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Letteratura italiana Einaudi Myricae di Giovanni Pascoli

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Letteratura italiana Einaudi

Myricae

di Giovanni Pascoli

Letteratura italiana Einaudi ii

Edizione di riferimento:Opere, tomo IRicciardi, Milano - Napoli 1980a cura di Maurizio Perugi

Sommario

[1] Il giorno dei morti 1[2] Dall’alba al tramonto

III Scalpitìo 12IX La cucitrice 13X Sera festiva 14

[2] RicordiI Romagna 16III Rio Salto 20IV Il maniero 21VI Il fonte 22

[4] PensieriIV Cuore e cielo 24V Morte e sole 25

[5] CreatureI Fides 26III Morto 28IV Orfano 29

[7] Le pene del poetaII Il cacciatore 30III Il lauro 31

[8] L’ultima passeggiataI Arano 34II Di lassù 36III Galline 37IV Lavandare 38VII Festa lontana 39VIII Quel giorno 40IX Mezzogiorno 41

Letteratura italiana Einaudi iii

Letteratura italiana Einaudi iv

X Già dalla mattina 42XI Carrettiere 43XII In capannello 45XIII Il cane 46XIV O reginella 47XV Ti chiama 49XVI O vano sogno 50

[9] Dialogo 52[11] Le gioie del poeta

IV Gloria 55VI La vite e il cavolo 56

[12] Finestra illuminataIII Dopo? 58IV Un rumore 59V Povero dono 60VI Un rondinotto 61VIII Mistero 62IX Vagito 63

[13] Solitudine 64[14] Campane a sera 67[15] Elegie

I La felicità 70V Agonia di madre 71VI Lapide 73

[16] Ida e Maria 75[17] In Campagna

I Il vecchio dei campi 77II Nella macchia 78III Il bove 80

Letteratura italiana Einaudi v

V Vespro 82VI Canzone d’aprile 83XI L’assiuolo 85XII Temporale 87XIII Dopo l’acquazzone 88XIV Pioggia 89XV Sera d’ottobre 90XVI Ultimo canto 91XVII Il piccolo bucato 92

[18] PrimaveraI Il fiume 94II Lo stornello 95III La pieve 97IV In chiesa 98

[20] DolcezzeII Con gli angioli 99V A nanna 100VI Il piccolo aratore 102VII Il piccolo mietitore 103VIII Notte 104

[21] TristezzeII Rammarico 105VIII Al fuoco 107IX Il lampo 109X Il tuono 110XI Lontana 111XII I ciechi 113XVI Notte dolorosa 114XVIII La baia tranquilla 115

Letteratura italiana Einaudi vi

[22] Il bacio del morto 116[24] I due cugini 119[26] Tramonti

I La sirena 123[28] Alberi e fiori

II Nel giardino 125III Nel parco 127VI Il dittamo 129VIII Viole d’inverno 131

[29] Colloquio 133[30] In cammino 138

1Letteratura italiana Einaudi

1. Divaricazione, come ai vv. 18, 168.4-6. Cfr. M Fides 7-8 «mentre il cipresso nella notte nera / sca-

gliasi al vento, piange alla bufera» 7-9. Cfr. PV Al pittore Lisandro Zappelli 3-4 «È venuto a una ca-

sa umile e mesta / tutta bagnata ancor dalla tempesta» (non a casodatata «Castelvecchio, 1902»).

12. Primo esempio di quest’impiego, tipicamente pascoliano, ditutto.

15. Lo sdrucciolo pre-clausulare, già frequentato a partire daquesta composizione, è passibile di propagginarsi a ritroso (cfr. v.104); e cfr. PP Italy II 12 «qualche lagrima sgocciola dai fiocchi //delle avellane».

[1]

IL GIORNO DEI MORTI

Io vedo (come è questo giorno, oscuro!),vedo nel cuore, vedo un camposantocon un fosco cipresso alto sul muro.

E quel cipresso fumido si scaglia5 allo scirocco: a ora a ora in pianto

sciogliesi l’infinita nuvolaglia.

O casa di mia gente, unica e mesta,o casa di mio padre, unica e muta,dove l’inonda e muove la tempesta;

10 o camposanto che sì crudi invernihai per mia madre gracile e sparuta,oggi ti vedo tutto sempiterni

e crisantemi. A ogni croce roggiapende come abbracciata una ghirlanda

15 donde gocciano lagrime di pioggia.

Giovanni Pascoli - Myricae

19. La correctio, introdotta da Non, marca l’inizio della secondasezione.

23-4. Cfr. M Il castagno 25-8 «Ai primi freddi, quando il buonvillano / rinumerò tutti i suoi bimbi al fuoco; / e con lui lungamen-te il tramontano / brontolò roco» (dove, ovviamente, non sfuggiràl’equiparazione stilematica tra una famiglia morta e una viva) e PPItaly I 119-20 «Il tramontano discendea con sordi / brontoli».

25. umida e pia: varia la consueta dittologia sinonimica, diascendenza dantesca (cfr. Inf. V 117), «tristo e pio».

2Letteratura italiana Einaudi

Sibila tra la festa lagrimosauna folata, e tutto agita e sbanda.Sazio ogni morto, di memorie, posa.

Non i miei morti. Stretti tutti insieme,20 insieme tutta la famiglia morta,

sotto il cipresso fumido che geme,

stretti così come altre sere al foco(urtava, come un povero, alla portail tramontano con brontolìo roco),

25 piangono. La pupilla umida e piaricerca gli altri visi a uno a unoe forma un’altra lagrima per via.

Piangono, e quando un grido ch’esce strettoin un sospiro, mormora, Nessuno! . . .

30 cupo rompe un singulto lor dal petto.

Levano bianche mani a bianchi volti,non altri, udendo il pianto disusato,sollevi il capo attonito ed ascolti.

Posa ogni morto; e nel suo sonno culla35 qualche figlio de’ figli, ancor non nato.

Giovanni Pascoli - Myricae

43. La clausola, che torna identica in PR A Taganrok 14, rientrain un paradigma topico: cfr. M Il fiume 7 «nella riva oscura», PPLa cincia 15 «nella reggia oscura», L’albergo 19 «nella macchiaoscura», Suor Virginia 106 «per la terra oscura», PC Tiberio 26 «inuna mischia oscura”, PI Rossini II 11 «sulla terra oscura», PV Mas-sa 8 «la Brugiana oscura». Qui varia la clausola del verso iniziale etornerà duplicata al v. 164, marcando altrettanti punti di suturanella composizione. Ma più urgente ancora è osservare come la ri-ma paura:oscura torni in PP I due orfani 17-9 ( «“Anche a que’ tem-pi noi s’avea paura: / sì, ma non tanta» «Or nulla ci conforta, / esiamo soli nella notte oscura”»), a meglio connotare la funzione ar-chetipica di Margherita in rapporto ai fratelli.

44-8. Esempio notevole di accumulo, funzionalizzato a livellomorfo-stilistico, delle desinenze di imperfetto -eva, -ava, -iva, -ivate(cui si aggiunga soave nel rispetto meramente fonosimbolico).

46-8. La rima letto:petto consente di individuare un campo stile-matico cui appartengono M Mistero 1-3 «Vergine. . . bianca soprail bianco letto, / ti prese il sonno a mezzo la preghiera? / Tu hai lemani in croce sopra il petto», NP Il chiù 1-3 «Addio! – La notte,troppo grande il letto / era a Viola. Stava dal suo canto, / con in-crociate le due mani al petto”, CC Il sogno della vergine 33-5 «Unfiglio! che posa nel letto / suo vergine! e cerca assetato / le fontidel vergine petto!»; e cfr. anche M Lo stornello 2-7.

3Letteratura italiana Einaudi

Nessuno! i morti miei gemono: nulla!

- O miei fratelli! - dice Margherita,la pia fanciulla che sotterra, al verno,si risvegliò dal sogno della vita:

40 - o miei fratelli, che bevete ancorala luce, a cui mi mancano in eternogli occhi, assetati della dolce aurora;

o miei fratelli! nella notte oscura,quando il silenzio v’opprimeva, e vana

45 l’ombra formicolava di paura;

io veniva leggiera al vostro letto;Dormite! vi dicea soave e piana:

Giovanni Pascoli - Myricae

59. Cfr. PV La vedetta delle Alpi 4 «come rombo di procella»(ma procella in sostituzione di «tempesta» è già presente all’altezzadi M: cfr. Carrettiere 8).

69. Clausola frequentata, come già lascia comprendere la catenavocalica (che si propaggina nell’-anti precedente): cfr. ad esempioPP Italy I 155 «e rovesciava acquate sopra acquate!».

4Letteratura italiana Einaudi

voi dormivate con le braccia al petto.

E ora, io tremo nella bara sola;50 il dolce sonno ora perdei per sempre

io, senza un bacio, senza una parola.

E voi, fratelli, o miei minori, nulla! . . .voi che cresceste, mentre qui, per sempre,io son rimasta timida fanciulla.

55 Venite, intanto che la pioggia tace,se vi fui madre e vergine sorella:ditemi: Margherita, dormi in pace.

Ch’io l’oda il suono della vostra voceora che più non romba la procella:

60 io dormirò con le mie braccia in croce.

Nessuno!- Dice; e si rinnova il pianto,e scroscia l’acqua: un impeto di ventosquassa il cipresso e corre il camposanto.

- O figli - geme il padre in mezzo al nero65 fischiar dell’acqua - o figli che non sento

più da tanti anni! un altro cimitero

forse v’accolse e forse voi chiamatela vostra mamma, nudi abbrividendosotto le nere sibilanti acquate.

Giovanni Pascoli - Myricae

73. Per la collocazione divaricata, e un po’ manieristica, di mai(artificio quanto mai tipico della prosa pascoliana) cfr. ancora vv.83, 86.

76. avanti che: sagace colloquialismo.82. Oh!: primo esempio di questa interiezione pascolianissima

(cfr. ancora vv. 121, 175).85. poveri: per questo sdrucciolo in posizione viscerale cfr. an-

cora vv. 119, 172, 199.90-2. Il rintocco triplice di non so chi; che non so; egli non sa

nella stessa sede è un ulteriore elemento che concorre alla defini-zione del linguaggio violentemente connotato del padre.

5Letteratura italiana Einaudi

70 E voi le braccia dall’asil lontanoa me tendete, siccome io le tendo,figli, a voi, disperatamente invano.

O figli, figli! vi vedessi io mai!io vorrei dirvi che in quel solo istante

75 per un’intera eternità v’amai.

In quel minuto avanti che morissi,portai la mano al capo sanguinante,e tutti, o figli miei, vi benedissi.

Io gettai un grido in quel minuto, e poi80 mi pianse il cuore: come pianse e pianse!

e quel grido e quel pianto era per voi.

Oh! le parole mute ed infiniteche dissi! con qual mai strappo si fransela vita viva delle vostre vite.

85 Serba la madre ai poveri miei figli:non manchi loro il pane mai, né il tetto,né chi li aiuti, né chi li consigli.

Un padre, o Dio, che muore ucciso, ascolta:aggiungi alla lor vita, o benedetto,

Giovanni Pascoli - Myricae

91-3. Cfr. OI Inno secolare a Mazzini V 35 «e su la croce – Pa-dre! – dir – perdona! –».

94. La clausola è dal Morgante Maggiore di L. Pulci, XXVII152, 3 «Fammi degno, / Signor, ch’io riconosca la via piana»: ilpasso è compreso in SL, pp. 183-4.

96. tutto: per l’epifonema, estremamente tipico, cfr. v. 197 peraltri, e per l’intera terzina cfr. LR Il pane (p. 3): «Chi nasce, trovipure quanti vogliate mutamenti nella natura delle cose; trovi siepi,fossa, mura nella terra madre: bene. Ma tutto questo a un patto:ch’egli abbia il suo pane».

6Letteratura italiana Einaudi

90 quella che un uomo, non so chi, m’ha tolta.

Perdona all’uomo, che non so; perdona:se non ha figli, egli non sa, buon Dio . . .e se ha figlioli, in nome lor perdona.

Che sia felice; fagli le vie piane;95 dagli oro e nome; dagli anche l’oblio;

tutto: ma i figli miei mangino il pane.

Così dissi in quel lampo senza fine;Vi chiamai, muto, esangue, a uno a uno,dalla più grandicella alle piccine.

100 Spariva a gli occhi il mondo fatto vano.In tutto il mondo più non era alcuno.Udii voi soli singhiozzar lontano. -

Dice; e più triste si rinnova il pianto;più stridula, più gelida, più scura

105 scroscia la pioggia dentro il camposanto.

- No, babbo, vive, vivono - Chi parla?Voce velata dalla sepoltura,voce nuova, eppur nota ad ascoltarla,

o mio Luigi, o anima compagna!110 come ti vedo abbrividire al vento

Giovanni Pascoli - Myricae

121-2. Cfr. la chiusa di PP L’aquilone e soprattutto M Anniver-sario [I] 14 «tu m’accarezzi i riccioli d’allora».

7Letteratura italiana Einaudi

che ti percuote, all’acqua che ti bagna!

come mutato! sembra che tu siaun bimbo ignudo, pieno di sgomento,che chieda, a notte, al canto della via.

115 - Vivono, vive. Non udite in questanotte una voce querula, argentina,portata sino a noi dalla tempesta?

È la sorella che morì lontano,che in questa notte, povera bambina,

120 chiama chiama dal poggio di Sogliano.

Chiama. Oh! poterle carezzare i biondiriccioli qui, tra noi; fuori del nerochiostro, de’ sotterranei profondi!

Un’altra voce tu, fratello, ascolta;125 dolce, triste, lontana; il tuo Ruggiero;

in cui, babbo, moristi un’altra volta.

Parlano i morti. Non è spento il cuorené chiusi gli occhi a chi morì cercando,a chi non pianse tutto il suo dolore.

130 E or per quanto stridula di ventoombra ne dividesse, a quando a quandoudrei, come da vivo, il tuo lamento,

o mio Giovanni, che vegliai, che ressi,che curai, che difesi, umile e buono,

Giovanni Pascoli - Myricae

144. I due punti terminali fungono da commatizzazione retori-ca, isolando la triplice anafora successiva (se. . . se . . . se) di gustoclassicheggiante.

156. sì... ma: primo esempio di questa pascolianissima correctio.

8Letteratura italiana Einaudi

135 e morii senza che rivedessi!

Avessi tu provato di quell’oraultima il freddo, e or quest’abbandono,gemendo a noi ti volgeresti ancora.-

- Ma se vivete, perché, morti cuori,140 solo è la nostra tomba illacrimata,

solo la nostra croce è senza fiori ?-

Così singhiozza Giacomo: poi geme:- Quando sola restò la nidïata,Iddio lo sa, come vi crebbi insieme:

145 se con pia legge l’umili vivandetra voi divisi, e destinai de’ paniil più piccolo a me ch’ero il più grande;

se ribevvi le lagrime ribelliper non far voi pensosi del domani,

150 se il pianto piansi in me di sei fratelli;

se al sibilar di questi truci venti,al rombar di quest’acque, io suscitavala buona fiamma d’eriche e sarmenti;

e io, quando vedea rosso ogni viso,155 e più rossi i più piccoli, tremava

sì, del mio freddo, ma con un sorriso.

Ma non per me, non per me piango; io piangoper questa madre che, tra l’acqua, spera,

Giovanni Pascoli - Myricae

161-2. Identica situazione di CC La voce.171. Varia la clausola di Inf. II 1, più fedelmente esemplata in

PP Il focolare 18 «Sotto l’aer bruno» (pure in rima con nessuno).177. Per il vocalismo della clausola cfr. PV Il Rubicone 11 «e il

suol romano tuona delle pesta»; per il resto, pesta è nel codice delnostro autore in costante rapporto metonimico con cane: cfr. MMezzanotte 4-5 «Un doppio suon di pesta / s’ode, che passa» (pre-cede, al v. 2, «Uggiola un cane»), PP Nella nebbia 25 «le péste nèvicine nè lontane» (precede, al v. 23, «l’uggiolar del cane»).

9Letteratura italiana Einaudi

per questo padre che desìa, nel fango;

160 per questi santi, o fratel mio, che vivi;di cui morendo io ti dicea . . . ma eragrossa la lingua e forse non udivi.-

Io vedo, vedo, vedo un camposanto,oscura cosa nella notte oscura:

165 odo quel pianto della tomba, pianto

d’occhi lasciati dalla morte attenti,pianto di cuori cui la sepoltura lasciò,ma solo di dolor, viventi.

L’odo: ora scorre libero: nessuno170 può risvegliarsi, tanto è notte, il vento

è così forte, il cielo è così bruno.

Nessuno udrà. La povera famigliapuò piangere. Nessuno, al suo lamento,può dire: Altro è mio figlio! altra è mia figlia!

175 Aspettano. Oh! che notte di tempestapiena d’un tremulo ululo ferino!Non s’ode per le vie suono di pesta.

Uomini e fiere, in casolari e tane,tacciono. Tutto è chiuso. Un contadino

Giovanni Pascoli - Myricae

182. assidua: per misurare la sagacità dello sdrucciolo si con-fronti Inno a Torino 601 «levano gli occhi all’improvvisa romba”.

187-9. occhi:ginocchi: la rima individua un paradigma tematico estilematico ben preciso; cfr. M Agonia di madre 9-13 «la traccia / dilagrime morte negli occhi. / Ah! ricordano un peso le braccia, / ri-cordano un peso i ginocchi, // grave. Due sono i bimbi» (uno mor-to, uno vivo), CC Giovannino 13-6 «Scosse capelli biondi di su gliocchi. / «No!» mi rispose: “là c’è il camposanto. / Tua madre ti ri-prende sui ginocchi; | tu ti rivedi i fratellini accanto / [...]”».

10Letteratura italiana Einaudi

180 socchiude l’uscio del tugurio al cane.

Piangono. Io vedo, vedo, vedo. Stannoin cerchio, avvolti dall’assidua romba.Aspetteranno, ancora, aspetteranno.

I figli morti stanno avvinti al padre185 invendicato. Siede in una tomba.

(io vedo, io vedo) in mezzo a lor, mia madre.

Solleva ai morti, consolando, gli occhi,e poi furtiva esplora l’ombra. Culladue bimbi morti sopra i suoi ginocchi.

190 Li culla e piange con quelli occhi suoi,piange per gli altri morti, e per se nulla,e piange, o dolce madre! anche per noi;

e dice:- Forse non verranno. Ebbene,pietà! Le tue due figlie, o sconsolato,

195 dicono, ora, in ginocchio, un po’ di bene.

Forse un corredo cuciono, che preme:per altri: tutto il giorno hanno agucchiato,hanno agucchiato sospirando insieme.

E solo a notte i poveri occhi smorti200 hanno levato, a un gemer di campane;

Giovanni Pascoli - Myricae

11Letteratura italiana Einaudi

hanno pensato, invidïando, ai morti.

Ora, in ginocchio, pregano Mariaal suon delle campane, alte, lontane,per chi qui giunse, e per chi resta in via

205 là; per chi vaga in mezzo alla tempesta,per chi cammina, cammina, cammina,e non ha pietra ove posar la testa.

Pietà pei figli che tu benedivi!In questa notte che non mai declina,

210 orate requie, o figli morti, ai vivi!-O madre! il cielo si riversa in piantooscuramente sopra il camposanto.

12Letteratura italiana Einaudi

[2]

DALL’ALBA AL TRAMONTO

III

SCALPITÍO

Si sente un galoppo lontano (è la …?),che viene, che corre nel pianocon tremula rapidità.

5 Un piano deserto, infinito;tutto ampio, tutt’arido, eguale:qualche ombra d’uccello smarrito,che scivola simile a strale:

non altro. Essi fuggono via10 da qualche remoto sfacelo;

ma quale, ma dove egli sia,non sa né la terra né il cielo.

Si sente un galoppo lontano più forte,

15 che viene, che corre nel piano:la Morte! la Morte! la Morte!

11-3. Anticipano la rima emblematica dell’epos garfagnino, apartire da PP Notte 37-9.

13Letteratura italiana Einaudi

IX

LA CUCITRICE

L’alba per la valle nerasparpagliò le greggi bianche:tornano ora nella serae s’arrampicano stanche:

5 una stella le conduce.

Torna via dalla maestrala covata, e passa lenta:c’è del biondo alla finestratra un basilico e una menta:

10 è Maria che cuce e cuce.

Per chi cuci e per che cosa?un lenzuolo ? un bianco velo ?Tutto il cielo è color rosa,rosa e oro, e tutto il cielo

15 sulla testa le riluce.

Alza gli occhi dal lavoro:una lagrima? un sorriso?Sotto il cielo rosa e oro,chini gli occhi, chino il viso,

20 ella cuce, cuce, cuce.

8-9. Cfr. M Solitudine 9, PP Italy II 44-6.

14Letteratura italiana Einaudi

X

SERA FESTIVA

O mamma, o mammina, hai stiratola nuova camicia di lino ?Non c’era laggiù tra il bucato,sul bossolo o sul biancospino.

5 Su gli occhi tu tieni le mani. . .Perchè? non lo sai che domani ... ?din don dan, din don dan.

Si parlano i bianchi villaggicantando in un lume di rosa:

10 dall’ombra de’ monti selvaggisi sente una romba festosa.

Tu tieni a gli orecchi le mani...tu piangi; ed è festa domani. .din don dan, din don dan.

15 Tu pensi . . . oh! ricordo: la pieve . . .quanti anni ora sono ? una sera . .il bimbo era freddo, di neve;il bimbo era bianco, di cera:allora sonò la campana

20 (perchè non pareva lontana ?)din don dan, din don dan.

Sonavano a festa, come ora,per l’angiolo; il nuovo angioletto

Giovanni Pascoli - Myricae

15Letteratura italiana Einaudi

nel cielo volava a quell’ora;25 ma tu lo volevi al tuo petto,

con noi, nella piccola zana:gridavi; e lassù la campana. . .din don dan, din don dan.

9. stoppie: «“Quella parte di paglia che rimane in sul campo, se-gate che sono le biade; e talora [...] il campo medesimo dov’è lastoppia”. Fanfani» (la nota è riportata in SL, p. 547).

15. Modulo omerico: e non è casuale il riscontro con PC L’ulti-mo viaggio XVII 9-15, dove Odisseo col suo aedo vanamente ricer-ca l’amore perduto.

16Letteratura italiana Einaudi

[3]

RICORDI

I

ROMAGNA

a Severino

Sempre un villaggio, sempre una campagnami ride al cuore (o piange), Severino:il paese ove, andando, ci accompagnal’azzurra vision di San Marino:

5 sempre mi torna al cuore il mio paesecui regnarono Guidi e Malatesta,cui tenne pure il Passator cortese,re della strada, re della foresta.

