senza meno derivare, previo coinvolgimentodel mondo agricolo nella ristrutturazione di impor-tanti impianti industriali, dall’utilizzo biotecnologi-co delle componenti molecolari dei residui agrico-li, con conseguente acquisizione di un più alto valo-re aggiunto. Alcuni percorsi tradizionali subirannocondizionamenti assoluti ed inevitabili e dovrannoessere oggetto di adattamenti finalizzati ad un con-solidamento competitivo.In concreto, a titolo esemplificativo: aiuti ambien-tali in sostituzione dei tradizionali supporti assi-stenzialisti, colture ed allevamenti non intensivicon abbattimento dei fitofarmaci ed antibiotici,innovazione a livello coltivazione/allevamenti,confezionamento e distribuzione conseguendo unafiliera integrata, con conseguente verifica dei mar-gini della grande distribuzione, a vantaggio degliagricoltori: una nuova e lungimirante politica agri-cola.Secondo alcuni solo l’Europa può guidare vero unnuovo umanesimo che ponga la persona al centro diun credo collettivo mondiale. Una sorta di iperura-nio platonico con una IDEA da cui, attraverso laintermediazione degli spiriti eletti possa derivare lasostenibilità del pianeta.Platone, ispiratore di tale visione politica si salvòdalla condanna a morte di Dionisio solo fuggendoda Siracusa. Il nuovo umanesimo deve, piuttosto,alimentarsi con la condivisione attiva di ogni indi-viduo. Con il Covid-19 stiamo sperimentando lasolitudine, la paura, i morti, il dolore, la sospensio-ne della libertà con un disagio che molti hanno assi-milato all’esperienza di una guerra. L’esperienza cimette di fronte ad un senso del limite – non possia-mo avere tutto – ed alla necessità di legami solida-li, rinnovando un istinto primigenio di una comuneappartenenza. Un sentimento di vicinanza chedovremmo mantenere intatto finita l’emergenza,per non tornare ad un individualismo ancora piùagguerrito. Continuiamo a dirci che niente saràcome prima. Il Covid-19, anche per effetto delnecessario distanziamento sociale, rende le relazio-ni umane sempre più on line. Le persone diventanocomponenti totalmente integrati che funzionanocosì come dispongono e comandano algoritmi chesi vanno affrancandosi dalla coscienza. Algoritmidi grande intelligenza che potranno conoscercimeglio di quanto noi conosciamo noi stessi. Unmodello perverso che diventando anche una normadi organizzazione sociale si traduce nell’abbandonodella democrazia e della libertà E’ possibile restareumani, senza delegare la nostra vita ad un algorit-mo? Il futuro dell’umanità dipende dalla rispostache verrà data a questa domanda.

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 5

Page 8: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

6 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

SICUREZZA ALIMENTARE A RISCHIO IN UN MERCATO COMUNITARIO FRAGILE

Lodovico Fiano

Il commercio mondiale subisce da moltotempo un profondo squilibrio. Sono stateerette barriere tariffarie e non tariffarie,estese anche sul piano monetario e finan-ziario: una vera: e propria guerra dei dazi.Appare difficile contare sulla piena dispo-nibilità dei principali attori mondiali adassicurare una indispensabile pacificazionedei rapporti internazionali. Del resto,l’Organizzazione Mondiale del Commercioappare del tutto inadeguata a regolare l’at-tuale realtà commerciale. Il vecchio continente risulta l’area piùaperta del mondo. Sul piano commercialecomunitario si impone, quindi, una vera epropria svolta, con l’obiettivo di attenuareuna evidente discrasia nel contesto interna-zionale. Come può l’UE essere fideistica-mente liberista, quando il resto del mondorisulta sempre più protezionista? La esponenziale apertura commercialedella UE, con abbattimento o forte riduzio-ne delle barriere daziarie è stata acquisitaattraverso accordi internazionali stipulatispesso senza un’attenta ponderazione delconseguente impatto sul territorio e senzaammortizzatori che tengano conto di possi-bili situazioni di eccedenza o penuria deiprodotti. L’accelerazione del processo diinternazionalizzazione dei mercati rende,conseguentemente, le quotazioni interna-zionali un riferimento pressoché vincolanteper la formazione dei prezzi sul mercatointerno, divenuto a sua volta una compo-nente integrata del mercato internazionale. Si è sempre pensato ed in conseguenzaagito seguendo necessità del mercato efatto produrre quasi tutto là dove, apparen-temente, costava di meno. Un tale indirizzoha compromesso le produzioni meno com-petitive, con particolare riferimento alleproduzioni agricole, amplificando la dipen-

denza delle aree deficitarie. II Paesi piùindustrializzati hanno sempre preferitoimportare a prezzi più bassi da aree concosti produttivi ridottissimi; derivati trop-po spesso da profondi divari economici,sociali, ambientali.Particolare attenzione merita il caso dei iPaesi in via di sviluppo - quali fra i tanti laCina, l’India, il Brasile - a cui è statoaccordato di derogare alle regole di con-correnza: una condizione produttiva privi-legiata che spinge al ribasso i prezzi mon-diali e richiede una rimodulazione soprat-tutto con riferimento al comparto agricolocomunitario che, in nome di un presuntopotere autoregolante dei mercati, è statoprivato da tempo di quella assoluta prote-zione riconosciuta fin dall’origine dellaPAC, attraverso l’isolamento dalla volati-lità e dalle perturbazioni del mercatomondiale.La pandemia giunge trovando una Europain piena e persistente congiuntura negativaed ha accentuato la fragilità e l’estremodisordine negli scambi commerciali. L’emergenza sanitaria non conosce confinigeografici ed accentua fortemente la crisidel mercato internazionale con una inci-denza di difficile valutazione, poichédipende dalla permanenza della pandemia,dalla durata e dalla efficacia delle misuredi contenimento, dalla velocità della suc-cessiva ripresa. Uno shock esogeno che hacolpito tutti, ma con conseguenze asimme-triche ed una crescita esponenziale dellapovertà.Molti Paesi, grandi produttori ed esportato-ri, sono stati spinti a modificare la propriastrategia commerciale, per fronteggiaremovimenti speculativi che spingono adaccaparramenti sotto la spinta del panico,con il rischio di compromettere la stessa

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 6

Page 9: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

7«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

sicurezza alimentare. Una percezione irra-zionale, ma proprio per questo poco con-trollabile: in effetti, un’ulteriore accelera-zione del processo di de-globalizzazione,con un trasferimento della produzione inluoghi vicini al consumo. Un contenimentodell’offerta estremamente pericoloso, chepuò facilmente tradursi in una forte volati-lità se non in un abnorme aumento deiprezzi per comparti di grande valenza stra-tegica e conseguente in difficoltà diapprovvigionamento nelle aree deficitarie.Risultano a rischio soprattutto le merci abasso valore aggiunto, in primis i prodottiagricoli, di cui si può avvertire un imme-diato bisogno in particolari ed imprevistesituazioni di emergenza, come quella attua-le - piuttosto che sotto la pressione di per-turbazioni socio-economiche o conflittiarmati. Emblematico è il caso dellemascherine o altri dispositivi sanitari maanche importanti comparti manufatturieriquali, a titolo puramente esemplificativo,le produzioni chimico-farmaceutiche, l’ac-ciaio, l’alluminio.L’UE, nelle sue espressioni istituzionali, datempo ha preso atto di come una eccessivaliberalizzazione commerciale venga sem-pre di più percepita in termini di disugua-glianze sociali, di perdita di posti di lavo-ro, di minor tutela dell’ambiente e dellasalute: Lo stesso Parlamento Europeo haavvertito l’esigenza di riconoscere erispondere a queste preoccupazioni, perse-guendo in tal modo un equo commercioglobale. Secondo autorevoli analisti euro-pei la crisi sanitaria può offrire l’occasionedi rimettere in causa il sacro dogma del-l’approvvigionamento sui mercati mondia-li, incrinato sempre più dalla realtà deimercati internazionali. Non vengono tuttavia prospettate revisioniradicali e sistemiche della politica com-merciale comunitaria quanto piuttostomeccanismi di cooperazione tra le politichenazionali nella gestione del mercato inter-no quali ad esempio un idoneo adeguamen-

to delle scorte, costoso ed oltretutto esizia-le per le aree a ridotta autosufficienza. Gliinterventi non convenzionali della BCE,ancorché fortemente accentuati e superioria quelli della crisi del 2008, non possonoessere illimitati per non rischiare di com-promettere gli equilibri finanziari nell’UE.Come sottolineato in una Risoluzione delParlamento Europeo, sarà necessario unbilancio comunitario ambizioso, irrobusti-to da risorse fresche e di dimensioni senzaprecedenti, proporzionate ad interventi diampio respiro ed articolati anche in termi-ni di sussidi a fondo perduto.Cosa succederà dopo la pandemia? La poli-tica comunitaria, come del resto quella deisingoli Paesi Membri, deve cominciare apianificare il post pandemia, soprattutto senel frattempo non saranno quanto menoattenuati profondi e da troppo tempo persi-stenti differenziali economici e sociali trale diverse aree.Alla fine del 2020 si prevede che il nostrodebito pubblico raggiungerà il 159% delPIL. Il settore agroalimentare appare fra ipiù esposti ad un confronto competitivorispetto all’esterno ma anche all’internodell’UE. L’Agricoltura, oltretutto, dovràsubire una drastica riduzione dei supportifinanziari comunitari, a causa dei maggioriimpegni legati al Covid-19 ed agli indiriz-zi prioritari di una nuova politica Green.Nel 2019 il nostro deficit agroalimentare siposiziona a livelli molto elevati, con unamedia riferita ai prodotti di base del55,13%.Picchi di ampie dimensioni sono rilevabilicon riferimento a settori quali il molitorio(45%), le carni (40%), l’olio e i grassi(60%), l’alimentazione animale (65%), iprodotti da forno (28%), i gelati (30%) lozucchero (80%), il lattiero caseario (45%).Per i prodotti finiti una incidenza può deri-vare, oltretutto, da fenomeni striscianti didelocalizzazione produttiva.Per il nostro Paese il forte deficit di auto-sufficienza viene accentuato dalla neces-

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 7

Page 10: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

8 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

sità di coprire oltre i consumi interni ancheimportanti flussi in esportazione di prodot-ti trasformati. L’Italia, più di altri paesi,appare maggiormente esposta ad una esten-sione sempre più ampia dello status di tra-sformatore di prodotti agricoli importati.Oltretutto, in una situazione di diffusa dif-ficoltà economica e di una sempre piùamplificata disuguaglianza sociale, gliacquisti a prezzo ridotto rischiano di fareaggio sulla qualità. La forte fragilità del mercato internocomunitario, di fronte ad un commerciointernazionale sempre più condizionato daprofondi e pressoché insanabili squilibri,rende più che opportuna una verifica deldiversificato grado di incidenza derivantedalla forte dipendenza dal mercato interna-zionale. La stessa sicurezza alimentare intutti i Paesi Membri, rischia di essere com-promessa.Un’analisi dei bilanci per il 2019, relativoai quattro più importanti Paesi della UE,può fornire un significativo riferimento.Il bilancio agroalimentare UE presentaun saldo positivo del 6,5%; il saldo negati-vo dei prodotti agricoli del 57,3%, infatti,viene ad essere compensato da un surplusdei prodotti trasformati del 63,2%. Trattasi,naturalmente, di medie che non tengonoconto del grado di autoapprovvigionamen-to dei singoli Paesi né della specificitàcommerciale dei singoli prodotti. Il valore degli scambi, viene assunto sullabase della media globale e sullo strettopiano numerico a prescindere dall’effettivamovimentazione fisica. In questa particola-re chiave di lettura, si può quindi indivi-duare una sorta di traffico di perfeziona-mento attivo che sollecita grande attenzio-ne nel contesto di una sempre più accentua-ta internazionalizzazione del MercatoInterno.La Spagna presenta un saldo nella esporta-zione dei prodotti trasformati ampiamentesuperiore al saldo globale delle proprieimportazioni: con un condizionamento

internazionale nettamente ridotto. L’Italia,la Francia e La Germania, ancorché conampie differenziazioni, presentano unsaldo positivo nella esportazione extra-UEdei prodotti trasformati, sulla base però diun livello delle importazioni intra ed extraUE nettamente più alto. In concreto, il sur-plus nelle esportazioni extra UE dei pro-dotti trasformati viene alimentato dai flus-si di importazione di prodotti di base intraed extra- UE. Ne deriva una forte dipendenza dal merca-to internazionale. Con riferimento a questospecifico bilancio, la Francia e laGermania presentano un saldo positivo sianegli scambi extra-UE che in quelli intra-UE, mentre per l’Italia permane un saldonegativo negli scambi intra-UE. Un saldo persistente ma che, dopo unariduzione progressiva, si pone oggi allivello più basso degli ultimi 15 anni.In particolare: L’Italia presenta un surplusdelle esportazioni dei prodotti trasformatiche, però, corrisponde al 90,32% del saldonegativo cumulato negli altri scambi intraed extra-UE. La Francia presenta un surplus delleesportazioni dei prodotti trasformati che,però, corrisponde al 37,86% del saldonegativo cumulato negli altri scambi intraed extra-UE. La Germania presenta un surplus delleesportazioni dei prodotti trasformati che,però, corrisponde al 19,67% del saldonegativo cumulato negli altri scambi intraed extra-UE. Una percentuale ridotta chesconta un forte saldo positivo negli scambiintra-UE dei prodotti trasformati. La Spagna esprime un’ampia sostenibilitàcompetitiva nei confronti del mercatoterzo, essendo l’unica tra i quattro Paesi, apresentare un bilancio agroalimentare conun saldo positivo. Negli scambi extra-UEper i prodotti trasformati si può constatareun saldo positivo che rappresenta il41,26% del saldo positivo cumulato neglialtri scambi.

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 8

Page 11: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

9«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

STUDI NIR PER LE ANALISI DI LABORATORIO

L’ottenimento e l’implementazione dei modelli di calibrazione NIR per la determinazione diTessitura e Sostanza Organica in campioni di terreno nei comprensori Co.Pro.B. di Minerbio (BO) ePontelongo (PD), può migliorare l’efficienza delle analisi in alternativa alla Metodica Ufficiale.

Massimiliano Benazzi, Giovanni Campagna.Coprob Minerbio

RiassuntoLe analisi chimico-fisiche di un campione di terrenosono la base di una corretta valutazione agronomicaper intraprendere quelle azioni correttive, qualoranecessarie, per il miglioramento qualitativo del terre-no e della coltura in esso coltivata. Tuttavia diversedi queste analisi sono caratterizzate da tempi di ese-cuzione elevati, dall’utilizzo di reagenti chimici econseguente problema del loro smaltimento, e per-tanto, da costi di analisi non trascurabili. La tecnicaspettroscopica NIRs si è inserita nell’ultimo decen-nio come valida alternativa ai metodi ufficiali indiversi settori (Alimentare, Agronomico,Farmaceutico, Chimico, ecc.), garantendo tempi dianalisi molto rapidi, senza utilizzo di reagenti chimi-ci e riducendo notevolmente il costo dell’analisi. Alla fine degli anni ’90 questo laboratorio si eradedicato allo studio per la determinazione dell’azotoin foglie di barbabietola da zucchero utilizzando latecnica NIR[1] e l’intero ambiente saccarifero avevasviluppato l’interesse per questa tecnica strumentaletra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90[2,3,4]. Più recentemente il Laboratorio Terreni haimplementato questa tecnica strumentale per la stimadi parametri analitici quali umidità e ceneri di matri-ci vegetali per biomassa. Questo lavoro si è focalizzato sull’ottenimento dimodelli di calibrazione e loro implementazione nel-l’attività di routine di laboratorio, per la sostanzaorganica (legata al contenuto di carbonio organico) ela tessitura (contenuto percentuale di sabbia, argilla elimo) di campioni di terreno appartenenti ai bacini diutenza (Minerbio e Pontelongo) di Co. Pro. B. (Fig.1). L’analisi di regressione utilizzata è la PLSR(Partial Least Squares Regression) che ha permessodi ottenere i diversi modelli di calibrazione che sta-biliscono una relazione tra gli spettri di riflettanzaNIR e i dati analitici di riferimento. I risultati ottenuti dall’elaborazione statistico-mate-matica indicano che i modelli rispondono piuttostobene e i valori di R2 variano da un minimo di 0,81(Sostanza Organica %) ad un massimo di 0,93(Argilla %). Anche i valori di RPD (ResidualPrediction Deviation) testimoniano la bontà dei

modelli andando da un minimo di 2,4 (SostanzaOrganica) ad un massimo di 3,8 (Sostanza Organicaper terreni Argillosi). L’impiego del NIR è stato successivamente imple-mentato nell’attività di routine del laboratorio terrenia partire dalla campagna 2018, inserendolo nelProgetto di Miglioramento della Qualità (PMQ).Durante questo periodo è stata effettuata una verificadei modelli sia mettendo in correlazione i valori deiMetodi Ufficiali con quelli NIR dei campioni perve-nuti in laboratorio, sia testando periodicamente uncampione di riferimento proveniente dal circuitoRing-Test Silpa. In entrambi i casi si sono ottenutirisultati soddisfacenti: R2 0,88 per la SostanzaOrganica, 0,90 per il contenuto di Argilla e 0,92 peril contenuto di Sabbia, per le correlazioni; Z-scoremedi 0,4 per il contenuto di Sabbia, 0,7 per l’argilla,-0,1 per il Limo, -0,7 per la Sostanza Organica, nelconfronto con il campione di riferimento.Premesse sulle metodiche NIRsLa metodica NIRs, come ogni tecnica strumentalespettroscopica, sfrutta l’interazione luce-materia perottenere informazioni quali-quantitative del parame-tro in studio. Il campo di indagine della radiazioneelettromagnetica è il vicino infrarosso (780-2500nm, 12800÷4000 cm-1). Un tipico spetro di riflettanza di un campione di ter-reno è mostrato in Fig 2. Si può immediatamentenotare come gli spettri siano ampiamente aspecifici,di intensità piuttosto debole e con bande allargate acausa della sovrapposizione degli assorbimenti deicostituenti del suolo, spesso presenti in piccole con-centrazioni[5]. Precedenti studi [6,7], hanno confer-mato che un picco di riflettanza è atteso intorno ai2200 nm (4545 cm-1), come osservato per montmo-rillonite, illite, caolinite, corrispondente a combina-zioni della modalità di stretching del gruppo –OH, dibending dei legami del gruppo Al-OH [8,9] e inaggiunta anche a gruppi di molecole organiche(CH2, CH3 e NH3)[6].Un altro picco è atteso intor-

no ai 1400 nm (7142 cm-1) per la sabbia dovuto allatransizione vibrazionale del gruppo ossidrilico del-l’acqua presente nel reticolo cristallino dei silicati. Inparticolare come notato in letteratura le caratteristi-

