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MARCO PALLADINI LA PIETRA E LA CROCE DITTICO TEATRALE

Marco Palladini - La Pietra e La Croce

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Page 1: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

MARCO PALLADINI

LA PIETRA E LA CROCEDITTICO TEATRALE

Page 2: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

Marco Palladini

La pietra e la croceDittico teatrale

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PROMETEO O IL SACRO FUOCO DI UN DIO MINORE

(L’attore che interpreta Prometeo)

1. Genealogia familiare del divino

… in principio, lo sapete, era tutto un caos,era tutto confuso, un gorgo indistinto, non si capiva nulla,la luce e il buio, l’alto e il basso, il grande e il piccolo,il visibile e l’invisibile, materia e antimateria, era tutto assieme,tutto fluiva nella stessa corrente di energia della creazione…infinite esplosioni e radiazioni e gemmazioni coi colori dell’origine…poi gli elementi si separarono… l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra, i metalli… l’universo prese forma… dall’abisso si generò la bellezza…ma da quel vuoto pieno di forze e di passioni di ogni genere si separarono anche il bene e il male… e… e da lì nacquero i guai…

(Pausa)

… mi chiedono sempre come si è arrivati a tutto questo… beh, è una storia lunga e complicata… io stesso non so se riesco a comprendere tutti i suoi passaggi tortuosi… io qui riferisco quello che mi è stato raccontato… il cosmo si specchia nella sua eternità e nell’istante… cioè si rinnovaogni momento e ad ogni passo conferma la sua natura perenne…il cosmo è, così, un campo di tensioni permanente e insiemela dimensione che dà senso e fondo ad ogni essere, ad ogni lampo di vita… è in questo campo beato e perturbato che dopo tutte le separazioni e le battaglie della materia e dell’essenza il signore del cielo, Urano, stabilì il suo immortale dominio e affermò il suo potere sopra il creato e tutte le creature…

(Pausa)

… ma il cosmo, come vi ho detto, è sempre in tensione…dunque, resta alla fin fine un caos… un caosmos potremmo chiamarlo…e in questo caosmos per suggellare l’unione tra il cielo e la terra,Urano decide di fecondare Gea, il cui ventre sgrava esseri possenti…i Ciclopi e i Titani… figli rigogliosi e impudenti, figli di enorme forza, figli ribelli che Urano teme e che allora precipita nelle viscere della terra…che il loro destino resti sepolto laggiù e… non se ne parli più… e invece è il più giovane di loro, Kronos, che sfugge al controllo del padre

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e gli si fa sotto e con una micidiale falce lo evira… urla di gioia Kronos al momento della divina castrazione, quindi ebbro di superiore e feroce volontà si avvia trionfale ad assumere il suo potere divino…

(Pausa)

…. questa, sapete, è come una storia a puntate… e ad ogni puntata la storia si rovescia su se stessa… ogni protagonista rovescia il suo punto di vista e di vita… così Kronos assumendo il ruolo del padre, diventa come il padre… teme anche lui che i suoi figli a loro volta si ribellino, gli tolgano il rispetto di sé e l’ambito potere di signore supremo del cielo e della terra… perciò il vigile sposo di Rea agisce in anticipo… fa guerra preventiva alla prole… divora i figli appena sono nati…. ma ogni piano, anche divino, non è perfetto… presenta un falla… e succede che Rea, sgravato il sesto figlio, di nome Zeus, lo nascondee riesce a metterlo in salvo… Zeus cresce astuto e predace, volitivo e sensuale, e, una volta pronto, assalta il padre Kronos e lo spodesta… il nuovo dio di tutti gli dei armeggia abile con tuoni e fulmini e sbaraglia tutti gli avversari… sgomina i Giganti e i Titani, poi vince il fratello Poseidone, padrone degli inferi marini, tanto per far intendere a tutte le creature chi ha il comando puro e duro… e per compiere l’opera si fa infine sposo della sorella Era…

2. Il fuoco del conflitto

Zeus, già, è lui il mio grande nemico… lui che mi odia oltre ogni orizzonte del possibile e del comprensibile… ma io, invece, riesco a comprenderlo… sì lo comprendo perché non mi controlla, non mi può controllare, può farmi suo prigioniero, ma avermi sottomesso e suddito, questo mai… e questo lo fa impazzire di rabbia e di astio…è una storia lunga… dèi e semidèi nella spirale della lotta e non più appassionatamente insieme… nodi che non si sciolgono…patti che si infrangono… sguardi che si sfuggono… illusioni che ritornano… verità che non si dicono…

(Pausa)

Io ero… e sono Prometeo… quello che diede forma e sostanzaagli uomini… io l’artista e il filosofo che li modellò con queste mani con l’argilla della Tessaglia… Io ero e sono Prometeo… il titano che pensa prima… quello che antivede… che vede prima e contro…quello che agli uomini donò intelligenza e memoria, per farli animali ma diversi… in certo modo partecipi dell’essenza del divino… ed era questo che non piaceva a Zeus, che molto diffidava di questi umanimali intelligenti e non faceva mistero del propositodi distruggerli prima che, diceva, “questi alzino troppo la testae la cresta e si rivoltino contro il nostro potere”… ma io ero e sono Prometeo e difesi le mie creature… e quando organizzarono

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un sacrificio di conciliazione per gli dei, fui io, in qualità di arbitro,a decidere come dividere il grande toro immolato sull’altare…

(Pausa)

Così, squartai e feci a pezzi e a brani la bestia… e le carni migliorile celai sotto la repellente pelle del bruno ventre del toro… mentre posi le ossa sotto una coltre di lucido appetitoso grasso…quindi invitai Zeus, a capo della schiera degli dèi, a fare la scelta…l’ingordo si buttò sul grasso, ma quando capì di essere stato raggirato…o meglio, secondo me, di essere stato ingannato dalla sua stessasupponenza e arroganza… diede fuori di matto, scagliò maledizioni e condanne contro tutto e tutti… gli uomini carnivori li rese poveri mortali, poi tolse loro definitivamente il fuoco e lo nascoselà dove essi non avrebbero mai saputo e potuto arrivare… sull’inaccessibile per gli umani monte sacro dell’Olimpo…

