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Luigi Le Voci, l’ultimo grande artista bohemien 11 Luigi Le Voci l’ultimo grande artista bohemien

Luigi Le Voci, l'ultimo grande artista bohemien

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11Collana “Quaderni del Museo”

MACA

Museo Arte Contemporanea Acri

Città di

Acri

Dedicato a:con affetto, un saluto al Sindaco Elio Coschignano, alla fine del suo mandato

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OrganizzazioneMACA Museo Arte Contemporanea AcriDirettore Museo: Giuseppe AltomariDirettore Artistico: Valerio Vigliaturo

Curatore della mosrtaBoris Brollo, curatore esterno del MACAFederico Bria , curatore collezione Bancartis

CollaboratoriAntonella AlgieriAlice FerrarisFranco GaccioneMassimo GarofaloAndrea RodiElisabetta SpinaIlaria Zucca

Rapporti con gli organi di informazioneFederico Bria, ufficio stampa BCC MediocratiFrancesco Kostner, portavoce del Rettore Università della Calabriaufficio stampa MACA

FotografiaStudio Fotografico Gaccione, Acri (CS)Roberto Ferraris, Pavarolo (TO)

GraficArtFronzoliStampa: Alzani Tipografia, Pinerolo (TO)Oesum led icima - edizione 2010

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Luigi Le Voci

a cura di Boris Brollo e Federico Bria

Mostra patrocinata da BCC Mediocrati

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LUIGI LE VOCIl’ultimo grande artista bohemien

MACAMuseo Arte Contemporanea AcriPalazzo Sanseverino, Acri (CS)27 marzo – 30 maggio 2010

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Dopo una serie di mostre di straordinario respiro internazionale, il MACA, con questa personale dedicata all’artistacalabrese Luigi Le Voci, sembra volerci riportare proprio nella nostra Calabria, per permetterci di cogliere quanto essasia ricca anche di tesori pittorici. Questo viaggio di ritorno lo facciamo con lo sguardo e la mente più maturi, dopo esserci esercitati attraverso uncostante contatto con il nuovo e il sorprendente dell’arte contemporanea; e il MACA non poteva fornirci guida piùadatta di Le Voci. Egli, infatti, ha conosciuto e amato le grandi città italiane ed europee, facendone l’oggetto dellesue emozioni e della sua pittura, come i suoi colleghi bohemien del XIX e del XX secolo, veri e propri cittadini delmondo. Anche le opere che ritraggono i panorami della nostra regione, lo fanno esprimendo l’amore adulto di chiha respirato appassionatamente l’aria d’altri luoghi, e da essi, a sua volta è stato vissuto.Non ci resta dunque che ringraziare l’artista Luigi Le Voci, ovviamente, lo staff del museo per l’ennesima eccellenza artisti-ca che è riuscito a portare ad Acri, e la BCC Mediocrati di Rende per aver collaborato alla realizzazione dell’evento.

Elio CoschignanoSindaco della Città di Acri

Angela VitaAssessore alla cultura della Città di Acri

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Luigi Le Voci

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LE VOCI E LA BCC MEDIOCRATIdi Nicola Paldino*

