225
Nabis Alcuni giovani pittori, attorno al 1888, si diedero il nome di «Nabis» (dall’ebraico: profeti). I N rappresentano nella storia della pittura un gruppo di personalità distinte, più che un autentico programma estetico comune. Una certa somiglianza di tono e di stile accosta, dal 1889 e per circa un decennio, pittori tra loro diversi come Vallotton e Bonnard, Ker Xavier Roussel e Maurice Denis, Maillol e Lacombe, o Vuillard, Verkade e Sérusier. In quest’ultimo, e attraverso lui in Gauguin ed Emile Bernard, vanno ri- cercate le origini del gruppo. Sérusier, «allievo-economo» all’Académie Julian, incontrò a Pont-Aven Gauguin nel settembre 1888; nell’estate precedente il futuro pittore dei tropici, stimolato dalla presenza del giovane Emile Bernard, aveva elaborato le sue teorie del momento: il cloisonnisme e il sintetismo. Il temperamento insieme spiritualista e didattico di Sérusier ne fece un adepto en- tusiasta e un eccellente propagandista delle tesi di Gau- guin: dipinse nel bosco di Amour a Pont-Aven, sotto la direzione di Gauguin, quanto chiamerà il Talismano, un fondo di scatola di sigari coperto di zone di colore puro e piatto. Tornato all’Académie Julian il mese successivo, «convertì» i giovani allievi Bonnard, Denis, Ibels e Ran- son, che inserirono nel gruppo alcuni loro amici dell’Ecole des Beaux-Arts, Roussel e Vuillard; poi, nel 1891, l’olandese Verkade e il danese Ballin. Nel 1892 vi si ag- giunsero Lacombe, l’ungherese Rippl-Ronai, Maillol e lo svizzero Vallotton. Sin dall’inizio è evidente il carattere iniziatico e sacro dell’estetica dei N. Il simbolismo, nella sua fase spirituali- sta, era terreno comune dei giovani dell’Académie Julian, quando non partecipassero al gruppo Rosacroce. Ma con al- N Storia dell’arte Einaudi

N - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Embed Size (px)

DESCRIPTION

N - Tutti i Pittori dalla A alla Z

Citation preview

NabisAlcuni giovani pittori, attorno al 1888, si diedero il nomedi «Nabis» (dall’ebraico: profeti). I N rappresentano nellastoria della pittura un gruppo di personalità distinte, piùche un autentico programma estetico comune. Una certasomiglianza di tono e di stile accosta, dal 1889 e per circaun decennio, pittori tra loro diversi come Vallotton eBonnard, Ker Xavier Roussel e Maurice Denis, Maillol eLacombe, o Vuillard, Verkade e Sérusier. In quest’ultimo,e attraverso lui in Gauguin ed Emile Bernard, vanno ri-cercate le origini del gruppo. Sérusier, «allievo-economo»all’Académie Julian, incontrò a Pont-Aven Gauguin nelsettembre 1888; nell’estate precedente il futuro pittoredei tropici, stimolato dalla presenza del giovane EmileBernard, aveva elaborato le sue teorie del momento: ilcloisonnisme e il sintetismo. Il temperamento insiemespiritualista e didattico di Sérusier ne fece un adepto en-tusiasta e un eccellente propagandista delle tesi di Gau-guin: dipinse nel bosco di Amour a Pont-Aven, sotto ladirezione di Gauguin, quanto chiamerà il Talismano, unfondo di scatola di sigari coperto di zone di colore puro epiatto. Tornato all’Académie Julian il mese successivo,«convertì» i giovani allievi Bonnard, Denis, Ibels e Ran-son, che inserirono nel gruppo alcuni loro amici dell’Ecoledes Beaux-Arts, Roussel e Vuillard; poi, nel 1891,l’olandese Verkade e il danese Ballin. Nel 1892 vi si ag-giunsero Lacombe, l’ungherese Rippl-Ronai, Maillol e losvizzero Vallotton. Sin dall’inizio è evidente il carattere iniziatico e sacrodell’estetica dei N. Il simbolismo, nella sua fase spirituali-sta, era terreno comune dei giovani dell’Académie Julian,quando non partecipassero al gruppo Rosacroce. Ma con al-

N

Storia dell’arte Einaudi

trettanta serietà che umorismo essi si chiamarono «nabîm»,nome trovato dal loro compagno Cazalis, e si ritennero unaconfraternita decisa a ritrovare le fonti pure dell’arte, dopole effusioni dell’impressionismo, che giudicavano troppo le-gate al dato sensibile e dunque superficiali. Sérusier fu ilcatalizzatore del momento, e il critico simbolista AlbertAurier ne fu uno dei primi difensori; Maurice Denis, però,ne fu il teorico, in un articolo chiaro e brillante, scritto adappena vent’anni: Définition du néo-traditionnisme («Art etcritique», 1890), ove compare la famosa formula secondocui il quadro, «prima d’essere un cavallo da battaglia, unadonna nuda o un aneddoto qualsiasi, è essenzialmente unasuperficie piana ricoperta di colori messi insieme secondoun certo ordine». Per Maurice Denis, come per i suoi com-pagni, la pittura dev’essere un’interpretazione della natura«per scelta e per sintesi», in uno spirito analogo a quellodei preraffaelliti, benché meno letterale per quanto attieneil passato: «Confesso che le predelle dell’Angelico al Lou-vre, l’Uomo in rosso del Ghirlandaio e alcune altre opere diprimitivi mi ricordano la natura con maggior precisione diGiorgione, Raffaello, Leonardo». Per i N la scienza delmodellato e la prospettiva quali vengono insegnate dal Cin-quecento italiano in poi guastano ciò che essi mirano a ri-trovare: «la salvezza della sensazione primitiva», ovel’emozione sincera si traduce con l’arabesco in piatto, colcolore puro, con le armonie ritmiche; Denis cita le lorofonti: «le vetrate medievali, le stampe giapponesi, la pitturaegizia». Tra i contemporanei, i giovani pittori si volgono aPuvis de Chavannes, Gauguin e Anquetin. Cercano, par-tendo dai soggetti più umili, «icone moderne», poiché«l’arte è la santificazione della natura, di quella natura ditutti coloro che si accontentano di vivere». Su tali basi co-muni, le opere dei N sono assai diverse. In artisti comeRanson o Maurice Denis, il colore puro e gli arabeschi de-corativi sostengono un’iconografia letteraria e simbolista(Denis, Soir Trinitaire, 1890: Louveciennes, coll. priv.), anzipenetrata di religiosità (il Mistero cattolico, 1890: coll.Denis). La semplificazione linguistica si nutre in Vallottondi un’osservazione feroce (Bagno una sera d’estate, 1892:Zurigo, kh), in Bonnard e Vuillard di grazia intimista e dihumor. Bonnard, soprannominato dagli amici «nabi moltoalla giapponese», riprende infatti dalle stampe giapponesigli arabeschi colorati, il tratto abbreviato e il gusto dellacalligrafia integrata alla composizione: la Signorina dei

:coni-

Storia dell’arte Einaudi

gli (1891: New York, coll. Rubin) o Scene di famiglia (lito-grafia, 1892). Rispondendo alle esigenze di Aurier, per ilquale «la vera pittura è la pittura decorativa» («Mercure deFrance», marzo 1890), Vuillard apporta al linguaggio N lesue decorazioni più sorprendenti: si tratti dei sei pannellieseguiti per Paul Desmarais nel 1892, o delle otto grandiscene nei giardini pubblici ordinate da Alexandre Natansonnel 1894, cinque delle quali sono oggi conservate al Louvredi Parigi (mam). I N partecipano infatti a quel movimentogenerale europeo della fine del xix sec. che tenta, elaboran-do un’arte nuova, di abbattere la barriera che separa l’artedecorativa dalla pittura di cavalletto. S’interessano partico-larmente della stampa e del manifesto (Bonnard, manifestiper «France Champagne», 1891, per la «Revue blanche»,1894; Vuillard, litografia la «Bécane», 1894); con disegni ecaricature collaborano a numerosi giornali (in particolareBonnard, Ibels e Vallotton) ed illustrano numerosi volumi:Maurice Denis Le Voyage d’Urien di André Gide (1893);Vallotton La Maîtresse di Jules Renard (1896) e Le livre desmasques di Rémy de Gourmont (1897); Bonnard Parallèle-ment di Verlaine (1900). Ranson e Maillol fanno eseguirearazzi su propri cartoni, e Vuillard appronta persino pro-getti di vetrate. I N partecipano anche al mondo teatrale edisegnano numerosi manifesti e programmi per il teatrod’Arte di Paul Fort, e soprattutto per il Théâtre del’Œuvre di Lugné-Poe. Espongono regolarmente in gruppoagli Indépendants, presso Le Barc de Bouteville in rue LePelletier, tredici volte tra il 1891 e il 1896; poi presso Am-broise Vollard. Le loro personali si svolgono invece pressogli amici della «Revue blanche», di cui sono i pittori prefe-riti.D’altra parte lo scioglimento della rivista nel 1903 coinci-de con la dispersione del gruppo, o piuttosto – poiché gliex N resteranno legati fra loro per tutta la vita – col mo-mento in cui, passati i trent’anni, ciascuno di loro segueuna propria strada, che fa emergere le particolarità e le di-vergenze rispettive: «Era finito un periodo della storiadella pittura, che essi segnarono della loro impronta e col-marono della loro eleganza» (Antoine Terrasse). (fc).

Nachi (Cascata del Monte)Dipinto giapponese anonimo (kakemono a colori ed oro suseta della fine del xiii sec.: Tokio, Museo Nezu) rappre-sentante un paesaggio naturale non idealizzato, intera-

Storia dell’arte Einaudi

mente dominato dall’immagine imponente della celebrecascata che piomba verticalmente dall’alto di una rocciascoscesa e coronata di alberi, dietro i quali appare il sole.Un tetto di tempio, o meglio di padiglione per la contem-plazione, visibile in primo piano, è l’unico riferimento aduna presenza umana in quest’opera ispirata dallo shintoi-smo sincretico. Oltre all’impianto grandioso, che basta afarne un capolavoro, questo dipinto si riferisce infattitanto all’adorazione di una divinità naturale shintoista,quanto al culto buddista di Amida, qui simboleggiato dalSole, di cui si suggerisce la mistica unione col genio dellacascata. Per tale motivo la N viene talvolta assimilata auna pittura mandara. (ol).

Nacht-Samborski, Artur(Cracovia 1898 – Varsavia 1974). Pittore polacco, dal 1918al 1921 compì gli studi presso l’Accademia di belle arti diCracovia, seguendo l’insegnamento di W. Weiss. Dal 1923effettuò viaggi a Berlino e Vienna. Membro del gruppo dei«kapisti» (Kapismo), tra il 1924 e il 1939 soggiornò piùvolte a Parigi e prese parte a tutte le attività dei suoi colle-ghi. Insegnò presso la Scuola nazionale di arti plastiche diSopot dal 1946 al 1949, e all’Accademia di belle arti diVarsavia dal 1949 al 1969. La sua pittura, calma e concen-trata, tende alla decorazione mentale ed associa un sensopoetico del colore alla sintesi formale. La XXIX Biennaledi Venezia gli ha dedicato una personale nel 1959. Sueopere sono conservate nei musei di Danzica, Varsavia, Cra-covia, Poznaƒ, e in collezioni private. (wj).

Nadar (Félix Tournachon), detto(Parigi 1820-1910). Cominciò ad esercitare il giornalismosin dai diciassette anni a Lione, poi a Parigi. Collaborò anumerosi giornali, tra cui «Le Charivari» e l’«Eclair», dive-nendo noto soprattutto per il suo brio d’umorista e le suecaricature; così, verso il 1851, intraprese il celebre PanthéonNadar, serie di ritratti velatamente caricaturali, tra i quali iletterati, gli artisti, i dotti e gli uomini politici francesicontemporanei ambivano comparire. Egli stesso disse che ilsuo Panthéon lo aveva indotto a dedicarsi al ritratto fotogra-fico, attorno al 1853-54. Nel giro di qualche anno, utiliz-zando un procedimento di recente scoperta, l’istantanea, sirivelò uno dei massimi fotografi di tutti i tempi. La sua

Storia dell’arte Einaudi

competenza tecnica (ottenne numerosi brevetti di perfezio-namento, e la sua carriera è scandita da ricompense ufficia-li), ma ancor più la conoscenza intima dei suoi modelli gliconsentirono di cogliere ritratti famosi di Baudelaire, VictorHugo, Delacroix, Lamartine. Dal 1863 fu colto da una verae propria passione, che lo rovinò, per l’areonautica; si feceonore a bordo del suo aerostato, il Gigante, e, durante l’asse-dio di Parigi nel 1870, utilizzò i palloni per la difesa dellacapitale. Dotato di senso innato della pubblicità, e introdot-to in tutti gli ambienti, fu pure legato al movimento impres-sionista: frequentava il gruppo del caffè Guerbois, e laprima mostra impressionista ebbe luogo nel suo studio, al n.35 del boulevard des Capucines (1874). (ad).

Nadir, Afonso(Chaves 1920). Pittore e architetto portoghese, collabora-tore a Parigi di Le Corbusier (1946-1948) e di Niemeyerin Brasile (1952-54), in pittura ha praticato un astratti-smo geometrico sensibile, guidato da un senso quasi misti-co dell’unità della forma (Panama, 1974: coll. priv.). Haesposto a Parigi (1959-70) e pubblicato Les Mécanismes dela création artistique (Losanna 1970). Sue opere figurano aLisbona (Fondazione Gulbenkian) e in varie collezioniprivate portoghesi. (jaf).

Naganobu(nome proprio Kanÿ; nome d’arte Kyhaku; 1577-1654).Pittore giapponese, fratello minore del grande Eitoku, Nfu l’unico artista importante della scuola dei Kanÿ delxvii sec., grazie alla disinvoltura con cui seppe adattare lapropria tradizione formale, dal disegno acuto e preciso,alla descrizione di scene di genere brillantemente colora-te, antesignane dell’ukiyoe. La sua opera nota migliore, laFesta dei ciliegi in fiore (paravento a colori su carta: Kana-gawa, coll. Hara), raffigura i piaceri aristocratici all’apertoin occasione di questa festa tradizionale.L’originalità di N si manifesta sia nella scelta del temache nella naturalezza e nella libertà pittorica dei movi-menti fortemente ritmati dei danzatori, tracciati con lineemorbide e precise. (ol).

NagasakiLa scuola di pittura giapponese detta «di N» deve il nome

Storia dell’arte Einaudi

al grande porto, che fu l’unico territorio nipponico acces-sibile agli stranieri a partire dal xvii sec. Gli influssi occi-dentali trasmessi dai pittori giapponesi stabilitisi a N oche vi giungevano per scoprire le nuove formule artisti-che, riguardarono sempre il realismo. Fu questo il caso nelxvi sec. di un’importante scuola gesuita di pittura (nanbanbyÿbu), che non ebbe futuro a causa delle persecuzioni deiTokugawa, ed anche delle incisioni olandesi, che determi-narono lo sviluppo del paesaggio nella stampa giapponese,in particolare in Hokusai.N fu pure soggiorno di numerosi pittori cinesi, tanto inepoca Ming che in epoca Qing. Yijan (detto Itsunen ingiapponese), venutovi nel 1644, fu pittore dilettante di ri-tratti di patriarchi zen; il suo stile fu ripreso dal monaco-pittore Genki, e fu all’origine della «scuola di N» pro-priamente detta: gruppo di pittori ufficiali minori deditiad un realismo minuzioso. Quanto allo stile di ChenXiuang, esso si diffuse nel Paese grazie a pittori comeKakutei e Shiseki. Quest’ultimo fondò a Edo (Tokyio)una scuola realistica di pittura di fiori, bambù ed uccellibrillantemente colorati. Infine, grazie al porto franco diN, i dilettanti giapponesi poterono conoscere le operedella scuola cinese dei letterati, che doveva suscitare ilnanga. (ol).

Nagel, Jan(Haarlem ? – 1616). Paesaggista e pittore di figure, è cita-to nel 1600 all’Aja, ove è maestro nella gilda di San Luca.Se ne conservano alcuni disegni (Vienna, Albertina) e di-pinti, tra cui una Santa Maddalena (1592: Haarlem, MuseoFrans Hals) che rammenta lo stile di Cornelis Molenaer.(jv).

Nagler, Georg Kaspar(Obersiesbach (Alta Baviera) 1801-66). Dopo aver discus-so nel 1829 la sua tesi di dottorato all’Università di Er-langen (Die Rhapsodis) diresse una libreria antiquaria aMonaco e collaborò) alla «Bayerische Nationalzeitung»,ove pubblicò articoli sull’arte, tra cui una Storia della ma-nifattura della porcellana a Monaco (1834). I numerosi do-cumenti che raccolse per anni e anni sull’opera degli arti-sti lo indussero a progettare la redazione di un dizionario.Con l’aiuto delle proprie note, che completò riferendosi a

Storia dell’arte Einaudi

pubblicazioni apparse in vari periodici nonché ad infor-mazioni ricavate da cataloghi di musei e da antiche operedi storia dell’arte, cominciò a redigere le sue notizie epubblicò nel 1835 un primo volume, dal titolo Neuesallgemeines Künstlerlexikon oder Nachrichten von demLeben und den Werken der Maler, Bildhauer, Baumeister,Kupferstecher, Lithographen, Formschneider, Zeichner, Me-dailleure, Elfenbeinschneider... («Nuovo dizionario generaledegli artisti, ovvero notizie sulla vita e l’opera di pittori,scultori, architetti, incisori, litografi, intagliatori, disegna-tori, medaglisti, intagliatori d’avorio...») La comparsa delventiduesimo volume nel 1852 segnò il compimento diquesta gigantesca realizzazione individuale. Il dizionario,contenente tutta una serie di dati nuovi, è tra le opere distoria dell’arte più importanti del xix sec. N è autoreinoltre di monografie di artisti, dedicate in particolare aRaffaello (1835) e Dürer (1837), e di studi sulla topogra-fia di Monaco. Terminato il dizionario degli artisti, intra-prese la pubblicazione di un dizionario dei monogrammi-sti, che doveva apparire dal 1857 in poi col titolo Die Mo-nogrammisten und diejenigen bekannten und unbekanntenKünstler aller Schulen, welche sich zur Bezeichnung ihrerWerke eines figürlichen Zeichens, der Initiale des Namens,der Abbreviatur desselben... bedient haben («I monogrammi-sti ed artisti noti ed ignoti di tutte le scuole, che abbianofirmato le proprie opere con un segno, con l’iniziale o conun’abbreviazione del loro nome...») Risultato di ricercheminuziose, quest’opera non meno notevole della prece-dente investe un campo della storia dell’arte sino ad allorapoco esplorato; resta a tutt’oggi l’opera fondamentale ri-guardante i monogrammi. N riuscì a curare personalmen-te la pubblicazione del terzo volume (1863). Nel 1864fondava inoltre una rivista d’arte, il «Münchner Kunstan-zeiger». La morte ne interruppe la pubblicazione, cosìcome la redazione dei Monogrammisti, i cui ultimi duetomi vennero pubblicati l’uno da A. Andressen nel 1871,l’altro da C. Clauss nel 1879. (dk).

Nagli, Giovan Francesco, detto il Centino (documentato a Rimini 1638-75). Le opere di questo pit-tore, su cui manca ogni notizia certa, si trovano soltantonella zona di Rimini (nella pc sono notevoli le due granditele con Davide e Golia e Mosè che solleva il serpente dibronzo). Il soprannome ed una somiglianza, per altro ge-

Storia dell’arte Einaudi

nerica, con la pittura guercinesca, avevano alimentatol’ipotesi di una sua nascita a Cento, nel ferrarese. Ma laspiegazione sarà da cercare piuttosto nella conoscenzadelle opere riminesi del Barbieri e in un verosimilerapporto di discepolato con Lorenzo Gennari, cognato delGuercino, che risiedeva proprio a Rimini. Anche la vici-nanza del Cagnacci e le opere romagnole e marchigianedel Cantarini possono fornire qualche riscontro per la pit-tura del Centino, che però rimane personalissima per unavena di arcaismo purista, dalle intatte radici culturalitardo-cinquecentesche, benché l’ultima data in cui sitrova menzione del pittore arrivi ad essere il 1675. (acf).

Nagy, István(Csìkmindszent 1873 – Baja 1937). Iniziò gli studi a Bu-dapest e proseguì la sua formazione artistica a Monaco e aParigi, compiendo un viaggio in Italia (1902). Tornò tut-tavia a lavorare nel suo villaggio natale fino al 1920,stabilendosi poi a Szentes, a Kecskemét ed infine a Baja.Dipinse le montagne della Transilvania e la pianura un-gherese; la scuola ungherese ha in lui uno dei suoi espo-nenti migliori. I disegni e i pastelli, che costituiscono l’es-senziale della sua opera, sono di tonalità scura, anzi tetra;la struttura, sottolineata da contorni neri, è pressochégeometrica. La maggior parte dei suoi dipinti si trova incollezioni private (Contadino con berretto imbottito, 1920ca.; Villaggio siculo, 1927); ma è ben rappresentato in varimusei ungheresi e in particolare a Budapest, nm: Vecchiacontadina con fazzoletto, 1910; Precipizio, 1928. (dp).

NagybányaCittadina ungherese posta ai piedi delle montagne dellaTransilvania, ove nel 1826 Simon Hollósy trasferì perl’estate lo studio che dirigeva a Monaco. Alcuni pittori in-dipendenti si unirono al maestro (E. Réti, J. Thorma, C.Ferenczy, Béla Iványi Grünwald) e crearono la scuola diN. Essi costituirono, dopo Pál Szinyei Merse, la secondagenerazione dell’impressionismo ungherese. Formatisi perla maggior parte a Monaco, si erano liberati dalle co-strizioni dell’accademismo scoprendo la pittura naturalistadi Bastien-Lepage (esposta a Monaco nel 1883), che eser-citò su di loro un influsso pari a quello di Courbet sui gio-vani artisti della generazione precedente. A N essi pas-

Storia dell’arte Einaudi

sarono, al termine di un’evoluzione consapevole ed auto-noma, dal naturalismo all’impressionismo. Ferenczy ful’iniziatore di questo stile originale. Allontanandosi Hol-lósy nel 1901, i suoi compagni crearono una scuola liberaove si formarono i principali artisti dei decenni successivi.L’importanza di tale scuola diminuì dopo la prima guerramondiale, ma i giovani pittori continuarono a frequentareN; ed essa ha dato ancora un nuovo slancio all’arte un-gherese in occasione dei lavori del gruppo «Post-nagybânya». (dp).

naïfsSono detti «dipinti n» quelle opere che, dipinte da pittoridilettanti, manifestano una sostanziale estraneità ai movi-menti figurativi coevi. Si cominciò a prendere in conside-razione la nozione di naïveté (ingenuità) verso la metà delxix sec., intendendola, con Stendhal, come «il sublimedella vita quotidiana». Maturò rapidamente un certo inte-resse per l’arte popolare, spontanea, anonima, dotata diqualità formali sia dal punto di vista decorativo che plasti-co. Oggetti fittili, lignei, metallici, tessuti, ricami o dipin-ti attrassero, sin dalla metà dell’18oo, l’attenzione di col-lezionisti, amatori e studiosi. I pittori naïfs in Francia Al primo Salon libero, senza giu-ria, che si tenne a Parigi nel 1848, pittori, di cui si è per-duta ogni traccia documentaria, esposero opere firmate,confrontabili con quelle dei poeti operai. Lo stesso accad-de, pare, al Salon des refusés nel 1863. L’anonimato deipittori n è cessato solo a partire dal 1885, con l’inaugura-zione del Salon des artistes indépendants – senza giuriané premi – nel quale si fece conoscere immediatamente, econ scalpore, Henri Rousseau, detto il Doganiere. Con l’inizio del secolo e con la crisi generale dei valori fi-gurativi ed estetici tradizionali appaiono i primi segni diautentico «riconoscimento» della pittura n. Alfred Jarry,poi Guillaume Apollinaire e, sulla loro scia, i mercantiBernheim, Wilhelm Udhe, Ambroise Vollard e Paul Guil-laume cominciarono a sensibilizzare l’opinione pubblica,non soltanto nei confronti del Doganiere, ma anche deiprimitivi e degli autodidatti. Parallelamente, con l’avan-guardia cubista e astratta, personalità come Picasso, Ro-bert Delaunay, Kandinsky, Brancusi dedicarono un’atten-zione particolare all’arte dei bambini e degli alienati, oltrea quella dei n. Nel 1927, la collezione di dipinti n raccolta

Storia dell’arte Einaudi

da Georges Courteline fu messa in vendita come «museodel lavoro ingenuo». La nozione di arte n appare tuttorapoco chiara, troppo presto assimilata a quella dell’«arteprimitiva» o dell’«arte folkloristica» o «popolare». Icaratteri distintivi di ciascuno di questi appellativi, cuisono più recentemente venuti ad aggiungersi quefìi di«arte marginale» e «brut» restano ancor oggi da precisarecon esattezza. La prima grande esposizione dedicata ai n,a Parigi, data al 1937 e si intitola «i maestri popolari dellarealtà». Costituì una vera e propria rivelazione: HenriRousseau vi era ampiamente rappresentato; ma con luiLouis Vivin, un ex postino; Camille Bombois, pastore,garzone di fattoria, battelliere, lottatore da fiera, sterrato-re ed infine, facchino in una tipografia; André Bauchat,vivaista; Maurice Utrillo, il figlio socialmente disadattatodi Suzanne Valadon; Dominique-Paul Peyronnet, operaiolitografo; Séraphine Louis, detta Séraphine de Senlis, ca-salinga; Jean Ève, meccanico, poi daziere; René Rimbert,impiegato postale; Adolf Dietrich, boscaiolo. Dopo lachiusura dell’esposizione, sarà loro riservata in esclusivauna sala del mnam. Solleverà lunghe discussioni la deno-minazione «maestri popolari della realtà», scelta dagli or-ganizzatori. Questi ultimi li avevano definiti «maestri»per specificare l’alta qualità tecnica delle loro opere; «po-polari», ad indicarne le origini modeste, le idee semplicied i sentimenti non molto più complessi; «della realtà»,per esprimere il fatto che il reale, in loro come in ciascunodi noi, si confonde con l’intelligibile. Gli storici dell’artepreferivano l’espressione «primitivi moderni», il granpubblico quella di «pittori n», «pittori della domenica»,«pittori istintivi», o anche «pittori autodidatti». Succe-dendo alle grandi mostre dedicate all’arte n (1958,Knokke-le-Zoute; 1961, Baden-Baden, Hannover,Francoforte, Basilea; 1964, Parigi, Gall. Charpentier, Pri-mitivi moderni; 1964, Rotterdam, bvb), la mostra DieKunst der Naiven, presentata nel 1975 al Kunstbaus di Zu-rigo, raggruppa ancora sotto questa terminologia arti di-verse tra loro come l’arte primitiva, l’arte degli aborigeni,le arti popolari, l’arte dei bambini e degli alienati, l’artedei pittori della domenica. Numerosi sono oggi, in tutto ilmondo, i pittori n. Tra i principali citiamo Metelli, DeAngelis, Benedettucci, Ligabue, Allegretti, italiani; Vi-vancos, spagnolo; Louis Delattre, belga; Alexandrine,olandese; Philomé Obin e Rigaud Benoît, haitiani; Sha-

Storia dell’arte Einaudi

lom de Safed, israeliano; Langru e Cailland, francesi.Questi artisti godono di un grosso successo presso il granpubblico, troppo spesso anche per il carattere pittorescodelle loro biografie; li accolgono musei e collezioni private(una delle più importanti è la collezione di «art brut» rac-colta da Jean Dubuffet a Losanna); interessano lo studio-so di estetica e lo storico dell’arte. Pittori naïfs dei Paesi dell’Est Un posto del tutto partico-lare spetta alla pittura n dei Paesi dell’Est. Basti ricordarei polacchi Nikifo e Teofilo Ociepka, i cecoslovacchi Zig-mut Huba™ek e Antonin Rehak, i russi Niki Pirsmanach-vili e Catherina Bilacour. La Jugoslavia s’impone attual-mente come uno dei centri più ricchi: nel 1931, il gruppoZemlja (la terra, formatosi nel 1929) presenta le primeopere dette n. Ivan Generali™, Marko Virius e FranjoMraz, pittori contadini nativi di Hlebine, raccolti attornoalla dominante personalità di Hegedusi™, traducono, con-tro il gusto dei dirigenti politici, le difficoltà del lavorocontadino. È un’arte socialmente impegnata, che risalealle fonti ancora assai prossime del folklore popolare e cheutilizza spesso tecniche tradizionali (per esempio l’olio suvetro steso «in negativo», sul lato interno). Partendo daquesta «scuola di Hlebine» si sviluppa una generazioneassai prolifica e variegata di pittori n, tra i quali vannomenzionati Ivan Lackovic, Ivan Rabuzin, Sava Sekilic,Janko Brasi™, Matija Skurjeni, Emerik Fejes, Vangel Nau-movski e Ilika Bosilj, le cui opere sono state recentementeconosciute in Francia nella grande esposizione al GrandPalais (Parigi, 1976). I pittori naïfs americani Vanno infine segnalati a parte ipittori n americani, rivelati all’Europa, nel 196768, dauna mostra circolante; autenticamente primitivi nelxviii sec. e nella prima metà del xix, crearono un lin-guaggio pittorico empirico senza riferimenti culturalievidenti, non privo di vivacità e ricchezza. La sug-gestiva America evocata dai primitivi è quella delle navia vela e dei battelli a ruote: un Paese in cui le condizio-ni di vita, in confronto con quelle europee, erano in ri-tardo di duecento anni. La morale puritana imponevache il dono di creare, proveniente da Dio, fosse coltiva-to nella sincerità e nella misura; che si dipingesse quin-di unicamente quello che si vedeva in natura; il sogget-to era l’elemento principale di un quadro, mentre lostile di esecuzione poteva tranquillamente passare in se-

Storia dell’arte Einaudi

condo piano. I pittori n americani dipingevano la gentecomune e la vita quotidiana; in particolare animali dellafattoria, frutta e verdure, indiani, scene di circo e dimercato, corse di cavalli e tempeste sui campi. L’inten-to di una documentazione precisa era la loro maggiorpreoccupazione: disegnavano con cura, prima di stende-re il colore; ignoravano le convenzioni ottiche della pro-spettiva aerea e non si ponevano problemi circa le pro-porzioni del corpo umano; volevano anzitutto risultareespressivi e giungevano ad esserlo attraverso il sensomagicamente poetico impresso ai loro racconti. La mo-stra del 1967-68, successivamente presentata a Berlino,Londra, Bruxelles e Parigi, raccoglieva 111 dipinti scel-ti nella collezione del colonnello Barbish e di sua moglie(nata Ford), collezione ricca di molte migliaia di opere,oggi ricercate in quanto autentiche testimonianze diuna tradizione americana per lunghissimo tempo ignora-ta. Oggi la storiografia artistica ha messo a fuoco l’iden-tità artistica di personaggi come Pieter Vanderlyn,Winthrop Chandler (verso il 1780), Ralph Earl (intornoal 1804), Edward Hicks – autore di un celebre Regnodella Pace –, Philips, A. A. Ellis (1820 ca.), A. Tapy(1850 ca), Linton Park (1860 ca.) con studi monograficie mostre. (sr).

Nainsukh(attivo nel secondo e terzo quarto del xviii sec.). Origi-nario del Guler, antico stato pÇhÇri dell’India setten-trionale sulle pendici dell’Himalaya, figlio dell’artistadel Guler Pandit Seu e fratello minore del pittore MÇ-naku, operò per un principe di Jammu, Balvant Singh,al cui servizio restò fino alla morte del principe nel1760. Se si vuol credere ad un registro di pellegrinaggiodi HardwÇr, avrebbe poi lavorato per il rajà di Bahsol¥,Amrit PÇi (1751-76), e le sue ceneri sarebbero state get-tate nel Gange nel 1778, insieme a quelle del suo regalepatrono. Considerando la serie di ritratti e di studifatta per Balvant Singh, N va ritenuto uno dei grandiresponsabili della scomparsa del vecchio stile di Bahsol¥,a favore di un’arte che unisce armoniosamente la finez-za ed il realismo della pittura moghul a quel gusto dellastilizzazione elegante e poetica tanto caratteristico dellaminiatura pahÇr¥. La sua arte è un anello essenzialedella pittura pahÇr¥ tra il G¥tÇ Govinda di MÇnaku del

Storia dell’arte Einaudi

1730 e i celebri complessi della seconda metà del xviiisec., il G¥tÇ Govinda della raccolta dei rajà di Tehri-Garhwal ed i dipinti del «gruppo BhÇgavata». (jfj).

Naiveu, Matthys(Leida 1647 – Amsterdam 1721 ?). Allievo di Toorenvliete Dou (nel 1667-69) compare nella gilda di Leida nel1671. Dal 1677 lo si trova ispettore di birrificio ad Am-sterdam, di cui acquista la cittadinanza nel 1696. Pittoredi genere, di allegorie, di nature morte e di ritratti, tra-spone gli influssi di Dou, Slingelandt, Metsu in uno stilepersonale, molto minuto, quasi irritante per la sua insi-stenza, con una luce fredda e netta e una tavolozza ovepredominano i bruni; il suo realismo, in cui si mescolanoingenua bonomia e osservazione beffarda, e la sua do-cumentaria precisione, ne fanno uno dei più felici maestriminori dell’inizio del xviii sec. L’arte di N si apprezzaparticolarmente in opere come il Mercante di broccato(1709) o la Visita alla puerpera del Museo di Leida, comein quelle in cui è avvertibile l’impronta di Dou: Caldarro-staia (Museo di Digione). (jf).

Nákht, tomba diLa cappella funeraria dello scriba N (n. 52 della necropolidi Tebe), contemporanea a quella di Menná (regni diAmenofi II e di Tutmosi IV, 1450-1400 ca. a. C.), è unadelle più belle tombe di notabili; soltanto la prima cameravenne più o meno condotta a termine e ci è pervenuta ineccezionale stato di conservazione e di freschezza di colo-ri. Vi ritroviamo i temi tradizionali dell’iconografia egizia:all’ingresso, offerte consacrate dall’estinto e da sua mo-glie; sulla parete sinistra dell’ala sud, scene di lavori agri-coll. ricche di numerosi pittoreschi dettagli; sulla paretedestra della stessa ala, una scena di banchetto giustamen-te celebre, dove fra l’altro si notano l’arpista cieco, le mu-sicanti (uno dei rarissimi esempi in cui un artista anticoha fatto uso di vernice), il gatto che mangia un pescesotto il sedile del padrone; sulla parete che fa da pendantal banchetto, nell’ala nord, caccia agli uccelli e pescaall’arpione, vendemmia, spremitura, caccia alla tesa, pre-parazione delle oche ed offerte alla coppia defunta. Lealtre rappresentazioni, lasciate allo stato di abbozzo,hanno carattere religioso. (am).

Storia dell’arte Einaudi

Nalda, Jean de → Maestro di Santa Clara de Palencia.

Naldini, Giovanni Battista(Fiesole 1537 ca. – Firenze 1591). Fu allievo di Pontormoe ne frequentò la bottega dal ’49 ca. fino alla morte delmaestro (1556). Protetto da Vincenzo Borghini, nel 1560può cogliere l’occasione per l’inevitabile tirocinio romano,concluso il quale si afferma rapidamente a Firenze comeuno dei pittori più richiesti anche per prestigiose commis-sioni. Infatti, collabora con Vasari al programma di deco-razione di Palazzo Vecchio e dipinge numerose pale d’al-tare per le maggiori chiese di Firenze e della Toscana: De-posizione: San Simone; Calvario: Badia; Caduta dellaManna e Cena degli ebrei: Pistoia, duomo; Deposizione,1572 e Natività, 1573: Santa Maria Novella. Nel ’71, in-tanto, aveva partecipato alla decorazione dello Studiolo diFrancesco I in Palazzo Vecchio con due dipinti: la Raccol-ta dell’ambra e la Allegoria dei sogni. Nel 1577 colloca an-cora in Santa Maria Novella una Presentazione al tempio,alla vigilia di un secondo soggiorno romano, che lo vedràquesta volta attivo in prima persona in importanti chiese:in San Giovanni Decollato (Martirio di san Giovanni evan-gelista, 1580 ca.) e nella cappella Altoviti in Trinità deiMonti (pala con il Battesimo di Cristo e affreschi con Storiedel Battista). Gli ultimi anni lo vedono di nuovo intensa-mente attivo a Firenze e nel territorio con un gruppo dinotevoli commissioni, tra le quali citiamo la Deposizionein Santa Croce (1583), la Presentazione al tempio in SanNicolò Oltrarno (1585; eseguì un’altra versione ridottadello stesso soggetto per un collezionista perugino nel1589, oggi nella gn di Perugia), la Vocazione di san Matteoin San Marco. Basatosi su Pontormo, ma anche sugliesempi di Andrea del Sarto, N fiancheggiò gli svolgimentiin senso aulico e normativo della pittura di Vasari, distin-guendosi tuttavia per una elaborata concezione del chiaro-scuro, con insistenti effetti di sfocato, e per il coloritoricco di ricercati effetti. In tal modo, si può considerarepiuttosto marginale l’adesione di N sia alla «riforma» diSanti di Tito, sia alle nuove esigenze di austerità che egliavrà dovuto pur prendere in considerazione negli anni delsecondo soggiorno romano. (sr).

Storia dell’arte Einaudi

Nanban byÿbuTermine della pittura giapponese che significa «paraventodei Barbari meridionali» (venivano così chiamati gli Occi-dentali, che giungevano in Giappone dai mari del Sud).L’appellativo di pittura nanban, sinonimo in questo caso diyoga («pittura al modo straniero»), comprende le operegiapponesi eseguite in stile e con personaggi occidentali.L’origine di quest’arte va ricercata nell’interesse esoticoche rivestiva, per i pittori insulari, il contatto con gli stra-nieri portoghesi, ed i loro usi e costumi (alla metà del xvisec., portarono con sé le armi da fuoco ed il cristianesi-mo). Al suo interno si può distinguere una pittura religio-sa introdotta dai Gesuiti, della quale dopo le persecuzionidel xvii sec. rimangono scarsi documenti (Ritratto di sanFrancesco Saverio: Museo di Kobe), ed una pittura a temalaico (Paravento dei cavalieri, otto ritratti equestri di prin-cipi occidentali tra i quali Enrico IV: ivi). Oltre ai ritrattiequestri, ispirati forse ad un paravento della Battaglia diLepanto (Mikage, coll. Murayama), vengono rappresentatescene pastorali (Occidentali cche suonano la loro musica,paravento in stile fiammingo dell’antica coll. Okada:Tokyo, MN; copia identica con qualche leggera variantenella coll. Kosokawa). È verosimile che queste opere di-verse siano state eseguite in base a stampe diffuse in nu-mero limitato. Il termine N è spesso impiegato per in-dicare la serie, di gran lunga la più importante, dei para-venti dell’Arrivo dei Portoghesi conservati in gran numeronelle collezioni giapponesi ed occidentali (Parigi, MuséeGuimet). Presentano stile e tecnica puramente giapponesi;alcuni furono eseguiti da membri della famiglia Kanÿ, eper questo motivo sembra possibile il collegamento con ilgenere dell’ukiyoe. (ol).

NancyMusée des Beaux-Arts Costituito dalle requisizioni dellaRivoluzione, il «Museum»fu fondato nel 1793 dall’ammi-nistrazione dipartimentale, e collocato nella cappella delleVisitandine. Il decreto consolare del 14 fruttidorodell’anno IX, che istituiva quindici musei provinciali, con-fermò poi l’esistenza di questa prima istituzione, che be-neficiò d’importanti assegnazioni da parte dello Stato,comprendenti per la maggior parte opere del xvii sec.: discuola francese (Carità e Ecce Homo di Philippe de Cham-

Storia dell’arte Einaudi

paigne), di scuola fiamminga, ben rappresentata con treRubens (Trasfigurazione, Gesù cammina sulle acque,Giona), la Peste di Milano di Gaspar de Crayer, opereinteressanti di artisti rari in Francia, come Hemessen(Cristo scaccia i mercanti dal Tempio) o Koeberger (Martiriodi san Sebastiano); infine di scuola italiana: Cigoli, Pietroda Cortona (Sibilla Cumana). A questo primo fondo si ag-giunse una parte dei quadri inviati nel 1800 dal governo aLunéville per la decorazione della sala del Congresso edopo la sua chiusura, il 9 febbraio 1801, essi vennero tra-sferiti direttamente nel Museo di N, su sollecitazione delprefetto e con autorizzazione del ministro dell’interno,Chaptal. Si trattava esclusivamente di opere francesi,quasi tutte del xviii sec., tra cui possono citarsi quattroPaesaggi di Casanova, l’Aurora e Cefalo di Boucher, il Ri-poso di Diana di J. F. de Troy, opere di Jouvenet, Lemoy-ne, van Loo. Nel 1828, re Carlo X commissionava a Dela-croix la Battaglia di Nancy per ringraziare la città dell’ac-coglienza fattagli. Oltre ai dipinti già ricordati, nel Museodi N possono osservarsi opere italiane, dal xv (Perugino)al xvii sec. (Caravaggio, Annunciazione), olandesi, spagno-le (Ribera), francesi del xix sec. (Manet), nonché un certonumero di dipinti di maestri minori locali, come Claudot,artista della fine del xviii sec., di cui il museo serba nu-merosi paesaggi decorativi, o Girardet, pittore ordinariodi Stanislao Leczinski, autore di piccole scene di genere omitologiche. Il museo, trasferito nel 1814 nell’ex Scuoladi medicina, poi nel 1829 in municipio, occupa dal 1936uno dei padiglioni di piazza Stanislas, prolungato sul retroda corpi edilizi moderni. (gb).Musée de l’Ecole de Nancy Il museo reca il nomedell’Associazione delle industrie artistiche, costituita conquesta denominazione a N nel 1901. Codificando un mo-vimento originatesi con le esposizioni universali, e riflet-tendo i progressi e le difficoltà delle «arti minori», i suoimembri ed inizialmente anche il suo presidente-fondatoreEmile Gallé, si posero fini didattici ed auspicarono unmuseo delle arti decorative. La costituzione delle collezio-ni venne iniziata nel 1894, ma la gestazione fu lenta. Ilmuseo, nella struttura e nella sede attuali, risale al 1964.Il fondo iniziale di acquisti municipali venne poi arricchi-to di continuo, ma in modo molto ineguale, mediante do-nazioni – decisiva fu quella di J. B. E. Corbin nel 1935 –che a poco a poco lo ampliarono e lo specializzarono. Il

Storia dell’arte Einaudi

museo dell’«Art Nouveau» riflette lo spirito dell’epoca: learti del mobile, «della terra e del vetro» (per riprendere iltitolo dell’esposizione parigina del 1884) sono le megliorappresentate (ideazioni di Gallé, Majorelle e Vallin per ilmobile d’arte e l’ebanisteria, Daum per i vetri, Gruberper le vetrate). Nel museo sono inoltre presenti ricami,oreficerie, rilegature, tessuti, integrati da una bella colle-zione di manifesti e dipinti contemporanei, offrendo uninteressante spaccato delle ideazioni dell’epoca. (tc).Musée Lorrain La creazione del museo lorenese, che rea-lizzava un’aspirazione assai antica, fu dovuta all’iniziativadella Società di archeologia lorenese, fondata nel 1849,presto sostenuta dal comitato dal museo storico della Lo-rena. La sistemazione del nuovo istituto, prevista al pianoterra del palazzo ducale, comportò, fortunatamente, il re-stauro del venerabile edificio eretto da Renato II sin dal1502, abbandonato nel corso dei secoli e sfigurato da ag-giunte. Sin dal 25 agosto 1851 il Musée Lorrain aprì i lo-cali; si ampliò poi progressivamente, occupando anche laGalleria dei Cervi al primo piano. Devastato nel 1871 daun incendio, venne ricostruito (sottoscrisse anche l’im-peratore d’Austria). Oltre alle raccolte storiche, il museoconserva una collezione di ritratti – in particolare deiprincipi della casa di Lorena – ed un panorama dell’artelorenese, in ticolare dalla fine del xvi sec. all’inizio delxvii sec. Il museo conserva 337 incisioni e disegni (Giardi-no della corte di Nancy) di Jacques Callot; due disegni diClaude Lorrain; un dipinto (Estasi di san Francesco) e dise-gni di Jacques Bellange; l’opera incisa e disegni di Séba-stien Lederc; numerosi quadri di Deruet: Pallade, Dianacol corno da caccia, Banchetto delle Amazzoni, la Cavalleriz-za (Mme de Belmont); infine, un capolavoro di Georgesde La Tour, la Donna che si spulcia. (gb).

nanga o nansÿgaSinonimo di bunjinga (pronuncia giapponese dei carattericinesi wenjen houa, che significano «pittura dei lettera-ti»), il termine giapponese n indica una corrente di pittu-ra letterata alla cinese, sotto i Tokuwaga alla fine del xviisec. Il periodo precedente degli Ashikaga aveva conosciu-to nel xv-xvi sec. un fenomeno simile, con lo sviluppo delsuibokuga (pittura ad inchiostro acquerellato) ispiratadalla scuola cinese di paesaggio detta «del Nord»; due se-coli dopo, la scuola letterata «del Sud» ispirava il n. Si

Storia dell’arte Einaudi

deve peraltro notare che il termine «letterato» non riguar-da le medesime realtà nei due paesi. Mentre in Cina il let-terato era innanzitutto un funzionario, per formazione edanzi per vocazione, e dunque pittore dilettante in quantouomo che faceva uso del pennello, le origini dei pittori«letterati» del n furono le più diverse; nobili o plebei,questi pittori cercano un’evasione nelle cinque arti classi-che (poesia, prosa, calligrafia, musica e pittura), e comin-ciarono emulando i pittori letterati cinesi. Alcuni di loro,ad esempio Nankai o Gyokudÿ, furono samurai (classe dinobili guerrieri sconosciuta in Cina, almeno nel campodell’arte); altri erano artigiani, laccatori o ceramisti, comeMokubei; molti erano pittori professionisti, comeBunchÿ, TaigÇ o Buson, che fu inoltre poeta di fama. At-traverso Nagasaki, luogo di rifugio dei letterati cinesi ri-masti fedeli ai Ming, si trasmisero al Giappone i nuovi in-flussi, specialmente tramite lo strumento di manuali illu-strati sul tipo del celebre Giardino grande quanto un granodi senape, un’edizione giapponese del quale fu d’altrondepubblicata nel 1748. Tali repertori di forme ispirarono icreatori del n, Shseki (che visse a Nagasaki), Nankai,Hyakusen, che lo copiarono più o meno maldestramente.I primi ad assimilare il nuovo stile furono Taiga e Buson,il cui successo fu tale che numerose scuole locali fiorironoa Osaka, ove spiccò Beisanjin, a Edo (oggi Tokyo), feudodi Tani Bunchÿ e di Kazan, e soprattutto a Kyoto, la piùimportante, dove si stabilì Gyokudÿ. Il maestro più com-piuto del n resta peraltro l’ultimo di loro, Tessai, tanto vi-cino ai suoi modelli da apparire più la reincarnazione diun letterato cinese che un artista nipponico. (ol).

Nankai, Gion Yu, detto(Osaka, 1677-1751). Samurai e letterato confuciano diWakayama (Osaka), N fu il primo pittore dilettante giap-ponese che operasse nello stile letterato cinese, conosciutoattraverso enciclopedie del genere di quella del Giardinogrande quanto un grano di senape. Come quelli di Hyakusene di Kien, da lui influenzati, i suoi paesaggi o i suoibambù (Giappone, coll. priv.; Tokio, mn), d’ispirazionepiù o meno maldestra, hanno un puro interesse storico, enon possono esser paragonati alle opere di Taiga o diBuson, della generazione successiva del nanga. (ol).

Storia dell’arte Einaudi

Nanninga, Jaap(Winschoten 1904 – L’Aja 1962). Dopo studi presso la li-bera Accademia di Groningen (1903-33), soggiorna adAmsterdam (1933-39) e viaggia in Germania e in Polonia.Nel 1939-40 frequenta l’Accademia dell’Aja, dove sistabilisce definitivamente nel 1948, dopo un soggiorno aCagnes e in Africa settentrionale. Il suo universo, impre-gnato di poesia e nostalgia per i paesi lontani, rivela uncarattere malinconico e vulnerabile. Inizialmente N fu au-tore di ritratti, paesaggi, nature morte in uno stile im-pressionista; poi, verso il 1940, prevalgono componentiespressioniste. Trovò tardi la propria strada, nel 1950 ca.,in particolare grazie ai contatti che ebbe a Parigi conGeer van Velde. Le sue composizioni divennero allorasempre più sobrie (Tao, 1951: Schiedam, coll. Verwey;Tibet, 1952: L’Aja, gm) e, dal 1954 ca., astratte (l’Organi-sta, 1960: Amsterdam, sm; Composizione con figura, 1960:Eindhoven, Stedelijk van Abbe Museum). Benché interes-sato alle esperienze di Cobra ad Amsterdam, non ne preseparte. (hbf).

NantesMusée des Beaux-Arts II Museo di N, che fu tra i quin-dici musei dipartimentali creati con decreto consolare del14 fruttidoro anno ix, ricevette dallo Stato un complessodi quarantacinque dipinti, comprendenti principalmenteopere di artisti francesi del xvii e del xviii sec. (Vouet,Corneille, La Hyre, La Fosse, Coypel), ed opere straniere,tra cui un Rubens (Trionfo di Giuda Maccabeo) e unGuido Reni (San Giovanni). A questo primo fondo si ag-giunse ben presto la collezione di François Cacault, di N,diplomatico di carriera ed uomo politico; la collezione fuacquistata dalla città nel 1808, su iniziativa del sindaco,Bertrand Geslin. Essa fece entrare nel museo di N oltre11oo dipinti, che tuttora costituiscono la parte essenzialedelle raccolte ivi conservate. La carriera diplomatica diFrançois Cacault si era svolta interamente in Italia, primaa Napoli, poi a Roma; pertanto la pittura italiana è rap-presentata in modo quanto mai completo sin dalle origini;Cacault si era interessato ai dipinti dei «primitivi» edaveva raccolto un insieme dal xiii al xv sec. italiano (Mae-stro del Bigallo; Bernardo Daddi; Sano di Pietro; Mariot-to di Nardo; San Barnaba di Cosmè Tura; Sant’Antonio di

Storia dell’arte Einaudi

Padova e san Sebastiano del Perugino; una predella di Ber-gognone). Vi sono inoltre rappresentati i caravaggeschi(Stomer, Tournier) e i maestri romani e napoletani (Sara-ceni, Marta e Maddalena; Caroselli, Recco, Preti). Le scuo-le fiamminga e olandese sono illustrate da opere im-portanti, provenienti in specie da Anversa (Fouquières).Infine, François Cacault aveva raccolto alcune rare operedi scuola francese: vi si contano tre capolavori di Georgede La Tour (il Suonatore di ghironda, il Sogno di san Giu-seppe e la Negazione di san Pietro), un ritratto attribuito aLe Nain (Ritratto di giovane principe), ed opere di Stella,Vignon, Lancret, Subleyras e Tournières. Il museo si è ar-ricchito di altre donazioni: Fournier (Dudry), Clarke deFeltre (1852, Greuze), Urvoy de Saint-Bedan (1854,Gros: bozzetto per il Combattimento di Nazaret); tra gliacquisti, il Ritratto di M. me de Senonnes di Ingres, e leVagliatrici di grano di Courbet. Il xix sec. francese èrappresentato – Corot, Delacroix, Daubigny, Isabey, Th.Rousseau, H. Vernet, P. Baudry, Brascassat – in partico-lare da bei complessi di pittori originari di N (P. Barbot,E. Delaunay, Ch. Leroux, E. Luminais, Tissot, Maufra,Pierre Roy, La Patellière, Laboureur). Un ampio palazzovenne appositamente costruito (1900) per presentare lecollezioni del museo, divenuto uno dei più ricchi dellaprovincia francese. Una sezione apposita raccoglie operemoderne di artisti importanti: impressionisti (Monet),fauves (Dufy, Rouault, van Dongen, Marquet), cubisti(Léger, Maria Blanchard) e non-figurativi (Manessier,Salve Regina; Vasarely, Alom; Bryen). La donazione Gil-das Fardel ha dotato il museo di un bel complesso di pit-tura astratta (Kandinsky, Magnelli, Hartung, Poliakoff,Lanskoy, Soulages). (gb).

Nanteuil, Célestin(Roma 1813 – Mariette 1873). Entrò nel 1829 nello stu-dio di Ingres. Sin dall’anno successivo, accolto nella cer-chia dei romantici, divenne amico intimo di Victor Hugo.Resta celebre per le vignette, le litografie e gli acquerelli(Parigi, Museo Victor Hugo), ispirati da opere di scrittoriromantici, dei quali fu l’illustratore preferito (Gautier,Nerval, Petrus Borel). Il frontespizio di Notre-Dame deParis di Hugo (progetto al Louvre) attesta la fantasia, ilbrio e l’abilità di questo brillante disegnatore. Fu anche

Storia dell’arte Einaudi

paesaggista; frequentatore abituale di Barbizon, vi accolseMillet nel 1849; ha lasciato rappresentazioni della foresta,dove un’ispirazione romantica si unisce al senso realisticodi una natura colta dal vero (il Colpo di sole, 1848: Museodi Valenciennes). Suoi quadri sono esposti al Museo diDigione, di cui fu conservatore al termine della sua vita, enei musei di Boulogne-sur-Mer, Dole, Le Havre, Lille eSemur. (ht).

Nanteuil, Robert(Reims 1623 – Parigi 1678). Tranne alcune opere giovani-li (Matrimonio mistico di santa Caterina, inciso nel 1646 incollaborazione con Nicolas Regnesson, suo cognato e mae-stro), N si dedicò interamente al ritratto. In tale genereutilizzò tecniche diverse: il disegno a mina di piombo supergamena, l’incisione a bulino, il pastello. L’unità dellasua opera è dovuta peraltro ad uno studio attento deivolti, analizzati con precisione, talora con freddezza, macon tale acutezza che la personalità del modello risultacome familiare. Grazie a lui ci sono noti i volti di LuigiXIV (che incise undici volte), Mazzarino (quattordicivolte), Colbert (sei volte), Fouquet, Turenne, Cristina diSvezia. Talvolta si limitò a incidere ritratti già realizzatida contemporanei, come Champaigne, Bourdon, Le Brun,Mignard. Ma soprattutto in alcuni studi per personaggimeno celebri (Marie de Bragelone: Firenze, Uffizi) eglitocca autentica originalità, per l’intensità di un’analisiemozionante quanto spietata. È rappresentato da ritrattia pastello, in particolare al Louvre di Parigi (Jean Dorieu,1660; Dominique de Ligny) e nel Museo di Reims. (pr).

Napoleone I(Ajaccio 1769 – Sant’Elena 1821; imperatore dei Francesidal 1804 al 1815). I giudizi dei contemporanei e degli sto-rici sono discordi sull’atteggiamento di N nei riguardidelle arti figurative. Secondo J. A. Chaptal, dichiarata-mente ostile, «Napoleone non amava l’arte», ma Bourien-ne subito corregge: «Nessun’arte gli era estranea». David,deluso per l’assenza di reazione del Console dinanzi alleSabine, avrebbe detto agli allievi: «Questi generali non necapiscono nulla di pittura». Elie Faure nota che N «sem-bra pressoché chiuso all’arte figurativa», Jules Romainsammette invece che essa gli premeva molto, come altre at-

Storia dell’arte Einaudi

tività dello spirito, ma, dice, «la tratta un po’ come unservizio ausiliario dell’esercito». Durante il Consolato Lu-ciano Bonaparte, ministro dell’interno, parlando del fra-tello diceva a David: «Ama solo i soggetti nazionali, per-ché egli c’entra per qualche cosa. È il suo debole».Quest’affermazione è esatta solo in parte: per il Salonedella Malmaison, nel 1800 il Console chiese a Gérard e aGirodet due quadri ispirati al suo poeta prediletto, Os-sian. Apprezzò a tal punto la composizione, già romanti-ca, di Gérard (Ossian evoca gli spiriti suonando l’arpa inriva al Lora), che la fece copiare da Isabey sul risguardodella sua copia del poemetto. Ma disapprovava i temineoclassici, con i loro consueti supporti della mitologia edell’allegoria. Costrinse David a rinviare l’esecuzione delLeonida alle Termopili, e gli fece sopprimere la vittoriache aleggia in alto nella Distribuzione delle aquile d’onore.Lethière, direttore dell’Accademia di Francia a Roma, po-teva scrivere a Denon il 4 marzo 1811: «Peccato che SuaMaestà non ami l’allegoria». Nei gusti N rimase infattirealista. Amò i soggetti nazionalistici perché li compren-deva e perché essi lo glorificavano, ma voleva che fosserotrattati con esattezza. Tra i maestri, il suo favorito eraGros, che nelle scene storiche unisce al colore e alla fogala precisione. Senza imporre un’estetica, N volle esseremecenate, e condusse in questo senso una sua politica per-sonale. Pretese di riallacciarsi alla tradizione monarchicadei grandi lavori e di fare di Parigi la capitale dell’arte.Suoi strumenti furono l’insegnamento, i musei, gli incari-chi, le ricompense, i concorsi, realizzati con il concorso diuna burocrazia efficiente. L’insegnamento della pitturatornò ad avere veste ufficiale con gli ex professoridell’Académie, sotto il controllo dell’Institut, nella Scuolaspeciale trasferita dal Louvre al collegio delle Quattro Na-zioni nel 1805. Nei Paesi annessi venne realizzata un’or-ganizzazione consimile, in collegamento con le Accademielocali. Tale insegnamento era caratterizzato da unneoclassicismo alquanto rigoroso, guidato da esperti filo-logi come Quatremère de Quincy. Nell’Accademia diFrancia a Roma, riaperta e trasferita a villa Medici, i vin-citori del concorso completavano i propri studi in contat-to con l’Antichità ed i maestri del rinascimento. Gli ob-blighi dei pensionanti erano rigidi quanto sotto la monar-chia. Tuttavia, giocavano un ruolo essenziale i laboratoriindipendenti. Quello di David, ove gli allievi francesi e

Storia dell’arte Einaudi

stranieri erano centinaia, era il primo d’Europa; e, sottoun regime autoritario, la libertà di formazione era ga-rantita. I musei, che N incrementò prodigiosamente, of-frivano ai giovani pittori la possibilità di correggerel’idealismo astratto dell’insegnamento ufficiale. Al Lou-vre, la Grande Galerie consentì il confronto tra capolavo-ri delle principali scuole. Assai fiero del suo museo, l’im-peratore limitò peraltro le eccessive richieste di Denon,pronto a spogliare a suo vantaggio l’intera Europa. Creò15 musei dipartimentali e la Galleria del Lussemburgo aParigi; favorì la nascita di grandi musei ad Amsterdam,Milano, Venezia, Madrid; fece ripartire i quadri in mododa costituire complessi coerenti. I pittori ebbero modo divedere celebri opere antiche, ed ancor più «monumentifrancesi» raccolti da Lenoir nell’antico convento degliAgostiniani, che rivelarono loro una nuova fonte d’ispira-zione: il Medioevo. Gli incarichi ai pittori erano numerosie generosamente compensati. Nel 1805 N scriveva aDaru: «È mio intento volgere le arti specialmente versosoggetti che tendano a perpetuare il ricordo di quanto si èfatto negli ultimi quindici anni». La maggior parte deiquadri commissionati vennero pertanto dedicati alla storiacontemporanea della nazione (incarico di nove grandi qua-dri e di sette più piccoli per commemorare la campagna diAusterlitz; concorso per la Battaglia di Eylau; incarichi perla Gall. di Diana alle Tuileries nel 1808).I salons, esposizioni ufficiali aperte al Louvre ogni dueanni a partire dal 1802, erano occasione di bilanci, acqui-sti, ricompense. Vegliava sulla loro organizzazioneDenon, che presiedeva un’indulgente giuria, ricostituitasotto il consolato; commentava le opere maggiori per il so-vrano, che visitava regolarmente le esposizioni; proponevale medaglie, gli incoraggiamenti, le decorazioni da distri-buire, gli acquisti da fare. La ricchezza dei salons, conopere di tutti i generi, è segno evidente di vitalità. Te-nendo all’organizzazione ed alla gerarchia, N rimaneggiòle cariche burocratiche esistenti, per renderle più efficien-ti. Al ministero dell’interno c’era già un ufficio specialedell’arte, ma le sue competenze diminuirono quandopalazzi, musei, mostre, incarichi vennero assegnati all’im-periali Casa, diretta dall’intendente generale Daru.David, è vero, rifiutò il 7 febbraio 1800 il titolo di «pit-tore del governo», senza precise attribuzioni, e poi le fun-zioni di direttore del museo, senatore, consigliere di

Storia dell’arte Einaudi

stato; ma accettò la carica di primo pittore di Sua Maestàalla fine del 1804. Vanamente però richiese le funzioniche Le Brun aveva esercitato sotto Luigi XIV: direzionetotale degli incarichi e della decorazione del palazzo. Asvolgerle, essenzialmente, era Denon, nominato il 19 no-vembre 1802 direttore generale del Museo centrale dellearti, poiché gestiva i musei, le gallerie dei palazzi, gli ac-quisti, teoricamente sotto la dipendenza del Ministrodell’interno o dell’Intendente generale della Casa, a se-conda delle circostanze. Di solito però operava diret-tamente in intesa con N. Privati dell’Accademia reale,che li aveva raccolti pressoché tutti, gli artisti trovavanoall’Istitut uno spazio più limitato per la loro operatività.Bonaparte, con la riforma del gennaio 1803, accordò lorouna sezione particolare, composta da dieci pittori, seiscultori, sei architetti, tre incisori e tre musicisti, e conun archeologo a segretario perpetuo. Assai più della prete-sa indifferenza alla qualità delle opere, si sarebbe dunquetentati di rimproverare a N un intervento troppo energiconel campo della pittura, nel quale, come Luigi XIV, egliricondusse tutto alla propria persona. Il disprezzo dell’im-peratore per le astrazioni ideali ebbe peraltro il vantaggiodi accelerare in Francia l’evoluzione del Neoclassicismo edi preparare la nascita del Romanticismo, se non del Rea-lismo. Fornendo ai pittori ricca materia d’ispirazione, Nli aiutò a rinnovarsi: i quadri celebrativi che David, purdipingendone alcuni mirabili, disprezzava, costituisconol’apporto essenziale del mecenatismo napoleonico. Non vadimenticato che David, Prud’hon, Ingres, Gros, Gérard,Girodet, dai talenti tanto disparati, beneficiarono tuttidel favore imperiale, e che buoni pittori di soggetti milita-ri come Lejeune, Bacler d’Albe, Swebach, Bagetti, dovet-tero a N la propria sopravvivenza. (ghu).

