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Insonnia n° 83 Giugno 2016 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009 Una sera in redazione si par- lava di come, sembra, non esistano gruppi di giovani che propongano significative attività o sviluppino idee, en- trambe prolungate nel tempo. Si intende di attività e idee che abbiano a che fare con il sociale. Ci sembra che le formazioni esistite in Racconigi, dicia- mo dall’inizio del 2000 o dagli anni ’90 del secolo pre- cedente, abbiano iniziato con buoni propositi e poi, mano a mano che il raggruppamento proseguiva nella sua attivi- tà, abbiano visto scaturire le prime divergenze interne, le prime dissociazioni, gli ab- bandoni, fino a che in poco tempo il gruppo è sparito. Commentavamo che, pri- ma di quel periodo, i gruppi avessero maggior resistenza nel tempo e fossero in grado di caratterizzare in modo si- gnificativo la loro presenza. “Ecco, ancora una volta il rimpianto del passato che ri- torna!” No, non vogliamo rimpianti, vogliamo capire e individua- re se queste sono solo lamen- tele da parte di chi non si può più definire giovane oppure se questa intuizione effetti- vamente non si possa identi- ficare come un vero e proprio fenomeno. Qualcuno quella sera disse che è un argomento diffici- le da affrontare; perché at- taccare i giovani? Proviamo invece ad analizzare quel fenomeno che viene defini- to dinamica di gruppo. La- sciamo dunque da parte una divisione basata sulla età dei componenti delle piccole or- ganizzazioni che si interessa- no del sociale e analizziamo i comportamenti delle nuove formazioni. segue pag. 16 2200 VISITATORI PER ALBERI DI CARTA Grandissimo afflusso nel Parco e nel Castello per le iniziative organizzate domenica 15 maggio di Giulia Siccardi SCUOLA pag. 11 LGBT pag. 9 Alambicco pag. 13 Comuni VIRTUOSI pag. 14 segue pag. 2 segue pag. 4 Numerosi studi hanno evidenziato come la pratica sportiva possa avere rilevante influenza nello sviluppo del giovane, nel promuovere la sua formazione fisica, psichica, socia- le e morale. Lo sport può offrire un contesto educativo che, al pari di altri ambiti quali la famiglia, la scuola, il gruppo amicale, facilita il percorso di crescita e sviluppa carat- teristiche positive come la capacità di affrontare e superare difficoltà, la consapevolezza delle proprie possi- bilità, l’autonomia, l’autostima, l’at- titudine a collaborare con gli altri. Come valuti lo stato della via- bilità in prossimità degli edifici scolastici? Alla scuola primaria c’è una for- ma di pedonalizzazione che mette in sicurezza gli alunni al momen- to dell’ingresso e dell’uscita dal- la scuola. Alla media questo non c’è, ma è anche vero che l’edificio si affaccia su una piazza e non ci sono strade ad elevato scorrimen- to. Il rischio, allora, non è tanto dovuto alle automobili di passag- gio, quanto alla presenza delle auto dei genitori che arrivano a portare e a prendere i figli, in particolare nelle giornate di maltempo quan- do si suppone che i bambini non possano usare la bicicletta o anda- re a piedi. Molto spesso si creano assembramenti pericolosi per i po- chi bambini in bicicletta, costretti a fare lo slalom tra le automobili. segue pag. 3 Nel dibattito su pedibus, interviene il diri- gente scolastico Marzola: «A scuola senza auto: una questione di cultura» a cura di Guido Piovano Racconigi, domenica 15 maggio: dopo una settimana di pioggia, finalmente il sole brilla radioso sopra le cime degli alberi del par- co appena mosse dal vento. Sotto le loro fronde, invece, è un viavai di biciclette, passeggini, carrozze, gente che passeggia e chiacchiera, gente curiosa, un vociare soffuso e leggero, storie che s’intrecciano, un fruscio di pagine sfogliate che si confonde con il fruscio della brezza fra le foglie. L’evento in corso è “Alberi di car- ta”, una giornata all’insegna dei libri e della lettura organizzata in concomitanza con il Salone del Libro di Torino nella suggestiva cornice del parco del Castello re- ale. insonnia mensile di confronto e ironia 7/03/2011: -”Dobbiamo fermare la Legge contro il testamento biologico” LO SPORT CHE AIUTA A CRESCERE di Lino De Simone, Allenatore dell’A.s.d. Racconigi ‘86

INSONNIA Giugno 2016

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Page 1: INSONNIA Giugno 2016

Insonnia n° 83 Giugno 2016 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Una sera in redazione si par-lava di come, sembra, non esistano gruppi di giovani che propongano significative attività o sviluppino idee, en-trambe prolungate nel tempo.Si intende di attività e idee che abbiano a che fare con il sociale.Ci sembra che le formazioni esistite in Racconigi, dicia-mo dall’inizio del 2000 o dagli anni ’90 del secolo pre-cedente, abbiano iniziato con buoni propositi e poi, mano a mano che il raggruppamento proseguiva nella sua attivi-tà, abbiano visto scaturire le prime divergenze interne, le prime dissociazioni, gli ab-bandoni, fino a che in poco tempo il gruppo è sparito. Commentavamo che, pri-ma di quel periodo, i gruppi avessero maggior resistenza nel tempo e fossero in grado di caratterizzare in modo si-gnificativo la loro presenza.“Ecco, ancora una volta il rimpianto del passato che ri-torna!”No, non vogliamo rimpianti, vogliamo capire e individua-re se queste sono solo lamen-tele da parte di chi non si può più definire giovane oppure se questa intuizione effetti-vamente non si possa identi-ficare come un vero e proprio fenomeno.Qualcuno quella sera disse che è un argomento diffici-le da affrontare; perché at-taccare i giovani? Proviamo invece ad analizzare quel fenomeno che viene defini-to dinamica di gruppo. La-sciamo dunque da parte una divisione basata sulla età dei componenti delle piccole or-ganizzazioni che si interessa-no del sociale e analizziamo i comportamenti delle nuove formazioni.

segue pag. 16

2200 VISITATORI PER ALBERI DI CARTAGrandissimo afflusso nel Parco e nel Castello per le iniziative organizzate domenica 15 maggiodi Giulia Siccardi

SCUOLApag. 11

LGBTpag. 9

Alambiccopag. 13

Comuni VIRTUOSI

pag. 14

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Numerosi studi hanno evidenziato come la pratica sportiva possa avere rilevante influenza nello sviluppo del giovane, nel promuovere la sua formazione fisica, psichica, socia-le e morale. Lo sport può offrire un contesto educativo che, al pari di altri ambiti quali la famiglia, la scuola, il gruppo amicale, facilita il percorso di crescita e sviluppa carat-teristiche positive come la capacità di affrontare e superare difficoltà, la consapevolezza delle proprie possi-bilità, l’autonomia, l’autostima, l’at-titudine a collaborare con gli altri.

Come valuti lo stato della via-bilità in prossimità degli edifici scolastici?Alla scuola primaria c’è una for-ma di pedonalizzazione che mette in sicurezza gli alunni al momen-to dell’ingresso e dell’uscita dal-la scuola. Alla media questo non c’è, ma è anche vero che l’edificio si affaccia su una piazza e non ci sono strade ad elevato scorrimen-to. Il rischio, allora, non è tanto dovuto alle automobili di passag-gio, quanto alla presenza delle auto dei genitori che arrivano a portare e a prendere i figli, in particolare nelle giornate di maltempo quan-do si suppone che i bambini non possano usare la bicicletta o anda-re a piedi. Molto spesso si creano assembramenti pericolosi per i po-chi bambini in bicicletta, costretti a fare lo slalom tra le automobili.

segue pag. 3

Nel dibattito su pedibus, interviene il diri-gente scolasticoMarzola: «A scuola senza auto: una questione di cultura»a cura di Guido Piovano

Racconigi, domenica 15 maggio: dopo una settimana di pioggia, finalmente il sole brilla radioso sopra le cime degli alberi del par-co appena mosse dal vento. Sotto le loro fronde, invece, è un viavai di biciclette, passeggini, carrozze, gente che passeggia e chiacchiera, gente curiosa, un vociare soffuso e leggero, storie che s’intrecciano, un fruscio di pagine sfogliate che si confonde con il fruscio della brezza fra le foglie.L’evento in corso è “Alberi di car-ta”, una giornata all’insegna dei libri e della lettura organizzata in concomitanza con il Salone del Libro di Torino nella suggestiva cornice del parco del Castello re-ale.

insonniamensile di confronto e ironia

7/03/2011: -”Dobbiamo fermare la Legge contro il testamento biologico”

LO SPORT CHE AIUTA A CRESCEREdi Lino De Simone, Allenatore dell’A.s.d. Racconigi ‘86

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insonnia2 Giugno 2016

Il monacodi Luciano Fico

2200 VISITATORI PER ALBERI DI CARTAGrandissimo afflusso nel Parco e nel Castel-lo per le iniziative organizzate domenica 15 maggiosegue dalla prima

Le librerie e le edicole di Racconi-gi hanno posto i loro stand colorati nei pressi della Dacia Russa e an-che la Biblioteca civica ha dato il suo contributo portando un’ampia collezione di volumi su Racconigi e il suo castello. Fin dal mattino, nell’incantevole quadro dell’im-barcadero del lago, i più piccoli si sono cimentati nella creazione di buffe storie e disegni colorati in un laboratorio organizzato dai vo-lontari del progetto Piccoli lettori crescono. Al pomeriggio, dopo un pic nic sull’erba o un pranzo leg-gero presso il punto di ristoro della Dacia, un folto pubblico si è radu-nato per assistere alla presentazio-ne di due libri scritti da giovani racconigesi e freschi di stampa: “I ragazzi del Millennio. Una ricer-ca sulle attività extrascolastiche a Torino” di Simone Martino, Ales-sio Perlino, Federico Zamengo, e “Navitas. L’ultimo guerriero” di Davide Bergesio. Mentre il primo presenta uno studio sui giovani e sugli adolescenti, il secondo nasce proprio dalla penna di un ragazzo di sedici anni, e dai suoi sogni. Alla presentazione erano presen-ti tutti gli autori che, insieme alla professoressa Luisa Perlo, hanno incantato l’uditorio per oltre due ore. All’interno della reggia era inve-ce possibile, in via del tutto ecce-

zionale, visitare gli appartamenti delle balie, rimasti chiusi per anni dopo la mostra Le dimore interiori di Progetto Cantoregi: lì lo scorre-re del tempo sembra tutt’ora non aver lasciato tracce. Il percorso di visita, studiato ad hoc, era incen-trato sul tema domestico e fami-liare e comprendeva anche la sala da pranzo, gli appartamenti dei principini e le magnifiche cucine.In una sola giornata, complice anche il bel tempo che rendeva una passeggiata nel parco assai piacevole, sono stati emessi ol-tre 2.200 biglietti di ingresso, una cifra da record per gli ultimi tempi. Gli organizzatori, cioè la direzione del Castello, il Comune e il comitato Racconigesi per il Castello, si sono detti molto sod-disfatti della riuscita dell’evento e anche le considerazioni dei librai e degli edicolanti sono tutte molto positive. Una giornata, insomma, da ripetere. Nelle intenzioni del comitato Racconigesi per il ca-stello, questo è solo uno dei primi eventi organizzati da cittadini per i concittadini, nella speranza di riuscire, col tempo, ad instaurare un rapporto più stretto con il no-stro castello, di utilizzo, di libera entrata, ma anche di tutela e di rispetto, e di orgoglio per la sua storica bellezza.