Là nelle stoppie dove singhiozzando10 va la tacchina con l’altrui covata,

presso gli stagni lustreggianti, quandolenta vi guazza l’anatra iridata,

oh! fossi io teco; e perderci nel verde,e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,

15 gettarci l’urlo che lungi si perdedentro il meridiano ozio dell’aie;

Giovanni Pascoli - Myricae

18. scodella: la parola-rima, col suo trito realismo, è attestatasoltanto qui e nell’apologo di PV Il cane e la scodella I («– Buonotu sei – diceva la scodella / al cane, – che me, sola, in abbandono, /così carezzi e rifai nuova e bella! – ». La poesia è inclusa nella rac-colta solo a partire dall’edizione Mondadori del 1948.

19. rumina: per il significato autobiografico dell’allegoria cfr.MV XIX (è la traduzione dell’ecloga dantesca a Giovanni del Vir-gilio): «Ho con me una pecora, che tu conosci, la più cara, che ap-pena regge le poppe, tanto abbonda di latte (sotto una gran rupeora rimastica le erbe che già brucò)» con la nota: «Ha finito il pur-gatorio: lo rumina». Il patrimonio fonosimbolico del verbo è di-spiegato in C Pecudes 27 «adsiduoque boves fenum rumore reman-dunt».

20. lupinella: rientra nel rilevante paradigma quadrisillabico cuiappartengono, ad esempio, «pimpinella» e «reginella»; i riscontri,istruttivi anche a livello tematico, sono con M Vespro 7, PP Il torel-lo 86, NP La vendemmia I 12. La lupinella (Onobrychis sativa) èuna leguminosa coltivata per foraggio. Quanto a laborïosa, cfr. lanota a Lyra (p. 104) Calvi Poemata 2 «Durum rus fugit et laborio-sum»: «Gellius IX xii 10: C. Calvus in poematis (cfr. Cat. [L] notaal v. 16) ‘Laboriosus’ dicit, non ut vulgo dicitur, qui laborat, sed inquo laboratur».

17Letteratura italiana Einaudi

mentre il villano pone dalle spallegobbe la ronca e afferra la scodella,e ‘l bue rumina nelle opache stalle

20 la sua laborïosa lupinella.

Da’ borghi sparsi le campane in tantosi rincorron coi lor gridi argentini:chiamano al rezzo, alla quiete, al santodesco fiorito d’occhi di bambini.

25 Già m’accoglieva in quelle ore bruciatesotto ombrello di trine una mimosa,che fioria la mia casa ai dì d’estateco’ suoi pennacchi di color di rosa;

e s’abbracciava per lo sgretolato

Giovanni Pascoli - Myricae

42. trema: è la proiezione lessematica del frequente tri tri, corri-spondente a tràzein gravido di connotazioni mortuarie.

48. Il binomio si salda in M Campane a sera 14 «guardano don-ne verso la marina».

50. un giorno nero: quello di M Quel giorno.

18Letteratura italiana Einaudi

30 muro un folto rosaio a un gelsomino;guardava il tutto un pioppo alto e slanciato,chiassoso a giorni come un biricchino.

Era il mio nido: dove immobilmente,io galoppava con Guidon Selvaggio

35 e con Astolfo; o mi vedea presentel’imperatore nell’eremitaggio.

E mentre aereo mi poneva in viacon l’ippogrifo pel sognato alone,o risonava nella stanza mia

40 muta il dettare di Napoleone;

udia tra i fieni allor allor falciatida’ grilli il verso che perpetuo trema,udiva dalle rane dei fossatiun lungo interminabile poema.

45 E lunghi, e interminati, erano quellich’io meditai, mirabili a sognare:stormir di frondi, cinguettio d’uccelli,risa di donne, strepito di mare.

Ma da quel nido, rondini tardive,50 tutti tutti migrammo un giorno nero;

io, la mia patria or è dove si vive:gli altri son poco lungi; in cimitero.

Così più non verrò per la calura

Giovanni Pascoli - Myricae

19Letteratura italiana Einaudi

tra que’ tuoi polverosi biancospini,55 ch’io non ritrovi nella mia verzura

del cuculo ozïoso i piccolini,

Romagna solatia, dolce paese,cui regnarono Guidi e Malatesta;cui tenne pure il Passator cortese,

60 re della strada, re della foresta.

8. Per l’impianto del verso cfr. M Il fiume 14. 11. al dubitoso lume: cfr. C Phidyle 115-6 «nam seros pensum

trahitur dubitantis ad ignes / luminis».

20Letteratura italiana Einaudi

III

RIO SALTO

Lo so: non era nella valle fondasuon che s’udia di palafreni andanti:era l’acqua che giù dalle stillantitegole a furia percotea la gronda.

5 Pur via e via per l’infinita spondapassar vedevo i cavalieri erranti;scorgevo le corazze luccicanti,scorgevo l’ombra galoppar sull’onda.

Cessato il vento poi, non di galoppi10 il suono udivo, né vedea tremando

fughe remote al dubitoso lume;

ma voi solo vedevo, amici pioppi!Brusivano soave tentennandolungo la sponda del mio dolce fiume.

2. Cfr. PV Astolfo 43. 3-4. su’ gialli / merli: l’inarcatura corrisponde esattamente, e per

la sede e per l’unicità, a quella collocata ai vv. 3-4 di Rio Salto, e co-stituisce la cifra più vistosa di un parallelismo perseguito anche a li-vello di temi e stilemi. Per il motivo cfr. PD (edizione Mondadori)Alla gloria di Giosue Carducci e di Giuseppe Garibaldi: «Quandoegli [sc. Carducci] alzava la voce di tra lo stormire delle macchie odi tra il fragore della maretta, i falchi delle castella semidirutesquittivano a gara. Anelava all’azione».

11. Cfr. PV Astolfo 109-10, la cui ‘indeterminatezza’ appare quimedicata da una più puntuale eco virgiliana (cfr. Ecl. I 83).

13. Endecasillabo forse memore di Epos (p. 404) Corneli SeveriRerum Romanarum X «Pinea frondosi corna murmurat Apennini».

13-4. Cfr. M Campane a sera 27-8.

21Letteratura italiana Einaudi

IV

IL MANIERO

Te sovente, o tra boschi arduo maniero,popolai di baroni e di vassalli,mentre i falchetti udia squittio su’ giallimerli e radendo il baluardo nero.

5 Pei vetri un lume trascorrea leggiero,e nitrivano fervidi i cavalli:a uno squillo che uscia giù dalle valli,apria le imposte il maggiordomo austero;

e nel fosso stridea la fragorosa10 saracinesca. Or tu, canto divino,

sceso con l’ombre nel mio cuor cadenti,

dove sei? Di tramonti, ora, pensosa,là sur un torvo giogo d’Apenninoqualch’elce nera lo ripete ai venti.

4. La clausola è ariostesca: cfr. Orlando Furioso XXVII 101, 3«rimbombò il suon fin alla selva Ardenna» (le ottave dalla 34 alla102 sono comprese in SL, pp. 281-95, col titolo Nel campo di Agra-mante).

5-8. Intarsio di echi ariosteschi; l’Ippogrifo e Brigliadoro sonogià in PV Astolfo insieme a Rondello, qui sostituito dall’Alfana: dinuovo c’è una più concreta aderenza mimetica al modello e il gustoun po’ parnassiano del toponimo favoloso (India Sericana) in rima(non certo sorprendente in un sonetto che anticipa per più versi lostile dei Conviviali).

8. trebbio: trivio, crocicchio. 11. ferrea: assai lontano dal valore precipuamente onomatopei-

co che assume questo epiteto in M (cfr. Solitudine 12 «di rote fer-ree e querule campane», Ultimo sogno 1-2 «Da un immoto fragordi carrïaggi / ferrei»); qui proverrà dalla suggestione di PV Echi dicavalleria 35-6. persona: cfr. PP Conte Ugolino 30-1, dove Dante èdescritto come «dritto stante, / imperïale sopra la persona».

22Letteratura italiana Einaudi

VI

IL FONTE

Mentre con lieve strepito perennegeme tra il caprifoglio una fontana,trema un trotto tranquillo, e s’allontanaper le fatate rilucenti Ardenne.

5 Qui pontò i piedi e s’alzò sulle pennequell’Ippogrifo, qui stallò l’Alfana:Brigliadoro dall’India Sericanain questo trebbio il lungo error sostenne:

che qui l’abbeverava il paladino,10 e meditava al mormorio del fonte

senza piegar la ferrea persona:

Giovanni Pascoli - Myricae

23Letteratura italiana Einaudi

poi seguì la sua corsa e il suo destino;così che intorno per la valle e il monteancor la notte il trotto ne rintrona.

1. s’immilla: dantismo. 2-4. Questa coppia rimatica risale addirittura a PV La morte del

ricco (una delle più antiche poesie pascoliane) 25-8 «Venga l’esecu-tor! Dubbio, t’avanza! / fissalo col tuo grande occhio sbarrato! /Costui d’un’altra vita ha la speranza: / che muoia disperato!»: au-tocitazione senza dubbio significativa (il v. 26, del resto, è ancorariconoscibile nella filigrana della seconda strofe di Morte e Sole),che afferma una conquista sul piano e gnoseologico e stilistico. Lacoppia (pur con una immutazione di significato) torna nell’auto-biografica CC Il mendico (dove è pure il ricupero di un’altra rimagiovanile, «bebbi» al v. 67) 81-4 «Io nudo, bussando alle porte, / tidico, nell’ora che imbruna: / Di dolce sol ebbi la morte; / ma tuttoè quest’una!».

24Letteratura italiana Einaudi

[4]

PENSIERI

IV

CUORE E CIELO

Nel cuor dove ogni visïon s’immilla,e spazio al cielo ed alla terra avanza,talor si spenge un desiderio, e brilla

una speranza:

5 come nel cielo, oceano profondo,dove ascendendo il pensier nostro annega,tramonta un’Alfa, e pullula dal fondo

cupo un’Omega.

2-4. Per la coppia rimatica cfr. M Mezzanotte 8-10 «Brilla, / solanel mezzo alla città che dorme, / una finestra, come una pupilla»,Al fuoco 19-20 «Sbarra il ceppo la pupilla: / crocchia e brilla», PPL’aquilone 31-5 «S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo / petto del bim-bo e l’avida pupilla / e il viso e il cuore, porta tutto in cielo. // Piùsu, più su: già come un punto brilla, / lassù lassù . . .», CC Il cioccoII 110-5 «tempo, che persuasa da due dita / leggiere, mi si chiudala pupilla: / nè però sia la visïon finita. // Oh! il cieco io sia che,nella sua tranquilla / anima, vede, fin che sa che intorno / a lui c’èqualche aperto occhio che brilla!», OI Alle batterie siciliane 43-8«Dal cielo che fulgido guarda / quel muto brusìo, / la Croce delSud a te brilla . . . / Oh! non a tua madre che forse con tarda / pu-pilla / tra gli astri va in cerca di Dio!»: la compattezza e sistemati-cità del tabulato s’impone anche a uno sguardo superficiale, ed èuna fra le prove più persuasive di una tecnica che lavora su costan-ti rimatiche.

3. Verso programmatico, come M I due fuchi 3. 8. Per la clausola (equivalente all’altra, illustre, che termina PC

L’ultimo viaggio) cfr. M Sogno d’ombra 9-10 «Ma l’uno visse / quel-lo che l’altro: un sogno d’ombra, un niente» (la citazione è da Pin-daro Pyth. VIII 135-6), OI Alla cometa di Halley 77 «Terra nonpiù, Cielo non più, ma il Niente», Inno secolare a Mazzini I 28 «sot-to lo scheletrito astro del niente», PC Alexandros 39 «ma questo èil Fine, è l’Oceano, il Niente…».

25Letteratura italiana Einaudi

V

MORTE E SOLE

Fissa la morte: costellazïonelugubre che in un cielo nero brilla:breve parola, chiara visïone:

leggi, o pupilla.

5 Non puoi. Così, se fissi mai l’immotoastro nei cieli solitari ardente,se guardi il sole, occhio, che vedi ? Un vòto

vortice, un niente.

1. vespero vermiglio: sagace binomio allitterante, il cui spessore –come al solito accuratamente celato – si restituisce in base al riscon-tro con C Catullocalvos 227-8 «emicat / sublime Hesperus», cele-berrimo t’poj saffico-catulliano, incrociato con PV Crepuscolo I«Due volte appari candida e vermiglia» (dove è appena il caso di ri-levare l’incidenza del petrarchesco «et primavera candida et vermi-glia»); e per un altro contatto nello stesso ambito cfr. SL (p. 178)Corvo il prigioniero bretone 10 «Ed hanno una stella vermiglia».

2. oro fino: cfr. SL (p. 88) La conversione di Merlino 13-4 «ve-dea, toccando l’arpa bel bello, / piover dall’alte quercie oro fino».Del resto il sintagma ha una probabile ascendenza antico-francese(or esmeré).

5-6. Per l’ascendenza allegorica (che potrà risultare chiara solotenendo presente gli sviluppi successivi dell’indagine pascoliana)cfr. per ora MV XXXVI: «Questi doni, primi della visione cheDante ha nel paradiso terrestre, dopo aver mondata la vista nelfuoco dell’ultima cornice, gli appariscono sotto forma di sette albe-ri d’oro». La chiosa si riferisce a Purg. XXIX 43 «Poco più oltre,sette alberi d’oro»; nè è casuale che ai vv. 146-8 dello stesso canto,«ma di gigli / dintorno al capo non facean brolo, / anzi di rose ed’altri fior vermigli», compaia quella dittologia botanica di M Or-fano che, pur risalendo ad incunaboli stilnovistici, non per tanto hauna corrispondenza ‘popolare’ per la quale cfr. ad esempio Gia-

26Letteratura italiana Einaudi

[5]

CREATURE

I

FIDES

Quando brillava il vespero vermiglio,e il cipresso pareva oro, oro fino,la madre disse al piccoletto figlio:Così fatto è lassù tutto un giardino.

5 Il bimbo dorme, e sogna i rami d’oro,

Giovanni Pascoli - Myricae

nandrea, p. 218 n. 31: «Vattene via, che n’hî saputo fare, / Quannole mani avevi al mio giardino; / La rosa n’hî saputo trapiantare, / Enemmeno quel caro frutto fino». L’opposizione fra amore autenti-co e falsa immagine di bene è cifrata con gli stessi ingredienti utiliz-zati in M Ultimo canto. Nel Gianandrea cfr. ancora p. 45 n. 7: «Da-vanti a casa tua se fa consiglio, / Non saccio che se chiama ’l tuobel nome, / Non saccio, si se chiama rosa o giglio, / O puramentefontana d’amore».

7. nella notte nera: traduce, in termini più aderenti al codice pa-scoliano (anche se è un omerismo), la clausola «nella notte oscura»di M Il giorno dei morti (vv. 43 e 164).

8. Per la compattezza metonimica della rima cfr. NP Il naufrago23 «nell’alta notte in mezzo alla bufera”, OI Manlio 3 «Ma nellanotturna bufera», PV La gatta 3-4 «Ora, una notte, (su per il cami-no / s’ingolfava e rombava la bufera)». Quanto a scagliasi, qui peresigenza prosodica, cfr. M Il cacciatore 5 nota (oltre all’alternanza,in M Il giorno dei morti 4-6, fra «si scaglia» e «sciogliesi»).

27Letteratura italiana Einaudi

gli alberi d’oro, le foreste d’oro;mentre il cipresso nella notte nerascagliasi al vento, piange alla bufera.

3. Formula interrogativa toscanissima: la patina vernacolare in-veste anche la doppia mise en relief dei vv. 5-6 e perfino bambino,al v. 8 (come dimostra a sufficienza il confronto col “piccoletto fi-glio” di M Fides). Lo stesso niuno (v. 4), in apparenza il lemma me-no integrato, ha tutta l’aria di un compromesso fra l’omonima for-ma del toscano antico e una qualche variante vernacolareabbreviata, tipo il lucchese nimo (usitato all’altezza dei Poemetti).

28Letteratura italiana Einaudi

III

MORTO

Manina chiusa, che nel sonno grandestringi qualcosa, dimmi cosa ci hai!Cosa ci ha? cosa ci ha? Vane domande:quello che stringe, niuno saprà mai.

5 Te l’ha portato l’Angelo, il suo dono:nel sonno, sempre lo stringevi, un dono.La notte c’era, non c’era il mattino.Questo ti resterà. Dormi, bambino.

1. Cfr. PP La notte 8, oltre a Gianandrea, p. 170 n. 14: «Piagnelo pecoraro, quanno fiocca» (con la nota: «La neve; perchè nonpuò condurre a pascolare le pecore»).

4. Per la formula cfr. PP Il torello 7-8 «Siedono […], col mento/ sopra una mano», Il cieco 48-9 «col mento // sopra la palma», NPLa piada 126-7 «sulla palma le bianche onde del mento, // parlanoi vecchi», CC «The Hammerless Gun» 86 «tacito ascolto, il mentosu la mano».

6. rose e gigli: cfr. PV Ida 21-2. 7. Cfr. MV XIV: « “Quando te lochiedo (il mio cuore), tu mi sorridi, e subito addormentato dallatua dolcezza mi cheto. Quando tornato in me, lo chiedo ancora, miabbracci, o dolcissima, e subito io m’inebrio dell’amor tuo: allora ilcuor mio non discerno dal tuo, nè so chiedere altro che il tuo”.Qual è questa donna? chi a lei parla con tanto languor di dolcezza?La donna è Maria; e chi le parla, è il suo fedel Bernardo», oltre aPV Massa 12 (riportata nell’introduzione a M Il lauro).

29Letteratura italiana Einaudi

IV

ORFANO

Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.Senti: una zana dondola pian piano.Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;canta una vecchia, il mento sulla mano.

5 La vecchia canta: Intorno al tuo lettinoc’è rose e gigli, tutto un bel giardino.Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

3. gli nuota: cfr. C Thallusa 96, né si dimentichi che presso il Pa-scoli dantista cuore sta per ‘senso’ o ‘appetito’ di una volontà di so-lito inordinata.

5. bàttesela: a parte questo, e pochi altri esempi myricei (cfr. lanota a Fides 8) caratteristicamente impiegati in funzione di contro-canto, a chiarire la valutazione che il Pascoli annette a simili figuredi enclisi giova questa nota in FF, p. 134: «Una delle particolarità, eforse più spiccata, per cui lo scrivere accademico, pretensioso, af-fettato si distingue dal nativo e svelto e moderno (diciamo Manzo-niano) è l’appiccare le enclitiche alle forme di verbo le quali non lecomportano».

30Letteratura italiana Einaudi

]7]

LE PENE DEL POETA

II

IL CACCIATORE

Frulla un tratto l’idea nell’aria immota;canta nel cielo. Il cacciator la vede,l’ode; la segue: il cuor dentro gli nuota.

Se poi col dardo, come fil di sole5 lucido e retto, bàttesela al piede,

oh il poeta! gioiva; ora si duole.

Deh! gola d’oro e occhi di berilli,piccoletta del cielo alto sirena,ecco, tu più non voli, più non brilli,

10 più non canti: e non basti alla mia cena.

2. azzurri: sono i colori di M Romagna 4, del tutto rispondenti aquelli di PC Alexandros 17-8; la rima azzurri:sussurri ha del restoun’alta probabilità di ricorrenza all’interno del codice, e basti qual-che confronto per illustrare la costanza del patrimonio tematico:CC Il sonnellino 5-8 «E il cirro dal limpido azzurro / splendeva suigrigi castelli, / levando per tutto un sussurro / d’uccelli», PC Labuona novella II 3-4 «bianca di marmo in mezzo al cielo azzurro,(:sussurro) // Roma dormiva» (segue, come qui, una triplice rimain -oro), PV La vedetta delle Alpi 15-8 «Ma da valle chi s’avanza, /chi mai sale i monti azzurri? / Nell’oscura lontananza / tutto è pal-piti e sussurri». 5. Cfr. PP La notte 24.

6. Cfr. M Nella macchia 15, 19. 7. acuta: epiteto altrove, in M, applicato solo a «squillo», «stri-

da», «appelli», «schiocchi»: lo scarto basta a denunciare la presen-za di una sensiblerie extravagante e coniugata a un processo di con-trocanto. Per l’impianto del verso cfr. M Colloquio 64 (una poesia,non a caso, stilisticamente e tonalmente relata alla presente).

8. lustra: residuo depositato dalla trasformazione di «lucida ver-zura» di PV Massa in lucido verziere (ma vi sarà un ricordo anchedel “lustreggianti» di M Romagna II).

31Letteratura italiana Einaudi

III

IL LAURO

Nell’orto, a Massa - o blocchi di turchese,alpi Apuane ! o lunghi intagli azzurrinel celestino, all’orlo del paese!

un odorato e lucido verziere5 pieno di frulli, pieno di sussurri,

pieno de’ flauti delle capinere.

Nell’aie acuta la magnolia odora,lustra l’arancio popolato d’oro -io, quando al Belvedere era l’aurora,

10 venivo al piede d’uno snello alloro.

Giovanni Pascoli - Myricae

14. Slanciato: cfr. M Romagna 31 «un pioppo alto e slanciato»(e, per il successivo muro, cfr. ibid. 29-30).

24-6. Per la rima cfr. PP I due orfani 21-3. 27-9. Per l’evocazione cfr. C Iani Nemorini Silvula V 234-6

«quos lucos tacitos, quae croceis robora floribus, / quos segnesArares ambigui fluminis adpeto / frustra, quam rutilam caeruleaevirginis heu comam?»; anche il gladiatore gallo di C Gladiatores174 ripensa in sogno alla moglie «Flava comam zephyris diffu-sam».

32Letteratura italiana Einaudi

Sorgeva presso il vecchio muro, pressoil vecchio busto d’un imperatore,col tronco svelto come di cipresso.

Slanciato avanti, sopra il muro, al sole15 dava la chioma. Intorno era un odore,

sottil, di vecchio, e forse di vïole.

Io sognava: una corsa lungo il puroFrigido, l’oro di capelli sparsi,una fanciulla . . . Ancora al vecchio muro

20 tremava il lauro che parea slanciarsi.

Un’alba - si sentia di due fringuellichiaro il francesco mio: la capineragià desta squittinìa di tra i piselli -

tu più non c’eri, o vergine fugace:25 netto il pedale era tagliato: v’era

quel vecchio odore e quella vecchia pace:

il lauro, no. Sarchiava lì vicinoFiore, un ragazzo pieno di bontà.Gli domandai del lauro; e Fiore, chino

30 sopra il sarchiello: Faceva ombra, sa!