NapoliNapoli è sempre stata caratterizzata, dal Due all’Ottocen-to, dall’essere sede d’una corte, capitale e centro di riferi-mento d’un vasto regno meridionale, dapprima angioino epoi via via aragonese, spagnolo, austriaco e borbonico.Ciò ha fortemente segnato sia la logica dei suoi rapporti edella sua cultura artistica – per nulla spiegabile in chiavesoltanto «italiana» – sia quella della sua produzioned’arte, connotata dalla presenza frequente di grandi arti-sti forestieri e da una distribuzione a raggiera dei prodotti

Storia dell’arte Einaudi

sul territorio, verso i feudi, le città, la provincia delRegno.Scarse sono le testimonianze pittoriche anteriori all’av-vento degli Angiò (1266). Della N paleocristiana, note-vole centro di cultura fra Roma e l’Africa, restano alcuniaffreschi e mosaici nelle catacombe di San Gennaro eSan Gaudioso, ed il frammentario, splendido mosaico delbattistero dell’antica cattedrale di Santa Restituta, capo-lavoro del naturalismo tardo antico della fine del iv sec.Della N del Ducato e poi normanna restano in città ap-pena echi dei grandi episodi, bizantini e romanici, svolti-si nel vicino centro basilicale di Cimitile e a Sant’Angeloin Formis nel casertano; primo fra tutti l’affresco «co-stantinopolitano» con la Deesis nell’abside della stessachiesa di Santa Restituta. E nulla infine resta della Nsveva, alquanto al di fuori dagli itinerari pugliesi e sici-liani del seguito e della cultura ormai gotica di FedericoII. La corte angioina impianta invece subito in città unclima e un fermento di cultura del tutto nuovi. Dalle pre-senze gotiche francesi ed occitaniche – esempio ne è ilSan Domenico catalano della chiesa omonima – si passapresto, già sotto Carlo II, all’importazione dei maggioritalenti centro-italiani attivi fra Assisi e Roma sulla scia diCimabue e del giovane Giotto: Montano d’Arezzo, atti-vo nella cappella Minutolo in Duomo e a San Lorenzo(circa 1285-1305); Pietro Cavallini – capofila romanodella pittura «moderna» – ancora al Duomo e San Dome-nico (1308-309), e alcuni suoi seguaci – fra i quali Lelloda Orvieto – a Donnaregina, al Duomo, a Santa Chiara.L’affrescatura delle grandi fabbriche ecclesiastiche e civi-li angioine doveva poi proseguire con la chiamata diGiotto (1329); per circa cinque anni il grande maestro to-scano – e la sua bottega, presenti in essa il giovane Masodi Banco e i maestri della Basilica inferiore di Assisi – viavrebbe lasciato prova del suo linguaggio maturo, fuso edecorativo, in opere delle quali ci restano soltanto scarsiframmenti nel coro delle monache a Santa Chiara e nellaCappella Palatina in Castel Nuovo. È al suo stile, alla suapresenza a N – piuttosto che al grande ma isolato episo-dio costituito dalla pala commemorativa di San Ludovicodi Tolosa dipinta nel 1317 per re Roberto da SimoneMartini – che si ispireranno i maggiori pittori locali: icosiddetti Maestri «di Giovanni Barrile» e «delle tem-pere francescane», Roberto d’Oderisio (suoi gli affreschi

Storia dell’arte Einaudi

dell’Incoronata, 1345-55) e il miniatore Cristoforo Ori-mina, alcuni fra i quali attivi sino a fine secolo. Sul crinale del Quattrocento anche N viene coinvolta –sull’asse tra la Spagna, le Marche, la Toscana – dall’onda-ta gotico-internazionale, e le presenze di Fei (1401), forsedi Starnina e di Pirez, formano alcuni notevoli maestri lo-cali come quello detto «dei Penna». Questo clima di cir-colazione mediterranea si accentua verso la metà del seco-lo e matura sotto Renato d’Angiò e specie sotto Alfonso eFerrante d’Aragona in un polo di cultura flandro-iberico-provenzale caratterizzato dagli influssi di Fouquet, diBarthelémy d’Eyck, di Jacomart Baço e dalle presenzeoriginali di van Eyck, di van der Weyden, di Petrus Chri-stus; polo del quale il napoletano Colantonio – con le an-cone di San Lorenzo e di San Pietro Martire – sarà ilmassimo esponente prima di passare il testimone all’allie-vo Antonello da Messina. Sintesi di questa tradizione lo-cale e della cultura prospettica pierfrancescana, già recepi-ta per altro dall’ultimo Colantonio, è nell’opera dell’ano-nimo maestro del polittico dei santi Severino e Sossio e inquella di Francesco Pagano, che con Paolo da San Leoca-dio e il siciliano Quartararo – pur esso attivo a N nel1491 – la esporterà verso Valencia e la Spagna sottol’egida dei Borgia; mentre alla pittura catalana e specievalenzana si ispireranno i più modesti Angiolillo Arcuccioe Pietro Befulco. A cavallo col Cinquecento la culturaumbro-romana di Perugino e Pinturicchio (Assunte, alDuomo e a Monteoliveto) penetra al Sud e influenza mae-stri locali come Cristoforo Faffeo, Cicino da Caiazzo eStefano Sparano, presto però superati dalla coeva impor-tazione di cultura prospettica «lombarda» – bramantescae poi bramantinesca – ad opera di Cristoforo Scacco (ca.1493-1501) e di Pedro Fernández (ca. 1508-1512), e quin-di dalla moderna impronta raffaellesca di Andrea Sabatini(circa 1510-30), primo vero interprete meridionale (conl’allievo Giovan Filippo Criscuolo e il collega AgostinoTesauro) del classicismo e della maniera. Il filone «manie-rista» delle Logge di Raffaello giungerà anche a N in que-gli anni con lo spagnolo Machuca (ca. 1519) e specie conPolidoro da Caravaggio (1524, 1527), il forte tasso espres-sivo delle cui pale per la chiesa della Pescheria orienteràmolti artisti locali fino a metà secolo, fra i quali SeveroIerace e i calabresi Cardisco e Negroni. A cavallo del1550 le importazioni tosco-romane – Leonardo da Pistoia,

Storia dell’arte Einaudi

Vasari e lo spagnolo Roviale, allievo di Perino, a Monteo-liveto e a Castel Capuano, Salviati a San Giovanni Mag-giore, il senese Marco Pino, infine (1557-82), ai Santi Se-verino e Sossio, al Gesù e in tante altre chiese cittadine –vengono equilibrate da un filone di pittura realistica e de-vozionale rafforzato ed orientate da presenze fiammingheed iberiche, i cui maggiori esponenti sino a fine secolo sa-ranno Silvestro Buono e Giovan Bernardo Lama. L’etàdella Controriforma vede il fiorire, sugli altari dellenuove, tante chiese degli Ordini e nei loro rutilanti soffit-ti cassettonati – celebri quelli di San Gregorio Armeno(ca. 1580-1582), di Donnaromita (ca. 1587-89), di SantaMaria La Nova (1599-1604) – d’una nuova e brillante ge-nerazione di artisti: il fiammingo Dirk Hendricksz e i lo-cali Francesco Curia e Girolamo Imparato, estrosi asserto-ri a N della «maniera tenera» degli Zuccari, di Caprarola,di Barocci; il grande decoratore Corenzio (ca. 1590-1640), che proseguirà in tante chiese locali la formula or-namentale introdotta dai romani Giuseppe Cesari e Gio-vanni Baglione negli affreschi della Certosa di San Marti-no (ca. 1593-1602); ed infine i vari Santafede, Borghese,Azzolino, corrispondenti napoletani della pittura dei«riformati» toscani e dell’arte senza tempo di Scipione daGaeta. Nel 1606 – e poi nel 1609-10 – fa irruzione inquesto ambiente il naturalismo vero e inquietante diMichelangelo da Caravaggio; il rivoluzionario maestro la-scerà a N oltre ad alcuni quadri minori, le due grandi palecon le Sette opere di Misericordia al Pio Monte (1606-607)e con La Flagellazione (1607-609) a San Domenico Mag-giore, ed a N forse più che altrove la sua formula in-contrerà un duraturo successo. Battistello, Sellitto, Vitale,Finoglia, saranno i suoi primi, validi seguaci; lo spagnoloRibera, col suo «tremendo impasto», l’alfiere di una se-conda generazione di naturalisti – Guarino, Falcone da unlato, Francesco Fracanzano e il «Maestro degli Annunci»dall’altro –; le chiese dei domenicani, dei gesuiti, dei tea-tini, la Certosa di San Martino, le prime grandi quadrerienei palazzi privati, il loro scenario. Il Seicento è un gran-de secolo per la pittura napoletana; il passaggio di Velaz-quez (1631), l’arrivo dei quadri di van Dyck e di Rubens,di Poussin, la presenza dei più grandi classicisti emiliani –da Reni a Domenichino e a Lanfranco, attivo con que-st’ultimo al tesoro di San Gennaro, ma anche a San Mar-tino e ai Santi Apostoli – si coniugheranno col filone na-

Storia dell’arte Einaudi

turalista locale generando le figure di Stanzione, di An-drea Vaccaro e di Bernardo Cavallino, campioni di unapittura domestica ed assieme colta e attraente. Falcone,De Lione, Salvator Rosa, Micco Spadaro, le famiglie deiRecco e dei Ruoppolo e Paolo Porpora primeggeranno in-vece rispettivamente nei vari settori «di genere»; le batta-glie, le scene «a figure terzine», la natura morta.Dopo la metà del secolo il ritorno a N del calabrese Mat-

tia Preti – con le sue tele nel soffitto di San Pietro aMaiella – e l’emanciparsi dal «tremendo impasto» di Ri-bera del giovane Luca Giordano decreteranno il trionfodel Barocco. Partito Preti per Malta, Giordano domineràla scena locale col suo studio della pittura veneta del Cin-quecento e con la sua intelligente interpretazione dell’artedi Pietro da Cortona; la sua formula, veloce e colorata, af-fermerà il barocco napoletano in tutta Italia e fino in Spa-gna. La figura di Giordano – capace di spaziare dai quadriprivati alle pale d’altare e alle grandi superfici affrescate,come in Santa Brigida, San Gregorio Armeno, o nel Teso-ro di San Martino (1705) – e quella di Francesco Solime-na, che a lui si affiancherà coi grandi affreschi di SanGiorgio Maggiore, di Donnaregina, di San Paolo, segnanoil passaggio graduale dal naturalismo al barocco e da que-sto al rococò, dall’epoca del Viceregno spagnuolo a quelloaustriaco e all’avvento dei Borbone. Con l’avvento delnuovo regno si apre infatti un altro notevole periodo dellastoria artistica napoletana e un nuovo ricco mercato nelladecorazione dei palazzi reali e delle maggiori residenzeprivate. Mentre Giacomo Del Po, Domenico AntonioVaccaro, Filippo Falciatore coniugheranno, talvolta sinoalla fusione, l’essenza del barocco giordanesco con unraffinato gusto rococò, di sapore talvolta austriaco, talvol-ta francese, Francesco De Mura in primo luogo e poi ivari Giaquinto, Diano, Bardellino, Rossi, Mondo, Cesta-ro, Celebrano, svilupperanno le contradittorie possibilità,già insite nel linguaggio del Solimena, fra rococò ed ac-cademia, quando, infine, Bonito e – con ben altro spesso-re intellettuale – Traversi ne amplieranno il campo d’in-tervento alla scena di genere, se non addirittura all’«inda-gine sociale». La N dei Borbone fu anche e soprattuttocentro vitale ed obbligato del «Grand Tour», meta diviaggiatori ed artisti. Se Liani e Mengs, la Vigée Le Brune la Kauffman primeggiarono – assieme a Bonito – nellaritrattistica di corte, Vernet, Volaire, Lusieri, Thomas

Storia dell’arte Einaudi

Jones ed infine Hackert dominarono l’altro ricco mercatodella veduta, affiancati da Joli e Bonavia.Nella veduta e nel paesaggio è forse da rintracciarel’aspetto più vitale della pittura napoletana dell’Ottocen-to, dove la freschezza di Pitloo o di Giacinto Gigante,della «scuola di Posillipo» e di quella di Resina si contrap-pongono ad una accademia sterilmente legata a quel clas-sicismo che già Mengs aveva imposto nella «pittura distoria». I fermenti «romantici» di un Morelli e di unCammarano e il richiamo alla realtà – per quanto a diversilivelli – dei vari Palizzi, Mancini, Michetti, e in specie diToma dovevano infine aver ragione di quest’ultima, ma lecondizioni di crescente estraneità al più vivo circuito cul-turale europeo, accentuatesi notevolmente con l’Unitàd’Italia e la perdita del ruolo di capitale, dovevano grada-tamente condurre ad un declino della produzione artisticanapoletana. Nel primo Novecento questa si colora così disapori caratteristici e provinciali, per cui – fatta salvaqualche modesta partecipazione al fenomeno futurista –solo a partire dagli anni Cinquanta l’immagine tradizio-nale e ormai stereotipata dell’arte napoletana s’incrinavaper dar luogo a qualche interessante esperienza d’avan-guardia. (pldc). Galleria Nazionale di Capodimonte Il palazzo di Capodi-monte a N è dal 1957 sede di uno dei musei italiani piùimportanti per consistenza e qualità dei dipinti e degli og-getti d’arte. Inoltre l’allestimento allora inaugurato, pro-mosso da B. Molaioli, fu per molti anni considerato all’a-vanguardia delle sistemazioni museali in Italia. Il nucleooriginale delle collezioni è costituito dalle opere d’arteraccolte per due secoli dai Farnese. Quando l’ultimo ducadi Parma, Francesco Farnese, morì senza eredi nel 1727, isuoi beni passarono all’infante di Spagna, Carlo, figlio diFilippo V di Borbone e di Elisabetta Farnese, sua secondamoglie. Carlo di Borbone, divenuto re di N e di Siciliacol nome di Carlo III, rinunciò alla sovranità di Parma;ma le più belle opere d’arte raccolte dai Farnese nelle lororesidenze parmensi o nel palazzo di famiglia a Roma ven-nero trasferite a N per arricchire il prestigio del nuovo so-vrano. Allo scopo di ospitare degnamente questi tesori(archeologici, artistici e bibliografici) Carlo III fece co-struire su una collina boscosa dominante il golfo di N ilpalazzo di Capodimonte, il cui progetto definitivo, dovu-to all’architetto Medrano, fu approvato nel 1738. Solo

Storia dell’arte Einaudi

nel 1758 venne inaugurata la prima Galleria di pittura,che suscitò immediatamente grandissimo interesse:Winckelmann la esaminò con cura, Fragonard vi si recòspesso anche per eseguire copie, e Goethe, più tardi, la vi-sitò e l’ammirò. Dopo l’occupazione francese e il trasferi-mento di quadri che essa provocò, Ferdinando IV (di-venuto Ferdinando I), che recuperò il trono dopo il 1815,fece trasportare le opere d’arte di Capodimonte nel palaz-zo degli studi (divenuto Museo Reale Borbonico, poiMuseo Nazionale), per unirle alle collezioni già dispersein altre residenze reali. Dal 1838 il palazzo di Ca-podimonte cominciò ad accogliere le opere dei giovani pit-tori pensionanti a Roma in palazzo Farnese, e i dipinti ac-quistati dal re nei salons; si arricchì inoltre di collezioni diarmi e di porcellane. Nel 1948 si decise di destinare ilMuseo Nazionale ai soli pezzi antichi e di restituire il pa-lazzo di Capodimonte alla sua originaria destinazione, col-locandovi le collezioni di pittura e di oggetti d’arte. La gnospita quasi duemila quadri, tra cui opere fondamentali diTiziano (Paolo III coi nipoti, Danae), Mantegna, Bellini(Trasfigurazione), Lorenzo Lotto, Sebastiano del Piombo(Clemente VII, Madonna col velo), Polidoro e un insiemeunico di dipinti parmensi provenienti dalle raccolte Far-nese (Correggio; Parmigianino, Antea; Mazzola Bedoli;Orsi; Schedone). Accanto a questi capolavori, altri dipintidi varia origine, provenienti soprattutto da chiese cittadi-ne o da acquisti, illustrano le varie scuole e periodidell’arte italiana. La gamma delle presenze èstraordinariamente varia, dai napoletani del XV e del xvisec. (Colantonio, Andrea da Salerno, Curia), ai fiorentinie senesi, molti dei quali operarono a N sin dal xiv sec.(Simone Martini, San Luigi di Tolosa), fino al rinascimen-to fiorentino (Masolino, Miracolo della neve; Masaccio,Crocifissione; Botticelli; Rosso), veneziano (B. Vivarini,Palma il Vecchio), ferrarese (Ortolano), «eccentrico» (Cri-stoforo Scacco, Pedro Fernández) ed agli artisti del xviisec. e del xviii sec., in particolare del Seicento napoleta-no, in rapporto più o meno diretto con le opere lasciate aN da Caravaggio, ora presente nel Museo con la fonda-mentale Flagellazione trasferitavi da San Domenico: Ribe-ra, Caracciolo, Cavallino (Santa Cecilia), Stanzione, Por-pora, Recco, Ruoppolo, Guarino, numerosi quadri di Sal-vator Rosa, Mattia Preti, Luca Giordano, (il Festino di As-salonne), seguiti da artisti del xviii sec. come Solimena (il

Storia dell’arte Einaudi

Sogno di Agar), Giaquinto, F. de Mura o Traversi; vannoaggiunte opere, dello stesso periodo, di pittori non napo-letani, tra i quali un eccezionale gruppo costituito da teledei Carracci, Guido Reni (Atalanta), Domenichino, Lan-franco, Saraceni, Pannini. Le scuole straniere sono rap-presentate da opere importanti di K. Witz (Sacra Famigliain chiesa), Bourdichon (trittico), Cranach, Bruegel (i Cie-chi, il Misantropo), El Greco (Giulio Clovio), Jan Soens,Vouet, Lorrain, E. Vigée-Lebrun, A. Kauffmann, Mengse Goya. Dopo il suo trasferimento a Capodimonte, laGalleria ha ricevuto numerose donazioni – tra le qualiuna delle più importanti è la collezione del Banco di N –,comprendenti dipinti del xvi, xvii e xviii sec., tra cui nu-merose le opere napoletane. (gb).Le collezioni del xix sec. rappresentano un’importante se-zione del complesso di Capodimonte. Ne fanno parteopere di pittori neo-classici (Benvenuti; Hayez), di pae-saggisti stranieri (Hackert, Dunouy, Pitloo, Vervloet,Dahl) o napoletani (Gigante): un vasto panorama dell’atti-vità pittorica a N fino alle opere più recenti di Toma,Morelli, Palizzi, Michetti, De Nittis. Il Museo ospitainoltre un Gabinetto di disegni e stampe, che conta circa20 ooo pezzi. (mlc).Museo archeologico nazionale Si tratta di una vera e pro-pria pinacoteca antica. Infatti l’uso, seguito per lungotempo, di staccare dalle pareti e dai pavimenti affreschi emosaici ha consentito di raccogliere qui numerosetestimonianze provenienti dalle città sepolte dall’eruzionedel Vesuvio nel 79 d. C. (Pompei, Ercolano, Stabia, Bo-scoreale), nonché le pitture funerarie degli ipogei campani(Ruvo, Canosa). (mfb).Quadreria dei Girolamini La chiesa di San Filippo Neri, odei Girolamini, è dedicata a Santa Maria della Natività ea Tutti i Santi ed è officiata dai Padri Filippini. Questigiunsero a N nel 1586; furono chiamati Girolamini per-ché la loro prima sede cittadina fu a San Girolamo dellaCarità. In seguito si trasferirono nel Palazzo Seriprando,dove fondarono una prestigiosa biblioteca, tuttora esisten-te, arricchitasi notevomente nel corso dei secoli. LaPinacoteca annessa alla chiesa raccoglie pitture del xvii edel xviii sec.L’originaria quadreria, costituita prevalentemente attra-verso donazioni a partire dalla fine del xvi sec., si arricchìulteriormente nel Settecento; era collocata nei locali della

Storia dell’arte Einaudi

sacrestia e dell’antisacrestia già dai primi del Seicento.Nel 1961 la Soprintendenza alle Gallerie della Campaniaordinò il trasferimento dei dipinti nei nuovi locali annessial chiostro maggiore della chiesa. In quella circostanza laraccolta mutò sensibilmente la precedente fisionomia: fu-rono aggiunte alcune opere provenienti dalla stessa chiesae dal convento, altre vennero rimosse. Tra i dipinti più si-gnificativi sono da ricordare: La fuga in Egitto di GuidoReni; Madonna col Bambino e san Francesco di CristoforoRoncalli detto il Pomarancio; alcune tele di BattistelloCaracciolo, tra le quali II Battesimo di Cristo; Mosè,Sant’Agnese ed Elia di Francesco Solimena; Adorazione deiPastori e Sacrificio di Isacco di Andrea Vaccaro; Adorazio-ne dei Magi di Andrea da Salerno; Nozze di Cana di Massi-mo Stanzione. (sl). Museo di San Martino II museo è collocato negli edificidella Certosa di San Martino, eretta sotto gli Angioini nel1325 e profondamente trasformata a partire dallo scorciodel xvi sec. A questa prima fase di rinnovamento delleantiche strutture e decorazioni, che si concluse nei primianni del nuovo secolo, dobbiamo la presenza di opere diartisti di varia provenienza, soprattutto romana, comeGiuseppe e Bernardino Cesari, Avanzino Nucci, LazzaroTavarone, Giovanni Baglione, Andrea Lilio, Belisario Co-renzio. Un ulteriore arricchimento del patrimonio pittori-co sia in tela sia in affresco si avrà nei decenni successivi,che vedono all’opera per la Certosa alcune fra le persona-lità più emergenti di quel periodo: Finoglia, Battistello,Stanzione, Ribera, Vouet, Lanfranco, Reni. Anche perl’apporto nel secolo successivo dei pittori napoletani(Giordano, Solimena, De Mura) la Certosa, nel suo insie-me, si configura come una straordinaria testimonianzadegli svolgimenti della pittura a N dall’ultimo manierismoal rinnovamento seicentesco, sia in senso naturalistico siain senso classicista fino alle grandi espressioni del barocconapoletano. Il museo, riorganizzato dopo la seconda guer-ra mondiale secondo principi museografici moderni, è ri-partito in tre sezioni: storica, artistica e monumentale. Lasezione artistica contiene quadri e frammenti di scuolanapoletana del xv sec., ed una collezione di opere di pit-tori napoletani del xvii sec. e del xviii sec., che ne costi-tuiscono il fondo principale (Caracciolo, Preti, Giordano,Solimena, Ruoppolo, Micco Spadaro, Salvator Rosa). Ilxix sec. napoletano è rappresentato dalle opere della scuo-

Storia dell’arte Einaudi

la detta «di Posillipo» (Gigante, Pitloo) ed inoltre di Mo-relli e Palizzi. Una ricca sezione consente di seguire ilvario articolarsi della pittura di paesaggio a N dalla finedel Settecento alla fine dell’Ottocento anche negli impor-tanti contributi degli artisti stranieri. (lcv + sr). Castel Nuovo. Il Museo Civico Il Museo Civico di N, in-stallato nel 1990 in una zona del complesso di CastelNuovo – detto anche Maschio Angioino – appositamenterestaurata e ristrutturata, assomma in sé la duplice funzio-ne di contenitore delle maggiori opere d’arte possedutedal Comune di N e di occasione per la definitiva aperturaal pubblico degli ambienti del celebre Castello, reggiadapprima degli Angioini e poi degli Aragonesi. Vi si acce-de dal monumentale arco marmoreo di trionfo di Alfonsodi Aragona, di recente restaurato, il vero capolavoro dellascultura rinascimentale in città (1452-67), sintesi dei ta-lenti di artisti quali Francesco Laurana, Pietro Di Marti-no, Domenico Gagini, Paolo Romano, Andrea Dell’Aqui-la. Nel grande cortile del castello si affaccia la cappella,unico resto della costruzione angioina e prima tappa delpercorso del Museo; vi si vedono, all’interno, negli sguan-ci delle finestre, le tracce degli affreschi di Giotto e dellasua bottega (1331-32) che un tempo ne ricoprivano tuttele pareti, oggi rimpiazzati in basso da un «Museo» di af-freschi staccati del Trecento napoletano provenientidall’ospedale dell’Annunziata e dal Castello di Casaluce(Niccolò di Tommaso e altri, ca. 1370). Fra il coro e la sa-crestia della cappella è invece raccolta una serie davveropreziosa di sculture dal Trecento ai primi del Cinquecen-to: gli straordinari tabernacoli della cappella stessa, di Do-menico Gagini, Jacopo della Pila, la Madonna di Lauranache ne ornava il portale, nonché altre Madonne, stemmi,statue di San Michele e di Angeli annuncianti di Laurana,Gagini, Malvito, provenienti dalle chiese cittadinedell’Annunziata, Della Pace, di Sant’Agostino alla zecca.Dipinti del Quattro e Cinquecento aprono anche l’infilatadelle sale del primo piano del museo, affianco dello scalo-ne monumentale: di Cardisco, Ierace, Bassano, Santafedeed altri, tavella di anonimi, ma tutti di notevole impor-tanza documentaria. Ben più nutrita la selezione del Sei-cento e Settecento, dal naturalismo al barocco: vi si trova-no infatti capolavori come la Crocifissione giovanile diBattistello Caracciolo, alcune grandi Madonne e santi diFinoglia, Mattia Preti, Solimena, la Gloria di san Nicola

Storia dell’arte Einaudi

ed altre tele di Luca Giordano, alcune Nature morte diRecco e ancora quadri di De Matteis, De Mura, Del Po,sculture, argenti, arredi sacri. A questo «museo sacro» dell’arte napoletana – d’altrondela provenienza delle opere è dai maggiori enti ecclesiasticicittadini ora soppressi – si affianca al secondo piano dellastessa ala, la raccolta dei dipinti dell’Ottocento di pro-prietà invece, sin dall’origine, del Comune di N: i Vicolidi Caprile e Migliaro, i Paesaggi di Dalbono, di Mancini,di Pratella, i Ritratti di Scoppetta, di Mancini, di Miglia-ro, i quadri storici – infine – di Miola, Cammarano, Mari-nelli e specie di Teofilo Patini e Gioacchino Toma, di cuispiccano – rispettivamente – il Parmigianino nel Sacco diRoma, l’Esame del Sant’Uffizio o la Messa in casa. Il terzopiano è riservato a mostre temporanee. (pldc). Stazione Zoologica (Affreschi nella Sala della Biblioteca)Nel 1872 il naturalista tedesco Anthon Dohrn da Stettino(1840-1909) fece costruire una Stazione Zoologica all’in-terno della Villa Comunale di N, con l’intento di divul-gare la conoscenza della fauna e della flora marina.Nell’edificio, infatti, fu collocato un grande «Aquarium»contenente pesci, spugne, crostacei, meduse, anellidi, po-lipi, echinodermi e granchi, suddivisi attualmente in ven-tinove vasche, per un totale di circa duecento specie dianimali e vegetazioni marine provenienti dal Golfo di N.La costruzione della palazzina che ospita la Stazione Zoo-logica fu iniziata dall’architetto Oscar Capocci (1825-1904) nel 1872; i lavori però furono sospesi poco dopoper una controversia legale tra committente e architetto, eCapocci fu escluso dal cantiere. Per la prosecuzione deilavori, Anthon Dohrn si rivolse allo scultore tedescoAdolf von Hildebrand (1847-1921) che si trovava in quelperiodo a N. Quest’ultimo iniziò a lavorare nell’estate del1872 e terminò la costruzione tra la fine di quell’anno edi primi mesi del 1873. L’edificio fu poi ampliato nel1885, nel 1894 e nel 1904, a causa dell’incremento dellecollezioni e dell’istituzione di un nuovo laboratorio di ri-cerche. Nel 1923 la Stazione fu eretta in Ente morale.Nel 1957 vi è stato aggiunto un corpo di fabbrica cheospita una importante biblioteca di biologia.Richiamati dall’iniziativa del Dohrn, giunsero a N alcunistudiosi tedeschi e, insieme ad essi, il pittore Hans vonMarées e il suo mecenate, lo scrittore Konrad Fiedler(1841-95), teorico della «pura visibilità». A von Marées

Storia dell’arte Einaudi

fu affidato l’incarico di decorare, con un ciclo di affre-schi, le pareti della biblioteca della Stazione Zoologica. Ilavori iniziarono nell’estate del 1873 e furono condottidal pittore in cinque mesi. L’ideazione del ciclo fu studia-ta, molto probabilmente, con Fiedler e, per quel che ri-guarda la parte esecutiva, von Marées si servì della colla-borazione di von Hildebrand. Non è certo fino a chepunto lo scultore abbia contribuito alla realizzazionedell’opera, ma sicuramente egli eseguì la parte architetto-nica e gli ornati (l’architettura dipinta ha la funzione, inquesti affreschi, di inquadrare i vari brani delle scene raf-figurate). Nelle quattro pareti della sala affrescata (che, inun primo tempo, era stata destinata ad ambiente di sog-giorno, ma che fu successivamente trasformata in biblio-teca) sono raffigurate scene di pesca, paesaggi marini congrotte, isole, spiagge e scogliere. Cronologicamente, laprima parete affrescata è quella a nord, dove è dipintauna imbarcazione da pesca, con vogatori ed altre figure,che naviga in un tratto di mare chiuso, costeggiato da sco-gli e isole. Questa scena, come quasi tutte le altre delciclo, è inquadrata da pilastri ed altri elementi architetto-nici dipinti (con riferimenti ad architetture pompeiane),che hanno la funzione di dividere le composizioni in partisingole. Nella parete a est, infine, è dipinta una scena digenere, dove sono riuniti i membri della comunità dellaStazione Zoologica, ritratti sotto un pergolato, nei pressidi una osteria. Tra i vari personaggi raffigurati, si ricono-scono Dohrn, von Hildebrand e lo stesso von Marées. (sl). Quadreria del Pio Monte della Misericordia II Pio Montedella Misericordia, una istituzione benefica fondata nel1602 e dapprima insediata nell’Ospedale degli Incurabilidi Napoli, nel 1606 si trasferì in due case, una di pro-prietà della famiglia Tomacelli, l’altra del marchese dellaGioiosa. Su queste sorse il palazzo attuale, disegnato daFrancesco Antonio Picchiatti nel 1658 e terminato nel1672; in seguito, fu costruita su progetto dello stesso Pic-chiatti una chiesa a pianta ottagonale annessa al palazzo.Il Pio Monte aveva già una propria chiesa, eretta agli inizidel Seicento, su disegno di Giovanni Jacopo Conforto,demolita e sostituita da quella del Picchiatti. Nella chiesasono conservate diverse opere di artisti napoletani delxvii sec., ma il dipinto più importante è senza dubbio LeSette Opere di Misericordia del Caravaggio, eseguito dalpittore lombardo negli ultimi mesi del 1606. Dal portico

Storia dell’arte Einaudi

del palazzo si accede alla Quadreria del Pio Monte dellaMisericordia, costituita da diverse collezioni importanti,provenienti da lasciti e donazioni. La collezionequantitativamente più ricca proviene da una parte dell’e-redità del pittore Francesco De Mura, lasciata dall’artistaal Pio Monte, alla sua morte, nel 1782. Si tratta di qua-rantuno dipinti (ma originariamente erano centottantaset-te) autografi, prevalentemente bozzetti, la più grandeconcentrazione esistente di opere dell’artista napoletano.Un altro importante lascito è quello (1938) di donnaMaria Sofia Capece Galeota, costituito da tele dal xvii alxix sec. I dipinti raccolti nella quadreria sono in prevalen-za di scuola napoletana dal Cinquecento al Settecento,con alcune inclusioni di dipinti seicenteschi di altre scuo-le. Un tempo, comunque, il loro numero era notevolmen-te superiore rispetto a quello attuale, ma molte vennerovendute per promuovere opere di carità. I dipinti di pro-prietà del Pio Monte erano infatti considerali semplice-mente come beni da impiegare in opere di carità e conquesto scopo venivano donati. La maggior parte dei dipin-ti della quadreria fu venduta nel 1845, quando era So-printendente il marchese Sersale; altri furono vendutidallo Stato per incrementare altri musei. Attualmente, trale opere di maggiore interesse, possiamo ricordarel’Autoritratto di Luca Giordano, la Pietà di Andrea Vacca-ro, la Sacra Famiglia con santa Lucia di Fabrizio Santafede,l’Incredulità di san Tommaso di Dirk van Baburen, SanFrancesco di Giovan Battista Crespi detto il Cerano,Sant’Agnese di Massimo Stanzione, il Sant’Antonio Abatedi Jusepe de Ribera. Tra i dipinti di Francesco De Mura(la maggior parte dei quali è esposta nel salone d’ingressoe nella Sala del Governo): Riposo in Egitto, l’Ultima Cena,due Visitazioni, San Giovanni Battista, San Michele Arcan-gelo, Adorazione dei Magi e tre miracoli di san Benedetto,San Benedetto impone al corvo di asportare il pane avvelena-to, San Benedetto provvede miracolosamente di grano i suoimonaci, San Benedetto doma l’incendio nella cucina del con-vento. (sl). Museo Civico Principe Gaetano Filangieri II museo, fon-dato da Gaetano Filangieri jr (1824-1892), principe di Sa-triano e donato da questi alla città di N, ha sede dal 1888(anno della inaugurazione) nel Palazzo Como. L’edificioapparteneva, nel xiii sec., a Riccardo Como, signore diAlbignano, ed era in origine ad un solo piano. Nel 1404

Storia dell’arte Einaudi

fu ampliato dai fratelli Giovanni e Fabio Como e ingran-dito ulteriormente dal figlio di Fabio, Angelo, nel 1454,per opera degli architetti Rubino di Cioffo ed Evaristo daSan Severo. Nel 1490 la costruzione fu ancora ingrandita,forse su disegno di Giuliano da Majano. Nel 1587 il pa-lazzo fu venduto ai Padri Domenicani e venne aggregatoalla vicina chiesa di San Severo. Con la soppressione degliordini religiosi, vi fu insediato nel 1863 il municipio dellacittà e, nel 1881-82, durante i lavori per l’allargamento diVia Duomo, fu demolito e ricostruito (riutilizzando, però,i pezzi ed i materiali originali) circa venti metri più indie-tro, alla fine della strada, dove ancor oggi si trova. Suc-cessivamente, durante il secondo conflitto mondiale,molte delle opere custodite nel museo (pitture, sculture,ceramiche e porcellane) furono trasportate, per motivi disicurezza, nella Villa Montesano a San Paolo Belsito eproprio in quel luogo ne andò distrutta la gran parte,nell’incendio del 1943 (tavole del Botticelli, del Ghirlan-daio e di Jan van Eyck). Nel 1948, dopo diverse integra-zioni dovute a donazioni, il museo fu riaperto al pubblico.La scelta dei dipinti raccolti da Gaetano Filangieri (alcuniprovenienti dalle collezioni della famiglia e altri acquistatidurante i suoi viaggi) era piuttosto eterogenea e non sem-pre mantenuta allo stesso livello di qualità. La collezioneattuale è composta da opere del Seicento e del Settecentonapoletano e di artisti di scuola lombarda, veneta, toscanaed emiliana. Tra i quadri più significativi: il Trionfo diGalatea e il Convito di Baldassarre di Luca Giordano; laTesta di san Giovanni Battista, L’Eterno Padre e SantaMaria Egiziaca di Giuseppe Ribera; Ecce Homo di GiovanBattista Caracciolo; Vergine col Bambino di BernardinoLanino; Santa Prassede di Bernardino Luini, Vergine colBambino di Giulio Campi; L’incontro alle porte di Roma disan Pietro e san Paolo di Mattia Preti; Venere e Amore diBoucher; Adorazione dei Pastori di Matthias Stomer. (sl).

NaraPeriodo della storia del Giappone (645-793) dominatodall’influsso cinese, che si esercitò tanto sui costumi chesull’abbigliamento, la lingua e le arti. Queste ultime sonoancora quasi totalmente tributarie del buddismo, intro-dotto nel precedente periodo di Asuka. Parallelamentealla fioritura della scultura e dell’architettura, più origina-li che nel secolo precedente, la maturità che i pittori giap-

Storia dell’arte Einaudi

ponesi cominciano a raggiungere si riflette negli affreschidello hÿryùji, nei dipinti isolati di divinità (kichijÿten), epersino nei manoscritti illustrati (ingakyÿ) o negli arredidecorati conservati nel tesoro dello shÿsÿin. Il periodo diN è talvolta detto «epoca Tenpyÿ», quantunque quest’ul-timo sia il nome dell’epoca tra il 729 e il 748. (ol).

Narciso da Bolzano(attivo a Bolzano dal 1474-1517). Segnalato come resi-dente a Bolzano, con una propria bottega di intaglio li-gneo, a parure dal 1474, nel 1486-87 Meister Narziss(così chiamato nelle fonti) è incaricato di restaurare l’alta-re a portelle che Hans von Judenburg aveva intagliato nel1421 ca. per l’altar maggiore del Duomo di Bolzano. Nel1488-89 sono menzionati altri suoi interventi (di rifaci-mento?) al paliotto e all’organo del Duomo. Nel 1488firma e data il Flügelaltar per l’altar maggiore della parroc-chiale dell’Assunta di Fiè allo Sciliar (Völs am Schlern), lacui commissione risale alla testarda volontà del prepostodi Fiè che, contro il parere del proprio vescovo, di Bressa-none, che premeva per impiegare il proprio «protégé»Hans Klocker, chiamò N a Fiè già nel 1483-84, per ini-ziarne la costruzione. L’altare fu ricostruito nel 1902, gliintagli delle portelle interne pesantemente ridipinti, lesculture dello scrigno disperse. Benché anch’esse ripassa-te, le quattro scene della Passione dipinte sul lato esternodelle portelle dichiarano ancora lo stile del maestro, alquale risale probabilmente l’impianto compositivo – quasidel tutto ricavato da schemi e modelli incisori del Mae-stro E.S. e di Schongauer – e l’intervento diretto in alcu-ni passaggi, ma la cui stesura complessiva si deve al pitto-re impiegato nella sua bottega, secondo la consuetudinecomune, in questo scorcio di secolo, a molte botteghe delTirolo meridionale. Lo stesso collaboratore è autore dellerudimentali quattro scene della Passione dipinte sul latoesterno delle portelle dell’altare consegnato da N allachiesa di San Giacomo in der Au, presso Bolzano verso il1495-1500. Anteriormente a questo altare, verso il 1485,N creò il grande altare a portelle per la parrocchiale diFiera di Primiero, del quale rimane oggi soltanto lo scri-gno (Trento, Museo Provinciale d’Arte). Un altorilievocon la Natività e due portelle scolpite e dipinte (Trento,ivi), di medesima provenienza, attestano una secondacommissione a N a Fiera; nell’Annunciazione dipinta sul

Storia dell’arte Einaudi

lato esterno delle portelle è forse rintracciabile la mano diun nuovo collaboratore, dalla mano più dotata: v’è infattinella scena una maggiore coordinazione spaziale e un trat-tamento più coerente e delicato di panneggi e incarnati.Lo stesso pittore interviene nelle Annunciazioni per gli al-tari di Sant’Anna di Sopramonte (Trento, Museo Dioce-sano, ca. 1490-95) e di Sant’Antonio Abate a Mastellinadi Commezzadura, ca. 1490-94 (sculture dello scrigno inloco, portelle al Museo Diocesano di Trento). Dalla botte-ga di N uscirono svariati altri altari sparsi sul territoriodell’attuale Trentino-Alto Adige, dei quali ci sono peral-tro pervenuti solo alcuni frammenti scultorei, con esclu-sione delle rispettive parti dipinte, che avrebbero potutoilluminarci meglio sul delicato intreccio di competenze edi interventi su di un unico manufatto tra Maestro ecollaboratori; problema che permane insoluto anche incasi di ben altra consistenza qualitativa, come per l’altaredi Multscher a Sterzing. Responsabile di una delle più operose botteghe del bolza-nino, N lascerà la sua eredità stilistica nelle mani di me-diocri e attardati rifacitori, che ne diffonderanno semprepiù balbettanti e frammentati stilemi per le valli trentine,fin dentro la metà del xvi sec. Certamente più in-tagliatore che pittore, la modesta ma vivace e originalepersonalità di N aspetta ancora di esser criticamente chia-rita. Sembra formarsi su fonti bavaresi (E. Grasser) – dacui trae la peculiarissima vitalità gestuale, scattante mameccanica, dei suoi personaggi, il gusto per il loro agitatoaffastellamento, così come certe fisionomie smagrite enervose – e più genericamente svevo-franconi (la strutturadei suoi altari), mescolate ad un forte accento brissinese-klockeriano. (scas).

Nardi, Angelo(Razzo 1584 – Madrid 1664). Proveniva da una nobile fa-miglia fiorentina esiliata dai Medici; fece apprendistato inToscana nell’ambito dei manieristi riformati. Dopo unviaggio a Venezia (1600) si recò in Spagna in cerca di for-tuna, nel momento in cui, da Valladolid, la corte si stabi-liva definitivamente a Madrid; qui restò per oltre mezzosecolo. Trovò una vasta clientela nel clero e negli ordinireligiosi, e dipinse numerosi complessi per altari, di solitofirmati e datati, nella regione madrilena – particolarmentead Alcala de Henares, che conserva intatto il vasto ciclo

Storia dell’arte Einaudi

delle bernardine (Vita di Cristo, Martiri e Santi dell’ordinecistercense), commissionato nel 1619 dagli esecutori testa-mentari del cardinal Sandoval, fondatore del convento – ealtrove (Retablo delle bernardine di Jaén, 1639). A partiredal 1625 divenne pittore del re contemporaneamente aVelázquez, cui si legò di fedele amicizia. L’abbondanzadella sua produzione e la generale simpatia che circondòquest’uomo colto, benevolo e abile – con un incontestabi-le talento, benché un poco freddo e compassato – nefanno uno degli artisti più rappresentativi della generazio-ne con cui si apre il xvii sec. Il suo stile, piuttosto ar-caico, resta molto legato ai modelli italiani – fiorentinicome Cigoli, o pittori dell’Escorial come Cambiaso – maanche veneziani come Bassano, di cui possedeva opere ecui deve senza dubbio un certo interesse per i problemidegli effetti luminosi e per un realismo familiare nei det-tagli, che annuncia le ricerche della generazione seguente(Adorazione dei pastori e Adorazione dei Magi delle bernar-dine di Alcalá; Scene dell’infanzia di Cristo, dopo il 1625:ai Gesuiti di Alcalá, distrutte nel 1936; San Diego agli Ar-chivi di Alcalá, 1640, distrutto anch’esso; Adorazione deipastori, 1650: Madrid, coll. priv.). (aeps).

Nardo di Cione(Firenze, immatricolato all’Arte dei Medici e Speziali trail 1343 e il 1346; morto tra il 1365 e il 1366). La nostraconoscenza della sua personalità artistica è basata sull’au-torità del Ghiberti, che gli attribuisce gli affreschi dellacappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze, la cuiesecuzione ha come punto di riferimento cronologico il1357, anno in cui il fratello di Nardo, Andrea Orcagna,compì il polittico che sta sull’altare della stessa cappella.Ma, in confronto a questo, gli affreschi (raffiguranti ilGiudizio Finale, il Paradiso e – rovinatissimo – l’Inferno)interpretano l’eredità di Maso di Banco con un respiroben più intenso, sia pure all’interno della riforma orcagne-sca che aboliva tutta la problematica di Giotto e dei suoigrandi seguaci. Le figure longilinee, solennemente profila-te sulla superficie dipinta, ora trasognate nella beatitudi-ne, ora grottesche nella disperazione, prendono corpo inuna fusa dolcezza, che nelle opere su tavola (politticodella ng di Praga; la tavola con Tre santi della ng di Lon-dra, proveniente, con buona probabilità dalla chiesa diSan Giovanni Battista della Calza; Crocifissione degli Uf-

Storia dell’arte Einaudi

fizi di Firenze, ecc.) rischia talvolta di indurirsi per unasoverchia diligenza di esecuzione, tipica, d’altronde, dimolta pittura fiorentina della seconda metà del Trecento,incline ad esaltare gli aspetti decorativi e materici delleproprie composizioni. (lb).

Nash, Paul(Londra 1889 – Boscombe (Hampshire) 1946). Si formòpresso la Slade School di Londra (1910). Artista dal tem-peramento romantico e dalle eclettiche capacità (fu infattiillustratore, decoratore e scrittore, oltre che pittore), i cuiesordi ricordavano il carattere visionario dell’opera diBlake e dei preraffaelliti, nel 1918 dovette la fama a note-voli dipinti di guerra – qualche esempio all’Imperial WarMuseum di Londra – che illustrano la distruzione dellanatura per mano dell’uomo. Attivo rappresentantedell’avanguardia tra le due guerre, nel 1933 fondò il grup-po Unit One. Sensibili al duplice influsso di Cézanne e diDe Chirico, molti suoi dipinti sono paesaggi cherappresentano immagini di sogno, giustapposizioni irra-zionali di oggetti reali e di oggetti inventati (Northern Ad-venture, 1929: Aberdeen Art Gall.; Paesaggio notturno,1938: Manchester, ag). Strettamente legato al movimentosurrealista internazionale tra il 1936 e il 1938, e dal 1938al 1946, fu una figura fondamentale del neo-romanticismoinglese. Una sua retrospettiva è stata organizzata nel 1948a Londra, Tate Gall., ove sono conservate alcune sueopere (Pilastro sotto la luna, Paesaggio di sogno). (abo).

Nasini, Giuseppe Nicola(Castel del Piano (Grosseto) 1657 – Siena 1736). ARoma studiò con C. Ferri e, ammesso all’Accademia delDisegno nel 1681, vi rimase fino al 1685. Ottenne di-versi premi all’Accademia di San Luca tra il 1679 e il1683. Dopo un breve soggiorno a Siena e a Venezia sistabilì prima a Firenze protetto da Cosimo III, e, dal1698, a Siena dove ottenne molte commissioni ed ebbeun folto gruppo di allievi. Fu molto apprezzato in Um-bria, dove, tra il secondo e terzo decennio del Settecen-to, gli furono commissionate numerose e importantiopere a Foligno, a Perugia, a Gubbio. Ad Assisi, nelconvento di San Francesco, si conserva uno dei comples-si qualitativamente più alti nella produzione dell’artista:

Storia dell’arte Einaudi

le quattro tele con Storie di san Francesco. Altre opere si-gnificative: le quattro grandi tele rappresentanti i Novis-simi per Palazzo Riccardi a Firenze (1690-94, perdute);affreschi nella chiesa del Crocifisso nel santuario diSanta Caterina a Siena (1701); il profeta Amos nella na-vata centrale di San Giovanni in Laterano a Roma(1716-18). La sua produzione, dai piacevoli modi deco-rativi tra tardo barocco e primo rococò che rivelano l’in-flusso prevalente di Pietro da Cortona, è caratterizzatada uno stile uniforme che rimase invariato nel tempo.(amr).

Nasmyth, Patrick(Edimburgh 1787 – Londra 1831). È il miglior rappre-sentante di una famiglia di artisti scozzesi. Cominciò stu-diando pittura col padre, Alexander N; si stabilì poi aLondra nel 1810. Dal 1812 espose alla Royal Academy,alla British Institution ed alla Society of British Artists,di cui divenne membro nel 1823. Dipinse paesaggi, prin-cipalmente dell’Inghilterra meridionale e occidentale, allamaniera degli artisti olandesi (Hobbema, Wynants), ilche gli valse il soprannome di «Hobbema inglese»: laCasa nel bosco (1825: Edimburgo, ng). È pure rappresen-tato a Londra (Tate Gali, e vam). (mr).

Nason, Pieter(Amsterdam 1612 – L’Aja tra il 1688 e il 1691). Ri-trattista e pittore di nature morte, stabilitesi ad Amster-dam fino al 1638, poi all’Aja nel 1639, divenne decanodella gilda nel 1654,1657,1658, nel momento in cui siistituiva in città la nuova confraternita della Pictura. Isuoi ritratti – Ritratto d’uomo (1648: Museo di Varsa-via), ritratto di Guglielmo Federico conte di Nassau(1662: L’Aja, Mauritshuis), ritratti di un Uomo e di unaDonna (1668: Rotterdam, bvb), ritratto del Principed’Orange (New York, mma) – rivelano l’ascendente delsuo maestro Jan Ravesteyn. N divenne pittore di corte aBerlino nel 1666.I suoi ritratti, raffinati ed eleganticome quelli di P. Moreelse e di M. van Mierevelt, prefi-gurano già il xviii sec. Nelle Nature morte composte conoggetti preziosi (Copenhagen, smfk), egli rammenta lostile di E. Pickenoy e di Meda. (php).

Storia dell’arte Einaudi

NatansonAlexandre (Varsavia 1867 – Parigi 1936), Thadée (Varsa-via 1868 – Parigi 1951) e Alfred (Varsavia 1873 – Parigi1932), tutti e tre figli di un ricco polacco cosmopolita cheviveva a Parigi, si appassionarono assai presto alla lettera-tura e all’arte. Alfred, il più giovane, nel dicembre 1889fondò con alcuni amici (Auguste Jeune-homme, Joë Hoggee i fratelli Leclerc) «la Revue bianche», la cui gestionevenne ben presto affidata al fratello maggiore, Alexandre,banchiere e uomo d’affari. Thadée N collaborò al secondonumero con una poesia; presto poi divenne l’effettivo di-rettore della rivista. Vallotton ce ne ha lasciato un sor-prendente ritratto (Ginevra, Petit Palais, Fondazione O.Ghez): secondo Léon Daudet, Thadée «univa alla finezzadi Sterne l’acutezza di Chamfort»; la moglie di Thadée,Misia, fu ritratta da tutti gli artisti de «la Revue blan-che»: Bonnard, Vuillard, Lautrec, Vallotton. Thadée fucritico penetrante e sensibile testimone, come dimostranole sue cronache d’arte, comparse sulla rivista, e le sue me-morie: Peints à leur tour (1948), Le Bonnard que je propose(1951). Fu tra i fondatori della Lega per i dirittidell’uomo. (fc).

Nathan, Arturo(Trieste 1891 – Biberach 1944). Gli esordi del pittore sicollocano nel clima romano degli anni Venti in contattocon il sostrato mitteleuropeo della pittura di G. De Chiri-co e A. Savini o cui si richiamano i suoi primi autoritrattie manichini. L’elemento metafisico sarà alla base dell’ul-teriore indirizzo impresso da N negli anni Trenta alla suapittura, svolgendo una sorta di meditazione «magica» chemescola elementi naturali e visioni museali (Malinconia,1938: Trieste, Museo Revoltella). (sr).

Natoire, Charles-Joseph(Nîmes 1700 – Castelgandolfo 1777). Allievo di Gallochee di Lemoyne, vinse nel 1721 il primo prix de Rome conL’offerta sacrificale di Menue (Parigi, enba); a Roma(1724-27) dipinse i Mercanti scacciati dal Tempio (Parigi,chiesa di Saint Médard). Tornato a Parigi, venne accoltonell’Accademia nel 1734 con Venere ordina a Vulcano learmi di Enea (Museo di Montpellier), e si dedicò alla gran-de decorazione, operando sia per le chiese (Santo Stefano

Storia dell’arte Einaudi

tra i dottori, 1745: Museo di Rennes), sia per il re (LaGiovinezza e la Virtù presentano le Principesse di Francia,1734: Versailles, camera della regina; Allegorie delle Muse,1745: Parigi, bn, Gabinetto delle medaglie), sia, infine,per privati; i suoi grandi cicli mitologici e storici – ottosoggetti della Storia di Psiche (1737-39: Parigi, Hôtel Sou-bise, oggi agli Archives Nationales), dieci soggetti dellaStoria degli dèi, sei soggetti della Storia di Clodoveo, quat-tro della Storia di Telemaco dipinti tra il 1731 e il 1740per il castello di la Chapelle, Godefroy en Champagne (SanPietroburgo, Ermitage; Mosca, Museo Pu‰kin; e soprat-tutto Museo di Troyes) – rivelano una comprensione deiprincipi della grande decorazione, che lo rese giustamentecelebre. Tale senso decorativo si manifestò pure nei carto-ni per arazzi che eseguì per la manifattura dei Gobelins:Convito ai Antonio e Cleopatra (Museo di Nîmes), Collo-quio tra Antonio e Cleopatra a Tarso (Museo di Marsiglia;bozzetto al Museo di Rouen); operò anche per Beauvais:Storia di Don Chisciotte (verso il 1735), in tredici cartoni,dieci dei quali superstiti, uno al Louvre e nove a Compiè-gne, ciclo noto nella sua interezza attraverso gli arazzidell’arcivescovado di Aix-en-Provence (Aix, Museo degliArazzi). Poco prima di partire per Roma, N eseguì la de-corazione della cappella dell’ospizio dei trovatelli a Parigi,distrutta alla fine del xix sec., ma nota grazie alle incisio-ni di Fessard: decorazione illusionistica di stordente vir-tuosismo, che dimostra come la grande tradizione baroccadel soffitto in trompe-l’œil non si limiti in Francia, nelxviii sec., all’Apoteosi di Èrcole di Lemoyne (Versailles).Nominato nel 1751 direttore dell’Accademia di Francia aRoma, dopo J. F. de Troy, N si dedicò allora soprattuttoal suo ruolo pedagogico, cessando piuttosto presto l’atti-vità di pittore: Apoteosi di san Luigi (1756: Roma, SanLuigi dei Francesi; bozzetto al Museo di Brest). Disegnòtuttavia numerose vedute di Roma e dintorni (Parigi,Louvre; Oxford, Ashmolean Museum; Vienna, Albertina;Londra, bm; Hessisches Landesmuseum di Darmstadt;Montpellier, Museo Atger; Firenze, Uffizi; New York,mma; Edimburgo, ng), che per la loro spontaneità sonotra gli esempi migliori di paesaggio del xviii sec. e unadelle fonti, troppo spesso negletta, dell’arte di HubertRobert. Sostituito da Vien nel 1775, N si ritirò a Castel-gandolfo, dove mori due anni dopo. (jv).

Storia dell’arte Einaudi

Nattier, Jean-Marc(Parigi 1685-1766). Era figlio del ritrattista e pittoredell’Accademia Marc N, e fratello minore di Jean-Bapti-ste, pittore di storia. Notato da Luigi XIV, che lo auto-rizzò a disegnare ed a far incidere la Storia di Maria de’Medici (1700-1710), operò per Pietro il Grande in Olandae a Parigi (1717), e fu accolto all’Académie nel 1718 conPerseo trasforma in pietra Finea (Museo di Tours). ConWatteau disegnò allora i quadri del re e del reggente perCrozat (1721), e collaborò con J.-B. Massé alle tavole in-cise in base alle decorazioni della Grande Galerie di Ver-sailles (1723-53). Ma assai presto N si specializzò nel ri-tratto: le prime prove ricordano i modi di Raoux, con ungioco di luce, un cangiare di stoffe che sono simili, macon più sicuro disegno (Mademoiselle de Lambesc in figuradi Minerva, 1732: Parigi, Louvre). Presto divenne il pitto-re favorito della casa di Orléans, operando alla decorazio-ne del Temple (1734-48), il cui gran priore era Jean-Phi-lippe, cavaliere d’Orléans. Gli consentirono di affermarsialla corte di Versailles, tra una serie d’incarichi risalentiagli anni Quaranta, soprattutto i ritratti delle due sorelleminori della contessa di Mailly, amante di Luigi XV, Ma-dame de Flavacourt e Madame de La Tournelle (replica alMuseo di Marsiglia), che vennero assai ammirati. Da quelmomento N divenne il pittore della famiglia reale (MariaLeszayƒska, 1748: Versailles) e più particolarmente delledelfine di Francia: Madame Henriette in veste di Flora(1742: Versailles); Madame Adelaide in veste di Diana(1745: ivi); dipinse anche ritratti allegorici commissionati-gli dal Delfino (1751: Rio de Janeiro, Museo di SanPaolo). Egli traspone su un piano più amabile il caratteremaestoso delle figure di Rigaud, drappeggiate in velluti;ritrattista tra i più brillanti del secolo, presta a tutti i suoimodelli un’espressione dalla dolcezza un po’ effeminata,non sempre evitando l’adulazione, in particolare nelle fi-gure maschili, che si salvano tuttavia sia per la delicatezzadel modellato dei volti sia per le masse di sete sontuose eper i ricchi elementi decorativi. Malgrado questo aspettodi rappresentanza, N merita attenzione per la sua grandesensibilità alla fisionomia umana: non tanto la grandezzadi un personaggio della corte o della famiglia reale, quan-to la dolcezza, l’eleganza, la leggerezza, sfumate di malin-conia, si fanno interpreti, nei suoi dipinti, di una societànella quale va crescendo il ruolo della donna, in un

Storia dell’arte Einaudi

linguaggio che rievoca le opere di Rousseau e preannunciala sensibilità dei ritratti di Greuze o di E. Vigée-Lebrun.Tra i migliori ritratti di N, possono inoltre citarsi quelliconservati al Louvre di Parigi: Ritratto di un commendato-re dell’ordine di Malta (1739); la Contessa Tessin (1741); laDuchessa de Chaulnes in veste di Ebe (1744); Madame deSombreval in veste di Erato (1746); e soprattutto al castellodi Versailles: Madame Louise; Madame Victoire (1748); Isa-bella di Parma (1752); Madame Henriette mentre suona laviola da gamba (1754); il Duca di borgogna (1754); VArtistacon la sua famiglia (1761); al Museo Condé di Chantilly:Mademoiselle de Clermont; la Principessa Condé; al Museodi Amiens; J.-B. Louis Gresset; al Museo Jacquemart-André di Parigi: la Marchesa d’Antin (1738); all’Accade-mia reale di Copenhagen: Tocqué (1762); al nm di Stoc-colma: la Marchesa de Broglie (1742), la Duchessa d’Orléansin veste di Ebe (1744); alla Wallace Coll. di Londra: Made-moiselle de Clermont al bagno (1733); la Contessa de Tilliè-res (1750); Mademoiselle di Châteaurenard (1755); al mm diNew York: Madame de Marsollier con la figlia (1749); ealla ng di Washington: Joseph Bonnier de La Mosson(1745), Madame de Caumartin (1753). (cc).Il fratello Jean-Baptiste (Parigi 1678-1726), detto talvoltaN il Vecchio, fu anch’egli allievo del padre. Convittoredell’Accademia di Francia a Roma (1704-709), divennemembro dell’Accademia nel 1712. La sua vita privata fugiudicata scandalosa: venne espulso dall’Accademia e im-prigionato alla Bastiglia, ove si suicidò. È noto soprattut-to come pittore di storia (Giuseppe e la moglie di Putifarre,1712: San Pietroburgo, Ermitage; Davide: Mosca, MuseoPu‰kin). (sr).

natura mortaTermine che designa la rappresentazione dipinta di ogget-ti, fiori, frutta, legumi, cacciagione o pesce. Quando lagiustapposizione di taluni motivi evoca la vanità dellecose di questo mondo, si tratta di un genere particolare dinm detto vanità. La nm si configura come genere autono-mo all’inizio del xvii sec., ma la denominazione s’imponecome tale soltanto verso la metà del Settecento. Nel Cin-quecento, il Vasari parla delle «cose naturali» di Giovannida Udine; all’inizio del xvii sec., nelle Fiandre, van Man-der utilizza le parole «fiori», «frutta» e «mazzolini».Verso il 1650 compare nei Paesi Bassi l’espressione «still-

Storia dell’arte Einaudi

leven», a designazione di un’opera di Evert van Aelst(still = immobile; leven = natura, modello naturale). Que-sto genere di soggetti prese il nome, secondo Sandrart, distill-stehende Sachen, e poi di Stieleleben in Germania, e distill-life nei Paesi anglosassoni.In Francia, nel xviii sec., il termine nature reposée vieneimpiegato più frequentemente di quello di vie coye men-zionato nel 1649 sotto il ritratto inciso di David Bailly,peintre de vie coye (di vita quieta). Nel 1667, Félibien col-loca i pittori di «cose morte e senza movimento» al postopiù basso della gerarchla. Diderot commenta con interes-se, al salon, la pittura di «natura inanimata». Il successodi Chardin è infine decisivo per l’adozione di un terminenuovo e, nel 1756, compare l’espressione nature morte. Siè voluto talvolta impiegare la locuzione «vita silenziosa»,espressione che interpreta poeticamente stilleben e still-life. In Italia è stato adottato il termine nm, in Spagnaquello di floreros y bodegones (fiori ed angoli di cucina).Nella Grecia antica, il pittore Piraikos vendeva assai cari isuoi dipinti raffiguranti generi alimentari e Zeusi, secon-do la tradizione, rivaleggiava con la natura a tal punto chegli uccelli cercavano di beccare le uve da lui dipinte. Rea-lismo ed illusionismo erano gli ingredienti del nuovo gene-re pittorico che raffigurava oggetti quotidiani, ma delquale abbiamo solo testimonianza letteraria.Le prime nm conosciute del mondo occidentale sono inse-rite in affreschi e mosaici provenienti dalla Campania (Er-colano e Pompei) o da Roma, eseguiti in stile illusionisti-co: frutti, pesci e volatili posati su una lastra di pietra osu mensole, in trompe-l’œil, talvolta con la rap-presentazione delle ombre (la Camera mal spazzata, copiamusiva di Eraclito, iii sec., da Sosos di Pergamo, ni sec.a. C.: Roma, Musei Vaticani), rievocano l’antico xenion,dono di cibarie che un ospite offre ai suoi invitati.Nell’Italia del Trecento matura un gusto particolare per laraffigurazione di oggetti reali in uno spazio reale: illusio-nismo spaziale di Ciotto (lampade sospese in trompe-l’œilnelle sue «cappelle segrete» della cappella degli Scrovegnia Padova, verso 1303-305); di Pietro Lorenzetti (nicchialiturgica con ampolle, in trompe-l’œil, nel transetto sini-stro della chiesa inferiore di Assisi, verso il 1320), di Tad-deo Gaddi (nicchie liturgiche nella cappella Baroncelli inSanta Croce a Firenze, verso il 1332-1338). Ad Avignone(1337-39), le gabbie da uccelli vuote, sospese nella camera

Storia dell’arte Einaudi

del Papa nel Palazzo dei Pontefici, eseguite nell’ambientedi Matteo Giovannetti, rivelano un crescente gusto per lapittura di oggetti. I repertori più ricchi di nm si trovano,nel xv sec., nelle miniature, soprattutto quelle di scuolafiamminga, e nelle tarsie italiane. In ogni tempo la minia-tura ha infatti favorito una trascrizione esatta della realtà:piante ed uccelli del Dioscoride (Bisanzio, vi sec.), conchi-glie ed animali marini del Trattato Cocharelli (Italia, tardoxiv sec.), ed infine i Tacuina Sanitatis dei Lombardi, nelxiv sec., e le decorazioni a piena pagina dei miniatorifiamminghi della seconda metà del xv sec.; fra molti altrinel Manoscritto di Maria di Borgogna (fine del xv sec.),fiori e frutta nelle nicchie minuziosamente dipinte intrompe-l’œil, gioielli sparsi che per metà fuoriescono dauno scrigno sul davanzale di una finestra. Le tarsie italia-ne del Quattrocento hanno conferito una certa autonomiaalla rappresentazione illusionistica degli oggetti grazie adun forte controllo geometrico delle relazioni tra spazio ecose: armadi aperti su scaffalature piene di libri o di og-getti scientifici, nel duomo di Modena (1461-65), neglistudioli di Federico da Montefeltro a Urbino (1476) e aGubbio (New York, mma), Monte Olivete, Siena; e, piùtardi, a Bastie d’Urfe (1545-50: New York, mma). I varigeneri di nm – tavole apparecchiate, fiori e «vanità» –hanno avuto origine all’interno di iconografie religiosecome le Nozze di Cena, l’Ultima Cena, l’Annunciazione oscene di vita di santi (San Girolamo, San’Agostino ecc.).Nell’area culturale dominata dal realismo fiammingo(Fiandre, Francia, Germania), gli elementi di nm serbanoun senso simbolico, come le nm di libri su scaffali delMaestro dell’Annunciazione di Aix (1442-43: Bruxelles,mrba, e Amsterdam Rijksmuseum), Iris e gigli in un vasodi Memling (1490 ca.: Lugano-Castagnola, coll. Thyssen),Bacile e brocca di rame (scuola fiamminga, 1480 ca.: Rot-terdam, bvb), Armadio con bottiglie e libri (scuola tedesca,verso il 1470-1480: New York, coll. Brandt). Si tratta delretro di tavole con scene religiose o ritratti, non, dunque,di nm autonome; oppure di sportelli d’armadio, la cui de-corazione suggerisce illusionisticamente il contenuto realedel mobile. Considerato spesso la prima vera nm indipen-dente occidentale, il quadro che mostra una Pernice ecoppa appese a un arbusto, firmato e datato «Jac. de Barba-ri, 1504» (Monaco, ap), è anch’esso uno sportello dipintodi armadio. La nm si sviluppa infine come genere isolato

Storia dell’arte Einaudi

soltanto nel Cinquecento, grazie alla sintesi tra la potenzadella concezione italiana ed il valore che il Nord conferi-sce agli oggetti. La pittura di fiori, accanto alle raffigura-zioni presenti in quadri sacri si sviluppa nella pittura pro-fana; le grottesche di Giovanni da Udine (Logge Vatica-ne; Castello di Spilimbergo, 1555) ebbero grande risonan-za e forse hanno influito anche sulla pittura tedesca (Lud-ger Tom Ring, Iris e gigli, 1562: Münster, WestfälischesLandesmuseum). L’elemento naturalistico guadagna ter-reno dovunque nel Cinquecento, persino in Raffaello: glistrumenti musicali della Santa Cecilia (Bologna, pn) rivela-no un gusto, se non nuovo, quanto meno più marcato pergli oggetti che ci circondano. La curiosità di tutte le ric-chezze della natura e la tendenza decorativa propria delmanierismo tenderanno a liberare l’artista da speculazioniprofonde, facendo sbocciare un gusto particolare per l’in-solito. Il disegno preciso, l’osservazione rigorosa del parti-colare realistico, la luce distribuita armonicamente, lo spa-zio complesso nel quale si dispiega il compromesso manie-rista tra figura umana e nm, caratterizzano tanto le biz-zarrie decorative di Arcimboldo, i visi fatti di legumi efrutta, quanto la visione realistica di Aertsen, scene, reli-giose o meno, in interni rustici. Diverse versioni del Cristo con Marta e Maria (1552: Vien-na km; 1559: Bruxelles, mrba) rappresentano in primopiano e su due terzi dell’altezza del quadro un’ampia ecomplessa vetrina di pezzi di carne, formaggi, pani e legu-mi più o meno intrecciati con una figura di cuoca bloccatanel suo gesto; in secondo piano, piccoli profili, slanciatied instabili, si schierano attorno ad un tema religioso chetende a scomparire rispetto alla decorazione in primo pia-no. Questo stile ampio, dinamico, con colori vivi, materiadensa, spazio complesso e, spesso, la giustapposizione trafigure grandi e piccole, costituisce una forma sviluppataad Anversa (da Beuckelaer, allievo di Aertsen che sog-giornò in questa città tra il 1535 e il 1555), ed in Italia,forse attraverso la mediazione del mercante di «quadriolandesi» Affaiati di Cremona, di G. Campi, che verso il1580 si trovava anch’egli in Cremona e, a Bologna, di B.Passarotti e Annibale Carracci (Macelleria: Oxford, ChristChurch College). Il precursore della nm floreale è, sulloscorcio del Cinquecento, Georg Hoefnagel, che trasporràla tecnica minuziosa della miniatura nella pittura di caval-letto; nei quadri di Teniers, che rappresentano Leopoldo

Storia dell’arte Einaudi

Guglielmo mentre visita le sue collezioni, si dona all’arci-duca un quadro di fiori di Hoefnagel; lo stile miniaturisti-co rammenta che il microscopio è stato appena inventatoa Middelburg e che la prima raccolta-florilegio è statastampata presso Plantin ad Anversa verso il 1550 (è lafonte di numerosi erbari di Anversa e di Francoforte); di-segno incisivo, colori chiari, cura estrema dei particolaricaratterizzano l’arte di Hoefnagel, padre della pittura difiori del Seicento. La moda delle camere delle meravigliee dei gabinetti di curiosità fornirà risorse iconograficheinesauribili alla pittura di oggetti, considerata inventariodella natura. Dal 1600 al 1620 si sviluppa in Olanda,nelle Fiandre e in Germania uno stile internazionale, chesi concentra su due temi: i fiori o frutti e le tavole appa-recchiate, caratterizzati da una presentazione arcaica. Unaprospettiva dall’alto mostra il massimo numero di oggettiposati su una tavola e ben separati gli uni dagli altri; unsaldo disegno cinge volumi densi, in una luce uniforme,oppure si giustappongono tinte vivaci. Questo stile vennedivulgato in Spagna da Juan van der Hamen y León, o inItalia da Ludovico Susio e Fede Galizia. I mazzi sonosimmetrici, costituiti da gran numero di fiori dai coloriraffinati e come cesellati, tra i quali il tulipano d’Olanda,importato dalla Turchia tramite Vienna. In Olanda aJacob de Gheyn è ad A. Bosschaert soprattutto, che am-plia il tema collocando i suoi mazzi di fiori in nicchie di-nanzi a paesaggi, succedono B. van der Ast, innamoratodella madreperla e della forma delle conchiglie, e R. Sa-very, che allunga i mazzolini e riempie gli angoli inferioridi fiori sparsi. Ad Anversa, J. Bruegel de Velours, creato-re forse del tipo di composizione floreale fiamminga, pa-rallelamente a Bosschaert, mescola gioielli e fiori con li-bertà e virtuosismo tecnico. L’energia plastica caratterizzain Olanda le «tavole apparecchiate» di N. Gillis, F. vanDyck, F. van Schooten e Roelof Koets; ad Anversa è tem-perata da un aspetto più prezioso, con vetri di Venezia,presso O. Beert; e più intima in Clara Peeters, Hans vanEssen, Jacob van Es, Jacob van Hulsdonck. In Germania, accanto alle qualità plastiche di Peter Bi-noit ed a quelle di Soreau, Georg Flegel ammorbidisce lasua maniera, preludendo agli effetti luministici di Gott-fried von Wedig. Durante il suo secolo d’oro, l’Olandaconferirà al genere le sue patenti di nobiltà, introducen-dolo definitivamente nella pittura maggiore.

Storia dell’arte Einaudi

La nm è il riflesso del gusto olandese per la realtà concre-ta delle cose, ma spesso è anche la traduzione di preoccu-pazioni morali. Il suo stile segue l’evoluzione delle altrecategorie: pittura di storia, paesaggio, ritratto, pittura digenere.Verso il 1620-30, la rappresentazione che domina nellanm olandese è la «colazione monocroma»; un piccolo nu-mero di elementi raccolti sotto un’illuminazione diagonaleviene rappresentato entro un’atmosfera bruna o grigia, laprospettiva si abbassa e si accresce la profondità: evolu-zione parallela a quella del paesaggio. Si fissa inquest’epoca l’iconografia della «vanità». P. Claesz eW.Cl. Heda, ambedue originari di Haarlem, interpretanorispettivamente il genere del «pranzo»: il primo in unostile borghese e con un’intonazione monocroma grigio-bruna, il secondo con maggiore preziosità, in una mono-cromia grigio-verde. Nel medesimo repertorio, Jan Janszden Uyl mostra un’arte più salda, dall’accentuato verti-calismo; Harmen van Steenwyck sviluppa il tema della va-nità. Nel 1653 Rembrandt, nel suo Bue scuoiato (Parigi,Louvre) è il primo grande maestro del Nord ad eseguireuna nm, nella linea di Aertsen, ma interpretata col suogusto personale per gli impasti molto lavorati e densi eper le atmosfere che assorbono e dissolvono l’accidenta-lità. G. Metsu e G. Dou in Olanda, Christoph Paudiss inGermania ne espandono l’influsso. Nella seconda metàdel xvii sec., l’impegno nella composizione e nel colore,già visibile nelle cacciagioni di Salomon van Ruysdael,trova la sua espressione più decorativa nelle credenze di J.D. de Heem e nelle oreficerie di W. Kalf.Il grande Postpasto di de Heem (1640, Louvre) con la suaprofusione di motivi, è opera di un artista di spirito fiam-mingo, ma la formazione olandese si rivela nel disegnopreciso e nel chiaro colore locale; il repertorio complesso(libri di Leida, pâtés di Haarlem, frutti di mare dell’Aja)si ritrova negli allievi di de Heem (A. Mignon in Germa-nia, Luttichuys, A. Coosemans, J. van Son e P. Gillemansad Anversa, Benedetti in Italia), e il virtuosismo dell’arti-sta ispira pure l’opera di J. van Huysum e di R. Ruysch.W. Kalf dipinse interni di cucina, poi tavole apparecchia-te con acquamanili di oreficeria italiana; infine, a partiredal 1653, composizioni con oreficeria olandese. InfluenzòW. van Aelst nei Paesi Bassi e O. Ellinger a Berlino. In-flussi italiani caratterizzano J. B. Weenix, M. Withoos e

Storia dell’arte Einaudi

W. van Aelst; si scorge una particolare gravità, di spiritospagnolo, in Adriaen Coorte, che staglia violentemente unMazzo di asparagi (Oxford, Ashmolean Museum) dipinto atoni chiari su di un fondo scuro. È noto che spesso Ru-bens chiedeva a J. Bruegel di eseguire i fiori delle suecomposizioni, e a F. Snyders i frutti e i legumi. Il gustotipico di Anversa per l’accumularsi opulento di oggetti, elo slancio vitale proprio di questa scuola, fioriscononell’opera di quest’ultimo, seguito da A. van Utrecht, P.de Vos, Nicasius Bernaerts, che opererà in Francia: movi-mento, ricchezza, colori caldi caratterizzano le nm di Sny-ders, con frutti talvolta intaccati dagli insetti: è la nm«abitata», in contrapposizione a quella austera olandese.Accanto a Snyders, pittore di frutta, J. Fyt è il pittoredella selvaggina: la distinzione tra i colori e la densitàdella materia caratterizzano le sue grandi composizioni di-namiche e decorative. Ebbe come seguaci P. Boel e P.van Boucle che si trasferì in Francia. Nella scia di JanBruegel, citiamo Jan van Kessel e Daniel Seghers, le cuicoroncine di fiori sono spesso disposte attorno ad un’im-magine santa, e influenzarono in Italia soprattutto il ro-mano Nuzzi, detto Mario dei Fiori. Lo stile fiammingo,retorico e permeato di religiosità, si propaga in tutta Eu-ropa a partire dal 1630-40. La nm in Italia è dominata,fin dalla fine del xvi sec., da Caravaggio, che scandaliz-zava i contemporanei osservando come fare un buon qua-dro di fiori gli costasse altrettanta fatica che uno di figu-re. La nm monumentale, sotto una luce netta, nasce conla Canestra di frutta che Caravaggio dipinse alla fine delxvi sec. (Milano, Ambrosiana). Un riflesso della nm cara-vaggesca si può leggere nell’opera di T. Salini e attribuitaa Guido Cagnacci. Fiasco con fiori (Pinacoteca di Forlì).I grandi centri della nm in Italia sono quelli nei quali letradizioni classiche non hanno troppo prevalso: Napoli e laregione bergamasca. A Napoli esistono due correnti, quelladei caravaggeschi – Luca Forte, Ambrosiello Faro, che for-merà Giuseppe Recco e G. B. Ruoppolo, Porpora – e quel-la della pittura locale nella tradizione delle grottesche,scaturita probabilmente dal tardo rinascimento, con Gia-como Recco. Napoli viene collegata al Nord ed a Bergamoda Giuseppe Recco, a Roma da Luca Forte e Porpora, allaSpagna dal misterioso «Spagnolo dei pesci». I grandinomi della nm napoletana, Recco e Ruoppolo, riguardanodue dinastie di pittori. Giacomo Recco, pittore di fiori,

Storia dell’arte Einaudi

ebbe due figli: Giuseppe Recco, artista spontaneo e in-ventivo, pittore di favolosi prodotti della pesca, talvoltainseriti in un paesaggio, e Giovanni Battista Recco, pitto-re di interni di cucina con una profusione di oggetti di-sposti in uno spazio complesso, opere di mentalità menonuova.G. B. Ruoppolo fu influenzato da Giuseppe Recco, macercò di comporre più vigorosamente le sue mostre difrutta o di prodotti marini, particolarmente ostriche e tri-glie stillanti acqua; fu suo collaboratore Abraham Bruegel,di origine fiamminga. Il nome di Giuseppe Ruoppolo sem-bra investire due diversi tipi di opere: il primo, di effettomonumentale, che rappresenta angoli di cucina in tonibruni e raccoglie pochi oggetti, sarebbe attribuibile al fra-tello cadetto di Giovanni Battista; l’altro, che presentamostre abbondanti di fiori e frutta alla maniera di G. B.Ruoppolo, sarebbe invece imputabile al nipote Giuseppe,che firma G.R.U.Quanto a Paolo Porpora, esordì presso Giacomo Recco econobbe i caravaggeschi. Poi, il suo stile si sviluppò insenso decorativo (grandi mazzi di fiori sontuosi) o evoca-tivo, con i sottoboschi che l’artista scrutò con precisione epassione. Nel Nord, a Bergamo, E. Baschenis associa ilrealismo tradizionale dell’Italia del Nord alla poesia chenasce da una descrizione affettuosamente oggettiva deglistrumenti musicali. Le sue prime opere sono angoli di cu-cina con pesci o lumache divise in due registri, e già deno-tano una volontà compositiva; i suoi quadri maturi offro-no infinite variazioni sul tema del liuto, della viola, delmandolino: vi è forse una linea di continuità dal Suonato-re di liuto di Caravaggio (1595: SanPietroburgo, Ermita-ge), sino a questi strumenti abbandonati, al limite della«vanità». Il suo allievo Bettera conferirà un accento piùprezioso al medesimo repertorio, utilizzando tonalità piùchiare e più acide. A Roma, l’esempio di Caravaggio daforza a tutta una corrente di pittura concentrata sul temadella nm, che verrà sostenuta da una committenza aggior-nata e curiosa: l’alto numero di nm caravaggesche rima-stoci ne rendono testimonianza, lasciando tuttavia ancoraaperti parecchi problemi attributivi, a causa della quasitotale mancanza di firme e di appigli documentari. Sifanno strada i nomi di Giovanni Battista Crescenzi –maestro legato sia a Caravaggio maturo che al Maestro diHartford –, di Tommaso Salini, detto «Mao» (1575 ca.-

Storia dell’arte Einaudi

1625), dell’anonimo Maestro della natura morta già Ac-quavella (Violinista: nel Museo di Lecce), di Pietro PaoloBonzi; questi apriranno la strada ai grandi maestri romanidella nm seicentesca: Michelangelo Cerquozzi e il Cam-pidoglio. A Bologna, come altrove in Italia in questo me-desimo scorcio di secolo, si pratica una sorta di compro-messo tra figura e nm, presente soprattutto entro scene digenere o ritratti, ma rimane investita da quegli intenti di-dascalico-moraleggianti, o simbolici, ancora estranei allosguardo empirico e alla volontà di pura registrazione deldato naturalistico insiti nelle nm vere e proprie. Bartolo-meo Passerotti è uno dei protagonisti di questa fase, spe-cie nella serie dipinta per i nobili romani Mattei di Calca-rara (Macelleria e Pescheria: Roma, gnaa). È soltanto sullascia di Annibale Carracci (Macelleria: Oxford, ChristChurch Museum; Mangiafagioli), a partire dagli anni ’40,che artisti, non però locali, come Paolo Antonio Barbieri,fratello del Guercino, i fratelli Benedetto e Cesare Gen-nari (dal 1642) e Pier Francesco Cittadini, che mescolanoad una forte impronta fiammingo-francese – applicatanella sua specifica declinazione romana – le rispettoseascendenze formali, che si accentua nelle nm bolognesi ilcontrasto tra ombre e luce arricchendo in parallelo la ma-teria cromatica e aprendo la strada, allo scadere del Sei-cento, alle nm di Giuseppe Maria Crespi e dei cignane-schi, ovvero classicisti, Candido Vitali e Arcangelo Resa-ni, figura di spicco anche in campo letterario. A Firenzelo sviluppo della nm fu frenato da una forte tradizione lo-cale, orientata verso la pittura di storia e di figura (M.Gregori, in La Natura Morta in Italia, 1989): Jacopo daEmpoli e Jacopo Ligozzi sviluppano la lezione di Campi ePassarotti, ma con un’intonazione più raffinata, collegan-dosi sempre più agli interessi «scientifici» e fiamminghidella corte di Cosimo II e del cardinale Carlo de’ Medici.Dal 1617 al ’21 è presente in città Filippo Napoletano,che inaugurerà la serie, di gran successo, dei «campiona-ri» naturalistici (Conchiglie: Firenze, Gall., fiorentine,depositi; Due cedri: Firenze, Università, Museo di Botani-ca), che proseguirà fino a Bartolomeo Bimbi, il fiorantepiù importante dell’epoca barocca, insieme ad AndreaScacciati, e trova ripercussioni nell’ambiente dei prospet-tici e degli scenografi, impegnati in estese commissioniper la decorazione di palazzi e residenze fiorentine (Pan-dolfo Sacchi a Palazzo Pitti, Poggio Imperiale e loggia

Storia dell’arte Einaudi

della Villa di Mezzomonte, 1631 ca.). Come a Firenze,inoltre, anche a Siena (con Astolfo Petrazzi) e a Lucca(con Pietro Paolini) si aprono le «accademie al naturale»,ubicate nelle stesse botteghe dei pittori, create allo scopodi approfondire lo studio di fiori, frutta ed animali. Ilconsolidarsi delle presenze di opere nordiche a Genova,così come di una colonia di artisti fiamminghi in città –come Peter Howart e Gottfried Waals, Boel e Fyrt, se-gnalati nel 1640 – provoca l’allontanamento della scuolaligure dalle esperienze in fatto di nm e soprattutto trami-te Frans Snyders (in città nel 1608, ma operoso in Italiadal 1603 al 1609), allievo prediletto di Bruegel e dal toccosontuosamente rubensiano, spinge gli artisti liguri ad ab-bandonare l’impiego puramente decorativo della nm e arecuperarne, in vitalissimo intreccio tra motivi vegetali eanimali, resi con aderenza a volte panica, a volte essenzia-le, al puro dato di natura, la funzione di lettura del realein tutti i suoi aspetti, lettura sfrondata degli apparati sim-bolici e figurali tipici del manierismo ed invece perfetta-mente aderente alla forza semplice emanante dalle cose.Jan Roos (italianizzato in Giovanni Rosa) è attivo a Ge-nova dal 1614 al ’30; lo straordinario Sinibaldo Scorza(attivo sino al 1631) va ricordato almeno per un ciclo suOrfeo in venti pannelli di Palazzo Lonati Verri (oggi Saladel Castiglione in Palazzo Sormani, Milano); GiovanniBenedetto Castiglione recupera in accezione nuova i temieruditi della Vanitas e della Melancolia (soggetti di nm conCirce; Allegoria della Vanità: Kansas City, Nelson Galle-ries, Atkins Museum). Segue la folta produzione di Ber-nardo Strozzi (Allegorie dell’Estate e dell’Autunno, Du-blin, ng), Anton Maria Vassallo (tra 1640 e ’60; Dispensa:Washington, ng, Kress coll.), Guidobono e GiovanniAgostino Cassana (1658-1720). Alla fine del Seicento,Roma torna a costituire un centro internazionale ove sisviluppa la nm decorativa rappresentata da Francesco Fie-ravino, detto il Maltese, attivo a Roma dal 1650 al 1680,il cui repertorio è costituito da tappeti orientali, lussuosovasellame d’argento, strumenti musicali di caratterebergamasco, ma anche da frutta di stile romano, il tuttocomposto nel modo barocco. Il Maltese ha influenzatoMeiffren Conte, artista provenzale specializzato in nm dioggetti d’oreficeria eseguiti con ricca materia pittorica.Accanto a questo stile maggiore, Mario Nuzzi, detto deiFiori, riprende i fiori di Daniel Seghers, mentre Cerquoz-

Storia dell’arte Einaudi

zi adatta la plasticità caravaggesca alla confusa composi-zione barocca dei suoi «frutti in un paesaggio». In Spagnala nm è esistita fin dalla fine del Cinquecento. Si con-servano quadri arcaici firmati da Blas de Ledesma, e itesti di Pacheco parlano di frutti e fiori di Vázquez non-ché del misterioso Juan de Labrador, celebre pure in In-ghilterra e citato da Félibien. La nm spagnola è caratteriz-zata da chiarezza compositiva; sul fondo scuro si di-spongono oggetti rischiarati da una luce laterale che nedefinisce i limpidi volumi. Risentì indubbiamente di in-flussi nordici attraverso la mediazione di Juan van derHamen il Vecchio, stabilitosi a Madrid nel 1595, ed ita-liani con le grottesche di Giovanni da Udine, conosciuteattraverso Vézquez, oppure col tipo manierista portato daCampi nel 1584; e ancora italiani attraverso Caravaggio,trasmessi forse da Jüan de Labrador, il che spiegherebbelo spirito realistico decorativo e monumentale di Blas deLedesma. Più che la «tavola apparecchiata» di stile inter-nazionale rappresentata da Juan van der Hamen il Giova-ne, l’arte un poco arcaica di Ledesma (frutti o fiori in fre-gio, fortemente illuminati) conduce allo stile di SánchezCotán, artista il cui stile si riassume nel Melone, zucca, ca-volo e mela cotogna (Museo di San Diego): toni acidi, co-struzione matematica, luce che staglia le forme. Nellalinea di Cotán fiorisce l’arte di Zurbarán, le cui rare nm,come quelle della Norton Simon Foundation di Pasadena,sono esemplari del rigore spagnolo: pochi oggetti allineatisotto una viva illuminazione e su fondo nero. L’austeritàdelle forme geometriche della nm spagnola riflette il gustodel tempo per «la perfezione della figura cubica» (Juan deHerrera) e si colloca nella corrente spirituale del mistici-smo razionale. Accanto ad artisti puramente spagnoli, Ve-lazquez interpreterà lo schema manieristico della nm edella figura in uno spirito più caravaggesco nel quale cre-sce il ruolo dell’ombra, la materia è più ricca e viene sop-pressa la mostra complessa del primo piano manierista:come ad esempio nella Serva negra (Chicago, Art Institu-te). Numerosi artisti fiamminghi, raggruppati nella con-fraternita di Saint-Germain-des-Prés, introducono inFrancia la nm fiamminga, i cui caratteri si modificheran-no a contatto con l’ambiente locale. Motivi meno nume-rosi, composizione più chiara, intonazione meno aneddo-tica: la nm francese dell’inizio del Seicento è austera ecorrisponde alle idee degli ambienti sia protestanti, donde

Storia dell’arte Einaudi

sono scaturiti numerosi pittori di nm, sia giansenisti, ilche spiega il successo in Francia della «vanità». Il mag-gior pittore di nm della prima metà del xvii sec. è il mi-sterioso Baugin (forse in giovinezza Lubin Baugin) cheopera a Parigi verso il 1630, formatesi probabilmente colfiammingo van Boucle, ed il cui stile si evolve verso colorifreddi, struttura geometrica, numero di oggetti semprepiù scarso (Natura morta con scacchiera e Dessert di cialde:Parigi, Louvre). Jacques Linard, caratterizzato dalla preci-sione e dalla profusione fiamminghe, predilige il tema deiCinque sensi, più o meno legato alla vanità. Di formazionefiamminga, l’alsaziano Stoskopff viene a Parigi, ma è in-fluenzato dal caravaggismo e segna infine le sue operemature con un rigore tutto francese, fatto di verticali edorizzontali insistite, come nell’Estate e nell’Inverno, con laGrande Vanità del 1641 (Strasburgo, mba). L’umile vasodi frutta francese costituisce il motivo principaledell’opera di pittori protestanti come François Garnier,René Nourisson, dalla densa materia, e Louise Moillon, lacui opera esordisce con frutta e personaggi insieme e pro-segue con cesti descritti in uno stile arcaico che ella pro-trae in pieno secolo di Luigi XIV. Due artisti fanno datransizione tra la maniera semplice dei pittori della realtàed i fasti decorativi di Versailles: Paul Liégeois, la cui at-mosfera calda e lussuosa circonda ancora semplici cesti difrutta, e Pierre Dupuis, le cui composizioni si adornano dipaesaggi e balaustre in pietra. L’inclinazione dello stilefrancese verso la gradevolezza decorativa è dovuta al con-tinuo trasferirsi dei fiamminghi in Francia (J. M. Picart,dai delicati fiori posti in un vaso di vetro; Jan Fyt e Nica-sius Bernaerts, maestri della nm di selvaggina), nonché aldiffondersi del gusto per l’effetto: ad una politica artisticache persegue l’effetto: l’opulenza dei materiali, tessuti edacquamanili, in Monnoyer, si accorda con le composizionicomplesse delle Credenze di Desportes o dei Trofei di guer-ra delle sorelle Boullongne; l’effetto illusionistico dei na-stri, delle lettere e di diversi accessori appesi ad arbusti(Wallerand Vaillant, Le Motte) annunzia i giochi sette-centeschi; il mecenatismo regale, attraverso la ferma dire-zione dell’Académie da parte di Le Brun, favorisce la pit-tura di oggetti in quanto genere necessario alla decorazio-ne degli arazzi, che fanno parte delle sontuose serie nellequali Monnoyer dipinge i fiori e la frutta, Boel e Nicasiusgli animali, Yvart le cortine.