“Con lo zazen entriamo da vivi nella tomba e così pos-siamo trovare naturalmente una soluzione al problema

della morte.”M° Taisen Deshimaru

In quella stanza di ospedale il silenzio era denso, lo si perce-piva come un fluido in cui tutto era immerso.L’unico rumore era il ronzio delle macchine di monitoraggio collegate al paziente del letto 9.Lui se ne stava coricato, fis-sando un punto, chissà quale e chissà poi perché proprio quel-lo, sul soffitto.Lo sguardo era assorto, senza distrazioni: solo ogni tanto un battito di ciglia rompeva quella stupìta fissità.La testa riposava abbandonata sul cuscino: più cicli di chemio non avevano saputo sconfiggere il cancro, ma avevano cancella-to ogni traccia dei capelli. Nella stanza un’altra persona respirava lo stesso silenzio.Anche quest’uomo aveva la te-sta lucida: la teneva rasata dal giorno in cui il Maestro lo or-dinò monaco zen.Lo sguardo cadeva avanti a sé, senza fissarsi in nessun punto preciso: uno sguardo vasto, che tutto accoglie senza nulla sce-gliere.La sua schiena era dritta, ma non rigida e le mani riposavano in grembo.Nel letto, sotto le lenzuola, il corpo sofferente non aveva più energia per muoversi; solo la sottile pulsazione del respiro fa-ceva alzare ed abbassare il petto stanco.Il monaco non aveva mosso un muscolo da quando era entrato a trovare il suo amico morente: lo aveva carezzato e poi si era seduto in meditazione accanto a lui.Il silenzio, come fosse acqua, faceva da tramite e non c’era bisogno di parole per dirsi l’in-dicibile; l’intimità dei due si

faceva ogni momento più pro-fonda e la distinzione tra di loro andava rapidamente a sfumare.Anche il confine tra la vita e la morte cominciava a vacillare. Nella mente del monaco affiorò ad un tratto il ricordo di un libro letto anni addietro: “Chi muore, quando si muore?” era il tito-lo…Il respiro successivo spazzò via anche quel ricordo come una nuvola nel cielo estivo.Una mosca, nera e curiosa, fermò il suo volo sul cranio dell’uomo che lentamente mo-riva, scese lungo le tempie per esplorare le sue guance e finì la sua passeggiata sulle labbra appena schiuse, forse attratta dall’umido della bocca.Spiccò di nuovo il volo e andò a posarsi sulla testa del mona-co. Passeggiò a piacere sul pa-diglione auricolare e poi decise di esplorare anche il collo, a suo agio nella perfetta e rassicuran-te immobilità di quel corpo.Il respiro di lui si avvertiva ap-pena e nulla, proprio nulla, tur-bava la serenità della mosca, neppure l’arrivo discreto della morte nella stanza.Fu solo un ultimo lungo respiro a segnare il passaggio: compiu-ta l’espirazione il paziente del letto 9 divenne cadavere, corpo morto.Il monaco percepì il cambia-mento e fece oscillare alcune volte il busto prima di sciogliere la postura e rialzarsi.Si avvicinò al corpo dell’amico e, con un gesto gentile, gli chiu-se gli occhi, mentre le lacrime portavano fuori il dolore che il cuore aveva custodito ed ora gli porgeva come un dono ed un commiato.Chi muore, quando si muore?

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insonnia 3Giugno 2016

Marzola: «A scuola senza auto: una questione di cultura»segue dalla prima

Non si tratta di situazioni allarman-ti, tali da richiedere interventi seri. C’è però un altro piano di ragiona-mento: quello della cultura dello spostamento all’interno della città. Da questo punto di vista, come valuti l’esperienza del pedibus?Positivamente, perché va bene che ci sia. Non del tutto positivamen-te, perché non ha incrementato, come invece era desiderio e scopo, la frequenza dell’andare e tornare da scuola a piedi con i compagni e gli amici. Il pedibus è rimasto pur-troppo un momento isolato, avvie-ne una volta al mese, nel mese di maggio più frequentemente, però negli altri giorni non è cambiato nulla. Perché pedibus è assente alle me-die?Qui i ragazzi sono già più grandi-celli e l’edificio è meno centrale; molti ragazzi nelle giornate prima-verili di bel tempo usano la bici-cletta. Mi si apre il cuore quando arrivo a scuola e vedo il parcheg-gio qui sotto pieno di biciclette…e c’è anche la tua di bicicletta…sì, poi quando c’è maltempo io vengo a scuola ugualmente in bici e c’è quasi solo la mia…Senti, come si può superare pedi-

bus, sempre che tu ritenga che lo si debba superare?Pedibus non dovrebbe esistere. Mi spiego: non dovrebbe esserci biso-gno di pedibus perché il pedibus dovrebbe essere la pratica norma-le di tutti i giorni. Ci vorrebbe una cultura diversa.Come arrivarci? Con iniziative culturali, certo, ma anche con scel-te amministrative in ordine alla viabilità. Se tutte le vie della città devono essere vie a doppio senso di marcia, se le automobili non de-vono avere ostacoli, se qualunque cosa si frapponga alla circolazione dell’auto viene vista come impe-dimento, allora non avremo mai alcun cambiamento. Se invece ri-duciamo in maniera ragionevole e studiata lo spazio per le automobi-li, ampliamo lo spazio per i pedoni e per un’azione educativa. Non mi sembra siano necessari provvedi-menti draconiani. Basta andare a vedere come sono organizzate le vie del centro in una qualsiasi cit-tadina francese: sono vie per lo più a senso unico, con frequenti dossi; c’è uno spazio per le automobili delimitato da paletti dove l’auto può passare ma non parcheggiare; ci sono ampi spazi per il transito

pedonale, ben distinti rispetto a quelli per le automobili. Tutto fun-ziona molto bene.Da noi, via Priotti è una pista, ci sono automobili che passano a ve-locità pazzesca perché non incon-trano ostacoli, ci sono stradine dal-le quali per immettersi e vedere se arriva qualcuno occorre sporgersi; senza marciapiede la cosa diventa assai pericolosa…C’è un canale aperto col Comu-ne su questi temi?Sì, da tempo abbiamo un colloquio aperto col Comune che di volta in volta ci presenta alcuni pro-getti. Tempo fa si è parlato di un allestimento dello spazio esterno alla scuola media con dei murales come deterrenti per le auto. Speria-mo vengano presto realizzati.Mesi fa, ho ricevuto la lettera di una ragazzina della scuola media (nella pagina, ndr.). Le ho risposto che era una bella lettera, tanto bel-la che l’avrei inoltrata al Sindaco. Il Sindaco l’ha ricevuta e so che è stata oggetto di riflessione.Quindi, più che a un pedibus tut-to l’anno, pensi ad una messa in sicurezza delle aree di accesso alle scuole…Sì, è di questo che abbiamo biso-

gno. Abbiamo bisogno che cre-scendo i nostri bambini si abituino all’idea che in una cittadina come Racconigi ci si può spostare tran-quillamente a piedi e non si impie-ga molto di più che in macchina, oppure in bicicletta e si impiega meno tempo che con la macchina. Il mio problema, quando a Racco-nigi mi muovo in bicicletta, cioè sempre, è di schivare le auto… Se fossimo tutti, o quasi tutti, in bici-cletta, ci muoveremmo molto me-glio e in sicurezza.Quale atteggiamento vedi nei confronti di questo ragionamen-to da parte dei genitori?Senza voler generalizzare: uno, la preoccupazione per il bambino, “o Dio, mi prende freddo!”; due, lo sfoggio dell’automobile, cioè il culto per l’automobile grossa e potente intesa come status sym-bol, “nessuno mi può impedire di usarla”. Capita di vedere genitori per dieci minuti in auto col motore acceso… ci sono delle leggi… ma credo che a nessuno sia mai capita-to di prendere una multa per aver tenuto il motore acceso.È una questione di cultura.Ci hai dato diversi spunti, tutti molto interessanti. Grazie!

G.mo dott. Marzola,sono una studentessa dell’I.C. Muzzone scuola secondaria, Le vorrei sottoporre un problema che si presenta a me e agli altri ragazzi che raggiungono la scuola in bicicletta o a piedi.Il nostro problema sta nel fatto che quotidianamente nei pressi dell’ingresso dell’istituto ci sono numerose autovetture parcheggiate “selvaggiamente” davanti al cancello della scuola (nonostante ci siano gli apposi-ti parcheggi vuoti), nel bel mez-zo della strada, spesso, anche

se temporaneamente, bloccano il passaggio delle altre auto.Le loro manovre, inoltre, rischiano di investire me o gli altri compagni.Lo stesso accade all’uscita, con autovetture parcheggiate in spazi ristretti che non riuscen-do a sistemarsi correttamente, lasciano la parte anteriore o posteriore che sporge. Questo ci costringe a camminare in mezzo alla strada, e quindi a rischiare di essere investiti.Tutta la situazione si aggrava nei giorni di pioggia. Le auto

bloccano non solo la strada intorno alla scuola, ma anche un tratto, seppur breve, di via G. Priotti e la pioggia non fa che aumentare i rischi.Che fare?Basterebbe che ognuno di noi dicesse al proprio genitore: “Mamma (Papà) fermati qua (a 50m dalla scuola), proseguo a piedi!” o che addirittura fosse lo stesso genitore a dirlo. Se ciò non fosse realizzabile, suggeri-rei di far posizionare delle tran-senne nell’orario di ingresso e di uscita oppure richiedere la

presenza di un vigile disponibi-le a controllare.Confidando di poter continuare a raggiungere la scuola con le mie gambe (questa frase me l’ha imposta il mio papà). La ringrazio per la sua atten-zione e Le auguro una buona giornata.Racconigi, li 3 ottobre 2015

Lettera firmata

Lettera di una alunna

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insonnia4 Giugno 2016

LO SPORT CHE AIUTA A CRESCEREsegue dalla prima

Calcio, sport aperto a tuttiIl “Calcio”, è lo sport più conosciu-to e seguito in Italia e grazie a que-sto molti bambini si avvicinano a questa attività motoria. Essendo un gioco di squadra con tanti ruoli dif-ferenti fra di loro, dà la possibilità di inglobare al suo interno atleti con caratteristiche fisiche e motorie di-verse. Questo aspetto è importante per l’accoglienza in quanto nessuno dei giovani atleti si sente escluso perché è basso, alto, grasso, magro o lento. La mancanza di velocità, ad esempio, non è un problema, ci sono infatti ruoli dove la veloci-tà non è indispensabile. Il calcio, quindi, è aperto a tutti, soprattutto se viene vissuto come uno strumen-to di crescita e di benessere piutto-sto che come costruzione di futuri “campioni”. Fino alla categoria “Esordienti” (12 anni) si dovrebbe prediligere soprattutto questo tipo di attività, lasciando solo in seguito un percorso più mirato alla forma-zione tecnica.Attraverso il “gioco”, che è l’ele-mento indispensabile per creare un ambiente gioioso e sereno, si inizia un percorso di formazione che pas-so dopo passo porta il nostro picco-lo “calciatore” ad acquisire sempre maggiori capacità ed autonomie. L’attività sportiva nei piccoli deve essere organizzata con una dimen-sione ludica creando innumerevoli occasioni di divertimento e gioco che regalano sorrisi, emozioni po-sitive, piacere di stare con gli altri. Quanto più piccoli sono i giovani atleti tanto più lo sport deve essere libertà motoria ed espressiva, deve assomigliare al gioco e deve inse-gnare cose nuove in modo diver-tente.Fare esperienza di squadraFacendo parte di una squadra si

impara inevitabilmente a rispettare l’allenatore e a sostenere il confron-to con i coetanei, misurandosi con i pregi e i difetti propri e quelli degli altri. Si impara a comunicare, ad in-tendersi, ad avere fiducia nei com-pagni e nel mister, a collaborare. La particolarità straordinaria della squadra è che l’entusiasmo per la vittoria o per un traguardo raggiun-to si moltiplica per il numero degli atleti, mentre il peso di una sconfitta viene suddiviso, o meglio condivi-so, tra i partecipanti. Ciò serve a far accettare, soprattutto ai più piccoli, la sconfitta senza troppi traumi.Fare esperienza di squadra, di con-divisione e di sostegno reciproco insegna ai ragazzi a non chiudersi. Se un giovane ha fatto esperienza di squadra sa quanto sia importante non essere solo e quanto sia utile af-fidarsi a qualcuno che sa ascoltarlo, potrà così acquisire la capacità di chiedere aiuto nei momenti di dif-ficoltà e di crisi.L’allenatore, educatore spor-tivo e punto di riferimento L’obiettivo di ogni disciplina spor-tiva non è soltanto quello di incre-mentare le capacità tecniche e mo-torie degli atleti ma anche quello di favorire l’apprendimento di norme, regole e modelli di comportamento che saranno sperimentati in modo costante sia in ambito sportivo che nella vita.Quando si è allenatori di una squa-dra di bambini o adolescenti si deve avere la consapevolezza di essere innanzitutto degli “educatori” e come tale bisogna costruire un rap-porto di dialogo con i ragazzi basa-to innanzitutto sulla capacità di ac-cettarli, ascoltarli, di comprenderli, di infondere loro fiducia e coraggio. L’allenatore è un adulto che appar-tiene al contesto extra familiare, che vive con loro per numerose ore alla settimana, che ha qualcosa da in-segnare di importante e piacevole, che ripone in loro aspettative po-sitive, che discute le strategie, che rielabora gli insuccessi e si esalta insieme a loro per i traguardi rag-giunti. É un personaggio carismati-co nella vita del giovane atleta ed è facile che venga idealizzato poiché in lui si vede una persona importan-te che lo sta facendo diventare for-te, sicuro di sé, capace di risolvere i problemi. L’allenatore diventa così un punto di riferimento per il bam-bino ma anche un valido aiuto per i genitori nel difficile compito di educare il proprio figlio.L’allenatore che svolge il suo ruolo consapevole della forte valenza eti-ca ed educativa che essa racchiude, non mette mai in difficoltà i ragazzi che allena, non forza i ritmi di alle-namento, non emargina, né abban-

