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DA MIGUEL HERNÁNDEZ *** Ho queste ossa fatte per le pene e queste tempie fatte per il dubbio, pena che va, dubbio che sopravviene come il mare dalla sponda alle sabbie. Come il mare dalla sponda alle sabbie io vago nel naufragio di va e viene in una notte nera di padelle rotonde, povere, misere e scure. Non c’è chi mi trarrà via dal naufragio, solo il tuo amore, zattera che procuro, la sola voce tua, nord a cui tendo; per questi schivando il cattivo presagio che neanche in te mai resterò al sicuro vago, tra pena e pena sorridendo.

Miguel Hernández: uno di quei morti che diventano grandi

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Traduzioni delle poesie di Miguel Hernández

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Page 1: Miguel Hernández: uno di quei morti che diventano grandi

DA MIGUEL HERNÁNDEZ

***Ho queste ossa fatte per le penee queste tempie fatte per il dubbio,pena che va, dubbio che sopravvienecome il mare dalla sponda alle sabbie.

Come il mare dalla sponda alle sabbieio vago nel naufragio di va e vienein una notte nera di padellerotonde, povere, misere e scure.

Non c’è chi mi trarrà via dal naufragio,solo il tuo amore, zattera che procuro,la sola voce tua, nord a cui tendo;

per questi schivando il cattivo presagioche neanche in te mai resterò al sicurovago, tra pena e pena sorridendo.

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ELEGIA A RAMON SIJÉ(Ad Orihuela, il paese suo e mio, mi è morto come un fulmine Ramon Sijé, con il quale tanto ci volevamo bene)

Piangendo voglio fare il contadinosulla terra che occupi e concimi,dell’anima compagno, tanto presto.

Il mio dolore senza alcun strumentogonfia le piogge e organi e conchigliee ai papaveri nello scoramento

il tuo cuore darò per nutrimento.Tanto dolore ingrossa nel costatoche dal dolore ho male a dare un fiato.

Uno schiaffo duro, un colpo gelato,un fendente invisibile e omicida,una spinta selvaggia ti ha prostrato.

Nulla è più vasto della mia ferita,piango la mia sventura e i suoi congiuntie sento la tua morte e non la vita.

Mi aggiro sopra stoppie dei defuntiE senza alcun calore né confortopasso dal mio cuore alle faccende.

Troppo presto la morte spiccò il volo,troppo presto quest’alba si è levata,troppo presto ti rivolti nel suolo.

Non perdono la morte innamorata,non perdono la vita disattenta,non perdono la terra o scuso nulla.

Un turbine sollevo tra le manidi fulmini, di pietre e asce stridentiAssetato e affamato di sciagure.

Voglio raschiar la terra con i denti,voglio scalzarla via zolla per zollamordendo a colpi secchi e incandescenti,

Voglio scavare fino ad incontrartie poi baciare il nobile tuo teschioe toglierti il bavaglio, e riportarti.

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Tornerai al mio giardino e presso il ficoper gli alti pergolati dei miei fiorisvolazzerà l’anima tua apiaria

di cere d’angelo e senza punture.Tornerai al cantare degli aratriche spingono i braccianti innamorati,

Rallegrerai l’ombra delle mie cigliae si contenderanno da ogni latoil tuo sangue le api e la tua sposa.

Il tuo cuore velluto già sciupatochiama a un campo di mandorle spumosel’avara voce mia d’innamorato

Presso le anime alate delle rose,del mandorlo di panna ti rivoglio,che noi dobbiamo dirci tante cose

mio compagno dell’anima, compagno

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CANZONE DELLO SPOSO SOLDATO

D’amore e di sementi ti ho popolato il ventre,ho prolungato l’eco di sangue a cui rispondoe attendo sopra il solco come l’aratro attende:sono arrivato al fondo.

Bruna dalle alte torri, alta luce e occhi alti,sposa della mia pelle, mio gran sorso di vita,pazzi i tuoi seni crescono verso di me con saltidi cerva fecondata.

Già tu mi sembri essere un cristallo delicato,che temo mi ti spezzi anche l’urto lieve,e a te come il ciliegio la mia pelle di soldatorinforzerebbe le vene.

Specchio della mia carne, sostegno alle mie aliti do vita nella morte, che mi danno e non prendo.Donna, donna ti amo accerchiato dagli spari,bramato dal quel piombo.

Anche sopra le bare in agguato e ferocisopra gli stessi morti senza scampo né fossaTi amo e vorrei, sposa, con tutto il petto di bacicoprirti nella polvere.