Storia dell’arte Einaudi

La pittura di fiori rivela l’evoluzione verso l’opulenza apartire da Nicolas Baudesson, Catherine Duchemin(prima donna entrata all’Académie e influenzata da DeHeem), J.-B. Monnoyer, dalle complesse mostre di fiori edrappeggi, e dal suo seguace Belin de Fontenay, dai fiorimescolati a busti classicheggiami in paesaggi che evocano ifasti di Versailles. Nel xviii sec., in Francia, la nm riflettei temi che appassionano l’opinione pubblica dell’epoca (leArti e le Scienze, di cui Chardin, Subleyras, A. Vallayer-Coster o Jeaurat de Bertry dipingeranno i simboli, sosti-tuiscono i trofei militari del Seicento), ed il ritorno allanatura o alla vita borghese e semplice, di cui si rappre-senteranno gli oggetti familiari. La pittura, confinata aisetti murari tra le finestre, favorisce le opere di medio opiccolo formato; e l’accento decorativo, mescolato algusto per gli effetti virtuosistici, spiega la voga del trom-pe-l’œil (Gabriel Gaspard de Gresly, Boilly, Sauvage).Dal punto di vista tecnico, la crescente libertà nei con-fronti dell’oggetto, la disposizione sempre più naturale(Vaso di Delft, di Louis Tessier, nel quale un vaso di por-cellana troneggia nel disordine dello scrittoio di M. deMarigny) si traducono anche nell’impiego di colori giu-stapposti. La transizione dal xvii al xviii sec. è percepibilenelle Credenze di Desportes e nei Frutti opulenti di Largil-lière, d’ispirazione fiamminga, cui subentra la sobrietàdelle creazioni di Oudry, che limita le sue nm ad uno odue oggetti (Sgabello di lacca, 1742: Parigi, coll. priv.;Anatra bianca, 1750: Gran Bretagna, coll. priv.): la lineaprecisa serra tinte ancora vive, benché assai raffinate, incomposizioni che sono sempre decorative. Chardin consa-cra progressivamente la propria opera alle cose umili, pre-sentate in una semplice composizione; la sua arte si evolvepartendo da un’ispirazione fiamminga oggettiva (la Razzae la Credenza, i suoi lavori di ammissione all’Académie,1728: Parigi, Louvre) fino ad evocare un’atmosfera intimaresa mediante composizioni più sobrie di oggetti immersiin una luce leggera, dipinti con una materia densa, macon grande libertà di tocco (Brioche, Vaso di olive: Parigi,Louvre). Roland de La Porte e Jean-Honoré Bounieu loseguono da vicino; Anne Vallayer-Coster, accademica aventisei anni nel 1770, introduce invece nel medesimorepertorio un colore delicato e una materia più fluida; hagrandissimo successo e, come scrivono i contemporanei,«attira una vera folla al salon». Fuori di Francia, in Sviz-

Storia dell’arte Einaudi

zera, Liotard riduce al minimo il numero degli oggetti, so-litari in un grande spazio vuoto, e alleggerisce il peso ed ilcolore della materia pittorica impiegando il pastello (Pescae fico, 1789: Museo di Ginevra). La Spagna resta fedeleall’austerità, alla saldezza ed alla chiarezza tradizionali:Luis Meléndez conferisce agli oggetti rustici ed alla fruttauna presenza pregnante, dovuta ad una luce cruda e aduna materia assai densa. Goya dipinge nm che apparten-gono già al xix sec. per spontaneità di visione e tecnicaaudace. L’Italia sembra prolungare la propria tradizione:Belvedere presenta fiori decorativi nel gusto napoletano;Cristoforo Munari, nella scia del bergamasco Baschenis,esibisce i suoi strumenti musicali dai colori preziosi, conuna luce precisa, secondo uno schema di verticali e diorizzontali; Bartolomeo Bimbi unisce ad una copiosità ba-rocca un colore freddo ed una linea netta di carattere fio-rentino; Carlo Magini, pittore di Fano, offre, in un’inter-pretazione un poco fredda, la versione estrema delnaturalismo caravaggesco in piena epoca rococò, mentre aVenezia Margherita Caffi preannuncia Francesco Guardi,i cui fiori leggeri e multicolori si dispiegano in fregi deco-rativi in balia di un vento immaginario.Quasi tutti i pittori francesi del xix sec. hanno praticatola nm, ma essa ha ormai perduto le sue caratteristichespecifiche, unitamente alle sue leggi, al suo repertorio edai suoi specialisti; rinascerà solo con Cézanne. Nella sciadell’arte decorativa del xviii sec., ma impiegando il dise-gno preciso e la maniera levigata del neoclassicismo(Boilly), si collocano Berjon, pittore di fiori a Lione, poiRedouté, il «Raffaello dei fiori», e Desgoffe, pittore dioggetti d’arte. La Natura morta con gambero di Delacroix(1824: Parigi, Louvre) è un unicum nell’opera dell’arti-sta, che più tardi dipingerà fiori. Ma alla metà dell’Ot-tocento le nm di Courbet dipinte a Saintes o a Sainte-Pélagie (selvaggina, pesci, fiori e frutta), eseguite conmateria ricca e colori bruno-verdi, e restituiti in seno aduna calda atmosfera, testimoniano, in un sontuoso stilerealistico, il gusto per la «tranche de vie» predilettodagli impressionisti. Bonvin e Bai attestano la predile-zione per la pittura olandese, e Théodule Ribot uniscel’influsso spagnolo a quello dei Paesi Bassi nelle sue nm,ove i chiaroscuri violenti rivelano con sensualità la mate-ria degli oggetti rappresentati: vasi di porcellana, fruttivellutati o una triviale padella per friggere. Fantin-La-

Storia dell’arte Einaudi

tour rappresenta l’ultima fase del realismo secondo unavisione più commossa: fiori, un angolo di tavolo resi me-diante un tocco ancora preciso, colori chiari su fondospesso scuro, atmosfera che diluisce i contorni. L’artesemplificatrice di Manet pone i fondamenti dell’arte mo-derna: abbandono dell’atmosfera, colori sempre menomescolati, libertà nella scelta del soggetto (un asparago ouna peonia sono nobili quanto una vasta composizione),toni puri, tocco libero. Per l’impressionismo, il problemaessenziale è lo studio della luce; la nm si accompagna al-lora alle figure (Colazione sull’erba, del 1865, di Manet,o Colazione di canottieri, verso 1883, di Renoir), e saràuno dei campi, non però quello privilegiato, ove si speri-menterà la nuova estetica. Il tono dominante ed il dise-gno perdono d’importanza e, sul doppio livello della tec-nica e dell’ispirazione, la reazione a favore della pitturapura riporterà alla nm Emile Bernard (Mele e vaso di ce-ramica, 1887: Louvre, mam), Gauguin e Bonnard. Lanm ritrova pure un luogo d’elezione nel simbolismo, fa-vorendo l’evasione onirica: singolari e preziosi i mazzi difiori di Odilon Redon. Nella linea del gusto appassio-nato per la natura espresso dal gruppo di Barbizon, maun poco distaccato, si trova Monticelli, iniziato da Diaze che attira l’attenzione di van Gogh; le nm di Monti-celli sono dipinte con una maniera spessa e corrusca, alservizio di un’ispirazione barocca. Accanto alla tranchede vie impressionistica, il bisogno d’espressione formalee psicologica di van Gogh gli fa conferire un posto im-portantissimo alla nm nella sua opera: gli oggetti, com-pagni quotidiani, ed i fiori vengono resi con amore e ve-rità dal grande solitario (Poltrona e Girasoli, 1886: Am-sterdam, Stedelijk Museum). Ensor introduce per con-verso la sua feroce ironia nella Razza (1892: Bruxelles,mrba). Cézanne appartiene cronologicamente all’Ot-tocento ma, per la novità della sua visione, serve d’in-troduzione alla rivoluzione cubista. Le mele e le arancesono per lui soprattutto un campo di applicazione dellesue teorie: «riduzione delle apparenze a tre forme ele-mentari, il cilindro, il cono e la sfera» e definizionedella forma mediante il colore («Quando il colore rag-giunge ricchezza, la forma raggiunge pienezza»). La suaopera esordisce con un colore scuro, una linea impetuosae barocca, poi tende a disciplinarsi e a costruirsi (Pendo-la nera, 1869: Parigi, coll. priv.); lo schiarirsi della tavo-

Storia dell’arte Einaudi

lozza conduce in seguito ad un’ascesi della materia pitto-rica (Natura morta con cesto: Parigi, mo), poi ad un’ine-dita sintesi nella quale fini pellicole di colore, più omeno sconfinando le une sulle altre, modulano l’oggettoin uno spazio azzurregnolo dolcemente articolato (Natu-ra morta con cipolle: ivi). Nel 1907, anno della retrospet-tiva di Cézanne, nacque il cubismo, movimento illustra-to soprattutto da tre pittori: Braque, per il quale la nmfu tema d’elezione, Picasso e Gris. Il problema per ec-cellenza del cubismo, quello dei rapporti tra forma e spa-zio, verrà risolto in particolare mediante numerosi qua-dri di nm. Tra il 1908 e il 1914, l’evoluzione di Braqueprocede con quella di Picasso, partendo da uno stile allaCézanne ove le forme sono salve e il colore è sobrio,steso a tocchi obliqui paralleli (Braque, Strumento musi-cale, 1908); poi, verso il 1910-11, il cubismo analiticoconduce ad una decomposizione del motivo in sfaccetta-ture modulate in un unico colore; si evita l’ermetismointroducendo «chiavi» del soggetto: particolare eloquen-te (manico di violino), lettere o altri segni (Braque: Assodi fiori, 1913: Parigi, mnam); i cubisti reintroducono findal 1912 la realtà sotto forma di colore o materia conuna tecnica nuova, il papier collé. La prima guerra mon-diale determina la dispersione degli artisti e la fine delcubismo propriamente detto, ma Picasso, come Braque,prosegue le proprie ricerche attraverso il tema della nm,sfruttata felicemente nel cubismo detto «sintetico» enello stile più eclettico che si diffuse negli anni Venti.Tutti i pittori che vennero in contatto col cubismohanno realizzato nm, ed alcuni, come La Fresnaye, de-vono ad esse i loro migliori soggetti (Natura morta contre manici, 1912: Parigi, mam de la Ville). Per Braque, lanm è soprattutto lo strumento musicale, che «piace per-ché, toccandolo, lo si anima», ma anche, a partire dal1918, il guéridon (tavolino tondo) con le sue linee sinuo-se, i «caminetti» monumentali e le «tavole» coperte dastrati di colore. La metà dell’opera di Gris è costituitada nm, spesso in toni spezzati a dominante grigio-blu,con qualche campitura, che rivelano un certo classicismo(1910-15, Prima colazione: Parigi, mam de la Ville). Inuna deliberata ricerca di semplificazione, fin dal 1918 ilpurismo di Ozenfant e di Jeanneret affermò l’autonomiadegli oggetti, scelti fra i più comuni, fissandone l’essen-za mediante uno stile ascetico, ove il disegno è un grafi-

Storia dell’arte Einaudi

co. Léger è stato per un momento compagno di stradadei puristi, di cui arricchisce il repertorio attingendo almondo della macchina o associando agli oggetti elementiumani (Natura morta con braccio, 1927: Essen, FolkwangMuseum). In Germania, alcuni pittori della Neue Sachli-chkeit, influenzati da Cézanne e dal cubismo, diederoprova di rigore costruttivo, in particolare Alexandre Ka-noldt (Natura morta con chitarra, 1926: Stuttgart, sg).Questi vari sviluppi si collocano nella evoluzione logicadel cubismo. Tra il 1918 e il 1930 ca. si ebbero altrecorrenti, particolarmente quella di un neo-realismo al-quanto pesante, di cui fu esponente Dunover de Segon-zac, e che venne sancito dall’eclettismo di Derain. Unacorrente espressionista alquanto marginale è rappresen-tata principalmente da Soutine (Bue scuoiato, 1926:Museo di Grenoble) e da Fautrier, secondo una modalitàpiù scura ed austera (Conigli appesi, 1927: Parigi, coll.priv.). Il fauvisme, che ha preceduto il cubismo di qual-che anno, poco s’interessò di nm; l’impegno per la co-struzione plastica si manifestò peraltro in Derain e so-prattutto in Matisse, che lo tradusse in termini di colo-re; la lezione di Cézanne è esplicita nelle grandi nm del1908 e del 1911. L’evoluzione dello stile di Matisse locondusse, al termine della sua carriera, alle audacie dellaNatura morta con magnolia (1941: Parigi, mnam), ove ilcolore puro, posato in campiture, è vitalizzato dal con-torno nero. Chagall ha semplificato i suoi volumiattraverso la mediazione del cubismo, ma è un indi-pendente fedele unicamente al soprannaturale; l’estra-neità dello Specchio (1916), che riflette una lampada,proviene dalla differenza di scala fra i vari elementi epreannuncia il surrealismo, ricorrendo al sogno e facen-do nascere l’insolito dalla giustapposizione arbitraria dielementi banali. La nm ha potuto costituire il supportodel sogno sia secondo una modalità ironica, col dada, ge-neratore del surrealismo, sia secondo una modalità seria,nella pittura metafisica di De Chirico, classica nellaforma e romantica nell’ispirazione; nell’Incertezza delpoeta (1910: Londra, coll. Penrose), un torso scolpito didonna e banane solitarie in una secca architettura si ri-fanno a un evidente simbolismo sessuale.L’opera di Morandi, consacrata soprattutto alla nm,s’inscrive sul principio nella linea futurista di Carrà, poisi accosta alla metafisica di De Chirico ed infine, dopo il

Storia dell’arte Einaudi

1940, acquisisce uno stile proprio: serenità che emanada alcuni oggetti ordinari e da volumi semplici,raggruppati al centro del quadro e dipinti con materiadensa e tinte chiare. I surrealisti trassero effetti fantasti-ci dalla descrizione minuziosa degli oggetti in trompe-l’œil; è l’ultima metamorfosi della pittura oggettiva conErnst, Tanguy, Roy e soprattutto Dalì: il mondo reale èmorto, ma i fantasmi di questi artisti si esprimonoattraverso oggetti troncati nella loro realtà quotidiana (itelefoni senza fili di Dalì) o nelle loro proprietà fisiche(orologi di metallo vischioso che aderisono ad un angolodi tavolo, sempre in Dalì). Dopo la seconda guerra mon-diale, mentre i sostenitori dell’astrattismo e della figura-zione si affrontavano, la nm conobbe ancora alcune in-terpretazioni inedite grazie a de Staël e Fautrier; ilprimo rende il motivo (bottiglia, vaso) attraverso un vi-goroso plasticismo colorato; il secondo traduce la formain modo assai più allusivo, negandola non appena l’haaffermata (esposizione degli Oggetti, Parigi 1955). Bra-que sviluppava, in quegli stessi anni un’ampia ed estre-ma riflessione sullo spazio piuttosto che sulle cose (Bi-liardo, 1944: Parigi, mnam; nove versioni dell’Atelier, apartire dal 1949). Nella tematica assai estesa che le suericerche investono, Dubuffet ha incontrato la nm, in unsenso talvolta vicino a quello tradizionale (Tavolo conoggetti, 1951: Parigi, mad); più frequentemente, parten-do dallo Hourloupe, ha rappresentato una morfologiaveemente e stravolta (Letto, 1964; Teiera, 1966: ivi),contemporanea alla Pop Art e al Nuovo Realismo.L’americano Stuart Davis è stato uno dei precursoridella Pop Art nella sua serie di pitture ispirate dal pac-chetto di sigarette Lucky Strike (1921).Gli oggetti della vita comune vengono proiettati senzatrasposizione nella Pop Art degli anni Sessanta, che«proviene dalla vita e ne riflette i problemi», secondoRauschenberg (Grande nudo americano di Wesselmann;Scatola di Campbell’s Soup di Warhol). Il Nuovo Reali-smo, diffusosi in Europa parallelamente alla Pop Art, hasuscitato un analogo ritorno d’interesse per l’oggetto,che occupa l’intero campo della tela e riflette un univer-so alienato, disumanizzato (Telefoni di Klapheck,pneumatici di Stampfli, rubinetti e busti femminili diKlasen). Infine, una visione più pittorica e personale,che potrebbe dipendere dalla Nuova Figurazione, si in-

Storia dell’arte Einaudi

dividua con le grandi composizioni di Rebeyrolle (Saccodi polvere blu, 1967: coll. priv.). (sfb+sr).

Natus, Johannes(attivo attorno al 1662 a Middelburg). Pittore olandese.Di lui si sa soltanto che era iscritto alla gilda di Middel-burg nel 1662. L’artista venne spesso confuso con un al-lievo di A. Pijnacker, Anthony N, morto nel 1666 all’etàdi ventiquattro anni. Johannes è pittore di genere e dipaesaggi italianizzanti dai toni contrastati ed animati configure a colori vivi. Le scene di genere meglio conosciutesono i Contadini che brindano (Amsterdam, coll. priv.) e laBottega del ciabattino (Museo di Lione), per lungo tempoattribuite a Brekelenkam. (php).

Nauen, Heinrich(Krefeld 1880 – Kalkar 1940). Si formò a Monaco, Düs-seldorf e Stuttgart, ove fu brillante allievo di Leopold vonKalckreuth. Dopo aver soggiornato tre anni in Belgio,nella colonia di artisti di Laethem-Saint-Martin, si stabilìnel 1911 a Schloss Dilborn sul Reno, dove restò per quasitrent’anni. Nel 1912-13 eseguì per Edwin Suermondt unciclo di sei pitture murali destinate al castello di Drovepresso Düren (oggi a Krefeld, Kaiser-Wilhelm-Museum),e nel 1925 mosaici per le sale dell’esposizione Gesolei aDüsseldorf. Nominato professore nell’Accademia di que-sta città, vi insegnò accanto a Klee e a Campendonk. Ri-mosso dalle sue funzioni nel 1937, si stabilì a Kalkar. PerN la scoperta dell’arte di van Gogh fu evento decisivo.Sin dagli inizi fu amico di Macke e di Rohlfs, di cui fecenumerosi ritratti; ammirò vivamente Matisse e non restòinsensibile al cubismo. Per il vivido cromatismo delle sueopere è stato spesso qualificato come «espressionista rena-no» (Foresta d’autunno, intorno al 1911: Museo di Bonn).Di fatto è un artista in cerca del «rapporto naturale tra lecose», secondo la sua stessa espressione. Gli alberi e ifiori del parco di Dilborn, sua inesauribile fonte d’ispira-zione, gli consentirono di studiare con agio le leggi dellacomposizione e dell’armonia dei colori. È soprattutto rap-presentato nei musei di Düsseldorf, Krefeld (Kaiser-Wilhelm-Museum), Hagen (Ritratto di Rolf, 1919) e Mön-chengladbach. (ak).

Storia dell’arte Einaudi

Nauwincx, Herman(Schoonhoven 1624 ca. – ?). È menzionato ad Amster-dam nel 1648 e nel 1650. I rari paesaggi di sua mano checonosciamo rappresentano rocce ed alberi (Paesaggio mon-tano: L’Aja, Museo Bredius); sono stati dipinti in unostile chiaro e ben articolato. Le figure del suo Battesimodel ciambellano (Parigi, Louvre) rievocano, per lo stile ir-reale e capriccioso insieme, le opere di taluni pittori diUtrecht (J. Marienhof, N. Knüpfer). Anche le otto belleacqueforti dell’artista, rappresentanti paesaggi, tradisconol’influsso della scuola di Utrecht; N si ispirò indubbia-mente ad acqueforti eseguite da Jan Both. (abl).

Navarrete→ Fernández de Navarrete.

Navez, François-Joseph(Charleroi 1787 – Bruxelles 1869). Nel 1803 entrò all’Ac-cademia di Bruxelles e presto vi si distinse. Inviato a Pa-rigi come convittore della Société des beaux-arts, s’iscris-se al laboratorio di David (agosto 1813), che ammiravamoltissimo e che accompagnò nel suo esilio a Bruxelles(1816). Dipinse allora il ritratto dei suoi amici De Hemp-tinne (Bruxelles, mrba), quadro nel quale la lezione davi-diana viene sfruttata intelligentemente, come accade nelritratto di Madame Faber (1816: ivi) ed in quello del suostesso maestro (David, 1817: ivi). Soggiornò a Roma dal1817 al 1821. Al suo ritorno (1822) iniziò una brillantecarriera: come direttore dell’Accademia (1835-62) pro-lungò l’insegnamento di David. Le sue composizioni sutemi biblici o mitologici (Ermafrodito e Salmace, 1829:Museo di Gand) non sfuggono ai luoghi comuni del tardoneoclassicismo; il meglio della sua opera sta nel ritratto.Più vicino a Ingres, di cui era amico, che a David, di cuinon possiede la tecnica elastica e varia, N ha lasciato ef-figi probe e sensibili della società borghese dell’epoca, dapittore attento al carattere intcriore del modello; le con-traddistinguono l’armonia ricercata dei timbri e gli effettidi materia (Autoritratto, 1826: Bruxelles, mrba; MadameDe Hemptinne, 1847: Bruxelles, coll. priv.). I quadri reli-giosi riflettono la cultura eclettica derivante dal neoclassi-cismo (Sacra Famiglia, 1848: Museo di Anversa); come ilsuo compatriota Leys in Belgio, e come Ingres in Francia,N favorì un inedito interesse per la pittura dei primitivi.

Storia dell’arte Einaudi

È ben rappresentato nei musei belgi e soprattutto aBruxelles. (mas).

Navrátil, Josef(Slany 1798 – Praga 1865). Fu la personalità più incisivadel «secondo rococò» praghese. Formatesi all’Accademiadi pittura di Praga, presso Josef Bergler, amplia la pro-pria esperienza pittorica con viaggi in Germania, Svizze-ra, Belgio, Francia e Italia. La pittura fu per lui, agliinizi, un mezzo di sussistenza; come decoratore restaurònei castelli boemi numerosi affreschi barocchi ed esegui,nello stile del secondo rococò, decorazioni murali (affre-schi su soggetti storici di ispirazione romantica, scene acarattere aneddotico), applicando i principi luministicidella pittura barocca. Tra le decorazioni più note citia-mo quelle dei castelli di Libûchov (1848), Zákupy(1851), Ploskovice (1858), Velké Jirny (1857), ove N de-corò la camera detta «alpina». I quadri da cavallettodell’artista possono suddividersi in due gruppi: da unlato le opere destinate al pubblico, dall’altro quelle chedipinse per se stesso. Le prime comprendono paesaggiromantici (Caccia alla volpe, 1855: Praga, mn) e scene digenere, nelle quali il suo senso di osservazione e la suavisione realistica comunicano la poesia dell’attivitàumana (la Scuola del villaggio, 1857: ivi; l’Atelier, 1858:ivi). Come gli affreschi e le insegne realizzate in età ma-tura, tali opere preannunciano il realismo luministico)della seconda metà del xix sec. Ma la sua originalità sirivela meglio nelle opere di piccolo formato a carattereintimo, dipinte tra il 1835 e il 1861: qui infatti N af-fronta alcuni di quei problemi su cui doveva concentrar-si la pittura europea del xix sec. La prima serie di questidipinti è caratterizzata da temi romantici e dal colorecostituito da accordi azzurro-rosso (Figura di fanciulla,1835: ivi). I colori squillanti cedono il posto, attorno al1850, ai grigi ed ai toni attutiti; è in particolare il casodi numerosi ritratti ispirati al mondo del teatro (Donnache fantastica, 1847: ivi; Norma: ivi). Colorista nato, Nha rinnovato la tradizione barocca cèca col suo ap-proccio realistico al soggetto, senza deviare né verso ilsentimentalismo dello stile Biedermeier, né verso un na-turalismo semplicistico. (ivj).

Storia dell’arte Einaudi

Nay, Ernst Wilhelm(Berlino 1902 – Colonia 1968). Si formò nella sua cittànatale, presso Karl Hofer ed all’Accademia. Dopo averesposto per la prima volta nel 1925, soggiornò a Parigi(1928), a Roma (1930-31), poi a Oslo (1936-37) pressoEdvard Munch, di cui subirà l’influsso. Le prime opereappartengono alla corrente neorealista espressionistadell’epoca, con una tendenza all’astrattismo, particolar-mente efficace quando impegnata a suscitare relazioni for-mali fortuite. A partire dal 1934, elemento essenzialedella composizione diventa il colore, generando un giocodi forme più liberamente immaginative e simboliche, chedopo la guerra divengono totalmente non-figurative. L’ar-tista fonda da allora il suo stile su principi sia biomorfici,sia geometrici, su forme e colori elementari in magistralecontrasto, che infondono nelle opere un potente dinami-smo (Dominante azzurra, 1951: Museo di Hannover; Figu-razione bianca e rossa, 1968: New York, Knoedler Gall.).Nel 1960 realizzò una grande composizione murale perl’atrio dell’Istituto di chimica dell’Università di Freiburgi. B. È particolarmente rappresentato nei musei di Basi-lea, Bremen, Düsseldorf, Amburgo e Monaco. (bz).

nÇyaka-nÇyikÇSi tratta di uno dei temi popolari della letturatura india-na. Ciascun sentimento o stato d’animo relativo all’amoreforma oggetto di una personificazione maschile (nÇyaka) efemminile (nÇyikÇ). Molto più dell’eroe, ad ispirare gli ar-tisti è stata l’eroina; in particolare essa ispirò il poetahind¥ KeshavdÇs (1555-1617), nella sua opera RasikapriyÇ,che i pittori rÇjput amarono illustrare. Esiste, d’altronde,uno stretto rapporto tra le varie classificazioni di n-n e dirÇga-rÇgin¥ nelle RÇgamÇlÇ, nonché con le varie situazioniamorose del romanzo popolare di K|#™a e di RÇdhÇ, qualiappaiono nel G¥tÇ Govinda. Per i pittori rajput, K|#™a eRÇdhÇ divennero prestissimo il tipo stesso del n-n e tal-volta persino del rÇga-rÇginî; si spiega così la presenza deldio dalla pelle azzurra in mimature d’ispirazione apparen-temente profana. (sfj).

NazareniGruppo di pittori tedeschi che vissero a Roma all’iniziodel xix sec., nato da una reazione contro il classicismo

Storia dell’arte Einaudi

settecentesco di Winckelmann e contro l’insegnamentoaccademico di Füger, docente all’Accademia di Vienna.Alcuni giovani artisti assunsero allora a modelli Dürer,Raffaello ed i primitivi, nell’intento di conferire all’artenuove basi religiose e patriot tiche. L’opera di Wackenro-der, Gli sfoghi del cuore di un monaco amante dell’arte(1797), nonché gli scritti del suo amico Tieck e le con-ferenze e gli scritti di Schlegel, orientarono gli interessistorici ed estetici nuovamente, dopo secoli di oblio, versoil Medioevo e gli inizi del rinascimento. Secondo Schlegelil pittore, ormai, doveva «essere come i primitivi, fedeledi cuore, innocente, sensibile e pensoso, e non cercare al-cuna abilità nell’esecuzione delle sue opere». Grazie allaStoria della pittura in Italia dei fratelli Riepenhausen, chevivevano a Roma dal 1805, vennero rivelati al pubblicotedesco dipinti dal Duecento al primo Cinquecento (Ci-mabue, Giotto, Perugino, Raffaello); ciò fu, in particolareper l’allora quindicenne Overbeck, di fondamentale im-portanza e orientò definitivamente la vocazione pittoricadi molti giovani artisti verso una nuova meta espressiva.Lo studio dei primitivi da parte di Overbeck e del suoamico Pforr, ambedue allievi dell’Accademia di Vienna,nonché le discussioni fra i due, nel 1808-809 ne mutaronoradicalmente il modo di dipingere. Pforr era più attrattodai soggetti storici ed Overbeck dai soggetti religiosi maentrambi davano la massima importanza alla tecnica deltratto, soprattutto dopo aver studiato le riproduzioni deiprimitivi italiani eseguite dai fratelli Riepenhausen. I duegiovani pittori conobbero Eberhard Wächter, originariodella Svevia; allievo di Regnault a Parigi, Wächter avevalavorato a Roma, dove si era stabilito, e li confermò nelloro proposito. Poi quattro altri allievi dell’Accademia diVienna raggiunsero Overbeck e Pforr: Ludwig Vogel eJohann Konrad Kottinger, ambedue svizzeri, Josef Win-tergerst, svevo, e Joseph Sutter, austriaco. Si diedero laregola di riunirsi regolarmente e di criticare mutuamentele rispettive opere. A poco a poco si distaccarono dall’in-segnamento accademico e il 10 luglio 1809, anniversariodel loro primo incontro, giurarono di restare sempre fede-li alla verità, di combattere accanitamente la manieraaccademica e di resuscitare con ogni mezzo l’arte, che giu-dicavano in decadenza. Era stata così creata la prima as-sociazione di pittori dell’epoca moderna. Tale confraterni-ta doveva prendere nome da San Luca evangelista (Luka-

Storia dell’arte Einaudi

sbund); e Overbeck disegnò un emblema che doveva venirapplicato sul retro di qualsiasi quadro essi giudicasseroriuscito. Tale emblema mostrava san Luca inquadratoentro un arco con le lettere HWP-OVS all’interno (Hot-tinger, Wintergerst, Pforr-Overbeck, Vogel, Sutter), negliangoli in alto una spada ed una fiaccola della verità, e inalto al centro una grande W per Wahrheit («verità»). Inbasso, l’iscrizione «10 Heu Mond (cioè luglio) 1809». I Nassunsero a modello Fra Angelico. Intendevano così ricon-ciliare l’ideale e la realtà, esprimere i sentimenti puri e ve-ridici, ricercare la bellezza nella natura. L’impegno deiconfratelli di San Luca era in primo luogo morale e reli-gioso; i problemi artistici erano secondari. Incoraggiatidall’esperienza di Wächter e spinti dal desiderio, propriodi ogni artista tedesco, di recarsi nel sud, decisero di an-dare a Roma. Il 20 giugno 1810 Overbeck, Pforr, Vogel eHottinger giunsero a Roma, allora occupata dai francesi.Grazie al direttore dell’Accademia di Francia ottennerodi alloggiare nel vicino monastero di Sant’Isidoro, chiesae collegio dei francescani irlandesi, fondata nel xvi sec. esconsacrata. Presto vennero detti «fratelli di Sant’Isido-ro».La vita nel convento di Sant’Isidoro era una vita da reli-giosi. Ciascuno aveva la propria cella; le occupazioni con-sistevano in parte nel curare le necessità quotidiane, inparte nel dipingere. I «fratelli» si riunivano nel refettorioper prendere i pasti e per lavorare; la sera discutevano deipropri lavori; di solito posavano gli uni per gli altri quan-do desideravano ottenere un effetto di drappeggio, ope-rando in linea di principio a memoria e non dipingendomai dal vero modelli femminili (soprattutto Overbeck visi rifiutò sempre: ma in seguito doveva servirgli da model-la la moglie). Non trattavano soggetti mitologici (per con-trapporsi all’accademismo, e soprattutto in ragione delloro profondo sentimento religioso), né eventi storicicontemporanei, ma temi tratti dall’Antico o dal NuovoTestamento, oppure dalle Leggende dei santi. La dottrinadei N si sforza di tornare all’ideale cristiano medievale;l’arte è preghiera, sacerdozio ed occorre ritrovare l’inge-nuità dei primitivi. Le due personalità più incisive delgruppo furono allora Overbeck e Pforr. Ma Pforr, di mal-ferma salute, morì di tisi ad Albano nel 1812; e la suascomparsa segnò la fine dell’isolamento monastico dellaconfraternita. Nel settembre 1811, poco tempo prima

Storia dell’arte Einaudi

della malattia di Pforr, che molto ammirava, giunse aRoma Cornelius con l’amico Xeller. Overbeck avevapreso la dirczione del movimento, ma chi lo dominò real-mente fu Cornelius. Era dotato di uno spirito chiaro, do-minatore, perspicace e del genio dell’organizzazione; eragià noto in Germania per le sue illustrazioni del Faustgoethiano, che terminò a Roma nel 1816. In quel momen-to nacque in Goethe l’ostilità verso i N: egli scrivevaall’amico Sulpiz Boisserée: «È la prima volta nella storiadell’arte che si vedono ottimi talenti come Overbeck eCornelius compiacersi di procedere a ritroso; per fondareuna nuova epoca artistica, tornano al seno materno».Dopo la morte di Pforr, Overbeck attraversò una gravecrisi spirituale, cercando rifugio nella religione e conver-tendosi nel 1813 al cattolicesimo, il che spaventò il padredi Vogel, che richiamò subito il figlio in Svizzera. Pocodopo, anche Hottinger lasciò Roma. Per l’attrazione versoil cattolicesmo, per il lato rigido e monastico del loromodo di vivere, e per la grande cappa ed i capelli lunghi,ebbero il nomignolo di «N». Li designò così, per derisio-ne, il pittore Koch. Ma l’esempio dei N sembrava ricco dipromesse per i giovani artisti tedeschi malcontentidell’insegnamento accademico; e molti di loro presero lastrada di Roma. Wilhelm Schadow e il fratello Rudolfgiunsero nel 1813, poi i due fratelli Johannes e PhilippVeit, figli di Dorothea Schlegel e nipoti di Friedrich Sch-legel. Johannes soggiornò due volte a lungo a Roma, dali8ri al 1819 e dal 1822 al 1854, data della sua morte; en-trò in rapporto coi N, ma non ne fece direttamente parte;il fratello Philipp, che aveva appena partecipato alla guer-ra di liberazione contro Napoleone, giunse a Roma nel1815 e si associò al gruppo, iniettando una forte carica dipatriottismo in un ambiente indifferente agli eventi ester-ni. Di nuovo, il gruppo subì un forte influsso dal rinasci-mento italiano, presentando qualche affinità col classici-smo davidiano: Ramboux, che più tardi entrò nel gruppodei N, era allievo di David; Catel, che lavorò con loro,era stato pure allievo dell’Accademia.In dovevano infine affemarsi agli occhi dei loro compa-trioti e dell’Europa con un’opera collettiva. Per Corneliused i suoi amici, la guarigione della pittura tedesca dipen-deva dalla rifondazione dell’affresco. Nel 1815 JacobSalomon Bartholdy (1779-1825), console generale di Prus-sia a Roma, volle far decorare una sala della sua residen-

Storia dell’arte Einaudi

za, Palazzo Zuccari (oggi salone di ricevimento della Bi-blioteca Hertziana). Cornelius colse l’occasione ed ebbel’idea di trattare un tema drammatico tratto dalla Bibbia:la Storia di Giuseppe. Cornelius eseguì Giuseppe spiega ilsogno del faraone e Giuseppe riconosciuto dai fratelli, consi-derato la sua opera migliore. Giuseppe è rappresentatocon le fattezze di Bartholdy. Overbeck dipinse Giuseppevenduto dai fratelli, nonché la lunetta rappresentante iSette anni di carestia; Schadow la Tunica macchiata di san-gue e Giuseppe in prigione. Philipp Veit dipinse i Sette annidi abbondanza e Giuseppe e la moglie di Putifarre. Catelebbe l’incarico di eseguire i paesaggi. Gli affreschi, distac-cati nel 1887, si trovano attualmente nella ng di Berlino.Oltre cinquecento artisti tedeschi visitarono Roma tra il1800 e il 1830, e la maggior parte di loro ebbe contatticoi N: Julius Schnorr von Carolsfeld, a Roma nel 1818, eFührich, originario della Boemia, a Roma dal 1827 al1829. Quanto al «vecchio» Koch, che aveva più voltesoggiornato a Roma, vi tornò nel 1815 restandovi finoalla morte; non fece parte dei N, ma fu con loro prodigodi consigli e li fece profittare della sua esperienza di pae-saggista. Horny e Fohr, pur non appartenendo diretta-mente al gruppo, gravitarono intorno ad esso e collabora-rono ad alcuni lavori. Cari Philipp Fohr, nato a Heidel-berg, studiò all’Accademia di Monaco, ove incontrò Koche conobbe i primitivi tedeschi. Quando nel 1816, graziealla generosità della principessa d’Assia, poté recarsi aRoma, entrò nella cerchia di Koch. Doveva morire dueanni dopo, nel 1818, a ventitré anni, annegando nel Te-vere. Era considerato dagli altri pittori il più dotato dellasua generazione. Disegnatore eccezionale e buon paesaggi-sta, ha lasciato eccellenti disegni di ritratti.Dopo il successo riportato dagli affreschi di CasaBartholdy, il marchese Carlo Massimo, marito della prin-cipessa Cristina di Sassonia, volle farsi decorare la propriacasa di campagna al Laterano, il Casino Massimo, già villaGiustiniani. Il lavoro durò dieci anni, e il marchese morìprima di vedere completamente eseguita la sua commissio-ne. Le tre stanze vennero decorate con scene epiche tratteda Dante, Tasso, Ariosto e Petrarca. Cornelius dovevadecorare il soffitto in base al Paradiso dantesco, e Hornyeseguire le ghirlande di frutta e di fiori. Quando Corne-lius fu chiamato a Monaco, il marchese chiese un parere aKoch, che gli consigliò di affidare la decorazione a Phi-

Storia dell’arte Einaudi

lipp Veit, il quale non la condusse a termine; allora Kochaccettò di prenderne il posto. In un’altra sala, Overbeckfu incaricato di dipingere la Gerusalemme liberata. Allamorte del marchese nel 1827 il pittore si sentì sollevatodal suo contratto e partì per Assisi. Führich venne in-caricato di terminare l’affresco nella camera del Tasso;nella camera centrale la decorazione, ispirata all’ariostescoOrlando furioso, venne affidata a Schnorr von Carolsfeld,che la condusse a termine da solo. Da questi affreschi sisprigiona un sentimento lirico e pastorale. I due complessidella Casa Bartholdy e del Casino Massimo dovevanosvolgere un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’artetedesca. Quando Schnorr operava nel Casino Massimo,aveva già ricevuto dal principe ereditario Luigi di Bavieral’invito a raggiungere Cornelius a Monaco. Führich, dueanni dopo, tornò a Praga, e Overbeck restò l’unico N aRoma, fino alla sua morte nel 1869. Nel 1819 i N ed al-cuni altri artisti residenti a Roma organizzarono una mo-stra delle proprie opere in onore della visita dell’ impera-tore d’Austria nella città. Friedrich Schlegel, consigliereaulico di Metternich, scrisse una lunga descrizione dellamostra, nella quale rispondeva agli attacchi di Goethe; e,mentre l’imperatore non prestò attenzione ai N, il princi-pe ereditario di Baviera (1786-1868), che doveva salirepoi al trono col nome di Luigi I, li ammirò profondamen-te e in seguito li invitò a trasferirsi a Monaco.Si possono accostare alla cerchia dei N: Eduard vonSteinle, che venne a Roma nel 1828 e accompagnò Over-beck ad Assisi nel 1829; Johann Evangelist Scheffer vonLeonardshoff, allievo dell’Accademia di Vienna, che aquattordici anni prese parte alla guerra di liberazione, evisse a Roma dal 1814 al 1816, e poi nel 1820-21 (feceparte della confraternita di San Luca nel 1815 e morì diconsunzione a 27 anni); Friedrich Olivier, allievo dell’Ac-cademia di Vienna, che venne a Roma nel 1818; JohannDavid Passavant, che studiò a Parigi con David e Gros;Johann Anton Ramboux, allievo dell’Accademia di Vien-na, che studiò a Parigi e soggiornò a Roma una primavolta dal 1816 al 1822, poi dal 1832 al 1844. N ebberogrande influsso in Italia sul movimento del Purismo, il cuicapofila fu Tommaso Minardi. In Francia, essi influenza-rono i pittori della scuola di Lione; artisti come Orsel,Périn, i Flandrin e persino Chenavard furono in rapporticon loro. Ingres, nominato direttore dell’Accademia di

Storia dell’arte Einaudi

Francia a Roma nel 1835, aveva per il gruppo una ricam-biata ammirazione. In Inghilterra i N esercitarono forteinflusso sul movimento di Oxford e sui preraffaelliti in-glesi: Rossetti, Hunt, Ford Madox Brown o il pittore reli-gioso scozzese William Dyce. Il pittore canadese NicolasBourassa soggiornò in Italia tra il 1852 e il 1855 e senzadubbio incontrò a Roma Overbeck. (law).

NazcaCittà del Perù meridionale, che fu sede di una civiltà pre-colombiana (ca. 300-900 d. C.). La comparsa della civiltàN, limitata alle vallate di N e di Ica, risale ca. al iv sec. d.C. Malgrado l’assenza di architettura, la sua importanza ènotevole per la ricchezza del vasellame e dei tessuti deco-rati scoperti nelle tombe. La ceramica N comprende vasidi forma globulare a due bocche collegate da un’ansa checostituisce una specie di ponte, bicchieri senza piede, sco-delle e giare a forma di campana a fondo rotondo. La po-licromia, di grande ricchezza, comporta varie tonalità dirosso, nonché il nero, il bruno, una specie di grigio-ac-ciaio, il bianco, il violetto e il giallo; gli artisti sembranoinvece ignorare il verde e il blu. La decorazione, general-mente simbolica, illustra due temi: soggetti realistici conpiante, animali, frutti; e scene a più personaggi, specie didivinità polimorfe, per metà umane e per metà animali, lapiù caratteristica delle quali reca una maschera di felinosormontata da un serpente «spinoso». Per la maggiorparte tali divinità recano in ciascuna mano una testa-tro-feo, sia realistica, sia stilizzata. I disegni vengono spessosottolineati a tratto nero più o meno spesso. Il tessutoraggiunge anch’esso un certo livello artistico, su stoffe co-tonate e lane di lama o vigogna. Il ricamo e l’arazzo furo-no le tecniche impiegate più frequentemente; esistonopure tessuti dipinti e garze, decorate con personaggi, fiorio animali, soprattutto uccelli multicolori, di stile delicato.I disegni dei tessuti e del vasellame sono alquanto similisia stilisticamente che formalmente. Placche d’oro martel-late e ornate con disegni incisi ne costituiscono l’orna-mento. La civiltà N, fiorente fino alla metà del vi sec.,declinò in seguito. Le forme e la decorazione del vasella-me restano le stesse, ma le tonalità sono più opache emeno varie; in alcuni casi compaiono protuberanzeornamentali. Anche i tessuti perdono parte del loro splen-dore. La civiltà si estinse gradatamente verso la fine del

Storia dell’arte Einaudi

ix sec. o durante il x sec. Esempi di arte N si trovano aLima (ma), New York (American Museum of Natural Hi-story), Monaco (Museum für Völkerkunde) e Parigi(Musée de l’Homme). (sls).

Nebbia, Cesare(Orvieto 1536 ca. – 1614 ca.). Formatosi con Muziano, altempo in cui questi lavorava nel duomo di Orvieto, N in-trattenne con il maestro un duraturo rapporto di collabo-razione e ne seguì l’austera poetica del quadro sacro, mala sua maniera, dalle forme incise e levigate, fu influenza-ta in egual misura da Federico Zuccari. N lavorò, oltreche nell’interminabile cantiere orvietano e in altri centridell’Umbria e del Lazio, soprattutto a Roma, dove diven-ne uno dei protagonisti dell’attività pittorica durante ipontificati di Gregorio XIII e Sisto V: gli furono infattiaffidati sia importanti opere chiesastiche (oratorio delGonfalone, Santa Maria degli Angeli, Santa Maria Mag-giore, Santa Susanna) sia incarichi di responsabilità, ac-canto a Muziano e poi a Giovanni Guerra, in imprese col-lettive (Logge, Biblioteca Sistina, Palazzo del Laterano)con una funzione, a quanto sembra, intermedia fra idea-zione ed esecuzione, fondamentale nella nuova orga-nizzazione del lavoro che caratterizza quelle grandiose,veloci realizzazioni. (gsa).

Neck, Jan van(Naarden 1635 – Amsterdam 1714). Formatosi ad Am-sterdam presso Jacob de Backer nel 1669 ca., operò dal1687 al 1692 a Enkhuyzen, poi ad Amsterdam, ove dipin-se Simone al Tempio per la chiesa cattolica francese. Ese-guì soprattutto ritratti: Cornelis Jacobsz de Boer, la Lezionedi anatomia del professor Frederik Ruysch (Amsterdam,Rijksmuseum), Ritratto di donna (Museo di Epinal) escene mitologiche vicine a quelle del suo maestro: Veneree Cupido (Rijksmuseum), nonché varie acqueforti. (jv).

Neder, Michael(Vienna 1807-82). Personaggio pittoresco, di mestiere cal-zolaio: la vita contadina che condivise con la popolazionerurale dei sobborghi agresti di Vienna ne orienta la pittu-ra verso l’arte popolare. Quando era ancora apprendistacalzolaio, N potè entrare, nel 1820, nella scuola prepara-

Storia dell’arte Einaudi

toria dell’Accademia, che frequentò poi tra il 1824 e il1828. La formazione classica che vi ricevette non potevaperaltro convenire al futuro cantore della popolazionecontadina dei villaggi di vignaioli sulle pendici del Wie-nerwald. L’Autoritratto (1832: Museo di Kremsmünster),ove si rappresenta in maniche di camicia, col grembiuleda calzolaio, è caratteristico dello stile dell’artista e costi-tuisce una professione di fede che colpisce per l’estremaeconomia dei mezzi formali più che per il lato aneddoticodella rappresentazione. Questi stessi caratteri si riscontra-no in quadri a più figure o paesaggi: il Ritorno del gregge(1844: Vienna, ög), la Famiglia Schreiber di Weinberg(1878: Vienna, hm). È tra i rari artisti ritornati allo stiledei primitivi mediante un naturalismo sapiente e mezzipittorici volutamente limitati. Tra il 1831 e il 1834 N di-pinse solo nel tempo libero; e questi sono i soli anni in cuinon conobbe la miseria. Egli doveva morire infatti nell’in-digenza più profonda. La sua vecchiaia coincide con l’ibri-da epoca «Makart»; e inoltre egli venne subito e total-mente dimenticato. Fu riscoperto nel 1940, in occasionedi una sua retrospettiva che si tenne a Vienna. (g+vk).

Neeffs (Neefs),Pieter I(Anversa 1578 ca. – tra il 1656 e il 1661). Pittore fiam-mingo, allievo di H. van Steenwyck ed iscritto alla gildadi Anversa nel 1609. Dipinse (spesso in collaborazionecon i Francken e con David Teniers) Interni di chiesa, inparticolare quello della Cattedrale di Anversa, in uno stilepreciso e spesso secco: molti esempi nei musei di Anversa,Bruxelles, Kassel, Francoforte (ski), a Madrid (Prado), aParigi (Louvre), a San Pietroburgo (Ermitage), a Rotter-dam (bvb). Ebbe un figlio, Pieter II (Anversa 1620 –dopo il 1675), anch’egli specializzato in interni di chiesa,che riprese le composizioni del padre, col quale collaborò.È spesso difficile distinguere tra le loro opere, quandonon siano firmate. (hl).

Neer, Aert (Aernout) van der(Amsterdam ? 1603/604-1677). Le tappe della sua carrierasono poco note. Il quadro più antico, Sul ghiaccio (L’Aja,Mauritshuis) è datato 1635, epoca in cui egli risiede ad Am-sterdam. Si sarebbe pertanto dedicato tardi alla pittura, ameno che non fosse già stato allievo di Camphysen verso il

Storia dell’arte Einaudi

1626. Le sue prime vedute invernali s’ispirano a questomaestro e soprattutto ad Avercamp, ma la cronologia deglialtri suoi paesaggi è poco nota e pochissimi sono datati. Sisa che teneva una locanda ad Amsterdam, che però fallì nel1662. Fu tra i primi pittori dei Paesi Bassi ad applicare alpaesaggio un chiaroscuro originale, nel contempo con-trastato e assai colorato, ove il blu ardesia dei notturni è ta-gliato da una luce gialla che va dal chiaro al rosso. È rimastocelebre per i suoi Chiari di luna (Amsterdam, Rijksmuseum;Museo di Avignone; Copenhagen, smfk; Amburgo, kh;Londra, ng; Museo di Montpellier; Parigi, Louvre, Petit Pa-lais) e le sue Albe (L’Aja, Mauritshuis). Aert lasciò pure Pae-saggi invernali (Museo di Amiens; Amsterdam, Rijksmu-seum; Braunschweig, Herzog-Anton-Ulrich-Museum;Bruxelles, mrba; L’Aja, Mauritshuis; San Pietroburgo, Er-mitage; Londra, ng; Monaco, ap; Vienna, km) ed Incendinotturni (Bruxelles, mrba; Copenhagen, smfk; Mosca,Museo Pu‰kin). Il figlio Eglon Hendrik (Amsterdam 1634 –Düsseldorf 1703) ne fu allievo e dovette operare anche nellabottega di Jacob van Loo ad Amsterdam. Accompagnò inFrancia il conte Dona, governatore d’Orange, ebbe un rapi-do successo e, dal 1650, divise il suo tempo tra Amsterdam,Rotterdam e L’Aja. Risiedette anche a Bruxelles e sposò laminiaturista Maria Duchatel (1679). Nel 1687 venne nomi-nato pittore della corte di Carlo II di Spagna, ma non vi sirecò mai. Nel 1690 si stabilì a Düsseldorf e divenne pittoredi corte dell’elettorato palatino. I suoi ritratti eleganti(Museo di Lille; Monaco, castello di Schleissheim) sono vici-ni a quelli di Caspar Netscher, mentre i soggetti religiosisono caratterizzati da un «finito» eccessivamente elaborato,e dalla convenzionalità del chiaroscuro e delle composizioni:Giuditta (Londra, ng), Tobia e l’angelo (1690: Amsterdam,Rijksmuseum; Monaco, ap; Karlsruhe, Staatliche kh); lescene di genere, dipinte nel gusto di Matsu e di Ochtervelt:Pescivendola (Parigi, Louvre), Giovane donna che fa colazione(Museo di Aix-en-Provence), Suonatrice di chitarra (Rotter-dam, bvb), Donna che disegna (Londra, Wallace Coll.), Con-versazione nel parco (Copenhagen, smfk), Donna che suona ilmandolino (ivi). (php).

Nefertiti, tomba diL’ipogeo più spettacolare tra quelli scavati nella Valle deiRe è incontestabilmente quello di N, sposa di Ramsete II(1298-1235 a. C.). Le pareti sono decorate da pitture ese-

Storia dell’arte Einaudi

guite su uno strato di gesso scolpito a leggero rilievo, esfortunatamente fragili. Le scene, riccamente colorate, sufondo bianco che ne accentua il ricercato effetto di lusso,sono ispirate al Libro dei morti. Si notano in particolare, asinistra dell’ingresso, la regina che gioca da sola agli scac-chi ed alcune altre illustrazioni del capitolo xvii, tra cuisoprattutto, bellissima, la fenice azzurra. Altrove si scorgela regina condotta dalle divinità al reame di Osiride; èparticolarmente celebre il gruppo di N che si allontanacon la dea Iside che la tiene per mano; ma la sposa del recompare in tutta la sua dignità ed eleganza nell’interocomplesso. (am).

Negri, Pietro(Venezia 1628-79). Pur nella discontinuità evolutiva delsuo breve percorso documentabile, si può individuareun’iniziale influenza dei modi di impronta romana del Ru-schi e dello stile tetro dello Zanchi, che del resto sonotradizionalmente indicati come le principali componentidella sua formazione (disegni con Testa di vecchio e Studiodi mani: Santa Maria in Via a Camerino, 1660). Al con-venzionale e perciò poco significativo Albero serafico deitre ordini francescani (1670: Venezia, chiesa dei Frari) se-guono i due teleri di San Rocco (1673), esemplari del ca-pitolo più tenebroso e zanchiano dell’artista, mentre nelquinquennio finale adotta una maggiore articolazione dimovimenti e una gamma cromatica più ricca (Nerone eAgrippina): Dresda, gg), allontanandosi dalle brutalità deiprimi tenebrosi. (elr).

Negro, Caspare(Venezia 1475 ca. – 1545). Gli echi della formazione in am-bito cimescobelliniano nella Venezia natale sono ancora per-cepibili nella sua prima opera certa, la Pietà e Santi, 1513 delMuseum of Fine Arts di Boston. La lunga permanenza inFriuli (1503-44) lo porta a contatto con la cultura locale, so-prattutto con Giovanni Martini, Pellegrino da San Daniele(con cui forse collabora nel ciclo di Sant’Antonio a San Da-niele del Friuli entro il 1522) e Pordenone (ciclo di SantaMaria delle Grazie a âastions di Strada, 1534). La sua atti-vità di architetto è testimoniata dal progetto della facciata edel campanile della chiesa di Santa Maria di Castello aUdine (1513). (elr).

Storia dell’arte Einaudi

Negroni, Pietro(Cosenza, documentato dal 1539 al 1567). Fu interpreteestroso e sgrammaticato dello stile messinese di Polidoroda Caravaggio (cfr. la Andata al Calvario della coll. BancaToscana di Firenze, 1553), cui non sfuggì neppure il gi-gantismo raffaellesco di Giulio Romano e quello miche-langiolesco di Pellegrino Tibaldi. La sua fertile attività sisvolse dapprima in area napoletana (Adorazione dei Magiin Santa Maria Donna Romita a Napoli, 1541; politticoin Sant’Antonio dei poveri a Sorrento, 1548), mentrenella seconda metà del secolo il pittore lavorò soprattuttoper i centri minori della Calabria (Madonna col Bambino esanti in San Francesco di Paola a Cosenza, 1551;Annunciazione del Palazzo Vescovile di Cassano delloJonio e Madonna col Bambino e santi in Santa Maria delCastello a Castrovillari, 1552). (rn).

Nelli, Ottaviano(Gubbio, notizie dal 1375 al 1444). Le ampie notizie do-cumentarie sul pittore riguardano quasi esclusivamente lasua attività pubblica ed il suo ruolo di attivo sostenitoredei Montefeltro: un impegno che ebbe certamente il suopeso nel fargli ottenere commissioni a largo raggio attra-verso i territori da loro controllati. Nel 1403 consegna ilpolittico di Pietralunga (Perugia, pn), la sua opera più an-tica a noi nota, ancora connessa alla tradizione locale edin cui sopravvivono influssi della scuola orvietana. Opero-so lungo la vasta dorsale appenninica che va da Fabrianoa Gubbio, un territorio attraversato «naturalmente» dallecorrenti del gotico internazionale, sulla scia di Gentile daFabriano, è attivo in Santa Maria Nuova di Gubbio, dovela data della Madonna del Belvedere va forse letta 1408; aUrbino, tra il 1417 ed il 1420, ove l’edicola affrescatanella chiesetta della Madonna dell’Homo e la Madonna delLatte dell’oratorio dell’Umiltà dimostrano l’avvenuto con-tatto con l’arte dei Salimbeni da Sanseverino (oratorio diSan Giovanni). A Fano, la chiesa di San Domenico con-serva affreschi del suo stile più corsivo, mentre altri im-portanti cicli si trovano a Gubbio, nell’abside della chiesadi San Francesco (Storie della Vergine) e in quella diSant’Agostino (Storie del Santo) e nella cappella del Palaz-zo Trinci di Foligno (datati 1424). Accentuazioni fisiono-miche, espressivismo gestuale, sovraccarico scenico e de-

Storia dell’arte Einaudi

corativo sono le componenti peculiari del linguaggio di N,ricorrenti anche nei cicli di Santa Maria della Pioggiola aFossato di Vico, e di Santa Maria delle Grazie al Cavi-gnano di Rimini. (scas).

Nemes, Endre(Pécsvárad (Ungheria) 1909). Dopo aver trascorso in Slo-vacchia l’infanzia, esordì a Praga come giornalista e cari-caturista. Nel 1930 s’iscrisse all’Accademia di belle arti diPraga, ove per quattro anni fu allievo di V. Nowak. Espo-se le sue prime opere nel 1936 e nel 1938, unitamente alpittore surrealista slovacco J. Bauernfreund. Combinandola pittura tradizionale a taluni procedimenti cubisti (Inter-no, 1935: Bratislava, gn; Donna che si pettina nello studio,1936: Hluboká, Gall. Ale∫), N venne presto attratto dallapittura metafisica di G. De Chirico, di cui traspose mani-chini nell’ambiente della città antica di Praga (II pittore ela donna, 1937: Ostrava, Gall. d’arte; la Vergine di pietà diPraga, 1938: ivi). Contrassegnato da reminiscenze dell’am-biente praghese, questo periodo di pittura simbolica pro-seguì in Svezia, ove N si rifugiò nel 1940 per sfuggire alnazismo (la Poltrona barocca, 1941). Tra il 1947 e il 1956,mentre insegnava presso la scuola d’arte Valand a Göte-borg, N abbandonò progressivamente l’universo pietrifi-cato di De Chirico per orientarsi verso una pittura non fi-gurativa a carattere espressivo (Due, 1958). La vasta pro-duzione degli anni Sessanta attesta un’immaginazione fer-vida, servita da una vasta gamma di mezzi formali e tecni-ci. Nate da un «caso guidato», configurazioni insolite siscontrano o s’intrecciano (Inizio innocente, 1965; i Ge-melli, 1965). Nel 1964 il collage introduce nel quadro rap-presentazioni del mondo tecnico, spesso considerato conumorismo (Tentativo dai furto, 1966; il Cavaliere e l’elettro-nica, 1969), o posto di fronte alla natura o agli organiumani (Terrestre e astrale, 1964). L’impiego di frammentidi illustrazioni e di litografie si accompagna ad una pittu-ra più figurativa (Cartolina da Deauville, 1970). In. Incon-tro col Barocco (1968) l’artista suggerisce il punto di par-tenza della sua opera, per gran parte ispirata dal dualismotra vivente e inorganico, naturale e artificiale. N ha purerealizzato in Svezia ampie composizioni murali. Sue operefigurano a Stoccolma (nm), nei musei e nelle gallerie d’ar-te di varie città scandinave, oltre che in Cecoslovacchia.(ok).

Storia dell’arte Einaudi

Nemes, Marczell de(1866-1930). Dopo aver fatto fortuna grazie allo sfrutta-mento di terreni minerari in Ungheria, potè dedicarsi allacostituzione di una collezione di grande qualità, compren-dente dipinti e oggetti d’arte antica, che non cessò diaccrescersi nel tempo; fu mecenate e protesse numerosiartisti ungheresi. Divideva la sua vita tra le residenze diParigi, Monaco e Budapest; aveva anche acquistato Palaz-zo Venier a Venezia. Si spiega cosi come le varie venditeall’asta avessero luogo a Parigi (Gall. Manzi-Joyant, 17-18giugno 1913 e Hôtel Drouot, 19 marzo 1919), ad Amster-dam (Muller, 13-14 novembre 1928) e a Monaco (Hel-bing, 16-19 giugno 1931). In questo complesso spicca unaserie importante di primitivi italiani, fiamminghi e tede-schi; opere attribuite a Tiziano e a Veronese (la Città diVenezia adora la Vergine e il Bambin Gesù: Greenville,South Carolina, Bob Jones University); una splendidaserie del xvii sec. olandese (van Goyen, Jacob van Rui-sdael e Salomon van Ruysdael, J. Steen, Pieter de Hooch,van Beyeren, Kalf), ove domina Rembrandt (l’Ufficiale colgrande mantello: Chicago, Art Inst.). L’elemento originaledella collezione consisteva in un insieme di El Greco, delquale il collezionista era appassionato dal 1899 (Sacra Fa-miglia con cesto di frutta: Museo di Cleveland; Sacra Fami-glia con Madonna che allatta: Budapest, nm; Ritratto di FraNino Guevara: Winterthur, coll. Oskar Reinhard; Im-macolata Concezione: Lugano-Castagnola, coll. Thyssen).Quando la collezione venne esposta nel 1913, le autoritàspagnole notarono un Goya, Las Gigantillas, che era statoun tempo rubato nel Palazzo Reale di Madrid e di cui Nfece omaggio personalmente a re Alfonso XIII. Sensibilesoprattutto alla struttura cromatica delle opere, possedet-te una notevole collezione di impressionisti e soprattuttodi Cézanne (Natura morta: Parigi, coll. Lecomte; il Buffet:Budapest, mng; Mele e biscotti: mn, coll. Walter Guillau-me; Ragazzo col panciotto rosso: Zurigo, coll. Bührle); sisegnalano pure opere di M. Cassati (Nel palco: Washing-ton, ng, coll. Chester Dale), Degas, van Gogh (Naturamorta con cipolle: Otterlo, Kröller-Müller), Gauguin (TeFare Hyménée: Annapolis, coll. C. Mitchell), Manet (Ri-tratto di Clemenceau: New York, coll. Thannhäuser; Via diBerna: Upperville, coll. P. Mellon), Monet, B. Morisot,Sisley, Renoir (Signora con uccello: Budapest, mng; la Fa-miglia Kenriot: Merion, Penns., Barnes Foundation), van

Storia dell’arte Einaudi

Gogh (le Sarchiatrici: Zurigo, coll. Bührle). Dal 1916 Naveva fatto beneficiare delle sue donazioni i musei di Bu-dapest; amico di un altro collezionista, il barone Hatvany,N fu inoltre l’«iniziatore» di Herzog e, attraverso i donidi quest’ultimo, molte opere che erano appartenute allasua collezione entrarono nel Museo di Budapest (vanBeyeren, Natura morta con pesci; El Greco, l’Espolio). (ad).

Nemes Lampérth, Józesf(Budapest 1891-1924). Frequentò la Scuola di Nagybánya(1911), poi l’Accademia di belle arti di Budapest (1912).Nel 1911 il suo stile era definitivamente formato. Interes-sato ai rapporti di struttura tra le forme e lo spazio, lerappresenta in piani frantumati, riuniti da spessi tocchi dicolore vivo o, nei disegni, da tratteggi a inchiostro dichina. A tali aspirazioni costruttive si aggiunge una capa-cità di espressione dinamica che promana dalle forme, co-struite in modo essenziale, che sembrano in procinto didisintegrarsi (il Padre deposto nella bara, 1912: coll. priv.).Eseguì nel 1913 una serie di disegni sui ponti di Parigi.Tornato in Ungheria divenne membro degli «Attivisti»(1917), raggruppati intorno al periodico «Ma», pubblicatoda Luigi Kassák. Esegui nel 1917 il suo più importantepaesaggio, il Pendio del Montgérard (Budapest, mng).Dopo la caduta della Repubblica dei Consigli emigrò aBerlino, ove espose presso Fritz Gurlitt nel 1920. Fu in-viato a Stoccolma dal collezionista Ekström; diede poi se-gni di alienazione mentale e morì schizofrenico. (dp).

