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Tu sei Cadmo…testimone Koh, Yang, Boo A pochi chilometri dalla costa della Corea del Sud si trovava l’isola disabitata di Cheju. Un giorno tre umonini-spiriti, Koh, Yang e Boo, emersero da una delle migliaia di grotte del monte Halla-san che si erge al centro dell’isola. Questa montagna era piena di cascate, grotte e laghi ed era così alta che dalla cima si poteva vedere tutta l’isola e lontano il mare. I tre fratelli vivevano da soli a Cheju, cacciando gli animali selvaggi e raccogliendo la frutta che spontaneamente cresceva sugli alberi. Un giorno sulla spiaggia dell’isola arrivò una cassa di legno. Nessuno sapeva chi l’avesse mandata né da dove arrivasse ma di certo proveniva da lontano, da una terra al di là del mare. Dalla cassa di argilla chiusa con un sigillo color porpora uscirono tre vergini bellissime. Le tre fanciulle stringevano nel pugno qualcosa di speciale: i semi di cinque tipi di granaglie che diedero in dono ai tre fratelli. Le tre fanciulle venute da lontano insegnarono ai tre uomini-spiriti a coltivare la terra e allevare gli animali. Koh, Yang e Boo sposarono le tre vergini. Dalla loro unione provengono gli abitanti di Cheju che ancora oggi ricordano la storia dei tre uomini-spiriti e delle tre vergini straniere nel santuario costruito sulla grotta del monte Halla-san.

Miti di fondazione

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I miti di fondazioni presentati nel seminario "La città parla, il corpo racconta".

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Page 1: Miti di fondazione

Tu sei Cadmo…testimone Koh, Yang, Boo A pochi chilometri dalla costa della Corea del Sud si trovava l’isola disabitata di Cheju. Un giorno tre umonini-spiriti, Koh, Yang e Boo, emersero da una delle migliaia di grotte del monte Halla-san che si erge al centro dell’isola. Questa montagna era piena di cascate, grotte e laghi ed era così alta che dalla cima si poteva vedere tutta l’isola e lontano il mare. I tre fratelli vivevano da soli a Cheju, cacciando gli animali selvaggi e raccogliendo la frutta che spontaneamente cresceva sugli alberi. Un giorno sulla spiaggia dell’isola arrivò una cassa di legno. Nessuno sapeva chi l’avesse mandata né da dove arrivasse ma di certo proveniva da lontano, da una terra al di là del mare. Dalla cassa di argilla chiusa con un sigillo color porpora uscirono tre vergini bellissime. Le tre fanciulle stringevano nel pugno qualcosa di speciale: i semi di cinque tipi di granaglie che diedero in dono ai tre fratelli. Le tre fanciulle venute da lontano insegnarono ai tre uomini-spiriti a coltivare la terra e allevare gli animali. Koh, Yang e Boo sposarono le tre vergini. Dalla loro unione provengono gli abitanti di Cheju che ancora oggi ricordano la storia dei tre uomini-spiriti e delle tre vergini straniere nel santuario costruito sulla grotta del monte Halla-san.

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Tu sei Koh, Yang Boo…testimone di Cadmo Molti molti secoli fa Agenore, il re della colonia fenicia di Tzur nell’attuale Sardegna, mandò i suoi figli maschi alla ricerca della sua unica figlia femmina, rapita da Zeus a causa della sua bellezza. Uno di questi figli era Cadmo, che partì versola Grecia alla ricerca della sorella Europa. Quando arrivò dall’oracolo di Delfi per essere aiutato, questo gli disse: “Non cercare più tua sorella, ma quando riprendi il cammino segui la vacca e dove lei si fermerà per riposare, tu fonderai una città”. Cadmo lungo la sua strada incontrò una vacca che seguì sino a quando non si fermò. Capì che si stava realizzando la previsione dell’oracolo. Il luogo dove si fermò la vacca si chiamava infatti Beozia che significa “il paese della vacca”. Decise allora di sacrificare la vacca ad Atena e mandò i suoi uomini a prendere dell’acqua nel fiume vicino. Il fiume era protetto da un drago che mangiò i soldati di Cadmo, ma lui si vendicò uccidendo il drago. Cadmo sacrificò allora la vacca agli dei. Atena, per riconoscenza, disse a Cadmo di seminare i denti del drago ucciso. Da questi denti nacquero dei soldati, gli Sparti,il cui nome significa “i seminati”. Gli Sparti erano dei soldati valorosi ma minacciosi, così Cadmo tirò delle pietre in mezzo a loro. Gli Sparti, credendosi attaccati, si scagliarono uno contro l’altro sino a che non rimasero solo in cinque: questi furono gli antenati dei Tebani. E fu così che Cadmo, dopo un lungo viaggio dall’Occidente che lo portò sino in Beozia, fondò la città di Tebe. Atena proclamò Cadmo re di Tebe e lo fece sposare con Armonia, una bellissima principessa orientale.

