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Http://www.hotshooter.net Donatien Alphonse François de Sade (Marchese De Sade) IL GIUDICE BEFFATO "... Stanno impiegando contro di voi le stesse armi di cui voi vi siete servito con gli altri. Dopo avere esercitato l'ingiustizia per trentanni, non è ragionevole che ne diveniate la vittima, almeno per una volta nella vostra vita?.." ********** IL GIUDICE BEFFATO Che cosa poteva fare nel 1787 Donatien-Alphonse-Francois de Sade in una cella della Bastiglia? Che cosa poteva inventarsi un libertino collerico, straripante in tutto, visceralmente ateo e con un notevole talento d'immaginazione? Non poteva vivere, perché gliel'avevano impedito con una detenzione a 27 anni, sproporzionata ai suoi peccati di laceratore di virtù. Ma poiché non potevano vietargli d'immaginare, ha scritto Justine e Il Giudice beffato, un tipo di scrittura con una funzione calmante. Gli avrebbe permesso di soddisfare i suoi bisogni divoranti: in Justine l'erotismo esasperato, nel Giudice beffato un sentimento di vendetta ossessivo verso chi lo aveva espulso dalla società. Questa novella non è in realtà la storia di una beffa, ma la caricatura dell'idiozia di un magistrato. L'inganno non ha nessuna importanza perché non ha alcuna qualità. D'altronde non ce n'è bisogno. Il signor di Fontanis, il giudice, bersaglio accuratamente scelto da Sade per il fastidio che riesce a suscitare, è un tale babbeo da cascare in ogni tranello senza che serva il minimo sforzo per intrappolarlo. E' brutto, bilioso, dichiaratamente ipocrita, apertamente codardo, indubbiamente mentalmente disturbato. Ammette di aver bandito l'intelligenza dal suo lavoro e il suo massimo divertimento è una bella impiccagione. Nulla in lui ha bellezza o rettitudine. Niente può attirare l'indulgenza o almeno la compassione del lettore. Indegno di umanità, è solo un pupazzone, un orrido punching-ball elastico che ondeggia ad uso del marchese che lo colpisce con i tiri più disgustosi. Che conforto deve essere scegliere, negli infiniti giorni di galera, quale tormento infliggere, e in qual dose, al tuo peggior nemico: un magistrato invasato del tribunale di Aix-en-Provence che ti sta facendo scontare una pena che consideri eccessiva per il tuo libertinaggio. "Dimmi, presidente" gli chiede Sade nella novella "se tu ti fossi abbandonato a qualche fantasioso capriccio nel fondo della tua casa, troveresti equo che un branco di balordi venisse a stanarti, cavasse fuori qualche bizzarria del tutto scusabile a 30 anni e ne approfittasse per guastare il tuo nome, disonorare i tuoi figli e saccheggiare i tuoi averi?". No, Sade ha deciso che non è giusto e si prende il risarcimento: oggi lo frustra, domani lo devasta con le coliche, dopodomani gli fa dei salassi, lo purga, lo fa precipitare tra i maiali, lo manda a letto con un asino, infine lo costringe al più maligno contrappasso per un togato integralista: pentirsi per essersi eretto arbitro delle esistenze altrui. Confrontandola con la biografia di Sade, la novella ricorda anche le circostanze del suo matrimonio. Il marchese fu spinto dal padre, per sistemare le sue finanze impoverite, a sposare la facoltosa figlia di un alto magistrato. Un matrimonio che Sade giudicava degradante per un gentiluomo come lui, anche perché in quel periodo era innamorato di Laure-Victoire-Adeline de Lauris, discendente di nobile casata. Quando, nel Giudice beffato, descrive le nozze combinate tra l'incantevole signorina de Téroze e il presidente del Parlamento di Aix, rozzo rospo con la toga che gli è stato destinato, Sade si riferisce a se stesso. Poi, nella vita vera del marchese, accadde anche che la suocera, la presidentessa di Montreuil, diventasse una delle principali responsabili

Marchese De Sade -Il giudice beffato

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Http://www.hotshooter.netDonatien Alphonse François de Sade(Marchese De Sade)IL GIUDICE BEFFATO"... Stanno impiegando contro di voi le stesse armi di cui voi vi sieteservito con gli altri. Dopo avere esercitato l'ingiustizia pertrentanni, non è ragionevole che ne diveniate la vittima, almeno per unavolta nella vostra vita?.."**********IL GIUDICE BEFFATOChe cosa poteva fare nel 1787 Donatien-Alphonse-Francois de Sade in unacella della Bastiglia? Che cosa poteva inventarsi un libertinocollerico, straripante in tutto, visceralmente ateo e con un notevoletalento d'immaginazione? Non poteva vivere, perché gliel'avevanoimpedito con una detenzione a 27 anni, sproporzionata ai suoi peccati dilaceratore di virtù. Ma poiché non potevano vietargli d'immaginare, hascritto Justine e Il Giudice beffato, un tipo di scrittura con unafunzione calmante. Gli avrebbe permesso di soddisfare i suoi bisognidivoranti: in Justine l'erotismo esasperato, nel Giudice beffato unsentimento di vendetta ossessivo verso chi lo aveva espulso dallasocietà.Questa novella non è in realtà la storia di una beffa, ma la caricaturadell'idiozia di un magistrato. L'inganno non ha nessuna importanzaperché non ha alcuna qualità. D'altronde non ce n'è bisogno. Il signordi Fontanis, il giudice, bersaglio accuratamente scelto da Sade per ilfastidio che riesce a suscitare, è un tale babbeo da cascare in ognitranello senza che serva il minimo sforzo per intrappolarlo. E' brutto,bilioso, dichiaratamente ipocrita, apertamente codardo, indubbiamentementalmente disturbato. Ammette di aver bandito l'intelligenza dal suolavoro e il suo massimo divertimento è una bella impiccagione. Nulla inlui ha bellezza o rettitudine. Niente può attirare l'indulgenza o almenola compassione del lettore. Indegno di umanità, è solo un pupazzone, unorrido punching-ball elastico che ondeggia ad uso del marchese che locolpisce con i tiri più disgustosi.Che conforto deve essere scegliere, negli infiniti giorni di galera,quale tormento infliggere, e in qual dose, al tuo peggior nemico: unmagistrato invasato del tribunale di Aix-en-Provence che ti sta facendoscontare una pena che consideri eccessiva per il tuo libertinaggio."Dimmi, presidente" gli chiede Sade nella novella "se tu ti fossiabbandonato a qualche fantasioso capriccio nel fondo della tua casa,troveresti equo che un branco di balordi venisse a stanarti, cavassefuori qualche bizzarria del tutto scusabile a 30 anni e ne approfittasseper guastare il tuo nome, disonorare i tuoi figli e saccheggiare i tuoiaveri?". No, Sade ha deciso che non è giusto e si prende ilrisarcimento: oggi lo frustra, domani lo devasta con le coliche,dopodomani gli fa dei salassi, lo purga, lo fa precipitare tra i maiali,lo manda a letto con un asino, infine lo costringe al più malignocontrappasso per un togato integralista: pentirsi per essersi erettoarbitro delle esistenze altrui.Confrontandola con la biografia di Sade, la novella ricorda anche lecircostanze del suo matrimonio. Il marchese fu spinto dal padre, persistemare le sue finanze impoverite, a sposare la facoltosa figlia di unalto magistrato. Un matrimonio che Sade giudicava degradante per ungentiluomo come lui, anche perché in quel periodo era innamorato diLaure-Victoire-Adeline de Lauris, discendente di nobile casata. Quando,nel Giudice beffato, descrive le nozze combinate tra l'incantevolesignorina de Téroze e il presidente del Parlamento di Aix, rozzo rospocon la toga che gli è stato destinato, Sade si riferisce a se stesso.Poi, nella vita vera del marchese, accadde anche che la suocera, lapresidentessa di Montreuil, diventasse una delle principali responsabili

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del suo marcire in galera. Per questo, nei giorni di prigione, Sade lachiamò "vecchia imbecille", "puttana", sognò appaganti torture comescorticarla viva e buttarla nell'aceto. Nel ribrezzo per il signor diFontanis, il marchese trasferisce anche l'odio e il disprezzo per la suapersecutrice fondendo tutto, in un'ossessiva ricerca del peggiorecontrappasso. "Ci tenete ai vostri principi? E io a ai miei" scrive inuna lettera alla famiglia della moglie "con la differenza che i miei sipoggiano sulla ragione e i vostri sulla mera imbecillità".Sade finì al carcere di Vincennes, poi alla Bastiglia, dopo una lungaserie di scandaloso clamore e denunce per orge con servette,flagellazioni, sequestri di prostitute e di domestiche, rapportiomosessuali, distribuzione massiccia di afrodisiaci alle ragazze. Nel1772 il parlamento di Aix-en-Provence lo condannò a morte in contumaciaper avvelenamento e sodomia. Ma in realtà Sade era già stato mandato ingalera, ne era evaso, era scappato in Italia. Poi, tornato a Parigi perla morte della madre, venne arrestato e rinchiuso nel torrione diVincennes in virtù di una "lettre de cachet", un ordine di arresto delre ottenuto dalla suocera contro di lui.Nel 1778 ci fu il processo di appello alla corte di Aix-en-Provence. Leaccuse principali della condanna a morte furono cassate. Sade divennevirtualmente libero per legge, tuttavia restò in carcere per effettodella "lettre de cachet" chiesta dalla presidentessa di Montreuil. Erastato questo un modo per proteggere la famiglia dallo scandalo,sottraendo il marchese alla giustizia ordinaria. Per far passare ilclamore sotto silenzio, gli aveva causato un danno irreparabile, loaveva sottratto anche alla sua riabilitazione. Sade fuggì di nuovo, mapoi venne riarrestato e allora, irrimediabilmente segregato, cominciò ascrivere.Sarebbe ingiusto nei suoi confronti ridurre il Giudice beffato a unviolento attacco personale, a una fantasia di rivincita, a una banalelegge del taglione. La novella è anche una denuncia del fanatismo edell'ipocrisia della magistratura francese. Sade, che è stato educatodallo zio abate di Ebreuil, amico di Voltaire, ha letto il Trattatosulla tolleranza e ha fatto sue le idee sul fanatismo dei magistrati.Nel Giudice Beffato ricorda il massacro, avvenuto nel 1545, deicittadini eretici di Mérindol e Cabrières, che avevano aderito allaRiforma di Lutero e furono uccisi su ordine dei giudici diAix-en-Provence. Rammenta l'affare Calas, quando a Tolosa, nel 1761, ilcalvinista Jean Calas fu ingiustamente accusato e fatto morire sullaruota per aver ucciso il figlio che voleva farsi cattolico. PoiVoltaire, che ottenne la revisione del processo, riabilitò Calas.Nella novella, Sade fa intravedere la guerra tra la classe togata e ilre. Dice di come il potere fanatico dei giudici si basi sulla debolezzadel monarca. Accenna all'ambizione dei magistrati di rovesciare lamonarchia per instaurare la repubblica a cui aspirano da tempo.Riferisce il loro obiettivo di salire ai vertici del potere per avere inmano le catene con cui ridurre il popolo in schiavitù: il momento magicodelle manette per cui è mille volte meglio sacrificare la vita diquindici innocenti che rischiare di sottrarre alla morte un solocolpevole.Non sfuggirà ai lettori che il marchese d'Olincourt del Giudice beffato,l'arguto ed elegante tessitore della beffa, è un alter ego di Sadestesso. Un uomo ben nato, orgoglioso della sua classe, del privilegio diun'educazione che lo distingue dagli oscuri natali di "quel bestioneimparruccato" della corte di Arx. Sade era un convinto aristocratico diquegli anni, acceso sostenitore dei propri privilegi di nascita,assolutamente non sfiorato da dubbi sul sistema delle classi. E conparole che oggi suonano irritanti, dice all'orrido signor di Fontanische un gentiluomo non dovrebbe subire il disonore di una legge decisa daindividui di rango inferiore.Ma, alla fine, quello che più conta in questa operettadell'immaginazione, è la difesa estrema del privilegio libertino dipoter realizzare le proprie fantasie senza alcun limite: "Ponetemi puredavanti al patibolo, io non cambierò mai" scriveva in una lettera alla

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moglie. Nel 1787, alla Bastiglia, il marchese capisce che nessuno haintenzione di levargli le catene e allora costruisce il monumento di séche più piacerà nel Novecento a Guillaume Apollinnaire e ai surrealisti:Sade lo spirito più libero che sia mai esistito, il demone antisociale,il vendicatore dei fantasmi più segreti. "Io sono un libertino, loconfesso. Tutto ciò che è possibile concepire in un tal genere di cose,io l'ho concepito" scrisse. Un libertino così orgoglioso del proprioistinto libertario da contrapporlo al peccato originale dei giudici,alla loro differenza antropologica: quale persona normale, si domandaSade, potrebbe infatti pretendere di giudicare un altro?NOTACiò che rende interessante questo testo è la sua straordinaria qualitàossessiva. Essa sembra far parte integrante della scrittura, essere natae cresciuta in una gara di aggressività e smodatezza con lo scorrerestesso della penna sui fogli (quasi a marcarli, a fustigarli, alacerarli, a far loro violenza). L'odio che il marchese prova per imagistrati di Aix, per tutta la magistratura di Provenza e di Francia,per il sistema giudiziario nell'intera sua impalcatura è riversato nontanto nella storia che egli inventa e racconta - storia un po' banale eripetitiva di una beffa ordita alle spalle di una vittima cosìinsipiente che non costringe i beffatori a lavorare di ingegno, comenelle grandi beffe della novellistica rinascimentale - quanto piuttostoin tutte le circostanze e i particolari della vicenda, che vengonotutti, senza eccezione, ossessivamente, presi a prestito per esercitarel'arte della vendetta e dell'ingiuria, di una serie infinita di attacchipersonali violentissimi, che sembrano sempre lì lì per passare dalleparole ai fatti, alla tortura e al tormento fisico.Anche là dove si sente che il marchese si appoggia a qualche trovatanarrativa tradizionale (i letti che si sfasciano sotto il pesodell'innamorato impaziente, la caduta boccaccesca del signor di Fontanisnel brago dei porci, la farsa degli spiriti nel castello infestato ecosì via), si avverte che l'odio diviene ispirazione creativa esuggerisce una quantità straordinaria di invenzioni metaforiche everbali, tutte a spese della povera vittima, che viene di volta in voltagraffiato, frustato, spennacchiato, smerdato, o a spese dellamagistratura, della società o della storia di Provenza, che anche làdove quasi non c'entrano, si prendono la loro parte di critiche elegnate.Non si può nemmeno dire che ci sia, in questo testo, una denuncia,magari esasperata, e però a modo suo filata e coerente, degli errori edelle storture del sistema giudiziario europeo di fine Settecento, dellacorruzione dei magistrati, dei conflitti di interesse. Lo scrittore nonha vere critiche da muovere o proposte da fare, in uno spirito daphilosophe. L'attacco è totale, martellante, feroce, travolgente: nullasi salva. E l'attacco si trasferisce nella scrittura, violentandola. Nonc'è coerenza narrativa che tenga, non strategia retorica di discorso.Tutto è sottomesso alla forza deformante dello stile vituperoso ebeffardo, ogni giro di frase è un pretesto per dire tutto il malepossibile dei giudici di Aix, e quindi anche della città di Aix, dellasua regione, della Francia intera.In questa ferocia, proprio per la dismisura a cui si abbandona, non v'ènulla, neppure un velo di ironia che la alleggerisca. Il tono dominanteè atrabiliare, malinconico, disperato: riesce a riscattarsi soltantoattraverso l'energia martellante con cui si ripete, creando un effettodi accumulo che tocca il sublime.LA VENDETTA DI SADE«Molti diranno che l'autore di questa pièce è uno che ha perso il suoprocesso e vuole vendicarsi. Ebbene, costoro si ingannano! Ma a cheservono le mie proteste, tanto nessuno mi crederà...» lamentava Sadenella prefazione a Le Prévaricateur, una commedia satirica sullamagistratura corrotta.In effetti, come credergli? Sade ha scritto quell'opera nel 1782, dopocinque anni di reclusione nel carcere di Vincennes e con la prospettivadi rimanerci per il resto dei suoi giorni; l'odio che allora nutriva nei

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confronti dei magistrati era implacabile, profondissimo, ed è sotto lapressione di quell'odio che ha preso forma il personaggio di Philoquet,il giudice prevaricatore.Manifestare costantemente il suo disprezzo per coloro che l'avevanogiudicato era per Sade una ragione di vita: «Anche se queste sciaguratecatene dovessero, sì, dovessero condurmi alla tomba, mi vedreste sempreuguale. Ho la sfortuna di avere ricevuto un'anima salda, che non ha maisaputo piegarsi e che non si piegherà mai.» Il marchese non si stancavamai di gridarlo dalle sbarre della cella, di riempire le sue lettere diinvettive, di ricostruire ossessivamente l'insieme di trappolegiudiziarie che hanno contribuito a rovinarlo. Il prodotto più singolaredi questa energia inesauribile è Le président mystifié, un raccontoconcepito nel 1787 alla Bastiglia.Pubblicato postumo nelle Historiettes, contes et fabliaux, questoracconto non è una satira di costume o un conte philosophiquesull'iniquità della giustizia, ma una vendetta personale di Sade controquei giudici che l'avevano processato e condannato a Aix-en-Provence.Meglio ancora, lo si potrebbe definire una fantasticheria, un sogno aocchi aperti in cui Sade immagina il trattamento che riserverebbe a unmagistrato di Aix caduto in suo potere. E in effetti, la storia consistein un crescendo di atroci beffe e crudeli recriminazioni cuid'Olincourt, il quale come Sade è marchese e colonnello dei dragoni,sottopone Fontanis, presidente del Parlamento di Aix.In altre parole, Sade si vendica del suo nemico facendone una specie diJustine da farsa (la stesura della prima versione di Justine risale allostesso periodo del Président mystifié): entrambi i personaggi subisconoangherie e maltrattamenti reiterati all'inverosimile, ma se allafanciulla toccano in sorte stupri, orge blasfeme, impiccagioni,raffinate macchine di tortura, a Fontanis vengono somministrati purghe,salassi, bastonate, burle e insulti di ogni tipo.Il marchese d'Olincourt non bada a spese, pur di farsi beffe delpresidente - recluta un numero straordinario di attori, comparse,animali, fa persino costruire un pallone aerostatico - e soprattutto nonlesina parole: ogni occasione è buona per assalirlo con delle arringheinterminabili, il cui oggetto privilegiato, come si può facilmenteimmaginare, è la critica radicale del sistema giudiziario; ma ilmarchese batte con altrettanta insistenza su un caso specifico, su diun'ingiusta condanna che ha portato un gentiluomo alla rovina. Caso cheha molti elementi in comune con la vicenda di Sade, o meglio con lapersonalissima interpretazione che egli ne offre: un affare di puttane edi ragazzini, di frustate e di coliche, trasformato «a forza di astuzieinquisitorie, furberie, delazioni vilmente comprate» in un'accusa diavvelenamento e assassinio; per fugare ogni dubbio residuo circal'oggetto in questione, per evitare che qualche sprovveduto lettoremanchi di cogliere il riferimento al proprio vissuto, Sade si premura dicollocare gli avvenimenti nel 1772, ovvero al tempo della sua esecuzionein effigie a Aix-en-Provence.La scrittura di Sade è tutt'altro che allusiva e reticente, rispondealla necessità di dire tutto: in questo caso deve rendere perfettamenteintelligibile la sua rabbia per essere stato condannato a causa diqualche partie de femmes: «Sono solo colpevole di puro e semplicelibertinaggio, come quello che praticano tutti gli uomini, in ragionedel temperamento o dell'inclinazione più o meno forti ricevuti dallanatura.» Perché insomma dovrebbe essere il solo a pagare, e in manieracosì irragionevolmente dura, per delle pratiche allora diffuse?Fiumi di inchiostro sono stati versati sull'irregolarità dei processi diSade, sulla sproporzione tra i fatti commessi e le pene, e sul perchénon abbia goduto dell'impunità riservata alla sua classe sociale.«.e in realtà le dissolutezze compiute da Sade, i maltrattamenti ferocicui sottoponeva le sue vittime, non erano così comuni e ben tolleraticome egli pretendeva che fossero, e le ragioni di una simileintransigenza si possono fare risalire in primo luogo alla noncuranteostentazione con cui egli ha agito: nei quattordici anni che vannodall'affare Testard - il suo primo arresto per atti blasfemi fino al

