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Modulo 7 Unità didattica 1 “L'integrazione nel sistema scolastico italiano” Lezione 1 Nell'ultimo mezzo secolo la concezione della diversità è mutata in una risorsa per la collettività. È però necessario considerare sia la dimensione intersoggettiva, riferentesi alla vasta rete di relazione e comunicazione, che quella culturale riferentesi all'intreccio di lingue, usi, costumi e valori. Il luogo deputato per l'integrazione del disabile è la scuola, molti credono che l'integrazione si realizzi con la semplice frequenza delle scuole normali, mentre essa si riferisce ad un processo di compenetrazione reciproca tra individui, in quanto l'essere umano si realizza in rapporto con gli altri, pertanto implica che la comunità si attivi e si modifichi in favore del diverso. In Italia, rispetto altri paesi, da una parte l'integrazione scolastica si è evoluta, dall'altra non si è realizzata compiutamente. Oltre le barriere architettoniche che siamo lontani dall'aver abolito definitivamente, spesso l'individualizzazione dell'insegnamento e la socializzazione sono in antitesi tra loro. L'insegnamento è individualizzato se persegue obiettivi comuni alla classe, adeguandosi a ritmi, capacità e modalità di apprendimento dell'alunno, la personalizzazione invece comprende la modificazione di contenuti, obiettivi ed attività in sintonia coi bisogni dell'alunno, affinché l'integrazione sia efficace essa deve nascere ed evolversi dalla relazione tra personalizzazione e individualizzazione. Una buona didattica individualizzata attribuisce ai contenuti il ruolo di stimolo per l'alunno, senza metterli al centro del processo didattico, perciò è importante che la scuola sia un mezzo per promuovere la personalità ed il successo dell'alunno in tutte le dimensioni, considerando il numero di alunni in difficoltà, tra stranieri, disabili e

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Scuola Integrazione e disabilità

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Modulo 7 Unità didattica 1 “L'integrazione nel sistema scolastico italiano” Lezione 1

Nell'ultimo mezzo secolo la concezione della diversità è mutata in una risorsa per la collettività. È

però necessario considerare sia la dimensione intersoggettiva, riferentesi alla vasta rete di relazione

e comunicazione, che quella culturale riferentesi all'intreccio di lingue, usi, costumi e valori. Il

luogo deputato per l'integrazione del disabile è la scuola, molti credono che l'integrazione si realizzi

con la semplice frequenza delle scuole normali, mentre essa si riferisce ad un processo di

compenetrazione reciproca tra individui, in quanto l'essere umano si realizza in rapporto con gli

altri, pertanto implica che la comunità si attivi e si modifichi in favore del diverso. In Italia, rispetto

altri paesi, da una parte l'integrazione scolastica si è evoluta, dall'altra non si è realizzata

compiutamente. Oltre le barriere architettoniche che siamo lontani dall'aver abolito definitivamente,

spesso l'individualizzazione dell'insegnamento e la socializzazione sono in antitesi tra loro.

L'insegnamento è individualizzato se persegue obiettivi comuni alla classe, adeguandosi a ritmi,

capacità e modalità di apprendimento dell'alunno, la personalizzazione invece comprende la

modificazione di contenuti, obiettivi ed attività in sintonia coi bisogni dell'alunno, affinché

l'integrazione sia efficace essa deve nascere ed evolversi dalla relazione tra personalizzazione e

individualizzazione. Una buona didattica individualizzata attribuisce ai contenuti il ruolo di stimolo

per l'alunno, senza metterli al centro del processo didattico, perciò è importante che la scuola sia un

mezzo per promuovere la personalità ed il successo dell'alunno in tutte le dimensioni, considerando

il numero di alunni in difficoltà, tra stranieri, disabili e deprivati culturalmente.