(Pausa)

Proprio lì dove io, invece, con l’aiuto di Atena, di notte arrivai di soppiatto… sottraendo una furtiva fiamma al carro di Elio… e quel fuoco divino lo riconsegnai subito agli uomini miei figli e miei protetti… questo Zeus non me lo perdonò, non me lo poteva perdonare e con inestinguibile furore proclamò la mia sventura eterna… ed ecco che qui nella zona più impervia ed inospite del Caucaso mi fece trascinare dai suoi pretoriani perché io scontassila condanna perenne sino alla fine dei tempi e pure oltre…

3. La scena della colpa

Su questa triste roccia tempestosa ricordo il fiero cipiglioe la parole di Cratos, il potere carnefice inviato da Zeus a fare sinfonia del mio dolore… “Dovrai imparare a odiareil potere del dio di tutti gli dèi… dovrai soffrire tutta l’enormità della tua colpa… dovrai per sempre dimenticare ed emendare il tuo amore per gli uomini”… Era con lui, Efesto, figlio del mio immortale nemico ed anche mio cugino che tentennava dinanzi all’ordine crudele… “È certo grave disobbedire al padre, disattendere le sue decisioni… ho di fronte a me il combinato del potere e della forza, eppure… eppure mi chiedo se sia giusto che io con la violenza dell’ordine sottometta a tortura chi in fondo proviene dalla mia stessa origine divina… io dubito, ma lo farò, so che dovrò farlo… lune rosse incendieranno la notte e all’alba la pena riceverà dal sole il suo definitivo sigillo… non è questo,Prometeo, l’avvelenato frutto per avere tu troppo amato e favorito i tuoi uomini?... avere sfidato il dominatore nuovo del cielo e la sua rampante durezza non è stato un tragico, fatale errore?”…

(Pausa)

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Efesto così parlava, ma l’arcigno Cratos lo incalzava…“Perché stai a perdere tempo… un ordine è un ordine e prontamente va eseguito… non è un bello spettacolo mostrare pietà per una nullità stramaledetta dagli dèi e dal loro capo… chi tradisce gli immortali per i mortali non merita rispetto alcuno… questo semidio e mezzouomo lo precipitiamo nell’abisso senza tempo dell’infamia… niente altro si merita… su, avanti, legalo con le pesanti catene…la rupe feroce brama di tenerlo tra le sue aguzze braccia…batti, batti e ribatti i ceppi con il maglio… fissali, fissali per bene, che non possa mai più liberarsi… e infine prendi l’arco del cuneo ferrigno e che il suo morso gli stringa il petto… INCHIODA! INCHIODA! INCHIODA! per Zeus… e la sua gloria…avanti, smettila di darti pena, Efesto molliccio e debole di cuore… quel che doveva essere fatto, è stato dunque fatto… ancora una cosa: ma tu, titanico Prometeo, non eri il previdente?... e come mai la tua miseranda fine non l’avevi prevista?... la tua fama era evidentemente usurpata, impotente di un sottodio… sei della specie peggiore… è bene che la tua storia termini qui”…

4. Persistenza del ribelle

C’era una volta Prometeo e adesso non c’è più?... errore,Prometeo c’è, c’è ancora… benché ridotto ad un corpo sfiancatoe martoriato da quest’aquila reale che giorno dopo giorno fa banchetto con il mio grosso fegato che, notte dopo notte, inarrestabile ricresce per ridarsi di nuovo in pasto al terribile e famelico uccello…è questo il mio quotidiano, sempiterno inferno… carne più disgraziata della mia non ce n’è tra la terra e il cielo… e nondimeno io ci sono ancora, con la mia testa e col mio spirito indomito… io ci sono piagato, ma non piegato… andatelo a spiegare al dio superiore che così mi ha ridotto… andategli a spiegare che il dio minore che l’ha sfidato, non si è pentito… che l’avere riconsegnato il fuoco agli uomini è stato un atto più sacro ancora dei suoi odiosi diktat…

(Pausa)

Da quando sono qui, avvinto a questo funesto sperone della Scizia, non sono invero sempre stato solo… molti mediatori, verio finti consolatori, sono venuti in pellegrinaggio da me… alcuni avidi di vedermi, di vedere l’incatenato… magari con malcelata soddisfazione… altri pronti a dispensarmi non richiesti consigli… rammento bene le loro parole…“Ti sei murato vivo nel tuo luciferino orgoglio… tu portatore e predatore di fuoco… ma questo fuoco ora alimenta il rogo della tua condanna… la furia di Zeus, la determinazione implacabile della sua legge non ti concederanno tregua… vieni a più miti pretese… la forza del fato non si vince col tuo rifiuto di irriducibile…

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noi siamo qui per farti riflettere e aiutarti ad alleviare il dolore”…

(Pausa)

Mi tentavano i demoni olimpici… parlavano alla parte di me che combatte contro di me… ricamavano arpeggi con gli accordi della mia debolezza… “Perché, lo sai, c’è una via d’uscita alla tua pietosa condizione… sì, c’è qualcosa che persino il supremo Zeus può volere da te… non fare finta di non capire… tu riottoso titano lo conosci bene, visto che sei stato tu ad aiutarlo a rovesciare il padre Kronos… tu che sei stato lo stratega della sua ascesa al potere, adesso puoi essere lo stratega della conservazione del suo potere…tu che vedi oltre, puoi indicare a Zeus le mosse e gli atti che prevengano l’arrivo di un altro dio pronto a spodestarlo… se farai questo, il signore del cielo non ti sarà indifferente, saprà capire, riflettere e potrà essere con te clemente”…

(Pausa)