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1777, data dell'internamento a Vincennes, Sade è stato sempresorvegliato, spiato dalla polizia. Pur consapevole di ciò, il marchesenon ha ritenuto di dover fare il più piccolo sforzo per occultare le suedebosce: nel 1768, dopo un frenetico tourbillon di attrici e bordelli,viene arrestato per avere rapito, fustigato e minacciato di morte unamendicante (si tratta dell'affare di Arcueil, che gli costò la primalettre de cachet, ovverosia un mandato di cattura emesso direttamentedalla corona, e cinque mesi di galera); nel 1772 scappa in Italiaportando bellamente con sé la cognata, con una condanna a morte peravvelenamento e sodomia che gli pende sul capo: è il frutto di un'orgiaorganizzata nel centro di Marsiglia con il servo Latour e quattro ocinque ragazze, cui ha somministrato un afrodisiaco dall'effetto assaipernicioso, la cantaride. Dopo un ulteriore periodo di sette mesi in uncarcere della Savoia e un secondo soggiorno in Italia, Sade si ferma nelsuo castello di La Coste, in Provenza, ma neanche in questo frangente sidimostra capace di discrezione, e più di una volta i genitori di qualchegiovanissima servetta lo denunciano per aver sedotto la loro figlia.A quel punto scatta l'arresto, ancora per effetto di una lettre decachet: egli non uscirà dal carcere che a Rivoluzione avvenuta - a partequalche giorno da evaso -nonostante abbia ottenuto sin dal 1778 larevisione del processo e la riabilitazione. E dunque il re in persona,sollecitato dalla famiglia, a segregarlo, in ottemperanza alla regoladel mettere a tacere, del passare sotto silenzio: la lettre de cachet,sottraendo l'imputato al corso della giustizia ordinaria, proteggeva lafamiglia e la società dallo scandalo provocato dalle sue intemperanze edal clamore del processo.Ma perché, allora, tutta quella foga diretta esclusivamente contro lagens de robe, l'aristocrazia togata, quando è stato il re a bandirlodalla società? La risposta è nel paradossale intreccio di eventipubblici e privati legati ai primi scandali di Sade. La sua cattivissimastella ha voluto che il cancelliere Maupeou, primo presidente delParlamento di Parigi, fosse acerrimo nemico di Claude Rene Cordier deMontreuil, presidente onorario della Cour des Aides e suocero di Sade, eche l'affare di Arcueil (1768) cadesse sotto la sua giurisdizione. Se inquelle circostanze il cancelliere non poté andare fino in fondo per viadella lettre de cachet, quattro anni più tardi non si lasciò scappareun'occasione come l'affare di Marsiglia per infierire sul presidenteMontreuil: sollecitando opportunamente i magistrati del tribunale diAix, ottenne la condanna a morte in contumacia del marchese.Per colmo di sventura, alle ragioni personali si sommarono quelle diordine politico: nel 1771 il cancelliere aveva sferrato in nome dellamonarchia un duro attacco ai Parlamenti (che all'epoca eranosostanzialmente delle corti di giustizia con alcuni margini diintervento in materia legislativa), conclusosi con l'esilio di moltimagistrati ribelli e la creazione di tribunali ad hoc. Questo vero eproprio colpo di stato scatenò un putiferio: Malesherbes, presidentedella Cour des Aides di Parigi, chiese la convocazione degli StatiGenerali, molti dei philosophes - ma non Voltaire - appoggiarono lacausa dei Parlamenti, vedendo in essi un indispensabile organismo diintermediazione tra il re e il suo popolo, e l'opinione pubblica divennesempre più ostile al governo. La punizione esemplare di un nobilelibertino offriva a Maupeou un ritorno di popolarità, poteva esserepropagandata come il frutto di una giustizia equa, al di sopra delleparti, insensibile ai privilegi. Dunque Sade non solo è caduto vittimadi uno scontro di potere tra magistrati, ma per giunta vi si è trovatocoinvolto grazie a una parentela che aveva sempre giudicato degradanteper un aristocratico di antica famiglia (il matrimonio con Renée-Pélagiede Montreuil gli era stato imposto dal padre). I suoi sentimenti dirivalsa nei confronti dei robins - i togati - appaiono più checomprensibili, anche se gli argomenti che utilizza per attaccarlicozzano fragorosamente l'uno contro l'altro. Princìpi squisitamentegarantisti, sull'arbitrarietà delle procedure, delle prove testimoniali,degli interrogatori, delle condanne, contro la prigione e la pena dimorte, si accompagnano ad apologie del crimine e a considerazioni

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apertamente classiste.Nel Président mystifié assistiamo sulle prime alle giuste arringhe did'Olincourt: «Sono forse concessi degli strumenti di difesa a unarrestato, e una delle vostre usanze più rispettabili non è forse quelladi farlo marcire prima di ascoltarlo?»; e ancora: «Indipendentemente dalfatto che il vostro stolto rigore non ha mai fermato il crimine, èassurdo dire che un delitto possa compensarne un altro, e che la mortedi un secondo uomo possa essere utile a quella del primo. Dovrestearrossire di simili sistemi, che provano molto meglio il vostro gustoper il dispotismo che la vostra integrità.» Ma poi, qualche pagina piùin là, trionfa l'arroganza di classe: «E molto criticata la vostracomposizione: non c'è un solo individuo, si dice, in tutto il Parlamentodi Aix, che abbia un nome decente. Tutti mercanti di tonno, marinai,contrabbandieri, insomma una banda di spregevoli bricconi, con la qualela nobiltà non vuole avere nulla a che fare, e che affligge il popoloper compensare il discredito in cui versa.»Sade legge avidamente Voltaire, facendo man bassa di tutte le sueconsiderazioni sul corporativismo e sul fanatismo dei giudici, tuttaviacome rimedio propugna la soppressione della magistratura e degliordinamenti giudiziari, da sostituire «Con tre o quattro leggi semplicie chiare, deposte nel palazzo del sovrano, che gli anziani di ogniclasse badino a far rispettare»; quanto ai magistrati, vale ilsuggerimento di d'Olincourt al presidente: «Non credete amico mio, checon le due eccellenti braccia che la natura vi ha dato saresteinfinitamente più utile dietro a un aratro che in un'aula di tribunale?»Quindi, da una parte i giudici a zappare la terra con i contadini, edall'altra gli aristocratici liberi finalmente di dare corso ai loropiaceri orrorifici, senza che nessuno li giudichi: un programma nontroppo suggestivo, in apparenza una banale difesa del privilegio.In realtà il desiderio di Sade poggia su un'idea più articolata, chericorre, con diverse sfumature, in tutte le opere successive, vale adire l'incompatibilità tra la giustizia e l'universalità della legge: seè la natura a dotare gli uomini di temperamenti diversi, allora «è unaspaventosa ingiustizia esigere che uomini di carattere ineguale sipieghino a leggi eguali: ciò che va bene a uno non lo va affatto a unaltro.» Ne discende che anche i delitti più orrendi, essendo unasemplice conseguenza delle passioni individuali ispirate dalla natura,sono legittimi e non vanno puniti.Tutti i grandi libertini di Sade, da Dolmancé a Juliette, non mancanomai, tra un orgasmo e l'altro, di insistere su questo punto: non sta anoi, miseri uomini, porre limiti alla natura, decidendo cosa è bene ecosa è male, e l'unica giustizia accettabile è la vendetta individuale.Un giudice è dunque più dannoso di un assassino: e non per il suorigorismo, per le sue brame di potere, o per la corruzione, lascorrettezza, l'estrazione sociale, ma proprio per il fatto che giudica.E' la libertà di non essere giudicato che Sade rivendica infine con unappello travolgente: «Tu, che credi ti sia permesso sterminare in nomedelle tue leggi chi ha il solo torto di lasciarsi trascinare da quelledella natura, chi ha il solo torto di esser nato per il sacrosantomantenimento dei propri diritti. Eh! Smettila con le tue follisottigliezze! Godi, amico e non giudicare....»LUCIA TOZZINota al testoLa traduzione di Le président mystifié è stata condotta sull'edizionecurata da J. J. Pauvert delle (Euvres complète* du Marquis de Sade,Pauvert, Paris, 1986, vol. 2. Il racconto è stato pubblicato per laprima volta nel 1926, in una raccolta dal titolo Historiettes, contes etfabliaux, curata da Maurice Heine. Secondo il piano originale di Sade,Le président mystifié'era destinato a fare parte di una antologia ditrenta novelle, i Contes et Fabliaux du XVIII siecle par un troubadourprovensal. Il testo è stato ritrovato non nella sua versione definitiva,ma in una prima stesura la quale, sebbene riveduta e correttadall'autore, presenta alcune negligenze e inesattezze di stile che nellatraduzione si è scelto di non emendare.

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IL GIUDICE BEFFATOOh!fiez-vous à moi, je veux les célébrer Si bien... que de vingt ans ilsn'osent se montrer.Era con estrema amarezza che il marchese d'Olincourt, colonnello deidragoni, uomo pieno di spirito, di grazia e di vivacità, vedeva suacognata, la signorina de Téroze, finire nelle grinfie di uno degliesseri più spaventosi che fossero mai comparsi sulla faccia della terra.Questa incantevole ragazza di diciotto anni, fresca come Flora emodellata come le Grazie, legata da quattro anni al giovane conted'Elbène, colonnello in seconda del reggimento di d'Olincourt, vedeva asua volta con un fremito di terrore l'approssimarsi dell'istante fataleche l'avrebbe unita al rozzo sposo cui era destinata, separandola persempre dall'unico uomo degno di lei. D'altronde, come opporsi? Lasignorina de Téroze aveva un padre vecchio, testardo, ipocondriaco egottoso, un uomo che disgraziatamente credeva che a decidere isentimenti di una ragazza per lo sposo non dovessero essere né le bellemaniere né le qualità, ma solo la ragione, l'età matura e soprattutto lacondizione, e che lo stato di un uomo di toga fosse il più incensato, ilpiù prestigioso di tutti gli stati del regno, quello che d'altra parteegli preferiva in assoluto; soltanto con un magistrato la sua figliaminore sarebbe stata felice. A dire il vero l'anziano barone de Térozeaveva dato la figlia maggiore in sposa a un militare, e ciò che è peggioa un colonnello dei dragoni. Questa giovane, straordinariamente felice efatta per esserlo sotto ogni riguardo, non aveva alcun motivo dipentirsi della scelta del padre. Ma tutto questo non aveva per luialcuna importanza; se il primo matrimonio era riuscito, era per caso: difatto, solo un magistrato poteva rendere completamente felice unafanciulla.Stabilito questo principio, si era dunque dovuto cercare un babbeotogato: ora, di tutti i possibili magistrati, il più amabile agli occhidel vecchio barone era un certo signore di Fontanis, presidente delParlamento di Aix, che un tempo aveva conosciuto in Provenza. Ragion percui, senza ulteriori riflessioni, Fontanis sarebbe diventato il maritodella signorina de Téroze.E' difficile riuscire a figurarsi un presidente del Parlamento di Aix: èuna specie di animale di cui si è spesso parlato senza conoscerlo bene,rigorista di professione, cavilloso, credulone, testardo, vanitoso,poltrone, ciarlone e stupido per natura; è impettito come un'oca,tartaglia come Pulcinella, è di norma allampanato, logoro e ossuto epuzza come un cadavere... Si direbbe che tutta la bile e il rigore dellamagistratura del regno abbiano scelto la Temi provenzale per riversarsipoi di là, al bisogno, tutte le volte che una corte francese ha dellerimostranze da fare o dei cittadini da impiccare.Ma Fontanis offriva un quadro ancora più straordinario rispetto a questorapido schizzo dei suoi confratelli. Al di sopra del corpo scarno e unpo' curvo che abbiamo appena dipinto, si poteva vedere una testa strettae lunga, ornata di una fronte giallastra magistralmente ricoperta da unaparrucca buona a ogni occasione, di cui a Parigi non si era ancora vistoil modello. Due gambe un po' storte sostenevano con una certa pompaquesto campanile ambulante, dal cui petto esalava, non senza fastidioper i vicini, una voce stridula che declamava lunghi discorsi enfaticimezzo in francese mezzo in provenzale; della qual cosa non mancava maidi sorridere lui stesso, spalancando la bocca al punto da mostrare finoin fondo all'ugola una voragine nerastra, sdentata, escoriata in piùpunti e simile all'apertura di quel certo sedile che, vista la strutturadella nostra misera umanità, diventa tanto spesso il trono del re quantoquello del contadino.A prescindere da queste attrattive fisiche, il signore di Fontanisaffettava un bello spirito: dopo aver sognato, una notte, di essersielevato al terzo cielo con San Paolo, si reputava il più grandeastronomo di Francia; discuteva di legge come Farinacius e Cujas,1 e losi sentiva spesso dire con questi grandi uomini, e con i suoiconfratelli che non sono affatto grandi uomini, che la vita di uncittadino, il suo patrimonio, il suo onore, la sua famiglia, tutto

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quello che insomma la società considera sacro, non ha alcun valore difronte alla scoperta di un delitto, e che è mille volte megliosacrificare la vita di quindici innocenti che rischiare di sottrarrealla morte un colpevole. Il cielo infatti è sempre giusto, se iParlamenti non lo sono, e la punizione di un innocente non ha altriinconvenienti che quello di mandare un'anima in paradiso, mentrerisparmiare un colpevole rischia di moltiplicare i crimini sulla terra.Una sola classe di individui aveva dei diritti sulla coscienza induritadel signore di Fontanis, quella delle puttane. Non è che ne facessegrande uso, in generale: benché molto focoso, aveva scarso vigore, e isuoi desideri andavano sempre molto al di là delle sue possibilità.Fontanis mirava semplicemente alla gloria di trasmettere il suo illustrenome alla posterità:Nota:Jacques Cujas (1522-1590), il più importante esponente francesedell'umanesimo giuridico, e Prospero Farinacci (1544-1618), ilcodificatore della giurisprudenza in materia di tortura [N.d.T.].quello che spingeva questo celebre magistrato a usare indulgenza neiconfronti delle sacerdotesse di Venere era il fatto che, a suo dire,poche cittadine erano più utili allo Stato, e che con la loro furberia,falsità e ciarlataneria, si arrivavano a scoprire una moltitudine dicrimini segreti; e Fontanis aveva questo di buono, che era nemicogiurato di quelle che i filosofi chiamano le umane debolezze. Questacombinazione alquanto grottesca di fisico ostrogoto e morale giustinianauscì per la prima volta dalla città di Aix nell'aprile del 1779, e, suinvito del barone de Téroze, che conosceva da anni per ragioni pocoimportanti per il lettore, si stabilì all'albergo di Danimarca, nonlontano dal palazzo del barone. Siccome si era allora nel periodo dellafiera di Saint-Germain, tutti nell'albergo credettero che questo animalestraordinario fosse venuto per esibirsi. Uno di quei personaggi solertiche offrono sempre i loro servigi negli alberghi gli propose persino diavvertire Nicolet, che lo avrebbe esposto con piacere in una delle suegabbie, a meno che non preferisse debuttare da Audinot. Il presidentedisse:1 «La mia governante mi aveva avvertito, quand'ero piccolo, che ilpopolo parigino, caustico e insolente, non avrebbe mai reso giustiziaalle mie virtù, e tuttavia il mio barbiere garantiva che la mia parruccaavrebbe ispirato rispetto.Nota: Si avverte il lettore che bisogna provenzalizzare e gutturalizzarele battute del presidente, anche se l'ortografia non lo indica [N.d.T.].Il buon popolo scherza quando muore di fame, canta quando vieneoppresso... Ah, io l'ho sempre sostenuto, per questa gente ci vorrebbeun'inquisizione come a Madrid o una forca sempre in piedi come a Aix.»Ciononostante il signore di Fontanis, dopo una svelta toilette che nonmancò di mettere in rilievo lo splendore delle sue grazie sessagenarie,dopo alcune irrorazioni di acqua di rose e di lavanda che, come diceOrazio, non sono ornamenti ambiziosi, dopo queste e forse altreprecauzioni di cui non siamo a conoscenza, andò dunque a presentarsiall'amico, il vecchio barone. I due battenti si aprono, il presidenteviene annunciato ed entra. Disgraziatamente per lui, quandoquell'originale figura fece la sua comparsa, le due sorelle e il conte1d'Olincourt si stavano divertendo in un angolo del salone come deiragazzini, e per quanti sforzi facessero, divenne loro impossibilereprimere un attacco di risate che mise in grande difficoltà l'austerocontegno del magistrato provenzale. Questi aveva studiato a lungodavanti allo specchio la sua riverenza d'entrata, e la stava eseguendoin modo passabile, quando quel maledetto scoppio di risa scappato aigiovani bloccò il presidente in un inchino molto più lungo di quanto sifosse proposto.Nota: 1 Errore di Sade: si tratta evidentemente del marchese [N.d.T.].Tuttavia si raddrizzò, una severa occhiata del barone riportò i tregiovani nei limiti della creanza, e la conversazione ebbe inizio. Ilbarone, che voleva andare dritto allo scopo e aveva già riflettutoabbastanza, prima che il colloquio fosse terminato dichiarò alla figliache quello era lo sposo che le destinava, e che entro otto giorni al più

