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MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA 60 LA TROMBOSI VENOSA Epidemiologia: è ancora oggi un dato su cui non esiste una ragionevole certezza. I risultati degli studi condotti da Anderson segnalavano l’incidenza di 48 casi/100.000 pazienti, i dati di uno studio condotto nello stato del Minnesota dimostravano una incidenza di 117 casi/100.000 abitanti. Questi risultati finali facevano opportunamente riferimento ad eventi tromboembolici. I dati epidemiologici europei più recenti, desumibili dagli studi della città di Malmoe, indicano una incidenza pari a 1.6 casi/1.000 abitanti per anno e vengono confermati anche dai risultati dello studio longitudinale eseguito nella città di Goteborg . E’ di tutta evidenza però che l’impiego di opportuni mezzi di profilassi della TVP incidono profondamente sulla epidemiologia della malattia, per cui se volessimo valutare quasi singolarmente, per ogni singolo centro clinico, sulla base della comparsa della TVP in concomitanza con scelte di profilassi (in specie nel periodo peri-operatorio) è probabile che l’evidenza epidemiologica risulterebbe sicuramente bassa. Rimane però aperto il problema della valutazione della probabilità (rischio) di potere evidenziare la TVP in differenti tipologie di pazienti che per diverse cause possono appunto sviluppare la malattia. Dunque il problema odierno, pur prendendo le mosse dai dati epidemiologici, emersi negli anni è quello di indicare con esattezza la probabilità che il soggetto possa soffrire di una TVP, relativamente a condizioni indipendenti (vedi il caso della trombofilia congenita e/o acquisita) oppure per cause rimovibili o meglio ancora trattabili per le quali si impone un corretto e completo screening e dunque anche una precisa condotta di profilassi medica (farmacologica oppure meccanica). Incidenza casi anno/100.000 0 50 100 150 200 250 0-14 15-24 25-39 40-54 IMA Stroke TV Rosendssal FR et al;Throm.Haemostat, 1997

MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA …1).pdf · In alcuni casi, per confermare la diagnosi e/o valutare la vera estensione del processo trombotico, è necessario l’approccio

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LA TROMBOSI VENOSA Epidemiologia: è ancora oggi un dato su cui non esiste una ragionevole certezza. I risultati degli studi condotti da Anderson segnalavano l’incidenza di 48 casi/100.000 pazienti, i dati di uno studio condotto nello stato del Minnesota dimostravano una incidenza di 117 casi/100.000 abitanti. Questi risultati finali facevano opportunamente riferimento ad eventi tromboembolici. I dati epidemiologici europei più recenti, desumibili dagli studi della città di Malmoe, indicano una incidenza pari a 1.6 casi/1.000 abitanti per anno e vengono confermati anche dai risultati dello studio longitudinale eseguito nella città di Goteborg . E’ di tutta evidenza però che l’impiego di opportuni mezzi di profilassi della TVP incidono profondamente sulla epidemiologia della malattia, per cui se volessimo valutare quasi

singolarmente, per ogni singolo centro clinico, sulla base della comparsa della TVP in concomitanza con scelte di profilassi (in specie nel periodo peri-operatorio) è probabile che l’evidenza epidemiologica risulterebbe sicuramente bassa. Rimane però aperto il problema della valutazione della probabilità (rischio) di potere evidenziare la TVP in differenti tipologie di pazienti che per diverse cause possono appunto sviluppare la malattia. Dunque il problema odierno, pur prendendo le mosse dai dati epidemiologici, emersi negli anni

è quello di indicare con esattezza la probabilità che il soggetto possa soffrire di una TVP, relativamente a condizioni indipendenti (vedi il caso della trombofilia congenita e/o acquisita) oppure per cause rimovibili o meglio ancora trattabili per le quali si impone un corretto e completo screening e dunque anche una precisa condotta di profilassi medica (farmacologica oppure meccanica).

Incidenza casi anno/100.000

0

50

100

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250

0-14 15-24 25-39 40-54

IMAStrokeTV

Rosendssal FR etal;Throm.Haemostat, 1997

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Patogenesi della trombosi venosa A determinare la genesi del trombo venoso concorrono diversi meccanismi. La famosa triade di Wirchov è costituita dalla stasi venosa, dalla ipercoagulabiltà locale e dall’insulto parietale (oggi

tradotto fisiopatologicamente con l’articolato termine di disfunzione endoteliale). E’ noto che il ritorno venoso è garantito da alcuni meccanismi che correlano con la funzione di spinta del cuore (vis a tergo), con la efficienza del cosiddetto cuore periferico che consiste nell’efficacia della pompa muscolare e sull’efficienza dell’appoggio plantare ed ancora con l’effetto aspirante determinato dalla negatività pressoria determinato dal respiro (vis a fronte); oltre che dall’attività dei muscoli addominali e del diaframma che sono pesantemente coinvolti anch’essi