Ho conosciuto Luigi Le Voci in occasione della sua adesione al progetto Bancartis, la collezione d’ar-te che la BCC Mediocrati sta allestendo sulla scia di un prezioso liuto barocco donato dal maestroDe Bonis.Sono rimasto colpito dalla sua raffinatezza semplice e dalla genuinità della commozione che lo colpì.Dopo aver parlato della sua vita, delle scelte compiute, dell’arte e di ciò che gli sta più a cuore, unalacrima si aprì sulla sua anima mostrandolo senza veli dinanzi a tutti. Fu come se, d’incanto, i sog-getti dei suoi bozzetti si fossero animati, suonando e riempiendo la sala De Cardona che ci ospita-va.L’inaugurazione di una mostra personale a lui dedicata non poteva non vederci partecipi, al fiancodel MACA.Altra storia, quella del legame con Silvio Vigliaturo che del MACA è anima ed emblema. È stato luia presentarci Le Voci, avendolo preceduto all’interno della nostra collezione.Con questa mostra riusciamo ad essere vicini ad entrambi, Vigliaturo per l’organizzazione e l’ospita-lità, e Le Voci con la sua longeva e ricca produzione artistica.Siamo orgogliosamente vicini al MACA, dunque. Riteniamo che sia un ottimo esempio di quello chepuò fare l’arte per contribuire ad animare la vita culturale e sociale di una comunità.A Palazzo Sanseverino, ormai da qualche anno, si succedono iniziative di varia natura e trovanoposto opere provenienti da diverse parti del mondo. Non è poco, se si pensa che appena pochidecenni addietro le nostre città sarebbero state difficilmente sfiorate da fenomeni artistici di levaturainternazionale.La BCC Mediocrati, che con Bancartis ha aperto le sue porte all’arte e all’artigianato d’eccellenza,non poteva rimanere lontana da un’opera di questo genere.L’arte, del resto, intreccia legami profondi con la manualità e noi siamo figli della laboriosa manua-lità dei contadini e degli artigiani. Non credo di esagerare se dico che, soprattutto nel Meridione, lacooperazione di credito è stata una vera e propria opera d’arte compiuta dalle classi più umili. Unitiintorno ai valori propugnati da Don Carlo De Cardona si sono dati forza l’un l’altro, costruendo unaopportunità per se stessi e una certezza per le generazioni future. Il loro motto era “Forti perché uniti,liberi perché forti”.Quando guardo l’opera di Le Voci che custodiamo nel Centro Direzionale della Banca penso spessoall’importanza dell’incontro e alla capacità umana di costruire relazioni. L’arte è un legame forte checonsente ad ogni uomo di astrarsi o di sentirsi parte di qualcosa di più grande. I quadri di Le Voci ciconsentono di affrontare lo sforzo con la leggerezza di chi sa che il cammino è lungo.

*Presidente BCC Mediocrati

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COLLEZIONE BANCARTIS

La Collezione Bancartis della BCC Mediocrati è nata a dicembre del 2008.La “prima pietra” è costituita dal liuto barocco donato alla banca dal socio Vincenzo De Bonis, ultimo discendentedella storica famiglia di liutai già attiva a Bisignano nei primi anni del 1700.Allo stato attuale la Collezione si compone delle seguenti opere:Sezione “ARTE”L’Oro del Bu sen to, sculture in vetro di Silvio Vigliaturo

Sculture realizzate nel 2008 appositamente per la BCC Mediocrati. Opere in vetro, l’Oro del Busento, com-prende due opere, realizzate in vetro, oro e argento; la denominazione è un tributo alla leggenda di Alarico,Re dei Visigoti, di cui nel 2011 ricorreranno i 1500 anni dalla morte.

Ca labr ia, opere pittoriche di Silvio VigliaturoLa raccolta “Calabria” è costituita da 20 opere realizzate tra il 2006 e il 2008, esposte nel CentroDirezionale della Banca, quasi tutte (16) nella Sala “De Cardona”. Nella Sala di presidenza sono esposte lealtre quattro opere, tra cui le uniche due sviluppate orizzontalmente. In una di queste, l’unica della raccolta,la Calabria è raffigurata come una donna distesa tra mare e cielo e il sole che disegna strani effetti ottici. Unfico d’india carico di frutti arricchisce la figura di significati allegorici. La seconda, invece, è la sola in cuiappare il verde dei boschi calabresi. Solo un cenno, all’interno della raccolta, che richiama anche cromati-camente il Gran Bosco d’Italia.

L im an i, ceramica di Antonio ViolettaL’opera, che prende il nome da una mostra personale realizzata presso la Galleria d’arte Vertigo di Cosenza,è un trait d’union tra l’arte e la storia stessa della banca. Una storia fatta dal lavoro manuale di chi diede vitaoltre un secolo fa alle Casse Rurali. Realizzata in ceramica, nel 2004, in sei esemplari, presso la bottegaGatti di Faenza, rappresenta una mano forte, vigorosa.