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tardi lei doveva concedergli la sua mano. La signorina de Téroze nondisse nulla, il presidente si congedò, e il barone ripeté che volevaessere obbedito.La situazione era crudele: non solo questa bella ragazza adorava ilsignore d'Elbène, non solo ne era idolatrata, ma, debole quantosensibile, aveva purtroppo già lasciato cogliere al suo incantevoleamante quel fiore che, differentemente dalle rose cui viene spessoparagonato, non ha la facoltà di rinascere a ogni primavera.Ora, che avrebbe pensato il signore di Fontanis, un presidente delParlamento di Aix, trovando il suo dovere già compiuto? Un magistratoprovenzale può essere per molti aspetti ridicolo, il che è tipico dellasua classe, ma di primizie ne capisce, e si aspetta di trovarle almenoper una volta nella vita in sua moglie.Ecco cosa impensieriva la signorina de Téroze, la quale, pur se vivace espigliata, non mancava di quella delicatezza necessaria a una donna inquesti casi. Le era perfettamente chiaro che suo marito l'avrebbestimata assai poco, se si fosse convinto che lei gli aveva mancato dirispetto prima ancora di conoscerlo. Giacché non c'è nulla di piùfondato dei nostri pregiudizi su questo argomento: una povera ragazzanon solo è costretta a sacrificare tutti i sentimenti del suo cuore almarito che i genitori le impongono, ma viene anche giudicata colpevolese, prima di conoscere il tiranno che la imprigionerà, ha avuto modo,dando ascolto a nient'altro che la natura, di abbandonarsi per unistante al suo richiamo.La signorina de Téroze confidò le sue pene alla sorella, la quale,decisamente più frivola che bigotta e più graziosa che devota, rise dicuore alla confidenza e ne rese subito partecipe il marito. Costui,preoccupato dallo stato di logoramento e di lacerazione delle cose,decise che bisognava guardarsi dall'offrirle ai sacerdoti di Temi, dalmomento che quei signori non scherzavano affatto su argomenti di taleimportanza, e che la sua povera cognata rischiava, non appena entratanella città dalla forca sempre in piedi, di salirci come vittimaimmolata al pudore.Il marchese cominciò poi ad addurre colte argomentazioni - qualchevolta, soprattutto dopo cena, dava prova di una certa erudizione -dimostrando che i Provenzali erano una colonia egiziana, che gliegiziani sacrificavano spesso delle giovinette, e che di conseguenza unpresidente del Parlamento di Aix, con le sue origini di colono egiziano,avrebbe potuto senza alcuna difficoltà tagliare a sua cognata il piùdelizioso collo del mondo...«Questi presidenti coloni sono dei tagliatori di teste» proseguìd'Olincourt «vi spezzano la nuca con la stessa facilità con cui unacornacchia abbatte le noci, senza stare a distinguere se sia giusto omeno. Il rigorismo, come Temi, ha una benda sugli occhi, ed è stata lastupidità a sistemarcela: nella città di Aix non arriva mai la filosofiaa strapparla via....»Si risolse dunque di fissare un incontro: il conte, il marchese, lasignora d'Olincourt e la sua affascinante sorella si ritrovarono a cenanel Bois de Boulogne, in una petite maison del marchese, e là il severoaeropago stabilì con uno stile alquanto enigmatico, somigliante allerisposte della Sibilla cumana o ai decreti del Parlamento di Aix (cheper via dell'origine egiziana ha qualche diritto al geroglifico), che ilpresidente sì sarebbe sposato e non si sarebbe sposato punto.Dopo avere formulato la sentenza e istruito gli attori, tutti ritornanodal barone: la figlia non oppone al padre alcuna difficoltà, id'Olincourt assicurano di essere entusiasti di queste nozze così benassortite, vezzeggiano mirabilmente il presidente guardandosi dal riderein sua presenza, insomma conquistano a tal punto la simpatia di genero esuocero da ottenere che il matrimonio venga celebrato al castellod'Olincourt, una splendida proprietà del marchese, situato presso Melun.Tutti sono d'accordo; solo il barone è desolato, a suo dire, di nonpoter partecipare a quella bella festa: ma se potrà, andrà a trovarli.Infine il grande giorno arriva, i due sposi sono uniti dal sacro vincoloa Saint-Sulpice, di primo mattino e senza pompa, e il giorno stesso

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tutti partono per d'Olincourt. Il conte d'Elbène, camuffato nei panni diLa Brie, cameriere personale della marchesa, riceve la compagnia al suoarrivo, e dopo cena introduce gli sposi nella camera nuziale dove eglistesso ha predisposto l'arredo e i congegni per i giorni successivi.«Caspita, piccola mia» disse l'innamorato provenzale non appena si trovòsolo con la sposa «le vostre forme sono quelle di Venere! Non so davverodove le abbiate prese, ma in tutta la Provenza non si troverebbe nulladel genere.» Poi, palpeggiando sotto le gonne la misera Téroze, che nonsapeva se cedere al riso o allo spavento: «Ma senti un po' qua, e quasotto, anche! Che io sia dannato e non giudichi mai delle puttane sequeste non sono le fattezze dell'Amore sotto le splendenti gonnelle disua madre.»Nota: 1 Espressione provenzale [N.d.A.]. 38In quel momento La Brie entra con due coppe d'oro, ne porge una allagiovane sposa, offre l'altra al presidente: «Bevete, casti sposi» dice«e possiate trovare entrambi in questa bevanda gli omaggi dell'amore e idoni dell'imeneo.» E aggiunge, vedendo il presidente chiederespiegazioni: «E' un'usanza parigina che risale ai tempi del battesimo diClodoveo: è nostra abitudine che gli sposi, prima di celebrare i misterida cui presto sarete occupati, attingano le forze necessarie all'impresada questo infuso purificato dalla benedizione del vescovo.»«Ah, perbacco, volentieri» risponde il magistrato «datemi qua, amicomio... ma attenzione, se date fuoco alle stoppie la vostra giovanepadrona dovrà stare attenta: sono già fin troppo ardente, e se mi fateandare fuori di me, non so cosa potrebbe succedere.»Il presidente beve d'un fiato, la giovane sposa lo imita, i servitori siritirano e gli sposi si mettono a letto; ma non appena vi entra, ilpresidente viene preso da dolori alle viscere così acuti, da unanecessità così impellente di sgravare la sua debole natura dalla parteopposta a quella richiesta dalle circostanze, che senza fare caso alluogo e senza alcun riguardo per colei che divide il suo letto, loinonda di un tale diluvio di bile che la sgomenta signorina de Téroze faappena in tempo a saltare giù e chiamare aiuto. Il signore e la signorad'Olincourt, che si erano guardati bene dall'andare a dormire, siprecipitano da lei: il presidente costernato si avvolge nelle lenzuolaper non farsi vedere, senza badare al fatto che più si nasconde e più siinsozza, e diventa infine un tale oggetto di orrore e ripugnanza che lasua giovane sposa e tutti i presenti si ritirano commiserandolo eassicurandogli che avviseranno il barone di mandare subito al castelloil miglior medico della capitale.«Giusto cielo!» esclama il povero presidente costernato, appena vienelasciato solo «che avventura è mai questa! Per noi è legittimo debordarein questo modo nel nostro palazzo, seduti sui gigli,1 ma durante laprima notte di nozze, e nel letto della sposa, in verità, non è proprioammissibile.»Delgatz, un luogotenente del reggimento di d'Olincourt che aveva seguitoqualche corso di veterinaria per i cavalli dell'esercito, arrivòl'indomani con il titolo e gli attributi di uno dei più celebri figli diEsculapio. Al signore di Fontanis era stato consigliato di presentarsiin negligé, e la presidentessa de Fontanis, alla quale tuttavia nondovremmo ancora attribuire tale nome, non nascose a suo marito quanto lotrovasse interessante in questa foggia:Nota: 1 «Sedere sui gigli» si diceva dei magistrati, in particolare deimembri di una corte superiore, con allusione alla tappezzeriadisseminata di gigli - stemma del trono francese - che ricopriva lesedie [N.d.T.].egli indossava una veste da camera di durante gialla a strisce rosse,aderente in vita, ornata di orli e risvolti, e sotto portava un farsettodi filo scuro, con delle brache alla marinara dello stesso colore, e unberretto di lana rossa; questa tenuta, messa in risaltodall'affascinante pallore cagionato dall'incidente della sera prima,ispirò un tale impeto d'amore alla signorina de Téroze che non vollelasciarlo un solo istante. «Caspita» diceva il presidente «quanto miama, questa è davvero la donna che il cielo ha destinato alla mia

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felicità; ieri sera mi sono condotto assai male, ma non si ha tutti igiorni la cacarella.»Nel frattempo il medico arriva, tasta il polso del malato e,impressionato dalla sua debolezza, gli dimostra con gli aforismi diIppocrate e i commentari di Galeno che se non prenderà a rinforzarsiannaffiando la cena con una mezza dozzina di bottiglie di vino di Spagnao di Madeira, la deflorazione che ha in animo diventerà del tuttoimpossibile; riguardo all'indigestione del giorno prima, assicurò chenon era nulla.«Il motivo, signore» gli disse «è che la bile non era filtrata bene neicondotti del fegato.»«Ma» disse il marchese «l'incidente non era pericoloso.»«Mi perdoni, signore» rispose gravemente il seguace del tempio diEpidauro «in medicina non esistono piccole cause che non possanogenerare conseguenze, se noi non ne sospendiamo gli effettiimmediatamente. Questo leggero malore avrebbe potuto produrreun'alterazione sensibile dell'organismo del signore. La bile infiltrata,trasportata dall'arco dell'aorta nell'arteria succlavia, e condotta poidi là attraverso le carotidi nelle delicate membrane del cervello,alterando la circolazione degli spiriti animali, sospendendo la loroattività naturale, avrebbe potuto provocare la follia.»«Oh cielo» riprese piangendo la signorina de! Téroze «mio marito pazzo,sorella mia, mio marito pazzo!»«Rassicuratevi, signora, non è nulla. Grazie alla prontezza delle miecure, oramai rispondo della salute del malato.»A queste parole si vide la gioia rinascere in tutti i cuori, il marchesed'Olincourt abbracciò teneramente suo cognato, gli dimostrò con lemaniere più espansive e provinciali il grande affetto che provava perlui, e non si pensò più ad altro che al piacere. Il marchese ricevettequel giorno i suoi vicini; il presidente volle andarsi a vestire, maglielo impedirono, trovando spassosissimo presentarlo in quella mise atutta la società del circondario.«Il fatto è che è davvero seducente, vestito così» diceva a ogni momentola perfida marchesa «in verità, signor d'Olincourt, se prima diconoscervi avessi saputo che la magistratura di Aix contava tra i suoimembri delle persone affascinanti come il mio caro cognato, vi dico chenon avrei mai scelto un marito che non appartenesse a questarispettabile corte.»E il presidente ringraziava, si inchinava ridacchiando, qualche voltafacendo smorfie davanti agli specchi, mormorando tra sé e sé: «Certo èche non sono niente male.» Infine giunse l'ora della cena, cui partecipòanche l'esecrabile medico, il quale, bevendo come uno Svizzero, nonfaticò molto per convincere il suo malato a imitarlo. Si era badato amettere vicino a loro dei vini molto forti, che annebbiandoglirapidamente gli organi del cervello misero ben presto il presidentenella condizione desiderata. Tutti si alzarono; il luogotenente, cheaveva recitato perfettamente la sua parte, andò a letto, e l'indomanilevò le tende. Quanto al nostro eroe, la mogliettina se ne impadronì elo condusse fino al letto nuziale; tutti lo scortavano in trionfo e lamarchesa, incantevole sempre, ma ancora di più se aveva bevutochampagne, gli assicurava che si era lasciato troppo andare, e ch'ellatemeva che, infiammato dai fumi di Bacco, neppure quella notte l'Amoreavrebbe potuto avvincerlo nelle sue catene.«Non c'è da preoccuparsi, signora marchesa» rispose il presidente«quando gli dei seduttori congiungono le loro forze diventano ancora piùtemibili; quanto alla ragione, dal momento che se ne può fare a meno,che importa se si perde nel vino o nelle fiamme della passione, cosaimporta a quale delle due divinità si sacrifica? Noi magistrati sappiamoprivarci dell'uso della ragione più che di qualunque altra cosa.Bandendola dai nostri tribunali e dalla nostra testa, ci divertiamo acalpestarla, ed è questo che fa dei nostri decreti dei veri capolavori:giacché, anche se sono del tutto privi di buon senso, vengono eseguitialtrettanto fermamente che se avessero un significato intelligibile.Così come mi vedete, signora marchesa» continuava il presidente

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inciampando e riacciuffando il suo berretto rosso che una momentaneainstabilità aveva separato dal suo cranio pelato «sì, in verità propriocome mi vedete, sono una delle teste migliori della mia compagnia: Isono stato io, l'anno scorso, a convincere i miei brillanti confratelliche bisognava esiliare per dieci anni dalla provincia, rovinandolo persempre, un gentiluomo che aveva sempre servito il re con onore, e tuttoper un affare di donne: c'erano delle resistenze, io ho insistito el'assemblea si è arresa... Diamine, io amo le buone abitudini, latemperanza e la sobrietà, e tutto ciò che oltraggia queste due virtù miripugna, e allora divento feroce. Bisogna essere severi, la severità èla figlia della giustizia... e la giustizia è la madre di... le porgo lemie scuse, signora, ci sono dei momenti in cui la memoria fa acqua....»«Sì, certo, vi capisco» rispose l'allegra marchesa uscendo dalla stanzae portando con sé tutti gli altri «ma fate attenzione a che stasera nonvi facciano difetto altre cose, oltre alla memoria, perché in fin deiconti bisogna finirla con questa storia, e alla mia sorellina che viadora non può eternamente andare a genio una tale astinenza.»«Non temete, signora, non temete» continuò il presidente, cercando diaccompagnarla alla porta con passo sghembo «non abbiate paura, ve nescongiuro: domani sarà la signora di Fontanis a tutti gli effetti,quanto è vero che sono un uomo d'onore. Non è vero, piccola mia?»continuò il magistrato avvicinandosi alla compagna. «Convenite chequesta notte sarà cosa fatta... vedete anche voi come tutti lodesiderano. Non c'è un solo individuo nella vostra famiglia che non siaonorato di legarsi a me: nessuna alleanza è più lusinghiera per unacasata che quella con un magistrato.»«E chi ne potrebbe dubitare, signore» rispose la giovane «vi assicuroche per conto mio non mi sono mai sentita tanto orgogliosa che da quandomi sento chiamare Signora presidentessa.»«Non stento a crederlo. Ma su, spogliatevi, mia stella, avverto unacerta pesantezza e vorrei, se fosse possibile, portare a termine lanostra operazione prima che il sonno si impadronisca del tutto di me.»Ma la signorina de Téroze, secondo l'uso delle giovani spose, non lafiniva mai di prepararsi: non trovava mai quello che le serviva,strapazzava le cameriere e non era mai pronta. Il presidente, sfinito,si decise a mettersi a letto, limitandosi a sbraitare per un quartod'ora: «Ma venite dunque, maledizione, venite, non capisco che diavolostate facendo! Presto, o non sarà più tempo!»Ma nulla si mosse, e poiché nello stato di ubriachezza in cui si trovavail nostro moderno Licurgo era davvero difficile posare la testa su uncuscino senza addormentarsi, egli cedette alla più pressante delleesigenze, e già russava come se avesse giudicato qualche puttanamarsigliese prima ancora che la signorina de Téroze avesse cambiatocamicia.«Eccolo sistemato» disse il conte d'Elbène entrando piano nella stanza«vieni, anima mia, vieni a donarmi quei felici istanti che quel rozzoanimale vorrebbe rapirci.»Con queste parole trascinò via il toccante oggetto della sua idolatria;nell'appartamento nuziale si spengono le luci, il parquet viene copertodi materassi, e a un cenno la porzione di letto occupata dal nostromagistrato viene sospesa per mezzo di qualche puleggia a venti piedi daterra, il tutto senza che il presidente, immerso nel sonno profondodell'ebbrezza, si accorga di nulla. Tuttavia verso le tre del mattino,risvegliato da una sensazione di gonfiore alla vescica, allunga la manoalla ricerca di un tavolino contenente un vaso adatto alla bisogna, cherammenta essere assai vicino al letto. Stupito dapprima di non trovarealtro che vuoto, si sporge: ma il letto, tenuto da corde, si conforma alsuo movimento, e oscilla fino a rovesciare in mezzo alla stanza il suocarico. Il presidente cade sui materassi preparati, e la sua sorpresa ècosì forte che si mette a urlare come un vitello allo scannatoio.«Eh, che diavolo accade, signora? Signora, siete là? Avete idea di comesono caduto? Ieri mi sono coricato su un letto alto quattro piedi, e poiper cercare il vaso da notte cado da più di venti d'altezza!»Ma siccome nessuno rispondeva a questi accorati lamenti, il presidente,

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che in fondo non si trovava male in quella posizione, rinuncia alle suericerche e termina lì la sua notte, come se stesse nel suo giaciglioprovenzale. Si era avuto cura di rimettere il letto al suo posto dopo lacaduta, facendolo aderire perfettamente all'altra metà, e verso le novedel mattino la signorina de Téroze era rientrata di soppiatto nellastanza; una volta dentro, apre all'improvviso tutte le finestre e chiamala servitù.«In verità, signore» dice «la vostra compagnia non è delle piùpiacevoli, bisogna convenirne. Mi lamenterò con la mia famiglia delvostro comportamento nei miei confronti.»«Che succede?» dice il presidente tornato in sé, stropicciandosi gliocchi e non riuscendo a capacitarsi di come si trovi sul pavimento.«Come sarebbe a dire, che succede?» esclama la giovane consortesimulando del suo meglio la collera. «Quando stanotte mi sono accostataa voi, guidata dai movimenti che mi dovevano fare vostra, perassicurarmi che ricambiaste i sentimenti che provo per voi, mi aveterespinto tanto furiosamente da buttarmi a terra.»«Santo cielo, piccola mia! Ecco, ora comincio a capirci qualcosa, vifaccio mille scuse... Questa notte, spinto da un'impellenza, cercavo intutti i modi di soddisfarla, e muovendomi qua e là devo avere gettatonello stesso tempo sia voi che me fuori del letto. A mia discolpa devoaggiungere che stavo certamente sognando, visto che ho creduto di cadereda più di venti piedi d'altezza. Via, non è nulla, non è nulla, angelomio, basta rimandare l'affare alla prossima notte, e vi giuro che saròattentissimo, berrò soltanto dell'acqua. Ma datemi un bacio almeno,cuoricino mio, facciamo la pace prima di comparire in pubblico, o vicrederò amareggiata, e non lo vorrei neanche per un impero.»La signorina de Téroze porge una delle sue gote di rosa, ancora accesadal fuoco della passione, ai laidi baci del vecchio fauno, gli altrientrano e gli sposi nascondono con cura la disgraziata catastrofenotturna.Il resto della giornata trascorre in piacevoli occupazioni, esoprattutto in passeggiate che hanno lo scopo di allontanare Fontanisdal castello, dando così il tempo a La Brie di fare dei nuovipreparativi. Il presidente, ben deciso a condurre la vicenda a buonfine, fu talmente morigerato durante i pasti che diventò impossibileservirsi di quei mezzi per confondergli i sensi. Ma fortunatamente lerisorse a disposizione erano molte, e troppi i nemici congiurati diFontanis, perché questi potesse sfuggire alle loro trappole. Tuttiandarono a dormire.«Oh! Per questa notte, angelo mio» disse il presidente alla sua giovanemetà «mi lusingo di credere che non ve la caverete.»Ma mentre dava mostra di coraggio, le armi che minacciava di usare eranoben lungi dall'essere pronte, e visto che voleva presentarsi all'assaltoin piena regola, il povero Provenzale faceva incredibili sforzi nel suocanto: si allungava, si irrigidiva, contraeva tutti i nervi, siabbatteva pesantemente sul materasso, fino a che non si spezzarono letravi del solaio, precipitando l'infelice magistrato in un porcile postoesattamente sotto la camera. Si discusse poi a lungo al castellod'Olincourt su chi dovesse essere stato maggiormente sorpreso, se ilpresidente al ritrovarsi tra quegli animali così comuni nella sua patriaoppure gli animali vedendo in mezzo a loro uno dei più celebrimagistrati del Parlamento di Aix. Alcuni sostenevano che lasoddisfazione doveva essere stata pari: in fin dei conti, il presidenteavrebbe dovuto essere al settimo cielo ritrovandosi per così dire incompagnia, respirando per un istante l'aria di casa, e, da parte loro,gli animali impuri proibiti dal buon Mosè dovevano rendere grazie alSignore per il fatto di essere incappati in un legislatore delParlamento di Aix. Questi, infatti, abituato sin dall'infanzia agiudicare cause relative all'elemento favorito da queste buone bestie,avrebbe potuto un giorno accomodare e mettere a punto tutte lediscussioni tendenti a questo elemento così comune all'organizzazionedegli uni e degli altri.In ogni caso, poiché là per là non legarono, e visto che la civiltà,