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 9

Page 12: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

10 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

che bande di assorbimento dominanti a 1400 nm(7142 cm-1) e 1900 nm (5263 cm-1) dovrebbero esse-re generalmente legate sia alla presenza di acqua diidratazione che di acqua di cristallizzazione[10,11,12]. Un ultimo picco ben definito lo si trova a2342 nm (4269 cm-1), dovuto alla modalità di stret-ching del legame C-O nelle molecole di CaCO3.Poiché nessuna specifica caratteristica di assorbi-mento e/o riflettanza può essere direttamente colle-gata alla frazione di Limo, quest’ultima è stata calco-lata sottraendo la somma delle altre due a 100. Tuttiquesti contributi non essendo isolabili da un punto divista spettrale richiedono di essere estratte matemati-camente dagli spettri attraverso particolari algoritmie solo successivamente possono essere correlati conle proprietà in studio mediante calibrazioni in multi-variata (PLSR) [1,9,10, 11]

Materiale e metodi utilizzatiCampionamento e analisi metodiche ufficialiI campioni utilizzati per la costruzione dei modelli eloro successivi aggiornamenti, sono stati raccolti tragli anni 2011-2018 e provengono dai due bacini diutenza dello Zuccherificio (Minerbio e Pontelongo).La modalità di campionamento è quella prevista dalD. M. 13/09/99. Prima di essere sottoposti a all’ana-lisi della tessitura/sostanza organica e alla lettura allospettrofotometro NIR, i campioni sono stati essicca-ti in camera di essicamento a 45 °C per 48 ore, poimacinati e vagliati a 2mm. Il contenuto relativo diSabbia (2-0,05 mm), Limo (0,05 – 0,002 mm) eargilla (<0,002 mm) è stato determinato attraverso ilmetodo dell’idrometro, dopo un pretrattamento consoluzione disperdente di sodio esametafosfato.Successivamente la tessitura è stata classificata inaccordo con il triangolo della tessitura USDA in rife-rimento alle 3 macro-classi (Argilloso, Sabbioso eMedio Impasto), come mostrato in Fig 3.La sostanza organica è stata determinata con il meto-do Walkley-Black. Il risultato può essere espresso siacome Carbonio organico in g/kg che come contenu-to percentuale di Sostanza Organica tramite il fattoresperimentale di 1,724 (Fattore di Van BemmelenSO%=1,724 x CO%). Allo scopo abbiamo preferitoutilizzare come proprietà direttamente la SostanzaOrganica % per l’elaborazione dei nostri modelli.Lettura Spettri NIRs I campioni di terreno essiccati e setacciati a 2 mmsono sati posti in una petri da 10 cm di diametro eanalizzati con lo spettrofotometro NIR della Büchi,NIRflex N-500 (Fig. 4). La scansione avviene nellaregione del vicino infrarosso tra 10.000- 4000 cm-1

(1000-2500 nm). Gli spettri sono stati ottenuti con

una risoluzione di 8 cm-1 producendo 1501 punti. Perminimizzare ogni tipo di anomalia dovuta alla geo-metria della misurazione ogni campione è sottopostoa 5 distinte scansioni effettuate ruotando la petri di30° dopo ogni lettura. Si ottengono cosi 5 sub cam-pioni e con essi uno spettro da utilizzare in fase dielaborazione per l’ottenimento dei modelli di cali-brazione. Per la lettura del bianco è stato usato undischetto di Spectralon® come reference esterno econfrontato con un reference interno allo strumento.La variazione di intensità consentita non deve esseresuperiore al 5%.

Elaborazione dei modelli - analisi multivariataL’elaborazione degli spettri per l’ottenimento deimodelli di calibrazione è eseguita per mezzo del pro-gramma NIRcal 5.2 della Büchi.Prima di essere processati con l’analisi matematico-statistica, gli spettri sono suddivisi in modo casualee indipendente in due set, uno di calibrazione (C-setper i 2/3 degli spettri) e uno di validazione (V-set peril restante 1/3). Successivamente sono pretrattati conparticolari algoritmi allo scopo di ridurre il rumore difondo ed esaltare le frequenze di assorbimento spe-cifiche, in modo da far emergere la linearità tra pro-prietà studiata e riflettanza della radiazione inciden-te. Tra i diversi metodi statistici disponibili è stato scel-to quello della PLSR (Partial Least SquaresRegression) [16,17,18].Il metodo si basa sulla semplice assunzione che lariflettanza del suolo nella regione spaziale del vicinoinfrarosso sia una combinazione lineare delle firmespettrali delle sue componenti costituenti, pesatedalla loro abbondanza. Pertanto cambiamenti nelleproprietà chimico-fisiche e mineralogiche del suoloproducono contribuiti spettrali specifici rilevabili[19].Questo è possibile attraverso l’analisi PCA(Principal Components Analysis) ossia sulla ricercadel numero minimo di componenti principali (ovariabili latenti) in un nuovo spazio multidimensio-nale dove il massimo della varianza (informazioneutile per stabilire correlazione tra firme spettrali eproprietà studiata) si concentra sulle prime compo-nenti, mentre sulle successive componenti l’infor-mazione degrada progressivamente in rumore.(Figg. 5-6).In tabella 1 sono riportati i vari indici statistici deimodelli di calibrazione ottenuti per le proprietà inesame.R2 è il coefficiente di determinazione; SEP (StadardError of Prediction) indica l’ampiezza della devia-

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 10

Page 13: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

11«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

zione standard dei campioni utilizzati nel set di vali-dazione ed ha stessa unità di misura del parametro inesame; RMSEP (Root Mean Square Error ofPrediction) è la stima dell’errore casuale e sistemati-co della predizione; RPD (residual prediction devia-tion) il rapporto tra la deviazione standard ottenutadai valori di riferimento (ottenuti con metodica uffi-ciale) e il SEP.In accordo con precedenti studi in letteratura[20,21,22] la qualità della predizione espressadall’RPD è stata classificata come segue: RPD<1,0indica come “molto scarsi” i modelli di predizione eil loro uso non è raccomandato; RPD tra 1,0 e 1,4indica come “scarsi” i modelli di predizione dovesolo i valori alti o bassi sono distinguibili; RPD tra1,4 e 1,8 indica come “medi” i modelli di predizioneche possono essere usati per valutare a livello quali-tativo la correlazione; RPD tra 1,8 e 2,0 indica come“buoni” i modelli di predizione dove è possibileavere una predizione quantitativa; RPD tra 2,0 e 2,5indica come “molto buona” la predizione dei model-li a livello quantitativo; RPD >2,5 indica modelli dipredizione eccellenti. [23]Nel nostro caso gli RPD ottenuti indicano che imodelli possono essere usati per applicazioni quanti-tative. Si va da un minimo di 2,4 ad un massimo di3,8 come riportato in Tabella 1.Per la sostanza organica sono stati elaborati duemodelli, uno per i terreni a medio impasto e l’altroper i terreni a carattere argilloso. Questa suddivisio-ne ha permesso di ottenere modelli più performantirispetto a quello ottenuto senza discriminare la clas-se di terreno. Come evidenziato dagli indici statisticiper i diversi modelli riassunti in tabella 1, SEP, R2,RMSEP e RPD risultano migliorativi rispetto almodello che non discrimina la classe tessiturale.Questi risultati hanno indotto a utilizzare tutti imodelli in modo sinergico. Durante l’attività di rou-tine, potendo leggere simultaneamente tutti i para-metri, è possibile, in base all’esito della tessitura,scegliere tra i due modelli della sostanza organicaquello a classe tessiturale corrispondente.

Implementazione dei modelli Dal 2017 il laboratorio analisi terreni delloZuccherificio Co.pro. B ha avviato per i propri sociil Progetto Miglioramento Qualità (PMQ). Si trattadi un pacchetto analisi che originariamente prevede-va le analisi di Fosforo, Potassio e Azoto solubileeseguite con metodica ufficiale, allo scopo di fornireil consiglio di concimazione per quei terreni posti acoltura di barbabietola da zucchero.Lo sviluppo dei modelli NIR per i parametri

Tessitura e Sostanza Organica e la loro implementa-zione nell’attività di laboratorio ha permesso, dal2018, di ampliare il pacchetto originale, offrendo unmaggiore dettaglio alla valutazione agronomica.Ad ogni sessione di lavoro i modelli sono stati veri-ficati, sia su diversi campioni di terreno scelti inmodo casuale, sia testando un campione di riferi-mento proveniente dal circuito di Ring test Silpa: nelprimo caso si è ricorsi alla ripetizione dell’analisicon metodica ufficiale, costruendo per ogni singoloparametro le curve di correlazione (Graff. 1, 2, 3) eriportando i dati statistici per ciascuna curva (Tab.2); nel secondo si è confrontato il dato NIR con quel-lo ottenuto come valore di consenso dall’elaborazio-ne statistica del circuito SILPA, costruendo la cartadi controllo in termini di variazione di Z-score e rac-cogliendo i relativi dati statistici (Graff. 9 e 10; Tab.3).In entrambi i casi si sono ottenuti dei valori soddisfa-centi che indicano la bontà dei modelli non solo daun punto di vista teorico ma anche pratico nel loroutilizzo come metodo di routine. Si passa dal conte-nuto di Sabbia (R2 0,92) al contenuto in SostanzaOrganica (R2 0,88), valori ottenuti valutando i duecomprensori nel loro insieme. Anche i dati statisticirelativi alla distribuzione dei dati mostrano un buongrado di affidabilità dei modelli. I valori medi sonoquasi coincidenti nel modello Sabbia%, evidenzian-do una leggera sovrastima della distribuzione NIR,mentre per Argilla % e Sostanza Organica % sem-brano al contrario sottostimare leggermente il para-metro corrispondente. Le distribuzioni NIR /Met.Uff. sono piuttosto speculari anche confrontando ivalori di Asimmetria. Più questo valore si avvicinaallo zero e maggiormente gli indici di posizione(media, moda e mediana) tendono ad avvicinarsi,restituendo una distribuzione dei dati perfettamentesimmetrica. Dalle QC Chart degli anni 2018-2019notiamo invece la dispersione, in termini di Z-score;ossia la misura della distanza del valore di consensoottenuto con Metodica Ufficiale all’interno del cir-cuito Silpa in unità di RDS (deviazione standarddella riproducibilità). Gli di Z-score di tutti i parame-tri analizzati (compreso il Limo%, ottenuto sottraen-do la somma di Sabbia% e Argilla% da 100) nonhanno mai superato il valore di 3. Dalle tabelle sinota inoltre un miglioramento sia della precisione edell’accuratezza dei modelli, valutabili rispettiva-mente dalla C.V.% e dall’Errore Relativo %. I valori min e max, riportati in Tab. 1 per ognimodello elaborato, rappresentano i limiti oltre i qualiil NIR potrebbe non stimare correttamente il para-metro in esame. Un ulteriore aspetto da considerare

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 11

Page 14: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

12 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

è la lettura di campioni di terreno che, sia per com-posizione mineralogica che per contenuto quanti-qualitativo in sostanza organica possano non trovareriferimento nei modelli elaborati. Questa eventualitàsi è verificata in diversi casi per terreni particolari(per esempio campioni torbosi o provenienti da suolifuori comprensorio – vedi Marche). In tali circostan-ze si è reso necessario verificare la stima con lametodica ufficiale. I grafici 6, 7, 8 e 9 mostrano per-centualmente la porzione delle ripetizioni con meto-dica ufficiale per gli anni 2018-19.I risultati ottenuti sono molto incoraggianti e sicura-mente migliorabili. I modelli devono essere aggior-nati annualmente, prima dell’inizio della nuova cam-pagna di analisi, con i dati acquisiti da quella prece-dente. L’obiettivo è quello di rendere le curve piùperformanti in termini di precisione e accuratezza; diespandere la possibilità di leggere anche campionimolto diversi tra loro in termini di composizionemineralogica, per ridurre progressivamente la quotadi analisi effettuate con metodo ufficiale, fino alminimo indispensabile necessario per verificare leperformance NIR e per incrementare i dati disponi-bili al miglioramento dei modelli.In conclusione il presente lavoro ha dimostrato comela metodica NIR possa essere una valida alternativadella Metodica Ufficiale per la determinazione dellatessitura e del contenuto di Sostanza Organica in uncampione di terreno proveniente dai bacini di utenzadi Minerbio (BO) e Pontelongo (PD) ed essere per-tanto in grado di sostenere l’attività di routine delLaboratorio Analisi Terreni.

Riferimenti Bibliografici[1] Dosi E., Tamburini E., Tosi S., Casoni R., LunghiD., Vaccari G.: NIR measurement of nitrogen contentin beet leaves” International Sugar Journal, 102,1999, 498-500[2] Vaccari G., Mantovani G., Sgualdino G., GobertiP.: Near infrared spectroscopy, utilization for pro-ducts analytical control, Zuckerindustrie 1987 112:800-807[3] Vaccari G., Mantovani G. Erdem F., SgualdinoG.: Sostanza secca della bietola ed umidità dellozucchero greggio,determinati mediante la spettro-scopia nel vicino infrarosso, 25° General MeetingA.S.S.B.T., New Orleans (USA), febbraio/marzo1989 [4] Vaccari G., Mantovani G., Sgualdino G.:Lo svi-luppo della tecnica NIR on-line in zuccherificio,Conferenza per il 50° anniversario dello S.P.R.I., SanFrancisco, Ca (USA) maggio/giugno 1990[5]. Viscarra Rossel RA, Bahrens T (2010). Usingdata mining to model and interpret soil diffuse

reflectance spectra. Geoderma 158: 46-54[6]. Chabrilla S. Goetz AFH, Krosley L., Olsen HW..Use of Hyperspectral images in the identificationand mapping of expansive clay soils and the role ofspatial resolution. Remote sensing of environment2002; 82: 431-445[7]. Gomez C, Lagacherie P, Coulouma G.Continuum removal versus PLSR method for clayand calcium carbonate content estimation from lab-oratory and airborne hyperspectral measurements.Geoderma, 2008; 148: 141–148.[8]. D. Curcio, C. Giraolo, F. D’Asaro,M.Minacapilli Prediction of Soil texture distrubu-tions using VNIR-SWIR reflectance spectroscopy2013; 494-503.[9]. Bishop JL, Pieters CM, Edwards JO. Infraredspectroscopic analyses on the nature of water inmontmorillonite. Clay and Clay Minerals 1994;42: 702–716.[10]. Clark RN, King TVV, Kleiwa M. Swayze GA(1990), High spectral resolution reflectance spec-troscopy of Mineral Journal of Geophysical research 95: 653-680[11]. Hunt GR, Salisbury JW. Visible and near-infrared spectra of minerals and rocks. I. Silicateminerals. Modern Geology 1970; 1 (4): 283–300.[12]. Sorensen LK, Dalsgaard S. Determination ofclay and other soil properties by near infrared spec-troscopy. Soil Science Society of America Journal2005; 9: 159–167.[13]. Martens H., Naes T. (1989). Multivariate cali-bration john Wiley & Sons, Chchester, UK pp. 438[online] http://books.google.com/books?id_61VcUeVDg91C[14]. Stenberg B. Viscarra Rossel RA, MouazenAM, Wetterlind J (2010). Visible and near infraredspectroscopy in soil Science. Advances in Agronomy107:163-215[15]. Chang CW, Laird DA, Mausbach MJ,Hurburgh CRj (2001). Near Infrared reflectancespectroscopy- principal components regressionanalysis of soil properties. Soil Science Society ofAmerica Journal 65(2): 480-490[16]. Curran PJ (1994) Imaging Spectroscopy.Progress in Phisical Geography 18:247-266[17]. Ben-Dor E (2002). Quntitative remote sensingof soil properties. Advances Agronomy 75:173-243[18]. Ge Y, Thomasson JA, Morgan CL, Seacy SW(2007). VNIR diffuse reflectance spectroscopy foragricultural soil Property, determination based onregression-kriging. American Society ofAgricoltural and Biological Engineers 50: 1081-1092 [online]

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 12

Page 15: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

13«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

http://www2.bonsaiadvanced.com/regressionkrig-ing.pdf[19] M.Conforti, R. Froio, G. Matteucci, GabrieleButtafuoco Visible and Near Infrared Spectroscopyfor predicting textures in forest soil: an applicationin southern Italy. iForest (2015) 8:339-347[20]. Williams P.C., In: Near-Infrared Technology inthe Agricoltural and Food Industries, Saint Paul,Mn, Williams P.; Norris K, Eds; AmericanAssociation of Cereal Chemist Inc. 1987; pp. 35-55.[21]. Batten, G.D. Plant analysis using near infraredreflectance spectroscopy: the potential and limita-tions. Australian Journal of Experimental

Agricolture. 1998, 38, 697-706[22]. Viscarra Rossel, R.A.; Walvoort, D.J.J. ;McBartney, A.B.;Janik, L.J.; Skjemstad, J.O. Visible,near infrared, mid Infrared or combined diffusereflectance spectroscopy for simultaneous assess-ment of various soil properties. Geoderma, 2006,131, 59-75 [23] Antonio P.Leone, R. Viscarra-Rossle, P.Amenta, A. Buondonno: Prediction of SoilProperties with PLSR and Vis-NIR Spectroscopy:application to Mediterranean Soils from SouthernItaly.Current Analytical Chemistry 2012 8: 283299.

