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IN SEZIONE SNOZZI Luigi Snozzi. Parole sull’architettura. In sezione. Intervista di Eugenio Lintas

Luigi Snozzi. in Sezione

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IN SEZIONESNOZZILuigi Snozzi. Parole sull’architettura. In sezione.

Intervista di Eugenio Lintas

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05Da Alghero a VeneziaMichel Carlana

Luigi Snozzi. In SezioneEugenio Lintas

06Luigi Snozzi. Sull’architetturaintervista di Eugenio Lintas

10 AforismiLuigi Snozzi 

SOMMARIO

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Un paese in lotta con le sue pietreDisabitate nude a metà.Sopra la collina grattacieli di nuvole.Francesco Bellinzis

 Why don’t you all f-fade away And don’t try to dig what we all s-s-sayI’m not trying to cause a big s-s-sensationI’m just talkin’ ‘bout my g-g-g-generationThis is my generationThis is my generation, babyThe Who

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Da Alghero a Venezia. Semplici proposizioni per costituire un dialogo monografico.Un’intervista quella che segue da leggere quale pretesto per sollevare considerazioni e differenti punti di vista.Ma soprattutto una cartolina tra amici a marcare il concetto delle relazioni e delle conoscenze tra gli stessi. Una cartolina. A più pagine.Per mezzo di risposte proveremo a chiederci in cosa consista questa professione oggi così lontana da tale appellativo.Michel Carlana (Architetture di carta)

LUIGI SNOZZI.IN SEZIONE.Nella terra dove le persone sono abituate a fare grossi progetti con idee semplici, a volte senza saperlo, questa volta l’accademia da una rispostadifficilmente etichettabile, in cui alla poetica si mescola il sarcasmo.La provocazione è sempre puntata a stimolare riflessioni su un unico obiettivo: Architettura.Luigi Snozzi ci parla della sua architettura. L’ideale non solo è possibile ma viene portato fino alla tettonica.Una chiacchierata e il domanda-risposta sono la tipologia, in un contesto di studenti della facoltà di architettura di Alghero, un maestro in sezione.Eugenio Lintas

DA ALGHERO A VENEZIA 

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Eugenio Lintas Gregotti dice di lei: “Luigi Snozzi sembra studiarea lungo la sua preda per agire poi di sorpresa con un solo colpoperfettamente assestato”. Quanto manca la coscienza dell’interventoanche come distruzione nelle architetture contemporanee? Cosa èuna architettura sostenibile per lei e cosa è l’etica nell’architettura?

Luigi Snozzi Per risponderle mi limiterò a qualche mia osservazionesull’architettura sostenibile e sul problema dell’ etica.Oggi in un mondo fortemente connotato dal consumo, il terminearchitettura sostenibile, usato e abusato frequentemente, è secon-do me un puro fatto di moda. Infatti ritengo che tutta l’ architettura,fin dai suoi albori, è sempre stata sostenibile. Per quanto riguardal’etica in architettura le rispondo con un mio antico aforisma: “Ogniintervento presuppone una distruzione, distruggi con senno.” Tutti gliarchitetti quando costruiscono non possono fare a meno di distrug-gere. Ad esempio quando un architetto costruisce una casa su unprato, il primo atto che fa è quello di distruggere i primi 30 – 40 cmdi terra, l’humus, per posare le fondazioni. Questa porzione di terraè la più feconda della crosta terrestre, da essa l’uomo ricava granparte dei suoi alimenti. Il problema non sta quindi nel fatto della suadistruzione, ma nel fatto di prendere coscienza di questo atto: qui sta

il problema etico. Quindi se un architetto non è in grado di supplire albene annientato con un bene altrettanto importante, come l’architet-tura, è meglio che deponga la matita.L’etica, quindi, interviene in ogni decisione di progetto, in quanto inogni progetto l’architetto è costretto a rapportarsi con il luogo d’in-tervento, sia esso città, campagna o natura.

EL Terragni, Libera, Sartoris e Le Corbusier sono alcuni dei maestridell’architettura ticinese. Quali altri architetti hanno contribuito allasua formazione? Cosa è per lei un maestro? Quanto è ancora possi-bile avere un maestro in architettura e quanto è importante avere unmaestro per un giovane architetto?

