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LORENZA DALMASO
Deep Tissue Massage
DOCUMENTO PRE-CORSO
Edizioni ATLANTIS
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SOMMARIO
Capitolo 1
Il connettivo e la fascia pag. 1
Collagene ed elastina pag.3
Il collagene semiconduttore pag.6
Matrice e patologie pag. 7
La fascia pag 10
I recettori pag.13
I recettori sensoriali pag 14
La comunicazione sinaptica pag 18
La comunicazione cellulare pag. 20
I miofibroblasti pag 24
Biomeccanica della fascia profonda pag 25
La funzione di tensegrity pag. 28
La postura pag 28
Il ruolo dello stress pag 31
La relazione e il tempo pag 33
Allegato 1. Note sul tessuto connettivo (Langevin)
Allegato 2: Trigger point therapy
ii
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iii
INTRODUZIONE
Documentazione per gli iscritti al corso di Deep Tissue Massage.
Intende dare una piattaforma comune ad allievi provenienti da formazioni diverse
e in tal modo poter abbreviare la durata del corso.
Ovviamente va letto prima di frequentare.
Si ricorda che:
- il Deep Tissue Massage include Trigger Point Therapy e Joint Release in quanto
nella pratica non e' possibile fare le une senza le altre.
- parliamo di DTM americano nella formula originale, quello di base nella loro
fisioterapia come nella nostra e' lo svedese.
- e' la piattaforma su cui costuire molto altro terapeutico ma in particolare avvia
alla posturologia e, ancora piu' precisamente, quella nata questo lavoro e con esso
connaturata, che e' il Rolfing. Per il Rolfing rimandiamo alle scuole ufficiali e
www.rolfing.it.
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Il connettivo e la fascia
Fino a ieri il massoterapista si trovava di fronte ad una descrizione del corpo come una struttura ossea tenuta assieme da muscoli. Poi, negli anni 70 ha imparato che i muscoli sono organizzati in catene e che la tensione viaggia sulle catene cercando compensi. [A dire il vero dopo 40-‐50 anni sono pochi gli ortopedici che ci credono.] Allora non si sapeva nulla di fascia o matrici, esse non esistevano neppure negli atlanti anatomici visto che non servivano al chirurgo del '900 e dobbiamo andare molto indietro per trovare la loro descrizione. Pero' in America, era gia’ nata l'osteopatia. Negli anni 50 vari osteopati facevano i "medici ambulanti" e diffondevano conoscenze. Piano piano la fascia prende un posto di evidenza e spessore nello studio dell' anatomia. Questo ridefinira' gran parte della terapia manuale. L'Europa resiste. Dopotutto il massaggio svedese, il massaggio riflessogeno della Dicke/Leube, il Mezieres, il Souchard.. erano prodotti locali, avevano creato stuoli di terapisti, il mercato conosceva il prodotto e la fascia fu lasciata ai pochi osteopati inglesi. Solo in anni recentissimi, l'osteopatia si diffonde. Lo fa anche in misura eccessiva. Lo fa al punto che grandissimi osteopati di vecchia scuola oggi la disconoscono tanto e' massificata e uscita dai canoni. Tuttavia gran parte dei terapisti resta ancorata alle vecchie terapie o tutt' al piu' integra pezzetti di osteopatia nel proprio sapere. Complice in questo la classe medica per la quale l'anatomia e' ancora chirurgica e complice il piu' generale degrado formativo. Ora procediamo per passaggi alla fine dei quali sara’ chiaro perche' lavoriamo in questa maniera e che senso ha. Conosciamo tutti i tessuti connettivi. Lo dice la parola: connettono. Sono di vari tipi: denso, lasso, adiposo, cartilagineo, osseo. Anche linfa e sangue sono tessuti connettivi. Il tessuto connettivo e' la base di tutta la fascia. Rappresenta praticamente il 70% dei tessuti umani. Qualsiasi nome abbia, ha sempre la stessa
L'anatomia e' chirurgica. Le terapie sono muscolari
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struttura anatomica embrionale. Tra un osso ed una aponeurosi, ad esempio, non vi e’una fondamentale differenza. La sola differenza e’ la distribuzione degli elementi che li costituiscono e le sostanze fissate.
Embriologicamente la maggior parte dei tessuti connettivi derivano dal mesoderma. Alcuni tessuti connettivi del cranio derivano direttamente dal neuroectoderma.
Quello che fino a poco fa era considerato un tessuto di connessione e riempimento, e’in realta’ un sistema o organo con innumerevoli fondamentali funzioni. La cosa e' stata vista e sviluppata da Ida Rolf ancora negli anni 50 che ha correttamente chiamato questo sistema "l'organo della forma" in quanto presiede alla forma fisico/estetica che ha un corpo.
Funzioni del tessuto connettivo: mantenimento della postura, connessione e protezione organi, equilibrio acido-‐basico, metabolismo idrosalino, equilibrio elettrico ed osmotico, circolazione sanguinea, conduzione nervosa, propriocezione, coordinazione motoria, barriera ai batteri, sistema immunitario (leucociti, mastociti, macrofagi, plasmacellule), processi infiammatori. riparazione e riempimento zone danneggiate, riserva energetica di lipidi, acqua ed elettroliti, riserva di 1/3 delle proteine plasmatiche, comunicazione intercellulare ed extra-‐intracellulare.
Ma e' la fascia quello che ci interessa. Che cosa 'e la fascia? Descritta meglio piu' avnti, la fascia e' una rete ininterrotta che lega tutto, avvolge fibre muscolari e organi e che si presenta molto diversa: qui sottilissima, la’ densa fino a diventare tendinea. E' una rete infinita, continua, priva di interruzioni che lega le strutture, avvolge le singole fibre muscolari, permette a un muscolo di estendersi e contrarsi come un pistone in una camera, si fa durissima dove deve legarsi ad un osso e morbida ed elastica dove deve sostenere visceri.
La fascia e' una rete senza fine
Il "connettivo" sono tessuti diversi. Fascia e Matrice ne fanno parte e determinano un sistema, un vero organo, l' organo della forma.
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Questi tessuti sono immersi nella cosiddetta Sostanza Fondamentale o Matrice o Matrix o Liquido lacunare. Matrix: lo dice il nome stesso e' generatrice. E' una sostanza, fluida o gelatinosa che troviamo a partire fin dall' esterno della cellula. Ed e' uno dei principali luoghi di trasformazione, di processi metabolici, di nutrimento e depurazione. Questa sostanza permette il funzionamento della fascia. Questo insieme: fascia e matrice, che Ida Rolf chiamava "l'organo della forma" e' un vero e proprio interessantissimo laboratorio biochimico.
Questo insieme di tessuti composto da un solo elemento ha portato la nozione di "globalita'" sulla quale si basano tutte le tecniche moderne di terapia manuale. Dalla globalita’ deriva che la minima tensione, che sia attiva o passiva, si ripercuote su tutto l' insieme. (il concetto della maglietta di Ida Rolf). Tutti gli elementi anatomici possono in tal modo essere considerati solidali gli uni agli altri. Ma non anticipiamo.
Collagene ed elastina Come tutti i tessuti, il connettivo e’ formato da cellule connettive: i blasti. Vi sono osteoblasti nell' osso, condroblasti nella cartilagine, fibroblasti nel tessuto fibroso. Queste cellule comunicano tutte attraverso i loro prolungamenti protoplasmatici. La loro fisiologia consiste nella secrezione di due proteine: -‐il collagene -‐l' elastina. E la fascia e' fatta principalmente di collegene ed elastina. Parliamo subito dell' elastina che e' la meno interessante.
Fascia e Matrice sono solidali
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I tessuti hanno bisogno di tre qualita’ per la propria funzione: essere robusti, resilienti ed elastici. Non basta robusti ed elastici, devono anche essere resilienti, ossia capaci di adattarsi alla situazione. Il perche' e' ovvio: se noi contraiamo un braccio per sollevare un peso o lo allunghiamo per afferrare qualcosa, il braccio deve poter tornare a riposo o non fara’ nessun altro gesto. E deve poter fare questa azione con pesi diversi, temperature diverse, stress e situazioni in generale diverse. Essere dunque resiliente. Ovviamente nei limiti comprensibili. Le fibre elastiche permettono questo e sono composte nella maggior parte di elastina. L'elastina e' una proteina idrofobica, ricca di glicina e prolina, si trova abbondante nei vasi sanguigni determinandone l'importantissima elasticita’. E' poi presente nei legamenti, nel polmone, nella cartilagine, nella vescica e nella cute. Nel derma la sua densita’ e volume tendono ad aumentare e l'elastina quando e' vecchia appare in genere ingrossata, quasi tumefatta, spesso spezzettata. L'elastina pero' e' una proteina di lunga durata e stabile. Vale a dire che ci viene data alla nascita e non possiamo modificarla con la terapia manuale come facciamo con il collagene. Dunque poco ci interessa. Il nostro focus e' invece il collagene. Facciamo un passo indietro: ogni piccola fibra muscolare e' avvolta dalla fascia, similmente a un pistone in una camera di compressione. O se si preferisce alla pompa di una bicicletta. Per scorrere la pompa deve essere lubrificata. A questo provvede la sostanza fondamentale o matrix o matrice extracellulare. Un liquido, fluido o gelatinoso, nel quale tutto e' immerso e che troviamo a partire dall' esterno delle singole cellule. La Matrice ExtraCellulare e’generalmente descritta come composta da alcune grandi classi di biomolecole: -‐Proteine strutturali (collageni ed elastina) -‐Proteine specializzate (fibrillina, fibronectina, laminina ecc.) -‐Proteoglicani (aggrecani, sindecani) e glusamminoglicani (ialuronani, condroitinsolfati, eparansolfati ecc.) Il tessuto connettivo (cartilagini, ossa, tendini, legamenti, fascia) e' costituito in misura molto importante dal collagene. Anzi, i collageni.
Elastina: proteina data e non modificabile
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Il collagene e' la piu' abbondante proteina del corpo umano. Struttura i nostri corpi, ossia da’ loro la forma (!), protegge e sostiene i tessuti piu' morbidi (pensiamo al viscerale) e li collega con lo scheletro. Ne esistono molti e diversi, ne sono stati identificati circa 42 tipi. Ognuno ha una sua particolare localizzazione e si ritiene che le loro diverse proprieta’ strutturali e meccaniche dipendano dalla loro miscela nelle fibre. I collageni sono glicoproteine fibrose che svolgono la loro funzione esclusivamente nel liquido interstiziale (o matrix o matrice extracellulare) I collegeni di tipo I (collagene fibrillare) appartengono alle ossa e i tendini e sono organizzati in tripla elica, alcuni possono creare legami incrociati di notevole resistenza strutturale, altri hanno una struttura interrotta che determina la flessibilita’. Importante notare che alcune proteine di tipo collagene o simili sono proteine di membrane e interagiscono con moltissime molecole. Sono fondamentali nel determinare la resilienza e la capacita’ delle nostre strutture a sostenere la tensione, la resistenza, la compressione. Negli USA lo chiamano familiarmente "glue" (colla). E come tutte le colle che conosciamo puo' essere densa fino a dura, fluida fino a semiliquida, poco adesiva o permanente. Chi crea collagene? I fibroblasti, le cellule muscolari liscie, ma anche l'epitelo genera collagene Quando? Soprattutto quando e' sottoposto a un lavoro con lo sforzo, l'esercizio, il carico. Il collagene non si comporta sempre nello stesso modo: esistono fibrille non orientate, i tendini hanno fasci di fibrille parallele, il derma le possiede eterogenee. Sappiamo che le fibre di collagene sono in grado di caricarsi d'acqua e scambiare ioni. Il che ci porta direttamente alla conduzione elettrica (ci si ricordi della pila imparata a scuola!). Ovviamente e' una corrente piezoelettrica e le fibre si comportando da semiconduttori.
