38
2006–0699 1 06.000 Messaggio Rapporto esplicativo relativo alla revisione dell’ordinanza dell’Assemblea federale sull’organizzazione dell’esercito del ... Onorevoli presidenti e consiglieri, con ......................... testo ................ testo ................ Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l’espressione della nostra alta conside- razione. ... In nome del Consiglio federale svizzero: Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

Messaggio Rapporto esplicativo relativo alla revisione ... · 2006–0699 1 06.000 Messaggio Rapporto esplicativo relativo alla revisione dell’ordinanza dell’Assemblea federale

  • Upload
    buikiet

  • View
    216

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

2006–0699 1

06.000

Messaggio Rapporto esplicativo relativo alla revisione dell’ordinanza dell’Assemblea federale sull’organizzazione dell’esercito

del ...

Onorevoli presidenti e consiglieri,

con ......................... testo ................ testo ................

Gradite, onorevoli presidenti e consiglieri, l’espressione della nostra alta conside-razione.

... In nome del Consiglio federale svizzero:

Il presidente della Confederazione, Moritz Leuenberger La cancelliera della Confederazione, Annemarie Huber-Hotz

2

Compendio

………………… ………………… …………………

3

Indice

Compendio 2 1 Situazione iniziale e tratti principali del progetto legislativo 5

1.1 Condizioni quadro in materia di politica di sicurezza e di finanze 5 1.1.1 Condizioni quadro in materia di politica di sicurezza 5

1.1.1.1 Mutamenti delle minacce, dei pericoli e dei rischi 6 1.1.1.2 Mutamenti del contesto in materia di politica di sicurezza 17 1.1.1.3 Interessi e obiettivi in materia di politica di sicurezza 20 1.1.1.4 Strategia fondamentale 20 1.1.1.5 Missioni dell’esercito 21

1.1.2 Condizioni quadro finanziarie 22 1.1.3 Prestazioni richieste all’esercito conformemente all’articolo 58 della

Costituzione federale 23 1.2 Fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 24

1.2.1 Motivi 24 1.2.2 Contenuti della fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 25

1.2.2.1 Rafforzare i mezzi per gli impieghi di sicurezza 25 1.2.2.2 Concezione della sicurezza del territorio 26 1.2.2.3 Mantenere la competenza per la difesa da un attacco militare 26 1.2.2.4 Ampliamento delle capacità in materia di promovimento

della pace 29 1.2.2.5 Altre misure 29

1.2.3 Profilo delle prestazioni dell’esercito dopo l’attuazione della fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 30

1.3 Risultati dell’indagine conoscitiva 32 1.4 Modifiche rispetto all’avamprogetto sottoposto all’indagine conoscitiva 32 1.5 Interventi parlamentari (stralcio) 32

2 Commento alle disposizioni dei singoli articoli 32 2.1 Art. 6 cpv. 1 lett. a, c, d, e, h nonché cpv. 3 e 4 (Struttura) 32 2.2 Art. 7 cpv. 2 lett. c n. 5 (Servizio dell’informazione alla truppa) 33 2.3 Art. 13 cpv. 2 (Disposizioni d’esecuzione) 33

3 Ripercussioni 33 3.1 Ripercussioni per la Confederazione 33

3.1.1 Potenziale di risparmio risultante dalle misure 33 3.1.1.1 Ripercussioni finanziarie della fase di sviluppo dell’esercito

2008/2011 33 3.1.1.2 Proposta del Consigliere agli Stati Pfisterer 34

3.2 Ripercussioni sull’effettivo del personale 34 3.3 Ripercussioni sui Cantoni e sui Comuni 34 3.4 Ripercussioni sull’economia 35 3.5 Altre ripercussioni 35

3.5.1 Ripercussioni materiali 35 3.5.1.1 Ripercussioni sull’equipaggiamento materiale 35 3.5.1.2 Ripercussioni sugli investimenti 35

4

3.5.1.3 Liquidazione del materiale 36 4 Rapporto con il programma di legislatura 36 5 Aspetti giuridici 36

5.1 Costituzionalità e legalità 36 5.2 Compatibilità con gli impegni internazionali della Svizzera 36 5.3 Forma dell’atto 36 5.4 Delega di competenze legislative 37

Ordinanza dell’Assemblea federale sull’organizzazione

dell’esercito (Disegno) 39

5

Messaggio

1 Situazione iniziale e tratti principali del progetto legislativo

L’esercito è orientato a uno scopo: fornire il suo contributo particolare alla sicurezza della Svizzera e dei suoi abitanti. Tale scopo determina gli impieghi, l’istruzione, l’equipaggiamento e la struttura. Affinché l’esercito possa offrire un contributo efficace alla sicurezza, esso dev’essere costantemente orientato – proprio mediante cosiddette «fasi di sviluppo», ossia fasi evolutive nel quadro definito dal Consiglio federale e dal Parlamento – alle minacce, ai pericoli e ai rischi attuali e a quelli prevedibili per il futuro. La presente revisione dell’ordinanza dell’Assemblea federale sull’organizzazione dell’esercito (OEs) ha due obiettivi: orientare gran parte dei mezzi agli impieghi di sicurezza (sicurezza preventiva del territorio), tenendo parimenti pronti tali mezzi per appoggiare le autorità civili, e fare in modo che parti dell’esercito assicurino le capacità per il combattimento interarmi ad alto livello nel caso di un attacco militare contro il nostro Paese, oggi poco probabile ma non totalmente escluso. Per raggiungere tali obiettivi sarà ridotto il numero dei battaglioni delle formazioni meccanizzate e pesanti e sarà incrementato quello dei battaglioni di fanteria. Le formazioni della riserva saranno raggruppate in brigate ed equipaggiate soltanto con il materiale personale. Lo Stato maggiore d’impiego delle Forze terrestri sarà inte-grato nello Stato maggiore delle Forze terrestri e la parte operativa dello Stato mag-giore d’impiego delle Forze aeree sarà integrata nello Stato maggiore delle Forze aeree. Per quanto riguarda le brigate d’impiego, vi sarà una riduzione dagli attuali nove a otto stati maggiori di brigata (di cui due stati maggiori della riserva). Inoltre, il Servizio dell’informazione alla truppa sarà stralciato dall’elenco dei servizi ausi-liari. Nella Costituzione federale (art. 58 cpv. 2) e nella legge militare (art. 1 cpv. 2) il concetto politico di «difesa» è utilizzato nel senso di «protezione della Svizzera e della sua popolazione». Dal punto di vista militare, la concretizzazione di questa missione avviene mediante due tipi di operazione: la «sicurezza del territorio» e la «difesa».

1.1 Condizioni quadro in materia di politica di sicurezza e di finanze

1.1.1 Condizioni quadro in materia di politica di sicurezza

Come annunciato (tra l’altro nel rapporto all’Assemblea federale conformemente all’art. 149b della legge militare, rapporto intermedio del DDPS del 31 dicembre 2005), nel presente documento saranno analizzate approfonditamente le condizioni quadro in materia di politica di sicurezza, e segnatamente le loro modificazioni, dall’approvazione del Rapporto sulla politica di sicurezza 2000 (RAPOLSIC 2000; FF 1999 6561) del 7 giugno 1999 e del Concetto direttivo Esercito XXI (CDEs XXI; FF 2002 877) del 24 ottobre 2001. In tal modo si terrà conto anche dell’argomento avanzato da alcune parti, secondo le quali l’evoluzione delle minacce richiede un

6

nuovo rapporto sulla politica di sicurezza e/o un nuovo concetto direttivo per l’eser-cito. Per tale motivo, le affermazioni fatte a suo tempo riguardo a

– minacce, pericoli e rischi – contesto in materia di politica di sicurezza – interessi e obiettivi in materia di politica di sicurezza – strategia fondamentale in materia di politica di sicurezza – missioni dell’esercito

saranno esaminate per verificare se oggi corrispondono ancora alla realtà.

1.1.1.1 Mutamenti delle minacce, dei pericoli e dei rischi

Nel seguito si illustrerà in quale misura oggi sono ancora valevoli le affermazioni concernenti le minacce, i pericoli e i rischi rilevanti per l’esercito contenute nel RAPOLSIC 2000 e nel CDEs XXI. Al riguardo, saranno citati testualmente e, per quanto possibile, in maniera completa, passaggi estratti dai due documenti; succes-sivamente, per ogni minaccia o pericolo si valuterà in quale misura le valutazioni fatte a suo tempo debbano essere riviste.

Diminuzione dei fattori di minaccia militare tradizionali RAPOLSIC 2000: […] I tempi di preallarme per le operazioni di vasta portata con mezzi convenzionali si esprimono ora in anni. Ciò non vale per contro per le armi di distruzione di massa. Nel caso di quest’ultime, occorre segnatamente considerare il rischio che possano cadere nelle mani di gruppi non statali ed essere impiegate senza alcun preavviso nell’ambito di azioni terroristiche. Globalmente, la fine della guerra fredda ha significato per la Svizzera un considere-vole aumento della sicurezza militare. Ciò è vero anche nel caso in cui si tenga conto del fatto che continuano ad essere mantenute forze armate potenti e assicurate le loro capacità di crescita, che vengono costantemente modernizzate armi di elevate pre-stazioni e collaudati nuovi mezzi di combattimento. È vero che in Europa, contra-riamente agli ultimi decenni, infuriano nuovamente conflitti armati, ma le loro conseguenze dirette, soprattutto quelle di natura militare, sono regionalmente limita-te. Un’estensione dal punto di vista geografico tale da coinvolgere la Svizzera non è mai da escludere completamente. A differenza dell’epoca della guerra fredda, è però poco probabile che vi sia una progressione fino a giungere a un conflitto militare tra grandi Stati.

CDEs XXI: Un attacco militare contro la Svizzera è, dal punto di vista della politica di sicurez-za, il rischio estremo che metterebbe in gioco l’esistenza stessa del Paese. Con la fine della guerra fredda, la probabilità di un simile attacco è diminuita e oggi è da considerarsi molto esigua. Da un lato, è più difficile di un tempo attribuire a un qualsiasi Stato europeo intenzioni aggressive la cui concretizzazione minaccerebbe militarmente anche la Svizzera; dall’altro, in Europa la quantità dei mezzi bellici

7

convenzionali è stata fortemente ridotta grazie a trattati o a iniziative unilaterali, anche se è necessario osservare che le riduzioni quantitative sono accompagnate da miglioramenti qualitativi. Infine, occorre considerare che la Svizzera è circondata da Stati democratici dai quali non proviene alcun rischio di attacco militare al nostro Paese e che un aggressore dovrebbe superare prima di poter condurre un attacco terrestre contro la Svizzera. La difesa del Paese rimane però la missione più impor-tante dell’esercito – malgrado la scarsissima probabilità che tale caso si presenti –, perché in caso effettivo il danno sarebbe immenso e non si deve escludere che l’attuale scarsissima probabilità potrebbe nuovamente aumentare a lungo termine. Il ricorso alla forza nello spazio aereo è meno probabile. Avrebbe tuttavia conse-guenze sensibili, anche se non fosse seguito da un attacco terrestre: la credibilità della neutralità è connessa alla capacità della Svizzera di imporre, con le proprie forze, la sovranità sull’intero territorio e sulla totalità del suo spazio aereo. Il ricorso alla forza nello spazio aereo svizzero potrebbe diventare un rischio probabile soltan-to qualora nel contesto della Svizzera vi fossero delle azioni belliche. Tuttavia, proprio in una simile situazione l’imposizione degli obblighi inerenti alla neutralità avrebbe un valore particolarmente elevato. Valutazione dal punto di vista attuale: per quanto riguarda i fattori di minaccia militare tradizionali (RAPOLSIC 2000) e le minacce rappresentate da un attacco militare alla Svizzera o dal ricorso alla forza nello spazio aereo (CDEs XXI), non vi è alcun motivo per modificare le valutazioni fatte rispettivamente nel 1999 e nel 2001.

Aumento dei conflitti interni In questa sezione sono considerati due minacce e pericoli, affini ma non completa-mente identici, menzionati nel RAPOLSIC 2000 e nel CDEs XXI. Fondamental-mente, si tratta di sapere in quale misura i conflitti armati (tanto interni quanto tra Stati) all’interno e all’esterno del continente europeo mettano in pericolo la sicurez-za della Svizzera.