negli atti respiratori. E’ altresì noto che, dal punto di vista delle caratterizzanti emodinamiche, il circolo venoso si contraddistingue per la bassa velocità e per la bassa pressione; è dunque evidente la probabilità che in questo distretto circolatorio si esaltino i fenomeni pro-coagulanti . Una funzione significativa per quel che riguarda l’emodinamica venosa viene svolta dalle strutture valvolari, che hanno funzione di mantenimento del senso centripeto della corrente venosa,. In queste sedi, al di sotto delle tasche valvolari (nidi valvolari) è stato dimostrato che si creano vortici che producono importanti sollecitazioni dell’endotelio, in grado di determinare sostanziali disturbi emoreologici. E’ proprio per queste ragioni, come dimostrato dagli importanti studi di Karino e Motomja, che i recessi valvolari rappresentano la sede preferita del “primo momento” nella genesi del trombo venoso che sarà poi successivamente in grado di accrescersi cranialmente. Sul piano prognostico, l’accrescimento del trombo in senso craniale, proprio a livello transvalvolare ha due conseguenze: la prima è quella della “funzione” di cappio che la valvola (ove ancora integra nei suoi lembi) potrà esercitare sul trombo in accrescimento, determinando anche la sua possibile frammentazione (distacco embolico); la seconda è la caratteristica del trombo nella sua parte finale che anche nell’imaging ecografico si caratterizza per la forma “ a coda”. Trombofilia e sviluppo di trombosi venosa La trombofilia ereditaria è la condizione per la quale, su base genetica, si evidenzia una tendenza a sviluppare accidenti tromboembolici venosi. Sono note alcune anormalità ereditarie e quelle per le quali si dispone di dati probativi sono il deficit della Antitrombina IIIa, la carenza delle Proteine C ed S anticoagulanti, la mutazione genica del fattore V (fattore V Leiden) che è responsabile della resistenza alla proteina C attivata, la mutazione G20210 A delle protrombina o fattore secondo, la iperomocisteinemia l’aumento dei fattori VIII ed XI, e l’alterazione del metabolismo del fibrinogeno (disfibrinogenemia). Vi sono inoltre alcune altre anormalità che riguardano il cofattore eparinico II, la trombomodulina ed il fattore IX, di cui allo stato si hanno minori informazioni e che sembrano avere una più bassa penetranza nella popolazione.

Nube di fumo da stasi in una tasca valvolare

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PATOGENESI DELLA TROMBOSI VENOSA PROFONDA RALLENTAMENTO

VELOCITA’ DI CIRCOLO DISFUNZIONE ENDOTELIALE

(alterazione di parete)

DISORDINI COAGULATIVI

Stasi professionale , occasionale, varici , allettamento , gravidanza, traumi, interventi chirurgici, ecc.

Riduzione Aumento Acquisiti NO ET-1 Ereditari t-PA PAI-1 Misti o sconosciuti PGI2 TXA2 AT-3 β-TG S-Pr Citochine C-Pr Leucotrieni Trombo- modulina

PAF- C3-C4-C5

Fattori RISCHIO conosciuti • traumi/interventi chirurgici 80-90% • neoplasie • contenzione gessata • stroke - IMA • allettamento prolungato • contraccezione ormonale • terapia sostitutiva ormonale • varice 25-30%

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Trombosi venosa superficiale

La stragrande maggioranza degli Autori tende oggi ad unificare i termini di tromboflebite e flebotrombosi in quello più semplice di trombosi venosa, distinguendone solamente il distretto colpito in superficiale e profondo. Unica eccezione la trombosi di vena varicosa che va definita varicotrombosi. E’ comunque un dato di fatto che il suffisso “ite” indicante la presenza di flogosi, ben si adatta alle trombosi superficiali, in quanto la componente

infiammatoria nelle trombosi venose superficiali è senza dubbio molto importante e molto più rappresentata rispetto alle trombosi venose profonde. Si definisce quindi trombosi superficiale un processo infiammatorio / trombotico ed asettico delle vene superficiali sovrafasciali e del cellulare perivenoso che colpisce le vene superficiali. Le manifestazioni cliniche della trombosi superficiale sono tipiche e consistono in edema, rossore, iperemia e dolore lungo il decorso della vena interessata. Alcuni pazienti manifestano una infiammazione perivascolare che mima una condizione infiammatoria della cute, quale la panniculite cellulo-adiposa o l’eritema nodoso. La sola presenza di varicosi od addirittura di gavocciolo varicoso, giustifica l’originarsi di un processo flogistico trombotico al suo interno, che costituisce quindi una frequente complicanza. La t.v. superficiale su safena varicosa rappresenta circa l’80% di tutte le TV superficiali degli arti inferiori. Quando però la sede è una vena sana, bisognerà sempre cercare di risalire alla causa che l’ha provocata. La ricerca non dovrà mai prescindere la verifica delle seguenti condizioni: Trombosi rivelatrici:

- Tumore occulto o palese (sindrome di Trousseau): i pazienti neoplastici presentano uno stato di ipercoagulabilità di base, anche in assenza di trombosi clinicamente manifeste, grazie alle proprietà protrombotiche proprie della cellula tumorale. Questa attività si esplica grazie alla produzione del “Tissue Factor” (tromboplastina tessutale) e del “cancer procoagulant”, proteasi fetale e tumorale che attiva il fattore X. Le cellule tumorali possono anche, tramite l’attivazione monocitarie, endoteliale e piastrinica, attivare indirettamente la procoagulazione.