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Tu sei Manco Capac…testimone di Tenoch Narra la leggenda che tantissimo tempo fa, nel Messico del Nord, in un paese chiamato Aztlan, viveva un popolo di coraggiosi guerrieri: gli Aztechi. Essi veneravano una gran moltitudine di divinità che identificavano con le forze della natura, come le stelle, la luna,il vento, l’acqua, il mais… che dominavano ogni aspetto della loro vita. Ma il loro dio più importante era Huitzilopochtli, dio del Sole e della Guerra, protettore e guida del popolo. Solo lui poteva indicare il luogo dove la tribù avrebbe dovuto fondare la propria capitale, manifestando la propria volontà con una visione. E così avvenne.

La tribù si mise in viaggio guidata dal sommo sacerdote Tenoch. Fu un viaggio lungo e faticoso, in attesa del segnale che avrebbe indicato loro la meta. Finché un giorno, giunti al centro del Messico, Tenoch ebbe una visione. Vide Huitzilopochtli che gli disse: - Recati nel luogo dove un’aquila con

un serpente tra gli artigli è posata su un cactus, lì sorgerà la nuova patria.- Huitzilopochtli allora strappò il cuore di Copil, il mago figlio della luna, e lo gettò nel fiume. Il cuore viaggiò trasportato dalla corrente finché giunse nella terra delle aquile e si posò su un isolotto in mezzo ad una lago. Dal cuore germogliò un cactus e i suoi frutti, i fichi d’India rossi, erano il segno del suo cuore. All’improvviso comparve un’aquila che disse: - Sono io il dio del Sole, quando troverete me che mangio un serpente, quello sarà il segno e quel luogo sarà il luogo prescelto che chiamerete Tenochtitlán.- Il giorno seguente il sacerdote radunò la tribù e raccontò il suo sogno. Gli infaticabili guerrieri si rimisero subito in cammino alla ricerca del luogo che Huitzilopochtli aveva loro indicato nel sogno. Una sera, quando il sole era già tramontato, videro un lago che, illuminato dalla luna, sembrava uno specchio. Era il lago di Texcoco, che al centro aveva un isolotto. Videro la luna specchiarsi sulle sue acque, sembrava che l’isolotto fosse il suo ombelico. Decisero allora di fermarsi e chiamarono il posto MEXICO Me (stl) = luna Xi (chtl) = centro Co = ombelico All’improvviso un’aquila volò su uno spinoso fico d’India che cresceva sull’isolotto in mezzo al lago. Gli Aztechi capirono subito di essere giunti alla meta. Lì fondarono la loro capitale, Tenochtitlán, il luogo del fiore di cactus. Per diventare il popolo eletto gli Aztechi avevano però il compito di nutrire e servire gli dei in eterno. Ma il cibo che serviva a nutrire il dio del Sole non poteva essere una cosa comune, doveva essere qualcosa di più importante e di prezioso per gli uomini: il loro sangue e il loro cuore, così come il frutto del cactus era il cuore di Copil. Questo era il patto che il dio Sole aveva fatto con gli Aztechi. Sulle ceneri di Tenochtitlán sorge oggi Città del Messico.

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Tu sei Gilgameš… testimone di Asena In un villaggio dell’Asia centro-orientale, un esercito di soldati cinesi ha ucciso tutti gli abitanti. L’unico sopravvissuto è un bambino nato da pochi giorni. Asena, una lupa dal manto azzurro-grigio lo trova e decide di nutrirlo e accudirlo. Il bambino diventa un uomo forte e robusto e dall’unione con Asena nascono dieci figli, metà uomini e metà lupi. Uno di loro, Ashina, diventa il primo capo del clan dei Göktürks, i “Turchi Celesti”. Il clan dei Göktürks, vive protetto dall’inaccessibile valle di Ergenekon, circondata da monti di ferro. Quando il clan è forte e numeroso, la lupa Asena mostra al capo Bumin Khan la strada per uscire dalle montagne e conquistare l’antica capitale unna Otukan. La lupa grigia diventa il simbolo dei Göktürks,, e da esso viene la loro potenza: sconfiggendo i nemici più potenti, i Cinesi e gli Uiguri, Bumin Khan riunisce le tantissime tribù nomadi dell’Asia dando vita al primo impero turco.