dona nessuno, non si occupa soltan-to dei migliori ma fa sentire ciascun giovane importante e ricco di po-tenzialità. Non cerca il prestigio ed il successo personale, né svolge la sua attività in modo individualistico ma si relaziona in senso collaborati-vo con i colleghi, i dirigenti respon-sabili e con i genitori dei bambini.L’importanza delle società sportiveMolti allenatori, pur essendo con-sapevoli del ruolo che svolgono, sentono che la dimensione educati-va penalizza troppo il ruolo tecnico che sono chiamati a svolgere. Al-cune società sportive richiedono ai loro collaboratori un lavoro serrato sul piano tecnico, finalizzato alla qualità delle prestazioni agonistiche ed ai risultati da raggiungere nel-le gare o nei campionati perdendo così la finalità più importante dello sport. Quanto più è alto il livello tecnico e agonistico perseguito, tanto più si restringe lo spazio edu-cativo e relazionale.Nonostante la consapevolezza che la mancanza di risultati sportivi po-sitivi non sia prioritaria nelle squa-dre giovanili, gestire le sconfitte e le emozioni negative personali, de-gli atleti, delle loro famiglie non è semplice. Questo è ancor più vero in un contesto sociale che enfatizza la figura del campione e la vittoria come se fossero le uniche dimen-sioni accettabili dello sport. Altra difficoltà dell’essere allenatori è proprio la gestione delle relazioni con i genitori degli atleti. A volte ci sono padri o madri che hanno di-menticato il valore educativo dello sport e perseguono il risultato a tutti

i costi come mezzo per un ambìto riscatto sociale: in questo modo creano nei figli l’angoscia per un eventuale fallimento e la paura di deludere gli altri, sentimenti questi che spesso preludono all’abbando-no dell’attività sportiva.Sono soprattutto le piccole società sportive, a dimensione locale e con una forte propensione ad una attività educativa sportiva, quelle che offrono il rapporto migliore tra istanze tecniche e formative poiché sono in grado di coniugare risultati sportivi discreti con un serio impe-gno etico e sociale.Perché le potenzialità dello sport si realizzino è necessario che gli allenatori, i genitori, i dirigenti, i politici, gli amministratori locali e gli atleti stessi si impegnino a fare della pratica sportiva un insieme di esperienze positive, felici, edifi-canti. Laddove si realizzi l’incontro ideale tra una società sportiva con-notata da un serio impegno etico, con dirigenti ed allenatori motivati al lavoro con i giovani anche sul piano educativo, in un contesto lo-cale attento allo sport e alle politi-che giovanili in generale, è assai probabile che la pratica sportiva sia un fattore di promozione per lo sviluppo fisico, psichico, sociale e morale dei giovani atleti.La valenza educativa intrinseca nello sport Il desiderio di competere, di gareg-giare, di misurarsi con gli altri e con se stessi è una tendenza profonda, un bisogno antico che trova le sue radici nella lotta per la sopravvi-venza. Si esprime in tutti gli ambiti della vita di una persona e può ma-

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insonnia 5Giugno 2016

TERRA MADRE SALONE DEL GUSTO 2016Per la prima volta all’aperto, in città!Quando si svolgerà? Da giovedì 22 a lunedì 26 settembre, un mese prima rispetto alle preceden-ti edizioni.IL TEMA: Voler bene alla terraTerra madre salone del gusto mette al centro l’a-more per la terra: il valore e la dignità di chi si prende cura ogni giorno del pianeta: i contadi-ni, i pastori, gli artigiani, i piccoli pescatori; il gusto e il piacere dei prodotti coltivati, raccolti, trasformati e gustati con rispetto e passione.Voler bene alla terra: è anche un invito all’azio-ne, a rivalutare i mestieri contadini, a fare l’orto, a scegliere il proprio cibo quotidiano con atten-zione e consapevolezza, a sostenere direttamen-te chi coltiva la terra con rispetto.Dove si svolgerà? Al Borgo Medievale di To-rino.L’ingresso sarà libero, tutti potranno visitare l’e-vento per scoprire e conoscere i cibi di tutto il

mondo: il mercato sarà aperto dalle 10 fino alle 19.Tutti i luoghi di seguito indicati che ospitano la manifestazione, saranno visualizzabili nella MAPPA INTERATTIVA:Il Parco del Valentino, in riva al fiume Po, ac-coglierà il Mercato italiano e internazionale.Il Borgo Medievale ospiterà le attività educati-ve per scuole e famiglie.Il Castello del Valentino e Torino Esposizioni accoglieranno i Forum di Terra Madre.A Palazzo Reale ci saranno l’Enoteca con oltre 900 etichette e i Laboratori del Gusto dedicati al vino.Nella piazzetta Reale antistante al Palazzo tro-veranno posto i Food truck.In Piazza Castello sarà allestita la Cucina dell’Alleanza Slow Food dei cuochi.In Via Roma e Piazza San Carlo esporranno i

150 Presìdi italiani.Al Teatro Carignano si terranno le grandi conferenze.Il Circolo dei Lettori e Aste Bo-laffi ospite-ranno una parte dei Laboratori del Gusto.In Piazzale Valdo Fusi verrà allestito il mercato dei Mae-stri del Gusto, con le eccellenze gastronomiche dell’area di Torino.Il grattacielo Intesa Sanpaolo aprirà le porte per alcuni appuntamenti di cucina nella Serra bioclimatica.I Murazzi del Po e Piazza Vittorio Veneto, presenteranno le Cucine di strada e il percorso dedicato agli artigiani della birra italiana.Eataly Torino Lingotto sarà sede del program-ma di numerosi Laboratori del Gusto, e di Ap-puntamenti a Tavola e Scuola di Cucina.Il programma delle Conferenze e dei Forum di Terra Madre sarà online a metà giugno.Racconigi, come già nelle precedenti edizio-ni di Terra madre, grazie ad alcune famiglie (12), ospiterà 18 delegati a partire dalla sera del 21 settembre fino al mattino del 26 settembre. Quest’anno, ad arricchire la partecipazione del-la città a questo evento unico al mondo, ci sarà anche il Castello che metterà a disposizione le cucine reali per la festa di chiusura del soggior-no degli ospiti.Ancora una volta ci sarà lo scambio di diverse conoscenze, di diverse culture, ma la consapevo-lezza di un comune amore per la Terra Madre.

nifestarsi attraverso comportamenti competitivi ma onesti, rispettosi degli altri e delle leggi o attraverso modalità più subdole, violente ed immorali.L’ambito sportivo è quello che for-malmente garantisce al bisogno di competere una espressione libera e corretta sul piano etico poiché sog-getta a regole specifiche. In questo senso lo sport ha una forte valenza educativa intrinseca, propedeutica alla convivenza pacifica ed alla re-ciproca accettazione. Se la pratica sportiva diventa il contenitore di esperienze personali e sociali posi-tive ed edificanti, lo sport realizza in pieno il suo obiettivo che è quello di essere al servizio della persona umana e della solidarietà tra i po-poli.Questa concezione dello sport può sembrare utopistica ed un po’ troppo idealista, soprattutto se confrontata con la cronaca che incessantemente evidenzia la dimensione negativa del mondo sportivo, ma è la sola che valga la pena di essere ricercata, pretesa e difesa.A tutti coloro che sentono propria questa filosofia lascio, oltre alla mia

stima, un decalogo con il quale con-frontare sempre, al termine di ogni giornata di lavoro in qualità di alle-natore, o meglio di educatore sporti-vo, le proprie azioni quotidiane.

“Carta dei diritti dei giovani che praticano

sport”• Diritto a praticare lo sport e a sceglierlo liberamente.• Diritto ad essere rispettati come persone e come atleti.• Diritto a vivere una valida esperienza educativa.• Diritto ad esprimere la propria personalità e le proprie doti e caratteristiche.• Diritto ad un ambiente che tuteli la salute fisica, psicologica e sociale.• Diritto a comprendere e a partecipare al progetto di formazione sportiva.• Diritto ad avere relazioni interpersonali positive.• Diritto a divertirsi.• Diritto a crescere e a migliorare le proprie prestazioni.• Diritto a competere, a vincere, a perdere.

DOVE SI SVOLGE

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insonnia6 Giugno 2016

a cura di Guido Piovano

Gli zanzarini sono in-setti molesti. La loro puntura non è mortale e neppure dolorosa, ma è spesso irritante. Se ne scacci uno ne arriva subito un altro. Tanto vale farci l’abitudine.

“Mobility manager” scolastico. Roba da far drizzare subito le an-tenne: lingua inglese, parole che riempiono la bocca. Roba grossa, non c’è dubbio. I suoi compiti sono importanti, molto importanti, elencati in In-sonnia di Aprile: organizza e co-ordina gli spostamenti casa-scuo-la-casa di alunni e personale scolastico, coordinandosi con gli altri istituti scolastici del comu-ne; mantiene i collegamenti con istituti scolastici e aziende di tra-sporto, verificando con le aziende

dei servizi di trasporto locale, su gomma e su ferro, le soluzioni per migliorare il servizio; garantisce l’intermodalità e l’interscambio (?); etc. etc. etc.Niente male: compiti, lavoro, re-sponsabilità e competenze da vero manager. La legge che ha istituito questa nuova figura è entrata in vi-gore all’inizio di febbraio; le linee guide per la sua attuazione devono essere approvate dal ministero entro sessanta giorni e quindi dovrebbero essere sulla dirittura d’arrivo, dopo di ché tocca agli istituti scolastici

scegliere il proprio mobility mana-ger tra i docenti che si mettono vo-lontariamente a disposizione. C’è da aspettarsi che ci sarà la fila tra i docenti che non vedranno l’o-ra di essere considerati manager di qualcosa. E’ vero che il prescelto dovrà fare tutte quelle cose e as-sumersi tutte quelle responsabilità, senza che siano previsti specifici percorsi formativi, senza benefi-ciare di alcuna riduzione del ca-rico didattico e senza oneri per l’amministrazione scolastica (a titolo gratuito?).Ma vuoi mettere la soddisfazione?

Nel 1961 una legge equiparava i cappellani militari agli ufficiali delle Forze armate. Grazie ad essa, tra re-tribuzioni, tredicesime, benefit e pen-sioni, lo Stato spende oltre 20 milioni di euro all’anno. Nel 2015, 10 milio-ni di euro è stata la spesa per i soli stipendi dei 205 cappellani effettivi e “di complemento”, con un aumen-to pari a oltre il 30 % rispetto a due anni prima.Un esempio: l’arcivescovo Santo Marcianò, nominato ordinario nel 2013, a seguito dell’equiparazione a generale di corpo d’armata, riceve 9.545 euro lordi al mese, 124mila l’anno con la tredicesima. Il vicario

generale, equiparabile a un genera-le di divisione, prende 108mila euro, 6mila euro al mese invece spettano agli ispettori (generali di brigata). Il funzionamento dell’Ordinariato con sede a Monti, salita del Grillo, in uno stupendo complesso con vista sui Fori, costa altri due milioni e dispone di un seminario equiparato ad acca-demia nella cittadella militare della Cecchignola. A queste cifre occorre aggiungere almeno 7 milioni per le pensioni, in media attorno ai 3mila euro al mese.A parte ci sono i tanti bonus: il sacer-dote dei parà che si butta col paraca-dute (in passato uno è stato perfino

Arriva il mobility manager (?)