LS Il mio interesse per l’architettura è nato attraverso la conoscenzadell’architetto Peppo Brivio, nello studio del quale, durante i miei

studi ho fatto pratica. Ritengo che Brivio è stato il mio grande mae-stro, con lui feci diversi viaggi di studio, in particolare in Ital ia e da luiimparai a conoscere l’architetto americano Frank Loyd Wright, che inTicino ha avuto una grande influenza sui vari architetti ticinesi, comelo stesso Brivio, Franco Ponti, Tita Carloni e altri. Pochi anni dopol’interesse si sposta verso Le Corbusier e il Movimento Moderno econ questo verso gli architetti del nord in Svezia, Finlandia, Danimar-ca, Germania, Olanda, Francia e in Italia verso gli architetti raziona-listi del periodo fascista. Ritengo quindi che avere un maestro cheti accompagna è sicuramente importante, ma la nostra attenzioneprima va verso le opere di architettura antiche e moderne, tra le qualitroviamo i grandi capolavori architettonici, che sono sempre attualie non hanno tempo. I problemi veri dell’architettura sono sempregli stessi. Ai miei studenti dico che un buon architetto deve averedue componenti fondamentali: quella del grande killer, che colpiscesempre nel segno con estrema precisione, e quella del grande ladro.A questo proposito cito spesso il nome di un mio grande amico,Alvaro Siza. Ha una conoscenza precisa dell’architettura mondiale.Mi ricordo che ci siamo trovati casualmente insieme a visitare lamostra di Frank Loyd Wright al MOMA a New York. Mi aveva alloraimpressionato la conoscenza approfondita che Siza aveva di questoarchitetto, molto superiore alla mia, malgrado Wright mi avesseparticolarmente interessato nei miei primi anni di formazione e di cuicredevo conoscere l’intera sua opera. Per quanto riguarda il rapportocon il maestro secondo me non ci sono regole. Quello che ci puòaiutare è la grande curiosità.

EL Lei è tra i pochi architetti ancora visti come artigiani.Questa figura ha sempre più, soprattutto nella stampa di architettura,un ruolo di memoria storica, ormai fuori dal mercato dell’architettu-ra che costruisce, dallo star sistem di studi con più sedi, con piùnazionalità, con più tradizioni. Crede che possa esserci un ritornodella visione della figura dell’architetto di bottega o pensa che siadestinato a scomparire?

LS Credo che il mestiere dell’architetto si sia fortemente modificatoin questi ultimi tempi. I temi con i quali ci confrontiamo diventanosempre più complessi, dal tema dell’edificio si è passato a temiterritoriali, che per la loro soluzione necessitano di una intensa inter-disciplinarità. Malgrado ciò non penso che l’architetto di bottega siadestinato a scomparire, ma credo che egli potrà dare un grande con-

tributo per tutti i problemi che riguardano specificamente la disciplinaarchitettura, cioè i problemi che riguardano lo spazio.Dalla mia esperienza di bottega, credo che solo attraverso l’appren-dimento del mestiere tradizionale si può essere in grado di capire lenuove tecnologie.

EL Il movimento che si creò tra lei Galletti, Vacchini e Botta, ha avutodegli influssi politici? Quanto è stato importante il fatto che vi trova-ste a perseguire un ideale politico comune ai fini dello sviluppo dellaricerca architettonica?

LS Non è mai esistito un movimento tra gli architetti che lei cita, etanto meno un ideale politico comune. Tra gli architetti che hannofatto parte della cosiddetta Scuola Ticinese, denominazione chenon trovo pertinente, il problema politico non è mai stato l’elemento

trainante del gruppo. I discorsi vertevano soprattutto sull’architettura.Fra questi architetti alcuni erano membri attivi di un partito di sinistra.Ma quello che ci accomunava erano ad esempio problemi inerenti ilrapporto tra architettura e paesaggio, con posizioni comuni, control’agire delle varie commissioni di tutela del paesaggio e dei monu-menti, contro i regolamenti edilizi comunali e cantonali, che secondonoi erano basati su una interpretazione statica e romantica del rap-porto con il paesaggio. Per loro il paesaggio era ed è tuttora assuntocome un fatto definitivo, per cui ogni intervento nuovo è un malenecessario che modifica il paesaggio esistente. Tutte le normativetentano di sminuire o addirittura far scomparire la costruzione nuova,ricorrendo al camuffamento, alla diminuzione dei volumi, finche nonsiano visibili, all’interramento, alla diminuzione delle altezze e via di-cendo. Contro tale interpretazione statica del paesaggio sosteneva-mo un’interpretazione dinamica. Il paesaggio attuale non è altro che