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 13

Page 16: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

14 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 14

Page 17: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

15«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 15

Page 18: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

16 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

T.E.A. s.n.c.di M. Ori & M. Bonazza

IMPIANTI ELETTTRONICI E AUTOMAZIONI

Via Cilea, 6/8 (zona artigianale) - 44124 FerraraTel. 0532/977649 - Fax 0532/906480

[email protected]

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 16

Page 19: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

17«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

ZUCCHERIFICIO DI CASEI GEROLAAlessandro Lazzari

Nel 1952, con la liquidazione del cartello SocietàProduttori di Zucchero, che già dal 1948 avevasostituito l’antesignano C.N.P.Z. (ConsorzioNazionale Produttori di Zucchero) si crea uno sci-sma all’interno del comparto saccarifero italiano,che polarizza il settore zuccheriero lungo due nuovisoggetti economici: il Consorzio SaccariferoItaliano e l’Unione Zuccheri.Il primo, guidato dalla società genovese Eridania,rappresenta con le società aderenti circa il 49%della produzione nazionale; il secondo invece,riconducibile alla Famiglia Piaggio e al GruppoMontesi, con le proprie società e le altre insegnealleate ne copre il 39% (il residuale 12% risultapolverizzato tra alcune società indipendenti).In questa dicotomia si consuma l’esistenza dellaSocietà Veneta per l’Industria degli Zuccheri, inse-gna saccarifera con sede a Padova riconducibile alGruppo Montesi, che già dal 1923 cespita lo zuc-cherificio di Este (PD).L’insegna padovana fa parte della holding guidatadall’imprenditore Ilario Montesi (Ancona 1882 –Padova 1967), che a metà degli anni ‘50 conta nelproprio portafoglio anche la Società Distilleria diCavarzere, la Società Zuccherificio e Raffineria diPontelongo e la Société Générale de Sucreries, pro-prietaria dell’unico stabilimento attivo inPiemonte, lo zuccherificio di Spinetta Marengo.Se la costruzione della fabbrica casellese rimandaperlopiù all’accreditata impiantistica italiana (bolledi cottura, forno a calce, scarichi bietole e diffusio-ne a tamburo RT costruiti dalla dittaServettaz–Basevi Officine Meccaniche di Savona,caldaia Tosi, turbo-alternatore a contro pressioneTosi - Marelli, e la fase di evaporazione affidata aevaporatori tipo Kestner e tipo Robert forniti dai“Cantieri del Tirreno”), le premesse economichedella sua nascita invece affondano le radici nel1923, quando si crea una solida partnershipimprenditoriale fra Montesi e il Gruppo saccariferoBelga composto dal banchiere Josse Allard, dall’in-dustriale Raymond Raeymaeckers e da LucienBeauduin, che guidano la Société Sucrerie etRaffinerie de Pontelongo (insegna fondata nel 1908a Bruxelles che cespita lo zuccherificio diPontelongo).La comunione di interessi tra i due gruppi indu-striali si consuma con la prospettiva di rafforzare ladifesa del bacino bieticolo degli stabilimenti diPontelongo e Bottrighe (di proprietà belga) e suc-

cessivamente della fabbrica di Este (della SocietàVeneta per l’Industria degli Zuccheri) dalle minac-ce di apertura di nuovi zuccherifici nella zona daparte delle associate all’Unione Zuccheri che nonvedono di buon occhio il procedere “in autonomia”di queste due società.Un legame finanziario che in questa circostanza èsuggellato anche da un contributo di 5 milioni dilire (sui 12 milioni effettivamente spesi) concesso aMontesi dal gruppo industriale belga per la costru-zione dello zuccherificio di Este e che dal 1927 al1941 avrà modo di concretizzarsi ulteriormentecon la progressiva acquisizione da parte dell’im-prenditore anconetano (dal 1927 AmministratoreDelegato della Société Sucrerie et Raffinerie dePontelongo) di buona parte degli assets economicisu cui poggia il Gruppo saccarifera belga (tra cui laSucrerie et Raffinerie de Roustchouk, Compagniesucrière de Bulgarie, Société générale de Sucrerieset Raffineries en Roumanie, Société générale desucreries), e alla dismissione dei quali è imputabi-le la successiva costruzione dello stabilimento diCasei Gerola.E’ proprio grazie ai risarcimenti ricevuti per i disin-vestimenti effettuati in Romania nel dopoguerra, aseguito della nazionalizzazione dell’industria loca-le, che il gruppo saccarifero padovano guidato daMontesi decide di destinare parte di questi capitaliper la costruzione di altri tre zuccherifici in Italia:Casei Gerola nel 1953, Fano nel 1960 e FoggiaIncoronata nel 1962.Sotto questi auspici il sei ago-sto del 1953 la fabbrica casellese effettua la suaprima campagna saccarifera che si concluderàdopo 69 giorni il 14/10/1953.Alle cerimonia di inaugurazione, che si celebracirca un mese dopo (l’8 settembre), quando lo zuc-cherificio è già in grado di macinare circa 15.000q.li di bietole al giorno sono presenti: IlarioMontesi, il figlio Leonardo e l’Avv. Bonomi,rispettivamente Amministratore Delegato ePresidente della Società Veneta per l’Industriadegli Zuccheri, gli Onorevoli Umberto Sampietro ePietro Ferreri, il Presidente di A.N.B. Comm.Orfeo Marchetti e le principali autorità amministra-tive del pavese e del vogherese, nonché quelleecclesiastiche rappresentate in questa circostanzadall’Arcivescovo Mons. Egisto DomenicoMelchiori (in passato insegnante di Teologia mora-le del giovane Giovanni Battista Montini, futuropapa Paolo VI).

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 17

Page 20: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

18 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

La fabbrica infatti rappresenta anche un riscattosociale per queste zone, poiché garantisce un livel-lo occupazionale di 250 operai.Due anni prima nasceva la Società Serravalle-Milano che nel 1956 ottiene da Anas la prima con-cessione autostradale del dopoguerra per la realiz-zazione del tratto autostradale che collegherà ilcapoluogo ligure a Milano prolungando la prece-dente Autocamionale Genova-Valle del Po; lo zuc-cherificio di Casei Gerola si colloca strategicamen-te su questa tratta, poco distante dal casello diCasei Gerola e la strada Provinciale 12.La direzio-ne della fabbrica è affidata ad un saccarifero digrande esperienza come il sessantenne ingegneremodenese Conte Leopoldo Pullè che, a prescinderedal lignaggio aristocratico, vanta nel proprio curri-culum importanti incarichi all’interno della SocietàItaliana per l’Industria degli Zuccheri dei Piaggio(S.I.I.Z.) ma soprattutto una solida formazione tec-nica maturata in Belgio a Varenne.Arrivato nel1946 alla società padovana Distilleria di Cavarzeredallo zuccherificio di Latina, dopo aver operatoanche a Rieti e Badia Polesine (come Direttore) aGranaiolo (come Capo Fabbrica) e da giovanissi-mo nelle fabbriche di Bologna, Cesena e Legnago,era stato fortemente voluto da Montesi proprio perl’esperienza maturata sulla baritazione dei melassiin quest’ultimo stabilimento, know how che sareb-be tornato utile per dare continuità a questa lavora-zione nello zuccherificio di Cavarzere dovel’Ing.Pullè svolge il suo primo mandato nel gruppopadovano.Durante la sua gestione la fabbrica casellese effet-tua importanti upgrade tra cui due potenziamentidella capacità di lavorazione dello stabilimento;l’anno prima la potenzialità dell’altra fabbricasociale, lo zuccherificio di Este era stata portata da15.000 q.li a 20.000 q.li con l’obiettivo di arrivarea 25.000 q.li nel 1955.Verso la fine degli anni ‘50, in risposta alla pro-gressiva crisi del settore, Montesi decide di acqui-stare da una nota società chimica inglese (la John &E. Sturge chemical manufacturers, di Birmingham)il brevetto per la produzione di acido citricomediante fermentazione di melassa di barbabietola,ottenendo la licenza di utilizzarne il procedimento.L’accordo si perfeziona solo all’inizio degli anni‘60 con la creazione di una joint-venture italiana, laBiacor S.p.a. (Biochimica Acidi Organici), di cuiMontesi possiede il 60% del capitale azionario e ilcui stabilimento, costruito con una capacità produt-tiva iniziale di 4.000 t. di acido citrico, è sito inprossimità dello zuccherificio di Casei Gerola che

ne fornisce anche la materia prima.Un mercato che Montesi presidia già dal 1939, gra-zie all’acquisizione nello stesso anno della SocietàAnonima Fabbrica chimica Arenella, insegna sici-liana attiva nella produzione di acido citrico dailimoni e dal citrato di calcio biologico importato, ilcui core business viene allargato successivamenteanche alla produzione di essenze e succhi e allalavorazione delle carrube per ottenere la pectina el’alcool.Sempre sotto l’insegna Biacor verrà successiva-mente cespitata anche la produzione di glutamma-to monosodico, un amminoacido che come l’acidocitrico viene ricavato dalla lavorazione dei melassi,che gemellerà la fabbrica casellese a quella diBottrighe che ne aveva già avviato la produzionenel 1955.Del resto, lo sfruttamento dei melassi rappresentauna delle coordinate di sviluppo dell’insegna pado-vana da metà degli anni ‘50, da quando cioè ladisciplina fiscale di sfavore verso gli zuccheri pro-dotti con la baritazione dei melassi (1956) avevareso questo procedimento (avviato nello stabili-mento di Cavarzere nel 1947) non particolarmenteremunerativo e costretto Montesi a ripiegare sualtri processi tesi a valorizzare questo coprodottodella lavorazione della barbabietola.Seppur in maniera residuale anche lo stabilimentodi Cartura, appartenente all’omonima società chegravita intorno al Gruppo Padovano, concorre allalavorazione di questo coprodotto distillandolo perla produzione di alcol, malgrado si occupi princi-palmente di estrarre il sugo dalle barbabietole perinviarlo tramite sugodotto allo zuccherificio diPontelongo.Proprio in questi anni (1954) la fabbrica carturanaviene dotata di un nuovo impianto per lo scarico el’insilamento della barbabietola, a conferma del-l’importanza strategica dello stabilimento attivoanche nella produzione di pectina.Se si considera che la holding padovana racchiudenel proprio portafoglio azionario anche la SocietàAgricola Industriale degli Alcoli (S.A.I.D.A.),insegna attiva principalmente nella produzione dialcol dalle carrube e dalle vinacce (negli stabili-menti societari di Napoli, Lugo di Ravenna, inquello pisano di S. Romano e nell’opificio senesedi Torrita), la Società Faesite di Longarone (dal1936) che nella fabbrica di Faè (BL) si occupadella produzione di pannelli isolanti molto utilizza-ti nell’industria delle costruzioni, la SocietàAnonima Italiana per il Magnesio e Leghe diMagnesio (dal 1940), la cui analoga produzione si

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 18

Page 21: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

19«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

ottiene nello stabilimento di Bolzano, è evidentecome nel gruppo industriale Montesi, malgradol’apparente eterogeneità della sua composizione,tutte le attività siano invece profondamente inter-connesse.In maniera precursoria, l’industrialepadovano (di adozione) ha una visione ben chiaradell’industria saccarifera italiana, consapevole chesolo nell’osmosi con la chimica può mantenerequella remuneratività che l’imminente integrazioneeuropea sembra poter pregiudicare.Una visione di filiera (quanto transazionale nelperiodo del regime) che anticipa quella di un altroimportante imprenditore italiano, attivo sia nell’in-dustria chimica che in quella saccarifera (e nonsolo), il ravennate Raul Gardini che, da metà deglianni ‘80, in seguito ai problemi finanziari delGruppo Padovano, entrerà insieme ad altri partnerindustriali, nella gestione degli zuccherifici exMontesi.Tornando alle vicende dello zuccherificio caselle-se, in seguito al pensionamento dell’Ing.Pullè(1962), la direzione della fabbrica è affidata alDott. Enrico Marcialis tecnico che poteva vantareuna lunga gavetta sia all’estero (nel 1951 comevice direttore tecnico della Ferrogalvano Ltda diRio de Janeiro) che, in vari ruoli, all’interno delgruppo Montesi (Este 1946, Bottrighe 1947,Ariano Polesine 1950, Spinetta Marengo 1952,Fano 1961), un percorso professionale interrottosolo nel 1957 per una piccola parentesi presso leOfficine Reggiane, come primo capofabbrica per lacostruzione dell’unico zuccherificio siciliano, lostabilimento di Motta Sant. Anastasia, chiuso dopopochi anni di esercizio.Rientrato nel gruppo padovano come Capo

Fabbrica presso lo zuccherificio di Fano approdavaallo stabilimento di Casei Gerola di cui assumevala direzione una prima volta nel 1962 e successiva-mente nel 1981.Peraltro, in seguito al “raddoppio”già dal 1956 la fabbrica è in grado di macinaregiornalmente 30.000 q.li di bietole, potenzialità chelo stabilimento manterrà fino ai primi anni settanta.Gli anni sessanta invece rappresentano per il grup-po padovano un periodo molto importante e delica-to, in cui si conferma l’impegno industriale nellezone meridionali del nostro paese con la costruzio-ne dello stabilimento di Foggia Incoronata (che sispartirà il bacino bieticolo della Capitanata con lozuccherificio Eridania di Rignano Garganico sortoquasi contestualmente a circa una quarantina dichilometri) ma che obbliga la società a guardarecon disincanto al proprio impero industriale, incal-zato dalle prospettive dell’imminente riforma euro-pea del mercato saccarifero (OCM zucchero 1968).L’anno prima, il 25 gennaio 1967, nella sua villa diviale Cavallotti a Padova, muore Ilario Montesi,una scomparsa che comunque non impedisce algruppo padovano di razionalizzare i propri assetsindustriali che comportano, già dall’ottobre dellostesso anno, il passaggio dello stabilimento caselle-se sotto la nuova insegna “Distilleria di CavarzereSpa”, con capitale sociale L. 5.320.000.000, sedein Cavarzere e Direzione Generale in Padova ViaS.Fermo, 39.Il ruolo di Amministratore e Direttore Generalerimane saldamente nella mani del figlio Leonardo(1908-1988), continuatore dell’opera del padre giàdagli anni del Regime, quando contribuì alla realiz-zazione della prima mostra corporativa dello zuc-chero, tenutasi a Padova nel 1934.

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 19

Page 22: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

20 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

Il 5 ottobre del 1969, nella sede padovana dellasocietà in via S.Fermo 39, i rispettivi presidentidella Distilleria di Cavarzere s.p.a. (Dr.AntonioGianquinto), della Società Veneta per l’Industriadegli Zuccheri s.p.a. (Avv.Antonio Bonomi) e dellaCarburanti Cartura s.p.a. (Conte Gerardo Leonardidi Villacortese) si incontrano per procedere allafusione delle ultime due insegne nella incorporanteDistilleria di Cavarzere s.p.a. che adesso cespita,sotto la sua ragione sociale, lo zuccherificio diCasei Gerola.Nel Settembre 1970 un altro passaggio azionariocomporta l’ulteriore modifica dell’insegna in“Cavarzere Produzioni Industriali Spa”, di cui orafanno parte gli stabilimenti di: Foggia Incoronata(FG), Latina (RM), Fano (PS) e Cavarzere (VE);nello stesso anno la fabbrica di Casei Gerola passaad una potenzialità di lavorazione giornaliera di60.000 q.li.La società è ancora saldamente nelle mani diLeonardo Montesi (e dalla fine degli anni ‘70, deifigli Giorgio e Ilario), malgrado nel consiglio diamministrazione della società compaiano ancoracognomi che rimandano alle antiche alleanze euro-pee del gruppo padovano, come quella belga targa-ta Tirlemont rappresentata dalla successiva genera-zione di Beauduin (in questo caso PierreBeauduin).Nel 1973, si consuma la staffetta alla direzionedella fabbrica casellese tra il Direttore uscente, ilDott.Marcialis, incaricato della direzione dellozuccherificio di Foggia Incoronata el’Ing.Giordano Giordano proveniente dallo stessostabilimento; nel 1981 il Dott.Marcialis tornerà alladirezione dello zuccherificio di Casei Gerola inseguito all’uscita dell’Ing.Giordano.Un rimpasto peraltro trasversale a diversi stabili-menti del gruppo, suggerito anche dalla recenteacquisizione degli zuccherifici ex Italiana Zuccheri(S.I.I.Z.) dopo che gli eredi Piaggio cedono nel1972 i loro stabilimenti al Gruppo Montesi suggel-lando ulteriormente quel patto di “buon vicinato”che li aveva visti muoversi nella stessa direzionegià dall’inizio degli anni ‘50, ai tempi dell’antago-nismo tra i due “cartelli” .Mediatore delle trattativa sarà il senatore CarloPastorino che si era già occupato di altre dismissio-ni del gruppo Piaggio (come quella della NAI –Navigazione Alta Italia, ceduta nello stesso annoall’armatore Lolli Ghetti).Tra le condizioni di cessione, il senatore Pastorinofarà inserire la clausola che obbligherà i Montesi amantenere la direzione della società a Genova con-servandone l’antico lignaggio.

Sono anni in cui il Gruppo padovano consolidaammodernandole, le ex fabbriche Piaggio conside-rate strategiche oltre che le proprie, dismettendoinvece gli stabilimenti meno performanti.In questosenso sono da leggere le successive chiusure deglizuccherifici di Rieti, Cesena, Chieti, Legnago,Rovigo e Lendinara (fabbriche ex S.I.I.Z) e dellostabilimento di Spinetta Marengo e di Este chiusiall’inizio degli anni ‘70.Ora, le 12 fabbriche appar-tenenti al Gruppo Saccarifero Veneto (S.G.V.),fanno capo alla Società Italiana Industria Zuccheri(S.I.I.Z.), alla Cavarzere – Produzioni Industriali ealla Società Saccarifera del Rendina, a cui siaggiunge il Centro di Ricerca e Sviluppo AlbaSementi che opera come istituto di ricerca e svilup-po nei centri di Ponte S. Nicolò (PD) e Bottrighe,che dopo la scomparsa del Munerati aveva acqui-stato buona parte del patrimonio genetico selezio-nato dallo scienziato rodigino.Anche grazie ailavori di potenziamento dello stabilimento, che siconsumano tra il 1970 e il 1972 (poi nel 1978/80verrà ammodernata casa zuccheri e due anni dopocasa bietole), la fabbrica casellese è in grado dimacinare giornalmente 80.000 q.li di bietole, unrevamping che passa attraverso l’acquisto di nuoviimpianti o l’introduzione di macchine provenientidagli stabilimenti chiusi del Gruppo come: n°1Diffusione RT costruttore Ferriani su licenza FCBpotenzialità 40.000 q.li/g, n°2 tagliatrici Bb Putschverticali 2.200x24x400, n°1 batteria di evaporatoria 5 eff. di costruzione Terom, un nuovo impiantodepurazione sughi (saturatori, decantatori e filtri)di costruzione Putsch, n°1 caldaia Galleri da 66t/hpressione 46 bar, n°1 forno calce Debartolomeis da80mc , n°1 turboalternatore F.Tosi da 3000 Kw(entrambi trasferiti da Spinetta Marengo), n°1 cal-daia F.Tosi da 40 t/h pressione 32bar, n°1 turboal-ternatore F.Tosi da 3000 Kw, n°1 stacker insilatorebietole (tutti trasferiti da Este).In una relazione di fabbrica del 1976dell’Ing.Giordano è descritta minuziosamente lecapacità di ricevimento della fabbrica: “ Le bietoleaffluiscono direttamente ai silos di fabbrica (92%)ed al Centro Raccolta Bietole di Spinetta Marengo(8%) distante circa 40 km dallo stabilimento. Iricevimenti sono aperti per sei giorni settimanali e14 ore al giorno. La potenzialità media di scaricogiornaliero è di 90/100 q.li. Lo scarico delle bieto-le avviene su sei piattaforme abbinate a tre eleva-tori a pale e in due punti per mezzi autoribaltabili,uno meccanico ed uno idraulico, questo ultimo perle sole bietole che giungono in fabbrica dal centrodi raccolta...”:Nel 1979 il Cavaliere Attilio Montiproprietario di Eridania cede a Serafino Ferruzzi il

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 20

Page 23: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

21«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

pacchetto azionario di maggioranza della societàmentre all’inizio degli anni ‘80, il peso economicodegli interventi miranti a razionalizzare la capacitàproduttiva del proprio comparto saccarifero(soprattutto in relazione all’acquisizione e messa aregime degli impianti ex Piaggio), fa precipitare ilgruppo Montesi in una profonda crisi finanziariache porterà la società al commissariamento, inmaniera non molto diversa da quanto nello stessoperiodo accade al Gruppo Maraldi.La dichiarazione di successione di due delle famo-se tre “M” (Monti, Montesi, Maraldi) ora si consu-ma nei tribunali scuotendo dalla base il compartosaccarifero italiano, la cui situazione comincia apreoccupare anche gli ambienti governativi chedecidono di sedersi al tavolo delle riforme per risa-nare questo importante settore industriale.L’impietosa sinossi del piano Bieticolo Saccariferoche all’inizio degli anni ‘80 si abbatte su diversizuccherifici italiani portando in rapida progressio-ne alla chiusura di diverse fabbriche, risparmiacomunque lo stabilimento di Casei Gerola, consi-derato insieme a quello di Sarmato e S.Quiricocome uno dei più efficienti.La fabbrica casellese infatti ora macina giornal-mente 90.000 q.li di bietole con una produzione di5.500 q.li di zucchero.