Così parlavano gli intermediari tra l’abisso e l’etere… voci forse ingannevoli e forse no che si insinuavano nella mia testa in tempesta… mentre l’adunco becco d’aquila non cessava di torturarmi il fianco… eppure, NO…sì, io dissi NO, NO, NO… rifiutai di andare in soccorso di chi mi aveva dannato e così atrocemente umiliato… dissi NO a chi voleva che aiutassi un potere tirannico che era l’opposto di ciò in cui credevo e che aveva animato il mio agire di semidio… dissi NO, perché se ribellarsi è giusto, non c’è mediazione possibile tra il ribelle e il persecutore… persisterò, dissi, e brucerò nel fuoco della mia pena, per aver voluto dare il fuoco della conoscenza agli uomini… la mia missione in fondo è stata compiuta… non ho altro da aggiungere…

5. Storia di IO ovvero Io sono la storia della mia maledizione

Incalcolabile tempo trascorso e l’ululato di venti turbinosiche, infine, per un po’ si placano e nel silenzio naturale o quasi mistico, ecco le urla, i lamenti e i pianti della fanciulla perseguitata a causa del mio stesso nemico… e dunque mia amica… ecco IO, la figlia di Inaco… primo sovrano della città di Argo… ecco IO, la ninfa errabonda, la vergine trasfigurata, trafitta dall’estro del fato… ecco IO, la raminga inseguita dalle grida dell’incubo, dai suoni stridenti della memoria… dai mostri dell’angoscia e del terrore… ecco IO presso di me, l’impotente e crocifisso alla cruda roccia possente… ecco IO in forma di giovenca, pronta a fare domande di amara e cupa risonanza…

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pronta a chiedere conforto e a raccontare la sua misera vicenda…

(Pausa)

“IO sono quella un dì bellissima, bramata ed amata da Zeus… al cui desiderio non si poteva resistere o sottrarsi…IO sono quella perseguitata da Era, sua moglie, pazzad’odio a pensare il marito nel talamo focoso insieme con me…IO sono quella che per sfuggire alla gelosia funesta della deavenni da Zeus tramutata in vacca… scacciata dalla mia casa, scacciata dalla mia terra… un povero animale, porca vacca rinnegata e sola… ma Era la furente scoprì il trucco e costrinse Zeus a consegnarmi a lei… IO sono quella umiliata e derisa che fu legata ad un ulivo e sorvegliata notte e giorno da Argo, il pastore guardiano dai cento occhi di brace… IO sono quella che Era, non contenta, faceva tormentare da un tafano forsennato… morsi impossibili da sopportare… IO sono quella vittima piangente che Zeus si decise ad ascoltare, inviando il fido Ermes ad annientare Argo il terribile… IO sono quella che allora scappai, scappai, scappai… fuggii senza tregua, senza pace, senza aiuto… addosso le ombre, i fantasmi, i dementi spiriti che mi hanno condannata a questa vita incatenata a un odio senza fine…IO sono quella che ora sono qui a chiederti lumi sulla mia sorte… lumi veraci, però, ché le parole false o ambigue sono un male ulteriore che giusto mi ripugna”…

(Pausa)

Così venne a parlarmi quella umanissima bestia che rispondeva al nome di IO… e a cui dovevo risposte non oblique… repliche distinte a chi come me soffriva l’infelice destino di un odio inestinguibile… destini, i nostri, che intrecciavano le mosse di quella divina e vivida coppiaccia… Zeus ed Era, Era & Zeus… gli dèi si fanno e poi si accoppiano o malaccoppiano, è lo stesso, comunque fanno danni, immensi i danni dell’arroganza e del potere senza misura e fuori controllo… forse è da qui che ai miei cari umani venne un giorno in mente di porre mano al fatto e al malfatto ed inventare la democrazia…

(Pausa)

Rifacendomi voce della visione, profetai allora ad IO, la sventurata: … Le tue traversie sono appena iniziate… il cammino sarà lungo e doloroso… ti dirigerai dapprima ad oriente viaggiando per le terre solcate dai nomadi Sciti… più oltre giungerai al fiume violento, l’impetuoso Ibriste… a fatica lo supererai per inerpicarti sull’alto Caucaso… e quindi discenderai a sud verso Temiscira, la capitale

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del regno delle Amazzoni sterminatrici del maschio, che ti festeggeranno… ancora andrai in Tracia, a Salmidesso,e poi nello stretto dei Cimmeri, giù giù fino a quel passaggio di mare a cui lascerai il nome di Bosforo… ormai l’Europa sarà alle tue spalle, ti inoltrerai nelle terre d’Asia… trapasserai le onde e le spume che dividono i continenti e seguendo il cammino raggiante del sole approderai sul suolo d’Africa, sino al fiume Etiope e poi al luogo matrice del papiro e del Nilo santo dalle acque maestose e dolci… lungo il corso nilopide, cercando il tuo definitivo Egitto, capiterai nella città di Canopo dove Zeus, infine, con il tocco della pietosa mano, ti ridarà l’umano sembiante …e lì genererai un nero Epafo che s’impianterà gloriososui campi irrigati dal Nilo arcano… sarà il primo sovrano egizio, fondatore di Menfi… altre cinque generazioni si succederanno a lui e innumeri, aggrovigliate, tragiche vicende di supplici e di familiari massacri… ma dalla tua seminale stirpe nascerà ad Argo, da ultimo, l’eroe fortissimo che sarà il mio agognato liberatore…

(Pausa)

La voce divinatrice si stava acquietando in me, ma già IO più non mi ascoltava e si stava allontanando dalla rupe, stravolta, direi, piuttosto che risollevata…un gorgoglio disumano dalla sua gola di empia, trista vacca…“IO sono una frana, uno sfacelo penoso… IO sono la mattìa, la malattia, il delirio di una febbre che non si placa…IO sono l’anima non salva che scalcia d’orrore contro l’ira divina belluina … IO sono l’assurdo fatto essere vivente e deprivato di una vera vita, di una sua propria via… IO sono una lingua che non è più la mia… IO sono una parola che è melma, che è merda, che è il pantano in cui sprofondo…IO sono la mia maledizione e la maledizione del mio io”…