RAPOLSIC 2000: La maggior parte dei conflitti armati avvengono oggi non più tra Stati o gruppi di Stati, ma tra il potere statale e gruppi in seno al medesimo Stato. Le tensioni etniche, gli intenti secessionistici, gli squilibri economici, le divergenze ideologiche e reli-giose, ma anche le ambizioni politiche di singoli gruppi o gli sforzi di associazioni criminali per eliminare l’autorità dello Stato, sono le cause più importanti di tali conflitti. Segnatamente laddove le strutture statali sono in crisi permanente e dove regna la miseria economica, spesso acquistano potere gruppi e organizzazioni che non si preoccupano del benessere della comunità, ma perseguono soltanto i propri interessi, destabilizzando lo Stato e la società. Le ostilità locali possono, nel caso di una gestione insufficiente della crisi da parte della comunità internazionale, degenerare in conflitti transfrontalieri di vasta portata, con scontri armati, flussi di profughi, tensioni interne in Paesi terzi e perturbazione degli scambi economici. Gli Stati limitrofi, ma anche quelli geograficamente lontani, come la Svizzera, possono quindi essere interessati dalle conseguenze di un conflitto interno in un altro Stato. Una parte dei richiedenti d’asilo che hanno trovato acco-glienza in Svizzera continua a partecipare al conflitto nella loro Patria mediante il sostegno logistico e l’agitazione politica. Quando i dirigenti di gruppi che combatto-

8

no contro il potere statale nel loro Paese d’origine risiedono in Svizzera, possono provocare tensioni politiche tra i due Stati. Installazioni svizzere o straniere in Sviz-zera possono diventare l’obiettivo di manifestazioni violente o addirittura di occupa-zioni a scopo ricattatorio. Non possono nemmeno essere esclusi scontri violenti tra gruppi di stranieri in Svizzera. Uno Stato di diritto che si difende da attività illegali e vuole impedire lo sfruttamento dell’asilo per azioni violente, può diventare esso stesso il bersaglio della violenza.

CDEs XXI: Nell’ultimo decennio, in Europa hanno avuto luogo dei conflitti armati regionali: nei Balcani, nel Caucaso e in Turchia (guerre in relazione con la disgregazione della Jugoslavia, Kosovo, Macedonia; Nagorni-Karabach, Georgia, Cecenia; Kurdistan). Le conseguenze militari dirette sono state, e sono, limitate a livello regionale, tutta-via le conseguenze indirette per la Svizzera sono considerevoli. Per quanto riguarda gli scontri armati sul territorio dell’ex Jugoslavia e nell’est della Turchia, la Svizzera è interessata dai flussi di profughi. Inoltre, nel nostro Paese abitano importanti gruppi etnici provenienti da queste regioni. Considerando la probabilità e le conse-guenze, i conflitti armati regionali in Europa fanno parte dei rischi più importanti in materia di politica di sicurezza per il nostro Paese. […] I conflitti armati extraeuropei sono una realtà permanente, al momento attuale per esempio nel Magreb e nel Vicino Oriente, nell’Africa occidentale e centrale, in Afghanistan e nel Kashmir, in Sri Lanka e in Indonesia. A differenza dell’Europa, in numerose altre regioni i conflitti tra Stati continuano a essere assai probabili (per es. India e Pakistan, Corea del Nord e Corea del Sud). La Svizzera è interessata dai conflitti extraeuropei in misura e maniera differenti. Profughi provenienti da regioni in conflitto, anche se geograficamente lontane, cercano asilo in Svizzera. L’approvvigionamento con beni importanti può essere perturbato. In caso di scontri armati tra Stati che dispongono di armi nucleari, vi è il rischio che un eventuale impiego di queste armi possa incrementare la radioattività anche in Svizzera. Valutazione dal punto di vista attuale: le guerre in Afghanistan e in Iraq stanno seguendo la tendenza descritta in precedenza, ossia stanno passando da guerre tra Stati a guerre interne; non ci si deve comunque aspettare che rappresentino il model-lo dominante nei prossimi anni. Queste guerre e le tensioni tra gli USA e alcuni Stati del Vicino e Medio Oriente nonché la Corea del Nord inducono per contro a consi-derare che le conseguenze sulla Svizzera di conflitti al di fuori dell’Europa potrebbe-ro essere maggiori di quanto descritto nel CDEs XXI. Ciò è da ricondurre al fatto che, quando gli USA (eventualmente con singoli Stati europei) sono coinvolti in uno o più conflitti armati, la Svizzera è maggiormente interessata rispetto al caso di «semplici» conflitti armati tra potenze regionali o piccoli Stati geograficamente molto lontani. La Svizzera non è minacciata militarmente dai conflitti armati nei quali sono coinvolti gli USA; essi possono però porre la Svizzera di fronte a delicate decisioni in materia di politica estera e di politica di neutralità. Per quanto riguarda i conflitti armati in Europa, le conseguenze vanno valutate sempre ancora nello stesso modo. Per contro, la probabilità dev’essere corretta verso il basso. La guerra in Cecenia continua, ma altrimenti – in Europa – il rischio di conflitti armati di vaste proporzioni (sia interni sia tra Stati) è alquanto diminuito.

9

Proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei sistemi d’arma a lunga gittata RAPOLSIC 2000: La minaccia rappresentata dalle armi di distruzione di massa nella forma di una guerra nucleare globale è passata in secondo piano. Tuttavia, la proliferazione nucle-are continua, in parte anche grazie al comportamento di certe potenze nucleari. In tal modo, aumenta il rischio di conflitti nucleari regionali. Al di fuori del campo d’applicazione della Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche, alcuni programmi concernenti armi chimiche sono ancora in corso. L’utilizzazione a fini militari di biotecnologie diventa possibile per un numero sempre maggiore di Stati. I missili balistici a lunga gittata assumono importanza quali vettori per armi di distru-zione di massa. I trasferimenti di tecnologia da Stati con un’industria bellica alta-mente sviluppata, come pure la reciproca cooperazione, hanno consentito ad altri Stati di dotarsi di una propria industria missilistica. Particolarmente minacciosa è la possibilità, sempre meno da escludere, che armi di distruzioni di massa possano sfuggire al controllo statale e cadere nelle mani di gruppi terroristici. A livello internazionale, il ventaglio delle risposte alla minaccia rappresentata dalle armi di distruzione di massa comprende la dissuasione, gli attacchi preventivi non-ché le misure di difesa attive e passive. La Svizzera è in grado di realizzare autono-mamente soltanto misure di protezione passive. Per una protezione fondata su misu-re di difesa attive (p. es. minacce di rappresaglia o difesa antimissile), essa dovrebbe, a causa di imperativi tecnologici e finanziari, cercare la cooperazione o l’aiuto internazionale; ciò vale segnatamente anche per la difesa dalle minacce terroristiche di impiegare armi di distruzione di massa.

CDEs XXI: Per quanto riguarda le armi di distruzione di massa, i missili balistici e i missili da crociera, la proliferazione è una realtà, malgrado le differenti misure che la limitano o la ostacolano, ma non possono impedirla completamente (trattato di non prolifera-zione nucleare, convenzioni sulle armi biologiche e chimiche, accordi sul controllo delle esportazioni di tecnologia nucleare e missilistica). Rimangono tuttavia incer-tezze in merito a quali Stati (o eventualmente anche gruppi non statali) avranno accesso a tali mezzi, quando, in quale modo e contro chi essi li impiegheranno. Eccettuati gli arsenali delle cinque potenze nucleari (Francia, Gran Bretagna, Russia, USA e Repubblica Popolare Cinese), l’Europa può essere raggiunta puntualmente da missili balistici soltanto alla sua periferia meridionale. Vi è tuttavia la possibilità che tra qualche anno numerosi Paesi europei, tra i quali anche la Svizzera, vengano a trovarsi nel raggio d’azione di missili balistici provenienti dal settore sud del Medi-terraneo oppure dal Vicino o dal Medio Oriente. La proliferazione dei missili da crociera dovrebbe essere più lenta, in quanto la padronanza della pertinente tecnolo-gia è più difficile da conseguire. Valutazione dal punto di vista attuale: la proliferazione è un dato di fatto; per quanto riguarda la questione della probabilità, si può trattare soltanto di valutare se la Sviz-zera è toccata dalle conseguenze di detta proliferazione. Ciò è diventato tendenzial-mente un poco più probabile. Anche se non vi sono più rischi per quanto riguarda l’Iraq, la Corea del Nord ha dichiarato di possedere armi nucleari e sussistono consi-derevoli sospetti che il programma nucleare iraniano serva anche a scopi militari.

10

Per quanto riguarda la valutazione delle conseguenze sulla Svizzera, non è pertanto cambiato nulla.

Sviluppi tecnologici importanti in materia di politica di sicurezza RAPOLSIC 2000: […] Tra i molteplici sviluppi tecnologici prevedibili, quelli nel settore delle tecnolo-gie dell’informazione e delle comunicazioni suscitano qualche inquietudine in materia di sicurezza. Un secondo settore che merita un’attenzione particolare è quello delle scienze biologiche. L’evoluzione tecnologica porterà un profondo mutamento nelle forze armate e svantaggerà gli eserciti che non potranno seguire tale evoluzione. Globalmente, il fattore tempo acquisterà importanza rispetto ai fattori spazio e forza. Occorre atten-dersi in particolare un miglioramento delle capacità d’esplorazione, un’accelerazione dei processi decisionali grazie a sistemi informatici più potenti, l’apparizione di armi laser e a microonde, un’ulteriore diffusione della tecnologia «Stealth» («bassa osser-vabilità»), l’aumento della gittata dei sistemi d’arma e una maggiore precisione nell’impiego. È probabile che gli impieghi avranno luogo in misura sempre maggio-re con mezzi senza equipaggio, o almeno con equipaggi ridotti. Si rafforzerà la tendenza a sostituire il combattimento diretto di forze armate nemiche a breve di-stanza con il combattimento a lunga distanza, così come la ricerca di una decisione rapida mediante l’eliminazione delle capacità di condotta. I progressi della biotecnologia e dell’ingegneria genetica accelerano anche lo svi-luppo e la diffusione di armi biologiche. Esse potrebbero svolgere un ruolo determi-nante proprio in occasione di futuri conflitti tra società altamente evolute e Paesi in via di sviluppo. Rispetto alla produzione delle armi nucleari o chimiche, la produ-zione di armi biologiche è semplice ed economica. Praticamente l’insieme della tecnologica necessaria possiede un carattere di duplice uso («dual use») ed è otteni-bile sul mercato. Anche gli agenti patogeni, necessari per la ricerca medica, sono ottenibili in maniera relativamente semplice. Attualmente, una decina di Stati sono sospettati di gestire programmi concernenti armi biologiche.

CDEs XXI: Analogamente a quanto avviene in ambito civile, il progresso delle tecnologie dell’informazione è all’origine di un’accelerazione dei processi nell’impiego delle Forze armate. Un’esplorazione in tempo reale e procedure di condotta automatizzate consentono di disporre di un elevato livello di conoscenze sulla situazione, contri-buendo così a un più rapido svolgimento del combattimento. In questo contesto, armi più precise possono essere impiegate a distanze maggiori. Un incremento della mobilità dal livello strategico fino a quello della tecnica di combattimento rafforza ulteriormente la dinamica generale. Una delle conseguenze che ne risultano è il fatto che la profondità del settore offre minore protezione al difensore. Considerazioni analoghe valgono per il momento della giornata e le condizioni meteorologiche. I progressi nelle tecnologie dei sensori fanno sì che l’oscurità non ostacoli pratica-mente più le operazioni militari. L’influsso delle cattive condizioni meteorologiche sulle operazioni militari continua certo a rimanere considerevole, ma anche questo dovrebbe cambiare a lunga scadenza. Globalmente, in futuro lo spazio e il tempo potranno essere vinti più facilmente e il pacchetto di forze necessario per raggiunge-

11

re l’obiettivo diventerà più esiguo. La disponibilità di informazioni diventerà il fattore decisivo per il successo. Le tecnologie dell’informazione generano anche nuovi rischi. I sistemi di condotta e d’informazione sono obiettivi privilegiati e devono essere protetti con elevata priori-tà. L’entità delle misure di protezione tecniche e organizzative da adottare varia in funzione del grado di dipendenza e di vulnerabilità che risulta dal ricorso a sistemi in rete e automatizzati. Inoltre, la fornitura di prestazioni da parte dell’esercito dipende anche dal funzionamento sicuro dell’infrastruttura d’informazione civile, la quale è a sua volta esposta a rischi. Valutazione dal punto di vista attuale: queste valutazioni corrispondono anche all’attuale valutazione dei rischi, come pure alle conseguenze generali dello sviluppo tecnologico. Le affermazioni relative alle conseguenze di tale sviluppo sulle forze armate sono state nel frattempo in buona parte confermate («net-centric warfare»).

