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L'OBIETTIVO - giugno 2016

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Il Periodico del Liceo Classico "Giovanni Paolo II" di Lecce.

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Siamo arrivati alla fine del viaggio di questo giornalino e di questo glorioso Istituto. E noi siamo gli ultimi passeggeri che hanno avuto l’onore di accompagnare tutto questo verso la sua fine. E da questa fine inizierà, per noi, un altro viaggio, uno di tanti altri. Perché la vita è fatta di percorsi che iniziano e finiscono, per poi ricominciare in maniera diversa e ancora finire. Da questo, noi siamo usciti forti e preparati a ciò che ci attende nella vita di adulti, perché siamo stati curati e cresciuti da docenti e discenti di grande professionalità. Dalla scuola materna all’ultimo anno di scuola superiore, il nostro viaggio ci ha portato ad essere quello che siamo; sul nostro treno è salita e scesa tanta gente, ognuno di loro ha lasciato un segno, una impronta, qualcosa di loro che ci ha resi unici ed irripetibili.

Ogni sosta, ogni passaggio a livello chiuso e, a volte, anche un ramo in mezzo ai binari che può aver reso più difficoltoso il cammino, ci ha , nel contempo, reso più forti e sicuri di noi. L’etimologia stessa della parola VIAGGIO ( dal latino viaticum: provvista necessaria per mettersi in viaggio) rende l’idea che questa esperienza riveste per noi esseri umani: il percorso che compiamo nella nostra vita per crescere è importante quasi quanto l’itinerario che percorriamo esplorando la nostra anima alla ricerca di una improbabile felicità, per accontentarci poi di una auspicabile serenità. Questo è quello che abbiamo il dovere di fare: continuare la nostra magnifica avventura iniziata il giorno in cui siamo nati, forti del bagaglio di conoscenze ed esperienza che ci ha portato sulla soglia del tanto temuto Esame di maturità, passaggio obbligato verso un futuro che ci spetta di diritto e che sta a noi realizzare come abbiamo immaginato.

Buon viaggio a tutti noi.

IL VIAGGIO NELLA VITA

di ROBERTA FERRARI

EMANUELE TRAMACERE ~ Il liceo Classico Giovanni Paolo II continuerà a vivere dentro di noi ex alunni, che con tanto affetto siamo riusciti ad andare oltre ad un semplice patto educativo, per raggiungere una formazione integrale carica di educazione alla maturità e alla responsabilità sociale, nonostante in quegli anni si pensa più a un divertimento poco costruttivo e vuoto di relazioni. Caro giovane diventa ciò che sei e poi impara a sognare.

OBIETTIVO PERSONA

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VIAGGIO: UN RISCHIO DA CORRERE

di RICCARDO DISTANTE

Tendiamo, ormai, a considera-re il viaggio qualcosa di scon-tato, da compiere solo per sva-go o per fuggire dalla routine del quotidiano, diceva Paul Morand: “Partire è vincere una lite contro l’abitudine”. Dimentichiamo spesso del suo reale significato o delle sue molteplici facce che sono state riprese nel corso dei secoli e a cui i più diversi au-tori si sono ispirati. L’Odissea è forse il viaggio per eccellen-za nell’immaginario occidentale, la figu-ra di Odisseo eroe “dal multiforme in-gegno” riassume in sé lo spirito avven-turiero e assetato di conoscere che è presente in ognuno di noi. Odisseo nel corso del suo “nostos”, pur pensando sempre alla sua Ita-ca, non si lascia mai sfuggire la minima occasione per accre-scere la sua conoscenza. Sotto l’incredulo sguardo dei com-pagni si fa legare all’albero della sua nave per poter ascol-tare le seducenti sirene, con-vince i suoi a restare nella grotta del ciclope per poter ve-dere Polifemo. Odisseo, quin-

so. Ma il viaggio è anche un’occasione per farsi quattro risate oltre che a venire in con-tatto con una realtà diversa. Ne è un celebre esempio l’.“Iter Brundisinum” di Ora-zio esposto nella V satira del I libro dei Sermones. Nella sa-lace narrazione del suo disa-stroso viaggio da Roma a Brindisi, il poeta ripercorre

tutte le difficoltà ri-scontrate nell’imbat-tersi in persone e a-bitudini meno con-suete. Orazio adotta una sua reale espe-rienza di viaggio co-me cornice narrati-va per raccontare, in modo ilare e ge-nuino, località, am-

bienti o personaggi sconosciu-ti. La sublimazione del viag-gio, da qualunque punto lo si osservi si esprime nella ricer-ca, in quel desiderio insito nella nostra anima di scoprir-si e scoprire manifestando la propria natura. Non a caso per i Tibetani la definizione di “essere umano” è a-Go ba, “Viandante” , “Chi fa migrazioni.

di, è l’eroe del viaggio intra-preso alla scoperta del diverso da sé e anche di se stessi. Se Omero ne è stato l’epico can-tore, altri autori l’hanno pre-sentato in una veste che avreb-be goduto di una discreta for-tuna: il romanzo. I romanzi di stampo ellenistico, infatti, pro-ponevano peregrinazioni che finissero “laddove s’incontra-

no gli amanti”. (Shakespeare) Il viaggio prevedeva due a-manti che, separati da un cru-dele destino, erano costretti ad affrontare una serie di peripe-zie in cui erano messi alla pro-va la fedeltà della donna e la determinazione dell’innamo-rato (e, se non tentato, la pura fedeltà) e che, infine, si riuni-scono. In questo caso il viag-gio è intrapreso al ritrovamen-to della propria metà e quindi a completarsi, in un certo sen-

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Uno dei popoli finora più misteriosi dell’Italia antica è quello dei Messapi, il popolo che abitò il nostro Salento, giungendo dall’oltremare balcanico tra il secondo e il primo millennio a.C. e le cui tracce arrivano fino alla fine dell’ ottavo secolo a.C. Il loro nome significa “coloro che vivono nel mezzo” e anche il popolo “situato tra due mari”. Di essi si sa che non erano rozzi, né ignoranti, né digiuni di tecnica. Anzi dimostrarono sensibilità ai valori formali e artistici, capacità comunicative, predisposizione a difendersi, senso di organizzazione sociale che si rifletteva nell’impianto dell’insediamento, disciplinato da un ordinamento monarchico. Ai Messapi si attribuisce la fondazione di almeno una trentina di centri come Alezio, Castro, Cavallino, Muro Leccese, Leuca, Otranto, Porto Cesareo, Roca vecchia, Rudiae, Soleto, Ugento ed altri. Non vi sono dubbi sull’identità culturale dei Messapi che va ricercata nelle iscrizioni, nella ceramica e nel sistema difensivo. Dalle numerose epigrafi ritrovate emerge che si esprimevano in una lingua che aveva un alfabeto greco, ma articolava una sintassi differente da quella ellenofona, per cui i glottologi non sono riusciti ancora a decifrarla. Attraverso la produzione ceramica questo popolo manifestava la straordinaria abilità manuale e artistica, unita alla spiccata originalità dei vasi, in particolare la trozzella: un vaso panciuto decorato con motivi geometrici, destinato a contenere l’acqua, con due manici che si attaccano al corpo mediante le “trozze” ovvero ruote, carrucole, trottole. Splendidi esemplari costituivano il corredo funerario nelle tombe delle donne e oggi si possono ammirare nel Museo Archeologico “S.Castromediano” insieme ai crateri, vasi per mescere il vino, rinvenuti nei sarcofagi degli uomini,che erano abbelliti con raffigurazioni di scene mitologiche, epiche, dionisiache. La solida organizzazione sociale consentì ai Messapi di opporre resistenza ai tentativi dei popoli confinanti di invadere il loro territorio, grazie alla costruzione di mura lungo il perimetro dei villaggi:esse erano formate da due cortine di

VIAGGIO . . .

di FRANCESCA CUPRI

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blocchi di pietra aderenti perfettamente gli uni agli altri, rinforzate da un riempimento di pietrame informe secondo la tecnica della “muratura a sacco”; questo sistema costruttivo è rimasto inalterato nel tempo ed è ancora oggi adottato dai “paritari”, i costruttori di muretti a secco. Lungo il perimetro venivano innalzate, anche, torri di avvistamento circondate all’esterno da enormi fossati. Le porte di accesso erano robuste, saldamente incardinate ai battenti e dotate di solidi paracarri. Esempi di mura ciclopiche sono stati ritrovati a Muro Leccese, Cavallino, Rudiae e Ugento. Inoltre sono state ritrovate cisterne e pozzi, indispensabili per gli usi domestici e per le attività produttive legate alla terra. Secondo una leggenda il primo olivo nacque nella Messapia e, attraverso un metodo rudimentale,si riusciva a ricavare da esso un liquido oleoso. Le capanne di forma circolare o ovale presentano la base in pietra grezza, l’elevato in argilla e legno con tetto di paglia e argilla;l’utilizzo delle pietre rimanda all’innata abitudine dei contadini salentini di liberare i terreni dai sassi per renderli coltivabili. Dalle pitture vascolari si hanno informazioni sul “look” dei Messapi: l’himation era un velo che scendeva dalla testa alle spalle delle donne e che richiama “lu sciallu”; il tamburello munito di sonagli usato da baccanti appare identico a quello adoperato nel tarantismo; dalle pitture si riconoscono animali presenti nel periodo messapico come cigni, aquile, colombe, anatre e, soprattutto, cavalli dei quali i Messapi erano allevatori. Il viaggio tra i Messapi ci insegna e ci ricorda che noi salentini di oggi dobbiamo davvero molto a questa civiltà che, nei secoli scorsi,ha vissuto su questa nostra terra!