- Determinanti aspecifici legati alla risposta dell’ospite al tumore - -- stasi ematica da compressione - -- infiammazione, reazione della fase acuta e necrosi localizzata - -- disprotidemia - Determinanti tumorali legati alle proprietà delle cellule cancerose che rilasciano- sostanze procoagulanti (Fattore Tissutale, Cancer Procoagulant) - citochine infiammatorie e proangiogenetiche (IL-1β, IL-8, TNFα, VEGF) - molecole fibrinolitiche (t-PA, u-PA, u-PAR) Interazione cellulare diretta con cellule endoteliali, leucociti, piastrine coinvolte nella regolazione dell’emostasi

caratteristiche del trombo

piastrine ++± +±fibrina +++± ++++++emazie ++± ++++leucociti ++++ +±flogosi parete ++++++ --adesione +++++ ±organizzazione +++ ±

superficiale profondo

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- Collagenopatie: frequentemente trombosi venose superficiali (ma a volte anche profonde ed estese) annunciano la comparsa di alcune connettivopatie come il LES

- Buerger: le manifestazioni cliniche di questa arteriolite distale, sono costantemente precedute da fatti trombotici superficiali multipli, caratteristicamente migranti.

- Infezioni: la localizzazione sulla parete venosa di una infezione sistemica è una evenienza abbastanza rara.

Trombosi Iatrogene: - Cateterismi - Endovenose - Farmaci : inteso come traumatismo chimico, esercitato da alcuni farmaci come anestetici,

diazepinici, chemioterapici e la stessa scleroterapia. Traumatismo: con una certa frequenza la trombosi superficiale su vena sana riconosce un meccanismo patogenetico di tipo traumatico. Le sedi più frequenti sono rappresentate dalle vv. del collo (giugulari), degli arti superiori e del torace. La vena grande safena e la piccola safena da sole rappresentano sede di TV superficiale in circa l’80% dei casi. Nel rimanente 20% gli altri distretti corporei. La complicanza più frequente della TVS è l’estensione al circolo profondo. Tale estensione può avvenire o attraverso le crosses femorale e poplitea o attraverso le vv. perforanti. La complicanza più temibile, che sin’ora è stata tenuta in scarsa considerazione perché poco frequente, è l’embolia polmonare. In ostetricia e ginecologia, la TVS è un evento frequente perché correlato alla gravidanza, al puerperio, alla terapia estroprogestinico ed alla terapia ormonale sostitutiva. Oltre a ciò bisogna

ricordare la capacità procoagulante del Tamoxifene (impiegato nella terapia de tumore mammario) per la sua attività estrogenica. Per la diagnosi di TV superficiale può essere sufficiente la sola clinica. Il quadro clinico è generalmente eclatante. E’ preceduto dalla comparsa di noduli duri, rilevati e dolenti lungo il decorso di una vena superficiale. La cute sovrastante è iperemica ed ipertermia; vi può essere edema perilesionale, ma non dell’intero arto. Alla palpazione della lesione si apprezza un cordone

duro e dolente che segue il decorso della vena superficiale interessata al processo trombotico. L’evoluzione del quadro clinico, quando essa sia spontaneo, può durare da alcune settimane a qualche mese, la vena può evolvere in una sclerosi fibrosa e alla palpazione si apprezza la presenza di un sottile cordoncino duro e non più dolente, inoltre scompaiono i segni dell’infiammazione acuta e può permanere una discromia cutanea lungo il decorso della vena. In alcuni casi, per confermare la diagnosi e/o valutare la vera estensione del processo trombotico, è necessario l’approccio strumentale con eco color doppler. L’ecografia vascolare è di aiuto nella conferma di una trombosi venosa superficiale, in particolare nella diagnosi differenziale con cellulite, erisipela o linfangite, che ad un primo esame potrebbero essere anche simili dal punto di vista clinico ad una trombosi venosa superficiale. In questi casi,

Esacara necrotica su gavocciolo varicoso: trombosi superficiale inPaziente con ca uterino

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utilizzando l’ecografia vascolare, i vasi venosi sottostanti al processo patologico risultano pervi e sono quindi normalmente comprimibili. Un’altra fondamentale informazione che è possibile trarre dall’ecografia vascolare, nel caso delle trombosi superficiali, riguarda l’estensione del processo trombotico. Nel caso della trombosi della vena grande safena prossimale, la testa del trombo può giungere ben al di sopra dell’area visibile e palpabile sulla coscia. Fondamentale è comunque la ricerca dell’interessamento degli osti safeno/femorale e safeno/popliteo che rappresentano le eventuali maggiori porte di ingresso al sistema venoso profondo.