Minaccia nei confronti dell’infrastruttura informatica e di comunicazione RAPOLSIC 2000: Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione penetrano praticamente in tutti i campi della vita quotidiana. Parallelamente, la dipendenza degli utenti dal buon funzionamento dei sistemi informatici e di parti critiche dell’infrastruttura informatica e di comunicazione si accentua; contemporaneamente, aumenta la vulnerabilità nei confronti degli interventi ostili. Poiché l’efficacia di quest’ultimi non dipende né dalla forza strategica ed economica degli attori, né dall’importanza quantitativa e qualitativa dei loro potenziali di truppe e arsenali, si apre un settore oggi difficilmente valutabile, nel quale possono moltiplicarsi gli attori e i motivi dell’intervento. Questi interventi sono possibili, per attori statali e non statali, anche con mezzi limitati e indipendentemente dalla distanza geografica, in parte senza costi eccessivi. Le probabilità di essere scoperti sono ridotte e i rischi minimi. Oltre agli errori di manipolazione umani e tecnici, gli interventi comprendono tutte le possibilità della ricerca di informazioni, la manipolazione mirata di dati, la saturazione dei sistemi, l’implementazione di funzioni erronee, la distruzione di dati e di programmi, fino alla distruzione fisica dell’hardware e dell’infrastruttura. I motivi sono segnatamente lo spionaggio per conseguire un vantaggio economico, il danneggiamento di dati, il disturbo di funzioni a scopo ricattatorio e l’influsso mirato sulle decisioni in ambito economico, amministrativo e militare. I preparativi in vista di interventi mediante la guerra informatica non possono di regola essere scoperti. In tal modo scompare ogni margine di preallarme e le misure di protezione o le contromisure non possono essere attivate per tempo. Per un singo-lo sistema informatico è quasi impossibile rilevare e identificare rapidamente l’origine, l’intenzione, l’inizio, il genere, l’entità e la fine dell’intervento, così come il successo o l’insuccesso degli attacchi. Gli aggressori approfittano oggi in partico-lare del fatto che quasi tutte le imprese e amministrazioni tentano di provvedere da sole alla sicurezza dei loro dati (soluzioni isolate), permettendo così di utilizzare a più riprese i medesimi metodi di aggressione. A causa della densità, la più elevata d’Europa, delle sue reti informatiche e dell’importante interconnessione internazionale dell’economia, la Svizzera è estre-mamente dipendente da trasmissioni di dati efficienti e protette dalle intrusioni. Se

12

non sono possibili sufficienti misure di difesa, le strutture delle reti, talvolta com-plesse, e le connessioni dei diversi settori economici che ne risultano direttamente creano una grande vulnerabilità. La minaccia si estende dai danni e dalle perturba-zioni importanti per la nostra economia fino alla paralisi delle nostre capacità di condotta politica e militare. Occorre considerare prioritariamente gli interventi contro settori sensibili o contro quelli nei quali possono essere causati danni particolarmente importanti. Tra questi settori, figurano essenzialmente le banche di dati e le reti critiche seguenti della nostra infrastruttura informatica e di comunicazione: amministrazione pubblica a tutti i livelli; industria, commercio, banche, assicurazioni, opere sociali; approvvi-gionamento e sistemi di distribuzione dell’elettricità, del gas, del petrolio, dell’acqua; regolazione del traffico e trasporti (strade, ferrovie, aviazione, naviga-zione); polizia, servizi di sicurezza e di salvataggio; servizi d’informazione e di comunicazione, media; condotta militare. Gli attacchi elettronici a questi settori vitali dell’infrastruttura devono essere considerati una minaccia per la nostra sicu-rezza nazionale.

CDEs XXI: Per la Svizzera, la guerra dell’informazione rappresenta un rischio considerevole. A causa della densità, la più elevata d’Europa, di reti informatiche e di altri sistemi nonché dell’importante interconnessione internazionale dell’economia, la Svizzera è estremamente dipendente da collegamenti efficienti per la trasmissione di dati. Le interconnessioni, parzialmente molto complesse, dei differenti settori sociali, hanno come conseguenza un’elevata vulnerabilità. La minaccia si estende dai danni e dalle perturbazioni importanti per la nostra economia fino alla paralisi delle nostre capaci-tà di condotta civili e militari. La guerra dell’informazione non è un rischio contro il quale l’esercito possa fornire un contributo fondamentale, tuttavia esso stesso è minacciato da questo rischio nel suo funzionamento e deve perciò essere in grado di respingere attacchi, condotti nell’ambito della guerra dell’informazione, ai suoi sistemi di condotta. Valutazione dal punto di vista attuale: le valutazioni del RAPOLSIC 2000 e del CDEs XXI corrispondono pure all’attuale valutazione dei rischi, anche se finora non vi sono stati attacchi in grande stile all’infrastruttura informatica. I guasti tecnici (interruzioni di corrente) in Svizzera e all’estero hanno tuttavia acuito la consapevo-lezza della vulnerabilità dell’infrastruttura informatica.

Terrorismo, estremismo violento RAPOLSIC 2000: Nell’ambito del terrorismo, le forme di utilizzazione della violenza orchestrate dallo Stato o motivate ideologicamente sono assai diminuite. In numerose aree di conflitti di vecchia data si stanno cercando soluzioni politiche. Molte cause del terrorismo, dell’estremismo e del fanatismo, come le ingiustizie sociali, i problemi delle mino-ranze, i problemi ecologici e le tensioni religiose continuano tuttavia ad esistere o si sono addirittura acuite. Attualmente, la Svizzera non è un obiettivo prioritario del terrorismo internazionale. Essa deve tuttavia impedire di essere utilizzata come base per il sostegno logistico di gruppi terroristici o come Paese di soggiorno o di transito di terroristi. Una delle ragioni principali per le quali è minacciata in questo settore è, oltre alla mancanza di

13

cooperazione in materia di sicurezza con l’Unione europea, la sua posizione geogra-fica di punto d’intersezione dei traffici, delle comunicazioni, della finanza e del commercio mondiali. Restano sempre possibili attentati contro obiettivi stranieri in Svizzera, come ambasciate o organizzazioni internazionali, oppure azioni di gruppi quali le sette apocalittiche. L’estremismo violento è imparentato con il terrorismo ed è talvolta difficile distin-guerli. Anch’esso è spesso organizzato in reti internazionali. In Svizzera, l’estremismo di destra e la xenofobia sono principalmente caratterizzati dalla pre-senza di skinheads e gruppi affini. Anche se i loro attentati hanno tendenza a dimi-nuire nel corso degli ultimi anni, potrebbero di nuovo intensificarsi nel caso di un forte aumento del numero delle domande d’asilo. I gruppi potenzialmente violenti prendono lo spunto anche dalla globalizzazione e dalle sue manifestazioni per scate-nare disordini. L’estremismo straniero costituisce un pericolo considerevole in Svizzera. Si constatano spesso risse tra gruppi di stranieri ostili e atti di violenza contro terzi (in particolare contro le rappresentanze ufficiali e le installazioni degli Stati in conflitto).

CDEs XXI: La disponibilità all’estremismo violento emerge in relazione alle conseguenze delle migrazioni nonché presso gruppi che prendono lo spunto dalla globalizzazione e dai suoi effetti per intraprendere azioni di protesta violente. L’estremismo violento può rendere difficile l’organizzazione di manifestazioni internazionali (Forum economi-co mondiale di Davos e altre conferenze internazionali) e ridurre l’attrattiva della Svizzera come Paese ospite di tali incontri, tanto a causa del rischio di possibili incidenti quanto a causa delle misure di sicurezza necessarie per impedirli. Inoltre, gli scontri violenti portano pregiudizio alla credibilità delle manifestazioni legittime in occasione di tali eventi. Attualmente il nostro Paese non è un obiettivo primario del terrorismo internaziona-le. Vi può però essere un pericolo per installazioni e persone straniere in Svizzera, nonché per manifestazioni con partecipazione internazionale; inoltre, un pericolo generale può sorgere anche da un confronto internazionale con il terrorismo, in occasione del quale la Svizzera non sarebbe al centro, ma le cui conseguenze pati-rebbe come altri Stati. Il pericolo dovuto al terrorismo può improvvisamente diven-tare una realtà e differenti installazioni o luoghi possono essere attaccati contempo-raneamente. Inoltre, si tratta di impedire che la Svizzera serva da Paese di transito o da base arretrata ai terroristi. Infine, vi è il rischio che cittadini svizzeri all’estero diventino, per così dire, casualmente vittime di attentati terroristici. Il rischio che in Svizzera possano scoppiare disordini interni tali da interessare cerchie importanti della popolazione è esiguo. Non si scorgono campi di tensione sociali, economici, politici o culturali che potrebbero dar luogo a veri e propri disor-dini interni. L’esercito sottostà alle autorità politiche elette, non persegue alcun obiettivo politico e non è strumentalizzabile nell’ambito di un confronto politico. Nel caso di disordini interni in Svizzera, esso sarebbe tuttavia in grado, sotto la condotta politica democraticamente legittimata, di fornire un aiuto sussidiario alla polizia, sgravandola da certi compiti (per es. sorveglianza di determinate opere). Valutazione dal punto di vista attuale: il terrorismo è l’elemento della minaccia la cui percezione da parte del pubblico si è maggiormente modificata e perciò oggi sarebbe menzionato al primo posto. A livello mondiale, il terrorismo è attualmente

14

la maggiore minaccia per la sicurezza degli Stati e dei loro abitanti e le divergenze in merito alle modalità della lotta al terrorismo sono sfociate anche in controversie transatlantiche e tra Stati europei. Gli attacchi terroristici alla Svizzera sono considerati più probabili di quanto non lo fossero sette o anche soltanto cinque anni fa. Inoltre, le conseguenze potenziali di un attacco terroristico sono ritenute considerevolmente maggiori: tanto la probabilità quanto le conseguenze sulla Svizzera devono essere corrette al rialzo, tuttavia non in maniera drastica, poiché il nostro Paese, come in passato, non fa parte degli obiettivi primari di attacchi terroristici. Per quanto riguarda una conseguenza concreta della minaccia rappresentata dal terrorismo occorre per contro procedere a una revisione. Tanto nel RAPOLSIC 2000 quanto nel CDEs XXI si è considerato che l’aumento del pericolo di attentati terrori-stici ha come conseguenza un massiccio rafforzamento del dispositivo di sicurezza (soprattutto in caso di manifestazioni importanti). Inoltre, nel giugno 2002 il Consi-glio federale ha presentato al Parlamento un rapporto sull’analisi della situazione e dei pericoli per il nostro Paese dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001. Tuttavia non si è considerato che detto aumentato pericolo si mantiene per anni e richiede un dispositivo di sicurezza rafforzato permanente. Tale è però il caso e il maggiore impegno dell’esercito (nel tempo, ma anche per quanto riguarda l’entità del personale e del materiale) in impieghi di sicurezza ha considerevoli conseguenze per l’esercito stesso. Per quanto riguarda l’estremismo violento, la valutazione delle sue conseguenze sulla Svizzera dev’essere piuttosto corretta al ribasso. Esso ha certamente conse-guenze sostanzialmente minori rispetto ─ per esempio ─ alle catastrofi naturali e tecnologiche. Inoltre, l’esercito è toccato soltanto in misura molto puntuale, per esempio in occasione degli impieghi per la protezione del WEF.

Catastrofi naturali e tecnologiche RAPOLSIC 2000: I pericoli dovuti alle forze della natura comprendono i terremoti, le inondazioni, le valanghe, gli uragani, le ondate di freddo e la siccità permanente. Inoltre, occorre considerare le contaminazioni radioattive causate da incidenti nucleari, le inonda-zioni in seguito a rotture di dighe, le epidemie e le epizoozie che sovraccaricano il sistema sanitario per un lungo periodo. Le catastrofi naturali e tecnologiche hanno rilevanza in materia di politica di sicu-rezza quando non possono essere gestite con strutture e mezzi previsti per la situa-zione normale, per esempio con la polizia, i pompieri, i servizi di sicurezza delle aziende e dei servizi tecnici, il sistema sanitario. Tali eventi sono caratterizzati da una grande forza distruttrice e da gravi perturbazioni. Possono trascorrere settimane, mesi o anche anni prima che sia possibile ristabilire il contesto sociale, economico e tecnico e che la popolazione si riprenda. L’intensità dello sfruttamento più elevata nelle zone urbanizzate aumenta la densità delle infrastrutture, ciò che moltiplica i danni rispetto al passato. Poiché la società moderna dipendente fortemente da differenti reti (energia, telecomunicazioni, logi-stica), in seguito alle catastrofi risultano danni sempre più importanti. Eventi con un potenziale di dannosità talmente importante da minacciare il funzionamento di grandi comunità si producono raramente o addirittura con estrema rarità. Malgrado

15

ciò, le autorità responsabili devono tenere conto di tale rischio nel quadro della prevenzione delle catastrofi e approntare i mezzi necessari per affrontarli.