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Tu sei Tenoch… testimone di Manco Capac Inti, il dio Sole, sposò la sorella Mama Quilla, la madre Luna, e diede vita al primo uomo Inca, Manco Capac, e alla sorella Mama Ocllo. Manco Capac e Mama Ocllo divennero marito e moglie, e partirono dal lago Titicaca mandati dal padre Inti alla ricerca del luogo dove sarebbe sorta la capitale dell’impero Inca. Dopo un lungo viaggio, Inti piantò un bastone d’oro nel punto esatto su cui costruire il Tempio del Sole e la città. Lì venne costruita Cuzco, il cui nome significa in lingua chequa “centro, ombelico”, perché qui confluivano i tre mondi della religione Inca: Hanan Pacha, il mondo di sopra dove vivono le divinità; Kay Pacha, il mondo di qui; Uku Pacha, il mondo di sotto dove risiedono le anime dei morti.

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Tu sei Romolo… testimone di Caino Caino fu il primo uomo ad essere generato sulla terra, dopo la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, il Paradiso Terrestre. Caino era un agricoltore, mentre suo fratello Abele era un pastore. Dopo che Dio preferì il sacrificio di Abele a quello di Caino, questi, preso dalla gelosia e dalla rabbia, uccise il fratello e, non mostrando pentimento e rimorso, fu condannato da Dio ad errare per tutta la terra e a soffrire per coltivarla. Caino si diresse verso la terra di Nod, prese moglie e dalla loro unione nacque Enoch. Dopo la nascita del primogenito, Caino fondò la prima città, a cui diede il nome di suo figlio, Enoch. La città sorse nel deserto e insieme alla legge e al rito, vede fiorire la tecnologia e l'arte.

I nomi portano in sé il segno della storia raccontata: Caino viene dal verbo qana “costruire, produrre” e significa “artefice, fabbro”; Nod significa “la terra dell’errante”; Enoch vuol dire “cominciare, inizio”.

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Tu sei Sunjata Keita… testimone di Keyumars Keyumars fu il primo shah del mondo, ricevette da Ahura Mazda, Essere Supremo dello Zoroastrismo, il farr, lo splendore soprannaturale riservato ai re. Suo figlio Siyamak era amato da tutti, tranne che da Ahriman, il Male, che inviò contro di lui un esercito guidato dal figlio demoniaco. Nella guerra, Siyamak fu ucciso e Keyumars rimase a lutto per un anno, finchè l’angelo Sorush annunciò il nuovo attacco di Ahriman. Questa volta il nipote Hushang riuscì a sconfiggere il nemico, legandolo e decapitandolo. Keyumars fu per 33 anni il re di un regno potentissimo e fondò la città di Balkh, nell’attuale Afghanistan, così bella e potente da competere con Ninive e Babilonia. Per molto tempo fu la sede centrale dello Zoroastrismo, religione fondata da Zoroastro, e fu il luogo dove Zoroastro morì. Alcuni chiamano la città Zariaspa, per la presenza di un importante tempio del fuoco, Azar-i-Asp. Gli arabi la chiamano “Madre delle Città” per la sua antichità. Quando Keyumars morì, lasciò il trono al nipote Hushang.

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Tu sei Keyumars…testimone di Sundjata Keita

Il nome "Sundjata" deriva da quello di sua madre, chiamata Sogolon, la "donna bufalo", dal corpo bozzuto e una gran gobba pelosa, e Jata "leone". Sunjata era figlio di Maghan Kon Fatta, il bellissimo re di uno dei dodici regni del Manden corrispondente agli odierni Guinea settentrionale e Mali meridionale. A Maghan era stato predetto: “il seme di quel grande albero che è destinato a diventare il tuo regno non è stato ancora gettato. Un animale forte lo custodisce: un bufalo. Sposa la donna che più assomiglia ad un bufalo, e da lei nascerà colui che renderà imperituro il nome del tuo impero”. Infatti, questa profezia si avverò e il cantastorie, griot di Sunjata Keita narrerà: “Eccoci alla fine di dure prove. Noi siamo in pace: Dio sia lodato. Ma questa pace noi la dobbiamo a un uomo che con tutto il tuo coraggio e il tuo valore, ha saputo condurre le nostre truppe alla vittoria. Chi di noi, da solo, avrebbe osato affrontare Sumaoro grande dittatore nonché despota che teneva sotto occupazione tutta l’Africa occidentale? Sì, noi eravamo tutti codardi. Quante volte gli abbiamo versato il tributo! L’insolente pensava che tutto gli fosse permesso! Quale famiglia non è stata disonorata da Sumaoro? Ci ha preso le figlie e le mogli e noi eravamo più codardi delle donne. Ha spinto le sua insolenza fino a rapire la moglie di suo nipote Fakoli! Eravamo piegati e umiliati di fronte ai nostri