. . . ALLA SCOPERTA DEI MESSAPI

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Siamo nella storia del bellissimo viaggio educativo-culturale del Liceo-Ginnasio, dedicato a San Giovanni Paolo II, incominciato da ragazzi che avevano fatto la scelta di studiare in Seminario con la prospettiva di un’eventuale risposta vocazionale al Sacerdozio, continuato insieme con altri compagni di viaggio con vocazioni diverse, ma con l’obiettivo condiviso che da vent’anni la nostra Scuola persegue: l’.“Obiettivo Persona”, che consiste nel mettere al centro la Persona nella sua completezza unitaria di corpo, spirito, psiche, interiorità che, conoscendo e accettando se stessa come dono, può aprirsi agli altri per farsi dono. È un prendersi cura vicendevolmente nell’impegno quotidiano di discenti e di docenti con lo spirito che si respira in una famiglia, in cui si lavora per armonizzare diritti e doveri nell’ambito dei ruoli di ciascuno. È per questo che, chi è già uscito da questa

scuola si è portato dietro un bagaglio umano molto importante acquisito attivamente, da protagonisti: nessuno si è mai sentito un numero qualsiasi in un registro qualsiasi in cui la valenza dell’alunno è racchiusa tutta nel voto. Noi siamo persone che sono educate non solo allo studio delle materie scolastiche, ma soprattutto a relazionarci nel rispetto delle opinioni e del modo di essere dell’altro. Il dibattito culturale è stato sempre vivo in svariate forme: dalle conferenze tenute da Esperti alle lezioni

autogestite; dalle visite guidate in Italia e all’Estero alla partecipazione ad eventi artistici e di spettacolo nella Città e fuori. Noi stessi siamo stati promotori e protagonisti di eventi ludico-musicali e sportivi non solo a conclusione di ogni anno scolastico, ma anche nell’organizzazione di eventi festosi intorno a compagni o situazioni meritevoli di celebrazioni. Ed è questo il GPII, che ci porteremo sempre dentro.

Buona continuazione di viaggio a tutti!

GP2: CHE BEL VIAGGIO! di ANGELA DURANTE

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CAMMINARE VERSO UNA NUOVA VITA di GIULIA DE NIGRIS

La vita è un viaggio. Come ogni viaggio, si conosce il punto di partenza ma né lo sviluppo né la fine. Possiamo paragonare ognuno di noi ad un turista: visitando una città egli rischiereb-be di perdersi se non avesse una guida con sé. Allo stesso modo ogni uomo della Terra sente, sin dalla nascita, il bisogno di essere guidato nella crescita fisica, culturale è spirituale. Edu-catori, insegnanti, professori, si impegnano per creare un valido bagaglio culturale affinché i propri studenti abbiano una pre-parazione all’altezza del loro futuro lavorativo. Dall’altro canto i genitori, di anno in anno, accompagnano i propri figli, attraverso un cammino di fede, alla profonda cono-scenza di Dio, vera Guida. Questo percorso si apre con il Battesimo, esso simboleggia la nascita alla vita nuova in Cri-sto, comporta la remissione del peccato origina-le e l’adozione del bambino come figlio di Dio. Riconciliazione consiste nel perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo, per raggiungere la pace e la serenità dello spirito. Comunione, è si-curamente la tappa più importante e rappre-senta il memoriale della Pasqua di Cristo, cioè della salvezza che Egli ci ha donato mediante la sua morte e Resurrezione. Confermazione, attra-verso il dono dello Spirito Santo, il cristiano as-sume con responsabilità e consapevolezza gli impegni del Battesimo nella Chiesa. Matrimonio

e Ordine Sacro. Il matrimonio esplica non solo l’u-nione tra un uomo e una donna che per amore decidono di legarsi l’uno all’altra, ma anche l’u-

nione tra Cristo e la Chiesa. L’ordine sacro è la consacrazione a Cristo e il servizio alla Chiesa in suo nome. Unzione degli infermi, conferisce una grazia speciale a coloro che versano in situazio-ne di grave malattia o di vecchiaia. Queste sette tappe fanno parte di un unico viaggio quello che ogni Cristiano compie sin dalla nascita con il sacramento del Battesimo, fino alla morte con l’Unzione degli infermi. È un cammino spiritua-le

che necessita impegno, dedizione, preghiera, fede e un grande cuore. Ogni stadio sopra citato è un “appunta-mento” al quale Cristo ci in-vita, per poter crescere al di là di ogni nostra visione umana, razionale e limitata e diventare attraverso Gesù co-me Gesù, figli di Dio in liber-tà e gloria. Mediante i Sacra-menti ognuno di noi compie un meraviglioso viaggio alla

ricerca di sé stesso; in questo percorso egli non ha modo di perdersi perché al suo fianco ha una guida speciale: il Signore. L’uomo deve lasciarsi toccare nell’intimo e accettare la vicinanza di Cristo per ottenere una gioia tanto semplice quanto profondamente vera. La missione di un vero Cristiano è quella di percorrere tutte le tap-pe e vedere finalmente con gli occhi del cuore il Padre, quel Padre amorevole che ha sacrificato la vita del proprio figlio sulla croce per salvarci dai nostri stessi peccati. Possiamo dire che il sacramento di tutti i sacramenti è Cristo stesso; in Lui passiamo dalla perdizione dell’egoismo alla vera vita senza fine.

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IL VIAGGIO NELLA LETTERATURA:

Nella lingua italiana ha il seguente significato: “spostarsi da un luogo a un altro distante dal primo” (De Mauro Il dizionario della lingua italiana). Ma come tutti ben sappiamo, e come sapevano anche i poeti della storia della letteratura della nostra penisola, questo verbo vuol dire ben di più. Il primo grande “letterato” -

viaggiatore di cui abbiamo notizia e che ci ha lasciato una valida testimonianza del suo amore per l’avventura e la scoperta è senza dubbio Marco Polo, il cui Milione non è solo un’opera informativa e descrittiva dei paesi orientali da lui visti e studiati, ma

dimostra in tutto e per tutto la sua passione nel raccontare, attraverso la scrittura, l’emozione e le sensazione provati nell’aver compiuto un itinerario così affascinante e stimolante. Ben diverso è invece il viaggio che Dante Alighieri, il nostro “sommo poeta”, voleva compiere con i suoi amici Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, come egli stesso ci esplicita in una delle sue più famose Rime. Nel sonetto “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io” Dante sogna di fare un viaggio quasi per magia con i due cari amici poeti e con le donne da loro amate e con essi stare per sempre a parlare d’amore e di poesia. Il viaggio del “sommo poeta” non è più dunque volontà di scoprire luoghi nuovi e

sconosciuti ma desiderio di evasione dalla realtà quotidiana e di trovare un rifugio nel mondo magico e meraviglioso dell’Amore; sintomo di questo è l’espressione “incantamento” che il poeta usa nel secondo verso del sonetto. Nell’Umanesimo e nel Rinascimento il viaggio divenne quasi un desiderio fisso nella mente dei poeti, che nei loro componimenti immaginavano luoghi

fantastici e meravigliosi che li potessero ispirare dal punto di vista spirituale e filosofico. È il caso dell’Arcadia di Jacopo Sannazzaro, in cui lo scrittore napoletano dimostra tutta la sua passione per questa regione greca vista quasi

di LUIGI LAZZARI

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EVASIONE, CURIOSITÀ E NOSTALGIA

come un locus amoenus in cui poter vivere e contemplare la bellezza dell’uomo e della natura. Facendo un salto di quasi 300 anni possiamo vedere però un altro aspetto del viaggio non più considerato positivamente come un qualcosa che può portare nuove conoscenze oppure evasione dal mondo della routine e della quotidianità, ma visto dalla prospettiva di colui che, legato alla sua terra, è costretto in un modo o nell’altro a lasciarla. È il caso ad esempio dei Promessi Sposi del nostro illustre letterato, fonte per noi italiani di orgoglio e onore, Alessandro Manzoni. Egli infatti nella famosa sequenza Addio ai Monti, che costituisce la parte finale dell’VIII capitolo del suo capolavoro I Promessi Sposi analizzando e riportando i pensieri tristi di Lucia che mestamente si allontana dal suo paesino a causa della minaccia di Don Rodrigo, ne approfitta per mettere in risalto l’aspetto negativo dell’allontanamento dalla propria casa. Si legge infatti: “Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si meraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso.” Un ultimo grande esempio di come il poeta e letterato italiano ha percepito il viaggio nei secoli è senza dubbio il Comune rustico di Giosuè Carducci in cui si manifesta la nostalgia del poeta non però della sua casa, ma del lasciare la Carnia, regione in cui ha soggiornato. Il viaggio ha avuto dunque diverse sfaccettature nel corso della letteratura da cui possiamo capire che in realtà “spostarsi da un luogo all’altro differente dal primo” non è solo una fredda definizione enciclopedica ma in qualche modo influenza, cambia e sconvolge l’animo umano ed in particolare del poeta che per natura è dotato dell’ “alto sentire”. Come diceva lo scrittore statunitense John Steinbeck: “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.”