Fes ta in piazza, quadro di Luigi Le Voci Dipinto realizzato con la tecnica dell’olio su tela, è una rappresentazione notturna della festa di San Giovanniorganizzata ogni anno a Castrovillari, dinanzi allo storico castello aragonese.

Sezione “Artigianato d’eccellenza”.P resepe ar t is t ico, di Matteo Orlando

Opera realizzata nel 2008; realizzata con ceppi d’ulivo, sughero, ferro, acciottolato di fiume, argilla; i pasto-ri sono in argilla; gli accessori curati fin nel minimo dettaglio.

Medaglia ce lebra t iv a “ De Cardona” , di Santo NaccaratoOpera realizzata nel 2009 in argento fuso.

Con la Collezione Bancartis la Banca ha l’ambizione di raccontare la Calabria. Tutte le opere acquisite finora sonoattribuibili ad artisti calabresi. Ma il particolare non vuole essere un recinto, né rappresentare una barriera, perciònon è esclusa la possibilità di inserire in futuro anche opere di autori non calabresi purché riferibili per qualche moti-vo alla regione. Le opere della Collezione Bancartis sono posizionate all’ultimo piano del Centro Direzionale di Rende, tra la Sala DeCardona e l’Ufficio di Presidenza della BCC Mediocrati.

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LE VOCI DEL LA P ITTURA

Della Scuola Romana fra le due Guerre Mondiali s’intravvedono Scipione e Mafai, per i colori marron –verdastro, mescolati con del nero e del giallo, più una punta di rosso; o per le figure che sembrano fiam-melle; ma pure Ligabue, per gli autoritratti nella notte nera come la pece, molto spagnolesca, e, ancora,Carlo Levi, e per certi aspetti Guttuso – per le Nature Morte così sfatte da sembrare appetibili fino allanausea. Dei francesi vi troviamo Utrillo e Raoul Dufy, per le vedute cittadine e per i caffè parigini, e,per certi aspetti delle Bagnanti, vi è il ricordo di Cezanne con i suoi nudi in campagna cosi liberi, pos-senti, dove le carni non si preoccupano della cellulite rubensiana, anzi, più “larghe” sono più sono mater-ne e accoglienti. Carne e gioia di vivere in uno spettacolo carnasciale continuo, dove gli animali fannoparte del nostro mondo, come nelle favole dei fratelli Grimm.Questi sembrano essere i “maestri” che si possono riconoscere e nutrono l’opera pittorica di Le Voci (nona caso mai cognome fu più indovinato essendo egli un “collettore” delle voci della pittura europea). Laleggenda di un artista che è tutti gli artisti, che porta in sé come nel teatro delle anime – caro a Foucault–, risulta essere non solo possibile, ma vera, reale. Un mondo concitato e febbrile il suo, dove altre sonole coordinate che reggono la vita dentro la sua pittura. Mi ricorda la Quinta del Sordo, quella serie dipitture nere e verdastre che Goya negli ultimi anni della sua vita, oramai sordo e mezzo cieco, dipinsesui muri di casa, per tenersi compagnia. Sì, egli diede la stura ai suoi sogni più oscuri come quandodette vita a “Il Sonno della Ragione” che generò i mostri dei “Disastri” della guerra.In Le Voci l’analogia fra la pittura del Goya e la propria sta nella pennellata e in una certa somiglian-za della rappresentazione: il teatro fra bestie e umani. Ciò che ci convince in Le Voci, al di là della ovviapresenza del Goya, è l’atmosfera di carnevale, sì, ma non tragico, bensì comico, tutto compreso neldesiderio di vivere. Quindi in lui c’è più Picasso che Goya. La joie de vivre del bohemien, del frizzodella superficialità, insomma, dell’insostenibile leggerezza dell’essere. Perché anche nella leggerezza viè malinconia, e da qui nasce la necessità della maschera, del depauperamento della personalità a favo-re della bestia, così si è meno coinvolti seppure complici.In questo teatro della pittura di Le Voci sta un attardarsi sulla soglie della contemporaneità. Il suo sguar-do è ancora legato al secolo scorso, al Novecento, con tutti i suoi sogni e le sue fantasie che furonoora ricche ora povere a seconda del periodo della sua vita, ma tutte umane. Ora sembra che l’umanoe la sua vita contino poco, e più che la foto o il video o la Tv dell’arte contemporanea, è la pittura diLe Voci a ricordarcelo.