Quando vicino ai campi di battaglia ti pensala fronte che non placa né rinfresca la tua figura,Ti fai vicina a me come una bocca immensadi affamata dentatura.

Sentimi alla trincea, scrivimi nella lotta:qui con il fucile evoco il tuo nome e lo sigilloe difendo il tuo ventre, povera che mi aspetta,e difendo tuo figlio.

Nascerà nostro figlio con il pugno serrato,avvolto in un clamore di vittoria e chitarre,lascerò alla tua porta, la vita da soldatosenza artigli né zanne.

Per continuare a vivere devi uccidere per forza.Un giorno verrò all’ombra dei capelli lontani,dormirò nel lenzuolo di amido e di sfarzocucito dalle tue mani.

Page 5: Miguel Hernández: uno di quei morti che diventano grandi

Vanno dritte al parto le tue implacabili gambee l’implacabile bocca di labbra indomabili.E davanti al mio deserto di brecce e di bombetu percorri un cammino, di baci implacabili

Al figlio apparterrà la pace che sto forgiandoE infine in un oceano di ossa frantumanteIl tuo cuore ed il mio naufragheranno, restandonoi un uomo e un donna, dai baci consumati.

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ERA UNA FOSSA POCO PROFONDA

Era una fossa poco profondaquasi sul fiore dell’ombra.Non ci sarebbe stato un uomodentro la terra angusta.Lui ci entrò: per il suo corporestò ancora spazio di sopra,e non la volle riempireche la terra gettata perché copra.

Nella casa la felicitàle sue volte aveva innalzato.Dentro la casa c’erasempre una luce vittoriosa.La casa diventa una fossa.

Io non vorrei che tuttaquella luce dileguasse dalla stanza sconfitta.

Però quando piove sentoche lo splendore si sfioca,e rinverdiscono i mobiliscoloriti goccia a goccia.Ricordi dell’allegria,ceneri nascoste, doranocerte volte le paretipiene della triste storia.

Ma la casa non è,non può essere altra cosache una bara con finestrecon porte verso l’aurora;fuori rondini e dentroGli archi si logorano.

Nella casa manca un corpoche le allodole agitavano

L’allegria tra di noiè una ventata torva.

Nella casa manca un corpoche dalla terra straborda.

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ELEGIA SECONDA(a Pablo De La Torriente, Commissario Politico)

Il giorno 19 Dicembre è caduto, in mezzo al fuoco della battaglia, Pablo De La Torriente-Briau, commissario politico che, dalla sua patria, venne a difendere la nostra sopra la terra libera di Castiglia. Figlio di un popolo preda dei tiranni, rappresenta tutto il sangue degli oppressi che si dà interamente per la liberta di tutti i popoli. L’ombra che in vita lasciava sotto al sole con la sua morte sale, sempre più grande, verso la luce.

«Me ne resterò in Spagna compagno»,mi dicesti con fare innamorato.E infine senza il tuo tuonare da guerrierosopra l’erba di Spagna sei restato.

Nessuno ti piange accanto:dal soldato al comandante indurito,tutti ti scrutano, circondano, ti badanocon occhi di minaccioso granito,e ciglia accese che tutto il cielo accendono.

Valentín il vulcano che se piangerà alcunelacrime mai le piangerà di ferrosi veste commosso d’allegriaal funerale per ingrossarne il fiume.

Come l’incudine che ha perso il suo martelloManuel Moral sta zitto,rabbioso e schietto.

E molti capitani e molti commissariti levano dei pezzi di mitragliati offrono trofei funerari.

non parlerai mai più di vivi e mortiora godi la morte dell’eroe e la vitanon ti vedrà per strada o nei portipassare come una raffica potente.

Pablo De la Torriente,sei restato in Spagnae nella mia anima caduto:mai più il sole ti scalderà la fronte,prenderà la tua altezza la montagnae il tuo vigore il toro nel muggito.

Di un aspetto luminosole piume e i baci hai perso,

Page 8: Miguel Hernández: uno di quei morti che diventano grandi

con il sole spagnolo dritto in visoe di Cuba nelle ossa.

Sfilate davanti al cubano generoso,omini della sua Brigata,con il fucile furioso,gli stivali adirati e la mano irrigidita

Guardatelo sorridere alla terra,e tra i suoi denti muti chiedere vendettaai nostri più fioriti battaglionie ai suoi uomini come brusche saette.

Di fronte a Pablo i giorni si arrestano e non vanno avanti.Non temiate che invano si spenga il suo sangue,perché questo è di quei morti che diventano grandisebbene il tempo devasti il suo scheletro gigante.