CAPPELLANI MILITARI

istruttore) ha diritto all’indennità di lancio, quello della marina, se non è a terra, all’indennità di imbarco. Poi abbiamo l’indennità di trasferimento, il rimborso per il trasporto del baga-glio personale e dei mobili, l’inden-nizzo chilometrico per gli spostamen-ti, gli straordinari (siccome l’orario è quello d’ufficio, una celebrazione dopo le 16,30 viene considerata stra-ordinario). (Fonte: Paolo Fantuzzi, L’Espresso 2 maggio 2016)Ma, non è soltanto questione di sol-di, né solo di giustizia sociale. Per chi crede, una deve essere la domanda: con tutti questi privilegi che fine fa l’idea della Chiesa povera tanto cara al papa e dove va a finire la ‘missione

evangelica’ insita nel servizio sacer-dotale? E poi: ha ancora senso l’isti-tuto del cappellanato militare, contro il quale già lottò don Milani (L’ob-bedienza non è più una virtù, 1965) e che senso (evangelico) possiamo ancora dare al Concordato tra Stato e Chiesa?Non nascondiamoci dietro a un dito: adesso che abbiamo un papa attento ai temi sociali, non possiamo aspet-tarci tutto da lui. Gli vogliamo dare una mano a ripulire la chiesa? Pur-troppo su questo e su altro sale un silenzio assordante dalle parrocchie, non proprio tutte per fortuna, pronte quasi sempre ad allinearsi alle novità, ma mai propense a suscitare e favori-re il cambiamento.

DUE NUOVI LIBRIFranco Barbero “Proposte al popolo di Dio”, 2016, pp. 57.

Un piccolo libro che offre “spunti di riflessione per chi sente l’esigenza di ripensare la propria fede e l’urgenza di testimoniarla e ridirla in questo oggi in un linguaggio completamente diverso dalla versione catechistica uf-ficiale.” […]“A mio avviso, ogni religione deve proporsi e progettare un suo “oltre”, camminare verso il futuro in un pro-cesso di continua maturazione ed ul-teriorità, di maggiore apertura a Dio come fonte della vita e fondamento dell’essere. Detto in termini fin troppo semplificati, non vedo come una nuo-va epoca per la spiritualità umana comporti un andare “oltre le religio-ni”. Vedo, invece, in questa stagione storica, una straordinaria opportuni-tà, un appello chiarissimo ed urgente alle religioni a convertirsi, facendo fiorire e rifiorire le loro radici. Mi sembra che il Dio della vita apra sen-tieri pieni di fecondità. La scommessa è, a mio avviso, decisiva e impegnati-va per il cristianesimo quanto per le

altre religioni.” Il testo è stato stampato a spese di don Franco ed un contributo di 8 € permet-terà di coprire la spesa. Per informa-zioni: Guido Piovano: 3284916169 oppure [email protected]

Mancuso Vito “Dio e il suo destino”, Ed Garzanti, 2015, pp. 463, € 20,00

“Il libro è uno sforzo di riflessione sul presente e sul futuro del cristianesimo e della chiesa; esprime una grande fede e non cade nell’ambiguità di cer-te posizioni presenti nell’attuale di-battito internazionale che parlano di superamento della religione e di pa-radigma post religioso. Nel mondo di oggi Dio non è più presente, non “si respira” più Dio. Oggi la relazione non è più con Dio, ma è con le cose. In questo libro invece si afferma sempre valido il cammino delle religioni, ma si svolge una critica sul modo in cui si parla di Dio. Spesso si parla male di Dio e si insulta la preziosissima realtà veicolata con questa parola”.

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insonnia 7Giugno 2016

Nonno,nella vita capita di dover salutare qualcuno che parte e non tornerà. In quei momenti tutto sembra un po’ confuso, le parole non escono e qualunque cosa uno possa pensa-re sembra scontata.Oggi è un giorno difficile, perché saluto te, ma non mi sento in diffi-coltà, le parole non mi mancano e mi esprimo con certezza perché so chi sei stato per me e per tutti noi, mamma, papà e Guido.Ognuno nella vita incontra persone che riconosce come guida, esem-pio assoluto, maestri che sanno insegnarti come si sta al mondo.Tra tutti coloro che hanno saputo crescermi sapientemente, io ho avuto te: un insegnante d’ecce-zione, un gigante d’uomo che con ogni suo gesto ha accompagnato i miei passi, con pazienza e saggez-za.

Ci sei sempre stato, in ogni momento della mia vita, e io di te ho ricordi che si perdono molto indietro. Ricordo proprio tutto del mio grande nonno, sin da quando ero bambino. I giri in biciletta sul tuo seggiolino, le giornate al mare, le merende con pane e marmellata, i tuoi pazienti ma inutili tentativi di insegnare a pescare a me e mio fratello.Ricordo la mia bocca spalancata di fronte ai tuoi racconti sulla Resistenza e la mia emozione a camminare accanto a te per quei sentieri delle Langhe dove tu hai combattuto, dove hai sofferto la morte dei tuoi amici e dove tante volte sei stato preso per mano dal-la fortuna, scampando la disgrazia. Ricorderò sempre la tua morbida determinazione, la tua fierezza, il tuo essere uomo semplice ma tutto d’un pezzo. Solo tu sapevi dirmi “Forza Paolo! Noi siamo due duri!” in quel modo che mi faceva sentire d’acciaio, con le spalle larghe come le tue.Mi hai insegnato davvero di tutto tu: la semplicità, la fierezza, la pa-zienza, il sorridere, lo sdrammatiz-zare, il “non prendersi la pelle” per

i problemi, lo stare calmo davanti ai temporali della vita. Mi hai svelato le cose più nobili che un uomo possa contenere: la consape-volezza, l’importanza della libertà, il rispetto del diverso.Di uomini come te il mondo ne ha avuti davvero pochi: eri una figura illuminata, che ovunque posasse lo sguardo era in grado di portare serenità, di appianare i litigi, di

sollevare il più grigio degli umori e di trasformare una bufera in una giornata di sole.Mi sono sempre chiesto come riuscissi a farlo, come potessi trasformare qualunque cosa con un sorriso, come facessi a esse-re sempre così ottimista, come riuscissi a svuotarmi la mente dai pensieri con una semplice pacca sulla spalla.Sei un essere bello e da oggi senza di te sarà tutto un po’ più difficile, perché mi mancheranno quelle spalle accoglienti su cui appog-giarmi ogni tanto.Averti avuto accanto è stato come stringere tra le mani il più bel libro di tutti i tempi. Un grande libro che mi ha insegnato la cosa più importante: la vita è davvero una cosa meravigliosa!Grazie per avermi accompagnato fin qui.Oggi ti saluto per l’ultima volta e lo faccio con le parole della prima canzone che ho imparato nella mia vita…sono parole che mi hai insegnato tu. “Ciao bello ciao”.

Paolo, 5 maggio 2016

Ho letto con interesse l’articolo relativo alla bretella pubblicato sull’ultimo numero di Insonnia e una volta di più mi sono reso conto della scarsa “programmazione” dell’amministrazione comunale racconigese negli scorsi anni e di come ci si è puntato tutto sulla prima soluzione, senza analizzarla a fondo e trovare altre alternative.Perché di alternative ce ne sarebbe-ro state molte.Ad esempio è un’assurdità far sbucare la bretella al Rondò, innan-zitutto perché verrebbe deturpata una zona caratteristica di Racconigi con un abbattimento di alberi e conseguente cementificazione, do-vuta alla costruzione di due inutili rotonde. La seconda è che l’uscita

si troverebbe ancora troppo a ri-dosso dell’abitato, quando lo scopo delle circonvallazioni è appunto quello di evitare il più possibile che i mezzi entrino nelle città. Cioè, non ci sarebbe il “deterrente” che impedirebbe ai mezzi di continuare a passare in città.Una prima soluzione, per ovviare ai due punti precedenti, potrebbe essere quelle di far continuare la bretella ancora per qualche centina-io di metri in modo che si colleghi alla, già esistente, via del Baraggio (zona artigianale) per poi sbucare sulla strada statale.Altra alternativa potrebbe essere quella di prolungare Via del Barag-gio verso il Macra per attraversarlo e quindi andare a congiungersi con la strada che collega Racconigi a Cavallerleone. E si avrebbe bell’e pronta la bretella, senza dover rovinare la zona del Rondò e, forse, anche riducendo i costi.Infine, se ci fosse stata un po’ di programmazione e lungimiranza a studiare i progetti, si sarebbe potuto prolungare via del Baraggio nella direzione opposta in modo da congiungersi con la variante est. Ovviamente la variante non avrebbe preso inizio dalla Padag-gera ma, appunto, un po’ più verso Racconigi, in modo da ridurne la lunghezza (e i costi) e creare una sorta di “anello” che avrebbe cinto Racconigi e favorito la fluidità e omogeneità del traffico.[…]Giancarlo Martini

In ricordo di mio Nonno Giovanni Bono

“Ciao bello ciao”

Ospitiamo un nuovo punto di vista sulla “bretella ovest”

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insonnia8 Giugno 2016

Due giornate di convegno a MilanoDANILA: “SE VUOI DI PIÙ TI DEVI INGEGNARE E DEVI METTERCI DEL TUO” di Danila Piovano

Tra marzo e maggio 2016, Mi-lano mi ha di nuovo vista prota-gonista, come l’anno scorso; la prima volta il 7/3 c/o il Palazzo della Regione di Milano per l’or-mai consueto appuntamento di “ Tutta cuore e cervello” dal titolo “Maternità e sessualità nelle ma-lattie neurologiche” e la seconda volta presso l’AMP il 16/5 una giornata di confronto.Il 7/3 mi sono trovata a portare la mia esperienza, invitata dalla mia genetista Barbara Garava-glia del Besta di Milano, dove i professionisti dei vari campi si alternavano sul palco, fornendo informazioni e risultati delle ri-cerche a livelli stratosferici, an-che su argomenti poco trattati nel campo medico ma non di minore importanza come la maternità, l’affettività e la sessualità nel malato e nella sua quotidianità.Nel mio piccolo ho partecipato per quanto era di mia competen-za sia nell’esposizione in sala di ciò che ormai tutti sappiamo e sia in un paio di veloci interviste a riviste del settore.Noto una cosa, che comunque più se ne parla e più ce ne sareb-be da dire su questi tipi di ma-lattie.

Non si combattono, ormai, solo con farmaci e poi… attende-re seduto il tuo bel risultato; se vuoi di più ti devi ingegnare e devi metterci del tuo. Porto un esempio: per l’equilibrio ho pro-vato la box senza contatto, lo yoga, la meditazione, passeggia-te sempre più lunghe fino ad ar-rivare a 10 km in montagna. Per aiutare la respirazione mi sono approcciata al didgeridoo che è uno strumento degli aborigeni australiani, poi il boogie woogie ed i balli occitani. Diciamo che per il momento non mi annoio.Per quanto riguarda l’appun-tamento del 16/5, era presso l’ Associazione Milano Parkinson, dove la Presidente Francesca Sa-poriti, avendomi sentita l’anno scorso a “cuore e cervello” (le donne non tremano), mi ha vo-luta per un confronto col gruppo oltre all’esposizione della mia storia.Inutile dire che è stata un’espe-rienza entusiasmante ed arric-chente.Ogni volta che parlo, mi trovo ad essere ringraziata dalle perso-ne che mi trovo davanti, ma loro non sanno, che da questi incon-tri ne esco io arricchita grazie a

loro.Quindi finché qualcuno avrà vo-glia e piacere di ascoltarmi, io sarò disponibile per questi scam-bi di cortesie, diciamo così.Come sempre ringrazio per que-

ste belle collaborazioni che mi danno tanto ed il giornale “In-sonnia” che segue le mie vicis-situdini e ne vuole sempre un resoconto.