Il collagene e' uno dei bersagli primari. E' un gel, colloso che diventa sol col calore e la pressione.
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Il collagene semiconduttore. I collageni di fibre associate con tripla elica interrotta ci interessano molto, fino ad essere uno dei focus del lavoro in massoterapia. In qualche modo il collagene viene prodotto e rimetabolizzato in funzione del carico meccanico che subisce e le sue proprieta’ visco-‐elastiche comportano, come vedremo dopo, un grosso impatto sulla postura dell'uomo. Ad ulteriore dimostrazione della capacita’ del collagene di modificarsi in base alle influenze ambientali, assumendo ad es. gradi variabili di rigidita’, elasticita’ e resistenza: esistono collageni FACIT (Fibril Associated Collagen with Interrupted Triple helices) in grado di agire funzionalmente come i proteoglicani. Per farla semplice: i proteoglicani sono costituenti legati a proteine e formano complessi proteici di peso elevato. Si legano a grandi quantita' di acqua formando gel idrati con alta densita' di cariche negative che attraggono acqua e cationi idrati. (Pro memoria: anodo-‐catodo-‐elettroni..nozioni basiche sulla pila). Questa idratazione crea uno stato di turgore nella matrice che la rende capace di essere resistente alle forze di compressione. Insomma potete immaginare un materasso di acqua. Non bastasse essendo pososi e idratati consentono la rapida diffusione di molecole idrosolubili e la migrazione di cellule. A questo punto capiamo come le fibre di collagene possiedono proprieta’ di biosensori e bioconduttori, come le loro cariche elettriche comportano una maggior capacita’ di legare acqua e scambiare ioni, quindi hanno una una maggior capacita’ elettrica. Sappiamo quindi che qualunque forza meccanica capace di generare una deformazione strutturale sollecita i legami inter-‐molecolari, produce un leggero flusso elettrico (corrente piezoelettrica). Le fibre di collagene distribuiscono le cariche positive sulla propria superficie convessa e le negative su quella concava, trasformandosi cosÍ in semiconduttori (consentono il flusso di elettroni sulla loro superficie a senso unico). Per gli "elettricisti": l'energia piezoelettrica, come la piroelettrica (da stimoli termici) viene neutralizzata dagli ioni circolanti in tempi brevissimi (ca. 10-‐7 secondi). La propagazione del segnale ha una velocita’ pari a circa 64 m/s (corrispondente alla conduzione delle fibre
Il colla-gel 'e idrato, carico elettricamente, bioconduttore. L' "energia" nasce qui.
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nervose veloci) Il forte momento dipolare e la capacita’ di risonanza facilitano la trasmissione dei segnali elettromagnetici. Pertanto la rete di collagene possiede anche la caratteristica di condurre segnali bioelettrici. Questi segnali possono comportare importanti modifiche biochimiche. Ad esempio Oschman rileva che gli osteoclasti non possono aggredire un osso piezoelettricamente carico. Matrice e patologie Le metalloproteasi (enzimi che richiedono la presenza di un metallo per agire-‐un genere zinco) viene regolata in maniera molto fine durante il rimodellamento dei tessuti. Tale regolazione ha una specie di controllo spaziale: i tessuti si organizzano creando un muro di inibitori dove necessita. Tutto questo sistema difensivo e’ovviamente sottoposto a numerose influenze. In particolare lo stress ossidativo e’ in grado di modificare profondamente la bilancia.
La matrice e' un tipo di materia composita e viva che, pur variando spesso il proprio status da sol a gel, resta sempre un ambiente ricco, molto complesso e sensibile ai fenomeni di base quali tossicosi intestinali, alterate fasi di depurazioni epatico-‐renale, acidificazioni e alterazioni vascolari.
L'equilibrio strutturale e metabolico extracellulare e' fondamentale nella regolamentazione degli scambi vitali di base.
L' alterazione di questi meccanismi di equilibrio e' visibile in quasi tutte le malattie croniche e degenerative. Molte malattie genetiche sono il risultato finale di mutazioni primitive di numerose molecole della Matrice. Numerose patologie croniche e degenerative presentano una tendenza all' acidosi e all' aumento dei radicali liberi, da cui l'importanza di mantenere il ph corporeo a ca. 7,4 cioe’ leggermente alcalino tramite una corretta alimentazione.
Le malattie degenerative iniziano nella Matrice
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Teniamo presente che non sempre e' un problema sistemico, ma talvolta locale, tissutale. Mentre nei grandi vasi le alterazioni ossidative e del pH vengono facilmente tamponate, nei tessuti e nei capillari l' acido viene spinto immediatamente fuori dalla cellula, attraverso le specifiche pompe, alterando i delicati scambi di gas e sostanze nutritizie.
Nel neurone, la mielina esercita una protezione dell' assone quasi completa ad eccezione di brevi spaziature: i nodi di Ranvier, dove l'assone si trova a diretto contatto con la Matrice da cui anche qui l' importanza del pH extracellulare per la salute del neurone.
E' poi facile osservare la connessione strutturale e funzionale degli adipociti e dei fibroblasti con i canali precollettori linfatici.
In caso di alterazione metabolica tissutale, fibroblastii e relative fibrille si decontraggono e la linfocinetica viene rallentata. Linfedema e lipoedema convergono creando un sistema linfo-‐adiposo-‐cellulare la cui nox sta proprio nelle alterazioni della Matrice.
La dieta, gia' vista, concorre a questo con l'eccesso di zuccheri che provoca eccesso di lipidi. L'assunzione di estrogeni inclusi negli alimenti (per via animale o per correzione del suolo agario) si sommano a quelli assunti farmacologicamente e vengono trasportati in forma libera dal sistema vascolare e distribuiti nel tessuto adiposo periferico provocando lipogenesi e ritenzione idrica.
Le alterazioni disbiotico-‐fermentative intestinali, in particolare a livello del colon per cattiva alimentazione, produrrebbero tossine che, attraverso il sistema vascolare, si fisserebbero nella Matrice. Le tossine assorbite provocherebbero alterazioni metaboliche a causa della loro azione acidificante e di ossidazione cellulare con conseguente rallentamento degli scambi metabolici e ritenzione idrica interstiziale.
Vengono poi a cerarsi scompensi cardio-‐circolatori che hanno origine nella matrice ma che portano sofferenza al cuore. (anomalie strutturali dell'interstizio cardiaco) La Matrice, ed in particolare il collagene, giocano un ruolo vitale a carico dei reni con lesioni croniche tubulo-‐
Importanza del ph tissutale e scompensi a cascata
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interstiziali legate al calo dell' attivita’ secretoria renale, che, a sua volta provoca altri danni.
Pareti inspessite e tessuto connettivo iperprodotto, lo troviamo nei casi di infertilita', osteoartrite, discopatie, glaucoma, distacchi di retina, steatosi, infezioni, necrosi. Anche l'apparato respiratorio e' sensibile alla matrice e , per es. in caso di asma sono presenti modifiche strutturali di varie componenti della Matrice fra cui collagene e glicoproteine.
Ogni molecola ed elettrone dell' organismo presenta una rotazione ed una vibrazione fisiologica propria e tipica, che viene alterata in stati patologici, in modo particolare, in quelli cronici e degenerativi. La Matrice soggiace pertanto anche a leggi fisiche di tipo elettromagnetico per conservare il suo stato naturale di sol, permettendo la circolazione di quell' energia che rappresenta il motore principale di tutti gli scambi cellulari e tessutali di base. Le alterazioni fisico-‐energetiche associandosi a quelle biochimiche innescano patologie croniche e degenerative tramite lo squilibrio funzionale delle metalloproteasi.
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Le fasce.
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Fra i vari tipi di tessuto connettivo, la fascia e’ il Medium che ci conduce alla postura.
Prendendo spunto dalla schematizzazione in 4 fogli proposta da Frank Willard
si puo' considerare la fascia suddivisa in circa quattro strati fra loro interconnessi.
1) Lo strato piú esterno, presente sotto il derma, rappresenta la fascia superficiale.
A livello del capo questa fascia si continua nella galea capitis (o galea aponeurotica), mentre si fonde con la fascia profonda a livello della pianta del piede (formando i retinacoli del talo) e del palmo delle mano (retinacoli del carpo).
La fascia superficiale e’ composta da tessuto connettivo lasso e adiposo pertanto il suo spessore, oltre che dalla localizzazione, dipende dalla nostra alimentazione. Tramite fibre, tale fascia forma un continuum con derma ed epidermide verso l' esterno e, al contempo, si áncora ai tessuti e organi sottostanti. La fascia superficiale rappresenta un'importante sede di stoccaggio di acqua e grasso e protegge da deformazioni e insulti meccanici e termici (strato isolante); e’ una via di passaggio per nervi e vasi sanguigni e permette lo scorrimento della pelle sopra la fascia profonda. Come la fascia profonda presenta poca vascolarizzazione.
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2) Sotto la fascia superficiale abbiamo la fascia profonda, detta anche cervico-‐toraco-‐lombare, che rappresenta uno strato piuttosto coeso intorno al corpo (tronco e arti). E'costituita da tessuto connettivo denso irregolare, formato da fibre collagene ondulate e da fibre elastiche (disposte secondo andamento trasversale, longitudinale e obliquo) e forma una membrana che riveste la parte esterna muscolare. Questa guaina ricopre il corpo estendendosi dal cranio verso gli arti superiori (fino a fondersi con la fascia superficiale a livello dei retinacoli del palmo della mano) e anteriormente passa sotto i muscoli pettorali, ricopre i muscoli intercostali, le coste, l' aponeurosi addominale e si connette alla pelvi. La fascia profonda gira posteriormente connettendosi ai processi trasversi e poi alle apofisi spinose formando quindi due comparti (destro e sinistro) contenenti i muscoli paravertebrali.
A livello dell'osso sacro, tale fascia forma un nodo inasportabile fuso con l'osso e dove convergono i vari compartimenti fasciali del corpo e da cui si diparte la porzione di fascia profonda che percorre gli arti inferiori fino a fondersi con la fascia superficiale, a livello della pianta del piede nei retinacoli del talo.
Caratteristica distintiva della fascia profonda e’quella di formare dei comparti strutturali e funzionali, ossia contenenti determinati gruppi muscolari con innervazione specifica.
Il compartimento conferisce anche delle caratteristiche morfo-‐funzionali specifiche al muscolo: un muscolo che si contrae all' interno di una guaina sviluppa una pressione che sostiene la contrazione stessa. I muscoli del trasverso, per es. costituiscono la parte attiva della fascia toraco-‐lombare. A livello del singolo muscolo, la fascia profonda entra in contatto, tramite i setti, le aponeurosi e i tendini con l'epimisio, quel tessuto connettivo fibro-‐elastico che riveste l'intero muscolo. Questa fascia e’direttamente collegata ai fusi neuromuscolari e agli organi tendinei del Golgi. Come la fascia superficiale, la fascia profonda e’ scarsamente vascolarizzata, e' connessa con la fascia viscerale e la meningea e fornisce vie di passaggio per nervi e vasi. Riveste un' enorme importanza posturale.
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3) Nella della fascia profonda, la fascia viscerale e’ una colonna fasciale che forma il mediastino. La porzione maggiore di questa fascia la si trova intorno agli organi toracici, sull'asse mediano. Il mediastino toracico continua quindi con quello addominale fungendo anche da grosso condotto per i fluidi. A livello addominale la fascia endoaddominale si diparte dalla colonna per rivestire completamente gli organi sospesi. In alcuni punti la fascia viscerale tende a specializzarsi, ad es. si ispessisce intorno ai reni per proteggerli.