Boris Brollo

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LE VOCI DEL LE CITTÀ

Ero a Torino già da tempo quando sentii nominare per la prima volta Luigi Le Voci. In quel periodo, nella secondametà degli anni ’70, si faceva un gran parlare di questo artista, e non solo per l’eccellenza e l’originalità dei suoidipinti, ma anche, e soprattutto, per il suo spirito libero testimoniato da una serie di scelte indubbiamente coraggio-se, quali quella di trasferirsi e lavorare a Parigi – il sogno di ogni artista –, o, ancor di più, quella di aprire a Torinouno spazio espositivo autogestito, lo Spazio le Voci appunto, in cui vendere le proprie opere esposte direttamente alpubblico, senza passare attraverso l’intermediario delle gallerie. Ricordo che si scatenò una polemica che durò diver-se settimane; un botta e risposta sulle pagine del quotidiano La Stampa che vide il grande critico Marziano Bernardiesaltare l’iniziativa personale di Le Voci, e i galleristi e alcuni artisti torinesi schierarsi contro di essa, toccati nel vivo.Era evidente che Le Voci non fosse un artista comune.Il primo contatto a livello artistico e personale però non avvenne che l’anno scorso, in occasione di una mostra orga-nizzata dalla Provincia di Cosenza in cui mi era stato chiesto di esporre alcuni dipinti insieme ad altri artisti calabre-si, tra i quali, guarda caso, c’era proprio Luigi Le Voci. In un primo momento mi stupii. Il nome non mi era certamen-te nuovo, ma avendolo sentito nominare così spesso a Torino attraverso la stampa torinese, ero convinto che lui stes-so fosse originario del Piemonte. Mi sbagliavo, ovviamente, ma questo mio errore era sintomatico del fatto che LeVoci, per quanto egli stesso ami sinceramente la sua terra d’origine, non possa essere considerato un artista legatoad un unico luogo, una regione, o ad una città particolare. La stessa stagione torinese, infatti, venne interrotta da quel-la parigina, e poi la Svizzera, Milano e Roma; tutte città di Le Voci, il quale, verrebbe da dire, divenne “Le Voci dellecittà”. Quella che può sembrare una semplice battuta, un gioco di parole, nasconde però, a parer mio, una dellecaratteristiche più peculiari della pittura dell’artista, ossia il fatto di lavorare en plein air – una delle freschezze piùbelle della nostra arte e che Le Voci è uno dei pochi artisti ad aver mantenuto in vita. Gli angoli di Parigi, gli scorcidi Roma, i paesaggi Calabresi, il massiccio del Pollino, sono tutti ritratti dal vivo, con gesti rapidi e vibranti. I musi-cisti ritratti sui libretti dei teatri d’opera trasudano vitalità perché Le Voci li ha dipinti mentre li guardava, ne sentiva ene viveva le note. Il quaderno di acquerelli che è esposto in mostra ha il valore di un diario di viaggio, di un raccon-to in cui i disegni narrano più di quanto avrebbero potuto fare le parole. I dipinti di Le Voci sono cartoline d’arte, intri-se di un estro espressionista che svela l’anima estrosa, bohemien, dell’artista, e al contempo quella fantastica celatadietro ogni strada di città, ogni paesaggio.