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madre dell'educazione, non è in nulla più avanzata tra i membri delParlamento di Aix che tra gli animali disprezzati dagli israeliti, vi fusubito una sorta di scontro, durante il quale il presidente non ebbe acogliere lauri: fu battuto, pestato, incalzato a colpi di grugno. Fecedelle rimostranze, ma non fu ascoltato; promise di prendere nota, eniente; parlò di arresti senza suscitare maggiore emozione; minacciòl'esilio, e fu calpestato. Il povero Fontanis stava già lavorando a unasentenza, come minimo una condanna al rogo, quando finalmente arrivaronoa soccorrerlo.Erano La Brie e il colonnello, armati di torce, che venivano a tirarefuori il magistrato dal fango in cui era immerso. Ma bisognavainnanzitutto capire da che lato prenderlo, e siccome era completamenteinsudiciato dalla testa ai piedi, si trattava di un'operazione laboriosae nauseabonda. La Brie andò a cercare un forcone, un palafreniereprontamente chiamato ne portò un altro, e si trasse così meglio che sipoté il nostro uomo dall'infame cloaca in cui la caduta lo avevasprofondato: ma a questo punto il dilemma, di non facile soluzione, eradove trasportarlo. Bisognava purgare la sentenza, lavare il colpevole:il colonnello propose delle lettere di abolizione, ma il palafreniereche non intendeva il senso di quei paroloni disse che bastavasemplicemente depositarlo per un paio d'ore nell'abbeveratoio, e dopoquesta lunga immersione si poteva tentare di renderlo presentabilestrofinandolo con della paglia. Il marchese però dichiarò che l'acquafredda avrebbe potuto alterare la salute di suo cognato, e La Brierammentò che nel lavatoio dello sguattero c'era ancora dell'acqua calda.Il presidente viene dunque trasportato in cucina e affidato a questoallievo di Comò, che in meno di mezz'ora lo fa luccicare come unascodella di maiolica.«Non vi propongo di tornare da vostra moglie» disse d'Olincourt quandovide il giudice ripulito «conosco la vostra delicatezza. La Brie vicondurrà in un piccolo appartamento da scapolo, dove passeretetranquillamente il resto della notte.»«Bene, bene, signor marchese» disse il presidente «approvo il vostroprogetto... Ma, ne converrete, devo essere sotto l'effetto di unmaleficio. E' incredibile che mi capitino delle avventure simili tuttele notti da quando sono in questo maledetto castello.»«Ci deve essere qualche causa di ordine fisico» disse il marchese «ilmedico torna qui domani, vi consiglio di consultarlo.»«Lo farò senz'altro» rispose il presidente mentre La Brie loaccompagnava nella sua stanzetta. «In verità, mio caro» disse aquest'ultimo mettendosi a letto «non ero mai stato così vicino allameta.»«Ahimè, signore» gli rispose l'abile giovane ritirandosi «sarà il voleredel fato, e vi compiango con tutto il cuore.»Dopo aver tastato il polso del presidente, Delgatz gli disse che larottura delle travi proveniva da un ingorgo dei vasi linfatici, cheraddoppiando la massa degli umori aveva aumentato in proporzione ilvolume animale; a causa di ciò, era necessaria una dieta austera, chepurificando l'asprezza degli umori avrebbe necessariamente diminuito ilpeso fisico e dunque contribuito al successo dei propositi, e ched'altronde...«Ma signore» lo interruppe Fontanis «mi sono azzoppato e slogato unbraccio in questa spaventosa caduta.»«Lo credo bene» rispose il dottore «ma non sono questi effetti secondaria preoccuparmi. Io risalgo sempre alle cause, bisogna lavorare sulsangue, signore. Diminuendo l'amarezza della linfa, liberiamo i vasi, ese facilitiamo la circolazione dei vasi, riduciamo necessariamente lamassa fisica. Ne risulta che i solai non cederanno più al vostro peso, evoi potrete abbandonarvi nel vostro letto a tutti gli esercizi chevorrete senza correre altri pericoli.»«E il mio braccio, signore, e l'anca?»«Purghiamo, signore, purghiamo, e poi proviamo un paio di salassi localie tutto si ristabilirà senza che ve ne accorgiate.»La dieta cominciò il giorno stesso. Delgatz, che non lasciò mai il

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malato per una settimana, gli diede solo brodo di pollo e lo purgò trevolte di seguito, proibendogli sopra ogni altra cosa di pensare a suamoglie.Benché il luogotenente Delgatz fosse completamente ignorante in materia,la dieta funzionò a meraviglia: come ebbe modo di comunicare agli altri,egli aveva riservato lo stesso trattamento, quando lavorava alla scuolaveterinaria, a un asino che era caduto in una fossa molto profonda, enel giro di un mese la bestia rimessa in salute portava gagliardamentedei sacchi di gesso, come aveva sempre fatto.Effettivamente il presidente, bilioso per natura, diventò fresco ecolorito, le contusioni sparirono, e non rimase altro che rifocillarloper fargli recuperare le forze utili ad affrontare l'impresa che ancoradoveva compiere.Al dodicesimo giorno di cura, Delgatz prese il suo malato per mano e locondusse da sua moglie: «Eccolo qua, signora» le disse «eccoviquest'uomo I ribelle alle leggi di Ippocrate, ve lo riporto sano esalvo, e se si abbandonerà senza freni alle forze che gli ho reso, trasei mesi avremo il piacere di vedere» continuò Delgatz posandoleggermente la mano sul grembo della signorina de Téroze «sissignora,avremo la soddisfazione di vedere questa bella pancia arrotondata dallecure dell'imeneo.»«Che il Signore possa ascoltarvi, dottore» rispose la maliziosafanciulla «converrete che è ben duro essere moglie da quindici giornisenza avere mai smesso di essere signorina.»«E' impossibile», disse il presidente «non capita tutte le notti diavere un'indigestione, né tantomeno che uno sposo, spinto dal bisogno diurinare, venga catapultato giù dal letto, né tutte le volte che si crededi cadere tra le braccia di una bella donna si precipita in un porcile.»«Vedremo», disse la giovane con un profondo sospiro «lo vedremo,signore, ma in verità se voi mi amaste come io vi amo tutti questiincidenti non avrebbero avuto luogo.»La cena fu assai allegra, la marchesa fu amabile e crudele, scommisecontro suo marito in favore del successo del cognato, e tutti andarono aletto.La signorina de Téroze si prepara in fretta, e per pudore supplica suomarito di spegnere tutte le luci nella stanza. Costui, troppo amalpartito per rifiutare alcunché, cede a tutte le richieste, efinalmente vanno a letto. Questa volta nessun ostacolo, l'intrepidopresidente trionfa, coglie o crede di cogliere infine quel fioreprezioso al quale viene attribuito assurdamente così tanto valore. Percinque volte di seguito è coronato dall'amore, finché al mattino lefinestre aperte lasciano penetrare un raggio di luce nella stanza, eagli occhi del vincitore si offre la vista della vittima che haimmolato... Giusto cielo, che scena, quando scorge una vecchia negra inluogo di sua moglie, quando vede un volto nero e orrendo rimpiazzare legrazie delicate che aveva creduto di possedere! Fontanis si buttaall'indietro, strilla di essere vittima di un incantesimo, quando suamoglie arriva, sorprendendolo con quella divinità del Tanaro, e glidomanda rabbiosamente che cosa ha dunque fatto per meritarsi di esseretradita così crudelmente.«Ma signora, non era con voi che ieri sera....»«Io, signore, negletta, umiliata, non ho certo da rimproverarmi di averemancato di sottomissione nei vostri confronti. Avete visto questa donnaaccanto a me, mi avete respinto brutalmente per raggiungerla, le avetefatto occupare il mio posto nel letto che mi era destinato e io mi sonoritirata in preda alla confusione, senza altro sollievo che le mielacrime.»«E ditemi, angelo mio, siete sicura di tutti i fatti che riportate?»«Che mostro, vuole ancora insultarmi dopo avermi oltraggiata in quelmodo, e per ricompensa non ottengo altro che sarcasmi, invece checonforto... Vieni, vieni, sorella mia, che tutta la famiglia possavedere a quale essere indegno vengo sacrificata. Ecco, guardatela,questa odiosa rivale» esclamò la giovane sposa defraudata dei suoidiritti, spandendo un torrente di lacrime «anche davanti ai miei occhi

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lui resta tra le sue braccia. Amici miei» continuò la signorina deTéroze ormai alla disperazione, riunendo intorno a sé tutti i familiari«soccorretemi, fornitemi delle armi contro questo spergiuro. Era forsequesto che dovevo attendermi, in cambio di tutto il mio amore?»Nulla di più ridicolo della faccia di Fontanis di fronte a questesorprendenti accuse: ora gettava uno sguardo smarrito sulla negra, oralo riportava sulla sua giovane sposa, osservandola con una sorta diattenzione ottusa che avrebbe potuto destare delle serie inquietudiniper il suo stato cerebrale.Per un caso singolare, da quando il presidente si trovava a d'Olincourt,La Brie, il rivale mascherato che avrebbe dovuto temere più di chiunquealtro, era diventato il suo confidente.Lo chiamò da parte e gli disse: «Amico mio, voi che mi siete sempresembrato una persona ragionevole, volete farmi il piacere di dirmi sedavvero avete notato in me qualche alterazione mentale?»«In fede mia, signor presidente» rispose La Brie con un'aria triste econfusa «non avrei mai osato dirvelo, ma poiché mi fate l'onore dichiedere il mio parere, non vi nasconderò che dopo la caduta nel porcilele idee non escono mai allo stato puro dalle membrane del vostrocervelletto. Ma non vi preoccupate, signore, il medico che vi ha giàcurato è uno dei più grandi uomini che abbiamo mai avuto da questeparti... Pensate, il giudice delle terre del marchese era impazzito atal punto che non c'era un solo giovane libertino della zona che sipotesse divertire con una ragazza, senza che quell'imbecille gli facesseun processo criminale, con arresto, sentenza ed esilio e tutte quelleinsulsaggini che i buffoni di quel genere hanno sempre in bocca. Ebbene,signore, il nostro dottore, quell'uomo universale che ha già avutol'onore di sottoporvi a diciotto salassi e trentadue purghe, lo ha fattoritornare in uno stato di perfetta salute mentale, come se non avessemai giudicato in vita sua. Ma ecco» continuò La Brie voltandosi verso ilrumore che aveva sentito «si parla del diavolo, e spuntano le corna...sta arrivando il medico in persona.»«Ah, buongiorno, caro dottore» disse la marchesa, vedendo arrivareDelgatz «in verità credo che non abbiamo mai avuto tanto bisogno delvostro ministero; ieri sera il nostro caro amico, in stato di confusionementale, e malgrado l'intervento di tutti noi, si è congiunto con questanegra invece che con sua moglie.» «Malgrado tutti voi?» disse ilpresidente. «Perché, davvero qualcuno si è opposto?»«Io per primo e con tutte le mie forze» rispose La Brie «ma il signoreera talmente deciso e vigoroso che ho preferito lasciare perderepiuttosto che espormi a essere malmenato da voi.»A quel punto il presidente, grattandosi la testa, cominciava a sentirsiin serie difficoltà, quando il medico si avvicinò e gli tastò il polso:«Questo incidente è più grave dell'ultimo» disse Delgatz abbassando gliocchi «è un residuo ignorato della vostra ultima malattia, è un fuococoperto che passa inosservato all'occhio intelligente dell'artista, eche scoppia nel momento più inaspettato. C'è una sicura ostruzione deldiaframma e un eretismo prodigioso nell'organismo.»«Un eretismo» proruppe il presidente furioso «che vuole dire quelbuffone con questa parola? Sappi, gaglioffo, che non sono mai statoeretico! Si vede, pezzo di cretino, che nella tua completa ignoranzadella storia francese ti sfugge che siamo noi a bruciare gli eretici:vai a visitare la nostra patria, bastardo rinnegato di un salernitano,1vai, amico mio, vai a visitare Mérindol e Cabrière2 che fumano ancoradegli incendi che vi portammo, passeggia sui fiumi di sangue che grazieai rispettabili membri dei nostri tribunali hanno inondato la provincia,ascolta ancora i gemiti degli infelici che abbiamo immolato alla nostrarabbia, i singhiozzi delle donne che abbiamo strappato alle braccia deiloro mariti, le grida dei bambini che abbiamo assassinato in seno allemadri, esamina dunque tutti i santi orrori che abbiamo commesso e vedraise dopo una condotta così assennata un farabutto come te si puòpermettere di trattarci da eretici.»Il presidente, che si trovava sempre nel letto al fianco della negra, leaveva affibbiato nel furore della narrazione un pugno sul naso così

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forte che la poveretta era scappata urlando come una cagna che si vedestrappare i cuccioli.«Ebbene, che furore, amico mio!» disse d'Olincourt avvicinandosi almalato. «Presidente, è forse così che ci si comporta?Nota: 1 Allusione alla scuola salernitana di medicina [N.d.T.].2 Gli abitanti di Mérindol e di Cabrière avevano aderito alla Riforma, enel 1545 furono massacrati per ordine del Parlamento di Aix [N.d.T.].Vedete bene che la vostra salute si sta alterando e che è necessariocurarvi.»«Alla buon'ora! Finché mi si parla così, io ascolto: ma sentirmitrattare da eretico da questo spazzino di San Cosma è insopportabile,sarete d'accordo.»«Il pensiero non ha nemmeno sfiorato la sua mente» disse frivola lamarchesa «eretismo è un sinonimo di infiammazione, e non di eresia.»«Ah! Mi perdoni, signora marchesa, mi perdoni, è che alle volte sono unpo' duro d'orecchio. Andiamo, che questo grave discepolo di Averroèparli, io lo ascolterò... Anzi, farò di più, eseguirò tutto quello chedirà di fare.»Delgatz, che durante la sfuriata del presidente si era tenuto indisparte, per timore di essere trattato come la negra, si riaccostò albordo del letto.«Vi ripeto, signore» disse il novello Galeno, riprendendo il polso delsuo malato «c'è un grande eretismo nell'organismo.»«Ere....»«Eretismo, signore» disse precipitosamente il dottore incurvando lespalle perché paventava un pugno «per cui propendo per unaflebotomizzazione immediata alla giugulare, cui faremo seguire dei bagniin acqua ghiacciata.»«Non sono granché d'accordo sul salasso» disse d'Olincourt «ilpresidente non ha più l'età per sostenere questa specie di interventi senon in caso di assoluta necessità. Io non condivido d'altronde la maniasanguinaria dei figli di Temi e di Esculapio: secondo la mia opinione cisono pochissime malattie per cui valga la pena fare colare sangue, eancora meno crimini per cui valga la pena versarlo. Presidente, speroche anche voi siate d'accordo, visto che si tratta di risparmiare ilvostro, ma forse non sarei così certo del vostro parere se non fostedirettamente coinvolto.»«Signore» rispose il presidente «approvo la prima parte del vostrodiscorso, ma se permettete biasimo la seconda: è con il sangue che sicancella il crimine, solo con esso si può epurarlo e prevenirlo.Paragonate, signore, tutti i mali che il crimine può produrre sullaterra con il male più esiguo dell'esecuzione di una dozzina didisgraziati a titolo preventivo.»«Il vostro paradosso non ha senso, amico mio» disse d'Olincourt «èdettato dal rigorismo e dalla stupidità, è un vizio del vostro stato edella vostra terra che dovrebbe essere abiurato una volta per tutte.Indipendentemente dal fatto che il vostro stolto rigore non ha maifermato il crimine, è assurdo dire che un delitto possa compensarne unaltro e che la morte di un secondo uomo possa essere utile a quella delprimo. Dovreste arrossire, voi e gli altri, di simili sistemi, cheprovano molto meglio il vostro gusto per il dispotismo che la vostraintegrità; fanno bene a chiamarvi i boia della specie umana: distruggetepiù uomini voi da soli che tutti i flagelli della natura insieme.»«Signori» disse la marchesa «mi sembra che non sia né il caso né ilmomento di fare una discussione del genere: invece di calmare miocognato, signore» continuò, rivolgendosi al marito «finirete perinfiammare il suo sangue e rendere incurabile il suo male.»«La signora marchesa ha ragione» disse il dottore «permettete, signore,che ordini a La Brie di far mettere quaranta libbre di ghiaccio nellavasca e di riempirla di acqua di pozzo, e nel frattempo io farò alzareil malato.»Tutti quanti si allontanarono; il presidente si alza, cerca dicontrattare ancora su questo bagno ghiacciato che, diceva, lo avrebbereso impotente per sei settimane, ma non riesce in nessun modo a

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sottrarvisi; è costretto a scendere, e lì viene immerso nella vasca perdieci o dodici minuti, sotto gli occhi di tutti gli ospiti nascosti inogni angolo dei paraggi per godersi la scena. Una volta asciugato, ilmalato si veste e compare in mezzo agli altri come se niente fosse. Dopocena la marchesa propone una passeggiata:«Un po' di distrazione farà bene al presidente, vero, dottore?» chiese aDelgatz.«Certamente» rispose questi «la signora dovrebbe ricordarsi che in ogniospedale c'è un cortile per fare prendere aria ai pazzi.»«Ma spero bene» disse il presidente «che non consideriate ancora il miocaso come irrimediabile.»«E' ben lontano dall'esserlo, signore» riprese Delgatz «si tratta solodi un leggero disordine, che preso in tempo non avrà alcun seguito, maavete bisogno di ristorarvi, signor presidente, il riposo è essenziale.»«Come, signore, credete che stasera non potrò prendere la miarivincita?»«Questa sera! Signore, la sola idea mi fa fremere. Se usassi nei vostriconfronti lo stesso rigore che voi usate con gli altri, vi proibirei ledonne per tre o quattro mesi.»«Tre o quattro mesi, santo cielo» e, rivolgendosi alla sua sposa «tre oquattro mesi, piccola mia! Resisterete, angelo mio, resisterete?»«Oh, il signor Delgatz si addolcirà» rispose la giovane Téroze con ariacandida «avrà pietà per me, almeno, se non vorrà averne per voi.»La passeggiata prese avvio. Bisognava montare su un traghetto per andarea trovare un vicino, il quale era stato messo al corrente di tutto easpettava la compagnia per la merenda. Appena saliti in barca, i giovanicominciano a fare delle buffonate, e Fontanis, per piacere a sua moglie,subito li imita.«Presidente» disse il marchese «scommetto che non riuscireste adappendervi come faccio io alla cima del traghetto e a restarci appesoper qualche minuto.»«Nulla di più semplice» disse il presidente fiutando un'ultima presa ditabacco e alzandosi in punta di piedi per afferrare meglio la cima.«Bene, bene, molto meglio di voi, caro cognato» disse la piccola Térozevedendo il marito aggrappato. Ma mentre il presidente così sospeso famostra delle sue grazie e della sua abilità, i barcaioli, complici,raddoppiano la spinta sui remi, e la barca, scivolando rapidamente,lascia il disgraziato penzolante tra cielo e acqua. Fontanis grida,chiede soccorso, è solo a metà della traversata, gli mancano più diquindici tese per raggiungere la riva.«Arrangiatevi come potete» gli gridano «trasportatevi verso la riva conle mani. Vedete bene che per noi è impossibile raggiungervi, il vento citrascina via.»E il presidente scivolando, dimenandosi, scalciando, faceva tutto quelche poteva per riacciuffare la barca che filava via a forza di remi. Lavista di uno dei più severi magistrati del Parlamento di Aix,imparruccato e vestito di nero, appeso a quel modo, doveva esseredavvero un bel quadretto.«Presidente» gli gridò il marchese scoppiando a ridere «in verità questaè una licenza della provvidenza, è la legge del taglione, amico mio, èproprio il taglione, la legge preferita dei vostri tribunali. Perché vilamentate di stare appeso così, non avete forse condannato spesso almedesimo supplizio gente che non lo meritava più di voi?»Ma il presidente non era più in grado di ascoltarlo: terribilmentestanco del duro esercizio cui era sottoposto, gli erano mancate le mani,ed era caduto a peso morto in acqua. All'istante due uomini, che sierano tenuti pronti, volarono in suo soccorso e lo riportarono a bordo,fradicio come un barboncino e imprecante come un carrettiere. Fontanisprende a lamentarsi di uno scherzo così inopportuno, e tutti giuranoallora che non era affatto uno scherzo, che è stato un colpo di vento adallontanare la barca. Lo portano nella capannuccia del barcaiolo ascaldarsi, lo fanno cambiare, lo vezzeggiano, la sua mogliettina fa ditutto perché dimentichi quell'incidente da nulla, e Fontanis, innamoratoe arrendevole, si mette ben presto a ridere insieme agli altri dello