Questa fascia presenta quindi il grande vantaggio di poter creare degli scomparti ma, essendo anche un deposito di grasso, puo' creare problematiche di massa deformando la cavita’ corporea.
4) Nella fascia profonda, dietro la viscerale, abbiamo la fascia meningea che racchiude l’intero sistema nervoso centrale. La fascia meningea possiede funzione protettiva e nutritiva del sistema nervoso centrale.
I recettori.
Con il collagene sono la parte piu' importante, affascinante e delicata del nostro lavoro.
Per semplicitá di spiegazione e memorizzazione, distinguiamo i recettori in due grandi classi:
-‐ i recettori sensoriali e i recettori della comunicazione cellulare
Pariamo dai primi che sono quelli noti da decenni.
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I recettori sensoriali e la funzione sensoriale
Tutto il nostro corpo è costellato di recettori. I piu' conosciuti sono suddivisi in:
-‐esterocettori, localizzati sulla superficie del corpo o in prossimita' di essa;
-‐enterocettori, localizzati all'interno del corpo;
-‐propriocettori, localizzati nella struttura muscolo-‐ tendinea e nelle articolazioni.
I piu' importanti sono:
-‐ i fusi neuromuscolari che si trovano nelle fibre muscolari e registrano i cambiamenti di tensione dando informazioni di contrazione, velocita' e ampiezza. Se il muscolo viene contratto si pongono a riposo inviando stimoli blandi al sistema nervoso centrale. Quando, invece, il muscolo viene allungato repentinamente causano una immediata risposta di tipo contrattile. I fusi hanno un ruolo importante nel mantenimento della postura in quanto garantiscono il tono ottimale dei muscoli della statica.
-‐ Gli organi tendinei del Golgi che informano sulla forza di contrazione e reagiscono allo stiramento producendo un rilascio del muscolo (riflesso inverso da stiramento). In sostanza, proteggono le fibre muscolari da possibili lacerazioni dovute ad un'azione troppo brusca e violenta.
-‐ I recettori di Pacini ed i corpuscoli di Ruffini sono situati all'interno delle capsule articolari. Danno informazioni sulla ampiezza, velocita' e senso del movimento. Quando il muscolo viene teso eccessivamente o con eccessiva velocita' il SNC risponde con lo stretch reflex allo scopo di proteggere il muscolo da lesioni ed evitare un ulteriore pericoloso allungamento.
I recettori, in ogni loro forma e modo mandano al SNC informazioni alle quali il SNC risponde con esecuzioni, modulazioni, adattamenti. E questo riguarda anche gli equilibri biochimici e il vegetativo.
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-‐ terminazioni libere (informazioni sensitive)
-‐ chemorecettori stimolati da sostanze chimiche sono importantissimi nella regolarizzazione del metabolismo dei tessuti stimolato dal massaggio.
-‐ i nocicettori. Il dolore è un fenomeno complesso, che include componenti soggettive e obiettive generando segnali che vengono interpretati dal SNC come dolore.
Per queste vere e proprie vie di comunicazione con passaggi, svincoli, cancelli e segnali, il SNC riceve informazioni che sono importanti sia per la propriocezione in se' sia per il il costituirsi ed il permanere dello schema corporeo e di tutte le sue correlazioni.
A seconda della natura dello stimolo, i recettori sensoriali sono classificati in Meccanorecettori e Propriocettori.
I Meccanorecettori: rispondono alle modificazioni meccaniche Al loro centro troviamo diramazioni assoniche amieliniche che presentano dei canali ionici meccanosensitivi. Tra i più importanti canali ionici, i canali meccanosensitivi sono i meno compresi. Questi, per essere attivati, necessitano di cambiamenti elettrostatici della membrana circostante o dell’allungamento di questa.
a) I recettori tattili del derma:
-‐i corpuscoli o dischi di Merkel che percepiscono il contatto prolungato e la pressione con la pelle.
– i corpuscoli di Ruffini per la pressione profonda
– i corpuscoli di Meissner, recettori per vibrazioni a bassa frequenza (50 Hz)
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– i corpuscoli di Pacini che percepiscono le vibrazioni ad alta frequenza che muovono i tessuti.
– le fibre nervose libere che rilevano segnali tattili, pressori, di stiramento, dolore e temperatura
La presenza di meccanocettori, in grado di comportare effetti a livello locale e generale, e’ stata abbondantemente riscontrata nella fascia fin nei legamenti viscerali e nella dura madre cefalica e spinale (sacco durale). In un nervo misto la quantita’ di fibre sensitive supera di gran lunga quelle motorie. Nell’innervazione muscolare tali fibre sensitive derivano dai noti recettori del Golgi, Ruffini, Pacini e Paciniformi mentre tutta la restante parte ha origine dai recettori interstiziali (fibre tipo III e IV). Questi piccoli recettori, che per lo piu' agiscono come terminazioni nervose libere, sono i piu' numerosi nel nostro organismo e sono ubiquitari, pertanto presenti sia negli interstizi muscolari che nella fascia. L'attivazione, in determinati stati patologici di recettori interstiziali sensibili sia a stimoli dolorifici che meccanici puo' generare sindromi dolorose in assenza delle classiche irritazioni nervosecome per es potrebbe essere una compressione radicolare.
Questo network sensoriale oltre ad avere una funzione di rilevamento afferente del posizionamento e del movimento dei segmenti corporei, influenza il sistema nervoso autonomo. Vale a dire la regolazione della pressione sanguinea, il battito cardiaco, la respirazione sintonizzandole in maniera molto precisa alle esigenze tissutali locali, inducendolo a variare la pressione locale di arteriole e capillari presenti nella fascia, influenzando cosÍ il passaggio di plasma dai vasi alla matrice extracellulare variandone quindi la viscosita’ locale. Inoltre, la stimolazione dei recettori interstiziali, cosÍ come quella dei recettori di Ruffini, e’ in grado di incrementare il tono vagale generando cambiamento globali a livello neuromuscolare, corticale ed endocrino ed emozionale concernenti un profondo e benefico rilassamento.
Peso e lentezza sono determinanti nel lavoro sulla fascia.
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I propriocettori: aiutano a coordinare il movimento. Percepiscono e rispondono al movimento, alla tensione muscolare, alla posizione del corpo nello spazio Sono costituiti dalle terminazioni nervose che inviano impulsi i quali, attraverso il midollo spinale, giungono alle aree cerebrali che elaborano le informazioni sulla posizione e sul movimento e generano una risposta, piú o meno adeguata per l’esecuzione.
Sono: – i fusi muscolari, che identificano il movimento muscolare; – gli organi tendinei di Golgi, che identificano lo stiramento dei muscoli e dei tendini che legano i muscoli alle ossa;
– i recettori articolari (sensori delle capsule) che identificano il movimento dei legamenti;
– l’apparato vestibolare, responsabile del mantenimento dell’equilibrio (quando pensiamo all’orecchio, pensiamo all’udito. Invece la sua principale funzione è il mantenimento dell’equilibrio corporeo).
[ Abbiamo poi
– i nocicettori: consistono di terminazioni nervose libere che rispondono al dolore o sensazioni estreme.
– i recettori uditivi;
-‐ i termici che rispondono alle temperature;
-‐ i chemiorecettori: rispondono a stimoli chimici come gusto e olfatto;
-‐ barorecettori: rispondono alla variazione di pressione;
-‐ igrorecettori: rispondono alla variazione di umidità;
-‐ fotorecettori: rispondono a stimoli luminosi;
– osmorecettori: rispondono all’osmolarità, quindi alla sete;
I recettori sono un network che porta informazioni dalla periferia al centro e viceversa.
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-‐ elettrorecettori: rispondono alle variazioni del campo elettrico di organismi viventi.]
Tutti questi comunicano per via sinaptica.
La comunicazione sinaptica.
E la via di comunicazione standard fra la periferia e il SNC, come imparato a scuola.
Abbiamo sinapsi elettriche a conduzione velocissima (scarse nei mammiferi, per lo piu' riguardano la retina) e sinapsi chimiche che funzionano con un mediatore.
L'impulso, sotto forma elettrica arriva con un certo potenziale sulla membrana presinaptica ove sono le vescicole sinaptiche contenenti molecole di sostanza trasmettitrice. (neurotrasmettitori) Gli ioni del Calcio (Ca++) modificano il potenziale di membrana e determinano l'apertura delle vescicole sinaptiche che stanno addossate alla terminazione. Aprendosi liberano nello spazio intrasinaptico il neurotrasmettitore che contengono e che trova, nella membrana postsinaptica, i suoi propri recettori. Si aprono così canali che permettono un passaggio di ioni nella post sinapsi. A seconda del tipo di impulso, del neurotrasmettitore, del recettore postsinaptico viene originata una conseguenza che può essere un movimento come una modificazione cellulare o un altro effetto biologico.
Il primo mediatore trovato e studiato fu l'acetilcolina. L’acetilcolina viene immagazzinata in vescicole nella terminazione presinaptica. Quando arriva l’impulso elettrico le vescicole si agganciano alla membrana presinaptica e l’acetilcolina viene liberata in uno spazio detto sinaptico. A questo punto l’acetilcolina può andare a occupare i recettori situati sulla membrana postsinaptica, depolarizzandola e dando il via alla formazione di un potenziale d’azione nella fibra nervosa o nella fibra muscolare che ha stimolato.
Nell' immagine seguente vediamo una sinapsi.
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Il punto essenziale da focalizzare e' che i neuroni utilizzano i potenziali d’azione lungo gli assoni fino alle sinapsi, dove trovano i neurotrasmettitori. In risposta al potenziale d’azione i neurotrasmettitori si legano ai loro recettori sulla membrana postsinaptica, scatenando infine un ulteriore potenziale d’azione per poi essere degradati da enzimi specifici (ad esempio acetilcolinesterasi).
Notare che la comunicazione sinaptica è nell’ordine di un millisecondo. Questa comunicazione é la qualitá dell’ “energia”, la sua spiegazione, la chiave di volta del Deep Massage, del Chua k’a e di lavori psicocorporei molto specifici come il Rolfing. Varie terapie “energetiche” troverebbero qui la loro spiegazione, se mai volessero accettarla uscendo dai misticismi e dalle cosmologie.
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Ecco, diciamo che in una seduta di Deep Massage fatta bene, tutti questi elementi vengono coinvolti, che é una seduta a due solo apparente, di fatto lo studio é affollatissimo.
Tuttavia da alcuni anni sono stati studiati altri modi in cui avviene la comunicazione nel nostro corpo.. E passiamo alla comunicazione cellulare. Questa non ignora la via sinaptica ma per lo piu' avviene via ligandi . Vediamo meglio.
La comunicazione cellulare.
Viene definita come l’insieme dei processi che permettono il dialogo tra due o più cellule di un organismo in risposta a segnali specifici.
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Le cellule comunicano tra loro a lunghe o brevi distanze (anche all’interno della stessa cellula) secernendo molecole extracellulari (ligandi). Queste molecole sono catturate da recettori che sono per lo piú proteine transmembrana.
Ne conosciamo migliaia e possono essere secrete dentrola matrice extracellulare o in fluidi specifici come il sangue.
I recettori sono proteine che legano specifiche molecole. La specializzazione di una cellula determina quali tipi di recettori siano espressi e quali invece non vengano espressi. Un recettore può contribuire a determinare la risposta cellulare ad una molecola di segnalazione in base al suo stato d’attivazione.