Giovanni Pascoli - Myricae

31. glauco: cfr. M La vite e il cavolo I. L’intrusione del discorsodiretto – seguita, non a caso, dall’allocuzione ‘epica’ – anticipa unmodulo caratteristico dell’epos garfagnino.

33Letteratura italiana Einaudi

E m’accennavi un campo glauco, o Fiore,di cavolo cappuccio e cavolfiore.

1. Al: preposizione di ascendenza leopardiana (del resto bennota alla poesia del Novecento italiano).

2. fratte: per la probabile ascendenza del lemma, estremamentecaratteristico del vocabolario pascoliano, cfr. Gianandrea, pp. 230-1 nn. 5 («Ve sete messa all’ombra della fratta»), 9 («Bellina, che sînata tra la fratta»), 14 («Che vai facenno tu, merla de fratta»).

7. il passero saputo: il motivo torna riassunto in PP La calandra33-4 «di qua l’aratro emerge per incanto, / tra un pigolìo di passerimendici»; ma per l’implicazione allegorica cfr. MV XXXVI: «Ildono della scienza si trova con la beatitudine dei pacifici che sonsenz’ira mala. […]. Si ponga poi mente alle molte volte, che ricorrel’idea di “vedere” e “non vedere” e scorgere e discernere. Si osser-vi la pena del fumo, che è derivazione come dal fuoco d’ira, cosìdal fuoco della visione; e che è pena condegna di chi non vide as-sai. Si osservi l’aggettivo “saputa” dato alla scorta [...]. All’ultimo,Dante discerne (Pur. 16, 131) la più importante sentenza del suosistema politico: la separazione delle due vite, delle due strade, del-le due potestà, dei due luminari. Dei quali il sole apparisce al tra-monto tra la nebbia». in cor già gode: sintagma omerico.

34Letteratura italiana Einaudi

[8]

L’ULTIMA PASSEGGIATA

I

ARANO

Al campo, dove roggio nel filarequalche pampano brilla, e dalle frattesembra la nebbia mattinal fumare,

arano: a lente grida, uno le lente5 vacche spinge; altri semina; un ribatte

le porche con sua marra pazïente;

Giovanni Pascoli - Myricae

10. Per il verso, allitterato e assonanzato in -i-, cfr. M Alba festiva11-2 «il tuo tintinno squilla, / voce argentina» e L’assiuolo 21 «tin-tinni a invisibili porte»; e per tintinno cfr. ancora M Nel giardino 2.

35Letteratura italiana Einaudi

ché il passero saputo in cor già gode,e il tutto spia dai rami irti del moro;e il pettirosso: nelle siepi s’ode

10 il suo sottil tintinno come d’oro.

1-2. Allude a Par. XX 73-4 «Quale allodetta che ’n aere si spazia/ prima cantando», che a sua volta cita un famoso luogo di Bernartde Ventadorn. La rima in -ora, ovviamente relata ad -ero che aprela quartina terminale, allude a una topica opposizione (fono)sim-bolica.

3. Cfr. PP La calandra 31 «fuma il letame e grave oggi vapora» esoprattutto PV A Severino Ferrari (Sotto il proprio ritratto in cuiguarda la pipa) 5-8, luogo atto a illustrare anche l’impiego transiti-vo del verbo in clausola: «La vita, ov’arde breve ora un piccolo /fuoco che presto mutasi in cenere; / che vana, che nulla vapora, /ma un fumo esalando, che odora».

4-6. Distorsione prospettica analoga a quella che si realizza in MIl bove.

7. Per la clausola cfr. ad esempio M Il giorno dei morti 25 «Lapupilla umida e pia».

8. Il secondo emistichio torna identico in CC La fonte di Castel-vecchio 5-6 «sulle / teste la brocca, netta come specchio».

9. Il confronto con M Il piccolo mietitore 6 getta su questo versoun vivido, e inatteso, fascio di luce.

36Letteratura italiana Einaudi

II

DI LASSÙ

La lodola perduta nell’aurorasi spazia, e di lassù canta alla villa,che un fil di fumo qua e là vapora;

di lassù largamente bruni farsi5 i solchi mira quella sua pupilla

lontana, e i bianchi bovi a coppie sparsi.

Qualche zolla nel campo umido e neroluccica al sole, netta come specchio:fa il villano mannelle in suo pensiero,

10 e il canto del cuculo ha nell’orecchio.

2. grami: cfr. M La vite e il cavolo 10 nota. 9-10. Cfr. M Nel parco 11 e, per strepitosi, M Ultimo canto 4.

37Letteratura italiana Einaudi

III

GALLINE

Al cader delle foglie, alla massaianon piange il vecchio cor, come a noi grami:che d’arguti galletti ha piena l’aia;

e spessi nella pace del mattino5 delle utili galline ode i richiami:

zeppo, il granaio; il vin canta nel tino.

Cantano a sera intorno a lei stornellile fiorenti ragazze occhi pensosi,mentre il granturco sfogliano, e i monelli

10 ruzzano nei cartocci strepitosi.

4-6. Significativo incrocio di PP La canzone del bucato 13-4 «So-nava presso voi nelle pescaie / il cadenzato canto delle rane» e PPIl libro 33-5 «bene / io n’odo il crepito arido tra i canti / lunghi nelcielo come di sirene».

6. cantilene: bisogna presupporre un originale latino carmina,come in C Castanea 42 «alternoque sonant interdum carmine val-les».

7. nevica: cfr. la nota del Gianandrea: «Nevigano, ovvero cado-no le fronde». Non sfugga l’assonanza, che denuncia esplicitamen-te l’origine ‘popolare’ della poesia.

38Letteratura italiana Einaudi

IV

LAVANDARE

Nel campo mezzo grigio e mezzo neroresta un aratro senza buoi che paredimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene5 lo sciabordare delle lavandare

con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca,e tu non torni ancora al tuo paese!quando partisti, come son rimasta!

10 come l’aratro in mezzo alla maggese.

1-3. Cfr. PP Italy II 34-6.

39Letteratura italiana Einaudi

VII

FESTA LONTANA

Un piccolo infinito scampandone ronza e vibra, come d’una festaassai lontana, dietro un vel d’oblio.

Là, quando ondando vanno le campane,5 scoprono i vecchi per la via la testa

bianca, e lo sguardo al suoi fisso rimane.

Ma tondi gli occhi sgranano i bimbetti,cui trema intorno il loro ciel sereno.Strillano al crepitar de’ mortaretti.

10 Mamma li stringe all’odorato seno.

40Letteratura italiana Einaudi

VIII

QUEL GIORNO

Dopo rissosi cinguettìi nell’aria,le rondini lasciato hanno i veronidella Cura fra gli olmi solitaria.

Quanti quel roseo campanil bisbigli5 udì, quel giorno, o strilli di rondoni

impazïenti a gl’inquïeti figli!

Or nel silenzio del meriggio urtarelà dentro odo una seggiola, una gonnafrusciar d’un tratto: alla finestra appare

10 curïoso un gentil viso di donna.

2-3. di sordi / tonfi: cfr. M Lavandare 6. 5. un mendico: così s’intitola uno dei più autobiografici tra i CC

(e cfr. anche l’«ospite molto ciarliero» di CC La canzone del girar-rosto 40); e non a caso qui sta sul limitare e la fa da novellatore.

8-10. La coppia rimatica è citazione da SL (p. 329) La festa nelvillaggio: «dal Passero solitario (XI dei Canti, versi 26-34) di Giaco-mo Leopardi».

41Letteratura italiana Einaudi

IX

MEZZOGIORNO

L’osteria della Pergola è in faccende:piena è di grida, di brusio, di sorditonfi; il camin fumante a tratti splende.

Sulla soglia, tra il nembo degli odori5 pingui, un mendico brontola: Altri tordi

c’era una volta, e altri cacciatori.

Dice, e il cor s’è beato. Mezzogiornodal villaggio a rintocchi lenti squilla;e dai remoti campanili intorno

10 un’ondata di riso empie la villa.

2. bronzina: è il pezzo entro cui gira un albero in movimento. 3. tramoggia: cassetta quadrangolare e piramidale di legno senza

fondo, nella cui bocca (o bocchetta) si versa il grano che passa nellamacina, o la farina che va nel frullone.

4. spolvero: è la farina più sottile che nel mulino o nel frullonevola per aria e si depone sui corpi vicini.

42Letteratura italiana Einaudi

X

GIÀ DALLA MATTINA

Acqua, rimbomba; dondola, cassetta;gira, coperchio, intorno la bronzina;versa, tramoggia, il gran dalla bocchetta;

spolvero, svola. Nero da una fratta5 l’asino attende già dalla mattina

presso la risonante cateratta.

Le orecchie scrolla e volgesi a guardareché tardi, tra finire, andar bel bello,intridere, spianare ed infornare,

10 sul desco fumerai, pan di cruschello.

1. dai neri monti: da monti neri, o bianchi, o alti vengono ancheil pettirosso (cfr. NP Il pittiere 37-9 «Alzò, partendo, il canto / chelà negli alti monti ove dimora, // canta alle solitudini soltanto», CC«The Hammerless Guns» 94-6 «Si viene, tu vedi, da bianche /montagne, da boschi d’abeti, / con l’ale, puoi credere, stanche») e icavalieri di Artù (cfr. SL, p. 87, La schiera d’Artù 2-3 «C’è nero /sui monti! »); Cristo, poi, vi consuma il martirio (cfr. PP Per casa15-6 «sui neri monti io l’ho veduto: o duolo! // porta una croce esanguina per via»). Tuttavia due riscontri paiono più degli altri si-gnificativi: sono CC Le ciaramelle 5 «Sono venute dai monti oscu-ri» (variazione topica: cfr. M Fides 7 nota, e OI Alla cometa di Hal-ley 36 «dietro le montagne oscure») e PV La Befana 1-4 «Vieneviene la Befana, / vien dai monti a notte fonda. / Come è stanca! lacirconda / neve, gelo e tramontana» (dove non sfugga la quasi tota-le coincidenza stilematica con i citati vv. 94-6 di «The HammerlessGun»). Come il carrettiere, anche la Befana è legata alla notte e al-la tramontana: di più, veniamo a sapere che essa «fugge al monte,ch’è l’aurora» e che «sta sul monte / [...] sul bianco monte» (cfr.ibid. vv. 57, 61, 65).

3. aerei: è una delle scoperte, a livello di M, nel paradigma deglisdruccioli pre-clausulari: cfr. La via ferrata 5, Dialogo 5, Il miracolo14, Campane a sera 5, Germoglio 14 e soprattutto Il dittamo 14 «obalze degli aerei monti», che di qui ripete il modulo morfostilistico(ma, a prescindere dalla sede nel verso, anche Romagna 37 «Ementre aereo mi poneva in via» vien buono per illustrare il patri-monio connotativo annesso). Va da sé che l’attributo, filtrato attra-verso Manzoni lirico («quando da un poggio aereo…»), risale di-rettamente a Virgilio.

4. Per la connotazione di querulo cfr. M Il giorno dei morti 115-7 «Non udite in questa / notte una voce querula, argentina, / por-

43Letteratura italiana Einaudi

XI

CARRETTIERE

O carrettiere che dai neri montivieni tranquillo, e fosti nella nottesotto ardue rupi, sopra aerei ponti;

che mai diceva il querulo aquilone

Giovanni Pascoli - Myricae

tata sino a noi dalla tempesta?» (è la sorella sepolta a Sogliano).Dietro questo verso, e il successivo, sta forse Epos (p. 73) VarronisAtac. Argonautae II V «Frigidus et silvis aquilo decussit honorem»;ma cfr. anche La regina dell’Aria e il Re dei Venti = Aen. I 34-80(pp. 78-9): «Eolo (egli sta sur un cocuzzolo frenando i ribelli chesibilano e muggono nelle chiuse caverne)» e, più sotto, I 102 nota:«Aquilone: nuovo vento (tramontano) oltre quelli detti».

5. La rima notte:grotte è un nuovo, preciso segnale lessico-tema-tico: il riscontro più immediato è con CC In viaggio 49-52 «Conl’uomo che va nella notte, / tra gli aspri urli, i lunghi racconti / deltreno che corre per grotte / di monti, sopra lenti ponti» (dove iltreno è un commutatore funzionale del carrettiere), in cui nonsfuggano l’equivalenza morfostilistica di «corre […] grotte» conforre […] grotte e l’accumulo, nel verso terminale, della rima«monti»: «ponti» (la consonanza interna «lenti» è una scintillaprodotta dal corto circuito): lo stesso modulo dittologico è pure il-lustrato da OI Chavez 9-11 «Hanno sognato forse nella notte! /Battono l’ala contro la parete / dei borri, presso l’orlo delle grotte»(qui è la posizione divaricata di «borri», ulteriore fono-sinonimo diforre, a generare nella dilatazione intermedia «orlo» una nuova rea-lizzazione dell’unità fonosimbolica di base) e Alle batterie siciliane25-8 «Su su, tra gli abissi e le grotte / [...] d’un palpito immenso ri-suona la notte». La stessa rima, sempre legata al mondo inquieto divoci e sogni notturni, troviamo ancora in PC Gog e Magog 106-8 ein CC L’usignolo e i suoi rivali 17-20 (dove, significativamente, al-terna con «chiù»: «più»).

7. Cfr. OI Bismarck 10-2 «A mano a man più forte, / viene unnitrito simile a procella. / Giunge il cavallo, scende giù la morte».

10. Oltre all’ovvio riscontro con CC Le ciaramelle I, cfr. ancheOI Alla cometa di Halley 25 «Udiva il suon lontano di compieta, //che par che pianga» che ristruttura a livello simbolico il celeberri-mo luogo dantesco.

44Letteratura italiana Einaudi

5 che muggia nelle forre e fra le grotte?Ma tu dormivi sopra il tuo carbone.

A mano a mano lungo lo stradalevenìa fischiando un soffio di procella:ma tu sognavi ch’era di natale;

10 udivi i suoni d’una cennamella.

1. Il verso (uno degli esempi – è appena il caso di ricordarlo –della rilettura operata da Montale: «Cigola la carrucola del pozzo»,incipit di uno degli Ossi di seppia), bilanciato su tremulo in colloca-zione viscerale, risulta – all’interno di M – un ircocervo fra il tipoSolitudine 4 «ronzano i fili tremuli di rame» (con lo sdrucciolo ini-ziale e la consonanza precedente “fili”) e Il castagno 51 «ha da tel’avo tremulo la bella» (con la consonanza successiva -ella). Si rile-vi, in tutta la terzina, l’allitterazione insistita in esplosiva gutturale(steccato; comari; capannello) e palatale (Cigola; cancello; ciancia-no).

4. scrivo scrivo: variante di «scrio scrio», per il quale cfr. CCL’uccellino del freddo 15 e la nota.

10. fragore di tuon: troncamento opposto a quello che apre il v.4 (parlan d’uno) in funzione squisitamente melodica. passa: per laconnotazione annessa alla rima cfr. ad esempio PP Il soldato di SanPiero in Campo 90-1 «tra il muto calpestìo dove passa, | lascia neltimo un morto odor di cera».

45Letteratura italiana Einaudi

XII

IN CAPANNELLO

Cigola il lungo e tremulo cancellola via sbarra: ritte allo steccatocianciano le comari in capannello:

parlan d’uno ch’è un altro scrivo scrivo;5 del vin che costa un occhio, e ce n’è stato;

del governo; di questo mal cattivo;

del piccino; del grande ch’è sui venti;del maiale, che mangia e non ingrassa -Nero avanti a quelli occhi indifferenti

10 il traino con fragore di tuon passa.

2. Formula omerica diluita. 5. del: motivato dalla sede iniziale di verso (avanti, come le altre

preposizioni, di solito è costruito assolutamente).

46Letteratura italiana Einaudi

XIII

IL CANE

Noi mentre il mondo va per la sua strada,noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l’affanno,e perchè vada, e perchè lento vada.

Tal, quando passa il grave carro avanti5 del casolare, che il rozzon normanno

stampa il suolo con zoccoli sonanti,

sbuca il can dalla fratta, come il vento;lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.Il carro è dilungato lento lento.

10 Il cane torna sternutando all’aia.

1. Non trasandata: la litote rincara Od. VI 25 Nausikßa, tà n›s' Ûde meqønoma geànato møthr; (dove geànato = creò). per vero:traduce, grosso modo, un dø.

2. la cara: fàlh, naturalmente in funzione di possessivo. tal:toàh consecutiva in posizione inversa di tipo omerico.

3. godi in tuo pensiero: ricalca la formula omerica (ghqeén/•ndßnein) qum¸.

4. Od. VI 64-5 parla dei fratelli di Nausicaa che ùqûlousi […]ùj corÿn †rcesqai ma qui si ormeggia piuttosto VI 27 soã d° gß-moj sxed’n ùstin (e per l’ambiguità connessa a festa cfr. M Il gior-no dei morti 16 «tra la festa lagrimosa»).

5. candidi i lini: congloba la copiosa serie di varianti attestate inOd. VI 26 eâmata sigal’enta, 61 kaqar™ eâmat(a), 64 ne’plu-ta eâmat(a), 74 ùsq≈ta faeinøn. 6. odorato: epiteto leopardiano,massicciamente attestato a livello di M (cfr. la nota a M Colloquio30). 4-10. Condensa Od. VI 154-9 trismakßrej m°n soà pat¬rk™i p’tnia møthr, / trismßkarej d° kasàgnhtoi [...] / keénoj d'a perã k≈ri makßrtatoj †xocon ©llwn, / ÷j kû s' ùûdnoisibràsaj oiõk’nd' ¶gßghtai.

8. quando a te piaccia: rifà ÷tan + congiuntivo, protasi del pe-riodo dell’eventualità.

47Letteratura italiana Einaudi

XIV

O REGINELLA

Non trasandata ti creò per verola cara madre: tal, lungo la via,tela albeggia, onde godi in tuo pensiero:

presso è la festa, e ognuno a te domanda5 candidi i lini, poi che in tua balìa

è il cassone odorato di lavanda.

Felici i vecchi tuoi; felici ancorai tuoi fratelli; e più, quando a te piaccia,

Giovanni Pascoli - Myricae

10. Nausikßa leukolenÎj è formula costante (cfr. Od. VI101, 186, 251, VII 12).

48Letteratura italiana Einaudi

chi sua ti porti nella sua dimora,10 o reginella dalle bianche braccia.

2. la cara madre: cfr. M O reginella 2 e la nota. fumo: anticipa lasuccessiva consonanza in rima bruna: brama.

6. Cfr. CC La canzone del girarrosto 37-8 «Qua, nella cucina, losvolo / di piccole grida d’impero».

7. acciottolìo: la clausola, hapastica, piacque al Gozzano (La si-gnorina Felicita 119-20 «accordavo le sillabe dei versi | sul ritmoeguale dell’acciottolio»).

8. Per la clausola cfr. M Colloquio 7. 9. Per la clausola cfr. M Il giorno dei morti 25 e la nota.

49Letteratura italiana Einaudi

XV

TI CHIAMA

Quella sera i tuoi vecchi (odi? ti chiamala cara madre: al fumo della brunapentola, con irrequieta brama,

rissano i bimbi: frena tu, severa,5 quinci una mano trepida, quindi una

stridula bocca, e al piccol volgo impera;

sì che in pace, tra un grande acciottolìo,bruchi la sussurrante famigliola),quella notte i tuoi vecchi un dolor pio

10 soffocheranno contro le lenzuola.

1. mortella: il mirto. 2. stipa: fastello di scope e sterpi buone per accendere il fuoco.

teco, su cui batte l’iterazione fino all’aposiopesi centrale, non sem-bra aulicamente connotato: quanto meno è integrato nel rimario diM (cfr. Il morticino 16, Canzone d’aprile 20), così come «meco» inquello dei Poemetti.

3. Il binomio definisce lo stile di M: cfr. Il premio del canto (in-clusa in PD Il Fanciullino VII, col titolo Il fanciullo) 9-10 «ma foche ti piaccia il radicchio / non senza la sua selvastrella», oltre ai vv.15-6 della traduzione (in Lyra, p. LXXV, La poesia lirica in RomaXI) di Hor. Carm. I xxxi «Io ceno con le olive, / mangio radicchioe leggiere malve». La pimpinella o «selvastrella» (che rientra nelparadigma rimatico della ben più frequente «lupinella»: ma cfr. an-che «cennamella», «reginella», «scosserella» ecc., tutti quadrisilla-bi in rima) è un ingrediente aromatico di quella che in Toscana sichiama ‘insalata contadina’.

5. aulente: aulicismo parodico, come i successivi m’arreco e dolci. 8. pan porcino: il ciclamino, che fiorisce in autunno. 10. il badïale calepino: l’enorme dizionario (badiale da ‘(ab)ba-

dia’, calepino da Ambrogio da Caleppio, frate agostiniano autorenei primi del Cinquecento di un dizionario latino).

50Letteratura italiana Einaudi

XVI

O VANO SOGNO

Al camino, ove scoppia la mortellatra la stipa, o ch’io sogno, o veglio teco:mangio teco radicchio e pimpinella.

Al soffiar delle raffiche sonanti,5 l’aulente fieno sul forcon m’arreco,

e visito i miei dolci ruminanti:

poi salgo, e teco - O vano sogno! Quandonella macchia fiorisce il pan porcino,lo scolaro i suoi divi ozi lasciando

10 spolvera il badïale calepino:

Giovanni Pascoli - Myricae

11. chioccola: cfr. FF (p. 270) Il Luì: «di Paolo Savi (dall’«Orni-tologia Toscana”)»: «già il Merlo chioccolando saluta la notte chearriva». È estremamente significativa la ricomparsa di chioccola ilmerlo al v. 8 di M Ida e Maria.

12. Ovvio il rinvio all’archetipo di Guglielmo IX: «Ab la dol-chor del temps novel / foillo li bosc, e li aucel / chanton chascus enlor lati»; ma cfr. anche Gianandrea, p. 182 n. 84: «Vuo’ che te’mpari de parlà’ latino? / Mèttete a fa’ l’amor con un romano, / ildiscorsetto suo non ha mai fino».

51Letteratura italiana Einaudi

chioccola il merlo, fischia il beccaccino;anch’io torno a cantare in mio latino.

2. sollo: ‘molle’, è clausola dantesca (Inf. XVI 28) che allitteracol precedente molleggiando (hapax).

3. rade: cfr. C Phidyle 113 nota. 4. casolare: quadrisillabo topico in rima, appartiene al paradig-

ma di «limitare», «focolare» ecc. 5. l’aia, il pagliaio: l’allitterazione in capo al verso rinvia scaltri-

tamente alla rima -aia, nella terzina corrispondente dell’ultimo ele-mento metrico. aereo: cfr. M Carrettiere 3 nota. stollo: è l’asta cen-trale del pagliaio.