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Rischio di malattia e TVP

Metodo clinico di predittività della trombosi venosa profonda (Wells et Al., Lancet 1997)

PATOLOGIA E/O SINTOMI Punteggio

Tumore in fase attiva (terapia in atto o praticata nei 6 mesi precedenti od in cura palliativa

1

Paralisi, paresi od immobilizzazione recente (es.gesso) di un arto inferiore

1

Dolorabilità lungo il decorso di una vena profonda

1

Gonfiore di un arto inferiore

1

Edema con fovea di un arto sintomatico

1

Arto aumentato di dimensioni (>3 cm.), rispetto al controlaterale (la misura deve essere eseguita 10 cm. al di sotto della tuberosità tibiale.

1

Vene superficiali ectasiche (non varicose)

1

Diagnosi alternativa o più probabile della TVP

-2

CALCOLO DELLE PROBABILITA’

ALTA

≥ 3

MEDIA

1 o 2

BASSA

≤ 0

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FISIOPATOLOGIA CORRELATA ALLA DIAGNOSTICA CLINICA

Le trombosi venose profonde degli arti si è soliti distinguerle in prossimali (iliaco femorali) e distali (popliteo surali). Questa differenziazione è solo didattica in quanto frequentemente una trombosi venosa distale si estende prossimalmente sino a superare il 1/3 inferiore di coscia. Il motivo reale della differenziazione consiste nella potenzialità emboligena, che è nettamente superiore nelle TVP prossimali. Gli elementi portanti la diagnostica clinica sono costituiti dall’edema e dal dolore che producono una maggiore o minore impotenza funzionale dell’arto. L’ectasia delle vene superficiali e la febbre sono elementi incostanti e legati a particolari situazione emodinamiche e fisiopatologiche. L’entità dell’edema (molto raramente assente) è legata alla capacità di drenaggio del letto venoso. Molto spesso il dolore e l’ansia correlata precedono la comparsa dell’edema che interviene solo quando una sufficiente superficie di letto venoso non è più capace di drenare il sangue refluo.

Dell’edema bisogna sempre considerare e descriverne la sede, l’estensione e la consistenza. L’entità dell’edema è inversamente proporzionale alle capacità di deflusso collaterale e quindi direttamente proporzionale al territorio trombizzato. Ciò significa che la trombosi di un grosso vaso purchè interessi solo un breve tratto di vena, può essere accompagnata da un edema di scarsa entità. Viceversa la trombosi estesa di piccoli vasi, può produrre un edema imponente. La sede dell’edema è strettamente collegato alla sede della trombosi: così

una TV plantare produce l’edema del piede, al massimo sino al malleolo. La TV popliteo surale produce l’estensione dell’edema sino al polpaccio e ginocchio. La TV femoro iliaca aggiunge edema sino alla coscia. Nella trombosi della vena iliaca le possibilità di drenaggio del circolo profondo sono scarse, per cui le vene superficiali della regione alta di coscia e della regione bassa dell’addome, vicarino e si rendano solo evidenti in un primo tempo, ectasiche e tortuose in seguito. La consistenza dell’edema è variabile. Per meglio comprendere l’importanza della consistenza dell’edema bisogna pensare che anch’essa è relativa al grado delle capacità di drenaggio collaterale. In una prima fase in cui potrà essere tendenzialmente molle, col progredire dell’estensione in alto ed alle affluenze collaterali, diverrà sempre più consistente sino ad essere francamente duro all’acme della malattia. La consistenza dell’edema si accompagna parallelamente al dolore spontaneo e provocato, in quanto entrambe dipendono dal grado di distensione della fascia muscolare. Il dolore pare collegato anche alla flogosi ed alla distensione della parete venosa. La positività alle manovre di Homans e Bauer (dolore alla compressione della pianta del piede in iperflessione ed alla pressione del polpaccio) sono il segnale evidente della distensione ed irritazione della fascia muscolare. La presenza di febbre (molto raramente legata ad una patogenesi settica della trombosi, ma relativa al potere pirogeno dei prodotti di lisi del coagulo) è molto frequente nelle trombosi prossimali, dove può presentarsi in maniera continua o sub continua (sino a 38 – 39 C°) e per molti giorni. Esistono, molto più frequentemente di quanto non possa apparire, le trombosi venose paucisintomatiche o completamente asintomatiche. Ciò si verifica quando ad essere colpito è un settore venoso con ampie possibilità di drenaggio vicario. Manca quindi il dolore da distensione

T. V. Distale

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della fascia (ma sovente è presente un dolore localizzato alla proiezione cutanea del vaso trombizzato, per flogosi di parete e flogosi perivenosa).