6. Dal vaso proibito i mali nel mondo Non cedo, cado, mi affanno, mi sollevo, ricado ma non cedo… nella radente curva della luce che a sprazzi folgora l’orizzonte… il visibile e l’invisibile colluttano e poi si sposano nel mio cuore squarciato, ma saldo… cado sì, ma pugnace e mai vinto non cedo… nel mio animo di vecchio, ferito combattente si affollano sentimenti contrari, pensieri convulsi, schegge di ricordi…

(Pausa)

Ecco quello che rifletteva dopo… sì, Epimeteo, mio fratello e mio alleato, che Zeus volle sottrarre al suo castigo divino, per poterlo convenientemente e subdolamente usare come strumento della sua fiera vendetta contro gli inferiori uomini…

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così lo indusse ad ammogliarsi con la bella Pandora, donna sventata e sciocca che rubò al marito un vaso proibito in cui io avevo rinchiuso tutti mali del mondo… pilotata dal padrone del cielo, Pandora ruppe quel vaso e la fatica, le malattie, la vecchiaia, la pazzia, le cattive passioni e la morte si precipitarono fuori… e presero possesso dell’umana stirpe, a cui rimase soltanto la flebile speranza… la volontà residua di credere all’illusione di una cosa, ad uno spettro che si aggira per il mondo e mai si lascia afferrare… ma non disperarti Epimeteo, i buoi sono ormai fuggiti dalla stalla… i demoni sono ovunque… tu non puoi farci più nulla…

(Pausa)

Pietrificato nel dolore sopra questa pietra bruta… mi domina il superbo, rancoroso Zeus, ma non può leggermi nel pensiero… non sa che io so che sta apprestandosi all’unione con colei, l’innominata, da cui nascerà il potente virgulto che lo rovescerà… era questo il senso dell’anatema scagliato dal padre Kronos dopo essere stato buttato giù dal trono superiore… padri e figli… figli e padri… una continua crudele lotta di cannibali che va avanti dalla notte dei tempi… che è l’alfabeto stesso della vita… che è l’immanente logica dell’essere sia immortale che mortale… già, a pensarci:come e quanto si assomigliano gli dèi e gli uomini… e allora chi ha inventato chi?...

7. L’incatenato scatenato Ho la vista offuscata… ma chi vedo? vedo un altro valletto di Zeus…Ermes, lo psicagogo… Ermes, il dio che le anime dei morti con solerzia accompagna laggiugiù agli inferi… Perdi il tuo tempo,Ermes, io non posso morire… non sono destinato a finire nel Tartaro… io sono stato dannato al martirio in sempiterno dal tuo principale… o gli ordini sono cambiati?... E quello... “Non fare lo sbruffone… questa arroganza non ti ha giovato e non ti giova… Zeus vuole sapere di quali nozze vai cianciando… a cosa alludi?… a chi ti riferisci?... che cosa insinui?…niente giochetti infidi ed enigmi puerili… devi parlare chiaro… precisare nomi e fatti… e questo, maldisposto ed eversivo profeta in catene, è un ordine del padre degli dèi… un ordine indiscutibile, se non vuoi che il peggio del peggio del peggio si prepari per te”…

(Pausa)

Allora io: … soffro, rido e non parlo… soffro e rido… ti rido in faccia, lacchè di Zeus, leccapiedi del padrone dell’Olimpo… considero un onore essere lo schiavo di questa pietra di tortura… mille volte meglio questo che essere il meschino sicario del padrino, del mammasantissima, del capo dei capi… io ti disprezzo Ermes e mi glorio di essere odiato da chi odio… la guerra eterna

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non l’ho incominciata io, ma la combatterò fino in fondo… l’infamia non è dalla mia parte… che si spacchi il cielo e tra rombi di tuono Zeus scagli i suoi fulmini assassini… che gli uragani sconvolgano i mari e le terre… che le tenebre vengano ad abitare il mio cuore ed altre cento aquile facciano a brani il mio corpo… tutto ciò non piegherà Prometeo, fosse l’unico e l’ultimo essere del caosmo… il caso e la necessitàsi sono stretti in me… Zeus non mi può annientare e io gli regalo la vertigine del dubbio che il suo regno stia per terminare…

(Pausa) !

Ermes lo scornato, vanamente minaccia… “Sono parole gravi… inconcepibili per un Titano nella tua condizione… sono le parole di un folle… sono i vaneggiamenti di un demente… sono i pensieri di un masochista… diffido chiunque, uomo o semidio, a darti retta… a seguirti in questa tua pazzia pericolosa e sovversiva… chi si proverà a darti aiuto o sostegno se la vedrà con la collera del dio di tutti gli dèi e la tua sventura senza fine raggiungerà pure lui… questo io dico e ridico e maledico in nome del signore supremo… chi doveva essere avvisato è stato messo sull’avviso… domani non potrà dire che non sapeva… la stirpe prometeica brucerà in quel fuoco che gli è stato recato da questo impuro folle,da questo dissennato riottoso… è lui l’assoluto perdente”…

(Pausa)

E se ne va, infine, il pessimo necroforo, Ermes, con le sue ingiurie e le sue promesse di guai su guai… ma io già so che camminano con me quelli che tremano, ma lo stesso non arretrano… camminano con me quelli marchiati dalla sacra fiamma della conoscenza e del vero sentire e, dunque, pronti al mortale sacrificio… camminano con me quelli che più non accettano gli incomprensibili arcani di poteri superiori e rivendicano il proprio libero arbitrio… camminano con me quelli che cercano una giustizia terrena e più non si fidano dei dogmi assoluti del cielo… camminano con me quelli che già sono una nuova razza di umani che hanno visto la luce… camminano elettrici con me quelli che vogliono prendere luogo nel non-luogo… camminano con me quelli che incarnano la speranza del futuro e si mettono alle spalle i miti, i divieti, gli dèi oppressivi e il buio che acceca del passato…!