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VOI, UNA FAVOLA SEMPLICE

Carissimi tutti,

combattuta come sono tra sentimenti diversi… non so proprio come iniziare. Ma in qualche maniera farò. Sì, combattuta tra l’entusiasmo di avere ancora un’ultima occasione per dirvi il mio bene e l’amarezza di un lungo, lunghissimo capitolo della mia vita che si chiude. E non è un “To be continued”, ahimè. Come si fa a non pensare a voi tutti mentre la storia va avanti? Come si fa a non rivolgere un pensiero di intima gratitudine nei confronti di chi ci ha guidati fino alla fine, con ardore professionale e profondo, paterno affetto? Di chi ha tenuto le redini di questa realtà così bella e speciale, il nostro Preside Fabio e, prima di lui, affondando i ricordi nel passato, il saggio professor Sacquegna e lo stimatissimo e compianto Don Salvatore Colonna? Come in una luminosa e sorridente teoria, scorrono davanti ai miei occhi tutti i volti di chi ha attraversato con noi questi anni… fino ad arrivare ai preziosi ed esperti Carlo e Laura, amici carissimi e sempre gentili, che stringiamo in un abbraccio ideale, ai colleghi d’un tempo e a quelli d’adesso. Amici e collaboratori che mai saranno dimenticati, con cui tanto è stato spartito e condiviso. E poi c’è lo studente del “Giovanni Paolo II”. Già, lo studente, quello del primo banco che ti guarda negli occhi durante la lezione e quello dell’ultima fila, che cerca invece tra le pagine del proprio diario le risposte ai tanti interrogativi della vita; quello che ti racconta una barzelletta e quello che ti racconta la sua anima; quello che ti sorride se ti incrocia nei corridoi e quello che, timido, abbassa lo sguardo; quello che si dispera per un voto in meno e quello che esulta per quel mezzo voto in più; quello che ti sfida e ti manda nei pensieri a quel paese e quello che mastica uno “scusi” ogni tre parole… Quello che versa lacrime di commozione o di rabbia, quello che ride fino alle lacrime e mai s’arrabbia… quello dai fiumi di parole e quello dagli eloquentissimi silenzi. Vedete? Ho parlato de “lo studente”, al singolare, perché non ci sono solo alcuni nomi, ma tutti, proprio tutti i nomi di chi ha vissuto le nostre aule e i nostri banchi. E sono nomi che non possono essere elencati per intero, sarebbe una lista troppo lunga… ma sono tutti qui, dentro il mio cuore. Senza esclusione. Questo è “lo studente del GP2”: ragazzo o ragazza che sia, vecchia o nuova generazione. VOI siete stati tutto questo! E siete stati bellissimi! Una dimensione di appagante serenità che rimarrà unica, per sempre. Colori negli occhi che sono già impressi nella memoria e non se ne andranno. Quando tra un po’, dopo le ultime battute di un anno scolastico speciale per tutti, uscirete dal cancello della nostra scuola (amo chiamarla ancora così), per favore, richiudetene i battenti alle vostre spalle pensando che compiere quel gesto per voi è un onore, un grande onore, ragazzi miei! Fatelo sorridendo e portando sempre nel cuore il bene senza fine che ci siamo voluti tutti qui dentro, anche quando era più difficile accorgersene. Vi devo tanto! Forse nemmeno lo immaginate (…uff, lo sapevo che avrei pianto!). Vi auguro il meglio che si possa volere per i propri figli. Volate alto, spiegate le ali e date il massimo. Anzi, continuate a farlo, perché già avete iniziato. Siete una favola che, anche se incontra ora il suo epilogo, rimane comunque bellissima.

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Il 2 Aprile del 1912 salpava dal porto di Belfast un transatlantico che portava già nel suo nome l’idea di qualcosa di grande e maestoso che a tutti apparve come simbolo del progresso ma che sarebbe stato in realtà uno dei più terribili disastri della storia: il Titanic. La storia è divenuta leggenda, come ci è stato riportato dal bellissimo film uscito nelle sale nel 1997: l’enorme nave affondò nella notte tra il 14 e il 15 Aprile dopo una violenta collisione con un iceberg al largo delle coste tra il Labrador e la Groenlandia. La strage fu devastante: 1518 morirono tra i 2223 imbarcati. Quello che doveva essere il viaggio su una delle più grandi navi del mondo, il viaggio che inaugurava la nuova storia del trasporto marittimo, il viaggio che doveva dare fiducia nella scienza e nella nuova strada della sperimentazione industriale e metallurgica in realtà si spense con i suoi poveri passeggeri nell’impetuoso mare. Fu colpa dell’uomo, fu una fatalità, fu una del tutto accidentale sfortuna? Nessuno saprà mai sciogliere l’arcano, quello che è certo è che qualcosa cambiò nell’opinione pubblica mondiale di quegli anni. Siamo nel periodo della belle epoque, l’epoca bella, da un punto di vista solo superficiale però. Si ostentavano ricchezze, lusso, gloria, bellezza, la scienza era la nuova frontiera, le nuove scoperte avevano migliorato le condizioni di vita di “tutte” le classi sociali e ormai il mondo si prendeva una pausa dalla devastazione, dalla guerra e dalla morte che avevano caratterizzato i secoli precedenti. Ma questa felicità era del tutto apparente. L’uomo in realtà inizia a capire una grande cosa in questo periodo, soprattutto anche grazie alle nuove scoperte sulla relatività realizzate da Einstein: niente è assoluto, tutto è relativo tutto dipende da tanti fattori che non possono più inscatolarsi nelle rigide regole della morale e della matematica. Il caso del Titanic fu un’altra grande prova per l’uomo del XX secolo della fragilità e dell’impotenza della sua specie davanti alla grandezza e alla potenza della natura. In questo periodo sì c’è una nuova forma di fiducia nei confronti della scienza, si crede che ormai si siano raggiunti limiti invalicabili per la natura umana e ormai si è convinti che le cose possano solo andare meglio, ma realmente serpeggia tra la gente quella paura, quell’angoscia e quella

disperazione che derivano dalle dimostrazioni che le loro credenze in realtà si dimostrino nulle davanti all’immensità e alla forza della natura.

Il Titanic portava effettivamente nel suo nome un grandissimo messaggio di natura classica: non la maestosità e la potenza della macchina, ma il limite dell’uomo e della scienza davanti alla forza del creato.

Proprio come diceva il grande filosofo Voltaire: “gli uomini discutono, la natura agisce”.

IL VIAGGIO DEL PROGRESSO:

IL TITANIC E LA SUA “AVVENTURA”

di MARCO MORCIANO

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Nove anni, nove indimenticabili anni di trasmissione e condivisione del mondo classico greco-latino, culla della nostra tradizione culturale occidentale, nel Liceo “Giovanni Paolo II” il cui ricordo sarà indelebilmente scolpito nella mia mente. Nove come le Muse, le mitiche depositarie della memoria e del sapere; nove come i cerchi dell’Inferno ed i cieli del Paradiso attraverso cui Dante ha viaggiato ed io e i miei studenti con lui. Per il sommo poeta la meta ultima del viaggio è rappre-sentata dalla contemplazione divina; a me resta il mera-viglioso ricordo di un’esperienza irripetibile fatta di spi-rito di sacrificio, impareggiabile cordialità, invitante fa-miliarità, costante collaborazione e soprattutto umanità, che hanno caratterizzato l’inimitabile equipe del GP2. Il Liceo “Giovanni Paolo II” rappresenterà sempre una fonte inestinguibile alle cui sorgenti saprò di poter attingere tutte le volte in cui, lungo il mio percorso di insegnante, la nostalgia mi farà voltare indietro. Un sentito grazie al nostro insostituibile Preside, il dottor Fabio Scrimitore, che al pari del Virgilio dantesco ci ha guidato con acutezza di ingegno e, da ottimo nocchiero, è stato al timone, conducendo a destinazione i nostri allievi maturandi. A loro il mio sincero augurio di un gratificante esame di Stato e di un futuro ricco di soddisfazioni.