Nella trombosi venosa gemellare, la difficoltà diagnostica consiste, oltre che nella scarsa capacità di risoluzione dei normali apparati eco doppler, anche nella povera apparenza clinica. La localizzazione trombotica alle lacune venose della sura è una evenienza molto frequente. Spesso decorre in maniera paucisintomatica e viene scambiata dal paziente come un fatto muscolare, anche perché segue frequentemente uno stress fisico (lungo viaggio in posizione seduta, lungo stazionamento ortostatico, lunga passeggiata o faticosa seduta in palestra). Spesso è successiva ad un trauma muscolare e si associa al

reperto ecografico di distrazione, caratterizzato dalla discontinuità delle fibre muscolari e dalla presenza di materiale più o meno ecogeno (versamento emorragico) a seconda della data di insorgenza. La trombosi gemellare molto frequentemente si estende a livello popliteo. Evenienza non rara è la compressione del fascio vascolare da parte di tumefazioni della regione poplitea. E’ il caso delle compressioni sulla vena poplitea esercitata dalle frequenti cisti di Baker che spesso raggiungono grandi dimensioni. La TV femoro iliaca spesso rappresenta l’estensione craniale di una tv poplitea lungo la v. femorale superficiale o safenica, attraverso la giunzione. E’gravata da un alto rischio di embolia polmonare per cui, se possibile l’esame eco color doppler va esteso il più in alto possibile a visualizzare la lunghezza della testa del trombo ed il suo eventuale flutting .

PHLEGMASIA ALBA DOLENS FISIOPATOLOGIA SEGNO O SINTOMO

Riduzione del letto venoso Ostacolo al deflusso

Dolore tensivo clino ed ortostatico Impossibilità alla deambulazione

Superamento soglia drenaggio linfatico Edema sovra e sottofasciale

Risentimento flogistico della fascia muscolare Dolore alla compressione del polpaccio, coscia, canale degli adduttori Dolore alla dorsiflessione del piede

Riassorbimento cataboliti cellulari Febbre

Compenso collaterale insufficiente Edema di tutto l’arto Turgore vv addominali e sovrapubiche

PHLEGMASIA CERULEA DOLENS

FISIOPATOLOGIA SEGNO O SINTOMO Riduzione del letto venoso Ostacolo al deflusso

Dolore tensivo clino ed ortostatico Impossibilità alla deambulazione

Superamento soglia drenaggio linfatico Edema sovra e sottofasciale

Risentimento flogistico della fascia muscolare Dolore alla compressione del polpaccio, coscia, canale degli adduttori Dolore alla dorsiflessione del piede

Riassorbimento cataboliti cellulari Febbre molto elevata Ipoafflusso arterioso da compressione Dolore ischemico, necrosi e gangrena

Esclusione di tutte le vie collaterali di compenso Edema di tutto l’arto, Cianosi Turgore vv addominali e sovrapubiche Compressione dell’edema sulle arteriole

Gangrena venosa

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CENNI DI TERAPIA DELLA TROMBOSI VENOSA PROFONDA Il trattamento di prima scelta e di prima intenzione è costituito dall’eparina. Il suo dosaggio ed il suo monitoraggio saranno molto diversi a seconda delle localizzazioni trombotiche. Il bendaggio fisso ipo/anelastico e l’impiego degli anticoagulanti orali presentano delle limitazioni e peculiarità .

PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE DELL’EPARINA E. non frazionata E. a Basso Peso Molecolare Emivita Dose dipendente (30 min – 4 h) Dose dipendente (2 – 4 h) Biodisponibilità Basse dosi 30% Basse dosi 90%

Alte dosi 90% Alte dosi 90% Eliminazione Basse dosi: fissazione cellulare Renale

Alte dosi : renale Fissazione alle proteine Forte debole Nel trattamento delle trombosi basse o distali, non riteniamo necessario ed opportuno il riposo a letto. Consigliamo solo la semplice limitazione delle attività giornaliere. L’attivazione dei mm della sura aumentando la velocità di flusso nel circolo esente da trombosi e collateralmente ad essa, limiterà sia l’estensione del trombo stesso che l’originarsi di altri focolai trombotici. La rimozione del bendaggio dovrà avvenire quando si è ottenuta una riduzione dell’edema (testimoniato anche dalla scarsa aderenza del bendaggio, prima ben teso), la netta riduzione del dolore e quando l’immagine ecografica deponga per una stabilizzazione ed aderenza a parete del trombo. In seguito contenzione elastica a gambaletto o monocollant per almeno tre mesi. In tutti i casi di trombosi venosa (superficiale e profonda), specie se non vi è una evidente causa scatenante o comunque quando si tratta di recidiva, è opportuno lo studio emocoagulativo a terapia sospesa (fibrinogeno, antitrombina 3^, proteina C ed S coagulative, resistenza alla proteina C attivata da mutazione del fattore 5 di Leiden, mutazione del fattore 2° della protrombina G20210A, MTHFR, ecc.). Se i risultati non dovessero deporre per patologia coagulativa bisognerà allargare le indagini, senza mai trascurare l’ipotesi neoplastica.