9. Cfr. M La siepe 13 «i boschi antichi, ove una foglia casca»(pure in rima con frasca).

12. dolciura: è il tempo ‘dolco’ o tiepido; cfr. la nota in FF, p.322: «Dolco: significa tenero, e qui sta per “dolciura”, cioè aria tie-pida che intenerisce la terra e scioglie la neve».

52Letteratura italiana Einaudi

[9]

DIALOGO

Scilp: i passeri neri su lo spaltocorrono, molleggiando. Il terren sollorade la rondine e vanisce in alto:

vitt. . . videvitt. Per gli uni il casolare,5 l’aia, il pagliaio con l’aereo stollo;

ma per l altra il suo cielo ed il suo mare.

Questa, se gli olmi ingiallano la frasca,cerca i palmizi di Gerusalemme:quelli, allor che la foglia ultima casca,

10 restano ad aspettar le prime gemme.

Dib dib bilp bilp: e per le nebbie rare,quando alla prima languida dolciural’olmo già sogna di rigermogliare,

Giovanni Pascoli - Myricae

16. alla campagna: dissimulato innesto di un famoso lacerto leo-pardiano (non per nulla da Il passero solitario: e solitari compare inrima poco più oltre).

17. abituro: quadrisillabo topico in rima; cfr. M La vite e il cavo-lo 13, PI Paulo Ucello I 1, ma soprattutto PP Il focolare 22 dove, ol-tre alla rima con «scuro», si noti la consecuzione della rima -oro.

19. Per la clausola cfr. M Il giorno dei morti 1, 43, 164. 30. Il ritorno all’endecasillabo genera una figura anomala: la

consonante finale di videvitt rappresenta un vero e proprio arcifo-nema rispetto al precedente vide che, finale di ottonario, provvedegià il modulo canonico della rima.

31. «Eco del dantesco (Inf. XXIV 7) “villanello a cui la robamanca”, proprio per una creduta nevicata» (Contini).

32. Per la rima cfr. PP L’albergo 10-2 «Non garrirà di passeri ilcortile, / e salutando con le squille sole / vaporerà nell’ombra ilcampanile!».

53Letteratura italiana Einaudi

lasciano a branchi la città sonora15 e vanno, come per la mietitura,

alla campagna, dove si lavora.

Dopo sementa, presso l’abituroil casereccio passero rimane;e dal pagliaio, dentro il cielo oscuro

20 saluta le migranti oche lontane.

Fischia un grecale gelido, che rade:copre un tendone i monti solitari:a notte il vento rugge, urla: poi cade.

E tutto è bianco e tacito al mattino:25 nuovo: e dai bianchi e muti casolari

il fumo sbalza, qua e là turchino.

La neve! (Videvitt: la neve? il gelo?ei di voi, rondini, ride:bianco in terra, nero in cielo

30 v’è di voi chi vide . . . vide . . . videvitt?)

Giovanni Pascoli - Myricae

33. fumida: è, in posizione viscerale, una delle scoperte all’altez-za di M (cfr. Il giorno dei morti 4, 21, Il vecchio dei campi 5, Germo-glio 22): qui chiude la serie iniziata al v. 5 con aereo e comprenden-te ingiallano; ultima; languida; gelido; tacito.

34. a mendicare: cfr. PP La calandra 34 «tra un pigolìo di passerimendici».

34-6. grondaia. . . granata. . . grembiul: l’allitterazione incorniciala terzina come, ai vv. 24-6, tutto . . . tacito al mattino . . . turchino.

39. oltremare: torna due volte in rima in PP Italy (II 74 e 93), eambedue per indicare l’effetto che, in orecchie lucchesi, produce laparlata di Molly: ma più interessante è osservare che nel secondocaso precede «Quando tu sei venuta, o rondinella», sempre riferitoa Molly.

42. dimoia: cfr. l’inizio del riassunto redatto in nota a Lyra (p.309) Hor. Carm. IV vii: «La neve dimoiò, rinverzica il campo, ri-mette l’albero, e i fiumi scorrono nel loro letto».

54Letteratura italiana Einaudi

La neve! Allora, poi che il cibo manca,alla città dai mille campaniliscendono, alla città fumida e bianca;a mendicare. Dalla lor grondaia

35 spiano nelle chiostre e nei cortilila granata o il grembiul della massaia.

Tornano quindi ai campi, a seminareveccia e saggina coi villani scalzi,e - videvitt - venuta d’oltremare

40 trovano te che scivoli, che sbalzi,

rondine, e canti; ma non sai la gioia-scilp- della neve, il giorno che dimoia.

7. Questa figura onomatopeica, carica com’è di un suo precisosimbolismo, è tra le più frequentate dal Pascoli a livello e di prassipoetica e di riflessione metalinguistica: cfr. ASN A Giuseppe Chia-rini, dove il verso ovidiano è invocato fra le prove della doppiapronunzia del verso latino («Sono i ranocchi che nello stagno fan-no qua qua qua. L’intenzione del poeta è evidente; ma vana riusci-rebbe se, come sulla prima di quamvis, non mettessimo l’accentosull’ultima di aqua ripetuta a bella posta»), oltre alla nota apposta aM Nozze (antologizzata in FF, p. 49) 14-7 «quando la Rana chiede,quanto deve” ecc.: «L’autore crede lecito pregare il giovinetto let-tore di considerare i suoni gutturali o altrimenti imitativi nel parlardella rana: qua… qua…. qua… chio qua… vo… vo».

55Letteratura italiana Einaudi

[11]

LE GIOIE DEL POETA

IV

GLORIA

-Al santo monte non verrai, Belacqua?-

Io non verrò: l’andare in su che porta?Lungi è la Gloria, e piedi e mani vuole;e là non s’apre che al pregar la porta,

5 e qui star dietro il sasso a me non duole,ed ascoltare le cicale al sole,e le rane che gracidano, Acqua acqua!

1. glauco: cfr. M Il lauro 31-2. pingue: cfr. M Mezzogiorno 4-5«Sulla soglia [dell’osteria della Pergola], tra il nembo degli odori /pingui».

2. la pampinea vite: la clausola passa intera in PC L’ultimo viag-gio XXIV 5.

4. puniceo: epiteto virgiliano, cfr. Ecl. V 17. 6. Cfr. PC L’ultimo viaggio XXIV 38-9 «e sopra l’uomo un tral-

cio / pendea con lunghi grappoli dell’uve». 8. razzi: impressionistico, per ‘raggi’ (e per un effetto analogo

cfr. ad esempio M Il miracolo 19-20 «ed il tramonto d’oro / dallevetrate vaporare a sprazzi», PP L’albergo 44-5 «una vetrata / a mez-zo il poggio razza ed abbarbaglia».

10. gramo: per il patrimonio connotativo cfr. M Galline 1-2 «al-la massaia / non piange il vecchio cor, come a noi grami», CC Ilpoeta solitario 36 «Sono un gramo rospo che sogna».

11. borbotta: cfr., all’interno di M, Ceppo 7 «Un bricco al fuocos’ode borbottare», La notte dei morti 4-5 «il paiolo / borbotta».

56Letteratura italiana Einaudi

VI

LA VITE E IL CAVOLO

Dal glauco e pingue cavolo si togliee fugge all’olmo la pampinea vite,ed a sé, tra le branche inaridite,tira il puniceo strascico di foglie.

5 Pace, o pampinea vite ! Aureo s’accoglieil sol nel lungo tuo grappolo mite;aurea la gioia, e dentro le brunitecoppe ogni cura in razzi d’oro scioglie.

Ma, nobil vite, alcuna gloria è spesso10 pur di quel gramo, se per lui l’oscuro

paiol borbotta con suo lieve scrollo;

Giovanni Pascoli - Myricae

12. al pio villan: ricordo del manzoniano «al pio colono» (v. 119del coro II dell’Adelchi); anche allegra appartiene alla tradizioneletteraria.

13. Discreta eco omerica: cfr. SL (p. 218) La terra dei venti (=Od. X 1-27) 10-1 «e di profumo d’arrosto odorata la corte risuona/ tutta nel dì»; ma cfr. anche C Ultima linea 54 «olentes pingue po-pinas».

57Letteratura italiana Einaudi

e il core allegra al pio villan, che d’essotrova odorato il tiepido abituro,mentre a’ fumanti buoi libera il collo.

10. Per la clausola cfr. M Campane a sera 13.

58Letteratura italiana Einaudi

[12]

FINESTRA ILLUMINATA

III

DOPO?

Forse è una buona vedova. . . Quand’ellafacea l’imbastitura e il sopramano,venne il suo bimbo e chiese la novella.

Venne ai suoi piedi: ella contò del Topo,5 del Mago . . . Alla costura, egli, pian piano,

l’ultima volta le sussurrò, Dopo?

Dopo tanto, c’è sempre qualche occhiello.Il topo è morto, s’è smarrito il mago.Il bimbo dorme sopra lo sgabello,

10 tra le ginocchia, al ticchettio dell’ago.

7. St!: investito di valore sillabico, secondo una prassi costantenella produzione latina.

9. La realizzazione più prossima del t’poj è OI Il negro diSaint-Pierre 19-21 «Oh! tutti i giorni! E tutti i giorni invero / senti-vo qualche scossa, qualche rombo, / e tremar volte, e brandir por-te…»; ma cfr. anche PP I due orfani 3.

59Letteratura italiana Einaudi

IV

UN RUMORE . . .

Una fanciulla … La tua mano volasopra la carta stridula: s’impenna:gli occhi cercano intorno una parola.

E la parola te la dà la muta5 lampada che sussulta: onde la penna

la via riprende scricchiolando arguta.

St! un rumore … ai labbri ti si portala penna, un piede dondola … Che cosa?Nulla: un tarlo, un brandir lieve di porta …

10 Oh! mamma dorme, e sogna … che sei sposa.

3. Per il t’poj cfr. PV Nel bosco 33-6. 4. le larve: lemma ambiguo nel vocabolario pascoliano: cfr. M

Colloquio 37. 5-6 Cfr. SV Le tre fiere IV: «Il camminare quindi, cioè il vivere

operosamente, e il contemplare le bellezze dell’universo, è rimediocontro l’antica strega. E non è il medesimo, che contro la tristezza?E non è il medesimo che contro la lonza? E dunque la lonza è in-continenza. E dunque la tristizia dei fitti nel fango sta alla lonza,come la femmina balba e zoppa e monca e guercia e pallida e ca-scante sta alla dolce sirena ch’ella diventa sotto lo sguardo del so-gnatore».

7-8 morta è parola rima virtuale, come mostra il confronto conPP I due orfani 20-2 (dove –ace corrisponde ad –ece).

60Letteratura italiana Einaudi

V

POVERO DONO

Getta quell’arma che t’incanta. Speral’ultima volta. Aspetta ancora, aspettache il gallo canti per la città nera.

Il gallo canta, fuggono le larve.5 Fuggirà, fuggirà la maledetta

maga che con fatali occhi t’apparve.

Verrà tua madre morta, col suo mestoviso, col mormorìo della sua prece. . .ti pregherà che tu lo serbi questo

10 povero dono ch’ella un dì ti fece!

61Letteratura italiana Einaudi

VI

UN RONDINOTTO

È ben altro. Alle prese col destinoveglia un ragazzo che con gesti rarifila un suo lungo penso di latino.

Il capo ad ora ad ora egli solleva5 dalla catasta dei vocabolari,

come un galletto garrulo che beva.

Povero bimbo! di tra i libri viaappare il bruno capo tuo, scompare;come d’un rondinotto, quando spia

10 se torna mamma e porta le zanzare.

1-3 La coppia rimatica nel Pascoli connota sempre la vergine(cfr. M Il giorno dei morti 46-8 e la nota), tranne che in CC Il cioccoII 167-9 dove è riferita alla madre. Per la probabile ascendenza‘popolare’ cfr. Gianandrea, p. 76 n. 134: «L’altra sera, ben mio,vinni al tuo letto / Te vinni a vede’ come che dormivi; / Le mani incroce avei, scoperto ’l petto, / Ch’un angelo del cielo me parivi; /Le mani in croce avei, scoperto ’l viso, / ’N angelo me parêi del pa-radiso».

62Letteratura italiana Einaudi

VIII

MISTERO

Vergine . . . bianca sopra il bianco letto,ti prese il sonno a mezzo la preghiera?Tu hai le mani in croce sopra il petto.

Ti prese tra i due ceri e le corone5 quel sonno? in mezzo agli Ave della sera?

Tu dici ancora quella orazïone.

Tieni il rosario tra le mani pie.Non muove i labbri un tremito leggiero?Ma non scorrono più le avemarie,

10 e tu contemplerai sempre un mistero.

1-3. Coppia rimatica altrettanto significativa quanto quella cheapre la poesia precedente: ma ha maggiore estensione perché, oltrea connotare il rapporto tra madre e figlio (cfr. NP La vendemmia II53-5 e CC Commiato 45-8) o, d’altra parte, la vergine (cfr. PV Ida19-20), può riferirsi anche alla pascolianissima condizione della vitanella morte (e oltre a PP Il focolare 37-40 citati nell’introduzione aMistero e gravidi di sovrasensi anagogici, cfr. CC La tovaglia 10-2).

4. languido origliere: sente di dannunzianismo, ma languido al-lude al languor naturae che, nell’esegesi dantesca, definisce il pec-cato originale (cfr. la nota a PP Digitale purpurea 63).

63Letteratura italiana Einaudi

IX

VAGITO

Mammina . . . bianca sopra il letto biancotu dormi. Chi sul volto ti composequel dolor pago e quel sorriso stanco ?

Tu dormi: intorno al languido origliere5 tutto biancheggia. Intorno a te le cose

fanno piccoli cenni di tacere.

E tutto albeggia e tutto tace. Il fineè questo, è questo il cominciar d’un rito?Di tra un silenzio candido di trine

10 parla il mistero in suono di vagito.

1. greppo: ‘declivio ripido di un’altura’, determina – secondo uncanone metodicamente perseguito dal Pascoli – i leopardiani «par-te», «rialto», «siepe». io miro: qui, come nei vari «io vedo», «io so-gno», il pronome – più che esprimere mera enfatizzazione – si pre-senta investito di un determinismo grammaticale comparabile aquello che vige nelle lingue anglosassoni.

3-4. L’allitterazione, duplice in s- e triplice in r-, è un bell’esem-pio di quel processo di anglicizzazione cui il Pascoli, discretamentema coerentemente, sottopone il proprio codice.

4. tremuli: propaggina a sinistra, in fili, il proprio dinamismo fo-nosimbolico, secondo una tecnica pressoché costante all’altezza diM: cfr. Il giorno dei morti 176 «piena d’un tremulo ululo fermo»,Patria 2-3 «Quanto scampanellare / tremulo di cicale!», In capan-nello I «Cigola il lungo e tremulo cancello», Il miracolo 21 «a tre-mule scintille», Lapide 8 «libellule tremule», Il fiume 3 «d’erme ca-stella, e tremula verzura», La notte dei morti 13-4 «d’un lento //vegliardo la tremula voce», Nel parco 18 «il leccio, il pioppo tremu-lo ed il lento / salice», Il castagno 51 «ha da te l’avo tremulo la bel-la», In cammino 15 «passa uno squillo tremulo di tromba»; per laclausola, d’altra parte, cfr. PP Il transito 3 «come percossi cembalidi rame»; per la rima con sciame, infine, cfr. NP La pecorella smar-rita 75-6 «In cielo e in terra tremulo uno sciame / era di luci».

5. È sul mio capo: altro sintagma anglicizzante. Il verso ha laportata di una denuncia metalinguistica, da interpretare alla luce(per esempio) di MV XIV: «E ripeto che il senso anagogico è più lào più su dell’allegorico. Non maraviglia perciò che nell’ardente fi-gurazione del litterale, si perdesse di udita quell’eco, che ne avevaa risonare tanto lungi, senza arrivar mai alle orecchie del volgo».

64Letteratura italiana Einaudi

[13]

SOLITUDINE

I

Da questo greppo solitario io miropassare un nero stormo, un aureo sciame;mentre sul capo al soffio di un sospiroronzano i fili tremuli di rame.

5 È sul mio capo un’eco di pensiero

Giovanni Pascoli - Myricae

6. Per il binomio cfr. PI Rossini III 81 «di quell’acuta gioia dimartòro» (martoro è usitato nel linguaggio del Pascoli, dove rap-presenta il corrispettivo popolare di ‘martirio’, sentito come vocedotta).

7-8. La doppia clausola traduce sull’asse della rima l’antitesiesposta al v. 2, ed anche qui la collocazione invertita degli epitetitravalica la mera opposizione attributivo/predicativo, prevista dal-la lingua italiana, per assumerne un’altra più vicina a quella esisten-te nella lingua poetica inglese: nella fattispecie, nero e d’oro pospo-sti permettono all’epiteto di inserirsi nel rispettivo paradigmarimatico, accogliendone le relative connotazioni.

9. Cfr. M Sera festiva 8. 10. cerula: in posizione viscerale connota versi fonosimbolica-

mente bilanciati sulla vocale cuspidale: cfr., nell’ambito di M, I puf-fini dell’Adriatico 3 «parlano. È un’alba cerula d’estate» e In cam-mino 29 «a dilagate cerule fiumane».

11. vocìo sonoro: realizza una formula clausulare pluriattestata,per la quale cfr. PP L’Angelus 11 «un palpitare al tremolìo sonoro”,Le armi 64 «E non pioveva; ma s’udìa sonoro”, NP Il saluto 27 «equalche frasca. Ecco un ronzio sonoro”, Gli emigranti nella lunaIV 20 «che un luminoso sgocciolìo sonoro», PI Paulo Ucello IX 22«rimase un trito becchettìo sonoro», Rossini III 66 «in un immen-so singultìo sonoro».

12. querule: cfr. M Carrettiere 4 nota. 14. Variante della formula dantesca citata in nota a M Dialogo 31.

65Letteratura italiana Einaudi

lunga, né so se gioia o se martoro;e passa l’ombra dello stormo nero,e passa l’ombra dello sciame d’oro.

II

Sono città che parlano tra loro,10 città nell’aria cerula lontane;

tumultuanti d’un vocìo sonoro,di rote ferree e querule campane.

Là, genti vanno irrequïete e stanche,cui falla il tempo, cui l’amore avanza

Giovanni Pascoli - Myricae

18. vitree: ‘trasparenti’, ‘limpide’: cfr. M Il cuore del cipresso 2«dal vitreo cielo» e ricorda il celeberrimo oraziano «splendidior vi-tro».

19-20. Il polisindeto varia l’anafora polisindetica dei corrispon-denti vv. 7-8.

21-4. È un controcanto polemico ai vv. 28-33 di La vita solitaria:«ed erba o foglia non si crolla al vento, / e non onda incresparsi, enon cicala / strider, nè batter penna augello in ramo, / nè farfallaronzar, nè voce o moto / da presso nè da lunge odi nè vedi. / Tienquelle rive altissima quiete», di cui il Pascoli mantiene solo la farfal-la (ma addebitandole quanto gli deriva dal v. 28), il verbo «strider»riferito non alla cicala bensì alla cavalletta il verbo «ronzar» trasfor-mato nel generico ronzìo; introduce per conto suo la danza dei mo-scerini; ma soprattutto cambia il segno all’accumulo di negative for-nito dal modello, con ciò significando che l’indagine ha da partireproprio da queste voci isolate, non già dall’«altissima quiete».

21. ronzìo: concentra il polverìo di ditteri del v. 16. 23. i moscerini: precisa il tecnicismo ditteri del v. 16. sole: questa

rima equivoca è in tutto il Pascoli plurimo-rappresentata.

66Letteratura italiana Einaudi

15 per lungi, e l’odio. Qui, quell’eco ed anchequel polverio di ditteri, che danza.

III

Parlano dall’azzurra lontananzanei giorni afosi, nelle vitree sere;e sono mute grida di speranza

20 e di dolore, e gemiti e preghiere. . .

Qui quel ronzìo. Le cavallette solestridono in mezzo alla gramigna gialla;i moscerini danzano nel sole;trema uno stelo sotto una farfalla.

2. tinnule campane: varia il «querule» di M Solitudine 12 (maga-ri incrociandolo con «tremule»).

5-6. Divarica Solitudine 11 «tumultuanti d’un vocìo sonoro».9. ne’ cilestri monti: variazione, più peregrina ma più incisiva

nel taglio, di Solitudine 17 «dall’azzurra lontananza». 11-2. Notevole divaricazione (sì [. . .] lungo parlare), che nelle

edizioni vulgate (si) va persa (a meno che non si tratti di errore distampa da parte dell’edizione 1911). 53. Clausola iterata da M Do-po? 10 (ed anche qui il ticchettìo determina un incantesimo).

14. Costante metonimica, cfr. M Romagna 48 «risa di donne,strepito di mare».

67Letteratura italiana Einaudi

[14]

CAMPANE A SERA

Odi, sorella, come note al corequelle nel vespro tinnule campaneempiono l’aria quasi di sonore

grida lontane ?

5 A quel tumulto aereo rispondedal cuore un fioco scampanìo, sì lieve,come stormeggi, dietro macchie fonde,

candida pieve.

Forse una pieve ne’ cilestri monti10 la sagra annunzia ad ogni casolare,

onde si fece a’ placidi tramontilungo parlare;

ed or, sospeso il ticchettio dell’ago,guardano donne verso la marina,

15 seguendo un fiocco di bambagia, vago,che vi s’ostina.

Giovanni Pascoli - Myricae

17. Cfr., per il modulo tematico e stilematico, M Il bove 9 «am-pie ali aprono imagini grifagne».

19. allumina: glossa dantesca (cfr. Purg. XI 81), qui impiegatacome fattore di stilizzazione del paesaggio; anche la clausola rien-tra nell’ambito di M Fides 1 «Quando brillava il vespero vermi-glio».

25. arguto: cfr. M Galline 3 «chè d’arguti galletti ha piena l’aia». 26. eguali: ‘aequales’, cioè ‘coetanei’. 27-8. Cfr. M Il lauro 10 «venivo al piede d’uno snello alloro». 31. lazzi: di sapore aspro, astringente. borri: fosse scavate dalla

corrosione delle acque. 33. delle rosee bocche: varia la frequente clausola omerizzante

«dalle rosee dita».

68Letteratura italiana Einaudi

Grandi occhi, sotto grandi archi di ciglia,guardano il cielo, empiendosi di raggi,là dove l’aria allumina vermiglia

20 boschi di faggi.

Voci soavi, voi tinnite a festada così strana e cupa lontananza,che là si trova il desiderio, e resta

qua la speranza.