L’organico di fabbrica è composto da 39 impiegatie 91 operai che, durante il periodo di campagna,aumentano rispettivamente di 36 e 287 unità.La Direzione della fabbrica, dopo il ritorno per unsolo anno del Dott.Marcialis, dal 1982 è affidata alDott.Frezzotti proveniente dallo zuccherificio diFoggia Incoronata, ma che dal 1954 in poi avevagià fatto numerose esperienze come chimico nellafabbrica di Jesi della Sadam, nel LaboratorioSperimentale di Bologna della S.I.I.Z., e in variruoli nelle rispettive fabbriche di Cervignano,Rendina, Rieti, Argelato per poi assumere la dire-zione di Porto Tolle.Probabilmente anche per queste competenze tra-sversali, dopo l’interim di un solo anno a CaseiGerola, viene scelto dai Montesi per dirigere lo sta-bilimento della Biacor, incarico che manterrà finoa metà degli anni ‘80 quando tornerà al settore sac-carifero con la direzione della fabbrica di Fanopoco prima che venga cespitata sotto l’insegna ISI.Peraltro, proprio nell’interim in cui lo zuccherificioè diretto da Marcialis (1981), lo stabilimento effet-tua la campagna saccarifera più lunga della sua sto-ria (91 giorni), complici anche i molteplici incon-venienti che si manifestano tra agosto e novembre(tra cui lo spegnimento del forno a calce e le nume-rose giornate di vertenza sindacale del mese di

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 21

Page 24: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

22 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

ottobre), raggiungendo contestualmente il primatosia della maggiore quantità di bietole lavorate(5.564.543 q.li) che di zucchero prodotto (660.622q.li), continuando ad appoggiarsi come piarda sul-l’ex zuccherificio di Spinetta Marengo.Dal 1983 la guida della fabbrica casellese passa aFrancesco Zocca, che dopo l’esperienza maturatanegli stabilimenti della S.I.I.Z. (Finale Emilia,Mirandola, Porto Tolle, Legnago, partecipandoanche allo costruzione dello zuccherificio diArgelato), dal 1983 al 1997 dirigerà lo stabilimen-to di Casei Gerola.In seguito alle vicissitudinisocietarie del gruppo saccarifero veneto, nel 1986,lo zuccherificio di Casei Gerola e altri stabilimentidel Gruppo Montesi, entrano in orbita ISI(Industria Saccarifera Italiana Spa), la cui gestioneè affidata all’Ing. Adelmo Mantovani, rientrato inItalia dopo la recente esperienza statunitense allaguida della Missalco, (Mississipi River AlcoolCompany, di New Orleans), la società costituitanegli Usa dal gruppo Ferruzzi per la produzione dietanolo dai cereali.Nel frattempo, mentre vengonochiusi alcuni degli stabilimenti ex Piaggio ceduti aiMontesi (Crevalcore, Mirandola, Porto Tolle), dal1987 al 1989 la fabbrica casellese subisce ulterioriimportanti potenziamenti, secondo le consolidateprassi dell’acquisto di nuovo macchinario o utiliz-zando impianti provenienti da fabbriche chiuse; lapotenzialità giornaliera della fabbrica raggiunge i92.000 q.li che salgono a 110.000 q.li nel 1995.Le novità di quest’ultimo potenziamento, a cui neseguiranno altri, riguardano principalmente casazucchero con l’installazione di: n°1 bolla di cottu-ra continua FCB da 1040hl per 2^prod., n°1 bolladi cottura Reggiane da 500 hl per raffineria, n°1cristallizzatore continuo verticale MET da 120 t/hper 1^prod., n°1 cristallizzatore continuo verticaleMET da 100 t/h per raffineria, n°3 cristallizzatoriverticali Toury da 300 mc per 2°prod., n°4 centri-fughe continue Pieralisi per 1°prod., n°3 centrifu-ghe continue FCB per 2°prod., n°2 centrifughecontinue Bma per affinaggio (trasferite daMirandola), n°3 centrifughe Bosco B7 per raffine-ria (trasferite da Argelato), n°5 filtri Funda automa-tici a piatti (trasferiti da Mirandola), n°1 comples-so di torri evaporative Spig formato da 8 celle peracqua ai condensatori, n°1 impianto di termocom-pressione vapore costituito da evaporatore Teromda 3500 mq e da 5 eiettori Berten da 70 t/h, n°2 saledi controllo per gestione impianti casa bietole ecasa zucchero con impianti PMC Orsi, n°1 impian-to depurazione acque reflue tipo aerobico portata20.000 mc.Malgrado i successivi assetti societari, che porte-

ranno ISI nell’orbita di Eridania e che nel 2002vedranno lo stesso gruppo genovese smembratodalle insegne concorrenti che se ne contenderannoil patrimonio industriale, lo zuccherificio di CaseiGerola continua nel suo programma di potenzia-mento che proseguirà anche negli anni successivi(1996, 2001 e 2003) consentendo alla fabbrica diarrivare ad una potenzialità giornaliera nominale di130.000 q.li, regime che manterrà fino alla chiusu-ra.Proprio tra il 2001 e 2002, sotto l’egida francesedi Beghin Say vengono fatti importanti investi-menti sullo stabilimento casellese tra cui la costru-zione di un nuovo silo zucchero della capacità di45.000 T. (ditta ACMB francese), di un nuovoimpianto di condizionamento zucchero e l’installa-zione di 2 bolle di cottura Terom da 500 Hl per laraffineria (provenienti dallo zuccherificio diArgelato)Dal 2003, anno in cui ricorre anche il cin-quantenario di attività dello stabilimento, la fabbri-ca è cespitata sotto Italia Zuccheri, una società par-tecipata pariteticamente da Coprob e Finbieticolache con Sadam si è spartita le attività saccariferedel Gruppo Eridania.A Italia Zuccheri è affidata lagestione degli stabilimenti di Contarina (RO),Bondeno (FE), Pontelongo (PD), Finale Emilia(MO) e di Casei Gerola.Malgrado l’ottima campagna del 2005 la fabbricanon riuscirà a scongiurare la chiusura che avverràpuntualmente nel 2006.In quell’anno diversi macchinari verranno smonta-ti e trasferiti a Pontelongo mentre per altri, come ilrecente silo zucchero ed il carico zucchero sfusoper cisterna, si procederà alla demolizione.Al momento attuale, tramontata qualsiasi ipotesi diriconversione, l’area che un tempo ospitava lo zuc-cherificio aspetta un progetto di riqualificazioneserio che ne rispetti i trascorsi industriali e ne resti-tuisca la dignità che le vicende industriali del pas-sato gli hanno conferito.

Fonti:Un ringraziamento doveroso, per la disponibilità el’inesauribile pazienza, a Stevanin Antonio che miha messo a disposizione la maggior parte dei datitecnici sullo zuccherificio.Lo stesso senso di gratitudine è rivolto al persona-le dell’Archivio Storico dei Cavalieri del Lavoroche mi ha permesso di accedere al fascicolo conte-nente l’atto di nomina a Cavaliere del Lavoro diIlario Montesi (29/04/1935, cartella 1 nella bustaCXXVII).Brevi profili biografici dei Direttori di fabbricacitati nell’articolo sono contenuti nei rispettivi

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 22

Page 25: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

23«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

annunci commemorativi pubblicati sulla rivista“L’Industria Saccarifera Italiana”: Ing.PullèLeopoldo (1975), Dott.Marcialis Enrico (2004),Dott.Frezzotti Roberto (2003), Zocca Francesco(2019).Le notizie relative all’incorporazione della SocietàVeneta per l’Industria degli Zuccheri nella SocietàDistilleria di Cavarzere S.p.a. (1967) e la successi-va trasformazione di quest’ultima in CavarzereProduzioni Industriali S.p.a. (1970) sono desuntedai rispettivi fascicoli depositati presso la Cameradi Commercio di Padova.Quentin Jouan, Entre expansion belge et nationali-sme italien. La Sucrerie et Raffinerie dePontelongo, image de ses époques 1908–1927,(2015).M.Elisabetta Tonizzi, L’industria dello zucchero,(2001).G.Roverato, L’industrializzazione diffusa, Storiadell’economia padovana 1923-2003, (2005).D.Avezzù - C.Baldi, C’era una volta la Distilleria,(1992).L. Scalco, L’industria saccarifera nel polesine trale due guerre, contributo presente in: Le radicidella dolcezza - La bieticoltura e l’industria sacca-

rifera nel Veneto del Novecento (2005).R.Faben, Zucchero italiano (2012).G.Pinti, Lo zuccherificio di Finale Emilia e dintor-ni, (2015).Filippo Maria Pandolfi, Ministro dell’Agricoltura edelle Foreste, Il Piano Bieticolo Saccarifero,(1984).L.Lava, L’esproprio politico, contributo presentein: Quattro Gialli del Nordest (2012).E.Pichelan, Pontelongo, un luogo buono per vive-re, (2004).L.Cerasi, Montesi Ilario, Dizionario Biograficodegli Italiani - Volume 76 (2012).Inaugurato a Casei Gerola il più moderno zucche-rificio d’Europa, settimanale Giornale di Vogheradel 10/09/1953.L’Industria degli Zuccheri è passata al gruppoMontesi , quotidiano IL SOLE 15/10/1972.Gardini entra in Montedison per fare la benzinaverde, quotidiano La Repubblica del 21/07/1985.Atto di nascita ufficiale per ISI, quotidiano LaRepubblica del 23/04/1986.La ISI nell’orbita di Eridania, va a Genova ilQuartier Generale, quotidiano La Repubblica del29/06/1991.

Certificato azionario

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 23

Page 26: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

24 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

FRA ZUCCHERO E ALCOOL: LE VICENDE DEL SORGOE LA VISIONE INDUSTRIALE DI MONTESI (1935-1939)

Lorenzo Aldini

Fortune e sfortune del sorgoIl sorgo zuccherino è una pianta versatile, soggetta aciclici entusiasmi e a ricorrenti delusioni. Adatta alclima temperato della nostra penisola, ha l’aspetto dirobusta canna sormontata da una pannocchia dicereali che cresce nel corso del trimestre estivo. Lacanna del sorgo è ricca di zuccheri almeno quanto labarbabietola, ma può prestarsi ad altri impieghi, for-nendo cellulosa, mangimi e farine di discreto pregio,utilizzabili anche per l’alimentazione umana. La bio-massa del sorgo è un buon combustibile ed è in gradodi innescare spontaneamente processi fermentativi.Prima dell’avvento della barbabietola un manipolodi audaci pionieri aveva riposto nella canna del sorgole speranze per un’industria italiana dello zuccheroaffrancata dal modello saccarifero dell’Europa cen-trale1. A partire dal 1880 il ministero dell’agricolturaaveva finanziato ricerche che poi si erano arenate difronte ad un’evidenza inaggirabile: l’alta percentua-le di invertito rendeva difficile se non addiritturaimpossibile la cristallizzazione del saccarosio conte-nuto nelle canne del sorgo, che poteva tutt’al piùessere utile per l’industria dell’alcool, ma non perquella dello zucchero. La concorrenza del modellosaccarifero d’oltralpe, forte di un secolo di progressiagronomici con la barbabietola, mise fine a questaprima stagione di sperimentazioni del sorgo. Rieticominciò a produrre zucchero su scala industrialeper la prima volta in Italia nel 1887, seguendo loschema di lavorazione della barbabietola messo apunto nell’Europa centrale. Le aziende agricole dellapianura padana, che pure erano riuscite a cristallizza-re piccoli quantitativi di zucchero dal sorgo, abban-donarono una strada intrapresa faticosamente e senzaparticolare successo. L’industria saccarifera italianacominciò così a muovere i primi passi nel solco giàtracciato dagli altri paesi europei. Senza più interes-se industriale, alla fine dell’Ottocento il sorgo tornòad occupare una posizione di secondo piano comecoltura di supporto alla zootecnia.Le cose andarono diversamente in America, dove ilsorgo coltivato negli stati del mid west cominciò adalimentare la filiera produttiva delle marmellate edegli sciroppi di largo consumo. Aziende agricolegrandi e piccole lavoravano il sorgo che cresceva inabbondanza negli ampi territori del Mississippi, manon si presero a cuore la selezione del seme, nonavendo particolari esigenze industriali a parte la pro-duzione di sciroppi e marmellate.Quando negli anni Trenta del Novecento in Italiatornò in auge il sorgo zuccherino, questa volta pertrarne alcool, si guardò con interesse all’esperienza

americana, ma nel considerarla si dovettero sfatarealcuni miti che il tempo e la distanza avevano ingi-gantito: gli enormi quantitativi prodotti, la rapidacrescita di una pianta quasi miracolosa, la possibilitàdi coltivare terreni aridi senza irrigazione.Nella seconda metà degli anni Trenta le specie disorgo importate dall’America e le altre già coltivatenella nostra penisola furono oggetto di un lavoro dianalisi e di selezione del seme con lo scopo di forni-re la pianta ideale per l’industria dell’alcool carbu-rante, nel quadro della politica autarchica di queglianni febbrili e controversi della storia italiana. Laparola autarchia riecheggia un po’ sinistra, avendol’abitudine di associarla al periodo bellico e alleimposizioni stringenti dell’ultima fase della dittaturafascista. Ma nel ripercorrere queste vicende è quantomai opportuno spostare il punto di vista: anzichéinterpretare retrospettivamente fortune e sfortunedell’industria del sorgo attraverso il diaframma delsecondo conflitto mondiale, proviamo a seguirne losviluppo a partire dalla grande depressione dell’ini-zio degli anni Trenta.

L’alcool carburanteDopo la crisi del 1929 l’intervento statale accompa-gnò la lenta ripresa economica in Europa, con politi-che protezionistiche volte alla valorizzazione dellerisorse interne di ciascuna nazione, in modo simile aquanto avvenne in America con il New Deal. I pro-blemi da affrontare per riequilibrare la bilancia com-merciale dei diversi stati nazionali riguardavano inprimo luogo l’approvvigionamento di materie primee i combustibili necessari alle attività produttive. Ipaesi senza risorse petrolifere videro nell’alcool eti-lico un’opportunità per ridurre le importazioni di car-buranti e trarre energia da fonti agricole rinnovabili2.In primo luogo la Francia, la Germania ed altre

nazioni dell’Europa orientale, fin dagli anni Ventiavevano messo a punto tecnologie di disidratazionedell’alcool distillando melasso, bietole e patate.Negli anni Trenta potevano già produrre quantitàragguardevoli di alcool etilico anidro di purezzasuperiore al 99%, cosidetto assoluto, da miscelarecon le benzine per autotrazione. La tecnologia deimotori a scoppio si era nel frattempo orientata versole miscele di alcool e benzina. Le proprietà detonan-ti dei due carburanti mescolati in proporzione ade-guata risultavano migliori di quelle della benzinapura. Per le automobili furono sperimentate miscelealcoliche fino al 30-40%, mentre i motori degli aero-plani diedero prova eccellente con miscele alcolicheaddirittura al 90%

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 24

Page 27: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

25«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

I legislatori dei maggiori paesi europei convennerodi fissare al 20% la percentuale di alcool da miscela-re con la benzina. In Francia, Germania eCecoslovacchia la decisione fu accompagnata dameccanismi di compensazione che incentivarono iproduttori nazionali di alcool ridistribuendo sull’in-dustria distillatoria parte dei dazi dei carburantiimportati. In Italia le buone intenzioni della legge del18 giugno del 1931, che confermava anche qui l’ob-bligo di miscelare alcool assoluto al 20%, non furo-no accompagnate da un’adeguata politica di incenti-vi. Ai produttori di alcool di prima categoria fu chie-sto di destinarne almeno il 25% ad uso carburante alprezzo imposto di 145 lire all’ettanidro3, mentre inFrancia si vendeva a 215. Considerando che l’etilicobuon gusto veniva commercializzato ad un prezzocompreso fra le tre e le quattrocento lire, i produtto-ri italiani di alcool di prima categoria avevano buoneragioni per dire che l’assoluto non copriva nemmenoi costi. Non c’è da stupirsi se nella prima metà deglianni Trenta la produzione italiana si arrestò ad unquarto del fabbisogno necessario per miscelare il car-burante secondo la percentuale prevista dalla leggedel 1931. Gli autoveicoli continuarono a marciarecon benzina pura o con miscele alcoliche molto infe-riori al 20%.Nel 1935 la situazione mutò rapidamente, con la

guerra d’Etiopia, le sanzioni e la politica protezioni-stica. Il mondo saccarifero offrì la propria collabora-zione per rispondere tempestivamente alle necessitàimposte dal nuovo scenario internazionale. Nella pri-mavera di quell’anno la Corporazione delle bietole edello zucchero propose un piano pluriennale di svi-luppo per l’alcool di barbabietola, che avrebbe dovu-to raggiungere il milione di ettanidri nel 19394. Ilpiano faceva leva sullo sviluppo della bieticoltura,che poteva così tornare ai livelli pre crisi, e sullacreazione di distillerie annesse a nuove bietolerie cheall’occorrenza sarebbero diventate veri e propri zuc-cherifici. La richiesta di adeguare il prezzo dell’al-cool carburante a valori consoni a quelli di mercatofu accolta e formalizzata dal Regio Decreto del 7novembre 1935, che fissò il compenso per i produt-tori a 215 lire l’ettanidro, mentre il prezzo al consu-mo risultava di 290 lire (la differenza erano tasse).Così si crearono finalmente le condizioni per unboom dell’alcool carburante.Fra l’estate del 1935 e l’estate del 1937 venneroampliate otto distillerie di bietole da tempo inattive ene furono costruite quindici ex novo, sette delle qualiannesse a zuccherifici5. Nel primo semestre del 1936per far fronte alle pressanti richieste di alcool venne-ro distillati quantitativi di zucchero che da anni sta-zionava nei magazzini a causa della crisi. Se il

1938 - Colture sperimentali di sorgo a Pontecagnano, Salerno (da De Marzi)

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 25

Page 28: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

26 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

melasso non bastava, sotto l’ombrello del protezioni-smo economico anche lo zucchero poteva finire indistilleria o in fabbriche di glicerina, in concorrenzacon l’uso alimentare che di questo zucchero si sareb-be potuto fare in tempi di razionamento e di tessereannonarie. Per soddisfare le aumentate richieste dellachimica industriale, era fondamentale sperimentarenuove materie prime alcoligene da trattare in impian-ti sperimentali. Tralasciata la strada della distillazio-ne degli amidi che avrebbe sottratto riso e patateall’alimentazione umana, l’attenzione andò a con-vergere sul sorgo zuccherino, che tornò d’attualitàdopo cinquant’anni di oblio.