CDEs XXI: Le catastrofi naturali e tecnologiche sono un rischio costante. L’elevata densità di costruzioni rende la Svizzera vulnerabile agli effetti di tali catastrofi. Il nostro Paese dipende fortemente da sistemi interconnessi (telecomunicazioni, energia, logistica), cosicché già soltanto il mancato funzionamento di singole componenti può avere gravi conseguenze. Le catastrofi naturali o tecnologiche hanno gravi conseguenze per gli interessati. Tuttavia, sono raramente di una portata tale da colpire contempo-raneamente, in maniera vitale e duratura, ampie cerchie della popolazione. Sulla base delle esperienze degli ultimi anni occorre ipotizzare che per la gestione delle conseguenze di valanghe, inondazioni e uragani anche in futuro sarà spesso richiesto l’appoggio dell’esercito, poiché i mezzi civili non sono sufficienti. Valutazione dal punto di vista attuale: negli ultimi cinque anni, ha trovato esplicita conferma la valutazione secondo la quale sono alquanto probabili soprattutto cata-strofi naturali (e in minore misura catastrofi tecnologiche). Le conseguenze sono però limitate al livello locale o regionale, cosicché non si impone alcuna revisione della valutazione.

Minacce, pericoli e rischi non direttamente rilevanti per l’esercito Le minacce, i pericoli e i rischi seguenti menzionati nel RAPOLSIC 2000 non vengono discussi in questa sede, poiché sono soltanto indirettamente rilevanti per l’esercito; in tali casi, l’esercito non figura tra gli strumenti di politica di sicurezza impiegati prioritariamente:

– limitazioni della libertà di commercio e pressioni economiche – sviluppi economici, sociali ed ecologici – spionaggio, criminalità e crimine organizzato – evoluzione demografica, migrazioni.

Il «catalogo» dei pericoli, delle minacce e dei rischi contenuto nel RAPOLSIC 2000 e nel CDEsXXI appare sempre ancora completo.

Valutazione complessiva Nel CDEsXXI le minacce e i pericoli sono rappresentati in un diagramma i cui assi sono la probabilità e le conseguenze per la Svizzera. A cinque anni di distanza, relativamente a questi criteri, per singole minacce e singoli pericoli possono essere apportate delle modifiche, indicate nella figura sottostante mediante frecce (sullo sfondo il diagramma originale del CDEsXXI).

Figura 1 Minacce e pericoli

Conseguenze per la Svizzera

Prob

abili

Catastrofi naturali e tecnologiche

Conflitti extraeuropei

Conseguenze della prolioferazione

Conflitti armati in Europa

Estremismo violento

Terrorismo

Guerra dell‘informazione

Ricorso alla forza nello spazio aereo Aggressione militare

Disordini interni

Per quanto riguarda le minacce e i pericoli, in primo piano vi sono il terrorismo, le catastrofi naturali e tecnologiche nonché le conseguenze per la Svizzera di conflitti armati in e fuori dell’Europa. (Tali conseguenze non sono di carattere militare; possono però rendere necessario l’impiego dell’esercito per la loro gestione.) Al secondo posto vi sono (se si considerano la probabilità e le conseguenze) due rischi che sono aumentati e probabilmente continueranno ad aumentare, ma che non si sono materializzati e sono pertanto in certo qual modo dei rischi latenti: la guerra dell’informazione e le conseguenze della proliferazione. Qualora dovessero diventa-re una realtà, entrambi i rischi potrebbero richiedere un massiccio contributo dell’esercito per la loro gestione e per la protezione della popolazione. Al terzo posto vi sono i rischi militari «classici», ossia l’aggressione militare e il ricorso alla forza nello spazio aereo. Attualmente, entrambi sono scarsamente pro-babili. Le ampie conseguenze di un’aggressione militare e la necessità di riflettere sui fattori imponderabili di un futuro lontano (un esercito efficace non può essere realizzato a breve termine partendo dal nulla) sono i motivi per cui occorre continua-re a investire nei mezzi per la difesa militare in senso stretto. Un ultimo gruppo comprende i rischi interni alla Svizzera: estremismo violento e disordini interni. In considerazione della probabilità e delle conseguenze, attualmen-te e per l’immediato futuro questi rischi devono essere considerati esigui (estremi-smo violento: conseguenze relativamente scarse; disordini interni: probabilità esi-gua). Inoltre, concernono l’esercito soltanto in secondo luogo: in primo luogo sono interessate altre istanze (civili).

16

17

Le conseguenze del riesame delle valutazioni fatte in passato riguardo a minacce, pericoli e rischi conducono direttamente all’oggetto del presente messaggio, ossia la fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011: la rivalutazione della minaccia rappresentata dal terrorismo (e soprattutto dalle sue conseguenze permanenti per lo sforzo in materia di sicurezza) costituisce il quadro nel quale si iscrive la decisione del Consiglio federale di rafforzare i mezzi dell’eser-cito per impieghi di sicurezza (tanto sussidiari quanto nell’ambito della sicurezza preventiva del territorio). Anche se il pericolo del terrorismo dovesse diminuire, in una prospettiva a lungo termine occorre ipotizzare che eventuali attacchi contro la Svizzera, la sua popolazione o i suoi interessi sarebbero condotti in maniera asimme-trica; l’esercito sarebbe quindi in primo luogo necessario per impieghi di sicurezza. La conferma della bassa probabilità di attacchi militari contro la Svizzera giustifica anche un altro aspetto della fase di sviluppo 2008/2011: la riduzione della nostra capacità di affrontare un attacco simmetrico contro il nostro Paese, mantenendo e sviluppando però il know-how e la possibilità di un potenziamento, qualora esso diventasse necessario a lungo termine.

1.1.1.2 Mutamenti del contesto in materia di politica di sicurezza

Per quanto riguarda le organizzazioni internazionali importanti sotto il profilo della politica di sicurezza, occorre soprattutto considerare l’evoluzione della NATO e dell’Unione Europea (UE). Nel caso dell’ONU, per la Svizzera il maggiore cambia-mento risiede nel fatto che anch’essa ha aderito all’organizzazione. Inoltre, occorre osservare che, per quanto riguarda le forze armate, negli Stati dell’Europa occidenta-le si stanno delineando due tendenze: il passaggio a eserciti di professionisti e l’abbandono della difesa territoriale a favore di impieghi di reazione alle crisi al di fuori del Paese o dell’Alleanza. Negli ultimi anni, tanto nell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) quanto nel Consiglio d’Europa, non vi sono stati sviluppi che debbano essere menzionati in questa sede.

Nazioni Unite Un evento degli ultimi anni gravido di conseguenze è stata la decisione di una coali-zione di Stati guidata dagli USA di attaccare militarmente l’Iraq senza alcuna legit-timazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU. In seguito agli interventi in Afgha-nistan e in Iraq è diventata d’attualità la questione della necessità di modificare le condizioni per il ricorso legittimo alla forza militare; in concreto ci si chiede se e in quali circostanze è giustificato l’impiego preventivo della forza militare. Un secondo tema è l’adeguamento strutturale dell’ONU alle attuali strutture di potere del sistema internazionale, che si manifesta soprattutto nel dibattito su un possibile ampliamento del Consiglio di sicurezza. Per la Svizzera rimane prioritario il rafforzamento del diritto internazionale, segnatamente del diritto internazionale umanitario. Per quanto riguarda il promovimento militare della pace, si è accentata la tendenza per cui gli impieghi di vasta portata non sono diretti dall’ONU, ma dalla NATO o dall’UE (oppure da organizzazioni regionali quali l’Unione Africana) sulla base di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Per il promovimento militare della pace da parte della Svizzera, l’ONU è fondamentale soprattutto per un aspetto: il

18

nostro Paese può partecipare a simili impieghi soltanto se essi avvengono sulla base di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU. L’altra possibilità prevista dalla legge, ossia la partecipazione sulla base di un mandato dell’OSCE, rimane de facto ipotetica.

Unione europea – Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) Per il ruolo e la rilevanza dell’UE nella politica di sicurezza, è di estrema importanza il fatto che essa possa ricorrere a un’ampia gamma di strumenti civili e militari. Per quanto riguarda gli ultimi anni, occorre considerare soprattutto due sviluppi: l’allar-gamento dell’Unione e lo sviluppo di proprie capacità militari. Dopo l’ultimo allargamento del 2004, l’UE comprende 25 Stati membri. Altri candi-dati attendono di potere aderire (Romania, Bulgaria, Croazia e Turchia). L’allarga-mento – indipendentemente dalle capacità e dalle ambizioni militari dell’Unione – è in se stesso rilevante per la Svizzera sotto il profilo della politica di sicurezza. Anche se l’UE è diventata almeno temporaneamente più eterogenea, non vi è alcun dubbio che, almeno per il territorio degli Stati membri, sia un fattore fortemente stabilizzan-te sotto il profilo della politica di sicurezza. Questo fatto è positivo anche per la Svizzera. Per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità militari dell’Unione, occorre menzio-nare la creazione di pertinenti organi, l’allestimento di cosiddetti «battle groups» e l’assunzione del comando di operazioni di sostegno alla pace. Ora l’UE dispone di un Comitato politico-militare, di uno Stato maggiore militare, di una Cellula di pianificazione civile-militare per le operazioni a guida UE nonché dell’Agenzia europea per la difesa (per la creazione di sinergie nell’acquisto d’arma-menti e per la verifica del raggiungimento degli obiettivi convenuti in materia di capacità). Tuttavia, la novità più significativa è la formulazione di una strategia europea di sicurezza, approvata nel dicembre 2003; essa contiene le direttrici per lo sviluppo della politica di sicurezza europea. Per potere disporre di opzioni militari reali in caso di crisi, gli Stati dell’Unione hanno deciso l’approntamento di battle groups, ossia di formazioni di fanteria, in gran parte multinazionali, forti di 1500 militari e pronte per l’impiego entro dieci giorni. Entro il 2010 è previsto l’allestimento di 13 di tali battle groups, la cui gam-ma d’impieghi spazierà dai compiti umanitari agli impieghi di combattimento. Come finora, permangono tuttavia lacune a livello di capacità, e in tali casi l’UE dipende dall’appoggio della NATO. La partecipazione di Stati non membri dell’Unione ai battle groups è di principio possibile: la Norvegia partecipa a uno di essi. La Svizze-ra non ha alcuna intenzione in tal senso: già soltanto la prontezza necessaria costitui-sce un motivo di impedimento, senza considerare poi le questioni politiche come quella risultante dal fatto che l’UE eventualmente interverrebbe anche senza manda-to del Consiglio di sicurezza dell’ONU. L’aspetto più evidente dell’evoluzione della politica di sicurezza dell’Unione si manifesta nel fatto che essa ha assunto la direzione di impieghi civili e militari di promovimento della pace in Macedonia, Georgia, Palestina, Congo e, soprattutto, in Bosnia e Erzegovina, nella quale dalla fine del 2004 la European Force a guida UE (Operazione Althea) ha sostituito la SFOR a guida NATO. La Svizzera partecipa alla missione europea con 25 militari e due elicotteri da trasporto Super Puma. In generale, nel quadro della PESD, per gli Stati che non sono membri dell’Unione non vi è alcuna cooperazione istituzionalizzata, come invece è il caso ad esempio nel

19

quadro della NATO con il Partenariato per la pace. Gli Stati non membri dell’Unione come la Svizzera possono però partecipare ad hoc, come mostra la partecipazione all’EUFOR, quando ciò è nel reciproco interesse.

