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LA PROSSIMA ERA GLACIALE LA PROSSIMA ERA GLACIALE SARA’ FERMATA DAI GAS SERRA SARA’ FERMATA DAI GAS SERRA E SE SI VOTASSE OGGI PER IL E SE SI VOTASSE OGGI PER IL REFERENDUM? REFERENDUM? LA LA RALSTONIA DETUSCLANENSE RALSTONIA DETUSCLANENSE IL SINISTRO DELLA COSTA IL SINISTRO DELLA COSTA CONCORDIA CONCORDIA

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LA PROSSIMA ERA GLACIALE LA PROSSIMA ERA GLACIALE SARA’ FERMATA DAI GAS SERRASARA’ FERMATA DAI GAS SERRA

E SE SI VOTASSE OGGI PER IL E SE SI VOTASSE OGGI PER IL REFERENDUM?REFERENDUM?

LA LA RALSTONIA DETUSCLANENSERALSTONIA DETUSCLANENSE

IL SINISTRO DELLA COSTA IL SINISTRO DELLA COSTA CONCORDIACONCORDIA

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Newsletter n.15 Febbraio 2012

Presidente Liberambiente Presidente Liberambiente

Roberto TortoliRoberto Tortoli

Direttore Responsabile Direttore Responsabile

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Pagina 2 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 15 — Febbraio 2012

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SOMMARIOSOMMARIOSOMMARIO

LA PROSSIMA ERA GLACIALE SARA’ FERMATA DAI GAS SERRA di Roberto Tortoli

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E SE SI VOTASSE OGGI PER IL REFERENDUM? di Alfonso Fimiani

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LA RALSTONIA DETUSCLANENSE di Laura Quartieri

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LA BUONA NOTIZIA di Mario Apice 10

NEWS DAL MEDITERRANEO a cura di Fispmed Onlus 11

CURIOSITA’ E NEWS Notizie Ambientali da tutto il Mondo 12

IL SINISTRO DELLA COSTA CONCORDIA di Mareamico

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Pagina 3 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 15 — Febbraio 2012

Nel mese di Gennaio 2012 si è aperta la CAMPAGNA ADESIONI A LIBERAMBIENTECAMPAGNA ADESIONI A LIBERAMBIENTECAMPAGNA ADESIONI A LIBERAMBIENTE

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Pagina 4 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 15 — Febbraio 2012

LA PROSSIMA ERA GLACIALE SARA’ FERMATA LA PROSSIMA ERA GLACIALE SARA’ FERMATA LA PROSSIMA ERA GLACIALE SARA’ FERMATA DAI GAS SERRA.DAI GAS SERRA.DAI GAS SERRA. di Roberto Tortoli

I nteressantissima la teoria di Luke Skinner, paleoclimatologo dell’Università di Cam-bridge, pubblicata su “Nature Geoscience”. Skinner sostiene che tra 1500 anni in Eura-

sia e in Nord America, potrebbe verificarsi una nuova era glaciale, la quale, udite udite, potrebbe essere annientata dall’onnipresente e tanto vituperata CO2. Il prof. Skinner sostiene che: le 390 parti per mi-lione con cui ab-biamo saturato l’atmosfera sono sufficienti per agire da “isolante” contro il ritorno dell’era glaciale e, anche se riuscissimo miracolosamente a ridurre le emis-sioni dei gas ser-ra, si dovrà scen-dere sotto le 240 parti per milione prima di permet-tere alle leggi na-turali di condannare l’umanità al freddo glaciale e, quindi, di portarla all’estinzione. Il processo al quale si legano questi meccanismi si chiama “cicli di Milankovitch” e prende il nome dallo studioso che circa un secolo fa formulò la teoria per risolvere l’enigma delle glaciazioni. In poche parole: le variazioni minimali dell’orbita terrestre, tra le quali è compresa l’eccentricità ri-spetto al Sole e il grado di inclinazione dell’asse, porterebbero alla successione ogni 100mila anni delle “ere del caldo” e delle “ere del freddo” . Molti ricercatori ritengono questa teoria estrema-mente controversa, poiché sostengono che, anche se il meccanismo esiste, da solo non sarebbe suffi-ciente a giustificare degli scarti di temperatura, anche solo di 10 gradi, tra un’era di gelo e un’era interglaciale. Sostengono, inoltre, che per amplifi-care questa reazione devono sussistere anche altri