(Pausa)

Quando fra millenni giungerà l’erculeo, benedetto mio liberatoreche ucciderà con la freccia d’oro l’aquila aguzzina e mi strapperà da questa roccia di orrore… la nera pioggia allora cesserà e nell’azzurro sarò di nuovo e per sempre con loro… insieme padre e figlio… sarò il puro spirito di PROMETEO SCATENATO,

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PROMETEO SALVATO, PROMETEO RIVELATO, PROMETEO RINATO…

_________________________________________

* Prometeo o il sacro fuoco di un dio minore, è andato in scena al Castello svevo-normanno di Lamezia Terme, settembre 2009; Coop. Itinerari di conoscenza; ideazione scenica e regia: Pippo Di Marca; interpretazione: Antonello Cariglino; musiche live: Claudio Mapelli; disegno luci: Giovanna Bellini.

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PASSAGGIO DENTRO LA PASSIONE

Non tutti sono puri

L’ombra cammina con me perché è parte di me

Io sono passato accanto ai palazzi calcinati e alle cucine del potere dove gli straccionisono scacciati e presi a calci nei vicoli malodoranti

Io sono arrivato dove tu, Jesus, stavi lavando i piedia chi, in fondo, ti seguiva e non capiva da dove venivala smisurata energia della tua umiltà

Quanto orgoglio e quanta forza nei tuoi gesti semplici e definitivi quanti fiori sono fioriti e poi disseccatiper attendere il compimento di ciò che era scritto

Quelli che mangiano il tuo panenon sono quelli che avevano alzato il piede contro di te? Quanta fede e fame di altrohai nutrito per poter dire “Io Sono”perché l’essere supremo è in me

In verità tu lavi i piedi in veritàbattezzi quelli che devono percorrere la via giustaladri e barboni e prostitute anche loro,certamente, entreranno nel regno di Dio

C’è un senso di desolazionedavanti al bene che non faccio e davanti al male che faccioè la follia del tuo amore per l’uomoche ti ha sospinto ad appropriartidi questa immensa desolazione non c’è ragione e non c’è limite

È nel cuore dell’impurità il tuo miracoloil tragico abita in te perché non c’è rivelazioneche non dica il nulla eterno che l’uomo è

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 12

Page 14: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

Uno di voi mi tradirà

La grazia è la coerenza del destino che si accetta

La sera si può cenare mentre spira il ventoche proviene dal deserto e che brucia e annienta fremiti e incanti da una terra di spavento

Tu sai e non defletti anzi persisti:“Sarà quello a cui porgo il ciboche ho appena intinto nel sugo”e Giuda figlio di Simone Iscariotache serba il tradimento nello scrigno oscurodella sua anima, inghiotte il bocconee rapidamente guadagna l’uscitae i trenta denari che gli sono stati promessi

I tuoi discepoli attorno ascoltano, guardanoma non intendono perché anche l’incomprensionesta nel tacito patto della comunione con te

Tu Jesus sai, sai bene che dove stai andandoloro non ti possono seguire che si amino tra loro, comandi, che si uniscanosolo così li riconosceranno tuoi discepoli

Tu sai, sai bene che proprio il più devoto,il pescatore Simon Pietro, tre volte ti rinnegheràprima che la nuova aurora spuntima l’hai messo in conto ad una vita, la tua, che già non è più tua

E poi, è proprio dove fermenta l’impotenzache l’anima può trovare lo slancio, la forza per essere redenta

Lo spirito del Figlio si fa compagnodi smarrimenti, dolori e gemiti è nell’umiltà della condivisione che la speranza si fa possibile

È nella com-passione che questa storiadiventa buona novella, divina azionedi libertà, transito da sé verso l’altro, esodo verso una vera liberazione

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 13

Page 15: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

La parola che ascoltate non è mia

Lingue di foresta e di boscolingue di fiume, di sabbia e d’orolingue d’ombra e di penombraNazareno, chi si nasconde in te?

Sono con te nell’ora più buiadei passi irrevocabili

Hai spezzato il pane bianco e hai detto “questo è il mio corpo”Hai offerto il calice di vino rosso e hai ripetuto “questo è il mio sangue”

Ai discepoli che chiedevano dove andavihai replicato che se conoscevano te conoscevano la via perché tu sei “la via, la verità e la vita”, la vita che va oltre le apparenze di ciò che è

Se tu sei nel Padre e il Padre è in te allora essi hanno ascoltato la parola del Padre perché le parole che pronunci le visioni che annunci non vengono da te vengono direttamente da colui che t’ha inviato che nell’amore ti ha insufflato La verità si mostra e si nasconde nella parola amore e pensiero nel movimento unico che conduce dal soggetto all’universale Il mondo, il cielo, le stelle, frammenti di eterno che fondano la totalità del reale e assieme il segreto ultimo delle cose divine

Prima di uscire nella notte che inghiotte la pace, la tua pace speciale, la tua pace che non è di questo mondo, li avvisi che l’odio del mondo si sta per abbattere su di te e su di loro che tu hai eletto a depositari del verbo

Dici quel che dici prima che accada così che quando accadrà ciò che deve accadere essi credano, non tentennino, sappiano che la volontà del Padre sta per compiersi Viene sempre l’ora di lasciare il mondo per poter dire: io infine ho prevalso sul mondo

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 14

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Al frantoio

Andiamo tranquilli nell’aria fresca nel viatico notturno che conduce al Monte degli Ulivi, sino al podere che chiamano Getsèmani, il torchio per l’olio si dissimula nell’oscurità che è anche quella che attanaglia il tuo cuore, l’anima è turbata“triste fino alla morte”, tu ti allontani e preghi inginocchiato a terra combatti le tue paure umano e divino in colluttazione dentro di te Lo spirito si dice pronto, ma la carne si rivela debole

Vegliano i discepoli, vegliano fino al sonnoPietro e Giacomo e Giovanni si addormentano colpevoli di non sapere che è l’ora delle tenebre, l’ora dei terrori, dei mancamenti, dell’immersione nell’angoscia e nel tremore degli abissi

Il figlio di Dio è di fronte a se stesso di fronte al compito che gli ha assegnato il Padre deve superare la prova dell’incarnazione che nell’ora suprema lo travolge, lo scuote, lo macera

Tu, Jesus, devi ora abbandonarti alla tua parola che è la sua, ti aggiri tra i vecchi ulivi pregando il Nome di colui che hai manifestato agli uomini, ora sei solo nella solitudine più sublime quella dove varchi il confine della tentazione e del cedimento e vai consapevole a bere l’amaro calice che ti ha riservato il Padre ravvolto nel silenzio

