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“Il coraggio di essere liberi” Per ottenere un cambiamento radicale, bisogna avere il coraggio di inventare l'Avvenire. Tutto quello che viene dall'immaginazione dell'uomo è realizzabile. (Thomas Sankara) UNA POLITICA DI QUALITA’ PER UN FUTURO MIGLIORE 4° CONGRESSO REGIONALE PISA, 24 ottobre 2010 MOZIONE POLITICA DI ALESSANDRO CRESCI

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“Il coraggio di essere liberi”

Per ottenere un cambiamento radicale, bisogna avere il coraggio di inventare l'Avvenire. Tutto quello che viene dall'immaginazione dell'uomo

è realizzabile. (Thomas Sankara)

UNA POLITICA DI QUALITA’ PER UN FUTURO MIGLIORE

4° CONGRESSO REGIONALE PISA, 24 ottobre 2010

MOZIONE POLITICA DI ALESSANDRO CRESCI

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Sommario

1. La nostra missione...........................................................................................................3 2. Il quadro di riferimento politico .........................................................................................3 3. Passi concreti da sogno a realtà......................................................................................4

3.1. La partecipazione......................................................................................................4 3.2. L’uso consapevole del territorio.................................................................................5 3.3. I servizi pubblici .........................................................................................................6 3.4. Infrastrutture e attività produttive ...............................................................................7 3.5. Sicurezza ..................................................................................................................8 3.6. Una innovativa governabilità regionale......................................................................8

4.Organizzazione del partito ................................................................................................9 4.1. Radicamento e gestione economica .........................................................................9 4.2 Il valore della militanza .............................................................................................10 4.3. Condizioni e criteri di candidature e nomine............................................................10 4.4. La politica dei piccoli passi e delle poche risorse ....................................................11

5. Pari diritti e pari opportunità: nel rispetto delle differenze. .............................................12 5.1. Le pari opportunità: un valore costituzionale. ..........................................................12

6. Diritto al lavoro...............................................................................................................14 6.1 Diritto al lavoro per le categorie ‘deboli’....................................................................16

7. Diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro ........................................................................17 8. Innovazione e accesso al credito...................................................................................18 9. Servizio sanitario regionale............................................................................................19 10. Per un deciso rilancio di istruzione e cultura................................................................21

10.1 La responsabilità della gestione politica della cultura.............................................22 11. Trasporti e infrastrutture viarie e telematiche...............................................................23 12. Immigrazione e diritti....................................................................................................25 13. Noi e gli altri animali.....................................................................................................27

13.1. Animali : “soggetto di diritto” ..................................................................................27 13.2. Contro la vivisezione .............................................................................................28

14. La pace è un diritto ......................................................................................................29 APPROFONDIMENTI TEMATICI ......................................................................................31 1. Le condizioni materiali della sostenibilità .......................................................................31 2. Dal primato della quantità al primato della qualità .........................................................34 3. Mercato, consumo, rifiuti................................................................................................36 4. Ulteriori approfondimenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.........................................39 5. La scuola .......................................................................................................................42 6. Sintesi programmatica verso la qualità ..........................................................................45

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1. La nostra missione

La persona e la qualità della vita sono l'anima del nostro programma perché

rappresentano i valori radicati nelle nostre coscienze e i principi sanciti nella nostra

Costituzione.

L’impegno comune è quello di riattivare il dialogo e il confronto cercando di

ricondurre la politica tra la gente. Un percorso necessario per “governare rinnovando”:

una necessità che è stata colpevolmente consegnata ad interessi particolari con

conseguenze negative per la collettività e per la politica stessa.

I valori fondanti del nostro partito nelle sue diverse sensibilità l’equità sociale e i

diritti civili, il lavoro e la casa, l’ambiente e la salute, la pace e la cultura, la legalità e

l’etica, la solidarietà e l’accoglienza verso i più deboli, oggi più che mai sono

indispensabili per garantire una forte spinta al cambiamento e un futuro migliore alle

prossime generazioni.

Per questo il nostro impegno è quello di ricondurre la politica, in funzione del bene

comune, dentro un’ottica di sviluppo globale sostenibile sotto il profilo economico,

ambientale, sociale e culturale.

2. Il quadro di riferimento politico

Siamo un partito che a tutti i livelli, pur rimarcando la propria autonomia politica e

culturale, ha scelto da sempre come quadro di riferimento il campo del centro-sinistra,

all'interno del quale ha un rapporto costruttivo e proficuo, attento alla tutela dei diritti delle

persone, alla difesa dei più deboli, alla realizzazione di uno stato sociale più solidale e più

avanzato.

L'esperienza positiva della coalizione di centro-sinistra nelle elezioni regionali in

Toscana non può far dimenticare, però, il grido di allarme che viene da una sempre più

grande parte di cittadini, i quali non esercitano più il loro diritto di voto. Non dobbiamo

dimenticare questo messaggio lanciato forte e chiaro dagli elettori: "cambiate politica

altrimenti rimarrete da soli". A giudicare da quello che sta avvenendo sembra che il

segnale non sia ancora arrivato a destinazione. Siamo quindi ad un passaggio cruciale in

cui occorre essere estremamente precisi: questo centro-sinistra, per mancanza di un

progetto alternativo chiaro, condiviso e percorribile, è stato punito dal risultato elettorale

alle ultime elezioni politiche nel modo che conosciamo. A questo punto è inevitabile

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domandarci se è ancora uno strumento utile per combattere l'egemonia delle destre,

gestita da Berlusconi in prima persona. La nostra risposta è no!

Pensiamo sia tempo di uscire dalle logiche delle alleanze “matematiche” costruite

con il bilancino; è ora di dire ai nostri alleati che per noi questo metodo è sbagliato e che

siamo pronti a lavorare per costruire un nuovo centro-sinistra, uno schieramento per le

riforme, non trasformista, ma che si prepari ai futuri confronti elettorali con un progetto

chiaro imperniato sulla qualità della vita nel nostro paese, già a partire dalle prossime

elezioni, a tutti i livelli, del 2011.

Ha ragione da vendere il nostro Presidente Di Pietro quando dice che senza

abbandonare il “cerchiobottismo” degli ultimi anni il centro-sinistra non potrà mai

recuperare posizioni credibili per ritornare maggioranza nel paese, e per quanto ci

riguarda è necessario lavorare per evitare l'inarrestabile erosione di credibilità della

coalizione.

Il confronto va aperto con tutte le forze democratiche che non sono confluite nel

blocco di centro-destra e che, come noi, fanno una scelta chiara di campo. Pensiamo

che ciò debba avvenire nel quadro della costruzione di una nuova alleanza, imperniata su

un programma riformista chiaro agli occhi degli elettori e condiviso dai contraenti.

I nostri alleati di centro-sinistra devono essere soggetti con cui confrontarci da una

posizione di pari dignità e mai di sudditanza. Il mandato che gli elettori ci hanno dato non

è per fare accordi di desistenza col gli alleati, ma ha molto a che vedere con la fermezza

delle nostre posizioni. Una parte della nostra appetibilità è dovuta proprio alla crisi dei

nostri alleati, che non riescono ad essere aderenti alle aspettative dei loro elettori. Chi ci

ha votato lo ha fatto proprio per avere una politica migliore, più coerente, più vicina ai

propri desideri e sogni. Se non manterremo questa rotta, dimostreremo di aver tradito il

mandato elettorale.

3. Passi concreti da sogno a realtà

3.1. La partecipazione Noi dell'Italia dei Valori, che ci riconosciamo in questa mozione, lavoriamo affinché

la Toscana del FUTURO continui ad essere il luogo della ricerca di un rapporto proficuo

tra cittadini e istituzioni, tra politica e forme di aggregazione sociale.

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Il metodo per perseguire questo obiettivo, prima di tutto si deve caratterizzare con la

creazione e la valorizzazione di strutture che sappiano integrare la democrazia delegata,

ormai insufficiente come dimostra la crescente astensione dal voto, con pratiche di

democrazia partecipata che facciano sentire realmente protagonisti delle decisioni i

cittadini e le comunità della Toscana. Riteniamo fondamentale, e per questo necessario,

consolidare la partecipazione come metodo per decidere priorità e progetti strategici,

secondo una visione non settoriale ma complessa e integrata dello sviluppo.

La crisi che stiamo attraversando, che non è solo finanziaria ma anche rivelatrice di

una incipiente scarsità delle risorse naturali rispetto alla crescente domanda mondiale, ci

costringe a non perdere di vista la vera sfida che abbiamo di fronte per garantire un futuro

al Paese e alla nostra comunità.

Sotto questo aspetto si deve valorizzare e rafforzare il ruolo delle autonomie

locali per ottimizzare l’efficienza e l’efficacia nell’uso delle risorse e programmare così uno

sviluppo sostenibile, che assicuri una migliore qualità della vita promuovendo nuovi

modelli di produzione e di consumo, che sappiano assumere le risorse dei territori come

base per la riqualificazione e il miglioramento degli stili di vita.

3.2. L’uso consapevole del territorio Tra i beni esauribili vanno considerati in particolare il suolo e il paesaggio, risorse

limitate che in molte aree della regione hanno subito uno sfruttamento intensivo e

distruttivo o un’eccessiva e irrazionale antropizzazione. Occorre pertanto cominciare a

porsi l’obiettivo dell’uso consapevole del territorio.

Recuperare le volumetrie del patrimonio edilizio esistente, attraverso la sua

ristrutturazione o ricostruzione.

Promuovere la bioedilizia, iniziando dalla ristrutturazione dei locali pubblici

dismessi e dalla eventuale costruzione del nuovo, prevedendo incentivi regionali derivanti

anche da finanziamenti della Comunità Europea. Emanare una direttiva regionale per un

programma di concessione di licenze di bioedilizia di almeno il 30% delle nuove

costruzioni nel piano regolatore dei comuni.

Sostenere ogni iniziativa di sviluppo rurale in applicazione delle nuove politiche

europee. Promuovere la filiera corta, i mercati diretti e favorire nuovi strumenti di

miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali a bassa densità di popolazione

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attraverso centri polivalenti, servizi sociali e assistenziali in funzione delle stagioni

turistiche e agricole.

Sostenere iniziative a favore dei prodotti agro-alimentari tipici e di qualità della

Toscana, incoraggiando le iniziative di certificazione e di tutela legate alla cultura e alle

tradizioni locali. Incentivare la filiera corta soprattutto nel comparto degli alimenti, con un

NO chiaro all’introduzione degli OGM in applicazione del principio di precauzione di cui

all’art. 174, paragrafo 2 del trattato istitutivo dell’Unione Europea.

3.3. I servizi pubblici Tra le questioni che hanno determinato una forte insoddisfazione nei cittadini c'è

sicuramente anche l'ambito dei servizi pubblici locali, investito da processi di

esternalizzazione o privatizzazione che hanno indebolito il ruolo di programmazione dei

territori. Per questo dobbiamo puntare a un intervento legislativo su tutto il settore dei

servizi pubblici locali, dal servizio idrico integrato, alla gestione dei rifiuti, al trasporto

pubblico locale, ecc…, che individui chiaramente i principi ai quali conformare sia i modelli

organizzativi, sia le modalità di affidamento e di gestione.

La produzione e la gestione dei servizi non deve essere inserita nella logica di

mercato, ma deve restare saldamente in mano pubblica, attivando forme di partecipazione

sociale e recuperando alla “politica per la qualità” il suo primato rispetto al mercato. Una

politica illuminata che recepisce pienamente la definizione dell'acqua come bene

comune essenziale alla vita e non costruisce nuovi impianti d’incenerimento,

inseguendo acriticamente l’emergenza infinita ma, pur utilizzando quelli esistenti nella fase

di transizione, punta decisamente a governare e risolvere definitivamente il problema

attraverso la “Strategia Rifiuti Zero”.

Per il comparto fondamentale dei servizi sanitari l’obiettivo è di arrivare a scelte di

governo regionale che siano frutto di un confronto costruttivo interno a tutta la coalizione e

aperto alle associazioni dei malati e degli operatori. Questa collegialità della prassi dovrà

essere rivolta innanzitutto alla vigilanza inflessibile sulla regolarità degli appalti e alla

individuazione delle cause che portano alla formazione delle lunghissime e immorali

liste di attesa. A questo proposito, anche in Toscana si dovrà realizzare l'apertura degli

ambulatori, dei servizi diagnostici e delle sale operatorie per interventi di routine, almeno

per 12 ore al giorno, sabato compresi, in modo da dare una drastica e immediata risposta

ai cittadini in attesa.

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L’investimento nell’Istruzione, nella Cultura e nella Ricerca ha un valore di per sé,

che produce sempre effetti positivi, ma che raramente sono individuabili alla chiusura di un

bilancio annuale. Per questo deve essere abbandonata la sua caratterizzazione come

investimento da valutare strettamente in un quadro di costi/benefici.

Va anche ricercata una maggiore integrazione con gli aspetti sociali e produttivi del

proprio territorio, estendendo la Ricerca e l’Istruzione al di fuori delle classi e dei laboratori

per cogliere alcune delle molte esigenze che si possono manifestare, la cui soluzione

passa attraverso un approfondimento culturale.