NenningVillaggio del Palatinato Renano, a diciassette km da Saar-burg; nel 1852 vi si trovò, in una grande villa romana, unvasto mosaico (15 x 8 m) che rappresenta giochi circensi(combattimenti di gladiatori e di animali). (mfb).

neoclassicismoL’arte del mondo occidentale, dalla Russia alle colonieamericane, registrò a partire dal 1760 un forte recuperod’interesse per le antichità greche e romane. Questanuova influenza del classicismo, nella pittura come neglialtri campi, si espresse in modo eterogeneo, dando luogoad una tale fioritura di stili e di forme espressive, da ren-dere particolarmente complessa una definizione di n. In

Storia dell’arte Einaudi

senso lato, lo si potrebbe comunque definire come unaspetto di quello storicismo che indusse i pittori della finedel xviii sec. e del xix sec. a ricostruire lo spirito delmondo antico, i costumi e le decorazioni con precisionearcheologica crescente. Tuttavia la maggior parte dei pit-tori che mostrarono interesse per il mondo greco-romanoerano attratti anche da altri stili o periodi storici e illu-stravano scene riprese non soltanto da Omero, Eschilo,Tito Livio o Plutarco, ma anche dalla storia o dalla lette-ratura del Medioevo o del rinascimento, e persino dallebiografie di eroi contemporanei, come quelle di JamesWolfe, Marat o Napoleone. Dal 1760 al 1770, la pittura neoclassica tende ad identifi-carsi con le correnti estetiche riformatrici che avversava-no il dominante stile rococò, e con gli studi sull’arte clas-sica, stimolati sia dagli scavi archeologici di Ercolano ePompei, che dagli scritti di J. J. Winckelmann. Roma fuun centro particolarmente attivo della riforma neoclassica,poiché proprio qui ebbero modo di incontrarsi e studiareartisti e intellettuali provenienti da tutta Europa, convintidella necessità di un soggiorno nella capitale pontificia percomprendere appieno l’antichità e l’arte italiana di ispira-zione classica. Lo stile del tedesco Anton Raphael Mengs,pittore e studioso di estetica, è particolarmente significa-tivo, perché rifiuta il rococò, prevalente a Dresda, suacittà natale, per adottare, almeno nelle intenzioni, lo stiledei pittori di storia più antichi, che potevano offrirgli le-zioni di sobrietà e di solidità. Il suo affresco del Parnaso,che orna un soffitto di Villa Albani (1761), combina fontid’ispirazione svariate come l’Apollo del Belvedere, una co-lonna dorica greca, Raffaello e la pittura bolognese delxvii sec. In qualche misura si può riscontrare, nell’arte diMengs come del suo contemporaneo Batoni, l’ultima af-fermazione di quella tendenza che privilegiava la chiarez-za della struttura e del disegno ancora viva nella pitturadel xviii sec., soprattutto in quella ispirata dalla tradizio-ne bolognese. Di orientamento più definito appare laproduzione neoclassica di pittori giunti a Roma da paesipiù remoti, soprattutto dalle regioni anglo-americane:Benjamin West, proveniente dalle colonie d’America;Gavin Hamilton, scozzese; Nathaniel Dance, di Londra.Formatisi su una tradizione pittorica relativamente pocorigida, questi artisti, che il rococò non aveva troppo in-fluenzato, erano particolarmente disponibili ad assimilare

Storia dell’arte Einaudi

rapidamente i principi realistici di base del n, come la ri-presa scrupolosa dei dati archeologici e architettonici ne-cessari per una ricostituzione esatta delle scene romane ogreche. Inoltre la loro eredità puritana li conduceva a tra-scurare i temi erotici cari al xviii sec. a favore di soggettitratti dall’antico con finalità edificanti e moraleggianticome la prestazione di giuramenti di fedeltà, la mortedell’eroe o lo stoico sacrificio di sé. Negli anni Sessantadel Settecento Gavin Hamilton, archeologo egli stesso emercante di antichità, illustrava non soltanto una serie discene di battaglia e di lutto tratte dall’Iliade, ma anche daTito Livio, Lucrezia che si dà la morte e Bruto che giura divendicarsi (Londra, Drury Lane Theatre), scene che univa-no alla tragedia patetica un virile patriottismo. In modomolto caratteristico, il suo stile, come quello di Dance, ilquale illustrò temi romani eroici come la Morte di Virginia(1761), è incline a combinare motivi compositivi di ten-denza classica nella tradizione di Poussin e di Le Bruncon la nuova cura del dettaglio archeologico. Quanto aWest, egli approfondiva ulteriormente la cura dell’esattez-za storica in opere neoclassiche precoci come Agrippina di-nanzi alle ceneri di Germanico (1768: New Haven, Conn.,Yale University Art Gal.). Qui i temi romani delle predi-che in processione e della vedovanza virtuosa si ispiranodirettamente alla scultura (decorazione dell’Ara Pacis) eall’architettura dell’epoca (le coeve pubblicazioni di Ro-bert Adam sul palazzo di Diocleziano a Spalato). Impegnostorico analogo, ma ricco di implicazioni innovative, quel-lo che guidò West nel 1770 nella ricostituzione di unascena di storia contemporanea, in abiti moderni (la Mortedel generale Wolfe a Quebec: Ottawa, ng), che costituisceun precedente importante per David nell’illustrare legesta e la morte dei martiri della Rivoluzione francese. Lostile di queste prime opere neoclassiche anglo-americane ègeneralmente in armonia con la sobrietà e il rigore dellacultura greco-romana; i soggetti venivano inseriti in ampiecomposizioni architettoniche per assi ortogonali, secondolo schema degli antichi bassorilievi. In quest’ottica, idrammi domestici dipinti negli anni Sessanta del Sette-cento da Greuze, lodato da Diderot, possono anch’essi ri-collegarsi al n, almeno per quel loro ispirarsi alla gestua-lità della statuaria classica mimetizzata in ambientazioniborghesi; ma poi, quando affronta temi antichi come nelSettimio Severo e Caracalla, destinato al Salon del 1769

Storia dell’arte Einaudi

(Parigi, Louvre), si limita in realtà a ripetere uno dei suoianeddoti favoriti sull’ingratitudine filiale utilizzando l’ap-parato classico e il travestimento archeologico opportuno.Non sempre comunque l’assunzione di tematiche esempla-ri sulla virtù e sull’eroismo corrisponde al nuovo stile; nonè raro infatti trovare dipinti ancora chiaramente inseritiin una cultura rococò, ma dedicati a soggetti moraleg-gianti tratti dalle storie di Plutarco o di Tito Livio.D’altra parte, paradossalmente, l’adozione di uno stile li-neare, austero e statico, ispirato agli affreschi, ai vasi edalle sculture antiche non significava sempre il rifiutodell’iconografia rococò. Infatti negli anni Sessanta delSettecento si sviluppa una sorta di «pseudo-classicismo»,o «rococò classico», che perpetua i temi erotici ed edoni-stici dell’inizio del xviii sec. adattandoli al nuovo gusto.Tale fusione tra fonti archeologiche classiche e inclinazio-ne rococò per le allegorie e le scene mitologiche erotichepersistette attraverso tutta la storia della pittura neoclassi-ca, come corrente frivola e voluttuosa, contrappostaall’interpretazione grave e stoica dello stile e dei soggettiantichi. Il maestro di David, J. M. Vien, incarna questatendenza con opere come la celebre Venditrice di amorini(Salon del 1763, Fontainebleau): ispirata direttamente aduna pittura murale romana eseguita nello stile di un bas-sorilievo e scoperta a Stabia, presso Ercolano, combina lachiarezza delle linee e della composizione neoclassichecon la sensualità di un tema vicino ai repertori di un Bou-cher o di un Fragonard. Quando Mme du Barry rifiutò laserie dipinta da Fragonard sui Progressi dell’amore per ilsuo padiglione di Louveciennes, chiedendo a Vien di illu-strare il medesimo tema erotico, esprimeva preferenza perun mutamento di stile, non di soggetto. Questo tipo dipannelli decorativi ebbe particolare fortuna intorno aglianni Settanta del xviii sec. perché si adattava perfetta-mente sia all’architettura Luigi XVI, di una fragile ele-ganza, che allo stile introdotto da Adam in Inghilterra.Fu una donna, la pittrice svizzera Angelika Kauffmann, adar vita nel modo più felice a questa tendenza artistica. Isuoi numerosi pannelli e fregi destinati alle dimore priva-te inglesi, ed in particolare a quelle edificate da Adam,avvolgono in un’aura anticheggiante e soffusa gli ambienticui erano destinate.neoclassicismo e preromanticismo Benché il n sia statogeneralmente considerato l’antitesi del romanticismo, in-

Storia dell’arte Einaudi

terpretazioni storiche più accorte hanno recentementescorto in questa rievocazione nostalgica di una civiltà per-duta una fase del movimento romantico, più che un’oppo-sizione ad esso. Già dagli anni Settanta del Settecento,decennio dello Sturm und Drang tedesco e di altre precocimanifestazioni del romanticismo, numerosi artistidell’Europa settentrionale utilizzano l’arte e le fonti let-terarie classiche per realizzare pitture o disegni il cui ca-rattere appassionato, terrificante o bizzarro, raggiungetoni parossistici. Questa tendenza è particolarmente benrappresentata dall’artista svizzero Heinrich Füssli,personalità di grande cultura, traduttore di Winckelmann,attento al mondo «romantico» di Shakespeare e della mi-tologia nordica. I soggetti classici che Füssli sceglie sonoassai lontani dal repertorio eroico o rococò della maggiorparte dei pittori neoclassici francesi e italiani; l’artista èparticolarmente attratto dai soggetti scaturiti da un’imma-ginazione visionaria o da una torbida sensualità. La suainterpretazione della scultura e della pittura classica faemergere qualità di energia sovrumana o di voluttà per-versa che non sono prive di rapporti con i manieristi ita-liani. La potenza evocativa nella messa in scena di ele-menti fantastici e torbidi si riscontra in altri artisti dellagenerazione di Füssli, come l’irlandese James Barry, l’in-glese John Hamilton Mortimer e il danese Nicolai Abild-gaard: questi, come Füssli, ricercano sia nell’antichità chenelle saghe nordiche coinvolgimenti irrazionali e manife-stazioni del soprannaturale; pur nelle differenti sigle, lostile di questi artisti tende ad accentuare le deformazionigrottesche dei personaggi e i macabri effetti di luce, insintonia con la nuova estetica romantica del sublime. Lacomplessità culturale degli anni in cui viene collocata co-munemente l’esperienza neoclassica rende impossibile in-dividuare un linguaggio n più autentico di altri. Infattidal punto di vista iconografico la pittura neoclassicapresentava varietà non minore, poiché attingeva a un re-pertorio assai vasto, dai vasi arcaici greci alle sculturedella Roma imperiale, da Michelangelo ai manieristi italia-ni a Salvator Rosa fino a Poussin, Le Brun alla tradizionebolognese. Comunque è possibile riconoscere nel pittorefrancese Jacques-Louis David un momento di sintesi dellemolteplici esperienze intellettuali di questo periodo. Lasua produzione figurativa costituisce un momento cataliz-zatore per l’intero n e un modello per la cultura che matu-

Storia dell’arte Einaudi

ra intorno a lui. Fu attraverso la sua geniale creatività chefu possibile operare una scelta decisa e netta tra le molte-plici possibilità offerte dal n. Fu appunto questo il ruolodi Jacques-Louis David, allievo di Vien. Fino al primosoggiorno di David a Roma, come laureato Prix de Rome(1775-80), la sua arte rimase tributaria del rococò e in ri-tardo in rapporto ai canoni classicisti degli anni Sessantae Settanta. Ma i suoi studi romani gli consentirono di rin-novare lo stile in ragione non soltanto di un maggiore en-tusiasmo per l’ideale di bellezza dell’arte classica, maanche della sua intima conoscenza della pittura italianadel xvii sec. Avendo contemporaneamente assimilato ilrealismo e l’idealismo della scultura romana, la lezione na-turalista di Caravaggio e quella classica dei Carracci,David fu in grado di rinvigorire le tendenze neoclassichedi artisti di livello minore come West e Hamilton,contribuendovi con una conoscenza approfondita dell’a-natomia, un saldo senso della costruzione geometrica, el’aura che si connette a un proposito altamente morale.Negli anni Ottanta del Settecento, eguagliando per rigoredi stile e per il carattere eroico dei temi, maestri comeJean-François-Pierre Peyron e Jean-Germain Drouais,David eseguì una serie di capolavori che fecero di lui, sulpiano internazionale, il propagatore di una nuova fede,estetica e morale, nell’antichità. Il Giuramento degli Orazi,eseguito ed esposto in un primo tempo a Roma, poi a Pa-rigi al Salon del 1785 (Parigi, Louvre), divenne così il ma-nifesto del movimento neoclassico in pittura: l’opera com-binava con forza l’eroismo di un tema romano (il giura-mento di fedeltà alla patria) con uno stile rigorosamentecontrollato che sottolineava quest’ardente proclamazionedi virtù civica. Esaltando i meriti di una forte volontà e ilrigore di un ordine visuale, gli Orazi segnarono in Europala fine dell’Ancien Régime in pittura, preannunciandoquell’idealismo fervido che fa da sfondo intellettuale allaRivoluzione. Così il n di David venne presto associatoall’attività politica rivoluzionaria; i suoi drammi classicicomposti nel corso degli anni Ottanta, con uno spirito divenerazione per il patriottismo greco e romano e per il sa-crificio di sé (Ettore, Socrate, Bruto) vennero rapidamentetrasposti, negli anni Novanta, in una sacralizzazione deglieroi moderni, come Le Peletier de Saint-Fargeau, Marat eBara. Il rigore stilistico inaugurato da David portò la ri-cerca del linguaggio a forme estreme di segno puro.

Storia dell’arte Einaudi

John Flaxman pubblicò negli anni Novanta originalissi-me illustrazioni per Omero ed Eschilo; esse si ispiravanoalle linee purissime dei pittori di vasi greci che allora sicollezionavano e che erano occasione di frequenti pub-blicazioni. Riducendo il linguaggio pittorico alla purezzadel tratto su un fondo bianco, le incisioni di Flaxman in-dicavano agli artisti quale dovesse essere il livello di az-zeramento formale da cui avviare una ricostruzione dellinguaggio moderno. Prendeva l’avvio da qui una sortadi primitivismo dagli esiti molteplici (William Blake,Philipp Otto Runge). Il tedesco Asmus Jakob Carstens,attivo a Roma negli anni Novanta, arriva ad uno stile ditale severità ed astrattezza, che giunge ad abbandonarepersino la tecnica della pittura a olio per quella a tempe-ra senza modellato, o per il semplice disegno al tratto.Questa ricerca di uno stile sempre più arcaico caratteriz-zava anche l’ambiente erudito ed artistico raccolto attor-no a Goethe, a Weimar, intorno al 1800; gli artisti, illu-strando temi ripresi da Omero o ricostruendo pittureclassiche perdute, usavano un linguaggio pittorico estre-mamente semplice, che si richiamava alle origini della ci-viltà classica.All’inizio del xix sec., la dottrina neoclassica intesa nelsuo aspetto più radicale era egemone, e la maggior partedelle opere di quegli anni, dovute a italiani come Vincen-zo Camuccini o a tedeschi come Gottlieb Schick, possonoconsiderarsi il riflesso di stili e temi già ormai consacratialla fine del xviii sec. Ma la quantità e la qualità dellaproduzione restarono privilegio di Parigi, il centro più im-portante e più fecondo del n, grazie a David e alle centi-naia di giovani artisti venuti a lavorare nel suo studio dapaesi remoti come la Spagna, la Danimarca, gli Stati Unitio la Russia. Dopo le Sabine, lo stile dello stesso David siorientò verso un’interpretazione dell’antichità più manie-rata e preziosa, come dimostra l’eleganza leggera di ri-tratti quale quello di Madame Récamier (1800: Parigi,Louvre). Tale tendenza al preziosismo si accentuò negliallievi di David, che a loro volta abbandonarono il generebellicoso e virtuoso degli anni della Rivoluzione etramutarono i principi davidiani in uno stile raffinato esofisticato donde spesso si sprigionava un’aura romantica.Già al Salon del 1793 l’Endimione di Anne-Louis Giro-det-Trioson (Louvre) forniva una curiosa intepretazionedi un tema classico come quello di Endimione, ripreso da

Storia dell’arte Einaudi

un sarcofago, poiché assumeva come unica fonte di luce ilriflesso lattiginoso della luna, e costruiva i personaggi conun modellato molle e sinuoso che, combinato con la qua-lità marmorea dei contorni, produce quell’impressione digelido erotismo cosi frequente in tante pitture e scultureneoclassiche. Opere come l’Endimione appartengono aquel mondo segreto e lunare che si ritrova nella pittura diun contemporaneo di David che non fu, peraltro, tra isuoi allievi, Pierre-Paul Prud’hon: la sua arte graziosa emalinconica è stata alternativamente associata dal n e dalromanticismo, e il suo esempio dimostra fino a qual puntosia mobile la linea di demarcazione tra i due apparenti an-tagonisti. Il crescente fascino esercitato dalle regioni re-mote e misteriose doveva introdurre nella cerchia davidia-na temi di un esotico romanticismo. Ne è testimonianzala Morte di Atala (Salon del 1808: Parigi, Louvre), ispirataa Girodet dal patetico racconto di Chateaubriand che nar-rava la vita dei cristiani presso gli Indiani d’America; edanche la Cartagine dall’orientalismo pieno di languoreevocata in Didone ed Enea (Salon del 1817: Parigi, Lou-vre) di Pierre-Narcisse Guérin, allievo di Jean-BaptisteRegnault, principale rivale di David.Gli sforzi di David per depurare lo stile e raggiungere lasemplicità greca ebbero un’eco intorno al 1800 e in modoabbastanza stravagante, presso i suoi allievi più ribelli epiù giovani, chiamati «Primitivi» o «Barbus»; guidati daMaurice Quaï, essi portarono alle estreme conseguenze lavocazione al primitivismo accettando, almeno in teoria, leforme più arcaiche attestate dalle arti e dalle lettere gre-che. La loro concezione radicale si ritrova, a distanza,nell’arte di F. Gérard, il cui Amore e Psiche (Salon del1798: Parigi, Louvre) presenta stilizzazioni manierate, su-perfici lisce e smaltate nelle anatomie proprie della pitturaneoclassica; e soprattutto nell’opera di J. A. D. Ingres, icui primi dipinti, Venere ferita da Diomede (1802 ca.: con-servato a Basilea) e Giove e Teti (1811: Aix en-Provence,Museo Granet) si ispirano alle immagini piatte e lineari diFlaxman e dei vasi greci, ma a tali fonti aggiungono unamistura di sensualità e di precisione di dettagli che si tra-sporrà facilmente nel mondo romantico delle sue odali-sche e delle sue bagnanti orientali. Nell’arte di Ingres, lepremesse di David, astrattismo e realismo, vengonoampiamente utilizzate e superate. Erede della dottrinaidealista di David fino ad età avanzata, Ingres fu il più

Storia dell’arte Einaudi

saldo difensore dei principi neoclassici nei due primi terzidel xix sec., contrapponendosi ostinatamente alle emer-genti forze del romanticismo, il cui apogeo si colloca dopoil 1820, col giovane Delacroix. Dall’Apoteosi di Omero(Parigi, Louvre), messa al Salon del 1827 a confronto colSardanapalo di Delacroix (ivi), fino alla pittura muralel’Età dell’oro del castello di Dampierre (1843-47), Ingressi sforzò di combattere la trasformazione intervenutanell’arte dell’Ottocento e di contrapporvi la propria fedenell’ideale della bellezza classica, perseguita attraversouno studio minuzioso delle fonti iconografiche antiche, lapreminenza del disegno sul colore e l’uso di composizionichiare e simmetriche. Simili principi si irrigidirono inevi-tabilmente nelle mani di accademici di talento minore. Lavitalità del n si esaurì dopo il 1840, e le ulteriori interpre-tazioni del classicismo restarono nelle mani di pittori ac-cademici e conservatori, che più tardi radicalizzeranno loscontro con il movimento realista e impressionista.Personalità più o meno interessanti popolano comunquequesto universo conchiuso nella ricerca di armonie lonta-ne e sfuggenti. Si pensi alla grandezza muta e scultoreadegli eroi e delle eroine greche del tedesco Anselm Feuer-bach (Ifigenia, 1869: Stuttgart, sg), o alle visioni pallide efragili dell’Arcadia classica nei gessosi affreschi di Puvisde Chavannes, oppure alle scene quasi pornografiche ovecompaiono Veneri e ninfe, numerose nell’opera dei pittoripopolari del salon come A. Cabanel e A. W. Bouguereau,o, infine, all’interpretazione aneddotica della vita quoti-diana greca o romana, ricostituita con esattezza «cinema-tografica» da pittori come Gustave Boulanger o Jean-Léon Gérôme in Francia, o L. Alma-Tadema e FrederickLeighton in Inghilterra. (rro).

neoimpressionismoMovimento pittorico sviluppatesi nell’ambito della «rea-zione» alla fugacità del frammento impressionista, tra il1884 e il 1890. Il nome si deve al critico F. Fénéon chenel recensire per la rivista belga «L’Art Moderne» laGrande-Jatte di G. Seurat, presentata al Secondo Salondes Indépendants nel settembre del 1886, e più ancoranell’opuscolo successivo Les Impressionnistes en 1866 pub-blicato su «Le Vogue» nell’ottobre dello stesso anno, nedefini insieme i procedimenti tecnici ed i presuppostiestetici: sottolineando appunto la continuità, ma anche

Storia dell’arte Einaudi

l’esplicita divergenza, col fenomeno dell’impressionismo.Come più tardi ebbe a dire un altro protagonista del grup-po, P. Signac, si era voluto così «rendere omaggio allosforzo dei precursori e mettere in evidenza, sia pur attra-verso i differenti procedimenti, il fine comune: la luce e ilcolore. È in questo senso che occorre intendere la parolaneoimpressionismo, perché la tecnica impiegata da questipittori non ha nulla di impressionista; come quella deiloro predecessori è fatta di istinto e di istantaneità, così laloro è prodotto della riflessione e della durata». Ripresoda Arsène Anselme ne «L’Evénement» del 10 dicembre1886, il nuovo termine – cui gli artisti avrebbero preferi-to il più esatto «cromo luminarismo» – fu consacrato de-finitivamente da un ulteriore saggio di Fénéon apparso su«L’Art Moderne» il 1° maggio 1887, che collocava stabil-mente il movimento tra i più significativi in ambito euro-peo.Capofila riconosciuto, per la lucidità degli assunti oltrechéper la chiarezza degli esiti, fu G. Seurat, giovane pittoreformatesi all’Ecole des beaux arts nel culto di Ingres edegli antichi, ma suggestionato al contempo dall’essenzia-lità solenne e ieratica di Puvis de Chavannes e dei primi-tivi. L’esigenza «classica», razionale di un rigoroso im-pianto compositivo, cui Seurat si mantenne fedele tutta lavita, si coniugava però con un acceso interesse per le mo-derne teorie sulla percezione e sul colore che l’artista, inlinea col dominante spirito dello scientismo posivista, an-dava indagando – appena diciannovenne – con l’entusia-smo di precoci e vaste letture. In particolare la legge dei«contrasti simultanei» che sottoponeva a «regole sicure»l’uso dei colori, esposta da M. E. Chevreul nel 1839 e ri-presa da C. Blanc nella Grammaire des arts du dessin(1867), integrata ancora con gli analoghi studi di Helmol-lz, Maxwell, Sutter e Dove, lo persuasero della necessitàdi ancorare alla precisione di un metodo scientifico queglieffetti e quelle soluzioni che aveva trovato sperimentatisolo intuitivamente da maestri quali Delacroix, Corot egli stessi impressionisti, senza per questo costringere osoffocare l’autonomia dell’invenzione. Scriveva a tale pro-posito D. Sutter ne Les phénomènes de la vision, che Seu-rat lesse su «L’Art» nel 1880: «La scienza libera da tuttele incertezze, permette di muoversi con piena libertà e inun ambito molto vasto... Essendo lutte le regole insitenelle leggi stesse della natura, niente è più semplice che

Storia dell’arte Einaudi

individuarne i principi, e niente è più indispensabile.Nell’arte, lutto deve essere voluto».In Une Baignade à Asnières, esposta nel maggio del 1884 alI Salon della neonata Société des Artistes Indépendante,Seurat si concentra su quella «metodica separazione deglielementi – luce, ombra, colore locale azione reciproca deicolori – e della loro adeguata proporzione» (Rewald), checostituirà la base permanente del suo procedimento.L’opera, di risultato ancora incerto per il perdurare di co-lori mescolati e terrosi accanto a quelli puri, colpì luttaviagrandemente un altro giovane pittore, conosciuto alla Co-struente della Société: P. Signac. Già avviato sulla stradadell’impressionismo, fu Signac a spingere l’amico a libe-rarsi definitivamente degli impasti, contribuendo a preci-sarne l’orientamento stilistico.Ma è nella tela di Une dimanche après-midi à l’île de laGrande-Jatte, che Seurat inizia a dipingere appunto nelmaggio dell’84, alternando significativamente gli studiall’aperto a lunghe sedute in atelier pur di escludere qual-siasi elemento di improvvisazione, che la ricerca neoim-pressionista trova la sua prima, compiuta esposizione.Fondata su quella teoria del «mélange optique», già adot-tata da Delacroix e sviluppata da Chevreul, Blanc e Dove,che collocava nell’atteggiamento percettivo dell’occhio enon più nel pigmento la mescolanza dei colori, il metododivisionista tentava di riprodurre l’effetto della dissocia-zione retinica mediante la tecnica del pointillisme (con laquale il movimento viene troppo spesso confuso), che di-vide la pennellata in piccoli punti nettamente giustappo-sti; al fine di ottenere il massimo della rispondenza adun’esatta situazione di luce e nello stesso tempo – attra-verso l’accostamento diretto dei complementari e dei di-ciotto toni dell’iride (riuniti sistematicamente nel cerchiocromatico costruito da Seurat fin dall’81, sulla scorta diChevreul e soprattutto di O. Rood) – il massimo dell’in-tensità luminosa. Come scrisse in seguito Signac nel suoD’Eugène Delacroix au Néo-Impressionnisme (1898), sitrattava di «assicurarsi tutti i vantaggi della luminosità,del colore e dell’armonia: mediante il miscuglio ottico dipigmenti unicamente puri (tutte le tinte del prisma e tuttele loro tonalità); mediante la separazione dei vari elementi(colore locale, colore d’illuminazione, loro reazioni); me-diante l’equilibrio di tali elementi e delle loro proporzioni(secondo le leggi del contrasto, della digradazione e

Storia dell’arte Einaudi

dell’irradiazione); mediante la scelta di un tocco pro-porzionato alla dimensione del quadro». Certamente,come ha dimostrato R. Herbert, la teoria del «mélangeoptique» era illusoria, e nei fatti costantemente sostituitada una modulazione del color locale; ma il metodo del nera ancor più pratico che teorico. Secondo le testimonian-ze, ad esempio, Seurat procedeva fissando prima di tuttol’assetto compositivo; quindi stendeva un primo strato divernice a larghe pennellate, come legame di fondo, e sol-tanto in un secondo momento – dopo aver scelto in baseall’insieme una tonalità definita – lavorava via via «inpointillisme» su piccole porzioni del quadro. Né l’ansia el’attitudine sperimentale si fermavano, naturalmente, allasuperficie dipinta: una grande attenzione veniva dedicataalla preparazione dei supporti (gesso liquido, talvolta en-causto) e dei composti (si preferiva ad esempio il vetroalla tradizionale vernice, che tendeva ad ingiallire); e losforzo di unità stilistica si spingeva ad investire la corni-ce, che a partire dal 1889 Seurat decora con i colori com-plementari ed accompagna con una bordura anch’essa di-pinta, per meglio filtrare il graduale contatto con l’am-biente esterno.Mentre l’artista continuava, nel 1855, i suoi esperimentisulla Grande-Jatte, Signac, propagatore sin dall’inizio delleidee del gruppo, persuade Camille Pissarro dell’esattezzadel metodo dell’amico. Il decano dell’impressionismo, ri-cettivo come sempre ed aperto ad ogni innovazione, viaderì entusiasticamente – presto seguito dal figlio Lucien,da Cavallo-Peduzzi, Dubois-Pillet e Gausson e solo piùtardi da Hayet, Angrand e Luce – al punto da imporre lapresenza dei nuovi compagni alla VIII ed ultima mostradella Société impressionista, alla Maison Dorée. In unasaletta a parte, accanto ai paesagggi dei due Pissarro edalle marine di Signac – approdato a sua volta al divi-sionismo senza però adottare la base uniforme di Seurat(e l’effetto ottenuto fu di «frenetica intensità di luce») –,la Grande-Jatte fece qui la sua prima apparizione, seguitain breve dal secondo Salon degli Indépendants; suscitan-do la reazione scettica e irridente del pubblico e di granparte della critica, sconcertata dall’uniformità stilistica deisingoli artisti che arrivò ad accusare persino di «esecuzio-ne troppo affrettata». Non mancarono tuttavia i giudizifavorevoli dei giovani letterati simbolisti, affascinatidall’«idea pura» di questo modernismo scientifico: Gusta-

Storia dell’arte Einaudi

ve Kahn, Arsène Alexandre, Paul Alexis e soprattuttoFénéon, ammiratore di Seurat fin dalla Raignade, che di-venne l’apostolo del movimento contribuendo con saggi,note e conferenze alla diffusione dei suoi principî. IIpoeta belga Emile Verhaeren, anch’egli colpito dalla«semplicità ed onestà primitive» del lavoro di Seurat, agìinvece da tramite con la società dei Venti che da Bruxel-les, sotto la guida di Octave Maus, era impegnata nel so-stegno di nuovi orientamenti artistici. La regolare presen-za di Seurat, Pissarro e compagni alle esposizioni deiVenti, a partire dal IV Salon del 1887, creò una sugge-stione profonda nell’animo di artisti come Willy Finch,Theo van Rysselberghe, Henri van de Velde e – dopo il1889 – Lemmen, determinando lo sviluppò precoce diuna corrente belga del n che già dal 1890 vi appare comeil principale movimento pittorico d’avanguardia; senzatrascurare i Paesi Bassi, che vedono in Jan Toorop e neisuoi allievi Brenner, Aarts e Vijlbrief i maggiori esponentidel pointillisme olandese.L’incontro determinante tuttavia fu quello con C. Henry,un giovane scienziato amico di Fénéon e legato al cenaco-lo simbolista, che in numerosi saggi sull’ottica e la perce-zione quali, specialmente, la Théorie des directions, il Trai-té sur l’esthétique scientifique (1886) e l’Esthétique musicaleaveva enunciato una sorta di dottrina unificata «della sen-sibilità e dell’attività umane» (Valéry). In particolare Seu-rat trovò nelle teorie di Henry sul ritmo e l’espressionepsicologica della linea, già riscontrate nelle letture giova-nili di Blanc e di H. De Superville ed ampiamente echeg-giate nell’estetica dei «segni emotivi» di ambito simboli-sta, una risposta a quell’esigenza di adeguare ad un siste-ma logico ed armonico, insieme ai colori, anche gli ele-menti lineari, cui lo predisponeva la mai rinnegata forma-zione classica ed il suo stesso temperamento. Già nella Pa-rade (1887-88), impostata su di una griglia della massimasemplicità e rigore che tuttavia si fonda sulla complessitàdella «sezione aurea», runiformità delle cromie calde esquillanti sigla l’evolversi verso interessi più mirati. Ma èa partire dall’estate del 1888 che Seurat, suggestionatoforse dall’Art Nouveau, sedotto dal tratto fluido e sinteti-co dell’illustratore Chéret, ma soprattutto influenzatodalle riflessioni sul potere «dinamogeno» (Le cercle chro-matique... avec une introduction sur la théorie générale de ladynamogénie, 1888) e sulle relazioni affettive di linee e

Storia dell’arte Einaudi

colori che Henry aveva elaborato in collaborazione conSignac ne L’Education du sens des formes e L’Education dusens des couleurs (ancora 1888), introduce nelle sue compo-sizioni sinuosità che sviluppate nello Chahut e nell’incom-piuto Le Cirque lasciavano intravedere nuovi sviluppi peril n. D’altra parte l’artista, da sempre reticente a divulga-re i propri principi, ha oramai raggiunto una maturità teo-rica tale da persuaderlo ad esperta in una celebre lettera aM. Beaubourg datata 28 agosto 1890: «L’arte è l’armo-nia. L’armonia è l’analogia degli opposti, l’analogia dei si-mili, di tono, di tinta, di linea, considerati in base alla do-minante ed all’influsso di un’illuminazione a composizionigaie, tranquille o tristi». Se la morte prematura, nel 1891,venne a interrompere bruscamente le riflessioni e gliesperimenti di Seurat, Signac, da sempre ossessionato dallimite dell’imitazione del vero, lo aveva già raggiunto eforse superato sulla via di un astrattismo ritmico ed orna-mentale, non privo di suggestioni mistiche. Il suo ritrattodi Fénèon sur l’émail d’yn fond rythmiaque de mesures etd’angles, de tons et de teintes (1890), nel combinarsi com-plesso di arabeschi lineari ed armonie cromatiche sembraquasi un «manifesto» delle ipotesi di Henry sul piacere el’inibizione cui del resto, si è visto, l’artista aveva avutoparte attiva. Fu invece H.-E. Cross, pittore di acuta sen-sibilità approdato al n nel 1890 prima di affermarsi comegrande colorista, a sviluppare nel senso di una logica evo-cativa e visionaria quelle premesse astratte che Mondrian– «transitato» anch’egli per il n – porterà alle più radicaliconseguente. Ma il contenuto teorico del n cominciava apesare sui suoi sostenitori. Proprio nel momento in cuiSeurat modificava sensibilmente la propria maniera, ilmovimento era onnipotente al Salon des Indépendants ela dottrina veniva ovunque interpretata o saccheggiatamentre numerosi erano coloro che lamentavano l’ar-bitrarietà del metodo e l’autoritarismo del suo leader. Pis-sarro se ne distaccò per primo, insoddisfatto di «una tec-nica che mi irretisce e frena la spontaneità della sensazio-ne», seguito apertamente da Hayet, Luce e van de Velde.Se i temperamenti più dotati perseguivano la strada diuna maggiore scioltezza e libertà, il successo e l’apparentesemplicità della formula neoimpressionista ne andavanodeterminando la sempre più vasta diffusione nei settori enegli ambienti più vari. Dinnanzi all’impulso degli impres-sionsiti, ormai universalmente riconosciuti, all’incostesta-

Storia dell’arte Einaudi

bile finezza del metodo pointilliste ed al sostegno critico emorale fornitogli dal simbolismo letterario, pittori ac-cademici come E. Laurent, Amant-Jean, H. Petitjean, H.Martin o Le Sidaner dovevano presto tentare il recuperoa proprio vantaggio del carattere innovatore del n, piùche altro come comodo espediente per conferire alle loroopere un sigillo di pretesa modernità. Un fenomeno, que-sto, che aveva già preoccupato Seurat (ossessivamente ge-loso del suo primato tecnico e teorico al punto da rasenta-re, nel 1888, la rottura con Signac): «Più saremo, piùperderemo di originalità, e il giorno in cui tutti adotteran-no questa tecnica essa non avrà più alcun valore e si cer-cherà qualcosa di nuovo, cosa che sta già accadendo».Il propagarsi della dottrina divisionista non può tuttaviaridursi ad una banalizzazione in negativo; al contrario, laseduzione del pointillisme non risparmiò alcun movimentoed esercitò un influsso durevole sul futuro percorso dellapittura europea. Anquetin, van Gogh, Bernard, persinoGauguin vi erano stati tutti tentati, prima di respingerlocon decisione; e la finezza del procedimento aveva inte-ressato, e condizionato, ex Nabis come Vuillard, Vallot-ton e Bonnard. In particolare la nuova maniera di Signac,concepita con ampiezza in mosaici splendenti sul fondochiaro, arrivò a suggestionare Matisse che nel 1904 rea-lizzò a Saint-Tropez, presso l’anziano maestro, il suofamoso Luxe, calme et volupté, aprendo così la strada aifuturi esiti fauves. Anche Derain, indirizzato da Matisse,adottò infatti questa tecnica nel 1905, durante un sog-giorno a Collioure, seguito tra il 1906 ed il 1907 da Met-zinger e Delaunay, da Severini e G. Balla; il cubismo otti-co e il futurismo traevano così, a loro volta, più di un sug-gerimento dal n, che consentì in particolare ai cubisti diperseguire, dopo il ’14, una nuova definizione dinamicadello spazio. Anche fuori di Francia la morte di Seuratnon aveva minimamente compromesso la diffusione delmovimento. In Italia, Pellizza da Volpedo si associava inmodo esplicito alle ricerche francesi mentre Segantini,Previati e Grubicy riportavano all’interno del divisioni-smo le istanze idealistiche e misticheggianti della tra-dizione accademica, traducendole in una peculiarità tecni-ca e stilistica dalla cadenza mossa, fluida e dagli esiti alta-mente evocativi. Attraverso il Belgio, e precisamente perinflusso di van Rysselberghe e van de Velde, i tedeschi P.Baum, C. Hermann e C. Rohlfs dovevano a loro volta,

Storia dell’arte Einaudi

allo scadere del secolo, adottare la modalità puntinista; I.Hauptmann, in rapporti con Signac tra il 1908 e il 1912,terrà in vita il linguaggio neoimpressionista fino al 1920.(gv + trc).

neoplasticismoNome attribuito da Mondrian alle proprie concezioni pla-stiche, erette a sistema e difese dal gruppo e dalla rivista«De Stijl» sin dalla fondazione a Leida nel 1917. Le lineeprogrammatiche del n furono messe a punto nel manifestodel 1918 (firmato da Mondrian, da T. van Doesburg e G.Vantongerloo) e in quello del 1920 (van Doesburg, Mon-drian e altri). Obiettivo primario era l’individuazione diuna forma plastica non soggettiva ma universale che tro-vava nell’uso esclusivo di linee rette e di colori primaripuri (blu, giallo e rosso) accordati al bianco, l’essenza stes-sa della chiarezza e dell’armonia. Mondrian si dissociò nel1925 e il n con van Doesburg (trasferitesi a Parigi nel1929) divenne soprattutto un importante terreno di con-fronto per i pittori astratti attivi negli anni Trenta (Cercleet Carré, Abstraction-Création). Le teorie del n ed i suoiscopi vennero formulati nella rivista «De Stijl». Mon-drian pubblicò nel 1920 un opuscolo, Le Néoplasticisme,edito a Parigi dalla Gall. L’Effort moderne. Alcuni suoiscritti apparvero raccolti in volume nel 1925 nelle edizio-ni del Bauhaus col titolo Neue Gestaltung. Il dogmadell’intersezione lineare ad angolo retto venne seguito da-gli artisti di «De Stijl». Ma l’impiego esclusivo dei coloriprimari sarebbe stato adottato da Mondrian, invece, sottola loro influenza. La portata storica del n in pittura è le-gata all’opera di Mondrian, mentre nel campo delle realiz-zazioni pratiche si connette alla diffusione di «De Stijl».(dv+sr).

neorealismoLa fine della guerra in Italia, nella primavera del 1945, fusalutata da un’esplosione di gioia, anche fra gli artisti. Gliincontri si moltiplicarono, tra la primavera e l’autunno del1946, a Milano, Roma e Venezia e si conclusero, alla pre-senza dei critici Apollonio, Ferrante, Cavicchioli, AlbertoRossi e Giuseppe Marchiori, nel salone di Palazzo Volpi aVenezia, dopo lunghe discussioni tra Birolli, Santomaso,Morlotti, Pizzinato, Viani e Vedova. Fu firmata poi una

Storia dell’arte Einaudi

dichiarazione, redatta in gran parte da Birolli, il 1° otto-bre 1946, alla quale aderirono Guttuso, Cassinari e Leon-cillo. La dichiarazione era questa: «Nove artisti italiani,sostituendo all’estetica delle forme una dialettica delleforme, intendono far convergere le loro tendenze, solo ap-parentemente contrastanti, verso una sintesi riconoscibilesoltanto nel futuro delle loro opere, e ciò in netto contra-sto con tutte le precedenti sintesi verificatesi per decisio-ne teoretica o comunque aprioristica, intendono di avvici-nare a una prima base di necessità etica e morale le lorosingolari affermazioni nel mondo delle immagini, le loroosservazioni, assommandole come atto di vita. Pittura escultura, divenute così strumento di dichiarazione e di li-bera esplorazione nel mondo, aumenteranno sempre più lafrequenza con la realtà. L’arte non è il volto convenziona-le della storia, ma la storia stessa che degli uomini nonpuò fare a meno». La dichiarazione era firmata da Birolli,Cassinari, Guttuso, Morlotti, Pizzinato, Santomaso, Ve-dova, Leoncillo e Viani. Il movimento prese il nome di«Nuova Secessione artistica italiana – Fronte Nuovo delleArti». Ma dopo un incontro di Birolli e Morlotti conGuttuso a Roma, prevalse il secondo nome, e, con questo,ormai, è universalmente noto.La mostra, inaugurata il 12 giugno 1947 alla Galleriadella Spiga a Milano, ottenne un ampio insuccesso, so-prattutto per lo scarso impegno di alcuni espositori e perl’assenza di Birolli e Morlotti, i quali, partiti per Pariginel gennaio 1947, non avevano ritenuto di inviare le loroopere. Prima dell’inaugurazione della mostra, Cassinariaveva dato le dimissioni dal Fronte. Al suo posto eranoentrati, su suggerimento di Guttuso, Corpora e Turcato,Fazzini e Franchina. L’organizzazione generale spettava aStefano Cairola, mentre il catalogo conteneva saggi e pre-sentazioni di Argan, Guttuso Lucchese, Maltese, Mora-via, De Micheli, Bettini, Venturi e Valsecchi, e una prefa-zione di Giuseppe Marchiori, nella quale, tra l’altro, si di-ceva: «I pittori d’oggi sembrano condannati, nella mag-gior parte dei casi, alla minuta fatica delle disquisizionilinguistiche, delle polemiche filologiche: un lavoro da pe-danti e, spesso fatto su testi spuri, senza metodo, e incontrasto con la dichiarata esigenza di comunicare, di ri-scattare l’arte dalla decadenza o dalla morte dei miti. Sug-gestionati dalla preoccupazione di esercitare una funzionesociale, passano di errore in errore teorico, si contrad-

Storia dell’arte Einaudi

dicono senza trovare una legge che li soddisfi. Né potran-no trovarla finché continueranno a negare la realtàdell’arte nel nome di un moralismo valido soltanto in unsenso civico. Malgrado l’orgoglio e l’infaticato individuali-smo ossessivo, sono destinati a diventare degli anonimi, idiscepoli anonimi di una scuola che avrà il colpo di graziadall’apparizione (tanto per dare un esempio) di un nuovoMasaccio. Questo genio, ancora sconosciuto, farà morirefinalmente tutti i problemi, risolvendoli nelle opere asso-lute e definitive. Torneranno a discuterne gli epigoni, atradurre gli assoluti formali in linguaggio [...] Se gli artistid’oggi si mostrassero umili come degli onesti artigiani, ri-conoscendo questo loro destino di anonimi, il giudizio sa-rebbe più generoso sulle opere tormentate e affaticate cherivelano, per troppi accenni, il dramma di una generazio-ne incapace, dopo aver distrutto in sé ogni valore certo,di avviarsi all’avventura di una sorte troppo incerta.L’arte diventa fatto razionale, teorema, esclude l’amore,l’abbandono del “credente”, che in tal modo si nega alsogno e si annulla come artista. Chi vorrà invece «raccon-tare» per gli altri, raccontando se stesso, dovrà essere evivere nella condizione del “credente”, liberarsi della ra-zionalità eccessiva, superare il limite che gl’impone la pre-senza dominatrice di una civiltà figurativa negata soltantonei paragrafi dei manifesti».Ma il successo doveva venire al Fronte, da due sale dellaBiennale del 1948. Morlotti, Biroli e Santomaso avevanofatto dei grandi progressi. Guttuso e Pizzinato erano rap-presentati da una serie di opere ottimamente scelte. Ve-dova mostrava un ardore combattivo addirittura fu-ribondo; Viani esponeva alcune delle sue sculture più fini-te (e, per il pubblico, più scandalose). Turcato, Leoncilloe Corpora si inserivano con opere che documentavano unrinnovamento ricco di interesse. Le sale del Fronte co-stituirono l’interesse della Biennale del ’48 e ottenneroquel riconoscimento che era mancato a Milano nel 1947;e il riconoscimento, come negli intenti del Fronte fu dav-vero su un piano europeo. Fu sempre Giuseppe Marchioria presentare, nel catalogo della Biennale, gli artisti delFronte: «La critica italiana, salvo poche eccezioni, fu av-versa al Fronte, senza intenderne le ragioni ideali, che simanterranno e si mantengono valide, sempre più in accor-do col tempo. Oggi, infatti, l’esigenza morale è rafforzatadalle affinità che si delineano tra gli artisti più autentici,

Storia dell’arte Einaudi

nella conferma attraverso la validità delle opere, di ognifiducia, virilmente richiesta e, di volta in volta, con ognisorta di argomenti, negata. Il "Fronte Nuovo delle Arti"si presenta alla Biennale col proposito di giustificarsi sto-ricamente, fedele all’impegno assunto nel tempo e che siriconosce nella realtà delle opere».Mentre si stava preparando, tra contrarietà d’ogni gene-re, la partecipazione del Fronte alla Biennale del 1950,col proposito di rinnovare i quadri del gruppo (nei primimesi del 1950 aderì al Fronte anche Moreni), giunse unalettera di Guttuso, che Giuseppe Marchiori comunicò ai«frontisti» veneziani: in essa Guttuso aveva voluto ac-centuare la posizione neorealista (e infatti partecipò allaBiennale col grande quadro L’occupazione delle terre).Giuseppe Marchiori, dopo aver accennato alla decisione«tempestiva» e «opportuna» e alla «convivenza diffici-le» degli ultimi due anni, aggiunse: «Oggi, affermata dauna parte la politicità di ogni manifestazione della vita,e quindi anche dell’arte e, dall’altra, la libertà dell’arti-sta, sono venute a cessare le ragioni che giustificavano ilFronte [...] Il Fronte è stato davvero, come dice Guttu-so, il fatto della pittura italiana del dopoguerra, che con-tiene la paternità e la responsabilità di quel che avvienenel campo dell’arte dei giovani». Già nel 1949, quandoil Fronte si sciolse, la situazione era ben definita: «Siera optato, da Guttuso e Pizzinato, per il neo-realismo:Vedova aveva continuato a sviluppare la tematica socialein chiave espressionista, talora nei modi, sempre geniali,dell’espressionismo astratto. Turcato si era liberamenteavviato in un giro di ricerche dadaiste e surreali, mentreSantomaso stava abbandonando gli amati schemi delpostimpressionismo francese per ben altre avventure pit-toriche. Morlotti scopriva il naturalismo della vigorosaterra di Padania. Corpora veleggiava sereno verso i lididelle nostalgie tunisine, condite di cultura parigina. EFranchina costruiva mostri metallici, le sculture-macchi-na di una civiltà che abbandonava gli schemi del primiti-vismo rivisto nel nome di una negazione classicistica. Al-berto Viani seguiva invece un iter artistico razionale,che doveva risolversi, nel 1976, nello stile semplificatodelle lamine bronzee simbolicamente allusive [...]» (G.Marchiori). Occorre ancora citare un giudizio di G. C.Argan in Peinture italienne et peinture Européenne, LesArts Plastiques, Bruxelles, 5 giugno 1948: «Gli artisti

Storia dell’arte Einaudi

più sensibili della nuova generazione come Birolli eGuttuso assumono da van Gogh e dai fauves le premessedi una violenta denuncia sociale, e affrontano dopo que-sta prima esperienza morale, con nuova coscienza, il pro-blema di Picasso; che non è solo un problema di forme,ma della coscienza moderna, il testimonio più acutodella sua crisi... Queste sono le premesse della partecipa-zione italiana concreta e positiva alla cultura artisticaeuropea, che, dopo la guerra si manifesta in un fermoorientamento verso l’arte astratta, o meglio in una"revisione" dell’esperienza cubista alla luce dell’astra-zione: come nella pittura di Guttuso, Birolli, Afro enella scultura di Viani, Mazzacurati, Leoncillo» e quellointerlocutorio, di A. Chastel in Certitudes incertitudes ita-liannes – Una Semaine dans le Monde, 14 agosto 1948:«[...] Per finire con gli ostacoli della tradizione, unnuovo cammino è stato proposto dopo la liberazione dalgruppo ottobre ’46 che con Santomaso, Vedova, Guttu-so adotta il linguaggio impulsivo dei giovani pittori fran-cesi. Essi cercano dapprima una migliore organicità delquadro in toni decisi di carte incollate (découpage) unmezzo d’espressioni à jour di cui i migliori si sono già as-sicurati la maestria. Ma bisogna ancora attendere i frut-ti». (mcg).

NepÇlL’arte pittorica compare nel N in forme diverse: pitturemurali e dipinti su tela o su carta, illustrazioni di mano-scritti e delle loro copertine di rilegatura in legno. Sem-bra che quest’arte risalga al x sec. d. C; ma sono notipochissimi pezzi della fase antica del suo sviluppo, e perla maggior parte si distribuiscono dal xiv sec. ai giorninostri. Vi si avvertono, pervenuti a ondate successive,gli influssi indiani, in particolare quelli dello stile pÇla(VIII-XII sec.); ma le opere hanno assunto rapidamenteun carattere originale e molto raffinato. Pitture muralieseguite secondo la tecnica a tempera, databili al perio-do medievale, sono state ritrovate sulla facciata del tem-pio di Bagh Bhaivara a K¥rtipur, nel palazzo di Bhat-gaon ed a KÇtmÇndu; le decorazioni della «galleria» del«palazzo dalle 55 finestre» di Bhaktapur sono state rea-lizzate dal re Bhpat¥ndra Mulla (1692-1722). Tra i co-lori predominano il rosso e l’oro. D’ispirazione epica, itemi comportano rappresentazioni svariate, tra le quali

Storia dell’arte Einaudi

quelle di divinità ed il ritratto del re a grandezza natura-le. Le opere su tela e su carta (ad acqua e a colla) hannofinalità religiose mentre l’iconografia è tratta dal buddi-smo tantrico e dall’induismo (o brahmanismo tardo): ledue religioni si erano per lungo tempo sviluppate fiancoa fianco, e si erano mescolate fino al momento in cuiprevalse l’induismo. I dipinti datati più antichi risalgonoal xv sec. d. C. Lo stile, sulle prime vicino all’arteproveniente da NÇlandÇ, assume rapidamente caratteriautonomi. Nondimeno, rare sono le opere antiche. Lamaggior parte non è anteriore al xvii sec. d. C. La pro-duzione sembra suddividersi in due stili: alcune opered’ispirazione tantrica possiedono una semplicità ed unaforza straordinarie, e vi compaiono numerose le divinitàincoronate. Altre, caratterizzate da una poetica più sofi-sticata, sembra predominassero nell’epoca Malla (xiv-xviii sec.). Le armonie cromatiche sono vivaci; abbonda-no i toni rossi e azzurri, associati a giallo e verde. Lafase tarda è contrassegnata dall’importanza degli apportidella miniatura rÇjput e della pittura tibetana, alla cuiformazione l’arte del N aveva agli inizi contribuito. Leraccolte più ricche di pitture del N si trovano a KÇtmÇn-du; alcuni pezzi figurano al bm di Londra ed al MuséeGuimet di Parigi. (mha).

NereziPresso il villaggio di N (Jugoslavia, Macedonia, nei din-torni di Skopje) si trova il monastero di Stevi, fondatonel 1164 da Alessio Comneno, membro della famiglia im-periale di Costantinopoli. La chiesa, su pianta cruciformecon una grande cupola sull’incrocio dei bracci, dinanzi alcoro, e quattro altre cupole più piccole sugli angoli, è or-nata da pitture murali, capolavoro della pittura bizantinadel xii sec. Le grandi figure dei santi, allineate sul regi-stro inferiore della navata, mostrano il raddolcirsi delleforme e la ricerca di un’espressione individualizzata. Trale scene della Vita di Cristo (secondo registro) vanno so-prattutto segnalate la Deposizione della Croce e il Com-pianto (trenodia), di un realismo straziante ma sobrio. Latensione drammatica si esprime sia attraverso la mimicadei personaggi sia attraverso il ritmo compositivo. I di-pinti della zona superiore delle pareti e delle volte sonostati rifatti. (sdn).

Storia dell’arte Einaudi

Neri di Bicci(Firenze 1419-92). Figlio e nipote di pittori, subentra inbottega al padre Bicci di Lorenzo attorno al 1445, conti-nuandone la feconda attività per più di quarant’anni. Icommittenti di Neri sono reclutati principalmente in stra-ti sociali medi e medio-bassi della città e soprattutto delcontado, attraverso una accorta ed artigianalmente inecce-pibile produzione di tavole di devozione privata, paled’altare per cappelle gentilizie ed altaroli portatili, che simostrano in grado di recepire le più «scontate» mode ri-nascimentali (schemi compositivi, impostazioni prospetti-coluministiche), ma assorbite subito e completamente dallinguaggio arcaizzante ed antiplastico (con costanti ed al-ternate referenze ora ad Angelico, ora a Lippi e Gozzoli)proprio di questo artista invariabilmente fedele a se stes-so. Il gusto per il particolare decorativo, per il coloresquillante e contrastato, l’accuratezza tecnica e matericasi riscontrano in quasi tutte le numerosissime opere perve-nuteci. Ricordiamo il trittico con l’Ascensione (Firenze,Accademia); la Sacra Conversazione del 1452, già a SanGiorgio di Canneto Val d’Elsa ed ora, con la Madonnadella Cintola e santi dalla Pieve di San Giovanni a Coraz-zano, a San Miniato (Museo Diocesano); la pala di SantaMaria a Certomondo, presso Poppi, del 1466, le cui alicon Santi si conservano ad Avignone, Petit Palais; la SacraConversazione del 1482 (Siena, pn); la delicata ed esileMadonna col Bambino di Avignone, Petit Palais; le duepale, con una Sacra Conversazione ed il Compianto su Cri-sto morto, eseguite entrambe su commissione di NicolòSernigi per la chiesa di Santa Maria al Morocco, recente-mente depositate presso il Museo d’Arte Sacra di San Do-nato in Poggio; la grande tavola con L’Arcangelo Gabrielee Tobiolo circondati da sei santi (predella e incorniciaturaperdute, oggi presso la Galleria «Antichi Maestri Pittori»Gallino di Torino), eseguita presumibilmente per un con-vento agostiniano tra il 1475 ed il 1480, di particolare ra-rità iconografica, poiché unisce il gruppo, a più ripresetrattato, dell’arcangelo Raffaele con Tobiolo – tutelaredei figli che, in giovane età, venivano mandati dalle fami-glie fuori Firenze a compire altrove il proprio tirocinioformativo – allo schema tipologico della Sacra Conversazio-ne, sostituendo con quello il trono centrale riservato nor-malmente alla Madonna. Indicativo delle relazioni inter-correnti tra artisti di diversa specializzazione, sono le do-

Storia dell’arte Einaudi

cumentate collaborazioni di Neri con la bottega di Giulia-no da Maiano e fratelli, che spesso forniva al pittore l’in-corniciatura per le sue pale d’altare: unico esempio super-stite è l’Incoronazione della Vergine di Ruoti (Valdambra),del 1471-72 ca. Folto è anche il numero dei tabernacolettiprodotti per devozione privata, l’ultimo dei quali (in coll.priv. a Zurigo) è stato recentemente individuato in un«ricordo» del 1462 delle Ricordanze di N come appronta-to per una monaca del convento del Paradiso, nei pressidi Firenze. Il libro delle Ricordanze lasciateci in preziosatestimonianza dallo stesso N, si è infatti rivelato qualeprezioso ed insostituibile documento della conduzione,anche finanziaria, e delle attività, assai ramificate, dellabottega del maestro, che, in un arco di tempo tra il 1453ed il 1475, vi annota contratti, scadenze, impegni di ognitipo e qualità: in questa operosa fucina compirono il pro-prio apprendistato molti pittori fiorentini del secondoQuattrocento, come Cosimo Rosselli, Giusto d’Andrea eBotticini. (scas).

Neri da Rimini(attivo dal 1300 fino oltre il 1322). Il nome di questo arti-sta affiora nel panorama della prima miniatura gotica ita-liana non solo in virtù di un’eccezionale cadenza di firmee di attestazioni cronologiche, che ci consentono di se-guirne agevolmente il percorso. La sua statura artistica èinfatti davvero grande e corrisponde ad una cultura dira-mata: legata in origine, ma non esclusivamente, ai centriminiatori bolognesi; capace di arcaismi e di nuove sugge-stioni cromatiche, un po’ come Giovanni da Rimini. Nellafase più inoltrata della sua carriera (bv, Urb. Lat. II), èattento alle più risentite squadrature giottesche di Pietroda Rimini. (mfe).

Nerlinger, Oskar(Schwann (Württemberg) 1893 – Berlino 1969). Si formòa Strasburgo; nel 1912 andò a Berlino, a studiare conOrlik. Nel 1919 vi si stabilì definitivamente, aggregando-si al gruppo Der Sturm. Svolse un ruolo attivo nel gruppodegli astrattisti, che si distaccò da Der Sturm nel 1924 epiù tardi si denominò «i Moderni». Nel 1928 divennemembro dell’Asso (Assoziation revolutionärer bildenderKünstler), e aderì al partito comunista. Colpito dalle leggi

Storia dell’arte Einaudi

naziste (divieto di lavorare), tornò in attività nuovamentedopo il 1945 pubblicando, con Hofer, la «Zeitschrift fürbildende Kunst», insegnando contemporaneamenteall’Accademia di Berlino. All’inizio degli anni Cinquantascelse di vivere nella Repubblica Democratica Tedesca. Ilsuo itinerario artistico, dopo la prima guerra mondiale, sisviluppò in funzione del suo impegno politico. Pose lapropria arte al servizio del socialismo, del quale, dopoinizi costruttivisti, adottò sempre più le concezioni.Aveva trovato verso il 1930 una soluzione personale nellasintesi tra oggetti e composizione costruttivista (Al lavoro,1929; L’uomo fuori dalla realtà; Gli occhiali «al rosa» delromantico: tutti alla Staatliche Galerie Moritzburg diHalle). Simultaneamente, la costruzione in prospettiva ela profondità, il geometrismo piatto, il grafismo puro e ilcolore freddo restituiscono, al modo del manifesto, ilmondo alienato della macchina e del lavoro. N usa nellostesso tempo la satira, disegnando caricature per i giornalioperai con lo pseudonimo di Nilgree. Dopo un ritorno alpaesaggio nello stile delle vedute panoramiche del xvisec., nel 1945 tornò a volgersi alle forme dell’arte impe-gnata, aderendo infine al Realismo socialista (documenta-zione della costruzione del centro industriale EKO in cin-quanta disegni, acquerelli e dipinti, Berlino, proprietàmunicipale). (hm).

Nerly, Friedrich(Erfurt 1807 – Venezia 1878). Protetto dal barone vonRumohr, con lui visitò l’Italia nel 1828. A Roma, nel1829, fondò la società di Ponte Mollo, associazione di ar-tisti strutturata secondo un modello di organizzazionemonastica. Si stabilì nel 1837 a Venezia, ove le sue vedu-te d’Italia ebbero grande successo; i paesaggi veneziani nerivelano la predilezione per gli effetti notturni (Chiaro diluna sulla Piazzetta: Brema, kh). Il Museo di Erfurt neconserva numerosi dipinti. (sr).

Neroccio dei Landi(Siena 1447-1500). Allievo del Vecchietta sia nell’artedella pittura che della scultura, si associò con Francescodi Giorgio Martini, dividendo con lui la bottega fino al1475. Tra i pittori che, piuttosto liricamente cheintellettualisticamente, evocano il clima civile del rinasci-

Storia dell’arte Einaudi

mento toscano, Neroccio ha goduto una segnalatissimaconsiderazione, grazie all’eleganza ridente e un po’ inge-nua con la quale i motivi di arcana grazia stilistica dellatradizione locale si compongono con i temi nuovi, raccoltia Firenze, o desunti, in accordo con Francesco di Giorgio,dai suggerimenti dei miniatori settentrionali attivi a Sienaintorno al 1470. Il suo più antico dipinto datato è il tritti-co con la Madonna fra san Bernardino e san Michele (Siena,pn) del 1476; ma già prima aveva dato forse il megliodella sua produzione, in vicinanza con Francesco di Gior-gio: ad esempio nelle Storie di san Benedetto (Firenze, Uf-fizi), nell’Annunciazione (New Haven, coll. Jarves). La suacopiosa produzione non offre poi mutamenti sostanziali,come si vede ad esempio nella Madonna e santi del 1492(Siena, pn), salvo il sorprendente Ritratto femminile dipin-to forse negli ultimi anni (Washington, ng). (cv).

Neroni, Bartolomeo detto il Riccio(Siena ? 1505 ca. – Siena 1571). Del Riccio, che fu anchearchitetto e scultore, le prime opere documentate sono leminiature di antifonari per il monastero olivetano di Fi-nalpia (Genova, Civica Biblioteca Berio), eseguite forse aMonte Oliveto Maggiore, dove Bartolomeo lavorò a fre-sco negli anni Trenta. Già risulta chiara in queste impreseiniziali l’influenza del Sodoma, che di lui fu suocero oltreche maestro. Ma non gli furono certo estranei nemmeno imodi del Peruzzi (anche per l’attività d’architetto) e so-prattutto del Beccafumi. Del ’34 è l’allogagione delle pit-ture per l’altare dei Santi Quattro Coronati nel Duomo diSiena e del ’38 è la pala, datata e firmata, di Chiusure.Quasi coevo a quest’ultima è il ciborio di San Michele Ar-cangelo a Paganico e allo stesso decennio appartiene l’In-coronazione della pn di Siena. Di poco successive sonodue statue in stucco per un’Annunciazione destinata allaCompagnia di San Giovanni Battista della Morte a Siena.Alla fine degli anni Quaranta risale il Palazzo Tantucci.Come architetto il Riccio s’impegnò inoltre (1552-53) adisegnare e rivedere fortificazioni per la guerra contro Fi-renze. Nel ’54 si fa, su suo progetto, il Conservatoriodelle Derelitte. Poi, dopo la caduta di Siena, l’artista sitrasferisce a Lucca, dove dimora, pur con ritorni in pa-tria, fino al 1568. Nel ’66 firma e data la Trinità in SanPaolino a Lucca, e in questi tempi disegna pure il coro delDuomo senese. Alla decorazione dell’oratorio di Santa

Storia dell’arte Einaudi

Caterina in Fontebranda Bartolomeo riserva gli ultimianni della sua esistenza, che si chiude fra il giugno e il lu-glio del 1571. (an).

Nery, IsmaelPittore brasiliano (Belém do Pará 1900 – Rio de Janeiro1934). Giunto in Francia nel 1920, fu tra i primi pittorisurrealisti del Brasile, ma serbò la stilizzazione delle figu-re e la probità compositiva del cubismo. Le sue opere fi-gurano a San Paolo (mac) e in coll. priv. (aaa).

Nesch, Rolf(Esslingen, Wurtemberg 1893 – Oslo 1975). Si formòpresso l’Accademia di belle arti di Dresda dal 1913 al1923. Nel 1924 fu assai influenzato da Kirchner a Da-vons. Si stabilì poi ad Amburgo nel 1929, dedicandosialle incisioni sperimentali. Con i suoi «metalli lavorati»otteneva insoliti effetti di rilievo, sia incidendo pro-fondamente l’intera superficie, sia saldandovi pezzi di me-tallo, fili, griglie. Nel 1931 pubblicò le sue prime serie diincisioni, Karl Muck e la sua orchestra e San Paolo; nel1932 i Ponti di Amburgo. Nel 1933 abbandonò la Germa-nia nazista e si stabilí in Norvegia, dove ottenne la nazio-nalità nel 1946. Ispirato al paesaggio e al suo folklore,produsse nuove serie d’incisioni (Incisione nella neve,1933-34; Isole Lofoten, 1936). Nel 1941 realizzò il suo ca-polavoro: San Sebastiano. Dal 1935 ca. ha pure eseguitogran numero di quadri composti di materiali diversi as-semblati a mosaico: pietre, legno, metallo, chiodi, fili, gri-glie, sughero, vetro, smalto, pieni di fantasia, d’invenzio-ne e di umorismo. Le sue realizzazioni più incisive sono iPescatori delle isole Lofoten (1936-37: Stuttgart, sg), SanSebastiano (1941-43: Stuttgart, Galerie der Stadt), la Fa-miglia (1942-43: municipio di Asker), la Città (1957: Am-burgo, kh), Valzer triste (1957-60: Oslo) e un fregio di 11m di lunghezza, Pesca delle aringhe (1939-65: Oslo, Indek-shuset). (l0).

Nespolo, Ugo(Mosso Santa Maria (Vercelli) 1941). Si trasferisce a Tori-no dove compie gli studi artistici presso l’Accademia Al-bertina di belle arti. Esponente di una concezionedell’arte come gioco, dell’opera come giocattolo per adulti

Storia dell’arte Einaudi

che ritrova un’originaria autenticità attraverso lo scherzoe il comportamento demistificante, N oltre agli strumentitradizionali utilizza i mezzi della tecnologia, si occupa dicinema sperimentale ed è autore di numerosi cortome-traggi. Nel 1975 ha vinto il Premio Bolaffi per la pittura.La gnam di Roma conserva una sua opera dal titolo Thisis a cod del 1975. Nespolo oggi vive e lavora tra Torino eNew York. (ldr).

Ness, Bjarne(Trondheim 1902-Parigi 1927). Allievo di Axel Revold(1924-26), si formò sullo studio della grande arte europea,da Raffaello e Michelangelo a Delacroix, Seurat e Cézan-ne.Adottò un colore preciso, di luminosità chiara e sensibile.A parte una pittura murale, il Vincitore (1926-27), esegui-ta per una scuola elementare a Oslo, prima della sua pre-coce morte poté condurre a termine un limitato numerodi quadri. Si possono citare una Pietà (1926), i Musicisti(1927: Museo di Trondheim) e svariate tele conservatenella ng di Oslo: Autoritratto (1927), il Violinista, Dome-nica pomeriggio. N ha pure lasciato una produzione abba-stanza consistente di disegni e acqueforti. (l0).

Nesterov, Michail Vasil’evi™(Ufa 1862 – ? 1942). Dopo studi a Mosca e a San Pietro-burgo formò il suo stile, molto personale, in Italia e a Pa-rigi, in contatto con l’arte dell’Angelico e di Puvis deChavannes, per trattare in uno spirito vicino al preraffael-lismo immagini di anacoreti, di pellegrini e di religiose in-dissolubilmente legate alla triste serenità del paesaggiorusso (Eremita, 1889: San Pietroburgo, Museo russo;Presa del velo, 1897: ivi; la Santa Russia, 1906: Mosca,Gall. Tret’jakov). Dopo la rivoluzione, si limitò ad esegui-re ritratti (l’Accademico Pavlov, 1930: San Pietroburgo,Museo russo; il Chirurgo Iudin, 1935: Mosca, Gall.Tret’jakov). (bl).

nestorianaSostanzialmente occidentale, l’arte n deve forse il suo svi-luppo orientale alla condanna della chiesa n nel v sec. edalla sua vocazione missionaria, che ne determinò l’espan-

Storia dell’arte Einaudi

sione, tramite la via della seta, verso l’Estremo Oriente.Ne sono testimonianza gli elementi iraniani, siriaci e occi-dentali che sussistono nelle opere trovate nei cimiteri enei luoghi di culto della Serindia. Ci sono pervenuti undipinto su seta e due affreschi. L’affresco del tempio «cri-stiano» di Turfan, la Domenica delle Palme (Berlino, sm,GG, Indische Kunstabteilung) rivela una fattura prossimaa quella di Bisanzio (composizione chiara, equilibrata, rit-mata; carattere ieratico; fattezze e vesti occidentali del sa-cerdote). Solo il segno minuzioso ricorda la Cina; confi-nando con questa civiltà la pittura n partecipa, per la suastessa complessità, di una certa unità dell’arte dell’Asiacentrale. Il frammento di un dipinto su seta molto dete-riorato, trovato a Tuen-huang dalla spedizione di sirAurel Stein (Londra, bm), è un esempio di tale complessi-tà; rappresenta un personaggio con nimbo, vestito di gri-gio e di rosso, con attorno al collo una croce di Malta so-spesa a una catena d’oro. Gli occhi sono di tipo mongolo,ma la corta barba e i baffi sono rossi, il naso è aquilino.La posizione delle mani ricorda quella dell’iconografiabuddista e la presenza di quest’opera in questo santuariobuddista, ha potuto creare confusione. Si ricordi cheMarco Polo aveva segnalato l’esistenza, a Tuen-huang, diuna chiesa n. Benché vi si individuino influssi iraniani,quest’opera rinvia all’arte originale dell’Asia centrale.(ea).

Netscher, Caspar o Gaspar(Heidelberg 1639 o Praga 1635/36 – L’Aja 1684). Figliodi uno scultore di Stuttgart, debuttò ad Arnhem pressoHerman Coster. Il suo soggiorno nella bottega di TerBorch verso il 1654-1655 è attestato da una copia del1655 al Museo di Gotha. Nel 1658 o nel 1659 intrapren-de il viaggio in Italia, ma non supera Bordeaux, dove sisposa. Dal 1662 ritorna all’Aja, dove presto diviene ritrat-tista celebre in tutta Europa. È invitato alla corte diCarlo II d’Inghilterra, ma non si è certi che vi si sia reca-to. L’eleganza dei suoi piccoli ritratti, certamente influen-zati dalla grazia dello stile francese, fu assai di moda neiPaesi Bassi. La sua pittura di genere è improntatadall’arte di Ter Borch ma si avvicina soprattutto a quelladi van Mieris. Caspar N sfrutta lo splendore delle sete edei broccati, ma il suo colore, posato su fondo scuro, restaaspro. Pittore estremamente fecondo, è rappresentato in

Storia dell’arte Einaudi

tutti i grandi musei del mondo, particolarmente al Louvredi Parigi (Lezione di contrabbasso, 1667, altra versione allagg di Kassel; Lezione di canto, Nicolas Hartsoeker, 1682,altra versione al Museo di Ginevra), alla ng di Londra, alMauritshuis dell’Aja e al Rijksmuseum di Amsterdam(l’Amore materno, Constantin Huygens, 1672; Coenraad vanBeuningen, 1673, altra versione a Copenhagen, smfk; Cor-nelis Backer, Guglielmo III, Maria Stuarda, Pieter Graeff,1663; Jacoba Bicker, il Barone van Coehoorn). Suoi dipintisono pure conservati a Rotterdam (bvb), Chicago (ArtInst.), Amburgo (kh), al kh di Karlsruhe, alla gg di Kas-sel, nonché nei musei di Digione, Lione, Nîmes, Quimpere Strasburgo (Vertumno e Pomona). Ebbe due figli, Theo-dorus e Constantin.Theodorus (Bordeaux 1661 – Hulst 1732), allievo delpadre, dipinse nello stile di quest’ultimo ritratti spessorallegrati da fiori, frutta e tappeti turchi. Dimorò a Parigidal 1679 al 1699, abiurando dal calvinismo nel 1684.Tornato all’Aja, nel 1715 ripartì per l’Inghilterra, doverestò fino al 1721 (l’Ananas di sir Mattetv Decker, 1720:Cambridge, Fitzwilliam Museum).Constantin (L’Aja 1668-1723), allievo del padre, iscrittoalla gilda dell’Aja nel 1686, ne fu decano fino al 1706.Imitatore del padre, si dedicò alla pittura mitologica (Ve-nere che piange Adone: Parigi, Louvre) e soprattutto aquella di genere e al ritratto (Jacob Jan de Backer, 1694;Agatha Bicker, 1694: Amsterdam, Rijks-museum; Ritrattod’uomo, 1715: L’Aja, Mauritshuis; Ritratto d’uomo in ar-matura, 1720: Museo di Tours; lo Stadhouder GuglielmoIII: Rotterdam, bvb; due Ritratti di donna: Museo diLille). (php).