Silvio Vigliaturo

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l ’u l t im o grande ar t is t a bohem ien

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Liberazione1971

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Amanti1972olio su tela 30x24

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Triunfas1973

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Autoritratto1974olio su tela100x70

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Quaderno di un viaggio 1974

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Natura1976olio su tela30x40

Subconscio197730x40

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Entrando nella storia 1980

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Le restaurant avec musique198170x100

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Incubi cittadini 1984

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Mitologia e quotidianità1985olio su tela50x70

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Il grande atelier condiviso1987

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Cio che resta del sapere1987

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Le grand artiste1987olio su tela70x50

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Bagnanti1989

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Milano1989olio su tela50x50

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Nato a Torino il 3 maggio del 1897 (il padre Carlo era professore e scritto-re di romanzi e racconti, la madre Eva aveva frequentato lo studio del pitto-re Carlo Pollonera), Marziano Bernardi si occupò di letteratura sin dal 1920-21, dopo aver partecipato come tenente degli alpini alla I Guerra Mondialeriportando una grave ferita sull’Adamello, con scritti su Leopardi e suFlaubert, e collaborò inoltre alla Rivista Europe di Romain Rolland. Nel 1924fondò con Lorenzo Gigli la rivista torinese Il Contemporaneo e un anno dopoaccettò, insieme a Mario Gromo, la direzione del Teatro di Torino che anno-verava fra i suoi creatori Riccardo Gualino, Guido Maria Gatti, Gigi Chessa,con la consulenza di Lionello Venturi.Fra le molte mostre alle quali collaborò ricordiamo la retrospettiva di AntonioFontanesi (1932) nel cinquantenario della morte, la vasta esposizione diopere di Felice Casorati (che fu tra i primi a suggerirgli dioccuparsi d’arte) nel 1937, e la significativa riproposta della pittura piemon-tese dell’ottocento attraverso le rassegne allestite nel Salone de La Stampa edimperniate su personalità come Vittorio Avondo, Lorenzo Delleani, Pellizza daVolpedo e Giovanni Giani, che rimangono a testimonianza, con i nitidi testidi presentazione, della sua attiva partecipazione alla diffusione di un’arte cheappariva fin troppo chiusa nei confini regionali.Lasciata La Stampa nel 1944 per motivi politici vi rientrò definitivamente nel1954, dopo aver collaborato per diversi anni alla Gazzetta del Popolo (suoiscritti sono inoltre apparsi sull’Opinione, il Popolo Nuovo e La NuovaStampa), portando avanti il proprio discorso, la propria visione dell’arte,suscitando talvolta aperti dissensi, ma rimanendo sempre figura di primopiano della cultura torinese e nazionale. Nel 1977 gli venne assegnato l’am-bito Premio Giornalistico bandito in occasione delle celebrazioni del IVCentenario della morte di Tiziano Vecellio.Nella sua lunga carriera Marziano Bernardi pubblicò una trentina di volumiche, a partire da Climi ed artisti (1924) ad Antonio Fontanesi (ed.Mondadori 1933), da Arte Piemontese (1937) ad Ottocento Piemontese(1946), sviluppano il suo pensiero sull’arte; mentre in La Galleria Sabauda(1952), Il Museo di Palazzo Madama (1954), La Palazzina di Caccia diStupinigi (1958), Castelli del Piemonte (1961), Barocco Piemontese (1964),che rappresentano solo alcuni volumi scritti per la Collana d’Arte del SanPaolo, si avverte la sua incessante ricerca del costume, delle architetture, deltessuto sociale e culturale che formano la storia della civiltà piemontese.