3.4. Infrastrutture e attività produttive Il potenziamento delle tranvie e delle linee ferroviarie che insistono sul nostro

territorio costituisce il primo indispensabile tassello per ridisegnare il sistema e le diverse

modalità di trasporto, consentendo al contempo la razionalizzazione del trasporto delle

persone e delle merci e il decongestionamento del sistema viario.

Lo sviluppo della nostra Regione necessita inoltre di un significativo investimento in

infrastrutture telematiche, tuttora carenti nelle zone non cittadine del nostro territorio.

Questa è una partita che non può più essere rinviata, importante tanto quanto quella delle

infrastrutture viarie.

La Toscana può sviluppare la propria economia e realizzare ricchezza superando

l'idea di modernizzazione intesa come competizione esasperata, grandi infrastrutture ed

espansioni urbane, sempre seguite da degrado ambientale e paesaggistico, realizzando

invece la piena valorizzazione delle proprie risorse locali e ambientali con una

impostazione finalizzata al bene comune.

Un'economia, sia pubblica sia privata, in cui si riconosca finalmente il fondamentale

contributo dei beni comuni: di quelli legati all'ecosistema, alle risorse naturali rinnovabili e

non rinnovabili, ai giacimenti culturali e della conoscenza.

Del mantenimento e della rigenerazione dei beni comuni tutti dobbiamo farci

carico., anche le imprese che da questi traggono i loro profitti, con programmi di utilizzo in

un’ottica di medio lungo periodo invece di quello più breve, come vorrebbe il sistema

finanziario.

In relazione al problema strategico dell’energia il piano energetico regionale deve

promuovere la ricerca scientifica e tecnologica in direzione del risparmio energetico e

dello sviluppo delle tecnologie più adatte allo sfruttamento delle energie rinnovabili e

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pulite, incentivarne l’utilizzazione, e dichiarare il territorio regionale come zona franca

rispetto alle centrali nucleari.

3.5. Sicurezza Il degrado sociale, il disordine urbano e la frequenza dei reati in alcuni quartieri

fanno crescere nei cittadini un livello di insicurezza che impone la necessità di un

controllo più capillare del territorio.

Il tema della Sicurezza è uno tra i più sentiti dalla collettività, in considerazione degli

effetti prodotti su ciascuno di noi dalla personale percezione del rischio.

La mancanza di attenzione alla prevenzione dei reati e alla certezza

dell’applicazione della giusta sanzione, che si inserisce in un quadro allarmante di crisi

del sistema penale, acuisce inevitabilmente il senso di insicurezza e di precarietà.

La sicurezza è quindi un bene comune, e come tale è giusto che sia collocata ai

primi posti delle preoccupazioni, al pari del problema della qualità dell’ambiente e del

lavoro, e della sicurezza sul lavoro.

Proprio in considerazione del fatto che l’insicurezza dei cittadini è il prodotto degli

squilibri urbanistico-sociali è necessario iniziare a pensare alla sicurezza come a un diritto

da garantire attraverso un progetto che veda la partecipazione di tutti i soggetti interessati,

in primo luogo delle autonomie locali.

3.6. Una innovativa governabilità regionale Pensiamo che Il successo nel perseguimento di obiettivi elevati non si raggiunga

solo con le idee e le strategie migliori, ma anche con il contributo di una struttura

trasparente, efficace e produttiva.

La macchina amministrativa non deve essere solo esecutiva degli indirizzi politici

ma deve assurgere a co-protagonista nella programmazione e nella gestione delle risorse,

ed è opportuno che il perseguimento dei risultati sia sostenuto da una programmazione

dettagliata degli obiettivi, da scelte realizzabili e condivise da tutti gli attori coinvolti, e da

una comune assunzione di responsabilità.

Il nostro programma richiede una struttura organizzativa regionale innovativa,

snella ed efficiente, attenta ad eliminare gli sprechi, in grado di erogare servizi in modo

rapido, trasparente ed economico. Il cittadino deve poter porre domande e trovare risposte

concrete, anche via web, agli orari più consoni alle proprie esigenze.

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Su questi propositi crediamo che si possa avviare, a partire da oggi, un percorso

che ci porti a sostenere una proposta politica che, in linea con la positiva esperienza della

coalizione di centro-sinistra in Toscana e con il programma del Presidente Rossi, inauguri

una nuova fase politica per vincere sfide ancora più ambiziose.

4.Organizzazione del partito

4.1. Radicamento e gestione economica Il radicamento territoriale del Partito è uno degli obiettivi principali e per far questo

è necessario il coinvolgimento di più persone possibili, giovani e non giovani. Le sedi sul

territorio, oltre ad essere aperte, devono anche essere fatte “vivere”, per questo è

indispensabile che il finanziamento del partito sia equamente distribuito a sostegno di tutte

le attività e iniziative politiche.

Oltre alle varie realtà territoriali, sedi, circoli ecc…, è indispensabile che una parte

economica consistente sia attribuita anche ai dipartimenti Giovani e Donne al fine di

valorizzarne il più possibile l’attività, con la piena autonomia in ambito organizzativo ed

economico.

Il Partito dovrà quindi saper ripensare sé stesso, saper dare l’esempio.

Gli esponenti di Italia dei Valori nelle assemblee elettive e nelle strutture

amministrative non potranno avere a qualsiasi titolo conflitti d’interesse. Dovranno

evitare casi di incompatibilità tra ruolo privato e carica pubblica. Non dovranno

accumulare doppi incarichi elettivi e amministrativi e valutare una distinzione netta fra

‘carriera di partito’ e incarichi elettivi/amministrativi. Gli organi di garanzia del Partito non

potranno essere nominati dai vertici politici e dovranno essere attribuiti a persone di

provata indipendenza.

Il Partito dovrà garantire la più trasparente anagrafe degli eletti, gli elettori

dovranno sapere con quali mezzi gli eletti entrano ed escono dalla politica.

Il Partito dovrà garantire la più trasparente gestione della tesoreria e del Bilancio.

Il Partito dovrà rispettare la parità di genere e dovrà fissare per i propri eletti il limite

di 2 (due) legislature.

I dirigenti locali dovrebbero avere meno preoccupazioni gerarchiche (espulsioni e

commissariamenti) e più attitudine a suscitare e mettere a frutto la buona volontà dei

militanti, istituendo corsi di formazione e organizzando periodicamente incontri tematici di

approfondimento (stralcio mozione Pardi, Congresso Nazionale IdV).

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Sempre nell’ottica di una migliore informazione degli iscritti, gli eletti e gli

amministratori relazioneranno periodicamente sulle attività istituzionali.

Il Partito dovrà impedire la pratica del familismo: chi è parente o convivente degli

eletti è la persona meno adatta ad assumere il ruolo di candidato a cariche elettive o

esecutive (stralcio mozione Pardi, Congresso Nazionale IdV).

Il Coordinatore Regionale si impegna ogni anno a garantire lo svolgimento di

almeno una Assemblea Plenaria, o altre in caso di necessità. Ferma restando la priorità

della sede regionale in Firenze, il Coordinatore si impegna inoltre a convocare il

Coordinamento Regionale, a rotazione, anche nelle altre Province.

Per il migliore svolgimento dell’azione politica sarà costituita una Commissione

Regionale finalizzata alla stesura di un nuovo Regolamento interno.

4.2 Il valore della militanza Vogliamo costruire una struttura sia democratica che meritocratica dove chi si

impegna di più e meglio per il nostro partito è colui che migliora il territorio ed è un

concreto rappresentante dei cittadini, per tale motivo gli deve essere dato più peso

decisionale.

Da più voci in questo partito è nato un tentativo di svalorizzazione della militanza

politica.

Coloro i quali mettono a disposizione il loro tempo, le loro risorse e da anni

investono le loro energie per portare avanti il 'progetto' Italia dei Valori sono un patrimonio

di idee, valori ed esperienze che matura durante un percorso e che non deve essere in

nessun modo svalorizzato, sminuito o emarginato. L'azione sinergica di queste figure,

unita all'apporto della società civile, è l'unica strada possibile che può concretizzare il

radicamento sul territorio che tutti ci auspichiamo.

4.3. Condizioni e criteri di candidature e nomine L’iscritto potrà essere candidato a qualsiasi carica elettiva solo una volta trascorsi

12 (dodici) mesi dalla data della prima iscrizione. Gli stessi termini valgono anche per i

rispettivi ruoli di governo a ogni livello. Tale termine minimo potrà essere derogato soltanto

in caso di particolare merito, su decisione di competenza esclusiva del Direttivo Regionale

ed avente carattere di eccezionalità (stralcio mozione Donadi, Congresso Nazionale IdV).

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Gli incarichi a nome del Partito dovranno essere fatti a seguito di un percorso di

partecipazione che possa far esprimere tutti gli iscritti su quale sia la figura più idonea in

base a competenze, valorizzazione di militanza e impegno.

Per quanto riguarda le eventuali candidature per elezioni con liste bloccate (ivi

compresi anche i collegi uninominali), potrebbe essere interessante affrontare un percorso

partecipativo attraverso le primarie, che permetta di individuare nella maniera più

democratica e condivisa le liste.

4.4. La politica dei piccoli passi e delle poche risorse Pensando alla regione Toscana, e a come far diventare la nostra azione decisiva

anche là dove siamo numericamente più deboli, è bene prendere ad esempio il modo di

far politica che il nostro partito ha promosso in molti piccoli comuni. In molti di questi

comuni Italia dei Valori non ha un consigliere comunale, né un assessore, pertanto si è

pensato ad un'azione centrale, che ricadesse a raggio su tutte le altre realtà nelle stesse

condizioni.

I referenti comunali hanno incontrato il PD e tutti i sindaci di una determinata area

per proporre alcuni punti da condividere, da spingere per poter veramente incidere sulla

qualità della vita dei cittadini. Le idee sono di vario tipo, alcune ambiziose, come

l'incubatore di impresa, altre più facilmente attuabili ma altrettanto forti, come il recupero

sistematico degli olii esausti o l'anticipazione della discussione sul bilancio preventivo

annuale con la cittadinanza. La proposta del ‘consulente energetico porta a porta’ o del

‘pop-ort’ (orto popolare) sono idee già esistenti in molte realtà, ma attuando il più classico

dei principi di sussidiarietà, non c'è motivo per cui un insieme di piccoli comuni limitrofi non

possa attuarle all'unisono, con un piano coordinato sovracomunale, che ci permetta di

essere presenti, di fare vera politica anche là dove non abbiamo la forza e i numeri per

farlo.

A proposito di numeri e comuni di provincia, siamo chiamati ad un'ulteriore spinta

propulsiva, siamo chiamati a dimostrare di essere in grado di essere partito da 10% anche

là dove abbiamo un numero di iscritti inferiore alle cinque/dieci unità per Comune. I tempi

sono maturi per creare i nostri presidi permanenti nelle piazze delle città e dei paesi

della Toscana. Banchini e gazebi a cadenza regolare, un progetto condiviso a livello

regionale come ‘Un banchino per ogni città’ può diventare un vero punto di riferimento,

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riconoscibile e raggiungibile, per i cittadini. Siamo ancora un partito d'opinione, è giunto il

tempo di diventare partito territoriale.

5. Pari diritti e pari opportunità: nel rispetto delle differenze.

5.1. Le pari opportunità: un valore costituzionale. La Costituzione rappresenta un capovolgimento di prospettiva rispetto a un sistema

nel quale la posizione giuridica della donna era di assoluta inferiorità nella vita politica,

nella vita civile e nella famiglia.

L’eguaglianza dei cittadini senza distinzione, solennemente proclamata nel primo

comma dell’art.3, viene poi ribadita nei settori di maggior discriminazione: la famiglia in

primo luogo (artt.29,2 e 30) , lavoro (art.37), elettorato (art.48), pubblici uffici (art.51).

Scritti sulla carta, i principi nazionali e internazionali dovevano però trasfondersi

nella legislazione, oltre che nella cultura e nel costume. Cosa non facile, la prima, e

tantomeno la seconda. Mentalità e costume hanno condizionato lo stesso adeguamento

normativo, avvenuto lentamente e con gravi ritardi. Di fatto, la condizione delle donne o

della maggior parte di esse, è ancora lontana da quella prefigurata. La Costituzione è

rimasta inattuata nell’applicazione del secondo comma dell‘Art.3, e nei contenuti

economico-sociali e politici. Cosa che ha inciso non poco sulla condizione reale della

donna e sullo sviluppo del paese.

Nella Costituzione attuale e nei Documenti Internazionali, l’affermazione del

principio generale di eguaglianza è chiara e decisa. Tutti i cittadini hanno pari dignità

sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di

religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art.3).

La Costituzione ha posto fine alla discriminazione sul piano normativo, ma la

politica non è riuscita ancora a realizzare un’effettiva parità. Le resistenze maggiori

sono tuttora nel campo della politica; non è più questione di norme generali perché il diritto

elettorale attivo e passivo è assicurato dal 1946 e la possibilità di partecipare ai processi

economici ancora da prima.