Netti, FrancescoPittore e critico d’arte italiano (Santeramo in Colle (Bari)1832-94). Figura non trascurabile della cultura artisticapugliese e napoletana del secondo Ottocento. Dopo la lau-rea in Giurisprudenza frequentò per breve tempo l’Istitu-to di Belle Arti partenopeo, per poi studiare a Roma imaestri antichi (1856-60). Più importante però per la suaformazione artistica fu l’amicizia con F. Palizzi e con D.Morelli, del quale fu anche allievo, giungendo così a modiveristi di piacevole colorismo. Un lungo soggiorno parigi-no (1866-71) lo mise ormai tardivamente a contatto con laScuola di Barbizon e con l’opera di Courbet, e gli fece in-

Storia dell’arte Einaudi

contrare De Nittis. Ne derivò, al suo ritorno a Napoli,una vivace attenzione agli aspetti della vita contem-poranea ed ai fatti di cronaca – ricordiamo Dopo il veglio-ne (Napoli, coll. Morisani), I suicidi (Venezia, gam) e InCorte d’Assise, 1882, della Pinacoteca Provinciale di Bari,uno dei migliori risultati dell’artista. Tuttavia il decennioSettanta della sua produzione è caratterizzato anche daretoriche rappresentazioni di soggetti antichi in modi ac-cademi coveristi: Coro antico che esce dal Tempio, 1877(Galleria dell’Accademia di belle arti, Napoli), Lotta deiGladiatori durante una cena a Pompei, 1880 (Napoli, mn diCapodimonte). Le sue ultime ricerche pittoriche sono de-dicate a scene di vita pugliese – in particolare il ciclo deiMietitori, tre tele che scelgono a protagonista la figura delbracciante locale, non senza effetti di pili sobrio verismo;ma non mancano soggetti esotici (Donne turche che pren-dono il caffè, Ricamatrici levantine), frutto di un suo viag-gio in Levante e nei Balcani (1884). Fu anche criticod’arte fecondo e, nella sua tarda attività, fotografo dellasua terra. (cfs).

Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività)Tendenza artistica comparsa in Germania alla fine dellaprima guerra mondiale e prolungatasi fino agli anni Tren-ta inoltrati. Costituì, essenzialmente, una reazione spon-tanea contro l’espressionismo, nel momento in cui essonon era più contestato e si estendeva persino ad altre arti(cinema, teatro), vale a dire tra il 1918 e il 1925. Lo stori-co Franz Roh, colpito dai mutamenti intervenuti nell’arteeuropea dopo la guerra, definì nel 1925 un Nach-Expres-sionismus (Post-Espressionismo), le cui categorie si con-trapponevano punto per punto a quelle espressioniste;pure nel 1925 ebbe luogo presso la Kunsthalle diMannheim la prima mostra della NS (14 giugno – 13 set-tembre), organizzata dal primo direttore della stessa Kun-sthalle, Gustav Hartlaub. Tra i principali artisti presentisi notavano Max Beckmann, Otto Dix, Georg Grosz,Alexander Kanoldt e Georg Schrimpf. I primi tre, Dix inparticolare, dovevano diventare i capifila della tendenza.All’effusione patetica ed alla volontà partecipativadell’espressionismo succedeva un’arte della constatazionefreddamente oggettiva, ove il ruolo del colore, onnipoten-te fino a poco prima, era assoggettato a quello di un dise-gno assai più analitico. Ma le varie rivoluzioni pittoriche

Storia dell’arte Einaudi

che si erano manifestate contemporaneamente all’espres-sionismo o poco dopo di esso (cubismo, futurismo, dada,purismo) impedirono che la NS si limitasse a costituire unritorno a rassicuranti apparenze. Il nome di «Realismomagico» (Magischer Realismus), che pure le venne conferi-to, ben rivela l’instaurazione di inediti rapporti col perso-naggio, il paesaggio o gli oggetti. Grosz e Dix erano pas-sati per il club dada di Berlino, e l’esercizio della satirasulle condizioni politiche e sociali fu per essi determinan-te (Grosz, i Pilastri della società, 1926: Berlino, ng).D’altro canto, nello stesso momento la nascita del surrea-lismo, nel 1924, dotava il mondo delle forme di nuovepotenzialità, tanto più insolite quanto più familiari eranoi motivi raffigurati. Tale clima, assai complesso, del dopo-guerra, spiega perché le varie sfumature fossero così im-portanti tra i diversi membri della NS. I ritratti e gli au-toritratti, molto numerosi, si caratterizzano per l’inquie-tante somiglianza al modello, colto sia entro uno spaziorarefatto (Beckmann, Autoritratto con bacchetta e tromba,1921: Wuppertal, von der Heydt Museum; Carlo Mense,Ritratto di Davringhausen, 1922: Colonia, wrm), sia nelluogo della sua attività professionale (Dix, il Medico,1921: ivi; Davringhausen, il Profittatore di guerra, 1920:Colonia, coll. priv.). I nudi, carichi di sprezzo e freddezzain Dix, sono talvolta d’un erotismo tanto più violentoproprio perché espresso con questo nuovo stile, un po’ almodo di certi Vallotton (Christian Schad, Nudo sdraiato,1929: Wuppertal, von der Heydt Museum). Partecipanoaltrettanto spesso di un certo simbolismo, notevole inAnton Räderscheidt (Nudo alle sbarre, 1925: opera scom-parsa), la cui coppia (uomo vestito e donna nuda) si ritro-va nella contemporanea serie di van den Berghe (laDonna, 1925), assai prima che Paul Delvaux generalizzas-se l’uso di tale procedimento. Invece, nelle nature mortesi affaccia una netta tentazione classica; la perfetta dispo-sizione ricorda, qua e là, il purismo di Ozenfant e di Jean-neret, particolarmente nelle nature morte di Kanoldt, giàmembro della Nuova Associazione degli artisti di Mo-naco, di Eberhard Viegener (Natura morta con cactus elibri, 1927: Wuppertal, von der Heydt Museum) e di Ri-chard Oelze (Natura morta con piatto bianco, 1928: Berna,coll. priv.). Il paesaggio si estende al mondo dell’indu-stria, dei divoranti agglomerati urbani; e un Carl Gros-sberg presenta affinità con i pittori della «scena america-

Storia dell’arte Einaudi

na» quali Demuth e Hopper (Condutture bianche, 1933:Monaco, Gall, del Levante); più spesso il paesaggio è trat-tato in modo piuttosto naïf, con amore per il dettaglio,secondo la lezione del Doganiere Rousseau o di Utrillo,da Werner Heldt, Herbert Böttger, Radziwill (il Castellod’acqua, 1931: coll. priv.), Bernhard Klein (Giocatori dipallone, 1922: Berlino, ng). Altri temi vengono prediletti– gli amanti, i giocatori di carte, l’operaio – fornendo cosìun panorama della vita sentimentale e sociale degli anniVenti (Greta Overbeck-Schenk, Giocatori di carte, 1929:Monaco, Gall, del Levante), come nello stesso momentofanno gli espressionisti fiamminghi (De Smet, van denBerghe, Masereel) e alcuni francesi (Gromaire). Le grandifigure tranquille e monumentali di Georg Schrimpf resta-no un po’ in disparte (Al balcone, 1927: Monaco, np); siavvicinano a quelle del movimento italiano Valori Plastici,sostenuto in particolare dall’ex futurista Carlo Carrà. Per-tanto la NS presenta, nella sua diversità, punti comunicon correnti straniere registrate nella storia dell’arte conaltre denominazioni (surrealismo, espressionismo fiam-mingo, purismo). Alla concentrazione psicologica, di por-tata universale, dell’espressionismo prima del 1914 essarispose con una volontà di ricerca (condotta con un’ogget-tività quasi scientifica) in tutti i settori della vita, in unmomento fondamentale dell’evoluzione politica e cultura-le tedesca. L’avvento del nazismo fece cessare lemanifestazioni del movimento, sei delle quali si eranotenute dal 1925 al 1933: la più importante, con quella diMannheim, era stata la mostra allo Stedelijk Museum diAmsterdam (maggio 1929), destinata ad attirare moltiolandesi, o a confermarli sulla strada di un’espressione diquesto tipo. Dopo il 1961 (mostra a Berlino, Haus amWaldsee), la NS ha suscitato un vivo risveglio d’interesse;in essa sono state scorte, infatti, molte analogie con levarie accezioni del neorealismo, sviluppatesi in reazione,questa volta, al soggettivismo dell’arte astratta. In Fran-cia, le due prime mostre dedicate alla tendenza si sono te-nute a Saint-Etienne ed a Chambéry (febbraio-marzo eaprile-maggio 1974), col titolo di Realismi in Germania1919-1933. La mostra Parigi-Berlino, rapporti e contrasti,1900-1933 (Parigi, mnam, estate 1978) con l’importanterassegna «Les Réalismes» (Parigi, Beaubourg, 1980-81)hanno ampiamente illustrato la pittura della NS. (mas).

Storia dell’arte Einaudi

Neufchatel, Nicolas detto Lucidel(Mons 1527 – Norimberga 1590 ca.). Nel 1539 era iscrit-to come apprendista presso Pieter Coecke ad Anversa. Losi ritrova menzionato anche con il nome di Colijn vanNieucasteel e di Nicola di Novocastello; ma più spessocon quello di Lucidel. Operò a Malines ed a Bruges; poi,la sua adesione al calvinismo lo obbligò a fuggire, primain Frisia, poi a Norimberga, ove giunse nel 1561. Sog-giornò anche a Praga; a Norimberga divenne il ritrattistadei notabili della città. Il suo stile è vicino a quello diHolbein il Giovane, Moro, Pourbus: cerca di penetrare lapsicologia del modello, che rappresenta con austerità emolta sobrietà. Unico suo ritratto certo è quello del Mate-matico Jean Neudörfer e di suo figlio (1561: Monaco, ap.).Il maa di Bruxelles possiede un Ritratto di donna che gli sipuò attribuire, e il cui pendant, un Ritratto d’uomo, èconservato nel castello di Pommersfelden (coll. Schön-born) in Baviera. La gg di Berlino possiede due ritratti didonna ed uno d’uomo di mano dell’artista, e il Museo diBudapest il Ritratto di Hans Pilgrim e il Ritratto di sua mo-glie. Altri ritratti a lui attribuiti sono conservati nei museidi Kassel (gg), Karlsruhe (kh), Darmstadt (HessischesLandesmuseum), Londra (ng), Marsiglia (Grobet-Labadié)e Praga. (wl).

Neugerboren, Heinrik →Nouveau Henri

Neuville (o Deneuville), Alphonse-Marie de(Saint-Omer 1836 – Paris 1885). Fu pittore di scene mili-tari: mirò a rappresentare, con energica visione e giornali-stica esattezza, i combattimenti della guerra del 1870(Combattimento sulla ferrovia-Armata della Loira, 1874:Chantilly, Museo Condé; il Cimitero di Saint-Privat, 1881:Museo di Arras). Il celebre quadro Le ultime cartucce(1872: Museo di Bazeilles) rivela solide doti di fattura edi colore. Esegui con Edouard Detaille i grandi panoramidi Champigny (1882) e di Rezonville (1883), presto sud-divisi (frammenti ai musei di Nantes e Grenoble, ed aVersailles). Illustrò pure numerosi volumi (Histoire deFrance di François Guizot, Chants du soldat di Paul Dé-roulède, 1888). Nel 1978, presso il Museo di Saint-Omer,si è tenuta una mostra dedicata alla sua opera. (tb).

Storia dell’arte Einaudi

New-DadaLa definizione compare per la prima volta su «Art News»a proposito dei pittori che esponevano alla galleria di LeoCastelli a New York alla fine degli anni ’50, tra cui R.Rauschenberg e J. Johns. Nato in ambito americano, il N-D ebbe il suo corrispettivo in Europa, a Parigi, nel movi-mento del Nouveau Réalisme. Il dialogo con l’Europaverrà evidenziato a New York nel 1961 nella mostra Theart of assemblage organizzata da W. C. Seitz che è anchela prima sistematizzazione delle nuove tendenze. La diffe-renza tra novorealisti e new-dadaisti veniva messa a fuococon chiarezza dal critico francese P. Restany nel secondomanifesto del Nouveau Réalisme redatto nel 1961 inoccasione della mostra A 40° au dessus de Dada (Galleria Ja Parigi). «I new-dadaisti – scriveva Restany – hanno in-trodotto l’oggetto trovato, il ready-made di Duchamp, nelcontesto pittorico dell’espressionismo astratto mentre inovorealisti hanno espresso un atteggiamento di rotturapiù radicale, hanno fondato il loro linguaggio su un gestopiù estremista: l’appropriazione diretta del reale». Il rife-rimento al dadaismo è proprio in questo recupero dell’og-getto ma, a differenza del dadaismo storico, all’oggettoviene conferito un nuovo valore estetico. La carica negati-va e dissacrante dada viene trasformata in un’acccttazionedell’esistente, in un’«esplorazione del mondo» (A. Boat-to, 1983), in una «ricognizione» della realtà (M. Calvesi,1963). Oltre alle esperienze dadaiste (Duchamp e Schwit-ters, Picabia e Man Ray), anche il polimaterismo futuristaed il collage cubista vengono ripresi e rielaborati dai new-dadaisti, ma è nell’informale e nell’Action-Painting chedobbiamo cercare le radici delle loro scelte. Nelle opere diRauschenberg e di Johns, capostipiti del N-D americano,il pittore si pone in relazione con il mondo e proietta ilsuo gesto, ancora pittorico, sugli oggetti prescelti. I com-bine-paintings di Rauschenberg (Rebus, 1955: Mr. andMrs. Victor W. Ganz, New York) sono dei composti poli-materici e poli-oggettuali dove gli oggetti vengono citatiin un contesto diverso da quello originario. L’atto dell’ar-tista si esplicita proprio nell’«assemblage» che propone diquesti frammenti. Per Johns non si tratta di citazioni,bensì di rifacimenti (Tiri a segno, Bandiere, 1955) e la suainterpretazione traspare attraverso la stesura cromatica.L’interpretazione personale scomparirà del tutto quandosi attuerà il passaggio alla Pop Art, in cui l’immagine, in-

Storia dell’arte Einaudi

dotta dai mass media, verrà semplicemente riprodottausando varie tecniche. Un artista che si può situare allaconfluenza di queste due tendenze è J. Dine.Seguono le tecniche del N-D anche altri artisti americanicome J. Chamberlain, R. Stankiewcz, Larry Rivers. Sonoda ricordare inoltre J. Cornell e L. Nevelson anche se illoro discorso ha delle sfumature diverse a proposito dellequali R. Barilli parla di assemblage « squisito» (1984).Anche la scrittura di Cy Twombly, che opera soprattuttoall’estero, ha dei momenti confinanti con l’esperienza N-D. In Italia la ripresa dada più che orientarsi verso «ilgusto della trouvaille» (Barilli, 1962) oscilla tra quelli che,sempre secondo Barilli (1984), sono i «valori primari» chederivano dall’informale e i «valori secondari» che fannoriferimento all’odierna società dell’immagine, sconfinandosoprattutto nell’area pop. È da ricordare infine come il fe-nomeno N-D venga collegato dalla critica all’happening(Kaprow). L’interesse per l’oggetto si sposta ora sullo spa-zio fatto vivere anche nella sua dimensione temporale.(chmg).

New English Art ClubSocietà artistica britannica, fondata nel 1886; raggruppa-va artisti troppo audaci per poter esporre alla Royal Aca-demy. Primi membri eminenti ne furono pittori inglesicome Sickert, Steer e Brown, simpatizzanti per la scuoladi Barbizon e gli impressionisti francesi. Per venticinqueanni le mostre annuali del NEAC definirono il livellodell’arte moderna in Inghilterra e vennero difese dal criti-co dello «Spectator» D. J. McCall, poi da G. Moore eRoger Fry. Nel 1911, alcuni membri, con Sickert, se nestaccarono fondando il Camden Town Group. (abo).

New HavenYale University Art Gallery La storia della collezionedell’Università di Yale (Connecticut) inizia nel xviii sec.con i numerosi dipinti di Trumbull, pittore americano.Solo però dopo l’acquisto nel 1871 della collezione diJames Jackson Jarves venne utilizzato come galleria unvecchio edificio. Jarves fu tra i primi collezionisti ameri-cani: cominciò nel 1856, con l’intento di rappresentare lascuola italiana, dall’xi sec. all’inizio del xvii (AgnoloGaddi, Orcagna, Antonio Veneziano, Gentile da Fabria-

Storia dell’arte Einaudi

no, Sassetta e l’importante tavola di Antonio Pollaiuolo,il Ratto diDeianira). Nel 1943 il museo ricevette un ulte-riore lascito, costituito principalmente da quadri italiani,dovuto a Maitland F. Griggs. Quando, nel 1959, vennecostruita la nuova sede (architetto Louis I. Kahn), l’indu-striale Louis M. Rabinowitz fece dono della sua collezio-ne, che oltre ad opere italiane (Pietro Lorenzetti, Crivelli,Tiziano, Tiepolo) comprendeva una serie notevole diopere fiamminghe e tedesche (Allegoria dell’Intemperanzadi Bosch, Crocifissione di Cranach, opere di van Dyck). Ilmuseo ospita pure un’importante scelta di quadri modernidella Société anonyme, curata da Katherine Dreyer eMarcel Duchamp: Midi di Picabia, l’Arrotino (1912) diMaleviã, Tu m’ (1918) di Duchamp, il Capovolgimento(1924) di Miró, Composizione n. 7 (1925) di Léger. (jhr).

Newman, Barnett(New York 1905-70). Va annoverato tra gli artisti ameri-cani più importanti dopo il 1945. Rappresenta, conRothko e C. Still, la frazione della scuola newyorkeseostile all’Action-Painting. Fino al 1960 ca. il suo ruolo fupiuttosto modesto; tuttavia le forme rigorose e le vastesuperfici di N esercitarono vivo influsso su Louis e No-land in particolare, per i quali i campi verticali di colore eil loro inserimento nello spazio sono problema essenziale.Dal 1955, in un saggio intitolato American Type Painting eapparso sulla «Partisan Review», Clement Greenberg im-piegava l’espressione field painting per differenziarel’astrattismo sensuale di Pollock, di De Kooning e diGorky dalle superfici piatte e vibranti caratteristichedell’arte di N: «I bordi delle vaste tele di N – scriveva –svolgono lo stesso ruolo delle linee interne delle forme;dividono, ma non separano, né racchiudono, né isolano;delimitano ma non limitano». Le caratteristiche principalidello stile di N emergono tra il 1946 e il 1948. Un dise-gno a inchiostro, senza titolo (coll. B. H. Friedman) è unadelle opere più precoci in cui i piani siano orientati verti-calmente, con un motivo quasi centrale che suddivide lasuperficie e nel contempo le conferisce unità. Onement I(1948: New York, coll. A. Newman) è il primo dipinto,ancora di medio formato, in cui tale ricerca sia esplicita:un’ampia fascia arancio, posta non esattamente al centrodel quadro, crea un effetto di irresistibile dinamismo.L’artista operò poi su formati assai maggiori e con colori

Storia dell’arte Einaudi

più vivi, al punto che i campi colorati verticali assunseroun intenso rilievo, mentre il dispiegarsi nello spazio con-sente loro in qualche modo di assorbire totalmente lospettatore (Abraham, 1949: New York, moma). Il rettan-golo primitivo del dipinto viene così abolito, malgrado lasua reale esistenza; per converso la rottura verticale iscrit-ta nel rettangolo è un fattore di collegamento tra le partie riafferma all’interno della superficie lo schema originale:ciascuna parte del dipinto è dunque in relazione di analo-gia formale con l’altra, come tutto il dipinto lo è con laparete muraria (Chi ha paura del rosso, del giallo e del blu?III, 1966-67: Amsterdam, sm). Ma quest’arte non puòconsiderarsi da un punto di vista puramente formale,visto che il pittore stesso concepisce la propria opera intermini quasi simbolici. Come in altri artisti della suagenerazione, i suoi titoli sono spesso espressioni metafori-che d’intenti complessi, insieme intellettuali e poetici.Ohement (almeno sei dipinti recano questo titolo) evocal’armonia, la totalità, la pienezza. Thomas Hess, biografodell’artista, fa notare che la parola onement non esiste ininglese, e che proviene da atonement, «redenzione». Altrititoli rivelano la stessa ambizione di attingere a profondisignificati spirituali: Covenant («alleanza»), Abraham,Concorde, Cathedra, e spesso l’opera è ricca di risonanzebibliche. La mostra organizzata da Laurence Alloway nel1966 al Guggenheim Museum di New York s’intitolavaVia crucis e non lasciava sussistere alcun dubbio persinoper i pittori che ammiravano N più per le qualità tecniche(splendore del colore, a olio o acrilico, padronanzadell’immenso formato) che per il senso autentico della suaarte, vale a dire la formulazione di una metafisica comple-ta: «Lo studio di un artista è un santuario», ha dichiaratoN. Gli ultimi dipinti di N comprendono composizioni aforma di triangoli isosceli. Ha eseguito pure sculture, ge-neralmente in acciaio (Here I, 1962; Here II, 1965; HereIII, 1965.; Obelisco spezzato, 1963-67; Zimzum, 1969), ilplastico di una sinagoga (1963) e litografie (Cantos, 1963-1964: Parigi, mnam).L’opera di questo artista originale, che attinge spesso unaprofondità autentica e raramente cade nell’enfasi e nellasuperficialità, promette di restare a lungo viva. Una retro-spettiva di N ha avuto luogo nel 1972 a New York; pas-sando poi a Londra, Amsterdam e Parigi. È rappresentatoin numerose collezioni private e pubbliche, in particolare

Storia dell’arte Einaudi

a New York (moma e coll. A. Newman), Los Angeles(Onement VI, 1953: coll. Weisman), Basilea (Day beforeone, 1951), Londra (Adam, 1951-52: Tate Gall.), Stoccol-ma (Tertia, 1964: nm), Houston (coll. De Menil); il mnamdi Parigi conserva Shining fort (1961) e un gruppo di inci-sioni. (dr).

New YorkFrick Collection Venne costituita da Henry Clay Frick(1849-1919), grande industriale di Pittsburgh, che sin dagiovane aveva raccolto opere d’arte, interessandosi all’ini-zio dei paesaggi della scuola di Barbizon; effettuò poi gliacquisti principali del suo ultimo ventennio nel campodella pittura antica. Alla sua morte la collezione, che sitrovava nella sua residenza di NY in accordo con la suavolontà testamentaria venne trasformata in un riccomuseo pubblico: ai 131 dipinti del lascito si sono aggiun-te, dopo la fondazione del museo, una quarantina diopere di prim’ordine.L’originalità della Frick Collection sta nel suo piccolo nu-mero di quadri, tali da costituire però un panorama arti-colato della pittura occidentale fino alla fine del xix sec.Sono quasi tutti autentici capolavori. Per la scuola italia-na, Tentazione di Cristo dalla Maestà di Duccio, Verginecon i santi Lorenzo e Giuliano di Gentile da Fabriano, SanSimone dall’altare di Sant’Agostino, a Borgo San Sepol-cro, di Piero della Francesca, San Francesco in estasi, forseil vertice dell’arte di Bellini, due Allegorie di Veronese, ri-tratti di Bronzino, Tiziano e Tintoretto; per la scuola spa-gnola, citiamo il Filippo III a Praga di Velázquez, nonchéimportanti El Greco e Goya; per i fiamminghi, la Verginecol certosino di van Eyck e una serie di ritratti di vanDyck; tra gli olandesi, tre Vermeer, quattro ritratti di F.Hals, alcuni Rembrandt, tra cui l’Autoritratto con bastonedel 1658 (mentre il Cavaliere polacco è stato riconosciutoopera di bottega); il Tommaso Moro di Holbein; dellascuola francese, il Discorso della montagna di Claude Lor-rain e un ricco complesso del xviii sec.: Boucher, Char-din, Greuze, soprattutto la serie del Progress of Love diFragonard, dipinta per Mme du Barry per il suo castellodi Louveciennes; per il xix sec. notiamo un affascinanteritratto di Ingres, Madame d’Haussonville, tele della scuoladi Barbizon (Théodore Rousseau, il Villaggio di Becquigny)e alcuni impressionisti (Madre coi figli di Renoir); per la

Storia dell’arte Einaudi

pittura inglese, le tele più notevoli di Hogarth, Gainsbo-rough, Reynolds, Hoppner, Romney, Constable e Turner,e parecchi bei Whistler. (sr).Hispanic Society of America La società venne fondata nel1904 da Archer Milton Huntington (1870-1955), amatoredi letteratura ed arte spagnola; gli edifici comprendonouna ricchissima biblioteca ed un museo, esclusivamentededicati alla Spagna. La collezione di pittura, con impor-tanti primitivi di Valenza, catalani, aragonesi e castigliani,quadri di Morales, El Greco (Sacra Famiglia; San Luca),Ribera (San Paolo; Estasi di santa Maddalena), Zurbarán,Veláquez (ritratto in piedi del Conteduca di Olivares, ri-tratto del Cardinal Pamphilt), Carreno de Miranda, ValdésLéal, Goya (celebre ritratto in piedi della Duchessad’Alba, 1797; ritratti del Marchese de Bondad Real, 1799,e di Pedro Mocarte); opere di Madrazo, Zuloaga, Sorolla.(sr).Solomon R. Guggenheim Museum Investimenti nelle mi-niere d’argento del Colorado furono all’origine della for-tuna della famiglia Guggenheim, venuta a stabilirsi inPennsylvania dalla Svizzera. Solomon Guggenheim (Phi-ladelphia 1861 – New York 1949) aveva anche interessinelle miniere di rame e di nitrati dell’Alaska, del Cile edella Bolivia. Fu filantropo (donò spesso anonimamentesomme considerevoli a istituzioni di carità), mecenate eamatore d’arte. Cominciò sin dal 1890 a collezionare qua-dri antichi e paesaggi americani; poi, come tanti america-ni del suo tempo, tele della scuola di Barbizon. Si reseconto attorno al 1920 del ruolo che la pittura contempo-ranea avrebbe svolto nella vita artistica mondiale ed inparticolare negli Stati Uniti, che gli sembravano chiamatia svolgere un ruolo guida nella sua diffusione. Per favorir-ne lo studio e la conoscenza, istituì il 29 giugno 1937 unaFondazione Solomon R. Guggenheim «per lo sviluppo el’incoraggiamento dell’arte e l’educazione del pubblico».Qualche anno dopo incaricava l’architetto Frank LloydWright di costruire un museo sufficientemente ampio daospitare le sue collezioni, in continuo incremento, d’artecontemporanea. I lavori cominciarono nel 1951 e ilmuseo, eretto sulla 5ª Strada, venne aperto al pubbliconel 1959. Concepito da Wright su un impianto moltonuovo e audace, è un edificio circolare le cui superficiespositive sono servite da un rampa che sale a spirale finoalla sommità. Le collezioni sono notevoli; solo una parte

Storia dell’arte Einaudi

dei dipinti viene esposta, alternandosi a mostre tempora-nee che illustrano le varie tendenze dell’arte moderna, daCézanne (l’Orologiaio), Henri Rousseau, Bonnard, fino airappresentati giovani della pittura attuale, poiché la Fon-dazione Guggenheim si accresce senza posa. Nel museo sitrovano opere di Maleviç Mondrian, Jacques Villon, PaulKlee, Franz Marc, Picabia, Gleizes, Metzinger, Braque,Picasso, Léger, Gris, Modigliani, Severini, Robert Delau-nay, Chagall, Mirò, Giacometti, Hartung, Vieira da Silva,Soulages. Del considerevole complesso di Kandinsky cheil museo possedeva, quarantotto dipinti a olio ed acque-relli sono stati venduti all’asta a NY. (gb).Metropolitan Museum of Art Il 4 luglio 1866, giorno del90° anniversario dell’indipendenza degli Stati Uniti, M.John Jay tenne un discorso che fu all’origine di questomuseo, il più antico e il più importante del Paese. Ilmuseo fu aperto in un’ex accademia di danza sulla 5ªAve-nue nel 1871. In quell’anno acquisì 174 dipinti del xvii edel xviii sec., dono di M. William T. Blodgett, che liaveva comperati in Europa l’anno precedente (Adriaenvan Ostade, Steen, S. van Ruysdael, Hals, Tiepolo, Guar-di). Nel 1888 il museo ricevette la seconda donazione im-portante: i cinquantatre dipinti di Henry G. Marquand,grazie ai quali potè iniziare la sua magnifica raccolta diquadri di Rembrandt e della sua bottega, di altri artistiolandesi e di pittori fiamminghi (van Dyck, Hals, Ver-meer, Luca di Leida), un doppio ritratto fiorentino, Tur-ner. Nel 1906 George A. Hearn donò la sua importantecollezione di scuola inglese: van Dyck, Hoppner, Boning-ton, Wilson (la Tempesta), Reynolds, Gainsborough, Con-stable, Lely, Hogarth, Raeburn, nonché di scuola ameri-cana. Nel 1913 M. Benjamin Altman, uomo d’affarinewyorkese (1840-1913), lasciò al museo la sua collezione,che ne occupa attualmente parecchie sale. Aveva comin-ciato nel 1882 a raccogliere oggetti d’arte, poi dipinti: ipiù belli comperati nei suoi ultimi otto anni di vita. Lacollezione comprende cinquantuno quadri di grande qua-lità: primitivi fiamminghi e italiani (Memling, Matrimoniomistico di santa Caterina; Bouts, Ritratto d’uomo; Mante-gna, Sacra Famiglia; Cosmè Tura, Borso d’Este), opere ve-neziane del xvi sec. (Ritratto d’uomo attribuito a Giorgio-ne), ritratti di van Dyck, Holbein, Velázquez (Ritratto diFilippo IV) ed olandesi del xvii sec., tra cui vari Rem-brandt (Uomo con la lente, Donna dal garofano). Altre do-

Storia dell’arte Einaudi

nazioni seguirono, come quelle di William K. Vanderbiltnel 1920 (Holbein, Boucher, Greuze, Gainsborough, Rey-nolds, Rembrandt), Michel Dreicer nel 1921 (pannellodell’altare di Mérode dovuto a Rogier van der Weyden),di Charles Allen Munn (dipinti americani) e di Collis P.Huntington (Vermeer, Cuyp, Lawrence). La collezione diH. O. Havemeyer, ereditata nel 1929, completò la raccol-ta di pittura francese del xix sec. (molti Corot; Courbet,la Sorgente; Degas; Ingres; Manet). Tale collezione com-prendeva pure opere di altre scuole (de Hooch, Rem-brandt, Goya, El Greco, Bronzino, van der Goes, Ritrat-to), nonché un importante complesso di dipinti e stampeorientali. Nel 1931 cinque lasciti si succedettero rapida-mente. Il più importante fu quello del colonnello Fried-sam (van Eyck, Annunciazione). Parallelamente ai doni diopere d’arte, il museo riceveva sovvenzioni in danaro, chegli consentono a tutt’oggi un enorme potere d’acquisto.Tra i mecenati figuravano famiglie come i Morgan, iRockefeller e i Blumenthal. Soprattutto il nome di Rocke-feller figura nella Fondazione dei Cloisters (chiostri). Nel1925 John D. Rockefeller jr offrì una somma di danarosufficiente a comperare la coll. Barnard, composta di ele-menti di architetture e sculture medievali. Dal 1914 essaespone al pubblico gran parte dei chiostri di San Miguelde Cuxa e di Saint-Guilhem-le-Désert. Nel 1930, inoltre,Rockefeller donò un sito posto all’estremità nord diManhattan, poiché l’antico edificio di Barnard era troppopiccolo per esporre gli oggetti che in quegli anni egli do-nava, tra cui i favolosi arazzi della Caccia al liocorno. AiCloisters si può inoltre ammirare l’Annunciazione di Ro-bert Campin (il Maestro di Flémalle). Nel 1949 entrò alMetropolitan un’altra collezione importante, quella del fi-nanziere Julius S. Bache di NY. Comprende dipinti diassai varia origine, ma di grande qualità. Bache volle met-tere insieme una raccolta di capolavori caratteristici delperiodo artistico più rappresentativo di ciascun paese: di-pinti italiani del XV e XVI (Domenico Veneziano (?), Ri-tratto di donna; Botticelli, Crivelli, Filippo e FilippinoLippi; Ghirlandaio, Francesco Sassetti col figlio; Bellini;Cosmè Tura, la Fuga in Egitto; Signorelli; attribuito a Raf-faello, Giuliano de’ Medici; Bronzino, Ritratto di giovaneuomo; Tiziano, Venere e Adone), opere di primitivifiamminghi (Petrus Christus, Memling, Bouts, GérardDavid), ritratti di Holbein, Velázquez, Goya, tre Rem-

Storia dell’arte Einaudi

brandt tra cui l’Aristotele con il busto di Omero e alcunidipinti francesi ed inglesi del xviii sec. (Watteau, gli Atto-ri della Comédie Française). La collezione più importantelasciata di recente al museo è quella di R. Lehman oggipresentata in un’ala appositamente costruita per ospitarla.Il museo possiede anche una vasta collezione di dipintidel xix e xx sec., in particolare francesi, tra cui quadri diDelacroix, Daumier (la Vettura di terza classe), Corot,Courbet (le Signorine di paese), Puvis de Chavannes, Mou-reau, Redon, Manet, Degas, Cézanne (i Giocatori dicarte), Monet, Renoir, Gauguin, van Gogh, Seurat (la Pa-rade), Matisse, Picasso, Modigliani, Brancusi, Kandinsky,Klee, Gorky, Feininger. (jhr).Museum of Modem Art Importanti doni di un gruppo dinewyorkesi, come miss Lillie P. Bliss, Mrs John D.Rockefeller e Mrs Simon Guggenheim, contribuirono allafondazione del museo nel 1929. La sua rapida crescita sispiega con la lunga lista di donatori, comprendente oltremille nomi, tra i quali anche gli stessi artisti (Arp, Calder,Duchamp, Gabo, Maillol, Nicholson, Pevsner, Shahn,Vieira da Silva, Tzara), ed oltre duecento società anoni-me. L’attuale edificio (architetto Philip Johnson) si trovanella 53ª Strada, nel cuore di Manhattan. Al piano terre-no si articola un attivissimo programma di mostre; aipiani superiori si ha una scelta, molto selezionata, dellacollezione permanente. La collezione ha lo scopo dipresentare l’arte del xx sec. con i suoi precursori. Le rac-colte del museo riguardanti tale periodo sono probabil-mente le più complete e le più importanti del mondo. Trale opere fondamentali si hanno quadri di Monet (Ninfee,Pioppi a Giverny, Alba), Cézanne (le Bagnanti), Gauguin,van Gogh (la Notte stellata, Corridoio dell’ospedale diSaint-Rémy), del Doganiere Rousseau (il Sogno), di Ensor,Vuillard, Bonnard, Matisse (lo Studio rosso, la Danza, laLezione di piano, la Piscina), Derain, Dufy, Rouault, Bra-que (Uomo con chitarra), Duchamp (Passaggio dalla verginealla sposa), Delaunay (Dischi), Picasso (le Demoisellesd’Avignon, i Tre musicisti, Tre donne alla fontana, Pescanotturna ad Antibes), Gris, La Fresnaye, Picabia, Villon,Boccioni, Severini, Kandinsky, Kirchner, Beckmann,Kokoschka, Mondrian (Broadway Boogie-Woogie), Léger(il Grand Dejeuner, la Grande Julie), Modigliani (Grandenudo), Chagall (l’Anniversario, Io e il villaggio), Schwitters,De Chirico, Dalì, Ernst, Magritte, Mirò (il Cacciatore o

Storia dell’arte Einaudi

paesaggio catalano), Klee (Uguale l’infinito), Matta (Ascol-tate vivere), Bacon, Lam, Dubuffet ed i messicani Orozco,Siqueiros e Rivera. Il museo contiene opere di tutti i prin-cipali pittori di scuola americana: Stuart Davis, JohnMarin, Lyonel Feininger, Shahn (Handball), Wyeth (ilMondo di Christiana), Gorky (l’Agonia), De Kooning, Pol-lock (Numero I), Newman, Reinhardt, Kline, Francis,Stili, Rothko, Louis, Johns. Il moma svolge un ruolo assaiattivo nel mondo artistico di NY con i suoi frequenti ac-quisti di tutte le tendenze dell’arte contemporanea, le mo-stre e le conferenze quotidiane di grandi specialisti e criti-ci d’arte, spesso in relazione con le mostre. Collezionapure capolavori della fotografia e di qualsiasi forma d’artegrafica. Possiede un’importante raccolta di documenti ar-chitettonici, ed infine serve da cineteca, prestando filmsin tutto il paese, o proiettandoli in un’apposita sala. (jhr).Pierpont Morgan Library La storia della biblioteca di J.Pierpont Morgan (1837-1913) è legata a quello che fu ilmassimo mecenate e collezionista americano. Nato aHartford nel Connecticut, da antica famiglia, fu educatoa Boston e in Europa. All’Università di Göttingen formòle sue preferenze artistiche. Tornato in America nel 1857,divenne uno dei più importanti banchieri del mondo edemerse nel mondo artistico soltanto durante il suo ultimoventennio. Quanto alla pittura, possedeva principalmentequadri inglesi (Reynolds; Gainsborough, Ritratto della du-chessa del Devonshire; Constable; Turner), nonché un Ve-lázquez, Rembrandt, van Dyck e la serie di Fragonard ac-quistata più tardi da Henry Clay Frick. Tali dipinti ven-nero donati dal figlio al mma di NY o dispersi all’asta.L’importante collezione di oggetti d’arte andò più tardi alWadsworth Atheneum di Hartford e al mma. La realizza-zione più importante di Morgan, e centro del suo interes-se, fu la biblioteca. L’edificio venne completato nel 1907,accanto al suo palazzo privato. J. P. Morgan figlio l’ere-ditò e, nel 1924, giudicò che la raccolta fosse troppo im-portante per restare privata. Essa divenne pertanto unabiblioteca pubblica cittadina. La collezione di manoscrittiminiati medievali e rinascimentali, di manoscritti letterarie di rilegature è forse la quarta o quinta del mondo, per laqualità di tesori come il Vangelo Ashburnham (ix sec.),l’Apocalisse di Beatus (x sec.), il Vangelo della contessaMatilde di Toscana (xi sec.), un lezionario greco di Co-stantinopoli (xi sec.), il papiro De materia medica di Dio-

Storia dell’arte Einaudi

scoride, un Libro delle meraviglie del mondo (xv sec.), ilLibro d’ore di Catherine de Clèves, stampe antiche, ma-noscritti persiani, armeni ed egizi. La collezione di dise-gni è la più importante d’America. Di solito Morgan ac-quistava le opere individualmente; ma buona parte dellacollezione di disegni gli pervenne attraverso l’acquisto inblocco della collezione di C. Fairfax Murray nel 1910. Visi trovano opere di Filippino Lippi, Dürer, Andrea delSarto, Pontormo, Bruegel, Goltzius, Rubens, Rembrandt,van Dyck, Poussin, Lorrain, Boucher, Watteau, Frago-nard, Prud’hon, Guardi, Piranesi, Gainsborough, Gabrielde Saint-Aubin, Lawrence e Blake. Nel 1974 il collezioni-sta di disegni Janos Scholz annunciò pubblicamente l’in-tento di donare progressivamente alla biblioteca la totalitàdella sua collezione. La biblioteca si arricchiva così di unodei fondi più notevoli di disegni italiani. (jhr). Whitney Museum II museo è stato creato nel 1930 daGertrude Vanderbilt Whitney. Situato dapprima al n. 1odell’8ª Strada ovest, fu aperto al pubblico nel 1931. Suoscopo era far conoscere l’arte americana del xx sec.,organizzando mostre e costituendo una collezione. Essa siampliò rapidamente: nel 1973 comprendeva oltre 3700opere. Contiene inoltre oltre duemila opere provenientidallo studio di Edward Hopper, in seguito alla donazionefatta dalla vedova nel 1968. Nel 1954 il museo si spostòin una nuova sede al n. 22 della 54ª Strada ovest.Anch’essa presto si rivelò troppo piccola, e Marcel Breuervenne incaricato di costruire l’attuale edificio in MadisonAvenue, aperto nel 1966. Vi sono rappresentati tutti gliartisti americani importanti. Tra essi figurano Feininger(Gelmeroda VIII, 1921), Demuth (My Egypt, 1927), Hop-per (Early Sunday Morning, 1930), J. Stella (The BrooklynBridge: Variation on an old Theme, 1939), Tanguy (Fear,1949), Pollock (N° 27,1950), Kline (Mahoning, 1956),Warhol (Green Coca-Cola Bottles, 1962), Lindner (Ice,1966), Rothko (Four Darks in Red, 1958), Louis (GammaDelta, 1959-60), Lichtenstein (Little Big Painting, 1965).(sr).

Neyn, Pieter de(Leida 1597-1639). A causa della sua firma, che è spessoP. N., è stato a lungo confuso con l’incisore Pieter Nolpe.Allievo di Esaias van de Velde, dipinse dapprima diverseBattaglie nei modi del suo maestro (ne sono noti esempi

Storia dell’arte Einaudi

datati 1625 e 1626), come si riscontra ancora nel Paesag-gio del 1626 al Museo di Leida. Poco dopo l’influsso divan Goyen s’impone al punto da dar luogo ad equivoci(nel 1627 i due artisti firmarono insieme un atto notarile,il che conferma i loro rapporti). L’evoluzione di N divie-ne allora rigorosamente parallela a quella di van Goyen ea partire dal comune modello, Esaias van de Velde, tendeanch’essa verso un paesaggio «moderno», sempre piùpiatto e dominato dal ciclo, mentre il suolo è spazzato dauna forte fascia di luce: se ne hanno esempi nei Musei diMainz (1631) e Kassel, nel Fitzwilliam Museo di Cam-bridge, nell’ap di Monaco (1633). In generale, la manieradi N appare più aspra e contrastata di quella di vanGoyen. A partire dal 1632 N diviene tagliatore di pietradella città, funzione che aveva già esercitato nel 1620-24,pur continuando a dipingere. (jf).

Neyts, Gillis(Gand 1623 – Anversa 1687 ca.). Paesaggista, libero mae-stro ad Anversa nel 1647, nei suoi paesaggi di piccolo for-mato si apparenta alla tradizione di Bruegel dei Velluti:Stoccolma, nm, 1641; Dresda, gg; Roma, gnaa (Gall.Corsini). I suoi dipinti sono eseguiti con minuzia, a pic-coli tocchi giustapposti. È autore di numerosi disegni ac-querellati, di tecnica molto personale, in cui rende i con-torni mediante molteplici puntini più o meno accostati,che creano valori di chiaroscuro. I disegni di Paesaggi conpalazzo (Darmstadt, Hessisches, Landesmuseum), Paesaggicon rovine e Paesaggi con case (Windsor Castle) furono isuoi temi favoriti, che riprese anche nelle incisioni. (php).

niao-huaEspressione cinese che letteralmente significa «uccelli efiori» e che designa un particolare genere pittorico.

Niarchos, Stavros(Atene 1909). Collezionista. L’Hôtel de Chanaleilles, co-struito a Parigi nel 1770 ed abitato sotto il Direttorio daMme Tallien, ospita oggi le collezioni dell’armatore grecoN, che lo acquistò nel 1956, lo rinnovò interamente e nefece la propria residenza preferita. La pittura francesedell’Ottocento occupa un posto preponderante nella coll.N, che acquistò in genere grandi blocchi di opere; fece

Storia dell’arte Einaudi

propria in particolare gran parte della raccolta di EdwardG. Robinson, venduta a New York nel 1956, che contavanumerosi Renoir, van Gogh, Cézanne, Modigliani, Seurated altri dipinti francesi del secolo scorso e dell’inizio delxx sec. Nell’Hôtel de Chanaleilles si ha dunque un belcomplesso di opere impressioniste e postimpressioniste,tra le quali sei Renoir, tele di Cézanne (la Pendola nera,Autoritratto), Seurat (Veduta del Crotoy), Toulouse-Lau-trec (Ambassadeur: Aristide Bruant et son Cabaret), Gau-guin (Fiori, Paesaggio bretone, Cavalieri sulla spiaggia) e nu-merosi van Gogh, caratteristici dei vari periodi della vitadel pittore (Ritratto di padre Tanguy). Oltre alle opere im-pressioniste, la pittura francese è illustrata da un belCorot, l’Italiana; infine, sono rappresentati Matisse,Rouault, Modigliani e Picasso. Tra le opere, meno nume-rose, di scuola non francese, può citarsi un’opera fonda-mentale di El Greco, la Pietà (proveniente dalla raccoltaLa Béraudière), ed una di Goya, il Ritratto di Dona Joa-quina Candado. (gb).

NiauxLe decorazioni della grotta di N (comune dell’Ariége, arr.di Foix), vennero scoperte nel 1906 da Cartailhac edall’abate Breuil e datate ad epoca magdaleniana. Un lungocorridoio, formato dall’antico letto di un torrente glaciale,sfocia in una «rotonda» dalla quale si dipartono gallerie intre direzioni; 500 m dopo l’ingresso una serie alternata dibastoncelli dipinti in rosso e un segno claviforme indicanol’inizio del santuario. Poco prima della rotonda, un bloccodi roccia reca su due facce un miscuglio straordinario divari segni: secondo Leroi-Gourhan, essi occupano il postodel consueto pannello di «raschiature» e «contorni incom-piuti», sorta di graffiti sacri, che precedono la parte più im-portante del santuario. In questo caso al posto di linee dor-sali di animali, sono rappresentati una serie di punti, gruppidi bastoncelli ed alcuni segni claviformi. Proseguendo per125 km, la galleria monumentale si conclude con una salada anfiteatro, la «Sala nera», nucleo del santuario. Sul pa-vimento, incisioni profonde eseguite a punta nell’argilla siorganizzano sul tema bisonte-cavallo e stambecco, ripresonella grotta quattordici volte. La composizione della «Salanera» è impressionante, sia per il luogo scelto che per ilvigoroso tracciato delle figure. Gli animali, dipinti in nero,sovraccarichi di segni complementari in rosso, si succedono

Storia dell’arte Einaudi

in scene separate; l’artista ha giudiziosamente tratto profit-to dalle asperità naturali ed evocative della roccia; oltre aciò la figurazione nello stile IV antico(12ooo anni ca. a. C.), possiede una emozionante delicatez-za nella resa a piccoli tratti del pelame degli animali. I bi-sonti sono spesso marcati sul fianco da un segno rosso, esecondo Leroi-Gourhan, si tratta di un simbolo femminileche conferma l’appartenenza del bisonte al gruppo femmini-le. I celebri cavallini pelosi toccano uno dei culmini dell’artepittorica di N; sono accompagnati da stambecchi e da ba-stoncelli doppi. Qui, come a Lascaux, compare chiaramentel’alternanza dei simboli, che sembra fondamentale nella de-corazione del santuario paleolitico. Nella profonda galleriache raggiunge la grotta di Lombrives a Ussat, una curiosarappresentazione, detta del bisonte morente, mostra l’anima-le a zampe ripiegate, che cade rovescio tra segni claviformi ecerchi di punti. Più oltre, impronte di piedi infantili, pietri-ficate nell’argilla, sembrano paleolitiche. Richiami al temaprincipale sono dipinti in fondo alle vicine gallerie, persinoal di là del lago verde e del lago conclusivo, che sembra indi-care, con serie di bastoncelli, la fine del santuario.Lo stile omogeneo e l’evoluzione dei segni, nonché l’assen-za di renne e di mammut, collocano la grotta di N nelMagdaleniano medio, insieme ad Altamira ed alla parte piùinterna della caverna dei Trois-Frères. Qualche decina dimetri dopo il bisonte inciso con tre ferite incise nell’argillasi apre, sulla destra, la galleria Cartailhac. Nell’autunno del1970 ulteriori ricerche speleologiche hanno permesso lostudio della galleria per oltre 1000 m di lunghezza, situataoltre il lago verde. Anch’essa ornata in uno stile paragona-bile a quello del complesso pittorico della grotta, presenta,dipinti a contorno nero, bisonti, un cavallo e un mustelide(unicum nell’arte preistorica): una specie di catino scavatonella sabbia conteneva lo scheletro di un mustelide, ed èdifficile non mettere in collegamento lo scheletro e il dipin-to; inoltre nella grotta si sono conservate tracce del passag-gio umano (impronte). (yt).

Niccolò Dell’Abate → Dell’Abate, Niccolò

Niccolò di Buonaccorso(Siena, documentato dal 1356-88). Poche sono le notiziedocumentarie disponibili: membro della corporazione dei

Storia dell’arte Einaudi

pittori senesi nel 1356, assunse spesso incarichi civici: nel1371, ’76 e ’81. Nel 1383 si registra il pagamento per unasua pala, oggi perduta, collocata nella cappella di San Da-niele in Duomo. L’unica sua tavoletta firmata, raffiguran-te lo Sposalizio della Vergine (Londra, ng), faceva parte diun polittico di tarda datazione, al quale si connettono laPresentazione della Vergine degli Uffizi (Firenze) e l’Incoro-nazione della Vergine in coll. Lehman (New York, mma),mentre l’unica opera datata è anche una delle sue ultime,il trittico proveniente da Santa Margherita di Costalpino(Siena) del 1387, rintracciato nelle sue disiecta membraBoskovitz, nel 1980. Il medesimo studioso, oltre alla Ma-donna centrale (oggi in coll. Kisters, Bregenz) e al lateraledestro con San Lorenzo, conservato in Sant’Andrea diMontecchio, propone di considerare una Crocefissione delSzépmüvészeti Mùzeum di Budapest e la Presentazionedella Vergine al Tempio già in coll. Kaulbach (Monaco)quali suoi scomparti di predella. Insieme alla tavola conSan Paolo (New York, mma) che, dato il suo formato, di-mostra di appartenere anch’essa ad un polittico di grandidimensioni (cosa che pare non esser stata usuale per N,specializzato nella produzione di altaroli per uso privato),il trittico di Costalpino si appoggia a tipologie e stilemidesunti da Battolo di Fredi, fondendoli con i tratti più ti-pici del suo fare artistico: ispirato, come altri colleghi se-nesi, quali Biagio di Goro Ghezzi e Lippo Vanni, daigrandi esempi della prima metà del secolo, in primis Am-brogio Lorenzetti e Simone Martini, N dispiega le sue ec-cezionali e raffinatissime doti tecniche in uno stile di pe-netrante osservazione fisionomica e volto soprattutto allesperimentazioni spaziali. Si riconosce la sua mano, daitratti che si fanno nel tempo sempre più morbidi, in tavo-le di piccolo formato quali l’Annunciazione di Fiesole(Museo Bandini) e quella di Hartford (Wadsworth Athe-neum); nei due trittici portatili di San Diego (Cal., TimKen, ag) e di Praga (ng), nella Madonna col Bambino delLouvre di Parigi; nelle delicatissime ali mobili di altarolodipinte all’interno, su un fondo di ciclo e in toni grisailled’uso rarissimo, con una Teoria di santi ed angeli che assi-stono all’Annunciazione collocata nel registro superiore,recentemente riproposta all’attenzione critica e conserva-ta nei depositi dell’ap di Monaco (C. Syre, 1990) ed infi-ne nel consimile trittichetto di Blomington (Indiana Univ.Museum). (scas).

Storia dell’arte Einaudi

Niccolò di Giacomo da Bologna(documentato a Bologna tra il 1330 ed il 1402). Fu a capodi una delle più attive botteghe di miniaturisti bolognesidella fine del xiv sec. dalla quale uscirono il Libro dei cre-ditori del Monte (1394-95: Bologna, Archivio di Stato), iDecretali dell’Ambrosiana (Milano) e della Vaticana(Roma), ed il Lucanus di Milano (Bibl. Trivulziana). Il suostile, nutrito di richiami alla tradizione locale ed in parti-colare allo «Pseudo-Niccolò» (l’Illustratore) col quale èstato in precedenza confuso, ebbe un raggio d’influenzache dall’Emilia giunse fino a Venezia. (sr).

Niccolo Pisano (Niccolò di Bartolomeo dell’Abrugiao de Brusis)(Pisa 1470-1538). Dopo l’esordio nella sua città natale, apartire dal 1499 Niccolo è documentato a Ferrara, doverisulta attivo per il duca Alfonso d’Este nonché per altricommittenti. A contatto con l’ambiente ferrarese, si ag-giorna sui modelli veneti e proto-classici del Boccaccino,evolvendosi in parallelo ai più noti Garofalo e Ortolano:la pala datata 1520 raffigurante la Sacra Famiglia coi SantiQuattro Coronati (Worcester, Mass., Worcester Art Mu-seum), che rappresenta il suo vertice stilistico, è assaiprossima al classicismo rustico e naturalizzato dell’Ortola-no. Nel 1526 l’artista è residente a Budrio, nei pressi diBologna: in quest’ultima città infatti risulta operoso finoal 1537, data del suo rientro definitivo a Pisa. Durantequesto periodo approfondisce il rapporto col classicismoraffaellesco, mediato però attraverso la versione offertanedagli artisti locali, da Garofalo al Bagnacavallo senior(Vergine col Bambino sulle nubi e Santi, 1526: Bologna,chiesa di San Donnine; Deposizione: Bologna, pn). Del-l’estrema fase pisana resta infine la piccola pala con la Pu-nizione dei figli di Aronne, dipinta nel 1537 per il duomodi quella città. (es).

Niccolo di Tommaso(notizie dal 1343 ca. al 1376). Iscritto nel 1346 all’Artedei Medici e Speziali, collabora, forse, con Nardo diCione nell’affrescatura della cappella Strozzi in SantaMaria Novella, ritrasmettendone poi i contenuti stilisticie compositivi, pur in una edulcorata e festosa riduzione,dalle forme esili e vagamente goticizzanti, negli affreschi

Storia dell’arte Einaudi

del convento del Tau a Pistola, con storie bibliche e anto-nine, considerati tra le sue opere migliori ed eseguite nelo dal 1372 in poi, subito dopo il rientro da Napoli. Nellastessa città NdiT aveva terminato, già nel 1360, un af-fresco di Dalmasio nel Palazzo Comunale. Il suo debitoverso la corrente emiliana e verso Giovanni da Milano,traspare, qui come in altre opere, dall’accentuazionedell’interesse narrativo e realistico, pur con risultati piùdolci ed eleganti. Fatto significativo ed interessante per lesorti di certa pittura napoletana, così come per il bagagliovisivo che l’artista riportò con sé in patria, è il soggiornodi NdiT a Napoli, documentato al 1371, quando firma ilpolittico con Sant’Antonio Abate (Napoli, Museo SanMartino); è suo anche l’affresco con Papa Celestino V introno, nel tabernacolo di Raimondo ed Isabella del Balzo,della Chiesa di Casaluce. Al periodo fiorentino apparten-gono invece il trittico con le Nozze mistiche di santa Cate-rina (Ajaccio, Museo), le cui tavole laterali, con i SantiGiovanni Evangelista e Paolo sono al Museo Horne di Fi-renze, e la Madonna di Potsdam (deposito al Neues Pa-lais). Tra le sue ultime opere citiamo i quattro Santi e laNatività della Pinacoteca Vaticana, ispirata dalla nuovaiconografia visionaria di Santa Brigida di Svezia. (scas).

Niccolò da Voltri(documentato a Genova, ante 1395-1417). La sua attivitàpiù che ventennale è testimoniata solo a partire dal 1395,come ha rivelato il recente riesame dell’atto in cui è dettocittadino genovese e pittore (C. di Fabio, 1988). La suaproduzione giovanile, nota da un ristretto numero diopere, databili entro i primi anni del decennio 1390-1400,come la Madonna col Bambino di Finalpia (Santa Maria),quella di Sanremo (Nostra Signora della Costa) e, secondoE. Brezzi Rossetti (1985) quella di San Rocco a Genova,rivela lo studio del linguaggio di Barnaba da Modena. Aquesti dipinti fanno seguito quelli più maturi, nei quali ilriferimento culturale pare essere l’ornato preziosismo diTaddeo di Bartolo, dalla Madonna col Bambino firmata(Genova, San Donato), al polittico con San Colombano esanti (oggi Genova, Museo degli Ospedali Civili di SanMartino), a quello firmato e con una data da leggere1400, già in San Pietro di Vesima (oggi Gabiano, coll.priv.; M. Migliorini 1977), a quello datato 1401 ogginella Pinacoteca Vaticana. Le sue ultime opere, collocabili

Storia dell’arte Einaudi

nei primi anni del xv sec., il San Giorgio e il drago firmatodi Termini Imerese e la Madonna col Bambino (Baltimore,wag) sono più vicine ai moduli di Giovanni da Pisa e Tu-rino Vanni. (agc).

NiceaFondata nel 316 a. C., N fu una delle maggiori città bi-zantine dell’Asia Minore. Quando i crociati presero Co-stantinopoli nel 1204, Teodoro I Lascaris si rifugiò a N,dove fondò un impero di cui la città rimase capitale finoalla riconquista di Costantinopoli nel 1261 da parte diMichele Paleologo. Nel 1326, N venne conquistata daiturchi. Della magnifica basilica di Santa Sofia (ricostruitaquattro volte, dal v sec. all’età dei Paleologhi), restanooggi soltanto alcuni frammenti di un pavimento musivo.Alla fine del vii sec. e all’inizio dell’viii, il monaco Gia-cinto fondò a N un convento che ospitava la chiesa dellaDormizione; essa venne completamente distrutta da unincendio durante la guerra franco-turca del 1922, ma ec-cellenti fotografie eseguite in precedenza dall’Istitutorusso di Costantinopoli consentono di giudicare l’aspettodei mosaici e di ricostruirne la storia, piuttosto complessa.Nell’abside, la Vergine stante col Bambino era stata sosti-tuita dopo l’843 alla grande croce figurata di epoca icono-clastica (e la croce stessa aveva sostituito una precedenteimmagine della Vergine). Nella volta, i quattro Angeli incostume imperiale, con in mano il globo ed il labarum,posti sui due lati del trono dell’Etimasia, erano stati an-ch’essi rifatti dopo l’843. Tali mosaici, di alta qualità e distile classico, erano probabilmente opera di artisti costan-tinopolitani, e così pure quelli eseguiti nel nartece attornoal 1065-67. Vi si scorgevano il Cristo e la Vergine sui pila-stri est, la Croce sulla sommità della cupola, gli Evangelistisui pennacchi, i medaglioni di Cristo, San Giovanni Batti-sta, Gioacchino ed Anna sugli archi, ed infine, nel timpa-no, la Vergine orante a mezzo busto. (sdn).

Nicholson, Ben(Denham nel Buckinghamshire 1894 – Londra 1982). Fi-glio di William N e nipote di James Pryde, ambedue pit-tori. Trascorse un breve periodo presso la Slade School diLondra e viaggiò all’estero (Roma, Italia, Stati Uniti) trail 1911 e il 1914. Le prime opere risentono dell’influsso

Storia dell’arte Einaudi

di Cézanne e del cubismo; i paesaggi e le nature mortedegli anni Venti sono apparentati stilisticamente all’operadi Christopher Wood e della prima moglie di N, Winifred(Banshead, 1925: Londra, coll. priv.; Landscape Cumber-land, 1930: Londra, coll. Mrs Hepworth). Contatti conartisti parigini nel 1932-33 e sopratutto l’incontro conMondrian orientarono N verso un astrattismo di stampopuramente classico. All’epoca del suo secondo matrimoniocon la scultrice Barbara Hepworth, esegui lavori compostidi rettangoli di colori primari, nonché numerosi bassori-lievi ornati da quadrati e cerchi generalmente dipinti dibianco (Rilievo bianco, 1934: Londra, Tate Gall.). Preseparte attiva ai movimenti astrattisti degli anni Trenta, inparticolare Abstraction-Création, a Parigi; fu tra i fondato-ri di Unit One nel 1933 e tra gli editori del «Circle» nel1937. Dal 1939 al 1958 visse a Saint-Ives in Cornovaglia,ove motivi di paesaggi e di natura morta (Natura morta[roccia], 1949: Londra, coll. priv.) compaiono nella suaopera senza che egli peraltro abbandoni mai la pitturaastratta (Pittura, versione I,1942: coll. Ramsden) ed i rilie-vi. Dopo il suo trasferimento nel Canton Ticino in Sviz-zera la sua opera si fa più rigorosamente astratta, benché idisegni e soprattutto le incisioni affrontino talvolta sog-getti di natura morta o di paesaggio (Swan Goose, 1961;Amboise, 1965). Considerato uno degli artisti britannicipiù noti nel mondo, N ha ricevuto il primo premio inter-nazionale Carnegie a Pittsburgh nel 1952, il primo premiointernazionale Guggenheim nel 1956 e il premio di pittu-ra di San Paolo nel 1957. È rappresentato nei maggiorimusei d’arte moderna, e particolarmente a Londra, TateGall., con numerosi dipinti. (abl).

Nicholson, William(Newark (Nottinghamshire) 1872-1949). Si formò a Lon-dra alla Herkoner’s Academy ed a Parigi nell’ AcadémieJulian; attraverso Manet scoperse la pittura spagnola. Dal1894 al 1896 con il cognato James Pryde compose manife-sti caratterizzati da una semplificazione molto innovativa,firmati «J. e E. Beggarstaff». Per qualche tempo N si oc-cupò soprattutto di incisioni su legno per illustrazione; madopo il 1900 la sua attività si manifestò soprattutto in ri-tratti, paesaggi e nature morte di stile nuovo, diretto enaturalista. Nel 1933 scopriva la Spagna, dove dipinsenumerosi paesaggi, in particolare la Plaza de Toros a Mala-

Storia dell’arte Einaudi

ga (1935: coll. priv.). Una sua retrospettiva si è tenuta allang di Londra nel 1942. È rappresentato nella Tate Gall,da una serie di opere. (abo).

Nicia(attivo ad Atene nella seconda metà del iv sec. a. C.).Contemporaneo dello scultore Prassitele (390 ca. – 330ca.?), del quale dipinse forse le statue di marmo, questopittore ateniese amò rappresentare figure femminili dalmodellato delicato e soggetti mitologici a carattere «ro-mantico» ed idillico, di cui sono forse eco alcune pitturepompeiane (Io ed Argo, Perseo e Andromeda). Le fonti an-tiche ne lodano anche la rappresentazione allegorica dellacittà di Nemea (trasportata a Roma ed oggi distrutta), e laricerca degli effetti d’ombra e di luce. (mfb).

Nickelen, Isaac van(Haarlem? intorno al 1635 ? – attivo dal 1659 al 1703).Accolto alla gilda di Haarlem nel 1659, il pittore dipin-se quasi esclusivamente delle vedute della chiesa di SanBavone ad Haarlem, a parte una raffinata rappresenta-zione di un Vestibolo di Palazzo (Parigi, Louvre), unaVeduta cristallina e la Veduta del Municipio di Am-sterdam dipinta in collaborazione con Maas. I suoi inter-ni di chiesa, dalla prospettiva larga e rigorosa con unainsistita predilezione per le navate centrali e l’attenzio-ne per l’articolazione delle volte (quando sono datati,sono tutti degli anni dal 1650 al 1700), risentonodell’influenza di Saenredam a tal punto che fanno ri-tenere che egli ne sia stato allievo. Tuttavia c’è una pre-cisa differenza: gli interni di N sono abitati. Lo stile diN tende soprattutto ad esprimere lo spazio ed in questorisulta più austero rispetto agli altri pittori di architet-ture olandesi come quelli di Delft (Houckgeest, Vliet,Blieck) o Emmanuel de Witte. Opere di N si trovanonei musei di Copenhagen (1681,1695), di Haarlem(1693), di Amsterdam, di Bruxelles, di Cambridge, diSan Pietroburgo. Suo figlio Jan (Haarlem 1656 – Kassel1721), fu pittore alla corte di Düsseldorf nel 1712: halasciato interni di chiesa ma anche paesaggi classicheg-gianti (se ne conservano ventuno alla gg di Dresda) evedute di castelli (Kassel, gg). (jf).

Storia dell’arte Einaudi

Nicodim, Ion(Constanìa 1932). Ha studiato all’Istituto di belle arti diBucarest (1950-56) e a Roma (1965-1968), ottenendo ilpremio dell’Unione degli artisti rumeni (1964) e dell’Une-sco (1968). Ha partecipato alla Biennale dei Giovani a Pa-rigi, alla Biennale di San Paolo (1969), a collettive a Stoc-colma, Oslo, Roma, Helsinki, Atene, Cagnes-sur-Mer,Praga, e ad esposizioni di arazzi a Washington, Chicago,Nashville, Mosca, Ankara; ha tenuto personali in partico-lare a Parigi nel 1978 ed a Copenhagen. Il suo arazzo Can-tico dell’uomo orna una delle sale del palazzo dell’Onu aNew York. N ha pure eseguito mosaici e decorazioni mu-rali per diversi edifici pubblici in Romania. La sua pitturaè di carattere fantastico e poetico, tradotto in forme flui-de, vaporose, che s’iscrivono su un fondo chiaro, sottil-mente sfumato. L’artista si esprime con segni che hannoun segreto potere di suggestione, quasi un invito al viag-gio nel paese dell’immaginario. È rappresentato al Museodell’Arte di Bucarest, alla gnam di Roma e in coll. priv.(ij).

Nicola da Nova Siri(documentato a Senise (Potenza), nel 1513). Nel 1513firma e data l’affresco con Cristo in pietà nell’antico chio-stro del convento di San Francesco a Senise, cui sono col-legabili altri lacerti murali conservati nell’adiacente chie-sa, raffiguranti la Madonna col Bambino e santi e San Ber-nardino. Questi dipinti, pur in un retaggio di modulitardo-gotici, rivelano un tentativo di adeguamento allacultura napoletana della seconda metà del Quattrocento,con riferimenti che vanno dal Maestro della Pietà di Pie-digrotta al Maestro dell’Incoronazione di Eboli e a PietroBefulco. (rn).

Nicola di Maestro Antonio d’Ancona(attivo nella seconda metà del sec. xv). La sua educazionegiovanile avvenne a Padova come rivela una Crocefissione,attribuitagli dal Longhi (1460 ca.: Venezia, Accademia):vi si scorge una minuta grafia, un’aspra drammaticità enel paesaggio un riflesso del gusto vaneyckiano. Rientratoin patria trovò nella pittura di Bartolomeo di Tommasoda Foligno alimento al suo espressionismo esasperato. Dicontro alla conversione «metallica» delle forme pittoriche

Storia dell’arte Einaudi

della contemporanea corrente ferrarese, infatti, N caricale sue composizioni di violenti, siglati moti espressivi, allimite del grottesco, che indicano la complessità della suacultura, attraversata, verso il 1477, anche da echi dellostile del Crivelli, a lungo operoso nelle Marche e persinodi Piero della Francesca. L’impronta di quest’ultimo siscorge nella Pala con Madonna e santi, l’unica sua operafirmata e datata (1472: Pittsburg, museo) e nella pala«Massimo», ricostruita da Zeri (Palazzo Massimo, Roma eMuseo di Brooklin). N resta una delle più singolari perso-nalità della violenta ed estrosa pittura marchigiana dellaseconda metà del sec. xv. (lcv).

Nicola D’Ulisse(attivo nella prima metà del sec. xv). Pittore di origine se-nese la cui attività giovanile può essere riconosciuta nelleminiature del Messale Casini conservato nella BibliotecaComunale di Siena (ms X. II. 2) databili tra il 1427 e il1428; sempre come miniatore decora anche il più tardo(1437-47) manoscritto Yates Thompson (Londra, bm, ms36). Ma già nell’aprile del 1442 è a Norcia, in Umbria,dove, a fianco di Bartolomeo di Tommaso, dal cui lin-guaggio rimarrà per sempre segnato, si impegna a deco-rare la tribuna della chiesa di Sant’Agostino. Due annidopo, sempre nella cittadina umbra, che ben presto eleg-gerà a sua patria, dipinge un’ancona, oggi perduta, per lachiesa di San Benedetto. È ancora documentato a Sienanel 1452, per aver lasciato in Palazzo Pubblico una Assun-ta di cui non restano tracce. Dal 1457 è di nuovo a Nor-cia dove esegue alcuni affreschi votivi nella chiesa diSant’Agostino, e quattro anni dopo nella chiesa diSant’Antonio a Cascia firma le Storie della vita di Cristo.Nel decennio 1460-70 la sua attività si estende anche indirezione delle Marche (Ascoli Piceno e Fermo) e inAbruzzo (dintorni di L’Aquila). Altre sue opere quali laCroce dipinta di Sant’Eutizio o il Cristo Risorto oggi nelMuseo di Norcia, dimostrano la sua totale aderenza, unavolta trasferitesi in Umbria, alla cultura figurativa locale.Muore tra il 1476 e il 1477, in tempo di peste. (mrs).

Nicolau, Pedro(Barcellona; attivo a Valenza e in Aragona dal 1390 al1408). Fu tra le personalità più celebri del gotico interna-

Storia dell’arte Einaudi

zionale. Durante la mirabile fioritura della scuola di Va-lenza alla fine del xiv sec. e all’inizio del xv, che ne feceuno dei principali centri europei di questo linguaggio, Nappare, allo stato attuale delle conoscenze, l’artista di piùfacile collocazione storica, poiché, in mancanza di una do-cumentazione convincente, gli altri autori dei principaliretabli dell’epoca restano in maggioranza anonimi. Di luisi conosce un’opera documentata, datata 1404, il Retablodi Sarrión (prov. di Teruel; pannello centrale della Verginedistrutto nel 1936; pannelli laterali nella coll. Deering),intorno alla quale si sono potuti raggruppare altri dipintidi stile analogo. Disegnatore squisito, di raffinata elegan-za, delicato colorista, con gamme di blu, rosa e grigi, Nsembra essere invero il propagatore di una particolareiconografia della Vergine assisa in trono, circondata da uncoro di angeli musici, il cui ideatore sembra fosse LorenzoZaragoza; per la sua fragile grazia, questa Vergine ricordaquelle della scuola di Colonia, secondo la tipologia piùdiffusa ed apprezzata in Valenza. Le scene dei pannelli la-terali, che illustrano le Sette gioie della vita della Vergine,attestano per la padronanza narrativa e per taluni dettagliiconografici la conoscenza dei modelli senesi. Negli altriretabli a lui attribuiti (Retablo della Vergine della chiesa diAlbentosa, Teruel; Retablo della Vergine: Bilbao, mba),contenenti scene complesse, si nota un’intensa vitalitànarrativa, un espressionismo di timbro quasi germanico,una ricerca manierata negli atteggiamenti ed un compiaci-mento per i grafismi più complicati giustificato dai suoinumerosi contatti con Andrés Marzal de Sax, suo collabo-ratore in varie occasioni prima del 1404. Un’ampia produ-zione di retabli valenzani, nei primi decenni del xv sec.,si ricollega allo stile di N. Conosciamo i nomi di alcunisuoi collaboratori, e numerosi sono gli artisti che ne subi-rono l’influsso: Jaime Mateu, suo nipote, Gabriel Marti(Retablo di san Nicola: chiesa di Albal); Gonzalo Perez,autore presunto del notevole Retablo della famiglia deiMarti de Torres (Museo di Valenza); il Maestro di Burgode Osma (Retablo al Louvre di Parigi), Miguel Alcañiz, ealtri come il Maestro di Ollerìa, il cui valore è in-contestabile. (aeps).