25 Io mi rivedo in un branchetto argutodi biondi eguali su per l’Appenninoopaco d’elci: o snelle, vi saluto,

torri d’Urbino!

Vi riconosco, o due sottili torri,30 vi riconosco, o memori Cesane

folte di lazzi cornïoli i borrie d’avellane.

Vaga lo stuolo delle rosee bocchepe’ clivi, e sparge nella via maestra

Giovanni Pascoli - Myricae

35-6. Cfr. M Il dittamo 3-5 «alla soave tra fior di ginestra /e fior-dalisi // processïone».

37. il novo drappo: il giovane drappello. 38. rosolacci: i papaveri. 42. palpito sonoro: clausola plurimo-rappresentata, nella quale

sonor- è preceduto da uno sdrucciolo caratterizzato da sorde, tra lequali di solito una dentale: cfr. M Alba festiva 10 «cantico sonoro»(segue -illa in rima), PP Per casa 12 «pettine sonoro» (precede -inoin rima), 17 «pettine sonoro» (segue -ina in rima), NP Le due aqui-le 33 «vortice sonoro», PV Patuit dea 26 «fremito sonoro» (prece-de -ìo in rima), M Nel parco 6 «fremiti sonori», PP Italy II 67 «lim-pidi e sonori», NP Il cuculo 37 «limpide e sonore», PI Rossini I 56«tremole e sonore» (segue -ia in rima), Inno a Torino 567 «splendi-de e sonore».

69Letteratura italiana Einaudi

35 messe di fiordalisi e l’auree ciocchedella ginestra.

Nella via bianca il novo drappo svariacoi rosolacci e le sottili felci;e par che attenda, nella solitaria

40 ombra dell’elci;

pare che attenda nella via tranquilla,sotto quest’ampio palpito sonoro,uno dai neri monti su cui brilla

porpora e oro.

5-8. L’anafora del pronome io (uno degli stilemi anglicizzantipiù caratteristici di M) si propaggina nella triplice iterazione inter-na di già e nella paronomasia che lega tendo e tengo (il sigillo appo-sto a questa tensione ripetitiva è la triplicazione del v. 12, che de-termina per di più rima equivoca).

6. in cuore: tecnicismo allegorico, ben noto dall’esegesi dantesca.14. m’accenna: cfr. M Rammarico 9.15. stridore: ovvie le connotazioni mortuarie che gravano su

questo omerismo (tràzein).

70Letteratura italiana Einaudi

[15]

ELEGIE

I

LA FELICITÀ

Quando, all’alba, dall’ombra s’affaccia,discende le lucide scale

e vanisce; ecco dietro la tracciad’un fievole sibilo d’ale,

5 io la inseguo per monti, per piani,nel mare, nel cielo: già in cuore

io la vedo, già tendo le mani,già tengo la gloria e l’amore.

Ahi! ma solo al tramonto m’appare,10 su l’orlo dell’ombra lontano,

e mi sembra in silenzio accennarelontano, lontano, lontano.

La via fatta, il trascorso dolore,m’accenna col tacito dito:

15 improvvisa, con lieve stridore,discende al silenzio infinito.

4. Verso paradigmatico per illustrare l’insistito bisillabismo checonnota a livello lessicale la poesia.

7. La geminazione del pronome-soggetto è un caratteristico sti-lema di tipo gallicizzante o, meglio, anglicizzante.

8. l’eco: rima-chiave, come si vedrà da M Canzone d’aprile e CCPer sempre 7-8.

13-4. Ripetono la struttura sintattica dei vv. 4-5, ma abilmentespostandola di due sillabe, con un’operazione che proietta a livellosintagmatico la sfasatura prosodica che connota il metro (cfr. lacoppia di versi similari 11-2, dove il tempo in soprannumero com-petente al decasillabo è marcato da un’interiezione).

9-13. Cfr. M Il giorno dei morti 187-9.

71Letteratura italiana Einaudi

V

AGONIA DI MADRE

Muore. Sfugge alla morta pupillagià il bimbo che geme al suo piede:

ode un suono lontano di squilla:son due . . . gli occhi, grave, apre: vede.

5 Uno piange, ma l’altro sorrided’un bianco sorriso di cieco.

Ella guarda, ella pensa: lo videcosì: quando? e ha come l’eco

d’un gran pianto nel cuore, la traccia10 di lagrime morte negli occhi.

Ah! ricordano un peso le braccia,ricordano un peso i ginocchi,

grave. Due sono i bimbi: uno piange;ma dorme il più piccolo ancora:

Giovanni Pascoli - Myricae

19. Binomio topico: «Nel limbo è un vagir di culle, nel cimiteroè un tacer di tombe» (MV XXXV).

23-4. Atteggiamento opposto (o meglio, successivo: c’è l’exces-sus mentis di mezzo) a quello di Maria in PP Digitale purpurea 73-4.

72Letteratura italiana Einaudi

15 ella versa dal cuor che si frange,le lagrime d’ora e d’allora.

- Dormi, o angelo - o angelo, déstati,destati - mormora il cuore.

Tra la culla e una bara s’arresta20 la mano sua, rigida. Muore.

Il suo primo, il suo morto è sparitocon lei che nell’ombra lo reca:

piange l’altro; ella n’ode il vagito col bianco stupore di cieca.

1. tasso barbasso (altrove, nel Pascoli, «verbasco»): è il Verba-scum thapsus, un’erba alta e provvista di infiorescenze vistose e spi-ciformi; ha l’aspetto di una sottile e alta piramide; i fiori sono di co-lor giallo chiaro e vivido, le foglie basali e le altre parti verdi sonoricoperte da un tomento di peli lanosi e vellutati.

5. Radicchiella: è il tarassaco (Taraxacum officinale) detto anchedente di leone, radicchio dei prati o soffione, per l’infruttescenzaglobosa di cui è ben noto il facile dissolversi al minimo soffio divento.

6. dianto: è il garofano (Dianthus caryophyllus o, piuttosto, alpi-nus).

8. Per la rima e per la collocazione divaricata di mai cfr., oltre aM Il giorno dei morti 73 nota, CC Per sempre 26-7 «Risposi: “Seibimba e non sai / Per sempre che voglia dir mai!”», La cavalla stor-na 49-50 «a me, chi non ritornerà più mai! / Tu fosti buona . . . Maparlar non sai!» (l’archetipo è ovviamente il celebre petrarchesco«non sperar di vedermi in terra mai», Rime CCL 14); per libelluletremule cfr. M Solitudine 4 nota.

9-10. Per il modulo sintattico, estremamente caratteristico, cfr.M Vagito 2-3.

73Letteratura italiana Einaudi

VI

LAPIDE

Dietro spighe di tasso barbasso,tra un rovo, onde un passero frulla

improvviso, si legge in un sasso:QUI DORME PIA GIGLI FANCIULLA.

5 Radicchiella dall’occhio celeste,dianto di porpora, sai,

sai, vilucchio, di Pia? la vedeste,libellule tremule, mai ?

Ella dorme. Da quando raccoglie10 nel cuore il soave oblio? Quante

Giovanni Pascoli - Myricae

9. raccoglie è, come traslato, un hapax e varia squisitamentel’«accoglie», per il quale ad esempio cfr. M La vite e il cavolo 5-6.

11. le foglie: per questa rima cfr. OI Crisantemi 9-12 «Nubi van-no, fuggono stormi, foglie / passano in un èmpito, via, di pianto: /tutti i fiori sono ora là: li accoglie / quel camposanto».

16. Atteggiamento topico: cfr. M Il giorno dei morti 60. 19. andrene: le vespe. 24. Per la chiusa cfr. M Sogno d’ombra 10 «Un sogno d’ombra,

un niente».

74Letteratura italiana Einaudi

oh! le nubi passate, le fogliecadute, le lagrime piante;

quanto, o Pia, si morì da che dormitu! Pura di vite create

15 a morire, tu, vergine, dormi,le mani sul petto incrociate.

Dormi, vergine, in pace: il tuo lenerespiro nell’aria lo sento

assonare al ronzio delle andrene,20 coi brividi brevi del vento.

Lascia argentei il cardo al leggierotuo alito i pappi suoi come

il morente alla morte un pensiero,vago, ultimo: l’ombra d’un nome.

2. escir: ‘diventare’ (ma il dialettismo tradurrà un ideale becomeo turn out).

3. bisso: è un tipo finissimo di tela. 4. sembra: è una potente spia metalinguistica, che convoglia una

duplice possibilità di lettura: sul piano dello stile realizza un danti-smo assai caro al Pascoli, ma su quello del messaggio coglie nel suodivenire quel processo di ricodificazione simbolica che è illustratonella nota a PV Maggio 2-4, dalla quale si estragga come riscontropiù immediato M Il lauro 15-6 «Intorno era un odore, / sottil, divecchio, e forse di vïole».

5. Per la figura sintattica cfr. M Romagna 3. 6. È il sogno dolorosamente rievocato in CC Casa mia 33-6. 7. seccia: o stoppia, cioè la paglia che rimane nel campo sulle

barbe delle biade mietute. 8. Flagrante autocitazione da M O vano sogno 11, configura

quella situazione di Natureingang inverso che per il Pascoli (cfr. an-che M Lavandare) significa deiezione, abbandono, ignavo rimpian-to brumale da cacciare col lavoro e la purificazione interiore.

9-11. Per la coppia rimatica cfr. PP L’oliveta e l’orto 13-5; ma visi somma un’allusione precisa a M Notte (e cfr., in rima al v. 26, iltecnicismo incanti).

75Letteratura italiana Einaudi

[16]

IDA E MARIA

O mani d’oro, le cui tenui ditamenano i tenui fili ad escir fioridal bianco bisso, e sì, che la fiorita

sembra che odori;

5 o mani d’oro, che leggiere andando,rigasi il lin, miracolo a vederlo,qual seccia arata nell’autunno, quando

chioccola il merlo;

o mani d’oro, di cui l’opra alterna10 sommessamente suona senza posa,

mentre vi mira bionde la lucernasilenzïosa:

Giovanni Pascoli - Myricae

14. funebre panno: cfr. Epos (p. 2) Livi Odissia II VII nota: «‘ALaerte eroe, funebre (panno), per quando lui la Moira triste portivia, della morte che getta distesi’. Cf. ã 236».

15. e ch’io: sintagma gallicizzante.17. raso: drappo di seta liscio e lustro. 18. amïanto: varietà di anfibolo in fibre flessibili e tessili, dalle

quali si fa carta e seta che resistono al fuoco. 19-20. È la tipologia di M O reginella. 21. calcole: assicelle su cui il tessitore calca i piedi: sono attacca-

te con funicelle ai licci del pettine in modo che, ora abbassandol’uno, ora alzando l’altro, apre e serra le fila dell’ordito, mentrepassa la spola e forma il panno.

25-8. La strofe prefigura PP La canzone del bucato. 27. Celebre clausola dantesca.

76Letteratura italiana Einaudi

or m’apprestate quel che già chiedevofunebre panno, o tenui mani d’oro,

15 però che i morti chiamano e ch’io devoesser con loro.

Ma non sia raso stridulo, non siapuro amïanto; sia di que’ sinceriteli, onde grevi a voi lasciò la pia

20 madre i forzieri;

teli, a cui molte calcole sonareudì San Mauro e molte alate spole:un canto a tratti n’emergea di chiare,

lente parole:

25 teli, che a notte biancheggiar sul fienovidi con occhio credulo d’incanti,ne’ prati al plenilunio sereno

riscintillanti .

1. sue novelle: presuppone un articolo indeterminato di gradozero, quindi anticipa lo stilema ‘paradisiaco’ di PP Digitale purpu-rea.

2. austera: clausola che appartiene allo strato più antico del les-sico (cfr. M Il maniero 8).

7. sacca: sacco corto e largo per portar roba.12. Personaggio del ciclo carolingio: Rondello è il suo destriero.

77Letteratura italiana Einaudi

[17]

IN CAMPAGNA

I

IL VECCHIO DEI CAMPI

Al soie, al fuoco, sue novelle ha pronteil bianco vecchio dalla faccia austera,che si ricorda, solo ormai, del ponte,

quando non c’era.

5 Racconta al sole (i buoi fumidi stanno,fissando immoti la sua lenta fola)come far sacca si dové, quell’anno,

delle lenzuola.

Racconta al fuoco (sfrigola bel bello10 un ciocco d’olmo in tanto che ragiona),

come a far erba uscisse con RondelloBuovo d’Antona.

1. Errai: collega in triplice anafora le prime tre strofe, come Iosiedo collega le ultime tre.

7. botri: «Luogo scosceso, per lo più incavato dall’acqua, tor-rentaccio» (nota in SL, p. 554).

11. invisibile: in triplice anafora, parallelamente a Io siedo, con-nota la seconda parte della poesia (e, per il significato tecnico, cfr.PP Digitale purpurea I e Il libro 13, 37).

78Letteratura italiana Einaudi

II

NELLA MACCHIA

Errai nell’oblio della valletra ciuffi di stipe fiorite,tra quercie rigonfie di galle;

errai nella macchia più sola,5 per dove tra foglie marcite

spuntava l’azzurra vïola;

errai per i botri solinghi:la cincia vedeva dai pini:sbuffava i suoi piccoli ringhi

10 argentini.

Io siedo invisibile e solotra monti e foreste: la seranon freme d’un grido, d’un volo.

Io siedo invisibile e fosco;15 ma un cantico di capinera

si leva dal tacito bosco.

E il cantico all’ombre segrete

Giovanni Pascoli - Myricae

19. di flauto: cfr. M Il lauro 6 «pieno de’ flauti delle capinere». 20. Cfr. Note a CC2: «Tutte sanno per certo che non io ho tro-

vato che la lodola loda Dio e che il merlo (e anche la capinera) fi-schia Io ti vedo», oltre a PD Il Fanciullino XV: «il tuo “Io ti vedo!”che risonava tra il cader della guazza». Trasparente l’analogia traquesta chiusa e quelle di M Canzone d’aprile, CC La servetta dimonte.

79Letteratura italiana Einaudi

per dove invisibile io siedo,con voce di flauto ripete,

20 Io ti vedo!

1-4. Per la coppia di rime estreme cfr. PI Paulo Ucello III 10-2«Stormi di gru fuggivano le brume, / schiere di cigni come bianchenavi / fendeano l’acqua d’un ceruleo fiume» ed anche PP Accesti-sce 23-5 «e brontolava il fiume / là là: le giravolte sue lontane / mo-strava appena un vago fior di brume» (ove non sfugga la prossimitàdella rima -ane); e, per il vaghe del v. 1, CC Il sogno della vergine 4-6 «Il lume / vacilla nell’ombra, come astro / di vita tra un velo dibrume», che sviluppa appieno l’allitterazione in labiale.

5. lume: designa costantemente nel Pascoli una luce interioriz-zata o comunque misteriosa: cfr. M Rio Salto 10-1 «nè vedea tre-mando / fughe remote al dubitoso lume», La civetta 7-8 «che passòl’ombre e scivolò nel lume / pallido e muto», PP Accestisce 20-2«Splendea la luna su quel gran lenzuolo / candido, come, accantoun letto, il lume / dimenticato», NP Gli emigranti nella luna I 26-8«L’immensa taiga biancheggiava al lume. / Qualche betulla nuda,qualche cono / d’abete, e i solchi d’ombra d’un gran fiume» (pre-cede, in rima, «brume») e VI 38-40 «E per le lande errarono nel lu-me / di luna, tutti, per le selve rare, / lunghesso il verde scintillìodel fiume»; ma cfr. altresì PP I due fanciulli 26-8, anche per la con-tigua rima in -ano.

6. l’ontano: fa rima equivoca col v. 3.7. a mano a mano: stilema caratteristico (cfr. ad esempio M Car-

rettiere 7).

80Letteratura italiana Einaudi

III

IL BOVE

Al rio sottile, di tra vaghe brume,guarda il bove, coi grandi occhi: nel pianoche fugge, a un mare sempre più lontanomigrano l’acque d’un ceruleo fiume;

5 ingigantisce agli occhi suoi, nel lumepulverulento, il salice e l’ontano;svaria su l’erbe un gregge a mano a mano,e par la mandra dell’antico nume:

Giovanni Pascoli - Myricae

9. grifagne: è significativo che la parola-rima compaia solo un’al-tra volta nell’intera produzione del Pascoli, in PV Il Rubicone 13«alzando la pupilla sua grifagna», come trasparente citazione diInf. IV 123.

10. chimere: la rima compare, con identica connotazione, anchein PP Il libro 27-9 «E sfoglia ancora; al vespro, che da nere / nubirosseggia; tra un errar di tuoni, / tra un alïare come di chimere»;ma, per precisare la funzione simbolica del lemma, valgono i dueluoghi di OI Al Re Umberto 71-2 «e mostro, con l’ali, diventa, /Vampiro e Chimera . . . » (soggetto «il Male», rappresentato comeuna «fiera») e 79-82 «tu non la vedesti / la ingorda di sangue Chi-mera // notturna, che sibila ed alia / venendo e tornando dai morti. . . ».

11. Per la clausola cfr. (oltre a PP La calandra 38-9 «È sera for-se? e dentro il ciel profondo / il crepuscolo indugia?») M La civet-ta 21-2 «Morte, che passi per il ciel profondo, / passi con ali mollicome fiato» (che rinvia alla succitata fenomenologia delle chimere),PP Italy II 124 «Cielo, e non altro, cielo alto e profondo», CC Ilciocco II 229-30 «girovaghe Comete / che sapete le vie del cielprofondo»: tutti in rima con «mondo».

12-4. Dilatano il celeberrimo virgiliano Ecl. I 83 «maioresquecadunt altis de montibus umbrae».

81Letteratura italiana Einaudi

ampie ali aprono imagini grifagne10 nell’aria; vanno tacite chimere,

simili a nubi, per il ciel profondo;

il sole immenso, dietro le montagnecala, altissime: crescono già, nere,l’ombre più grandi d’un più grande mondo.

2. parla della cosa: sintagma colloquiale, ma senza escludere unapunta anglicizzante («talks about that matter»).

4. onde: la forte pausa che precede cumula, al valore locale, an-che un valore causale alogico.

7. Per il binomio cfr. NP La vendemmia I 11-2 « – L’ape fa ilmiele, eppur le basta un fiore, / fior di trifoglio, fior di lupinella»(il milieu, identico, allude a un nucleo di stornello). Per lupinellacfr. M Romagna 20 e la nota.

9. cantarellando: altrove con -er- protonico, più congruo con lafonetica del toscano. altana: una loggia o terrazza aperta sopra iltetto della casa.

82Letteratura italiana Einaudi

V

VESPRO

Dal cielo roseo pullula una stella.

Una campana parla della cosacol suo grave dan dan dalla badia;onde tra i pioppi tinti in color rosa

5 suona un continuo scalpicciar per via:passa una lunga e muta compagniacon fasci di trifoglio e lupinella.

Una fanciulla cuce ed accompagna,cantarellando, dalla nera altana,

10 un canto che s’alzò dalla campagna,quando nel cielo tacque la campana:s’alzò da un olmo solo in una piana,da un olmo nero che da sé stornella.

1-3. Rima fissa là dove è comunicazione oltre lo spazio fisico(cfr. PV Addio! 9-12 «Adorate fanciulle, andrò ben lunge / e nonsarò felice, oh no! di certo: / dove la vostra voce a me non giunge, /ivi è la solitudine e il deserto») e metafisico (cfr. M I due cugini 22-6 e CC Tra San Mauro e Savignano 31-3 « Oh! i figli miei! Tu giun-gi / or dalla vita. Alcuni già qui sono! con me, con noi. Gli altri,non so, ma lungi»).

3. Cfr. C Phidyle 38 «Tandem ades o!» e Verg. Aen. VI 687 «Ve-nisti tandem?» (citato in MV XXXI); ma la filigrana classica tra-spare anche al v. 1, dove Fantasma e un’evidente allusione a C Ca-tullocalvos, I Eidolon Helenae, e al v. 11, da confrontare con SL (p.228) La madre nel mondo dì là (= Od. XI 152-208) 56-7 «e dallemani tre volte volò, come un’ombra od un sogno, / via. Nel miocuore sorgeva ogni volta [cfr. v. 13 Ogni anno] più spasimo acuto».Dunque la reginella, Elena e la madre, a cumulare le tre varianti incui si articola l’archetipo femminile pascoliano.

9-10. Cfr. SL (p. 351) La sterpazzolina («dall’Ornitologia toscanadi Paolo Savì»): «Negli scopicci e ne’ cespugli di prunbianco e distipa».

83Letteratura italiana Einaudi

VI

CANZONE D’APRILE

Fantasma tu giungi,tu parti mistero.Venisti, o di lungi?ché lega già il pero,

5 fiorisce il cotognolaggiù.

Di cincie e fringuellirisuona la ripa.Sei tu tra gli ornelli,

10 sei tu tra la stipa?Ombra! anima! sogno!sei tu . . . ?

Giovanni Pascoli - Myricae

16-8. Il riscontro più immediato è con CC La tovaglia 47-8, maper il motivo – e per il metro – non pare estranea l’incidenza di unapoesiola di Byron che inizia «When we two parted / in silence andtears» e che bisognerebbe, probabilmente, citare per intero.

84Letteratura italiana Einaudi

Ogni anno a te gridocon palpito nuovo.

15 Tu giungi: sorrido;tu parti: mi trovodue lagrime amaredi più.

Quest’anno . . . oh! quest’anno,20 la gioia vien teco:

già l’odo, o m’inganno,quell’eco dell’eco;già t’odo cantareCu . . . cu.

1. Intervento correttivo operato sul testo del Pratesi (che iniziacon: « Il paese restò silenzioso con un tranquillo lume di luna»), epour cause, solo che si rifletta all’opposizione fra le categorie dante-sche «sole» e «luna», elaborata in CC L’usignolo e i suoi rivali e Ilfringuello cieco: cfr. infatti CSD Prolusione al Paradiso V: «Vollesenz’accorgersene: la grazia opera occultamente, nel nostro sonno(Pur. 9, 56). C’era la luna: l’anima non la aveva veduta (Inf. 20, 128[ma 127]».

3. La collocazione del verso è nell’ambito del Natureingang po-sto in M Canzone d’aprile; ma per la coppia rimatica, oltre a PC So-lon 41-3, cfr. più precisamente M II castagno 1-8 «Quando sfiorivae rinverdiva il melo, / quando s’apriva il fiore del cotogno, / e ilgreppo, azzurro, somigliava un cielo / visto nel sogno, // brullo iote vidi; e già per ogni ripa / erano colte tutte le vïole [tutte: dallaprima, Iole, all’ultima, Ida], / e tu lasciavi ai cesti ed alla stipa / tut-to il tuo sole».