Si distinguono recettori di superficie e recettori nucleari.
a) I recettori di superficie.
Legano molecole di segnalazione che non riuscirebbero ad attraversare la membrana plasmatica in nessun altro modo essendo idrofiliche (come alcuni neurotrasmettitori) e sono la tipologia di recettori più comune.
Si distinguono tre grandi classi
– collegati a canali ionici (v. sinapsi)
– collegati a proteine G : attivandole legano la guanosina trifosfato (GTP) coinvolta nel trasferimento di energia entro la cellula: per ogni ripetizione del ciclo di Krebs, viene generata una molecola di GTP che viene subito convertita in ATP.
Le cellule comunicano fra loro attraverso i ligandi catturati dai recettori transmebrana
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– collegati ad enzimi, proteine transmembrana a singolo passaggio che possono agire direttamente come enzimi o attivare altri enzimi
Esistono poi recettori di superficie che non sono associati a nessuna delle tre.
b) I recettori nucleari .
Legano molecole lipofile che possono attraversare liberamente la membrana plasmatica e legarvisi successivamente; in quest’ultimo caso sono di norma anche proteine che regolano i geni.
Una delle categorie più frequenti di molecole che scatenano una risposta cellulare sono gli ormoni.
L’unirsi del ligando con il suo specifico recettore scatena una attivazione che puó essere molto variabile.
La variabilitá dipende anche da fattori quantitativi. Alcune cellule per esempio rispondono diversamente a seconda della concentrazione più o meno alta di una determinata molecola di segnale. Una volta attivato un segnale, a cascata si attivano più vie di segnalazione intracellulari, i secondi messaggeri.
I secondi messaggeri sono piccole molecole di segnalazione intracellulare generate in risposta all’attivazione dei recettori. In questo modo il segnale viene amplificato, così che per una singola molecola di ligando legata al recettore siano generate centinaia o migliaia di molecole di secondo messaggero.
Si costituisce cosí una cascata o una rete proteica di segnalazione.
I ligandi piu' frequenti sono ormoni
Una volta partito il segnale, scattato il ligando, la comunicazione e' come una staffetta, scattano i secondi messaggeri ed avviene a cascata
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Come nella telefonia ci sono sono trasduttori, amplificatori, integratori, diffusori, livellatori, trasportati delle proteine verso una determinata destinazione nella cellula o altre proteine segnale.
Le vie di segnalazione coinvolgono proteine semplici ma anche complesse, interconnesse tra loro e possono coinvolgere anche ioni inorganici, fosfolipidi, steroidi e loro derivati.
Queste proteine portano il segnale a proteine effettrici quelle cioé che generano una risposta, reazioni chimiche di attivazione o disattivazione. Le effettrici agiscono su altri bersagli scatenando la risposta finale che può essere l’alterazione genica, l’alterazione del metabolismo, la creazione di complessi proteici, il movimento della cellula per azione sul citoscheletro, ecc.
La loro particolaritá é un’emivita breve con alto turnover affinché possano essere regolate dalla cellula e rimpiazzate al loro esaurirsi con una proteina pronta alla segnalazione.
Regolazione del segnale
I due principali modi con cui una cellula regola le proprie proteine di segnalazione sono il feedback negativo e il feedback positivo. Nel feedback negativo un segnale in uscita inibisce la sua stessa produzione o abbrevia o limita il livello della risposta. Nel feedback positivo un segnale in uscita favorisce la sua produzione, amplificandola. In certi casi la aumenta fortemente, tanto che oltre una certa soglia diviene improvvisamente molto più attivo e resta moderatamente attivo anche quando il segnale è cessato. Si parla in tal caso di sistema instabile.
NB: I suddetti recettori non vanno confusi con quelli sensoriali anche quando usano le stesse vie sinaptiche di comunicazione.
la fine della cascata e' l'arrivo su proteine deputate alla risposta
La risposta puo' essere negativa o positiva. In ogni caso modula il segnale.
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I Miofibroblasti
Scoperti nel 1970, i miofibroblasti sono cellule del tessuto connettivo interposte alle fibre collagene fasciali con capacita’ contrattili simili alla muscolatura liscia (contengono actina). Hanno un ruolo importante nella guarigione delle ferite, nella fibrosi dei tessuti e nelle contratture patologiche. I miofibroblasti si contraggono attivamente in situazioni infiammatorie, quali morbo di Dupuytren, artrite reumatoide, cirrosi epatica. In condizioni fisiologiche si trovano nella pelle, milza, utero, ovaie, vasi circolatori, setti polmonari, legamenti periodontali.
Data la configurazione della distribuzione di tali cellule contrattili all’interno della fascia, il probabile ruolo di queste strutture contrattili e’ quello di sistema di tensione supplementare tale da sinergizzare la contrazione muscolare fornendo un vantaggio in situazioni di pericolo per la sopravvivenza (lotta e/o fuga). E’ inoltre molto probabile che tramite tali fibre muscolari lisce il sistema nervoso autonomo possa pre-‐tensionare la fascia indipendente dal tono muscolare.
[Nota. Queste due ultime osservazioni ci portano:
-‐ alle tensioni come considerate da Peter Levine nei casi di trauma e ne discende l'utilita' del lavoro fasciale nei traumi;
-‐alla osservazione (Schleip e Godard) che il soleo si pretensiona al solo pensiero del movimento]
La presenza di tali cellule nelle capsule di rivestimento degli organi spiegherebbe ad es. come la milza possa rimpicciolirsi fino a meta’ del suo volume in pochi minuti. Il fenomeno e' stato osservato da Schleip nei cani in situazioni di sforzo strenuo.
Il lavoro fasciale sulle cicatrici, le fibrosi, le contratture, alcune infiammazioni trova una ragione di essere.
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La contrazione delle fibre muscolari lisce e’ ottenuta tramite l’attivazione del sistema nervoso simpatico come per mezzo di sostanze vasocostrittrici quali la serotonina e l’anidride carbonica (CO2). Quest’ultima crea un ulteriore legame fra comportamento della fascia e pH corporeo. Risulta significativo che la maggior parte dei pazienti affetti da fibromialgia o stanchezza cronica presentino una cronica iperventilazione franca o borderline (con conseguente aumento di alcalinita’ per carenza di CO2 nel sangue), nonche’alti livelli inusuali di serotina nel liquido cerebrospinale. La serotina, infine, abbassa la soglia di attivazione dei nocicettori il che indicherebbe che il dolore fibromialgico possa essere causato in parte dalla contrazione della fascia (disfunzione motoria) e ancor piu' dall’alterazione della sensibilita’ dei nocicettori. ]
Biomeccanica della fascia profonda
La fascia toraco-‐lombare, dal punto di vista biomeccanico, riveste il fondamentale compito di minimizzare lo stress sulla colonna vertebrale e ottimizzare la locomozione. Considerando opportunamente la fascia, si potranno sfatare alcune comuni convinzioni basate su ipotesi, seppur suggestive, in realta’ mai dimostrate.
Gli studi dimostrano che il disco intervertebrale raramente viene distrutto per pura compressione assiale, in quanto il corpo vertebrale viene distrutto molto prima dell’anulus fibroso. Il piatto articolare del corpo vertebrale si rompe per pura compressione a ca. 220 kg. Il metamero vertebrale si rompe a ca 1.200 kg e l’anulus fibroso a 400 kg, subisce solo un 10% di deformazione.
Dunque la compressione assiale non e’ in grado di creare fissurazioni dell’anulus e danni alle faccette articolari a meno di violenti impatti. Invece, la compressione associata alla torsione si e’dimostrata in grado di danneggiare le fibre dell’anulus e i legamenti capsulari delle faccette
Il lvoro fasciale nella fibromialgia ha una forte ragione di essere per carenza di CO2 e attivazione serotoninica dei nocicettori
Le ernie non sono da solo carico ma da carico con rotazione. Nello sforzo non e' tanto implicato il disco ma il collagene che agisce come fune e leva.
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articolari; nei casi estremi vi e’ l’erniazione. Un’ernia del disco, salvo rare eccezioni, e’quindi scatenata da sforzi di taglio associati a compressione. Tutto cio' fa pensare che il disco intervertebrale non sia un sufficiente sistema di ammortizzazione e trasmissione di carichi ma, in realta’, un convertitore di energia.
Negli anni 40, Bartelink propose l’idea, ancor oggi comunemente accettata, che, per sollevare un peso, i muscoli erettori spinali agiscono sulle apofisi spinose delle relative vertebre aiutati dalla pressione intra-‐addominale che, a sua volta, spingerebbe sul diaframma.
Il modello di Bartelink assume un senso se si introduce la fascia. Durante il sollevamento del peso, flettendo la colonna col bacino in retroversione (ossia tensionando al meglio la fascia), i muscoli erettori hanno poco bisogno di attivarsi. Il sollevamento avviene soprattutto per azione dei muscoli estensori della coscia sulle anche (ischiocrurali e grandi glutei) e della fascia. Nei campioni olimpici si e’verificato che lo sforzo e’suddiviso in 80% fascia e 20% muscoli. E quindi il collagene che svolge gran parte del lavoro, in quanto, fungendo come un cavo, non consuma praticamente energia; in piu', grazie alla sue inserzioni creste iliache-‐apofisi spinose, si posiziona praticamente al di fuori del corpo, presentando il vantaggio di essere lontano dal fulcro della leva di sollevamento (braccio di leva maggiore). Si tratta di una scelta evolutiva forzata, in quanto muscoli erettori per essere in grado di sollevare oltre 50 kg avrebbero dovuto incrementare la loro massa occupando cosÍ tutta la cavita’ addominale. I supplementi di forza (muscoli e fascia) sono stati pertanto posizionati al di fuori della cavita’ addominale. I muscoli erettori (multifidi) e la pressione intraddominale, insieme ai muscoli psoas, regolano in realta’ tridimensionalmente la lordosi lombare, assumendo cosÍ un importante ruolo di modulatori del trasferimento delle forze tra muscoli e fascia.
La pressione addominale interna, infatti, non comprime significativamente il diaframma; essa, in realta’, agisce sulla lordosi lombare e quindi sulla trasmissione delle forze tra muscoli e fascia. La pressione intraddominale infatti appiattisce la fascia facendo sÍ che i muscoli addominali trasversi (che costituiscono la parte attiva della
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fascia dorso-‐lombare in quanto alle sue fibre sono attaccati margini liberi di essa) trazionino sullo stesso piano della fascia.
Quando la pressione intraddominale e’ bassa tale meccanismo e’disabilitato e ogni azione dei muscoli addominali (del muscolo retto in particolare) conduce ad una flessione del tronco. In altre parole se la tensione dei muscoli addominali interni e’alta, la regione lombare va in iperlordosi estendendosi, mentre se la pressione nell’addome e’ bassa la colonna puo' flettersi con il bacino in retroversione, tendendo cosÍ la fascia. Retrovertere il bacino prima di iniziare il sollevamento in flessione e’ un atteggiamento tipico delle persone che sollevano pesi senza problemi. In quest’ultima condizione inoltre vi e’una minore opposizione alla pressione sanguigna sistolica, quindi il sangue scorre meglio verso le estremita’ (in qualche modo il nostro sistema muscolo-‐scheletrico fa in modo che non vi sia un a eccessiva pressione interna addominale cosÍ da preservare la circolazione sanguinea periferica). Pertanto la fascia puo' fornire il suo importante contribuito durante la flessione della colonna se si diminuisce la tensione addominale (Gracovetsky, 1985).