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spettacolo che ha appena dato.Giungono infine dal vicino: il gentiluomo li accoglie magnificamente efa servire una straordinaria merenda, avendo cura di offrire alpresidente una crema di pistacchi che, appena lambiti gli intestini, locostringe a chiedere del gabinetto. Lo conducono in un camerino moltoscuro, Fontanis si siede di corsa, si libera in fretta, ma, finital'operazione, non riesce più a sollevarsi.«Che altro succede, ancora!» esclama, dimenando le reni. Ma non c'ènulla da fare, è impossibile distaccarsene senza lasciarci un pezzo.Tuttavia la sua assenza viene notata, ci si chiede dove potrebbe essere,fino a che le sue grida attirano l'intera compagnia di fronte al fatalegabinetto. «Che diavolo fate là dentro, tutto questo tempo, amico mio»gli disse d'Olincourt «siete dunque afflitto da una colica?»«Eh, per Dio!» disse il povero diavolo raddoppiando le manovre persollevarsi «non vedete forse che sono rimasto attaccato?»Ma per offrire uno spettacolo ancora più divertente alla compagnia eaumentare gli sforzi del presidente per alzarsi da quella maledettasedia, gli passarono intorno al sedere una fiammella di spirito che glibruciacchiava i peli, e qualche volta scottandolo gli faceva fare deibalzi eccezionali e delle smorfie orribili.Più ridevano di lui, più il presidente schiumava di rabbia, insultava ledonne e minacciava gli uomini; più s'irritava, più la sua facciapaonazza diventava irresistibilmente comica. I movimenti convulsiavevano separato la parrucca dal cranio, e quella nuca scopertarispondeva in modo ancora più ridicolo alle contorsioni dei muscolidella faccia.Infine il gentiluomo accorre, fa mille scuse al presidente per nonaverlo avvertito dello stato di quel gabinetto, poi, insieme aiservitori riesce a staccarlo alla men peggio, non senza fargli perdereun pezzo di pelle che, per quanto si faccia, resta attaccato al fondocircolare della sedia. Dei pittori l'avevano infatti intrisa di collaforte per fare meglio aderire la tinta prescelta per la decorazione.«In verità» disse Fontanis spavaldo «siete ben contenti di avermi travoi, giacché vi procuro un grande spasso.»«Ingiusto amico» riprese d'Olincourt «perché ve la prendete sempre connoi per gli incidenti che vi manda la sorte? Credevo che bastasse essereaggiogati al carro di Temi per essere naturalmente equi, ma vedo beneche mi sbagliavo.»«Il fatto è che non avete le idee chiare su ciò che viene comunementechiamato equità» disse il presidente «noi distinguiamo in tribunalediverse specie di equità: esiste l'equità relativa, l'equitàpersonale....»«Piano» disse il marchese «non ho mai visto che si praticasse una virtùdopo averla analizzata in questo modo. Quella che io chiamo equità,amico mio, corrisponde semplicemente alla legge della natura. seguendolasi resta sempre nel giusto, e solo allontanandosene si diventa ingiusti.Dimmi, presidente, se tu ti fossi abbandonato a un qualche fantasiosocapriccio nel fondo della tua casa, troveresti forse equo che un brancodi balordi venisse a stanarti in seno alla famiglia, e a forza diastuzie inquisitorie, furberie, delazioni vilmente comprate, cavassefuori qualche bizzarria del tutto scusabile a trentanni, e approfittassedi queste atrocità per perderti, per bandirti, per guastare il tuo nome,disonorare i tuoi figli e saccheggiare i tuoi averi? Dimmi, amico mio,che ne pensi, forse giudicheresti equi quei furfanti? Se davvero ammettil'esistenza di un Essere supremo, potresti mai adorare questo modello digiustizia se egli lo esercitasse in tal modo verso gli uomini, e nonfremeresti all'idea di essergli sottomesso?»«Ma che state dicendo, fatemi il piacere! Ma come, ci vorreste biasimareperché ricerchiamo il crimine... Quello è il nostro dovere!»«Ciò che dite è falso, il vostro dovere consiste solo nel punire ilcrimine se viene scoperto. Lasciate alle sciocche e feroci massimedell'inquisizione il compito barbaro e insulso di ricercarlo come vilispie o delatori infami. Quale cittadino sarà tranquillo quando,circondato da servi prezzolati da voi, il suo onore e la sua vita

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saranno a ogni momento nelle mani di persone inasprite per la catena cheportano, le quali crederanno di potersene disfare o di alleggerirlavendendovi colui che gliela impone? Avrete allora moltiplicato il numerodei malfattori nello stato, avrete creato delle donne perfide, dei servicalunniatori, dei figli ingrati, avrete raddoppiato la quantità deivizi, senza far nascere una sola virtù.»«Non si tratta di far nascere delle virtù, ma solo di distruggere ilcrimine.»«Però i vostri mezzi lo moltiplicano.»«Ma insomma, questa è la legge, noi dobbiamo applicarla: noi non siamodei legislatori, caro marchese, noialtri siamo degli operatori.»«Ditelo meglio, presidente, ditelo più chiaramente,» replicò d'Olincourtche cominciava ad accalorarsi «dite che voi siete degli esecutori, degliinsigni boia, per natura nemici dello Stato, e non avete altri piaceriche opporvi alla sua prosperità, ostacolare il suo benessere, fareavvizzire la sua gloria e fare colare senza ragione il sangue preziosodei suoi sudditi.»Malgrado i due bagni d'acqua fredda cui Fontanis si era sottopostodurante la giornata, la bile è una sostanza talmente difficile daeliminare in un magistrato che il povero presidente fremeva di rabbianel sentire denigrare a tal punto un mestiere che credeva tantorispettabile. Egli non immaginava neppure che si potesse attaccare intal guisa la magistratura, ed era quasi sul punto di rispondere nei tonidi un marinaio marsigliese, quando le signore si avvicinarono eproposero di ritornare. La marchesa gli domandò se qualche nuovanecessità non lo richiamasse al gabinetto.«No, no, signora» disse il marchese «questo rispettabile magistrato nonha sempre la colica! Bisogna perdonargli se ha considerato un po' tropposeriamente l'attacco: il benché minimo moto di viscere è una malattiamolto grave a Marsiglia e a Aix, e dopo che abbiamo visto un branco dimalfattori, confratelli di quel tipo là, giudicare come avvelenate delleputtane con la colica, non c'è da stupirsi se una colica sia un affareserio per un magistrato provenzale.»Fontanis, uno dei giudici più accaniti in questa storia che aveva persempre coperto di ignominia i magistrati della Provenza, era in unostato difficile da dipingere, balbettava, schiumava, somigliava ai caninei combattimenti di tori quando non arrivano a mordere gli avversari,al che d'Olincourt, afferrando al volo l'occasione:«Guardatelo, guardatelo, signore, e ditemi, ve ne prego, se vi sembradolce la sorte di un povero gentiluomo il quale, riposando sulla propriainnocenza e buona fede, vedesse abbaiare quindici mastini come questo aun passo dai suoi calzoni.»Il presidente era sul punto di perdere ogni controllo, ma il marchese,che per il momento non desiderava punto una chiassata, guadagnòprudentemente la sua carrozza, lasciando alla cognata il compito dilenire le piaghe che aveva inflitto. La signorina de Téroze dovettepenare molto per riuscirvi, ma alla fine la spuntò, il traghetto rifecela traversata senza che il presidente fosse preso dal desiderio divolteggiare sotto la corda, e il rientro al castello si svolseplacidamente.Fu servita la cena, e il dottore ebbe cura di ricordare a Fontanis lanecessità di osservare l'astinenza. «Credetemi, la raccomandazione è deltutto inutile» disse il presidente «come volete che un uomo che hapassato la notte con una negra, che è stato trattato da eretico appenasveglio, che è stato costretto a fare un bagno ghiacciato a mezzogiornoe poco dopo è caduto nel fiume, che nell'atto di cacare si è trovatoincollato alla latrina come un passero nella pania, a cui è statoustionato il didietro, e a cui hanno osato dire in faccia che deigiudici che ricercavano il crimine non erano altro che dei miserabilifurfanti e che delle puttane con la colica non erano delle puttaneavvelenate, come volete, dico, che un uomo del genere pensi ancora asverginare una fanciulla?»«Mi fa assai piacere vedervi così assennato» disse Delgatz accompagnandoFontanis nella stanzetta da ragazzo che occupava quando non aveva

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progetti sulla moglie «vi esorto a continuare, e vi accorgerete benpresto del bene che ne conseguirà.»L'indomani ricominciarono i bagni ghiacciati: per tutto il tempo dellacura, non ci fu bisogno di insistere col presidente sulla necessitàdell'astinenza, e durante questo intervallo l'adorabile Téroze potéalmeno godere in pace di tutti i piaceri dell'amore tra le bracciadell'avvenente d'Elbène. Ma dopo una quindicina di giorni Fontanis,fresco e riposato, cominciò nuovamente a fare il galante con la moglie.«Oh! Veramente, signore» gli disse la giovanetta quando capì che nonpoteva più tirarsi indietro «ora ho ben altri affari in testa, altro chel'amore. Leggete quanto mi scrivono, signore, sono rovinata.»Nel contempo presenta una lettera al marito nella quale si legge che ilcastello di Téroze, lontano quattro leghe da quello del marchese, esituato in un punto assai poco frequentato della foresta diFontainebleau, castello il cui reddito costituisce la dote della suaconsorte, da sei mesi è infestato da spiriti che fanno un baccanospaventoso, danno noia al fattore, rovinano la terra, e soprattuttoimpediscono al presidente e a sua moglie, se non vi pongono rimedio, diricavare il più piccolo profitto da quella proprietà.«Che notizia atroce!» disse il magistrato restituendole la lettera «manon si potrebbe dire a vostro padre di darci qualcos'altro, al posto diquell'orribile castello?»«E che cosa volete che ci dia, signore? Osservate che io sono la figliaminore, e che mio padre ha già dato molto a mia sorella. Sarebbescorretto da parte mia pretendere altre cose, bisogna accontentarsi diquesto e cercare di mettervi ordine.»«Ma vostro padre era a conoscenza di questo inconveniente, quando vi hadato marito.»«Ne convengo, ma non credeva certo che la situazione fosse a questopunto. D'altra parte tutto ciò non sminuisce certo il valore del dono,ne ritarda solamente gli effetti.»«E il marchese è al corrente?»«Sì, ma non osa parlarvene.»«Ha torto, è meglio che ne discutiamo insieme.»D'Olincourt viene chiamato, non può che riconoscere la gravità deifatti, e si giunge alla conclusione che la cosa più semplice è andare adabitare il castello per due o tre giorni, qualunque pericolo questopossa comportare, per mettere fine ai disordini e stabilire qualepartito prendere riguardo alla rendita.«Avete un po' di coraggio, presidente?» domanda il marchese.«Beh, dipende» risponde il presidente «il coraggio è una virtù pocorichiesta nel nostro ministero.»«Lo so bene» dice il marchese «per voi è sufficiente la ferocia. Per ilcoraggio accade pressappoco come per tutte le altre virtù: voi avetel'arte di immiserirle in tal modo, che ne prendete solo la parte che leguasta.»«Basta, eccovi ancora coi vostri sarcasmi, marchese. Vi scongiuro,discutiamo con calma, e lasciamo perdere questi rancori.»«Ebbene, dobbiamo assolutamente partire, stabilirci a Téroze, annientaregli spiriti, mettere ordine nella vostra amministrazione; poi potretefinalmente ritornare nel letto di vostra moglie.»«Aspettate, signore, un momento, ve ne prego, non saltiamo subito alleconclusioni. Ci pensate ai pericoli che si corrono a trattare con certagente? Un buon processo seguito da una sentenza sarebbe una soluzionemigliore.»«Ecco, come al solito processi e sentenze... Perché non vi mettete anchea scomunicare, come fanno i preti? Armi feroci della tirannia e dellastupidità! Quando dunque questi ipocriti togati, questi pedantiintabarrati, tutti i seguaci di Temi e di Maria smetteranno di credereche le loro chiacchiere spocchiose e le loro ottuse carte possanosortire un qualche effetto sul mondo? Sappi, fratello, che non è conquesti fronzoli che si colgono in fallo dei furfanti del genere, ma conle sciabole, la polvere e i pallettoni; risolviti dunque a morire difame o a trovare il coraggio di combatterli in questa maniera.»

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«Signor marchese, voi ragionate così in qualità di colonnello deidragoni. Permettete che io mi ponga nell'ottica dell'uomo di legge, lacui persona, sacra e del massimo interesse per lo Stato, non può maiessere esposta al pericolo così alla leggera.»«La tua persona del massimo interesse per lo Stato? Presidente, eratanto che non ridevo, ma vedo bene che desideri a ogni costo provocarmiquesta convulsione. E come diavolo ti è venuto in mente, dimmi, che unuomo di oscuri natali, un individuo che agisce sempre in senso contrarioal desiderio del sovrano, che non lo serve mai né con la sua borsa nécolle sue braccia, che si oppone costantemente a tutti i suoi miglioripropositi, il cui unico mestiere consiste nel fomentare la discordia trai privati, nell'alimentare quella del reame e nel vessare i cittadini...te lo chiedo, come puoi immaginare che un tale essere possa maicostituire un bene prezioso per lo Stato?»«Non rispondo più, quando ci si mette di mezzo la villania.»«Va bene, veniamo al sodo, amico mio, d'accordo: in sostanza, anche setu riflettessi per un mese su questa avventura, anche se la facessisoppesare risibilmente da quei buffoni dei tuoi confratelli, ti diròsempre che l'unica soluzione a questo problema è andare noi stessi adalloggiare lì dove si trovano coloro che ci vogliono intimidire.»Il presidente mercanteggiò ancora, si difese con mille paradossi uno piùassurdo e presuntuoso dell'altro, e da ultimo finì per concludere con ilmarchese che sarebbero partiti insieme l'indomani, accompagnati da dueservi della casa. Il presidente chiese per sé La Brie, il quale,l'abbiamo detto, gli ispirava grande fiducia non si sa bene perché;d'Olincourt, che era al corrente degli affari importanti chetrattenevano La Brie al castello durante questa assenza, rispose che eraimpossibile portarselo dietro. L'indomani all'alba si prepararono allapartenza: le dame, che si erano alzate apposta, rivestirono ilpresidente con una vecchia armatura che avevano trovato nel castello, lasua giovane sposa gli calzò l'elmo sulla testa augurandogli ogni sortadi bene, e gli raccomandò di ritornare prestissimo, per ricevere dallesue mani l'alloro della vittoria. Egli la baciò teneramente, montò acavallo e seguì il marchese.Nonostante il circondario fosse stato avvertito della mascherata, losmilzo presidente col suo equipaggiamento militare aveva un aspettotalmente ridicolo che fu seguito da un castello all'altro da unininterrotto scoppio di risa e da schiamazzi. Per tutta consolazione, ilcolonnello, che non deponeva mai la sua aria severa, si avvicinava ognitanto a lui e gli diceva: «Vedete, amico, questo mondo non è che unafarsa: ora pubblico, ora attori, giudichiamo la scena o vi compariamo.»«Sarà, ma qui siamo fischiati» rispondeva il presidente.«Credete?» rispondeva flemmaticamente il marchese.«Non c'è da dubitarne» replicava Fontanis «e converrete che è duro.»«E che» diceva d'Olincourt «non siete forse abituato a questi piccoliinsuccessi, e non vi rendete conto che a ogni sciocchezza che fate suivostri banchi tappezzati di gigli il pubblico vi fischia allo stessomodo? Costituzionalmente fatti per essere sbeffeggiati nel vostromestiere, abbigliati in un modo grottesco che suscita il riso a primavista, come potete pensare che con tali e tanti difetti vi si possanoperdonare delle bestialità?»«Voi detestate le toghe, signore.»«Non ve lo nascondo, presidente, mi piacciono solamente le classi utili:tutti quegli individui che non hanno talento che per creare dei o perammazzare uomini, mi sembrano degni del pubblico disprezzo, ebisognerebbe destinarli alla gogna o ai lavori forzati. Non credete,amico mio, che con le due eccellenti braccia che vi ha dato la naturasareste infinitamente più utile dietro a un aratro che in un'aula ditribunale? Onorereste così i doni che avete ricevuto dal cielo, mentrenel vostro stato riuscite solamente ad avvilirli.»«Ma è indispensabile che vi siano dei giudici.»«Sarebbe meglio che esistessero soltanto delle virtù: e senza giudici simoltiplicherebbero, mentre ora vengono calpestate.»«E allora come pensate che si debba governare uno Stato?»

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«Con tre o quattro leggi semplici e chiare, deposte nel palazzo delsovrano, che gli anziani di ogni classe badino a far rispettare. Inquesto modo ogni rango avrebbe i suoi pari, e un gentiluomo non dovrebbesubire il tremendo disonore di essere condannato da un mascalzone comete, così prodigiosamente lontano dal valerlo.»«Oh! Qui si viene trascinati in certe discussioni....»«Che finiranno presto» disse il marchese «perché siamo arrivati aTéroze.»Effettivamente stavano entrando nel castello: il fattore si presenta eprende i cavalli dei signori. Passano poi in una sala dove si mettono adiscutere con lui dei dolorosi fatti della dimora.Ogni sera si sentiva un fracasso spaventoso in tutte le stanze dellacasa, senza che si riuscisse a individuarne la causa. Molti si eranoappostati per delle notti intere, alcuni contadini ingaggiati dalfattore si diceva fossero stati malmenati, e nessuno voleva più esporsial rischio. Ma a che cosa si pensasse di preciso, era impossibile dirlo:correva voce che lo spirito che appariva era quello di un vecchiofattore della casa che aveva avuto la disgrazia di morire ingiustamentesul patibolo, e che aveva giurato di tornare tutte le notti in questacasa a fare un baccano infernale fino a che non avesse avuto lasoddisfazione di torcere il collo a un uomo di legge.«Mio caro marchese» disse il presidente dirigendosi verso la porta «mipare che la mia presenza qui sia del tutto inutile. Noi non siamoabituati a questa sorta di vendette, e come i medici vogliamo ammazzareindifferentemente chi pare a noi, senza che il defunto abbia poiqualcosa da ridire.»«Un momento, fratello, un momento» disse d'Olincourt bloccando ilpresidente a un passo dalla fuga «cerchiamo di capire bene ledichiarazioni di quest'uomo.» Poi, rivolgendosi al fattore: «E tuttoqua, mastro Pierre? Non avete nessun altro dettaglio da comunicarci aproposito di questo fatto particolare? Questo spirito ce l'ha con tuttigli uomini di legge in generale?»«No, signore» rispose Pierre «l'altro giorno ha lasciato un messaggioscritto su una tavola in cui diceva che ce l'aveva solo con iprevaricatori; i giudici integri non hanno nulla da temere da lui, manon risparmierà quelli che, facendosi guidare dal dispotismo, dallastupidità o dalla sete di vendetta, hanno sacrificato i loro simili alleloro sordide passioni.»«Ebbene, vedete che è necessario che io me ne vada di qui» disse ilpresidente costernato «non c'è la minima sicurezza per me in questacasa.»«Ah, scellerato!» disse il marchese. «Ecco dunque i tuoi crimini checominciano a farti fremere... Marchi d'infamia, dieci anni d'esilio perun affare di donne, ignobili connivenze con certe famiglie, denarointascato per rovinare un gentiluomo, e molti altri disgraziatisacrificati alla tua rabbia o alla tua inettitudine, sono questi ifantasmi che accorrono a turbare la tua fantasia, non è vero? Quantodaresti ora per essere stato sempre onesto? Possa un giorno questasituazione penosa servirti a qualcosa, possa tu sentire fin d'ora qualesia l'enorme peso dei rimorsi, e capire che nessuna felicità mondana,quale che sia il prezzo che le abbiamo assegnato, vale la tranquillitàdell'anima e le gioie della virtù.»«Mio caro marchese, vi domando perdono» disse il presidente con lelacrime agli occhi «sono un uomo perduto. Non lasciatemi trucidare, viscongiuro, e lasciatemi ritornare dalla vostra cara cognata, che soffredella mia assenza e non vi perdonerà mai i tormenti cui voleteabbandonarmi.»«Vigliacco, non a torto si dice che la pusillanimità va a braccetto conla falsità e l'inganno... No, non uscirai affatto, non puoi più tirartiindietro, mia cognata non ha altra dote che questo castello. Se vuoigoderne, devi ripulirlo di questi farabutti che lo infestano. Vittoria omorte, non c'è via di mezzo. Vile poltrone, è dunque così che ami miacognata, preferisci vederla languire nella miseria piuttosto checombattere per liberare il suo castello... Vuoi forse che le dica al