Le esperienze delle Distillerie ItalianeNel 1932 la Società Anonima Distillerie Italianeaveva assegnato a Cesare Grossi l’incarico di avvia-re colture di sorgo nei campi della consociataSaccarifera Lombarda di Bondeno, dove una varietàdi sorgo ambra fu seminato in cinquecento metriquadrati di terreno già preparato per il granoturco.Nel 1933 le coltivazioni vennero estese a mezzo etta-ro mettendo a confronto seme originale e seme ripro-dotto. I risultati furono migliori col seme riprodotto.Al 1933 risalgono le prime prove industriali di alco-lizzazione delle canne in piccoli tini da un quintale,con una resa del 60% in alcool etilico6, mentre alcoolbutilico e acetone si ottennero dalla lavorazione delseme, in percentuali di poco inferiori a quelle ottenu-te col granone. Nel 1934 le colture di Bondeno furo-no estese a due ettari, mentre altri piccoli appezza-menti di terreno furono seminati col medesimoSorgo Ambra in altre località campione (Avezzano,Milano, Molinella, Polesella e Porto Tolle).Un successo particolare l’ebbero le coltivazioni disorgo nei terreni di recente bonifica a Jolanda diSavoia, dove nell’estate del 1934 la nuova piantavegetò ben più rigogliosa della barbabietola. AJolanda furono messe a confronto anche diverse con-cimazioni, che diedero produzioni variabili fra i 330e i 390 quintali di canna per ettaro. I campi risponde-vano bene alle sollecitazioni della nuova coltura, conla sola eccezione di alcuni terreni torbosi e di altrieccessivamente sabbiosi. Ma in quello stesso anno aBondeno il bilancio delle coltivazioni fu compro-messo da un’invasione di parassiti e da violenti tem-porali che stesero a terra il 70% delle piante già altepiù di due metri.Emergevano alcune debolezze del sorgo ambra,peraltro già note dalle esperienze di fine Ottocento,intorno alle quali occorreva lavorare, valutando lagiusta distanza di semina e selezionando nuovevarietà meno sensibili all’aleatorietà del clima.Nonostante gli inconvenienti di Bondeno, CesareGrossi trasse un bilancio positivo da questi primi treanni di sperimentazione scrivendone chiari resocon-ti su l’Industria Saccarifera Italiana in quattro artico-

li pubblicati fra il 1935 e il 19387.Dopo aver passato in rassegna le sperimentazionicondotte dalle Distillerie Italiane a Pontelagoscuro,Grossi riepilogava i molteplici usi industriali per iquali la canna ed il seme del sorgo sembravano adat-ti, dagli sciroppi alla fabbricazione dei mangimi,dalle fermentazioni alcoliche alla lavorazione dellacellulosa. Fra le prospettive industriali non sembravasecondaria la produzione di zucchero bianco, che sisarebbe potuto ottenere anche dalla canna del sorgograzie ad un nuovo brevetto inglese del 1934. Questainvenzione dichiarava di voler anteporre la fermen-tazione degli sciroppi alla lavorazione in zuccherifi-cio, utilizzando lieviti che rispettavano il saccarosio,trasformando in alcool solo l’invertito. Non si arrivòmai all’industrializzazione di un’idea simile, chedeve aver sollecitato la fantasia degli addetti ai lavo-ri. Subordinare l’estrazione del saccarosio alla distil-lazione di una nuova materia come il sorgo avrebbeavvantaggiato l’industria dell’alcool, ribaltando ilsecolare rapporto di dipendenza dall’industria sacca-rifera. L’interesse delle Distillerie Italiane non si limitò allericerche agronomiche. A Pontelagoscuro durante lacampagna 1935 venne testata la batteria di diffusio-ne per estrarre sugo grezzo dal sorgo zuccherino, chesi scaldava più agevolmente della barbabietola econsentiva un migliore esaurimento. I piccoli quan-titativi di canna lavorata diedero ottimi risultati intermini di perdite e di purezza del sugo, il quale pote-va essere concentrato senza bisogno di depurazione.In questa sperimentazione ancora lontana dai nume-ri di una lavorazione industriale le DistillerieItaliane ritennnero opportuno utilizzare la diffusioneclassica già installata in fabbrica, senza affrontare icosti di nuovi impianti come i mulini della canna,che avrebbero avuto senso se ci fosse stato un deci-so incremento della produzione. In una lavorazionesu scala industriale le bagasse in uscita dai muliniavrebbero potuto fornire cellulosa, o più semplice-mente essere utilizzate come combustibile. La pru-denza sconsigliava di spingersi così lontano, manegli anni successivi Cesare Grossi continuò adispensare consigli, senza risparmiare critiche a chipretendeva di ottenere in poco tempo quello che lericerche avrebbero potuto fornire nell’arco di alme-no un decennio. In quali terreni si sarebbe dovutoseminare il sorgo zuccherino e in quale periodo, pernon generare conflitti con altre colture già esistenti?L’aleatorietà dei raccolti suggeriva di non scommet-tere troppo sul sorgo, ma la natura rustica della pian-ta avrebbe forse consentito di valorizzare terrenipoveri o marginali, dove altre colture crescevanostentate. Un deciso scetticismo contraddistinse ilgiudizio di Grossi nella fase successiva di industria-lizzazione del sorgo zuccherino, da cui si tenne adistanza proprio quando l’affare stava diventando di

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 26

Page 29: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

27«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

moda. L’esperienza delle Distillerie Italiane ebbecomunque seguito nelle lavorazioni sperimentalicondotte da Eridania a Migliaro, che conosciamograzie al resoconto dettagliato di F. Massa8. Nell’estate del 1938 la distilleria di Migliaro fececoltivare un centinaio di ettari con nove varietà disorgo, fra cui l’ambra già selezionata dalleDistillerie Italiane insieme ad altre varietà america-ne di recente importazione. Ai ventimila quintali pro-dotti da Eridania se ne aggiunsero duemilacinque-cento provenienti da colture sperimentali dellaSocietà Italiana Industria Zuccheri della Toscana edel Friuli. La canna tagliata poteva essere raccolta infasci, oppure stivata negli stessi sili delle barbabieto-le, ma solo per un massimo di dieci giorni, onde evi-tare la formazione di muffe. Le tagliatrici verticaliappositamente installate per la lavorazione del sorgooccupavano un piccolo capannone ausiliario intornoal quale giravano su rotaia i carrelli per il trasportodelle canne. I residui dopo la diffusione avevano unpeso analogo a quello delle canne in ingresso. Col13% di sostanza secca risultavano difficili da pressa-re, ma la distilleria di Migliaro li inviava alla cartie-ra di Codigoro per produrre carta da imballo. Questesperimentazioni erano improntate all’ottimismo, manon permettevano di trarre conclusioni definitiveriguardo alla convenienza industriale della lavora-zione del sorgo. L’esperienza di Migliaro non affron-tava di petto il problema dell’industrializzazione diuna nuova filiera produttiva, ma offriva al regimeuna vetrina credibile che rispondeva alle sollecitazio-ni della politica autarchica.E’ opportuno ricordare che nel frattempo le societàsaccarifere si erano sfilate dall’obbligo di produrrecon le barbabietole i quantitativi di alcool carburan-te previsti dagli accordi del 1935. L’Italia non giun-se mai alla fabbricazione annuale di un milione diettanidri di assoluto e la miscelazione di alcool nellebenzine fu ridotta dal 20 al 12%. Col pagamento diuna sovrattassa l’industria saccarifera preferivadirottare i sughi greggi di barbabietola verso la pro-duzione di zucchero bianco, pur sempre meglioremunerato dell’alcool carburante.

La visione industriale di MontesiPer finanziare la lavorazione del sorgo su scala indu-striale servivano coraggio, tempismo ed una visionelungimirante che non fosse concentrata esclusiva-mente sulla produzione dello zucchero. Queste carat-teristiche si incarnavano nella personalità di IlarioMontesi (1882-1967)9, che in poco meno di trent’an-ni aveva costruito dal nulla un impero industriale,facendo le mosse più opportune in ambito sia tecni-co che finanziario. Chimico di formazione, Montesiaveva assunto la direzione della distilleria diCavarzere nel 1908, promuovendo al contempo laBanca cooperativa del sindacato agricolo, divenuta

poi Banca agricola popolare di Cavarzere. In pochianni egli aveva rilanciato la distilleria di Cavarzereesportando i prodotti anche nel mercato tedesco,dove nel primo dopoguerra riuscì a farsi una posizio-ne di primo piano come azionista di maggioranzadella Suddeutsche Zucker Aktien Gesellschaft diMannheim10. Nel frattempo aveva consolidato laproduzione di alcool in Italia, rilevando nel 1918 ladistilleria di Napoli e fondando la SAIDA (SocietàAgricola Industriale degli Alcoli). In Italia aveva poidato avvio alla scalata dell’industria saccarifera,avviando lo zuccherificio di Cavarzere, creando nel1923 la Società Veneta per l’Industria degli Zuccheri(da cui sorse subito il nuovo impianto di Este) eacquisendo nel 1927 il controllo azionario dello zuc-cherificio di Pontelongo, che comportava anche lagestione di società collegate in Romania e inBulgaria. Cedute nel corso degli anni Trenta le quotesocietarie degli zuccherifici tedeschi, Montesi rein-vestì in Italia non solo i proventi, ma anche lo stiled’oltralpe. Improntò l’organizzazione della sua hol-ding ad un modello di relazioni produttive mutuatodalla grande industria chimica tedesca, che era la piùavanzata nel panorama europeo di quegli anni.Ciascuna nuova azienda rilevata od avviata daMontesi offriva agganci alle altre del gruppo, in unmosaico di possibilità che si concatenavano: semila-vorati, sottoprodotti, perfino gli scarti di una fabbri-ca potevano risultare utili come materia prima di unalavorazione successiva. Alla base di questo sviluppoindustriale doveva esserci come in Germania unasolida ricerca di base, che Montesi delegò agli istitu-ti dell’università di Padova, assegnando loro stru-menti all’avanguardia e risorse economiche adegua-te.La Sezione Sperimentale Zuccheri del Politecnico diPadova11 fu avviata nel novembre 1932, con lo scopodi studiare i processi chimico-fisici della lavorazionedello zucchero, in particolare gli effetti dei colloidi edegli agenti melassigeni, ma le ricerche furono poiorientate ad un più ampio spettro di prodotti chimiciottenibili da materie agrarie, seguendo gli orienta-menti della politica autarchica che, con una espres-sione aggiornata alla nostra attualità, potremmo defi-nire verde12. All’apice della carriera imprenditorialeIlario Montesi si fece interprete del corporativismofascista, esponendosi sulla scena politica in modosempre accorto. Nel giugno 1934 col figlioLeonardo organizzò a Padova la prima mostra cor-porativa delle bietole e dello zucchero, un grandesuccesso non solo per gli addetti ai lavori. Nelle duesettimane in cui l’esposizione rimase aperta, unvasto pubblico fu attratto dagli stand allestiti coneffetti speciali dai principali produttori nazionali dizucchero e di alcool13.Le sollecitazioni della politica spinsero Montesi inprima linea anche nel marzo del 1935, quando la

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 27

Page 30: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

28 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

corporazione delle bietole e dello zucchero siglòl’accordo per l’alcool carburante. Dopo aver ottenu-to dal governo l’adeguamento del prezzo dell’alcooldi barbabietola, la Società Veneta per l’Industriadegli Zuccheri deliberò la costruzione di una nuovadistilleria a Cagnola di Cartura, nei pressi di Padova:un impianto costruito a tempo di record fra la prima-vera e l’estate del 1936, in grado di produrre cinque-cento ettanidri di alcool al giorno. All’inizio dell’au-tunno la distilleria di Cartura era già in funzione elavorava barbabietole coltivate nelle pianure delVeneto. Fra le novità tecnologiche vantate dal nuovoimpianto -costruito da maestranze italiane con mac-chine italiane- comparivano anche caldaie funzio-nanti col carbone autarchico delle miniere istrianedell’ARSA. Su un lungo fronte si allineavano a sini-stra i fabbricati destinati alla lavorazione delle barba-bietole: la torre di lavaggio, le tagliatrici e le batteriedi diffusione, mentre a destra si allungava la tinaia difermentazione. Le colonne di distillazione occupava-no il fabbricato centrale, l’unico dotato di qualchepregio architettonico: un alto volume parallelepipedoscandito da lunghe finestre verticali tipiche del gustorazionalista di quegli anni. Le ali laterali con la bie-toleria e la tinaia replicavano schemi tradizionaliderivati dalle fabbriche di inizio Novecento, tanto dafar sembrare la realtà industriale di Cartura un aggre-gato di installazioni eterogenee. L’apparente disordi-ne poteva essere giustificato dalla fretta con cui tuttoera stato progettato all’inizio del 1936, ma divennepiù evidente nella primavera del 1937, quando neipressi della bietoleria fu edificato un grande capan-none per la lavorazione a freddo del sorgo con muli-ni elettrici. L’insieme dei fabbricati aggiunti o rimo-dulati rispecchiava la natura ancora sperimentale dilavorazioni che non avevano precedenti su questascala. Una grande gru risolveva il problema dellamovimentazione delle canne in ingresso e conferivaall’insieme l’aspetto di un cantiere.Per finanziare la nuova industria autarchica delsorgo, di interesse nazionale, nel novembre 1936Montesi aveva avviato una società ad hoc dal nomeevocativo, adatto alle finalità della nuova impresa: laCarburanti Cartura. Concepita come satellite dellaSocietà Veneta dell’Industria degli Zuccheri, laSocietà Anonima Carburanti Cartura fu dotata nelmarzo 1937 di un capitale sociale di 12.000.000 dilire, portato a 24.000.000 nel giugno 1938 mediantela sottoscrizione di certificati azionari che prevede-vano il coinvolgimento di piccoli investitori.All’inizio del 1938 il sorgo richiedeva ancora unnotevole sforzo di ricerca, sia sul versante agricolo,sia su quello industriale: l’impianto di Cartura propo-neva di sciogliere gli ultimi nodi dell’industrializza-zione del processo. Una serie di cinque mulini insuccessione estreaeva il succo in modo analogo aquanto si faceva nell’industria dello zucchero di

canna. Le bagasse del sorgo in uscita dai mulini pre-sentavano un residuo fibroso intorno al 45% ed uncontenuto zuccherino fino al 3%, che determinavaperdite più alte di una diffusione classica. Ma i resi-dui erano abbastanza leggeri: potevano essere movi-mentati agevolmente senza bisogno di pressatura e allimite potevano tornare utili come combustibile incaldaia. Per i prodotti di questa industria restava davalutare la convenienza economica di possibili alter-native, in base ai prezzi fissati d’imperio dal gover-no e facendo leva sulle agevolazioni che accompa-gnavano la fase sperimentale14. Fu così studiata lapossibilità di esaurire completamente le bagasse tra-mite l’aggiunta di soda in coda ai mulini, in una pic-cola batteria di diffusione alcalina che avrebbegarantito il trattamento dei residui del sorgo anche invista del loro impiego nell’industria delle fibre sinte-tiche15. Ma in quegli anni di ricerche febbrili Montesipreferì non avventurarsi nell’industria dei filati, dalmomento che altre corporazioni stavano già inve-stendo in maniera mirata in quella direzione. Pensòinvece ad un impiego diretto dei residui del sorgo,ricchi di lignina, nella fabbricazione di pannelli ditrucioli pressati. A Faé di Longarone Montesi rilevònel 1936 l’innovativa fabbrica della Faesite, anchecon l’obiettivo di dare uno sbocco industriale allebagasse in uscita dai mulini di Cartura, mentre nelcomplesso industriale di Cavarzere fece studiare l’e-strazione di cellulosa nobile dai residui di lavorazio-ne del sorgo, in collegamento con la fabbrica di gli-cerina avviata dallo stesso Montesi in quella sedealla fine degli anni Trenta. Il sorgo avrebbe potutofornire cellulosa di ottima qualità anche per nitrazio-ne, ma i costi necessari per ripulire le fibre dellebagasse resero sconveniente l’industrializzazione delprocesso. Infine anticipando l’industria delle plasti-che, i laboratori della Sezione Sperimentale Zuccheridi Padova studiarono un metodo di polimerizzazionedella lignina, ottenibile dai residui del sorgo, perfarne diluenti e resine stampabili16. La lavorazione del sorgo nello stabilimento diCartura si era aggiunta a quella della barbabietola,che offriva già garanzie sufficienti per il successo delnuovo impianto industriale. La distilleria di alcoolcarburante era dunque predisposta per ricevere sugosia dalla bietoleria, sia dai mulini del sorgo, che pote-vano lavorare in parallelo durante le settimane di set-tembre in cui i due diversi prodotti agricoli giunge-vano contemporaneamente a maturazione. Perrispondere al picco di produzione autunnale fu pro-gettato un raddoppio della distilleria, che però nonvenne realizzato. Fu invece allestita una tubazioneper trasferire nello zuccherificio di Pontelongo ilgreggio di barbabietola di Cartura, su una distanza dicirca quindici chilometri17. Più che l’alcool, la politi-ca dei prezzi privilegiava lo zucchero: convenivainviare in zuccherificio i sughi di barbabietola (cri-