La mia esperienza al Liceo Giovanni Paolo II ha avuto grande valore per la mia crescita, soprattutto perché questa scuola non mi ha sottratto dalle difficoltà che consentono il pieno sviluppo del carattere di ogni persona e ne facilitano l’inserimento nella vita sociale, che è costellata di avversità. Tuttavia il Liceo mi ha protetto dalla carneficina di alunni che a volte si compie in qualche scuola pubblica in cui lo studente è un semplice numero del registro di classe. Insomma, il mio Liceo ha impedito agli uragani di spazzarmi via in un soffio, ma ha permesso al vento di schiaffeggiarmi, perché imparassi a sopportare le intemperie; è stato un’oasi che mi ha salvato dalla morte nel deserto, ma non mi ha risparmiato il sole di mezzogiorno, perché imparassi a sopportare l’arsura; è stato come un frangiflutti a barriera delle tempeste, ma ha lasciato che fossi sommerso dalle onde perché dopo cinque anni imparassi a nuotare.

GP2: ISTRUZIONI PER AFFRONTARE IL MONDO

SAMUELE RIZZO - già studente del Liceo

prof.ssa MANUELA MELLO - Docente di Italiano, Latino e Greco

LICEO “GIOVANNI PAOLO II”:

LOCUS AMŒNUS

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‘Spostarsi’, ‘spostare’ e ‘lasciarsi spostare’. Questo ci è accaduto nell'incrocio dei nostri luoghi interiori durante le chiacchierate nei corridoi, durante le ore in aula, durante le nostre gite, il Natale, gli spettacoli di fine anno. Abbiamo spostato le nostre opinioni per fare spazio ai punti di vista di un amico, o di un prof. Abbiamo spostato l’opinione di chi non aveva ancora avuto modo di conoscere noi o una nostra idea, perché vedesse oltre le apparenze e trovasse la giusta angolazione per osservare tutto sotto una nuova luce. Ci siamo lasciati spostare scrollandoci di dosso l’orgoglio per accogliere l'errore altrui, per ammettere il nostro. Sono stati questi i nostri viaggi al GP2 senza allontanarci mai dalla nostra ‘casa’. Piccoli traslochi dell’anima che ci hanno arricchiti ogni giorno. Il viaggio più lungo, ancora condiviso, è quello che ci ha creati famiglia nel nostro Liceo. L'uno verso l'altro per conoscerci, confrontarci, ascoltarci, scontrarci e poi sempre sorriderci. Il viaggio cominciato insieme continuerà qualunque nuova strada si metterà sotto i nostri piedi. E coloro che ci hanno spostati nel cuore cambiandoci, migliorandoci, facendoci crescere, saranno sempre i nostri compagni di vita. Le strade che abbiamo percorso insieme mi accompagnano ogni giorno in un cammino ideale che sa che il suo punto di arrivo è sempre il luogo della sua origine. Abbraccio la mia famiglia del GP2, dalla quale non mi potrò mai “spostare”.

Per me è cominciato nel 1996, vent’anni fa, intervallato da varie discese da questa bellissima nave. Andare spesso mi ha portata altrove, un altrove dal quale però tornare… significava sempre tornare a

casa. Rimanere fino alla fine del viaggio è stata una sfida col tempo, sempre tiranno, fatica ripagata dalla possibilità di non rompere improvvisamente il cordone ombelicale; sì perché è inutile negarlo: il GP2 mi mancherà! Perché su questa nave non mi sono mai sentita in balìa della tempesta, accanto a nocchieri, equipaggio e naviganti sempre impegnati a rotte sicure, quelle sulla scia della conoscenza, del sapere, dello sperimentare, della corresponsabilità e della bellezza. Tutto ciò che ci ha portati sempre in alto e che ha alimentato il mio vissuto docente. Per questo non ritengo finito il viaggio, la nave approderà in un porto che conosco, un porto sicuro: quello della mia memoria che, sono certa anche in quella di ciascuno, conserverà relazioni, vissuti straordinari, bagagli non ingombranti ma piacevolmente pesanti di sapere, ricordi e memorie importanti che già mi porto ancora altrove, su altre navi, per rendere migliore il mio andare verso orizzonti nuovi.

GPII: L’ESPERIENZA

DA CUI RIPARTIRÒ SEMPRE prof.ssa NOEMI CENTONZE - Docente di Lingua e Letteratura Inglese

prof.ssa MARIA RITA TARANTINO - Docente di Storia dell’Arte

UN GRANDE VIAGGIO

QUELLO CHE HO FATTO COL GP2

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di STEFANO RIZZO

TRA AVVENTURA & METAFORA . . .

Quello del viaggio è uno dei temi più comuni nella Letteratura inglese, soprattuto in quella relativa al “Secolo dei Lumi”: proprio in questo periodo il ceto medio inizia a prendere un posto sempre più importante all’interno della società.

Se si prende in considerazione il romanzo di Daniel Defoe (1660-1731) La vita e le strane

avventure di Robinson Crusoe di York, marinaio, si nota che nell’opera vengono amplificate tutte le caratteristiche di quest’epoca: prima di ogni cosa, il protagonista è un “self-made man”, un uomo che decide di lasciare gli agi offerti dal padre e diventa il padrone di una piantagione, da solo e senza l’aiuto di nessuno, ma sfruttando degli schiavi. Sull’isola deserta, da naufrago e unico sopravvissuto, incontra una persona che egli considera un selvaggio, tant’è che decide di dargli un nome, Venerdì: questo era il giorno in cui lo aveva salvato dalla morte e dalla vita selvaggia. Per “coronare” la visione imperialistica della società di quel tempo, Robinson lo obbliga alla conversione al Cristianesimo e tenta di insegnargli la lingua inglese e la cultura europea: questo suo schiavo viene quindi strappato dalla sua cultura, nonostante rimanga nella sua stessa terra!

Molto differente è il viaggio di Gulliver, raccontato da Jonathan Swift (1667-1745): esso è un viaggio fantastico, ricco di metafore con la realtà contemporanea all’autore; infatti tale romanzo può essere letto a due livelli diversi: quello fanciullesco di una storia fantastica e quello con un significato più profondo. Il viaggio di Gulliver si compone di quattro tappe: in ognuna di esse il protagonista incontra un popolo diverso. Nella prima parte del viaggio incontra i Lillipuziani: costoro, bassi e piccoli, rappresentano le cattiverie e il provincialismo della società inglese dell’epoca; nella seconda parte del suo viaggio, i giganti di Brobdingnag sono la metafora della vanità e dell’egoismo umani. Nella terza tappa, nell’isola fluttuante di Laputa, gli abitanti possono essere considerati come la parodia della presunzione del pensiero intellettuale astratto, e anche come una satira sulle ambizioni militari e coloniali della Gran Bretagna. Quello che invece si trova nell’ultima tappa del viaggio di Gulliver è uno dei temi più ricorrenti in Swift, il ribaltamento, che è esemplificato dai cavalli intelligenti che governano gli Yahoos, una razza sub-umana. Alla fine della storia Gulliver comprende, sentendo il punto di vista dei cavalli, che gli umani sono davvero considerabili una razza sub-umana, poiché la loro società è violenta e viziosa: dunque, anche se sono soliti portare una maschera di civilizzazione, gli umani sono giustappunto uguali agli Yahoos, solo più sofisticati nella loro barbarie. Da questo aspetto viene fuori quasi una misantropia da parte di Jonathan Swift.

Spesso in letteratura si ricorre all’espediente del viaggio per affrontare particolari tematiche, talvolta troppo spinose per essere trattate prendendo in esame la propria nazione. In questi casi affrontati si è ricorsi al viaggio per parlare sotto metafora del colonialismo britannico; e alla forma di fiaba per bambini per criticare la società inglese che si era impadronita con la forza dell’Irlanda, patria di Jonathan Swift..