il risultato della modifica avvenuta nei secoli con immensi sforzi daparte dell’uomo, per la trasformazione della natura in cultura, di cuil’ultimo momento è rappresentato dalla città, che definisco come “lapatria naturale dell’uomo”. Il compito dell’architetto è quindi quello dimodificare il paesaggio, come già disse Carlo Cattaneo, “non è ope-ra della natura, ma è opera delle nostre mani, una patria artificiale”.

EL Il suo ideale di resistenza in architettura è legato ad un valorepolitico?

LS Non credo ci sia architettura neutrale.Ogni architettura presuppone un ideale anche politico.

EL Ma come un ideale politico influenza un’architettura?

LS Le propongo una tabella che ho preparato per i miei studenti quiad Alghero. Da una parte il titolo Architettura, dall’altra il titolo Politicae Società. Sotto il titolo architettura annoto le due componenti fonda-mentali di questa disciplina: la ricerca della permanenza e dell’an-tiefficienza. Sotto Politica e Società annoto: ricerca dell’effimero emassima efficienza. Se questo schema è vero si notano due posizionicontrastanti tra loro. Quindi si deduce che un architetto non può cheporsi in posizione di resistenza verso la società attuale.Se si dovesse annotare sotto i due titoli i nomi di architetti attualiconosciuti si vedrà che sotto la fila Politica e Società si troveran-no la gran parte degli architetti più conosciuti e più richiesti per legrandi opere pubbliche e la lista sarà molto lunga, mentre sotto lafila Architettura si avrà difficoltà ad elencarne e saranno sicuramen-te pochi. Già prima ho detto che l’architettura non è una disciplinaneutrale rispetto alla società. Alla base della mia riflessione e del miooperare, dunque alla base del mio modo di insegnare e di progetta-re, c’è sempre un fondo politico e ideologico, che si inserisce nellaconcezione di un mondo socialista, in opposizione a una concezioneutilitaristica e d’efficienza.

PAROLE SULL’ARCHITETTURA 

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C’è un estremo bisogno di sintesi che solo il progetto può dare.Quindi penso che i giovani architetti dovrebbero impegnarsi so-prattutto a ricercare le soluzioni per la nuova città democraticacon la proposta di nuove normative. Questo impegno secondo medovrebbe essere anche quello delle scuole di architettura, che ingran parte si occupano piuttosto che della città, dell’oggetto a se

stante, nella ricerca dell’originalità a tutti i costi, della novità, dell’usoindiscriminato delle tecnologie più avanzate. Questo, nell’assenza diun contesto urbano significativo, perde qualsiasi senso e non fa altroche contribuire alla monotonia delle nostre città. Basta oggi sfogliarei regolamenti edilizi per renderci conto del nostro stato di impotenza,e devo constatare a questo riguardo che purtroppo i più criticabilisono quelli italiani.

EL Lei parla delle normative che permettono all’Italia di essere unodei paesi più arretrati in campo architettonico.

LS Le norme edilizie non fanno altro che rispecchiare il modo con cuiviene interpretata l’architettura di un paese.

EL Secondo lei questo è più un problema politico o riguarda l’assen

za di una cultura del costruire?

LS E’ sicuramente un problema culturale e quindi politico.

EL Basterebbe cambiare delle norme?