Allora, come si spiega che nelle professioni e nella vita economica e sociale la

presenza delle donne è sempre in aumento, seppur con grande fatica e non in posizioni

apicali, mentre nei banchi dei Consigli Elettivi, sedi delle decisioni politiche, il loro numero

ancora sia cosi irrisorio?

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Questi interrogativi di fondo ci inducono ad assumere, come parte integrante della

presente mozione politica, il documento delle donne che sostengono Emanuela Ferrari

alla carica di Coordinatrice delle Donne.

“La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata” (Articolo 1 Carta dei

diritti fondamentali dell'Unione Europea)

“E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il

colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione

o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad

una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”

(Articolo 21 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea);

L’Italia dei Valori che si riconosce in questa mozione condanna qualsiasi forma di

discriminazione e si impegna affinché sia preparata una specifica direttiva sulla

prevenzione e la lotta all’omofobia e a tutte le altre forme di intolleranza che colpiscono le

minoranze nel nostro paese e nella nostra regione attraverso una vasta campagna

comunicativa e socio-culturale per contrastare questi fenomeni, che preveda iniziative

formative nelle scuole e nella pubblica amministrazione.

Costituire tavoli con le associazioni contro ogni tipo di discriminazione,

intolleranza e violenza e a promuovere iniziative destinate a sensibilizzare l'opinione

pubblica verso la cultura delle differenze, la prevenzione e la condanna degli atteggiamenti

e dei comportamenti discriminatori.

“Noi di Italia dei Valori riteniamo che sia un reato in sé, un grave reato, quello

della discriminazione sessuale per quanto riguarda il mondo omosessuale, il

mondo transessuale e per questa ragione riteniamo che deve essere prevista

una figura di reato autonomo […], se una persona o più persone hanno come

modo di fare quello della violenza, della discriminazione sessuale nei confronti

e degli omosessuali e dei transessuali, in una situazione di questo genere deve

essere previsto un reato a sé proprio per questo modo di essere: razzista,

fascista, xenofobo, criminale.”

(Antonio Di Pietro, Presidente dell’Italia dei Valori)

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6. Diritto al lavoro

Il vituperato Collegato Lavoro approvato definitivamente dal Senato, ha distrutto lo

Statuto dei Lavoratori ed è un progetto regressivo, seppur modificato, anche perché

rinviato dal Presidente della Repubblica alle Camere.

È utile sottolineare che dal dopoguerra ad oggi sono all'incirca una sessantina i casi

di rinvio alle Camere e da un sommario esame non è mai capitato in passato che, una

legge in materia di diritto del lavoro, sia stata oggetto di tale procedura “extra ordinem”.

Il diritto del lavoro viene considerato alla stregua del diritto commerciale, lo ha detto

l'onorevole Cazzola in Commissione Lavoro e in Parlamento. Dunque, il lavoratore è una

merce come tante altre e, come tale, va regolata con il diritto commerciale, come si fa per

una materia prima o per una macchina.

Questo è il parallelismo che viene fatto e che fa perfettamente pendant con quello

che sta succedendo nel mondo. E’ una riforma che ritorna utilissima ai famosi capitalisti

per procura e non, di cui è parte integrante il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

(nella classifica di FORBES si colloca come la terza persona più ricca in Italia, 74esimo

nella lista generale mondiale, con 9 miliardi). L’unico criterio guida delle corporation di cui

lui e la sua famiglia sono azionisti è la massimizzazione a breve termine del rendimento

finanziario.

Posto che le multinazionali e i cosiddetti investitori istituzionali controllano,

attraverso la finanza, l’economia reale, nella rincorsa del profitto di brevissimo termine

hanno ottusamente ignorato gli aspetti sociali di tale scelte. Il conto economico ha

soppiantato lo stato patrimoniale, la redditività finanziaria e quella industriale, hanno quindi

abbandonato ogni etica della responsabilità nei confronti dei territori dove hanno operato,

inclusi l’indotto, i lavoratori e in generale, i portatori d’interesse diffuso.

Pertanto fin dai secondi anni ’70 la principale forza propulsiva dell’economia

mondiale è stato l’incessante tentativo delle grandi imprese di riportare con tutti i mezzi

possibili il tasso di profitto ai maggiori livelli di vent’anni prima. Tra codesti mezzi rientrano

la riduzione del costo del lavoro, l’aumento dei prezzi rispetto alle retribuzioni, l’attacco ai

sindacati condotto in molti paesi direttamente dallo stato e la delocalizzazione delle unità

produttive in zone del mondo dove i salari sono minori, per non dire da fame.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Distruggere lo statuto dei lavoratori fa parte di una logica eversiva del governo nei

confronti della Costituzione. Invece di intervenire sullo statuto, si dovrebbe agire sulle leggi

che hanno generato la precarietà e la più grande rottura generazionale della nostra storia

che ci ha portato al blocco dell’ascensore sociale. Il Ministro Sacconi si è invece

contraddistinto per aver svuotato lo Statuto, rendendo precario anche il lavoro a tempo

indeterminato ed esponendo il lavoratore all'arbitrio della grande impresa.

Pensare che il lavoratore possa paritariamente discutere con il futuro datore di

lavoro è francamente illusorio e decisamente ipocrita: Devolvere alla giustizia privata la

decisione su diritti indisponibili del lavoratore è inaccettabile; ritenere il lavoratore parte di

pari forza rispetto al proprio datore di lavoro è soprattutto, in questo momento storico, una

falsità grossolana; impedire al Giudice di valutare anche le scelte del datore di lavoro

appare un'aperta violazione del principio del “favor lavoratoris”, inserito espressamente

dalla Legge 533/73 in ossequio ai principi fondamentali della nostra Costituzione, fondata

sul lavoro.

Diceva Gino Giugni, in un intervista “... fin tanto che la Costituzione Repubblicana

del 1948 rimarrà in vigore, noi avremo la certezza che i suoi principi etici funzionano e,

soprattutto, che hanno un rilevante grado di effettività. Nel momento in cui tali fondamenti

muteranno insieme alle corrispondenti istituzioni, ci troveremo di fronte a fenomeni ai quali

sarò contento di non assistere: mi auguro per voi che non accadano episodi di crisi delle

istituzioni tali da mettere in dubbio questi principi etici.”

Il Governo agisce su spinta delle lobby corporative per le quali flessibilità vuol dire

libertà di muoversi dovunque si intravedano pascoli più verdi, cioè in paesi dove gli orari di

lavoro non hanno quasi limiti e le 60-70 ore sono la norma. Dove i sindacati non esistono,

sono collusi o sono soltanto dei paraventi del governo, come in Cina o in altri paesi; dove

non esistono vincoli ambientali e la fiscalità è estremamente favorevole a imprese che

vengono dall’esterno a insediarsi in un dato paese emergente.

In sostanza, la situazione del lavoro ricorda quella della Rivoluzione Industriale di

150 anni fa e più, mentre alle piccole imprese locali, che erano l’indotto, rimane oggi il

compito di spazzare i rifiuti e gli scarti dell'ultimo accampamento della grande azienda,

guardando i capannoni abbandonati.

Le grande imprese nella nuova localizzazione realizzano poi nuovi insediamenti e

urbanizzano quindi altre aree vergini nei paesi emergenti.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Tuttavia, ciò che appare come flessibilità dal lato della domanda, ricade come un

destino duro, crudele, insuperabile e ineluttabile su tutti coloro che si trovano sul versante

della ricerca di lavoro. Il lavoro viene e va, scompare subito dopo essere apparso, viene

spezzettato o sottratto senza preavviso, mentre le regole del gioco per le assunzioni e i

licenziamenti cambiano senza appello, e chi ha o cerca un lavoro nulla può fare per

fermare il processo di globalizzazione dello stesso.

Quindi, se veramente si vuole evitare che il lavoro scenda lungo le scale del diritto

verso condizioni da fame e di insicurezza, che si osservano nei paesi emergenti, ci si

dovrebbe impegnare soprattutto per migliorare le condizioni di lavoro in quei paesi, e non

viceversa per omologare le nostre alle loro.

La globalizzazione è fondata su un’idea sostanzialmente regressiva di politica del

lavoro, dove la risorsa umana diventa bassa manovalanza fungibile, sottomessa dalla

quotidiana esigenza di sopravvivenza e dai debiti contratti a causa del consumismo.

Volendo sostituire a essa una politica progressista, è chiaro che sul piano nazionale

si deve fare una strenua opposizione alle intenzioni del governo. Si devono costruire

proposte alternative e molto si potrebbe fare sul piano internazionale.

6.1 Diritto al lavoro per le categorie ‘deboli’. La manovra del Governo, contenuta nel D.L. 78/2010, convertito nella legge

122/2010, ha limitato la capacità di assunzione da parte degli Enti Locali, laddove all’art.

14 dice che gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità “ possono procedere ad

assunzioni di personale nel limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle

cessazioni dell’anno precedente”.

In termini generali l’Italia dei Valori condivide la politica di contenimento della spesa

pubblica, attuata anche attraverso la riduzione di assunzioni nel settore della Pubblica

Amministrazione, ma è necessario che almeno per alcune categorie “deboli” sia lasciata

la possibilità di mantenere il diritto al lavoro nell’impiego pubblico.

Ci riferiamo alle categorie “protette”, a coloro che essendo inabili ed essendo iscritti

nelle liste speciali dei centri dell’impiego, attendono da anni di essere assunti dagli Enti

Locali e dalle aziende pubbliche che, in moltissimi casi, non hanno ottemperato alla quota

del 7% di personale inabile sul totale degli assunti.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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7. Diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro

Negli ultimi 5 anni i morti sul lavoro in Italia sono stati 7mila. Quasi 200mila,

invece, le invalidità permanenti in un quadro complessivo di oltre 5 milioni di infortuni.

Il rapporto nazionale redatto dall’INAIL, relativo agli infortuni e alle morti sul luogo di

lavoro, è eloquente: 1.120 incidenti mortali per 874.940 infortuni denunciati.

Il lavoro quindi continua ad uccidere.

Secondo Eurostat, ogni anno 5.720 persone muoiono a causa di infortuni. La ILO

(Organizzazione Internazionale per il Lavoro), invece, stima che altri 159.500 lavoratori

europei, ogni anno, perdano la vita in seguito a malattie professionali.

Tenendo conto di entrambi i dati, si può arrivare alla drammatica conclusione che

nell’evoluto vecchio continente, ogni tre minuti e mezzo qualcuno muore a causa del

lavoro. Il tutto ad oltre vent’anni dalla direttiva quadro comunitaria sulla sicurezza del

1989.

L'anno scorso il Governo Berlusconi ha avviato una controriforma della sicurezza

sul lavoro, con il Dlgs 106/09. Un decreto che, tra le altre cose, ha dimezzato le sanzioni a

carico dei datori di lavoro, dirigenti e preposti sostituendo in alcuni casi l'arresto con

l'ammenda, aumentando, seppur di poco, le sanzioni per i lavoratori.

In questo decreto ci sono diversi articoli in contrasto con il dettato costituzionale,

mentre altri violerebbero direttive europee in materia di sicurezza sul lavoro. Non c'era

bisogno di fare un decreto correttivo, e chiamarlo correttivo è azzardato, perché questo è

un decreto di ben 240 pagine e 149 articoli, che ha completamente stravolto il Testo

Unico. Bastava che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali emanasse i 38 decreti

attuativi, necessari al Dlgs 81/08 affinché questo diventasse più funzionale.

E intanto non passa giorno che 3 o 4 lavoratori perdono la vita sui luoghi di lavoro.

Le definiscono "morti bianche": un eufemismo che andrebbe abolito, perché non c'è nulla

di bianco in una morte sul lavoro. Le chiamano così, perché l'aggettivo bianco allude

all'assenza di una mano direttamente responsabile dell'accaduto. Invece la mano

responsabile c'è sempre, e più di una. Negli anni ‘60 venivano definiti “omicidi sul lavoro”,

un termine forte ma sicuramente più realistico.

Queste morti non sono quasi mai una tragica fatalità, ma sono dovute

principalmente al non rispetto delle minime norme di sicurezza.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Il Governo Berlusconi si sta cimentando ultimamente in quello che gli riesce meglio:

gli spot.

Ce ne sono due, dal titolo: "Sicurezza sul Lavoro. La pretende chi si vuole bene".

Spot vergognosi. Il messaggio che vuole far passare il Governo è che i lavoratori

non si vogliono bene e non pensano alla propria sicurezza. Ecco perché s'infortunano o,

peggio, muoiono.

Si omette volutamente di dire che molti lavoratori hanno contratti da precari, che

sono "in nero" o “in grigio" e quindi ricattabili. E che se provano a rivendicare più

sicurezza, vengono mandati a casa.

Una politica efficace imporrebbe piuttosto un aumento dei controlli per la sicurezza,

incrementando il personale ispettivo delle Asl che è ridotto all'osso (meno di 2000 tecnici

della prevenzione in tutta Italia, a fronte di 5-6 milioni di aziende da controllare),

ripristinando le norme per la sicurezza sul lavoro emanate dal Governo Prodi con il Dlgs

81 del 9 Aprile 2008.

8. Innovazione e accesso al credito

L'Italia dei Valori ritiene che sia fondamentale continuare ad investire sempre più

risorse sull'innovazione tecnologico-produttiva e di processo, nonché organizzativa delle

piccole e medie imprese affinché se ne affermi la competitività sui mercati nazionali ed

internazionali.