Tu gli parli e lui muto e immutevole ti accompagna preghiera di fede che smuove le montagne e svuota i mari, colui che non ha avuto inizio è l’azione esatta per cui sei andato ad esprimere la preghiera che è in te da sempre e che dunque non incomincia mai

Tu sei l’epifania di Cristo, sei apparso in quanto pregato da Dio e per insegnare che si prega Dio che prega in noi Specchio e scambio d’amore che brucia i timori e i tumori della coscienza infelice

Getsèmani stanotte è assieme il luogo dell’assenza e della presenza infinita e infusa gloria del Nome che è il nome della Gloria

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 15

Page 17: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

L’ultimo bacio

La terra sa di miele e, poi, di fiele quando si avvicina l’avanguardia della fine È Giuda alla testa della guardia armata inviata dai capi-sacerdoti e dagli irosi farisei È lui che livido ti bacia, un doppio bacio di avvelenato odio e di inestinguibile amore

Tu lasci che così sia perché sai che è lui lo strumento designato del piano supremo e la colpa è un uncino che lacera la pelle e graffia la luna storta e l’Iscariota non sopravviverà a un così grande oltraggio e delitto di lesa divinità

“Io, io sono, sono io” continui a ripetere in mezzo alla confusione e alla concitazione degli uomini armati che cadono al suolo poi fermi Simon Pietro lesto a mozzare l’orecchio del primo servo del sacerdote sommo

Lasciare che così sia perché non puo essere che così mentre a strattoni ti trascinano via fino al sinedrio dove i maggiorenti Hanna e Caifa si apprestano a giudicare o meglio a celebrare un sommario e finto processo che certifichi la tua eresia, la tua bestemmia, la tua incompatibilità con l’autorità del tempio

Mentre la tua sublime reticenza innervosisce gli accusatori,io m’interesso all’angelo che ti segue, il giovanetto guizzante che sfugge alla cattura facendo cadere la sua tunica di lino e si volatilizza nella notte correndo via leggero e ignudo

Segni del sacro e di una perdita totale si rannuvolano attorno alla tua figura ritta in piedi di fronte al vaniloquio del gran sacerdoteall’inutile suo interrogare “sei tu il Cristo? sei tu il Messia?”

Come negare ciò che loro sanno e non accettano cosa opporre al linguaggio del linciaggio la parola che sa di Dio la sa lunga e risponde nulla al nulla morale e spirituale che ha già espresso la condanna

Chi con la violenza e la viltà ti colpisce non ti ferisce È nel respiro e nel silenzio del destino che “il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza, verrà tra le folgori del cielo”

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 16

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Il re dei Giudei

Tre volte il gallo ha cantato e tre volte Simon Pietro ti ha rinnegato

È una mattina grigia, ora nervosa ora accidiosa, quella in cui ti conducono nel pretorio al cospetto di Ponzio Pilato, il comandante romano in fondo contrariato di dover mettere a morte qualcuno condannato da qualcun altro

“Sei tu il re dei Giudei?”“ Sei tu che lo dici perché altrilo hanno suggerito a te”

“Sei tu il re dei Giudei?”“Se io fossi tale mi sarei difeso, i miei compagni si sarebbero battuti e non avrebbero permesso che finissi prigioniero dei Giudei”

“Sei tu il re dei Giudei?”“Il mio regno non è di questo mondo, io sono nato al mondo per testimoniare la verità, e chi ascolta la mia voce ascolta la verità”

Ponzio Pilato ignora cosa sia la verità ma sa che il Nazareno è colpevole di nullaPure non fa niente per cambiare la sua sorte, se ne lava le mani perché sa bene che non è politicamente saggio mettersi contro chi regge la litigiosa comunità giudea

In questo passaggio fatale, in questa pasqua di morte è sufficiente fare finta di non decidere facendo la mossa di rimettersi alla decisione di quelli che già l’hanno fieramente presa ma non la vogliono eseguire

Come in un gioco di reciproci inganni“Chi volete che io liberi, secondo l’uso,il re dei Giudei o Barabba?”

Barabba per acclamazione libero, festeggia e in cuor suo ringrazia questo strano profeta che ha scambiato la propria vita per la sua anche Barabba è stato, invero, da Jesus miracolato !

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 17

Page 19: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

Ecce Homo

Passi d’ombra nel cortile della pena è come un passo accelerato che corre, corre verso l’inevitabile macello, slittamento verticale nel buio del mistero

Pensieri nefasti e contundenti, pensieri che annegano la mente, annullano il credo È, forse, dove non pensoche dunque sono?

La flagellazione è un rito meticoloso i soldati lo eseguono con applicata ferociae con impersonale zelo, con miratae concentrata crudeltà, il gesto della tortura è come un istinto naturale che riposa nelle latebre della specie: Ecce Homo

Il flagello dura e perdura, battente e scandito secondo un efferato coito di morteamoreTu sei fratello Jesus sublimato in puro dolore fisico, il corpo scarnificato è la sede di ciò che è senza ragione e impara ad accogliere il regno di DioEcce Homo

Una corona di spine si addice al capo del re dei Giudei, il sangue cola sugli occhi, il mantello rosso porpora gettato sulle spalle è come l’offertorio del sacrificio estremo l’adesione incondizionata al senso del Padre

Ecce Homo in questa baraonda emotiva orgiastica in cui i Giudei e i sacerdoti-guida reclamano la tua crocifissione, e il politico Pilato ancora una volta si scarica la coscienza e ti consegna ai boia

Ecce Homo che rifiuta ogni residua, vana difesa perché sa che coloro che lo mandano a morire non hanno alcun potere su di lui

Ecce Homo quando si esaudisce l’attesa e la sofferenza delle piaghe apre un varco alla visione superiore, al volere che trasfigura