5-6 Cfr. PP Digitale purpurea 67-8 e la nota. 10. Cfr. la nota a Epos (p. 242) Aen. VI 454 « per nubila lunam:

la falce della luna, nel primo suo quarto, che appena appena dà unpallor latteo oltre il velo delle nuvole. Il paragone è in Apoll. Rh.IV 1477 e seg. ‘(or allora Heracle Solo lungi nell’infinita terra

85Letteratura italiana Einaudi

XI

L’ASSIUOLO

Dov’era la luna? ché il cielonotava in un’alba di perla,ed ergersi il mandorlo e il meloparevano a meglio vederla.

5 Venivano soffi di lampida un nero di nubi laggiù;veniva una voce dai campi:chiù . . .

Le stelle lucevano rare10 tra mezzo alla nebbia di latte:

Giovanni Pascoli - Myricae

credè Lynceo) Così vedere, come alcuno nel suo nuovo giorno laluna O vide o credè tra la nebbia vedere’». Trasparente allusionealla notte di PP Suor Virginia.

13-5. Per la piena comprensione di questa coppia di rime cfr.(oltre a M Il bacio del morto 7-9) la ripresa fattane in CC Tempora-le 25-8; quanto all’eco, si tratta chiaramente dello stesso definito inM Canzone d’aprile.

20. sistri: «strumenti rituali (egizî), che agitati facevano tintinni-re asticciole metalliche contro una lamina ugualmente metallica»(Contini): e, come il tri tri dei grilli nella notte di CC Ov’è?, valesoprattutto per il richiamo fonosimbolico all’omerico tràzein. Peril sintagma cfr. C Agape 28 «hic et sistra manu quatiunt et cymbalapulsant».

86Letteratura italiana Einaudi

sentivo il cullare del mare,sentivo un fru fru tra le fratte;sentivo nel cuore un sussulto,com’eco d’un grido che fu.

15 Sonava lontano il singulto:chiù . . .

Su tutte le lucide vettetremava un sospiro di vento:squassavano le cavallette

20 finissimi sistri d’argento(tintinni a invisibili porteche forse non s’aprono più? . . .);e c’era quel pianto di morte. . .chiù . . .

1. bubbolìo: voce onomatopeica, per la quale cfr. M A nanna 7(dove la notte dell’amore-morte è vissuta a livello di sogno fiabe-sco): ma immediata è la connessione con SL (p. 347) La bubbola(«dall’Ornitologia toscana di Paolo Savi»): «Il nome di bubbola èstato dato a questo uccello a cagione del grido che manda in pri-mavera. Stando nascosto dietro gli alberi, continuamente ripete bu,bu, bu, bu, bu, con voce sonora e forte, di modo che ne risuona lacampagna anche a distanza assai grande: ma egli canta solo neltempo degli amori [come la civetta]. In aprile arrivano le bubboledai paesi meridionali oltremarini, dove han passato l’inverno; e diqui partono nel settembre per ritornarvi [come le rondini]». Da ul-timo cfr. la ninna-nanna inserita in FF (p. 309) Bambino malato(«dalle Fonografie Valdelsane di G. Cepparelli, Firenze 1896»):«Bubbola, bubbola, fa bu bu . . . / disse ’1 prete: Che ha’ tu. . . ».

87Letteratura italiana Einaudi

XII

TEMPORALE

Un bubbolìo lontano. . .

Rosseggia l’orizzonte,come affocato, a mare:nero di pece, a monte,

5 stracci di nubi chiare:tra il nero un casolare:un’ala di gabbiano.

1. La tronca seguita da un doppio gerundio in -ando sembra ri-calcare un modulo dantesco: cfr. ad esempio Purg. XIII 28 «La pri-ma voce che passò volando», 30 «e dietro noi l’andò reiterando»,33 «passò gridando, e anco non s’affisse». strosciando: con foneti-smo toscano, come spesso nel garfagnino dei Poemetti.

5-6. La parentesi è impressionisticamente surrogata da un dop-pio punto e virgola.

6. Verso, a livello di onomatopea, paradigmatico.8. bomba: indica il luogo designato per convenzione nel giuoco

di ‘guardie e ladri’.10. ma: avversativa tecnica, deputata a segnalare l’opposizione a

metà fra realtà e simbolo.

88Letteratura italiana Einaudi

XIII

DOPO L’ACQUAZZONE

Passò strosciando e sibilando il neronembo: or la chiesa squilla; il tetto, rosso,luccica; un fresco odor dal cimitero

viene, di bosso.

5 Presso la chiesa; mentre la sua vocetintinna, canta, a onde lunghe romba;ruzza uno stuolo, ed alla grande croce

tornano a bomba.

Un vel di pioggia vela l’orizzonte;10 ma il cimitero, sotto il ciel sereno,

placido olezza: va da monte a montel’arcobaleno.

1. Per l’allitterazione in |i| cfr. M Dialogo 5 nota. 2. Per il modulo onomatopeico cfr. M Nozze 23 «gracidò:

Quanta spocchia, quanta spocchia!» e Gloria 7 «e le rane che gra-cidano, Acqua acqua!».

6 Per il modulo onomatopeico cfr. M Il miracolo 11 «di raneverdi e verdi raganelle», PP Il soldato di San Piero in Campo 28 «dirane gravi e allegre raganelle», CC La mia sera 4 «c’è un breve gregre di ranelle» e 11 «Là, presso le allegre ranelle».

8-10 Per la rima cfr. M Dalla spiaggia 7-8 «il mare nella calmadell’estate / ne canta tra le sue larghe sorsate».

11. picchi: nel significato di ‘colpi’, ‘percosse’.

89Letteratura italiana Einaudi

XIV

PIOGGIA

Cantava al buio d’aia in aia il gallo.

E gracidò nel bosco la cornacchia:il sole si mostrava a finestrelle.Il sol dorò la nebbia della macchia,

5 poi si nascose; e piovve a catinelle.Poi tra il cantare delle raganelleguizzò sui campi un raggio lungo e giallo.

Stupìano i rondinotti dell’estatedi quel sottile scendere di spille:

10 era un brusìo con languide sorsatee chiazze larghe e picchi a mille a mille;poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:di stille d’oro in coppe di cristallo.

6. stridule: epiteto fisso, cfr. M Patria 4-6 «Stridule pel filare /moveva il maestrale / le foglie accartocciate», PP L’Avemaria 10-1«Stridule, qua e là, di più colori, / correan le foglie», CC Fogliemorte 46-7 «partono, ad un rabbuffo / più stridulo e più forte»,PC Il cieco di Chio 11-2 «ed al giaciglio / delle stridule foglie»; mapiù importa ricordare la costante connessione che questa radice,nel Pascoli, presenta con la morte (attraverso l’omerico tràzein):come anche risulta chiaro a livello combinatorio da M Placido 14-9«Nel chiuso non c’era altra voce, / rammento che il cupo stridore /d’un fuco ronzante alla croce; // e qualche fruscìo di virgulto / alpasso del vecchio, che aveva / le chiavi» (e cfr. anche M In cammi-no 3-4).

90Letteratura italiana Einaudi

XV

SERA D’OTTOBRE

Lungo la strada vedi su la sieperidere a mazzi le vermiglie bacche:nei campi arati tornano al presepe

tarde le vacche.

5 Vien per la strada un povero che il lentopasso tra foglie stridule trascina:nei campi intuona una fanciulla al vento:

Fiore di spina! . . .

3. L’evidenza trasmessa dal rimario (cfr. OI Chavez 37 «simile alsole che si trascolora», oltre a M Rammarico 4 «Il cielo s’alza e tut-to trascolora», PP Il transito 13 «E nella notte, che ne trascolora»)pone in rilievo la novità prosodica connessa al cumulo pronomina-le vi si.

4. Fragile: il patrimonio onomatopeico fa aggio su quello se-mantico (per l’innovazione interna al codice cfr. M Notte di vento 8«un fragile squillo di vetri»). cartocci: per la cifra onomatopeica cfr.M Galline 10 «ruzzano nei cartocci strepitosi»

5. uno stormo di passeri: costante fonosimbolica (cfr. M Solitudi-ne), qui correlata alla rima in -ora.

7. gola: riprende la rima precedente, mentre le due terzine ini-ziali si aprono con -ento cui seguono rispettivamente -ora e -ola cheassuonano.

91Letteratura italiana Einaudi

XVI

ULTIMO CANTO

Solo quel campo, dove io volga lentol’occhio, biondeggia di pannocchie ancora,e il solicello vi si trascolora.

Fragile passa fra’ cartocci il vento:5 uno stormo di passeri s’invola:

nel cielo è un gran pallore di viola.

Canta una sfogliatrice a piena gola:Amor comincia con canti e con suonie poi finisce con lacrime al cuore.

1. sizza: è un vento di tramontana particolarmente gelido. 3. fratte: ‘siepi’, parola frequente nel Pascoli e generatrice a li-

vello onomatopeico: cfr. M L’assiuolo 12 «sentivo un fru fru tra lefratte», CC L’uccellino del freddo 30 «Tu frulli dal vetro alla fratta»;ma il modulo comprende anche rame / secche, variante del meglioattestato «foglie secche» (cfr. M La domenica dell’ulivo 3 «di fogliesecche, radiche, fuscelli», In cammino 4 «le foglie secche striderepian piano»), e sottile (cfr. M Ultimo sogno 11-2 «Udivasi un fru-scìo / sottile, assiduo, quasi di cipressi»).

5. marame: rifiuti, roba da gettar via. 7. rovaio: altro sinonimo di ‘tramontana’. 9. tugurio: ancora un lemma pascolianissimo, che anticipa nel

verso successivo la geminazione giunge . . . lunga (proiezione sul-l’asse combinatorio di una rima caratteristica, cfr. M Canzone d’a-prile 1-3 nota); per tugurio come generatore fonosimbolico cfr. delresto M Il giorno dei morti 179-80 «Un contadino / socchiude l’u-scio del tugurio al cane», Il castagno 41 «Per te i tuguri sentono iltumulto».

92Letteratura italiana Einaudi

XVII

IL PICCOLO BUCATO

Come tetra la sizza che combattegli alberi brulli e fa schioccar le ramesecche, e sottile fischia tra le fratte !

Sur una fratta (o forse è un biancor d’ale ?)5 un corredino ride in quel marame:

fascie, bavagli, un piccolo guanciale.

Ad ogni soffio del rovaio, che romba,le fascie si disvincolano lente;

Giovanni Pascoli - Myricae

10. pazïente: rientra, per la dieresi, in un paradigma clausulareassai caratteristico, che comprende ancora «sapïente», «orïente»ecc.; lente: pazïentein rima anche in M Arano 4-6 (ma cfr. anche 2-5 «fratte» : «ribatte»), che con questa poesia ha in comune il me-tro. Questo verso ha un suo corrispondente latino in C Pomponia-Graecina 277 «Naenia clarescit muliebri mixta querela».

93Letteratura italiana Einaudi

e da un tugurio triste come tomba10 giunge una nenia, lunga, pazïente.

4. fragoroso mare: clausola identica a M Germoglio 31, e senzadubbio adattamento della clausola omerica polufloàsboioqalßsshj.

7. Variante di una clausola topica, per la quale cfr. la nota a M Ilgiorno dei morti 43.

14. Per la paranomasia ombre . . . onde cfr. M Rio Salto 8 «scor-gevo l’ombra galoppar sull’onda».

94Letteratura italiana Einaudi

[18]

PRIMAVERA

I

IL FIUME

Fiume che là specchiasti un casolareco’ suoi rossi garofani, qua murad’erme castella, e tremula verzura;eccoti giunto al fragoroso mare:

5 ed ecco i flutti verso te balzaresu dall’interminabile pianura,in larghe file; e nella riva oscuraquesta si frange, e in quella in alto appare;

tituba e croscia. E là, donde tu lieto,10 di sasso in sasso, al piè d’una betulla,

sgorghi sonoro tra le brevi sponde;

a un po’ d’auretta scricchiola il canneto,fruscia il castagno, e forse una fanciullasogna a quell’ombre, al mormorìo dell’onde.

2-7. Per la rima cfr. la nota a M Il giorno dei morti 46-8. 8. 8.Cfr. Gianandrea, p. 167 n. 2: «Giovinottella, che dormite sola,

/ Dalla paura non dormite mai; / Sci ce volete a me per compagnia,/ So’ un bon fijolo, e ve ce veniria».

12. Cfr. Gianandrea, p. 93 n. 228: «Oh conta quante stelle,quante stelle, / Vedi, se te dà l’animo a contalle! / Bella, le penemia, so’ tutte quelle», che si coniuga a un’allusione al leopardianoCanto notturno 135; e per l’interpretazione allegorica del Pascoli,cfr. i vv. 21-36 di quella poesia antologizzati in SL (p. 358) col tito-lo Il viatore della via umana.

14. piange e sospira: riprende l’incipit con tecnica circolare, ma èsoprattutto un’allusione (nel quadro, s’intende, del messaggio alle-gorico complessivo) alla parola-rima terminale del sonetto dante-sco Tanto gentile. In SV La mirabile visione V Pascoli enumera le

95Letteratura italiana Einaudi

II

LO STORNELLO

- Sospira e piange, e bagna le lenzuolala bella figlia, quando rifà il letto,-tale alcuno comincia un suo rispetto:trema nell’aurea notte ogni parola;

5 e sfiora i bossi, quasi arguta spola,l’aura con un bruire esile e schietto:- e si rimira il suo candido petto,e le rincresce avere a dormir sola.-

Solo, là dalla siepe, è il casolare;10 nel casolare sta la bianca figlia;

la bianca figlia il puro ciel rimira.

Lo vuole, a stella a stella, essa contare;ma il ciel cammina, e la brezza bisbiglia,e quegli canta, e il cuor piange e sospira.

Giovanni Pascoli - Myricae

tre visioni che Dante ebbe «Dopo la morte di Beatrice, quand’ellafu beata oltre che beatrix»: nella prima «Fu il “cuore” che “si co-minciò dolorosamente a pentere de lo desiderio, a cui sì vilmentes’avea lasciato possedere alquanti die contra la costanzia de la ra-gione”»; alla seconda allude un sonetto del quale Pascoli riportauna terzina, il cui ultimo verso «lo peregrino spirito la mira» èsenz’altro leggibile nella filigrana del v. 11. Alla piena intelligenzadel messaggio allegorico, infine, giova anche un passo di MV II:«Bice era dunque un miracolo di Dio, nè per ciò s’ha a crederech’ella fosse per Dante altro da quel ch’ell’era (VN. 26 s. 7): «unacosa venuta / di cielo in terra a miracol mostrare” [questo è l’ar-chetipo di v. 11 puro ciel e della rima in -are]; una “pargoletta bella[cfr. v. 2 la bella figlia] e nuova” che dice di sè (Ca. b. 8 [34]): “sonvenuta per mostrarmi a vui / delle bellezze e loco, dond’io fui. // Iofui del cielo e tornerovvi ancora / per dar della mia luce altrui di-letto; / e chi mi vede, e non se n’innamora, / d’Amor non averà maiintelletto . . .” [questo è lo spessore anagogico presupposto alla ri-ma in -etto] [. . .]. E angiola pareva a Dante, non solo per ciò che aognuno la donna amata par angiola, ma anche perché era devotadella Madonna, “di quella reina benedetta Maria, lo cui nome fu ingrandissima reverenzia ne le parole” di lei; “di quella reina dellagloria” di cui ella ascoltava le laudi in chiesa (VN. 28 e 5) [ed eccoperché, a Lo stornello e a La pieve, segue In chiesa]; e l’amatorefrattanto in estasi, la sguardava, pauroso d’esser veduto sguardar-la». Questa bianca e bella figlia, dunque, anagogicamente è Beatri-ce e allegoricamente è l’anima del poeta rimasta vedova di lei (nontarderemo ad abituarci a questi scambi di sesso, frutto di complica-te operazioni a livello di logica simbolica): è l’anima che spera, eche cerca di ritrovare in cielo la sua speranza dell’eterna contem-plazione.

96Letteratura italiana Einaudi

2. svola: ‘vola via’ (identica prefissazione, ad esempio, in «svaria»), ma con un che di inquietante e misterioso: cfr. M Convivio 10-1«delle morenti lampade lo svolo / lugubre, lungo! » e La civetta 3-4 «quando tra l’ombre svolò rapida una / ombra dall’alto».

4. il nido piccoletto: cfr. M Fides 3 «al piccoletto figlio». 5. Razzano: cfr. M La vite e il cavolo 8 nota. coretto: è un finestri-

no con grata da cui si può assistere alle funzioni di chiesa. 10. è vaporato: per l’impiego transitivo cfr. M Di lassù 3 nota. 11. Per il binomio cfr. CC Diario autunnale VII 26 «e fiorirono i

peschi e gli albicocchi». 12. stridula: frequente in questa sede di verso all’altezza di M;

qui genera la serie allitterante in -l- che invade la terzina.13. alïando: per il patrimonio connotativo cfr. M Il bove 10 e

inoltre Alba 3-6 «alïavano prima dell’alba / le rondini nell’uliveto.// Alïavano mute con volo / nero, agile, di pipistrello».

97Letteratura italiana Einaudi

III

LA PIEVE

Giorno d’arrivi il tuo, san Benedetto:ecco una prima rondine che svola.E trova i pioppi nella valle sola,la grande pieve, il nido piccoletto.

5 Razzano i vetri; l’occhio del corettonereggia sotto un ciuffo di vïola:ecco la cigolante banderuola,gli embrici roggi del loquace tetto.

E di saluti sonano le gronde10 e il chiuso, dove il cielo è vaporato

da un rosseggiar di peschi e d’albicocchi.

E la rondine stridula rispondealïando con lievi ombre: sul pratole segue un cane co’ fuggevoli occhi.

9. Ma: la più myricea fra le avversative, oltre a segnalare lo scar-to fra due distinti livelli di realtà, adempie qui a una funzione pro-spettica in senso cronologico.

13. Per la clausola cfr. NP La vendemmia II 42 «un vago odord’incenso»; e la rima intenso:incenso torna in PP Digitale purpurea26-8 (questa coppia di riscontri è sintomatica, perché precisa attra-verso rimandi interni al codice l’area tematica in cui s’inscrive l’e-vocazione copertamente perseguita in questo sonetto).

98Letteratura italiana Einaudi

IV

IN CHIESA

Sciama con un ronzio d’api la gentedalla chiesetta in sul colle selvaggio;e per la sera limpida di maggiovanno le donne, a schiera, lente lente;

5 e passano tra l’alta erba stridente,e pare una fiorita il lor passaggio:le attende a valle tacito il villaggiocon le capanne chiuse e sonnolente.

Ma la chiesetta ancor nell’alto svaria10 tra le betulle, e il tetto d’un intenso

rossor sfavilla nel silenzio alpestre.

Il rombo delle pie laudi nell’ariapalpita ancora; un lieve odor d’incensosperdesi tra le mente e le ginestre.

1. ulivelle: l’olivella (Daphne laureola) è un frutice sempreverde,velenoso, caratteristico del sottobosco; la balbettante allitterazionein liquida è immediatamente comparabile con la chiusa – paradig-matica al riguardo – di PC L’ultimo viaggio.

6. Per la formula interrogativa e il contesto rimatico, oltre a MLa cucitrice 11-3 cit. (e vedi anche la nota) cfr. NP Gli emigrantinella luna V 41-4 cc «Vediamo, noi, nel cielo azzurro o rosa, / sem-pre quelle montagne, sempre quelle / paludi. Sempre. Ma di là?Che cosa // è mai di là, verso le grandi stelle?».

7. Il supremo enjambement di L’infinito è uno dei non infre-quenti leopardismi grammaticalizzati a livello di codice nella pro-duzione pascoliana, dove gli esempi di «quell(a/e)» inarcato spes-seggiano.

99Letteratura italiana Einaudi

[20]

DOLCEZZE

II

CON GLI ANGIOLI

Erano in fiore i lilla e l’ulivelle;ella cuciva l’abito di sposa:

né l’aria ancora aprìa bocci di stelle,né s’era chiusa foglia di mimosa;

5 quand’ella rise; rise, o rondinellenere, improvvisa: ma con chi? di cosa?

rise, così, con gli angioli; con quellenuvole d’oro, nuvole di rosa.

2. mortella: il mirto; e cfr. M O vano sogno 1.3. è detta: l’inversione del soggetto, che –come quella del verso

iniziale – è un apparente calco dal linguaggio infantile, finisce inrealtà per sortire un effetto del tutto diverso. la corona: del rosario;e per la ritualità del gesto cfr. PP Suor Virginia 2.

4. or: è un altro intercalare (come il pur del verso successivo) digusto solo apparentemente colloquiale, ma in realtà di effetto tuttoletterario (è soprattutto disseminando queste particelle con sagacesprezzatura che il Pascoli viene costruendo il suo inconfondibileidioletto).

5. Ella . . . ell’è: con l’aria di parodiare strumenti propri del to-scano colloquiale, il Pascoli impiega in realtà uno stilema che ab-biamo già riconosciuto come anglicizzante (anche se qui, partico-larmente nella reduplicazione, non è esente l’incidenza di ungallicismo sintattico).

7. bubbola: cfr. M Temporale 1 nota.8. la reginella: scontato il rinvio a M O reginella.10. ma: avversativa tecnica, sapientemente ripresa al v. 12 per

marcare la transizione dal piano della favola a quello della realtà.

100Letteratura italiana Einaudi

V

A NANNA

Come un rombo d’arnia suonatra il cricchiar della mortella.Nonna, è detta la corona:nonna, or dì la tua novella.

5 Ella dice, ell’è pur buona,la più lunga, la più bella:- Sola (o Dio: bubbola e tuona!)sola va la reginella.

Ecco un lume, una stellina,10 ma lontanamente, appare.

Giovanni Pascoli - Myricae

16. le: pronome-soggetto pleonastico, mutuato dalla prosa delManzoni e dei manzonisti.

17. in collo: altro evidente toscanismo.

101Letteratura italiana Einaudi

Via, conviene andare andare.

Va e va.- Ma ciondolaregià comincia una testina;due sonnecchiano; cammina

15 che cammina,

e le son tutte arrivate:sono in collo delle fate.

102Letteratura italiana Einaudi

VI

IL PICCOLO ARATORE

Scrive. . . (la nonna ammira): ara bel bello,guida l’aratro con la mano lenta;semina col suo piccolo marrello:il campo è bianco, nera la sementa.

5 D’inverno egli ara: la sementa nerad’inverno spunta, sfronza a primavera;

fiorisce, ed ecco il primo tuon di Marzorotola in aria, e il serpe esce dal balzo.

