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L'Italia, non la Grecia, è l'elefante nella cristalleria d'Europa: Renzi ne è consapevole? La tesi del WSJ che vede l'Italia come l'elefante che può sfasciare mezzo mondo è tutt'altro che nuova. Ed è una tesi con basi orrendamente solide. Renzi ne è consapevole o è davvero convinto che il più è fatto e basta l'ottimismo per uscire dalla crisi? di Giovanni De Mizio @ToobyTweet [email protected] | 03.04.2015 15:01 CEST Il vero problema dell’Europa non è la Grecia, ma l’Italia: se Atene è il canarino nella miniera, Roma è il vero elefante nella cristalleria europea. Questa tesi del Wall Street Journal è tutto fuorché originale. Questa locuzione è presente negli articoli di molti commentatori di questioni italiane da diversi anni, ed è apparsa su queste pagine (solo per citare alcuni esempi) nel 2013 , nel 2014 e nel 2015 . Ma non per questo il problema deve essere sottovalutato, anzi. Grecia e Italia condividono molto della propria storia recente: entrambi i Paesi hanno vissuto un boom economico foraggiato dal piano Marshall nel secondo Dopoguerra, entrambi i Paesi hanno cominciato a declinare dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta, entrambi i Paesi sono stati incrostati da pesanti corruttele, evasioni, intoppi burocratici e in generale da una classe politica completamente inefficiente, entrambi hanno accumulato nei decenni un debito pubblico mostruoso. Una differenza importante (a parte il fatto che l'Italia è riuscita a costruire un sistema industriale) sta nell’ingresso nell’euro di questi due Paesi: entrambi i Paesi ricorsero a magheggi contabili per entrare nella moneta unica , ma il governo italiano (all’epoca di centrosinistra) ebbe il buon gusto di non esagerare e di sistemare quei magheggi una volta raggiunto l’obiettivo. Quello greco, invece, continuò ad accumulare artifici contabili per buona parte del primo decennio del terzo millennio, finché il giochetto non implose creando il ben noto buco nero esploso nel 2011. L’Italia, invece, si "limitò" ad avere governi inefficienti: Berlusconi, invece di approfittare della situazione favorevole successiva all’ingresso nell’euro per abbattere il peso del debito pubblico, decise di continuare a spendere e spandere; l’intermezzo di Prodi tentò di mettere ordine nei conti, ma la coalizione era troppo litigiosa e frammentata e collassò prima di ottenere risulati di lungo periodo. Il ritorno di Berlusconi al potere cancellò buona parte di quei risultati (creando altri buchi neri nei conti dello Stato, come Alitalia e l’abolizione dell’ICI a ricchi - ai poveri l'aveva già tolta Prodi nel precedente governo). Poi, dopo l’esplosione della crisi greca, venne Monti, che governò da tecnico per un paio di mesi per poi, finita l’emergenza, cedere al fascino della politica: invece di seguire il sentiero di Ciampi, decise di buttarsi nell’arena. Fallendo miseramente. Poi venne Letta, e infine venne Renzi. Renzi defenestrò Letta per un motivo molto semplice: la fase acuta della terza recessione italiana in sei anni stava terminando e voleva accaparrarsi il merito della ripresa. Ma sbagliò i calcoli: la recessione ha lasciato il posto ad una sostanziale stagnazione, e solo nel primo trimestre del 2015 l’Italia potrebbe rivedere il segno ‘più’ dopo diversi anni. Lo sapremo a maggio, quando l’ISTAT ci dirà che la crescità sarà in un intorno dello 0,1% (ovvero compresa fra -0,1% e +0,3%). Tanta roba, direte voi. In fondo negli ultimi anni l'economia italiana ha perso appena l'11% dal picco del 2008, dissolvendo tutta la (poca) crescita accumulata dal 2000. Forse è il caso di chiamarla "depressione", non recessione. In effetti la ripresa italiana è tutt’altro che soddisfacente, ed è lontana sia dall’Europa nel suo insieme che dai partner più vicini (Germania, Francia e Spagna). Il mercato del lavoro va peggio che altrove, l’industria continua ad essere un disastro , e gli unici indicatori positivi sono quelli della speranza (fiducia dei consumatori, delle aziende, indici dei direttori degli acquisti e cose simili). Di crescita vera neppure l’ombra, e questo è decisamente pericoloso: Renzi è stato molto fortunato nell’ultimo anno, e sembra che la fortuna sia destinata a continuare, visto che nel 2015 l’Italia potrebbe godere di condizioni molto favorevoli, come il Quantitative Easing della BCE, l’euro ai minimi da oltre un decennio e un prezzo del petrolio molto basso. Ma quanto si può andare avanti a colpi di fortuna? 39 11 3 4