ABBIAMO RICEVUTO IL PRIMO QUADRO DELLA FONDAZIONE INSONNIA ARTEPaolo Spertino ha donato ad insonnia una sua opera. Noi non conoscevamo l’autore ma ovviamente abbiamo accet-tato l’offerta con piacere e l’abbiamo

appesa nella sede dove ci incontria-mo. Ci siamo incontrati con lui e ci ha raccontato la sua storia, i suoi progetti ed aspirazioni.Paolo è nato in provincia di Cuneo nel 1978. Ha vissuto a Racconigi, Bologna e Biella. Vive e lavora a Mongrando (BI). Sperimenta la pittura dalle scuole medie con varie tecniche, negli ultimi anni predilige la pittura acrilica ed i pennarel-li acrilici. La sua pittura astratta meticolosa e dettagliata esprime le emozioni dettate dallo stato d’animo del momento.Ha esposto in alcune mostre collet-tive ed una mostra personale ma ne sta preparando un’altra in tempi brevi. E’ presente nel Cata-logo di Arte Moderna ed. CIDA.Ringraziamo l’autore per il suo dono.

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insonnia 9Giugno 2016

NON MI SPOSERÒ MAI... FORSEIl nuovo business delle bomboniere arcobalenodi Piero BerteroNel numero 1140 di febbraio di In-ternazionale veniva pubblicato un articolo di David Sedaris (scrittore americano che mi piace molto per la sua ironia e sarcasmo) dal titolo “Non ti sposerò mai”, relativo alla sentenza della corte suprema degli Stati Uniti sul matrimonio gay, in cui scriveva:“Se spesso ho sognato di condivi-dere la vita con un uomo, non ho

mai esteso quella fantasia al matri-monio...non sentivo il bisogno che la mia relazione fosse convalidata dallo stato...non mi serviva la be-nedizione nè dello stato nè di una qualche chiesa...fin dall’alba dei tempi, l’unica cosa indiscutibil-mente bella dell’essere gay e lesbi-che è che non costringiamo la gen-te a sorbirsi i nostri matrimoni...la battaglia per il matrimonio gay era, in buona sostanza, una lotta per diventare conformisti come gli etero...ciò detto era una lotta che sostenevo con convinzione, soprat-tutto perchè infastidiva tanto gli integralisti. Io volevo che i gay ot-tenessero il diritto di sposarsi, ma che poi nessuno lo facesse. Che ce lo dessero per poi sputarci sopra...la sentenza della corte suprema

trasmette a tutti i quindicenni e le quindicenni che vivono in mezzo al nulla il messaggio che loro val-gono tanto quanto qualsiasi altro fesso che si vuole sposare...poi ho parlato con il mio commerciali-sta:” dal punto di vista fiscale, è una cosa che tu e Hugh [il suo com-pagno] dovreste cogliere al volo” “ma io non voglio, non credo nel matrimonio” al che lui mi ha det-

to qual è il vantaggio delle coppie legalmente riconosciute: è che ri-sparmiano una vagonata di soldi, soprattutto in tasse di successio-ne. Il commercialista mi ha detto quanto avremmo risparmiato, e la mia reazione è stata “C’è una lista d’attesa?che documenti mi servo-no?”. Quella sera ho proposto a Hugh di sposarmi per la prima di quelle che alla fine sarebbero state diciotto volte... “io non ti sposo” ha ripetuto lui...gli ho giurato che non era per l’aspetto sentimentale: “non ci saranno anelli nè cerimo-nia nè festeggiamenti, vedilo come un contratto d’affari, nient’altro... A cena quella sera, nessuno dei due ha accennato ai discorsi del giorno prima. Abbiamo parlato del più e del meno, dei nostri piccoli

progetti, dopodichè ci siamo riti-rati in stanze diverse della casa, immagino fidanzati, e con tutta la vita davanti.”Cosa aggiungere? A parte la palese ironia non posso che concordare con lo spirito di quello che ha scrit-to Sedaris. Vivo con il mio compa-gno da ormai quasi quindici anni, siamo credo l’unica coppia gay iscritta ad un registro delle coppie

di fatto in provincia di Cuneo visto che Cavallermaggiore è stato l’uni-co comune a riconoscere nel “lon-tano” 2010 tale istituzione. Certo che il riconoscimento finalmente “ufficiale” del mio essere cittadino al pari (o quasi) di chiunque altro non può che farmi piacere, ma non dimentico che questa legge non è sicuramente “il” traguardo, ma solo un primo passo per superare tutti i pregiudizi e le discriminazio-ni legate all’ignoranza che ancora oggi rendono “ciechi e stupidi” milioni di persone, nonchè la larga maggioranza dei nostri governan-ti e non solo riguardo all’orien-tamento sessuale ma per tutte le minoranze che ancora non vedono riconosciuti i loro diritti ad essere “persone” a tutti gli effetti (disabi-

li, extracomunitari, transessuali...). Non è certo per il solo fatto che lo stato ora riconosca il mio diritto di sposarmi in Municipio con il mio compagno che i miei proble-mi sono finiti. Se si fa attenzione alla cronaca si vede un aumento delle violenze nei confronti delle persone omosessuali e transessuali in Italia proprio a causa della mag-giore visibilità di cui ora godiamo. Non esiste ancora una legge contro l’incitamento alla violenza omofo-bica, per cui ora qualsiasi religioso integralista o politico reazionario in cerca di notorietà può permet-tersi di insultare milioni di persone in nome di una ipotetica “libertà di parola” che altro non è che stupida ignoranza!Ma una nota positiva la devo no-nostante tutto riscontrare. Leggen-do articoli e visionando il testo della legge per documentarmi per questo articolo ho scoperto che la legge sulle unioni civili che tut-ti conoscono solo per la diatriba sulle adozioni dei figli del partner, dall’articolo 36 in avanti prevede l’istituzione del riconoscimento delle COPPIE DI FATTO, indi-pendentemente dal sesso dei part-ner, con gli stessi diritti di quelle che vogliono sposarsi in comune. Ecco il testo del primo articolo:36. Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 37 a 67 si intendono per « conviventi di fatto » due per-sone maggiorenni unite stabilmen-te da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e ma-teriale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione ci-vile. Per cui chi (etero o omo che sia) non vuole vedere “istituzionaliz-zata” la propria relazione affettiva adesso ha finalmente la possibilità di scegliere... e questa sì che è una buona notizia!

Chi ha deciso l’abbellimento della Piazza?Riceviamo da segnalazione telefonica una protesta rispetto al “totem” collocato nel mezzo della piazza del castello.

Ci è stato detto che questo è un esempio del disinteresse al patrimonio artistico della nostra città; il viale monumentale Principi di Piemonte fu voluto affinché costituisse un cannoc-chiale che sottolineasse la facciata del castello, venne costruito il rettilineo che inizia dal Rondò e termina con la doppia fila di platani del viale proprio per dare rilevanza all’impo-nente costruzione.Con il totem delle pubblicità che si frappone esattamente in mezzo a questa prospettiva si è forse voluto abbellire la nuova Piazza? Grazie no!Ci associamo a questa protesta verbale per mettere in guardia nelle iniziative future ad uti-lizzare questo spazio per una operazione puramente commerciale e per suggerire all’attua-le Soprintendenza al Castello di far sentire la propria voce a difesa del patrimonio artistico che ha in assegnazione.

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insonnia10 Giugno 2016

Che la nostra società stia diventan-do sempre più aggressiva e sem-pre meno attenta ai singoli ed al loro benessere è sotto gli occhi di tutti. Che la ricerca di equilibrio, di gestione positiva delle relazio-ni, di soluzione non violenta dei conflitti e di mediazione debbano essere le risposte giuste a questa deriva è un po’ meno evidente ma, a mio modestissimo parere, asso-lutamente certo.Per dimostrarlo ho deciso di pro-porre, in questo e in altri articoli, qualche numero e qualche dato. Troppo spesso, infatti, ultimamen-te, assistiamo al triste spettacolo di chi - in tv, nelle radio e sui gior-nali - “gioca” sul percepito, su ciò che gli italiani pensano sia vero o sentono come tale, in contrasto con quanto, invece, è davvero rea-le ed oggettivo. In particolare, per quanto mi riguarda, vorrei por-

tarvi a riflettere su un fenomeno ancora poco (sigh!) conosciuto, sebbene in costante e preoccupan-te crescita: il fenomeno delle ag-gressioni perpetrate nei confronti di coloro - lavoratori e lavoratrici - che svolgono ruoli importantissi-mi nella nostra società. Molto spesso gli stessi lavoratori e lavoratrici cui mi riferisco hanno un “percepito” ben lontano dal re-ale, non so dirvi se in senso ampli-ficativo o riduttivo del fenomeno. Probabilmente molto dipende da quello che è il loro vissuto perso-nale e dalla gravità degli episodi di cui sono stati spettatori diretti o indiretti (sarebbe interessante se qualcuno di loro avesse voglia di

raccontarci la sua esperienza, scri-vendo una mail alla redazione).Mi riferisco, in particolare, a quanti svolgono professioni so-cio-sanitarie, medici, infermieri, educatori, psicologi, veterinari; ai conducenti di autobus ed a coloro che lavorano nel settore trasporti; ma anche a chi lavora nelle forze dell’ordine e nella protezione ci-vile.Ma voglio essere più precisa.Nel 2002, la violenza sui luoghi di lavoro (intesa come “ogni ag-gressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”- National Institute of Occupatio-nal Safety and Health - NIOSH) è stata definita, dalla World Health Organization, come un “impor-tante problema di salute pubblica nel mondo”, in considerazione dei rischi ad essa connessi, tra cui

quelli psicosociali, di inefficienza delle organizzazioni e di patologie correlate (stress, burn-out, mob-bing, …).E veniamo all’Italia e a quanti operano nel settore sanitario.Secondo quanto emerge dai dati INAIL, gli infortuni denunciati nei servizi ospedalieri, a seguito di aggressioni ad operatori del setto-re, nell’anno 2005, sono stati ben 429. Più recentemente, i dati ri-portati dal 5° Rapporto sul Proto-collo di Monitoraggio degli eventi sentinella, elaborato dal Ministero della Salute e riferito al periodo settembre 2005 - dicembre 2012, hanno mostrato come gli atti di violenza a danno di operatori sani-

L’ESCALATION DEL CONFLITTO NEI SETTORI PIU’ ESPOSTI AL RISCHIO AGGRESSIONE I dati di un fenomeno in crescita (Prima parte)di Alessia Cerchia

Quando il nemico diventa colui che ci offre assistenza (medici, infermieri, assistenti sociali, veterinari, personale trasporti, ecc.)

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tari siano saliti a 165, contro i 130 registrati nel rapporto precedente. E ancora. Una ricerca non istitu-zionale, realizzata nel 2013, ha evidenziato come su un campione di 1.765 operatori sanitari intervi-stati, il 19% abbia dichiarato di ri-tenere il fenomeno aggressioni in forte aumento, il 61% in aumento e il 15% stabile.Nel 2012, il Consiglio regionale dell’Ordine degli Assistenti socia-li della Liguria (Croas) si è fatto promotore di una ricerca finaliz-zata a dare una descrizione del fenomeno dell’aggressione nei confronti dei propri iscritti, coin-volgendo il 40% del totale degli assistenti sociali liguri. Dalle ri-cerche è emerso che solo il 20% degli assistenti sociali intervistati non ha mai subito aggressioni/mi-nacce verbali. Il 77% ha ricevuto nel corso della sua esperienza pro-fessionale aggressioni/minacce

verbali e fra questi un 11% ne è stato vittima in più occasioni.Anche nel settore trasporti la si-tuazione non è migliore.Secondo dati non ufficiali, rinve-nibili su internet, nel 2014 risulte-rebbero in aumento le aggressioni al personale Trenitalia, rispetto alle rilevazioni precedenti, per un totale di 335 addetti aggrediti, di cui 51 nel Lazio, 34 in Emilia Ro-magna, 31 in Piemonte, 30 in To-scana, 26 in Lombardia.Pochi numeri che ci offrono, però, un quadro già ampio ed articolato delle forme di aggressione subite giornalmente dai nostri vicini di casa, da parenti e amici, da uo-mini e donne che svolgono lavo-ri utili, essenziali, e che, tuttavia, sono così esposti alla rabbia e alla violenza da parte di quegli stessi utenti a favore dei quali prestano la loro attività.(…continua…)

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insonnia 11Giugno 2016

SCUOLA sotto esame: BOCCIATA! La media che non funzionadi Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Cari colleghi,anche quest’anno veniamo boc-ciati!Ve lo scrivo con una tale tristez-za nel cuore, che le parole mi si chiudono in gola. Avevo sperato davvero che qual-cosa cambiasse, pensavo che ce l’avremmo fatta. Invece, no! Bocciati per non aver raggiunto gli obiettivi minimi prefissati:1) saper trasmettere amore per la conoscenza a tutti i nostri allievi; 2) accompagnare i ragazzi nel-la continua esplorazione, spe-rimentazione e riflessione sulle proprie conoscenze;3) insegnare la condivisione, il confronto, la cooperazione per apprendere insieme, in serenità;4) accompagnare i ragazzi nel-la scoperta di sé e delle proprie abilità;5) Far evolvere le conoscenze e le attitudini di ciascuno attra-verso mille stimoli culturali e sociali.