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 28

Page 31: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

29«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

stallizzabili) lasciando alla distilleria solo i sughi delsorgo (non cristallizzabili).Nella fabbrica di Cartura vediamo strutturarsi le scel-te industriali che negli anni successivi fecero ricade-re sul sorgo il compito di produrre quantità semprepiù ingenti di alcool carburante per usi civili e mili-tari. Lavorando a pieno regime per due mesi l’anno,un impianto delle dimensioni di Cartura avrebbe for-nito annualmente circa 30.000 ettanidri di alcool. Persoddisfare il fabbisogno nazionale di un milione diettanidri di alcool carburante (al netto della quotaprodotta dal melasso), sarebbero servite una trentinadi distillerie di sorgo zuccherino di queste dimensio-ni, con un bacino di approvvigionamento agricolo dialmeno millecinquecento ettari ciascuna18. Ma desti-nare al sorgo qualcosa come cinquantamila ettari sututto il territorio nazionale significava sottrarre que-sti terreni ad altre colture, innanzitutto alla barbabie-tola. Per aggirare il problema gli agronomi provaro-no a selezionare varietà di sorgo a semina autunnaleed altre che potessero subentrare al grano in estate,giungendo a maturazione a novembre. Nonostante lepresunte doti rustiche, il sorgo non era una piantafacile da coltivare. Nei tre mesi in cui vegetavarichiedeva mille attenzioni: abbondanti concimazio-ni, periodici diradamenti ed una sorveglianza meti-colosa dei parassiti che potevano proliferare fra lefoglie fino a compromettere completamente il rac-colto. Sottostare alle imposizioni di altre colture nonavrebbe di certo aiutato a ridurre i fattori di aleato-rietà del sorgo zuccherino.Al termine del terzo anno di lavorazione, nel novem-bre 1939 Montesi scrisse al Duce un telegramma conpoche significative parole di bilancio19: «...Possiamoconsiderare ormai raggiunto nello stabilimento diCartura la piena efficienza e la massima perfezionenella lavorazione e nella utilizzazione dei sottopro-dotti, riuscendo con ciò di guida agli altri impiantinelle loro realizzazioni. La nostra attività sarà orarivolta esclusivamente alla soluzione del problemaagricolo che si presenta tuttora sommamente arduoma che appunto per questo viene da noi affrontatocon ferma tenacia in estensione ed in profondità,come voi ordinate».Coi toni graditi a Mussolini, questo messaggio appa-re al tempo stesso chiaro e ambiguo: chiaro neldichiarare il successo industriale dell’impresa, maaltrettanto chiaro nel delegare ad altri la costruzionedei futuri nuovi impianti industriali per la lavorazio-ne del sorgo zuccherino. Il problema agricolo -som-mamente arduo- era un alibi credibile che disimpe-gnava l’imprenditore padovano dall’industrializzareil sorgo su larga scala nel territorio nazionale. Lanomina a deputato come rappresentante della corpo-razione dei combustibili liquidi non trattenneMontesi dal rivolgersi verso altre produzioni. Rilevòfabbriche chimiche alle due estremità d’Italia:

l’Arenella di Palermo per l’acido citrico e la nuovaazienda nazionale di Bolzano per il magnesio e leleghe del magnesio. Nel territorio nazionale ampliòla rete di distillerie SAIDA e in Albania si fece pro-motore del primo zuccherificio che, per la contin-genza storica del conflitto mondiale, ebbe vita bre-vissima.I mulini dello stabilimento di Cartura continuarono alavorare sorgo zuccherino fino all’occupazione tede-sca del 1944, quando la produzione subì una drasti-ca contrazione prima dello stop definitivo nel 1945.Con questa realizzazione Montesi aveva comunquefornito il modello per lo sviluppo di un’industria ita-liana del sorgo, la quale negli anni della secondaguerra mondiale si emancipò dall’egemonia saccari-fera sotto l’insegna della SAPIA - Società AnonimaPromotrice Industrie Agrarie, fondata a Milano nel1938. Dei sette impianti industriali progettati dallaSAPIA, a causa della guerra ne furono realizzati sol-tanto due: il primo nel 1939 a Ponte Galeria20 neipressi di Roma, il secondo nel 1940 a Forlimpopoli.Proprio quest’ultimo, il più consolidato, traghettò ilsorgo zuccherino attraverso le vicissitudini del con-flitto mondiale e continuò a lavorarlo senza soluzio-ne di continuità fino al 1949.

Un poderoso programma di ricerca agrariaDopo un primo anno di sperimentazioni in due etta-ri di un fondo di Bottrighe (Rovigo) e in altri fondidel forlivese, del bresciano, del vercellese, nell’in-verno fra il 1936 e il 1937 la Carburanti Carturafinanziò un viaggio scientifico negli Stati Uniti perconsentire ai nostri tecnici agricoli di incontrare icoltivatori americani ed importare nuove sementi disorgo zuccherino. Alla guida della spedizione trovia-mo Ernesto Parisi (1891-1945), professore di indu-strie agrarie e preside della Facoltà di Agraria aMilano, che alla fine degli anni Trenta raggiunsechiara fama in Italia facendo leva sulla propagandaautarchica del sorgo zuccherino21. L’equipe dovettesubito constatare che i terreni delle piantagioni ame-ricane erano umidi e ricchi di nutrienti, contraria-mente a quanto era stato detto fino ad allora.Bisognava pertanto riorientare le ricerche agronomi-che in Italia coinvolgendo gli enti pubblici al massi-mo livello.Sul versante della trasformazione industriale le espe-rienze americane avevano ben poco da insegnare allanascente industria italiana dell’alcool carburante. Glisciroppi alimentari non richiedevano una materiaprima tanto stabile quanto quella di una distilleria dialcool. Le sementi americane non corrispondevano arazze pure, ma erano ibridi dal fenotipo spessoimprevedibile. Per selezionare piante adatte all’indu-stria dell’alcool occorreva predisporre un poderosolavoro di selezione, che isolasse prima i ceppi puri esolo in un secondo tempo operasse gli opportuni

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 29

Page 32: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

30 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

incroci per ottenere la pianta ideale. Il professorEnrico Avanzi, direttore della Stazione SperimentaleAgraria di San Michele all’Adige, predispose unpiano quinquennale22 che avrebbe dovuto fornire leprime piante omozigoti stabili nel 1942, proprioquando la pressione degli eventi bellici si fece inso-stenibile.Conosciamo le sperimentazioni agrarie dellaCarburanti Cartura grazie ad un resoconto detta-gliato apparso alla fine del 1938 sulle paginedell’Industria Saccarifera Italiana, a firma del prof.Guido de Marzi, direttore dell’Ispettorato Agrariodella provincia di Padova23. Dal 1937 le campagne diBottrighe erano diventate il centro di un poderosolavoro di selezione del seme di sorgo zuccherino.Migliaia di pannocchie furono incappucciate una aduna durante la crescita per impedire l’impollinazio-ne incrociata. Dal confronto fra le specie di recenteimportazione e il sorgo ambra già acclimatato inItalia col nome di Rosso Lombardo emerse che que-st’ultimo era il miglior candidato all’industria del-l’alcool carburante: era abbastanza precoce, produ-ceva una maggiore quantità di zucchero per ettaro,offriva una buona resistenza al vento, ma manifesta-va una significativa vulnerabilità ai parassiti.Prove di coltivazione furono estese nel 1937 in tuttaItalia sotto la direzione di Ernesto Parisi, che coordi-nava otto laboratori collegati ad aziende del gruppoMontesi a Milano, Cartura, Bottrighe, Lugo diRomagna, San Romano Montopoli (Pisa), Napoli,Bari e Reggio Calabria24. Dodici specie di sorgofurono coltivate nei poderi di quindici località cam-pione su tutto il territorio nazionale, per confrontarela produzione di canna e di seme, il contenuto dizucchero, la precocità, la resistenza al vento ed aiparassiti sesamia e piralide. Nel 1938 le coltivazio-ni superarono i mille ettari, ma proprio in Venetofurono decimate dagli afidi e da condizioni climati-che avverse. Andarono meglio gli esperimenti nelresto del territorio nazionale. I raccolti nei podericampione del Lazio, della Campania, della Pugliacontribuirono a chiarire il comportamento vegetati-vo del sorgo alle diverse latitudini: non erano lerazze precoci a primeggiare… se non pioveva inaprile, valeva la pena ritardare la semina fino allafine di maggio... soprattutto al sud conveniva ritar-dare il raccolto e lasciare il sorgo nei campi per lepiogge di fine agosto, che davano impulso alla cre-scita vegetativa...Alla fine i tempi lenti della ricerca agraria non riu-scirono a conciliarsi con quelli ben più concitatidella storia. Con l’avvicendarsi degli eserciti e deigoverni, a metà degli anni Quaranta fu sospesa laproduzione di alcool carburante: a rimetterci fu ilsorgo zuccherino, su cui tanto si era investito, mache ormai recava impresso il marchio di una stagio-ne politica da rimuovere dalla memoria collettiva.

NOTE

(1) E. PARISI, Una pianta industriale trascurata. Ilsorgo zuccherino, «Industria Saccarifera Italiana»,XXVIII, n.10, 1935, p.497.(2) R. MAIOCCHI, Gli scienziati del Duce. Il ruolodei ricercatori e del CNR nella politica autarchicadel Fascismo, Carocci, 2004.(3) P. SABBATUCCI SEVERINI, Il CapitalismoOrganizzato, Fondazione Assi, 2004. A p.253 ilprezzo di 145 lire è riferito all’ettanidro di alcoolassoluto, mentre l’acool etilico rettificato venivapagato 130 lire all’ettolitro.(4) I lavori della corporazione delle bietole e dellozucchero, «Industria Saccarifera Italiana»,XXVIII, n.5, 1935, p.225.(5) P. SABBATUCCI SEVERINI cit., p.256.(6) Alcool percentuale sugli zuccheri totali calco-lati come saccarosio.(7) C. GROSSI, Il Sorgo Ambra del Minnesota,pianta da zucchero e da alcole, «IndustriaSaccarifera Italiana», XXVIII, n.8, 1935, p.408 –Comportamento della canna del sorgo in diffusio-ne, «Industria Saccarifera Italiana», XXVIII, n.11,1935, p.542 – Sulla coltivazione del sorgo zucche-rino, «Industria Saccarifera Italiana», XXIX, n.3,1936, p.84 – Considerazioni pratiche sull’impie-go del sorgo, «Industria Saccarifera Italiana»,XXXI, n.2, 1938, p.53.(8) F. MASSA, La lavorazione del Sorgo nelladistilleria di Migliaro. Campagna 1938, «IndustriaSaccarifera Italiana», XXXI, n.12, 1938, p.586.(9) L. CERASI, Ilario Montesi, «Dizionario biogra-fico degli italiani», LXXVI, Treccani, 2012.(10) L. SCALCO, L’industria saccarifera nel polesi-ne fra le due guerre, «Le radici della dolcezza. Labieticoltura e l’industria saccarifera nel Veneto del‘900», Minelliana, 2007, p.123. (Atti del XXVIIIConvegno di Studi Storici, Rovigo, 3 dicembre2005).(11) D. MENEGHINI, La sezione sperimentale zuc-cheri nel politecnico delle Venezie, «IndustriaSaccarifera Italiana», XXV, n.12, 1932, p.530.(12) M. RUZZENENTI, L’autarchia Verde, un invo-lontario laboratorio della Green Economy, JacaBook, 2011.(13) M. BORGHI, La prima Mostra Corporativadelle Bietole e dello Zucchero. Padova, 9-24Giugno 1934, «Industria Saccarifera Italiana»,XXVII, n.7, 1934, p.305-314.(14) Misura dell’agevolezza fiscale all’alcole otte-nuto dal sorgo nella campagna 1937-1938,«Gazzetta Ufficiale», 21 gennaio 1938.(15) G. BELARDINI, Sorgo zuccherino per la produ-zione di alcole e cellulosa, «Industria SaccariferaItaliana», XXX, n.12, 1937, p.558.Comunicazione letta al Convegno interprovinciale

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 30

Page 33: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

31«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

I mulini del sorgo

La fabbrica di Cartura

degli Ingegneri per l’autarchia economica, Ferrara,7 novembre 1937.(16) I. SORGATO, I residui fibrosi del sorgo e l’im-piego della lignina per la fabbricazione delle mate-rie plastiche, «Industria Saccarifera Italiana»,XXXII, n.10, 1939, p.529.(17) L. SCALCO cit., p.163.(18) Si considera una produzione di 300 quintaliper ettaro con il 10% di zuccheri utili ed una resain alcool assoluto di 7 litri al quintale.(19) Messaggio al Duce nel III anno di lavorazio-ne della distilleria di Cartura, «Il Messaggero», 28Novembre 1939.(20) S.D.C., Un grande stabilimento per la produ-zione dell’alcole carburante dal sorgo zuccherinoè sorto presso Roma, «L’industria Nazionale.

Rivista mensile dell’autarchia», XXIV, n.11-12,1939, p.31. - Cfr.: M. RUZZENENTI cit., p.172.(21) E. PARISI, Il sorgo zuccherino, pianta autar-chica per eccellenza, «Industria SaccariferaItaliana», XXX, n.9, 1937, p.423.(22) E. AVANZI, Direttive e finalità circa il miglio-ramento del sorgo zuccherino, «IndustriaSaccarifera Italiana», XXXII, n.3, 1939, p.148.(23) G. DE MARZI, Relazione illustrativa del lavo-ro compiuto in favore del sorgo zuccherino neglianni 1936-1937-1938, «Industria SaccariferaItaliana», XXXI, n.11, 1938, p.503.(24) E. PARISI, Ricerche chimiche e biologichesulle varietà di sorgo zuccherino recentementeimportate in Italia, «Industria SaccariferaItaliana», XXXII, n.1, 1939, p.1.

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 31

Page 34: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

32 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

LE TECNICHE “STORICHE” DI DEZUCCHERAZIONE DEI MELASSI

Dalle origini dell’industria saccarifera italiana agli anni ‘60

Alessandro Valente

Il duplice ruolo del melassoNell’industria dello zucchero, il melasso ha sem-pre occupato una posizione particolare. Da unlato infatti, per comprensibili motivi, i tecnicisaccariferi di tutte le epoche hanno profuso ognisforzo per limitarne il più possibile la produzionee il contenuto in saccarosio; ma d’altro canto essorappresenta il sottoprodotto più pregiato dellalavorazione, in quanto materia prima ideale peralimentare molte altre attività, sia all’interno cheall’esterno del mondo saccarifero. I settori diimpiego più consolidati comprendono la produ-zione di alcole etilico, lievito per panificazione,alimenti per uso zootecnico, glutammato di sodio,acido citrico nonché varie fermentazioni indu-striali anche di interesse farmaceutico. Da talilavorazioni possono inoltre derivare ulteriori pro-dotti secondari utili, come ad esempio il salinopotassico o il lievito torula nel caso delle distille-rie. In passato fu anche utilizzato per ottenereacido lattico e mannite, oppure butanolo e aceto-ne. In alternativa o eventualmente in abbinamen-to ad alcuni degli impieghi precedentemente elen-cati, può essere sottoposto a dezuccherazione.

La dezuccherazione Mediante i moderni processi cromatografici,basati sulle resine ad esclusione ionica, è possibi-le recuperare oltre il 90% dello zucchero contenu-to nel melasso, insieme a vari altri prodotti divalore, fra i quali ad esempio la betaina. Altreresine, quelle a scambio ionico, rendono da moltotempo un servizio prezioso già a monte, eliminan-do componenti “melassigeni” a livello del sugoleggero, limitando a priori la produzione dimelasso e massimizzando quella dello zucchero.Tuttavia metodi di dezuccherazione ingegnosi ein taluni casi anche dotati di una discreta resa,oggi in gran parte dimenticati, apparvero fin daiprimordi dell’industria saccarifera e la baritazio-ne ad esempio, continuò ad essere utilizzata inItalia fino agli anni ’70, mentre il processoSteffen lo è tuttora negli USA. In generale la scel-ta fra le diverse alternative di impiego del melas-so è sempre stata legata ad una serie di fattori dicarattere tecnico ed economico specifici dell’epo-ca considerata; ad essi si sovrapposero spesso

quelli politici attraverso le imposte di fabbrica-zione, i dazi, le agevolazioni ed esenzioni. In ognicaso, condizione necessaria, anche se appuntonon sufficiente, per giustificare economicamentela dezuccherazione, è l’esistenza di un rapportoabbastanza elevato fra il prezzo dello zucchero equello del melasso. In Italia, tralasciando il perio-do anteriore al 1923 sul quale non si hanno datidisponibili, e fino al ’46, lo zucchero derivante dadezuccherazione (1) rappresentava una percen-tuale annua variabile attorno al 1÷2% della pro-duzione totale, mentre nel secondo dopoguerra efino a metà degli anni ’60 tale percentuale salì al3÷6%. Gli stabilimenti nei quali risulta che abbia-no funzionato impianti di dezuccherazione (entroparentesi è indicato il periodo di attività) sono lefabbriche di Rieti (1908-?), Legnago (1923-1973), Cavarzere (1946-1980), impianto DMFerrara (1959-1975), Cecina (1956-?),Fontanellato (?), Mizzana (?). Come noto ilmelasso è per definizione l’ultimo scolo dellalavorazione dal quale non è più possibile o conve-niente far cristallizzare lo zucchero, che ancoracontiene in ragione all’incirca del 50%, medianteil sistema tradizionale, per il progressivo accumu-larsi di sali e composti organici ed inorganicidefiniti globalmente “non zucchero”. Per estrarlooccorre pertanto ricorrere ad altri procedimenti,fisici o chimici, che consentano la separazionedello zucchero pur in presenza del “non zucche-ro” o in alternativa che rimuovano quest’ultimoad un livello tale da ripristinare la possibilità diapplicare il processo convenzionale.

“L’osmosi” dei melassiFra i sistemi di dezuccherazione fu probabilmen-te il primo a ricevere applicazione pratica; ideatodal francese Dubrunfaut nel 1864 e successiva-mente perfezionato in Germania da Fuchs, utiliz-zava un apparecchio denominato “osmogeno”, ilquale sfruttava la diversa velocità di diffusionemanifestata dal saccarosio, rispetto alle sostanzeche compongono il non zucchero, nell’attraversa-re una membrana semipermeabile interposta framelasso ed acqua. Era costituito da un centinaiodi elementi denominati “telai”, ognuno similecome forma alla cornice di un quadro, accostati

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 32

Page 35: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

33«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

uno accanto all’altro con l’interposizione di unfoglio di carta pergamena in modo da creare dellecamere separate le une dalle altre. Due piastre ailati estremi e una vite di pressione assicuravano lachiusura ermetica del sistema, che esteriormenteassomigliava molto ad un filtro pressa. Nellecamere circolavano le due soluzioni riscaldate a80-90°C: in una camera fluiva l’acqua, in quellaaccanto il melasso e così via alternativamente. Inquesto modo attraverso la pergamena passavanodal melasso all’acqua nell’ordine prima i saliinorganici, poi quelli organici e infine iniziava adiffondere anche lo zucchero, mentre in sensoinverso passava l’acqua che andava a diluire ilmelasso (in pratica quindi a dispetto del nome ilprocesso si fondava sulla dialisi, mentre l’osmosiper la diluizione che comportava era semmai uneffetto indesiderato). Si operava in modo da eli-minare una quantità di sali sufficiente ad innalza-re di circa 10 punti il quoziente di purezza; i flus-si venivano regolati automaticamente in base alladensità delle soluzioni in uscita, tramite valvolecomandate da galleggianti che funzionavanosimilmente ad una bilancia idrostatica. Alla finesi ottenevano da un lato le acque di dialisi conte-nenti i sali estratti, dall’altro uno sciroppo par-zialmente depurato a circa 30°Brix, che una voltariconcentrato poteva essere mandato in cottura elavorato con i soliti sistemi adottati per i bassiprodotti, fino ad ottenere zucchero cristallizzato eun nuovo melasso, il quale poteva essere a suavolta “osmosato”. In media ad ogni passaggio siottenevano indicativamente, per 100 Kg di melas-so posto in lavorazione, 12 Kg di zucchero grez-zo e 65 Kg di nuovo melasso, con una perditanelle acque di dialisi di 5 Kg di zucchero.Tuttavia non era conveniente oltrepassare i trepassaggi, anzi era meglio limitarli a due, in quan-to le rese scadevano rapidamente a causa soprat-tutto dell’accumulo progressivo dei colloidi checon questo processo non potevano essere elimina-ti; aumentavano inoltre le spese dovute alle ricon-centrazioni intermedie. Ogni apparecchio era ingrado di trattare 60÷90 q.li di melasso nelle 24ore. Un ipotetico bilancio giornaliero per una fab-brica con potenzialità di 5˙000 q.li di barbabieto-le, in grado di produrre circa 500÷550 q.li di zuc-chero e 180 q.li di melasso da dezuccheraremediante osmosi in due passaggi, poteva esseread esempio il seguente: melasso totale da osmo-sare (comprensivo di quello relativo al secondopassaggio) 300 q.li, con 4 apparecchi; zuccherogrezzo complessivamente recuperato 36 q.li, per-duto 15 q.li. Pertanto rispetto a quello entrante col

melasso, il ricavo di zucchero corrispondeva al40% e le perdite al 17%. Rimanevano infine 76quintali di melasso finale da vendere alle distille-rie. I vantaggi del sistema risiedevano principal-mente nel basso costo d’impianto e nel fatto chesi trattava di un processo continuo richiedentemanodopera e sorveglianza molto ridotte duranteil funzionamento. Tuttavia la resa come si è vistoera mediocre; inoltre le perdite di zucchero nelleacque di dialisi e il consumo di combustibile perle riconcentrazioni risultavano notevoli.Nonostante questi svantaggi, gli osmogeni furonoinstallati e utilizzati in gran parte delle fabbricheitaliane costruite prima del 1903. La convenienzaderivava da considerazioni di carattere fiscale,come sarà evidenziato più oltre.