L'Italia, non la Grecia, è l'elefante nella cristalleria d'Europa: Renzi ne è consapevole?

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  • L'Italia, non la Grecia, l'elefante nella cristalleria d'Europa: Renzi ne consapevole?La tesi del WSJ che vede l'Italia come l'elefante che pu sfasciare mezzo mondo tutt'altro che nuova. Ed una tesi con basiorrendamente solide. Renzi ne consapevole o davvero convinto che il pi fatto e basta l'ottimismo per uscire dalla crisi?di Giovanni De Mizio @ToobyTweet [email protected] | 03.04.2015 15:01 CEST

    Il vero problema dellEuropa non la Grecia, ma lItalia: se Atene il canarino nella miniera, Roma il vero elefante nella cristalleria europea.

    Questa tesi del Wall Street Journal tutto fuorch originale. Questa locuzione presente negli articoli di molti commentatori di questioni italiane da diversianni, ed apparsa su queste pagine (solo per citare alcuni esempi) nel 2013, nel 2014 e nel 2015. Ma non per questo il problema deve essere sottovalutato,anzi.

    Grecia e Italia condividono molto della propria storia recente: entrambi i Paesi hanno vissuto un boom economico foraggiato dal piano Marshallnel secondo Dopoguerra, entrambi i Paesi hanno cominciato a declinare dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta, entrambi i Paesi sono stati incrostatida pesanti corruttele, evasioni, intoppi burocratici e in generale da una classe politica completamente inefficiente, entrambi hanno accumulato neidecenni un debito pubblico mostruoso.

    Una differenza importante (a parte il fatto che l'Italia riuscita a costruire un sistema industriale) sta nellingresso nelleuro di questi due Paesi: entrambi iPaesi ricorsero a magheggi contabili per entrare nella moneta unica, ma il governo italiano (allepoca di centrosinistra) ebbe il buon gusto dinon esagerare e di sistemare quei magheggi una volta raggiunto lobiettivo.

    Quello greco, invece, continu ad accumulare artifici contabili per buona parte del primo decennio del terzo millennio, finch il giochetto non implosecreando il ben noto buco nero esploso nel 2011.

    LItalia, invece, si "limit" ad avere governi inefficienti: Berlusconi, invece di approfittare della situazione favorevole successiva allingresso nelleuro perabbattere il peso del debito pubblico, decise di continuare a spendere e spandere; lintermezzo di Prodi tent di mettere ordine nei conti, ma lacoalizione era troppo litigiosa e frammentata e collass prima di ottenere risulati di lungo periodo. Il ritorno di Berlusconi al poterecancell buona parte di quei risultati (creando altri buchi neri nei conti dello Stato, come Alitalia e labolizione dellICI a ricchi - ai poveril'aveva gi tolta Prodi nel precedente governo).

    Poi, dopo lesplosione della crisi greca, venne Monti, che govern da tecnico per un paio di mesi per poi, finita lemergenza, cedere al fascino della politica:invece di seguire il sentiero di Ciampi, decise di buttarsi nellarena. Fallendo miseramente. Poi venne Letta, e infine venne Renzi.