Le verifiche hanno dato un giu-dizio inappellabile: il corpo inse-gnanti è totalmente insufficiente in tutte le 5 discipline. L’elemento che ha maggiormen-te concorso alla nostra bocciatu-ra è stato il giudizio con il quale la maggior parte dei docenti ha definito gli allievi, la classe, il contesto e i percorsi di appren-dimento. Le frasi più usate nelle scuole sono state: “tu non sei in grado”, “tu non ti impegni abbastanza”, “voi non vi applicate”, “le fa-

miglie non vi educano più”, “tu non ce la fai”, “tu non ti com-porti bene”, “voi non ascoltate”, “voi non seguite”, “non c’è spe-ranza”… Utilizzando questo linguaggio quasi quotidianamente, ci siamo convinti che la riuscita scolastica dipendesse da qualcun altro al di fuori di noi e, in linea con questo pensiero, ci siamo concentrati a contare i voti e fare la media ma-tematica delle verifiche, dimo-strando a noi stessi e al mondo che un 3+ un 4+ un 5+ un 6 = l’allievo è insufficiente. Che confusione abbiamo fatto! Non abbiamo ricordato che i percorsi educativi si misurano in tutt’altro modo dai flussi finan-ziari!!! Avremmo dovuto guardare a quel miglioramento come un contadino che gioisce dei picco-li fili di grano che spuntano dal suolo dopo mesi di aridità e di incertezza…Invece no!

Dimenticando totalmente la pe-dagogia, abbiamo deciso che era meglio sottolineare che gioire: chi ha reso poco tutto l’anno, va punito, sempre e comunque, an-che se s’è tardivamente pentito e alla fine il 6 l’ha raggiunto. Così maturerà, imparerà, gli servirà da lezione…Eh si, cari, la nostra Scuola non ammette la volata del Giro d’I-talia! Con la coscienza alleggerita (puntare il dito permette di non riflettere su se stessi), ci siamo

consolati con la lamentazione, ripetendoci l’un l’altro le stesse fatiche, con la costanza di chi dice il rosario tutti i giorni.Non abbiamo neppure pensato di avere a disposizione un poten-ziale per cambiare la situazione! Se ci fossimo concentrati, se ci fossimo organizzati diversamen-te, se avessimo dedicato un po’ di tempo a pensare confrontando davvero le idee, studiando nuo-ve strategie, facendo qualche su-pervisione, senza demordere … tutti insieme… avremmo potuto aumentare l’autostima di Paolo che conclude la quinta elementa-re, credendo d’essere il “bulletto della classe” incapace di studia-re, ma bravissimo a provocare; avremmo provato e riprovato a catturare lo sguardo di Mattia, bocciato per la seconda volta nelle medie e ritrovare nei suoi

occhi spenti e annoiati dell’ulti-mo banco, la gioia per l’appren-dimento; e avremmo saputo in-coraggiare Marta e Claudio che hanno smesso di frequentare la quinta superiore, due mesi prima della fine, convinti di non farcela all’esame. Si, avremmo potuto fare mol-to! Un gruppo di “professioni-sti dell’educare” che dedica del tempo a pensare è una FORZA, un’intelligenza creativa, una possibilità, forse l’unica vera possibilità educativa per certi ra-gazzi. Perché non ce ne siamo ricorda-ti??? Se solo avessimo compreso a fondo la bellezza dell’insegna-re, ce l’avremmo fatta a chiudere con gioia piena questo anno! Peccato davvero d’esser stati bocciati per distrazione e incom-petenza.

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insonnia12 Giugno 2016

Il primo amore io quasi non me lo ricordavo. Per i tanti che sono venuti dopo, direbbe mia ma-dre. Perché mi piace vivere nel presente, non voltata indietro soffocata dalla malinconia, dico io. Devo davvero fare uno sforzo per rivedermi a quindici anni in quella piazza piena di motorini, con lo sfondo di mare e palme, e la statua di un tale che non ho mai saputo chi era. La panchi-na della nostra compagnia era la più vicina alla statale - forse l’ho presa là, fra sigarette e TIR, la mia bronchite cronica - e l’ap-puntamento era per le tre del po-meriggio, l’ora in cui gli adulti si buttavano sul letto. Io ero già io, allora, nel senso che ero alta come adesso e, se non una quarta, portavo già una seconda abbondante. Lui invece era un ragazzo secco e non molto alto, con una massa di capelli neri e una quantità di brufoli. Eppu-re mi piaceva - o così, almeno, mi piaceva pensare - e prima di andare alla panchina passavo il tempo a sostituire l’ombret-to satinato con quello perlato, e a spostare la riga dei capelli da sinistra a destra. La prima vol-ta che ci siamo baciati è andata soltanto così così, lui non sape-va bene cosa fare e io neanche, dopo diversi esperimenti quel pomeriggio abbiamo lasciato perdere. Le cose si sono aggiu-state dopo che certe amiche più esperte mi hanno spiegato il ruo-lo della lingua nella faccenda. Non ricordo se arrivò mai a toc-carmi le tette, perché l’estate era quasi finita e stavamo per tor-narcene a casa, in posti distanti. Non gli ho neanche mai scritto. Quello fu l’autunno in cui mio padre se ne andò di casa, avevo altre cose per la testa. Il primo amore non si scorda mai, dice il proverbio, anche se io quel ragazzino di trent’anni fa me l’ero completamente dimen-ticato. Almeno fino a oggi, quan-do quest’uomo, che adesso si guarda intorno nella mia bouti-que con un’aria un po’ spaesata, è entrato, è venuto verso di me e mi ha chiesto: “Ti ricordi di me?” L’ho guardato bene, ma non mi diceva niente. Alto e magro, abbronzato, capelli all’indietro, barba di tre giorni come si usa adesso, jeans Armani e camicia di lino, occhiali Tom Ford tirati

su, occhi castano chiaro. “Mi spiace” gli dico, “non ricor-do che ci siamo mai incontrati.” Lui alza gli occhi e si mette a contare. “Trent’anni” dice. “Ne avevamo quindici. Agosto, al mare…” E’ stato allora che ho ripensato a

quell’estate. “Tu sei…” comincio a dire, visto che neanche a morire mi viene in mente il nome. “Sono Roberto.” “Roberto!” ripeto, sollevata dall’imbarazzo, “certo che mi ricordo!” E adesso cosa gli dico, penso, mentre dico le cose che si dico-no, almeno credo, in questi casi: che bello rivederti, ti ricordi, sembra che gli anni non siano passati, eppure, trent’anni, qua-si una vita… Parlo, in attesa che levi le tende e mi lasci lavora-re. Veramente clienti non ce ne sono, è una mattina morta, e poi con la crisi, i franchising e gli outlet, andrà già bene se stasera entrerà un’impiegata che vuole consolarsi della sua giornata di stress con una gonna o una ca-micetta, prima di affrontare il secondo round con marito e figli. “Ti ricordi” sta dicendo lui “quella volta che…” “Quando abbiamo fatto il ba-gno di notte!” lo interrompo, perché di colpo mi è venuta in mente quella sera dopo la pizza, quando tutti ci siamo spogliati in spiaggia. “Tanto non si vedeva niente…” Sorride anche lui. “E con la bicicletta, ti ricordi?” Con la bicicletta prendevamo l’Aurelia e andavamo fino a Loano. I camion ci passavano a mezzo metro, e c’era l’aria più sporca del mondo. “Ma a Loano facevano il gela-to all’anguria…” dico, e mi ac-corgo di sospirare, perché mi è

tornato in bocca quel gusto, e ho rivisto le mie gambe di allo-ra che spingono sui pedali, forti e abbronzate, e senza un filo di cellulite. Sembra che costui abbia in men-te tutto di quell’estate: quanti bagni abbiamo fatto, in quante

spiagge siamo andati, e quella volta che, e quell’altra che… Io, che non ricordo quasi niente ma spero che non se ne accorga, ogni tanto butto lì, appena torna a galla, qualche pezzetto di me-moria. Però mi sento in colpa a vedere lui che invece ha conser-vato, come una spugna che le abbia assorbite, tutte quelle gior-nate, e adesso le strizza fuori, qui sul mio bancone, calde e vuote come allora, e piene di un lan-guore che mette malinconia. Lo interrompo e glielo dico, che mi sta facendo intristire, e a me la tristezza non piace. “Come mi hai trovata, piutto-sto?” “Passavo semplicemente qui da-vanti, e ho sempre avuto memo-ria per le facce.” Si appoggia al bancone lascian-domi vedere i suoi muscoli ab-bronzati. “E poi, guarda, tu non sei davve-ro cambiata.” Mi piacerebbe credergli, ma le vedo da me le rughe attorno agli occhi e la gonna che tira, ma pa-zienza, un complimento non si rifiuta mai e poi, se mi ha ricono-sciuta, un motivo ci sarà. Mentre io niente, più lo guardo e meno riesco a far combaciare la figura di quest’uomo con l’immagine sfuocata del ragazzo che mi è ri-masta in mente. Trent’anni non passano invano, penso mentre lui si guarda intorno. “Hai messo su un bel negozio, davvero, roba di qualità.” Sono contenta che l’abbia nota-to, io non tengo molti capi ma

quelli che ho sono davvero belli, non le solite cineserie che si ven-dono dappertutto. “Quella camicia, ad esempio…” L’occhio gli è caduto su una del-le camicie più belle, una Barba Napoli azzurra, molto elegante, che già a me è costata un bel po’. “Posso provarla?” mi chiede, e io mi dico che magari questo primo amore dimenticato mi porterà, oltre alla malinconia, un buon affare. Lui non tira neanche la tenda del camerino, si sfila la camicia di lino (che a guardarla bene, ades-so, mi sembra made in PRC) e si mette la Barba. Gli sta a pennel-lo, naturalmente, è una camicia ben fatta e lui ha il fisico adatto. “Ti ricordavo più magro” gli dico mentre valuto la curva del-le spalle, i pettorali e la pancia piatta, e la fantasia comincia a muoversi. Lui si mette a ridere e dice che è ancora cresciuto un bel po’, dopo quell’estate. “La prendo” dice guardandosi allo specchio, “se mi fai un buon prezzo.” Io calcolo rapidamente. Gli fac-cio un po’ di sconto, anche se non quello che farei ad un ami-co, visto che in fondo si tratta soltanto d’un vecchissimo primo amore. “Allora ci vediamo.” Batto lo scontrino e lo infilo, con la camicia ben piegata, nella bor-sa di carta col mio logo. “Potremmo mangiare insieme, una di queste sere” dice mentre prende la borsa e la posa accanto ai suoi piedi. “Perché no?” rispondo, mentre già penso al modo di non farmi trovare o che scusa usare, se mi sarà passata la voglia. Lui sorri-dendo mette la mano nella tasca dei jeans per prendere il portafo-glio, ma ecco, qualcosa non va, evidentemente il portafoglio non si trova, perché esplora più volte tutte la tasche, guarda anche per terra e nel camerino, poi mi dice, un po’ imbarazzato: “Devo aver dimenticato il porta-foglio in macchina. Ti dispiace se…” “Figurati” gli rispondo. “Ti aspetto.” Soltanto dopo che è uscito mi accorgo che si è portato via la borsa. Non è mai tornato, naturalmente, e io dalla rabbia ho chiuso un’o-ra prima e me ne sono andata a

PRIMO AMORE di Giulio Siccardi

Raccontami...