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nostro ritorno che questi sono i sentimenti di cui fai sfoggio?»«Santo cielo, in che situazione mi trovo!»«Su, andiamo, fatti ritornare un po' di coraggio e preparati a sfidareil pericolo.»La cena fu servita, e il marchese costrinse il presidente a mangiarearmato di tutto punto. Mastro Pierre cenò insieme a loro, e disse chefino alle undici non c'era nulla da temere, ma dopo quell'ora finoall'alba non era luogo da potervi durare.«Ma noi resisteremo nonostante tutto» disse il marchese «ed ecco unvalido compagno sul quale conto come su me stesso. Sono ben sicuro chenon mi lascerà solo.»«Non garantisco nulla» disse Fontanis «confesso che sono un po' comeCesare, il mio coraggio va a giorni.»Mentre aspettavano che venisse l'ora, si misero a esplorare i dintorni,a passeggiare, a fare i conti col fattore; quando scese la notte ilmarchese, il presidente e i due domestici si divisero il castello.Al presidente toccò in sorte una grande sala affiancata da due torrimaledette la cui sola vista lo faceva tremare in anticipo: erasicuramente da lì, si diceva, che lo spirito cominciava il suo giro, edunque l'avrebbe incontrato per primo. Un temerario si sarebberallegrato di questa prospettiva lusinghiera, ma il presidente, che cometutti i presidenti, e in particolare i presidenti provenzali, eratutt'altro che coraggioso, si lasciò andare a un tale accesso didebolezza che bisognò cambiarlo dalla testa ai piedi; mai medicamentoebbe un effetto più immediato. Tuttavia lo rivestirono, lo riarmarono,disposero due pistole su un tavolo nella sua stanza, gli dettero unalancia di quindici piedi, e dopo avere acceso tre o quattro candele lolasciarono alle sue riflessioni.«Povero Fontanis» esclamò appena si vide solo «quale demonio ti hacondotto in questa galera, non potevi trovare nella tua provincia unafanciulla migliore di questa, ed evitare tutti questi guai? L'hai volutotu, povero presidente, te la sei cercata, amico mio, questa è la verità:sei stato tentato da un matrimonio parigino, ed ecco il risultato...Maledizione, forse stai per morire come un cane senza neanche potertiaccostare ai sacramenti, o rendere l'anima nelle mani di un prete...Quei maledetti increduli, con la loro equità, la loro legge di natura ela loro carità! Sembra che le porte del paradiso si debbano spalancareappena pronunciate queste tre parole... Basta con questa natura, bastacon l'equità, con la carità: sentenziamo, esiliamo, bruciamo, mandiamoalla ruota e andiamo a messa, che è meglio. D'Olincourt è fissato con ilprocesso di quel gentiluomo che abbiamo giudicato l'anno scorso,evidentemente ci deve essere qualche parentela di cui non ero aconoscenza... Ma come si può dire che non fosse una faccenda scandalosa?Quel servo tredicenne che abbiamo subornato non è forse venuto a dirci,secondo le nostre indicazioni, che il gentiluomo ammazzava delle puttanenel suo castello, e non ci ha riferito una storia alla Barbablù, che lebalie non oserebbero raccontare ai bambini? Trattandosi di un criminegrave come l'assassinio di una b..., di un delitto provato conun'autentica deposizione comprata di un bambino, a cui per giuntaabbiamo fatto dare cento colpi di frusta perché non voleva dichiararequello che volevamo, non mi sembra proprio che abbiamo agito con rigoreeccessivo, infierendo in quel modo. Dovremmo avere allora centotestimoni per essere certi della fondatezza di un crimine? Dunque unadelazione non basta? I nostri dotti confratelli di Tolosa non sono certoandati tanto per il sottile quando hanno condannato Calas alla ruota.1Se punissimo solo i crimini comprovati, ci potremmo concedere il piaceredi trascinare al patibolo i nostri simili quattro volte al secolo, ed èl'unico mezzo che abbiamo per farci rispettare.Nota: 1 Si tratta del notissimo caso di Jean Calas, il negozianteprotestante ingiustamente accusato di avere ucciso il figlio perimpedirgli di convertirsi al cattolicesimo. Fu giustiziato nel 1762.Voltaire pubblicò nel 1763 il Tratte de la tolérance, in cui denunciavail caso come risultato emblematico di una magistratura corrotta einfluenzata dall'intolleranza religiosa, ottenendo la revisione del

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processo e la riabilitazione postuma di Calas [N.d.T.]Vorrei sapere che cosa diventerebbe un parlamento se avesse la borsasempre aperta alle necessità dello Stato, non facesse mai rimostranze,registrasse tutti gli editti e non ammazzasse nessuno: sarebbeun'assemblea di balordi cui nessuno farebbe caso... Coraggio,presidente, coraggio, hai fatto solamente il tuo dovere, amico mio:lascia pure sbraitare i nemici della magistratura, non riusciranno mai adistruggerla. Il nostro potere, fondato sulla debolezza dei re, dureràquanto la monarchia, e Dio voglia per i sovrani che non finisca perrovesciarli. Ancora qualche incidente come quelli che capitarono duranteil regno di Carlo VII, e la monarchia distrutta darà finalmente luogoalla forma repubblicana cui aspiriamo da tanto tempo, dove saremo aivertici del potere come a Venezia, e avremo in mano le catene con lequali bramiamo ridurre il popolo in schiavitù.»Così rifletteva il presidente, quando un rumore terribile si fece udirein tutte le stanze e i corridoi del castello. Un tremore si impossessatotalmente di lui, si aggrappa alla sedia, non si azzarda quasi adalzare gli occhi da terra.«Insensato che sono!» esclama «spetta forse a me, un membro delParlamento di Aix, battermi contro gli spiriti? O spiriti, che cosa c'èmai stato in comune tra il Parlamento di Aix e voi?»Ma il fracasso raddoppia, le porte delle due torri si sfondano, degliorrendi figuri entrano nella stanza: Fontanis si inginocchia, implora lagrazia, chiede salva la vita.«Scellerato» gli dice uno dei fantasmi con voce terribile «il tuo cuoreha mai conosciuto la pietà mentre condannavi ingiustamente tantidisgraziati, la loro dura sorte ti ha mai commosso? La tua vanità, iltuo orgoglio, la gola, la crapula, ti venivano forse meno, quando i tuoiarresti ingiusti precipitavano nella miseria o nella tomba le vittimedel tuo rigore ottuso? E da dove ti veniva questa pericolosa impunità,dal tuo potere effimero, da quella forza illusoria creata in un momentodall'opinione pubblica, che la filosofia distrugge nell'attimosuccessivo? Bada che ora noi agiremo secondo gli stessi principi: ticonviene sottometterti, visto che sei il più debole.»A queste parole quattro spiriti afferrano con forza Fontanis e in unlampo lo spogliano nudo come un verme, strappandogli alte grida elamenti, e facendolo inzuppare dalla testa ai piedi di un sudore fetido.«Cosa ne facciamo ora?» domandò uno.«Aspetta» rispose quello che aveva l'aria di essere il capo «c'è qui lalista dei quattro delitti principali che ha commesso nell'eserciziodelle sue funzioni giuridiche. Leggiamogliela.«Nel 1750 condannò alla ruota un disgraziato che non aveva altra colpase non quella di avergli rifiutato la figlia di cui l'infame volevaabusare.«Nel 1754 propose ad un uomo di fargli salva la vita in cambio diduemila scudi. Costui non aveva la possibilità di pagarglieli, e lo feceimpiccare.«Nel 1760, essendo venuto a conoscenza di qualche insinuazione sul suoconto da parte di un signore della sua città, lo condannò al rogo comesodomita, benché l'infelice avesse una moglie e una moltitudine di figlia smentire l'accusa.«Nel 1772 un giovane appartenente alla nobiltà del luogo avevastrigliato ben bene una cortigiana, per vendicarsi allegramente delbrutto servizio che questa gli aveva fatto: quello zotico indegnotrasformò la burla in un affare criminoso, considerò la faccenda come undelitto, un avvelenamento, indusse tutti i suoi colleghi ad accreditarequesta idea ridicola, rovinò il gentiluomo e lo fece condannare a mortein contumacia, non essendo riuscito a mettergli le mani addosso.«Ecco i suoi delitti principali. Prendete una decisione, amici miei.»Subito si levò una voce:«Il taglione, signori, il taglione: ha condannato ingiustamente allaruota, che subisca allora lo stesso supplizio.»«Scelgo l'impiccagione, e per lo stesso motivo del mio confratello.»«Sarà bruciato» disse il terzo «sia per avere ingiustamente emesso

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questa condanna, sia per averla meritata spesso.»«Diamogli l'esempio della clemenza e della moderazione, compagni» disseil capo «e facciamo riferimento alla quarta avventura del testo.Frustare una puttana è un delitto che merita la morte, agli occhi diquesto pezzo d'imbecille: ebbene, frustiamolo!»Raggiunsero quindi il povero presidente, lo coricarono a pancia sotto suun piccolo banco e lo legarono dalla testa ai piedi. I quattrospiritelli afferrarono poi ciascuno una correggia di cuoio lunga cinquepiedi e presero a scagliarla con ritmo cadenzato, e con tutta la forzadelle loro braccia, sulle parti scoperte del misero Fontanis. Il suocorpo, lacerato per tre quarti d'ora di seguito dalle mani vigoroseintente alla sua educazione, diventò ben presto una piaga uniforme, dacui scaturivano copiose quantità di sangue.«Ne ha abbastanza» disse il capo «ve l'ho detto, offriamogli un esempiodi clemenza e carità. Se fossimo nelle sue mani, ci squarterebbe; orainvece che siamo padroni del suo destino, lasciamo che se la cavi conquesto ammonimento fraterno, e che impari alla nostra scuola che non èassassinando gli uomini che si riesce a renderli migliori. Ha avuto solocinquecento colpi di frusta, e scommetto con chiunque che si èaffrancato dall'ingiustizia, e che sarà in futuro uno dei magistrati piùonesti della sua compagnia. Slegatelo e continuiamo il giro.»«Oh» esclamò il presidente quando vide uscire i suoi carnefici «vedobene che se cerchiamo di fare luce sui fatti degli altri, e tentiamo dirimaneggiarli per il gusto di infliggere una qualche pena, subito cirendono pan per focaccia. Ma chi ha potuto rivelare a quella gente tuttoquello che ho fatto, com'è che sono così ben istruiti sulla miacondotta?»In ogni modo, Fontanis si rassettò alla men peggio, ma si era appenainfilato i vestiti quando sentì delle grida acutissime provenire dallato dal quale i fantasmi erano usciti. Tendendo l'orecchio, riconobbela voce del marchese che gli chiedeva soccorso urlando a squarciagola.«Il diavolo mi porti se mi muovo di qui» disse il presidente sfinito«quei farabutti lo striglino pure come hanno fatto con me, se vogliono,io non mi immischio di certo, ognuno ha già abbastanza guai per contosuo, senza che si aggiungano quelli degli altri.»Ma il frastuono andava aumentando, finché d'Olincourt non entrò nellacamera di Fontanis, seguito dai suoi due servi: tutti e tre gridavanocome se li stessero sgozzando, e all'apparenza sanguinavano. Uno avevail braccio appeso al collo, un altro una benda sulla fronte, e sisarebbe giurato, a vederli così pallidi, arruffati, sporchi di sangue,che si erano appena battuti contro una legione di diavoli uscitidall'inferno.«Amico mio, che assalto» esclama d'Olincourt «credevo che saremmo mortistrangolati tutti e tre.»«Non credo che siate stati malmenati più di me» disse il presidentemostrando le reni straziate «guardate come mi hanno ridotto.»«Oh, in verità, caro amico» disse il colonnello «eccovi l'occasione peruna bella querela: certamente non ignorate l'interesse morboso che intutti i tempi i vostri confratelli hanno riservato ai culi fustigati.Fate riunire le camere, amico mio, trovate qualche celebre avvocato cheeserciti la sua eloquenza in favore delle vostre chiappe molestate:utilizzando l'ingegnoso artificio di quell'antico oratore, che commossel'areopago scoprendo agli occhi della corte lo splendido seno dellabella donna che difendeva, il vostro Demostene potrebbe scoprire levostre interessanti natiche nell'istante più patetico dell'arringa,perché inteneriscano l'auditorio. Soprattutto ricordate ai giudici diParigi, davanti ai quali dovrete comparire, quel caso eclatante del1769, dove il loro cuore, assai più toccato dal sedere flagellato di unaprostituta che dalla sorte del popolo, di cui si dichiarano protettori eche invece lasciano morire di fame, li spinse a mettere sotto processoun giovane militare. Il bel risultato fu che questi, dopo aversacrificato i più begli anni della sua vita al servizio del sovrano, noncolse altri allori al suo ritorno che l'umiliazione messa a punto daipiù temibili nemici della patria che aveva fino allora difeso...

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Andiamo, caro compagno di sventura, spicciamoci, partiamo di qui, nonsiamo al sicuro in questo maledetto castello, corriamo a vendicarci,voliamo a implorare l'equità dei protettori dell'ordine pubblico, deidifensori degli oppressi e delle colonne dello Stato.»«Non mi reggo in piedi» disse il presidente «e a rischio di farmi pelaredi nuovo da quei ribaldi, vi prego di darmi un letto e di lasciarmicitranquillo per ventiquattro ore almeno.»«Non ci pensate neanche, amico mio, vi strangolerebbero.»«E sia, in fondo sarebbe solo un regolamento di conti, e i rimorsi sirisvegliano oramai con tanta forza nel mio cuore, che accoglierei comeordine del cielo qualunque sventura Egli vorrà mandarmi.»Finita la baraonda, d'Olincourt si era accorto che il povero Provenzaleaveva realmente bisogno di riposo, per cui fece chiamare mastro Pierre egli domandò se c'era da temere che quei farabutti tornassero la nottesuccessiva.«No, signore» rispose il fattore «ora se ne staranno tranquilli per ottoo dieci giorni, potete riposarvi con la massima serenità.»Il presidente, tutto sciancato, fu condotto in una stanza dove si coricòe riposò come meglio poté per una dozzina di ore; all'improvviso, mentredormiva, sentì il letto inzuppato: apre gli occhi, vede che il soffittoè forato in mille punti, da ciascuno dei quali zampilla un getto cherischia di sommergerlo, se non se la dà a gambe. Immediatamente siprecipita nudo nelle stanze dabbasso, dove trova il colonnello e mastroPierre intenti a dimenticare i dispiaceri davanti a un pàté e a unasfilza di bottiglie di Borgogna. La prima reazione provocatadall'incursione di Fontanis in una tenuta così sconveniente fu unagrassa risata: il poveretto fece il racconto delle sue nuovedisavventure, e l'obbligarono a sedersi a tavola senza dargli il tempodi infilarsi le braghe, che egli stringeva sotto il braccio al modo deipopoli del Pegu.1 Il presidente si mise a bere e trovò la consolazioneai suoi mali in fondo alla terza bottiglia di vino. Poiché gli restavanoun paio d'ore per tornare a d'Olincourt, fecero preparare i cavalli epartirono.«Mi avete impartito davvero una bella lezione, marchese» disse ilProvenzale appena fu in sella.«Non sarà certo l'ultima, amico mio» rispose d'Olincourt «l'uomo è natoper imparare, e soprattutto gli uomini di legge: l'ottusità ha eretto ilsuo tempio sotto l'ermellino, e respira a pieni polmoni solo nellevostre aule di tribunale.Nota: 1 Regione della Birmania [N.d.T.].Ma checché voi ne diciate, non si poteva certo lasciare questo castellosenza capire cosa capitasse al suo interno.» «E ora che l'abbiamosaputo, quali sono i nostri vantaggi?»«Ora possiamo sporgere querela con cognizione di causa.»«Querele? Che il diavolo mi porti se ne farò. Io terrò per me quello cheso, e quanto a voi, vi sarei infinitamente obbligato se non ne parlastecon nessuno.»«Amico mio, non siete affatto coerente! Se è ridicolo sporgere querelaquando si ricevono dei maltrattamenti, perché allora voi ne mendicate,ne fomentate di continuo? Ma come! Voi, che siete uno dei più grandinemici del crimine, volete lasciarlo impunito quando è così conclamato?Uno dei più sublimi assiomi della giurisprudenza non consiste nel fattoche anche ove la parte lesa ritiri la denuncia, la giustizia ha comunquediritto alla soddisfazione? E la giustizia non è dunque statavisibilmente violata da ciò che vi è capitato? E proprio voi vorresterifiutarle il risarcimento che merita?»«Sarà come dite voi, ma io non farò motto.»«E la dote di vostra moglie?»«Mi affiderò all'equità del barone, e lascerò a lui l'incarico dirisolvere questa faccenda.»«Ma lui si guarderà bene dall'immischiarsene.»«Ebbene, allora mangeremo croste di pane.»«E bravo! Così vi farete maledire da vostra moglie. Volete che passi lavita a pentirsi di avere legato la sua sorte a quella di un vigliacco

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della vostra specie?»«Ah, in fatto di rimorsi ne avremo ciascuno la sua parte, credo. Maperché poi volete farmi sporgere querela, se prima eravate così avversoall'idea?»«Non sapevo quali erano i termini della questione: fintanto che hocreduto di potere vincere senza il soccorso di nessuno, ho scelto questopartito come il più onesto; ora che invece mi pare indispensabileinvocare il sostegno della legge, ve lo propongo. Che c'è dicontraddittorio nella mia condotta?»«Assolutamente niente, va benissimo» disse Fontanis scendendo dacavallo, perché erano ormai a d'Olincourt «ma non diciamo nulla, viscongiuro, è la sola grazia che vi chiedo.»Benché la loro assenza fosse durata solo due giorni, c'erano dellegrosse novità dalla marchesa: la signorina de Téroze era malata;un'indisposizione che si voleva cagionata dall'inquietudine, daltormento di sapere suo marito esposto al pericolo la costringeva a lettoda ventiquattro ore. Una vestaglia incantevole, venti braccia di garzaintorno alla testa e al collo, un pallore toccante, che la rendevanoancora più bella, rianimarono la passione del presidente, cui lafustigazione passiva della notte passata aveva grandemente infiammato isensi. Delgatz, vicino al letto della malata, sussurrò a Fontanis di nonfare la minima mostra del suo desiderio, nella situazione penosa in cuisi trovava sua moglie; il momento critico era arrivato durante lemestruazioni, provocando una perdita.«Maledizione» disse il presidente «sono veramente scalognato: sonoandato a prendermi delle legnate per questa donna, mi sono buscato unabatosta davvero magistrale, e vengo anche privato del piacere dellaricompensa.»Nel frattempo la compagnia del castello si era arricchita di trepersonaggi di cui è indispensabile rendere conto.Il signore e la signora de Totteville, dei benestanti appartenenti alvicinato, avevano portato con sé la signorina Lucile de Totteville, lorofiglia, una brunetta assai sveglia di diciotto anni che non aveva nullada invidiare alle languide attrattive della signorina de Téroze.Per non affaticare il lettore, gli riveliamo subito che erano trepersonaggi che si era ritenuto opportuno introdurre sulla scena perritardarne lo scioglimento o per dirigerlo con maggiore sicurezza versoil finale prestabilito. Totteville era uno di quei cavalieri di SanLuigi rovinati che, trascinando il loro ordine nel fango, accettanoindifferentemente di recitare qualsiasi parte gli venga assegnata incambio di una cena o di qualche scudo. La sua presunta moglie era unavecchia avventuriera di altro genere, la quale, non avendo più l'etàadatta a fare commercio delle proprie grazie, rimediava trafficandoquelle altrui. Quanto alla bella principessa che passava per figlialoro, considerando il resto della famiglia si immagina facilmente aquale classe dovesse appartenere: adepta di Pafo fin dall'infanzia,aveva già rovinato tre o quattro finanzieri, ed era proprio in virtùdella sua arte e delle sue grazie che era stata scelta.Tutti e tre, in ogni caso, selezionati tra ciò che la loro classeoffriva di meglio, impeccabili, perfettamente istruiti sul da farsi, edotati di quella che si può definire una parvenza di buone maniere,sostenevano egregiamente la loro parte, e sarebbe stato difficile,vedendoli mescolati a uomini e donne della buona società, pensare chenon vi appartenessero.Appena il presidente fece il suo ingresso, la marchesa e sua sorella glidomandarono notizie della sua avventura.«Non è nulla» disse il marchese assecondando il volere di suo cognato «èuna banda di bricconi che presto o tardi metteremo in fuga. Saràsufficiente conoscere le intenzioni del presidente in proposito, esaremo tutti felici di appoggiarlo.»E siccome d'Olincourt aveva furtivamente informato gli altri tanto delsuccesso dell'impresa quanto del desiderio del presidente di passarlosotto silenzio, la conversazione cambiò e non si parlò più dei fantasmidi Téroze.