    Renzi defenestr Letta per un motivo molto semplice: la fase acuta della terza recessione italiana in sei anni stava terminando e volevaaccaparrarsi il merito della ripresa. Ma sbagli i calcoli: la recessione ha lasciato il posto ad una sostanziale stagnazione, e solo nel primo trimestredel 2015 lItalia potrebbe rivedere il segno pi dopo diversi anni. Lo sapremo a maggio, quando lISTAT ci dir che la crescit sar in un intorno dello 0,1%(ovvero compresa fra -0,1% e +0,3%). Tanta roba, direte voi. In fondo negli ultimi anni l'economia italiana ha perso appena l'11% dal picco del 2008,dissolvendo tutta la (poca) crescita accumulata dal 2000. Forse il caso di chiamarla "depressione", non recessione.

    In effetti la ripresa italiana tuttaltro che soddisfacente, ed lontana sia dallEuropa nel suo insieme che dai partner pi vicini (Germania,Francia e Spagna). Il mercato del lavoro va peggio che altrove, lindustria continua ad essere un disastro, e gli unici indicatori positivi sono quelli dellasperanza (fiducia dei consumatori, delle aziende, indici dei direttori degli acquisti e cose simili).

    Di crescita vera neppure lombra, e questo decisamente pericoloso: Renzi stato molto fortunato nellultimo anno, e sembra che la fortuna sia destinata acontinuare, visto che nel 2015 lItalia potrebbe godere di condizioni molto favorevoli, come il Quantitative Easing della BCE, leuro aiminimi da oltre un decennio e un prezzo del petrolio molto basso. Ma quanto si pu andare avanti a colpi di fortuna?

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  • Il problema dellItalia non congiunturale, cio collegato alle condizioni economiche ambientali: il problema strutturale, ovvero collegato alfatto che il sistema Italia non funziona da decenni, e non stato riformato per troppo tempo. Come una ferita non curata, buona partedelleconomia italiana finita gradualmente in cancrena, e rischia di infettare tutto il resto. Per fermare lespansione della crisi strutturale servirebberointerventi shock, che per ancora non vediamo.

    LItalia andata avanti a colpi di morfina: i problemi smettono di essere sentiti per un po, poi riesplodono pi dolorosi. Una delle soluzionialla febbre italiana era la svalutazione: peccato per che la febbre sia un sintomo, non una malattia, la quale, invece, rimaneva incurata. L'euro hasemplicemente esposto una ferita che si pensava di curare semplicemente nascondendola e stuprando la lira.

    Si prenda la riforma delle pensioni: la riforma Fornero una riforma equa ed era la cosa giusta da fare. Nel 1995, per. Il contributivo per tutti dovevascattare ventanni fa, ma governo e sindacati preferirono dare un calcio alla lattina e rimandare il problema.

    Dieci anni dopo, a met degli anni Zero il problema dellinsostenibilit del sistema pensionistico si ripropose. Il governo Berlusconi dellepoca diedeun altro calcio alla lattina, la riforma Maroni, poi comunque annacquata dal governo Prodi.

    Cinque anni dopo divent chiaro che la bomba atomica stava per esplodere e il governo Monti fece quello che si doveva fare ventanniprima: ognuno avrebbe avuto una pensione tanto maggiore quanto maggiori erano i contributi versati. Purtroppo, per via dei cosiddetti diritti acquisiti,ci valeva solo da quel momento in poi.

    Risultato: pensioni completamente fuori dalla decenza per chi si era gi ritirato dal lavoro e riceveva pi del dovuto e pensioni completamente fuori dalladecenza (ma in senso opposto) per chi aveva ancora la sfortuna di lavorare (quando poteva). Il sistema nel complesso pi o meno in equilibrioadesso, ma diventato profondamente ingiusto. Questo succede quando non si vogliono risolvere i problemi, ma solo aggirarli.