IDA ROLF in Il Rolfing e la realta' fisica, Astrolabio, pag.138, dice: " La fascia e' una rete di sottile tessuto elastico che esiste in strati continui in tutto il corpo. I muscoli e le ossa sono organizzati e sostenuti da questa rete, come pure tutti gli elementi che costituiscono il corpo umano. La forma che riconosciamo come “individuo”, il suo aspetto formale, estetico e' dovuto alla fascia. La posizione, il tono e la condizione della fascia rendono le gambe di una persona riconoscibili come sue o fanno sì che il collo e la testa di un'altra siano facilmente riconoscibili anche a distanza.”
Quanto sopra e' stato modulato, integrato , adattato e corretto prendendolo da testi di dispense, lezioni, appunti in .pdf e .ppt dei corsi universitari. Chi ritenesse che sia stato copiato da testi protetti da copy puo' informarci ma parrebbe esseci stato un unico testo copiato perfino nelle tesi
Il bacino in retroversione e' la chiave della lordosi e della postura. Piu' studiamo la postura piu' si capisce che il lavoro deve essere fatto sul pavimento.
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. La funzione di tensegrity
Due parole sulla funzione di tensegrity. Dobbiamo il concetto all' architetto Richard Buckminster Fuller : in un sistema la stabilità dell'equilibrio è data dalle forze di tensione. Questo ribalta in concetto che invece siano le forze di compressione. Prendiamo la struttura corpo, essa è chiusa e legata da tiranti, 'e una tensostruttura. Per quanto la si deformi essa resterà intatta rottura o una deformazione molto pesante per fare sì che essa perda la funzionalità.
La postura
La postura è mediata dai recettori posturali. Una funzione così importante non è delegata ad un solo organo o apparato ma richiede un intero sistema. Per poter sfruttare la gravità, l'organismo deve possedere una serie di informazioni che gli provengono da esterocettori che informano il Sistema Tonico della propria posizione, dello stato, vista, udito, ecc. e che usano l'orecchio interno, l'occhio e il piede; da endocettori che riguardano le afferenze interne e sono divisi in 2 grandi categorie: propriocettori che coinvolgono la percezione di sé, es. la tensione dei legamenti, la posizione delle ossa, ecc ed enterocettori o informatori viscerali.
Il Sistema Tonico Posturale è dunque l' esito di una serie di input che dai recettori arrivano al SNC provocando una risposta. E' qui che giace la ragione per la quale
Il corpo e' una tensostruttura
La postura nasce dal piede e dall' occhio/orecchio. Salvo difetti audio-oculari prevale il piede. Successivamente si forma per l'effetto "risonanza" ossia l'adeguamento all' ambiente. La struttura osteo craniale e' sporadicamente rilevante solo in caso di lesioni.
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molte terapie posturali non hanno un successo stabile.
Una postura nasce dalla sesta settimana di vita circa quando il bambino inizia ad estendere il collo attivando la muscolatura posteriore del collo in contrasto con la forza di gravità. Successivamente “gattonando” presenta una notevole cifosi lombare associata ad una lordosi cervicale ma impara a controllare il peso della testa con la muscolatura posta superiormente al cingolo scapolare. Quando inizia a fare i primi tentativi per rimanere in posizione eretta e quindi camminare si forma la lordosi lombare.
A circa dodici mesi di vita si ha il passaggio alla postura eretta. A quel punto entra in funzione il sistema propriocettivo del piede che è responsabile di quelle informazioni che struttureranno le curve della colonna entro i 6 anni. in contemporanea si stabilizza la funzione visiva o l'allineamento dell'occhio e l'orecchio
[Nota Contemporaneamente giungono a maturazione deglutizione e masticazione. Ciò ha indotto posturopati e dentisti a darle una responsabilità primaria nella deformazione dell' assetto in ciò dimenticando che il sistema oculomotorio e podalico funzionano molto più ininterrottamente nella quotidianità di quello masticatorio. Almeno si spera. Per non parlare del respiratorio]
Il completamento dello sviluppo della funzione posturale avviene invece abitualmente verso gli 11-‐12 anni. Tutti gli esterocettori (orecchio interno, occhio e piede) hanno dunque captato le informazioni provenienti dall'ambiente e inviate al Sistema Tonico Posturale il quale le ha stabilizzate.
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Prendere nota che enorme incidenza sulla postura lo ha :
1. l'effetto di adeguamento/imitazione. chiarissimo nella foto.
2. l'effetto "risonanza". Un concetto che non riesce ad entrare nella terapia europea ma che e' un punto capitolare nell' ambiente della danza. L'effetto risonanza puo' anche essere sfruttato terapeuticamente. Un terapista che insegna un movimento e lo esegua insieme col paziente non come modello di fronte a lui, separato da lui ma come "compagno" di movimento, sincronico, trasmette l'esistenza di oscillazioni, di natura elettromagnetica e i vari componenti, le varie parti, vanno tra di loro in accordo di fase. Il modo piu' semplice per testarlo e' usare il respiro col paziente. Accordare il respiro al suo e poi via via portarlo vicino al nostro. Vederemo che molte volte i due ritmi si allineano. Consapevoli che comunque e' un concetto difficile da mettere per iscritto ma esplosivo se provato. Lo si puo' approfondire nel lavoro di Hubert Godard o Kevin Frank.
In conclusione. 1. si dimostra che i diversi tessuti viscoelastici che costituiscono la fascia (legamenti, tendini, capsule, dischi, etc) sono anche organi di senso. Diversi tipi di recettori, capaci di monitorare la tensione, l’allungamento, la pressione, la velocità, il dolore, etc. sono localizzati in questi tessuti e creano un meccanismo di feed-‐back neurologico attraverso il quale si ottiene una reazione di riflesso. Questa agisce sui muscoli per mantenere la stabilità e la sicurezza nelle articolazioni così come provvede al coordinamento del movimento. Le rotture nella fascia dovute a danni o a usura provocano anche distorsioni nel meccanismo di feed-‐back e disordini neurologici che espongono i tessuti a un maggior danneggiamento o a lesioni del movimento. 2. Fra tutte queste strutture esiste un flusso di comunicazione Comprendiamo ora perchè il nostro lavoro di terapisti corporei deve necessariamente essere: 1. globale. 2. meccanico su tutto tessuto. 3. esteso sul tessuto profondo, quello che non e' raggiunto dalle tecniche piu' in uso. 4. accompagnato ad un lavoro educativo -‐ percettivo di consapevolezza che si ottiene anche con il movimento.
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Ruolo dello stress Dobbiamo a Selye uno studio approfondito dello stress e di come le tensioni muscolari diventinocontrazioni o rigidita'. Sono basilari, a tal proposito, le intuizioni riportate nel testo "Lo stress della vita", pubblicato nel 1956, secondo cui lo stress e' uno stato fisico aspecifico, che induce patologie nell'uomo con le relative conseguenze e sottolinea che la causa principale della sindrome da stress e' da ricercarsi proprio in un'alterazione del tessuto connettivo e, in particolare, delle fasce,cosicche' stress ingaggia stress in una catena infinita e degenerativaSeyle scrive questo nel....1956. In Europa lo stiamo recependo oggi. Dopo situazioni di stress, la maggior parte degli individui manifesta, a livello inconscio, i propri disturbi assumendo posture goffe, irrigidendo o curvando la schiena e, intuitivamente, cerca di alleviare questi disturbi "riposando". L'interazione dell'uomo fisico con il campo gravitazionale, che lo circonda, evidenzia il ruolo della gravita' nell'indurre situazioni di stress. Il sistema muscolo-‐scheletrico, specialmente la sua componente fasciale, fa da intermediario tra l'individuo e il suo ambiente esterno e il bilanciamento strutturale comincia proprio nei componenti fasciali del corpo, agendo sulla chimica e, quindi, sulla fisiologia dell'organismo Tuttavia, nonostante l'interesse generale suscitato, non si mise a frutto quel bagaglio di conoscenze scientifiche che avrebbe potuto accrescere lo stato di benessere psico-‐fisico dell'individuo e nessuno ha tratto la logica conclusione che la forza gravitazionale costituisce una delle cause principali dello stress psico-‐fisico. Gravita' e blocchi. Dobbiamo a Ida Rolf , biochimica ed osteopata, le annotazioni di cui sotto e di come le tensioni disorganizzino il corpo rispetto alla forza di gravita'. Se il sistema fasciale viene considerato come un complesso funzionale, piuttosto che una pura somma di tessuti, diventa evidente che esso rappresenta un organo di supporto, ossia una fitta rete di fasce unitaria e resiliente che inizia, trasmette e determina il movimento, così come avvolge e supporta ogni singolo elemento corporeo. La tensione tra i segmenti corporei altera il modello di movimento. In un
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corpo irregolare, ogni movimento evoca risposta, non solo dai muscoli direttamente coinvolti (e i loro antagonisti), ma anche da un coro di altre unita'. Alcuni di questi gruppi che accompagnano possono interferire, o limitare, il movimento invece di supportarlo. Lo sforzo del corpo di sostenere, cementare o alleviare la parte colpita, diventa un ostacolo al buon funzionamento muscolare. Incidenti, posture abituali o la drammatizzazione di un atteggiamento emozionale puo' distorcere l'allineamento verticale ma spetta alla fascia il compito di adeguarsi per trattenere i blocchi uniti. Il corpo, spesso reagisce alla tensione irrigidendo e ispessendo le fasce muscolari e, se questo processo diventa stabile, anche l'alterazione muscolare che ne consegue diventera' cronica. Ci sono molti modelli di disintegrazione o deterioramento corporeo. Una volta iniziati, i modelli di disintegrazione sono automaticamente progressivi. L'effetto disorganizzante della gravita', in un sistema sbilanciato, aumenta il coinvolgimento dei gruppi di muscoli che compensano. Ma, probabilmente, l'interruzione basilare piu' comune e' l'interferenza meccanica anche se puo' cominciare da una situazione temporanea per es. una caviglia distorta. Cio' permette alla gravita' di imporre la sua forza direzionale sugli elementi strutturali. Con il tempo, il fenomeno si allarga. Le modificazioni penetrano a diversi livelli di profondita' e in diverse aree. Percio', un trauma "temporaneo" puo' trasformarsi in una restrizione cronica e si rispecchiera' in una funzione fisiologica inappropriata in molti livelli e a diverse profondita'. Questo processo e' reversibile, la struttura fasciale puo' essere riorganizzata, a condizione che venga riorganizzata nel suo complesso. Il riallineamento verticale appropriato dei segmenti pesanti restaura l'ordine della struttura e bilancia la funzione corporale. Ripristinare lo schema richiede ben piu' che un allungamento muscolare casuale, irregolare, di un'area localizzata. Il funzionamento efficace, continuo e spontaneo della macchina energetica che noi chiamiamo uomo, richiede che tutte le parti vitali della macchina siano libere di muoversi reciprocamente. La caratteristica di un corpo irregolare e' una mancata cooperazione di questi muscoli. Se la tensione e' presente da lungo tempo, liberarla localmente, anche se e' il punto originale dell'impatto traumatico, non allevia realmente. Un alleggerimento fondamentale dello stress fisico dipende dall'allineamento verticale dei centri di gravita' di tutti i maggiori blocchi ponderali (testa, torace, pelvi). Liberato da questa tendenze il carico negativo della gravita' sembra