elementi a cominciare dalle oscillazioni di anidri-de carbonica, catturata e rilasciata da suoli e ocea-ni. E, come se non bastasse, insorgono anche gli astronomi per i quali ogni periodo di transizione non è identico ai precedenti poiché i fattori orbita-li non si ripetono mai esattamente allo stesso mo-

do. Skinner, però, per avvalorare la sua teoria, insie-me alla sua équi-pe di ricercatori provenienti dalle Università di Londra, di Ber-gen e della Flori-da, ha studiato a fondo anche le correnti oceani-che, analizzando campioni di roc-cia dei fondali, ed ha rilevato che le suddette cor-renti sono invisi-bili fiumi all’in-terno dei mari e fungono da nastri trasportatori del caldo e del fred-do, contribuendo

così a generare le ere climatiche. La verità è che l’avvento dei disastri climatici resta un caso anco-ra irrisolto e molti climatologi sono sempre più allarmati per l’ascesa delle temperature medie. Non ci resta, quindi, che rispondere intimamente alla domanda di Skinner: “staremmo meglio in un mondo caldo o in un mondo stretto nella morsa di una nuova glaciazione?”. Ai posteri l’ardua sentenza.

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11 marzo 2011 sulla città di Fukushima si ab-battono contemporaneamente un terremoto di grado 8.9 della scala Richter ed uno tsu-

nami di dimensioni gigantesche. Migliaia le vittime cau-sate dal crollo della diga utilizzata per alimentare una centrale idroelet-trica. Eppure una rapi-da ricerca della parola Fukushi-ma” su Google ci dà come primo risultato “Disastro di Fu-kushima - Dai Chi - Wikipedia”, riferito, ovvia-mente, all’inci-dente occorso alla centrale nu-cleare. Premessa l’avversione del sottoscritto per l’enciclopedia on-line, la lettura dell’articolo ci consente in ogni caso di appurare che quello che viene appunto definito “Disastro” non ha avuto le paventate conseguenze catastrofiche, tanto è vero che non si registrano decessi per contaminazione. La domanda, allora, sorge spontanea: avevamo ragione noi dei Circoli dell’Ambiente quando dicevamo che il nucleare è l’energia più economica, pulita e soprattutto sicura? Avevamo ragione quando affermavamo, durante la campagna referendaria, che Fukushima era stato lo stress-test più importante che una centrale degli anni sessanta avrebbe potuto superare? Avevamo ragione quando indicavamo nel nucleare di terza generazione avanzata una risorsa irrinunciabile per il nostro Paese? E, soprattutto, avevamo ragione, unico soggetto referen-dario accreditato, ad invitare gli Italiani ad astenersi da un voto strumentalizzato del quale si sarebbero poi pen-titi? Col senno di poi, sono davvero in moltissimi a dirci un “Sì, avevate ragione” accompagnato da una pacca sulla spalla. Oramai, tutto ciò appartiene al passato. For-se! La situazione odierna, a quasi un anno da quell’inci-

dente che, di fatto, consegnò la vittoria alla demagogia ed alla “verità” montata ad arte, è la seguente: la crisi economica mondiale incombe su famiglie ed imprese; il costo dell’energia elettrica e del gas continua a salire a dismisura; gli accordi con la Libia, dalla quale importa-

vamo gran parte degli idrocarburi necessari, devono essere ridiscussi dopo l’invasione (rectius: “liberazione del popolo libico”) guidata dai Fran-cesi; l’Iran, tra i primi esportatori di petrolio verso l’Italia, è stato sottoposto ad em-bargo; la Russia, stante l’ondata di raffreddamento locale, che mal si concilia con le teorie del riscal-