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 15151515

Rob inson C rusoeRob in son C rusoeRob in son C rusoeRob in son C rusoe ( D( D( D( DANIELANIELANIELANIEL DDDDEFOEEFOEEFOEEFOE ))))

Il romanzo si apre con un breve racconto della vita giovanile di Robinson che, scappato da casa, preferisce il mare agli agi promessi dal padre. Crusoe si ritrova in Brasile dove diviene padrone di una piantagione. Partirà poi alla volta dell’Africa per andare alla ricerca di altri schiavi da sfruttare nella piantagione; ma in questo viaggio Robinson naufraga, e di tutto l’equipaggio egli sarà l’unico sopravvissuto. A questo punto, Robinson incontra un “selvaggio”, a cui decide di dare il nome di Venerdì (per ricordargli il giorno in cui è stato salvato da Robinson dalla morte), lo converte al Cristianesimo e si fa chiamare “Master”, padrone. Alla fine, dopo ventotto anni, Robinson viene salvato dall’isola e ritorna in Inghilterra con Venerdì quale servo.

I v iagg i d i Gu l l i ve rI v iagg i d i Gu l l i ve rI v iagg i d i Gu l l i ve rI v iagg i d i Gu l l i ve r

( JONATHAN SWIFT )( JONATHAN SWIFT )( JONATHAN SWIFT )( JONATHAN SWIFT )

L’opera è composta da quattro parti, in ognuna delle quali il protagonista Lemuel Gulliver, un medico di bordo, compie un viaggio. Nella prima parte, Gulliver naufraga sull’isola di Lilliput, i cui abitanti sono piccoli e bassi, alti solo sei pollici (circa 15 cm); qui imparerà la cultura e i costumi

locali. Dopodiché parte alla volta dell’India, ma dopo una serie di disavventure approda sull’isola di Brobdingnag, abitata da giganti. Gulliver è visto dai giganti come una bambola animata con cui i bambini possano giocare. Venduto alla regina, avrà delle discussioni con il re sulla situazione politica in Europa. Nella terza tappa del suo viaggio, Gulliver arriva su un’isola fluttuante, Laputa: essa è popolata da scienziati e filosofi, coinvolti in futili e bizzarre ricerche scientifiche. Infine, il protagonista si reca in una terra governata da cavalli intelligenti, gli Houyhnhnms, i quali hanno come servi gli Yahoos, una razza subumana. Qui Gulliver ha così tanto imparato i costumi degli Houyhnhnms che, una volta tornato a casa dal suo viaggio, troverà disgustosa l’umanità di sua moglie e dei suoi figli.

. . . VIAGGIO NELLA

LETTERATURA INGLESE DEL SETTECENTO

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 16161616

Da sempre siamo in viaggio. Una affermazione scontata che non ha

bisogno di particolari e confermativi riscontri. È un dato di fatto che motiva

e fa della nostra vita una realtà dinamica che non teme affossamenti o

immotivate e diuturne fermate. Ove queste fossero eccessive e terminali, la

nostra esistenza si condannerebbe a un autoripiegamento che ci

escluderebbe dalla storia che vuole ogni essere umano suo protagonista.

Viaggiare significa uscire dall’usato, dal solito e dal deja vu, per dare

contezza al bisogno dell’uomo che cerca il nuovo perché dentro ci portiamo

una insoddisfazione che non è quella di chi riconosce di non aver fatto

quello che doveva fare o di averlo fatto male, ma di

chi cerca e vuole un di più! Da credente, uomo di

Dio, ma anche per l’esperienza che faccio ogni

giorno… è quello spruzzo di infinito che ci

portiamo dentro, perché come diceva l’antico

filosofo greco Cleante, ‘di lui stirpe noi siamo’. Il

viaggio è novità, è scoperta ulteriore di bellezza,

è capacità di entrare in dialogo con gli altri, è

arricchimento del molto che abbiamo e del

tanto di cui abbiamo ancora bisogno. In fondo

anche il Figlio di Dio ha scelto di viaggiare ed

è venuto a piantare la sua tenda fra le nostre

Il ViaggioIl ViaggioIl ViaggioIl Viaggio

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 17171717

della Vitadella Vitadella Vitadella Vita

tende e tutto il suo annunziare la

novità del Vangelo è racchiuso in

un viaggio: da Nazaret a

Gerusalemme, durato circa tre anni

per percorrere poche decine di

chilometri. È stato però un viaggio

di incontri, di dialoghi, di segni, di

annunzio e di proposta di una vita

nuova. Potremmo definirlo un

‘viag-gio di affari’. Aveva da

proporre un suo disegno, quello di

dare all’uomo la possibilità di

conoscere se stesso e di salvarsi dall’agguato del male e dalla nativa

debolezza e fragilità. Si tratta allora di dare senso al nostro viaggiare: cono-

scere, approfondire, incontrare, dia-logare, proporre, offri-re, ricevere…

È l’augurio che rivolgo a tutti voi, cari giovani alunni del nostro liceo, nel

momento in cui state per iniziare a percorrere una nuova, significativa

tappa della vostra vita.

+ Domenico D’Ambrosio+ Domenico D’Ambrosio+ Domenico D’Ambrosio+ Domenico D’Ambrosio

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 18181818

Carissimo Carlo, gentile signora Laura,

Siamo pronti a salpare?

So bene che, già da tempo, con la diligente cura di sempre, avete preparato tutto perché si sciolgano serenamente le vele di questa affettuosa, un po’ timida ma, per noi, bella navicella, piccola maestra di umanità in tanti anni.

Domani, a noi resterà soprattutto la memoria di tanti nomi. Nomina nuda

tenemus: noi terremo discretamente nel cuore soltanto dei nomi, nomi con le loro umane levità. Resteranno nella nostra memoria, questi nomi, come echi sempre più tenui e sempre più veloci in lontananza, come le galassie di Hubble, caro al buon prof. Fernando. Echi che richiameranno volti con occhi che esprimono indoli diverse, come i fiori d’un eden senza tempo; occhi dolcissimi, come quelli indimenticabili di Giulietta e di Silvia; sorridenti d’eleganza, come quelli di Rosangela, di Alessandra, di Beatrice; di Samuele, di Stefano; timidi e dimessi, come gli occhi di Raffaele, di Valentina e di Matteo; nomi che parlano ancora della mitezza dei sentimenti di persone chiamate alla formazione presbiteriale.

Nel segreto dei nostri riconoscenti cuori porteremo nomi simbolo d’affettuosa simpatia, come quelli di Gianmarco, di Antonio, di Pier Paolo, di Simone, di Luca, e nomi di giunonica compostezza, che suonano come quelli di Laura, Maria Valeria; non mancheranno neppure nomi che riporteranno alla memoria l’irrefrenabile genialità espressiva d’aula, come quelli di Giovanni, Luigi Maria, Cosimo Diego, che De Amicis non ha scordato nel suo Cuore. Soltanto nomi, tanti e tanti nomi, come composizioni d’un nostro album di famiglia, d’una famiglia piccola e silente, che ha vissuto serena, dolcemente, mercé la mistica tutela di quel Santo, che il 18

settembre di un po’ d’anni or sono, mosse passi claudicanti in queste aule, che or con dimessi colori vedono sfiorire il bel nome di Giovanni Paolo II.

Nomi che torneranno nella mente, succedendosi per quel vincolo d’affetto che, da tempo immemorabile, congiunge cuori di professori e di studenti, in un legame che, per esperienza, il tempo non scolora, ma addolcisce. Saranno sempre

dott. FABIO SCRIMITORE

PER CORRERE

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 19191919

Dirigente Scolastico del Liceo

MIGLIOR ACQUE . . .

più vivi i nomi vostri, i nomi di Thomas, Livia, Sandro; di Gilberto, Francesco e di Francesca; quelli di Bianca Maria, Gloria, John Alexander, Edward; di Gianni, Angelo, Davide, e quelli d’Elisa, di Giorgio, Gilberto, Elena, Valerio ed Emanuel, di Paola, Federico e di Gennaro, delle gentili Ilenia e

Dalila, di quelle di Giuliano, di Gabriele, Camilla, Silvia e Giorgia; di Federica; Giulia, Roberta ed Angela e di tanti altri nomi che, prima di rincontrar, fra diecimila anni, tra le stelle, vorremmo riveder quando, vestiti di toghe d’accademia, oppur forensi, del camice d’Ippocrate o di talari, o nelle forme che vestono gli ingegneri, gli avvocati ed i notai, i pianisti, oppure i dirigenti, ci riconosceranno per le strade, per le piazze o nei social network, esclamando con gioia: Oh capitano! mio capitano! non

trovi, forse, nei miei tratti maturi l’ombra affettuosa d’ un allievo del buon “Giovanni Paolo

II”? Ricorderemo, poi, i giorni trascorsi fra i rami di frondosi tigli, di verdi palme, e fra le argentee foglioline degli ulivi, quando udivamo le gradevoli voci di Antonella, di Noemi, di Massimiliano, Grazia, Davide,di Gionata, Giusi, Annachiara, Rita, di Maria Rita, Giuseppe, che or con diverse attese remunerative insegnano a giovanetti d’altre classi come si può discutere d’Aristotile, di Shakespeare, come si sviluppano le disequazioni, e tradurre Cicerone, ed, infine, come ci si può applicare all’oculare del microscopio, ed a trattar d’arte, o d’esercizi ginnici. Non scorderemo le ultime voci del Giovanni Paolo II, quelle di Manuela, Dassia, Maria Rita, Daniela, impareggiabili epigoni d’una schiera d’angeliche eroine; Fernando, Antonio, Pasquale, e Toni, che hanno voluto ingentilire con rare virtù l’austerità della tradizione del Giovanni Paolo II con l’altruistica gradevolezza del sorriso nell’impegno quotidiano, nel solco della non minore cordialità, espressa dagli indimenticabili nostri numi tutelari: don Massimiliano e don Stefano.