figli. Ma è in mezzo a tutte queste disgrazie che improvvisamente il nostro destino è cambiato: un nuovo sole si è alzato a est. Nanà Triban, la sorella di Sunjata Keita, profonda conoscitrice del mondo degli spiriti scopre il punto debole di Somuourou Kantè. Si introduce nelle stanze segrete del suo palazzo e fingendosi sua amante, scopre il suo tama, il suo modo di essere vulnerabile. Bisognava colpirlo con una freccia di legno che avesse come punta lo sperone di un gallo bianco. Così dopo la battaglia di Tabon ci siamo sentiti uomini, abbiamo capito che Sumaoro era un essere umano e non l’incarnazione del diavolo, o invulnerabile a qualsiasi tipo di arma perché protetto dai jin, gli spiriti malefici. E’ a te che io ora mi rivolgo figlio di Sogolon, i dodici re del “chiaro paese” della savana si levano e ti proclamano Mansa. Sunjata, le dodici lance reali sono piantate davanti al palco. Sunjata sei diventato imperatore”.

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Tu sei Asena… testimone di GILGAMEŠ “Proclamerò al mondo le imprese di Gilgameš, ricordato per la sua vigoria, funesta per i cittadini di Uruk, per lo scontro con l’uomo-bestia Endkidu, creato per distruggerlo e divenuto poi suo amico, per la morte di questi, la ricerca del modo di superare la morte. Gilgameš vero eroe nazionale mesopotamico, l’uomo a cui erano note tutte le cose, il re che conobbe i paesi del mondo. Era saggio; vide misteri e conobbe cose segrete; un racconto egli ci recò nei giorni prima del Diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò si riposò, su una pietra l’intera storia incise. Quando gli dei crearono Gilgameš gli diedero un corpo perfetto. Il sole glorioso lo dotò di bellezza, Adad, dio della tempesta, lo dotò di coraggio, i grandi dei resero perfetta la sua bellezza, al di sopra di ogni altro, terribile come gran toro selvaggio. Per due terzi lo fecero dio e per un terzo uomo. A Uruk costruì mura, un gran bastione, e il tempio del sacro Eanna per Anu dio del firmamento e per Ištar dea dell’amore. Guardalo ancor oggi: il muro esterno lungo il quale corre il cornicione brilla dello splendore del rame, e il muro interno non ha eguali. Tocca la soglia: è antica. Avvicinati alla dimora di Ištar, nostra signora dell’amore e della guerra, all’Eanna che nessun re dei nostri giorni, nessun uomo vivente possono eguagliare. Sali sulla muraglia di Uruk e percorrila, ti dico; osserva il terrapieno delle fondamenta, esamina la muratura: non è forse di mattone cotto e di buona fattura? I sette saggi posero le fondamenta”.

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Tu sei Caino… testimone di Romolo Secondo la leggenda Romolo e Remo erano figli di Marte e di Rea Silvia, sacerdotessa vestale nipote del re di Alba Longa, Numitore, diretto discendente di Enea. Amulio costringe la figlia Rea Silvia a diventare vestale e a fare quindi voto di castità. Tuttavia il dio Marte s'invaghisce della fanciulla e la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo. Il re Amulio ordina l'uccisione dei gemelli, ma il servo incaricato di eseguire l'assassinio non ne trova il coraggio e li abbandona alla corrente del fiume Tevere. La cesta nella quale i gemelli sono stati adagiati si arena sulla riva, presso la palude del Velabro tra Palatino e Campidoglio in un luogo chiamato Cermalus, dove si trovava il fico ruminale. Qui i due vengono trovati e allevati da una lupa e da un