    Ora il problema si chiama debito pubblico. Il debito pubblico si ripaga (o, almeno, lo si rende sostenibile) in un solo modo: con la crescita. Lacrescita non c, ergo il problema continua a gonfiarsi. La crisi greca rischia di essere lago nel palloncino del debito pubblico italiano, con unondadurto capace di creare problemi a mezzo mondo, visto che lItalia too big to save, troppo grande per essere salvata.

    necessario analizzare bene il problema, prima di vedere quali sono le soluzioni. Di nuovo, la crisi italiana non congiunturale, ma strutturale.Non una frattura di un femore, un tumore alle ossa e anche molto diffuso.

    Dare la colpa allEuropa o allausterit troppo facile: lausterit ha sicuramente aggravato i problemi dovuti alla congiuntura, ma anchesenza austerit avremmo avuto problemi dovuti alla struttura malata delleconomia italiana. LItalia non cresceva o cresceva a fatica (emeno degli altri) sia prima che dopo leuro. Lultima stagione di crescita decente si vide negli anni Ottanta, quando leconomia fu dopata da profondeiniezioni di debito pubblico, e i guadagni finirono in gran parte nelle tasche di corrotti. Dal circa +2% annuo degli anni Ottanta si scese a +1,4%negli anni Novanta, +0,6% negli anni Zero e -0,5% ogni anno negli ultimi cinque.

    E torniamo a oggi, a Renzi. Il premier si trova, come detto, in una situazione favorevole: lausterit meno severa grazie a QE, euro e petrolio; isuoi avversari politici sono frammentati e allo sbaraglio e nonostante tutto (cio la persistente depressione) continua ad avere unintorno del 40% nei sondaggi.

    Il problema che Renzi continua a gigioneggiare. Ci sono due scuole di pensiero sul perch Renzi non sembra avere contatto con una realt ancora ingrave difficolt. La prima ritiene che Renzi ritenga che al Paese serva solo una robusta dose di ottimismo per ripartire, ma che sia consapevole delledifficolt ed pronto a fare le riforme necessarie per il Paese. La seconda che Renzi sia veramente convinto del fatto che si tratti solo di unproblema psicologico del Paese, e che basta sorridere (e spendere) perch vada tutto bene.

    La differenza sottile, ma entrambe rischiano di fare una deriva verso la credenza che un Paese possa risollevarsi dal fondo dellabissosemplicemente tirandosi i lacci delle scarpe.

    Un indizio di ci si pu vedere nel fatto che il governo si sta spendendo molto nel cercare di trovare barlumi di positivit anche dove non cene sono, spesso inventandoseli di sana pianta.

    Possiamo ricordare il taglio delle tasse nella legge di stabilit 2015: Renzi annunci un taglio da 18 miliardi, ed era vero, ma dimentic di dire che sitrattava di 18 miliardi lordi. Al netto il taglio stato della met (e che si annulla e diventa negativo se consideriamo altri provvedimenti presi da Renzi).

    Stessa cosa per laumento dei posti di lavoro a tempo indeterminato annunciati dal ministro Poletti qualche giorno fa: ci sono stati s 79mila nuoveattivazioni di contratti a tempo indeterminati, ma Poletti ha dimenticato di dire che ci sono state anche 33mila cessazioni. Al netto le nuove attivazionisono qualcosa in pi della met rispetto a quanto annunciato. Il rapporto ISTAT sul mercato del lavoro ha poi lasciato intendere che non si tratta di nuovi

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    posti di lavoro, ma di conversioni di contratti precari gi esistenti per approfittare dei saldi lanciati dal governo con ladecontribuzione.

    Possiamo ricordare i dati sulla produzione industriale: il governo tent di trovare un barlume di speranza negli effetti di calendario, peccato per chequando i dati erano stati molto positivi nei mesi precedenti lo stesso governo dimentic di dire che le buone notizie erano inquinate dai medesimi effettidi calendario.

    La lista lunga e i problemi rimangono irrisolti. La spinta riformatrice sembra essersi arenata: il governo si sta donando anima e corpo alla piinutile delle riforme strutturali, quella del sistema politico. Tralasciando il fatto che la riforma della Costituzione e lItalicum sono tuttaltro che lemigliori riforme possibili, impiegheranno comunque anni per produrre effetti, mentre al Paese serve uno shock qui e adesso.