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insonnia 13Giugno 2016

casa, a sfogarmi col gelato e a maledire tutti gli amori, ma so-prattutto il primo. Poi stamattina sotto la soglia ho trovato il suo biglietto. Carissima, lascia che ti chieda scusa per la camicia. Mi servi-va davvero e, come avrai capito, in questo momento sono un po’ in difficoltà con i conti. C’è una cosa, però, che sono in debito di dirti. Noi due non c’eravamo mai visti, prima di ieri. Eppure, pensavo mentre ti guar-davo attraverso la vetrina, an-che questa donna così bella avrà passato un agosto al mare, a

quindici anni… Forse, amica mia, quell’estate non eravamo nella stessa piazza, e non eravamo proprio noi due, quei ragazzi sulla panchina che imparavano a baciare. Ma ha davvero importanza? Non butto via lo scontrino: se la tua camicia mi porterà fortuna, passerò a saldare i miei debiti. Ho messo il biglietto nel cassetto del bancone, ogni tanto lo rileg-go, e tutte le volte che la porta si apre guardo se è lui. E’ per la camicia, mi dico. Ma so che non è così.

entro dicembre 2016

2016

Centro diurno AlambiccoNON SMETTERE MAI DI SOGNAREdi Marisa Destito

Il 1° Maggio 2016 verrà ricordato come una domenica diversa dal solito e piena di emozioni. Vi chiederete per-ché, beh siamo andati allo stadio!!!!!L’idea di portare i ragazzi allo stadio è nata qualche anno fa, nella speran-za di far avverare il sogno di Youssef, un ragazzo post-traumatico che prima dell’incidente, come molti ragazzi della sua età, amava il gioco del cal-cio. Oltre a giocare in una squadra del nostro paese, Youssef è un gran tifoso del Milan.Noi operatori siamo convinti che la sua passione per la squadra rossone-ra non sia mai passata ed è per que-sto che, ogni lunedì mattina, appena Youssef arriva al Centro Alambicco commentiamo le partite e i risultati della domenica. Purtroppo è da qual-che anno che il Milan non ottiene grandissimi risultati, ma i veri tifosi non abbandonano mai la propria squa-dra, neppure nei momenti più bui.Ed è proprio in queste occasioni che Youssef ha dimostrato di non aver mai perso la passione per il Milan ed ha sempre riso di gusto alle battute sarca-stiche sulle prestazioni calcistiche dei giocatori.Con questo proposito abbiamo cer-cato e rincorso per diverso tempo il modo per poter portare alcuni ragazzi allo stadio San Siro….ed alla fine ci siamo riusciti. Si sono aggregati a noi due ragazzi provenienti da realtà vici-ne: Diego, dell’educativa territoriale di Fossano e Francesco, della Comu-nità La Vite di Cavallermaggiore.L’esperienza è stata a dir poco fanta-stica, nonostante il tempo non fosse dalla nostra parte; siamo partiti con la pioggia scrosciante ma non ci siamo persi d’animo.Diego racconta: “Eravamo in 6, un bel gruppo e mi sono divertito molto. E’ stato bello vedere i giocatori da vicino. La prossima partita che mi piacereb-be vedere è Milan-Juve per sfidare la squadra di Luca. Grazie a Luca, Maria Teresa e Marisa che mi hanno portato”Già le prime battute sul pulmino erano al vetriolo poiché due operatori erano tifosi di altre squadre. Nonostante i ragazzi arrivassero da realtà diverse, si è instaurato subito un bellissimo

rapporto all’insegna di battute, risate e divertimento.Francesco ricorda: “San Siro era tutto pieno. Io avevo due sciarpe del Milan. Ho fatto un urlo perché Balotelli si è mangiato un gol. Eravamo a bordo campo. Milan- Frosinone una bella partita 3 A 3. Io ho urlato talmente forte che mi è andata via la voce. Andando via Broc-chi ci ha dato una stretta di mano e io stavo per svenire!”La mia prima riflessione è stata: quan-do i tuoi sogni si avverano raggiungi la felicità, ma quando riesci a far avve-rare il sogno di un’altra persona è una sensazione indescrivibile.Quando abbiamo deciso di portare Youssef ero assalita dal dubbio che questa esperienza avrebbe potuto farci scoprire che non fosse ciò che real-mente lui voleva nel profondo e c’era la paura di fargli vivere una delusione. Entrati nello stadio hanno iniziato a cantare l’inno del Milan e il suo sorri-so mi ha fatto salire un brivido lungo la schiena e il dubbio è svanito. Il suo sguardo fisso verso la curva degli ultrà sembrava dicesse “il mio sogno si è

avverato”.Avrei voluto immortalare quell’istan-te…la sua espressione era estasiata, il volto era radioso al punto tale che faceva trapelare tantissima felicità ed una sensazione di libertà immensa.In quel momento abbiamo avuto la conferma che il sogno era vero, au-tentico .Il cammino però è stato tortuoso e ab-biamo sofferto sino alla fine, dovendo attendere il 90° minuto per poter tirare

un sospiro di sollievo per un meritato pareggio.Siamo entrati nel tuo sogno, lo abbia-mo vissuto con te sulla nostra pelle e ti abbiamo osservato con fierezza ed affetto….abbiamo accettato la sfida e l’abbiamo vinta!!! Credo sia doveroso ringraziare i ra-gazzi ed i colleghi per la bellissima esperienza, nonché per la piacevole giornata trascorsa insieme.

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insonnia14 Giugno 2016

CinCinema

LUI È TORNATOdi Cecilia Siccardi

bunker in cui il Fuhrer si suicidò nel 1945, Adolf Hitler si risve-glia. In lui si imbatte fortunosa-mente un regista squattrinato e fresco di licenziamento, che, con-vinto che quello strano individuo sia semplicemente un eccezionale imitatore comico di Hitler, pensa di approfittare dell’incontro per riguadagnarsi il suo posto in una redazione televisiva. I due inizia-no quindi un tour della Germania, filmando gli incontri del Fuhrer con i tedeschi. In breve, “il signor Hitler” diventa una star del web e della televisione, finché non di-venta molto difficile riuscire a di-stinguere un’inquietante realtà da

innocente finzione.“Lui è tornato”, diretto da David Wnendt, si basa sull’omonimo romanzo di Timur Vermes. Gira-to come un documentario, il film sviluppa come tema principale l’influenza dei mezzi di comu-nicazione moderni sulle masse, sottolineando come la superficia-lità possa portare a sottovalutare meccanismi di condizionamento che sono già stati usati in passato. Un film, dunque, sull’importanza di ricordare: sarcastico, pungente e grottesco, “Lui è tornato” colpi-sce e fa riflettere.

ASSOCIAZIONE COMUNI VIRTUOSI E IL FESTIVAL DELLA LENTEZZAA cura di Castagnotto Giacomo

Alcuni anni fa, e precisamente nel maggio del 2005, alcuni piccoli co-muni decisero di associarsi e costituire una rete che si è diffusa poco per volta su tutto il territorio nazionale.Come recita il loro statuto, “L’AS-SOCIAZIONE NAZIONALE DEI COMUNI VIRTUOSI è una rete di Enti locali, che opera a favore di una armoniosa e sostenibile gestione dei propri territori, diffondendo verso i cittadini nuove consapevolezze e stili di vita all’insegna della sostenibilità, sperimentando buone pratiche attra-verso l’attuazione di progetti concreti, ed economicamente vantaggiosi, le-gati alla gestione del territorio, all’ef-ficienza e al risparmio energetico, a nuovi stili di vita e alla partecipazione attiva dei cittadini.”La cosa che ci sembra interessante è l’idea di “fare rete” tra realtà italiane a volte anche molto distanti tra loro. Per ciascun comune può essere uno sti-molo vedere che alcune “buone prati-che “ si stanno realizzando in altre re-altà e possono quindi essere importate anche sul proprio territorio.Sempre dallo statuto viene riportato che l’associazione “nasce per pro-muovere un progetto culturale, la cul-tura del buon senso, per creare una forte sinergia tra realtà anche molto diverse tra loro, ma dalla cui rela-

zione può emergere un forte impulso all’affermazione di scelte e stili di vita attenti alla conservazione dell’am-biente. Per promuovere la cultura del buon senso occorre coinvolgere la comunità intera ed il Comune, quale punto di riferimento per la comunità.”Il coinvolgimento dei cittadini è a nostro avviso il secondo punto forza dell’associazione. I progetti che ven-gono realizzati sul territorio comunale avranno garanzia di continuità, pro-prio perché seguiti e co-partecipati dalla gente. Inoltre l’associazione “ritiene che sia necessario diminuire l’impronta eco-logica di un Ente locale, attraverso una proposta culturale, un modello di de-crescita attento alla conserva-zione delle risorse, alla compatibilità ambientale e alla valorizzazione delle differenze locali. intende promuovere verso le Pubbliche Amministrazioni un modello che tenga responsabil-mente conto delle risorse disponibili, che possa essere sostenuto nel tempo e quindi durevole, ponendo come cen-tralità dell’azione politica e ammini-strativa la questione ambientale. Per ambire e raggiungere tale obbiettivo, occorre puntare sulle risorse miglio-ri: la qualità della vita, del paesaggio e dell’ambiente, della storia e della cultura di ogni luogo. Occorre consu-

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI COMUNI VIRTUOSI

Piazza G. Matteotti, 17 60030 Monsano (AN)C.F. 91025950428Tel. 073161931 - Fax 0731619339http://[email protected]: Gianluca Fioretti Sindaco di Monsano (AN) +39 3483963300Coordinatore: Marco Boschini Assessore di Colorno (PR) +39 3346535965

Questo mese vi vogliamo presentare una esperienza alquanto singolare ed interessante: l’associazione dei “Comuni Virtuosi”.

mare meno territorio, meno energia e meno risorse per ottenere risultati mi-gliori, senza abbassare il livello delle garanzie sociali ed ambientali.”La questione ambientale è sicuramen-te centrale nell’attività dei comuni vir-tuosi. A tal proposito viene spontaneo domandarsi se la nuova esperienza di raccolta differenziata a Racconigi, non possa diventare stimolo per altri comuni che fanno più fatica a livello ambientale. Come invece su turismo ed ospitalità potrebbero esserci buone pratiche a cui attingere per progettare qualcosa di nuovo ed efficace nel no-stro territorio comunale. Questo è il bello di mettersi in rete.

Riepilogando le cinque linee guida che orientano l’associazione sono:GESTIONE DEL TERRITORIO - (Opzione cementificazione zero, recu-pero e riqualificazione aree dismesse, progettazione e programmazione del territorio partecipata, bioedilizia, etc.);IMPRONTA ECOLOGICA DELLA MACCHINA COMUNALE - (effi-cienza energetica, acquisti verdi, men-

se biologiche, etc.);RIFIUTI - (raccolta differenziata por-ta a porta spinta, progetti per la ridu-zione dei rifiuti e riuso, etc);MOBILITÀ SOSTENIBILE - (car-sharing, car-pooling, traporto pubblico integrato, piedibus, scelta di carburanti alternativi al petrolio e meno inquinanti, etc.);NUOVI STILI DI VITA - (progetti per stimolare nella cittadinanza scelte quotidiane sobrie e sostenibili, quali:autoproduzione, filiera corta, cibo biologico e di stagione, sostegno alla costituzione di gruppi di acquisto, turismo ed ospitalità sostenibili, pro-mozione della cultura della pace, coo-perazione e solidarietà, disimballo dei territori, diffusione commercio equo e solidale, autoproduzione, finanza eti-ca, etc.).Tutti questi temi saranno oggetto di incontro e confronto nel convegno annuale organizzato dall’associazio-ne. Quest’anno il tema centrale del convegno che si svolgerà a Colorno (provincia di Pama) dal 17 al 19 Giu-gno sarà la “LENTEZZA”.