L'innovazione delle PMI deve passare non solo attraverso acquisti di brevetti dai

Poli Tecnologici e sostegno finanziario alle giovani “Spin off” dei Centri di Ricerca, ma

anche attraverso strategie di potenziamento della qualità e della responsabilità sociale

d'impresa.

La piccola e media impresa ha fatto sistema nelle aree ad alta intensità produttiva

anche con forme di aggregazione e di filiera e, nonostante la grave crisi economica

presenta casi di eccellenza che devono essere salvaguardati, il problema che emerge

è la crisi di liquidità in cui versano. Tale crisi di liquidità è dovuta sia alle pesanti dilazioni di

pagamento della Pubblica Amministrazione, legate al patto di stabilità, sia da grandi

aziende che utilizzano l'indotto invece del sistema bancario.

Le banche, a seguito dei dettami di Basilea 2 e al recente regolamento di Basilea 3,

stanno restringendo sempre più i criteri di valutazione di affidabilità del credito

soprattutto nei confronti delle PMI che non offrono adeguate garanzie di capitalizzazione e

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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purtroppo evidenziano bilanci con fatturati in drastica diminuzione. Il supporto ad aziende

con prospettive di crescita è indispensabile al fine di mantenere un tessuto produttivo che

possa contenere la dilagante disoccupazione.

9. Servizio sanitario regionale

Nell'ambito del Servizio Sanitario la Regione ha un ruolo fondamentale sia per

quanto attiene l'erogazione dei servizi che l'organizzazione degli stessi. Il finanziamento

del Servizio Sanitario occupa circa il 75% della spesa regionale complessiva.

In questo quadro di riferimento si comprende il motivo per cui il Partito egemone nella

regione ha, da sempre, dettato legge sia nella nomina degli esponenti politici, sia nella

scelta del meccanismo burocratico che governa il sistema.

Stante questa situazione il secondo partito della Regione non può limitarsi a fare da

spettatore ad una gestione di tipo autoreferenziale: il sistema democratico e i valori

fondanti del nostro partito ci impongono di assumere un ruolo attivo nella vigilanza di

un programma sanitario che non può che essere il prodotto di un percorso condiviso.

Non è ammissibile che i cittadini toscani, per un aspetto di vitale importanza quale la

sanità, siano in balia di una gestione affaristica e lobbistica.

L’Italia dei Valori rivendica il fatto che tutti possono avere eguale accesso al

sistema sanitario mentre, grazie ad accordi sottobanco, le politiche attuate tendono a

favorire una sanità di “eccellenza” che funge da vetrina nazionale ed una sanità per tutti

che funziona a fasi alterne.

Oltretutto, dal 2009, il sistema ha prodotto un aumento della spesa, perdendo quella

tanto millantata efficienza di gestione, e si appresta a chiudere il 2010 con un deficit di

circa 350 milioni di euro che potrebbero tradursi in maggiori tasse per i cittadini toscani.

L’Italia dei Valori non può rimanere alla finestra!!!

Data questa premessa l’obiettivo è arrivare a scelte di governo regionale che siano

frutto di un metodo partecipato che comporti il confronto costruttivo con l'alleato. Ciò non

significa aspirare ad entrare nel “sistema-poltronificio”, bensì avere accesso al Piano

Sanitario Regionale per provare a trasformarne in realtà quella parte che appare come il

libro dei sogni.

L’Italia dei Valori dovrà prioritariamente lavorare su:

1. individuazione delle cause che portano alla formazione delle lunghissime e immorali

liste di attesa; pressioni presso gli organi competenti affinchè anche in Toscana si

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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realizzi l'apertura degli ambulatori, dei servizi diagnostici e delle sale operatorie per

interventi di routine, almeno per 12/15 ore al giorno, sabato compresi, in modo da

dare una drastica ed immediata risposta ai cittadini in attesa.

2. richiesta e pressioni sull'Assessorato alla Salute affinché svolga effettivamente e

con trasparenza il ruolo di controllore, riservato dalla Legge 120/2007 alla Regione,

nel monitoraggio del conflitto di interessi, che si viene a creare tra medico

intramoenia e sistema pubblico.

3. azione di monitoraggio sul funzionamento delle Case della Salute in termini di

risorse spese e attività sanitaria prodotta dalla loro introduzione nel sistema

regionale. Inoltre un’azione di supporto al Presidente affinché le forze e le lobby

operanti per il non funzionamento delle Case stesse vengano allo scoperto e siano

isolate politicamente e sindacalmente.

4. vigilanza inflessibile sulla regolarità degli appalti di edilizia sanitaria con un outlook

particolare sulle aggiudicazioni degli ultimi 5 anni per comprendere il sistema finora

applicato.

5. richiesta di essere consultati e possibilmente di avere un proprio rappresentante

nella stesura del nuovo Piano Sanitario Regionale.

6. attuazione di un sistema meritocratico, che premi i medici e gli operatori che si

impegnano nel servizio pubblico, mediante la creazione di un tavolo allargato che

condivida le migliori pratiche insieme all'Istituto S.Anna che attualmente

rappresenta l'eccellenza della Regione.

7. richiesta di partecipazione al tavolo regionale incaricato dell'attuazione del D. Lgs

150/09 (Decreto Brunetta) in Toscana.

8. vigilanza sul sistema di nomine dei Direttori Generali e degli altri organi di nomina

politica affinché si ricerchi e si premi il merito e non solo la fedele appartenenza.

9. monitoraggio costante delle situazioni locali al fine di portare nei tavoli istituzionali le

oggettive situazioni di disagio dei cittadini.

10. impegno per garantire che anche ai medici giovani sia data la possibilità di entrare

a pieno titolo nel sistema sanitario.

11. impegno nel cercare di riportare l'etica nell'ambito delle professioni mediche

iniziando a privilegiare il merito e la capacità dei singoli operatori.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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10. Per un deciso rilancio di istruzione e cultura

L'impegno rivolto alla difesa della scuola pubblica statale, garante di un progetto

formativo a più voci, tutte libere di esprimersi, e quindi aperto al confronto delle idee e dei

valori, è una scelta prioritaria.

Chi preferisce, invece, per i propri figli, una proposta formativa chiusa e monocorde,

pur legittima, non può pretendere che sia messa a carico di tutta la collettività.

Il mondo dell’Istruzione richiede un rilancio deciso, associato ad investimenti

finalizzati sia alla qualificazione e stabilizzazione del corpo docente, sia al miglioramento

dell’offerta culturale e conoscitiva.

Va abbandonata ogni caratterizzazione dell’Istruzione, della Cultura e della Ricerca

come prodotto da valutare in un quadro di costi/benefici. In questi campi, lo stesso

concetto di prodotto, ormai dominante nei panorami governativi, introduce una visione

mistificante delle finalità del sapere: l’investimento nell’Istruzione, nella Cultura e nella

Ricerca è un valore di per sé, che produce sempre effetti positivi, soprattutto per le future

generazioni, ma che raramente è individuabile alla chiusura di un bilancio annuale.

Questo è necessario anche per frenare e invertire il processo di dequalificazione e

degrado della scuola statale, in corso ormai da molti anni, che ha determinato l’insorgere e

il consolidarsi di una pericolosa deriva di rifiuto dello studio e del lavoro.

E' importante anche l'impegno nel sostegno delle scuole periferiche dove la scuola,

proprio per il suo ruolo di presidio sociale, deve funzionare anche come punto di incontro e

socializzazione.

Si deve fare tutto il possibile per riuscire a coprire le richieste degli utenti, partendo

dai nidi, e offrire un servizio che dia risposte elastiche nei tempi per andare incontro alle

esigenze lavorative dei genitori.

Per quanto riguarda il servizio delle mense scolastiche, occorre impegnarsi a

rivedere tutto il settore, e in primo luogo la privatizzazione o l'esternalizzazione del

servizio. Bisogna investire sul personale di cucina formato su menù multiculturali,

biologici, e a km zero, come anello di garanzia di qualità per la salute dei bambini.

E come ulteriore antidoto contro l'appiattimento culturale sui modelli continuamente

riproposti dai media televisivi, è necessario rendere disponibili spazi attualmente

abbandonati o comunque non utilizzati, per una cultura non mercificata, autogestita e

libera.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Attraverso iniziative di questo tipo sarà possibile anche procedere a un recupero e

una rivalutazione delle realtà periferiche, nelle quali maggiormente si percepisce il

bisogno di iniziative culturali autonome e dove più sono presenti luoghi e strutture

inutilizzate.

La cultura di un Paese, in una regione come la Toscana è fattore fondante di

crescita sostenibile e di coesione sociale, rappresenta il futuro da costruire attraverso la

memoria del passato: per questo va sostenuta senza remore di sorta, a partire dal

recupero e dalla promozione sinergica dei beni culturali esistenti per aumentarne la

fruizione e la valorizzazione delle tradizioni locali.

10.1 La responsabilità della gestione politica della cultura Il rapporto tra politica e cultura è da sempre tema di riflessione molto acceso a

livello nazionale e a livello regionale. Innanzitutto bisogna distinguere tra:

CULTURA – Come il patrimonio artistico e culturale da preservare e valorizzare e

CULTURA – Come la produzione di contenuti culturali

La cultura nella prima accezione, intesa cioè come patrimonio artistico e

culturale, è senza dubbio materia politica di enorme rilievo, che i rappresentanti dei

cittadini sono chiamati a difendere, a valorizzare e a promulgare. Un'accezione di cultura

che permette di parlare anche di istruzione. Istruzione intesa in primo luogo come luogo di

conservazione e interiorizzazione del nostro incredibile patrimonio di conoscenze e al

contempo intesa come laboratorio di innovazione e di progresso.

In questa accezione abbiamo bisogno di una politica presente e consapevole della

centralità del suo ruolo, eppure a livello nazionale come a livello regionale questa si è

dimostrata più volte colpevolmente deficitaria. Per mancanza di soldi, per mancanza di

idee, per il sopravanzare di interessi particolari e per la cronica assenza di un sistema-

paese interessato a far quadrato intorno alla propria storia.

La cultura nella seconda accezione, invece, e cioè la cultura intesa come la

quotidiana iniziativa di chi produce contenuti culturali (libri, film, spettacoli teatrali e lirici)

è da sempre un terreno fertile per la politica che di fatto negli ultimi decenni ha impoverito

e fatto indietreggiare l'Italia (e la Toscana non è un'isola felice nel Bel Paese) a produzioni

culturali periferiche nel contesto internazionale. Non è un caso che i nostri film non si

distribuiscano, che i nostri libri non vengano tradotti, che la nostra produzione culturale

odierna sia praticamente ininfluente a livello internazionale e che si distingua solo per

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alcune eccellenze storiche o dovute al genio del singolo (Benigni, Dario Fo, Saviano). Non

è un caso che il nostro sia uno dei paesi del mondo occidentale dove la fruizione di

contenuti culturali è più scarsa.

E le istituzioni democratiche in questo contesto come hanno agito?

Entrando a gamba tesa, creando tutta una rete di clientele e di sovvenzioni che di

fatto hanno drogato, impigrito, impoverito e sostanzialmente distrutto la fertilità della nostra

produzione culturale.

Il tema è enorme e complesso, ma per sintetizzarlo in poche parole possiamo dire

che l'intervento della classe politica italiana e toscana nella cultura è stato assente là dove

doveva esser presente (ma anche là dove la remunerazione in termini elettorali sarebbe

stata scarsa) ed è stato invadente là dove avrebbe dovuto lasciar spazio all'iniziativa

privata. Il risultato devastante di questa politica è un patrimonio culturale abbandonato,

una produzione culturale mediocre e una semi-analfabetizzazione culturale dell'intera

popolazione. Anche della più agiata e potenzialmente più ricettiva.

E' quindi necessario un cambio radicale di prospettiva e il ruolo di Italia dei Valori

Toscana, soggetto titolare dell'assessorato regionale alla cultura, può e deve essere

decisivo per dare la scintilla propulsiva a questo cambio di prospettiva, che deve essere

innanzitutto un cambio di rotta culturale dell'intera classe politica regionale. Una spinta

fondamentale per rimettere la Toscana, culla del rinascimento, sui binari giusti per tornare

nuovamente ad essere il volano culturale dell'intero paese.

11. Trasporti e infrastrutture viarie e telematiche

Riteniamo ormai necessario ridefinire il servizio di Trasporto Pubblico a partire dal

punto di vista dell'utente, come principio guida per l'insieme delle funzioni svolte a livello

regionale e locale. Assumere il punto di vista dell'utente significa esercitare effettivamente

la responsabilità del controllo sul rispetto dei contratti di servizio, con particolare riguardo

all'offerta di orari, della qualità e del comfort.

Pertanto i passi da affrontare sono i seguenti:

1. Verifica continua dell’adeguatezza degli orari riferiti al trasporto pubblico in

relazione alle diverse esigenze di mobilità della popolazione, sia di natura

transitoria (eventi occasionali, peculiarità stagionali) che permanenti. Tali esigenze,

verificate con cadenza periodica, mirano alla ottimizzazione dei servizi di

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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collegamento necessari al territorio toscano cercando anche una integrazione con il

servizio ferroviario.