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Il presidente espresse alla moglie la sua viva apprensione, e ancor piùil profondo dispiacere che gli procurava questa maledettaindisposizione, che ritardava ancora il momento della sua felicità. Poi,visto che l'ora era tarda, fu servita la cena e tutti andarono a dormiresenza che accadesse nulla di straordinario.Il signor di Fontanis, che da buon magistrato annoverava tra le suequalità una fortissima inclinazione per le donne, osservò con un certointeresse l'ingresso della giovane Lucile nel circolo della marchesad'Olincourt. Cominciò coll'interrogare La Brie, suo confidente, circa laposizione della giovinetta, e questi gli rispose in modo da alimentarela passione che vedeva nascere nel cuore del magistrato, persuadendolo aspingersi più in là.«E' una ragazza d'alto lignaggio» rispose il perfido confidente «maquesto non la mette al riparo dalle profferte d'amore di un uomo delvostro pari. Signor presidente» continuò lo scaltro giovane «voi sietel'incubo dei padri e il terrore dei mariti, e qualunque progetto dionestà abbia potuto formulare una persona di sesso femminile, è moltodifficile che riesca a tenervi fede, con voi. Lasciando da partel'avvenenza, se non vi poteste fregiare d'altro che della vostraposizione, quale donna potrebbe resistere alle attrattive di un uomo dilegge? La lunga veste nera, il tocco, credete che non seducano?»«Beh, certo che è difficile difendersi da noi. Abbiamo qualcuno ainostri ordini che è da sempre il terrore delle virtù... dunque tu credi,La Brie, che ad una mia parola....»«La ragazza cederebbe, non abbiate dubbi.»«Ma bisogna stare zitti, capisci che nella situazione in cui mi trovocon mia moglie è importante non esordire con un'infedeltà.»«Oh no, signore, la ridurreste alla disperazione, ella vi ama cosìteneramente....»«Davvero, credi che mi ami almeno un po'?»«Vi adora, signore, e sarebbe un delitto tradirla.»«Comunque credi che su quell'altro fronte?...»«Le vostre faccende progrediranno infallibilmente, se voi lo vorrete. Sitratta solo di agire.»«Oh, mio caro La Brie, mi riempi di gioia, che piacere condurre duetrame in parallelo e ingannare due donne in una volta! Tradire, amicomio, frodare, che voluttà per un magistrato!»In seguito a tali incoraggiamenti, Fontanis si prepara, si sistema,dimentica i colpi di frusta che l'hanno straziato, e, pur vezzeggiandola moglie che sta sempre a letto, punta le sue batterie verso l'astutaLucile; costei sulle prime fa mostra di ascoltarlo con riluttanza, perpoi cedere insensibilmente ogni giorno di più.Questo sottile maneggio durava da circa quattro giorni, senza chenessuno avesse l'aria di accorgersene, quando furono recapitati alcastello dei gazzettini, che invitavano tutti gli astronomi a osservarela notte successiva il passaggio di Venere sotto il segno delCapricorno.«Perbacco, è un evento assai singolare» disse il presidente con aria daintenditore, appena letta la notizia «non mi sarei mai aspettato unfenomeno del genere. Come ben sapete, signore mie, ho una qualcheinfarinatura di questa scienza: ho persino scritto un'opera in seivolumi sui satelliti di Marte.»«Sui satelliti di Marte» disse la marchesa sorridendo «eppure non visono tanto favorevoli, presidente, sono stupita che abbiate sceltoquesto argomento.»«Siete sempre maliziosa, incantevole marchesa, vedo bene che il miosegreto non è stato mantenuto. In ogni caso sono molto curiosodell'evento annunciato... C'è un posto qui, marchese, da dove possiamoosservare la traiettoria di questo pianeta?»«Ma certo» rispose il marchese «sopra alla colombaia ho un osservatoriomolto attrezzato: potrete trovarvi cannocchiali di eccellente qualità,quadranti, compassi, insomma tutti gli strumenti indispensabili allostudio di un astronomo.»«Ma allora siete un po' del mestiere!»

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«Per nulla, ma ho occhi buoni come chiunque altro, e quando passa di quiqualcuno che se ne intende sono ben contento di essere istruito.»«Ebbene, sarà un vero piacere per me darvi qualche lezione, in seisettimane vi insegnerò a conoscere la terra meglio di Cartesio e diCopernico.»Nel frattempo arriva il momento di trasferirsi all'osservatorio: ilpresidente era desolato dell'indisposizione della moglie, che lo privavadel piacere di mostrarle la sua competenza, senza sapere, il poverodiavolo, che lei avrebbe avuto il ruolo di protagonista in quellasingolare commedia. Benché i palloni aerostatici non fossero ancorastati brevettati, erano già noti nel 1779, e l'abile fisico che dovevacostruire quello di cui parleremo, più bravo di quelli che lo seguirono,ebbe il buon gusto di mostrarsi ammirato e di non dire una parola,quando degli intrusi vennero ad appropriarsi della sua scoperta.All'ora prescritta, su un aerostato perfettamente congegnato, lasignorina de Téroze doveva prendere il volo tra le braccia del conted'Elbène, e questa scena, vista da molto lontano e illuminata solo dauna debole luce artificiale, era rappresentata abbastanza abilmente dadarla a bere a un imbecille come il presidente, il quale in vita sua nonaveva sfogliato neppure un'opera che riguardasse la scienza chepretendeva di conoscere.Tutta la compagnia arriva dunque in cima alla torre, si approntano icannocchiali e il pallone parte.«Riuscite a vedere?» si dicono l'un l'altro.«Non ancora.»«Ma sì, lo vedo.»«No, non è quello.»«Scusate, signori, è a sinistra, a sinistra, puntate lo sguardo aoriente.»«Ah! Eccolo, lo vedo» esclama il presidente entusiasta «lo vedo, amici,seguite la mia direzione: un po' più in alto di Mercurio, non lontano daMarte, molto al di sotto dell'ellisse di Saturno. Là, là, Dio mio, chebello!»«Lo vedo anch'io, presidente» dice il marchese «è davvero qualcosa disuperbo, riuscite a distinguere la congiunzione?»«Ce l'ho sulla punta del cannocchiale.»E, mentre il pallone passa al di sopra della torre:«Ebbene, non sbagliavano davvero gli annunci, ecco Venere sopra ilCapricorno.»«E proprio così» dice il presidente «è lo spettacolo più bello cui abbiamai assistito.»«Chissà» dice il marchese «se sarete sempre obbligato a salire così inalto per osservarlo comodamente.»«Ah, marchese, i vostri sarcasmi sono fuori luogo in un così belmomento....»Dopo che il pallone fu inghiottito dall'oscurità, tutti ridisceserodalla torre, entusiasti del fenomeno allegorico che l'arte avevaimprestato alla natura. «In verità, sono desolato che non abbiate potutodividere con noi il piacere che questo evento ci ha procurato» disse ilsignore di Fontanis a sua moglie, trovandola a letto al suo rientro «nonc'è niente di più bello al mondo.»«Lo credo» rispose la giovane «ma mi hanno detto che era uno spettacolotalmente pieno di scene dissolute, che in fondo sono contenta di nonavervi assistito.»«Dissolute!» disse il presidente sghignazzando con molta grazia «ma no,affatto, si trattava di una congiunzione, cosa c'è di più naturale? E'quello che vorrei accadesse infine tra di noi, e che si farà quando voilo vorrete. A questo proposito, ditemi in tutta coscienza, sovranadirettrice di tutti i miei pensieri, non ne avete abbastanza di farelanguire il vostro sposo, non vorreste accordargli al più presto unaricompensa per le sue pene?»«Ahimè, angelo mio» gli rispose amorevolmente la giovane consorte«vogliate credere che ne ho almeno altrettanto desiderio che voi, mavedete bene qual è il mio stato... e per di più lo vedete senza provarne

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compassione, crudele, benché sia assolutamente opera vostra: se mi fossitormentata meno per la vostra sorte, ora starei molto meglio.»Al sentirsi vezzeggiato in questo modo, il presidente saliva al settimocielo: si pavoneggiava, si ringalluzziva al punto che mai un magistrato,neppure dopo una bella impiccagione, aveva avuto collo più ritto. Masiccome in tutto questo dalla parte della signorina de Téroze vedeva gliostacoli moltiplicarsi, mentre da parte di Lucile riceveva i più grandiincoraggiamenti, Fontanis non esitò a preferire il mirto fioritodell'amore alle rose tardive dell'imeneo. Una di esse non può sfuggirmi,ragionava tra sé e sé, l'avrò sempre a disposizione, ma l'altra forse èqui solo per qualche giorno, è necessario sbrigarsi per trarne partito.In conformità a questo principio, Fontanis non perdeva occasione di farprogredire i suoi affari.«Ahimè, signore» gli diceva un giorno con finto candore la fanciulla«non diventerei forse la più disgraziata delle creature se vi accordassiciò che esigete da me? Con i vostri legami, potreste forse ripararel'offesa alla mia reputazione?»«Che significa riparare? Non c'è nulla da riparare in una circostanzacome questa, né da parte mia, né da parte vostra: è come un buconell'acqua. Non bisogna temere nulla con un uomo sposato, perché è luiil più interessato a mantenere il segreto, e quindi non vi impedirà ditrovare un marito.»«E la religione, e l'onore....»«Che sciocchezze, cuore mio, vedo bene che siete un'Agnese e che avetebisogno di passare un po' di tempo alla mia scuola. Ah, come fareisparire tutti questi pregiudizi infantili!»«Ma credevo che la vostra posizione vi impegnasse a rispettarli.»«E vero, ma solo in apparenza. Per noi è indispensabile l'aspettoesteriore, perché serve a incutere soggezione, ma una volta spogliati diquesto falso contegno che ci impone tante precauzioni, siamo del tuttosimili al resto dei mortali. Come potreste ritenerci al riparo dai lorovizi? Le nostre passioni, ancora più infiammate dal perpetuo racconto odalla descrizione di quelle altrui, non pongono alcuna differenza tranoi e loro, se non per gli eccessi che loro sconfessano e che invecefanno ogni giorno le nostre delizie. Siamo quasi sempre protetti dalleleggi con cui facciamo tremare gli altri, e l'impunità ci infiamma,spingendoci a nuove scelleratezze.»Lucile ascoltava questo cumulo di baggianate, e, per quanto grande fossela ripugnanza che il fisico e la mente di quell'abominevole personaggiole ispiravano, continuava a mostrarsi disponibile, perché la ricompensale era stata promessa a queste condizioni. Più gli amori facevanoprogressi, più il presidente diventava insostenibile. Nulla al mondo èpiù ridicolo di un magistrato innamorato: è l'immagine perfetta dellagoffaggine, dell'impertinenza e dell'inettitudine. Se al lettore è maicapitato di vedere un tacchino pronto a moltiplicare la specie, alloraegli possiede un'idea compiuta dello schizzo che vorremmo offrirgli.Nonostante le sue manovre di dissimulazione, l'eccessiva insolenza losmascherava di continuo, e un giorno il marchese volle metterlo inimbarazzo e umiliarlo a tavola, davanti alla sua dea.«Presidente» gli disse «mi sono appena arrivate delle notizie terribiliper voi.»«Che notizie?»«Dicono che sopprimeranno il Parlamento di Aix. Il pubblico si lamentache è inutile, Aix ha meno bisogno di un parlamento rispetto a Lione, esarà proprio quella città, troppo lontana da Parigi per poternedipendere, a inglobare tutta la Provenza: del resto è in posizionedominante, perfetta per dare ricetto ai giudici di una provincia cosìimportante.»«E una soluzione che non ha il minimo senso.»«E una saggia decisione, invece. Aix è in capo al mondo, e unProvenzale, dovunque abiti, preferirà sempre andare a Lione per le suefaccende, piuttosto che raggiungere quel pantano di Aix. Le strade sonobruttissime, e non c'è neppure un ponte sulla Durance, che come levostre teste si scompagina per nove mesi all'anno. In più, non ve lo

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nascondo, esistono altre questioni particolari; prima di tutto è moltocriticata la vostra composizione: non c'è un solo individuo, si dice, intutto il Parlamento di Aix, che abbia un nome decente. Tutti mercanti ditonno, marinai, contrabbandieri, insomma una banda di spregevolibricconi, con la quale la nobiltà non vuole avere nulla a che fare, eche affligge il popolo per compensare il discredito in cui versa. Deicretini, degli imbecilli - scusatemi, presidente, sto solo riferendo ciòche mi hanno scritto, vi farò leggere la lettera dopo cena - in unaparola dei mascalzoni che spingono il fanatismo e l'immoralità fino alasciare una forca sempre in piedi in mezzo alla città come prova dellaloro integrità, e che invece rappresenta un monumento al loro piattorigore. Il popolo dovrebbe staccarne le pietre per lapidare quegliillustri carnefici che con tale arroganza ostentano i ceppi: ci sistupisce che non l'abbia ancora fatto, e pare che non passerà moltotempo... «Uno stuolo di arresti ingiusti, un'affettazione di severità ilcui scopo è di passare sotto silenzio tutti i crimini legislativi checommettono, e altre cose ancora più gravi... Nemici dichiarati delloStato, in ogni tempo... - osano dire apertamente nella lettera.Nota: 1 Cfr. nota n. 2 a pag. 59 [N.d.T.].Il pubblico orrore suscitato dalle vostre turpitudini di Mérindol1 non èancora estinto nei cuori. Non offriste forse in quell'occasione lospettacolo più orrendo che sia dato immaginare? Ci si può figurare senzafremere i depositari dell'ordine, della pace e dell'equità, con lafiaccola in una mano e il coltello nell'altra, che bruciano, uccidono,stuprano, massacrano tutto ciò che incontrano, come un branco di tigriinferocite scappate da una foresta? E forse giusto che dei magistrati sicomportino in questo modo? Vengono ricordate anche parecchie circostanzein cui rifiutaste ostinatamente di soccorrere il re nelle sue necessità:foste più volte pronti a fomentare la rivolta nella provincia pur di nonessere iscritti sul registro delle tasse. «Credete che abbiamodimenticato quell'infausto giorno in cui, senza che nessun pericolo vipendesse sul capo, vi metteste alla testa dei cittadini per portare lechiavi al connestabile di Borbone1 che tradiva il re? E quella voltache, fremendo per il semplice avvicinarsi di Carlo V, vi affrettaste arendergli omaggio e ad invitarlo a entrare nella cinta delle mura? Non èforse noto che fu in seno al Parlamento di Aix che nacquero i primifermenti della Lega2 e che insomma non siete mai stati altro che deifaziosi o dei ribelli, dei traditori o degli assassini?Nota: 1 Carlo III, 8° duca di Borbone (1490-1527). Si distinse nellebattaglie di Agnadello (1509) e Marignano (1515), ma passò poi con CarloV, contribuendo alla disfatta francese di Pavia (1525) [N.d.T.].2 La Lega (o Santa Lega) era l'organizzazione dei signori cattolici checondusse la guerra civile contro gli ugonotti in Francia [N.d.T.].«Voi lo sapete meglio di chiunque altro, signori magistrati provenzali,quando si ha voglia di perdere qualcuno, si ricerca tutto quello che hapotuto fare nell'arco della sua vita, vengono ricostruite con cura tuttele sue antiche colpe per aggravare le nuove: non vi meravigliate,dunque, se ci si comporta con voi come voi avete fatto, con idisgraziati che vi è piaciuto immolare alla vostra capziosità. Imparate,mio caro presidente, che non è concesso a una corporazione più che a unprivato di oltraggiare un cittadino onesto e tranquillo. E se questacorporazione si rende conto di una simile incongruità, non si stupiscadi vedere un coro di voci levarsi contro di sé, e reclamare i dirittidei deboli e della virtù contro il dispotismo e l'iniquità.»Il presidente, che non poteva tollerare quelle accuse ma neppurecontestarle, si alzò da tavola furioso, giurando che sarebbe partito.Dopo lo spettacolo di un magistrato in amore, il più irresistibilmentecomico è quello di un magistrato in collera: i muscoli del viso,naturalmente predisposti all'ipocrisia, quando sono costretti a passarerapidamente alle contorsioni della rabbia, vi riescono solo per gradisuccessivi, producendo delle smorfie grottesche.La stizza di Fontanis suscitò dunque una grande ilarità generale, dopodi che, visto che non era ancora pronta la scena che doveva, secondo icalcoli, mandarlo via una volta per tutte, cercarono di calmarlo, gli

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corsero appresso, lo ricondussero al castello; infine egli dimenticòtranquillamente la sera tutti i tormenti della mattina, riprese la suasolita aria e tutto si sistemò.La signorina de Téroze migliorava, anche se appariva ancora debole, macomunque scendeva durante i pasti e passeggiava per un po' insieme aglialtri. Il presidente, meno sollecito perché si occupava soltanto diLucile, si rese tuttavia conto che presto si sarebbe dovuto occuparesolo di sua moglie. Di conseguenza si decise a imprimereun'accelerazione all'altra faccenda, che era giunta al momento cruciale:la signorina de Totteville non opponeva più alcuna resistenza, sitrattava solo di trovare un luogo sicuro. Il presidente propose il suoappartamento da scapolo, e Lucile, che non dormiva con i suoi genitori,accettò volentieri l'appuntamento per la notte seguente, e andò subito ariferirlo al marchese: questi le spiegò la parte che avrebbe dovutosostenere, e il resto della giornata trascorse placidamente.Verso le undici Lucile, che doveva avviarsi per prima nella stanza delpresidente grazie a una chiave che questi le aveva dato, affettò un maldi testa e uscì. Un quarto d'ora più tardi, l'impaziente Fontanis lasegue, ma la marchesa pretende che, per fargli onore, quella sera vuoleaccompagnarlo fin dentro la sua stanza: la compagnia intera coglie loscherzo, la signorina de Téroze lo trova divertente, e senza fare casoal presidente - che è sulle spine, e che vorrebbe sottrarsi a quellaridicola premura o per lo meno avvertire la fanciulla per evitare che lasorprendano - formano un piccolo corteo: afferrate le candele, gliuomini passano per primi e le donne circondano Fontanis, prendendolo permano, e così arrivano alla porta della sua stanza. Il nostro sfortunatogalante era sul punto di soffocare.«Non garantisco nulla» diceva balbettando «pensate all'imprudenza chestate commettendo, può darsi che l'oggetto del mio amore mi stiaaspettando in questo istante nel mio letto, e se così fosse, consideratel'effetto che può avere la vostra mossa avventata.»«Che accada ciò che deve accadere!» disse la marchesa spalancando laporta all'improvviso. «Su, coraggio, bellezza che, a quanto si dice,aspettate il presidente a letto, fate la vostra comparsa senza timore!»Ma quale non fu la sorpresa generale, quando le luci di fronte al lettoilluminarono un asino mostruoso mollemente disteso tra le lenzuola, ilquale, per una comica fatalità, sicuramente soddisfatto della parte cherecitava, si era pacificamente addormentato sul magistrale giaciglio, erussava voluttuosamente.«Ah! Perbacco, presidente» esclamò d'Olincourt tenendosi la pancia dallerisate «considerata un po' la flemma beata di questo animale, non sidirebbe uno dei tuoi colleghi in udienza?»Nondimeno il presidente era felice di cavarsela con questa burla, chegettava un velo sull'altra vicenda, e immaginava che Lucile se ne fosseaccorta per prima e avesse avuto la prudenza di non fare sospettare illoro intrigo: e quindi, rinfrancatosi, si mise a ridere con gli altri.Il somaro, molto seccato di questa interruzione del suo riposo, fusloggiato, le lenzuola cambiate, e Fontanis rimpiazzò degnamente il piùbell'asino che si fosse trovato in paese.«In verità non cambia molto» disse la marchesa dopo averlo visto a letto«non avrei mai creduto che ci potesse essere una rassomiglianza cosìcompleta tra un asino e un presidente del Parlamento di Aix.»«Eravate dunque all'oscuro di tutto» riprese il marchese «non sapeteallora che è proprio tra questa specie di dottori che quella corte hasempre eletto i suoi membri? Scommetterei che quello che avete appenavisto uscire è stato il primo presidente.»L'indomani, la prima cura del presidente fu di chiedere a Lucile come sifosse cavata d'impaccio: e quella, ben istruita, rispose che si eraritirata non appena si era resa conto della beffa, ma con il sospetto diessere stata tradita, per cui aveva passato una notte orribile bramandoardentemente il momento buono per una spiegazione. Il presidente larassicurò, e ottenne la rivincita per il giorno seguente; la castaLucile si fece alquanto pregare, Fontanis, stuzzicato, si fece ancorapiù impaziente, e tutto infine si dispose secondo i suoi desideri.