Berlino, 2014. Esattamente nel punto in cui, un tempo, sorgeva il

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LibLibri

Simonetta Agnello Hornby “Caffè amaro”

2016, pp. 348, € 18,00 FELTRINELLI Editore Disponibile anche in e-book

Maria Marra è la protagonista del ro-manzo che percorre mezzo secolo di storia d’Italia dalla fine dell’’800 alla metà del ‘900 e ne narra la vita intensa e a volte difficile in un periodo storico attraversato da cambiamenti politici, economici e culturali che rivoluzione-ranno completamente l’esistenza degli italiani. É una giovane quindicenne con idee rivoluzionarie per i tempi, desiderosa di avere una vita autonoma e indipen-dente, amante dello studio e decisa a coronare il sogno di diventare inse-gnante per aiutare i poveri analfabeti, seguendo le convinzioni del padre, avvocato di idee socialiste, caduto in disgrazia nel mondo dei proprietari terrieri e dei ricchi nobili per essere

stato a favore del movimento dei Fasci Siciliani, il primo esempio di lotta or-ganizzata contro la mafia.Cresce in una famiglia di solidi prin-cipi, con i genitori, i fratelli e soprat-tutto con il giovane Giosuè, figlio di un amico del padre che ha perso la vita proprio durante gli scontri tra esercito e dimostranti in difesa dei diritti degli ultimi ai tempi dei Fasci, del quale l’avvocato ha promesso di occuparsi: proprio questo giovane che diventerà un importante intellettuale e intrapren-derà la carriera militare sarà fonda-mentale per la crescita culturale e in-tellettuale di Maria con la sua presenza e i suoi scritti e l’aiuterà a coronare il suo sogno di prendere il diploma per l’insegnamento.Ma l’incontro casuale con Pietro Sala, giovane rampollo trentacinquenne di una famiglia benestante, amante del gioco e delle donne, grande viaggia-tore ma persona inconcludente, che si innamora a prima vista della fan-ciulla, colpito dalla sua avvenenza e dalla sua bellezza acerba, cambia la vita di Maria: accetta di diventare sua moglie affascinata dal miraggio di una vita agiata e dal desiderio di viaggiare, conoscere, allargare i propri confini culturali e in fondo consolidando il de-siderio di terminare gli studi.E il loro sarà un amore intenso e du-revole pur tra mille difficoltà: la gio-

a cura di Anastasia

vane crescerà con il marito, diventerà madre, maturerà, consapevole di avere un ruolo importante nella famiglia del marito, dove sarà da molta parte osteg-giata e odiata ma apprezzata ed amata dal suocero che farà di lei una buona imprenditrice pronta a lottare per mi-gliorare le condizioni economiche e i diritti dei salariati, dei più’ poveri, di coloro che alle loro dipendenze lavo-rano nelle miniere di zolfo in condizio-ni disumane.Sullo sfondo del romanzo scorrono le vicende storiche e sociali che hanno segnato la nascita e la formazione del-la nostra Italia: il passaggio dal mon-do prevalentemente agricolo a quello industriale, il contrasto costante tra il Nord in via di modernizzazione e il Sud ancora povero ed arretrato, mondi uniti solo nominalmente ma divisi nel-la realtà; i periodi della prima e soprat-tutto della seconda guerra mondiale, che segnerà profondamente la nostra protagonista, il neocolonialismo fal-limentare intrapreso dal nostro paese che tanta sofferenza porterà tra le po-polazioni dell’Africa ma soprattutto la miseria, l’analfabetismo e l’illegalità contro i quali la nostra cercherà sem-

pre di lottare.E quando Maria raggiungerà il pieno della maturità un evento segnerà la sua vita: un grande amore di cui non aveva compreso l’esistenza accompagnerà gli ultimi anni rendendo tutto ancora più ricco e intenso.Ora che questa donna matura ha tocca-to il massimo della felicità non vuole più il “caffè amaro” bevuto per tut-ta la vita: ora desidera un “bel caffè zuccherato” a coronamento di quanto di meraviglioso è riuscita ad ottenere nella sua esistenza.

12 giugno 2016 - ore 21,45 - Fossato Castello degli Acaja di Fossano - Progetto CantoregiLA VITA NON É CHE UN’OMBRA CHE CAMMINAdi Vincenzo Gamna, Marco Pautasso, Margy Mordentiregia di Koji Miyazaki

13 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico Carte Blanche-Centro Nazionale Teatro e Carcere-Compa-gnia della FortezzaMERCUZIO E ALTRE UTOPIE REALIZZATERegia Armando Punzo

14 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico di RacconigiSTASERA SONO IN VENAdi e con Oscar De Summa - Una produzione La Corte Ospitale

16 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico di RacconigiProgetto CantoregiIL PARADISO DI VINCENZOSerata in memoria e onore di Vincenzo Gamna

19 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico di RacconigiMutamento Zona CastaliaALBA DELL’ORRIDO DI ELVA

20 giugno 2016 – ore 21,45 - Salone d’Ercole Castello Reale di RacconigiCompagnia Abbondanza BertoniI DREAM

21 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico di RacconigiKronoteatroCANNIBALI

23 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatri-co di RacconigiMario PerrottaMILITE GNOTO - QUINDICIDICIOTTO

28 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico di RacconigiFaber TeaterEMIGRANTIRegia di Aldo Pasquero e Giuseppe Morrone 29 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatri-co di RacconigiTeatro della CadutaLA SIGNORINA FELICITA OVVERO LA FELICITÁ (Studio)Regia di Massimo Betti Merlin

30 giugno 2016 - ore 21,45 - Parco ex Ospedale Psichiatrico di RacconigiBabilonia TeatriINFERNOCon Enrico Castellani

4 luglio 2016 - ore 21,45 - Teatro Comunale di CarignanoProgetto CantoregiIL PRETE GIUSTODi Vincenzo Gamna e Marco PautassoRegia di Koji Miyazaki

La Fabbrica delle idee RACCONIGI FESTIVAL 2016

INGRESSO € 10,00 - Ridotto € 7,[email protected] - www.progettocantoregi.itPrenotazioni: 3358482321Gli spettacoli al parco ex O. P. di Racconigi, in caso di pioggia, avranno luogo alla Chiesa di St. Croce.

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insonnia16

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009Direttore responsabile Spessa AndreaRedazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Mario Monasterolo Anna Maria Olivero, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Grazia LiprandiSede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti [email protected] Conto corrente postale n° 000003828255Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 2000 copie

Giugno 2016

MusMusica

Lo studio del gruppo è preso in considerazione in molti ambiti, che vanno dalla psicologia so-ciale, alla antropologia cultura-le, dalla sociologia alla etologia, ma non facciamoci spaventare dai paroloni, vogliamo sem-plicemente dire che non siamo solo noi di insonnia che ci inte-ressiamo a questi fenomeni ma che ci sono numerose scienze sociali che studiano questi com-portamenti.Semplificando possiamo far convergere molte analisi in una unica definizione di gruppo:“Insieme di individui che in-teragiscono fra loro, influen-zandosi reciprocamente, e che condividono, più o meno con-sapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e norme compor-tamentali” Umberto Galimberti.Il gruppo, dunque, non è una “folla”, non è la “massa”, la “popolazione” ma non è neppu-re una ”famiglia”. Coloro che fanno parte del gruppo interagi-scono fra di loro, più il gruppo è grande più le relazioni interne sono formali o addirittura ine-sistenti, più il gruppo è piccolo più è possibile indentificarsi in esso ma non perché all’interno

GALLO DANILOTHINKING BEATS WHERE MIND DIESdi Giuseppe Cavaglieri

La Parco della Musica Re-cords presenta il nuovo album di composizioni originali di Danilo Gallo con il suo quar-tetto Dark Dry Tears dal tito-lo Thinking beats where mind dies. Danilo Gallo, bassista ec-clettico, trasversale, creativo, rischiatutto, sempre pronto e curioso verso nuove avventu-re, forma questo quartetto che vede uniti insieme a lui il fuo-riclasse batterista Jim Black,

uno dei più importanti esponen-ti del “downtown newyorkese”, gli italiani, ma residenti all’este-ro, Francesco Bearzatti (Fran-cia), amico di mille peripezie col Tinissima 4et e Francesco Bigoni (Danimarca), co-avven-turiero del collettivo El Gallo Rojo, entrambi al sax tenore e clarinetto. Quindi una front-line praticamente “doppiata” nelle voci. Con questo gruppo Danilo Gallo dà suono alla sua anima più recondita, malinconi-ca-punk-retrorock-grunge-me-lodica, dandole la possibilità di lubrificarsi attraverso la musica, usando il linguaggio universale del jazz, rispettato e poi striz-zato dai componenti del grup-po, permettendo alle lacrime di quell’anima, oscure e asciutte, di fluire.Danilo Gallo. Sommo produt-tore di gravità ritmiche. Per far ciò usa il contrabbasso, il bas-so elettrico, il basso acustico, le balalaike basse, il liuto con-trabbasso. Danilo è membro ed emanazione del collettivo El Gallo Rojo Records (www.elgallorojorecords.com). Ha in-crociato i suoni e i rumori con

Uri Caine, Cuong Vu, Marc Ri-bot, Gary Lucas, Chris Speed, Rob Mazurek, Wayne Horvitz, Steven Bernstein, Elliot Sharp, Anthony Coleman, Ben Pe-rowsky, Jim Black, Ralph Ales-si, Tom Rainey, Angelica San-chez, Mike Patton, Napoleon Maddox, Jessica Lurie, Alexan-der Balanescu, Bob Mintzer,

Benny Golson, John Tchicai, Famoudou Don Moye, Steve Grossman, Francesco Bear-zatti, Giancarlo Schiaffini, tra gli altri.Danilo è il vincitore del Re-ferendum indetto da Musica Jazz “Top Jazz 2010” come miglior bassista.

esistono relazioni parentali. I gruppi di cui stiamo parlando, affinché abbiano senso, debbono avere scopi stabiliti e bisogna che alcune relazioni interne siano ben strutturate. Queste caratteristiche, se sono coscientemente praticate, possono far scaturire la coesione interna, ma ci sono ancora altri elementi dai quali la coesione dipende, esempio: più il gruppo è piccolo e più viene individuato come minoritario e più aumenta la coesione fino a far sentire ai com-ponenti il senso di appartenenza. Si arriva a questo risultato anche attraverso il frequente contatto, l’identificazione con le norme, i valori e atteggiamenti e mediante l’omogeneità (ovvero la tendenza dei componenti ad assomigliarsi rispetto a certe caratteristiche che si ritengono importanti).Senza questi elementi, un rag-gruppamento, non si può addi-rittura definire gruppo; manca il collante senza il quale, a lungo andare, non sta insieme.Spesso dentro un qualunque grup-po si creano ruoli, più o meno strutturati, tali che uno o più dei componenti stessi diventino le-ader, anche in modo spontaneo. Oggi, però, il controllo della istin-

tività, da parte del leader, non è più ritenuto un valore perché pre-vale la spontaneità individuale, assurta essa stessa a valore.Proviamo a tirare le somme: i gruppi di un tempo che avevano un impegno nel sociale si identifi-cavano nei partiti dove gli scopi, le dinamiche, i leader erano ben chiari e definiti. Oggi nelle for-mazioni spontanee tutto è meno definito, spesso per scelta, e così si vengono a creare significative divergenze tra i membri che an-ziché portare ad una crescita di pensiero e idee conducono l’ag-gressività, prima proiettata all’e-sterno, ad essere esercitata all’in-terno; si creano fra i membri due o più poli e i sottogruppi difficil-

mente potranno riunificarsi.Spesso il gruppo, già esiguo, scompare!Non sono solo i giovani quelli che spariscono dal panorama, è una conclusione che tocca tutti se non vengono tenute nella giusta considerazione le dinamiche ed i principi fondamentali di queste. Questa non vorrebbe essere una conclusione ma uno stimolo ad aprire un dibattito sul tema sulle nostre pagine, sarebbe bello; op-pure a trovare il modo di riunire un po’ di gente che abbia avu-to esperienze di gruppi magari scomparsi o di gruppi tutt’ora esistenti, ma in cui si percepisco-no disagi. Possiamo farci anche aiutare da esperti, fateci sapere.

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

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