Tanti auguri d’ogni bene:

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 20202020

Mercoledì 25 maggio 2016

Ho provato anch’io a fare un viaggio. Non proprio rispondente ai canoni che esso richiede, a dire il vero. Sono andato, infatti, a cercare una “macchina del tempo” per poter tornare indietro nel passato. Non ho trovato miglior macchina del tempo del “Registro generale dei Seminaristi” custodito nella Direzione del Seminario Arcivescovile di Lecce. Fino a quando gli scienziati del prossimo futuro non ci consegneranno una “navetta” attraverso la quale non potremmo realizzare i “viaggi fantascientifici del tempo”, noi comuni mortali del tempo di oggi ci dobbiamo accontentare dei vecchi, consunti, ma sempre affidabili, “registri cartacei” che già col loro odore, accumulato negli anni e sprigionato ogni qualvolta li apriamo per immergerci in essi, ci regalano. Così ho fatto io. Non avendo bisogno di pagare alcun biglietto, avendo il “Registro” direttamente a disposizione, non ho dovuto fare altro se non aprirlo… così ho iniziato il mio viaggio…

“Prospetto generale anno scolastico 1976-‘77”. Alla voce scuola ho trovato: «Ginnasio: costituisce una sezione collaterale del Liceo-Ginnasio “Marcelline” di Lecce, legalmente riconosciuto». Fino a quell’anno era questa la “nostra scuola”. Ma già dall’anno successivo (1977-’78) in corrispondenza della stessa voce trovo: «Ginnasio: del Seminario in via di riconoscimento legale». Un brivido mi attraversa la schiena. Sto assistendo alla nascita di qualcosa di speciale. E il viaggio si fa più interessante. Lo stupore si fa grande quando scorrendo le pagine arrivo a leggere una nuova definizione: è l’anno scolastico 1978-’79. La dicitura è la seguente: «Ginnasio: legalmente riconosciuto». Facendo un volo di esattamente dieci anni (più uno) si arriva all’anno scolastico 1989-’90. Per la prima volta non è riportata alcuna nomenclatura alla scuola. La cosa m’incuriosisce. Scorro le righe e tra i docenti e un paio di alunni scorgo un termine: “I liceo”. In realtà, non avrei avuto bisogno della “macchina del tempo”: sarebbe bastata, infatti, la mia memoria essendo, a quel tempo, io stesso (frequentavo il IV ginnasio) spettatore di una rivoluzione tanto grande. Forte del Ginnasio, era la prima volta nella storia che la nostra scuola apriva le porte al Liceo. Era il “Primo”, in ogni senso. C’erano solo tre alunni. Certamente era l’inizio di una svolta. Comprendo ora la mancata annotazione sul registro se quasi con enfasi l’annata successiva 1990-’91 si apre con un titolo orgogliosamente e delicatamente inciso: “Liceo-Ginnasio G. Paolo II”, legalmente riconosciuto. Finalmente si può scrivere “Liceo” senza alcuna remora

IL GRANDE VIAGGIO DEL G.P. 2

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 21212121

don STEFANO SPEDICATO

Rettore del Seminario Arcivescovile e Docente di Religione Cattolica

visto che dal 1991-’92 tutte e cinque le classi della nostra scuola sono a pieno regime. Trascorre ancora un altro decennio prima di trovare una nuova definizione. È il 29 febbraio 2001 quando un “Decreto Ministeriale” promuove (è il caso di usare questo termine) la nostra scuola a “Scuola Paritaria”.

A un tratto il mio viaggio s’interrompe non prima di aver sfogliato i nomi e rivisto nella corsa del tempo i volti e le storie cariche di paure e sogni, di desideri e ambizioni, di fatiche e sudori, di aneliti e frustrazioni… di alunni e docenti e presidi e segretari che hanno costellato il cielo immenso del “G.P. 2”. L’irruenza del frastuono dell’impatto della fermata mi riporta al tempo presente. A oggi. C’è da scrivere un’altra riga sul registro, quella della chiusura di un’avventura che tante menti hanno vissuto. Questa è storia dei nostri giorni.

Eppure, fino alla fine il “G.P. 2” è “mae-stro” di vita. Ci ricorda che tutta la vita è un viaggio. E con essa ogni realtà. C’è una stazione di partenza. Una di arrivo. Per tutti, per tutto. Oggi al terminale si ferma il “G.P. 2”. Coloro che ne sono stati l’essenza (noi di oggi) proseguono il cammino. Altri (quelli di ieri) già da tempo viaggiano su altri binari. Ciò che non si ferma è l’amore dato e ricevuto e che ancora è da vivere. L’amore della sapienza che ha bisogno sempre di nuovi solchi per essere seminato per raggiungere nuovi orizzonti.

A tutti quelli che hanno fatto parte del “Grande Viaggio del G.P. 2”, mi sento di dire che è stato un onore aver impresso con inchiostro indelebile il mio nome accanto ai vostri nomi. Grazie a chi ha dato e ha chi ha ricevuto, e quindi a tutti.

Con il cuore colmo di gratitudine, senza rimpianti e rancori, con una lacrima calda e salata che solca il volto, a ciascuno… buon viaggio della vita!

don Stefano Spedicatodon Stefano Spedicatodon Stefano Spedicatodon Stefano Spedicato

P. S.: Al caro e stimato Preside, Dott. Fabio Scrimitore: “Non so se ha notato,

ma attraverso lei e il suo operato futuro questa scuola torna da dove è partita… Qualcuno, in tempi non tanto lontani, ha dimostrato che ‘tutto si crea, tutto si trasforma…nulla si distrugge…’. La nostra vicenda ne è l’ulteriore conferma.

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di LUCA POTÌ

VIAGGIO NELLA MUSICA . . .

La musica è sempre esistita nella storia dell’umanità. Sin dalle origini, sul nostro pianeta era già insita nella

natura: il canto degli uccelli, il frusciare delle foglie, lo scorrere dell’acqua costituivano insieme a tutti

gli altri elementi naturali, la grande armonia dell’Universo che governava ogni cosa. I benefici da essa prodotti sono molteplici. È assodato dalla

scienza che influisce sul comportamento di un individuo, pertanto dobbiamo riconoscerle un ruolo terapeutico, infatti molte malattie soprattutto di carattere psichico, vengono curate e alleviate mediante l’ausilio della musicoterapia. A tal proposito nel 1996, negli States, fu fondata la World Federation of Music Therapy (Federazione Mondiale di

Musicoterapia), che si adopera per lo sviluppo e la promozione, in tutto il mondo di quest’arte e scienza, sostenendone la diffusione globale, mettendo in atto programmi educativi e pratiche cliniche sempre più innovative. Nell’immediato ogni uomo può usarla per distrarsi dai problemi quotidiani, concedendosi dei veri e propri momenti di relax, per

liberare la mente e vagheggiare con la fantasia. La musica però è anche espressione di sentimenti e comportamenti comuni, proprio per ciò la correlazione con la religione è fortissima. La valenza simbolica attribuita al suono fa sì che la maggior parte delle religioni, per le solenni celebrazioni di culto, si servano proprio dell’accompagnamento musicale, per lodare e

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. . . MUSICA NEL VIAGGIO

ringraziare la divinità. Ed è proprio in ambito religioso che si colloca la forza della musica di permettere ad una persona di estraniarsi dalla realtà, per compiere un viaggio introspettivo alla scoperta di sé. In

questo modo, l’uomo scorge i suoi pregi e i suoi difetti, si autoesamina, riconoscendo eventuali “vuoti” interiori che approfondirà e comprenderà come colmarli. Arrivando così alla felicità vera e duratura, diritto inalienabile di tutti (cfr. Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America). Facendo un salto nel

passato, precisamente nel 1874, troviamo Giuseppe Verdi che compone la “Messa di Requiem” per la morte di Alessandro Manzoni. L’opera racchiude in sé tutte le parti della Celebrazione Eucaristica e culmina con il canto del “Libera Me”. È la massima espressione di un processo di catarsi, che i compositori ottocenteschi riprendono dalla filosofia di Platone, che

esprime l’idea di un viaggio conoscitivo, fatto all’insegna del dolore, per la purificazione dello spirito che porta al raggiungimento della redenzione. Per concludere ci vogliamo affidare ad una massima di Aristotele, che affermava: “La musica non va praticata per un unico tipo di beneficio che da essa può derivare, ma per usi

molteplici, poiché può servire per l’educazione, per procurare la catarsi e in terzo luogo per la ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo.”