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trasformarsi in un innalzamento che sostiene. La cipolla e l'organizzazione. Il lavoro manipolativo attuale con la fascia richiede di ricordare l'umile cipolla. Strati giacciono dentro altri strati. Gli strati piu' profondi possono essere raggiunti solo se i piu' superficiali perdono la loro rigidita' che la ferma nello sbilanciamento. Con qualsiasi pressione manipolativa avviene uno stimolo di energia meccanica ma se la pressione manipolativa e' disegnata per far slittare la posizione della fascia nella normale direzione richiesta, lo stimolo energetico diventa specifico. Il tessuto fasciale mosso nella direzione specifica e' organizzato. L'insieme di tessuti che fanno questo sono organizzati e relazionati. Liberazione-‐organizzazione-‐relazione sono le chiavi di un mutamento anche psicologico. Le conseguenze psicologiche. Lo stress fisico riflette sofferenza emozionale; il sollievo dalla compressione fisica influisce marcatamente sulla infelicita' emozionale. La struttura nell'uomo, in stazione eretta, puo' essere analizzata in termini di linee orizzontali e verticali, linee immaginarie disegnate attraverso punti reali dell'uomo. Percio', la spina iliaca antero -‐ superiore, o il centro della rotula, devono riposare su una linea orizzontale. Nella misura in cui il corpo corrisponde a questa direttiva, lo consideriamo bilanciato. Un sistema di misurazione affidabile, per valutare il bilanciamento, e' il modello di movimento che il corpo rivela nell'azione. Un corpo bilanciato si sente leggero e la gravita' non lo trascina piu' verso il basso. Questo, seguito da un programma che stimoli un corretto movimento, crea un benessere che la persona trova notevole e lo stress e' risolto. La persona si definisce "aperta" e sono iniziati i mutamenti nella coscienza. Da questo l’importanza di un lavoro che coniughi rilassamento e lavoro biomeccanico sulla fascia La relazione e il tempo Sono due cose fondamentali. Dobbiamo entrare in relazione con quel
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muscolo, quella fibra, quelle strutture. Esse hanno una tempra, un carattere, un umore e ci parlano come in natura ci parla un fiore, un albero, un paesaggio. Percepirle significa capire chi sono anche a volte indipendentemente dal paziente. Parliamo del loro carattere in relazione agli altri muscoli, parliamo di un “corpo musicale” fatto di elementi che suonano o stonano. Dobbiamo parlare con lui, lei o loro, dobbiamo indurre lo stonato a relazionarsi con l'orchestra e diventare intonato o meno stonato. Dobbiamo capire che un quadrato dei lombi facilmente è un “tipo duro”, poco ragionevole, ostinato e forse poco intelligente. Che lo psoas è un soggetto volubile, si impegna troppo o troppo poco, facilmente presenta anomalie anatomiche, questo stesso fatto lo fa essere un soggetto bizzarro, uno spilungone che si inchioda intestardito nel pretende di gestire il quadrato, i rotatori e l'equilibrio del bacino. E come tutti gli alti e lunghi è sensibile ai “colpi di vento” ossia a un intervento rapido e brusco. Liberate uno psoas a un calciatore con la pubalgia e vi sarà riconoscente. Ed ecco che abbiamo già relazionato lo poas con gli adduttori... “mettere in relazione” “avere un corpo relazionato” e alla fine "organizzato' diceva Ida Rolf e lo sa bene chi ha fatto esperienza di schiena che non regge, gambe che tremano, piedi che non appoggiano mentre il resto magari funzionerebbe e sta cercando compensi. Purtroppo nella società occidentale questi input che noi mandiamo e che il paziente percepisce a livello concreto o subliminale, confliggono con l'eccesso di stimoli che già di suo il corpo riceve. Che significa: che un corpo regge dai 20 ai 70 minuti una correzione, una relazione di questo tipo, dopo va in overdose e non risponde più. Ebbene dobbiamo capire quando non risponde più. Da quel momento siamo perdendo tempo in due e rischiamo il peggio: lo “stretch reflex” neurologico ossia un irrigidimento e una chiusura che non sappiamo quanto durerà. Poi diremo che è colpa del paziente... Se queste cose non sembrano o non diventano possibili c'è da domandarsi se non si sia sbagliato a scegliere un lavoro.
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A l l e g a t o 1
Note sul tessuto connettivo dagli studi di Helene Langevin https://en.wikipedia.org/wiki/Helene_Langevin
Il connettivo tiene assieme la coscia alla gamba; la mano al braccio; lo sterno alla clavicola.Permette ai muscoli di scivolare uno sull’altro. Funziona come una ragnatela tenendo in sospensione gli organi e, come un adesivo mantiene le cellule unite una all’altra, permettendo loro di
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comunicare reciprocamente. Il tessuto connettivo è sicuramente uno dei componenti più integrati nella macchina umana. Questo tessuto è così esteso e presente da per tutto che se dovessimo perdere tutti gli organi, muscoli, nervi e sistema vascolare nel nostro corpo, manterremmo ancora la stessa forma.
Nonostante le evidenze incontrovertibili del suo ruolo primario nei dolori cronici ed in altre malattie, non è ancora stato studiato a fondo. H.Langevin dice “Sono arrivata allo studio del Tessuto Connettivo in maniera quasi causale come endocrinologa clinica. In agopuntura l’ago é inserito nel corpo del paziente, in modo da provocare una sensazione di leggero fastidio/dolore locale che puó propagarsi anche a punti distanti da dove l’ago e’ stato inserito: l’ago viene tirato dal tessuto sottostante, come il muscolo che si attorciglia attorno all’ago. Dubitai di questo in quanto lo sentivo anche dove non c’erano muscoli come per esempio il polso. L’ago doveva interagire con qualcos’altro, ovvero il tessuto connettivo. Al Dipartimento di Neurologia dell’Università del Vermount, ho avuto l’opportunità di studiare il fenomeno: era un fenomeno fisiologico che si poteva sperimentare, ma per il quale non c’erano spiegazioni biologiche. Siamo arrivati a misurare anche una forza meccanica di estrazione superiore ai 0,5kg. Abbiamo continuato gli esperimenti per capire cosa tratteneva l’ago così tenacemente. Grazie all’uso del microscopio si notava che, una volta inserito l’ago nella carne e ruotato, il tessuto connettivo si avvinghiava attorno l’ago. Anche un movimento piccolo sull’ago faceva si che il tessuto connettivo si stringesse sull’ago, come gli spaghetti attorno alla forchetta. Lo abbiamo confermato poi con gli ultrasuoni.”
Il tessuto connettivo è sempre stato relegato al ruolo passivo di membrana viscoelastica nei modelli tradizionali di biomeccanica, ma i ricercatori stanno ora dimostrando quanti sistemi del corpo subiscono il cambiamento meccanico di questo tessuto e alcune di queste scoperte trovano utilizzo nella pratica della clinica giornaliera. Questo tessuto è un po’ l’orfano della medicina tradizionale; pur essendo parte integrante del sistema muscolo scheletrico, è di fatto assente dai libri di ortopedia i quali si interessano principalmente di ossa, cartilagini e muscoli. L’interesse ortopedico è quasi esclusivamente ristretto al “Tessuto Connettivo Specializzato” tendini e legamenti. Al restante connettivo, conosciuto anche come Fascia che avvolge i muscoli, i nervi, le
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ossa, le vene e le arterie, viene riservato si e no un paragrafetto e su alcuni libri non è nemmeno menzionato.
L’interesse in questo campo cresce di giorno in giorno. Un area di particolare interesse a livello cellulare è lo studio della meccano-‐trasduzione come la famiglia delle integrine [1] che forma un legame fisico e veicolo informativo tra la matrice extracellulare e l’interno della cellula.
[1. ndt] Si dice integrina, o recettore all’integrina, una glicoproteina integrale di membrana nella membrana cellulare che lega le proteine della matrice extracellulare, in particolare le fibronectine. Svolge un ruolo nel collegamento della cellula con la matrice extracellulare (MEC) e nella trasduzione del segnale dalla MEC alla cellula. Vi sono molti tipi di integrina e molte cellule ne hanno svariati tipi sulla loro superficie.
Attraverso questa connessione tra la cellula e la matrice, le cellule ricevono l’impulso meccanico e lo trasformano in risposte cellulari come: – l’ attivazione o la disattivazione di molecole segnali; – la dislocazione di fattori di trascrizione verso l’interno del nucleo; – il cambiamento espressivo dei geni.
Inoltre, ci sono evidenze che supportano l’idea che questi segnali meccanici possono essere trasmessi direttamente attraverso il citoscheletro all’interno del nucleo cellulare. Alcuni dei lavori più importanti in questo campo hanno coinvolto lo studio dei fibroblasti – cellule responsabili della sintesi delle proteine che compongono la matrice extracellulare. Queste cellule vivono all’interno della matrice che esse stesse creano e, rispondendo a stimoli meccanici, regolano il quantitativo di collagene e delle altre proteine componenti la matrice. Inoltre producono enzimi “sciogli-‐matrice” in risposta ai cambiamenti cronici imposti dalle tensioni nel tessuto. Questi cambiamenti possono essere indotti da movimenti ripetitivi e si pensa che siano un fattore importante negli infortuni professionali a carico del sistema muscolo-‐scheletrico quali tendiniti della spalla. I fibroblasti hanno inoltre un ruolo di rilievo in risposta agli infortuni acuti, particolarmente quando essi si trasformano in miofibroblasti.
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Prima che esistesse la chirurgia e i punti di sutura, le ferite da taglio venivano suturate dai fibroblasti i quali secernano grandi quantità di collagene che poi fanno contrarre chiudendo così la ferita. Una volta che la ferita si è richiusa i miofibroblasti muoiono formando così la cicatrice. Comunque, durante le infiammazioni croniche, i miofibroblasti possono creare un eccesso di collagene e l’incremento della tensione sul tessuto crea le contratture che diminuiscono la possibilità di movimento dell’area interessata. Tutte le ricerche sin d’ora compiute stanno fornendo informazioni importanti sopratutto per lo studio dei dolori cronici come, per esempio, i dolori lombari. Uno dei motivi per i quali il mal di schiena lombare è così difficile da risolvere è dato dal fatto che la maggior parte dei pazienti non ha anomalie evidenti a carico della colonna vertebrale o dei tessuti ad essa relazionati, e quindi l’origine del loro dolore è sconosciuta. Alcuni gruppi di ricercatori hanno iniziato ad investigare sulla possibilità che tale dolore sia generato dal tessuto connettivo non specializzato dislocato da entrambi i lati della colonna vertebrale. I ricercatori dell’Università di Heidelberg scoprirono nel 2008 che il tessuto connettivo contiene terminazioni nervose che possono trasmettere l’informazione del dolore durante la tensione di questo tessuto in presenza di un infiammazione. Fino ad allora, non era stato chiaro se il tessuto connettivo fosse in grado di creare tale sensazione.
Successivamente gli ultrasuoni hanno dimostrato che il tessuto connettivo che circonda i muscoli della schiena è mediamente più spesso nelle persone con il mal di schiena cronico. In aggiunta a ciò, il tessuto connettivo di queste persone tende ad essere meno lubrificato e quindi a formare adesioni.