Stasi su vena poplitea => spremitura del polpaccio e ripristino dell’anecogenicità

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Nelle trombosi prossimali le linee di condotta sono identiche alla localizzazione più bassa. Il dosaggio dei farmaci andrà personalizzato in base al peso del paziente ed alla gravità del quadro clinico, oltre che in base ai parametri di laboratorio. Il bendaggio dovrà essere effettuato con qualche accorgimento: oltre all’eccentricità poplitea di protezione, bisognerà porre una eccentricità anche alla testa del trombo, in modo da favorire quanto più possibile il contatto stabile della parete venosa con il trombo stesso, per favorirne l’adesione. Il bendaggio non sarà indicato quando l’evidenza clinica suggerisce una scarsa capacità di drenaggio delle vie collaterali. Per l’elevato rischio di trombo embolismo polmonare (TEV) il paziente va tenuto a riposo il più possibile, attenzionando l’eventuale comparsa di tosse (da microembolismo polmonare) ed alla stipsi (la manovra di Valsalva è spesso causa di distacchi trombotici). A parte rari casi di trombosi massiva senza possibilità di drenaggio efficiente, in cui bisogna chiedere l’aiuto del chirurgo, l’impiego di eparina a dosi anticoagulanti è la regola. La terapia anticoagulante orale va intrapresa appena possibile intricando per 3 -4 giorni eparina ed antivitamina K. Il monitoraggio della terapia eparinica va fatto in base al Tempo di Tromboplastina Parziale attivata (aPTT) che dovrà essere mantenuto tra 1,5 e 2,5 volte i valori normali per il laboratorio. In caso di inibitori o carenza di fattori della coagulazione si può effettuare il dosaggio plasmatico dell’eparina, o con metodo della protamina (0.3 – 0.5 U/ml) o con metodo cromogenico dell’antifattore X attivato (0.3 – 0.7 U/ml). Se si impiega eparina calcica sottocutanea ogni 12 ore il monitoraggio di aPTT va fatto 6 ore dopo la seconda iniezione. Nei casi in cui si riscontrano valori di aPTT aumentati, prima del trattamento eparinico, questo incremento può essere determinato da fattore anticoagulante del lupus, carenza di alcuni fattori della coagulazione ( XII, XI, IX, VIII), malattia di von Willebrandt, coagulazione intravasale disseminata (CID), alcune epatopatie.

Occhio safenicoC.U.S.

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MECCANISMO D’AZIONE DELL’EPARINA Accelera l’inibizione dell’antitrombina su fattori attivati (XIIa, XIa, IXa e IIa) Produce inibizione selettiva della trombina (interazione col cofattore eparinico II, a dosi elevate), inibizione della protrombina (da parte del fattore Xa in assenza di antitrombina) Ha quindi effetto anticoagulante o antitrombotico a seconda delle dosi e produce inibizione della reattività piastrinica Nel plasma, la dose di eparina richiesta per neutralizzare la trombina legata alla fibrina, è circa venti volte maggiore di quella necessaria per inattivare la trombina libera Esiste quindi la necessità di impiegare dosi elevate per limitare l’accrescimento di un trombo rispetto alle piccole dosi necessarie per prevenire la trombosi (effetto anticoagulante ed antitrombotico)

Controindicazioni all’impiego di eparina Assolute Relative

Emorragia in atto Intervento chirurgico recente Diatesi emorragica Traumi maggiori recenti Trombocitopenia da eparina Accidenti cerebro vascolari < 1 mese Ipertensione maligna Endocardite batterica Ipertensione arteriosa non controllata Le eparina a basso peso molecolare, o eparine frazionate, presentano un ridotto effetto sul fattore II° mentre mantengono inalterate le capacità di inibizione del fattore Xa. Dal punto di vista coagulativo, l’inattivazione di una molecola di fattore X attivato equivale all’inattivazione di 50 molecole di trombina. I vantaggi clinici delle eparine a basso peso molecolare (EBPM) possono riassumersi in una maggiore efficacia antitrombotica, un minor rischio di sanguinamento e di trombocitopenia. In più il monitoraggio dell’aPTT non è necessario se non in caso di rischio elevato di emorragie, neonati o bambini piccoli, gravidanza, insufficienza renale e obesità significativa o magrezza eccessiva Sono questi i motivi per cui orientamento generale è oggi quello di impiegare l’eparina a basso peso molecolare invece che l’eparina non frazionata.

eparine a basso peso molecolare EPARINA PESO

MOLECOLARE ATTIVITA’ ANTIXa/II/a

EMIVITA

ENOXAPARINA 4.500 2,7/1 129-180 DALTEPARINA 5.000 2/1 119-139 NADROPARINA 4.500 3,2/1 132-162 TINZAPARINA 4.500 1,9/1 111 REVIPARINA 3.900 5/1 180 ARDEPARINA 6.000 1,9 /

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Effetti indesiderati dell’eparina • Osteoporosi • Iperaldosteronismo • Necrosi cutanea nella sede di iniezione • Reazioni anafilattiche (più frequentemente di ipersensibilità, con manifestazioni cutanee) • Trombocitopenia

o Forma lieve, precoce e transitoria o Forma grave associata a trombosi venose ed arteriose

La trombocitopenia grave compare in genere entro il 5° giorno di trattamento ed è dovuto alla comparsa di anticorpi antieparina, questi (gli anticorpi anti complesso eparina/fattore eparinico 4) reagiscono anche contro le cellule endoteliali producendo un grave danno di parete che, associato alla attivazione piastrinica conduce ad estese trombosi.