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Da sempre nella storia dell’uomo il viaggio rappresenta un momento importante e caratterizzante delle diverse epoche e modelli sociali. Ogni antica civiltà fondava il proprio potere e la propria forza sulla capacità di avviare e mantenere rapporti con culture diverse; le antiche culture elleniche, babilonesi, egizie ad esempio hanno costruito la propria grandezza attraverso gli scambi commerciali che intrattenevano con altri popoli che consentivano di far viaggiare, oltreché alle merci, idee, conoscenze e cultura.

Viaggiare, spostarsi da un luogo all’altro è dunque radicato nell’inconscio collettivo dell’uomo. L’umanità ha assistito nel corso della storia per secoli a migrazioni di massa e di popoli per i vari continenti ed è impensabile che tutto ciò non abbia lasciato una traccia profonda nella memoria collettiva. Trovare uno spazio da dedicare al viaggio, nella moderna società, rappresenta il minimo tributo da versare alle tracce mistiche della nostra iniziale, condizione di esseri itineranti. L’impulso a viaggiare fa parte della natura umana, è una passione che divora e arricchisce allo stesso tempo, come il desiderio della felicità. Gli innumerevoli scopi del viaggiare si intrecciano e non sempre sono chiari per chi resta, ma spesso neppure per chi parte; c’è l’irrequietezza, che è bisogno di conoscere cose sempre nuove, far viaggiare permette di conoscere gli altri, ed attraverso gli altri, se stessi.

Il viaggio, quindi, come metafora della vita è una delle caratteristiche più frequenti in tutte le culture, è un concetto trattato molto spesso dai pensatori di ogni epoca, dai mitici viaggi di

Erodoto a quello ultraterreno di Dante.

La prima narrazione occidentale che possiamo considerare appartenente al genere di letteratura di viaggio è l’epopea di Gilgamesh, proveniente dalla Mesopotamia, e messa per iscritto intorno al 2900 a.C.

“Di colui che vide ogni cosa…” così inizia la saga di Gilgamesh, uno dei più meravigliosi poemi dell’antichità, che sviluppa molti temi sia antropologici che filosofici ed

è di straordinaria complessità; racconta del viaggio formativo di un semidio, Gilgamesh appunto, che alla fine acquista una dimensione totalmente umana. Per gli antichi il viaggio ha valore in quanto spiega il destino e la necessità, rivela le forze che sostengono e plasmano, alterano e governano la sorte degli uomini. Sono gli dei a spronare gli uomini valorosi a partire, a guidare i loro viaggi, a mettere sulla loro strada compagni, nemici e mostri. Le avventure alle quali gli antichi viaggiatori vanno incontro, sono volute dai loro dei: non a caso, ad affrontare questi viaggi sono eroi e principi, personaggi del calibro di Gilgamesh e Ulisse.

Gli dei mettono alla prova gli uomini: inizialmente fanno sorgere in loro il desiderio di andare, poi li pongono di fronte a innumerevoli difficoltà, quasi a voler ribadire la piccolezza dell’uomo in confronto al potere degli dei; gli eroi devono dunque lottare, difendersi,

VIAGGIO . . .

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. . . NELLA STORIA

di RENATO FORMISANO

affrontare le prove, sopportare le difficoltà: ecco da dove nasce l’antico concetto di viaggio come sofferenza. Anche Noè, che per mesi resta in balia delle onde, non lo fa per scelta: il Diluvio Universale è una punizione divina, a cui Noè riesce a scampare perché è un uomo giusto.

Dunque, se è dio in qualche modo a decidere e condurre le sorti degli uomini e delle loro avventure, è pur vero che solo i più valorosi, astuti e coraggiosi compiono lunghi viaggi, e tornano a casa vittoriosi… o, per lo meno, vivi.

Anche la partenza di Gilgamesh avviene per ordine divino. Il viaggio dell’eroe sarà una fatica ed avrà un effetto riduttivo sul personaggio: e proprio per questo il viaggio viene prescritto al giovane Gilgamesh, un re che è nato troppo forte per la propria città. Il viaggio ha inizio quando il dio di Gilgamesh, Shamash, rivela in sogno a Enkidu, seguace del re, che anche il destino di Gilgamesh sarebbe stata la morte e non la vita eterna.

Viaggio e mito spesso quindi si fondono; per decine di millenni l’esistenza dell’uomo, la sua cultura e la sua religiosità, vengono guidate dal mito, nel quale si racconta il senso essenziale e complessivo della vita umana. Centrale nella cultura antica è il mito/viaggio dell’eterno ritorno, che rispecchia nelle proprie storie il cerchio della vita – morte – rinascita. Interessante al proposito risulta vedere l’etimologia delle parole per capire il loro significato originario e profondo: partiamo dall’inizio della vita, quindi di un viaggio, qual è l’esistenza di ciascun individuo, a cominciare dalla nascita. I verbi partorire e partire, pur essendo diversi tra di loro, contengono entrambi il concetto di separazione, di distacco. Derivano da pario (= partorisco), a cui è collegato parare (= acquistare, preparare), di cui separare è un verbo composto che ha il significato di allontanare. Partire deriva da parte e significa, inizialmente, ripartire, distribuire le parti; partirsi è separarsi, “staccarsi dal luogo dell’identifica-zione collettiva per affrontare i rischi e il disagio del viaggio”. La partenza, nel suo doppio significato di iniziare, incominciare e, all’opposto, di finire e, in assoluto, di morire, è una sintesi simbolica “di un’esperienza universale in cui nascita e morte rappresentano momenti essenziali del far parte per se stesso nel processo di individuazione”.

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Probabilmente, se qualche anno fa non avessi ascoltato il consiglio di un’amica così entusiasta di promuovere questo Liceo, oggi non porterei dentro il segno di un’esperienza fondamentale nella mia vita. Potreste pensare: «Si tratta solo di una scuola»; ma non è così: il Giovanni Paolo II è più di una scuola.

L’aria familiare che ho respirato ogni mattina mi ha permesso di sentirmi sempre a mio agio; la disponibilità dei docenti, che andava oltre la spiegazione di un argomento in programma, mi ha permesso di mettere a frutto tutte le mie capacità, anche quelle che credevo di non avere! Le costanti occasioni di confrontarmi con gli altri mi hanno permesso di scoprire i miei limiti e di accettarli, imparando a comprendere il punto di vista degli altri, pur non condividendolo.

Chi l’avrebbe mai detto che l’invito di un’amica si sarebbe rivelato un tesoro così grande? Con gratitudine conservo questa ricchezza nel mio cuore e, se dovessi tornare indietro, non esiterei a scegliere mille altre volte il Giovanni Paolo II.

Matematica, Greco, Filosofia... sembra tutto un po’ inutile quando si è tra i banchi di scuola e si “subiscono” ore e ore di lezione. Eppure, ora che scrivo questo articolo non faccio a meno di pensare alla NOSTRA scuola con un nostalgico sorriso.

Tutto ciò che ho imparato al Liceo Giovanni Paolo II non sono fredde nozioni, ma lezioni di vita, impartite non solo dai nostri professori che, vicini e disponibili, non si sono mai risparmiati nel venire incontro a noi studenti; ma anche dai miei stessi compagni “di viaggio”, che mi hanno dato l’opportunità di misurarmi ed esprimere le mie capacità.

E per quanto ogni giorno si possano contare i minuti rimanenti all’atteso suono della campanella, bisogna ammettere che è proprio tra quelle mura che ho conosciuto persone che non dimenticherò mai, perché per aver affrontato il mio stesso percorso resteranno legate a me nonostante le strade si siano inevitabilmente divise.

Con soddisfazione penso che la nostra scuola ci abbia dato gli strumenti migliori per affrontare il mondo, ma sta solo a noi utilizzarli al meglio per “costruirci” persone capaci e realizzate.

DIARIO DI UN’EX LICEALE: RICORDI E RIFLESSIONI

MARIA CONCETTA DE MATTEIS - già studentessaa del Liceo

UN TESORO COSÌ GRANDE!