LE VOCI DI... MARZIANO BERNARDI

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IL SUO SOGNO SI È REAL IZZATO, E NE SONO L IETOLettere di Marziano Bernardi a Luigi Le Voci

Il 15 marzo 1970, il grande critico torinese Marziano Bernardi così scrive ad un giovane Le Voci con il quale, daqualche tempo, ha intrapreso un fitto scambio epistolare: « Il Catalogo Bolaffi mi aveva chiesto (come già altre volte)di segnalare tra le giovani forze artistiche più promettenti un pittore e un incisore. L’anno scorso mi rifiutai. Questavolta ho pensato di fare il Suo nome». Bernardi, che all’epoca, ormai da quarant’anni, scrive una rubrica d’arte per il quotidiano La Stampa, scopre l’arti-sta originario di Castrovillari quando quest’ultimo è ancora uno studente della facoltà di architettura di Torino, in occa-sione di una mostra al Castello del Valentino in cui il giovane pittore presenta i suoi primi lavori.Il critico, nato a Torino nel 1897, non manca mai di testimoniare in svariati articoli la sua ammirazione nei confrontidel pittore Le Voci, colpito, oltre che dall’innegabile capacità tecnica e da una sensibilità prettamente figurativa, anchedal suo innato entusiasmo, che a tratti può apparire ingenuo. Ed è proprio questa sfaccettatura del carattere dell’esu-berante artista, intriso egli stesso dello spirito romantico di un Werter di cui trasudano le sue opere, che permette aidue di instaurare un rapporto fatto di un affetto sincero, pur nella pacatezza delle parole che lo esprimono, e che favenire alla mente una relazione tra un padre saggio e amorevole ed un figlio artista bohemien di fine Ottocento. «Lei s’è aperta davanti una strada luminosa, ed io sono lieto di essere stato uno dei primi a capirlo (del resto non civoleva molto). La sua eccezionale affermazione con la mostra a “L’Approdo” deve renderla cosciente di due cose:che ha del talento, ma che questo talento va bene amministrato. Resista alla pressione mercantile, sia estremamentesevero nel concedere mostre. Non bisogna mai logorare una firma. Ho quarant’anni più di Lei, perciò posso parlar-le come un padre ». In occasione della prima mostra di Le Voci a Parigi, nella primavera del 1972, l’anziano critico non manca di com-plimentarsi con l’artista. « Ad ogni modo – gli scrive il 16 giugno – il suo sogno si è realizzato, e ne sono lieto per-ché fino dai suoi primi saggi ho avuto fiducia in Lei ». La distanza che li separa nella stagione parigina del pittore bohemien non diminuisce i loro scambi epistolari. Le Vocispesso spedisce dei disegni a Bernardi, e questi immediatamente gli risponde per congratularsi, ma anche per muo-vergli delle critiche – sempre costruttive – che possano aiutare il giovane artista a destreggiarsi con la dovuta discipli-na nel successo che lo sta finalmente investendo. « Opponga resistenze a tutto: alla gioia di trovarsi a Parigi, allabuona accoglienza delle gallerie, al suo stesso temperamento umano e pittorico; insomma non si lasci travolgere dallafacilità del successo. Credo che ad un artista dotato come lei sia necessario anche il dubbio: nei propositi, nelle deci-sioni, nel lavoro ».« Grazie del “Mandolino” – scrive Bernardi nel dicembre del 1972. È un disegno vigoroso, bellissimo, con dei nerie marroni degni di Braque »; e continua ammonendo l’artista perché, scrive, è «meglio un quadro in un mese chedieci improvvisazioni anche se cariche di lirismo. Una luce vale quanto illumina con chiarezza e non lascia zone in