103Letteratura italiana Einaudi

VII

IL PICCOLO MIETITORE

Legge . . . (la nonna ammira): ecco il campettobianco di grano nero in lunghe righe:esso tutt’occhi, con il suo falsettoa una a una miete quelle spighe;

5 miete, e le spighe restano pur quelle;miete e lega coi denti le mannelle;

e le mannelle di tra i denti suoiparlano . . . come noi, meglio di noi.

1. L’attacco extravagante di PV Sera viene surrogato da una for-mula incipitaria perfettamente integrata (cfr. M I ciechi, PP Digita-le purpurea, PV Massa, qui riportata nell’introduzione a M Il lau-ro).

2. Concentra in formule codificatissime i vv. 6-8 di Sera, e dietroindora è certo un’allusione a Dante Rime CIII 63-4 «biondi capegli/ ch’Amor per consumarmi increspa e dora» (citati in MV XIV, dicui si tenga presente il carattere anagogico dell’esegesi).

3. stellanti: epiteto di gusto carducciano (cfr. Alla stazione inuna mattina d’autunno 38).

4. Cfr. M Un rondinotto 4, PP L’asino 64.6. Per la clausola cfr. M Dialogo 14, PP Il libro 4.

104Letteratura italiana Einaudi

VIII

NOTTE

Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,e la lucerna i biondi capi indora:

i biondi capi, i neri occhi stellanti,volgono alla finestra ad ora ad ora:

5 attendon esse a cavalieri errantiche varcano la tenebra sonora?

Parlan d’amor, di cortesie, d’incanti:così parlando aspettano l’aurora.

1. nuovo: vale, latinamente, ‘inusitato’. 2. o dolce madre: non sarà ozioso rilevare che di regola questo è

l’epiteto fisso che il poeta riferisce alla propria madre. 4. trascolora: cfr. M Ultimo canto 3.5. corsa: fa, col precedente corsa, rima equivoca.6. la grand’Orsa: la clausola è caratteristica di certa poesia ‘co-

smica’ del Pascoli: cfr. NP La vertigine 40, OI L’aurora boreale 17,Chavez 62, Andrée 22 (l’iniziale di grand’ oscilla fra maiuscola e mi-nuscola); ma cfr. soprattutto NP La morte del Papa 255-7 «Le co-stellazïoni indi trascorse, / dalla fulgida Lira alla Carena, / dallafulgida Croce alle grandi Orse»: dove si rilevi l’epiteto «fulgida»,per cui vedi il verso successivo, e l’accumulo degli appellativi dellecostellazioni (per il quale cfr. anche CC Il ciocco II 210 «altri Cigni,altri Aurighi, altre Grand’Orse»), perché l’accumulo è l’istituto de-terminante che dilata in linguaggio ‘cosmico’ ciò che è qui espressoin termini di classica lucidità.

7. Il nucleo della contrapposizione fra Orione e l’Aurora sta inOd. v 121 Ôj m°n ÷t' 'Wràwn' ületo ªododßktuloj 'HÎj (cfr. v.9 delle rosee dita, che intrude nel modello omerico un perspicuogallicismo sintattico: cfr. M Benedizione 3), e ÇArkton [...] 'Wràw-na sono affiancati in Il. XVIII 486-8 e Od. V 273-4; fulgido, infine,traduce Il. XXII 26 pamfaànont(a), pure riferito a Orione.

105Letteratura italiana Einaudi

[21]

TRISTEZZE

II

RAMMARICO

Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone ?

Verso occidente, o dolce madre Aurora,da te lontano la mia vita è corsa.Il cielo s’alza e tutto trascolora;

5 passano stelle e stelle in lenta corsa;emerge dall’azzurro la grand’Orsa,

Giovanni Pascoli - Myricae

8. Per lo stilema in apertura cfr. M Il piccolo bucato 1. 9. accenni: eloquente allusione a M La felicità II, 14.11. incìta: con accentazione latina.

106Letteratura italiana Einaudi

e sta nell’arme fulgido Orïone.

Come più lieta la tua vista, quandoun poco accenni delle rosee dita;

10 e la greggia s’avvia scampanellando,esce il bifolco e rauco i bovi incìta,Canta lassù la lodola - apparitaecco Giulietta, e piange, al suo balcone!-

1. avanti i: sottile innovazione al servizio della prosodia.2. nuvolo: fedele più di ‘nugolo’ alla forma etimologica.3. Il Pascoli distingue tra «fuoco» e foco (lat. focus, ‘focolare’).4-5. Il rapporto grammaticale fra le rime -oco:-occhi funziona da

legame strofico: cfr. le clausole dei vv. 20-1 crocchia e brilla: croc-chiar, balza.

5. nocchi: ingrossamenti legnificati che si formano sotto la cor-teccia del tronco.

6. corimbi: propriamente ‘grappoli d’edera’.11. occhi di brace: varia la clausola di Inf. III 109.15. nel cor: impercettibile omerismo.

107Letteratura italiana Einaudi

VIII

AL FUOCO

Dorme il vecchio avanti i ciocchi.Sogna un nuvolo di bimbi,che cinguetta. Il ceppo al foco

russa roco.

5 Dorme anch’esso. A tutti i nocchisogna grappoli e corimbi.Rosei pendono nell’aria

solitaria.

Bianchi i bimbi tra il fogliame,10 su su, a quel roseo sorriso

vanno. Il ceppo occhi di braceapre, e tace.

Ecco pendulo lo sciamedal grande albero improvviso,

15 su su. Il vecchio nel cor teme,guarda e geme.

Giovanni Pascoli - Myricae

18. Come al v. 10, si tratta di un cripto-novenario, suggerito dal-la dialefe virtuale dopo mano.

19-20. Cfr. M Morte e Sole 2-4 e la nota.20. crocchia: variante onomatopeica di M A nanna 2 «cricchiar».

108Letteratura italiana Einaudi

Ogni bimbo al suo fiore alzala mano e. . . scivola e va.Sbarra il ceppo la pupilla:

20 crocchia e brilla.

E il vegliardo, al crocchiar, balzanella rotta oscurità.Gira lento gli occhi. Solo!

solo! solo!

6-7 Probabile un’eco delle «vacant eye-like windows» che carat-terizzano la casa descritta all’inizio di The Fall of the House of Hu-sher, di Edgar Allan Poe.

109Letteratura italiana Einaudi

IX

IL LAMPO

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;il cielo ingombro, tragico, disfatto:bianca bianca nel tacito tumulto

5 una casa apparì sparì d’un tratto;come un occhio, che, largo, esterrefatto,s’aprì si chiuse, nella notte nera.

3. di schianto: cfr. M Nevicata 5-8 «E le ventate soffiano dischianto | e per le vie mulina la bufera: | passano bimbi: un bal-bettìo di pianto; | passa una madre: passa una preghiera», ma, so-prattutto, CC Il sogno della vergine 23-4 «Le gracili membra nonsanno | lo schianto, non sanno l’amplesso», dove la collocazioneprotetta, all’interno di verso, medica la dichiarazione esplicita del-l’allegoria.

110Letteratura italiana Einaudi

X

IL TUONO

E nella notte nera come il nulla,a un tratto, col fragor d’arduo dirupoche frana, il tuono rimbombò di schianto:rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,

5 e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,e poi vanì. Soave allora un cantos’udì di madre, e il moto di una culla.

1. Il verso, esemplare per l’illustrazione di alcuni canoni stilisticifra i più ricorrenti nel Pascoli, risulta frammentato (a prescindere,ovviamente, dalle elisioni) in quattro trisillabi, a ciascuno dei qualicorrisponde una proposizione (ma si badi anche all’inciso il giornoe all’interrogativa ellittica in clausola). La rima permette di indivi-duare una corrispondenza tematica in PP L’asino 17-22 «Non al-tro? No. Da non so qual pendice / veniva un canto di vendemmia-tore, / veniva un canto di vendemmiatrice: // veniva, or sì, or no,tra lo stridore / delle ruote. Sentii queste parole: / E m’hanno det-to ch’è morto l’amore . . . » (dove certo non sorprenderanno nèl’assonanza nè le iterazioni).

2. La sintassi elementare (nota soprattutto l’elegante ingenuitàdell’imperfetto) contrasta con la frantumazione del verso prece-dente.

4. I tre accenti principali poggiano tutti su -a-; frondeggiante,col precedente stornellatrice, individua una paradigma polisillabi-co in funzione contrastiva rispetto al generale bi- e trisillabismo.

5. sentia: anaforico rispetto al sentii, in identica sede metrica, alv. 1 (e questa corrispondenza permette l’integrazione totale, a livel-lo di codice, della desinenza -ia ambigua fra aulica e dialettale).

7. ma sì lontana: varia con eleganza Lontana sì del v. 5 (e si notil’equipollenza istituita fra il tecnico sì, che marca un frequentissi-mo tipo di correctio nel Pascoli, e il secondo sì consecutivo), nellostesso modo in cui quel dolce canto riprende quel lontano canto dal

111Letteratura italiana Einaudi

XI

LONTANA

Cantare, il giorno, ti sentii: felice?Cantavi; la tua voce era lontana:lontana come di stornellatriceper la campagna frondeggiante e piana.

5 Lontana sì, ma io sentia nel cuoreche quel lontano canto era d’amore:

ma sì lontana, che quel dolce canto,

Giovanni Pascoli - Myricae

v. 6: e si osservi per inciso che la doppia ripresa giustifica, a livellotipografico, la bipartizione della seconda quartina del rispetto.

8. cuore: praticamente una rima interna (cfr. v. 5).

112Letteratura italiana Einaudi

dentro, nel cuore, mi moriva in pianto.

1. al solleone: c’è il sole nel suo colmo, ed essi non lo possonovedere! L’incipit (cfr. la nota a M Notte I) appartiene al ben notoparadigma cui risale anche PP Digitale Purpurea I: il riscontro ec-cede il piano meramente stilematico, essendo soprattutto operantea livello di dimensione allegorica.

4. uno stornello: ovvio il collegamento con Lontana che prece-de.

113Letteratura italiana Einaudi

XII

I CIECHI

Siedono lungo il fosso, al solleone,fuor dello stormeggiante paesello.Passa un trotto via via tra il polverone,una pesta, un alterco, uno stornello:

5 e da terra una grave salmodiasi leva, una preghiera, al lor cospetto.- Il nostro pane - gemono via via:il nostro, il nostro: tu, Gesù, l’hai detto.

3. dormono: nella strofe l’apertura trocaica alterna regolarmentecon quella giambica.

4. Ma no: avversativa tecnica, qui rinforzata dalla negazione. so-spirare: per il quadrisillabo al terzo verso, prima della clausola, checonclude melodicamente una catena bi- e trisillabica, cfr. M Lonta-na 3-4 (sempre nell’ambito della poesia ‘popolare’). La giunturacon mare è topica in M: cfr. L’anello 18, Dalla spiaggia 16, La sirena7 e soprattutto Mare 5, che qui interessa anche per il metro (è unrispetto) e il v. 3 «Vedo stelle passare, onde passare» per il qualecfr. qui al v. 7.

7. Allude allo stato d’animo di M Lo stornello, e in particolarealla terzina finale, prossima anche a livello stilematico (cfr. la chiu-sa «e quegli canta, e il cuor piange e sospira»). Per l’impianto delverso, cfr. ad esempio PP Il torello 76.

114Letteratura italiana Einaudi

XVI

NOTTE DOLOROSA

Si muove il cielo, tacito e lontano:

la terra dorme, e non la vuol destare;dormono l’acque, i monti, le brughiere.Ma no, ché sente sospirare il mare,

5 gemere sente le capanne nere:v’è dentro un bimbo che non può dormire:piange; e le stelle passano pian piano.

115Letteratura italiana Einaudi

XVIII

LA BAIA TRANQUILLA

Getta l’ancora, amor mio:non un’onda in questa baia.Quale assiduo sciacquìofanno l’acque tra la ghiaia!

5 Vien dal lido solatìo,vien di là dalla giuncaia,lungo vien come un addio,un cantar di marinaia.

Tra le vetrici e gli ontani10 vedi un fiume luccicare;

uno stormo di gabbianinel turchino biancheggiare;e sul poggio, più lontani,i cipressi neri stare.

15 Mare ! mare!dolce là, dal poggio azzurro,il tuo urlo e il tuo sussurro.

1. Cfr. M Dialogo 24 «E tutto è bianco e tacito al mattino»; quilo sdrucciolo nella seconda sede del giambo di apertura apre unaserie cui appartengono i vv. 3, 4-5, 15, 20, 23, 28.

7-9. Per la rima (e per il tema) cfr. M L’assiuolo 13-6 e PI Rossi-ni III 70-2.

8. La pausa forte corrisponde perfettamente a quella che parti-sce il verso centrale della terzina precedente.

9. Cfr. PP Il focolare 25 «dicono tra un sospiro ed un singulto»(sono i morti raccolti attorno al focolare). 11-2. Cfr. M I due cugini22-3 «La senti da lunge / la fretta dei taciti piedi . . . ».

11. venisti: cfr. M Canzone d’aprile 3 «Venisti, o di lungi?».

116Letteratura italiana Einaudi

[22]

IL BACIO DEL MORTO

I

È tacito, è grigio il mattino;la terra ha un odore di funghi;di gocciole è pieno il giardino.

Immobili tra la leggiera5 caligine gli alberi: lunghi

lamenti di vaporïera.

I solchi ho nel cuore, i sussulti,d’un pianto sognato: parole,sospiri avanzati ai singulti:

10 un solco sul labbro, che duole.

II

Chi sei, che venisti, coi lieti

Giovanni Pascoli - Myricae

12. L’inarcatura all’inizio e l’opposizione tuoi . . . me trovanoesatta corrispondenza nei successivi vv. 14-5 per il viso / mio (inapertura della seconda terzina) e 16-7 dall’occhio tuo fiso // su me(a cavallo fra la seconda terzina e la terza).

14. Piangevi: ripresa anadiplotica in funzione di collegamentocon la terzina precedente, mentre le successive di questa strofe ri-sultano – come visto – legate da enjambement.

15. Cfr. PP La notte 1-2 «Nella notte scrosciò, venne dirotta / lapioggia, a striscie stridule infinite»: rispetto al passo che esaminia-mo, questo nel primo verso allinea le due parole-rime, il secondosviluppa nella geminazione di stri- il contenuto accenno di stille.

17. io sentii: anaforico rispetto al v. 14; la serie si chiude al v. 19con volli io, in cui l’inversione appare determinata dalla mise en re-lief.

18. a baciarmi: così, spesso, nel Pascoli per esprimere la finale.20. gravi: corrisponde all’anadiplosi del v. 14, qui però spostata

al centro del verso a causa dell’inarcatura concomitante. Indubbial’allusione alla canzone dantesca analizzata in MV IV (e basti ricor-dare qui «Chiuse gli occhi “vilmente gravati”»).

22. tuttora: rima virtuale: cfr. M I due cugini 24. mi sai?: verbotecnico, come in M Anniversario [I] 12 «mamma, e più non ti so».

117Letteratura italiana Einaudi

tuoi passi, da me nella notte?Non so; non ricordo: piangevi.

Piangevi: io sentii per il viso15 mio piangere fredde, dirotte,

le stille dall’occhio tuo fiso

su me: io sentii che accostavile labbra al mio labbro a baciarmi;e invano volli io levar gravi

20 le palpebre: gravi: due marmi.

III

Chi sei? donde vieni? presentetuttora? mi vedi? mi sai?

Giovanni Pascoli - Myricae

23. tacitamente: si noti l’elegante trattamento prosodico, che ac-centua anche il primo elemento dell’avverbio composto. Per lafunzione melodica del quadrisillabo al terzo verso, successivo auna serie generalmente bisillabica, cfr. M Notte dolorosa 4 nota.

26. ma forse: avversativa tecnica, anticipata dal precedente Cer-to.

27. come: riferito tanto a un’ombra quanto a io senta, secondoun’abile concentrazione brachilogica.

29. io senta: cfr. la nota al v. 17.

118Letteratura italiana Einaudi

e lacrimi tacitamente ?

Chi sei ? Trema ancora la porta.25 Certo eri di quelli che amai,

ma forse non so che sei morta. . .

Né so come un’ombra d’arcano,tra l’umida nebbia leggiera,io senta in quel lungo lontano

30 saluto di vaporiera.

3. Il lucherino (con fonetismo toscano per ‘lucarino’, ‘lugarino’)è un fringuello (Fringilla spinus) che passa l’inverno in Italia.

5. i tòcchi: berrettini tondi e senza tesa.9. ma: l’avversativa tecnica è ripetuta in ciascun elemento metri-

co, e nel terzo è addirittura iterata (cfr. vv. 17, 21, 25).14. negano: rima ipermetra; e assuona col cadevano del v. 16, in

chiusura di un novenario interno.

119Letteratura italiana Einaudi

[24]

I DUE CUGINI

I

Si amavano i bimbi cuginiPareva, un incontro di loro,l’ incontro di due lucherini:

volavano. Nell’ abbracciarsi5 i tòcchi cadevano, e l’oro

mescevano i riccioli sparsi.

Poi l’uno appassì come rosache in boccio appassisce nell’orto;ma l’altra la piccola sposa

10 rimase del piccolo morto.

II

Tu piccola sposa, crescesti:man mano intrecciavi i capelli,man mano allungavi le vesti.

Crescevi sott’occhi che negano

Giovanni Pascoli - Myricae

15-6. Corrispondono ai vv. 5-6 (di cui è analoga la collocazioneall’interno dell’elemento metrico) per la distribuzione degli sdruc-cioli. 16. il fiore già lega: sintagma assai frequente negli scritti dan-teschi: cfr. SV La selva oscura VI: «che il fiore c’è bensì, ma non le-ga, e cade senza dar frutto, come se mai non sia stato», ibid. VII:«La redenzione ha bensì liberato il volere umano; ma è come libe-ro non fosse: il fiore non lega e cade prima di divenir frutto» e:«Ma verrà, verrà, quando che sia (così Beatrice conclude), chi rad-drizzerà il genere umano, curando l’adolescenza, avviando per ladiritta via l’appetito dei mortali, sì che il fiore della volontà non sia,subito nella primavera, guasto dalle piogge, e cada senza legare. Laredenzione non sarà stata invano; il volere non invano sarà statofranco; “e vero frutto verrà dopo il fiore”: il bene dopo la libertà»,tutti a commento del pluricitato discorso di Beatrice in Par. XXVII142 sgg. La citazione di questo t’poj esegetico dichiara con evi-denza il rapporto che lega la piccola sposa, che è la benigna vo-lontà, e il piccolo morto, che è l’amore tuttora vano; e cfr. la con-clusione di CSD Prolusione al Paradiso IV: «Era fiorito in lei ilvolere ([Par. 27] ib. 124); ma non teneva le fronde e non legava ilfrutto della felicità, questa pianta che sol ora si rinnovella e di fron-de e di frutto dopo essere stata irrigata dall’acqua [si confrontinoqueste parole con l’interpretazione allegorica data ai vv. 25-6 dellapoesia] che l’uomo beve al fonte di buon volere! Sol ora l’amore siè liquato in benigna volontate (Par. 15, 1). Sol ora il seme, che è l’a-more, ha dato il fiore, che è il volere, donde viene il frutto, che è ilbene. L’anima invero è nell’Eden, donde vorrà (Inf. I, 121) salire alcielo. Chi la condusse sin qui al suo vero bene, non c’è più. L’ani-ma non ama soltanto; vuole». Abbiamo davanti con eccezionalechiarezza la dimensione politico-morale, cioè teleologica, dellapoesia: solo nell’Eden, al termine del cammino di purificazione, «ilseme, che è l’amore», ossia il piccolo morto che – non dimentichia-mo – ha conseppellito il proprio corpo in Cristo (cfr. MV XXXIV,dove si parla della «somiglianza nella morte e nella sepoltura o nelnascondimento sotterra come d’un seme»), fiorirà di ben altro chedi margherite e non-ti-scordare-di-me; solo nell’Eden l’amore si li-querà in benigna volontate, cioè il piccolo morto e la piccola sposaritorneranno una persona sola, e anzi l’uno sparirà nell’altra, chesarà perfezione di sapienza e amore.

18. senza perchè: possibile ricordo del dantesco «e lo ’mperché

120Letteratura italiana Einaudi

15 ancora; ed i petali snellicadevano: il fiore già lega.

Ma l’altro non crebbe. Dal mitesuo cuore, ora, senza perché,

Giovanni Pascoli - Myricae

non sanno» (Purg. III 84); ad ogni modo cfr. PP Digitale purpurea42 e Italy II 149, CC Il poeta solitario 30, PV All’Ida donandole vio-le e miosotidi campestri 6.

19. Due quadrisillabi di cui il primo sdrucciolo, come al v. 4.Per l’immagine cfr. C Iani Nemorini Silvula I 168 «seti rupto eliciatsol violas sinu».

20. O miosotidi (Myosotis palustris), che fioriscono da maggio asettembre: noti per la loro delicatezza e leggiadria, contrastano –coi loro numerosi fiorellini cerulei – coi colori degli altri fiori a fio-ritura contemporanea, come le margheritine bianche e rosse e leviole del pensiero. Nel Pascoli sono legati a una simbologia benprecisa: cfr. PP Italy II 203, PV All’Ida cit. 3, Di là . . . 14, Per InesC. (Nel giorno della prima comunione) 5-6.

21-2. La rima interna ami:chiami libera due cripto-senari quan-to a -unge, cfr. M Canzone d’aprile 1-3 nota.

24. tuttora: cfr. M Il bacio del morto 22, la cui nota illumina an-che l’impiego di ignora.

27. Egli: pronome-soggetto non più giustificato, come al v. 24,dall’antitesi.

121Letteratura italiana Einaudi

fioriscono le margherite

20 e i non ti scordare di me.

III

Ma tu . . . ma tu l’ami. Lo vedi,lo chiami. La senti da lungela fretta dei taciti piedi . . .

Tu l’ami, egli t’ama tuttora;25 ma egli col capo non giunge

al seno tuo nuovo, che ignora.

Egli esita: avanti la pura

Giovanni Pascoli - Myricae

28. nimbo: ‘aureola’; per la rima cfr. CC La nonna 16-8. Il lem-ma (che appartiene allo stesso paradigma rimatico di «bimbi»:«co-rimbi», per cui cfr. M Al fuoco 2-6) si trova già riferito a Ida in PVSera 8.

29. Discreta allusione al mito di Iti: cfr. Purg. IX 13-5 «Nell’orache comincia i tristi lai / la rondinella presso alla mattina, / forse amemoria de’ suo’ primi guai» e Petrarca Rime CCCLIII 2-2 «Vagoaugelletto che cantando vai, / over piangendo, il tuo tempo passa-to».