Lezione 2. Il percorso per l’integrazione nella scuola

La legge 517/77 ha segnato una tappa importante per la integrazione dei disabili nel sistema

scolastico, passando da un approccio di tipo assistenziale ad uno più sistematico, essa dota la scuola

di insegnanti specializzati, che in collaborazione con il servizio socio pedagogico, predispongono

una programmazione individualizzata che consenta agli alunni con bisogni educativi speciali di

vivere la scuola senza essere emarginati. Nel 1992 la Legge Quadro 104 evidenzia la necessità,

partendo dalla certificazione dell’handicap, di realizzare l’integrazione per mezzo di un progetto

didattico, che si esplicita tramite i seguenti documenti: la Diagnosi Funzionale, che viene redatta

dal neuropsichiatra, terapista ed assistente sociale e descrive analiticamente la compromissione

dello stato psico-fisico, il Profilo Dinamico Funzionale, frutto di un lavoro di equipe, esso descrive

le difficoltà che l’alunno evidenzia in determinati settori, ma anche le sue potenzialità che vanno

sostenute e potenziate. In particolare vengono esaminati i seguenti parametri: cognitivo, affettivo

relazionale (area del sé, rapporto con gli altri e motivazioni), comunicazionale (modalità, mezzi e

contenuti della interazione), linguistico (comprensione e produzione del linguaggio orale o altro

alternativo), sensoriale (funzionalità visiva, uditiva, tattile), motorio-prassico (motricità globale e

fine, prassi semplici e complesse), neuropsicologico (capacità mnestiche, intellettive e

organizzazione spazio temporale), autonomia (della persona e sociale), apprendimento (età scolare e

prescolare, lettura, scrittura e calcolo). Il PDF è aggiornato a conclusione di ogni ciclo di istruzione,

dalla scuola materna alla secondaria superiore. Un altro documento predisposto dalla L.104 è il

Piano Educativo Individualizzato, che è redatto insieme da docenti, operatori ASL e genitori.

Ciascuno, in base alle proprie competenze e sulle risultanze della Diagnosi e del PDF, propone

interventi per la realizzazione del diritto alla educazione, istruzione e integrazione del disabile,

individuando gli obiettivi didattici.

Lezione 3: “Per un intervento integrativo: lavorare sulla classe”

I docenti curricolari e di sostegno debbono cooperare nella scelta di obiettivi e contenuti, perché, ai

fini di una adeguata integrazione, nel portare avanti una programmazione individualizzata si deve

tenere in considerazione quella della classe. Sarà necessario a tal fine un ambiente inclusivo che

permetta l’adeguamento dei reciproci obiettivi, esso infatti, rappresenta un passaggio fondamentale

per consentire l’integrazione nel gruppo classe. L’inclusione si fonda sul riconoscimento e la

coniugazione di due concetti: normalità, essere trattati come gli altri e di specialità, cioè sentirsi

diversi. Di seguito le coordinate principali per l’integrazione del disabile secondo Aldrich e Miato:

il disabile deve, il più possibile, restare in classe e fare le stesse cose dei compagni. Di particolare

efficacia, ai fine dell’integrazione si è rivelata l’adozione di strategie didattiche specifiche, come ad

esempio il modello per obiettivi. Ianes propone 5 livelli di adeguamento degli obiettivi in base alla

gravità: La sostituzione (prevede la sostituzione del veicolo linguistico), la facilitazione (utilizzo di

strumenti e contesti più motivanti), la semplificazione (modificazione del lessico e dei criteri di

valutazione, uso della calcolatrice), Scomposizione nei nuclei fondanti (identificazione di attività

fondanti e accessibili), Partecipazione alla cultura del compito (far sperimentare, anche solo da

spettatore il clima e la tensione emotiva del compito in classe). Il processo di integrazione prevede

che gli sforzi dell’alunno e della classe, siano congiunti e paralleli, in particolare sono richiesti una

serie di cambiamenti che consenta loro di collaborare ed aiutarsi. Occorre un approccio didattico

sistematico, non occasionale, che permetta di avvicinare le esigenze della classe a quelle del

disabile, ad esempio tramite il ripasso frequente degli argomenti, o mediante un approccio operativo

che faccia leva sul suo bisogno di concretezza, o mediante lo sviluppo di abilità di studio, lasciando

da parte la concezione nozionistica dello stesso.