Malgrado la tecnologia a disposizione, la quasi totalità delle ricerche sul Tessuto Connettivo, viene tuttora svolta su tessuti ricreati in laboratorio. Studi recenti suggeriscono che i fibroblasti si comportano in maniera molto differente a seconda che vengano cresciuti in superfici bidimensionali (in vitro) oppure in ambienti tridimensionali più vicini alla realtà. I fibroblasti all’interno del Tessuto Connettivo, anche a diversi centimetri dall’ago, iniziano a riorganizzare il loro citoscheletro interno e cambiare forma, diventando larghi e piatti. Si scoprí inoltre che era possibile ottenere lo stesso risultato mettendo il Tessuto Connettivo in tensione grazie a delle pinze e mantenendolo in tale posizione per
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30minuti. E’ interessante notare che, 30 minuti è il tempo che solitamente gli aghi vengono lasciati sul corpo durante un trattamento di agopuntura. Inoltre, se si lascia l’ago dopo averlo ruotato, esso non ritorna subito al punto di partenza. Perciò la tensione creata dall’ago introdotto nel Tessuto Connettivo rimane tale fintanto che l’ago non venga rimosso. Gli studi che sto portando avanti sul mio laboratorio sono rivolti a capire come mai i fibroblasti cambiano forma quando messi in tensione per un tempo prolungato. Al momento abbiamo scoperto che i cambiamenti sono relazionati al rilassamento su grande scala del Tessuto Connettivo. Inoltre i fibroblasti iniziano una riorganizzazione del citoscheletro (dipendente dalla molecola Rho) necessaria per il completo rilassamento del tessuto.
[ndt] molecola Rho:determina polimerizzazione dei filamenti di actina e induce così la formazione di fibre da stress.
Rho è una molecola intracellulare di segnalazione che gioca un ruolo importante nella motilità delle cellule e nel rimodellare la superficie proteica di quest’ultime che permette ai fibroblasti di collegarsi alla matrice. La capacità di queste molecole di cambiare la forma dei fibroblasti ci suggerisce che le cellule sono capaci di ridurre la tensione del tessuto regolando la presa sul tessuto connettivo circostante o muscolo e il cambiamento di forma è anche associato al rilascio continuato da parte dei fibroblasti di ATP. All’interno della cellula l’ATP funge da “carburante” per la cellula, ma al di fuori della membrana cellulare, l’ATP può funzionare come molecola di segnalazione. L’ATP al di fuori della cellula può essere convertita in altre molecole quale l’adenosina, che funziona da analgesico naturale; questo potrebbe spiegare l’effetto di riduzione di dolore riportato dal paziente dopo un trattamento di agopuntura. La possibilità che il tessuto connettivo possa regolare in maniera dinamica il proprio livello di tensione è senza dubbio intrigante; esso potrebbe quindi mitigare le fluttuazioni di tensione all’interno del tessuto stesso. Il connettivo circonda ed avvolge nervi, vasi sanguigni e il sistema linfatico, quindi una riduzione di tensione del connettivo ha ripercussioni positive anche sulla funzione di queste strutture. E’ importante sapere che la riorganizzazione cito-‐scheletrica dei fibroblasti è un processo lento (ci vogliono svariati minuti) e di conseguenza questo processo si manifesta in risposta ad un cambiamento della lunghezza del connettivo mantenuta per periodi lunghi come cambiamento posturale.
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Ben poco si conosce riguardo gli effetti dell’allungamento statico del tessuto connettivo, anche se lo stretching di per sé è stato studiato in maniera esaustiva per la sua rilevanza correlata al respiro, al camminare e alla funzione cardiovascolare. Dato che l’agopuntura risulta essere uno stretching connettivale sostenuto, essa è di interesse nello studio biomeccanico di tale funzione.
Nonostante la poca attenzione data al connettivo da parte della medicina convenzionale e dal campo scientifico,nella fisioterapia convenzionale è largamente condivisa l’idea che lo stretching delle cicatrici chirurgiche e dei tessuti molli delle articolazioni,induriti a causa di lunghi periodi di riposo forzato, portino ad un rimodellamento del tessuto connettivo interessato. Terapie quali il Myofascial Release ed il Rolfing si focalizzano sullo stretching come modalità di trattamento per i dolori muscolo-‐scheletrici, anche in assenza di infortuni o cicatrici.
Anche i meridiani dell’agopuntura probabilmente sono relazionati al tessuto connettivo, dato che i punti dove vengono inseriti gli aghi sembrano seguire le fasce del tessuto connettivo che scorrono tra i muscoli ed i muscoli e le ossa. L’80% dei punti di agopuntura sul braccio seguono il percorso tracciato dal connettivo. Questo ha un senso dato che il tessuto connettivo superficiale ospita al suo interno i vasi sanguigni e i nervi; l’effetto meccanico dell’ago sul connettivo viene trasmesso quindi direttamente ai nervi recettori.
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A l l e g a t o 2
Trigger Point Therapy
“A causa dei ripetuti insuccessi terapeutici si è diffusa l'opinione secondo la quale responsabile dell'insuccesso è il paziente che non segue le prescrizioni, piuttosto che le errate direttive terapeutiche. “ e “Si considera sin troppo semplicemente, che il trauma sia sempre dipendente da un brusco contatto con l'esterno, non viene documentato l'aspetto traumatizzante della tensione posturale, delle posture occupazionali non fisiologiche o delle attività meccaniche erronee della vita di ogni giorno.....Oggi l'esame del paziente è così dipendente dalle macchine e dall'equipaggiamento che l'uso del tocco, della palpazione, l'esame manuale di articolazioni, muscoli e legamento, rischia di diventare un' arte perduta” ( Rene Cailliet ) Premessa Terminologia -‐ I TP sono stati variamente definiti nel tempo e nello spazio geografico corporeo nel modo che segue: a) Sinonimi "Reumatismo muscolare": usato fino agli anni '50. "Mialgia" come differenziazione dalla Miosite Mielogelosi per la gelificazione delle proteine. "Miofibrosite interstiziale" per l'alterazione anatomo-‐patologica. "Sindrome algica miofasciale" (anni '50). "Miofascite" definizione del '27 di origine burocratica ad uso delle assicurazioni per i rimborsi. "Punti Trigger" definizione del '36 di Edeikind e Wolferth. "Sindrome algico-‐disfunzionale miofasciale". Tuttora usato dagli odontoiatri. Schwartz 1954. b) Sinonimi parziali "Punti di Vallaix" 1841, "Fibrosite" 1904, "Reumatismo nonarticolare" 1962 American Rheumatological Association. Termini dolorifici anatomici vari (es: lombaggine, sciatica, nevralgia...) dove il dolore può essere causato dal TP in sede remota e non dalla lesione in sede specifica
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Caratteristiche cliniche “Un TP miofasciale è una zona iper irritabile all' interno di una bandelletta contratta di un muscolo scheletrico, localizzata nel tessuto muscolare e/o nella fascia”. La zona è dolorosa alla compressione e può evocare un dolore proiettato. Trigger Point attivo: dolore in loco o proiettato Trigger Point latente (Tender Point): silente dal punto di vista del dolore ma causante limitazioni del movimento e debolezza del muscolo colpito. Può restare silente sempre o attivarsi con qualsiasi causa facilitante: stiramenti, fatica, freddo.. Trigger Point satelliti: si sviluppano in facilitazione del TP primario su muscoli sinergici. Sintomi 1.Dolore proiettato di solito con topografia comune ma con molte eccezioni soggettive. 2.Attivazione con sovraccarico, affaticamento, trauma diretto, freddo. 3.Attivazione anche indiretta: da altri trigger, dl viscerale, da artrosi, da emozioni, ecc. 4.Irritabilità variabile secondo ora/giorno al superamento della soglia di stress. 5.Irritabilità che sopravviene al raggiungimento di una soglia di latenza: es. lasciare un muscolo in posizione accorciata troppo a lungo 6.Sintomi che durano a lungo dopo l'evento precipitante. Dopo un trauma la maggior parte dei tessuti guarisce, ma i muscoli “imparano” ad evitare il dolore. (postura di protezione). I TP attivi agiscono limitando il movimento di quel muscolo. Un TP attivo torna latente, il dolore sparisce MA subentra una progressiva fase disfunzionale fino alla fase distrofica. 7.Fattori concomitanti:vasocostrizione locale, disturbi dell'equilibrio, tinnito, alterata percezione del peso 8.Rigidità e debolezza dei muscoli coinvolti. Esame obiettivo 1.L'allungamento passivo o attivo causa dolore 2.La possibilità di allungo è limitata 3.Più c'è contrazione più aumenta il dolore (tipicamente: pongo il muscolo in accorciamento e poi lo allungo: l'allungo è impedito)
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4.La massima forza contrattile è diminuita 5.Dolenzia profonda e proiezione del dolore 6.Disturbi funzionali non sensitivi (pallore e iperemia di ritorno,sudore, pelle d'oca..) 7.Il muscolo oggetto del TP è contratto. 8.Esiste una bandelletta palpabile e dolente 9.La pressione digitale provoca il “segno del salto” 10.La palpazione a scatto del TP evoca una rapida contrazione locale. 11.La pressione moderata e protratta causa dolore nella zona proiettata 12.Il test del piece roulè causa dolore. Terapia e risposta Il TP scompare immediatamente con una terapia specifica. Non sparisce subito la bandelletta palpabile specie se il TP era vecchio. Il muscolo, se la terapia è corretta deve riprendere la sua possibilità di allungo. Facilita la risoluzione un impacco caldo dopo la terapia. Il risultato permane se il pz è educato al movimento. Diagnosi differenziale A) Occorre cercare: 1.comparsa acuta o comparsa progressiva 2.distribuzione topografica 3.debolezza muscolare 4.bandelletta contratta 5.dolenzia specifica alla pressione 6.risposta di contrazione allo stimolo 7.riproduzione del dolore alla pressione 8.eliminazione del sintomo col trattamento B) TP non miofasciali -‐cutanei (spp cicatriziali) -‐nelle capsule, tendini e legamenti (Nota: Travell considera questi come non miofasciali ed è vero in senso letterale, non appartengono alla mio-‐fascia ma sono comunque fasciali) -‐nel periostio: non è un vero e proprio TP ma causa lo stesso dolore proiettato e la cura è necessariamente l'infiltrazione, quindi non ci riguarda C) Malattie 1.Miopatie (polmiosite, dermatomiosite): debolezza muscolare con
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dolore di bassa intensità. Aumentata creatinfosfochinasi. Alterazioni cutanee (eritema, papule, dermatiti) 2.Artriti 3.Tendiniti e borsiti 4.Nevralgie (es. trigemino, Ménière, torcicollo spasmodico, ecc 5.Infezioni e infestazioni (virus, batteri, herpes, zecche, filariosi, ecc) 6.Neoplasie 7.Dolore psicogeno Meccanismi dei TP Esiste una disfunzione miofasciale/neuromuscolare a monte che evolve in distrofica. La disfunzione è caratterizzata da: 1. iperirritabilità delle terminazioni nervose. Si assume dovuta ad agenti sensibilizzanti (serotonina, prostglandine, istamina..); le fibre afferenti dal TP e relativa zona di dolore proiettato convergono su un neurone del tratto spino-‐talamico e la corteccia interpreta erroneamente; 2. aumento del metabolismo/diminuzione del circolo:le fibre muscolari non si adeguano prontamente ad una modificazione energetica (es. carenze alimentari, ormonali, anemia, iperglicemia, alterazioni del metabolismo lipidico, ecc. ; 3. formazione di bandelletta palpabile come contrattura delle fibre muscolari. Patofisiologia Le rotture del reticolo sarcoplasmatico avvengono a causa di sovraccarichi muscolari (per es. trauma diretto, portamento errato ecc.). Questo genera una incontrollata liberazione di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico che porta in un secondo tempo ad una contrazione continua dei sarcomeri. La contrazione che si genera crea da parte sua una compressione dei capillari adiacenti, una diminuzione dell’apporto di ossigeno e di energia richiesti. Per questa ragione si forma la cosidetta crisi energetica con una conseguente e contemporanea diminuzione del riassorbimento di ioni calcio da parte del reticolo sarcoplasmatico, facendo in modo che il meccanismo responsabile della contrazione si autoalimenti. Da qui si avrà una liberazione di sostanze vaso-‐attive e neuro-‐attive che andranno a stimolare le fibre nervose nocicettive. Le stesse libereranno dalle proprie terminazioni nervose la sostanza P. La placca motrice dal canto suo contribuirà ad alimentare il circolo vizioso grazie all’aumento
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della liberazione di acetilcolina. Questo però spiega ancora una volta ciò che avviene ma NON perchè avviene. Proviamo a indagare i perchè partendo da questa immagine sotto:
Vediamo la differente lunghezza dei sarcomeri: il primo è normale, il secondo è aggredito dal TP ma soprattutto vediamo come la fibra compensa: se alcuni sarcomeri non sono in grado di allungarsi, i restanti devono compensare. E' lo stesso principio di Mézières: “si allunga solo ciò che è lungo o può allungarsi”. Il resto rimane accorciato. Qui invece vediamo in sezione cosa succede alle fibre applicando una pressione. Immagine da: Oschman JL, Oschman NH: Readings on the Scientific Basis of Bodywork, Energetic, and Movement Therapies, N.O.R.A., Dover, NH, 1997 (p. 17). Riprodotto col permesso di
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N.O.R.A. E allora il punto diventa questo: Gli scritti della Travell trascurano la biochimica della fascia evidenziata dai primi osteopati e da Ida Rolf (che non conosceva affatto tanto da attribuirle pratiche assolutamente non pertinenti (1) e poi evidanziati da tutta l'osteopatia successiva. Essendo il suo testo del 1983 avrebbe dovuto conoscere da anni questi ambiti della fisioterapia USA, tanto più considerando che la loro diffusione in quel paese avveniva massicciamente negli anni '70 e '80 in ambienti elitari come il suo. Esistevano quindi delle convenienze a questo tipo di visione dei TP. Continuiamo dicendo che: -‐ l'indurimento palpabile è costituito da un deposito di tessuto connettivo (reperti istologici), -‐ spesso accompagnato (ovviamente) da essudato e depositi di mucopolisaccaridi, -‐ che esiste una gelificazione dei colloidi muscolari, il muscolo rimane accorciato e va in spasmo. Tutto questo col trattamento diventa chiaro e ovvio se ci riferiamo alla fisiologia della fascia, al motivo per cui il collagene si addensa, crea strutture di legame che interconnettono fino ad addensarsi in strutture fibrose che impediscono la mobilità, gli scambi e il corretto metabolismo. Tant' è che ci si avvicinerà poi a questo attribuendo la formazione di bandelletta palpabile al metaboliaso del calcio/ATP sul legamento actina/miosina. Si continuerà però a perpetuare l'errore di ritenere che la causa primaria sia dove avviene la lesione. Con qualche spiraglio come vedremo. (1) La Travell scrive che il test del “rotolamento” o pience roulè è sinonimo di Rolfing. Sta in verità nello stesso rapporto con cui il vocabolo “divino” è relato a “di vino”.