picchio che li protegge, entrambi animali sacri ad Ares. Li trova poi il pastore Faustolo che insieme alla moglie Acca Larenzia li cresce come suoi figli. Una volta divenuti adulti e conosciuta la propria origine, Romolo e Remo fanno ritorno ad Alba Longa, uccidono Amulio, e rimettono sul trono il nonno Numitore. Romolo e Remo, non volendo abitare ad Alba senza potervi regnare almeno fino a quando era in vita il nonno materno, ottengono il permesso di andare a fondare una nuova città, nel luogo dove erano cresciuti. Romolo vuole chiamarla Roma ed edificarla sul Palatino, mentre Remo la vuole battezzare Remora e fondarla sull'Aventino. È lo stesso Livio che

riferisce le due più accreditate versioni dei fatti: « Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli aruspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium , il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura.» In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore. »

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Tu sei NOMMO… testimone di EUROPA

Quando il dio Zeus vide Europa, la figlia del re Agenore di Tharros se ne innamorò immediatamente. La fanciulla giocava insieme ad altre coetanee raccogliendo dei fiori nei pressi della spiaggia. Zeus allora ordinò a Ermes di guidare i buoi del padre verso quella spiaggia. Lì prese le sembianze di un candido toro bianco, le si avvicinò e si stese ai suoi piedi. Europa salì sul dorso del toro. Questi, improvvisamente, si mise a correre e la portò attraverso il mare fino all'isola di Creta. Il dio rivelò quindi la sua vera identità e tentò di usarle violenza, ma Europa resistette. Dopo essersi trasformato in aquila riuscì infine a sopraffarla. Il padre degli dei successivamente ricreò la forma del toro bianco nelle stelle che compongono la Costellazione del Toro.

Agenore mandò i suoi tre figli in cerca della sorella, dicendo di tornare solo con la sorella. Durante la ricerca il fratello Fenice, dopo varie peregrinazioni, divenne il capostipite dei fenici; un altro fratello, Cilice, si instaurò in un'area sulla costa sudorientale dell'Asia Minore a nord di Cipro e divenne il capostipite dei cilici; Cadmo, il fratello più famoso, arrivò fino in Grecia dove fondò la città di Tebe. Nessuno di loro ritrovò Europa.

Intanto Europa ebbe tra figli da Zeus, Minosse, Radamante e Sarpedone e sposò il re di Creta Asterio da cui ebbe una figlia. Divenne così la regina di Creta. In onore suo e del figlio Minosse i Greci diedero il nome "Europa" al continente che si trova a nord di Creta e il nome di “europei” agli abitanti dell'estremità occidentale del continente asiatico.

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Tu sei EUROPA… testimone di NOMMO

Il dio Amma creò innanzitutto cielo, stelle, Luna e Sole. Poi, modellata con le mani una manciata di argilla, la lanciò nell’aria, come già aveva fatto per gli astri. L’argilla si distese a forma di corpo di donna: la Terra. Il dio desiderava possederla; ma lo impedì l’erezione del clitoride-termitaio. L’Onnipotente, abbatté il termitaio ribelle e si unì alla Terra così uccisa: la volpe nacque da questa prima unione segnata da violenza. Dall’unione successiva venne generata la prima coppia di gemelli, una coppia primigenia dal nome Nommo.

Nommo era umano dalla testa alle reni, sotto era fatto di serpenti. Gli occhi, rossi, erano tagliati come quelli degli uomini e la loro lingua biforcuta come quella dei rettili. Le braccia sottili non avevano articolazioni. Tutto il loro corpo era verde e liscio, scivoloso come la superficie dell’acqua, provvisto di peli corti e verdi, annuncio di vegetazioni e germinazione. La coppia era nata completa e perfetta; per il numero delle sue membra, la sua cifra era otto, simbolo della parola. La coppia possedeva in sé anche l’essenza di Dio, poiché era fatta del suo seme che è a un tempo il

sostegno, la forma e la materia della forza vitale del mondo, sorgente di movimento e di persistenza nell’essere, potenza dell’acqua.

Nommo vide dall’alto la madre Terra, nuda e senza parola. Scese allora su di lei portandole un primo vestito fatto di fibre di piante già create nelle regioni celesti: atto di pudore e, nello stesso tempo, secondo gesto atto a ordinare l’universo dopo quello violento del dio che per sempre aveva distinto, mutilandone il corpo, la donna dall’uomo. Le fibre intrecciate portate alla madre dal Nommo erano un primo, elementare “linguaggio” dato alla Terra.