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Ma se il primo appuntamento era stato turbato da una scena comica, unacircostanza ben più fatale intervenne a buttare all'aria il secondo!L'appuntamento era organizzato come la volta precedente: Lucile siritira per prima, il presidente la segue poco dopo senza che nessunofaccia difficoltà, la trova nel luogo convenuto, e prendendola tra lebraccia si appresta a darle le prove inequivocabili della suapassione... all'improvviso le porte si aprono, e compaiono il signore ela signora de Totteville, la marchesa, e la signorina de Téroze inpersona.«Mostro» esclama costei, gettandosi come una furia sul marito «è dunquecosì che ti fai gioco della mia ingenuità e del mio affetto!»«Figlia degenere» dice il signore de Totteville a Lucile che si ègettata ai piedi del padre «ecco come abusi dell'onesta libertà che ticoncediamo!»Dal canto loro, la marchesa e la signora de Totteville gettano delleocchiate severe sui due colpevoli, ma la signora d'Olincourt vienedistolta da questo primo moto per raccogliere la sorella che sviene trale sue braccia.E' difficile dipingere l'espressione di Fontanis in mezzo a questascena: la sorpresa, la vergogna, il terrore, l'inquietudine, tuttequeste diverse sensazioni lo agitano e lo fanno restare di sasso. Nelfrattempo arriva il marchese, s'informa, e indignato viene a saperedell'accaduto.«Signore» gli dice con fermezza il padre di Lucile «non mi sarei maiaspettato che in casa vostra una ragazza onorata potesse subire degliaffronti di tale specie. Immagino che comprendiate che questo fatto perme è intollerabile, e che mia moglie, mia figlia ed io partiamoimmediatamente per domandare giustizia a coloro che hanno il dovere diassicurarcela.»«In verità, signore» disse allora seccamente il marchese al presidente«converrete che non avrei mai dovuto attendermi uno spettacolo delgenere. Dunque vi siete voluto imparentare con noi solo per disonoraremia cognata e la mia famiglia?» Poi, rivolgendosi a Totteville:«Nulla è più legittimo della riparazione che esigete, ma mi permetto discongiurarvi all'istante di evitare lo scandalo. Non è per quel buffoneche ve lo chiedo, giacché merita solo il disprezzo e la condanna, ma perme, signore, per la mia famiglia, per il mio disgraziato suocero, che,avendo riposto tutta la sua fiducia in questo paio di braghe, morrebbedi dispiacere per il suo errore.»«Mi piacerebbe farvi cosa gradita, signore» disse fieramente il signorde Totteville traendo a sé moglie e figlia «ma mi permetterete di porreil mio onore al di sopra di queste considerazioni. Voi non sareteassolutamente compromesso, signore, denuncerò solo questo mascalzone...E ora concedetemi di non ascoltare più nulla e di andare subito dove lavendetta mi chiama.»A queste parole, i tre personaggi se ne vanno senza che nessuno sforzoumano possa fermarli, e volano, a sentir loro, a Parigi, per presentareun'istanza al Parlamento contro gli oltraggi ricevuti dal presidenteFontanis. Nel frattempo in quello sventurato castello regnano loscompiglio e la disperazione; la signorina de Téroze, che si è appenaristabilita, si rimette a letto con una febbre che si ha cura didefinire pericolosa; il signore e la signora d'Olincourt tuonano controil presidente, il quale, non avendo altra protezione che quella casanelle circostanze gravissime che lo minacciano, non osa ribellarsi allegiuste reprimende che gli vengono indirizzate. Questo stato di coseregna per tre giorni, finché delle comunicazioni riservate rendono notoal marchese che il caso sta prendendo una piega molto seria, che verràtrattato dalla giustizia criminale, e che sarà emesso un ordine dicattura nei confronti di Fontanis.«Ma come, senza neanche interrogarmi!» dice il presidente spaventato.«Non è forse la regola» gli risponde d'Olincourt «sono forse concessidegli strumenti di difesa a un arrestato, e una delle vostre usanze piùrispettabili non è forse quella di farlo marcire prima di ascoltarlo?Stanno impiegando contro di voi le stesse armi di cui voi vi siete

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servito con gli altri. Dopo avere esercitato l'ingiustizia pertrent'anni, non è ragionevole che ne diveniate la vittima, almeno peruna volta nella vostra vita?»«Ma che dite, per un affare di donne?»«Come sarebbe a dire per un affare di donne, dunque non sapete che sonoi più pericolosi? Quel maledetto caso, la cui memoria vi è costatacinquecento colpi di frusta nel castello dei fantasmi, non era forse unaffare di donne? E non eravate convinto un tempo che per un affare didonne vi era lecito rovinare un gentiluomo? Il taglione, presidente, iltaglione è la vostra bussola, sottomettetevi dunque con coraggio allasua legge.»«Giusto cielo» disse Fontanis «in nome di Dio, fratello, non miabbandonate.»«Credete che vi soccorreremo» rispose l'Olincourt «nonostante ildisonore di cui ci avete coperto, e con tutte le rimostranze che abbiamoda farvi? Ma i rimedi sono dolorosi... e del resto li conoscete.»«Ovvero?»«L'indulgenza del re, una lettre de cachet, non vedo altra soluzione.»«Ma è terribile!»«Ne convengo, ma trovatene voi una migliore. Volete lasciare la Franciae perdervi per sempre, mentre qualche anno di prigione con ogniprobabilità vi riscatterebbe? D'altra parte, questo mezzo che vi fatanto orrore, non l'avete impiegato voi stesso, qualche volta? Non fuproprio consigliandolo brutalmente a quel gentiluomo che gli spiritihanno così ben vendicato, che finiste di rovinarlo? Non osasteaddirittura costringere quell'infelice militare a scegliere tra laprigione e l'infamia, con un atto di prevaricazione allo stesso temporischioso e perseguibile, senza sospendere le vostre ignobili folgorifinché non avete avuto la certezza che egli sarebbe stato investito daquelle del re? E quindi non c'è niente di strano, amico mio, in quelloche vi propongo. Non solo conoscete bene questa strada, ma oramaidovreste desiderarla.»«O ricordi tremendi!» disse il presidente in lacrime «chi l'avrebbe maidetto, che la vendetta del cielo si sarebbe abbattuta sul mio caponell'istante stesso in cui si consumavano i miei crimini! Tutto il maleche ho fatto mi viene reso. Sopportiamo, bisogna soltanto sopportare etacere.»Nel frattempo, poiché si faceva urgente la necessità di cercare aiuto,la marchesa consigliò vivamente a suo marito di partire perFontainebleau, dove si trovava allora la corte. La signorina de Térozenon prese parte a quelle decisioni, perché la vergogna e il dispiaceredall'esterno, e il conte d'Elbène dall'interno, la trattenevano semprenella sua stanza, la cui porta era rigorosamente chiusa per ilpresidente. Egli vi aveva battuto parecchie volte, aveva cercato difarsi aprire a forza di lacrime e rimorsi, ma sempre infruttuosamente.Il marchese dunque partì. Il tragitto era breve, e fece ritorno dopo unpaio di giorni, scortato da due ufficiali di polizia e munito di unpresunto ordine la cui sola vista fece tremare il presidente in ogni suomembro.«Non potevate giungere più a proposito» disse la marchesa fingendo diavere ricevuto notizie da Parigi mentre il marito era a corte «ilprocesso sarà giudicato in sede criminale, e i miei amici mi scrivono difare evadere il presidente al più presto. Mio padre è stato avvertito, èdisperato, si raccomanda di servire bene il suo amico e di dipingergliil dolore che lo affligge per questa vicenda... la sua salute glipermette di soccorrerlo solo con dei voti, che sarebbero più sinceri seegli fosse stato più saggio... ecco la lettera.»Il marchese lesse alla svelta, e dopo aver apostrofato Fontanis, chefaceva molta fatica a risolversi alla prigione, lo consegnò alle dueguardie, che erano in realtà due sergenti maggiori del suo reggimento, elo esortò a farsi animo, tanto più che non l'avrebbe perso di vista:«Ho ottenuto con molte difficoltà» gli disse «una fortezza situata aquattro o cinque leghe di qui. Lì sarete agli ordini di un mio vecchioamico, che vi accoglierà come se si trattasse di me; ora gli invio per

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mezzo delle vostre guardie delle raccomandazioni ancora più vive,restate dunque tranquillo.»Il presidente pianse come un bambino, niente è così amaro come i rimorsidel criminale che vede ritorcersi contro di sé tutta la violenza di cuisi è servito... Non per questo fu meno necessario staccarsi di lì; primadi partire, chiese con insistenza il permesso di abbracciare sua moglie.«Vostra moglie!» gli rispose bruscamente la marchesa. «Non lo è ancora atutti gli effetti, ed è la sola consolazione che ci resta in mezzo atante disgrazie.»«E sia» disse il presidente «avrò la forza di sostenere anche questaafflizione» e montò sulla carrozza con gli ufficiali.Il castello dove condussero quel disgraziato si trovava in un terrenoche faceva parte della dote della signora d'Olincourt, e tutto erapreparato per riceverlo: un capitano del reggimento di d'Olincourt, unuomo aspro e arcigno, doveva impersonare la parte del governatore. Feceentrare Fontanis, congedò le guardie, e disse duramente al suoprigioniero, confinandolo in una stanza orrenda, che aveva degli ordiniulteriori a suo riguardo, di una severità assoluta, cui non poteva fareeccezione.Il presidente fu lasciato in questa situazione crudele per un mesecirca; non vedeva nessuno, gli venivano serviti solo zuppa, pane eacqua, dormiva sulla paglia, in una stanza spaventosamente umida, nellaquale, come alla Bastiglia ovvero al giardino zoologico, entravano soloper portare il cibo.Il povero magistrato fece delle riflessioni assai amare durante quelfatale soggiorno, senza che nessuno venisse a interromperle. Infinecomparve il falso governatore, e dopo averlo blandamente consolato gliparlò in questi termini:«Non dubitate, signore, che il primo dei vostri torti sia stato quellodi volervi imparentare con una famiglia tanto superiore a voi sottotutti gli aspetti. Il barone de Téroze e il marchese d'Olincourt sonodue esponenti della più alta nobiltà di Francia, e voi non siete altroche un misero magistrato provenzale, senza nome e senza credito, privodi rango e di considerazione. Un esame di coscienza avrebbe dunquedovuto condurvi a dichiarare al barone de Téroze, che era abbagliato davoi, che non eravate fatto per sua figlia. D'altronde come avete potutopensare, anche solo per un momento, che quella fanciulla bella comel'amore potesse diventare la moglie di un vecchio scimmione volgarequale siete? Si può sbagliare, ma non fino a questo punto. Leriflessioni che avete sicuramente fatto durante il vostro soggiorno inquesto posto, signore, devono avervi convinto che nei quattro mesi cheavete abitato nella casa del marchese d'Olincourt, ne siete stato iltrastullo e lo zimbello: la gente del vostro stato e del vostro aspetto,della vostra professione e della vostra ottusità, della vostrameschinità e della vostra grettezza, non deve aspettarsi un diversotrattamento. Con mille beffe una più divertente dell'altra, vi hannoimpedito di godere della donna cui aspiravate, vi hanno impartitocinquecento colpi di staffile in un castello di spiriti, vi hannomostrato vostra moglie tra le braccia di colui che adora - e voi aveteinsulsamente scambiato questo spettacolo per un fenomeno naturale - vihanno messo alle prese con una puttana pagata per burlarsi di voi,infine vi hanno rinchiuso in questo castello dove dipende solo dallavolontà del marchese d'Olincourt, mio colonnello, di tenervi rinchiusofino alla fine dei vostri giorni, il che accadrà senza fallo serifiutate di firmare questo foglio.«Osservate prima di leggerlo, signore» continuò il falso governatore«che voi apparite agli occhi del mondo come il promesso sposo dellasignorina de Téroze, e non come suo marito. Il vostro matrimonio è statocelebrato in gran segreto, i pochi testimoni hanno consentito aritirarsi, il curato ha restituito l'atto - eccolo qua - il notaio hareso il contratto, che potete vedere coi vostri occhi, e per di più nonsiete mai stato a letto con vostra moglie. Il vostro matrimonio è dunquenullo, e si può considerare rotto, tacitamente e di buon grado, da tuttee due le parti, e questo dà alla sua rottura altrettanta forza che se

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fosse opera delle leggi civili e religiose. Inoltre ho qui le rinuncedel barone de Téroze e di sua figlia, manca soltanto la vostra; eccoqua, signore: scegliete tra la firma in via amichevole di questa carta,oppure la certezza di terminare qui i vostri giorni... Poteterispondere, ho finito.»Il presidente, dopo aver riflettuto un po', prese il foglio e lessequeste parole: «Attesto a chiunque legga questo foglio che non sono maistato il marito della signorina de Téroze, le restituisco con questoscritto tutti i diritti che un giorno si ritenne di cedermi sulla suapersona, e affermo che non li reclamerò mai finché vivo. Inoltre nonposso che magnificare il comportamento che ella e la sua famiglia hannotenuto nei miei confronti durante l'estate che ho passato nella lorocasa. E' di comune accordo, di spontanea volontà di entrambi, cherinunciamo mutuamente ai progetti di unione che si erano formati su dinoi, che ci rendiamo reciprocamente la libertà di disporre delle nostrepersone, come se non avessimo mai avuto intenzione di congiungerci. Ed èin piena libertà di corpo e di spirito che firmo questo documento alcastello di Valnord, di proprietà della signora marchesa d'Olincourt.»«Mi avete parlato, signore» riprese il presidente dopo la lettura diqueste righe «della sorte che mi attenderebbe se non firmassi, ma non miavete detto cosa mi capiterebbe se acconsentissi a tutto.»«La ricompensa sarà la vostra libertà immediata, signore» rispose ilgovernatore fasullo «la preghiera di accettare questo piccolo presentedi duecento luigi da parte della signora marchesa d'Olincourt, e lacertezza di trovare alle porte del castello un servo con due cavallieccellenti che vi aspettano per riportarvi a Aix.»«Firmo e parto, signore, mi preme troppo liberarmi da quelle persone peresitare un solo istante.»«Molto bene, presidente» disse il capitano ricevendo lo scritto firmatoe consegnandogli il dono «ma fate attenzione a come vi condurrete: unavolta fuori, se il desiderio di trarre vendetta si impadronisse qualchevolta di voi, riflettete prima di metterlo in atto che avrete a che farecon un avversario molto forte, che questa potente famiglia cheoffendereste tutta intera con le vostre manovre vi farebbeimmediatamente passare per folle, e che l'ospizio dove quei miserabilivengono rinchiusi diventerebbe la vostra dimora definitiva.»«Non avete nulla da temere, signore» disse il presidente «sono il primointeressato a non avere più nulla a che fare con quella gente, e viassicuro che saprò evitarlo.»«Ve lo consiglio, presidente» gli disse il capitano aprendoglifinalmente la porta della prigione, «andatevene in pace e non fatevirivedere mai più da queste parti.»«Potete contare sulla mia parola» disse il magistrato montando a cavallo«questa avventura mi ha guarito da ogni vizio. Dovessi vivere milleanni, non verrei a cercar moglie a Parigi; avevo inteso il dolore diessere cornuto, ma non avrei mai concepito la possibilità di diventarloprima del matrimonio. Uguale prudenza e discrezione per quanto riguardagli arresti: non mi ergerò mai più ad arbitro tra donne di malaffare epersone che valgono più di me; a prendere la parte di quelle signorinesi paga un prezzo assai caro, e non voglio più avere a che fare condella gente che ha degli spiriti pronti a vendicarla.»Il presidente scomparve, e, divenuto onesto a sue spese, non si sentìpiù parlare di lui. Le puttane ebbero molto a lamentarsi, in Provenzanon c'era più nessuno che le sostenesse e i costumi se neavvantaggiarono, perché le fanciulle, vedendosi private diquell'appoggio indecente, preferirono il cammino della virtù ai pericoliche con ogni probabilità le attendevano sulla strada del vizio, unavolta che i magistrati fossero divenuti abbastanza saggi da comprenderequanto fosse terribilmente sconveniente sostenerle con la loroprotezione.Durante gli arresti del presidente, com'è facile supporre, il marchesed'Olincourt, dopo avere convinto il barone de Téroze ad abbandonare ilbel concetto che aveva di Fontanis, aveva fatto in modo che tutte ledisposizioni che abbiamo visto fossero eseguite correttamente; grazie

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alla sua abilità e al suo credito vi riuscì talmente bene, che dopo tremesi la signorina de Téroze sposò pubblicamente il conte d'Elbène, colquale visse perfettamente felice.«Qualche volta provo un certo rimorso per avere trattato tanto malequell'uomo ributtante» diceva un giorno il marchese alla sua deliziosacognata «ma se da un lato guardo alla felicità che i miei stratagemmihanno prodotto, e dall'altro mi convinco che colui che ho tormentato nonè altro che una canaglia inutile alla società, fondamentalmente nemicodello Stato, disturbatore della pubblica quiete, carnefice di unafamiglia onesta e rispettabile, noto diffamatore di un gentiluomo chestimo e di cui ho l'onore di essere parente, allora mi consolo edesclamo con il filosofo: "O sovrana Provvidenza, perché mai i mezzidell'uomo sono tanto limitati che non si può giungere al bene se nonattraverso un po' di male?".»Finito di scrivere il 16 luglio 1787 alle dieci di sera.

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