2. Studio della domanda di mobilità che miri a determinare l'origine e la destinazione

degli spostamenti quotidiani dei cittadini.

3. Verifica dell’idoneità dei percorsi e collocazione delle fermate ai fini della sicurezza.

4. Vigilanza sulla corretta erogazione dei servizi, sia in termini qualitativi che

quantitativi.

5. Integrazione delle informazioni sui percorsi ed orari, riferendola al complesso dei

servizi di trasporto pubblico riguardanti tutto il territorio toscano, indipendentemente

dal vettore.

6. L’ammodernamento e il potenziamento del sistema viario nella nostra Regione

risponde a criteri di razionalizzazione del traffico e pertanto non deve essere inteso

come uno strumento di potenziamento del traffico pesante su gomma, sia per

quanto riguarda la produzione locale di merci, sia per quanto riguarda l’asse di

scorrimento est-ovest (collegamento con il sistema portuale e tra le dorsali tirrenica

ed appenninica );

7. In tale quadro si pone anche il problema non eludibile della salute dei cittadini, del

rispetto dell’ambiente e della qualità delle colture del nostro territorio.

8. Il trasporto su ferrovia costituisce una grande opportunità se messo in relazione al

sistema di Alta Capacità ferroviaria italiano collegato al centro Europa e quindi al

passante internazionale est-ovest e ai progettati passanti intercontinentali.

9. Il fatto che nel nostro Paese solo il 10% delle merci sono trasportate su ferro, contro

il 15% della media EU, non rappresenta un vincolo ma al contrario una opportunità

perché indica che in Italia, più che altrove, vi sono margini per praticare una

progressiva diminuzione del traffico su gomma.

10. Il potenziamento delle tranvie e delle linee ferroviarie che insistono sul nostro

territorio costituisce quindi il primo indispensabile tassello per ridisegnare il sistema

e le diverse modalità di trasporto, consentendo al contempo la razionalizzazione del

trasporto delle persone e delle merci e il decongestionamento del sistema viario.

11. Lo sviluppo della nostra Regione necessita, inoltre, di un significativo investimento

in infrastrutture telematiche, tuttora carenti nelle zone non cittadine del nostro

territorio. La digitalizzazione, attraverso la banda larga nelle aree urbane, e il wi-fi o

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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l’hsdpa nelle zone più difficilmente raggiungibili, è una partita che non può più

essere rinviata, importante tanto quanto quella delle infrastrutture viarie.

12. Tale sviluppo sarà inderogabilmente vincolato ai principi espressi dalla Legge

Regionale n.54 del 06.04.2000 in particolare che “l’esercizio degli impianti,

autorizzati ai sensi della presente legge, si svolga nel rispetto degli stessi limiti,

valori ed obiettivi di qualità, al fine di garantire: la tutela della salute umana,

dell’ambiente e del paesaggio con valutazione delle condizioni espositive della

popolazione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.

13. Per tale salvaguardia ci atterremo alle indicazioni, anche precauzionali, di ARPAT e

del Dipartimento della Prevenzione U.O.C. Igiene e Sanità Pubblica del Servizio

Sanitario della Toscana.

14. Sensibilizzeremo cittadini ed Enti Locali per minimizzare l’esposizione della

popolazione ai campi elettromagnetici, così come disposto dalla Legge quadro

sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettomagnetici

n.36 del 22.2.2001, promuovendo inoltre la ricerca scientifica per una valutazione a

lungo termine.

15. Vogliamo attivare anche qui misure di cautela da adottare in applicazione del

principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2 del trattato istitutivo

dell’Unione Europea”.

16. L’individuazione dei siti interessati a simili attività, secondo i principi sopra enunciati

dovranno essere iscritti al catasto regionale e nazionale come disposto dalle norme

citate.

12. Immigrazione e diritti

L'Italia dei Valori non vuole trattare l'immigrazione alla stregua di una situazione di

pericolo costante come quotidianamente fanno i "nostri governanti" accomunando

l'immigrazione alla delinquenza.

Cosa fare per capovolgere questo "pensiero fuorviante" che ci arriva da ogni parte,

da giornali, da televisioni e da partiti della destra xenofoba? Che cosa si può proporre in

un quadro così desolante e privo della certezza del diritto?

Agire subito con più controlli e legalità, per la regolarizzazione e il riallineamento

retributivo e contributivo del lavoro nero, da rilevare che molti migranti, seppur regolari,

molto spesso non ottengono un'equa distribuzione remunerativa. Tale emersione

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consentirà anche alle imprese di evitare la concorrenza sleale, sempre al ribasso, di

aziende che si avvantaggiano facendo profitti nell’illegalità diffusa a spese dell’intera

collettività.

Rispettare inoltre le tempistiche di regolarizzazione passando le competenze del

rilascio dei Permessi di Soggiorno dalle Questure alle Amministrazioni Comunali .

La migliore strategia inclusiva è quella che innesca processi di cittadinanza per

contrastare l'attuale tendenza all'apartheid delle comunità che porta all’isolamento.

Occorre avere un'attenzione maggiore al clima politico/culturale in relazione al

quale sono necessari interventi di segno diverso, di conoscenza, di formazione ed

informazione in cui siano comprese le problematiche relative alle donne e agli uomini

immigrati, dando avvio a un lavoro che abbia radici sul territorio e che sviluppi un circuito

propositivo di azioni concrete di accoglienza già orientate in modo eccellente dalla nostra

legge regionale.

È altresì importante che le case popolari siano giustamente ed equamente

distribuite anche a famiglie di immigrati a basso reddito indipendentemente dagli anni di

residenza, al fine di evitare discriminazioni e conseguenti aggregazioni in edifici fatiscenti

in situazioni di degrado che ledono la dignità delle persone.

Il contingentamento degli ingressi, ovvero la distribuzione nel tempo dell’accesso

dei flussi migratori al fine di una graduale e reale integrazione dei migranti nel tessuto

sociale, seppur condivisibile, appartiene ad una visione ideale e illusoria di controllo della

situazione propagandata invano dal governo.

Le persone migranti arrivano ogni giorno dai paesi di provenienza fuggendo da

miseria, guerre e carestie. Per quanto si possa comprendere, per motivi strettamente

sanitari e d’inclusione, la necessità di un presidio di controllo delle persone sia

nell’identità che nella provenienza, non si può condividere la logica di mera costrizione

detentiva con la quale gli attuali CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) sono stati

attuati a scapito dei più elementari diritti umani.

I CIE, in Italia, simili a lager, contrastano con le prospettive e con le azioni di

contaminazione e di interscambio culturale che risulteranno fattori centrali e indispensabili

per la costruzione di processi reali di convivenza e integrazione multi-etnica.

La presenza dei clandestini appare, dopo i fatti di Rosarno, in tutta la sua

drammaticità. Emerge da numerose analisi che tale manovalanza di lavoro nero sorregge

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l'economia agricola e contribuisce alla costruzione delle grandi infrastrutture nelle catene

infinite di subappalti.

E’ sotto gli occhi di tutti uno schiavismo dilagante, che coinvolge anche i cittadini

italiani, in contrasto con quanto previsto dalla Dichiarazione Universale dei diritti, che

prevede nel riconoscimento della dignità specifica e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i

membri della famiglia umana la base di libertà, di giustizia e pace nel Mondo.

13. Noi e gli altri animali

13.1. Animali : “soggetto di diritto” Tra i nostri obiettivi c’è il sostegno alla diffusione e alla crescita di una cultura che

considera l’animale “soggetto di diritto” secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti

dell’Animale, promulgata nella sede dell’UNESCO a Parigi, nel 1978.

Quindi, è dovere dell’uomo farla rispettare assicurando agli animali una adeguata

qualità di vita consentendo loro di vivere un rapporto di scambio e di solidarietà reciproca

con l’uomo, senza esserne asserviti. Perciò, occorre uscire dai limiti della discriminazione

sulla specie ed estendere i confini dell’etica ai nostri compagni di vita non umani, non

dimenticando che il livello di civiltà di un paese si misura anche dalle condizioni di vita che

vengono garantite agli animali.

I tempi sono più che maturi perché la classe politica esprima un gesto di civiltà

ormai atteso da vasti settori dell’opinione pubblica.

Tra gli obiettivi concreti che le amministrazioni dovranno raggiungere in questo settore

indichiamo:

1. STRUTTURE IDONEE: per il ricovero temporaneo degli animali di affezione, in

particolare cani e gatti che siano stati abbandonati, smarriti, feriti o malati. Non un

canile o un gattile lager, ma un parco attrezzato che offra standard di vita decenti.

2. REPRESSIONE: attraverso l’ascolto delle denunce e tramite il controllo sui territori

e l’applicazione effettiva delle sanzioni pecuniarie già previste dalla legge.

3. COOPERAZIONE: concretizzando i diritti previsti come la possibilità di ottenere

ricovero nella struttura pubblica dell’animale di cui ci si possa prendere cura.

4. PREVENZIONE: incentivando gli interventi di sterilizzazione sulle colonie feline ed

anche agevolando la sterilizzazione di cani e gatti di proprietà attraverso

convenzioni stipulate ad hoc con servizi ASL e/o con l’ordine dei medici veterinari.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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5. ANIMALI D’ALLEVAMENTO: controlli sugli allevamenti degli animali e applicazione

della normativa CEE legge 623/85, legge 222/73, legge 439/78, dpr 624/82.

Promozione di una alimentazione responsabile e sostenibile degli animali, dove la

scelta vegetariana appaia possibile e plausibile o, quanto meno, una politica che

tenda a limitare e razionalizzare l’impiego di carne.

6. ANIMALI IN GENERE: applicazioni delle leggi che vietano il commercio e la

detenzione degli animali esotici protetti, ma anche campagne di dissuasione dal

commercio, acquisto o detenzione di animali esotici o non protetti da preciso divieto

di legge, ma per i quali la permanenza in ambiente domestico possa costituire una

forma di limitazione o abuso rispetto alla loro natura o al loro habitat naturale.

7. SPECIE PROTETTE: revisione della normativa riguardante le specie protette

autoctone a 'basso rischio di estinzione' che vivono in cattività, al fine di garantire

alle stesse una qualità della vita idonea alle esigenze di ogni individuo di quella

specie e la regolamentazione chiara di un percorso di reintroduzione in natura degli

esemplari nati in cattività.

13.2. Contro la vivisezione L’Italia dei Valori assume tra i suoi compiti quello di diffondere una concezione

critica della scienza e della tecnologia contro le concezioni mitiche e meccanicistiche. Uno

dei terreni su cui questa battaglia culturale merita di essere sviluppata è quella della

sperimentazione dei medicinali, cosmetici e altri prodotti, spesso superflui sugli animali.

A tale scopo ci impegniamo a:

- impiegare nelle strutture pubbliche (uffici, asili, scuole ecc…) prodotti non testati su

animali (saponi, detersivi ecc…)

- diffondere una campagna di informazione sul costo, in termini di sofferenze degli

animali, dei prodotti testati.

Una branca particolarmente odiosa nel campo della sperimentazione sugli animali è quella

della vivisezione che si basa sul principio della superiorità e del dominio incondizionato

dell’uomo sulla natura, la quale porta irrimediabilmente a risultati catastrofici. E’ una forma

di sadismo esercitato su altre specie animali, usate come cavie, immobilizzate e sezionate

il più delle volte anche senza anestesia. E’ una pratica non solo crudele e condannabile

moralmente, ma spesso anche poco attendibile nei risultati.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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A questo proposito l’Italia dei Valori recepisce in toto la mozione presentata in questi giorni

da Marta Gazzarri in Consiglio Regionale.

14. La pace è un diritto

Può una "madre" maschio o femmina partecipare alla guerra?

Può giustificare come "umanitario" un atto che cancella la vita e ogni altro segno

fatto nascere dall'umanità?

Può mettersi l'elmetto e accettare un mezzo di risoluzione del conflitto che già di per

sé cancella il fine, aggiungendo violenza alla violenza già insita nel conflitto?

Può farlo e riconoscersi ancora nella Costituzione che all'Art. 11 recita:

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

L'Italia dei Valori ripudia dunque qualsiasi pragmatismo od opportunismo che

ammicchi ad una pretesa "autonomia della politica" sganciata prima dai valori sanciti dai

nostri padri costituenti e poi dalla stessa democrazia.

L’Italia dei Valori comprende e sostiene ogni forma di obiezione di coscienza, anche

quando questa si pone fuori dagli ordini non condivisi e fuori da una organizzazione in cui

le oligarchie fanno man bassa dei diritti inalienabili degli esseri umani.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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“Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il

comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più”

H. Arendt

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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APPROFONDIMENTI TEMATICI

Sostenibilità e cultura del limite, nuovi assi per l’economia e per la vita.

1. Le condizioni materiali della sostenibilità

Sono sufficienti alcune considerazioni di carattere generale per evidenziare come la

sostenibilità è correlata alle risorse naturali; in particolare alle risorse minerali, ma non

solo. Fin dai primi anni ’70 ricercatori e scienziati di tutto il mondo lanciano allarmi sul

futuro dell’umanità.