    Per esempio ci sono molte liberalizzazioni che potrebbero essere approvate dalloggi al domani a costo zero. Il problema che poi lecorporazioni si arrabbiano, e Renzi rischia di perdere consensi.

    Si potrebbe stringere sul serio sulla corruzione, ma anche qui Renzi dimostra una certa cautela nel chiudere i rubinetti che ingrassano i pochi e affamano imolti, perch, come dimostrano le ultime inchieste, il cancro ben incastonato nel cuore dello Stato ed estrarlo a forza rischia di far perdereimportanti appoggi politici.

    Si potrebbe snellire la burocrazia in modo serio, ma Renzi ha preferito portare avanti le solite riforme di facciata, per esempio il 730precompilato, che rischia di essere una complicazione, pi che una semplificazione. E a quanto pare lo gi, anche per un professore universitario dieconomia. Ma del resto non c alcuna gloria a rifare lasfalto delle strade, mentre tagliare il nastro per inaugurare un ponte inutile molto pilucroso per attrarre voti.

    E infine c la cifra stilistica del governo Renzi: il bonus di 80 euro. Probabilmente i 10 miliardi peggio spesi degli ultimi anni in un singoloprovvedimento. Renzi ha deciso di girare ad un certo numero di persone un bonus di 80 euro, purch fossero lavoratori dipendenti che guadagnasserofra gli 8mila e i 24mila euro lanno.

    Il bonus 80 euro esclude i pi poveri; esclude le partite IVA povere (quelle davvero povere); d 160 euro a una famiglia con due lavoratori a 24mila eurolanno ciascuno (cio 48mila in totale), ma non d nulla a una famiglia con un solo lavoratore a 25mila euro lanno. Il risultato che sono stateescluse le famiglie che li avrebbero spesi a favore delle famiglie che li hanno risparmiati. Risultato: i consumi non hanno fatto boom, e sonorimasti al palo.

    Quei dieci miliardi potevano essere usati meglio, ma, di nuovo, non sarebbe stato altrettanto spettacolare: a Renzi serviva una manciaelettorale per consolidare il proprio potere dopo la defenestrazione di Letta. Detto fatto, abbiamo il 40,8%. E anche 10 miliardi lannoincastrati nel bilancio dello Stato che Renzi non pu togliere.

    Buttiamola l: si poteva aumentare il fondo per la decontribuzione (ovvero intervenire in modo pi esteso sul costo del lavoro). Dal 2015 al 2018 lo Statodovrebbe spendere 15 miliardi per la decontribuzione; nei medesimi 4 anni ne spender 40 per il bonus 80 euro, inefficiente a livelloeconomico, molto lucroso dal punto di vista elettorale. Sembra ci sia un pattern che risponde alla domanda "a che servono le riforme di Renzi?".

    Ci fermiamo qui. LItalia si trascina dietro problemi strutturali da almeno una ventina danni. Ha problemi giganti di lungo periodo (come unapopolazione in feroce invecchiamento) che restano messi da parte e comunque non possono essere risolti nel breve termine. Tutti questi problemirischiano di esplodere se la crescita non riparte e se la congiuntura dovesse nuovamente peggiorare, per esempio per colpa del problemagreco. AllItalia serve una cura da cavallo, ovvero riforme serie, non di facciata, per uscire dalle sabbie mobili. Renzi si sta muovendo allo stesso mododei suoi predecessori: male.

    Da qui la domanda: Renzi consapevole di tutto questo oppure davvero convinto che il pi del suo lavoro fatto e basta un po diottimismo per ritornare a crescere? Nel secondo caso, lelefante Italia potrebbe ben presto sfasciare la cristalleria.

    Giovane e appassionato dell'elettronica di consumo, Marco Serra un aspirante ingegnere informatico che scrive su tutto quello che pu essereetichettato come "high tech"... Continua a leggere

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