Nicolò di Liberatore, detto l’Alunno (Foligno 1430 ca. – 1502). Pittore folignate genero di Pie-tro Mazzaforte in collaborazione con il quale è chiamato

Storia dell’arte Einaudi

ad eseguire nel 1461 il polittico di Cagli (oggi a Milano,Brera), firmato però dal solo Nicolò nel 1465. Unacollaborazione quella con il suocero più volte attestata daidocumenti ma non riscontrabile sulle opere, proprio per-ché allo stato attuale degli studi sfugge la personalità diPietro Mazzaforte.Certo è che con la Madonna dei Consoli di Deruta, firma-ta e datata al 1457, l’Alunno si rivela già maestro piena-mente consapevole delle sue capacità espressive e già inpossesso di una cultura figurativa assai solida, che parten-do dalla approfondita conoscenza degli illustri modellidella pittura del Trecento, si amplia fino a toccare l’artedell’Angelico e del Gozzoli e più tardi si apre al versantemarchigiano in direzione dei Vivarini e del Crivelli. Ma ilsuo linguaggio, sempre celebrato dalla critica dal Vasari(1568) in poi, presenta dei caratteri assolutamente origi-nali e personali. Agli anni giovanili di N appartengono gliaffreschi della cappella di Santa Marta in Santa Maria inCampis a Foligno, databili stando ad una perduta iscrizio-ne tra il 1456 e il 1458. Nelle parti più sicuramente auto-grafe del ciclo, la cui responsabilità complessiva spetta co-munque, secondo le fonti, a N, si avverte l’atmosfera for-male di un delicato sperimentalismo protorinascimentale,prevalentemente filoangelichiano, col particolare saporedella prova giovanile di un esordiente di genio. In pienasintonia con questo ciclo è poi, sempre a Foligno, il SanPietro Martire affrescato su un pilastro della chiesa diSanta Maria infra Portas. Se ancora arduo risulta definirela personalità dell’Alunno giovane, tra l’altro non isolatama certo in primo piano in un ambiente che cerca di rin-novarsi, più chiaro e in definitiva lineare appare il suopercorso stilistico e cronologico a partire dalla tavola diDeruta: nel 1461 è a Spello dove dipinge la cappella diSant’Anna e una Crocifissione per il monastero di SantaMaria di Vallegloria (oggi in Pinacoteca comunale).L’anno dopo esegue il superbo trittico per la cattedrale diAssisi. In queste opere, da una base di innegabile ortodos-sia angelichiana si distaccano, per dir così, caratteri ormaisolo alunneschi, come la tagliente messa a fuoco di figuree oggetti e la particolare coloritura dei tratti fisiognomiacome dei racconti. Nel 1466 per la confraternita dei Di-sciplinati di Santa Maria dei Servi di Perugia dipinge ungonfalone con l’Assunzione, dove sembra accostarsi, alme-no in superficie, alla pittura del Benfigli e del Caporali.

Storia dell’arte Einaudi

Nello stesso anno firma la complessa macchina d’altareper la chiesa benedettina di Sant’Angelo di Montelpare(oggi a Roma, pv). Due anni dopo licenzia il polittico diSanseverino Marche e lavora a lungo per Assisi e dintor-ni: lo stendardo per la chiesa di San Gregorio (1468), ungonfalone per la peste per San Francesco, il già ricordatopolittico di San Rufino, e un altro gonfalone per laconfraternita di San Crispino (1468-71). All’attività assi-siate di N fa riferimento anche il Vasari, che in marginealla vita del Pinturicchio ricostruisce anche quella del foli-gnate lodando proprio una Pietà con due angeli affrescatanella chiesa di Santa Maria Maggiore (perduta); infine nel1492 dipinge la facciata della Porziuncola (operaanch’essa perduta). Fin dal 1480 accanto al Maestro i do-cumenti rivelano la presenza del figlio Lattanzio, incarica-to di eseguire le parti secondarie della tavola per l’altaremaggiore della chiesa di San Francesco a Cannara, termi-nata nel 1482. Del 1487 è il trittico eseguito per la chiesadi Santa Chiara a L’Aquila (oggi a Londra, ng), apice delneo-trecentismo di N, che è un fenomeno, tra i più singo-lari del Quattrocento, di consapevole ritorno ad un mo-dello «storico» di arte sacra, in anticipo sull’analoga e piùnota inclinazione del tardo Botticelli. Nelle ultime operedel pittore quali: il polittico di San Nicolò (1492) el’Incoronazione della Vergine, sempre nella stessa chiesa, sifa più evidente la conoscenza delle novità perugine e to-scane. N muore nel 1502 lasciando incompiuta la tavolacon il Martirio di san Bartolomeo, terminata dal figlio Lat-tanzio (Foligno, San Bartolomeo di Marano). La persona-lità di N assume forte risalto negli svolgimenti della pittu-ra del Quattrocento in Umbria. Già all’esordio, il suo si-gnificato è in antitesi con i magistrali artifici tardo-goticidel genius loci Bartolomeo di Tommaso e si può porre inrelazione con interessi per l’arte fiorentina rinnovata chesi manifestano così incisivi da costituire di per sé, in Um-bria, un fatto nuovo. L’attenzione di N si rivolge soprat-tutto all’Angelico, con qualche sguardo di simpatia perBenozzo. Questa strada si incrocia poi, grazie anche agliincarichi di lavoro al di là dell’Appennino, con quella im-boccata dai Vivarini e poi dal Crivelli, fermo restando chel’incontro con quest’ultimo si risolve in una buona occa-sione per entrambi. Delle opere eseguite negli anni Ottan-ta è caratteristica l’accentuazione primitiveggiante a sfon-do patetico e ad esponente neotrecentesco; con cui tut-

Storia dell’arte Einaudi

tavia convivono, fino al termine del cammino, nuovi inte-ressi sia per i più giovani perugini, sia per altri modelli diarea toscana tra Signorelli, Verrocchio e Pollaiuolo. Que-sto tormentato itinerario è in ogni sua fase illuminato dauna qualità di immaginazione che fa di N una delle perso-nalità più interessanti del Quattrocento italiano. (mrs +sr)

Nicolo di Pietro(notizie dal 1394 al 1430). Il suo ruolo, già individuato daLonghi, fu quello di un caposcuola che, accanto a Jacobel-lo da Fiore, innovò profondamente la cultura figurativaveneziana a cavallo tra xiv e xv sec. Fu in contatto con ilgotico bolognese di fine Trecento, in primis, con Jacopodi Paolo, e fu partecipe della tendenza che, interpretandocon arguta espressività e con un tipico iperdecorativismoil formulario «bizantino» di Paolo e Lorenzo Veneziano,incontrava il favore del gusto più corrente. In base aimodi molto personalizzati della Madonna con il donatoreVulciano Belgarzone (Venezia, Accademia), firmata e data-ta 1394 e del Crocifisso di Sant’Agostino a Verucchio(1404: Bologna, pn), è stato possibile riconoscere a N unaserie coerente di opere di alto livello linguistico: ricordia-mo le Incoronazioni della Vergine di Rovigo (Pinacoteca),di Milano (Brera) e di Palazzo Barberini a Roma; la pre-della con Santi a mezza figura della stessa galleria; le quat-tro scene dalla Vita di sant’Agostino (Roma, pv) e laSant’Orsola del mma di New York. (fzb + sr).

Nicolò di Segna(notizie dal 1331 al 1345). Fu scolaro del padre Segna diBonaventura, e ancora ne ricorda i modi nel solo dipintofirmato, un Crocifisso del 1345 (Siena, pn, n. 46), nono-stante i riflessi lorenzettiani, e nella Madonna della cap-pella di San Galgano (Montesiepi, trafugata), firmata edatata 1336. Morì forse durante la peste del 1348. La cri-tica gli ha riferito molte opere, avvertendo tuttavia l’in-certezza nel distinguerlo dal fratello Francesco, forse rico-noscibile per un più insistito ricorso ai moti drammatici diderivazione lorenzettiana. Fra queste il polittico della Re-surrezione (Borgo Sansepolcro, Pinacoteca), il Crocifissodella chiesa dei Servi di Siena, la bella Madonna della Mi-sericordia (Vertine, chiesa parrochiale). (cv).

Storia dell’arte Einaudi

Nicolson, Benedict(Knole presso Londra 1914 – Londra 1978). Figlio di undiplomatico e scrittore, si dedicò alla storia dell’arte dopoaver tentato la pittura, e collaborò con Bernard Berensonnella sua villa de i Tatti, in Settignano, presso Firenze.Poco prima della guerra divenne «Deputy-Surveyor» delleraccolte reali. Dopo vari viaggi (Stati Uniti, Italia), nel1947 accettò il posto di direttore del «Burlington Magazi-ne», che non doveva più lasciare. Per oltre trent’anni siidentificò coi destini della rivista, di cui fece una delle piùnotevoli e forse la più celebre e diffusa delle riviste inter-nazionali d’arte ad alto livello scientifico. Vi firmò nume-rosi articoli, editoriali, cronache, recensioni di libri e dimostre, rispettando nella scelta dei testi pubblicati una ri-gorosa esigenza di qualità e di chiarezza. I suoi interessipersonali lo condussero a studiare soprattutto la pitturacaravaggesca, di cui era fervido ammiratore; gli si deb-bono monografie fondamentali dedicate a Terbrugghen(1958) ed a Georges de La Tour (in collaborazione con Ch-ristopher Wright, 1974), nonché importanti articoli, ri-guardanti in particolare Adam de Coster (1961), Trophi-me Brigot (1964 e 1965), Manfredi (1967), Gerard Se-ghers (1977). Il suo catalogo complessivo dei quadri cara-vaggeschi conservati sino ai nostri giorni (The Followers ofCaravaggio) è comparso nel 1979; una seconda edizione,più ricca, a cura L. Vertova, nel 1991. È autore di unWright of Derby (1968) e di uno studio sull’Atelier diCourbet (Courbet, the Studio of the Painter, 1973). La suacuriosità per varie forme d’arte, l’attenzione per il lavoroaltrui, l’eleganza del suo spirito, fin nell’apparente noncu-ranza, rappresentano per gli storici della pittura un pre-zioso esempio. (jpc).

Nicomaco(inizio del iv sec. a. C.). Pittore greco della scuola diTebe. In mancanza di sue opere originali, sappiamo da te-stimonianze dei suoi contemporanei che era famoso per larapidità ed abilità nel dipingere, il fascino delle sue opere,e per i ritratti di donne; tra i suoi lavori vengono citatiBaccanti sorprese da satiri e il Ratto di Kore. N formò aTebe numerosi allievi, tra i quali Filosseno di Eretria.(mfb).

Storia dell’arte Einaudi

NicoyaLe colline e le montagnole della penisola di N (nella peni-sola del Costarica in Centroamerica, sede di una culturaprecolombiana) si sono rivelati ricchi di oggetti in pietradecorati da incisioni, e soprattutto di ceramiche la cui va-rietà, finezza e qualità sono eccezionali. Tutto questo va-sellame – vasi ovoidali, coppe a base svasata e tripodi,giare, scodelle a base circolare – è vivacemente dipinto: idisegni, dai colori vari, ove dominano i rossi, sono sottoli-neati a tratto nero. L’aspetto geometrico della decora-zione policroma è dovuto ad una stilizzazione, spintaall’estremo, di temi di animali, tra i quali si riconosconouna sorta di coccodrillo e segni che richiamano i glifimaya. La decorazione è collocata sulla pancia o all’internodel vasellame. I vasi ovoidali sono talvolta ornati da risaltizoomorfi. La ceramica monocroma è invece di forma, co-lore e decorazione diversi. La decorazione geometrica,modellata ed incisa, viene accentuata mediante l’impiegodi una pittura bianca. La parentela tra i vasi di N e laceramica maya (nonché un certo vasellame dell’altipianomessicano) dimostra l’esistenza di stretti contatti tra levarie popolazioni. Si trovano esempi di tale ceramica nelleraccolte del Museum of American Indian di New York.(sls).

nielloTecnica artistica legata all’orificeria. Consiste nell’incidereuna decorazione su di una superficie di oro o di argento epoi nel riempire i solchi ottenuti con smalto nero (nigellum)composto di rame, piombo, argento, borace e zolfo. Tecnicaconosciuta in epoche molto antiche, fu largamente utilizzatain Grecia, a Roma, a Bisanzio. Grande fortuna ebbe anchenel Medioevo (sia in oriente che in occidente). Da un puntodi vista qualitativo gli esempi di maggiore pregio sono quellidi area germanica, dove su tutti risalta l’orafo Ruggero(Rogkerus) di Helmershausen. In Italia le botteghe più ap-prezzate tra il xiv e il xv sec. si trovavano in Emilia, in To-scana, in Abruzzo, in Veneto. Celebre è il fiorentino MasoFiniguerra. Spesso nel xv sec. il n si collegò alla messa apunto dell’incisione su rame perché si usava ricavare, dalleimpronte negative intagliate, delle prove preliminari sucarta inchiostrata. Con il sec. xvi l’uso del n si fa sempremeno frequente fino a scomparire quasi del tutto. (sr)

Storia dell’arte Einaudi

Nieulandt, Willem van, detto Terranova(Anversa 1584 – Amsterdam 1635/36). Allievo di JacobSaveru ad Amsterdam tra il 1594 e il 1599, influenzatoprofondamente da questi e dal fratello di lui Roelanott,partì nel 1599 o nel 1606 per Roma, dove operò pressoPaul Bril. Era ad Anversa nel 1606 e si stabilì ad Am-sterdam nel 1629. Dipinse soggetti religiosi (Annuncio aipastori, 1607: conservato a Tours; 1609, castello diNijenhuis, Fondazione Hannema De Stuers) e paesagginel gusto di Paul Bril, con rovine o architettura rappre-sentanti l’antichità o l’Italia: Campo Vaccino (1609: Co-penhagen, smfk), Veduta di Roma (1611: in museo ad An-versa), Veduta del Foro (1626: in museo a Budapest). Lesue opere mal si distinguono da quelle dello zio Willemvan Nieulandt il Vecchio, che morì a Roma nel 1626. Il fratello Adriaen (Anversa 1587 – Amsterdam 1658) fuanch’egli pittore, citato ad Amsterdam nel 1607. Dipinsedapprima Interni di cucina (1616: Braunschweig, Herzog-Anton-Ulrich-Museum) nello stile di Pieter Cornelisz vanRijck, poi paesaggi rallegrati da scene mitologiche o reli-giose che rammentano la maniera di Poelenburgh: Sacrifi-cio di Manoe (San Pietroburgo, Ermitage), Giacobbe inpreghiera (1642: Lille, mba), Trionfo di Bacco (1652: Co-penhagen, smfk), Entrata in Gerusalemme (1655: ivi), Al-legoria della Pace di Münster, 1648 (1650: Amsterdam,Rijksmuseum). (jt).

Nievergalt Nikolaus Maestro del libro di casa

Nigro, Mario(Pistoia 1917). Comincia a dipingere nel ’33, come auto-didatta. Dopo una esperienza figurativa e, successivamen-te, neo-cubista ed «astratto-concreta», realizza nel 1948le sue prime composizioni astratte ritmiche «continue» eaderisce al MAC (Movimento Arte Concreta), partecipan-do alla prima mostra di questo gruppo presso la LibreriaSalto di Milano. Inizia così la sua esperienza «concreti-sta», che lo porterà ad eseguire una serie di strutture or-ganizzate geometricamente per iterazioni ritmiche pro-gressive e simultanee. Del 1952 sono i suoi primi reticolicolorati, un insieme di tessiture lineari multiprospettiche.Teorizza per questo lavoro il concetto di «Spazio totale»,in uno scritto del 1954, che sviluppa nei lavori successivi.

Storia dell’arte Einaudi

Si trasferisce a Milano nel 1958 ed espone alla Biennaleveneziana (1964 e 1968). Nel 1971 partecipa alla rassegna«Arte concreta in Italia» (Münster, Westfalischer Kunst-verein) ed è rappresentato nelle mostre Milano 70/70 (Mi-lano, mpp, 1972), The Non-Objective World 1939-1955(Londra, Basilea, Milano 1972) e MAC-Movimento ArteConcreta (Gallarate, gam, 1984). Una sua personale èstata allestita presso il Padiglione d’Arte Contemporanea,a Milano, nel 1979. (sr).

Nikel, Leo(Ucraina 1918). Ha trascorso l’infanzia e la giovinezza aTel Aviv, imparando a dipingere, in particolare presso A.Stematzky. Ha soggiornato a Parigi per oltre dieci anni(1950-61); ha viaggiato in Africa centrale, negli StatiUniti, in Italia, in Olanda, in Belgio e in Inghilterra. Hatenuto la sua prima personale a Tel Aviv nel 1954; poi nel1957 a Parigi, ove dal 1951 ha esposto al Salon de mai.La sua pittura, insieme spontanea e raffinata, l’ha postatra i protagonisti dell’astrattismo lirico. Le sue tele, daicolori esplosivi e dalle forme nette a distinguibili – ad ec-cezione di un breve periodo di pittura informale – sonoesempio significativo di «astrattismo naturalistico». Talu-ne fra esse si accostano al surrealismo, senza divenirefigurative. Nella sua opera sono presenti i colori e il climad’Israele, specchio della personalità dell’autrice, con po-chissimi debiti nei riguardi dei suoi contemporanei.Opere della N si trovano in numerosi musei – soprattuttonei musei d’Israele e al mnam di Parigi – e in numerosecollezioni private (mt).

Nikifor(Lemkowszeryzna (Polonia) 1893-1968). Sordomuto, disalute assai malferma, trovò un mezzo d’espressione nellapittura e soprattutto nell’acquerello. Nel corso di uno deisuoi numerosi ricoveri ospedalieri un medico ebbe infattil’idea di dargli una scatola di colori. La sua arte è influen-zata dalle icone, richiamate dai colori freschi e dal dise-gno spesso e vigoroso dei suoi ritratti, dotati di nimbocome le immagini dei santi, oppure delle sue architetturefantastiche. Del tutto analfabeta, N accompagna talvolta isuoi dipinti con lettere indecifrabili. (sr).

Storia dell’arte Einaudi

Nikitin, Ivan(? 1690? – Tobolsk? dopo il 1742). Pensionante di Pietroil Grande, formatosi in Italia come il fratello Roman, dal1720 al 1732 fu ritrattista accreditato a corte. Citiamo trale sue opere conservate a San Pietroburgo, Museo russo:Pietro il Grande (1721); Caterina I (1721 e 1723); l0 Zarsul letto di morte (1725); il Barone S. Stroganoff (1726).Partecipò probabilmente alla decorazione del palazzod’Inverno di San Pietroburgo e trascorse l’ultimo annodella sua vita a Tobolsk, ove, come il fratello, era statoesiliato. (bl).

niloticaIl termine designa nella pittura ellenistica le rappresenta-zioni di paesaggi delle rive del Nilo, con la loro flora e laloro fauna particolari e la loro vita animata (scene di Pig-mei, caccia all’ippopotamo). Questi soggetti ebbero gran-de diffusione nella pittura e nel mosaico romani, per in-flusso della cultura tolemaica, a partire dalla metà del nsec. a. C. (dipinti della casa del Fauno a Pompei, mosaicodi Palestrina). (mfb).

NîmesMusée des Beaux-Arts Le collezioni municipali di pittura,composte soprattutto da opere francesi e da ritratti delxvii e xviii sec., furono sistemate nel 1826 nella «cella»della Maison Carrée insieme ad alcuni frammenti di scul-tura antica. Questa fu l’origine del museo che ha preso ilnome di «Museo Maria Teresa», in omaggio alla duchessad’Angoulême. Nel 1815, la collezione si accrebbe di di-pinti donati alla città di N da Robert Gower, negozianteinglese stabilitesi a Marsiglia che riunì varie centinaia didipinti appartenenti, nella quasi totalità, alle scuole delNord. Questo apporto considerevole sia per quantità diopere che per qualità, necessitò la costruzione di unnuovo museo che fu inaugurato nel 1907. A partire daquesto periodo il museo si arricchì di depositi e donazio-ni, in particolare il lascito della collezione Tur nel 1948.L’opera più importante è senz’altro il grande mosaico sco-perto a N nel 1883 raffigurante le Nozze di Admite; tra leopere francesi del xvii e xviii sec. (M. Corneille; Parrocel;J. F. de Troy, Mietitrice; Brenet) vanno citati alcuni ritrat-ti ed il famoso Cromwell e Carlo I di Delaroche. La pittu-

Storia dell’arte Einaudi

ra italiana è presente con alcuni esempi interessanti(Giambono), con un’opera importante come la Susanna e ivecchioni di Jacopo Bassano, oltre ad alcuni dipinti delxvii sec.: Ratto di Dejanira di Luca Giordano, la Morte diDidone del Guercino. Tra i numerosi dipinti donati daGower, alcune opere olandesi e fiamminghe sono di uncerto interesse. Infine vanno citate le opere di artisti dellaregione di N del xvii e xviii sec. fino all’inizio del xixsec.: quelle di Reynaud Levieux (Storia di San GiovanniBattista), Charles Natoire (due dipinti della Storia diMarc’Antonio e Cleopatra), Subleyras (il Serpente dibronzo), Sigalon (Locusta sperimenta i suoi veleni), e nu-merosi ritratti. (gb).

Niobidi, pittore dei(attivo nel corso del secondo quarto del v sec. a. C.). Pit-tore di vasi attici. Un cratere a calice del Louvre di Pari-gi, decorato a figure rosse attorno al 460 a. C., presentasu un lato Eracle in mezzo ad eroi, che sono forse gli Argo-nauti, e sull’altro Apollo e Artemide che uccidono i figli diNiobe: soggetto che ha dato il nome all’artista che lo hadecorato. I due dipinti sono notevoli per l’impiego dilinee irregolari che, nascondendo in parte i personaggi,raffigurano le ondulazioni del terreno; queste linee segna-no l’introduzione nella pittura vascolare dei procedimentimessi verosimilmente a punto nello stesso periodo dagliaffrescatori Polignoto e Micone per rappresentare laprofondità, pur non facendo uso di vera prospettiva, poi-ché i personaggi in secondo piano non hanno dimensioniridotte. Lo stesso pittore ha rappresentato su grandi vasiscene con numerosi personaggi, spesso in due registri so-vrapposti, che raramente però possiedono l’ardire del cra-tere del Louvre. (cr).

NisardiPittore indiano musulmano (inizio del xvii sec.). Attivonel MewÇr (RÇjasthÇn) durante il regno di Amar Singh I(1597-1620), è tra gli autori della RÇgamÇlÇ dipinta aChawand, capitale temporanea del MewÇr, nel 1605:complesso che si colloca al punto di transizione tra lo stilerÇjput antico e quello proprio del Mewär nel xvii sec.,quale sarà rappresentato, qualche anno più tardi, daSahibdin. (jfj).

Storia dell’arte Einaudi

Nisart, Pedro(attivo a Majorca nella seconda metà del xv sec.). Il suonome farebbe supporre un’origine straniera. Il suo stile,infatti, influenzato dal Quattrocento italiano – soprattut-to nella tendenza alla composizione monumentale – e dal-la poetica fiamminga, sembra giustificare tale ipotesi. Suaopera principale è il Retablo di san Giorgio (Museo dioce-sano di Palma), commissionato nel 1468 e dipinto con lacollaborazione di Moguer. La tavola centrale rappresentaSan Giorgio. Il fondo del retablo narra un episodio dellaconquista di Palma. (mdp).

niseeTermine giapponese che significa alla lettera «pittura cherassomiglia» (alla realtà). Si applica ad una particolareforma del ritratto profano nel xii e xiii sec. (epoca diHeian e di Kamakura). I ritratti di questo genere nonricercano la rassomiglianza «reale», poiché i modelli sonomorti da lungo tempo, ma tentano di cogliere in pochelinee il carattere dell’individuo. Creatore del genere sa-rebbe stato Nobuzane. (ol).

NishapurCittà dell’Iran orientale, capitale del Khorasan, conquista-ta dagli Arabi del 652. In un palazzo sono stati ritrovatiresti di pitture murali del ix sec., appartenenti alla dina-stia persiana dei samanidi. Esse sono influenzate dalletradizioni pittoriche dei templi buddisti (alone di coloreche circonda le teste) e da quelle dell’Asia centrale, comeattestano i costumi dei cavalieri. (so).

nishikieTermine giapponese che letteralmente significa « pitturadi broccato», e designa una tecnica di stampa che sarebbestata inventata da Harunobu. (ol).

Niten(nome d’arte di Miyamoto Musashi, 1584-1645). Guerrie-ro giapponese e maestro d’armi di fama, inventore dellascherma a due lame, N considerava la pittura a inchiostro(sumie) un’altra maniera di esercitare la meditazione nellatradizione dello zen. Oltre ad alcuni dipinti di fiori o di

Storia dell’arte Einaudi

personaggi, esegui principalmente uccelli, che ritrasse conl’ausilio di un pennello secco, a linee semplici e potenti,in cui i critici riconoscono qualcosa del suo tirocinio dischermidore (Falcone laniere su un albero morto: Kana-gawa, Museo Nagao; Cormorano: Tokio, coll. Hosokawa;Oche selvagge e giunchi: Tokio, Eisei Bunkÿ). (ol).

Nithart, Mathis Gothart → Grünewald

Ni Tsan(1301-74). Pittore paesaggista cinese, figlio di un riccomercante del Jiangsu, erudito, collezionista e poeta, N fuun singolare personaggio, maniaco della pulizia e gelosodella propria indipendenza. Rifiutò di prender parte allavita pubblica ed alle lotte del suo tempo, sdegnando sia diservire i Mongoli sia, più tardi, di interessarsi all’instaura-zione della dinastia cinese dei Ming. Raggiunta la quaran-tina, distribuì i suoi beni per vivere a bordo di una chiat-ta, percorrendo i fiumi e i laghi della sua provincia natale,e adottando le abitudini erranti dei monaci taoisti di cuiportava l’abito. Dipingeva solo per suo piacere e donavale sue opere a chi le apprezzava; pertanto incarna uno deitipi più puri del pittore dilettante letterato. Dopo averoperato nello stile di Jing Hao, elaborò il suo stile perso-nale di paesaggio, spoglio e austero, esclusivamente mono-cromo. Diceva di se stesso: «La mia pittura è un insiemedi pennellate che esprimono i pensieri spontanei del miospirito, per divertirmi, e mai per raggiungere una somi-glianza». Eseguiti a inchiostro secco su carta, i suoi perso-naggi, dai colori pallidi e di uno stile etereo immediata-mente riconoscibile, sono sempre vedute di pianure e col-line remote al di là della riva di un lago o di fiume; oppu-re, in primo piano, una capanna vuota circondata da albe-ri, bambù o rocce suggeriscono la calma contemplazionedi uno spirito affrancato da ogni contingenza (Gu Gong:Washington, Freer Gall.). N, classificato tra i QuattroGrandi Maestri Yuan, venne molto imitato, ma rimaseineguagliato, tranne forse da Hong Ren, che seppe riallac-ciarsi al suo spirito di rigore e di intima energia. (ol).

Nivaagaard.Il castello di N, posto una trentina di km a nord di Co-penhagen, ospita la collezione di dipinti formata da

Storia dell’arte Einaudi

Johannes Hage, ricco proprietario terriero ed uomo politi-co, che l’aprì al pubblico nel 1908. Essa comprendesoprattutto dipinti olandesi del xvii sec. (Ritratto di donnadi Rembrandt, Ritratti di bambini di Jan Steen), ma anchealcune opere italiane (Ritratto di un membro della famigliad’Este di Lorenzo Lotto), tedesche e fiamminghe; ed unsolo dipinto francese, un Paesaggio con fuga in Egitto, diClaude Lorrain. Il museo possiede anche una sezione diarte danese del xix sec. (gb).

NizzaL’impulso dato a N ed al suo contado dalla casa Savoiaalla quale la città si era alleata nel 1388, favorì la fiorituranel xv sec. ed all’inizio del xvi sec. di un vivace centroartistico la cui fiorente attività è documentata dalle nume-rose testimonianze di dipinti murali e su tavola pro-venienti sia da N (Museo Masséna, cappella della Miseri-cordia, chiesa di Sant’Agostino, convento francescano diCimez) che dalle chiese e cappelle dei dintorni (Lucéram,La Brigue, Lieuche, Saint-Etienne-de-Tinée). A N con-fluirono infatti diversi influssi dovuti al passaggio di arti-sti provenzali quali Jacques de Carolis, o ancora di Mi-ralhet di Montpellier, del veneziano Ronzen, dei piemon-tesi Baleyson e Canavesio; inoltre si registra l’apporto diaree limitrofe per il tramite di pittori nizzardi come Jac-ques Durandi e i Brea – questi ultimi intrecciarono rap-porti con artisti sia provenzali sia piemontesi, sia liguri elombardi, avendo svolto parte della loro attività a Genovae sulla riviera ligure di ponente.Aperta all’inizio del xv sec. all’influsso proveniente dalRossiglione e dalla Catalogna ed inserita in quella piùvasta koinè del «gotico cortese», il centro artistico di Nalla fine del xv sec. venne caratterizzandosi per lacompresenza di diversi influssi derivanti dalla più vastacircolazione di modelli maturati negli importanti centridell’Est e dell’Ovest europeo. Di qui la particolare fisio-nomia assunta dalla produzione artistica nizzarda, che co-stituisce in qualche modo il tramite fra la pittura proven-zale e quella dell’Italia settentrionale all’inizio del 1500.In seguito però, durante il xvi sec., le botteghe nizzardesi limitarono a riprodurre stancamente edulcorati stilemiderivati dai Brea.Il XVII e XVIII secolo. Il grande sviluppo architettonicodell’epoca barocca (in tutta l’area), non trova riscontro

Storia dell’arte Einaudi

nell’attività pittorica, essenzialmente dominata da unaproduzione chiesastica di cui sono testimonianza i nume-rosi altari di pittori ambulanti d’origine piemontese desti-nati a completare i ricchi interni e le decorazioni in stuccodelle chiese. Se i van Loo, venuti dall’Olanda, si stabiliro-no per un certo tempo a N, e Carlo vi nacque nel 1705restano tuttavia scarse tracce del loro passaggio (una telafirmata van Loo, 1702, nella chiesa di Bolline), se siescludono le opere riunite in tempi più recenti nel museodella città.Il xix e xx secolo. Artisti locali, per quanto di non alto li-vello vanno segnalati nell’8oo: tra questi il ritrattista Ga-racci, i pittori di costume Barberi e Roassal, il pittore distoria Biscarra Nizza d’impronta neoclassica; non trovainvece riscontro il passaggio di Bonington tra paesaggistiquali Fricero Carlone, E. Costa, i fratelli Trachel, Fossate Barlat che si limitarono a riprodurre sin nel xix sec.inoltrato soggetti pittoreschi tratti dalla natura locale. Ned i suoi dintorni riacquistarono, tra la fine del xix e l’i-nizio del xx sec., un certo rilievo quale meta di ritrovoper numerosi artisti, dagli impressionisti a Modigliani,Matisse, Chagall, Picasso fino a Nicolas de Staël, attrattidalla particolarità del suo paesaggio meridionale. (jth).Non è comunque possibile parlare di una «scuola di N»,anche se una serie di pittori cercarono di individuare unapoetica comune in contrasto con la «scuola di Parigi»prendendo spunto dalle provocazioni concettuali di Du-champ e del dadaismo; alcuni di questi artisti (Ben, Chu-bac, Gilli, J.-C. Farhi, Riga, Alocco) sono rappresentatinelle collezioni del mnam di Parigi. (jjl),Musée Jules-Chéret In seguito alla donazione alla città diN da parte del barone Joseph Vitta e Maurice Fenaille diun eccezionale complesso di opere di J. Chéret, il comuneacquistò la vasta villa Thompson per collocarvi la raccolta.Il museo che ne reca il nome presenta circa trecento operedell’artista (pastelli, cartoni per arazzi, serie di disegni innero e a sanguigna, ritratti, litografie, studi preparatoriper la decorazione del municipio di Parigi e per la pre-fettura di N, manifesti). Il museo venne inaugurato nel1928 sostituendo l’antico mba costruito nel 1860 median-te assegnazioni dello stato – al momento in cui la conteadi N venne annessa alla Francia – e donazioni. Lacollezione si arricchì di depositi del Louvre: alcuni dipintidei van Loo – originari delle Fiandre ma in contatto con

Storia dell’arte Einaudi

la contea di N – che si aggiunsero ad alcune opere di que-sti maestri già in possesso del museo. Di Carle van Loo ilmuseo possiede cartoni per arazzi: Teseo doma il toro, Net-tuno e la ninfa Animane; di Jean-Baptiste possono vedersi iRitratti di Luigi XV e di Maria Leszczonska, nonché un’Al-legoria su Nizza e la Pace; di Philippe Amédée, cartoni perarazzi, il Caffè della Sultana, la Sultana e le odalische; diMichel van Loo, un Autoritratto. A parte questi due gran-di complessi, il museo possiede dipinti di origine ed epocadiversa: primitivi (Lorenzo Monaco), opere del xviii sec.(Natoire, Fragonard, Ritratto di vecchio), del xix e del xxsec. (Ziem, Carriére, Desboutin, Vuillard) e numerosi ca-polavori di van Dongen. Musée Masséna Villa Masséna, costituita negli ultimianni del xix sec. sul modello delle ville italiane del primoImpero per Victor Masséna, principe di Essling, nipotedel maresciallo, venne trasformata in museo nel 1921.Benché si tratti soprattutto di un museo storico e d’artedecorativa, la collezione di pittura non è trascurabile; lacollezione di interesse maggiore, unica in Francia, è quelladegli altari della scuola nizzarda e genovese del xv e delxvi sec.: la Vergine addolorata proveniente dalla cappelladei Penitenti neri, firmata Johès Miralheti; le tavole dellachiesa di Lucéram, tra cui l’altare di San Michele di mae-stro anonimo; la pala di Santa Margherita di LudovicoBrea; la pala di San Giovanni Battista di Jacques Durandi.Tutte queste opere, aggiungendovi le copie di affreschidel xv e del xvi sec. trovati nelle chiese dell’antica conteadi N, caratterizzano l’arte della regione e ne sottolineanola parentela con la vicina arte genovese. Gli altri dipinti, idisegni, le stampe, soprattutto del xix sec., s’iscrivononella cornice della storia della regione: iconografica delmaresciallo Masséna, dipinti militari che ne rappresentanole campagne, ritratti di membri della famiglia imperiale(Giuseppina, di Gros), della regina Vittoria e di personag-gi dell’aristocrazia inglese, che sin dall’inizio del xviii sec.scelse N come luogo privilegiato di soggiorno. Musée Matisse Matisse visse gran parte della sua vita aN. Alla morte del pittore nel 1954, la vedova espresse ildesiderio di creare un Museo Matisse, costituito dalleproprie collezioni, che si aggiungevano alle tele e disegnigià donati dal maestro alla città. La morte improvvisadella vedova interruppe le prime trattative col comune. Ilprogetto venne ripreso dai figli, Jean e Pierre, e dalla fi-

Storia dell’arte Einaudi

glia, Mme Duthuit; questi ultimi si accordarono nel dona-re opere di alta qualità, illustranti le varie tappe della car-riera del padre. Il museo venne collocato nel 1963 in villaGarin de Coconato, residenza di stile genovese, innalzataalla fine del xvii sec. sulla collina di Cimiez, su sito ar-cheologico. La collezione comprende dipinti, disegni,incisioni, libri illustrati, cinquanta schizzi e bozzetti di-pinti per la Danza, studi preparatori per la cappella diVence. Costituisce un panorama di cinquant’anni di lavo-ro, dalle opere giovanili (Paesaggi), che riflettono l’influssodi Cézanne (Interno con armonium), fino ai lavori maturi:Donna che legge al tavolo giallo, la Poltrona rococò, paesag-gi di Saint-Tropez e di Collioure, numerosi nudi (Odaliscacon cofanetto rosso). Musée International d’Art Naïf Anatole Jakovsky. Natograzie alla donazione della ricca collezione del criticod’arte A. Jakovsky, offre un patrimonio di più di seicentotra dipinti, disegni e sculture di artisti naïfs appartenentia diverse nazioni e che operarono con tecniche e indirizzidiversi, dal xviii sec. ai nostri giorni. Vi sono esposteopere di Yvan e Josip Generalic, di Lackoviç, Vivin, Bau-chant e Rimbert. Il museo offre alla consultazione ancheun ricco archivio internazionale dell’arte naïf, costi-tuendosi come centro attivo per la conoscenza e la ricercasu questo ramo d’espressione artistica, troppo spesso vitti-ma di volgarizzazioni commerciali e di superficialità dilettura. Musée d’Art Contemporain Fa parte di un nuovo com-plesso architettonico, comprendente anche un teatro,eretto sulla Promenade des Arts ed inaugurato nel giu-gno 1990.I progettisti Henry Vidal e Yves Bayard lohanno concepito come un arco di trionfo composto daquattro torri-padiglione, collegate tra loro da una passe-rella trasparente, sotto la quale il traffico della vivacePromenade può scorrere indisturbato. Lo spazio centra-le, ottagonale, rimane vuoto. Nel museo sono confluiteessenzialmente tre raccolte: quella di pittori con-temporanei di origine nizzarda, o che operarono in città;un folto gruppo dei Nuovi Realisti (Arman, César, Nikide St. Phalle, Villeglé); una collezione di Pop Art eastrattismo americano (Morris Luis, R. Serra, F. Stella),ma si è voluto infoltirle trasportando nelle nuove saleanche svariate opere dei «classici» della pittura modernafino ad oggi disperse in varie gallerie municipali: ricor-

Storia dell’arte Einaudi

diamo dipinti di Dufy (ventotto dipinti, acquerelli, dise-gni ecc.), di Braque, Matisse e Picasso. (sr). Museo nazionale del Messaggio biblico Nel luglio 1966, ilcomplesso di dipinti componente il Messaggio biblico diMarc Chagall venne donato allo Stato. Con il finanziamen-to statale e la donazione da parte del Comune di terrenosulla collina Cimez si concretò l’idea di un centro culturale– inaugurato nel 1973 – che ospitasse la Fondazione Cha-gall, il Messaggio biblico è un complesso imperniato su di-ciassette grandi dipinti e sui loro bozzetti preparatori, ese-guiti a Vence dal 1954; dodici composizioni si ispirano allaGenesi e all’Esodo, le altre cinque al Cantico dei Cantici.L’artista vi aggiunse 39 gauches, punto di partenza delle105 lastre incise ad acquaforte per la Bibbia che AmbroiseVollard gli aveva commissionata nel 1930-31 (rami originalial museo). La collezione è completata da settantacinque li-tografie, tre sculture, due bassorilievi, una ceramica. Infi-ne, un arazzo, un mosaico e tre vetrate sono state ap-positamente eseguite per il Messaggio biblico. (gb).

Nobuzane(nome proprio Fujiwara; 1176-1268 ca.?). Figlio del celebrepittore giapponese Takanobu, N assimilò a tal punto le le-zioni paterne di ritratto realista che del suo stile si dicevache era un’arte «della somiglianza» (nusee). Sappiamo chedipinse nel 1233 due makimono a colori su carta rappresen-tanti i Trentasei poeti, uomini e donne di lettere celebri nelx sec. per aver composto versi in lingua giapponese. Que-sto genere di «ritratti» individuali, che combinavano pittu-ra e calligrafia, integrati, nel margine del titolo, da una bio-grafia e da una poesia caratteristica, era raggruppato dall’xisec. in poi nel genere del Kasen’e, «immagini di poeti im-mortali». Le più antiche serie conosciute, attribuite ambe-due a N, sono oggi frammentate e disperse tra molte colle-zioni. Vi si riconosce l’evoluzione verificatasinell’individualizzazione dei volti dall’epoca del Genji mono-gatari. Sotto questo aspetto si può ritenere che N abbia ga-rantito la transizione; infatti, l’esuberanza colorata dei co-stumi femminili (La poetessa Kÿ Ogimi: Nara, YamatoBunkakan) richiama l’epoca di Heian, quando la severitàdei costumi maschili (Kintada: Washington, Freer Gall.;Sakanoueno Korenori: Nara, Yamao Bunkakan), nonchél’angolarità delle pieghe che delimitano i volumi, sono ca-ratteristiche dell’epoca di Kamakura. (ol).

Storia dell’arte Einaudi

Nocchi, Bernardino(Lucca 1741 – Roma 1812). Dopo un lungo apprendistatoin patria presso il pittore Antonio Lucchi, si trasferì aRoma nel 1769 dove frequentò lo studio di Nicola Lapic-cola, con il quale instaurò un amichevole e duraturo soda-lizio. Proprio tramite il Lapiccola riuscì ad entrare nelgiro delle grandi committenze, e ad ottenere un lavoro ab-bastanza continuativo quale disegnatore per l’incisoreGiovanni Volpato. Fu associato dal maestro all’impresa didecorazione di Palazzo Stoppani (poi Vidoni) e ad altri in-terventi prevalentemente di restauro. Nel 1780 venne no-minato Pittore figurista dei Sacri Palazzi Apostolici, e glifurono affidati incarichi di grande impegno (decorazionedella cappella privata di Mons. Romualdo Braschi Onesti(1782); decorazione della Sala delle Stampe nella Bibliote-ca Vaticana (1784-85, distrutta); decorazione dell’apparta-mento del Card. Braschi-Onesti in palazzo della Consulta(1787-88, distrutta); decorazione della Galleria degliArazzi nei Musei Vaticani (1788-89) in collaborazione conAntonio Marini). È di questi anni la sua amicizia con An-tonio Canova. Poche sono le opere di cavalletto, e di qua-lità diseguale: (San Gaetano e sant’Andrea Avellino: Spole-to, Duomo, 1793 ca.; Morte di sant’Anna: Lucca, San Fre-diano, cappella Buonvisi (1803-805); Gloria di santa Pu-denziana: Roma, Santa Pudenziana (1805). Rarissimevolte si produsse in quadri di soggetto profano, mentrepiù cospicua fu la sua attività di ritrattista (Ritratto eque-stre del conte Luigi Braschi-Onesti, 1793: Zola Predosa (Bo-logna), coll. Braschi; La Venerabile Maria Clotilde di Fran-cia, regina di Sardegna, 1809: Roma, coll. priv.). Ferma-mente ancorato, per gli studi fatti e l’ambiente frequenta-to, al classicismo bolognese seicentesco ed a Raffaello, Nentra di diritto nella schiera dei pittori che praticarono ilpiù rigoroso neoclassicismo, sia per la preminenza data aldisegno, che per la gamma coloristica dai toni pastello;tanto che, fino ad anni recenti, alcune sue opere furonocredute di Anton Raphael Mengs. (fir).

Nocret, Jean(Nancy, verso il 1617 – Parigi 1672). Formatosi a Nancye a Roma, era a Parigi nel 1644. Tranne un viaggio inPortogallo nel 1657, operò sempre nella regione parigina.Accolto nell’Accademia nel 1663 con un Pentimento di san

Storia dell’arte Einaudi

Pietro, svolse un ruolo importante nella decorazione dipin-ta dei castelli di Saint-Cloud (1660) e delle Tuileries(1667-70); tutte queste opere, però, sono scomparse, edegli è noto soltanto come ritrattista di corte (Filippod’Angiò: Madrid, Prado; Duchessa de La Vallière: Versail-les; Famiglia di Luigi XVI: ivi). Le sue opere vengonospesso confuse con quelle del figlio Jean-Charles (Parigi1648-1719), anch’egli ritrattista (venne accolto nell’Acca-demia nel 1674 col Ritratto del padre: Versailles), e pittoredi storia: contribuì alla decorazione del grande apparta-mento della regina a Versailles (1675-76). Di questo tipodi lavori si conosce oggi soltanto la Rinuncia di Louise deLa Vallière (1675: Museo di Brest). (as).

Noël, Alexis-Nicolas(Clichy 1792 – Parigi 1871). È autore di album di litogra-fie: Viaggio pittoresco e militare in Francia e in Germania;Ricordi pittoreschi della Turenna (1824); Ricordi pittoreschidel Poitu e dell’Angiò (1828). (sr).

Noël, Jules(Quimper 1815 – Algeri 1881). Paesaggista, pittore dimarine e di genere, operò sulla scia dei maestri minori ro-mantici. Plagiò, non senza talento, l’arte di Eugène Isa-bey, sia nella scelta dei temi che nella tecnica. Sue vedutedella Normandia e della Bretagna sono conservate in nu-merosi musei di provincia (Angloulême, Besançon, Bor-deaux, Brest, Cambrai, Cherbourg, Magnin a Dijon,Douai, Hyères, Lille, Mulhouse, Nancy, Nantes, Pau,Reims, Rennes, Rochefort, Tours, Valence), nonché aChantilly, Museo Condé. (ht).

Nogari, Giuseppe(Venezia 1699-1763). Allievo di Balestra e di Piazzetta,fu apprezzato ritrattista; ma si specializzò nelle figure «dicarattere», di gusto olandese (L’avaro: Dresda, gg; Le sta-gioni: Torino, Gall. Sabauda), che gli procurarono grandenotorietà in tutta Europa, soprattutto in Germania. Nel1740 circa fu chiamato a Torino, dove collaborò con Be-nedetto Alfieri, da Carlo Emanuele iii. Sebbene praticasseanche la pittura monumentale (La Divina Sapienza e laFama: Torino, Palazzo Reale; Consegna delle chiavi: Bassa-no, duomo; Miracoli di san Giuseppe da Copertino: Vene-

Storia dell’arte Einaudi

zia, Frari), nella quale riuscì a conciliare gli scorci d’effet-to ed i contrastati chiaroscuri di marca piazzettesca conuna misura più classica derivata dal Balestra, ebbe massi-ma fortuna nella pittura da cavalletto (sovrappone con Al-legorie delle Arti: già Stupinigi, ora Torino, Palazzo Reale;altra serie analoga a Kassel, Landes muséum) dove – so-prattutto nelle citate «teste di carattere» – fu quasi ilcreatore di un genere internazionale. Tornato a Venezia,fu tra i fondatori dell’Accademia di pittura (1756) dellaquale fu presidente nel 1762-63. (sr).

Nogari, Paris(Roma 1536 ca. – 1601). È il Baglione (1639 e 1642) ainformarci sull’attività del N, tuttora poco indagata ben-ché intensa e qualificata. N, presente in tutte le impresepapali di rilievo, dall’epoca di Gregorio XIII (Galleriadelle carte geografiche, Logge) a quelle di Sisto V (ScalaSanta, Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore) e diClemente VIII (Santa Susanna, San Giovanni in Latera-no), si distingue, per sottigliezza e sensibilità di percezio-ne rispetto all’uniformità di linguaggio dei cantieri collet-tivi. La Comunione di santa Lucia (1586: Santa MariaMaggiore) risente dell’educazione condotta nell’ambientedi Caprarola, sulle opere di Raffaellino da Reggio, Gio-vanni de’ Vecchi e Federico Zuccari, e rivela quella capa-cità di aggiornare la pittura di «historia», pur all’internodel codice tardo-manierista, che costituirà una delle piùvalide connotazioni dello stile del N, i cui esiti migliori ri-salgono alla fase estrema del suo percorso (Storie di santaSusanna, 1596: nella chiesa omonima: Apparizione delVolto Santo, 1600: San Giovanni in Laterano). (sr).

Nolan, Sidney(Melbourne 1917-1992). Di origine irlandese, si formò aMelbourne, ove realizzò tra il 1945 e il 1947 una primaserie di dipinti concernenti un fuorilegge australiano dinome Ned Kelly, che segnarono l’inizio della sua famainternazionale. Grande viaggiatore (Europa, Messico,Giappone), dal 1943 ha dimorato soprattutto a Londra. Nha continuato a scegliere soggetti tratti dalla storia austra-liana (Mrs Fraser, e lo Sbarco di Gallipoli); ma si è pureispirato alla mitologia classica (serie di Leda, 1960), conuno stile permeato di elementi surrealisti e più specifica-

Storia dell’arte Einaudi

mente influenzato dall’opera di Max Ernst. È rappresen-tato a New York (moma), a Liverpool (wag), a Melbour-ne (ng of Victoria, quadri giovanili), a Londra(Glenrowan: Tate Gall.). (abo).

Noland, Kenneth(Asheville North Carolina 1924). Allievo di Albers alBlack Mountain College, poi di Ossip Zadkine a Pariginel 1948-49, ha in seguito insegnato presso l’Institute ofContemporary Art ed alla Catholic University di Wa-shington, prima di stabilirsi, nel 1961, a New York. ConGottlieb e Morris Louis, verso la fine degli anni Cinquan-ta ed in reazione all’espressionismo astratto, pone l’accen-to sul ruolo del colore puro. A tal fine rifiuta lo spazio il-lusionistico e s’impegna soprattutto nell’applicazione rigo-rosamente eguale del colore sulla tela: nessuna grana ap-parente, né variazioni d’intensità, ma soltanto l’interazio-ne del colore, così come l’allievo di Albers propone con isuoi cerchi concentrici (Sunshine, 1961: Altoona, Penn.,coll. Frank Titelman; Sounds in the Summer Night, 1962;Turnsole, 1962: Parigi, coll. priv.). Dando la preferenza aicolori acrilici applicati col rullo, cerca di ridurre al mini-mo l’imperfezione e soprattutto la «personalizzazione»delle sue tele. Dopo le fasce di colori paralleli, dipinge aspina di pesce fasce di colori adiacenti, lasciando intattala maggior parte della tela (Bend Sinister, 1964: Parigi,coll. priv.). Sottolinea così il carattere essenzialmenteottico della composizione, pur mettendo in evidenza l’ar-bitrario che costituisce il campo della tela. Nello stessospirito, lascia che la forma e il formato (spesso notevole)del quadro dettino ai colori la loro struttura: allineamentoobliquo delle fasce su supporto a losanga (Par transit,1966: New York, coll. priv.), oppure bande che percorro-no per tutta la lunghezza una tela di nove metri (Trans-Echo, 1968: Londra, coll. priv.). Così N esclude la tradi-zionale lettura figura-sfondo, e insieme afferma la dipen-denza della pittura dal supporto. È rappresentato nellamaggior parte dei grandi musei americani (Buffalo, Albri-ght-Knox Art Gall.: Yellow Half, 1963; Cambridge,Mass., Fogg Art Museum; Detroit, Inst. of Art; NewYork, Whitney Museum: Song, 1958) ed europei (Parigi,mnam: First, 1958). (em).

Storia dell’arte Einaudi

Nolde, Emil Hansen, detto(Nolde 1867 – Seebüll 1956). Nel 1902 assunse il nomedella sua città natale. Apprese la scultura in legno tra il1884 e il 1889 a Flensburg; in seguito operò a Monaco,Karlsruhe e Berlino, ed insegnò disegno alla Scuola d’arteindustriale di San Gallo in Svizzera, dove eseguì acquerel-li (1894-96), poi cartoline postali rappresentanti le monta-gne in modi scherzosi ed espressivi, nonché disegni di ma-schere potentemente caricaturali (Seebüll, Stiftung Adaund Emil N). Tornato a Monaco fu allievo di Hölzel aDachau, cominciò ad incidere ad acquaforte (1898-99) erealizzò acquerelli, tecnica nella quale eccellerà sempre, digrande bellezza (Ritratto di fanciulla, 1898: ivi). A Parigi,nel 1899-1900, fu colpito da Rembrandt tra i maestri an-tichi e da Manet tra i moderni; frequentò l’Académie Ju-lian. Soggiornò poi a Berlino e a Copenhagen, stabilendo-si nel 1903 nell’isola di Alsen. Espose a Dresda nel gen-naio del 1906 ed entrò in contatto con Die Brücke, da cuisi staccò l’anno seguente. Kirchner in particolare ne ap-prezzava le acqueforti; nel 1906 cominciò ad incidere sulegno, e nel 1907 a litografare. I dipinti, allora soprattut-to paesaggi, eseguiti a impasto denso e accesi nel coloritoattestano ancora un impressionismo riveduto su van Gogh(Rose rosse e gialle, 1907: Colonia, wrm). La fattura si al-leggerisce e si diversifica a partire dal 1909-10, quando Nintraprende la celebre serie di quadri su temi religiosi ebiblici, opere nelle quali il fervore estatico sfiora la bruta-le sensualità (Pentecoste, 1909: Berlino, ng; il Vitellod’oro, 1910: Seebüll, Stiftung A. und E. N; Cristo e i fan-ciulli, 1910: New York, moma; Leggenda di MariaEgiziaca, trittico, 1912: Amburgo, kh; Vita di Cristo,1912, in nove dipinti: Neukirchen über Niebüll; Simeonee le donne, 1915: coll. priv.). Il tema della danza intervie-ne in senso religioso e profano (Danza selvaggia dibambini, 1909: Museo di Kiel), con l’accento posto sultrasporto frenetico e sulla morfologia della danzatricedalle membra gracili e dai seni con enormi capezzoli rossi(Danzatrici con candele, 1912: Seebüll, Stiftung N; incisasu legno nel 1917; Danzatrice, 1913, litografia a colori).Altri dipinti sono dedicati a scene urbane (Al caffè, 1911:Essen, Folkwang Museum); nel 1910 viene realizzata unabellissima serie d’incisioni, acqueforti e legni, ispirati alporto di Amburgo e ai suoi tozzi rimorchiatori; nel 1910-11, si ha una serie di dipinti sul tema del mare, che N ri-

Storia dell’arte Einaudi

prenderà regolarmente. Visitò Ensor ad Ostenda nel1911; accompagnò (1913) la missione antropologica Külz-Deber nella Nuova Guinea, donde riportò disegni, acque-relli e dipinti arricchiti da quell’esperienza (Sole deitropici, 1914: Seebüll, Stiftung N). Tornato nel 1914, ri-siedette alternativamente ad Alsen (fino al 1917) ed aBerlino. Il suo stile, ormai fissatesi, si evolverà poco; maegli utilizza ora più arditamente il colore, con contrasti diazzurri e di gialli, aranci e violetti, dalle ricche risonanze,seguendo talora il motivo molto da vicino (Fratello e sorel-la, 1918: Seebüll, Stiftung N), e tornando talvolta allastilizzazione (la Pescatrice, 1926: coll. priv.). Dal 1929 inpoi praticò molto l’acquerello (studi di fiori, paesaggispesso con figure), e serbò il proprio incisivo vigore finoalle ultime incisioni (Danzatrice del fuoco, 1921), permeatetalvolta da una certa grazia (Bagnante, 1925). Nel 1926trascorse l’estate a Seebüll, presso la frontiera danese, ovesoggiornò poi regolarmente, stabilendovisi nel 1941.Perseguitato, come Kirchner, dai nazisti, gli venne vietatodi dipingere nel 1941. Durante questo periodo oscuro riu-scì però a produrre numerosi piccoli acquerelli, paesaggi efigure, «quadri non dipinti», come disse, nei quali ha li-bero corso l’immaginazione dell’artista (Coppia in lucegialla: Seebüll, Stiftung N). Le tele migliori successive al1930 sono dedicate a studi di fiori dal colore esuberante,a marine ampiamente composte e dalla visione serena, cherivela una comprensione intima del fenomeno naturale(Girasoli, 1932: Detroit, Inst. of Arts; Papaveri, 1942:Seebüll, Stiftung N; Chiara marina, 1948: ivi). N dilataqui l’ambito dell’espressionismo germanico, alla cui origi-nalità aveva già ampiamente contribuito con i dipinti pre-cedenti il 1918. L’opera dipinta tra il 1896 e il 1951 com-prende 1112 quadri; l’opera incisa, praticamente termina-ta nel 1926 (quattro ultimi legni nel 1937), 231 acquefor-ti, 197 legni e 83 litografie. La sua casa di Seebüll, tra-sformata in museo (1957), è il luogo appartato e privile-giato per conoscere l’opera di N, rappresentato comunquenei grandi musei tedeschi, europei (Basilea, Crepuscolo,1916; Natura morta con danzatrici, 1914: Parigi, mnam) edamericani. (mas).

Nollekens, Joseph Francis(Anversa 1702 – Londra 1748). Padre dello scultore Jo-seph N (1737-1823), fu autore di conversation pieces, di

Storia dell’arte Einaudi

quadri di fantasia e di ritratti. Giunse a Londra nel 1733e fece carriera in Inghilterra. Vicino a Mercier, produssetra il 1730 e il 1740 quadretti nello stile di Watteau, dicui aveva attentamente studiato l’opera. È rappresentatonel Museo Ariana di Ginevra (Tre personaggi che bevono efumano). (jns).

Nolpe, Pieter(Amsterdam 1613/14-1652/53). Come pittore è noto soloper alcuni paesaggi, tra cui il Fiume (Copenhagen, smfk),la Riva del canale (Museo di Ginevra) o il Paesaggio convillaggio (gg di Kassel). Le sue numerose incisioni sonospesso monogrammate con una P e una N intrecciate. Inesse affronta soggetti storici, come l’Ingresso trionfale diMaria de’ Medici ad Amsterdam il 13 agosto 1638, e dedicatrenta tavole alle Esequie del principe Federico Enrico, daPieter Post (1651). La sua serie di sei paesaggi da A. vanNieulandt e quella che realizzò in base a R. Roghman,nonché la serie dei Mesi dell’anno, di sua invenzione, con-tano tra le sue lastre migliori. (php).

Nomellini, Plinio(Livorno 1866 – Firenze 1943). Insoddisfatto dei risultatiraggiunti dalla pittura di macchia, N abbandonò la guidadi Fattori col quale si era formato a Firenze, accostandosiprima alla pittura di Millet ed all’impressionismo (Fie-naiola, 1888: Livorno, mc) e poi facendo propria, neiprimi anni ’90, la sperimentazione della tecnica a tocchidivisi. A contatto con l’ambiente lombardo e con Pellizzain particolare, N dipinse quadri segnati dalla convergenzaschietta e consapevole di verità fenomenica e realismo te-matico (Piazza Caricamento, 1891: Roma, coll. priv.; Ladiana del lavoro, 1839: Pisa, coll. priv.). Nello stessotempo la produzione degli anni Novanta contiene in nuceil suo superamento, e la ricerca di N tenderà gradatamen-te ad accentuare la trasposizione della verità fenomenica edel quotidiano fino a «giungere a una significazione idea-listica» (N). Stabilitesi a Genova nel 1890, N divennepunto di riferimento per l’ambiente pittorico genovese.La produzione di questo periodo è percorsa da venaturesimboliche e «correzioni» japonisantes della tecnica divi-sionista già presenti in N (Mare di Genova, 1891: Firenze,coll. priv.). L’accentuazione dell’elemento lirico ed imma-

Storia dell’arte Einaudi

ginativo del dipinto, è accompagnato dal progressivo scio-gliersi della stesura del colore per puntini e trattini – in Nsempre governata dalla libertà della tensione espressiva –nelle evoluzioni grafiche del simbolismo (La sinfonia dellaLuna, 1899: Venezia, gam; La colonna di fuoco, 1900:Piacenza, gam). La produzione dei primi anni del ’900,insieme ad alcune rimeditazioni sui suoi primi dipinti di-visionisti, ne segna la partecipazione all’impronta idealiz-zante e decorativa, vedendolo partecipe, tra i numerosipittori simbolisti, all’allestimento della Sala «L’Arte delSogno» della Biennale di Venezia del 1907. Trasferitosiprima a Torre del Lago dove intratterrà rapporti con Gia-como Puccini e Lorenzo Viani, ed in seguito a Viareggio eFirenze (Poggio Imperiale dal 1919), N ha lasciato pae-saggi e dipinti degli anni ’20, capaci di espansione dinami-ca ed espressiva, connotati da un colore violento e disso-nante che trova un qualche richiamo alla pittura fauve(Gioia tirrena, 1914: Firenze, coll. A. N; Uomo sul mare,1921: ivi), e soprattutto un riscontro con la produzionedegli stessi anni di Camillo Innocenti ed Enrico Lionne.(sro).

Nomé, François Didier(Metz 1593 – post 1634). Di origine lorenese, a lungoconfuso con Didier Barra per l’appellativo di Monsù Desi-derio, che, attribuito ad entrambi i pittori, spetta inveceal solo Barra (il N era invece «Monsù Francesco»), è statoriportato in luce grazie alla scoperta della sua firma su undipinto della Distruzione di Sodoma (Roma, coll. priv.); lastessa firma fu poi riconosciuta in calce ad altre opere (In-terno di cattedrale: Napoli, coll. Miranda; Circoncisione:New York, coll. priv.). Operò dapprima a Roma (1602),nella bottega di Balthasar Lauwers, poi dal 1610 a Napo-li, ove è documentato nel 1613; fu probabilmente sociodel compatriota Didier Barra. Ma all’opposto di quest’ul-timo, la cui esattezza è da cartografo, N non è architetto,né topografo: è invece un pittore dell’immaginario,dell’irrazionale, che rappresenta architetture grandiose eirreali, che fanno da cornice a scene pagane o bibliche, acataclismi, a vedute della fine del mondo, dal valore tal-volta simbolico, come dimostra la frequente presenza disimboli di civiltà, quali il tempio rotondo della Sibilla diTivoli o la stele gotica (cfr. la serie di Architetture fantasti-che a Schloss Röhran; Giaele e Sisara: Firenze coll. priv.;

Storia dell’arte Einaudi

Martirio di san Gennaro: Napoli, coll. priv.). Impiega unatecnica pittorica estremamente «moderna», di sole mezzetinte (giallastro, bluastro, verdastro), applicate a piccolitocchi giustapposti, piuttosto spessi, con risalti in colorichiari. È rappresentato anche al Louvre di Parigi (Assaltoa un palazzo), Orléans, Digione e Baltimore, oltre che aLondra (ng). (sde).

Nonell, Isidro(Barcellona 1873-1911). Figlio di un modesto industrialebarcellonese, ebbe esordi difficili, fallendo tre volte l’am-missione alla Scuola di belle arti di Barcellona; si rendevainviso sia per l’umore caustico che per il «miserabilismo»dei suoi temi (gli «idioti» della valle di Caldas de Bohé,gitane, prostitute, soldati della guerra di Cuba divenutimendicanti). Solo nel 1910 una mostra alla GalleriaFayans Catalá gli procurò il primo reale successo, qualchemese prima della sua morte prematura. Collaborò con di-segni alla rivista «Pel y Ploma» ed espose al celebre caffèEls Quatre Gats, dove incontrò Picasso, più giovane dilui, qualche mese prima di partire per Parigi; in seguitogli prestò il suo alloggio a Montmartre, ed i suoi perso-naggi non sono certo estranei al repertorio picassiano del«periodo blu». N venne accolto a Parigi meglio che a Bar-cellona (nel 1897 prese parte alla XV mostra della Galle-ria Le Bare de Boutteville, insieme a Toulouse-Lautrec eda Gauguin; nel 1899 espose con un certo successo le Gita-ne commissionategli da Vollard).La sua pittura, che deliberatamente rompe sia col reali-smo aneddotico che con l’impressionismo coltivato dagliIndipendenti di Barcellona, è caratterizzata da curve deli-mitate da tratti pesanti e cupi, e da colori bluastri da cuisi distaccano calde note di aranci e di rossi, che per più diun aspetto richiamano Gauguin e van Gogh. La miglioreidea complessiva del suo lavoro si può avere al mam diBarcellona (sala a lui dedicata con venticinque tele impor-tanti Gitana, Consuelo, Asunción, Stanchezza, Naturamorta con hareng). (pg).

Nonnotte, Donat(Besançon 1708 – Lione 1785). Fu allievo dello zio JeanN a Besançon e soprattutto di François Lemoyne a Pa-rigi (1728); collaborò alle grandi decorazioni di

Storia dell’arte Einaudi

quest’ultimo (soffitto a Versailles, chiesa di Saint-Tho-mas-d’Aquin a Parigi, 1731-32) e venne accoltonell’Accademia con i ritrattisti di Dulin e di Ledere(1741: Versailles). Si stabilì in seguito a Lione (1754), ediresse in questa città la scuola gratuita di pittura. Isuoi ritratti (Moyreau, 1742: Museo di Orleans) rappre-sentano con sincerità la personalità dei suoi modelli etalvolta rammentano Chardin, come quello di MadameNonnotte (1758: Museo di Besançon); mentre neisoggetti di storia (schizzi al Museo di Châlons-sur-Marne) egli rivela quanto deve a Lemoyne, e nel con-tempo la sua preferenza per i «Romani» (Halle il Gio-vane, Deshays, Doyen). (cc).

Nono, Luigi(Fusina (Venezia) 1850 – Venezia 1918). Studiò pitturacon Pompeo Molmenti presso l’Accademia di Veneziadal 1865 al 1871, insieme a Giacomo Favretto e Gu-glielmo Ciardi (vi insegnerà lui stesso pittura nel 1899).Dall’indirizzo pittorico virtuosistico e diligente di Mol-menti, N s’orienta nei primi anni Settanta verso unapittura nitida che, se pur vicina al Ciardi (Ritorno daicampi, 1873: coll. priv.; Le sorgenti del Gorgazzo, 1872:Venezia, coll. priv.), se ne differenzia nella sfumaturaromantica e velatamente simbolica dei temi e nel pro-gressivo interesse per la figura umana. Inserita dapprimanel paesaggio e poi soggetto di scene di genere (che ri-cordano le opere di Favretto pur se caricate di accentiintimistici), la figura umana diverrà il tema centraledell’opera del pittore, che si dedicherà anche al ritratto(Ritratto della Signora Pegolo, 1881: Venezia, coll. priv.;Ritratto della Baronessa Morpurgo: Trieste, Museo Mor-purgo). Dal 1876 al 1878 compì viaggi a Roma, Firenze,Napoli, e poi Parigi e Vienna; agli anni Ottanta (si ricor-da la partecipazione di N alle mostre di Milano nel 1881e Roma nel 1883 con Refugium Peccatorum, 1882:Roma, gnam), risalgono alcune vedute, affiancate daopere che sviluppano la vena patetica e sentimentale giàadombrata agli inizi, interpretate con una maggior li-bertà pittorica nei toni mossi e vagamente impressioni-stici: La morte del pulcino, 1881: Venezia, gam; AveMaria, 1883: Trieste, Museo Revoltella; La primapioggia, 1909: Parigi, Musée du Luxemburg. (sr).

Storia dell’arte Einaudi

Nooms, Rainier, detto Zeeman(Amsterdam 1623 ca. – 1667 ca.). Autore di marine e divedute urbane, soprannominato «il Marinaio», avrebbeappunto molto navigato. Soggiornò a Londra, a Parigi(1650) e forse a Berlino. Eccellente acquafortista, ha la-sciato incisioni di Parigi (il Faubourg Saint-Marcel), deimonumenti di Amsterdam, dei porti olandesi, nonchéquadri di analogo carattere fedelmente documentario (Ve-duta del Louvre: Parigi, Louvre). L’originalità del talentodi N s’avverte soprattutto nelle marine. La Battaglia di Li-vorno (Amsterdam, Rijksmuseum), che celebra una vitto-ria navale olandese del 1653, resta convenzionale e vicinaalle grandi spiegazioni navali di un H. Vroom; ma nellapiccola Marina del Louvre di Parigi, o nella Rada (Co-penhagen, smfk) l’artista appare sensibile agli effetti in-tensamente colorati della luce tra l’acqua e il ciclo, eall’altezza di Backhuysen e W. van de Velde. I suoi Portimediterranei (GG di Kassel), la Baia portuale italiana(Braunschweig, Herzog-Anton-Ulrich-Museum), dal co-lore assai caldo, rievocano la luce del Mezzogiorno. (php).

Noordt, Joannes van(attivo ad Amsterdam ca. 1644-76). Si ignora quasitutto della sua vita e della sua formazione. Fu forse al-lievo di Rembrandt. Le sue opere, soprattutto ritratti ealcuni quadri storici (Continenza di Scipione, 1672: Am-sterdam, Rijksmuseum) e allegorici, attestano un inne-gabile influsso fiammingo (Jordaens, G. Seghers, vanThulden), e la conoscenza di J. B. Weenix, Berchem,Boi, Maes. Il suo stile è assai personale e notevole per ilfremito dei drappeggi, l’opulenza del colore e delleforme, l’insistenza quasi irritante d’una luce che dovun-que sottolinea il modellato; costituisce uno dei contri-buti più interessanti all’orientamento baroccheggiante epomposo di tutta una corrente della pittura olandese apartire dagli anni Cinquanta del Seicento. Il superboRitratto di famiglia del Museo di Dunkerque, il Giovaneuomo del Museo di Lione (1665), uno dei capolavoridell’artista, i due Ragazzi col falcone della Wallace Coll.di Londra, il Ritratto di donna (Colonia, wrm), attribui-to un tempo a van der Heist, ne sono caratteristiciesempi. Quanto al dipinto di Venere e le sue compagne(L’Aja, Stichting Nederlands Kunstbezit), esso merita

Storia dell’arte Einaudi

attenzione particolare come sorprendente anticipazionedel xviii sec. francese, per esempio delle nudità mitolo-giche di un Boucher. (jf).

Noort, Adam van(Anversa 1562-1641). Maestro a lungo dimenticato, poifrainteso dagli studiosi del xix sec. che a partire da un’er-rata attribuzione – la Pesca miracolosa della chiesa di SanGiacomo ad Anversa, oggi definitivamente restituita algiovane Jordaens – confusero tutta una parte dell’opera diquest’ultimo con quella di van N, riscoperto nel 1928,non è che uno tra i numerosi rappresentanti di quel tardi-vo manierismo classicheggiarne, diciamo pure «reaziona-rio», una specie di accademismo glaciale e corretto, deri-vante da Floris e dagli italiani (gli Zuccari), che caratteriz-za tutto l’ambiente «romanista» dei pittori di storia adAnversa alla fine del xvi sec., da Backer a Venius; e dacui Rubens – non lo si dovrebbe mai dimenticare – seppetrarre ai suoi esordi il miglior profitto stilistico. Inoltrevan N fu, prima di Venius e dopo Verhaecht, uno deimaestri di Rubens; e per la sua bottega passarono anchepittori celebri come Hendrick van Bale, che restò deltutto fedele al suo stile di eleganza un po’ compassata,Sébastien Vrancx e, naturalmente, Jordaens, che ne di-venne persino il genero nel 1616, dopo esserne stato allie-vo sin dal 1607. Figlio del pittore di cartoni per vetrateLambert van N, libero maestro nel 1587, artista non do-tato di forte originalità, Adam van N ha lasciato pocheopere firmate o che gli si possono attribuire con certezza.Tra i suoi dipinti citiamo la Predicazione di san GiovanniBattista (1601) e un’Adorazione dei Magi, firmata, ambe-due nella casa di Rubens di Anversa, un Cristo che benedi-ce i fanciulli nel Museo di Mainz, confrontabile con operedi un Hieronymus o di un Ambrosius Francken, ed infinedue versioni di Cristo che benedice i fanciulli a Bruxelles(mrba); una delle quali, piuttosto tarda, ma firmata, rive-la come van N, abbandonando il suo primo stile manieri-steggiante, finisse per realizzare «pastiches» dallo stessoJordaens. Se ne conoscono inoltre alcuni disegni e parec-chie incisioni per libri eseguite su sua invenzione: adesempio cinque disegni, databili 1608, per incisioni, altrinove del 1630 al Museo Plantin Moretus di Anversa, alLouvre di Parigi, al bvb di Rotterdam, al bm di Londra.Tra i suoi incisori sono almeno da ricordare Pieter de

Storia dell’arte Einaudi

Jode, Charles Mallery, Adriaen Collaert, Gillis van Breen,Theodor Galle. Sembra che un artista omonimo, olandesee paesaggista, sia vissuto nel xviii sec. (jf).