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Esame e trattamento Ciò che maggiormente segnala l'esistenza di un TP è il dolore proiettato. Dobbiamo dunque conoscere la geografia delle zone di dolore. Ma è pur vero che riferita una zona di dolore possiamo ricercare il TP, che normalmente risiede nelle connessioni anatomiche e nell'unità miotattica. Importante è la ricostruzione dell'evento (se c'è) o del gesto dannoso che ha portato alla formazione del TP. A monte però troviamo quasi sempre una struttura che non ha retto, la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”: sforzi eccessivi, incongrui, movimenti ripetitivi, posture, ecc vanno insidiosamente a sfociare in TP. Ma non di meno cattivi stili di vita alimentari o sportivi. (troveremo sport come il ciclismo, il podismo, la maratona, ecc che portano assai spesso ad una costellazione di TP) L'esame del paziente va fatto quindi osservando la postura, i movimenti, la struttura, la simmetria e le linee di tensione. Rapidamente vedremo quali muscoli o catene sono in posizione accorciata. L'esame manuale si farà andando nella direzione delle fibre e ricercando la bandelletta contratta. Possiamo essere distratti da una corretta verifica quando il TP comprima un nervo e il dolore si trasmette in una sede assai lontana (tipicamente lo sciatico intrappolato nel piriforme) oppure quando la palpazione è assai vicina al tendine, aponeurosi, osso, tanto che l'indurimento delle fibre può equivocarsi. Una buona conoscenza dell'anatomia, pratica e sensibilità della mano eviterà questo. I trattamenti per la Travell si basano sullo spry come lavoro principe, poi sull' infiltrazione e solo successivamente su tecniche alternative come: -‐compressione ischemica -‐massaggio -‐allungamento -‐ultrasuoni. In subordine a questi abbiamo il calore, i farmaci e il biofeedback. Riporta poi che alcuni medici hanno avuto risultati con la stimolazione elettrica e/o galvanica. (Ricordiamo che siamo nel 1983...) NB: La compressione ischemica NON è una digitopressione ma il muscolo nella sua parte non dolente viene allungato fino a raggiungere il TP. Solo allora il TP viene pressato ma in modo tollerabilmente doloroso. La pressione si tiene 7-‐10 secondi e si ripete. Si usa dito, pollice, nocche, gomito, secondo zona e profondità. Se è mal calibrata causa una
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maggiore attivazione del TP e possibile sollecitazione anche dei Tender Points come meccanismo di difesa. Massaggi. Il massaggio non va fatto quando i TP sono molto/troppo dolorosi. Allora si deve ricorrere a una tecnica fasciale osteopatica e non di release. In ogni caso s'è osservato che il massaggio è il trattamento più efficace, che deve essere concreto e non “a carezza”, pesante ma non a impastamento. La Travell definisce il massaggio per i TP “a stripping”. Lo stripping è una “strisciata”, uno strofinamento lento e profondo. Il paziente deve essere in posizione confortevole, la cute moderatamente lubrificata (MAI olio!) quindi da un punto, preferibilmente fissato nel senso che potendo si fa un punto fisso, si striscia verso il TP “mungendo” da muscolo, fibre e fascia i loro fluidi. In passaggi successivi si va aumentando il peso e l'ingresso nel tessuto finchè il TP sparisce. Deve però iniziare a carezza per avviarsi ad essere profondo. ( E qui il come appartiene alla parte pratica: ricordarsi che si parte da fermi, si respira col paziente, si porta il peso sul punto, si affonda dolcemente e si striscia) Nella mia esperienza anche se non sparisce il TP, basta che si riduca: il movimento, il calore, la percezione del rilassamento, il minor dolore, lavoreranno da soli per noi. Un' altra tecnica più simile alla digitopressione è il massaggio a circoli dove si deve fare attenzione a che siano lenti e “in scarico” e non “in carico”. Tuttavia è meglio chiedere al paziente cosa sente più vantaggioso: le eccezioni sono frequenti. Non si usi invece il trasverso se non in extrema ratio e comunque in alternanza con le altre tecniche. La Travell poi nomina il massaggio col ghiaccio, che è stato successivamente molto contestato in quanto provoca un accorciamento delle fibre. Nomina anche la terapia periostale che null'altro è per lei se non una digitopressione. Approfondiamo il massaggio La tecnica si basa sostanzialmente sull'allungamento con una distrazione. Che significa: che le fibre muscolari vanno trattate allungandole ma poiché ciò è doloroso o può esserlo si ricorre ad una distrazione del paziente, al convogliare la sua attenzione su altro. Per questo la Travell usa lo spray freddo (situazioni più complesse richiedono l'infiltrazione).
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Ma la Travell aveva interesse allo spray freddo: era economicamente coinvolta con l'azienda che produceva il fluorimetano mentre per le infiltrazioni di procaina pare fosse in accordo con l'AOA (odontoiatri). Inoltre è provato (ma anche intuitivo) che per rilassare vale di più un impacco caldo che non una sferzata di gelo. Il segreto sta nella relazione fra la mano e il muscolo implicato, fra la mano e le strutture fasciali. Sta nella nostra percezione di quel muscolo, del suo comportamento. Imparare ad ascoltare il corpo del paziente e del singolo muscolo e' fondamentale. Molti terapisti invece continuano a considerare il corpo come qualcosa da aggiustare: "faccio questo e deve succedere quello". Non e' affatto vero. Anzi. Spesso si va a costruire una serie di tensioni molto piu' soggiacenti perche' psicologicamente sostenute. Dunque allungo, compio movimenti attivi e passivi, stretching, dò esercizi da fare a casa con correzione delle cattive abitudini posturali e recupero della corretta fisiologia del movimento attraverso un percorso che è anche educativo. [ Nota psicologica: là dove si consiglia movimento attivo e passivo, esercizio a casa, autocorrezioni, ecc. si deve fare la massima attenzione alla persona che si ha di fronte: una persona attiva, energica, nel pieno del lavoro deve sperimentare la passività, non può avere altri “compiti” da fare in modo attivo, pena il fallimento terapeutico. Al contrario una persona triste, depressa, stanca, non attiva non deve essere passivizzata altrimenti si va allo stesso modo verso il fallimento. E' il concetto che "il corpo va nel senso della lesione". Inoltre nel primo caso avremo un paziente deluso, se non ostile o arrabbiato che ci attribuisce una incapacità, nel secondo avremo un paziente dipendente. Ciò come regola di massima ed ovviamente generalizzando poiché è assai frequente anche il passivo ostile o l'attivo depresso. Motivo per cui consigliamo da sempre a chi opera sul corpo una buona cultura in psicologia. Al 50% è la relazione che guarisce, è la relazione che ferisce. ] Lo stiramento attivo Tutti conosciamo i metodi di stretching, la messa in tensione senza creare tensione, i tempi, il ritorno, ecc. Tutti conosciamo il concetto di catene muscolari, i presupposti nati con la Mézières, ecc. quindi non ci dilungheremo nello stiramento attivo. Lo stiramento passivo La tecnica consiste nel mettere in tensione la
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parte implicata dal TP possibilmente creandoci un punto fisso. Poi agendo manualmente stiriamo il muscolo “scollandolo” dalle strutture circostanti, allungando le fibre ed agendo con la regola: più è il peso, maggiore è la lentezza; più è la profondità, più è la lentezza. Attenzione: la troppa lentezza porta a risultati che vanno dal grande rilassamento all'eccessivo rilassamento con problemi di gestione del paziente che sarebbe troppo lungo descrivere qui e che rientrano in tutt'altro tipo di bodywork da lasciare agli psicologi. E' dunque cosa che va evitata Il movimento Tecnica non contemplata dalla Travell ma mutuata dal Rolfing Mouvement: stirare passivamente mentre il paziente compie un movimento di allungo e ritorno molto lento della parte trattata oppure esercita la funzione propria di quell'unità motoria (es: mentre si sta trattando uno sternocleido il paziente ci/si aiuta girando lentamente la testa dal lato opposto e poi ritorna) L'educazione Accompagna questo una importante fase educativa di percezione del corpo e di “cosa fare” . A) 1.educazione al rilassamento. Purtroppo a questi pazienti si deve insegnare Il Training autogeno è il sistema più conosciuto ma anche solo riuscire a far sperimentare una sola volta la differenza fra parte libera e rilassata e parte contratta porta ad una profonda consapevolezza fisica e non solo mentale. 2.Come respirare. Nessun diaframma contratto permetterà alcunchè. 3.Come “spegnere” l'unità motoria: ogni volta che trattiamo e otteniamo un risultato facciamo testare la differenza. B) Educazione al gesto, alle posture, ai rimedi: questa fase, intuitiva in ogni terapista consiste nel consigliare cuscini, materassi, supporti, movimento, attività, ecc. e fa parte anche dei “segreti di bottega”.