NATO Anche la NATO dall’epoca del CDEs XXI si è allargata. Dopo l’adesione di sette nuovi membri nel 2004, essa comprende attualmente 26 Stati, ai quali nei prossimi anni si aggiungeranno probabilmente l’Albania, la Croazia e la Macedonia. Negli ultimi anni, i compiti della NATO non sono fondamentalmente mutati. Essa rimane un’alleanza difensiva, ma si manifesta soprattutto come organizzazione per la condotta di operazioni di sostegno alla pace su mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU. La svolta verso impieghi al di fuori del territorio dell’Alleanza, iniziata un decennio orsono con l’IFOR in Bosnia e Erzegovina, ha comportato adeguamenti della NATO e delle forze armate degli Stati membri: gli strumenti militari dell’Alle-anza sono in fase di modernizzazione e di orientamento alle minacce attuali (invece che alla difesa del territorio dell’Alleanza da un attacco militare). La priorità è data al consolidamento di una struttura di comando snella e flessibile nonché alla realiz-zazione di una forza d’intervento multinazionale, la NATO Response Force. Quando sarà operativa, nell’ottobre 2006, comprenderà circa 20 000 militari e potrà essere impiegata in tutto il mondo, entro 5–30 giorni, per l’intera gamma degli impieghi in caso di crisi (dall’assistenza umanitaria alle evacuazioni e agli impieghi di combat-timento). Nel 2003, assumendo il comando dell’International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan, la NATO ha assunto per la prima volta il comando di un impiego al di fuori dell’Europa. L’ISAF è competente per la stabilizzazione dell’Afghanistan e la ricostruzione delle strutture di sicurezza, ma non partecipa a operazioni di combattimento, le quali sono condotte nel quadro dell’operazione «Enduring Freedom» condotta dagli USA. In Iraq, nel 2005 la NATO ha lanciato una missione per la formazione di ufficiali iracheni. Nei Balcani, l’Alleanza Atlanti-ca continua a comandare la KFOR, alla quale la Svizzera partecipa con un effettivo massimo di 220 militari. È però importante considerare pure ciò che la NATO non ha fatto. Anche se dopo l’11 settembre 2001 è stato invocato l’articolo 5 del Trattato di Washington (assi-stenza reciproca), essa non è stata impiegata per gli interventi militari in Afghanistan e in Iraq. Gli USA hanno agito da soli o con una coalizione ad hoc. Il fatto che Stati appartenenti a detta coalizione (per es. la Gran Bretagna) siano membri della NATO non cambia nulla riguardo alla constatazione che l’Alleanza come tale non è stata coinvolta. La tendenza degli USA a non ricorrere alla NATO per impieghi armati genera forse interrogativi sull’importanza e sulla coesione dell’Alleanza; contempo-raneamente smentisce i sospetti che l’Alleanza Atlantica sia un puro strumento degli Stati Uniti. L’ampliamento della NATO ha avuto effetti anche sul Partenariato per la pace. I 20 Stati che partecipano al Partenariato formano un gruppo eterogeneo con interessi e premesse differenti. Per gli Stati dell’Europa sud-orientale, del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale, il Partenariato è soprattutto un mezzo per modernizzare le proprie strutture di sicurezza. Per la Svizzera, la Finlandia, l’Irlanda, l’Austria e la Svezia, il Partenariato serve per contro in primo luogo ad ampliare – in maniera selettiva e in funzione degli interessi nazionali – la cooperazione in materia di politi-

20

ca di sicurezza con l’Alleanza Atlantica, la priorità essendo data al miglioramento della capacità di cooperazione militare.

Riforme delle forze armate nell’Europa occidentale Le forze armate dell’Europa occidentale non sono più orientate in primo luogo alla difesa territoriale. La maggior parte degli Stati dell’Europa occidentale ha iniziato negli ultimi anni a orientare le proprie forze armate ad altri compiti. Per gli Stati occidentali, i contributi al promovimento della pace in ambito internazionale sono diventati uno dei compiti essenziali dei loro eserciti. Essi sono impegnati in misura crescente nella creazione di forze di reazione alle crisi che possano essere rapida-mente impiegate laddove le crisi minacciano di sorgere oppure si sono già manife-state. L’evoluzione generale riflette le esigenze per simili impieghi e tende al ridimensionamento e alla professionalizzazione delle forze armate nonché all’orien-tamento coerente alla capacità di cooperazione internazionale. La copertura autono-ma dell’intera gamma degli impieghi in caso di crisi, fino al caso di guerra, non è più vista come un’opzione realistica da quasi tutti questi Stati (anche da quelli che non aderiscono all’Alleanza Atlantica). L’impiego sussidiario di forze armate per coadiuvare le autorità nella salvaguardia della sicurezza interna, così come è disci-plinato a livello di legge e praticato in Svizzera, sta diventando un tema anche per altri Stati europei, che finora non lo avevano previsto né praticato.

1.1.1.3 Interessi e obiettivi in materia di politica di sicurezza

Nel RAPOLSIC 2000, sulla base della Costituzione federale e degli interessi svizze-ri in materia di politica di sicurezza, sono definiti gli obiettivi seguenti: Vogliamo decidere liberamente i nostri affari sia all’interno del Paese sia nei con-fronti dell’estero, senza esserne pregiudicati dalla minaccia o dall’uso della violenza diretta o indiretta. Intendiamo preservare e proteggere la nostra popolazione e le sue basi vitali dai pericoli esistenziali. Intendiamo contribuire alla stabilità e alla pace al di là delle nostre frontiere nonché allo sviluppo di una comunità internazionale dei valori democratici, allo scopo di ridurre il rischio che la Svizzera e la sua popolazione siano toccate dalle conseguen-ze dell’instabilità e delle guerre all’estero e perché in tal modo esprimiamo contem-poraneamente la nostra solidarietà internazionale. Il presente messaggio non è il quadro adeguato per sottoporre a revisione tali obiet-tivi. Il fatto di averli menzionati in questo contesto ha piuttosto lo scopo di ricordare che gli obiettivi in materia di politica di sicurezza, così come sono stati definiti nel 1999, continuano a mantenere la loro validità e corrispondono anche agli attuali interessi della Svizzera.

1.1.1.4 Strategia fondamentale

Il RAPOLSIC 2000 porta il titolo «Sicurezza attraverso la cooperazione». La strate-gia fondamentale della Svizzera in materia di politica di sicurezza vi viene descritta come segue:

21

[La Svizzera persegue] di conseguenza i suoi obiettivi in materia di politica di sicu-rezza mediante una strategia di cooperazione nazionale e internazionale per la sicu-rezza. Essa si fonda, da un lato, sulla volontà e sulla capacità di affrontare con mezzi civili e militari idonei propri, nell’ambito di una cooperazione globale flessibile, nella misura in cui ciò è possibile ed efficace, i pericoli e i rischi per il nostro Paese e la sua popolazione. Dall’altro, essa intensifica la cooperazione in materia di sicu-rezza con Stati amici e con le organizzazioni internazionali laddove questi mezzi, a causa del carattere della minaccia o per motivi geografici o materiali, non sono sufficienti. La cooperazione su scala nazionale consiste nell’attribuzione di compiti specifici e di risorse adeguate ai differenti settori della politica di sicurezza a livello di Confe-derazione, Cantoni e Comuni, nonché nella loro cooperazione coordinata in caso di necessità. La cooperazione con l’estero consiste nell’impegno, di preferenza preventivo ma se necessario anche reattivo, al di là delle nostre frontiere, nell’ambito di azioni inter-nazionali coordinate, allo scopo di gestire crisi, stabilizzare regioni scosse da disor-dini o, più in generale, rafforzare solidalmente i preparativi in materia di sicurezza. Le riflessioni che nel 1999 hanno portato alla formulazione di questa strategia fon-damentale mantengono la loro validità: la cooperazione in Svizzera (denominata «Cooperazione nazionale per la sicurezza») è irrinunciabile tanto per motivi politici quanto nell’interesse dell’efficienza e dell’efficacia; essa non è nemmeno contestata. Il motivo principale della cooperazione internazionale (con Stati esteri e organizza-zioni internazionali) – il crescente carattere transfrontaliero delle minacce e dei pericoli nonché il fatto che la maggior parte di tali minacce e pericoli può essere affrontata con buone probabilità di successo soltanto nell’ambito di una cooperazio-ne internazionale – si è ulteriormente consolidato, sia in relazione alle epidemie che al terrorismo. A livello di esercito, due ulteriori motivi a favore della cooperazione internazionale si sono pure consolidati, segnatamente la pressione finanziaria (le spese per la difesa nazionale nel 2006 sono inferiori di oltre il 13 % a quelle del 1999) e la necessità di svolgere all’estero determinati segmenti dell’istruzione. Un ridimensionamento della cooperazione internazionale in materia di politica di sicurezza nell’intento di raggiungere la massima autonomia sarebbe pertanto, per la sicurezza del Paese e della popolazione, ancora meno appropriato di quanto non lo fosse già alcuni anni addietro. Gli interessi della Svizzera in materia di sicurezza richiedono una cooperazione internazionale, la neutralità ammette tale cooperazione (ponendole contemporaneamente dei limiti), motivi di carattere finanziario e tecnico (armamento, istruzione) addirittura la impongono. Gli ultimi anni hanno evidenziato che il Consiglio federale e il Parlamento sono in grado di attuare la «sicurezza attraverso la cooperazione» in modo tale che non ne risultino coinvolgimenti indesi-derati in conflitti internazionali.

1.1.1.5 Missioni dell’esercito

Nel RAPOLSIC 2000 (e anche nel CDEs XXI), le missioni dell’esercito sono defini-te come segue: I compiti dell’esercito sono: i contributi per il sostegno internazionale alla pace e la gestione delle crisi, la sicurezza del territorio e la difesa nonché gli impieghi sussi-

22

diari per la prevenzione e la gestione di pericoli esistenziali. Tutti i tre compiti hanno un’importanza fondamentale per la sicurezza della Svizzera. L’articolo 58 capoverso 2 della Costituzione federale recita: L’esercito serve a prevenire la guerra e contribuisce a preservare la pace; difende il Paese e ne protegge la popolazione. Sostiene le autorità civili nel far fronte a gravi minacce per la sicurezza interna e ad altre situazioni straordinarie. La legge può prevedere altri compiti. L’articolo 1 della legge militare stabilisce: Art. 1 1 L’esercito contribuisce alla prevenzione della guerra e pertanto al mantenimento della pace. 2 Difende la Svizzera e la sua popolazione e contribuisce alla loro protezione. 3 Quando i loro mezzi non sono più sufficienti, coadiuva le autorità civili:

a. nella lotta contro gravi minacce alla sicurezza interna; b. nel far fronte ad altre situazioni straordinarie, segnatamente in caso di catastrofi nel

Paese o all’estero. 4 Fornisce contributi per il promovimento della pace in ambito internazionale.

Tali missioni corrispondono alle esigenze risultanti dalla situazione attuale e da quella che si delinea per il futuro. Sotto il profilo della politica di difesa sarebbe irresponsabile abbandonare la difesa nazionale; sotto il profilo della politica estera e di sicurezza sarebbe miope disimpegnarsi dal promovimento militare della pace. Per contro, le modalità con le quali sono adempiute le missioni vanno costantemente verificate, in funzione delle esigenze e delle opportunità in materia di politica di sicurezza, ma anche delle risorse disponibili. Questo è anche il motivo per cui il presente messaggio è sottoposto alle Camere federali: l’esercito deve essere posto in condizioni migliori per prestare impieghi di sicurezza; le capacità per la difesa militare in senso stretto devono essere ridotte; il contributo al promovimento militare della pace dev’essere adeguatamente incrementato.

1.1.2 Condizioni quadro finanziarie

L’esercito ha contribuito molto a sgravare il bilancio della Confederazione. In un’e-poca in cui la gamma dei rischi è diventata più ampia e sfuocata, esso deve adempie-re le medesime missioni con minori risorse. Nel 1990, per il settore della difesa in senso stretto sono stati spesi 5,130 miliardi di franchi, mentre nel 2006 la somma si è ridotta a 3,814 miliardi di franchi. La quota del budget della Confederazione rappre-sentata dalle spese per la difesa è passata dal 16,2 % (1990) al 7,2 % (2006) e la corrispondente quota del prodotto interno lordo è passata dall’1,5 % (1990) allo 0,8 % (2006). La Svizzera si situa pertanto al di sotto dei corrispondenti valori di tutti i Paesi vicini ad eccezione dell’Austria, ed è anche molto al di sotto dei corri-spondenti valori di Finlandia e Svezia. La pianificazione finanziaria interna al settore dipartimentale Difesa ha dovuto essere rivista più volte per il medesimo anno, come mostra un confronto tra i dati dei precedenti piani finanziari e quelli del preventivo e dei piani finanziari 2006–2009.

23

2006 2007 2008 2009

Piano finanziario aggiornato annualmente

42011 39862 38523 3871

Programma di sgravio 2003 (PS 03) –253 Programma di sgravio 2004 (PS 04) –127 –175 Tagli mirati –7 Fattori di correzioni (nuove missioni, decentralizzazione, trasferimento di personale)

–16 –4

Preventivo annuale e piano finanziario (senza contributi del datore di lavoro)4

3814 3795 3848 3871

1 Conformemente al DCF del 2.9.2002, convertito secondo le nuove strutture della «Difesa». 2 Conformemente al DCF del 25.2.2004. 3 Conformemente al DCF del 24.9.2004. 4 Conformemente al DF del 5.12.2005 (preventivo 2006) rispettivamente al DCF del

24.8.2005 (piano finanziario 2007–2009).