IL TRATTAMENTO CON ANTICOAGULANTI ORALI O ANTIVITAMINE K

Gli anticoagulanti orali agiscono tramite l’inibizione della sintesi epatica dei fattori procoagulanti dipendenti dalla vitamina K, cioè fattori II, VII, IX e X. La proteina C e la proteina S sono fattori anticoagulanti vitamina K dipendenti e quindi gli anticoagulanti orali ne inibiscono la sintesi con effetto (modesto) procoagulante. L’inibizione dei fattori II e X ha effetti prevalentemente antitrombotici, mentre l’inibizione dei fattori VII e IX ha effetti soprattutto anticoagulanti. Gli effetti degli AO si esplicano molto più precocemente sulla sintesi della proteina C, in senso inibitorio, per cui paradossalmente, almeno nei primi giorni di trattamento si potrebbe avere una prevalenza dell’azione procoagulante da deficit di proteina C. Per ciò, anche se questa fase di relativa ipercoagulabilità assume raramente rilevanza clinica, è necessario far precedere o comunque concomitare il trattamento AO con terapia eparinica. In ordine di tempo vengono poi inibiti il fattore VII ed il fattore IX e per ultimi i fattori II e X. Pertanto l’effetto anticoagulante è più precoce di quello antitrombotico (48 -72 ore rispetto a 5 - 6 giorni) e ciò giustifica del perché il trattamento eparinico debba essere contemporaneo all’anticoagulazione orale e protratto per almeno 3 - 5 giorni. Nella gran parte dei casi l’anticoagulazione deve essere spinta sino ad un range di INR di 2.0 – 2.5. In caso di sindrome da anticorpi antifosfolipidi l’INR terapeutico dovrà attestarsi a 3.0 e solo nel caso in cui il paziente con INR di 3.0 presenti ugualmente episodi trombotici (anche superficiali) o paziente portatore di protesi valvolari meccaniche, l’INR dovrà spingersi tra 3.0 e 3.5.

Terapia Anticoagulante Orale CONTROINDICAZIONI

• gravidanza, ipertensione non controllata, epatopatiagrave, intervento chirurgico recente (specie se a carico del SNC, della colonna e dell’occhio)

Assolute:diatesi emorragica grave, emorragia in corso,scarsa compliance del paziente

Relative :

ATT

IVIT

ÀD

EI F

ATT

ORI

DEL

LA C

OA

GU

LAZI

ON

E (%

)

TEMPO (GIORNI)

100

80

60

40

20

0

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

IIXIX

VII

PROTEINA C

Inibizione dei Fattori II e X Inibizione dei Fattori VII e IX

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Complicanze della terapia con anticoagulanti orali

Necrosi cutanea Alopecia Acrocianosi Rash cutanei Emorragie (1 – 5%) queste sono dovute a eccessodell’effetto anticoagulante (I.N.R. > 4.0)

o per l’impiego contemporaneo di faarmaci che interferiscono con l’emostasi o anche per la prolungata durata della terapia anticoagulante stessa. La necrosi cutanea da cumarinici è dovuta a trombosi venulare sottocutanea . Si verifica un eccessivo incremento dei valori di complessi trombina / antitrombina. Compare in genere dal 3° all’8° giorno di terapia. E’ spesso associata a deficit omozigote di prot. C o S ed a piastrinopenia

TERAPIA CON FIBRINOLITICI MAGGIORI

Raramente, in parte per le difficoltà di monitoraggio, in gran parte per l’elevato costo del trattamento, si opta per il trattamento con fibrinolitici maggiori. Le indicazioni all’impiego sono costituite da

EP massiva (>50% del letto vascolare polmonare) EP massiva con disfunzione ventricolare destra EP non massiva in pz con patologia cardiaca e/o polmonare TV estese con evoluzione verso l’ischemia

Tali trattamenti vengono comunque prediletti nei soggetti giovani in quanto la restitutio ad integrum degli apparati valvolari è molto frequente (se l’inizio del trattamento è precoce rispetto alla comparsa dei sintomi) e le complicanze da post trombosi sono quindi molto meno importanti. L’urokinasi è una serin – proteasi priva di proprietà antigeniche e possiede attività fibrinolitica dose – dipendente. Le dosi usualmente impiegate sono di 4.400 U/kg e.v. in bolo di 10 minuti, seguita da 4.400 U/Kg in 12 – 24h . Nel monitoraggio bisogna ripetutamente dosare i prodotti di degradazione del fibrinogeno (FDP), monitorare le urine (sanguinamento) ed intricare il trattamento con eparina, per l’azione procoagulante di questi ultimi.