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ombra in cui si debbano indovinare delle “intenzioni” ». Passano gli anni, ma il rapporto non fa che intensificarsi.Bernardi manifesta tutto il suo affetto in alcuni suggerimen-ti di lettura che sfociano poi nell’evidente desiderio di tro-varsi a Parigi con il suo giovane amico. Il 28 gennaio1974 il critico scrive: «Leggo che ormai Parigi le appar-tiene. Ha mai letto “Le Père Goriot”? Anche Rastignac,guardando l’immensa distesa della città esclama: “Etmaintenant à nous deux!”. Quanto al cielo parigino che leicontempla, come non ricordare “i cieli bigi” della “Bohème”;e vorrei anch’io essere costì per respirare un’aria unica almondo. Invece continuo a ingurgitare mostre di cui non m’im-porta un cavolo, se pur devo scriverne». Il consiglio che più volte ritorna nelle lettere di Bernardi aLe Voci è quello di un uomo innamorato di un’arte cheormai sta scomparendo dopo l’avvento delle avanguardiee della fuga informale, e che ha individuato nell’artistacalabrese un importante rappresentante di un’intelligenteresistenza a queste nuove tendenze. « Mi congratulo conlei per la sua attività e fede – scrive Bernardi in una lette-ra del 15 aprile 1975 –, per il suo entusiasmo. Lei è gio-vane e vive tutto calato nel suo tempo; ma i suoi sentimen-ti sono ancora quelli dei nostri grandi padri ottocenteschi.Creda pure: non è dissacrando e demitizzando, che sicostruisce nel presente e per l’avvenire. I veri rivoluziona-ri, dal Caravaggio a Cézanne, non hanno mai persotempo per abbattere gli idoli: hanno costruito i propri.Ora troppa gente fa il contrario: distrugge e non crea ».

Andrea Rodi

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Passeggiata a cavallo1991

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Le vogliose1993

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Vecchio macinino per caffè 1993

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Natura morente1993

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Baccanali a Venezia1994

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Natura1994

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Verso il pollino1997

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Verso il Pollino 21997

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Autunno a Parigi 1998

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Picador1998

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Calabria1999

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Calabria2000

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L'artista al lavoro2000

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Tempi moderni2000olio su tela30x40

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Città2001

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Conversazione2001olio su tela70x50

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Natura morta 2001

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Angolo di Parigi2002olio su tela50x40

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Della patria l'altare2005

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Bella al casinoolio su tela

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Concerto1985olio su tela40x50

Musica in camera1999

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Canone inverso2000

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Paris Notti di musica e peccati2000 olio su tela50x70

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Sogno a Milano2001

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Per una moneta2003

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«Sarà un caso, ma tu passi, a Milano, sul marciapiede dellaScala, e incontri Le Voci. Sosti, a Torino, sotto i portici delRegio, ed ecco spuntare Le Voci, come un’apparizione chesi fosse improvvisamente concretata in quel punto. Questopittore “frequenta” i luoghi della musica, come in certe leg-gende si vuole che un lago, un monte, un bosco, siano abi-tati, “hantés”, da uno spirito: il genius loci, per l’appunto».

Massimo Mila, I disegni dei concerti di Luigi le Voci,Piccolo Teatro Regio di Torino, 1976

«Se nel bel mezzo di un concerto alla Scala, al conservato-rio o a San Maurizio al Monastero Maggiore vi trovate

accanto un personaggio con papillon che schizza frenetica-mente figure di orchestrali su un foglio, non stupitevi. […] Le

figurine sono sottili, aggraziate, disegnate in punta dipenna, con una frenesia che fa pensare ad un personaggioche dipinge sotto l’influsso della musica che sta ascoltando».

Il Giornale, 9 ottobre 1987

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«Luigi Le Voci è un antico dellaMagna Grecia che s’è reincarnato

nelle più rischiose esperienze di un’ar-te audacemente moderna; la musica

delle sue immagini viene dalla siringadi Pan per confondersi con il raccontofavolistico di Chagall, con la grazia

fragile di Dufy».Marziano Bernardi,

La Stampa, 26 gennaio 1977

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«C’è un ritratto di Uto Ughi disegnatocon piglio chagalliano da Luigi le

Voci: il violino si confonde con il corpoe quasi appare come un prolungamen-

to delle braccia».Giuseppe Borgioli, Toscana Oggi,

23 dicembre 1984

«[…] il suo è un posto unico nel mondodella musica, egli sta in orchestra, in

mezzo al coro, si confonde fra le compar-se, entra nella cassa del contrabbasso,

appare dietro le gonne della celebre can-tante. Le Voci è dovunque.