A causa della pianificazione continua, il piano finanziario annuale è allestito sulla base dell’anno precedente. I tagli degli anni precedenti hanno pertanto ripercussioni sui nuovi piani finanziari degli anni successivi. Ogni nuovo taglio determina nuove direttive interne per la pianificazione. Quando è stato pianificato Esercito XXI, tra il 1999 e il 2001, si poteva realisticamente ipotiz-zare che vi sarebbero stati a disposizione circa 4,3 miliardi di franchi per la difesa. In realtà, il budget 2006 è già di 486 milioni di franchi inferiore. Nell’ambito di tali direttive, affinché l’esercito raggiunga un livello tecnologico europeo medio, devono essere disponibili sufficienti risorse libere per gli investi-menti. Le misure di riduzione del personale già decise, se tale riduzione – come previsto – deve avvenire in maniera socialmente sostenibile, determineranno soltan-to più tardi risparmi sui costi. Di conseguenza, a causa delle direttive finanziarie, l’esercito non ha alcuna altra scelta se non ridurre, ora e nei prossimi anni, i propri investimenti rispetto ai piani originali, allo scopo di potere alimentare altre rubriche di spesa e, contemporaneamente, di soddisfare le direttive dei programmi di sgravio.

1.1.3 Prestazioni richieste all’esercito conformemente all’articolo 58 della Costituzione federale

Anche nella prevista fase di sviluppo 2008/2011, l’esercito sarà organizzato secondo il principio di milizia. Non vi è pertanto l’intenzione di sviluppare l’esercito nella direzione di un esercito di professionisti. L’effettivo dell’esercito rimane identico. Il promovimento della pace in ambito internazionale serve sia ai nostri interessi in materia di politica di sicurezza sia ai nostri interessi di politica estera. Di conseguen-za, la Svizzera ha l’interesse e l’obbligo di fornire un contributo anche al promovi-mento militare della pace. Il suo contributo attuale è considerevolmente inferiore a quello della Finlandia, dell’Irlanda, dell’Austria e della Svezia, Stati con i quali il

24

nostro Paese viene spesso comparato. Il raddoppio dell’attuale contributo della Svizzera fino a raggiungere un effettivo dell’ordine di circa 500 militari è appropria-to, anche se non raggiunge il livello quantitativo dei Paesi menzionati. In vista di impieghi di promovimento della pace, l’esercito dovrebbe essere in grado di offrire un’ampia gamma di capacità per impieghi al di sotto della soglia degli impieghi di combattimento veri e propri. Difesa: poiché è estremamente improbabile che l’esercito, fino alla metà del prossi-mo decennio, debba essere impiegato per la difesa da un attacco militare convenzio-nale contro la Svizzera, sotto il profilo della politica di sicurezza è sostenibile rinun-ciare al mantenimento di una capacità e prontezza permanenti («pouvoir faire») per affrontare un attacco militare contro la Svizzera a favore del mantenimento di una competenza («savoir faire») in materia. Ciò consentirebbe, se necessario, di conse-guire in tempo utile la capacità di difesa mediante un potenziamento adeguato alla minaccia. In questo contesto, considerando i rischi attuali, è per contro aumentata l’importanza della missione parziale «sicurezza del territorio». Appoggio alle autorità civili: l’esercito dev’essere in grado di gestire ancora meglio gli impieghi di sicurezza nonché i sovraccarichi risultanti da eventi particolari e, in caso di pericolo acuto, di rafforzare con una forte presenza la sicurezza del Paese e della popolazione appoggiando le autorità civili laddove si manifestano le minacce più acute – di regola mediante impieghi sussidiari di sicurezza; se necessario anche mediante impieghi di sicurezza del territorio. Al riguardo, è necessario rafforzare la fanteria e focalizzarne l’istruzione e l’equipaggiamento sulla sicurezza del territorio; ciò implica anche la trasformazione di una parte degli attuali reparti blindati e d’arti-glieria in formazioni di fanteria.

1.2 Fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 1.2.1 Motivi

La fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 serve innanzitutto, e soprattutto, a orien-tare l’esercito alle minacce e ai pericoli più probabili del presente e dell’immediato futuro. Contemporaneamente, all’esercito viene offerta l’opzione di sviluppare in tempo utile le capacità per poter affrontare anche minacce considerate oggi poco probabili. Infine, la fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 contribuisce alla realiz-zazione delle direttive di risparmio dei programmi di sgravio 2003 e 2004. Attualmente, e probabilmente per un lungo periodo, la Svizzera e i suoi abitanti non sono, né saranno minacciati, da altri eserciti, ma da minacce «al di sotto della soglia bellica», in particolare dal terrorismo. Già oggi l’esercito fornisce un contributo al rafforzamento delle misure di sicurezza ed esso dev’essere pronto, nel caso di una acuta minaccia terroristica, a fornire un contributo ancora maggiore. Ciò è stato di principio già considerato in occasione della concezione di Esercito XXI. Non è però stato anticipato che la minaccia terroristica si sarebbe mantenuta per anni, in perma-nenza, a un livello molto elevato, cosicché non si tratta più di gestire sovraccarichi temporanei e a breve termine, bensì di gestire un’acuta minaccia durevole che ri-chiede anche un maggiore impegno permanente per la sicurezza. Per orientare in maniera ottimale l’esercito alle minacce e ai pericoli attuali e dell’immediato futuro, devono pertanto essere rafforzati i suoi mezzi destinati agli impieghi di sicurezza –

25

tanto gli impieghi sussidiari di sicurezza a favore delle autorità civili quanto gli impieghi di sicurezza del territorio. Contemporaneamente, l’esercito deve mantenere e sviluppare ulteriormente le conoscenze e le capacità – in breve il «savoir faire» – per potere condurre anche in futuro il combattimento contro un aggressore militare. Le truppe orientate in primo luogo a questa missione devono avere un ritmo d’istruzione regolare, intenso e possibilmente raramente interrotto da impieghi (di sicurezza). Soltanto in questo modo possono raggiungere, mantenere e sviluppare il livello d’istruzione richiesto. Le truppe orientate in primo luogo a tale combattimento difensivo militare devono essere ridimensionate, affinché sia possibile, in una prospettiva finanziaria realistica, equipaggiarle e armarle completamente e conformemente al livello tecnologico europeo medio. Non è possibile mantenere e sviluppare la capacità al combattimento difensivo militare quando nel sistema mancano componenti critici oppure essi non corrispondono al livello tecnologico richiesto. La fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 serve anche a consentire la realizzazione di gran parte delle direttive di risparmio, soprattutto quelle dei programmi di sgravio 2003 e 2004 (PS 03 per intero, PS 04 in parte). La fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 in senso stretto contribuisce con 40 milioni di franchi l’anno ai risparmi sui costi d’esercizio. Inoltre, in seguito alla riduzione della capacità di difesa da un attacco militare, in occasione degli acquisti per le forze interessate saranno necessari quantitativi inferiori, ciò che contribuirà a sostenere gli sforzi per raggiungere e mantenere un livello tecnologico moderno: più qualità, meno quantità.

1.2.2 Contenuti della fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011

La fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 si situa all’interno del quadro definito dal RAPOLSIC 2000 e dal CDEs XXI. Tre dimensioni fondamentali, le missioni dell’esercito, la forma dell’obbligo di prestare servizio e l’effettivo dell’esercito rimangono – per esempio – invariate.

1.2.2.1 Rafforzare i mezzi per gli impieghi di sicurezza

Oggi e nell’immediato futuro, l’esercito dev’essere in primo luogo in grado di ese-guire impieghi di sicurezza, vale a dire che deve essere in grado di proteggere, montare la guardia e sorvegliare. Al riguardo, non è necessaria alcuna nuova riforma dell’esercito, ma un rafforzamento della fanteria e la sua focalizzazione sugli impie-ghi di sicurezza. Se una parte importante dell’esercito è in primo luogo istruita, equipaggiata e impiegata per la sicurezza del territorio, ciò significa che tale parte

– è ben istruita ed equipaggiata in primo luogo per la sicurezza preventiva del territorio (compiti di guardia, protezione di opere importanti/settori di confi-ne o sicurezza di assi del traffico importanti),

– contemporaneamente è ideale per appoggiare sussidiariamente le autorità civili negli impieghi di sicurezza

– e, nel caso si delineasse una minaccia militare, rimane utilizzabile per dimo-strare la nostra capacità di difesa militare (sicurezza dinamica del territorio,

26

per esempio mediante contro-concentrazioni sul territorio svizzero) e per la difesa militare classica.

Le formazioni previste in futuro come forze di sicurezza saranno designate al più presto, istruite dal 2006 in primo luogo per la sicurezza preventiva del territorio e, se necessario, utilizzate per gli impieghi d’appoggio dell’esercito. Gli impieghi di sicurezza preventiva del territorio comprendono per esempio compiti di guardia, la sorveglianza di settori e la protezione di assi del traffico o infrastruttu-re critiche. Ciò non ha nulla a che vedere con la trasformazione dell’esercito in una sorta di «polizia», poiché la sicurezza preventiva del territorio è, e rimane, un com-pito militare estremamente complesso. Per misure di protezione e di sicurezza am-pie, durature e complesse occorrono forze organizzate, istruite ed equipaggiate militarmente, in grado, se necessario, di gestire situazioni fortemente aggravate. Nel RAPOLSIC 2000 la sicurezza del territorio viene pertanto giustamente connessa al concetto di difesa. In effetti, il passaggio dalla sicurezza preventiva del territorio alla sicurezza dinamica, compresa la difesa, può avvenire senza soluzione di continuità.

1.2.2.2 Concezione della sicurezza del territorio

(Il pertinente testo sarà inserito nel messaggio).

1.2.2.3 Mantenere la competenza per la difesa da un attacco militare

La situazione attuale e le prospettive future consentono di ridurre, sotto il profilo quantitativo, gli elementi dell’esercito orientati, in senso stretto, alla difesa da un attacco militare contro il nostro Paese: l’obiettivo di un buon livello d’istruzione lo richiede e la realtà finanziaria lo impone. Tuttavia, ciò è sostenibile soltanto se è mantenuta la possibilità, in caso di necessità, di potenziare nuovamente l’esercito in tempo utile. Il mantenimento e l’ulteriore sviluppo della competenza di difesa rima-ne un compito permanente dell’esercito. Le formazioni designate per la difesa da un attacco militare (forze di difesa) potran-no di principio essere addestrate senza restrizioni al combattimento difensivo milita-re classico, anche se un’altra parte dell’esercito – le formazioni delle forze di sicu-rezza – dovessero essere impiegate in permanenza. Le forze di difesa comprenderanno un numero inferiore di formazioni di condotta, di combattimento e d’appoggio e disporranno di formazioni delle Forze aeree e delle pertinenti formazioni d’aiuto alla condotta e d’esplorazione. Tali forze di difesa costituiscono il cosiddetto «nucleo di potenziamento della difesa», che si dedicherà esclusivamente all’addestramento del combattimento interarmi e, dopo un adeguato potenziamento, sarà reso atto alla condotta di combattimenti. Conformemente allo stato attuale della pianificazione, mantenendo l’effettivo attuale dell’esercito, per le Forze terrestri ciò comporterà prevedibilmente un dimezzamento delle formazioni di combattimento e d’appoggio al combattimento. Per quanto riguarda le Forze aeree, le formazioni volanti sono necessarie, oggi e anche in futuro, per l’intera gamma degli impieghi dell’esercito. Le otto squadre d’aviazione esistenti e le relati-ve formazioni d’appoggio corrispondono all’entità minima necessaria per garantire

le prestazioni richieste nonché per il mantenimento e l’ulteriore sviluppo della competenza per la difesa da un attacco militare nell’aria contro il nostro Paese. Esse non possono pertanto essere ulteriormente ridotte. Per quanto riguarda le formazioni della difesa contraerea (DCA), pur con una riduzione globale, vi sarà un incremento della quota della DCA missilistica e dei sistemi ognitempo.

Struttura globale conformemente alla fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011

Figura 2 Ordine di battaglia dell’esercito 2008/2011 (senza riserva)

A

m o b

KAMIR

Det Schutz

Pz

27

(-) (-)

(-)

BF Sup

AA

m o bm o b

KAMIR

Det Schutz

PzPz

(-)(-) (-)(-)

(-)(-)

BFBF SupSupSup

Il grosso dei 63 battaglioni delle Forze terrestri sarà organizzato in sei brigate nell’articolazione di base. Tali brigate sono costituite su misura per l’istruzione, ma non per l’impiego. In seguito al ridimensionamento delle forze di difesa (nuclei di potenziamento), il numero dei battaglioni di fanteria potrà essere incrementato da 16 a 20. Contemporaneamente il numero dei battaglioni d’aiuto in caso di catastrofe sarà portato da 4 a 6. Sarà pure rafforzata la difesa ABC, subordinata allo Stato maggiore di condotta dell’esercito. Per quanto riguarda le Forze aeree, il numero di formazioni della DCA sarà ridotto da 15 a 9. In tal modo sarà considerato il prevedibile fabbisogno delle brigate d’im-piego terrestri e della protezione delle opere in caso di operazioni di salvaguardia delle condizioni d’esistenza e di sicurezza del territorio nonché per l’addestramento della capacità di difesa con formazioni delle Forze terrestri. Per quanto riguarda l’aiuto alla condotta, è prevista una concentrazione di tutti i corpi di truppa nella brigata d’aiuto alla condotta. In tal modo potrà essere fornita una prestazione su misura. Per quanto riguarda la Base logistica dell’esercito, sono previste soltanto modifiche marginali; tuttavia, per risparmiare sui costi saranno ridotte le scorte.