Ecce Homo, quando l’uomo è un resto di sacro

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 18

Page 20: Marco Palladini - La Pietra e La Croce

Verso il Golgota

Tumulti di genti senza dignità, di plebi avvilite che trasudano marcio disprezzo,la vendetta degli omuncoli ai lati della strada

Sputi e schiaffi e grida e insulti costellano la tua ascesa al Golgota, il volgo senza vergogna si vuole godere e vuole partecipare fremente alla definitiva gogna

Io cammino con te sulla via della croce io riconosco la tua storia tragicaio comprendo l’accensione umana, divinae cosmica che rende unica la tua parabolaio immagino la folle potenza dell’amore che ti ha fatto trasparente in Dio

Il luogo del Cranio è lassù in alto tu hai gli occhi semichiusi, la bocca ritorta in una smorfia d’indicibile, i piedi arrancano sulle pietre sconnesse le due assi incrociate hanno un peso terribile

Così tu cadi, cadi più volte sotto il legnoche ti schiaccia, trascinare da sé il letto di morteè davvero una beffa maligna Tu non senti risuonare le trombe celesti ma solo il digrignare di voci cieche e imbelvitedi voci regredite nelle anime bieche, incattivite

Si avvicina oramai il calcinato Golgota è il lucido teschio del mondo pronto ad ospitare lo scandalo del martirio

Nelle vuote orbite del teschio sfarfalla un mistico sguardo: “L’occhio con cui ci guardiamo,è l’occhio con cui lui ci vede”

Cosa si vede su questa lenta infinita via crucis? Energia, pulsioni, dolori, movimenti, infamie, atti puri e atti sconsiderati

Incessanti le dinamiche di principi vitali quando Dio entra nella storia si fa il vuoto necessario perché siamo noi a dover provare di esistere

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 19

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In croce

Il mistero della croce è di abbacinante chiarezzaè di lampante evidenza l’icona del supplizio il Corpo glorioso atrocemente inchiodato racchiude tutto il male e tutto il bene del mondo

La soldataglia che ancora vomita lazzi e scherni si divide le tue vesti lacerate e affida alla sorte la proprietà della candida tunica, superstite reliquia

Tra i sacerdoti e gli scribi e i servi e i fariseiche inveiscono e ti invitano a compiere il miracolo di scendere dalla croce e così dimostrare di essere, come affermi, il figlio di Dio, posso vedere Maria e la Maddalena pietrificate nel dolore di marmo il volto, esaurite tutte le lagrime Ti hanno messo accanto in quella tremenda ora terza le croci di due miserabili ladroni, che forse pure loro maledirono il fatto di essere lì con te, falso re dei Giudei

Mormora il vento attorno alle braccia indifese e spalancate sfiora il sangue scuro raggrumato intorno alle oscene ferite soffia parole d’orrore e d’amore nella tua solitudine infinita

È il vento che mulina sulle tue labbra bagnate di aceto che esalano in un sospiro il grido stremato: “Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”“Eloì, Eloì, lamà, sabactanì - Eloì, Eloì, lamà, sabactanì”

C’è un momento tra l’ora sesta e l’ora nona in cui l’agonia indicibile trapassa la soglia di massimo dolore e tramuta la carne di Jesus martoriato in puro Corpo Mistico È un momento di assoluta calma, di abissale dolcezza quando l’ineffabile si compie, tutto è già stato

Precipita la tenebra sulla terra e si squassa il cielo e trema il tempio e s’inchina al passaggio della veritàUn silente urlo disumano raggiunge come un gelido brivido l’animo devoto e innamorato di Maria di Magdala

Tua madre è una vibrazione tenerissima di viscere e di piantoJesus ha terminato la sua corsa mortale oltre la Passione incomincia la vita nuova e immortale

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 20

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Deposizione

Ti hanno risparmiato la postrema offesanon ti hanno spezzato le gambe i rudi soldati incaricati questo sabato mattina di sgomberare il Cranio dalla vista inopportuna delle tre macabre croci

Però uno dei militi, sospettoso più degli altri, per assicurarsi che tu fossi definitivamente morto affonda la lancia nel tuo fragile costato e dal foro si versa atro sangue e limpido siero

Il cadavere di un Dio non si distingue da quello del più nefando assassino, la morte ci fa eguali è dopo la morte che si ristabiliscono le gerarchie dell’essere

Dispersi i tuoi discepoli, sono così le donne di Galileale testimoni della tua deposizione su un panno di linoin cui Giuseppe di Arimatea pietoso ti ravvolge dopo avere ripulito il corpo e le ferite con essenze,unguenti ed aromi. La sindone s’imprime dei tuoi tratti e fissa in negativo la vivida immagine santa degna di venerazione e di leggenda oltre i tempi dei tempi

Con la tua morte si apre una nuova storia ma in questo inizio non c’è il segno del trionfo bensì quello dello sbigottimento e dello spavento

Si avverte il disorientamento tra quelli che t’hanno seguito eppure qualcuno mi dice che è stato, sotto la croce, un giovane barbuto centurione romano a commentare:“ora credo sul serio che costui sia il figlio di Dio”

Vedo le Marie alla testa del piccolo corteo funebre che scorta il tuo corpo bendato sino ad un piccolo orto dove si trova un sepolcro intagliato nel granito lì sei tumulato tra i lumi accesi, poi una pietra scorre e sigilla la tua scabra, finale residenza terrena C’è un’aria serena che spira da oriente di mezzo Jesus morto ha promesso che sarà il Cristo risorto Vuol dire, medito, che Jesus non è identico a Cristo? C’è l’alfa e l’omega, sistole e diastole, è il flusso del logos divino a fare del sé l’altro da sé Gli uccelli all’orizzonte cinguettano l’eclissi del Nazareno

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Mistero di resurrezione

È l’incerta alba del terzo giorno dopo la tua morte al pallido sole nascente quando evaporano i sogni e riparte la vita, il tuo sepolcro si scopre non più sigillato Nei penetrali della roccia e della coscienza si mostra l’angelo giovinetto e biancovestito che sorride rassicurante: “Il Nazareno, il crocifisso non è più qui, ma non abbiate timore, Cristo è risorto, fatelo sapere ai discepoli, lui li precede in terra di Galilea, da loro lì si farà vedere” ma spauriscono la Maddalena e le altre donne e non capiscono e corrono via senza fare parola a nessuno di ciò che hanno, senza volere, visto ed ascoltato