Lezione 4: “Per un intervento integrativo: lavorare sulla didattica”

Quindi, il ruolo di mediatore della integrazione è svolto dalla didattica, che deve prevedere tutte le

materie della programmazione della classe, adattandole nel livello di complessità, allo scopo di

incrementare la motivazione, minimizzando la frustrazione. La semplificazione può essere

realizzata tramite materiali didattici strutturati (testi specializzati, giochi didattici) e non

(adattamento del libro di testo). L’adattamento del testo, per quegli alunni che tengono il ritmo della

classe, può consistere nell’individuare i concetti chiave ed associarli ad una immagine, o nel

riscrivere il testo eliminandone le parti secondarie e mantenendo quelle più importanti, me espresse

con parole semplici, infine la parte linguistica può essere sostituita quasi del tutto da una sequenza

di immagini. Inoltre sarà opportuno individuare dei metodi per organizzare le informazioni, durante

la lettura, in particolare individuare i nessi causa-effetto, le sequenze principali e disporle in ordine

temporale, individuare l’idea principale e stabilire analogie e differenze. I “mediatori didattici” non

sono altro che modalità diverse di presentazione degli argomenti e possono essere: attivi (ad

esempio l’esperimento di laboratorio), iconici (utilizzano un linguaggio iconico), analogici (attività

ludiche di gruppo con giochi di ruolo), infine simbolici (ad es. la lezione frontale). Negli ultimi anni

molti studi hanno documentato l’utilità che gli studenti stessi rivestano il ruolo di insegnanti, ad

esempio tramite il cooperative learning, centrato su gruppi di lavoro, o il tutoring che prevede che

vengano affidate responsabilità didattiche ad un singolo alunno. Questi metodi hanno grosse

potenzialità, ma richiedono un lungo lavoro di preparazione. In generale gli autori sono concordi

sull’efficacia dell’insegnamento tra pari, anche se vi è discordanza rispetto alle sue basi teoriche.

Concludendo i metodi collaborativi, pur richiedendo una lunga preparazione rappresentano una

grande potenzialità, ma a patto che la classe conosca il deficit del compagno.

Lezione 5: “Note per una didattica integrativa”

Se la scuola saprà cogliere dalla presenza di alunni disabili l’occasione per cambiare e ripensarsi la

comunità scolastica ne trarrà notevoli vantaggi, anche se l’integrazione dei disabili è un dovere che

riguarda anche la famiglia, le agenzie sanitarie e tutta la società. Essa richiede uno sforzo in

direzione del riconoscimento della propria e altrui diversità, rendendo possibile il guardarsi con gli

occhi dell’altro, e ciò è maggiormente evidente anche nel confronto con culture differenti.

La scuola in quanto luogo di relazioni ha il privilegio di poter essere una fabbrica di competenze e

umanità, dove si ascolta e si viene ascoltati ascoltati, ci si confronta tra diversi e si sperimenta la

solidarietà. Pur essendo la presenza del disabile una opportunità positiva, spesso i docenti temono

che prestare attenzione alle sue esigenze possa comportare un rallentamento della programmazione,

o peggio essere lesivo del diritto della maggioranza a svolgere il proprio programma, il che

difficilmente può portare ad una vera integrazione. Le metodologie didattiche che favoriscono

l’integrazione permettono a tutti gli studenti di ottenere migliori risultati, però la condizione

importante è che la classe conosca il deficit del compagno, e ciò può essere conseguito, secondo

Ianes, anche invitando in classe i genitori dei disabili. Alcuni interventi integrativi possono essere

costituiti ad esempio, in una scuola media, nell’ambito della comunicazione verbale, dal saper

rispondere ad una domanda col proprio nome, chiedere in prestito un oggetto. Oppure in ambito

storico dal predisporre una tabella con fatti storici in ordine cronologico. Aumentando il livello di

istruzione la situazione si complica, ma non è impossibile realizzare una didattica integrata.