28

Potenziamento «Potenziamento» significa un incremento del profilo delle prestazioni dell’esercito attuale, realizzato – previa adozione delle pertinenti decisioni politiche – nei settori della dottrina, dell’organizzazione, dell’istruzione, del materiale e del personale qualora si delineasse un peggioramento concreto del contesto in materia di politica di sicurezza. La situazione attuale e le prospettive future ci consentono di ridimensionare quanti-tativamente gli elementi dell’esercito orientati alla difesa in senso stretto. Con tali elementi del «potenziamento» sarà mantenuta e sviluppata ulteriormente la compe-tenza per la difesa e, in parte, anche per la sicurezza dinamica del territorio. Occorre garantire che le truppe del nucleo di potenziamento della difesa possano essere orientate in primo luogo alla loro missione. Di conseguenza, dovranno poter rag-giungere e mantenere un ritmo d’istruzione regolare, intenso e interrotto il meno possibile da impieghi (di sicurezza). Inoltre, per quanto riguarda l’armamento e l’equipaggiamento, sarà decisivo il fatto che questa parte dell’esercito sia equipag-giata completamente, poiché non è possibile mantenere e sviluppare ulteriormente la competenza di difesa se nel sistema mancano componenti critici. Per l’esercito, il «potenziamento» non è un concetto totalmente nuovo. Già negli anni novanta del secolo scorso è stata decisa la rinuncia delle Forze aeree alla capa-cità di combattimento al suolo e, con la radiazione dal servizio dei Mirages III RS, negli ultimi anni è stata accettata anche una lacuna per quanto riguarda le capacità di ricognizione aerea. Il principio del potenziamento è pertanto già introdotto presso le Forze aeree, senza essere stato messo in discussione. Questo approccio sarà applica-to per analogia anche alle Forze terrestri. In passato ciò era sostenibile dal punto di vista militare e imposto dalla situazione finanziaria; i medesimi argomenti valgono ancora oggi. Il DDPS ha allestito uno studio di fattibilità per quanto riguarda il potenziamento. Lo studio ha evidenziato la solidità del concetto di potenziamento nonché il signifi-cato concreto di un potenziamento per la dottrina, la pianificazione, l’istruzione e l’acquisto d’armamenti. Tuttavia, dallo studio non è possibile dedurre quali sarebbe-ro le necessità (di tempo e finanziarie) per un potenziamento concreto; esso dipende-rebbe completamente dal tipo di minaccia militare concreta che si delineerebbe. Poiché un attacco militare contro la Svizzera è improbabile e – anche qualora doves-se avvenire – si situerebbe in un futuro lontano, e inoltre non è chiaro né da chi né con quali mezzi sarebbe condotto, non sarebbe sensato investire massicciamente già oggi in materiale utilizzabile soltanto per la difesa da un simile attacco e che poi risulterebbe tecnicamente obsoleto oppure, a causa della forma dell’attacco, non efficace. Anche sotto questo aspetto occorre salvaguardare la flessibilità. Riflessioni esclusivamente militari lo esigono e il senso della realtà finanziaria lo impone. Sulla base di tale studio si può constatare che la capacità di resistenza per un’opera-zione di sicurezza preventiva del territorio di media entità è data. Nel caso di un’operazione di vaste proporzioni (sicurezza dinamica del territorio, contro-concentrazione) è però necessario un potenziamento qualitativo e quantitativo.

29

1.2.2.4 Ampliamento delle capacità in materia di promovimento della pace

Le operazioni di pace sono uno degli strumenti della gestione delle crisi e dei con-flitti in ambito internazionale. Dalla fine della guerra fredda, esse si sono sviluppate tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello qualitativo. Nel quadro di tale evoluzione sono diventate uno strumento essenziale della gestione delle crisi e della prevenzione dei conflitti a livello internazionale; tale strumento costituisce spesso la premessa fondamentale per la ricostruzione in una regione di conflitto. Il numero di tali operazioni è fortemente aumentato. Oggi, per gli Stati occidentali la partecipa-zione alle operazioni di pace è perciò diventata un compito essenziale delle forze armate e viene considerata come una componente di una politica di sicurezza e di difesa intesa in senso globale. Nei prossimi anni, il DDPS amplierà le capacità di promovimento della pace fino a raggiungere un effettivo dell’ordine di 500 militari, che potranno essere impiegati in funzione degli interessi in materia di politica estera e di sicurezza della Svizzera nonché secondo le necessità della comunità internazionale. L’effettivo sarà raggiun-to gradualmente entro il 2008. L’ampliamento del promovimento militare della pace genererà, se saranno eseguiti impieghi nell’entità prevista, spese supplementari annue per un ammontare di 35 a 45 milioni di franchi. Il raddoppio delle capacità in materia di promovimento della pace richiede che tutte le unità organizzative dei subordinati diretti del capo dell’esercito mettano a disposizione personale militare e civile. È attualmente all’esame anche la possibilità di impiegare militari in ferma continuata.

1.2.2.5 Altre misure

Riserva Non saranno più costituite formazioni miste a livello di battaglione. L’organizzazio-ne della riserva comprenderà soltanto formazioni della riserva. I reparti attivi dispor-ranno soltanto di formazioni attive. Nelle Forze terrestri, le formazioni della riserva di entrambi i neocostituiti stati maggiori di brigata della riserva saranno subordinati in funzione dell’appartenenza linguistica. Tali stati maggiori assumeranno anche la responsabilità dell’istruzione dei quadri della riserva. Per quanto riguarda le Forze aeree, la Base d’aiuto alla condotta e la Base logistica dell’esercito, le formazioni della riserva – in parte ancora da costituire – saranno subordinate agli stati maggiori attivi (comando d’aerodromo, stato maggiore della brigata logistica e stato maggiore della brigata d’aiuto alla condotta), mentre per quanto riguarda le truppe della DCA, saranno subordinate alla Formazione d’addestramento della DCA. Le formazioni della riserva saranno equipaggiate soltanto con il materiale personale. L’istruzione degli ufficiali della riserva è mantenuta, analogamente a quanto avviene già oggi. Come finora, i riservisti sono tenuti al tiro obbligatorio.

Forze terrestri e Forze aeree La questione della possibilità di raggruppare le strutture di vertice delle Forze terre-stri e delle Forze aeree sarà esaminata nei dettagli entro la primavera del 2006. In seguito, il DDPS formulerà le pertinenti proposte.

30

Centri di reclutamento È attualmente all’esame una riduzione del numero dei centri di reclutamento della Svizzera tedesca. Nel 2006 saranno effettuati i pertinenti test. Si provvederà segna-tamente a verificare la possibilità di reclutare – per unità di tempo e centro di reclu-tamento – un maggiore numero di persone soggette all’obbligo di leva. In questo ambito, per il momento rimane valevole il Concetto relativo agli stazionamenti dell’esercito presentato il 6 dicembre 2005, vale a dire che si rinuncia ai centri di Losone e Steinen e il centro di Nottwil sarà abbandonato con effetto dal 1° gennaio 2008. Il centro di reclutamento del Monte Ceneri sarà definitivamente ampliato.

Concetto relativo agli stazionamenti dell’esercito Nel Concetto relativo agli stazionamenti dell’esercito, orientato di principio alla fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011, è stato definito il futuro fabbisogno di immobili per i settori dell’istruzione, dell’impiego e della logistica ed è stata effettuata una prima assegnazione sommaria dell’utilizzazione. Il Concetto è stato perfezionato con i Cantoni ed è approvato. L’approfondimento del suo grado di dettaglio avverrà in funzione delle necessità, nel quadro della pianificazione dell’attuazione, per lo più mediante l’elaborazione, entro il 2008, di concetti regionali o locali d’utilizzazione. Il Concetto relativo agli stazionamenti non è toccato dall’adeguamento dell’ordinanza dell’Assemblea federale sull’organizzazione dell’esercito. Qualora, a causa di procedure politiche in corso (iniziativa parlamentare Binder, Stazionamento di Dübendorf; iniziativa popolare Weber), dovessero cambiare le basi legali, esso dovrebbe tuttavia essere rielaborato.

Infrastruttura militare (Il pertinente testo sarà inserito nel messaggio).

Eccedenza di giorni di servizio L’eccedenza di giorni di servizio è la somma dei giorni di servizio risultanti da Esercito 95 che, per mancanza di necessità, non sono più stati prestati. L’azzeramento dell’eccedenza di giorni di servizio è stato esaminato dettagliatamen-te e si trova già nella fase d’attuazione. Si tratta di ridurre l’eccedenza di giorni di servizio tenendo conto del principio della parità di trattamento per quanto concerne l’obbligo militare e dei bisogni attuali dell’esercito. Dal mese di marzo 2004, l’ecce-denza è stata già ridotta da circa 55 000 a 24 000 militari. Entro la fine del 2006 si concluderà l’ulteriore fase di riduzione e di riorganizzazione: circa 12 000 militari saranno prosciolti per ragioni d’età e i rimanenti 12 000 saranno incorporati in reparti attivi per assicurare effettivi sufficienti nelle formazioni d’impiego.

1.2.3 Profilo delle prestazioni dell’esercito dopo l’attuazione della fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011

La fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 modificherà il profilo delle prestazioni dell’esercito. Esso sarà in grado, senza impiegare la riserva, di fornire contempora-neamente le seguenti prestazioni:

Prestazioni massime fornibili contemporaneamente dall’esercito dal 2008/2011 (senza impiego della riserva)

Figura 3 Profilo delle prestazioni dell’esercito 2008/2011

Capacitàdi resistenza

Salvaguardia della sovranità sullo spmediante sensori e il normale servizio

31

azio aereodi polizia aerea

Aiuto in caso di catastrofeca. 500 militari set

Tempo di preparazione

gi

timane

orni / settimaneAppoggio alle autorità civili

(protezione di conferenze, opere)ca. 6000 AdA

settimane

anniPromovimento della paceca. 500 militarisettimane

mesiSicurezza preventiva del territorio

Formazioni d'impiego, approssimativamedella forza di una brigata

ntesettimane

Appoggio alle autorità civili(compiti di protezione, guardia e sorve

ca. 500 militariglianza)giorni anni

Servizio di polizia aerea conpresenza rafforzata/in caso di

navigazione aerea limitatagiorni settimane

Salvaguardia/ulteriore sviluppo della competenzaForze di difesa o nucleo di potenziamento«Dife

in perma-nenza

di difesasa»

in perma-nenza

Appoggio alle autorità civili

Sicurezza delterritorio e difesa

Promovimentodella pace

immedia -tamente

immedia-tamente

Missioni dell'esercito: inpermanenza

Per la concretizzazione della fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 si presuppone quanto segue:

– le prestazioni richieste all’esercito devono essere garantite in ogni momento, anche durante la concretizzazione di detta fase di sviluppo, segnatamente per impieghi come quelli a favore di EURO 2008, WEF 2008 e seguenti ecc.,

– le necessità delle autorità civili in materia di appoggio da parte dell’esercito nei prossimi anni rimarranno invariate,

– tutte le missioni dell’esercito continuano a essere equivalenti e di importanza fondamentale,

– il potenziale massimo del 15% di militari in ferma continuata stabilito dalla legge dev’essere integrato nella pianificazione della fase di sviluppo.