Il tempo del mondo che verrà passa attraverso le deviazioni e i fraintendimenti del mondo che c’è

Mistero della vita redenta ed eterna che ora procede sulla terra perenta e parla e guarisce e illumina Bozzolo di luce come disegno di apocalisse lampo di rivelazione nella gioia e nella speranza

Nella quotidianità dei tuoi gesti rinati e liberati sei di nuovo al cospetto di Maria di Magdala che obbedisce al maestro e annuncia ai discepoli scettici e increduli, che Cristo lei l’ha visto vivo e splendente, in procinto di salire al Padre

Non manchi di apparire in questo giorno primo della settimana anche a due dei tuoi fratelli sottomessi istruendoli con parole di pace e di remissione dei peccati

È infine agli undici apostoli riuniti attorno al desco che fai visita con frasi aspre di biasimo ed accusaPilastro di una fede senza se e senza ma è la resurrezione finale dei corpi creduta e proclamata E a Tommaso ostinato che vuole con il dito toccare le ferite sulle mani e sul fianco prima di esclamare “Sei tu, signore, il mio Dio”, puoi secco replicare:beati sono quelli che credono senza vedere e toccare

Tu devi lasciarli, dici, vai a stare al tuo posto accanto al Padre loro adesso sono soli e dovranno andare per le vie del mondo l’evangelo a predicare e dovranno soffrire, patire, anche morireIl cammino della fede non è una strada di rose e di gigli è un viottolo tortuoso tra l’orrido e la cima più alta e luminosa

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 22

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Il cammino continua

“Il segno del Padre vivo è nei figli eletti e questo segno è il movimento e la quiete”

“Siate transeunti ovvero non siate come quelli che amano l’albero, ma ne odiano il frutto o al contrario amano il frutto e odiano l’albero”

“Se volete usare le chiavi della conoscenza dovete essere prudenti come serpenti e semplici come colombe”

“Il Regno è dentro di voi e fuori di voi, ma coloro che pensano che io sia venuto per recare la pace al mondo, non sanno che invece io sono venuto per creare divisioni, fuoco, spada, guerra, il padre contro il figlio, il figlio contro il padre”

“Beato è il leone mangiato da un uomo, ché diverrà uomo; maledetto l’uomo mangiato da un leone, ché diventerà leone”

“Colui che non odia suo padre e sua madre come me,non può pretendere di essere mio discepolo.Ma colui che non ama suo padre e sua madre come me, non può diventare mio discepolo. Poiché mia madre mi diede menzogna, ma la mia vera madre mi diede la vita”

“Chi ha conosciuto il mondo, ha trovato il corpo, ma colui che ha trovato il corpo è superiore al mondo”

“Io comunico i miei misteri a quelli che sono degni dei miei misteri. Ciò che fa la tua mano destra, la tua mano sinistra lo deve ignorare”

“Colui che conosce il tutto, ma è privo della conoscenzadi se stesso, è privo del tutto”

“Io sono la luce che sovrasta tutti loro. Io sono il tutto:il tutto promanò da me e il tutto giunge sino a me.Spaccate del legno, io sono lì dentro. Alzate una pietra e lì mi troverete” Conosco quelli che hanno camminato assiemesenza ruoli, capi, funzioni, armi, soltanto la forza

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di una decisione di coloro che non hanno nulla da perdere, che non hanno una patria, un patrimonio, una terra, un rifugio, sospinti dall’amore per una vita integra e interaConosco quelli che hanno sempre camminato e continuano

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* Frammenti di questo testo sono stati utilizzati nello spettacolo Passione, regia di Marcello Sambati, allestito nel Chiostro di S. Agostino, Tuscania (19 marzo 2008)

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La pietra e la croce

Dittico teatrale

Tutti i diritti sono riservati e protetti a norma di legge.

© Marco Palladini - 2010

email: [email protected]

È consentita la sola lettura" ad uso personale e privato. L'utilizzo dei testi e delle fotografie"per

qualsiasi altro scopo deve essere" autorizzato dall'autore.

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 25

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Marco Palladini

Romano, è attivo dagli anni Ottanta nel panorama nazionale come scrittore, poeta, drammaturgo, regista, performer e critico nell’ambito del teatro d’autore e di ricerca.Tra i suoi ultimi lavori per la scena: Rosso Fuoco (2002), Poesie per un tempo di guerra (2004), Gli angeli ribelli e l’Età Oscura (2005), Hudèmata Actàbat – suite nera (2007), Litania per Emilio Villa (2003 e 2008), Ballata del Futuremoto (o le visioni di un chaosmunista) (2009), Satyricon 2000 – Tra scuola e bordello (2010), Ho visto le migliori menti – Beat Poetry e oltre (2010), Il Vangelo secondo Pier Paolo (2010). Tra le sue ultime pubblicazioni: la trilogia teatrale Destinazione Sade (1996, riedita come ebook nel 2009 in www.cittaelestelle.it); il dramma Serial Killer (Sellerio, 1999); il cd poetico-musicale Trans Kerouac Road (Zona, 2004), il libro di racconti Il comunismo era un romanzo fantastico (Zona, 2006), il memoir narrativo Non abbiamo potuto essere gentili (Onyx, 2007), il volume critico I Teatronauti del Chaos - La scena sperimentale e postmoderna in Italia 1976-2008 (Fermenti, 2009) e le raccolte in versi La vita non è elegante (Fermenti, 2002), Iperfetazioni (Zona, 2009) e Il mondo percepito (Le impronte degli uccelli, 2010). È, inoltre, tra gli autori del volume collettivo La letteratura nell’era dell’informatica (a cura di C. Milanese, Bevivino editore, 2007-2008). Dirige attualmente la rivista on line del Sns “Le reti di Dedalus” (www.retididedalus.it). Svariati suoi audio e videofile e testi sono rintracciabili in rete.

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