Noort, Lambert van(Amersfoort 1520 ca. – Anversa 1570 ca.). Padre diAdam van N; libero maestro ad Anversa nel 1549, viag-giò in Italia in anni non precisabili e lasciò a Ferrara,dove forse risiedette, una pala d’altare (oggi Ferrara, ora-torio della Santissima Annunziata) raffigurante l’Assun-zione con l’episodio in primo piano della cintola conse-gnata a san Tommaso e il ritratto di uno sconosciuto com-mittente. La maggior parte delle sue opere è conservataad Anversa (Museum voor Schone-Kunsten). Gli è stataanche riferita (Longhi) una Madonna con Bambino, sanGiovannino e angeli (Roma, coll. priv.), prima attribuita aHeemskerck. Svolse una intensa attività come disegnatoreper arazzi e vetrate (Gouda, cattedrale) documentataanche da cartoni e disegni (Leida, Poznam). Grazie al-l’esperienza italiana la cultura di L. van N, formatasi sumaestri riconosciuti, come Scorel, Lombard e Floris esulla tradizione italianizzante di Anversa, si arricchì anco-ra di motivi del classicismo romano ed emiliano. (sr).

Noort, Pieter van(attivo a Leida prima del 1648). Un Pieter van N vennebattezzato a Leida nel 1621; si tratta forse di questo pit-tore, cui alcuni autori assegnano una data di nascita tra il1592 e il 1602, e un ingresso nella gilda di Leida nel1626. Dopo il 1648, N scompare da Leida, e sembra sirecasse a Zwolle. Si tratta in ogni caso di un artista eccel-lente, specializzato nelle nature morte di pesci, molto vi-cino in questo a un Gillig e certo tra i migliori del genere.Il Museo di Leida e il Rijksmuseum di Amsterdam possie-dono sue opere firmate. Sembra sia esistito un secondoPieter van N, più giovane (figlio o parente?), cui si do-vrebbe attribuire la Cerere datata 1671 (o 1674) delMuseo di Zwolle. (jf).

Norblin de La Gourdaine, Jean-Pierre(Misy-Faut-Yonne, oggi Misy-sur-Yonne (Seine-et-Marne)1745 – Parigi 1830). Studiò presso l’Accademia reale diParigi (1769). Dal 1774 soggiornò in Polonia come pittore

Storia dell’arte Einaudi

di corte del principe Adam Czartorysky, a Varsavia,Wolczyn, Powazki, Pulawy. Nei numerosi dipinti decora-tivi eseguiti per la principessa Izabella Czartoryska, ove siavverte l’influsso di Watteau, rappresentò feste galanti econcerti campestri, in pieno accordo con l’atmosferasentimentale della residenza dei suoi mecenati a Powaski(Festa campestre, 1785: Cracovia, Museo Czartoryski;Festa galante: Museo di Varsavia). Tra il 1783 e il 1785eseguì la famosa Aurora, affresco di stile neoclassico chedecora il soffitto del tempio di Diana nell’«Arcadia», ilparco della principessa Elena Radziwill. Eseguì anche in-numerevoli disegni e schizzi che offrono una cronaca, di-segnata ed incisa, della vita polacca dell’epoca. Studiò conattenzione la campagna polacca, la vita degli abitanti dellacapitale e delle piccole città di provincia e i costumi, chea lui sembravano davvero stravaganti, della nobiltà polac-ca. Profondamente partecipe della vita della sua patriaadottiva, fu sensibile agli eventi politici (la Dieta del1786, disegno: Cracovia, Museo Czartoryski; la Giornatadel 3 maggio 1791, disegno: Kornik, bibl. dell’Accademiapolacca delle scienze) e soprattutto all’eroismo dei com-battenti polacchi partecipanti alla rivolta diretta da Ta-deusz Kosciuszko (Battaglia in via Miodowa a Varsavia,174-1794, disegno: Museo di Varsavia; Esecuzione dei tra-ditori nella città vecchia di Varsavia, 9-5-1754, disegno:Cracovia, Museo Czartoryski). Tornato in Francia nel1804, continuò a rappresentare la Polonia (Album dei co-stumi polacchi, 1817). Esercitò notevole influsso sullo svi-luppo del realismo in Polonia; ebbe come continuatori gliallievi Aleksander Orlowski e Michal Plonski. (wj).

Nordström, Karl(Tjö, Bohuslän 1855 – Stoccolma 1923). Dopo gli studipresso l’Accademia di belle arti di Stoccolma, si recò aParigi nel 1880. Con Josephson, si oppose al conformismodell’Accademia svedese di belle arti. Nel 1882 e dal 1884al 1986 soggiornò in Francia a Gretz-sur-Loing praticandouna pittura all’aperto dalle tonalità bionde. Fu tra i primipittori svedesi che scoprirono l’impressionismo, la cui le-zione si avverte in Giardino a Gretz (1884: Museo di Gö-teborg), nel ritratto dello scrittore d’arte Klas Fahraeus(1886: Stoccolma, coll. priv.), nonché in alcune tele viva-cemente colorate, realizzate dopo il suo ritorno in Svezia:Inverno (1889: Stoccolma, nm). Più tardi elaborò

Storia dell’arte Einaudi

un’interpretazione meno superficiale della natura svedese.La scoperta delle opere di Gauguin e di van Gogh, espo-ste a Copenhagen nel 1892 e nel 1893, ne precipitò l’evo-luzione verso la semplificazione decorativa e l’espressi-vità. Durante il 1893-95 operò con i suoi compagni Ri-chard Bergh e Nils Kreuger a Varberg (sulla costa ovestdella Svezia), raggiungendo uno stile monumentale, dalleforme sintetiche e dal colorito intenso: Nuvole di cattivotempo (1893: Stoccolma, nm), il Forte di Varberg (1894:Göteborg Konstmuseum), Corsi mediani (1894: Stoccol-ma, nm). Per influsso delle nuove correnti N, intorno al1910, intensificò il colore adottando un tocco più libero(paesaggi della provincia del Bohuslän e vedute di Stoc-colma: la Prateria di Djurgarden, 1915: Stoccolma, Walde-marsudde); nei suoi ultimi anni però tornò ad accostarsiall’impressionismo, in una serie di chiari paesaggi e discene di famiglia. Ha lasciato potenti disegni a carbonci-no, che sono forse le sue cose migliori. Come pittore ecome capofila del Konstnärsförbundet (Società degli arti-sti), di cui fu presidente dal 1896 al 1920, N svolse unruolo predominante nella vita artistica svedese all’iniziodel xx sec. (tp).

NorimbergaL’importanza di N nella storia dell’arte è legata alla fiori-tura economica della città alla fine del Medioevo. Nelcorso del xv sec., N divenne la piazza commerciale e fi-nanziaria più importante della Germania, dopo Augusta.Le grandi famiglie patrizie che allora la dominavano, iTucher, gli Imhoff, i Paumgartner, intrattenevano stretterelazioni d’affari con tutti i grandi centri commerciali eu-ropei, da Anversa a Venezia e da Lisbona a Cracovia.Come per Augusta, la straordinaria prosperità della cittàattorno al 1500 riguardava in modo particolare lo sfrutta-mento delle miniere di metalli preziosi della Boemia edella Slesia, che favorì lo sviluppo dell’oreficeria. Il gustoper l’agio e per il lusso sembra fosse, presso i patrizi, piùforte delle curiosità estetiche. Le loro fondazioni pie con-tribuirono certo ad animare la vita pittorica della città,ma i prodotti della scuola di N serbano, nel corso del xvsec., un accentuato carattere conservatore. Malgrado lamassiccia solidità, dal realismo un po’ grezzo, dei perso-naggi, l’Altare Haller (1440 ca.: chiesa di Sankt Sebald) el’Altare Tucher (1450 ca.: chiesa della Madonna) non of-

Storia dell’arte Einaudi

frono soluzioni molto più evolute dell’Altare Imhoff (1420ca.: chiesa di San Lorenzo), esempio tardo di goticointernazionale. L’ondata d’influsso fiammingo che toccala Germania attorno al 1470 si riflette nelle opere di Pley-denwurff e di suo genero Wolgemut (Deposizione dallacroce, 1490: chiesa di San Lorenzo), la cui bottega produ-ce, accanto ai dipinti, una notevole quantità di incisioniillustrative su legno (celebre, tra tutte, l’edizione illustratadella Weltchronik di H. Schedel). Invece l’italianismotrova a N un’accoglienza assai meno favorevole che adAugusta, se si eccettua l’eccezionale personalità di Dürer.La gloria della città ha teso sempre a confondersi, nellospirito del pubblico, con la gloria di Dürer. In realtà eglipoco le deve; né, ovviamente, per le sue doti prodigiose,né come alimento per la sua curiosità artistica, che egliandò a ricercare nelle Fiandre, a Colmar ed in Italia, eneppure come incarichi all’altezza del suo talento e dellasua fama europea. Al contrario, la sua superiorità attirò aN un certo numero di pittori che vi soggiornarono per untempo più o meno lungo, come Baidung Grien, Schäufe-lein, stabilitesi più tardi a Nördlingen, H. Suess vonKulmbach, che vi si fissò definitivamente. Tra i suoi di-scepoli della generazione successiva vanno citati i fratelliBeham e G. Pencz. Sarebbe peraltro inesatto ritenere cheil suo stile dominasse senza rivali tutta la produzione pit-torica cittadina; lo dimostra la presenza di alcuni stilemipropri della Donauschule. Alla morte di Dürer, i torbididella Riforma e la crescente importanza delle corti princi-pesche nella vita artistica spiegano il declino dell’attivitàpittorica a N dopo il 1530. Esiliato per ateismo nel 1525,B. Beham entrò al servizio dell’elettore di Baviera, e G.Pencz, nel 1550, a quello del duca di Prussia. Tuttavia, inepoca barocca la città restò centro non trascurabile e pa-ragonabile ad Augusta. In particolare, Sandrart vi si recòa più riprese e vi trascorse la fine della sua vita; presiedet-te alla fondazione nella città di una scuola privata di pit-tura, prima «accademia» in Germania. Ancora nel xviiisec. il ritrattista Kupecký sceglieva come residenza N. Poila città scivolò a poco a poco in un sognante provinciali-smo: il romanticismo ne fece una città-museo, luogo su-premo del culto di Dürer, divenuto eroe nazionale. (pv).Germanisches Nationalmuseum II Museo nazionale tede-sco di N venne fondato nel 1852 dal barone von Aufsess,in seguito alla conferenza tenutasi nello stesso anno, dal

Storia dell’arte Einaudi

16 al 19 agosto, a Dresda, sotto la presidenza del prin-cipe, e poi re, Giovanni di Sassonia. Essa aveva avuto pertema la ricerca delle fonti della storia e della civiltà tede-sca. La città di N venne scelta per crearvi tale centro distudi, ove si dovevano raccogliere oggetti d’arte o di etno-grafia e documenti storici, caratteristici delle varie regionitedesche. Il barone von Aufsess, erudito, bibliofilo, ap-passionato d’arte e soprattutto della storia del suo Paese,per dieci anni diresse l’istituto da lui fondato, portandovile proprie collezioni, a titolo di prestiti che in seguito di-vennero donazioni definitive. La secolarizzazione dellechiese gli consentì di procurarsi numerosi oggetti d’artereligiosa; tutte le regioni tedesche, e molte famiglie prin-cipesche, parteciparono all’arricchimento del museo; il reLuigi di Baviera, particolarmente attivo, offrì oggettidella sua collezione privata. Il gnm occupa dal 1857 il mo-nastero dei Certosini, edificio del xiv sec., ampliato tra il1872 e il 1875 mediante la ricostruzione sul posto del-l’antico convento degli Agostiniani, cui si aggiunsero invarie riprese nuovi corpi; il complesso è stato restauratonel 1958 e nuovamente nel 1990. Il museo possiede ric-che collezioni di ogni genere (scultura, disegni e incisioni,oggetti d’arte, apparecchi scientifici, strumenti musicali).La sezione pittura è assai importante. Le raccolte dellacittà di N costituiono un primo fondo, arricchito da colle-zioni private, come quelle del principe Wallenstein, daalcune opere della raccolta Boisserée e soprattutto da nu-merosissime nuove acquisizioni. Dopo la Alte Pinakothekdi Monaco, il gnm presenta il più ampio e variato panora-ma della pittura tedesca alla fine del Medioevo: accanto adipinti della scuola di N, particolarmente ben rappresen-tata (la Vergine e santa Elisabetta all’arcolaio, verso il1400; San Luca mentre dipinge la Vergine, 1487), vi si tro-vano opere della scuola di Colonia (Madonna del Maestrodella Veronica, Crocifissione di Stephan Lochner), dellaWestfalia (Natività di Koerbecke), dell’alto Reno (Annun-ciazione di K. Witz), della Baviera (Calvario del Maestrodell’Altare di Tegernsee), del Tirolo (Nascita della Verginedel Maestro di Uttenheim), di Augusta (Madonna di Hol-bein il Vecchio). Per il rinascimento, oltre ad alcuni di-pinti di Dürer (Ritratto dell’imperatore Massimiliano, Ri-tratto di Wolgemut, tavole con Carlomagno e Sigismondo,Ercole a caccia degli uccelli della palude stinfalide), vannomenzionati il Ritratto del dottor Reuss di Cranach, il Ripo-

Storia dell’arte Einaudi

so durante la fuga in Egitto di Baidung Grien, una grandeMadonna di Burgkmair, un prezioso Calvario di Altdorfer,il Ritratto di Joh. Zimmermann di Holbein il Giovane. Ilmuseo possiede inoltre opere dei migliori pittori tedeschied austriaci del xvii e xviii sec.: Elsheimer, Liss (Soldati eragazze), Schönfeld (il Giuramento di Annibale), Willmann(Paesaggio con monaci), Kupecký, Holzer, Maulbertsch, J.Ch. Brand (Paesaggio col castello di Schlosshof), A. Graff.Accanto a questo complesso di eccezionale interesse, lasezione del xix sec. appare relativamente povera, malgra-do alcune tele importanti soprattutto di pittori romantici(F. Olivier, il Conte d’Asburgo). Affianca il gnm la ricchis-sima Biblioteca che con i suoi 600 ooo volumi rappresentaun luogo di ricerca ed archiviazione essenziale della pro-duzione figurativa tedesca. Entrambi sono stati oggettod’una nuova e funzionale risistemazione, conclusasi nel1990. (pv + gb).

Noronha da Costa, Luis(Lisbona 1942). Si dedica alla figurazione in modo moltopersonale, giocando su piani confusi in un’atmosfera inde-cisa che ne lega la pittura alle fonti poetiche e filosofichedel romanticismo tedesco. Premio Soquil, Lisbona 1969,pittore di fantasmi perduti in un mondo irreale, è la piùforte personalità tra i pittori portoghesi della sua genera-zione. La sua opera, assai vasta, è conservata a Lisbonanella Fondazione Gulbenkian e in collezioni private por-toghesi. Esposti regolarmente in Portogallo, suoi lavorisono stati pure presentati a Parigi ed a Monaco (1973).(jaf).

Northcote, James(Devon 1746 – Londra 1831). Figlio di un orologiaio diPlymouth, giunse a Londra nel 1771, con una lettera diraccomandazione per Joshua Reynolds, presso il quale la-vorò, frequentando fino al 1775 i corsi della Royal Aca-demy; tornò poi nel Devonshire. Nel 1777 partì per l’Ita-lia, dove studiò soprattutto Tiziano; tornato in Inghilter-ra, si stabilì a Londra nel 1781. Lavorò prima come ritrat-tista nello stile di Reynolds, ma presto si volse alla scenadi genere e alla pittura di storia. Nel 1786 eseguì l’As-sassinio dei principi fanciulli nella Torre (oggi distrutto), efu tra i primi a collaborare alla Galleria shakespeariana di

Storia dell’arte Einaudi

Boydell. Nel 1796 pubblicò una serie di dieci dipinti, diintento moraleggiante, dal titolo la Serva diligente e laserva dissoluta. Fu pittore erudito: le sue opere sono infat-ti cariche di complesse allusioni classiche. Pubblicò pure,nel 1813, una Vita di sir Joshua Reynolds. (jns).

Northumberland (collezione del duca di)Questa collezione inglese ebbe origine dai quadri raccoltida Algernon, decimo conte di N (1602-68), ereditati dasir Hugh Smithson, che fu il primo duca della casata(1715-86). L’eredità riguardava la porzione già toccataall’ottavo duca di Somerset. Comprendeva la FamigliaVendramin (Londra, ng) e il doppio ritratto del Vescovo diRodez e del suo segretario di Tiziano, parecchi van Dyck,l’Autoritratto con sir Charles Cotterell e sir Balthasar Ger-bier di Dobson (quanto resta della collezione del decimoconte è a Petworth). Il primo duca acquisì i quadri olan-desi e fiamminghi, tra cui alcuni van Goyen e parecchiDou, una serie di vedute di Alnwick, NorthumberlandHouse, Syon, Westminster Bridge e Windsor di Canaletto, eil complesso dei paesaggi di Marlow; il terzo duca com-però Diana di ritorno dalla caccia di Rubens. Fu il quartoduca (1792-1865) a raccogliere la collezione di pittura ita-liana del xvi e xvii sec., il cui nucleo furono le settanta-quattro tele della collezione di Vincenzo Camuccini acqui-state nel 1856; vi si trovavano la II festino degli dei di Bel-lini (Washington, ng), ritratti e Venere e Adone di Tizia-no, l’Ecce Homo di Tintoretto, il Ritratto di giovane uomodi Andrea del Sarto, la Famiglia dello scultore di B. Lici-nie, opere di Dosso Dossi, Garofalo e Barocci, Tancredi eClorinda e Rinaldo e Armida di Agostino Carracci, la Nati-vità di Lanfranco, la Crocifissione di Guido Reni, Ester di-nanzi ad Assuero di Guercino (Museo di Ann Arbor, Mi-chigan) e opere di Cignani, Lorrain, Fetti; il quarto ducaacquisì pure il Tempio di Zeus Panellenio a Egina di Tur-ner. La collezione include inoltre frammenti degli affre-schi di Sebastiano del Piombo per Santa Maria della Pacea Roma, gran numero di ritratti di famiglia dovuti a Lely,Dahl, Kneller, Gainsborough, Reynolds, Hoppner e Tho-mas Phillips. Alcuni quadri sono stati venduti e oltrecento, soprattutto olandesi, sono stati messi all’asta pres-so Sotheby nel marzo 1952; ma la maggior parte della col-lezione resta tuttora conservata ad Alnwick Castle nel Ne ad Albury Park nel Surrey. (jh).

Storia dell’arte Einaudi

Northwick Rushout, John, secondo barone di(1770-1859). Da giovane trascorse in Italia otto anni, ac-quistandovi l’amore per l’arte, che serbò per tutta la vita.Creò una delle maggiori collezioni di pittura esistenti inInghilterra (ca. 1500 dipinti): le opere migliori si trovava-no a Thirlestane House (Cheltenham), le altre erano a NPark nel Gloucestershire; le due dimore erano aperte aivisitatori. Composta di dipinti pressoché di tutte le scuo-le, la collezione era peraltro per la maggior parte dedicataall’arte italiana, in particolare del xv e nel xvi sec.; vi sitrovavano un ritratto di Botticelli, la Glorificazione dellaVergine di Moretto, una Madonna di Girolamo da Treviso,la Nascita di Giove di Giulio Romano (tutte opere oggialla ng di Londra), una predella di L. Monaco e frate An-gelico, la Lapidazione di santo Stefano di Garofalo, il Con-certo attribuito a Giorgione ed opere di Lorenzo di Credi,Francia e Tiziano; opere nordiche, come la Presentazioneal Tempio di Stephan Lochner, una Madonna di Bouts,l’Adorazione del Maestro del 1518, un’Adorazione di G.David, il Matrimonio paesano di Bruegel. Il xvii sec. erarappresentato da vari Guercino, dal San Giovanni di CarloDolci, da opere dei Carracci, di Salvator Rosa (Fragilitàumana: Cambridge, Fitzwilliam Museum), Sacchi, Sche-done, Poussin (Amor vinci omnia, Museo di Cleveland),Rubens (il Cristo che consegna le chiavi a san Pietro e laCaccia al leone), Jan Steen (le Nozze di Cana), nonché dauna scena in giardino di Weenix, e da paesaggi di Lor-rain, Berchem, Cuyp, Lingelbach, Ruisdael, Teniers,Wouwerman. I dipinti inglesi comprendevano una colle-zione di antichi ritratti, opere di Wilson e di Gainsborou-gh, una magnifica serie di Glover, la Valanga nelle Alpi diLoutherbourg, la Battaglia di Marston Moor di Ward,Robin Hood di Maclise, Diana e le sue ninfe sorprese da At-teone di Frost; ca. 250 dipinti vennero venduti all’astapresso Christie nel maggio 1838, e il resto della collezionedi Thirlestane House (con ca. 200 dipinti provenienti daN Park) presso Phillips nel luglio-agosto 1859; lord N,terzo del titolo, acquistò per N Park una sessantina deiquadri migliori, e ca. 400 quadri passarono in eredità alCapitano E. G. Spencer-Churchill nel 1912; quest’ultimovi aggiunse quasi 200 quadri, per la maggior parte olande-si; ma l’intera collezione andò dispersa, dopo la suamorte, in una serie di vendite presso Christie nel maggio,giugno, ottobre 1965 e febbraio 1966. (jh).

Storia dell’arte Einaudi

NorvegiaLa presenza della pratica pittorica in N è attestata fin datempi molto antichi. L’arte naturalista del periodo glacia-le consiste principalmente in incisioni rupestri; più raresono le pitture, le più note delle quali sono quelle dellagrotta di Solsem, nell’isola di Leka (Trodelag del nord),rappresentanti personaggi che danzano, dipinti in rosso.Già all’epoca dei Vichinghi (ix e x sec.) esisteva una deco-razione policroma. Due poemi del ix sec., Ragnarsdråpa diBrage Boddeson e Haustlong di Tjodolf de Kvinc, descri-vono scudi da parata ornati di scene dipinte, che in-terpretano alcune delle leggende popolari vichinghe, sortadi equivalenti norvegesi del famoso «scudo» di Omero(Iliade). Alcune pitture murali sembra siano già state pre-senti nello stesso periodo, ma non ne è rimasta alcunatraccia. Possiamo comunque farcene un’idea approssimati-va grazie a frammenti di arazzi, scoperti soprattutto nellanave di Oseberg, sui quali figurano una moltitudine dipiccoli personaggi e di animali fortemente stilizzati, uni-formemente suddivisi in gruppi, privi di prospettiva.L’arte paleocristiana è invece rappresentata soprattutto dasculture policrome in legno.Alcune testimonianze della fine dell’epoca romana intro-ducono alla prima grande e fiorente produzione della pit-tura norvegese, gli antependia gotici. Al di fuori della Nnessun altro paese europeo, fatta eccezione per la Spagna,ne ha conservati altrettanti: ne esistono ancora trentatre,la maggior parte dei quali sono oggi a Bergen (HistoriskMuseum). Questa città era allora – tra il 1250 e il 1350ca. – la sede della principale scuola di pittura norvegese,in stretti rapporti con l’Occidente, soprattutto con l’In-ghilterra, evidenti anche nella forte parentela stilistica tragli antependia norvegesi e le miniature di manoscritti in-glesi. Studi recenti hanno dimostrato che questi antepen-dia erano stati dipinti a olio. La maggior parte di essi pre-sentano come motivo centrale, all’interno di una corniceintagliata, una raffigurazione della Vergine col Bambino odell’Incoronazione della Vergine, talvolta della Crocifissioneo del Cristo in trono, o ancora di Santi come san Biagio,san Martino, sant’Olav, san Botolv. Attorno alla ieraticafigura centrale sono raggruppate scene di grande anima-zione, ispirate alla Bibbia o alle leggende della vita deisanti; il disegno, flessibile e sinuoso, è ravvivato da coloriintensi – rosso, verde e giallo – punteggiati di nero e ar-

Storia dell’arte Einaudi

gento. All’inizio del xiv sec. ca. si manifesta l’influenzafrancese: pieghe larghe e accentuate, plasticità delle figureresa per mezzo di sfumature di colore, effetti di luce eombra all’interno di un inquadramento architettonico ric-camente ornato. Tra i più notevoli di questi maestri ano-nimi citiamo Ulvik-mesteren (il Maestro di Ulvik, metàdel xiii ec.), Oddamesteren (il Maestro di Odda, fine delxiii sec.) e Nes-mesteren (il Maestro di Nes), un po’ piùgiovane, autore di una insolita Crocifissione. Questi mae-stri appartengono tutti alla scuola di Bergen, ma antepen-dia sono stati eseguiti anche nella diocesi di Trondheim,nonché nella N orientale (Oslo o Hamar). Le pareti e lecoperture a volta dei baldacchini nelle chiese in legno(stavkirker) erano anch’essi dipinti. Molte pitture sonoconservate a Torpe e ad Al, nella provincia di Hallingdal,nonché ad Ardal nel Sogn. Tali realizzazioni, di caratterepotentemente drammatico, si ispirano a temi biblici; i co-lori, volutamente brillanti, consentivano di distinguerlemalgrado l’oscurità degli interni. Molte chiese norvegesiin pietra conservano, come quelle danesi e svedesi, dipintimurali su preparazione a calce che datano all’apogeo delgotico o al gotico tardo; si trovano per la maggior parte inpessimo stato a causa delle successive scialbature che lehanno coperte. La calamità nazionale della peste nera del1350 ca. pose bruscamente fine per circa due secolidall’attività artistica in N. Stando ai cognomi, furono uni-camente stranieri, tedeschi principalmente, danesi edolandesi, i pittori che, per tutto il xvi sec., si stabilirononelle località costiere, allora minuscole, che si chiamavanoBergen, Oslo, Stavanger e, dopo il 1600, Trondheim.Questi artisti vi si stabilirono come artigiani pittori e ri-trattisti: così il tedesco Gottfried Hendtzschel, a Sta-vanger, che operò nella prima metà del xvi sec. Dipingevaritratti di carattere provinciale, ma non privo di forza;come tanti altri suoi colleghi decorò le chiese con una lus-sureggiante ornamentazione di acanto. Un poco più tardi,dal 1630 al 1660, operava un pittore di Bergen, verosimil-mente immigrato olandese, Elias Fiigenschoug, già fami-liarizzato con l’estetica barocca. Dipinse ritratti singolinella tradizione dei buoni ritrattisti di Amsterdam; manelle raffigurazioni collettive si distingue in lui un riflessodello stile più enfatico di Rubens, cui pure si ispirò nellecomposizioni religiose. A Fiigenschoug dobbiamo il piùantico paesaggio norvegese: Veduta del monastero di Hal-

Storia dell’arte Einaudi

snøy (1656: Skokloster, Svezia). Oltre alla decorazione in-terna, il ritratto restò il genere più praticato dagli artigia-ni pittori norvegesi durante il xvii e il xviii sec.Compare, attorno al 1700, la pittura di paesaggio, nellaforma della «veduta». Tale genere, favorito dall’entusia-smo preromantico per la bellezza della natura, venne in-trodotto dall’olandese Jacob Coning. Chiamato in N(1699) dal re dano-norvegese Cristiano V, che lo incaricòdi dipingere località del fiordo di Christiania (Oslo), Co-ning venne imitato dai pittori Mathias Blumenthal e C.A. Lorentzen, danese, che annunciano così la scuolapaesaggistica norvegese del XIX sec. Mathias Blumenthal,giunto a Bergen nel 1749, offrì peraltro le sue prove mi-gliori come ritrattista e decoratore nel nuovo stile del ro-cocò di Bergen. L’immigrato tedesco H. C. F. Hosenfel-ler svolse un simile ruolo nella regione di Oslo. Il xviiisec. vide comparire un nuovo tipo di artista, dal caratterepiù decisamente nazionale: il pittore contadino che pro-viene dalla sua terra, influenzato certo dallo stile rococòimperante, ma capace di aggiungervi un aspetto decorati-vo più tipicamente nazionale, più rustico e più audacenello stesso tempo. Il ritrattista e pittore-decoratorePeder Aadnes operava nella regione di Oslo. Altrove, e inparticolare nelle province del Telemark e dello Hallingdal,si segnalano pittori-contadini ancor più originali, che pra-ticano fino al virtuosismo la pittura decorativa detta dellarosa a causa della profusione di ornamenti floreali a ghir-lande rutilanti di fiori e foglie. Questi artisti dipingevanospesso tutta la casa (pareti, soffitti, mobili), con unità de-corativa e un’esecuzione che si valeva di una tecnicaampia e fluida. La potenza dei loro effetti era dovuta allaricchezza dei brillanti colori che impiegavano, il che pro-lungò lo spirito del rococò fino a dopo il 1850. Sin daquest’epoca il colore svolse nella pittura norvegese unruolo che si è perpetuato dagli anni di Gerhard Munthefino ad oggi.Attorno al 1800 si forma una nuova generazione di pittoridi educazione accademica. Alcuni, come Johannes Flin-toe, si stabilirono in N dopo anni di studio a Copenha-gen, e parteciparono allo sviluppo della vita artistica nellanuova capitale della N indipendente, Christiania (Oslo).Ma per la maggior parte, e tutti i più importanti, svolserola loro attività all’estero, soprattutto in Germania. Tutta-via non persero i contatti con la patria, ritornandovi per

Storia dell’arte Einaudi

frequenti soggiorni di studio, durante i quali dipingevanola natura norvegese e la vita del popolo, basandosi suglischizzi raccolti durante l’estate. I più anziani di questanuova generazione di artisti emigranti furono quasi tuttipaesaggisti, se si escludono alcuni pittori di genere, piùgiovani. La pittura di paesaggio restò in auge nell’artenorvegese fino al 1880 ca. Dal 1820 Johannes Flintoeaveva interpretato romanticamente l’alta montagna norve-gese, le valli ed i fiordi della provincia del Vestland (costaovest), e tali paesaggi furono anche i temi favoriti diJohan Christian Dahl, primo artista norvegese rinomatodel xix sec. Professore all’Accademia di Dresda, esercitòuna grande influenza sul paesaggio danese nel corso delsuo soggiorno a Copenhagen (1811-18) e più tardi sul pae-saggio tedesco e norvegese. Il più importante dei suoi al-lievi norvegesi a Dresda fu Thomas Fearnley, che nelcorso di una esistenza errabonda trasse i suoi motivi pit-torici dai Paesi nordici, nonché da paesaggi alpini, italianio inglesi. Quanto all’originale Peder Balke, gran viaggia-tore alla pari di Fearnley, si specializzò nell’interpretazio-ne dell’estremo nord della N, di cui rivelò la bellezza.Senza legami con la scuola di Dahl, Mathias Stoltenberg,unico pittore importante di genere degli anni 1830-40, furitrattista e fine colorista. Negli anni Quaranta dell’Otto-cento la «tradizione» derivante da Dahl si concluse evenne soppiantata da quella di Düsseldorf. Adolph Tide-mand, pittore di storia, si fece interprete della vita popo-lare norvegese ed acquisì grande rinomanza con le suescene di vita contadina, isolata nelle profonde vallate.Nella stessa epoca Hans Gude fondava, ispirandosi allascuola di Düsseldorf, la scuola paesaggista norvegese, i cuitemi principali sono le vedute d’alta montagna, i fiori, lemarine, di moderato realismo. Tra i suoi numerosi allievi,August Cappelen manifestò un promettente talento, mamorì giovane. Lars Hertervig, originale ed indipendente,prima di essere colto da malattia mentale creò alcuni tra ipiù visionari paesaggi dell’arte norvegese, assai lontani dalcolore armonioso e dalla sentimentale estetica della scuoladi Düsseldorf. La pittura di Olaf Isaachsen rammenta ilromanticismo tardo di Couture e di Courbet, di cui l’arti-sta fu allievo a Parigi, attorno al 1860. Il paesaggista Lud-vig Munthe si colloca anch’egli tra le scuole tedesca efrancese; mentre Frederik Collett, nei suoi paesaggi nevo-si, adotta lo stile della pittura francese «en plein air». Nel

Storia dell’arte Einaudi

corso degli anni Settanta, si può ritenere che Monaco so-stituisca Düsseldorf come centro di formazione artistica.Eilif Peterssen e Hans Heyerdahl svilupperanno un’artemagniloquente, spesso legata ai soggetti storici.Monaco tuttavia, per la maggior parte degli artisti, erasolo una tappa sulla strada di Parigi. Una generazione par-ticolarmente dotata, la più notevole forse che la N abbiaconosciuto, a Parigi ricevette un impulso determinante at-torno al 1900, dal naturalismo e dall’impressionismo fran-cesi. Fu questo il caso di Harriet Backer, che con i suoiinterni contadini e di chiese appare la pittrice più impor-tante della N; anche Christian Krohg fu interprete dellavita cittadina, e la sua pittura sociale svolse un ruolo im-portante nella lotta culturale degli anni Ottanta. ErikWerenskiold interpretò la vita moderna secondo le moda-lità del naturalismo, dipingendo alcuni tra i ritratti piùpenetranti dell’arte norvegese. Frits Thaulow, interamen-te dedito alla pittura all’aperto, mostrò più tardi maggiorinteresse per il colore sfumato. Gerhad Munthe, paesaggi-sta della N orientale, sorprese nel 1893 con uno stile de-corativo la cui fantasia s’ispirava al cromatismo popolaretradizionale ed ai motivi tratti da antiche ballate, leggen-de e poemi epici. Nel medesimo spirito Theodor Kittelseninterpretò i miti provenienti dalle credenze contadine e,nel contempo, si mostrò traduttore lirico e delicato dellanatura. Christian Skredsvig fece anch’egli parte del ro-manticismo nazionale negli anni Novanta. I giovani pitto-ri contemporanei, in primo luogo Harald Sohlberg edHalfdan Egedius, si inserirono nella pittura di atmosferaispirata dalla N orientale, ed Egedius rappresentò inoltrescene di vita quotidiana. Con Nicolai Astrup, anche la Noccidentale ebbe il suo pittore.Edvard Munch creò, alla fine degli anni Ottantadell’Ottocento, una pittura di «stati d’animo», ponen-dosi tra i pionieri dell’espressionismo europeo. Tuttavia,egli restò intimamente legato alla natura norvegese, cheispirò tanto la sua opera della fine del secolo quantoquella, splendente di luce e vivacemente colorata, cheegli inaugurerà dopo essersi di nuovo stabilito in N nel1909. Munch fu, con gli impressionisti francesi, la prin-cipale sorgente d’ispirazione dei pittori che s’imposeroverso il 1900: Ludvig Karsten, Thorvald Erichsen, chesi rifece molto a Bonnard, Oluf Wold-Torne; oltre Kar-sten numerosi pittori, e in primo luogo Torstein Tor-

Storia dell’arte Einaudi

steinson e Rudolf Thygesen, vennero influenzati dai fau-ves. Henrik S°rensen, Axel Revold, Per Krohg, JeanHeiberg e Per Deberitz furono tutti allievi dell’Acadé-mie Matisse a Parigi (1908-10). I primi tre fondarono,con i più giovani colleghi Hugo-Lous Mohr, Alf Rolfsene Aage Storstein, un gruppo di pittori decoratori che sidedicarono essenzialmente all’affresco e parteciparonoalla decorazione di numerosi edifici, particolarmente aOslo. Dopo il periodo piuttosto calmo e senza eventiparticolari degli anni Venti, la pittura norvegese riacqui-stò vigore cromatico intorno al 1930, e molti artisti siimpegnarono attivamente nell’interpretazione di temisociali. I motivi si ispiravano a C. Krohg, ma la formadoveva assai di più a Revold, che nel 1925 divenne pro-fessore nell’Accademia di belle arti. I protagonisti diquesto periodo furono Bjarne Ness e Reidar Aulie,quest’ultimo la cui opera è caratterizzata da rappresenta-zioni della vita moderna nelle grandi città. Dopo i lorostudi presso Revold, personalità indipendenti, comeThorbjörn Lie-Jörgensen, Johannes Rian e Harald Dal,cercarono presto la propria strada; e Rian sfociò, dopo il1960, nell’astrattismo puro. Dopo il 1930 s’impose unviolento radicalismo: un nuovo espressionismo, derivan-te soprattutto dall’arte moderna tedesca, si mescolò adelementi di cubismo (Storstein), di primitivismo e disurrealismo. Artisti come Kai Fjell e Arne Ekelandhanno subito fortemente quest’influsso, esercitato puredal tedesco Rolf Nesch, emigrato dalla Germania nel1933. Tale corrente è stata proseguita da Sigurd Wingeed Else Hagen, tra gli altri, in una stilizzazione di vo-lumi assai decorativa a partire dagli anni 1950-1960,mentre Erling Enger si dedicava di nuovo all’interpreta-zione della N orientale e della vita popolare. L’interesseper la struttura spaziale dominò di nuovo verso la finedegli anni Trenta, particolarmente in un artista comeAlexander Schultz.Dopo l’ultima guerra alcuni artisti si sono espressi conmodi figurativi, mentre un certo numero di giovani(Jakob Weidemann, Knut Rumohr, Thore Heramb, Lud-vig Eikaas) si sono inseriti nell’astrattismo, ispirandosituttavia volentieri alla natura. Un purismo strettamentenon figurativo caratterizza invece le opere di Gunnar S.Gundersen. Nella giovane generazione le tendenze sonovarie; la Pop Art conta numerosi adepti. Il nuovo orien-

Storia dell’arte Einaudi

tamento verso un’arte di tipo figurativo è sfociato pres-so un gruppo di giovani pittori in un nuovo tradizionali-smo, fondato sullo studio degli antichi maestri. (lø).

Norwich, scuola diQuello di N (Gran Bretagna, contea di Norfolk) costitui-sce un esempio unico di scuola di provincia nella storiadell’arte inglese moderna. Esso costituì più di un genericoraggruppamento di paesaggisti operanti nell’East Angliadurante il primo terzo del xix sec.; i suoi membri ebberosempre il senso preciso di appartenere a una «scuola» esi-stente in quanto tale, anche se non si prefissarono obietti-vi chiaramente definiti: appunto per questo non è pos-sibile applicar loro l’etichetta di «movimento».Nucleo di tale scuola fu la N Society of Artists, fondatanel 1803 «per procedere a un esame dell’origine edell’evoluzione della situazione attuale della pittura,dell’architettura e della scultura, allo scopo di dedurne imigliori metodi di studio e di raggiungere in tali arti unamaggiore perfezione». Così, dal 1805 al 1833, la societàorganizzò pressoché ogni anno una mostra di opere di ar-tisti di N. I membri si riunivano ogni quindici giorni, giu-dicando disegni e incisioni ed ascoltando poi una comuni-cazione, seguita da discussione. Per poter appartenereall’associazione dovevano presentare una prova del pro-prio talento ed ottenere una maggioranza di tre quarti (ilmedesimo quoziente era richiesto per l’elezione del presi-dente, rinnovabile ogni anno). Il numero dei soci non su-però mai i ventiquattro, benché alla società si aggiungesseun sempre crescente numero di membri onorari. La scuoladi N raccolse essenzialmente paesaggisti. Tale orienta-mento è in gran parte dovuto alla geografia stessadell’East Anglia – lande acquitrinose e piatte distese sottovasti cicli – che rammenta abbastanza da vicino l’Olanda.D’altronde, strette e agevoli relazioni commerciali tral’Olanda e l’East Anglia avevano avuto il risultato di in-trodurre pitture olandesi nelle collezioni inglesi, in parti-colare paesaggi del xvii sec. Così la principale influenzaesercitata sulla scuola di N proviene indiscutibilmente daopere di artisti come Hobbema, Wynants e Jacob Ruy-sdael. La scuola aveva sede nella città di N, fino al xviiisec. terzo centro urbano d’Inghilterra, indipendente dallacapitale tanto geograficamente che spiritualmente; questosenso di spiccata individualità si ritrova negli artisti della

Storia dell’arte Einaudi

scuola, estranei alla corrente artistica principale derivantedalla Royal Academy di Londra: valevano ancora, in que-sto inizio del xix sec., e in quest’orientamento ufficiale,ostile al paesaggio naturale come genere nobile, le critichedi Reynolds nei riguardi dei pittori olandesi e del lorogusto per una natura «comune». La N Society riusci mal-grado ciò a raccogliere oltre settecento esponenti e adassicurarsi un reale prestigio su scala nazionale, contandotra i suoi ventinove membri onorari sir John Soane,Benjamin Robert Haydon e sir Martin Archer Shee, pre-sidente della Royal Academy. Le personalità minori delgruppo vanno viste in relazione ai due temperamenti arti-stici più vivaci della scuola di N: John Crome e John SellCotman. Tra i seguaci di Crome figurano tre suoi figli,John Berney, Frederick e William Henry, nonché RobertLadbrooke, che all’inizio della carriera condivise con JohnCrome uno studio, James Stark, allievo di Crome nel1811, e George Vincent. Tra i seguaci di Cotman si pos-sono annoverare il figlio, Miles Edmund, e il cognato,John Thirtle, che esercitava la professione di corniciaio.Crome si formò presso un pittore di insegne e di carrozze,derivandone una tecnica dai tratti ampi e marcati. Primadi mettersi in proprio come professore di disegno, fre-quentò lo studio londinese di William Beechey. Fu certa-mente protetto da Thomas Harvey di Catton, collezioni-sta di Norwich e illuminato amateur di pittura inglese eolandese; questi possedeva, in particolare, la Cottage Doordi Gainsborough, di cui Crome esegui una copia, nume-rose opere di Richard Wilson ed una di Hobbema, il pit-tore preferito di Crome, il cui influsso si manifesta inquadri come The Poringland Oak (1818-20: Londra, TateGall.). I dipinti notturni di Crome, come Moonrise on theYare (1811-15 ca.: ivi), attingono tanto all’arte di Aertvan der Neer che a quella di Rembrandt. I paesaggi sonocaratterizzati da un realismo ostile a qualsiasi innovazionespettacolare – il che può farli accostare a quelli di Consta-ble – e da una spontaneità e da un’intensità proprie, inquest’inizio del xix sec. inglese, di un sentimento roman-tico della natura, colta nella sua più elementare quotidia-nità. Ciò, tuttavia, che fa di Crome l’artista maggioredella N School è il trattamento della materia pittorica, lacui grana è simile a quella di un marmo scabro, unitamen-te al suo talento di disegnatore ed ai contrasti che sa crea-re tra zone in ombra e zone in luce. La sua vita e la sua

Storia dell’arte Einaudi

opera ebbero valore esemplare per la maggior parte deipittori della scuola.Aiutato, come altri giovani artisti, dal dott. Munro, Cot-man fu presentato da questi a Turner e a Girtin. Dal1805 ca. aveva ormai acquisito uno stile personale chemetteva in risalto la bidimensionalità di tutta la superficiedipinta, stendendo con cura zone di colore opaco puro.Molto lontano dal naturalismo di Crome, questo stiledell’acquerello è ben illustrato dal Greta Bridge (1807:Londra, bm). Cotman s’ingegnò di unire l’olio all’acque-rello utilizzando quest’ultimo su uno strato sottile di collaumida in modo da rendere, come nel Postwick Grove(1825 ca.: ivi), gli effetti materici a pennello; in parallelareciprocità, nei quadri a olio come The Drop gate (1812:Londra, Tate Gall.), si ritrovano le stesse zone «nontrattate» degli acquerelli. Cotman fece numerosi viaggi,dei quali riportò molti schizzi, prima in Inghilterra, poi inFrancia. Incoraggiato dal suo patrono Dawson Turner,s’interessò vivamente ai resti dell’architettura locale epubblicò numerose raccolte d’incisioni di Antichità archi-tettoniche, sia della Normandia che dell’Inghilterra. Gra-zie al suo carattere unitario e al suo stile facilmente rico-noscibile, la scuola di N suscita un interessante parallelocon la scuola francese del paesaggio, che più tardi, fioriràa Barbizon. Il senso di un’individualità provinciale vennerafforzato dal comune patrimonio d’esperienze, influenzeed obiettivi, posseduto da tali artisti, nessuno dei qualiperaltro, tranne Crome e Cotman, contraddistinto daforte originalità. (jns).

Nosadella, Giovati Francesco Bezzi detto il(Bologna 1530?-1571). Scarse sono le notizie sulla vita ele opere del N, e problematica appare la ricostruzionedella sua prima attività. Non è certo che la sua prima ma-niera sia da individuare nella pala Alemandini in SantaMaria della Vita a Bologna, dove egli sembra piuttostoriordinare le suggestioni tibaldesche in una rievocazionedel classicismo raffaellesco. Negli anni dal 1556 al 1561ca., strettissimi sono i rapporti col Tibaldi, attestati danumerose opere (Sacra Famiglia: Parigi, coll. priv.; SacraFamiglia: Indianapolis, Museum of Art) che manifestano,rispetto alla monumentalità di Pellegrino, una maggioreinclinazione sentimentale. Negli anni tardi il Bezzi pro-pende per un orientamento classicista, subendo forse l’in-

Storia dell’arte Einaudi

flusso dei pittori riformati fiorentini, e organizza le suecomposizioni in un assetto prospettico meglio calcolato(Annunciazione: Princeton; Presentazione al Tempio: Ober-lin College, Ohio), risentendo peraltro di forti influssinordici (Circoncisione: coll. priv.). (ff).

notabili, tombe deiDenominazione conferita alle cappelle funerarie dei perso-naggi importanti dell’antico Egitto sepolti nella necropolidi Tebe; le cappelle sono decorate da pitture. Le più anti-che risalgono all’XI dinastia (2100 ca. a. C.), mentredopo la XX dinastia divengono più rare (11oo ca. a. C.).Tuttavia in epoca saitica (vii-vi sec. a. C.) alcuni funzio-nari e sacerdoti di altissimo rango fecero scavare per loroa Tebe ipogei immensi, che per dimensioni superano quel-li dei re del Regno Nuovo (1580-1090 ca. a. C.). Dalpunto di vista pittorico, le tombe più interessanti ap-partengono alla XII dinastia (2000-1800 ca. a. C.), poialla XVIII ed alla XIX (1500-1200 ca. a. C.). Sotto laXX dinastia (1200- 11oo ca. a. C.) le tombe degli operaidella necropoli, inumati a Dayfi al-Madinah sono decoratecon illustrazioni tratte dal Libro dei morti. Le pitture piùtarde si trovano nella tomba di Pedineith (n. 197,590 ca.a. C.). Schematicamente, la pianta delle tombe dei n delNuovo Regno ricorda una T rovesciata, il cui sviluppocomporta talvolta sale intermedie o annessi. Un pozzo oun corridoio in ripido pendio scende al sepolcro, raramen-te decorato prima della XX dinastia. (am).

Nothnagel, Johann Andréas Benjamin → Seekatz

Notke, Bernt(Lassan in Pomerania verso il 1430 – Lubecca 1509). Èuno tra i massimi artisti, se non la figura dominante,dell’arte a Lubecca nella seconda metà del sec. xv. La suaformazione resta sconosciuta; nel 1467 è menzionatocome libero maestro; in questo momento ha già una bot-tega importante, con numerosi apprendisti, ed operaanche per l’estero. Nel 1478 riceve dal vescovo JeansIversen l’incarico di una pala per l’altar maggiore dellacattedrale di Aarhus in Danimarca, che, secondo l’iscri-zione, venne terminato nel 1479. Nel 1483 compie l’alta-re per l’ospedale di Santo Spirito di Reval (oggi nella cat-

Storia dell’arte Einaudi

tedrale di Reval); nello stesso anno parte per Stoccolma,dove soggiorna fino al 1497. E di nuovo a Lubecca nel1498; fa testamento nel 1504 dipinge la Messa di sanGregario, sua opera principale, per la Marien Kirche diLubecca (bruciata durante la seconda guerra mondiale).La sua arte, piena di impetuoso movimento, segue una re-golare evoluzione, ma senza grandi mutamenti tecnici;dopo la Danza macabra (1463: frammento, chiesa di SanNicola di Reval), l’altare di Aarhus (1479), le ante oggi alSankt Annen-Museum di Lubecca, e fino al 1504 (Messadi san Gregario), N, che resta fedele alla tendenza monu-mentale e cupa delle prime opere, esercitò notevole in-flusso. (sd).

Nouveau, Henri (Heinrik Neugeboren detto)(Brasov-Kronstadt, Transilvania 1901 – Parigi 1959). Dal1921 al 1925 studia all’Accademia di musica di Berlino; sireca poi a Parigi, ove studia composizione all’Ecole Nor-male di musica con Nadia Boulanger fino al 1927; tornaallora in Germania e frequenta il Bauhaus di Dessau, oveincontra Klee e Kandinsky. Nel 1929 torna definitiva-mente a Parigi, dove muore trent’anni dopo, lasciandoun’importante opera musicale (firmata col nome di Neu-geboren) e pittorica, ed anche un certo numero di scritti,tra i quali il Diario, che aveva cominciato a quindici anni.Le sue prime opere di pittore sono collages non figurativieseguiti a partire dal 1923. Interrompe nel 1946 la suaproduzione musicale, diradata per una dozzina d’anni, de-dicandosi esclusivamente alla pittura. Ha realizzato oltresettecento quadri: ai primi collages seguirono pastelli dal1925 al 1930, e in seguito dipinti a olio su carta, in for-mati piccoli. La sua sensibilità poetica e una tendenzaumoristica non l’hanno lasciato indifferente a un certospirito surrealista, che in alcuni periodi ha contrassegnatole sue improvvisazioni; ma la sua fantasia creativa si èpure applicata a un rigore geometrico ed a un purismoastratto di cui egli peraltro correggeva la freddezza consottigliezze armoniche raffinate e impreviste manipolazio-ni degli elementi plastici. Per insistenza di Picabia, Naveva accettato di partecipare nel 1946 al primo Salondes réalités nouvelles, ove continuò ad esporre ogni anno.A parte alcune partecipazioni a collettive all’estero, ha te-nuto solo due personali a Parigi, presso Collette Allendynel 1950 ed alla Galerie Arnaud nel 1951, ed una a

Storia dell’arte Einaudi

Bruxelles nel 1955. Dopo la sua morte, la Galerie deFrance gli ha dedicato una prima retrospettiva, seguita daaltre in numerosi musei francesi di provincia ed esteri, inparticolare a Leverkusen e ad Amsterdam, mentre sonostate organizzate esecuzioni delle sue composizioni di mu-sica da camera. (rvg).

Nouveau RéalismeDopo Marcel Duchamp, il «Ready Made» (oggetto pro-dotto a macchina) è divenuto di pubblico dominio, e ilconcetto di creazione come atto che si fonda unicamentesulla responsabilità di scelta dell’artista è entrato nel co-stume critico contemporaneo. Numerosi artisti operavanosu questa strada verso il 1960; così il critico d’arte PierreRestany pensò di raggrupparli e di pubblicare il primoManifesto del Nuovo Realismo, il 14 aprile 1960, a Milano.Il gruppo si costituì ufficialmente il 27 ottobre dello stes-so anno: comprendeva Arman, Dufrêne, Hains, Villeglé,Klein, Raysse, Spoerri, Tinguely, Rotella e César. Le dueprime manifestazioni collettive ebbero luogo nel novem-bre-dicembre 1960 al Festival d’avanguardia di Parigi nelmaggio 1961 alla Gall. J. col titolo «Quarante Degrés au-dessus de Dada». I nuovi realisti esposero poi più volte,nel giugno 1961 a Stoccolma, nel luglio 1961 a Nizza. AParigi parteciparono nel 1961 e nel 1962 al Salon «Com-paraisons», che riservò loro una sala apposita, nonché allemostre Paris-New York (luglio 1961, Gall. Rive droite) eDonnerà voir I (giugno 1962, Gall. Creuze). In seguitomolti artisti si unirono al gruppo: Niki de Saint-Phalle,Deschamps, infine Christo. Nel momento in cui assegnavalore estetico alla semplice scelta, il NR rifiuta qualsiasitrasposizione, qualsiasi adattamento ad un linguaggio,qualsiasi stile. Lo stile è nella realtà bruta, nella strada: ilNR è infatti arte urbana. L’onnipresenza di taluni ele-menti della vita urbana – manifesti, recinti, terreni vuoti,detriti, autoveicoli, segnali del traffico – determina quan-to Restany ha battezzato «la poesia d’una civiltà urbana».Quest’atteggiamento si interseca, naturalmente, con quel-lo della Pop Art americana, nata anch’essa dalla concen-trazione urbana. Dopo aver acquisito incontestabile au-torità ed aver attirato molteplici adesioni ed aspre criti-che, il NR, grazie al prestigio di Pierre Restany, che necodificò i caratteri specifici in testi di grande lucidità e diconvincente passione, venne accolto in numerosi musei

Storia dell’arte Einaudi

d’arte moderna: L’Aja, Vienna, Berlino, Bruxelles. La suaeffettiva consistenza declinò man mano che alcuni deisuoi esponenti acquistavano notorietà personale: César,Arman, Christo e Raysse in particolare. La morte di YvesKlein nel 1962 scosse seriamente l’autonomia del gruppo,che fu assai presto assorbito dalla moda. Il movimentovenne sciolto a Milano nel 1970. Il suo apporto fu unacerta «igiene della visione», per riprendere un termineadottato da Martial Raysse, ma costituì anche uno tra ifermenti più corrosivi dell’arte attuale; ad esso è, inparte, dovuta la crisi coscienziale di gran parte della pittu-ra moderna ed il suo disincantato interrogarsi sulle pro-prie motivazioni fattuali. (jjl).

Nouvelle FigurationAll’opposto di Cobra o del Nouveau Réalisme, la NF nonfu mai un movimento coerente, ma corrispose soltanto aduna certa visione contemporanea dell’uomo. In Europacome negli Stati Uniti, essa seguì intorno al 1960 allapittura informale e gestuale, da cui trasse alcuni tra i suoiprincipî di scrittura pittorica libera. Ne sono i precursoriPicasso, con le sue sistematiche deformazioni, Soutine,Rouault, gli espressionisti tedeschi, più recentemente Fau-trier e Dubuffet. Essa si volge a temi precisi, l’uomo e lasua vita onirica, che sono svolti con un trattamento spon-taneo del colore e della materia, escludendo ogni rassomi-glianza letterale. Gli artisti principali provengono dal mo-vimento Cobra (Appel, Jorn, Alechinsky); due noti espo-nenti ne sono anche però Francis Bacon e Giacometti. Lagiovane generazione può essere rappresentata da Lind-ström, Pouget, Maryan, Saura, Lebenstein, Léon Golub,Petlin, Christoforou, Antes, Baj, Arroyo. Questi pittorinon hanno in comune uno stile, ma un’evidente parentelaspirituale. Una grande retrospettiva, «Figuration et défi-guration», ha tentato nel 1964, a Gand, di inquadrare losviluppo della NF da Picasso ai giorni nostri. (jjt).

NouziAntica città della Mesopotamia del Nord venuta alla lucea Yorgan-Tépé presso Kerkouk (Iraq) durante scavi com-piuti da studiosi americani svoltisi dal 1925 al 1931. Inun palazzo del xv sec. a. C. si conservano resti di incisio-ni murali. (asp).

Storia dell’arte Einaudi

Nove AmiciL’espressione, come tante altre della classificazione arti-stica cinese, non corrisponde ad una vera e propria scuola,bensì a un raggruppamento definito a posteriori dai critici.Questi NA della pittura hanno in comune il fatto di esse-re pittori letterati «ortodossi», stilisticamente apparentatialla scuola di Wu e classificati in base al più celebre traloro, il teorico Dong Qichang, di cui furono amici o allie-vi. Alcuni di loro sono talvolta, se non definiti, per lomeno raggruppati sotto altre etichette. È il caso di ChangJia Sui e di Li Liufang, gli «Intimisti di Jiading», o diWang Shimin e Wang Jian, annoverati tra i «QuattroWang». I NA comprendono inoltre i pittori Zhao Mi,Yang Wen Cong, Zhang Xue Ung e Bian Wenyu. (ol).

Novecento italianoSotto la medesima formula si indicano due situazioni di-verse, ma in pratica analoghe e con gli stessi protagonisti,della pittura italiana a Milano nel terzo decennio del seco-lo. Sotto l’indicazione di Gruppo del Novecento, sug-gerito dal pittore Anselmo Bucci, si raccolgono sette arti-sti di diversa formazione ma gravitanti sulla cultura che aMilano si afferma, Bucci, Leonardo Dudreville, AchilleFuni, Ubaldo Oppi, Gian Emilie Malerba, Mario Sironi,con l’assistenza di un gallerista, Lino Pesaro, e l’apportoassai intenso di un critico di prestigio quanto attivo, Mar-gherita Sarfatti. Dalle vicende fortunate ma locali delgruppo, si passerà ad una più articolata esperienza esposi-tiva nazionale ed internazionale sotto la formula di N,che avrà più ampia fortuna. Intorno al 1920, in una con-giuntura di vivace discussione e di elaborazione di strate-gie atte a portare in luce nuove tendenze pittoriche, isette artisti indicati prendono ad incontrarsi per sottopor-re al vaglio della Sarfatti il proprio lavoro ed a discutere imodi per farlo maturare ed offrirlo al pubblico. Rifiutan-do di fare ricorso ad una poetica comune, che avrebbe ra-gioni o letterarie o filosofiche estranee alle vere ragionidel lavoro plastico e cromatico, il «gruppo» si intende suun linguaggio pittorico chiaro, dalla evidente esposizionerappresentativa, con volumi netti e composti, senza forza-ture sperimentali. Ciascuno reca esperienze diverse, dalnaturalismo paesistico e dal divisionismo simbolista al sin-tetismo caro ai futuristi, tutti confluiscono in una linea

Storia dell’arte Einaudi

culturale di moderato classicismo e di affinamento allasensibilità moderna ed al suo particolare formalismo;senza rinunciare a tratti più emotivi, a certa affettuositàdescrittiva ed all’attenzione alla luce come elemento disensibilità. Il programma è velinamente generico, nésarebbe possibile cavar di più dalla piccola schiera; ma al-meno due fatti potranno aggiungere spessore all’iniziativafacendola anzi diventare significativa più in generale: latotale adesione mercantile e promozionale del gallerista,che consente un continuo confronto fra i sette e dunqueun esercizio attivo di elaborazione stilistica e formale,mentre ne impone solidamente i prodotti ad amatori edaddetti ai lavori; la collaborazione della Sarfatti che delgruppo si fa bandiera per rileggere l’intera vicenda del-l’arte moderna in Italia (fondamentali i saggi sulla linealombarda da Leonardo al Piccio a Tosi nel volume Segnicolori luci, che la Sarfatti edita a Bologna da Zanichellinel 1925 e intanto ha diffuso su giornali), mentre insistesui valori nuovi e indicativi di ciascuno del gruppo. Se siaggiunge l’amicizia con Mussolini e la titolarità della criti-ca d’arte sul giornale e poi su riviste del partito fascista,si ha un’altra idea della pressione che, tramite la Sarfatti,l’operazione non può non introdurre sulla scena culturale.Del resto, si insiste, una siffatta collaborazione a più vociè l’unico modo per correggere uno degli errori più vistosidella tradizione del moderno in Italia che abbandona a sestessi, ai propri istinti ed alla delusione dello scacco edell’impopolarità, gli artisti, esaltandone anzi l’eccentri-cità e l’individualismo, la solitudine e la polemicità. Dicui ormai non è più l’ora. Presentato ufficialmente allafine del 1922, il gruppo ha la sua prima mostra nella pri-mavera dell’anno successivo, e subito non manca il succes-so: nel ’24 l’invito ufficiale alla Biennale come gruppo(formula non prevista dal regolamento deEa manifestazio-ne). Intanto iniziano le fratture (Oppi è espulso per averaccettato un invito personale a Venezia, non previsto neipatti; Malerba e Dudreville si dimettono). Nel biennio’24-25 la Sarfatti imprime un diverso impulso all’opera-zione. Il gruppo, debitamente integrato, diviene un diret-torio che deve organizzare e reggere determinandole vasteesposizioni a carattere nazionale, in cui esclusioni edacccttazioni (su invito) e la distribuzione delle opere nellesale costituiranno per il pubblico un modo condizionatodi capire ciò che in Italia va accolto con interesse, e per

Storia dell’arte Einaudi

gli artisti la possibilità, per raffronti e correzioni, di ap-profondire scelte stilistiche, soluzioni formali e ragioniiconografiche. Nel febbraio 1926 alla Permanente di Mi-lano si inaugura la Prima mostra del Novecento, il primocioè dei «saloni» attraverso i quali si vuole chiamare adannuali adunate, per disinteressate finalità di lavoro e dibellezza, le migliori forze delle nuove generazioni artisti-che (cosi la Sarfatti nell’introduzione alla rassegna). Cen-todieci le presenze (compresi, per ragioni tattiche, i futu-risti, poi non più invitati), che cresceranno ancora nellamostra successiva, del ’29. L’intento di farsi alternativaalle rassegne della Biennale veneziana ed ad altre iniziati-ve del genere, risulta ovvia (la Sarfatti ha pensato ad untrasferimento dell’iniziativa a Roma ed a una sua ufficia-lizzazione, ma l’ipotesi cade): è detto a tutte lettere chequi si pongono le condizioni perché il campo nazionale,con vittoriosa maturità, trovi spazio ed attenzione, men-tre altrove si danno mostre internazionali per programmaed eclettiche per natura. A partire dallo stesso 1926 operedi artisti scelti a Milano girano per l’Europa (sono a Pari-gi, nel ’26; a Ginevra Zurigo ed Amsterdam l’anno dopo;a Ginevra nel 1929; a Stoccolma ed Helsinki nel 1931),con uno sconfinamento, nel 1930, a Buenos Aires. Si rea-lizza così un embrione di presenza sistematica internazio-nale che è promozione e raffronto ed è desiderata valenzaorganizzativa fin lì non soddisfatta da altri organismi.Di recente capo del governo, Benito Mussolini inaugura lamostra del Gruppo, nel 1923; ed ora, 1926, pronuncia ildiscorso d’avvio alla Prima mostra. A chi si aspetta di-chiarazioni in prò di un’arte di regime, di un’iconografiadi servizio Mussolini risponde intrattenendosi su questio-ni di sostegno dell’attività degli artisti e di organizzazionedella vita culturale. In termini formali il riferimento è mi-nimo, le opere valgano per la decisione e precisione delsegno, per la nitidezza e ricchezza del colore, la soliditàplastica delle cose e delle figure. Caduta l’opzione politicadi sostegno, a programma, delle immagini statali, la Sar-fatti può trarre le conclusioni più importanti del suo lavo-ro: quel gruppo coerente, logico, severo e non settario,scrive, dimostrò la possibilità di giungere ad una praticaconcreta di ordine artistico, attraverso il sindacalismo cor-porativo. L’idea di un’organizzazione ristretta delle arti ècosi delineata, e con essa la possibilità di una gestioneanche ideologica. Né il disegno andrà perduto (per esem-

Storia dell’arte Einaudi

pio nell’organizzazione di una mostra quadriennaledell’arte italiana, a Roma a partire dal 1931). Al tempostesso l’operazione si attira almeno tre ordini di critiche,quando non di censure: perché è evidente il dirigismo cul-turale in atto, e un dirigismo che non nasce dalle ragionidei pittori; perché formule e slogan adottate sono quantomai evasive e non favoriscono un autentico dibattito per-ché il tutto lascia in forse un bisogno, secondo alcuni, dif-fuso di arte impegnata per esigenze politiche. Un’insuffi-cienza che fa parlare di alba di convalescenza artistica,mentre la rassegna non sa tenere a freno eccessi, eterono-mie e deformazioni plastiche. Da questo fronte, legato aFarinacci ed a una fazione integralista del fascismo, ver-ranno gli attacchi maggiori, che portano a conclusionel’esperimento nei primi anni Trenta. (pfo).

Novelli, Castone(Vienna 1925 – Roma 1968). Esordì nel 1947 a Zurigocome disegnatore. Dopo una serie di viaggi in tutta Euro-pa, insegnò disegno all’Istituto d’arte del Museo di SanPaolo in Brasile. La sua pittura, dominata dal problemadel segno, è in diretta relazione con la sua opera grafica.Tale aspetto è stato trattato anche da un punto di vistatecnico nelle riviste che l’artista diresse, in contatto conscrittori e qualche pittore d’avanguardia: «Esperienza mo-derna», Roma 1956 (col pittore Perilli) e «Grammatica»(1964). Le prime esperienze pittoriche di N, verso il1950, sono costituite da una serie di collages e di dipintidi tendenza astratto-geometrica. Solo dal 1955, stabilitesia Roma, l’artista sviluppò una poetica del segno come ele-mento espressivo e plastico: partendo da un’esperienzaassai vicina a quella dei lettristes francesi, ne da giustifica-zione teorica mediante l’inserimento di segni e lettere al-fabetiche nella composizione soddisfacendo cosi sia lasemantica sia l’elemento poetico del tratto nero sulla su-perficie bianca. Nelle opere più recenti di N la composi-zione ampia e morbida, il riferimento al racconto fantasti-co, talvolta ironico e mordace, talvolta poetico, nellaforma di fumetto, sfociano in un linguaggio più suggesti-vo (Viaggio nel paese delle meraviglie, 1964; Il Viaggio diGrog, 1966: Roma, coll. Malborough). Numerose sonostate le mostre dell’artista in Italia e all’estero (Museo diSan Paolo, 1953 e Biennale di Venezia 1964: premio Gol-lin). (lm).

Storia dell’arte Einaudi

Novelli, Pietro, detto il Monrealese(Monreale 1603 – Palermo 1647). Partito da esperienzetardomanieristiche nella bottega del padre Pietro Anto-nio, anch’egli pittore, considerò indubbiamente le operesiciliane di Caravaggio e di «caravaggeschi» locali qualiMario Minniti e Alonzo Rodriguez. Toccò il momento de-cisivo della sua formazione quando conobbe l’arte di vanDyck, che nel 1624 soggiornò brevemente a Palermo e nel1628 vi inviò il quadro della Madonna del Rosario perl’oratorio omonimo, al cui allestimento collaborarono ilgenovese Domenico Fiasella e numerosi «naturalisti»fiamminghi, e del quale lo stesso N avrebbe più tardi(1630 ca.) affrescato la volta (Incoronazione della Vergine).Ma indubbiamente svolsero un ruolo importante nella suaformazione i cicli pittorici della chiesa palermitana di SanGiorgio dei Genovesi e dell’oratorio di Santo Stefano(con dipinti di Bernardo Castello, Domenico Fiasella e dialtre personalità, oggi ancora non ben note, di cultura ro-mano-genovese). In occasione della recente mostra (Paler-mo 1990) dedicata al N è stato inoltre giustamente sotto-lineato l’impatto che nel suo percorso, e non solo nellasua fase iniziale, ebbe certamente l’apporto di opere e diesperienze introdotte nell’isola dalla nutrita colonia difiamminghi: van Dyck, ma anche Gerard Seghers, e altridei quali si ignora ogni dato ma di cui resta ancora in situuna copiosa, benché anonima, produzione pittorica. Enon è forse da escludersi un suo giovanile viaggio a Roma,anteriore a quello ormai concordemente accettato – ben-ché non documentato – che sarebbe avvenuto all’iniziodel quarto decennio; ne conseguirebbe un contatto con icaravaggeschi francesi e con i classicisti romano-bolognesiad una data più precoce di quella generalmente accolta.La più antica opera documentata nella ricca produzionedel N è la tela con Sant’Antonio Abate (1626) per l’omo-nima chiesa palermitana. L’affresco con Daniele nella fossadei leoni (1629: Palermo, San Martino delle Scale), quelloAgl’Adorazione dei pastori (Palermo, Galleria regionaledella Sicilia), nell’impasto cromatico, nelle tipologie enell’impianto rivelano l’indubbio ascendente vandyckia-no: ben visibile anche nell’Apparizione della Vergine a san-t’Andrea Corsini (1630: Palermo, chiesa del Carmine) in-sieme all’attenzione per il naturalismo para-caravaggesco,di cui è esempio significativo il notevole inserto della «na-tura morta» di libri e teschio.

Storia dell’arte Einaudi

Il suo linguaggio – una delle più alte espressioni di tutto ilSeicento meridionale – può dirsi maturo quando il Ngiunge a Napoli, probabilmente tra il 1631 e il 1632 (pe-riodo nel quale risulta assente da Palermo). Qui egli inciseprofondamente nella pittura locale e influì sullo stesso Ri-bera, cui pure si accostò in alcune opere di quel periodo(Miracolo di san Francesco Saverio: Napoli, Casa professadel Gesù Nuovo). Tornato in Sicilia dopo un secondoviaggio a Roma (nemmeno questo documentato, ma ipo-tizzabile con buona probabilità), realizzò numerose telenelle quali le ulteriori esperienze romane e napoletane ap-paiono originalmente assimilate. Riflettono questa nuovamaturità l’Assunta di Ragusa, il San Benedetto che distribui-sce i pani della Regola (Palermo, Galleria regionale dellaSicilia) ed il Martirio di san Lorenzo (ivi), quasi una speri-mentazione sullo stile di Andrea Vaccaro. La Madonna edi santi Ignazio e Francesco Saverio (1634 ca.: Palermo,duomo), la Consegna del cordone francescano a san Luigi diFrancia (Palermo, Badia Nuova) e le numerose tele per lechiese degli ordini religiosi, tra le quali la stupendaElezione di Mattia ad Apostolo (Leonforte, Cappuccini),sono altissime esemplificazioni di questa sua non comunecapacità di fondere le molteplici suggestioni – da Artemi-sia Gentileschi a Stanzione, da Vaccaro a Ribera, daifrancesi ai fiamminghi – in una forte ed originale espres-sione pittorica, il cui più evidente connotato può indivi-duarsi in quell’intonazione nobile ed aulica che fa del Nin qualche modo l’equivalente meridionale del Gentile-schi. I quadri di destinazione privata (Giuditta edOloferne: Napoli, Palazzo Reale; Davide con la testa diGolia: Malibu, J. Paul Getty Museum; Contesa tra Apolloe Marsia: Caen, Museo; Apollo uccide Coronide: Roma,coll. priv.), forse meglio ancora di quelli chiesastici, tal-volta condotti su schemi ripetitivi anche per il largo inter-vento della bottega, consentono di apprezzarne le inesau-ste qualità di sperimentatore. Anche la ricca produzione afresco ne documenta la capacità di adattare la propriacomposita cultura alle esigenze della grande decorazione.La volta della chiesa palermitana della Badia Nuova(Ascensione e Storie francescane), generalmente datata al1632-33 ca., quindi immediatamente dopo il viaggio na-poletano, sembra talmente informata anche della culturaromana (Domenichino e Lanfranco, ma soprattutto Sacchie Poussin) da rafforzare l’ipotesi di un suo viaggio

Storia dell’arte Einaudi

nell’Urbe, in occasione del suo temporaneo trasferimentoa Napoli. Negli anni successivi, echi delle opere napoleta-ne e « barocche» di Lanfranco sembrano leggersi negli af-freschi (1641-44) della cattedrale di San Demetrio diPiana degli Albanesi; mentre l’ultima tela conosciuta delN, lo Sposalizio della Vergine (Palermo, San Matteo), cheaccanto alla firma reca la data 1647 e cioè quella della suamorte, nel fermo classicismo dell’impianto, pur se anima-to da una nuova riflessione sulle opere di van Dyck, appa-re quasi un parallelo delle opere tarde del Guercino. (Iba).