La concretizzazione sarà compatibile con il principio di milizia tanto sotto il profilo temporale quanto sotto quello dei contenuti. Ciò implica anche il mantenimento di un numero adeguato di stati maggiori di brigata e di corpi di truppa. I quadri di milizia continueranno ad avere una funzione, delle prospettive di carriera e la possi-bilità di occupare funzioni di comando superiori. Per quanto riguarda l’assegnazione delle formazioni alle forze di sicurezza e alle forze di difesa, si mirerà a una soluzio-ne equilibrata, politicamente sostenibile e compatibile con il principio di milizia. Per quanto riguarda i modelli di carriera sarà assicurata la permeabilità tra forze di sicurezza e forze di difesa. L’attuazione sarà graduale. In una prima fase saranno realizzati gli stati maggiori dell’organizzazione di condotta e delle brigate, che diventeranno operativi dal 1° gennaio 2008. In una seconda fase, con effetto dal

32

1° gennaio degli anni 2009/2010/2011 avranno luogo progressivamente gli adegua-menti a livello di corpi di truppa. Le formazioni impiegate o in fase d’istruzione saranno equipaggiate integralmente, ma non sistematicamente, con il materiale corrispondente alle loro missioni o alla loro gamma di compiti. Il Concetto relativo agli stazionamenti, le direttive già stabilite per la riduzione del personale, per la messa fuori servizio di sistemi, per l’infrastruttura di combattimento, per la riduzione di stati maggiori e di corpi di truppa, per il servizio d’istruzione, per l’impiego dei militari di milizia, del personale militare e del personale civile all’estero sono vincolanti.

1.3 Risultati dell’indagine conoscitiva

(Il pertinente testo sarà inserito nel messaggio).

1.4 Modifiche rispetto all’avamprogetto sottoposto all’indagine conoscitiva

(Il pertinente testo sarà inserito nel messaggio).

1.5 Interventi parlamentari (stralcio)

Il trattamento dell’atto legislativo allegato consente lo stralcio del seguente interven-to parlamentare: proposta numero 6 del 31.1.05E, Commissione speciale programma di sgravio 2004 del Consiglio degli Stati (art. 4a cpv. 3bis della legge federale del 17 giugno 2005 sul programma di sgravio 2004).

2 Commento alle disposizioni dei singoli articoli 2.1 Art. 6 cpv. 1 lett. a, c, d, e, h nonché cpv. 3 e 4

(Struttura)

La riduzione delle capacità di difesa da un attacco militare riguarda soprattutto le formazioni meccanizzate delle Forze terrestri. Le formazioni della Base d’aiuto alla condotta e della Base logistica dell’esercito sono toccate proporzionalmente alla pertinente prestazione di supporto. Per quanto riguarda le Forze aeree, vengono ridotti il numero delle formazioni della DCA e degli aerodromi. I comandi degli aerodromi sono formati conformemente al Concetto relativo agli stazionamenti. Le forze di sicurezza sono realizzate mediante la ristrutturazione e l’incremento del numero dei battaglioni di fanteria delle Forze terrestri. Il principio di formazioni attive e di formazioni della riserva «pure» richiede adeguamenti in tutte le unità organizzative dei subordinati diretti del capo dell’esercito. La fase di sviluppo 2008/2011 comprende modifiche sostanziali nei settori degli stati maggiori di brigata, delle forze di sicurezza, delle forze di difesa, della difesa con-traerea, dell’aiuto alla condotta e di parte della logistica. Di principio, il numero

33

degli stati maggiori del livello tattico superiore viene ridotto. In tale contesto, sono previste le modificazioni seguenti:

– il comando dell’impiego delle Forze aeree è formato con parti dello Stato maggiore d’impiego delle Forze aeree.

– Numero delle brigate: – riduzione da nove a otto brigate, di cui due della riserva; – con la fase di sviluppo si adegua anche l’organizzazione degli stati

maggiori di brigata, allo scopo di assicurare la loro capacità di resisten-za.

La subordinazione delle formazioni e la responsabilità per l’istruzione delle brigate rimangono invariate.

2.2 Art. 7 cpv. 2 lett. c n. 5 (Servizio dell’informazione alla truppa)

L’abrogazione di questa disposizione è determinata dal fatto che il Servizio dell’in-formazione alla truppa è diventato parte integrante di differenti frazioni dello stato maggiore dell’esercito e degli stati maggiori delle Grandi Unità e che pertanto non è più un servizio ausiliario autonomo.

2.3 Art. 13 cpv. 2 (Disposizioni d’esecuzione)

Nel quadro del rapporto unico del Consiglio federale all’Assemblea federale sulle strutture di condotta dell’esercito e sui rapporti di subordinazione conformemente all’articolo 13 capoverso 2 OEs (obiettivi del DDPS per il 2005, n. 171), il 2 dicembre 2005 il Consiglio federale ha licenziato, all’attenzione del Parlamento, il «Rapporto del Consiglio federale sull’organizzazione dell’esercito (OEs, art. 6: Struttura)». Il Rapporto sarà dibattuto in seno alla Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati nella sessione primaverile del 2006 e si trova pertanto nel processo parlamentare. Di conseguenza, il capoverso 2 può essere abrogato.

3 Ripercussioni 3.1 Ripercussioni per la Confederazione 3.1.1 Potenziale di risparmio risultante dalle misure 3.1.1.1 Ripercussioni finanziarie della fase di sviluppo

dell’esercito 2008/2011

Le decisioni adottate l’11 maggio 2005 dal Consiglio federale costituiscono la conferma dell’orientamento, conseguente al programma di sgravio 2003, del settore dipartimentale Difesa agli impieghi più probabili. L’obiettivo era la realizzazione di risparmi sui costi d’esercizio a favore degli investimenti.

34

I risparmi sono realizzati principalmente mediante una marcata riduzione nel settore della logistica, accompagnata da una pertinente riduzione del personale. In questo contesto va pure visto il Concetto relativo agli stazionamenti dell’esercito, i cui risultati rettificati confluiranno nel 2006 nel Piano settoriale militare. Le misure proposte nel presente messaggio consentono risparmi nei settori delle spese per l’istruzione, l’equipaggiamento e la manutenzione dell’ordine di 40 milio-ni di franchi l’anno. Inoltre, la Base logistica dell’esercito può ridurre ulteriormente le scorte e, grazie alle pertinenti minori spese nei settori della gestione del materiale, dell’infrastruttura logistica e del personale, risparmiare 130 milioni di franchi l’anno. Queste misure sono tuttavia già considerate nel nuovo Concetto relativo agli stazionamenti dell’esercito e ne presuppongono la realizzazione integrale. Mediante la riduzione della dotazione materiale delle formazioni della riserva, le misure d’accompagnamento genereranno risparmi annuali inferiori a 10 milioni e la riduzione dell’eccedenza di giorni di servizio permetterà complessivamente di realizzare risparmi unici inferiori a 20 milioni. Inoltre, in seguito alla riduzione del numero delle formazioni meccanizzate, in occasione degli acquisti sono necessari quantitativi inferiori, ciò che contribuisce a sostenere gli sforzi per raggiungere e mantenere un livello tecnologico moderno: più qualità, meno quantità.

3.1.1.2 Proposta del Consigliere agli Stati Pfisterer

Nella legge federale del 17 giugno 2005 sul programma di sgravio 2004, su proposta del Consigliere agli Stati Pfisterer la proposta del Consiglio federale relativa alla legge federale a sostegno di provvedimenti per migliorare le finanze federali è stata completata, all’articolo 4a, con il capoverso 3bis: Il taglio di cui al capoverso 1bis numero 2 nel 2008 è subordinato alla riserva che entro il 2006 l’Assemblea federale possa decidere in merito a eventuali modifiche delle basi giuridiche concernenti l’organizzazione, l’impiego e l’istruzione militari.

3.2 Ripercussioni sull’effettivo del personale

La concretizzazione della revisione dell’OEs non genera alcun fabbisogno di perso-nale supplementare. Il potenziale di risparmio per quanto riguarda il personale addetto all’istruzione e alla logistica confluisce nella pianificazione delle soppres-sioni di posti e delle ristrutturazioni nell’ambito del personale del settore dipartimen-tale Difesa. L’incremento dell’effettivo di personale per il settore del promovimento della pace sarà realizzato nel quadro delle direttive concernenti il personale.

3.3 Ripercussioni sui Cantoni e sui Comuni

La fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 non ha ripercussioni dirette sui Cantoni e sui Comuni poiché essa si attiene al Concetto relativo agli stazionamenti. La

35

costituzione e la soppressione di determinati battaglioni saranno oggetto di discus-sioni con i Cantoni a causa della composizione regionale.

3.4 Ripercussioni sull’economia

Da una prima analisi delle misure previste nella fase di sviluppo 2008/2011 emerge che non occorre attendersi ripercussioni sull’economia. Un esame approfondito delle ripercussioni economiche (valutazione dell’impatto della normativa) è attualmente in corso in collaborazione con il Segretariato di Stato dell’economia.

3.5 Altre ripercussioni 3.5.1 Ripercussioni materiali 3.5.1.1 Ripercussioni sull’equipaggiamento materiale

Con la fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 è possibile sistemare o per lo meno migliorare la situazione per quanto riguarda l’equipaggiamento materiale dei corpi di truppa, oggi in parte insoddisfacente. La riduzione delle formazioni da combatti-mento consente un equipaggiamento unitario e completo delle formazioni attive delle forze di difesa. Per quanto riguarda la dotazione materiale dei battaglioni di fanteria, occorre tenere conto del mutato profilo operativo della fanteria nell’ambito delle forze di sicurezza. I sistemi moderni che risulteranno in esubero in seguito alla fase di sviluppo dell’esercito 2008/2011 (per es. carri armati 87 Leopard, obici blindati 79/95) saranno disattivati e immagazzinati minimizzando le spese. Gli oneri e i benefici di tale disattivazione saranno periodicamente esaminati.

3.5.1.2 Ripercussioni sugli investimenti

La specializzazione dei ruoli e la riduzione delle capacità di difesa da un attacco militare non significano che in futuro gli investimenti (programmi d’armamento, dotazione materiale dell’esercito) potranno essere ridotti drasticamente. Indipenden-temente dall’ordine di priorità dei compiti, è necessario investire nell’esercito per evitare ritardi tecnologici. La riduzione a un nucleo di potenziamento della difesa presuppone che tale nucleo sia completo, ossia che, sotto il profilo qualitativo, comprenda tutti i mezzi necessari per un’operazione militare di difesa, anche se fortemente ridimensionati sotto il profilo quantitativo. Solo così il nucleo di poten-ziamento della difesa più essere addestrato in maniera credibile come sistema globa-le e in un quadro interami fino a livello di brigata. Questo è il fabbisogno minimo per assicurare la capacità di potenziamento e le basi per un eventuale potenziamento, che non può avvenire partendo da «zero». Inoltre, per quanto riguarda la dotazione di mezzi, il nucleo di potenziamento dev’essere mantenuto al livello tecnologico stabilito. Una rinuncia al mantenimento del valore e alla modernizzazione dei siste-mi necessari per la difesa da un attacco militare equivarrebbe all’abbandono del concetto di potenziamento. Di conseguenza, per il completamento del nucleo di potenziamento pure in avvenire saranno necessari investimenti. Contemporaneamente si tratterà però anche di pro-

36

cedere a uno spostamento delle priorità dai settori d’investimento usuali («mobilità», «effetto delle armi» e «protezione») al settore «capacità di condotta e d’esplorazione in tutte le situazioni».

3.5.1.3 Liquidazione del materiale

(Il pertinente testo sarà inserito nel messaggio).

4 Rapporto con il programma di legislatura

(Il pertinente testo sarà inserito nel messaggio).

5 Aspetti giuridici 5.1 Costituzionalità e legalità

La legislazione militare nonché l’organizzazione, l’istruzione e l’equipaggiamento dell’esercito competono alla Confederazione (art. 60 cpv. 1 Cost.). In questo ambito la Confederazione può perciò emanare l’ordinamento legale fondamentale. Per quanto riguarda l’organizzazione dell’esercito, essa ha emanato le pertinenti disposi-zioni negli articoli 92 e 149 della legge militare. Conformemente a tali disposizioni, i principi relativi all’organizzazione e alla struttura dell’esercito nonché alle Armi, alle formazioni di professionisti e ai servizi ausiliari sono emanati sotto forma di ordinanza dell’Assemblea federale. La vigente ordinanza dell’Assemblea federale sull’organizzazione dell’esercito (OEs) e il presente adeguamento soddisfano queste condizioni e sono pertanto conformi alla Costituzione federale e alle leggi.

5.2 Compatibilità con gli impegni internazionali della Svizzera

Il presente adeguamento dell’OEs non modifica nulla in questo ambito.

5.3 Forma dell’atto

L’atto legislativo sottoposto a revisione contiene disciplinamenti di natura piuttosto tecnica e conformemente alle nuove disposizioni dell’articolo 163 della Costituzione federale e dell’articolo 22 della legge sul Parlamento è stato emanato sotto forma di ordinanza dell’Assemblea federale (non soggetta al referendum).

37

5.4 Delega di competenze legislative

Il presente adeguamento dell’OEs non modifica in alcun modo le competenze legi-slative esistenti nel settore dell’organizzazione dell’esercito.

38