I processi al saccaratoMentre l’osmogeno mirava ad elevare il quozien-te di purezza del melasso mediante l’eliminazio-ne di una parte del non zucchero, consentendoneil rientro in lavorazione sotto forma di sciroppoda inviare alle bolle, i processi al saccarato sibasavano sulla precipitazione diretta dello zuc-chero e il rientro avveniva a livello della defeca-zione o delle saturazioni. Erano note infatti dametà ‘800 una serie di combinazioni del saccaro-sio con metalli alcalino-terrosi allo stato di ossi-di, definite appunto “saccarati”, in particolare dicalcio, stronzio e bario, ad elevato grado di inso-lubilità, dalle quali derivarono rispettivamente treprocessi: lo Steffen, il metodo alla stronziana e labaritazione. In tutti i casi la scomposizione delsaccarato, una volta separato, avveniva grazieall’anidride carbonica in saturazione, che libera-va lo zucchero e precipitava lo ione metallicosotto forma di carbonato. Il metodo alla stronzia-na, simile alla baritazione dal punto di vista ope-rativo e delle installazioni, fu impiegato soprat-tutto in Germania nel periodo fine ‘800 inizio’900 ma in Italia, forse per motivi di costo eleva-to della materia prima, non risulta che abbia tro-vato applicazioni industriali.

Il processo SteffenSviluppato da Carl Steffen che lo presentò uffi-cialmente nel 1884, era basato sull’impiego del-l’ossido di calcio CaO, ossia della calce viva pro-dotta dal forno calce, finemente macinata evagliata in modo da ottenere una polvere impal-pabile. In questo stato veniva lentamente aggiun-ta al melasso, preventivamente diluito fino a pre-sentare un contenuto del 6÷7% in zucchero emantenuto sotto forte agitazione, mentre la tem-

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 33

Page 36: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

34 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

peratura non doveva oltrepassare i 15°C.L’operazione, in genere effettuata in discontinuo,utilizzava tipicamente un mescolatore-refrigeran-te cilindrico verticale, chiuso, con agitatore adelica e fascio tubiero nel quale circolava acquafredda o salamoia. La percentuale di calce impie-gata ammontava a circa il 100÷130% rispetto allozucchero presente e l’obiettivo era di ottenere laprecipitazione del saccarato tricalcico insolubile,che al termine veniva recuperato mediante pas-saggio su filtri pressa. Il liquido filtrato andavapoi riscaldato a 90°C e ripassato alle presse, perrecuperare un’ulteriore aliquota di saccarato. Ipannelli ottenuti nelle due fasi precedenti veniva-no riuniti fra loro e dispersi in una moderataquantità di acque dolci di fabbrica. Questasospensione, scaldata a 85°C poteva essere usatain sostituzione della calce per defecare il sugogrezzo della normale lavorazione, oppure veniremiscelata al sugo defecato prima delle saturazio-ni. In entrambi i casi, l’eccesso di zucchero pre-sente e successivamente l’anidride carbonicascomponevano il saccarato liberando lo zuccherorecuperato dal melasso, che si univa a quello pro-veniente dalla diffusione, mentre la calce precipi-tava come carbonato. Il quoziente di purezza delsaccarato di calcio così ottenuto era piuttosto ele-vato, poteva giungere a 93÷95; esso contenevaapprossimativamente il 96% dello zucchero e il20% del non zucchero inizialmente presenti nelmelasso. Quindi al netto delle perdite circa il3.5% di saccarosio e poco meno dell’80% del nonzucchero, costituito in larga misura da sali dipotassio e composti azotati allora assai richiesticome fertilizzanti, rimanevano nel liquido uscen-te dai filtri pressa adibiti alla separazione del sac-carato, ma ad un livello di diluizione tale da sco-raggiare ogni ulteriore lavorazione tesa al lororecupero. Tuttavia nell’unico zuccherificio italia-no nel quale si sa per certo che funzionò attornoal 1900, anche se non è noto per quanto tempo, unimpianto Steffen (2), si trovò modo di non spre-care questa opportunità. Presso lo stabilimento diPontelagoscuro del Conte Gulinelli, il filtratofinale veniva concentrato e poi fatto assorbiredalla torba, producendo un apprezzato concime.In definitiva i principali vantaggi del processoSteffen erano una buona resa, un consumo dicombustibile non particolarmente elevato, l’uti-lizzo di un reattivo precipitante pressoché idealeper uno zuccherificio quale la calce. A fronte diessi si contrapponevano però alcuni svantaggi.Innanzi tutto richiedeva un impianto refrigerantead ammoniaca di discreta potenza; anche le appa-

recchiature necessarie per la preparazione emovimentazione della calce in polvere erano diuna certa complessità; inoltre, almeno nella suaversione originale, il processo Steffen presentavaun problema intrinseco. Infatti, il notevoleaumento del quoziente di purezza che si manife-stava passando da melasso a saccarato, era limita-to al periodo iniziale della lavorazione e nonpoteva essere mantenuto indefinitamente, inquanto una parte del “non zucchero” che accom-pagnava il saccarato (tipico il caso del raffinosio,un trisaccaride non dolce presente in piccolequantità nella bietola) ad ogni passaggio in cottu-ra e centrifugazione dei bassi prodotti tornavainvariabilmente nel melasso per poi rientrarenuovamente nel sugo leggero tramite il saccaratoe finiva quindi per accumularsi in un circolovizioso, abbassando progressivamente il rendi-mento del processo fino al punto da renderneantieconomica la prosecuzione. Occorreva diconseguenza procedere ad una eliminazioneperiodica di tutto il melasso prodotto dalla fabbri-ca, che peraltro conservava pressoché integral-mente il suo valore per ogni altro uso che nonfosse la dezuccherazione Steffen.

La baritazioneIl merito di aver preconizzato, attorno alla metàdell’800, l’uso dell’ossido di Bario, denominatoanche “barite”, per estrarre lo zucchero dalmelasso è di attribuzione incerta; dovuto anch’es-so a Dubrunfaut secondo alcune fonti, secondoaltre a Leplay,. Tuttavia i primi studi ad indirizzoapplicativo furono effettuati in Germania nel1900 e l’anno successivo in Italia, dal Dott. UgoCiancarelli, il quale propose al “Grande Pioniere”dell’industria saccarifera italiana, EmilioMaraini, di apprestare un piccolo impianto pilotanella fabbrica di Rieti presso Roma per testare lavalidità del processo. Esso consisteva in due bat-terie identiche che lavoravano in parallelo, ognu-na composta da sei bacinelle ribaltabili lateral-mente, a fondo filtrante munito di una valvola diuscita. Sopra ogni batteria si trovava un sistemadi dosaggio del melasso e della soluzione di bari-te. Era costituito da due canali paralleli in lamie-ra lunghi quanto la batteria, ognuno dei quali eraprovvisto internamente di una serie di pareti divi-sorie dotate di paratie mobili, le quali lo suddivi-devano in tante celle quante erano le bacinellesottostanti. Per dare inizio all’operazione, venivaversata una soluzione acquosa bollente di baritenel relativo canale, con le paratie aperte, riem-piendo quindi tutte le celle intercomunicanti fino

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 34

Page 37: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

35«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

ad un medesimo livello prefissato.Successivamente, chiudendo le paratie, le cellevenivano rese indipendenti e il loro contenuto,corrispondente alla quantità di barite da impiega-re, poteva essere riversato al momento opportunonella bacinella sottostante, tramite valvola postaal fondo di ogni cella. In modo analogo venivariempito il canale adiacente con melasso nondiluito a circa 45°C. A questo punto si vuotavauna delle celle contenenti barite nella relativabacinella, poi lentamente veniva versato anche ilmelasso, mescolando accuratamente con dellepalette di ferro. Dopo alcuni minuti la deposizio-ne del saccarato di Bario, pesante e a grana gros-sa e porosa, era terminata. Aprendo la valvola difondo della bacinella, si facevano scolare le acquemadri in un contenitore di raccolta, si lavava ilprecipitato, trattenuto dal fondo filtrante, consoluzione al 5% di barite, quindi ribaltando late-ralmente la bacinella il contenuto finiva in appo-sito canale laterale munito di coclea. Il saccaratoveniva convogliato in un mescolatore che lo man-teneva in sospensione in acqua calda e da quipoteva essere pompato nelle casse di IIa saturazio-ne per subire la decomposizione a zucchero chetornava in soluzione nel sugo leggero e a carbo-nato di bario che precipitava. Analogamente siprocedeva a turno con le altre bacinelle. La satu-razione era seguita dai filtri pressa che recupera-vano le melme di carbonato di bario, le qualivenivano mescolate a quelle provenienti da unaulteriore saturazione e filtrazione svolta a parteanche sulle acque madri. A questo punto, se fossestato possibile riconvertire il carbonato di barionuovamente ad ossido di bario, il cerchio si sareb-be chiuso. Occorre notare fin d’ora che questostadio apparentemente secondario costituiva inrealtà il punto più critico dell’intero processo; talerigenerazione all’epoca era ritenuta un’operazio-ne assai difficoltosa e non effettuabile industrial-mente in modo economico. Infatti, a differenzadel carbonato di calcio che si converte ad ossidoa temperature relativamente basse, attorno ai900°C, il carbonato di bario richiede ben 1300°Ce inoltre in tali condizioni attacca fortemente irefrattari dei forni. La barite pertanto dovevaessere acquistata, con un costo non trascurabile.L’impianto pilota di Rieti poteva trattare 220q.li/giorno di melasso e continuò ad operare finoal 1903, quando in Italia per la dezuccherazionelo scenario mutò repentinamente. E’opportuno aquesto punto ricordare brevemente un importanteaspetto della normativa fiscale che nel nostroPaese disciplinò dal 1883 fino al 1903 l’applica-

zione dell’imposta di fabbricazione sullo zucche-ro. In tale periodo l’accertamento della produzio-ne era basato sul metodo induttivo. Esso consiste-va nel misurare volume e densità a 15°C del sugoleggero, calcolando poi l’ammontare di zuccheroda tassare mediante un “coefficiente”, inizial-mente stabilito pari a 1.5 Kg di zucchero, per ogniettolitro e per ogni centesimo di maggior densitàdel sugo misurata a 15°C, rispetto a quella del-l’acqua a 4°C. Quindi ad esempio un ettolitro disugo leggero a 13°Brix e 11% di zucchero, conuna densità relativa (15°/4°) di circa 1.050, paga-va l’imposta (che dal 1895 al 1911 ammontava a70.15 Lire per quintale) limitatamente a 7.5 Kg dizucchero pur contenendone in totale 11.6 Kg.Pertanto tutto lo zucchero che poteva essere effet-tivamente ricavato dei rimanenti 4.1 Kg esenti datassa e che in buona parte si sarebbe ritrovato nelmelasso, all’atto della vendita consentiva al fab-bricante un maggior utile molto elevato, corri-spondente all’intero ammontare dell’imposta era-riale. Appare pertanto evidente l’assoluta conve-nienza in tale contesto a dezuccherare il melassoanche a fronte di rese non brillanti come nel casodegli osmogeni o degli elevati costi della barite.Ma appunto nel 1903 si passò, fermo restandol’ammontare dell’imposta di fabbricazione,all’accertamento diretto per pesata dello zucche-ro in qualsiasi modo prodotto, quindi anche quel-lo ricavato dal melasso. Si trattava di un comple-to capovolgimento delle prospettive economicheper quanto riguardava la dezucherazione checessò totalmente presso gli zuccherifici per spo-starsi presso raffinerie. Infatti lo zucchero da raf-finare aveva già pagato l’imposta, compresoovviamente quello che alla fine del processosarebbe finito nel melasso di raffineria e pertantoqualora estratto era esentato da tassa. Dueimpianti analoghi a quello di Rieti furono realiz-zati presso le raffinerie di Ancona e Bologna, diproprietà del Maraini. Il capo chimico di Ancona,Rodolfo Battistoni, si prefisse l’obiettivo di indi-viduare una tecnica che permettesse di ritrasfor-mare il carbonato di bario in barite direttamentepresso gli stabilimenti ad un costo accettabile.Dopo molti tentativi ebbe successo, utilizzandoun piccolo forno elettrico ad arco e miscelando alcarbonato di Bario del carbone in polvere, ilquale riducendo l’anidride carbonica ad ossido dicarbonio la sottraeva all’equilibrio favorendo lareazione; in questo modo veniva abbassata latemperatura necessaria per la decomposizione enotevolmente aumentata la resa, che si attestavasui 500/600 grammi di Ossido di Bario per

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 35

Page 38: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

36 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

Kilowattora. Fu possibile in tal modo produrreblocchi di barite quasi pura del peso di oltre 100Kg. Sul piano economico il risultato era tale dalasciare intravedere la possibilità di un ritornoalla baritazione, pur nel mutato clima fiscale,anche nelle fabbriche di zucchero grezzo, cheall’epoca rappresentavano la maggioranza. Nel1908 Battistoni propose a Maraini di ritentare,sempre a Rieti ma su scala maggiore, l’esperi-mento fatto otto anni prima da Ciancarelli, alquale nel frattempo era stata affidata la direzionedello stabilimento. Il nuovo impianto prevedevatre grossi forni ad arco, alimentati da una centra-le elettrica apposita funzionante a gas povero.Inizialmente i risultati non furono all’altezzadelle aspettative e fu necessaria una lunga fase dimessa a punto, delegata soprattutto a Ciancarelli,dato che Battistoni nel frattempo aveva intrapre-so una nuova attività a San Giovanni Lupatotopresso Verona, dove applicando il suo brevettorigenerava la barite per conto delle raffinerie,con forni alimentati da energia idroelettrica.Comunque alla fine Ciancarelli riuscì ad ottene-re un funzionamento soddisfacente, con variemodifiche ai forni e alle fasi di purificazione edessiccamento del Carbonato di Bario prima dellarigenerazione. A Rieti il saccarato veniva mesco-lato con sugo di IIa saturazione dopo che que-st’ultimo era stato preventivamente decalcificato

con Soda Solvay e filtrato; in IIIa saturazioneavveniva la decomposizione e successivamente ilrecupero delle schiume di Carbonato di Bario,che veniva subito lavato e seccato e poi mandatoai forni. La potenzialità dell’impianto era tale dapoter direttamente dezuccherare il melasso manmano che veniva prodotto nel corso della campa-gna. Visti i buoni risultati ottenuti a Rieti, nel1923 l’Ing. Carlo Piaggio, all’epocaAmministratore Delegato della Società Italianaper l’Industria degli Zuccheri, della qualeCiancarelli nel frattempo aveva assunto la dire-zione, incaricò quest’ultimo di progettare unimpianto di baritazione da installarsi presso lozuccherificio di Legnago, situato in posizionestrategica rispetto agli stabilimenti saccariferidell’Emilia e del Veneto che avrebbero potutogarantire la fornitura di melasso. Venne apposita-mente predisposta una centrale elettricasull’Adige che tramite una linea di 40 Km ali-mentava i forni ad arco da 3˙000 Kw, capaci diprodurre nelle 24 ore 360÷400 q.li di Barite, conrecupero del calore a favore dell’essiccamentodel Carbonato di Bario. Furono migliorati gli

impianti di precipitazione del saccarato, rinun-ciando alle bacinelle ribaltabili per orientarsiverso apparati fissi di maggiore capacità. Per leacque madri, dopo completa rimozione del Bariofu prevista la concentrazione in un triplo effettofino a 75÷78 Brix e la successiva combustioneper la produzione di salino potassico con recupe-ro di vapore in una caldaia Breda, collegata aduna delle due alte ciminiere dello stabilimento.Inizialmente la potenzialità massima a Legnagoera attorno a 700 q.li/giorno di zucchero raffina-to, corrispondente a 1˙800 q.li/giorno di melasso;tuttavia quella dei forni poteva assicurare sola-mente poco più di un terzo della barite necessa-ria e pertanto ne venne previsto lo stoccaggio, in24 silos verticali a chiusura ermetica, per disac-coppiare il funzionamento dei due reparti. Dopola guerra, nel 1946 il direttore generale delGruppo Saccarifero Padovano, Ilario Montesi,incaricò Ciancarelli di realizzare un impianto dibaritazione presso lo zuccherificio e distilleria diCavarzere, allora in fase di ricostruzione dopo igravissimi danni bellici subiti. Furono introdottiulteriori miglioramenti e semplificazioni; lapotenzialità iniziale era di 2˙000 q.li/giorno dimelasso, aumentati poi a 3˙000 nel ’50. Come aLegnago, si produceva il salino potassico conrecupero di calore, inoltre era previsto uno stadiodi purificazione finale per rimuovere dallo zuc-chero ogni possibile traccia di bario. La dotazio-ne di fornaci trifasi poteva assicurare un funzio-namento continuativo dell’impianto; terminata lacampagna saccarifera la baritazione proseguivaper tutto l’inverno e si protraeva a volte fino aprimavera inoltrata; nel ’55 ad esempio furonoestratti dal melasso 260˙000 q.li di saccarosio,con un rendimento medio dell’85% e perditeattorno al 5% riferiti al saccaromelasso entrante.Si ottenevano inoltre 10 q.li di salino per 100 dimelasso. Ma per la dezuccherazione si stavanonuovamente profilando nubi minacciose all’oriz-zonte. Nel ’56 infatti, con D.L. n°1109 del 28settembre, contestualmente ad una riduzione,definita nel medesimo decreto “di straordinarianecessità e urgenza”, dell’imposta di fabbrica-zione sullo zucchero (da L.9˙200 a 8˙700 al q.le

per quello di Ia classe) ed altri prodotti zuccheri-ni, con l’articolo 5 veniva istituita per la primavolta una tassa erariale sul melasso destinato alladezuccherazione, pari a L.2˙270 per q.le di sac-carosio contenuto. Senza entrare nel merito diquesta complessa e interessante vicenda e suipossibili retroscena (3), occorre notare che le