NovembergruppeAssociazione artistica tedesca fondata a Berlino nel no-vembre 1918 (donde il nome, anche in riferimento aimoti rivoluzionari che portarono all’abdicazione di Gu-glielmo Il e alla proclamazione della Repubblica di Wei-mar) da artisti «radicali» capeggiati dall’espressionistaMax Pechstein già membro della Brücke: César Klein,Georg Tappert, Heinrich Richter, Moritz Melzer. Unprimo documento formale, la lettera circolare del13.12.1918, reca già ulteriori firme fra cui quella delloscultore e arredatore cubo-costruttivista Rudolf Belling.La lettera esordisce: «II futuro dell’arte e la serietà delmomento costringe noi rivoluzionari dello spirito, espres-sionisti, cubisti e futuristi, ad una stretta unione. Rivol-giamo quindi a tutti gli artisti che hanno respinto le vec-chie forme l’urgente invito a dichiarare la loro adesione».Per evidente influenza dei movimenti futuristi e soprat-tutto proletkultisti sovietici attivi dal principio dell’anno,i fini proposti sono quelli di «una stretta compenetrazio-ne fra popolo e arte», di un collegamento internazionalecon gli artisti rivoluzionari e d’una organizzazione di li-bere mostre collettive autogestite. Le linee direttrici delgennaio 1919, che recano al punto i «N è l’unione (tede-sca) degli artisti radicali», propongono, al di làdell’organizzazione di una mostra annuale e dipubblicazioni, «una influenza decisiva delle forze creati-ve su tutti i provvedimenti che riguardino questioni arti-stiche» in senso lato: architettura e urbanistica, special-mente nella sfera pubblica e sociale; riordinamentodell’insegnamento artistico e unificazione di accademie,scuole d’architettura e scuole d’arte applicata; libera or-ganizzazione dell’attività espositiva al di fuori dei circuitidi mercato; legislazione riguardante l’arte. Alcuni prin-

Storia dell’arte Einaudi

cipî fondamentali, soprattutto nel campo della societàdell’architettura e del nuovo tipo di istruzioni didattiche(quale sarà esemplato dal Bauhaus), sono comuni con ilparallelo Arbeitsrat für Kunst (Consiglio per l’arte), fonda-to anch’esso a Berlino nel novembre-dicembre 1918 daCèsar Klein e dagli architetti Bruno Taut e Walter Gro-pius, aderenti anche al N, così come Belling. Tuttavia, leposizioni dell’Arbeitsrat für Kunst, legato anche nell’inti-tolazione al movimento comunista dei Consigli operai(versione tedesca dei Soviet), erano improntate ad unaideologia di rivoluzione sociale politicamente più caratte-rizzata rispetto ai «rivoluzionari dello spirito» del N, chedi fatto non si poneva in contrapposizione, ma tendevaad influire sulla politica culturale dei poteri costituiti del-la nuova Repubblica a prevalenza socialdemocratica. Nelcontesto radicalizzato e sconvolto della cultura dell’im-mediato dopoguerra, con forti caratteri utopici e palinge-netici, ma anche di «rivoluzione mancata», tali posizioniprevalenti nel gruppo originario, di fondamentale ereditàespressionista, furono contestate da ulteriori aderenti,come il futuro astrattista Otto Frenndlich, i dadaistiRaoul Hausmann, Hannah Höch, George Groz, OttoDix e i pittori di vocazione sociale, vicini a Dada, RudolfSchlichter e Georg Scholz. Nel 1921, in una lettera aper-ta sulla rivista comunista «Der Gegner», i dadaisti si di-chiaravano opposizione interna al N, contestando aimembri fondatori il tradimento ideologico degli idealirivoluzionari originari e il rientro nella pratica del cor-porativismo artistico e del mercato «borghese». La lette-ra contiene la significativa accusa al gruppo dirigente diemarginare e soffocare la creatività sia degli esponenti diuna «nuova oggettività nata dall’orrore per la societàborghese sfruttatrice» sia degli artisti che conducono«esperimenti preparatori di un’ottica non soggettiva». Ineffetti, a partire da questa secessione neooggettiva-dadai-sta rivoluzionaria e astrattista, il N diventafondamentalmente un grande centro (progressista ma nonideologico) di confronto fra tendenze linguistiche e fraarti figurative e architettura attraverso le mostre annualie la partecipazione come gruppo alle due annuali BerlinerKunstaustellungen, fino all’autoscioglimento nel 1932sotto l’incalzare dell’ideologia nazionale nazi-accademico-razzista già ampiamente diffusa. (mr).

Storia dell’arte Einaudi

NovgorodCittà della Russia centrale, importante centro commercia-le sin dal x sec. Dipendente agli inizi dal principato diKiev, nel xii sec. si eresse a repubblica indipendente,sfuggendo all’occupazione mongola grazie alla sua posizio-ne geografica. La cattedrale di Santa Sofia, edificata tra il1045 e il 1050, era stata sulle prime decorata solo da alcu-ne figure isolate, di cui rimangono i ritratti di Costantinoe di Elena, eseguiti in uno stile lineare di grande finezza.Dell’insieme delle pitture, iniziate nel 11o8, è conservatosolo qualche frammento. Si tratta di figure rigide, in at-teggiamento frontale e di carattere arcaico; esse contrasta-no con le figure maestose, dal sapiente modellato, dellacontemporanea decorazione della cattedrale di San NicolaDvorichenski (poco dopo il 1113), che a loro volta differi-scono dagli affreschi della cattedrale della Natività dellaVergine nel monastero di Sant’Antonio, ove si è notatauna certa parentela con l’arte romanica. Nella secondametà del xii sec. N costituisce, con le città vicine (Pskov,Staraya Ladoga) uno dei principali centri artistici russi.Le caratteristiche della pittura di N appaiono nella chiesadell’Annunciazione (1189 ca.) del villaggio di Arkaji. Leparti meglio conservate sono le scene della Vita della Ver-gine e della Vita di san Giovanni Battista, dipinte in unostile libero e ardito, con marcata contrapposizione tra lucied ombre. Nei dintorni di N, sulla collina della Nereditsa,la chiesa del Salvatore (il più popolare monumentodell’arte religiosa antica) venne edificata nel 1198; era de-corata da affreschi che costituivano la più preziosa e piùcompleta testimonianza della pittura russa del xii sec. Ladistruzione della chiesa durante la seconda guerra mon-diale (1941-43) ci ha privati di uno dei complessi più ric-chi ed interessanti della decorazione chiesastica del xiisec. Un ciclo dettagliato della vita di Cristo e numerosi ri-tratti di santi coprivano interamente le pareti e le volte; ilGiudizio universale si sviluppava sulle pareti ovest e nord,l’Ascensione e i Profeti decoravano la cupola. Nell’abside,la Vergine orante col medaglione racchiudente il Bambinoche le si accosta al seno (tema che compariva qui per laprima volta) era inquadrata da santi, tra i quali figuravanoanche i santi russi Boris e Gleb. I personaggi, dalle formepesanti, in atteggiamenti ieratici, con volti dall’espressio-ne severa, erano trattati in uno stile ardito e potente, di-verso dall’arte elegante dei dipinti leggermente precedenti

Storia dell’arte Einaudi

di Pskov e di Staraya Ladoga. Il ritratto del principe Iaro-slav che offriva a Cristo il modellino della chiesa era statoaggiunto attorno al 1246.L’attività artistica, che si era rallentata nel xiii sec., ri-prende con nuovo vigore nel secolo seguente: se ne vedo-no i primi inizi nella cattedrale della Natività della Vergi-ne del monastero di Snetogorsk (a nord di Pskov), decora-ta nel 1313, e il suo pieno sviluppo nelle chiese della se-conda metà del xiv sec. Nella cattedrale di San Micheledel monastero Skovorodski (presso N, 1360), distruttadurante la seconda guerra mondiale, i personaggi, dalleproporzioni allungate, e le composizioni con i fondi dipaesaggio o di ricche architetture, rivelavano l’influssodell’arte bizantina dei Paleologhi. Nella chiesa del Salva-tore di Kovalevo (1380, anch’essa distrutta durante laguerra) gli affreschi, che coprivano l’intera superficie dellepareti e della cupola, presentavano somiglianze più con lepitture delle chiese serbe che di quelle russe; e si ritieneche gli artisti che li eseguirono provenissero dal monteAthos, che serviva da intermediario tra gli slavi dei Balca-ni e quelli russi. Le opere più notevoli a N erano i dipintidi Teofane il Greco nella chiesa della Trasfigurazione, e aVolotovo gli affreschi, in parte distrutti, ove gli apportibizantini sono stati reinterpretati in modo assai personalee combinati con elementi estranei a questa tradizione. AN, la chiesa di San Teodoro Stratilata venne edificata nel1360-61, ma decorata probabilmente solo verso il 1370-80, poiché i dipinti, assai mal conservati, imitano lamaniera di Teofane il Greco. Vi si ritrovano i medesimiprocedimenti per modellare i volti e i drappeggi mediantelinee e chiazze bianche, a larghe pennellate. Tuttavia ipersonaggi, di proporzioni più snelle, non hanno le qualitàstrutturali delle opere del maestro. Le composizioni, chesi ricollegano ai tipi iconografici bizantini, sono piene divita e di movimento. Il Museo di N ospita una notevolecollezione di icone, e in particolare la più antica iconadella cattedrale di Santa Sofia, l’immagine di san Pietro esan Paolo (xi sec.), nonché icone del xiv, xv e xvi sec.provenienti dall’iconostasi della cattedrale. (sdn).

Nowak, Willy o Vilém(Mni‰ek presso Praga, 1886 – ?). Si formò presso l’Acca-demia di pittura di Praga (1903-906), e soggiornò per mo-tivi di studio a Monaco e nei Paesi Bassi (1912-15). I suoi

Storia dell’arte Einaudi

esordi furono caratterizzati dalle tendenze espressive delgruppo degli Otto, che egli aveva contribuito a creare.Ma contrariamente alla maggior parte dei suoi membri,egli si disinteressò del cubismo per inoltrarsi, dal 1910, suuna strada personale. Forte della lezione dei paesaggisticlassici francesi, ampliata da quella di Cézanne, egli espri-me alla maniera di Renoir la sua costante emozione dinan-zi all’essere (le Amiche, 1913: Praga, ng), o davanti allospettacolo della natura (Paesaggio con cavaliere, 1933: ivi).Le fonti classiche della sua arte si ritrovano nelle sue lito-grafie (illustrazione per l’Arianna a Naxos di Hugo vonHofmansthal), mentre i Paesaggi sulle rive del Labe rivela-no, per la loro sensibilità, una parentela con Watteau edil «secondo rococò» cèco. I suoi ultimi olii ed acquerelli,ove le forme si disfano entro le fluidità atmosferiche sicollocano entro un processo molto avanzato verso l’astrat-to (la Caccia, 1967: coll. priv.). (ok).

NubiaLa N cristiana corrisponde geograficamente al Sudan at-tuale ed è entrata solo di recente nel campo di studi dellapittura orientale, principalmente in seguito alle scoperte aFaras (anticamente Pakoras). Chiusa tra l’Egitto e l’Etio-pia, convertita al cristianesimo (543 ca.), non ha attiratol’indagine scientifica a causa della completa scomparsadella religione cristiana. Tuttavia ancora nel xvi sec. pos-sedeva chiese dipinte la cui fama aveva superato le fron-tiere dell’Abissinia. Vi si manifesta una triplice correntereligiosa, attestata dagli storici e soprattutto dalle iscrizio-ni ritrovate, abbastanza numerose, in occasione dei lavoriintrapresi per la nuova diga sul Nilo: la corrente monofisi-ta, che fa penetrare nel paese le idee e gli usi in auge pres-so gli anticalcedoniani della Siria; la corrente melchita,che ricollega la N a Bisanzio; la corrente copta provenien-te dall’Egitto, messa a lungo in dubbio ma innegabiledopo la scoperta del sito di Faras, dove si affiancano iscri-zioni copte e greche. Molto rari i manoscritti ornati condecorazioni astratte o personaggi. È vero che i manoscrit-ti redatti in antico nubiano, generalmente frammentari,sono essi stessi di estrema rarità. Sono noti soltanto treesempi di libri ornati da figure: uno con Cristo, molto de-teriorato, uno con San Menna a cavallo (disegno più chepittura), e l’ultimo con un vescovo o un monaco recantein mano un libro. Di fattura molto grossolana, questi po-

Storia dell’arte Einaudi

veri frammenti (ix-x sec.) non presentano quasi altro inte-resse se non quello di attestare l’esistenza presso i Nubia-ni di manoscritti dipinti. Nel campo della pittura murale,la situazione è del tutto diversa, soprattutto dopo la sco-perta da parte di una missione polacca (del 1964) di tuttauna serie di affreschi generalmente in eccellente stato diconservazione, che adornano le pareti della cattedrale diFaras e che sono stati trasportati in parte nel Museo diVarsavia, in parte nel Museo di Khartum. Questa serie didipinti, realizzati direttamente sull’intonaco, confermaquanto già si sospettava in base all’osservazione di resti dipitture a Abndel Gadir, a Serré e in alcune altre chiesestudiate da Monneret de Villard a sud della prima caterat-ta. Già in esse si vede che l’impiego delle pitture era dif-fuso nella N cristiana e che talvolta tutte le pareti recava-no decorazioni, come accade appunto a Faras. Non è pe-raltro possibile determinare con precisione quale program-ma iconografico si seguisse. Si possono però almeno rile-vare i temi dominanti: il Cristo in trono, la Vergine in mae-stà, in piedi o seduta, gli Arcangeli, i Santi cavalieri, i Ve-scovi e gli Asceti della Chiesa nubiana. Tutto ciò fa partedella tradizione iconografica orientale; altre rappresenta-zioni sembrano invece essere specifiche dell’ambiente nu-biano, come gli angeli immensi dalle ali ocellate, le crocicircondate all’intersezione tra i bracci dal Tetramorfo (ani-mali evangelici), la Trinità rappresentata sotto forma ditre personaggi raffigurati a mezzo busto, del tutto similitra loro e allineati fianco a fianco. I dipinti più curiosi so-no quelli che presentano personaggi reali in abiti sontuosie in compagnia di Cristo o della Vergine, che li proteggo-no ponendo loro la mano sulla spalla o talvolta persinosollevandoli da terra dinanzi a sé. Queste scene di «prote-zione» sono così caratteristiche della pittura religiosa nu-biana che avevano già attratto l’attenzione di un viaggia-tore arabo del xii sec. Questi dipinti, numerosi a Faras eripetuti a Abdel Gabir ed a Abdallah Nirqi, recentementescavata dagli olandesi, offrono il miglior materiale peruno studio dell’evoluzione degli stili nubiani. A Faras, inun periodo di cinque secoli (707-1169) si seguono le trac-ce di cinque stili diversi, riconoscibili in base all’uso deicolori, ai temi rappresentati ed ai tratti del disegno. Ilcomplesso si ricollega da vicino a quanto manifestano i di-pinti copti, ma il tracciato è originale, e pertanto non sipuò asserire che la pittura nubiana sia una derivazione di

Storia dell’arte Einaudi

quella egiziana, con la quale ha peraltro visibili collega-menti. Anch’essa, nell’epoca a noi nota (viii-xii sec.), pre-ferisce la rappresentazione monumentale alla pittura stori-ca. Le scene della vita di Cristo sono rare. A Faras, accan-to alla Natività trattata con grande libertà, si trovano al-cune rappresentazioni di eventi relativi alla Passione e siilaResurrezione, ma sembra che esse siano state introdotte inqualità di icone, e che non rispondano a un preciso pro-gramma iconografico. Ci si trova qui di fronte a un parti-colarismo, spiegabile forse soltanto con la povertà delladocumentazione; d’altronde non si può sperare che questapossa in futuro arricchirsi, poiché tutti questi siti nubianisono oggi ricoperti dalle acque. (jle).

Nucci, Avanzino(Gualdo Tadino o Città di Castello 1552 ca. – Roma1629). Allievo e collaboratore di Niccolo Circignani aRoma (Baglione), il N partecipò, con molti suoi coetanei,ad alcune delle maggiori imprese decorative promosse daSisto V. Dopo un soggiorno a Napoli (1595-98, affreschiin Santa Maria di Costantinopoli, Annunziata, Certosa diSan Martino), svolse la sua attività prevalentemente aRoma (San Callisto, Madonna e santi; San Silvestre al Qui-rinale, Battesimo di Costantino; affreschi in Trinità deiMonti, in Santa Maria in Ara Coeli, 1610-12), ma ancheper l’Umbria e le Marche (Gualdo Tadino, Perugia, Spo-leto, Fabriano, Montebaroccio, Fermo). L’accostamentoal Roncalli, al Croce e all’Arpino produce, attorno al1600, gli esiti migliori del N che approda ad una decorosavariante della pittura devota, di dimessa intonazione epiana comunicativa. (gsa).

nucleareMovimento pittorico italiano, fondato a Milano nel 1951dai pittori milanesi Baj e Dangelo. Raggruppò all’inizioun piccolo numero di artisti: Joe Colombo, Dova, Bertini.Per i legami che strinse con gruppi europei d’avanguardia(il movimento Cobra, Phases a Parigi) ed americani (ilgruppo argentino Boa), rappresentò uno dei più importan-ti fenomeni culturali italiani del dopoguerra.I rapporti con artisti e critici internazionali provocaronouna corrente di idee e di esperienze che non mancaronodi avere conseguenze in Italia: la polemica contro ogni

Storia dell’arte Einaudi

tipo di dogmatismo estetico – in particolare contro l’intel-lettualismo dell’astrattismo geometrico – e l’affermazionedi un’arte scaturente da un’assoluta libertà fantastica eformale, sensibile ad ogni tipo di sperimentazione libera-toria, e che si valeva dell’espressione diretta edell’automatismo gestuale, svolsero un ruolo di primariaimportanza per le nuove avanguardie italiane. Tali legamiinternazionali vennero stimolati da una serie di mostreche raccolsero, col movimento n, esponenti di vari movi-menti che avevano in comune il medesimo ideale estetico:la mostra alla Galleria Apollo di Bruxelles (1952), quelladi Milano alla Galleria Schettini (1955), organizzata dalcritico del movimento Phases, E. Jaguer, in seguito allaquale venne fondata la rivista «Il Gesto» (1955-59). Larivista, che divenne portavoce del movimento, fu nel con-tempo un mezzo efficace di collegamento internazionale:tra i collaboratori vanno citati Dubuffet, Brauner, Son-derborg, Fontana. Il Manifesto della pittura nucleare venneredatto nel 1952 da Baj e Dangelo: in esso si rivendicanoil dadaismo e il surrealismo come fondamenti storici delmovimento (importanza dell’automatismo nella creazioneartistica, ricorso ad elementi preterintenzionali, identifi-cazione tra la creazione artistica e il «modo di essere»);tuttavia, il movimento trovò il proprio linguaggio nelletecniche «gestuali» (dripping e tachisme). Il tema ossessi-vo della «distruzione atomica» venne ripreso spesso da al-cuni artisti del gruppo (Baj: Il Grande Semaforo, 1950;forma cranica, 1952), che si ampliò in seguito grazie a nu-merose iniziative: nel 1957 venne redatto il Manifesto con-tro lo stile, ove si elevavano a teoria i principi di libertàinventiva e fantastica che avevano dato luogo alla nascitadel movimento, ricollegandolo peraltro in modo ancorapiù esplicito alle avanguardie europee. Nel 1958 il Grup-po 58 di Napoli apportò al n il contributo di giovani arti-sti (Biasi, Del Pezzo, Pergola, Di Bello); ebbero luogo di-namiche iniziative, come il Manifesto di Napoli (1959), cherilanciava violentemente la polemica anti-astrattista, e lafondazione della rivista «Documento Sud» (1959), cheraccoglieva giovani pittori e scrittori d’avanguardia,creando così un collegamento diretto con altri centri cul-turali italiani ed europei. Il movimento, la cui fase più at-tiva e fiorente si colloca intorno al 1953-54, si estinsepraticamente nel 1959. (lm).

Storia dell’arte Einaudi

Nudo di accademiaLa raffigurazione del corpo umano privo di indumenti(Nudo, Ignudo) è presente nell’arte figurativa dalla prei-storia sino all’età contemporanea con motivazioni, ragionie significati diversi: simbolo, allegoria, forma «ideale» o«naturale», indispensabile riferimento per lo studio delleproporzioni secondo i diversi « canoni», modello esempla-re per la pratica scolastica, ecc. Il tentativo di isolare nellacomplessa vicenda quel particolare aspetto che riguarda ilcosiddetto ndia deve in ogni caso partire dal presuppostoche esso non può intendersi senza la conoscenza dei pre-cedenti: il ndia è espressione infatti di una cultura figura-tiva che identificava nella pratica del nudo, del quale sierano ormai esperimentate tutte le possibilità espressive,la base dello stesso processo di apprendimento e del farearte. Un personaggio chiave per l’applicazione didatticadella pratica del nudo fu, a nostro avviso, Baccio Bandi-nelli (1488-1560): nel 1531, secondo l’iscrizione che com-pare in una ben nota incisione di Agostino Veneziano,egli aveva istituito nel Belvedere in Vaticano una «Acca-demia», nella quale insegnava i procedimenti dell’arte adun gruppo di giovani; databile circa al 1547 è un’incisionedi Enea Vico che raffigura l’atelier fiorentino del Bandi-nelli; singolare che in entrambe le stampe compaiano benein vista statuette di nudi, maschili e femminili; anzi,nell’incisione del 1531 quattro giovani sono proprio in-tenti a disegnare la statuetta – non è chiaro se trattasi diopera antica o di un modello contemporaneo – di un gio-vane nudo. Il Bandinella nella sua produzione disegnativae scultorea rappresenta il culmine di quella linea fiorenti-na che, partita dalla Porta della Mandorla del Duomo conevidenti riferimenti all’antico, attraverso Masaccio – i cuinudi nel Battesimo dei neofiti e nella Cacciata dei proge-nitori del Carmine «risalgono manifestamente non all’an-tichità, ma a studi tratti da modelli dal vivo» (N. Him-melmann, Nudità ideale, 1985) –, Donatelle, Antonio delPoliamolo e Bertoldo, era giunta, con Michelangelo e conla sua poetica di ispirazione neoplatonica, alla centralitàdella figura umana nuda. Il Bandinelli sembra dunquevoler ribadire in alcune opere, esemplari anche per la col-locazione (Ercole e Caco in piazza della Signoria, i Nudi vi-rili del Coro del duomo di Firenze, la Pietà della Sant’An-nunziata), la perentoria validità di tale scelta tematica.La rappresentazione del nudo trovava il suo necessario

Storia dell’arte Einaudi

fondamento nel disegno, inteso quale principio teoretico,fondamento dell’arte stessa, secondo una interpretazioneche, attraverso Cennino Cennini, Lorenzo Ghiberti e ipiù recenti apporti di Benedetto Varchi (Lezzione, 1547)e Anton Francesco Doni (Disegno, 1549), era – per gli ar-tisti fiorentini – divenuta corrente e riferimento obbligatonella concreta pratica artistica. A coronamento di talepercorso può collocarsi la fondazione della fiorentina Ac-cademia del Disegno, progettata da Giorgio Vasari fin dal1560 ca. ma che ebbe nel 1563, con la protezione di Cosi-mo de’ Medici, «Capitoli et Ordini» che ne fissarono gliordinamenti e le finalità compresa quella didattica. L’Ac-cademia fiorentina si assunse dunque il ruolo di istituzio-ne pubblica nella quale i giovani che rivelavano una parti-colare disposizione per le «arti del disegno» potessero tro-vare valido insegnamento. Pur non avendo testimonianzedirette, può ragionevolmente ritenersi che fin dagli inizilo studio del nudo, dapprima tratto da modelli di statueantiche o moderne e poi anche dal vero, dovesse essereproposto ai giovani come pratica necessaria, anche se nonsistematica. Del resto il Vasari, promotore del-l’istituzione, era convinto che nei «corpi ignudi [...] consi-ste la perfezione delle nostre arti». Strettamente collegatoal problema del nudo è quello dello studio dell’anatomia,che prevedeva anche sedute dedicate alla dissezione, pra-ticata nei teatri anatomici degli ospedali fiorentini. Maaccanto a tali sedute si venne stabilendo la praticadell’uso dei modelli anatomici, il cui prototipo è da indi-viduare in una statuetta in cera, databile al 1600 ca. diLudovico Cigoli (Firenze, Bargello), più volte replicata infusioni, ripresa in disegni e divenuta, sotto le denomina-zioni di ecorché o «scorticato», uno dei modelli «più po-polari in tutte le scuole d’arte dei tempi moderni» (Z.Waêbiƒski, L’Accademia medicea, 1987). Per quanto ri-guarda in modo specifico l’utilizzazione di modelli viventiper lo studio del nudo la prima sicura testimonianza sem-bra consistere in un riferimento di Vicente Carducho(Dialogos, 1633), secondo il quale alcuni modelli erano pa-gati per le necessità dell’Accademia dal duca di Firenze,consuetudine che si è creduto peraltro poter far risalireagli anni 1596-1606. Certo è che sullo scorcio del secolola pratica di disegnare dal vero il nudo doveva essersiormai consolidata; tanto che anche in istituzioni private,come quella organizzata da Gregorio Pagani (1558-1605)

Storia dell’arte Einaudi

in Palazzo Guadagni, la pratica era ugualmente seguita:«Erano quelle stanze sì ben disposte per l’esercizio d’unpittore che [...] oltre alla situazione dei lumi, e la loro ca-pacità, avevano anco annessa una stufa, che pareva fattaapposta per dipingervi l’ignudo nel tempo d’inverno» (F.Baldinucci, Notizie..., 1681/1728). Bisogna in ogni casogiungere alla metà ca. del sec. xvii (1644) per trovare neidocumenti accademici pagamenti effettuati a modelli. Frai numerosi disegni che testimoniano la pratica si ricorde-ranno: uno Studio di nudo di Santi di Tito (Firenze, Uffi-zi, n. 2389 S); due Studi anatomici di Andrea Boscoli (Fi-renze, Uffizi, nn. 8228 F e 8374 F), e un suo Nudo diprofilo (Firenze, Uffizi, n. 8186 F); un Giovane nudo sedu-to di Bernardino Poccetti (Firenze, Uffizi, n. 1583 S); unNudo maschile seduto di Girolamo Macchietti (Parigi,Louvre, n. 13717); il disegno preparatorio per le Tre Gra-zie di Francesco Morandini detto il Poppi (Torino, Bibl.reale, n. 15667). Anche se non tutti questi disegni posso-no farsi risalire ad una pratica accademica, essi sono tut-tavia indicativi dagli ordinamenti diffusi tra gli artistioperanti a Firenze negli ultimi decenni del xvi sec. Questiorientamenti si spiegano meglio anche alla luce di altreconsiderazioni. Lo stesso anno della fondazione dellafiorentina Accademia del Disegno, nella sessione XXVdel Concilio di Trento (3 dicembre 1563) si dettavanonorme e prescrizioni riguardanti l’uso delle sacre immagi-ni. Le conseguenze, nel riguardo del nudo, furono imme-diate; già nel Dialogo [...] degli errori e degli abusi de’pittoridi Giovanni Andrea Gilio (1564) si precisa la polemicaantimichelangiolesca, che investe esplicitamente il proble-ma della nudità: «I pittori che furono avanti Michelagno-lo non fecero mai la figura de la gloriosa Vergine nuda, néquella di alcun santo, eccetto ne’ martirii, et allora gli ve-lavano le parti vergognose». Le posizioni controriformisti-che sono poi apertamente dichiarate nel Discorso intornoalle immagini del bolognese cardinal Gabriele Paleotti(1582), una sorta di codice esemplare dei programmi ico-nografici post tridentini; dalla «tavola», ossia sommariodel terzo libro – mai redatto – sappiamo che ben cinquecapitoli (xvi-xx) sarebbero stati dedicati al problema dellarappresentazione del nudo; già i titoli di alcuni di essisono assai significativi: Delle figure ignude, e quanto agliocchi casti debbono essere schifate; Varie ragioni perché nonsi convengano le figure ignude; Che non si deve, per imitare li

Storia dell’arte Einaudi

corpi al vivo, spogliarli ignudi. Sullo scorcio del secolo, inLombardia, Gregorio Comanini si fa interprete di ideeormai correnti nel trattato II Pigino overo delfine della pit-tura (1591): «dee l’accorto padre di famiglia rifiutar tuttequelle [immagini] che sono formate ignude [...]. Quantomaggiormente poi dovrannosi fuggire le figure ignude ne’tempii, ove ogni cosa dee incitare allo spirito?» II rifiutodel nudo, nel clima controriformistico, non coinvolse sololetterati di provincia o dotti prelati ma giunse a metterein crisi artisti stessi; il caso più famoso è quello di Barto-lomeo Ammannati (1511-1592), scultore e architetto fio-rentino, che nel 1582 indirizzò una Lettera agli accademicidel Disegno, ossia ai suoi colleghi dell’Accademia fiorenti-na, nella quale rinnega la pratica sino ad allora da lui co-stantemente seguita di rappresentare figure ignude; l’Am-mannati dunque ammonisce «di non incorrere e caderenell’errore e difetto, nel quale io nel mio operare son in-corso e caduto, facendo molte mie figure del tutto ignudee scoperte [...]. Il far dunque statue ignude [...] è grandis-simo e gravissimo errore». Negli ultimi decenni del sec.xvi dunque voci diverse ed autorevoli si levano a condan-nare l’uso del nudo; e non ci sembra un caso che proprioallora si venga con altrettanta decisione istituzionalizzan-do il nudo quale elemento fondamentale per l’insegna-mento scolastico nelle Accademie, prima tra tutte – comesi è visto – quella fiorentina: intelligente ed astuto proce-dimento per eludere le censure e le vincolanti prescrizionicontroriformistiche, così da conservare ad una tematicaiconografica di consolidata tradizione, che attraversava undifficile momento, una sua autonoma collocazione, giusti-ficata e legittimata dalle necessità didattiche, sotto lequali era poi facile contrabbandare, come di fatto avven-ne, scelte e preferenze diversamente motivate. Come ènoto, la pratica del nudo è viva nella bolognese Accade-mia degli Incamminati, fondata e diretta da Agostino, Lu-dovico e Annibale Carracci tra il 1580 e il 1590, che siconfigurava quale istituzione privata (N. Pevsner, Acade-mies..., 1940); in essa è certo che si usassero modelli vi-venti e si praticasse la rappresentazione del nudo; nellavita di Pietro Faccini, il Malvasia (1678) ricorda «la stan-za [...] ove si spogliava il modello». Nell’orazione per lamorte di Agostino Carracci (1603) – riportata dal Malva-sia – Lucio Faberio riferisce come «in quella Accademia[...] tutti facevano a gara nel disegnar l’ossature de’ corpi,

Storia dell’arte Einaudi

nell’imparar i nomi, le posature e legature dell’ossa [...]facendosi perciò spesso Anatomia [...] Quivi s’attendeva[...] con mirabil frequenza al disegnar persone vive, ignu-de in tutto, o in parte». Dagli inizi del Seicento la praticadel ritrarre il nudo nelle pubbliche o private Accademiedovette diffondersi rapidamente; sappiamo così da Raf-faello Soprani (1674-1728) che intorno al 1610 LucianoBorzone frequentava l’«Accademia del Nudo che di que’dì tenevasi in Genova sotto la protezione di principali Si-gnori»; il Malvasia ricorda come Quercino «cominciòl’Accademia del Nudo» a Bologna in due stanze attrezza-te messe a sua disposizione nel 1616 dal signor Bartolo-meo Fabbri; ancora intorno al 1686, secondo Pietro Za-notti (1739), a Bologna, nella casa di Francesco Ghislieri,si radunava una «pubblica accademia», ove «ognuno po-tesse disegnare e ritrarre cosi l’uomo ignudo, come la fe-mina». Nel 1674 Luigi Scaramuccia consigliava ad un gio-vane apprendista: «prima, che metterti a dissegnaredall’Ignudo in publica Academia [...] di studiare da Disse-gni di qualche ottimo Maestro ove siano delle nuditati».La pratica era divenuta dunque ormai una consuetudinecosì largamente diffusa che lo stesso termine «Accade-mia» fu inteso quale sinonimo di «disegno del nudo»; ilfatto è bene registrato da Giovan Battista Passeri (ca.1678): «Introdussero li Caracci lo studio di disegnare ilnudo, che chiamano Accademia; ma questo è un nome,che non ha che fare con quell’esercitio, se non che sel’usurpa per causa della radunanza di molti». Il fenomenodivenne rapidamente europeo; nella letteratura artisticatedesca si è affermato il termine Akt, che esprime « inuna sola parola ciò che noi dovremmo definire con piùtermini, come "studio degli atteggiamenti nella accademiadel nudo"» (L. Grassi, 1978). La pratica del disegno delcorpo umano ignudo per fini didattici si stabilizza cosi neisec. xvii e xviii in tutte le istituzioni accademiche; ma èda registrarsi come accanto al perdurante uso del modellovivente, specie per le preferenze del gusto neoclassico, sisia continuato ad utilizzare come modelli statue antiche, opiuttosto calchi in gesso tratti da esse; la situazione neo-classica è bene espressa in questa osservazione di Fran-cesco Milizia (1797): «Lo studio del modello, cioè dimolti modelli vivi, è uno studio preliminare per giungerealla bellezza ideale che risiede nelle scelte sculture dell’an-tichità». Lo studio del nudo non cessò comunque nel sec.

Storia dell’arte Einaudi

xix di porsi come fondamento dell’insegnamento accade-mico. Nel Decreto della Consulta Governativa di Roma [...]relativo all’organizzazione delle scuole di Belle Arti dipen-denti dall’Accademia di San Luca (23 novembre 1810) siponevano le due cattedre «di disegno di nudo» tra quelledi prima classe; nello Statuto della Pontificia AccademiaRomana [...] di San Luca (15 dicembre 1817) si stabilivache «i professori di pittura e di scultura presiederannoogni settimana alternativamente alla scuola del disegno,del nudo e delle pieghe». Con il R. Decreto del 9 ottobre1873, che fissava lo Statuto organico della R. Accademiae Istituto di Belle Arti di San Luca in Roma, si istituivaper la prima volta (cap. vi) una Scuola libera del nudo;«Nell’Istituto vi sarà una scuola libera di disegno dalnudo con modelli variati per carattere e per età». Lo stu-dio del nudo, pur rimanendo di base per le Scuole di Pit-tura e Scultura, si apriva dunque ad una più largapartecipazione; principio cui le Accademie di belle arti,istituite in Italia nel 1923, hanno continuato a richiamarsinella continuità delle «libere scuole del nudo», ad esse an-nesse ma non formanti più parte integrante dei normalicorsi (Pittura, Scultura, Decorazione, Scenografia). (mp].

Nuñez della Valle, Pedro(Madrid 1590 ca. – dopo il 1649). Studiò a Roma, poivenne ammesso all’Accademia di San Luca. Fu tra i primirappresentanti madriteni del naturalismo tenebrista, chetuttavia temperò con un certo classicismo romano-bolo-gnese (Adorazione dei Magi, 1631: Madrid, coll. priv.).(aeps).

Nuova AstrazioneNata anch’essa come la Nuova Figurazione dalle ceneridell’informale, indica quell’area di ricerca astratta che sisviluppa sia in America che in Europa lungo tutto l’arcodegli anni Sessanta fino ai primi anni Settanta. L’infor-male non è estraneo alla nascita della NA in quanto pre-supposto di liberazione della rigorosità geometrica dellaforma verso una ricerca di strutture aperte. Toward a NewAbstraction è il titolo dell’esposizione al Jewish Museumdi New York introdotta da Ben Heller nel 1963 che pre-cede di un anno la mostra Post Painterly Abstraction curatada C. Greenberg al County Museum of Art di Los Ange-

Storia dell’arte Einaudi

les. In entrambe le occasioni sono presenti artisti che sa-ranno considerati i protagonisti della NA americana.Mentre B. Heller parla di «un approccio concettuale allapittura» (1963) come caratteristica principale di questi ar-tisti, C. Greenberg sottolinea il passaggio dal pittoricismodell’espressionismo astratto ad una ricerca lineare attra-verso una calibrata stesura del colore non più interrottadal gesto dell’artista e trattenuta in griglie geometriche. Iconfini molto ampi di questa nuova tendenza com-prendono esperienze diverse che vanno dalle improvvisa-zioni più libere di S. Francis, H. Frankenthaler, M. Louise J. Olitski agli esiti più sistematici di E. Kelly, K. No-land, L. Poons, F. Stella e dello scultore D. Smith cheaprirà la strada alle strutture primarie. Il precedente di-retto di queste nuove esperienze si trova nella pittura di«non-azione» di M. Rothko, B. Newman e C. Still con ladifferenza che i significati mistici e trascendentali ancorapresenti nelle tele dei pittori di questa generazione vannoscomparendo nella NA che tende alla trasformazione delquadro in «una presenza oggettiva in grado però di agiresullo spettatore mediante la forza dinamica del colore» (F.Menna, 1964). Le opere dei pittori americani protagonistidella NA saranno presenti nelle principali mostre in tuttaEuropa fin dall’inizio degli anni Sessanta.La problematica europea di quegli anni è meno lineare diquella americana. Il dibattito sviluppatesi dopo l’informa-le apre la strada a nuove e diverse direzioni di ricerca perle quali la riduzione ad una etichetta è quanto mai vaga eriduttiva. Il dibattito in corso si raccoglie a Milano intor-no alla rivista «Azimuth» ed all’omonima galleria a parti-re dal 1959 e a Düsseldorf con il gruppo Zero fin dal1958. Interprete di questo clima sarà il critico U. Kulter-man che nel 1960 organizzerà una mostra al mc di Le-verkusen dal titolo Monochrome Malerei a cui sono invitatiartisti come P. Dorazio, F. Lo Savio, E. Castellani, P.Manzoni, Y. Klein, O. Piene, H. Mack accanto ai più an-ziani L. Fontana, M. Rothko, C. Still, B. Newman. L’o-pera di riduzione e di azzeramento dei valori artistici, lenuove ricerche visuali attraverso l’indagine sulla luce e sulcolore, l’intento critico/conoscitivo di questi artisti sonogli aspetti fondamentali del loro lavoro. G. Ballo nell’am-bito della Biennale di Venezia del 1968 proporrà una rico-struzione del percorso della NA, individuandone i prece-denti storici nei capisaldi dell’avanguardia costruttivista

Storia dell’arte Einaudi

ed astrattista, e preciserà che in questa nuova tendenza«ci può essere l’intervento geometrico e anche l’influssodella libertà informale; ma tutto tende a risolversi in artedi pura percezione, dove lo spazio, senza la terza dimen-sione, fa sentire il divenire, e quindi il tempo, la quartadimensione, nell’idea del continuo». Non bisogna dunqueslegare del tutto dal campo della NA il discorsosull’«opera aperta, programmata e moltiplicata» nel sensodi una ricerca di comunicazione attraverso le leggi dellapercezione pur tenendo conto delle diverse finalità. Agliinizi degli anni Settanta viene riproposto il termine diNA per quella pittura che dopo la Pop Art e le correntiprogrammate e op, l’«hard edge» abstraction e la mini-mal, «ha ridato nuova importanza al colore ed al fatto pit-torico» (G. Dorfles, 1973). Si fa riferimento in questocaso ai pittori americani E. Kelly, R. Mangold, B. Mar-sden, D. Rockburne, R. Ryman. Il discorso americanoruota soprattutto intorno all’analisi del linguaggio pittori-co attraverso la ricerca di astrazioni primarie e colori nonrelazionali e viene messo in risalto dalla mostra SystemicPainting organizzata da L. Alloway nel 1966 al Gug-genheim Museum di New York in cui gli artisti guida diquesta area vengono riconosciuti in Ad Reinhardt e B.Newman. Sul versante europeo alle scelte più propriamen-te pittoriche si aggiungono delle implicazioni ideologicheorientate verso un discorso sul piano sociale di critica delsistema artistico. Questo si esplica in maniera evidentesoprattutto in Francia con D. Buren, O. Mosset, Parmen-tier e N. Toroni e con L. Cane e C. Viallat. Ricordiamotra gli altri gli italiani C. Battaglia, P. Cotani, M. Gasti-ni, G. Griffa; gli inglesi A. Charlton e A. Green; i tede-schi W. Gaul e R. Girke. Da citare anche il singolare per-corso di B. Palermo (P. Heisterkamp). Come ricorda F.Menna (1968) molti di questi artisti operano già all’iniziodegli anni Sessanta a testimonianza di uno sviluppo senzasoluzione di continuità dell’area della NA che attraversola pittura analitica giungerà fino ai nostri giorni. (chtng).

Nuova FigurazioneII termine indica un ampio schieramento di artisti che,all’indomani dell’informale, sperimentano nuove possibi-lità espressive attraverso un ritorno all’immaginazioneumana e a temi narrativi senza alcun riferimento adun’unità stilistica. In Italia, la mostra chiave su NF si

Storia dell’arte Einaudi

tiene alla Galleria Strozzina di Firenze nel 1963 ed ap-profondisce il discorso aperto in Francia due anni primaalla Galleria Mathias Fels a Parigi con la mostra Pour unenouvelle figuration presentata da J. L. Ferrier. Nel 1959 almma di New York viene organizzata da Peter Seltz lamostra New Images of Man che, oltre a presentare gli arti-sti neofigurativi nordamericani, ha il gran merito di rico-struire la tradizione storica di questo nuovo orientamentoattraverso le opere di tutti quegli artisti che nel dopoguer-ra avevano lavorato sull’immagine umana cioè Giacomet-ti, Bacon, De Kooning (’50-54), Dubuffet, Richier, Armi-tage, Paolozzi, Pollock (’51-52). L’apertura sull’immagineè stata resa possibile proprio grazie all’informale, che an-nullando il valore della forma in sé ha vanificato la con-trapposizione tra figurativo e non figurativo conferendopari importanza al segno significante e al segno non signi-ficante. Alla mostra fiorentina che, secondo Crispolti,rivela «una mancanza di chiarezza tra ipotesi nuove e areaiconica dell’Informale stesso» partecipano artisti prove-nienti da tutta Europa tra cui ricordiamo K. Apple, E.Arroyo, A. Bueno, J. Corneille, J. Dubuffet, B. Dufour,A. Jorn, Echaurren S. Matta, E. Pignon, H. Platschek,A. Saura e tra gli italiani E. Baj, R. Crippa, S. Dangelo,L. Del Pezzo, A. Moretti, G. Novelli, A. Perilli, M. Per-sico, A. Recalcati, M. Rotella, P. Ruggeri, S. Saroni, M.Schifano, S. Vacchi, V. Venturi. I critici che presentanogli artisti, tra cui J. L. Ferrier, F. Bayl, G. Dorfles, E.Sanguineti, E. Crispolti, M. Calvesi, concordano sulla ge-nerosità della definizione di NF, sulla possibilità di equi-voco, sul suo scarso mordente. Convivono, in effetti,nella mostra varie esperienze per cui si è parlato dineosurrealismo, neoespressionismo, neomagicismo, di re-lazioni con le poetiche del segnogesto, del collage newdada, ma il riferimento comune è qui ad un’immagine «ri-conoscibile» che non ceda ad alcuna nostalgia naturalisti-ca, neorealistica e accademica. L’immagine fa da tramiteconcreto ed oggettivo con il mondo senza alcuna implica-zione ideologica. «La differenza di questa NF rispettoall’arte propriamente figurativa è che la figura non ha piùalcun valore, non è più un modello dato, né un risultatoda raggiungere, è un frammento di realtà.» (Argan, 1962).I primi sintomi del riapparire dell’immagine avvertiti giànei nucleari milanesi e nella rivolta antiastrattista dei nu-cleari napoletani (Sanguineti, 1963), la ricerca del «supe-

Storia dell’arte Einaudi

ramento del vecchio rapporto visivo-naturalistico» da par-te della «scuola di Roma» che C. Vivaldi proponeva come«centro» della «nuova figurazione» in Italia (1959), lapittura di «relazione» (Crispolti, Sanesi, 1960), testimo-niano questa ricerca del linguaggio al di fuori delle con-venzioni. Quest’area di riproduzione iconica non sarà co-munque riconosciuta in nessuna scuola, non avrà nessunmanifesto programmatico. È da ricordare infine che laformula NF venne usata per la prima volta nell’ambitoCobra (Atlan, 1950). (chmg).

Nuova GuineaLe varie popolazioni di quest’isola dell’Australasia (postaa nord dell’Australia, e bagnata sulla sua costa norddall’oceano Pacifico) hanno creato un’arte senza equiva-lenti, in cui la pittura si lega intimamente alla vitaquotidiana. Il supporto pittorico consiste in foglie dipalma o in grandi pezzi di cortecce, di solito collocatisulle pareti delle «case degli uomini». Tali case sono lasede di danze e cerimonie di iniziazione durante le qualile cortecce celano talvolta oggetti rituali. I colori maggior-mente impiegati sono il rosso, il nero ed il bianco. Il voltoumano, più o meno stilizzato, è tra i temi più frequenti.Nella zona Washkuk del Sepik si trova una decorazionerappresentante un volto umano dagli occhi rotondi, dalnaso ovale e dalla bocca arcuata, ove ciascun tratto è sot-tolineato con linee bianche o rosse; nella zona Maprik sitrova un corpo umano in cui parti a tratteggi bianchi sicontrappongono a zone di colore; nel Medio Sepik, ilvolto umano è sormontato o circondato da uccelli.Uccelli o coccodrilli costituiscono altri possibili temi. Lefigure sono in nero o in rosso su fondo bianco. La regionedel lago Sentani, che con quella di Sepik è la regione dellerealizzazioni pittoriche più belle, presenta disegni eseguitiimprimendo la corteccia dal retro con la mano. Predomi-nano due temi: figure rigide articolate in una serie di dise-gni curvilinei ripetuti a spirale e composizioni più libereove sono più frequenti gli animali, pesci o lucertole. Illago Sentani è pure famoso per i suoi tapa, a motivi reali-stici.Vi si trovano le forme animali delle cortecce dipinte: ungroviglio di uccelli, lucertole, pesci, serpenti ed anchepiante e stelle stilizzate. Taluni temi sono religiosi o miti-ci. Nel golfo della Papuasia, una decorazione incisa

Storia dell’arte Einaudi

delimita zone e bande colorate. Nella regione di Abelam,si ha un fondo nero circondato da bianco: sono pittureeseguite da gruppi sotto la dirczione di un maestro cheposa il bianco e controlla il resto. Come in altre regionidell’Oceania, si trovano borracce in bambù inciso, noci dicocco anch’esse incise, e grandi tamburi dalla decorazioneincisa. Il procedimento di intaglio incavo sugli scudi dilegno, praticato particolarmente dagli Asmat, consente didifferenziare i colori (rosso e bianco) integrandoli con unrilievo o un incavo. Belle collezioni si trovano a Basilea(Museum für Völkerkunde), Amsterdam (Koninklijk Insti-tuut voor de Tropen), Cambridge (Università) e Parigi(Musée de l’Homme). (jgc).

Nuove tendenzeTra i più importanti tentativi di rinnovamento delle artioperato da giovani artisti nel primi decenni del secolo siannovera l’episodio milanese di Nt, il gruppo artisticod’avanguardia che nasce ed opera a Milano tra l’estate del1913 e la primavera del 1914. Animatore e presentatoredel sodalizio è Ugo Nebbia, disegnatore di gusto secessio-nista, critico d’arte e profondo conoscitore della culturafigurativa francese, russa e mitteleuropea. Accanto a lui,nell’opera promozionale, sono l’architetto Giulio UlisseArata, Gustavo Macchi ed il critico Decio Buffoni. Spettaa loro la prima elaborazione del programma e l’idea diun’esposizione, mentre il pittore Leonardo Dudrevilleavvicinerà e recluterà gli artisti, come risulta da una lette-ra alla pittrice Adriana Bisi Fabbri dell’agosto del 1913.La prima uscita pubblica del gruppo è un manifesto-pro-gramma, datato 20 marzo 1914 e sottoscritto da Arata,Buffoni, Mario Chiattone, Dudreville, Carlo Erba, Achil-le Funi, Macchi, Nebbia, Giovanni Possamai, AntonioSant’Elia, inizialmente edito come volantino ed in seguitopubblicato su «Pagine d’Arte» (a. II, n. 7, Milano15.4.1914) quasi contemporaneamente all’annuncio sullastessa rivista della prossima apertura della mostra di Nt.La Prima Esposizione d’Arte del Gruppo Nt ha luogo allaFamiglia Artistica a Milano dal 20 maggio al 1o giugnodel 1914. Vi partecipano Adriana Bisi Fabbri (due dipin-ti), l’architetto Mario Chiattone (tre disegni), Dudreville(dieci dipinti), Carlo Erba (nove dipinti), Alma Fidora(quattro stoffe ricamate), Possamai (quattro dipinti) eSant’Elia (sedici disegni di architettura). Dei primi mem-

Storia dell’arte Einaudi

bri fondatori non espose l’architetto Arata né compaionoi nomi di Buffoni e di Macchi. Il testo introduttivo delcatalogo, firmato da Ugo Nebbia, è un’affermazione di li-bertà espressiva, al di là delle estremizzazioni avanguardi-stiche. «[...] Non ci teniamo ad essere incomprensibili adoltranza, né a profanare per puro capriccio di novità ilsenso estetico dei più: ma d’apparire solo onesti collabora-tori a favore d’una sempre più ampia e libera espressioneattraverso la quale soltanto sentiamo che l’arte nostrapotrà, anzi dovrà, trovare i suoi più vitali elementi». Ilgruppo propone, quindi, una posizione moderata ed auto-noma rispetto al futurismo, tanto che Arata su «Pagined’Arte» del 30.7.1914 parlerà di «ala destra del Futuri-smo», distinta dall’«estrema sinistra rivoluzionariadell’arte» espressa da Marinetti. D’altronde, dall’analisidelle opere presenti in mostra e dalle autopresentazionidegli espositori (Dudreville, Sant’Elia, Possamai, Funi,Erba) se da una parte emerge con evidenza il valore sog-gettivo attribuito alle singole ricerche, fuori da un impe-gno totalizzante e programmatico, allo stesso tempo si pa-lesa una vicinanza con le scelte linguistiche futuriste, so-prattutto nelle opere di Sant’Elia, Chiattone, Funi,Dudreville e Nizzoli, che la critica contemporanea regi-stra puntualmente. Accanto a composizioni plastico-dina-miche, fortemente sintetiche, e ad alcune proposizioniteoriche influenzate dagli scritti di Boccioni e Severini,convivono nel gruppo Nt – specialmente nelle opere diErba, Bisi Fabbri e Possamai – elementi e simbologie diderivazione secessionista, valenze simboliste ed accentiespressionisti. Questa molteplicità di componenti cultura-li, questo sincretismo formale collocano il fenomeno Ntall’interno di quel movimento d’avanguardia eterodossoche trova in Italia la propria sede naturale nelle esposizio-ni di Ça’ Pesaro a Venezia, nell’Esposizione Libera Futu-rista internazionale alla Galleria Sprovieri a Roma, nelleSecessioni romane. L’eterogeneità di Nt e l’instabilitàdelle alleanze saranno la causa principale delle breve dura-ta del gruppo. Il passaggio di Sant’Elia al futurismo con lapubblicazione del Manifesto dell’Architettura futurista e lepolemiche che ne derivarono segnano nell’estate del 1914la fine di questa esperienza. Alcuni dei suoi maggioriesponenti, dopo un breve adesione al futurismo, conflui-ranno nel Novecento. (fp).

Storia dell’arte Einaudi

Nuvoloni o Nuvolone Panfilo(Cremona o Mantova 1580 ca. – Milano 1651 ca.). Iniziòla sua attività a Cremona, nell’ambito del Malosso, stabi-lendosi poi a Milano, dove operò sia su tela che a fresco,dimostrandosi aggiornato sulla pittura del tardo ’500, daquella di Giulio Romano alla produzione locale (Figino,Meda). Le opere sicure di N (che spesso è stato confusocon i due figli, essendo tutti soprannominati «i Panfili»)si distinguono per un disegno nitido e per una forma mas-siccia, con largo uso di colori cangianti e di ombre e luci aforti contrasti: importanti gli affreschi milanesi nella cap-pella Sansoni, in Sant’Angelo, del 1610, dagli scorci abil-mente scenografici e scultorei, nei quali appare assai fede-le ai modi di Camillo Procaccini ed a cui sarebbero avvici-nabili gli affreschi di Santa Maria della Passione (da altriascritti al figlio Carlo Francesco), effettivamente vicini algusto lombardo del primo ’600. La pala con la Vergine introno e due santi (Milano, Sant’Angelo) è stilisticamenteaffine a quella di Schwyz (chiesa dei Cappuccini) firmatanel 1620. Intanto, nel 1618, è attivo ad affreschi ai SantiDomenico e Lazzaro, e nel 1626 lavora in Palazzo Ducalea Pavia (affreschi perduti). Tra le opere attribuite, la cap-pella di San Michele alla certosa di Pavia, gli affreschidella prima cappella destra in San Celso a Milano, una lu-netta su tela al Museo Civico di Como con San MicheleArcangelo, vicina al gusto del Morazzone. Anche la naturamorta fu oggetto della sua attenzione (coll. private a Mila-no; mc a Cremona): N la risolse in modi estremamenteconcreti, sull’esempio della tradizione cinquecentescalombarda.Carlo Francesco (Milano 1609 ca. – 1661). Seguì dappri-ma l’insegnamento paterno, poi fu all’Accademia Ambro-siana tra gli allievi del Cerano, guardando pure all’arte diG. C. Procaccini che gli suggerisce elementi di cultura ge-novese, e a cui è vicino per temperamento, cogliendonel’aspetto più dolcemente sensuale e di più tenero colori-smo: elementi già ben chiari nel suo primo dipinto docu-mentato, il Miracolo di santa Maria (1636: già Milano,Santa Maria, oggi nel Seminario di Venegono Inferiore).La sua produzione si concentra in uno spazio di anni rela-tivamente breve, passibile di scarse variazioni: sempre at-tenta a raffigurare morbide forme stemperate in un’atmo-sfera liquida e nebbiosa e a cogliere l’aspetto più dolcedelle sue figure. Ad Orta, dove negli anni Cinquanta af-

Storia dell’arte Einaudi

fresca tre cappelle del Sacro Monte, è vicino al mondo delCerano e di Daniele Crespi; un gruppo di tele (ad esempioSusanna e i vecchioni: all’Ambrosiana di Milano; la Nati-vità di san Giovanni: a Vogherà, San Giovanni; la Morte diProcri: a Milano, Castello Sforzesco), mostrano una piùestesa cultura genovese ed emiliana. Nel 1645 firma laPurificazione della Vergine (Piacenza, mc), che può essereconsiderata tra i suoi capolavori per l’eleganza con cuisono atteggiate le figure, per l’abile orchestrazione deipersonaggi, per le morbidezze coloristiche e il sapienteuso di tenere ombre. Più solenne e robustamente costrui-ta l’Assunzione della Vergine, del 1646 (Milano, Brera);più stemperata in fragili movenze di figure e di gesti laMadonna col Bambino e i santi Carlo e Felice (Parma, Pina-coteca), firmata nel 1647. L’anno dopo N è a Pavia ad af-frescare una cappella della Certosa, ed in questi anni è ri-chiesto anche come ritrattista: ne sia esempio il bellissimoConcerto di famiglia (Milano, Brera). Intanto i soggetti re-ligiosi (Educazione della Vergine: al Santuario di Rho; Visi-tazione: a Brera; la Vergine col Bambino e san Felice daCantalice: a Milano, in coll. Treccani) estenuano ancora ilcolore e le forme in un risultato di pastoso sfumato, in pa-rallelo con Murillo (ma spesso in anticipo rispetto allospagnolo). Gli affreschi di due cappelle del Sacro Montedi Varese (1650-52, ma soprattutto alcune tele – ad esem-pio La morte di Didone (Dresda, gg), il Cristo risorto (mbadi Bordeaux), la Sant’Agata (Pittsburg, Carnegie Institut)ecc. – risolvono le premesse pittoriche di N in una dire-zione di un’ormai chiara apertura settecentesca.Giuseppe (Milano 1619-1703 ca.), fratello di C. F., gli èvicino stilisticamente, risolvendo nelle opere mature lagrazia lieve ed arcadica di C. F. in più robuste soluzioniche si avvalgono di concrete aderenze naturalistiche edarchitettoniche. Ne è esempio notevole il Miracolo di sanDomenico (Cremona, mc), del 1671. La sua attività sisvolse, oltre che a Milano (opere in Santa Maria delleGrazie, Brera, Ospedale maggiore), a Brescia (DuomoNuovo, 1679; Congrega Apostolica), a Cremona e nellaprovincia.Carlo (operoso nella seconda metà del ’600), figlio di Giu-seppe, è autore di affreschi a Cremona (San Domenico) ea Savognino (San Martino) nel 1681. Poche sono comun-que le opere sicure, essendo spesso il suo nome confusocon quello dello zio. (gg).

Storia dell’arte Einaudi

NuziAntica città della Mesopotamia settentrionale, ritrovata aYorgan-Tepe presso Kirkk (Irak) durante scavi americanicondotti tra il 1925 e il 1931. Un palazzo del xv sec. a.C. conteneva resti di fregi murali. (asp).

Nuzzi, Mario, detto Mario dei Fiori(Roma 1603-73). Deve il soprannome di Mario dei Fiorialla specialità praticata con enorme successo per le grandifamiglie romane: i Chigi, i Borghese, i Colonna, gli Ode-scalchi e i Pallavicini. Fu accademico dei Virtuosi (dal1646) e di San Luca (dal 1657). Lavorò spesso in col-laborazione con altri artisti che eseguivano le figure inse-rite nelle sue imponenti costruzioni floreali. Tra gli esem-pi più interessanti di questo genere sono i dipinti in palaz-zo Chigi ad Ariccia (Ritratto dell’artista al cavalletto, conG. M. Morandi, e la serie delle Stagioni: Primavera, con F.Lauri, Estate, con C. Maratta, Autunno, con G. Brandi,Inverno, con B. Mei), databili al 1659 c. e di poco anterio-ri ai celebri Specchi con fiori e amorini nella Galleria di Pa-lazzo Colonna (1660-65, con figure di C. Maratta). Letrionfali composizioni del Nuzzi, dove viene utilizzato –anche se a un livello giudicato talvolta artigianale, nono-stante la grande fortuna – l’ormai consolidato repertoriodei fiamminghi, furono riprese con esiti assai più elevatida Abraham Bruegel, a Roma da 1656. (lba).

Nyman, Olle → Lundquist

Storia dell’arte Einaudi

Elenco degli autori e dei collaboratori.

aaa Aracy Abreu Amaralaba Annie Bauduinabc Antonio Bonet Correaabl Albert Blankertabo Alan Bownessacf Anna Colombi Ferrettiach Albert Châteletacl Annie Cloulasacs Ariette Calvet-Sérullazad Anne Distelada Antonietta Dell’Agliaem Andrea Emilianiaeps Alfonso Emilio Perez Sánchezag Andreina Griseriagc Alessandra Gagliano Candelaalb Agnès Angliviel de La Baumelleam Arpag Mekhitarianamr Anna Maria Rybkoan Antonio Nataliap Alessandra Ponenteaq Ada Quazzaar Artur Rosenaueras Antoine Schnapperasp Agnès Spycketat Amanda Tomlinson (Simpson)az Adachiara Zevibda Bernard Dahhanbdm Brigitte Pérouse de Montclosbdr Barbara Drudibl Boris Lossky

Storia dell’arte Einaudi

bp Béatrice Parentbt Bruno Toscanobz Bernard Zumthorea Égly Alexandrecame Carlo Meliscc Claire Constanscd Christian Derouetcf Corrado Fratinicfs Christine Farese Sperkeneg Charles Goergchmg Chiara Maraghini Garronecmg Catherine Mombeig Goguelcpi Claudio Pizzorussocr Claude Rolleycre Claudie Ressortcv Carlo Volpeda Dimitre Avramovdg Danielle Gaboritdgc Daniela Gallavotti Cavallerodh Dieter Honischdk Dirk Kocksdp Denis Patakydr Daniel Robbinseb Evelina Boreaeca Elisabetta Canestrinieg Elisabeth Gardnerel Elvio Lunghielr Elena Ramaem Eric Michauden Enrica Nerier Elisabeth Rossiererb Elena Rossetti Brezzies Elisabetta Samboet Emilia Terragnifa François Avrilfc Françoise Cachinfca Francesca Castellanifd Ferenc Debreczenifd’a Francesca Flores d’Arcaisff Fiorella Frisonifg Flávio Gonçalves

Storia dell’arte Einaudi

fgp François-Georges Parisetfh Françoise Henryfir Fiorenza Rangonifm Françoise Maisonfa Fritz Novotnyfr François Rambierfrm Frieder Mellinghofffv Françoise Viattefw Françoise Weinmannfzb Franca Zava Boccazziga Götz Adrianigb Germaine Barnaudgbc Gilles Béguingbo Geneviève Bonnefoigem Gilbert Émile-Mâlegh Guy Habasquegibe Giordana Benazzigl Geneviève Lacambregla Gemma Landolfigm Gunter Metkengma Georges Marliergp Giovanni Previtaligpe Giovanna Perinigr Giovanni Romanogrc Gabriella Repaci-Courtoisgs Gunhild Schüttegsa Giovanna Saporigse Gabriella Serangeligv Germaine Viatteg+vkGustav e Vita Maria Künstlerhb Henrik Bramsenhbf Hadewych Bouvard-Fruytierhbs Helmut Börsch-Supanhl Hélène Lassallehm Helga Muthhn Henry Nesmeht Hélène Toussainthz Henri Zerneric Isabelle Compinij Ionel Janouim Ines Millesimi

Storia dell’arte Einaudi

ivj Ivan Jirous e Vera Jirousovajaf José-Augusto Françajbr Jura Brüschweilerjf Jacques Foucartjfj Jean-Françoise Jarrigejg Jacques Gardellesjh John Hayesjhm Jean-Hubert Martinjho Jaromir Homolkajhr James Henry Rubinjjl Jean-Jacques Lévêquejl Jean Lacambrejm Jennifer Montagujmu Johann Muschikjns John Norman Sunderlandjpc Jean-Pierre Cuzinjpm Jean-Patrice Marandeljps Jean-Pierre Samoyaultjrb Jorge Romero Brestjro Jean-René Ostignyjs Jeanne Sheehyjt Jacques Thuillierjv Jacques Vilainka Katarina Ambroziclaw Lucie Auerbacher-Weillb Luciano Bellosilba Liliana Barroerolcv Liana Castelfranchi VegasIh Luigi Hyeracelm Laura Malvanolma Lucia Masinalo Leif Ø stbylt Ludovica Trezzanilte Luca Telòmas Marcel-André Staltermast Margaret Alison Stonesmat Marco Tanzimb Mina Baccimbé Marie Bécetmcv Maria Ciomini Visanimdb Marc D. Bascou

Storia dell’arte Einaudi

mdp Matias Diaz-Padronmfb Marie-Françoise Briguetmfe Massimo Ferrettimg Mina Gregorimga Maximilien Gauthiermgcm Marie-Geneviève de La Coste-Messelièremgm Maria Grazia Messinamh Madeleine Hoursmha Madeleine Hallademn Maria Nadottimo Marina Onestimp Mario Pepemr Marco Roseimri Monique Ricourmro Marina Romitimrs Maria Rita Silvestrellimrv Maria Rosaria Valazzimt Miriam Talmta Marco Tanzimtb Marie-Thérèse Baudrymtf Marie-Thérèse de Forgesmtmf Marie-Thérèse Mandroux-Françamtr Maria Teresa Robertomv Michael Voggenauermvc Maria Vera Crestimwb Michael W. Bauernbl Nicole Blondelnhu Nicole Hubertnr Nicole Reynaudns Nicola Spinosaok Old≈ich Kulìkol Olivier Lépinepa Paolo Ambroggiopb Paul Bonnardpcl Paola Ceschi Lavagettopfo Paolo Fossatipg Paul Guinardpge Pierre Georgelphp Pierre-Henri Picouppd Pier Paolo Donatipr Pierre Rosenberg

Storia dell’arte Einaudi

prj Philippe Roberts-Jonesps Pietro Scarpellinipv Pierre Vaissepva Poul Vadrch Raymond Charmetrdg Rosanna De Gennarorg Renzo Grandirl Renée Locherla Riccardo Lattuadarm Robert Mesuretrn Riccardo Naldirp René Passeronrpa Riccardo Passonirpr Robert Prinçayrr Renato Rolirs Roy Strongrt Rossana Torlontanorvg Roger van Gindertaelsag Sophie-Anne Gaysb Sylvie Béguinsba Simone Baioccosc Sabine Cottescas Serenella Castrisd Suzanne Dagnaudsde Sylvie Deswartesdn Sirarpie Der Nersessiansg Silvia Ginzburgsls Serge L. Strombergso Solange Orysr segreteria di redazionesro Serenella Rolfisvr Sandra Vasco Roccatb Thérèse Burollettp Torsten Palmervb Victor Beyerdvbe Virginia Bertonevc Valentina Castellanive Vadime Elisseeffvn Vittorio Natalewb Walther Buchowieckiwh Wuef Herzogenrath

Storia dell’arte Einaudi

wj Wladyslawa Jaworskawl Willy Laureyssenswv William Vaughanwz Walter Zaniniyb Yvonne Brunhammeryt Yvette Taborin

Storia dell’arte Einaudi

Elenco delle abbreviazioni.

Accademia Gallerie dell’Accademia, VeneziaAccademia Galleria dell’Accademia, Firenzeag Art GalleryAlbertina Graphische Sammlung Albertina, Viennaam Art Museum, Museum of Art, Musée

d’art, Museu de Arte, Muzeul de artaam Altes Museum, BerlinoAmbrosiana Pinacoteca Ambrosiana, Milanoap Alte Pinakothek, Monaco di Bavieraba Bibliothèque de l’Arsenal, Parigibc Biblioteca civica, Biblioteca comunalebifa Barber Institute of Fine Arts, Birminghambl British Library, Londrabm British Museum, Londrabm Biblioteca municipalebn Biblioteca nazionaleBrera Pinacoteca di Brera, Milanobv Biblioteca Vaticana, Romabvb Museum Boymans-van Beuningen, Rotter

damCapodimonte Museo e Gallerie nazionali di Capodimon-

te, NapoliCarrara Galleria dell’Accademia di Carrara, BergamoCastello Museo del Castello Sforzesco, MilanoCastelvecchio Museo di Castelvecchio, VeronaCloisters The Metropolitan Museum of Art - The

Cloisters, New Yorkcm Centraal Museum der Gemeente Utrecht,

Utrechtenba Ecole Nationale des Beaux-Arts, Louvre,

Parigi

Storia dell’arte Einaudi

Escorial Monasterio de San Lorenzo de El Escorial(prov. di Madrid)

Fogg Muséum William Hayes Fogg Art Mus eum, Har-vard University, Cambridge, Mass.

gam Galleria d’Arte Modernagg Gemäldegaleriegm Gemeentemuseum, L’Ajagn Galleria Nazionalegnaa Galleria nazionale d’arte antica, Romagnam Galleria nazionale d’arte moderna, Romagnm Germanisches Nationalmuseum, Norim-

bergagnu Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugiahm Historisches Museumkh Kunsthalle, Kunsthauskk Kupferstichkabinett, Musei Statali, Berli-

nokm Kunstmuseum, Museum für Kunst, Kun-

sthistorisches Museumknw Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen,

DüsseldorfKröller-Müller Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo

(Olanda)ma Museo Archeologicomaa Museu Nacional de arte antiga, Lisbonamac Museo de arte de Cataluña, Barcellonamac Museo españnol de arte contemporàneo,

Madridmac Museu Nacional de arte contemporânea,

Lisbonamac Museum van Hedendaagse Kunst, Gandmac Museo de arte contemporânea, San Paolo

del Brasilemad Musée des arts décoratifs, Parigimam Museo d’arte moderna, Musée d’art mo-

derne, Museo de arte modernomamv Musée d’art moderne de la ville de Paris,

ParigiMarciana Biblioteca Nazionale Marciana, VeneziaMauritshuis Koninklijk Kabinet van Schilderijen (Mau-

ritshuis), L’Aja

Storia dell’arte Einaudi

mba Musée des Beaux-Arts, Museo de BellasArtes

mbk Museum der bildenden Künste, Lipsiamc Museo Civico, Musei Civicimfa Museum of Fine Artsmm Moderna Museet, Stoccolmamm Museo Municipale, Musée Municipalmma Metropolitan Museum of Art, New Yorkmmb Museum Mayer van den Bergh, Anversamn Museo Nazionalemnam Musée national d’art moderne, Centre na-

tional d’art et de culture Georges Pompi-dou, Parigi

mng Magyar Nemzeti Galéria, Budapestmo Musée d’Orsay, Parigimoma Museum of Modern Art, New Yorkmpp Museo Poldi Pezzoli, Milanomrba Musées Royaux des Beaux-Arts, Bruxellesmsm Museo di San Marco, VeneziaMuseo Wilhelm-Lehmbruck-Museum, DuisburgMuseo Musée de peinture et de sculpture, Greno-

bleMuseo Groninger Muséum voor Stad en Lande,

GroningaMuseo Museo provinciale (sez. Archeologica e Pi-

nacoteca), LecceMuseo Musée-Maison de la culture André Mal-

raux, Le HavreMuseo Malmö Museum, MalmöMuseo Westfälisches Landesmuseum für Kunst

und Kulturgeschichte, MünsterMuseo Musée Saint-Denis, ReimsMuseo Musée d’Art et l’Industrie, Saint-EtienneMuseo Musée de l’Hôtel Sandelin, Saint-OmerMuseo Museo di storia ed arte, SondrioMuseo Museo Provinciale d’arte, TrentoMuseo Ulmer Museum, Ulmmvk Museum für Völkerkunde und Schweizeri-

sches Museum für Volkskunde Basel, Basileancg Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagenng Nationalgalerie, National Gallery, Národnì

Galerie

Storia dell’arte Einaudi

nm Nationalmuseum, National Museum, Ná-rodnì Muzeum

nmm National Maritime Museum, Greenwichnp Neue Pinakothek, Monaco di Bavieranpg National Portrait Gallery, Londraög Österreichische Galerie, Viennapac Padiglione d’arte contemporanea, Milanopc Pinacoteca Comunale, Pinacoteca CivicaPetit-Palais Musée du Petit PalaisPitti Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenzepml Pierpont Morgan Library, New Yorkpn Pinacoteca Nazionalepv Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano,

Romara Royal Academy, Londrasa Staatliche Antikensammlungen, Monaco di

BavieraSans-Souci Staatliche Schlösser und Garten, Potsdamsb Stadtbibliotheksb Bayerische Staatsbibliothek, Monaco di

Bavierasg Staatsgalerie, Staatliche Galeriesgs Bayerische Staatsgemäldesammlungen,

Monaco di Bavieraski Städelsches Kunstinstitut, Francofortesks Staatliche Kunstsammlungen, Städtische

Kunstsammlungenslm Schweizerisches Landesmuseum, Zurigosm Staatliches Museum, Städtisches Museum,

Stedelijk Museum, Staatliche Museensm, gg Staatliche Museen Preussischer Kulturbe-

sitz, Gemäldegalerie, Berlino (Dahlem)smfk Statens Museum for Kunst, Copenhagenszm Szépmüvészeti Mùzeum, Budapestvam Victoria and Albert Museum, Londrawag Walters Art Gallery, Baltimorewag Walker Art Gallery, Liverpoolwag Whitworth Art Gallery, Manchesterwrm Wallraf-Richartz-Museum, ColoniaYale Center Yale Center for British Art, New Haven,

Conn.

Storia dell’arte Einaudi