30. Non casuale, a livello simbolico, il riscontro con NP I filu-gelli in 27-8 «Sembrano ciechi che da soglia a soglia // vadano ten-tennando con la testa».

122Letteratura italiana Einaudi

tua fronte ricinta d’un nimbo,piangendo l’antica sventura

30 tentenna il suo capo di bimbo.

19. Discreta, concentratissima allusione a Verg. Ecl. I 82-3 «etiam summa procul villarum culmina fumant, / maioresque caduntaltis de montibus umbrae».

123Letteratura italiana Einaudi

[26]

TRAMONTI

I

LA SIRENA

La sera, fra il sussurrìo lentodell’acqua che succhia la rena,dal mare nebbioso un lamentosi leva: il tuo canto, o Sirena.

5 E sembra che salga, che salga,poi rompa in un gemito grave.E l’onda sospira tra l’alga,e passa una larva di nave:

un’ombra di nave che sfuma10 nel grigio, ove muore quel grido;

che porta con sé, nella bruma,dei cuori che tornano al lido:

al lido che fugge, che scesegià nella caligine, via;

15 che porta via tutto, le chieseche suonano l’avemaria,

le case che su per la balzanel grigio traspaiono appena,e l’ombra del fumo che s’alza

Giovanni Pascoli - Myricae

20. forse: geniale incidenza sintattica, probabilmente sul model-lo del francese. Per l’impianto del verso cfr. CC La mia sera 27-8«La fame del povero giorno / prolunga la garrula cena».

124Letteratura italiana Einaudi

20 tra forse il brusìo della cena.

2. Cfr. M Arano 10 «il suo sottil tintinno come d’oro», riferitoappunto al pettirosso.

3. col gelsomino: ovvio il rinvio a M Romagna 30.4. gaggìa: o robinia (Robinia Pseudacacia).5-6. L’opposizione fra ottobre e marzo, parallela alla successiva

fra alba e tramonto, esprime una scelta stilistica e tonale ben preci-sa in favore dell’ora e vespertina e autunnale, come quella che èmeglio proclive alla pia ombra [...] // di ricordi: alla primavera è da-to spazio solo per sussulti tipo M Canzone d’aprile.

125Letteratura italiana Einaudi

[28]

ALBERI E FIORI

II

NEL GIARDINO

Nel mio giardino, là nel canto oscurodove ora il pettirosso tintinnìacol gelsomino rampicante al muro,

c’è la gaggìa;

5 e or che ottobre dentro la vermigliaforesta il marzo rende morto al suolo,e sembra marzo, come rassomiglia

bacca a bocciuolo,

alba a tramonto; nelle tenui trine10 l’una si stringe, al roseo vespro, quando

l’altro i suoi fiori, candide stelline,apre, alitando;

ed al sospiro dell’avemaria,quando nel bosco dalle cime nude

Giovanni Pascoli - Myricae

15-6. Cfr. M Il maniero 11 nota.18. Cfr. CC L’ora di Barga 33-4.19-20. fior di / spina: prima attestazione di una divisio frequen-

tatissima: cfr. PP Digitale purpurea 15-6 «“[. . .] fior di . . . ?” //“morte [. . .]”», L’eremita 34-5 «a fior di / grandi acque», LR (p.36) Nelle nozze di Ida V 3-4 = 7-8 «Fior di / passione!», tutte in ri-ma con «ricordi». A monte c’è un’eco «del famoso passo ariostescoin cui il morente Brandimarte non riesce ad articolare intero il no-me dell’amata (“ — Né men ti raccomando la mia Fiordi . . . – Madir non poté ‘ligi’; e qui finìo”)» (Contini).

126Letteratura italiana Einaudi

15 il dì s’esala, il cuore in una piaombra si chiude;

e l’anima in quell’ombra di ricordiapre corolle che imbocciar non vide;e l’ombra di fior d’angelo e di fior di

20 spina sorride.

1. Certo: presuppone un omerico dø o atßr. chiomata: hapaxnelle Myricae, e più adatto alla lingua dei Conviviali.

4. Cfr. M Canzone di nozze 5-8 «Dolce dormire con nel sogno ilcanto / dell’usignuolo! [. . .] / Dolce avere accanto / chi vi rispon-da». 5-7 La coppia di parole-rime è attestata altrove soltanto in PIPaulo Ucello IX 8-10, seguendo una parabola propria a una partedel materiale lessicale esperito nelle poesie giovanili.

6. Per la clausola cfr. PV Patuit dea 26 «respiraron con fremitosonoro», oltre a M Campane a sera 42 nota.

9. appelli: probabile francesismo (cfr. appeau ‘richiamo’), discre-tamente rincalzato dalla successiva rima in -iere.

11-2. Cfr. M Galline 9-10.

127Letteratura italiana Einaudi

III

NEL PARCO

a Mario Racah

Certo il signore, e la chiomata moglie,partì pe’ campi, ché già il tordo zirla:muto, tra un’ampia musica di foglie

(dolce sentirla

5 d’autunno, a tarda notte, se il libecciosoffia con lunghi fremiti sonori),muto è il palazzo. S’ode un cicaleccio

di tra gli allori ;

un cicaleccio donde acuti appelli10 s’alzano come strilli di piviere:

il gatto è fuori: ruzzano i monellidel giardiniere.

Torvo, aggrondato, il candido palazzoformicolare a’ piedi suoi li mira;

Giovanni Pascoli - Myricae

16. ira: controcanto a PV Astolfo 121 («izza» (cfr. la contigua ri-ma in -azzo).

19. a prova: prima attestazione di questo frequente leopardismo(cfr. La quiete dopo la tempesta 13).

128Letteratura italiana Einaudi

15 e sì n’echeggia un cupo, a quel rombazzo,battito d’ira;

ma non s’adira il giovinetto alloro,il leccio, il pioppo tremulo ed il lentosalice: a prova corrono con loro;

20 cantano al vento.

1. Dittamo: cfr. Gianandrea, p. 115 n. 80: «Fiore de dittamo; /Sî stato ’l primo Amore, e sarai l’ultimo, / E questo se può direamor legittimo».

1-3. È una coppia rimatica robustamente connotata: torna nellanotte di PP Suor Virginia 24-8 ma anche in M Canzone di nozze 1-4«Guardi la vostra casa sopra un rivo, / sopra le stipe, sopra le gine-stre; / ed entri l’eco d’un gorgheggio estivo / dalle finestre» (cfr.anche l’ammonimento di PV Il sabato delle fanciulle, inserita po-steriormente alla 2a edizione: «Questo è il sabato di Maria. // Lefanciulle fanno i fioretti: / questa non guarda sulla via, / quella sipriva dei confetti. / Bionde vergini, santo sia / questo sabato diMaria. // Non guardate dalla finestra; / non toccate la bomboniera;/ ma spargete fior di ginestra, / mormorate qualche preghiera. /Questo è il sabato di Maria»). Il fiore leopardiano è dunque segna-le di purezza interiore e di pietà religiosa; e come tale legato a pro-fumi e ricordi dell’infanzia (cfr. M Campane a sera 33-6 «Vaga lostuolo delle rosee bocche / pe’ clivi, e sparge nella via maestra /messe di fiordalisi e l’auree ciocche / della ginestra», In chiesa 12-4«Il rombo delle pie laudi nell’aria / palpita ancora; un lieve odord’incenso / sperdesi tra le mente e le ginestre»); né sorprenderà ri-trovarlo in PI Paulo Ucello IV 10-5, in un bilancio di memorie re-datto sull’occaso della vita con una tecnica che ricorda quella di reEnzio: «E non disse, com’era uso, il saluto / dell’angelo. Saliva allafinestra / un suono di vivuola e di leuto. // Chiara la sera, l’aria erasilvestra: / regamo e persa uliva sui balconi, / e giuncava le vie fiordi ginestra» (dove il sintagma clausulare suggerisce un’opposizioneimplicita rispetto ai vari fior di spina, fior di passione, fior di . . .morte).

129Letteratura italiana Einaudi

VI

IL DITTAMO

Dittamo nato all’umile finestra,donde pel Corpusdomini sorrisialla soave tra fior di ginestra

e fiordalisi

Giovanni Pascoli - Myricae

14. degli aerei monti: cumula le due clausole di M Carrettiere 1-3 «dai neri monti» e «sopra aerei ponti»; e si tenga presente l’im-plicazione allegorica: è all’esercizio mistico della contemplazioneche il poeta chiede il balsamo per le proprie ferite.

17-9. Per la coppia rimatica, che non casualmente fa seguito allamenzione della romita / culla dei fonti, cfr. CC La fonte di Castel-vecchio 25-8 «Oh! la mia vita di solinga polla / nel taciturno colledelle capre! / udir soltanto foglia che si crolla, / cardo che s’apre»;quanto a pendono, è un celebre virgilianismo.

130Letteratura italiana Einaudi

5 processïone; io so di te, che immensavirtù possiedi ne’ chiomanti capi,cespo lanoso ed olezzante, mensa

ricca dell’api.

Te, con la freccia tremolante al dosso,10 cerca nei monti il daino selvaggio,

farmaco certo - di lui segue un rossorigo il vïaggio -

Dittamo blando per la mia ferital’avete, o balze degli aerei monti,

15 dove nell’alto piange la romitaculla dei fonti ?

Bianche ai dirupi pendono le capre;l’aquila passa nera e solitaria;sibila l’erba inaridita; s’apre,

20 sotto il piè, l’aria.

1-4. L’incipit è una lontana eco del leopardiano Sabato del villag-gio, ma per i vv. 3-4 cfr. Lyra (p. 206) Hor. Carm. I IX 3-4 «geluque/ Flumina constiterint acuto» (e il cappello: «È la stagione in cuil’uomo sente più la sua potenza sopra la natura nemica: egli ha ilfuoco contro il freddo, il vino contro la tristezza, l’amore contro lamorte»).

9-12. Cfr. PP La bollitura 11-6 «e v’è col bianco odore / della te-la l’odor delle viole. // Ma s’imbevono d’acqua, ora, per ore, / tie-pida prima, e quindi a poco a poco / più calda, e quindi tolta viacol fiore // nel paiolo che brontola sul fuoco»: e per l’opera di pu-rificazione interiore, simboleggiata dalla lavatura del bucato, cfr.già M Lavandare.

131Letteratura italiana Einaudi

VIII

VIOLE D’INVERNO

- D’onde, o vecchina, queste vïoletteserene come un lontanar di montinel puro occaso ? Poi che il gelo ha strette

tutte le fonti ;

5 il gelo brucia dalle stelle, o nonna,ogni foglia, ogni radica, ogni zolla -- Tiepida, sappi, lungo la Corsonna

geme una polla.

Là noi sciacquiamo il candido bucato10 nell’onda calda in mezzo a nevi e brine;

e il poggio è pieno di vïole, e il pratodi pratelline -

Ah! . . . ma, poeta, non ancor nel piotuo cuore è l’onda che discioglie il gelo ?

15 non è la polla, calda nell’obliofreddo del cielo?

Giovanni Pascoli - Myricae

132Letteratura italiana Einaudi

Ché sempre, se ti agghiaccia la sventura,se l’odio altrui ti spoglia e ti desola,spunta, al tepor dell’anima tua pura,

20 qualche vïola.

1. Cfr., per l’incipit, M Novembre 1 «Gemmea l’aria, il sole cosìchiaro».

2-4. Allitterazione continuata in s-, sf-.6. bianca: cfr. M Vagito 1 «Mammina . . . bianca sopra il letto

bianco». 7. la famigliuola: cfr. M Ti chiama 8 «bruchi la sussurrante fami-

gliola» e soprattutto CC Il nido di «farlotti» 69-72 «E come, o ma-dre, quella parola / ti si confisse tanto nel petto, / che assomigliavala famigliuola / tua nuda a quella d’un uccelletto?»; la clausola tor-na anche in FF Pierino 78 (p. 86).

8. blando: in senso etimologico, cfr. M Il dittamo 13-4 «Dittamoblando per la mia ferita / l’avete, o balze degli aerei monti».

9. Giovanni: ancora in rima in PV A Maria che l’accompagnò al-la stazione 1-2 «Non sono io forse il piccolo Giovanni / che suamamma accompagna alla stazione?».

133Letteratura italiana Einaudi

[29]

COLLOQUIO

I

Brulli i pioppi nell’aria di vïolasorgono sopra i lecci, sfavillandocome oro: sopra il tetto della scuolasi sfrangia un orlo a fiocchi rosei; quando,

5 lieve come un sospiro, entra; poi sola,bianca, le mani al cuore, ristà, ansando;gira gli occhi - dov’è la famigliuola? -e ha sui labbri il suo sorriso blando;

ma piange. Oh: sì: son quello: il tuo Giovanni...10 un po’ mutato. O madre seppellita,

che gli altri lasci, oggi, per me; parliamo.

Io devo dirti cosa da molti annichiusa dentro. E non piangere. La vita

Giovanni Pascoli - Myricae

15. mesto: certo estrapolato dal sintagma fisso «la madre me-sta».

19. oh!: iterato dal v. 9 nella stessa sede. 20. Per la scomposizione dell’avverbio in rima cfr. M La via fer-

rata 1-2 «Tra gli argini su cui mucche tranquilla- / mente pascono». 23. cfr. CC La cavalla storna 34 «al dolce viso di mia madre in

pianto» e, per l’impiego del dimostrativo, M Il giorno dei morti 190«Li culla e piange con quelli occhi suoi». L’iterazione quelli . . .quella stabilisce coi precedenti questa . . . questo (cfr. vv. 16-7) unrapporto oppositivo che ha il suo archetipo, in ultima analisi, inL’infinito leopardiano.

24. L’allitterazione in labiale, che imita il balbettio infantile, tro-va una non casuale corrispondenza coi precedenti vv. 10-1.

25. pia: epiteto ad altissimo indice di ricorrenza nel lessico pa-scoliano; il riscontro più immediato è con M Ida e Maria 19-20 «te-li, onde grevi e a voi lasciò la pia / madre i forzieri», ma cfr. anche– per il riferimento alla Vergine – M Le monache di Sogliano 17-8 ePC La buona novella I 83.

134Letteratura italiana Einaudi

che tu mi desti - o madre, tu ! - non l’amo.

II

15 Non piangere. È uno sforzo così mestoviverla senza te questa tua vita!ad ogni gioia è tanto dolor questosubito ricordar te, seppellita!

Dai sogni, oh! brevi, della gioia desto20 io mi ritrovo a piangere infinita-

mente con te: morire! così presto!partire, o madre, come sei partita!

Tu non dovevi. Con quelli occhi in pianto!con quella bimba che parlava appena!

25 Dovevi, o madre pia, dirlo a Dio padre,

Giovanni Pascoli - Myricae

28. ci: impiego della particella ambiguo fra il dialettale e l’aspet-tuale, proprio quest’ultimo all’italiano antico.

30. odorato: stilema leopardiano, all’altezza di M impiegatosempre in senso letterale (cfr. Il lauro 4 «un odorato e lucido ver-ziere», Festa lontana 10 «Mamma li stringe all’odorato seno», O re-ginella 6 «è il cassone odorato di lavanda», La vite e il cavolo 12-3«che d’esso / trova odorato il tiepido abituro»), il che la dice lungasul significato tecnico che è qui sotteso.

32. ornello: è il Fraxinus ornus o ‘frassinello’.33. amello: è l’Aster amellus a capolini azzurro-violacei o quasi

bianchi.36. cancello: frequente simbolo pascoliano a indicare la barriera,

sottile e (im)pervia, che ci separa dai morti: cfr. CC Il nido di «far-lotti» 9-12 e Casa mia I, 76, ma anche Fanciullo mendico 17 e FFPierino (pp. 84 sgg.).

135Letteratura italiana Einaudi

che non potevi; e ti lasciasse; e in tantote la guarisse Dio quella tua venache ci si ruppe nel tuo cuore, o madre!

III

Non piangere. . . Sarebbe così bello30 questo mondo odorato di mistero!

sarebbe la tua via come un sentierocon l’erba intatta, all’ombra dell’ornello.

E nuova tu saresti anche all’amello,anche al frullo d’un passero ciarliero!

35 Ma rasentando il muto cimitero,ti fermeresti pallida al cancello . . .

E io direi del sonno delle larveche sognano ali, e delle siepi tetrech’hanno nel sonno grappoli di fiori.

Giovanni Pascoli - Myricae

42. sicomori: specie di fichi egizi, che il Pascoli collega costante-mente – come i cipressi – all’idea di morte: in OI Convito d’ombre8, 24 ombreggiano le tombe, in PI Rossini III 34-5 l’albero conno-ta un’apparizione spettrale («Ella sedeva in riva / d’un ruscel fre-sco, presso un sicomoro»).

44 dolce: ancora un epiteto fisso di madre.45. Ma se lo so: sviluppa l’avversativa tecnica in chiave di bal-

bettio allitterato e monosillabico (cfr. le aperture dei vv. 43, 51, 57).47. che ti lasciasse: formula iterata dal v. 26.49. Ircocervo, anche nel Pascoli abbastanza inusitato, di discor-

so riferito e discorso diretto; e si noti l’ambiguità di t’avrei qui, ilcui soggetto – a rigore – può essere ancora la madre.

55. Iterato dal v. 26, di cui ripete anche la rima: è il secondo col-legamento esplicito (cfr. la nota al v. 47) fra il quarto elemento me-trico e il secondo, ciò che contribuisce a sancire anche a livellostrutturale l’isolamento del terzo.

136Letteratura italiana Einaudi

40 Pianger ti lascierei di ciò che sparve;indi sorrideremmo anche alle pietrebianche, là, tra cipressi e sicomori.

IV

Ma . . . ma tu piangi come non ti vidipiangere mai, nel dolce viso attento.

45 Ma se lo so, con che dolce lamentochiedevi al cielo e con che fiochi gridiche ti lasciasse! Quali madri i nidilasciano soli pigolare al vento ?S’era per mamma, t’avrei qui; lo sento:

50 viva; lo so: perdonami; sorridi.

Ma se lo so: fioccava senza fine;e tu, tra i ceri, con la morte accanto,sentendo gli urli della tramontana,parlavi, ancora, delle due bambine

55 cui non potevi, non potevi, in tanto,cucire i piccoli abiti di lana.

Giovanni Pascoli - Myricae

56. cfr. PC Alexandros 51-3 «In tanto nell’Epiro aspra e monta-na / filano le sue vergini sorelle / pel dolce Assente la milesia lana»,ma anche M Il giorno dei morti (è ancora la madre che parla) 196-8: in ambedue i luoghi la situazione è rovesciata, a ovviamente si-gnificare che il ruolo della madre è stato surrogato dalle sorelle.

59. cantò: apre una serie allitterante che si continua fino al v. 62.62. Per la clausola cfr. PV All’Ida assente (Frammento) I «Nella

mia casa placida e canora».64. ciclame: è il Cyclamen repandum, di fioritura primaverile.

ulivella: cfr. M Con gli angioli 1 nota.66. cedrina: nome toscano della limoncina o erba luisa.68. questo: cfr. v. 30 e quanto osservato in nota al v. 23.69. oggi: incidente, e anaforico col verso successivo, è ripreso

dal v. 11, ed ogni volta a implicitamente significare che solo nel-l’occasione eccezionale del proprio genetliaco la madre arriva dalsuo mondo di morti per parlare, Ida torna dalla sua nuova casa persfaccendare, Maria – per conseguenza – è libera di pregare.

137Letteratura italiana Einaudi

V

Ma sì: la vita mia (non piangere!) oranon è poi tanto sola e tanto nera:cantò la cingallegra in su l’aurora,

60 cantava a mezzodì la capinera.

I canarini cantano la seraper la mia cena piccola e canora:poi nell’orto vedessi a primaveracome il ciclame e l’ulivella odora!

65 I gerani vedrai, messi al copertodal gelo: qualche foglia ha la cedrina,ricordi ? l’erba che piaceva a te . . .

Sorridi? a questo sbatter d’usci ? È certoIda tua che sfaccenda, oggi, in cucina.

70 E Maria? Maria prega, oggi, per me.

1. Siede: per l’incipit cfr. la nota a M Notte.3-4. Cfr. M Sera d’ottobre 6 nota.15. di tromba: cfr. cc Notte d’inverno 17 «risuona una querula

tromba», PV Elegie II 13-6 «Dell’orrida torma dei venti / la pestapel cielo rimbomba: / si spargono a mare tritoni fuggenti / con ulu-li lunghi con suoni di tromba»; ma l’associazione con le gru risalealle due ultime strofe di PV Astolfo. La coppia rimaticatomba:tromba si grammaticalizza poi nello stile innodico: oltre adOI Andrée 55-7, cfr. OI Manlio 1-4 «S’è udito un singulto a Capre-ra. / Tra i turbini è sola la tomba. / Ma nella notturna bufera / si le-vano squilli di tromba», A Verdi 67-72 «Morto chi suscita i morti, /con un clangor di metallo, / dai silenzi della tomba? . . . / Egli sulbianco cavallo / corse via con la sua tromba: / non è qui».

138Letteratura italiana Einaudi

[30]

IN CAMMINO

Siede sopra una pietra del cammino,a notte fonda, nel nebbioso piano:e tra la nebbia sente il pellegrinole foglie secche stridere pian piano:

5 il cielo geme, immobile, lontano,e l’uomo pensa: Non sorgerò più.

Pensa: un occhiata quale passeggero,vana, ha gettata a passeggero in via,è la sua vita, e impresse nel pensiero

10 l’orma che lascia il sogno che s’oblia;un’orma lieve, che non sa se siaspento dolore o gioia che non fu.

Ed ecco - quasi sopra la sua tombasiede, tra l’invisibile caduta -

15 passa uno squillo tremulo di trombache tra la nebbia, nel passar, saluta;squillo che viene d’oltre l’ombra muta,d’oltre la nebbia: di più su: più su,

Giovanni Pascoli - Myricae

23. di fanfare: cfr. PP Italy II 28, PI Rossini I 49.24. di gru: cfr. CC La partenza del boscaiolo 14, Addio! 6.

139Letteratura italiana Einaudi

dove serene brillano le stelle20 sul mar di nebbia, sul fumoso mare

in cui t’allunghi in pallide fiammelletu, lento Carro, e tu, Stella polare,passano squilli come di fanfare,passa un nero triangolo di gru.

25 Tra le serene costellazïonivanno e la nebbia delle lande strane;vanno incessanti a tiepidi valloni,a verdi oasi, ad isole lontane,a dilagate cerule fiumane,

30 vanno al misterïoso Timbuctù.

Sono passate . . . Ma la testa alzavadalla sua pietra intento il pellegrinoa quella voce, e tra la nebbia cavariprese il suo bordone e il suo destino:

35 tranquillamente seguitò il camminodietro lo squillo che vanìa laggiù.