LS Le norme sono la sintesi di un modo di concepire il costruito.Senza un impegno culturale approfondito non ci sono soluzioni.Quello che per me è difficilmente comprensibile è il fatto che mentrenoi architetti ticinesi ci siamo alimentati dall’apporto straordinariodegli architetti italiani attorno agli anni ’60, in Italia succedeva di fattol’opposto. Mi riferisco agli architetti della facoltà di architettura diVenezia IUAV, allora diretta dal grande storico Manfredo Tafuri.Penso ad Aldo Rossi, Giorgio Grassi, a Sergio Crotti e molti altri chein quegli anni aveva sviluppato delle tesi teoriche estremamente in-

novative con una attenzione particolare alla città storica e alla sua let-tura. Quegli anni furono per noi un momento di speranza per il futurodell’architettura e della città, soprattutto in Italia. Ho anche avuto lafortuna di avere accanto alla mia cattedra a Zurigo Aldo Rossi, il cuiinsegnamento ha segnato un momento epocale per questa facoltà.Constato ancora oggi come i migliori studenti di allora, come Herzoge Demeuron, Roger Diener, hanno saputo assimilare in profondità lalezione rossigna, senza cadere come è purtroppo successo in Italiain una banale imitazione epidermica dei suoi edifici.Per me rimane comunque incomprensibile l’involuzione avvenutadopo questi importanti anni. Sul problema delle normative vorreicitare qui il caso di Montecarasso, dove proposi un nuovo pianoregolatore con le nuove normative.Il piano antecedente, redatto da un professore del Politecnico di Zu-rigo, prevedeva qualche centinaio di regole, il mio ne prevede 7, dellequali nessuna riguarda l’estetica architettonica. Occupa nemmenouna pagina A4 e lo si legge in pochi minuti. E’ in funzione da oltre 30anni.

EL Che ruolo ha la committenza in architettura?

LS Sicuramente il committente ha un ruolo importante per l’archi-tetto. I miei migliori committenti li ho sempre trovati tra la gentesemplice. Ma la mia committenza più straordinaria è stata quella conil sindaco di Montecarasso con cui ininterrottamente lavoro da quasi30 anni. Tra di noi si è stabilito un rapporto di estrema fiducia grazieal fatto che ognuno si attiene al proprio campo disciplinare, lui alivello politico e io a livello architettonico.

Alghero, Febbraio 2008

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Quando penso all’uomo, penso allo sfruttato. / Con l’architettura non fai la riv di tutte e due. / Non sfuggire alle tue responsabilità : occupati della forma, in esdi essi ; se vuoi scoprirla, guarda le rovine. / L’acquedotto vive al momento chegiorno in cui laureati non potranno più essere utilizzati negli uffici d’architettutrasformazione, è strumento di conoscenza. / L’architettura è vuoto, tocca a te dtra. / Un edificio comincia sempre dalle sue fondamenta. / Cerchi la flessibilitàmonotonia, se vuoi evitarla ripeti il tuo elemento. / La natura sopporta solo la v fino al centro della terra. / Ogni intervento presuppone una distruzione, distrudare, illuminare … quando basta una finestra. / Fino a poco tempo fa gli insediuna casa, un quartiere, pensa sempre alla città. / Quando nella città la segnaletic

o un parcheggio, non dimenticare che al volante c’è sempre un uomo. / Graziegiungla e la steppa, la flora e la fauna… tutta la natura… / L’alpinista è felice innaio è felice in mezzo al mare perché sa che al di là dell’orizzonte c’è la città. / 

 AFORISMI. 1973/1975

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uzione, ma la rivoluzione non basta per fare architettura : l’uomo ha bisognoritroverai l’uomo. / L’architettura nasce dai bisogni reali, ma essa va al di làcessato di portare l’acqua. / Niente è da inventare, tutto è da reinventare. / Illa scuola avrà fatto un passo in avanti. / Il progetto, prima che strumento di

finirlo. / L’architettura si misura con l’occhio ed il passo, il metro al geome-Continua pure a costruire i tuoi muri in pietra. / La varietà è il preludio allatà, ma credo che questo l’abbia già detto Adolf Loos. / Un vero prato arriva con senno. / Quale dispendio d’energia, quale sforzo per ventilare, riscal-enti umani erano carte geologiche. / Quando progetti in sentiero, una stalla,

diventerà superflua, sarai vicino alla soluzione. / Quando costruisci una strada

e fatiche umane, la città contiene il fuoco dei vulcani, la sabbia del deserto, lazzo alle montagne perché sa che al di là dell’orizzonte c’è la città. / Il mari-

soprattutto… la luce!

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