Il celebre rapporto sui “Limiti dello sviluppo” è stato pubblicato dal MIT di Boston già

nel 1972, su iniziativa degli scienziati riuniti nell’associazione denominata “Club di Roma”,

fondata per denunciare i rischi derivanti dall’uso sconsiderato che viene fatto delle risorse

naturali, come se fossero infinitamente disponibili.

Negli anni più recenti le ricerche e gli studi sono stati rivolti principalmente

all'esaurimento del petrolio e degli altri combustibili fossili, gas naturale e carbone: man

mano che vengono consumati la loro estrazione diventa sempre più complicata, costosa e

pericolosa (vedi il disastro provocato dalla piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico).

Questo è il vero problema, l’indicatore che stiamo entrando nella fase dell’esaurimento, nel

senso che la loro produzione non riesce più a soddisfare l’aumento della domanda

mondiale, il che rende sempre più difficile mantenere nell'economia il flusso di risorse che

ci ha permesso di fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi, cioè crescere.

Ma la cosa veramente importante è comprendere che l'esaurimento delle risorse

naturali è una questione essenziale per la sostenibilità e per la qualità dell’economia. Una

questione paragonabile alla questione climatica, causata dall’inquinamento e dall’effetto

serra, che ci può fare danni gravissimi in tempi brevissimi.

Solo che, per la maggior parte delle persone, per l’opinione pubblica, la questione

climatica rimane ancora una cosa lontana da capire, e soprattutto da mettere in relazione

con il proprio stile di vita e di consumo, e con la necessità di ridurre gli sprechi e il

consumo delle risorse. In definitiva la relazione tra la questione climatica e il problema

della sostenibilità dell’attuale modello economico non è immediata e facilmente

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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comprensibile; per molta gente si tratta ancora di sciocchezze per ambientalisti e tipi

strani.

Per questo è essenziale cominciare ad affrontare da subito il problema della

sostenibilità dell’attuale modello economico anche in relazione con la relativa limitatezza

delle risorse naturali.

Questo è il punto veramente essenziale, perché la domanda e l’offerta di risorse

indispensabili per la crescita dell’economia sono destinate a scivolare in una

contraddizione strutturale insanabile e immediatamente comprensibile.

In particolare per il petrolio le scoperte globali di nuovi giacimenti sono declinate

costantemente dalla metà degli anni '60, malgrado i periodi di prezzi elevati e gli

avanzamenti nella tecnologia di produzione e di esplorazione. Il deficit è arrivato al punto

che ad oggi stiamo consumando il petrolio ad una velocità circa tripla di quella con cui

riusciamo a trovare nuovi giacimenti.

Il tasso corrente della fornitura quotidiana di petrolio (intorno a 85 milioni di barili al

giorno) sta diventando sempre più difficile e più costoso da sostenere. Fra il settembre

2005 ed il luglio 2008 il mercato petrolifero globale non ha più aumentato la sua capacità

produttiva, nonostante che i prezzi siano arrivati ad un picco di 147 usd/barile nel 2008; e

dopo c’è stato il primo crollo nella richiesta di petrolio dall'inizio degli anni 80, con

conseguente crollo dei prezzi.

Molti, compresa l'Agenzia Internazionale per l'Energia dei Paesi dell’ OCSE (IEA),

prevedono un altro “scricchiolio” nelle forniture fra la fine del 2010 e il 2012, in funzione di

quanto si riprenderà la domanda globale.

Serve, allora, una lettura più attenta della crisi economica, che non è solo

finanziaria, anche se l’aspetto finanziario appare attualmente come quello più eclatante e

più dirompente, mettendo a rischio i bilanci di quasi tutto l’occidente sviluppato.

Proviamo, allora, a fare un’analisi più completa della crisi, alla luce anche dei dati della

IEA.

L’esplosione negli USA della bolla immobiliare e finanziaria, che ha fatto precipitare

la crisi strutturale dell’economia mondiale, era stata innescata, è bene ricordarlo, da una

fase prolungata di crescita tumultuosa e dirompente dell’inflazione mondiale da costi del

petrolio, ma anche di tutte le materie prime, comprese quelle destinate all’alimentazione

umana.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Questa prolungata fiammata dell’inflazione mondiale aveva praticamente azzerato

nel mondo, ma negli USA in particolare, la solvibilità di una parte consistente delle famiglie

relativamente ai “mutui casa” sottoscritti con le banche, le finanziarie e le assicurazioni.

Il detonatore della crisi del sistema finanziario americano, che si è poi trasmessa

come un’onda di marea a tutto il sistema finanziario mondiale è, quindi, interpretabile

correttamente come una scarsità relativa di risorse rispetto alla crescita della domanda

mondiale, cioè come un primo, forte segnale della NON SOSTENIBILITA’ dell’UTOPIA

LIBERISTA (cioè la crescita senza fine della produzione e dei consumi a livello planetario,

sostenuta dal primato del mercato), che dopo la caduta del muro di Berlino ha illuso e

contaminato profondamente tutta la politica, a sinistra come a destra.

Proviamo a confrontare questa lettura della crisi mondiale con il rapporto su “I

LIMITI DELLO SVILUPPO”, nel quale dai dati e dalle dinamiche economiche e sociali

presenti fino al 1972 sono state estrapolate scientificamente le previsioni fino al 2100.

Se andate a vedere (in figura) le previsioni di quel rapporto salta subito agli occhi che (nel

1972!!!) collocavano intorno agli anni 2010/2020 l’esplosione della contraddizione

strutturale tra i limiti materiali del nostro pianeta e l’attuale modello economico. In

particolare appare azzeccata la previsione sulla popolazione mondiale e preoccupanti i

picchi della produzione industriale pro capite e della produzione alimentare pro capite,

perché dopo il picco arriva l’inevitabile collasso.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Questa crisi dell’economia globale rappresenta, dunque, uno spartiacque netto tra il

prima e il dopo. Un dopo nel quale quasi niente potrà essere ancora uguale a prima.

Se, infatti, l’economia occidentale saprà resistere all’attacco della speculazione

finanziaria internazionale, introducendo regole più rigorose sui movimenti del capitale

finanziario e facendole anche rispettare, quando sembrerà che ci siano di nuovo le

condizioni per una nuova e prolungata fase di crescita, si scontrerà contro un ostacolo non

più dipendente dai comportamenti umani ma dal limite oggettivo e materiale della scarsità

relativa delle risorse naturali non rinnovabili.

E sarà costretta a cambiare rotta.

Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni se la politica non si libera dei disturbi

all’intelligenza indotti dal velo dell’ideologia? Se tutti, a sinistra come a destra,

continueranno a pensare l’economia del prossimo futuro con le solite categorie di “prima

della crisi”? Se la crescita continuerà ad essere l’imperativo categorico da perseguire

attraverso il primato del mercato e l’unico ipotizzato strumento per risanare il bilancio dello

Stato e rilanciare sviluppo e occupazione?!

In assenza di contromisure adeguate da parte della politica tutti i dati forniti dalla

IEA fanno prevedere che andremo incontro a un crollo lento e progressivo, attraversando

una successione di fasi economiche dello stesso tipo di quella già vissuta nel 2008.

A luglio del 2008 il balzo del prezzo del petrolio ha causato il crollo economico di Ottobre.

Allora la domanda di petrolio è crollata facendo diminuire i prezzi. L'economia si

riprenderà un po', ma non del tutto. A causa dell’aumento, per quanto limitato, della

domanda il prezzo del petrolio salirà di nuovo, indebolendo ancora di più un'economia

già debole. Questo ciclo si ripeterà portandoci un po' più a fondo ogni volta, come le onde

quando si portano via la spiaggia.

Questa lettura della crisi, straordinariamente concordante con le previsioni del

rapporto su “I Limiti dello Sviluppo”, che merita una piena rivalutazione, suggerisce di non

continuare a far finta di non vedere che le radici più profonde di questa crisi sono i limiti

naturali oggettivi del pianeta Terra, e di cominciare, finalmente, a riflettere sul nuovo

modello economico da perseguire, che sia nello stesso tempo sostenibile e desiderabile.

2. Dal primato della quantità al primato della qualità La crisi che colpisce senza tregua anche la nostra regione ci spinge ad un nuovo

rinascimento, ad un nuovo umanesimo. Infatti la situazione di continuo impoverimento, di

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disuguaglianze nella regione, e i limiti naturali di uno sviluppo basato sulla crescita dei

consumi legati al sistema finanziario del credito e più in generale sulla falsa convinzione

che le relazioni economiche possano essere separate da quelle sociali, spingono i

cittadini, la società civile e gli amministratori a cercare nuove forme di economia,

riscoprendo modalità di produzione e consumo, che si credevano superate, e

inventandone di nuove.

Si tratta di un fenomeno importante, che sta portando un fermento nuovo nella

nostra società e ci spinge a dire e mostrare che un'altra economia non solo è possibile ma

è doverosa, e dovrà essere costruita nel rispetto questa volta di tutti gli attori coinvolti.

La caratteristica di tali nuove economie, e il plurale è d’obbligo vista la diversità e la

molteplicità delle forme che assumono, è quella che, pur agendo all'interno del sistema di

relazioni di mercato regolamentate, pone particolare attenzione alla creazione di una

"impronta del valore aggiunto inteso come benessere della collettività" extra-economico,

sociale, ambientale, relazionale.

In pratica queste nuove economie interagenti pongono una fondamentale domanda

di “senso” e di “consapevolezza” all'agire economico, indagandone l’etica, gli effetti e

valutandone il risultato rispetto a un globale calcolo di rigenerazione o di impoverimento

della regione e di conseguenza dei suoi abitanti.

La domanda che le nuove economie si pongono non è il "quanto", ma il "come": non

quanto è possibile massimizzare di profitto economico, ma come avere un’economia

efficiente che garantisca un futuro sostenibile alla regione e a chi la abita.

Un'economia, sia pubblica che privata, in cui si riconosca finalmente il

fondamentale contributo dei beni comuni che sono molteplici. Vi sono quelli legati

all'ecosistema (ad esempio biodiversità, fertilità dei terreni, clima, qualità delle acque e

dell'aria ecc.), alle risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili (acqua, aria, biomasse,

minerali, combustibili fossili), alla cultura ed alla conoscenza (accesso all'istruzione,

all’informazione, alle tecnologie e agli strumenti informatici, accesso ai saperi ecc.), alla

socialità (sicurezza, reti di relazioni, salute ecc.) e a tutte quelle funzioni spesso invisibili

(perché non monetizzabili) per l'attuale sistema economico, che non solo sono

indispensabili al futuro del pianeta e della società, ma che sono anche la base

irrinunciabile per qualsiasi attività umana e che mai devono diventare oggetti di consumo

senza valore nel libero mercato, soprattutto perché rendono anche bella e felice la vita.

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Beni comuni del cui mantenimento e della continua rigenerazione tutti dobbiamo

farci carico, se vogliamo dare un futuro alla regione, anche le imprese che da questi

dipendono per la capacità di realizzare profitti in un ottica di sostenibilità di medio lungo

periodo e non più solo del breve come induce il sistema finanziario.

Per questo riteniamo importante iniziare un ragionamento sui beni comuni come

possibile base di partenza per costruire un'altra economia regionale. Ma per fare ciò

occorre partire da una riforma dell’apparato della pubblica amministrazione che la riporti al

suo vero ruolo di servizio al cittadino. Tale riforma è propedeutica ad una governabilità

trasparente, equa e sostenibile che abbia a cuore il benessere della collettività.

3. Mercato, consumo, rifiuti I cassonetti della spazzatura danno un'immagine immediata ed efficace dello

spreco nella società moderna e sviluppata, e dell'irresponsabilità politica e sociale.

La vita delle persone è ormai largamente condizionata dal bombardamento dei

modelli di vita continuamente proposti e riproposti all’attenzione dei cittadini “telespettatori”

da tutte le televisioni, pubbliche o private, senza eccezioni.

In questo modo il consumismo si è ormai profondamente radicato come unica via,

quasi "obbligata", verso una felicità apparentemente a portata di mano, ma in realtà

sempre più lontana e sfuggente; e si fa sempre più difficile la necessaria battaglia politica

e culturale contro il dominio del mercato sulla vita delle persone.

Per tutto questo è assai apprezzabile il ruolo svolto dalle associazioni che

promuovono il "consumo critico" e il "commercio equo e solidale".

Ma per dare più razionalità ai consumi e al sistema economico è necessario

investire del problema le istituzioni, perché il fallimento della politica relativa ai rifiuti ricade

pesantemente su tutta la collettività sotto forma di aumento dei costi di smaltimento, di

degrado ambientale e di rischio igienico e sanitario per tutti.

L'aumento continuo e indiscriminato della tassa per la raccolta e lo smaltimento dei

rifiuti, come conseguenza diretta del fatto che le amministrazioni non riescono a

raggiungere i livelli di raccolta differenziata previsti per legge, demotiva profondamente

proprio i cittadini più sensibili, che si fanno carico responsabilmente della separazione dei

loro rifiuti, e ottiene esattamente l'effetto contrario a quello da perseguire.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Questo avviene perché molte amministrazioni considerano ancora i rifiuti urbani

solo come un problema di bilancio, di adeguamento della tassa all'aumento,

apparentemente inarrestabile, dei costi.