MONITORAGGIO DEL PAZIENTE CON TVP Il Monitoraggio clinico del paziente con TVP si fonda sull’osservazione e controllo dell’andamento di alcuni parametri appunto clinici:

• Dolore • Edema (entità e consistenza) • Temperatura • Polsi tibiali • Mobilità dell’arto • Circoli collaterali superficiali

Il monitoraggio strumentale (eco color doppler) ci informerà sulle variazioni dell’ecogenicità del trombo (vedi oltre), sulla eventuale progressione craniale, sulla sua stabilità rispetto alla parete vasale.

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ELEMENTI DI DIAGNOSTICA STRUMENTALE I reperti tipici di trombosi venosa sono sia di tipo morfologico (ecografico), sia di tipo dinamico. In sede di trombo stabile non è possibile rilevare movimento ematico tramite il colore e/o il p.w., a meno che non siano presenti piccole aree di ricanalizzazione (in genere presenti dopo il primo mese). La caratteristica più importante per porre diagnosi di trombosi venosa in fase acuta è l’incompressibilità della vena con la compressione della sonda. Tale manovra, detta anche “C.U.S.” – Compression Ultra Sound – ha una altissima sensibilità e specificità.

Presenza di echi endoluminali, incompressibilità della vena sotto la pressione della sonda, valvole non visibili o fisse, silenzio doppler, sono gli elementi necessari per la diagnosi di trombosi venosa. Il segno strumentale universalmente riconosciuto come altamente attendibile è l’incompressibilità della vena sotto la pressione della sonda (CUS) L’ anecogenicità del lume non significa necessariamente che il lume stesso è privo di trombi in quanto nella fase precocissima e dopo 48 ore il trombo può essere totalmente privo di echi.

Normale Trombosi Lume anecogeno* Echi endoluminali Compressibilità Incompressibilità Valvole mobili Valvole assenti o fisse Flusso fasico Flusso assente*

Le tasche delle valvole venose rappresentano la sede preferita del “primo momento” della genesi del trombo venoso che sarà poi successivamente in grado di accrescersi cranialmente

Trombo flottante su vena superficiale

Trombosi con iniziale canalizzazione marginale

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La diagnosi di trombosi venosa superficiale è principalmente clinica (cordone o piastra indurito e dolente, spesso arrossato, che segue il decorso di una vena superficiale precedentemente sana, o di una varice - varicotrombosi) . L’indagine strumentale eco color doppler è utile al clinico per diverse motivazioni. La prima è sicuramente la conferma della diagnosi clinica e la differenziazione con le

linfangiti a piastra, gli edemi linfatici e l’erisipela. La motivazione più importante, anche dal punto di vista prognostico – terapeutico è la verifica dell’interessamento trombotico contemporaneo del circolo profondo tramite le giunzioni e/o le perforanti. Sul piano prognostico l’accrescimento del trombo in senso craniale, proprio a livello transvalvolare ha due conseguenze: la prima è quella della possibile attività di cappio che la

valvola (ove ancora integra nei suoi lembi) potrà esercitare sul trombo in accrescimento, determinando anche la sua possibile frammentazione (distacco embolico); la seconda è la caratteristica del trombo nella sua parte finale che anche nell’imaging si caratterizza per la forma “ a coda”.

All’imaging ecografica il sangue è anecogeno sin quando mantiene una certa velocità di scorrimento: quando questa decresce, anche per la concorrenza di fenomeni di aggregazione eritrocitaria, diviene ecogeno e si presenta all’osservatore con le tipiche “volute di fumo” .

In questa evenienza, di semplice stasi (marcato rallentamento della velocità di flusso, sino all’arresto senza trombosi), la compressione manuale del

distretto muscolare posto in basso determina la scomparsa dell’ecogenicità intravenosa ed il ripristino della fisiologica anecogenicità del lume. Il tipico reperto di trombosi venosa è caratterizzato dalla presenza di materiale ecogeno all’interno del lume venoso. L’ecogenicità e l’omogeneità variano con l’età del trombo. La definizione dell’età del trombo stabilita su base ecografica è certamente approssimativa ma

sicuramente attendibile. Il trombo fresco (fino a circa 48 ore) si presenta omogeneo ed ecogeno. Superati i due giorni l’ecogenicità decresce sino a circa una settimana. Successivamente l’ecogenicità aumenta nuovamente e si ha la comparsa di aree di disomogeneità. Il trombo vecchio è caratterizzato dalla disomogeneità, a volte dalla parziale o completa canalizzazione e quando questa è presente, dalla completa insufficienza valvolare .

Contiguità del fascio vascolare popliteo con grossa cisti di Baker

Trombosi venosa di vecchia data: valvole fisse, diomogeneità e parziale canalizzazione del tromno

stabilizzazione del trombo dopo due settimane

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In alcuni casi, come nella sindrome post trombotica, la CUS non riesce a far collabire le pareti venose, perlomeno non vi riesce in maniera completa. All’interno del lume saranno evidenti apposizioni ecogene riferibili al residuo del vecchio trombo e le strutture valvolari comprese nell’area della trombosi appaiono ridotte a moncherini o addirittura assenti o compresi nel trombo stesso.

Trombosi safenica

Trombo venosoCoda del trombo

Post trombosi femorale canalizzata