È un uomo musica».Mario Pasi, La Scala di Le Voci, 1983

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«Se accompagnassimo le sue rappresenta-zioni figurative con supporti digitali ade-

guati, ci accorgeremmo che ritmi grafici etimbrature cromatiche corrispondono rigo-rosamente a strutture di base del linguag-

gio dei suoni».Ugo Ronfani, Luigi Le Voci o la pittura

come musica, 1977

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Lu igi Le Voci Nasce a Cast rov illa r i ne l 1938. Si diplom a al liceo ar t is t ico d i Napoli, per poi lau rears i in Arch itet tu ra a Tor ino. Nel 1968, ancora s tu den te, espone al Cas tello del Va len t ino di Tor ino. Nel 1970 v iene segnalato su l “ Bola ff iar t e” da l cr it ico Marziano Bernardi, al qua le s i legherà negliann i con un rappor to di s incera am icizia . Nello s tesso anno espone una ser ie d i pit t u re e d isegn i al la galler ia Dan tesca , sem pre a Tor ino.L’anno seguen te apre u no s tud io a P ar igi ed espone alla galler ia P resen t Ar t in Bou lev ard Sain tGerm ain . Nel ’72 è n uov am en te a Tor ino per esporre a lla galler ia l ’Approdo. Nel ’76, nella s t essa cit t à, decide d i apr ire lo Spazio Le Voci, in cu i l’ar t is t a espone i su oi d ipin t iper v ender l i diret tam en te al pu bblico, saltando a piè par i il m ondo delle galler ie d’ar te.L’esper im en to, r ipreso da Marziano Bernard i in su o ar t ico lo apparso su l quot idiano La Stam pa,non m ancherà d i scatenare v iv e polem iche da par te dei galler is t i tor ines i.Sem pre nel 1976 s i spos ta a Milano, sua terza cit t à d ’elezione, dov e è inv ita to a pubb licar e deidisegn i su l qu ot idiano I l Giorno e su lla r iv is t a in t ernaziona le di cu lt u ra Sp irali.Dal 1977 a l 1982 lav ora t ra Par igi, Milano e Tor ino, senza dim en t icare la su a Calabr ia, in cu ispesso s i reca per t rovarne isp irazione. Nel 1980 espone I Disegn i dei concer t i a l C onserv ator io Giu seppe Verdi d i Milano.Nell’1982 è nuov am en te alla Dan tesca di Tor ino con una personale dal t it olo Dalla Moldav a alP o, presen ta ta dal cr it ico e saggis ta Ugo R on fan i.L’anno seguen te il Com une di Cast rov illa r i gli dedica u na m ost r a incen t rata su di una ser ie d i te ledi paesaggi m arocch in i.Nell’84 s i t engono due m ost re che lo v edono pro tagon is ta : la pr im a nella sua Calabr ia , aCosenza; la seconda, ancora a Milano, p res so la ga ller ia Pon teros so.Nel 1986 espone u na co llezione di acqu ere lli dal t ito lo Da Par ig i a Milano, pr im a al Cen t r oCu ltu rale Francese di Milano, e poi alla Ga ller ia Pon t e Rosso, sem pre nel capoluogo lom bardo.Nel 1990 torna ad esporre a Tor ino, p res so la Scu ola di Giornalism o, u na co llezione di dipin t i ch esono car to line an im a te dei suoi v iaggi, e r it raggono la Calabr ia, Venezia, le arch ite t tu ra par igin ee le ch iese e le p iazze t or in es i.Nel 1992 espone a l Conserv ator io Nazionale d i Digione.Dal 1993 torna a lav orare in Calabr ia , aprendo uno s tud io a Cas t rov illar i. Tra il 1997 e il 1999 espone ancora t ra Tor ino e Milano.Nel 2005 r icev e il p rem io “We Bu ild” del K iw an is.Tra l’ot tobre e il n ov em bre del 2009 la galler ia Dan tesca di Tor ino dedica u na m os t ra ad una rac-co lta dei dipin t i rom ani dell’ar t is t a. Nello s tesso anno Le Voci pubblica un t es to dal t it olo Le Voci di P an che raccoglie le su e r if les s ion i,poes ie e illu s t razion i.

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