Essi rappresentano, invece, uno dei problemi di più grande rilievo della moderna

"società dei consumi", nella quale contribuiscono in maniera crescente all'avvelenamento

della biosfera attraverso inceneritori e discariche.

Un problema che va affrontato con una cultura specifica, illuminata dai risultati delle

ricerche più disinteressate, finalizzate non al mercato e alla ricerca del profitto ma alla

tutela dell’ambiente naturale e della salute dei cittadini.

Una cultura consapevole della necessità di dover rifiutare l’incenerimento e le

tecnologie per la trasformazione dei rifiuti urbani in bricchette (RDF), che sembrano fatte

apposta per avvelenarci lentamente e senza rendercene conto.

Da molti anni sappiamo, infatti, che bruciando insieme carta o legno e plastiche

clorurate come la finta pelle (PVC), che sono proprio tra i componenti delle bricchette, si

produce inevitabilmente diossina (lignina e cloro sono i precursori della diossina).

E a causa dei suoi tempi di degradazione molto lunghi la diossina, anche se fosse emessa

nei limiti previsti dalla legge, ha tutto il tempo di depositarsi e accumularsi sul terreno e di

entrare nel circuito alimentare attraverso le falde acquifere, le coltivazioni di foraggi e

mangimi, di verdure e piante da frutto. E infine, attraverso la vendita di questi prodotti nei

mercati, può accumularsi nelle persone e avvelenarle anche a distanze molto grandi

dall’impianto d’incenerimento.

Assumere il problema dei rifiuti urbani nella sua reale portata vuol dire, allora,

investire risorse nella misura necessaria e sufficiente a garantire anche la raccolta porta a

porta, e quindi anche un controllo casa per casa e un'informazione puntuale e dettagliata

sulla raccolta differenziata.

Solo in questo modo sarà possibile attuare una politica premiante per chi attua

correttamente la separazione dei rifiuti e penalizzante per gli altri.

Questo comporta, naturalmente, maggiori spese per il personale qualificato

necessario alla raccolta, al controllo e all'informazione, ma può consentire un rapido

miglioramento nella raccolta differenziata, con conseguente riduzione delle spese di

smaltimento e un parallelo aumento delle entrate per la vendita dei materiali recuperati e

riciclabili. I quali vanno tutti riciclati, perché questa del riciclo è la sola tecnica che può

rendere sostenibile una economia basata, invece, sullo spreco delle risorse.

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Naturalmente una politica locale di questo tipo può migliorare sensibilmente la

situazione, ma non basta, di per sé, a risolvere completamente il problema, dal momento

che tra i rifiuti si trovano anche molti materiali non riciclabili.

A questo proposito, però, non bisogna lasciarsi confondere da proposte suggestive, ma

ingannevoli, come “chiudere il ciclo dei rifiuti”.

Questo obiettivo è di per sé una pura invenzione linguistica e un “imbroglio ideologico”,

che mette insieme un concetto scientifico molto rigoroso (il ciclo) con un dato della realtà

economica (i rifiuti), che viene proposto come un dato oggettivo ma che è, invece,

modificabile.

Chiudere un ciclo significa, infatti, riportare nelle condizioni iniziali tutto il sistema

interessato dalle trasformazioni; e questo è sicuramente suggestivo. Ma la pretesa di

chiudere il ciclo con le tecnologie che il mercato mette a disposizione della politica, cioè

inceneritori e discariche, è chiaramente un inganno, perché è molto chiaro che con queste

non si chiude nessun ciclo e si rilasciano nell’ambiente sostanze tossiche destinate ad

accumularsi nel tempo e ad avvelenare progressivamente la vita sul pianeta.

Una vera “chiusura del ciclo” è possibile soltanto se NON si considerano i rifiuti

come un dato oggettivo e immodificabile della società moderna e sviluppata.

Quello su cui è necessario intervenire, infatti, è il ciclo complesso “ambiente e risorse –

produzione – consumo”, all’interno del quale le fasi della produzione e del consumo,

governate oggi unicamente dal mercato, scaricano sull’ambiente i loro rifiuti, totalmente a

carico della collettività e spesso ineliminabili.

“Chiudere il ciclo” significa, allora, governare politicamente la produzione e il consumo in

modo che, alla fine, anche l’ambiente possa essere riportato nelle condizioni iniziali. E

non ci sono alternative o scorciatoie.

Questo significa che nella produzione e nel consumo debbano entrare soltanto

materiali biodegradabili o quantomeno riciclabili e riutilizzabili, in modo tale che una

rigorosa raccolta differenziata possa consentire di recuperare e riciclare tutti i materiali di

scarto, risolvendo completamente il problema.

Sta proprio qui la grandissima e rivoluzionaria valenza strategica del problema dei

rifiuti, quando rende palese a tutte le persone, aperte alla comprensione, che l’attuale

modello di produzione e di consumo (cioè di vita) è ecologicamente e sanitariamente (ma

ormai anche economicamente) non più sostenibile. Da qui la necessità di avviare la

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conversione dell’economia verso un modello nuovo, che abbia l’ecologia come faro e asse

culturale, con il mercato riportato al suo ruolo originario di puro e semplice strumento

dell’economia.

La grande difficoltà di questo percorso dipende esclusivamente dalla subalternità

dei partiti alla logica propria del “libero mercato”, ed è questa subalternità che va superata

riportando il mercato sotto il controllo di una politica illuminata e consapevole, che non

costruisce nuovi impianti d’incenerimento, inseguendo acriticamente l’emergenza infinita,

ma, pur utilizzando quelli esistenti nella fase di transizione, governa e risolve il problema

perseguendo rigorosamente gli obiettivi: Ridurre, Recuperare e Riciclare fino ad azzerare

il problema (Strategia Rifiuti Zero).

Se così non sarà il ruolo trainante di questa battaglia strategica continuerà a

gravare sulle associazioni ambientaliste e dei consumatori, che hanno il difficile compito di

orientare produzione e consumi verso le merci a minor impatto ambientale. Ma soprattutto

sui movimenti e i comitati di cittadini che si battono strenuamente contro inceneritori e

discariche, perché questa è l’unica strada possibile per contrastare il dominio del mercato

sulla politica e sulla vita delle persone, e l’avvelenamento progressivo del pianeta e degli

alimenti con la conseguente diffusione delle malattie degenerative come il cancro.

Come diceva Barry Commoner già negli anni '70, attraverso il rispetto rigoroso delle

leggi naturali dell'ecologia è possibile e necessario "CHIUDERE IL CERCHIO" eliminando

dai cicli produttivi e dai consumi il concetto stesso di rifiuto, in modo che lo sviluppo dell'

economia si possa realizzare senza danni irreversibili e non rimediabili.

4. Ulteriori approfondimenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro

1. ESTERNALIZZAZIONE – La esternalizzazione del lavoro è sicuramente un grosso

vantaggio in termini economici e di responsabilità da parte delle aziende. Il ricorso

all’appalto ed al subappalto si ripercuote negativamente sulla sicurezza sul lavoro in

quanto le ditte, per aggiudicarsi i lavori sono spesso costrette ad abbassare le

offerte cercando poi di abbassare i costi e tra le voci che più sono penalizzate sono

quelle relative alla sicurezza in termini di attrezzature non sicure, mancanza di

pianificazione, ricorso a manodopera talvolta insufficiente e poco o per nulla

specializzata e soprattutto mancante di adeguata formazione/addestramento. Molti

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sono gli infortuni occorso a lavoratori che eseguono lavori di manutenzione

appaltati o subappaltati all’interno di aziende.

2. TIPOLOGIE DI LAVORATORI – In particolare il lavoratore interinale è tra i più a

rischio di infortunio sul lavoro. Spesso è utilizzato personale che non ha alcuna

esperienza e tanto meno formazione nel comparto in cui è chiamato a lavorare e,

essendo lavoratore “sostitutivo o tappabuchi”, non vi è nemmeno tempo per

informarlo o formarlo sui rischi a cui è esposto ed alle misure di sicurezza da

attuare. Accanto a questa figura vi è il lavoratore straniero le cui difficoltà sono da

porre in relazione alle problematiche della lingua ed anche culturali.

3. LAVORO IRREGOLARE – Il problema non sta tanto nell’irregolarità del rapporto di

lavoro (sebbene illegale) ma nel fatto che la maggior parte di chi lavora “in nero”

esegue lavori occasionali e sui quali quindi non ha una adeguata professionalità

intesa come binomio “conoscenza del mestiere – conoscenza delle specifiche

misure di sicurezza (vedi cassintegrati, chi svolge un secondo lavoro diverso a

quello principale, pensionati che sono costretti ad integrare la propria pensione, ma

anche pensionati con buoni redditi, che non sono più idonei a svolgere lavori

particolarmente usuranti (vedi edilizia). La figura del pensionato è comunque da

inserire anche nelle tipologie di lavoratori utilizzate dalle aziende anche se

regolarmente.

4. INFORMAZIONE – FORMAZIONE – ADDESTRAMENTO – Sebbene la normativa

è abbastanza chiara sull’argomento, manca ancora un vero ed efficace modello di

controllo sulla qualità delle attività di formazione/addestramento a tutti i livelli e su

chiunque la effettui (sono molti i soggetti che ritengo non siano all’altezza di

somministrare informazione, formazione e addestramento (enti compresi).

5. ALCOL E DROGHE - Non vi sono dati sufficienti relativi ad infortuni causati dall’uso

di alcol e/o droghe e non è semplice dimostrarlo. Spesso si è saputo solo dopo anni

(e in modo informale ma certo) che chi si è infortunato o chi ha causato l’infortunio

aveva bevuto o comunque era un bevitore oppure era uno che usava droghe. Il

problema però esiste all’interno dei luoghi di lavoro. La nuova normativa obbliga

particolari figure professionali a sottoporsi a controlli sull’eventuale uso delle

sostanze citate e ciò viene eseguito. Solitamente il controllo è eseguito con un

preavviso di un solo giorno. Se per l’uso di droghe può essere sufficiente, per l’uso

di alcol non lo è (se so che devo fare il test o l’analisi, non bevo). Sarebbe più

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efficace l’alcol-test direttamente sul logo di lavoro soprattutto per coloro che

svolgono mansioni particolarmente a rischio quali i conduttori di mezzi o gli addetti

ad impianti complessi (ma i sindacati … ).

6. SCUOLA – Sebbene le AA.SS.LL sono anni che cercano di utilizzare la scuola

come strumento principale di accrescimento della cultura della sicurezza, solo con il

nuovo testo unico è stato introdotto l’obbligo per alcuni enti (vedi Regione ed INAIL)

di effettuare attività nelle scuole di ogni ordine e grado con disponibilità di denaro.

Sono stati costruiti progetti specifici e altrettanti sono in gestazione, ma è solo con

l’insegnamento costante che si può ottenere qualcosa e non solo con i progetti a

termine e spesso utili solo per chi “incassa” e cioè per gli amici degli amici (vedi

Regioni, Province, Associazioni e a chi danno gli incarichi) che spessissimo non

sono all’altezza.

7. PRESSIONE SOCIALE – Contrasti all’interno dei luoghi di lavoro tra lavoratori di

“elite” sicuri del loro posto e ben protetti sindacalmente e lavoratori in appalto o in

subappalto che sono sempre dei precari e quindi facilmente ricattabili e disponibili e

costretti ad eseguire lavori in condizioni insicure ed insalubri. Contrasti tra preposti

ben pagati e lavoratori normali. Condizioni psicologiche dei lavorati malpagati o

sottopagati o non pagati (chi glielo va a dire di mettersi un casco o una cintura di

sicurezza, a parte L’ASL e i Carabinieri). Insicurezza del posto di lavoro.

8. NORMATIVA – In Italia la normativa di recepimento comunitario è ampia anche se

introdotta, come sempre accade, in ritardo. Da due anni è a regime il “Testo Unico”

che ha introdotto sicuramente miglioramenti legislativi ma non ha semplificato gli

adempimenti documentali con conseguente atteggiamento negativo da parte degli

imprenditori che continuano a interpretare tali adempimenti come meri aspetti

burocratici e non come pianificazione della sicurezza sul luogo di lavoro; tale

situazione non favorisce e soprattutto non contribuisce a far crescere la cultura

della sicurezza delle imprese ma contribuisce solo a far crescere i portafogli dei vari

consulenti che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno all’altezza dei

compiti (la normativa solo da poco ha introdotto corsi obbligatori per chi fa

consulenza in fatto di igiene e sicurezza sul lavoro sui quali però non mi risulta vi

sia un effettivo controllo se non solo su carta).