SARA ORLANDUCCIO - già studentessa del Liceo

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Sin da ragazzino, quando frequentavo la mia parrocchia “Sant’Antonio Abate” a Novoli, sentivo parlare della costruzione del nuovo Seminario. Durante i lavori, il nostro parroco ci aggiornava sulla crescita di questa nuova realtà, che l’allora Eccellenza Cosmo Francesco Ruppi, con grande impegno aveva intrapreso. Ricordo con piacere gli incontri che tenevamo nei nostri saloni dell’amata Azione Cattolica con Sua Eccellenza, che ci raccontava dei suoi sogni verso quella sua creatura. Poi giunse il tanto atteso giorno dell’inaugurazione, con la presenza del Grande Santo Padre Giovanni Paolo II. Intorno a Lui ed all’interno del nuovo Gioiello, sentimmo le parole del nostro Santo che in quel giorno avevamo tra noi a pochi passi. Un ricordo che ho sempre avuto nel mio cuore. Mai potevo pensare che dopo un po’ di anni sarei potuto tornare in questi luoghi per me molto importanti. Invece non più tardi di quattro anni fa, ho avuto l’onore di essere chiamato ad insegnare

presso il nostro liceo classico “Giovanni Paolo II”, la scuola dell’Arcidiocesi di Lecce presso il seminario Arcivescovile. Qui ho avuto la fortuna di incontrare nuovi colleghi e soprattutto tanti ragazzi e ragazze. I miei alunni che considero figli! Ho capito sin dal primo momento che questa scuola non era come tutte le altre, ma aveva qualcosa di speciale, una marcia in più, un obiettivo diverso da completare rispetto alla semplice spiegazione nozionistica dei programmi ministeriali, che negli anni della formazione mi era stato insegnato di dover raggiungere in qualsiasi modo. Questa prerogativa la sintetizzo nel nostro motto: “Obiettivo Persona”. Ecco, insieme ai miei colleghi che si sono avvicendati in questi quattro anni, con il Preside, i segretari e i carissimi don Stefano e don Massimiliano, ho cercato di raggiungere il predetto obiettivo e di insegnarlo agli alunni. Se ci sono riuscito o no, non spetta a me dirlo, ma saranno loro e sarà il modo con cui sceglieranno di percorrere il viaggio della loro vita a darne atto.

DALLE ORIGINI . . . .

prof. ANTONIO METRANGOLO

Docente di Scienze Motorie e Sportive

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FIRENZE

2 0 1 6

In fine del cammin di nostra gita ci

ritroviamo a pensare a questo viaggio sereno

e a parlare di chi non avremmo fatto a

meno... I nostri accompagnatori altri non

potevano essere se non coloro che ci

sostengono e sopportano: i nostri

professori.

Colei che del liceo è il nostro fiore e rende

il greco il nostro amore, signorina il suo

soprannome, Mello fa di cognome, Manuela

di nome; bisogna ricordare che questa

signorina Mello ha reso il mondo molto più

bello, ma sinceramente a suon di versioni,

dopo tutti questi anni ha esaurito i nostri

cervelloni!

Colui che dell'algebra è promotore e del

Lecce è sostenitore, tifoso accanito,

matematico erudito, Antonio Benedetti.

De Fabrizio insegna storia e io le vendo e

così anche la filosofia apprendo. Her name

is Daniela Galluccio e con lei guarisce anche

il più ciuccio solo da quest'anno è arrivata

ma l'abbiamo subito amata.

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Tony che dire di te? I palloni li tiri come

se dello sport fossi il re. An vedi come

insegna Nando Fin che vorrebbe

portarci in cielo ma noi arriviamo

sottoterra o giù di lì. Proseguiamo con

la docente Maria Rita che della storia

dell'arte ha fatto la sua vita... E ,come si è

soliti ad Oxford affermare, dice: andate tutti a

zappare. E non dimentichiamoci i nostri segretari

che si mostrano sempre solari. Carlo che è un

gran signore di post su Facebook è acuto

commentatore, mentre Laura la segretaria con la

sua bravura toglie dall'aria ogni paura. E ora

dulcis in fundo Fabio Scrimitore il nostro caro

preside nonché provveditore che della cultura è

grande amatore... E con le sue citazioni ci rende

persone migliori. Un ultimo pensiero ora va ad una

signora speciale che ci ha accompagnati per

questi 5 giorni e che ci ha riempiti grazie alla sua

grande raffinatezza e che ci ha allettati grazie

alla sua raffinatezza sensazionale, Clara

Scrimitore a cui diciamo grazie con tutto il cuore.

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 30303030

L’Obiettivo, il periodico del nostro Liceo Classico “Giovanni

Paolo II” da quattordici anniquattordici anniquattordici anniquattordici anni rende noti a tutti, i

momenti salienti dell’anno scolastico, dando libero sfogo

alla fantasia delle studentesse e degli studenti.

Nel corso degli anni, numerose redazioni, direttori,

vicedirettori e grafici si sono avvicendati, mentre

costante è stata la collaborazione di una

PERSONA SPEC IALE

che dalla fondazione ha permesso di rendere

concreti e fruibili gli articoli redatti.

Stiamo parlando del carissimo don Massimiliano, che, allo

stesso modo di un produttore cinematografico, per

TUTTO IL TEMPO ha contribuito economicamente alla

realizzazione di tutti i numeri del periodico.

A lui va il nostro

GRAZ IE

più grande e più sincero, perché non si è semplicemente

impegnato economicamente, ma ha anche accordato

fiducia al primo gruppo di alunni da cui è emersa la

proposta, e da quel momento non si è mai tirato indietro!

Grazie di cuore don Max ! ! !Grazie di cuore don Max ! ! !Grazie di cuore don Max ! ! !Grazie di cuore don Max ! ! ! La redazione

e il Giovanni Paolo II tutto

Dietro le Quinte . . .

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 31313131

L’ObiettivoL’ObiettivoL’ObiettivoL’Obiettivo • 32323232

LLLLICEOICEOICEOICEO GGGGINNASIOINNASIOINNASIOINNASIO “GGGGIOVANNIIOVANNIIOVANNIIOVANNI PPPPAOLOAOLOAOLOAOLO IIIIIIII”

Via Umbria, snc - 73100 Lecce

Tel-Fax 0832-1810102

Email: @liceoclassicogp2 libero.it

Sito web: www.liceoclassicogp2.jimdo.com

**************

DIRETTOREDIRETTOREDIRETTOREDIRETTORE

Dott. Fabio Scrimitore • Preside del Liceo

VICE DIRETTOREVICE DIRETTOREVICE DIRETTOREVICE DIRETTORE

Roberta Ferrari • III Liceo

GRAFICA ED IMPAGINAZIONEGRAFICA ED IMPAGINAZIONEGRAFICA ED IMPAGINAZIONEGRAFICA ED IMPAGINAZIONE

Stefano Rizzo • III Liceo

Luca Potì • II Liceo

STAMPASTAMPASTAMPASTAMPA

don Massimiliano Mazzotta

REDAZIONEREDAZIONEREDAZIONEREDAZIONE

S.E. Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio

Dott. Fabio Scrimitore

Prof. Don Stefano Spedicato

Prof.ssa Manuela Mello

Prof.ssa Maria Rita Tarantino

Prof.ssa Antonella Rizzo

Prof.ssa Noemi Centonze

Prof. Antonio Metrangolo

II LiceoII LiceoII LiceoII Liceo Luigi Lazzari

Marco Morciano

Luca Potì

III LiceoIII LiceoIII LiceoIII Liceo Francesca Cupri

Giulia De Nigris

Riccardo Distante

Angela Durante

Roberta Ferrari

Renato Formisano

Stefano Rizzo

Già studenti del LiceoGià studenti del LiceoGià studenti del LiceoGià studenti del Liceo

Maria Concetta De Matteis

Sara Orlanduccio

Samuele Rizzo

Emanuele Tramacere

Creatore ineffabile,

che dai tesori della Tua sapienza

hai scelto le tre gerarchie degli Angeli

e le hai collocate con ordine mirabile

sopra il cielo empireo

e disposto le parti dell'universo con somma arte:

Tu, dico, che sei chiamato

vera fonte della luce e della sapienza

e principio supremo,

degnati di far penetrare nelle tenebre del mio intelletto

un raggio della Tua luce,

allontanando da me le doppie tenebre

in mezzo alle quali sono nato,

quelle del peccato

e quelle dell’ignoranza.

Tu che rendi eloquenti le lingue dei bambini,

istruisci la mia lingua

e versa sulle mie labbra

la grazia della Tua benedizione.

Dammi acutezza nel comprendere,

capacità di ritenere,

metodo e facilità nell'imparare,

sottigliezza nell'interpretare,

grazia copiosa nel parlare.

Ispira l'inizio,

guida il progresso,

corona la fine:

Tu che sei vero Dio e vero uomo

e vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

PREGHIERA DELLO STUDENTE

- San Tommaso d’Aquino -