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 36

Page 39: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

37«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

ricadute apparvero inizialmente pesanti per laSocietà Veneta e per la Società Italiana perl’Industria degli Zuccheri e provocarono unaserie di prese di posizione da parte industriale,politica e sindacale, con minacce di esuberi echiusure di stabilimenti, scioperi e proteste aCavarzere e Legnago, petizioni e disegni dilegge, che sortirono infine l’effetto di mitigareall’atto della conversione del decreto la portatadel controverso articolo 5. Venne infatti esentatodal pagamento dell’imposta di fabbricazione uncontingente di melasso corrispondente per il1957 a 400˙000 q.li di saccarosio, da ripartirsi frale varie Società in modo proporzionale alla pro-duzione di zucchero derivante da dezuccherazio-ne, effettuata da ciascuna di esse nell’arco del-l’anno precedente. Tale contingente nel ’59 fupoi aumentato a 800˙000 q.li e l’esenzione proro-gata fino al 1963. Tuttavia ancora nel 1960 lepolemiche non erano sopite e si auspicava inParlamento “un ripristino del diritto erariale sututto il melasso sottoposto a dezuccherazione”,in quanto tale processo “sottrae annualmente allabietola 10÷12 mila ettari di superficie e 1 milio-ne di giornate lavorative ai contadini”.Comunque l’articolo 5, a conti fatti, fece proba-bilmente più rumore che danno e venne infinestralciato nel 1963. Nel ’58 Legnago perse defi-nitivamente la possibilità di lavorare bietole;furono tolti tutti gli apparecchi posti a montedelle saturazioni le quali invece rimasero assie-me al forno a calce, destinato unicamente allaproduzione dell’anidride carbonica mentre lacalce veniva venduta. Da quel momento lo stabi-limento fu adibito esclusivamente alla raffinazio-ne degli zuccheri grezzi e alla baritazione, nelfrattempo potenziata, che si protraeva per 8÷10mesi all’anno con capacità di trattare in media3200 q.li di melasso/giorno; la produzione com-plessiva delle due attività raggiungeva i5˙000÷6˙000 q.li di raffinato/giorno. Dopo unulteriore potenziamento e parziale ristrutturazio-ne avvenute nel ‘69, la baritazione continuò sinoal ’73, poi venne definitivamente sospesa; lamotivazione addotta era che a causa della cre-scente diffusione degli impianti a resina per iltrattamento del sugo leggero negli zuccherifici, imelassi si erano impoveriti al punto da renderlaantieconomica. La raffineria lavorò ancora perqualche anno, fino alla dismissione totale del sitodi Legnago, avvenuta nel ’76. Assieme aCavarzere, che chiuse i battenti nel 1980, furonogli unici due stabilimenti nell’Europa nel dopo-guerra ad utilizzare la baritazione.

Un processo “su misura”Nel ’55 la Società Anonima Distillerie Italiane diMilano volle dotarsi di un impianto di dezucche-razione del melasso e incaricò pertanto il proprioLaboratorio Ricerche di Restellone di effettuareuno studio approfondito sullo stato dell’arte inquesto settore. Furono vagliate le diverse alterna-tive sotto l’aspetto tecnico, economico e brevet-tuale. Il primo processo valutato in ordine ditempo fu lo Steffen, sulla base del quale vennestilato un possibile schema preliminare di lavora-zione assai articolato, che prevedeva anche ilrecupero di alcuni sottoprodotti. Per 100 tonnel-late di melasso entrante se ne sarebbero ottenute40 di zucchero, 5 di sali potassici cristallizzati, 5di lievito torula essiccato per uso zootecnico, 2 diglutammato monosodico dal filtrato Steffen einfine 10 tonnellate di melasso residuo da desti-nare alla distillazione. Venne successivamentepresa in esame la baritazione; partendo dai datitecnici ed economici relativi allo stabilimento diLegnago della SIIZ, fu esplorata la possibilità disvincolarsi dai forni elettrici per rigenerare labarite e orientarsi verso altre fonti energetiche piùa buon mercato. A questo proposito fu valutata lapossibilità di utilizzare un forno rotativo, dove lamiscela di carbonato di Bario e carbone, entram-bi finemente polverizzati, sarebbe stata portataalla temperatura di decomposizione per irraggia-mento e non per contatto diretto con i gas caldidella combustione e soprattutto con l’anidridecarbonica, la quale avrebbe causato la retroces-sione della reazione. Per il riscaldamento delforno era previsto l’utilizzo di un bruciatore acoke di petrolio polverizzato. Inoltre i gas in usci-ta, ad 800°C e ricchi di monossido di carbonio,sarebbero stati mescolati ad aria preriscaldata ebruciati in una caldaia per produrre vapore surri-scaldato a 33 atmosfere, ottenendo un cospicuorecupero energetico mediante turboalternatore.Anche la fase di baritazione venne ritenutasuscettibile di miglioramento, con l’aggiunta diuno stadio di purificazione preliminare del melas-so dai sali di Calcio, i quali nel metodo tradizio-nale tendevano ad inquinare il carbonato di Barioabbassando le rese di riconversione. Per il recu-pero del salino potassico era inoltre previstoun’interessante ed originale procedimento cheimpiegava la trimetilamina; il tutto in base aibrevetti dell’ingegnere italiano GiovanniBattistoni, figlio di Rodolfo. Non è purtropponoto dove e fino a che punto tali progetti abbianotrovato pratica realizzazione, e quanto invecerimase semplicemente sulla carta. E’ certo però

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 37

Page 40: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

38 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

che alla direzione delle Distillerie Italiane, fra iprocessi proposti dal Laboratorio Ricerche, ve nefu uno in particolare che dovette suscitare moltointeresse e sembrare quasi, come si suol dire,“fatto su misura”: la dezuccherazione mediantesolvente.

L’impianto “DM” delle Distillerie ItalianeIl processo al solvente derivava da un brevettobritannico rilasciato nel 1956 ad un’azienda consede in Olanda. Il principio era il seguente: ilmelasso veniva diluito al 50% in peso conMetanolo addizionato di una modesta quantità diAcido Solforico. In tal modo precipitavano i sol-fati, insolubili in ambiente alcoolico, dei varicationi inorganici presenti. Eliminati questi percentrifugazione, al liquido limpido venivaaggiunto un secondo componente, l’Acetato diMetile, miscibile col Metanolo ma in grado diridurre notevolmente la solubilità dello zucchero,che a questo punto cristallizzava ad un buongrado di purezza con rendimento, in laboratorio,di circa il 68%. Separato anche lo zucchero, nonrestava che recuperare i due solventi per poterliriciclare; rimaneva infine un “secondo melasso”che poteva trovare utilizzo ottimale nella fermen-tazione alcolica. La fase di recupero solventi ren-deva il processo praticamente privo di interesseper uno zuccherificio, ma assai seducente al con-trario per una distilleria. All’epoca a Ferrara,nella massiccia torre cilindrica dello stabilimentoDistillerie Italiane di via Luigi Turchi, erano stateconcentrate le colonne provenienti dai dismessiimpianti di alcole assoluto di Polesella, Molinellae Padova e adattate nel ’54 alla produzione diButanolo, Acetone e Isopropanolo, mediante lafermentazione butilacetonica dei mosti di cereali;un settore peraltro entrato in affanno già a distan-za di pochi anni dall’avviamento, a causa dellaconcorrenza molto forte esercitata dagli analoghicomposti di sintesi, provenienti dalla petrolchi-mica. Attorno al ’59 fu colta l’occasione perarchiviarlo, ma recuperando gran parte delleapparecchiature presenti nella torre che venneroposte al servizio del nascente impianto, siglato“DM”: dezuccherazione melasso. Undici colonnefurono riservate alla separazione di Metanolo eAcetato di Metile, denominati rispettivamente“solvente A” e “solvente B”. Per ospitare il repar-to “zucchero” fu allestito nell’area adiacente alparco serbatoi un edificio con struttura metallicachiusa da tamponature in laterizio, articolato suquattro piani. All’interno si trovavano gli impian-ti di riscaldamento e miscelazione del melasso

con i due solventi, i cristallizzatori, le centrifughee le apparecchiature di condizionamento per i salie lo zucchero, i quali venivano poi trasferiti neirispettivi magazzini mediante trasporto pneuma-tico e successivamente insaccati. Con questa con-figurazione e una potenzialità di circa 300÷350q.li di zucchero/giorno, il DM lavorò fino al ’65-‘66, quando fu deciso di raddoppiarlo e renderlocontemporaneamente indipendente dall’impiantopresente nella torre, da dedicarsi esclusivamentealla produzione dell’alcole etilico. Venne pertan-to allestito, dalla Techint di Milano, un nuovoreparto di separazione solventi, accuratamentecoibentato e posto all’aperto secondo lo stilemutuato dall’industria petrolifera, che però entròin funzione già sotto la gestione Eridania, suben-trata nel ’67 alle Distillerie Italiane. La nuovapotenzialità massima giornaliera fu portata ad800 q.li di zucchero mentre quella effettiva siattestava attorno a 700÷750 q.li, ottenuti lavo-rando 2˙800 q.li di melasso; la resa pratica delprocesso era di conseguenza di circa il 55%. Lozucchero ottenuto, ad un buon grado di purezzama a grana molto fine e con lieve colorazionegialla, veniva successivamente spedito allo stabi-limento di Russi per essere raffinato, mentre ilsecondo melasso passava direttamente alla fer-mentazione alcoolica. Le campagne di dezucche-razione si protraevano per circa 100 giorni, daottobre a gennaio; l’ultima si svolse nell’invernodel 1975 e l’anno successivo l’impianto fudismesso.

CecinaDopo che nel 1951, primo in Italia, aveva instal-lato una diffusione continua (una RT da 700t/giorno in origine) il piccolo stabilimento diCecina conseguì un ulteriore primato nel 1956quando, primo non solo in Italia ma addirittura inEuropa, si dotò di un impianto di dezuccherazio-ne melasso basato sulle resine a scambio ionico,che da poco avevano fatto il loro ingresso nelcampo dell’industria saccarifera. Con esse, il cer-chio idealmente si chiudeva per tornare al puntodi partenza e all’approccio su cui era basato l’an-tico osmogeno: estrarre dal melasso quanto piùnon-zucchero possibile in modo da aumentarne ilquoziente di purezza e ripristinare la possibilità difar cristallizzare lo zucchero col metodo usuale.L’impianto di Cecina utilizzava un processo didemineralizzazione totale, su licenza dellaHydrochemie AG di Zurigo che lo aveva speri-mentato in precedenza ad Aarberg in scala semi-industriale. La lavorazione si svolgeva durante il

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 38

Page 41: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

39«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 113, 2020, n. 1-2

periodo intercampagna, quindi per circa 300 gior-ni/anno, con una potenzialità di 1˙000 q.li/giornodi melasso. Esso veniva prelevato dai serbatoi dideposito e inizialmente scaldato a 70°C per faci-litarne la diluizione a 40 Brix, passato su filtripressa, raffreddato fino a 10°C sfruttando l’autoe-vaporazione adiabatica in tre stadi nel vuoto, conl’ausilio di eiettori a vapore e opportuni scambia-tori, poi ulteriormente diluito a 20 Brix. Entravaquindi nella batteria delle resine cationiche, com-posta da tre colonne da 6˙500 Litri ognuna. Inquesta fase i cationi inizialmente presenti nelmelasso venivano sostituiti dallo ione idrogeno, ilche comportava un sensibile abbassamento delpH; il raffreddamento era previsto appunto perminimizzare le perdite per inversione, che ineffetti risultarono molto basse. Subito dopo, lasoluzione attraversava la batteria delle resineanioniche, quattro colonne identiche come volu-me alle cationiche, le quali avevano il compito disostituire gli anioni con lo ione ossidrile, neutra-lizzando nel contempo l’acidità e riportando il pHin zona di sicurezza attorno al valore di 9.8. Aquesto punto la demineralizzazione del melassoera terminata; da un quoziente di purezza attornoa 60 si era passati a 92.5, con l’eliminazione del90% dei sali e del 98% delle sostanze colorate.Non restava che mandare lo sciroppo alla batteriadi evaporazione e riconcentrarlo dai 7.6 Brix chepresentava all’uscita delle resine fino a sugodenso, per poi passarlo alla cottura, la quale pre-vedeva tre getti di zucchero grezzo e due di raffi-neria. Il recupero finale si attestava all’88% delsaccarosio inizialmente contenuto nel melasso ele perdite totali erano di poco superiori al 2%;rimaneva infine circa il 9.7% di nuovo melasso.Le esigenze in termini di manodopera risultaronorelativamente ridotte, mentre una voce di costoimportante si rivelò quella legata alla rigenerazio-ne delle resine: giornalmente occorrevano 30 ton-nellate di Acido Cloridrico concentrato e 9 diSoda Caustica; quantità notevoli, tanto che venneanche valutata la convenienza di una loro produ-zione in loco mediante elettrolisi del cloruro disodio; anche i volumi di acqua da gestire, siaindustriale che di scarico, si rivelarono impegna-tivi. Nel ’56 sulla rivista Zucker comparve unarticolo (4) dedicato all’innovativo impianto diCecina, al termine del quale così concludeva l’au-tore: “Non posso ad ogni modo chiudere questaesposizione senza manifestare la mia stima allaDirezione e all’Amministrazione di Cecina. E’necessario un certo coraggio per affrontare talirischi. I tecnici hanno pertanto dimostrato corag-

gio e spirito da pionieri. Essi avranno sicuramen-te la loro giusta ricompensa”. Tralasciando ilmetodo ai solventi che, come evidenziato, rappre-sentò un caso a se stante, si può affermare che ineffetti con l’impianto di Cecina la dezuccherazio-ne del melasso si affrancò dai sistemi concepitinell’ottocento per entrare nell’era moderna.

Ringraziamenti:Ringrazio sentitamente il P.I. Roberto Balella e ilP.I. Maurizio Gamberini, ex dipendenti Eridania,per le preziose informazioni che, con grandecompetenza e cortesia, mi hanno fornito sull’im-pianto DM della ex Distilleria di Ferrara.

Note:(1) Dati elaborati dall’autore tenendo conto delCensimento Industriale 1937-Industria dello zuc-chero e della Relazione della 5° CommissionePermanente (relatore Rosselli) sul Disegno diLegge 24 settembre 1964.(2) Il medesimo stabilimento, all’epoca dellacostruzione nel 1899 risulta fosse dotato anche diosmogeni.(3) Eugenio Scalfari,“Il metodo Andreotti”, setti-manale L’ESPRESSO, 30 marzo 1958(http:/ / temi.repubblica.i t /espresso-giulio-andreotti/2010/02/15/429/?h=3). (4) W. FIVIAN, 1957, Zuccherificio e Raffineriadi Cecina: impianto di dezuccherazione deimelassi mediante impiego di resine a scambioionico, Ind. Sacc. Italiana, pp.101-104 (riporta latraduzione dell’articolo citato)

Fonti bibliografiche:STOHMANN-RUMPLER-NEPPI, IV Ed., 1902,Manuale per la fabbricazione dello zucchero,Unione Tipografica Editrice, TorinoAA.VV., 1904, Appunti dalle lezioni, R.Università di Ferrara – Scuola superiore per leindustrie dello zucchero, dell’amido e dell’alcoolARCHIVIO PRIVATO A. Valente, Fondo“Distillerie Italiane”, raccoglitore“Dezuccherazione melasso”, cartelle “Relazionesulla visita del 19/1/1957 allo stabilimentoINDUSTRIA ZUCCHERI di Legnago”,“Impianto DM”, “Brevetti”, “Dati Cecina”CIANCARELLI U., DAHLBERG H.W.,1950,The Barium saccarate process in Italy and theUnited States,SugarOCCHI F., II Ed., 2015, Lo zuccherificio aLegnago. Una storia da non dimenticare,Grafiche Stella, LegnagoIndustria Saccarifera Italiana (annate varie).

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 39

Page 42: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

Un partner Italiano per zucchero Italiano.

I nostri prodotti:

Antischiuma acque di trasporto e lavaggio bietoleAntischiuma per sughi zuccherini

Biocidi alternativi approvati FDAFlocculanti

Antincrostanti sughiAntincrostanti Acque

Fluidificanti massa cottaFormulati per lavaggi

Inibitori di corrosioneAdditivi per circuiti Termici approvati FDA

Consorzi batterici per lagunaggi e impianti fanghi attivi

Il nostro Global Service:

Risultati sicuri e personalizzati in base alle esigenze del cliente

Piena collaborazione e dialogo con i tecnici di stabilimento

Rispetto delle leggi ambientali, delle normative e della sicurezza

Tecnologie dinamiche alla ricerca di soluzioni efficaci e convenienti

N.C.R. Biochemical S.p.A.

Via dei Capentieri, 8 - Zona Industriale �il Prato�

40050 Castello d�Argile (BO)

Tel. +39 051 6869611 - Fax + 39 051 6869617

www.ncr-biochemical.it - [email protected]

Antza 1_2 - 2020_35266 Antza n 3-06 v5 03/06/20 09:00 Pagina 40

Page 43: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

ASSOCIAZIONE NAZIONALE FRA I TECNICIDELLO ZUCCHERO E DELL’ALCOLE

44121 FERRARA VIA TITO SPERI 5www.antza.net [email protected]

AI SOCI ANTZA E AGLI ABBONATIDELLA NOSTRA RIVISTA ISI

La nostra Associazione ANTZA continua la propria attività econtinua la pubblicazione della rivista L’Industria Saccarifera Italiana.Le quote di adesione 2020 sono:

Quota ordinaria € 30,00

Quota sostegno € 50,00

Quota benemeriti € 100,00

IBAN IT77T0306913098100000002651Banca Intesa Corso Porta Reno Ferrara

Conto corrente postale 13771449

Nel nostro sito www.antza.netdettagliate informazioni

Il PresidenteSergio Bertuzzi

copertina antza 1_2 - 2020_34918-cope antza 2-06 v5 03/06/20 09:01 Pagina 3

Page 44: L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA · 2020-06-08 · Anno CXIII GENNAIO - APRILE 2020 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 1-2 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. -

[email protected]

copertina antza 1_2 - 2020_34918-cope antza 2-06 v5 03/06/20 09:01 Pagina 4