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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In conclusione sarebbero opportuno:

1. individuare azioni atte a limitare la concessione di appalti e subappalti soprattutto

nel privato;

2. individuare azioni atte a formare prima dell’utilizzazione i lavoratori con particolari

tipologie di contratto in modo che al momento dell’utilizzo abbiano almeno le

conoscenze necessarie;

3. individuare nuove modalità di contrasto del lavoro irregolare tenendo presente che i

controlli ci sono, sono intensi e molte sono le sanzioni comminate anche

pesantemente ma che non è certo la soluzione;

4. metter in atto controlli sulla qualità della formazione (la Regione Toscana ci sta già

lavorando);

5. sostenere la formazione non solo dei lavoratori ma anche di tutti gli altri soggetti

che a vario titolo fanno parte del sistema aziendale della sicurezza (datori di lavoro,

dirigenti, preposti, responsabili del servizio di prevenzione e protezione, medici

competenti, rappresentanti dei lavoratori);

6. incentivare i controlli sull’utilizzo di alcol nei luoghi di lavoro ( è un problema che

coinvolge soprattutto i lavoratori stranieri);

7. introdurre la sicurezza sul lavoro nella scuola almeno come argomento nell’ambito

di una delle varie materie che già sono nel piano di studi scolastico;

8. snellire la documentazione relative alla sicurezza sul lavoro e trovare modalità

documentali molto meno complesse;

9. riguardo alle problematiche prodotte dalle pressioni sociali all’interno dei luoghi di

lavoro ritengo sia un problema esclusivamente politico e ben poco tecnico;

10. intervenire sulle regole di mercato.

5. La scuola La scuola è organo centrale della democrazia e contribuisce a risolvere quello che

secondo noi è uno dei problemi centrali della democrazia: la formazione della classe

dirigente. Formazione non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede

in Parlamento, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a

capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti,

poeti. La creazione di questa classe non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una

oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall'afflusso verso l'alto degli elementi

migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la

possibilità di liberare verso l'alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa al

progresso della società.

“La scuola può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne

di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali. Se questa è la funzione costituzionale

della scuola,come deve essere costituito questo strumento? Su quali principi deve

poggiare ? La risposta è nella scuola di Stato,lo Stato deve creare scuola pubbliche. Come

dice Calamandrei “prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola

pubblica. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella di Stato sia ottima”.

Il principio di base che informa tutta la disciplina costituzionale della scuola è, il

PRINCIPIO DI LIBERTA’. Libero è,infatti, l’accesso alla scuola (art.34 comma 1 Cost.) e

libera è l’istituzione delle scuola e istituti di educazione da parte di enti e di privati (art.33

comma1 Cost.). Libertà non significa, però, assenza di qualunque limite e

regolamentazione,ma al contrario la Costituzione conferisce alla Repubblica il potere di

dettare le norme generali sull’istruzione, imponendo alla legge di fissare i diritti e gli

obblighi delle scuole non statali, qualora aspirino alla parificazione con la scuola statale.

Non bisogna, infatti dimenticare, come afferma Calamandrei nel suo discorso che “la

scuola pubblica è espressione di coesione e unità, …… la scuola privata è espressione di

varietà”. La scuola statale, nel quadro disegnato dalla Costituzione, è una struttura

istituzionale NECESSARIA, infatti la Repubblica è tenuta ad istituire “scuola statali per tutti

gli ordini e gradi“ il che vuol dire che l’istituzione pubblica non può mai mancare,mentre

l’esistenza di forme private di istruzione è meramente eventuale e dipende, appunto,

dall’iniziativa privata. Il principio di indipendenza economica della scuola privata, così

come espresso nella carta costituzionale, è il perfetto corrispondente del principio di

libertà, che è collocato dalla Costituzione al centro del sistema. Al principio di libertà si

ricollega sotto il profilo soggettivo il riconoscimento del diritto allo studio, di cui si fa carico

la Repubblica, quando si afferma che “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi,

hanno diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi”. Appare evidente dal contenuto degli

articoli richiamati il valore riconosciuto dalla nostra Costituzione all’istruzione pubblica,

quale strumento prioritario per la crescita culturale individuale e collettiva, per la

formazione di cittadini consapevoli delle loro scelte.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Già in passato la scuola italiana era stata sconvolta da processi di riforma, mai

totalmente completati, anzi potremmo dire quasi totalmente annullati ad ogni cambio di

legislatura,ricominciando ogni volta da capo. Sempre, però, tali eventi riformistici erano

stati preceduti da un dibattito, più o meno vivace, più o meno intenso, di carattere

pedagogico e culturale nel tentativo di rincorrere il miglior ordinamento scolastico. Persino

il ministro Letizia Moratti aveva convocato gli Stati generali della scuola.

Mai prima si era assistito a riforme della scuola pubblica che garantissero

l’elevamento culturale e la qualità dell’insegnamento tramite la riduzione del tempo scuola

e delle risorse economiche. L’obiettivo economico di questa riforma viene conseguito

tramite l’aumento generalizzato del numero degli alunni per classe (nelle prime classi per

le scuole superiori si potrà arrivare addirittura a 35 allievi) e ciò, se da una parte va a

peggiorare la qualità dell’offerta formativa, rendendo impossibile l’intervento

individualizzato, il recupero e la lotta alla dispersione scolastica, dall’altra rappresenta un

attentato al benessere a scuola e alla sicurezza. Infatti il Decreto 26/8/92 “Norme di

prevenzione incendi per l’edilizia scolastica” del Ministero degli interni al punto 5 prevede

che il limite massimo di allievi per classe sia di 26 nella scuola superiore ….. a ciò si

aggiunge la mancanza di spazi vitali che possano assicurare la funzionalità didattica come

indicato dal decreto interministeriale del 1975, ancora in vigore. Ve detto, però, per essere

precisi, che esiste una materia il cui insegnamento è possibile anche per classi formate da

un solo allievo: si tratta della religione cattolica, mentre coloro che non si avvalgono non

possono usufruire di i insegnamenti alternativi, in quanto, nella maggior parte dei casi le

scuole non hanno i mezzi economici sufficienti per attivare tali corsi. E si parla di pari

opportunità!

La scuola pubblica ispirata al pensiero dei costituenti garantisce la dignità

dell’individuo e favorisce la crescita di cittadini consapevoli delle loro scelte e in grado di

esprimere le proprie opinioni. Ciò non sarà possibile in una scuola dove scompare lo

studio della musica e delle arti pittoriche,dove verranno ridotte le attività laboratoriali, dove

materie fondamentali come la geografia e la storia scompaiono o sono fortemente ridotte.

Una scuola che nega la creatività e la criticità è una scuola che non forma dei cittadini

consapevoli! E’ ciò che vogliamo? La scuola non è un problema solo degli in segnanti, ma

riguarda tutti, la crescita di un paese passa attraverso un processo culturale in cui l’attore

principale è, e deve essere, la scuola pubblica.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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Sarebbe auspicabile un dibattito serio sul tema della scuola che abbandoni gli

stereotipi sugli insegnanti definiti per antonomasia “fannulloni” in quanto lavorano solo 18

ore settimanali , o vengono individuati come rappresentanti del ceto medio, un po’ in

decadenza, che a forza di banalizzazioni da parte della politica hanno perso il loro

fondamentale ruolo sociale. La scuola pubblica riguarda tutti, la sua salvaguardia è un

valore civile e sociale. Non dimentichiamoci il fatto che, come in ogni altro settore, anche

in quello scolastico esistono i lavoratori invisibili per lo Stato, i precari, che con la loro

attività in questi anni hanno consentito il regolare svolgimento della funzione didattica, ma

che non hanno nessun diritto, pur avendo insegnato per anni, e che alla luce degli attuali

tagli perderanno le cattedre.

6. Sintesi programmatica verso la qualità

Gestire la fase della sobrietà non è più una delle scelte possibili, ma ormai una

necessità della politica per evitare che venga gestita in maniera selvaggia dal mercato con

la conseguenza inevitabile di una precipitazione del sistema verso la macelleria sociale dei

soggetti più deboli.

Il problema del consenso è, comunque, reale, e spetta alla politica rendere

appetibile la sobrietà sostituendo la corsa stressante all’arricchimento individuale con la

giustizia sociale, la quantità dei consumi con la qualità, il bisogno paranoico di avere e di

apparire con la consapevole serenità dell’essere, anche come condizione per inseguire

l’irrinunciabile anelito verso la felicità.

Dunque solo l’intelligenza politica e la previsione corretta degli scenari del prossimo

futuro potrà consentirci di evitare una crescita dirompente dell’insicurezza sociale, il

tracollo della credibilità della politica e delle istituzioni, la frammentazione sociale e il caos.

Per governare in qualche modo la crisi ed evitare un collasso socialmente distruttivo

serve, allora, una politica illuminata dall’ecologia scientifica, dal principio della sostenibilità

e dai valori della sobrietà e della solidarietà, capace di intervenire sugli interessi economici

nel senso di una maggiore giustizia sociale e di orientare il mercato e l’economia in

funzione del bene comune.

1. Una radicale e rigorosa riforma della fiscalità. Riprendere con forza e coerenza,

cioè senza condoni di sorta, l’iniziativa contro l’evasione fiscale è necessario ma

non sufficiente. Serve anche una forte riduzione del prelievo fiscale sul lavoro e

sulle attività produttive e il suo spostamento su tre direzioni di fondo:

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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sull’inquinamento (carbon tax), sulle transazioni finanziarie, sul consumo delle

risorse, sulle rendite finanziarie. Rispetto alle rendite finanziarie è utile, però,

distinguere tra quelle che si configurano come pura speculazione, da assoggettare

all’aliquota massima, e quelle che hanno anche una funzione sociale o produttiva

(obbligazioni dello Stato e delle aziende, fondi comuni d’investimento), che vanno

portate a livelli più alti di quelli attuali, ma comunque ragionevoli e non penalizzanti

(per es. come quelli dei conti correnti o come l’aliquota più bassa). Da non

escludere, in caso di necessità, una imposta patrimoniale.

2. Una politica di riduzione dell’inquinamento ambientale, come unica irrinunciabile

forma di prevenzione primaria della malattia e di riduzione dei costi sanitari, e lo

sviluppo a ritmi forzati della ricerca scientifica e tecnologica, in direzione del

risparmio energetico e dello sviluppo delle tecnologie più adatte allo sfruttamento

delle energie rinnovabili e pulite.

3. La progressiva riduzione, anche attraverso la fiscalità sui consumi, dello spreco,

indotto dal mercato, di beni materiali non essenziali, che grida vendetta di fronte

all’impoverimento di ampi strati di popolazione costretti a sacrifici anche sui

consumi essenziali. Da facilitare e assecondare, invece, lo sviluppo dei consumi

immateriali (sport e cultura, musica e danza, fruizione e godimento dell’ambiente e

del paesaggio).

4. La progressiva, ma rapida, eliminazione dal mercato di tutti i materiali non

biodegradabili o non riciclabili (peraltro facilmente sostituibili) e la scelta rigorosa e

concreta della strategia “Rifiuti Zero”, con la raccolta differenziata “porta a porta” e il

riciclo di tutti i materiali recuperati;

5. Una politica di salvaguardia del territorio dall’inquinamento e dalla cementificazione.

Anche il territorio, infatti, è una risorsa limitata ed esauribile, decisamente

importante per la qualità della vita e per lo sviluppo strategico dell’agricoltura.

Serve, dunque, una politica molto rigorosa per evitare ogni cementificazione che

non sia strettamente e socialmente necessaria, non solo nel privato ma anche nel

pubblico; Il potenziale delle imprese edilizie deve essere orientato, con adeguati

incentivi, verso la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, a partire da

quello pubblico, con l’obiettivo della più drastica riduzione del fabbisogno

energetico. Per recuperare e valorizzare anche il territorio in via di degradazione e

di abbandono è importante che l’investimento in opere pubbliche venga orientato

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sul risanamento idrogeologico e sull’incentivazione del ritorno all’agricoltura di

qualità, che non fa uso di pesticidi, insetticidi o fertilizzanti chimici, non naturali.

Come afferma giustamente la F.A.O. l’unico strumento efficace per vincere la

povertà, che si va diffondendo anche nei paesi più sviluppati, è un settore agricolo

in piena salute. Ma per assecondare efficacemente il ritorno all’agricoltura è

innanzitutto necessario che il lavoro contadino sia giustamente remunerato e per

questo la politica deve anche contrastare l’intermediazione finanziaria, che specula

schiacciando in basso il reddito dei coltivatori e portando alle stelle i costi al

consumo.

8. Una forte riduzione dei costi della politica, che va reinterpretata in chiave di servizio

pubblico per il bene comune invece che come privilegio di casta.

9. Un forte impegno, soprattutto di natura culturale e tecnologica, deve essere

orientato anche al miglioramento delle condizioni di vita dei popoli sottosviluppati, in

stretta collaborazione con le associazioni “no profit”. L’obiettivo deve essere

innanzitutto quello del raggiungimento della piena autonomia alimentare, anche

come percorso necessario per ridurne la natalità e la pressione sui confini dei paesi

più sviluppati.

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Mozione politica di Alessandro Cresci “uno di noi”

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I miei particolari ringraziamenti vanno a

tutti gli uomini e a tutte le donne che vivono

la Toscana e che hanno contribuito alla

stesura di questa mozione. Sarà un onore e

un privilegio portare avanti questo progetto

con voi. Con la stessa passione, dedizione e

amore con cui avete creato dal nulla questa

mozione congressuale.

Grazie di cuore,