damento globale, ha tagliato i rifornimenti di gas; la Corte dei Conti francese annuncia l’aumento dei costi di produzione dell’energia, con conseguente, ovvio, river-bero sui costi di vendita; la Svizzera annuncia una pro-gressiva uscita dal nucleare con conseguente diminuzio-ne della produzione ed esportazione; gli USA, preso atto dell’insufficienza del fotovoltaico e dell’eolico, autoriz-zano la costruzione di due nuove centrali nucleari in Ge-orgia concedendo un prestito federale pari al 60% del-l’investimento; la nostra economia non è più in grado di sostenere incentivi abnormi alle energie rinnovabili. Nel nostro Paese, nonostante tutto ciò, i consumi energe-tici continuano a salire e tale andamento sarà, molto pro-babilmente, aggravato in maniera critica dall’immissio-ne sul mercato di veicoli elettrici il cui acquisto verrà pesantemente incentivato. Siamo sicuri che, di fronte a questi dati di fatto ed alle prospettive di costi esorbitanti, che potrebbero schiac-ciare non solo il consumatore privato, ma anche il pro-duttore, che sarà costretto a scaricare l’incremento degli

E E E SESESE SISISI VOTASSEVOTASSEVOTASSE OGGIOGGIOGGI PERPERPER ILILIL REFERENDUMREFERENDUMREFERENDUM??? LA LA LA NECESSITA’NECESSITA’NECESSITA’ DIDIDI RIAPRIRERIAPRIRERIAPRIRE ILILIL DIBATTITODIBATTITODIBATTITO SULSULSUL MIXMIXMIX ENERGETICOENERGETICOENERGETICO. . .

di Alfonso Fimiani - Circoli dell’Ambiente

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oneri sulle merci in vendita, i maestri della demagogia avrebbero avuto vita facile ed avrebbero ottenuto una vittoria al referendum? La risposta appare alquanto scontata ed evidenzia ancora una volta il fallimento dell’Ambientalismo tradizionale, travolto dai suoi estremismi ed incapace di calarsi nella realtà attuale, ancorato alle battaglie del Sessantotto e dei “NO!” a prescindere. Oggi è necessario che l’Ambientalismo dialoghi non solo con la Scienza, ma anche con quelle forze produtti-ve che animano lo sviluppo socio-economico: l’Ambien-talismo del XXI secolo deve necessariamente essere so-stenibile e ragionevole, così come definito dal Coordina-mento Nazionale nato il 26 gennaio 2012 per iniziativa di Roberto Russo, presidente di FISPMED, e che mette insieme oltre quindici realtà associative di carattere na-zionale aventi una matrice culturale comune. E proprio durante l’assemblea costituente del medesimo coordina-mento è emerso che il problema energetico deve neces-sariamente essere al centro del dibattito per una risolu-zione definitiva che veda l’Italia, settima potenza econo-mica mondiale, all’altezza del suo rango. L’efficienza sarà la prima questione da affrontare: dopo aver introdotto luminarie che consentono di abbattere i consumi del 25, 50 o anche 75%, si è giunti al momento cruciale in cui lo stesso principio va applicato a tutto ciò che utilizza energia e materie prime. È necessario consu-mare meglio, ma non si può pretendere di consumare meno in nome di una decrescita (in)felice riducendo il tasso di benessere. È necessario, invece, investire nella ricerca di macchine che, a parità di consumi, producano molta più energia o, al contrario, a parità di energia pro-dotta possano consumare un quarto del carburante. Non è un’utopia: va in questa direzione il sistema creato da Leonardo Greco, meccanico di Varese che ha vendu-to la sua invenzione, che promette di dimezzare i consu-mi, ridurre del 60% le emissioni ed allungare la vita dei motori dell’80%, in Svizzera dopo aver denunciato il totale disinteresse delle case automobilistiche italiane. Certo, ancor più interessante risulta essere il prototipo dell’auto ad aria compressa, le cui prime notizie risalgo-no all’inizio degli anni Novanta. Il secondo problema è la necessità di riaprire le porte ad un mix energetico che comprenda, oltre agli idrocarburi ed alle rinnovabili, anche il nucleare: i precedenti sono rappresentati dal referendum sulla responsabilità civile

dei magistrati e da quello sul finanziamento ai partiti. Se a ciò aggiungiamo che all’attuale Governo tecnico tutto sembra essere concesso, compreso ridiscutere il risultato del primo e del secondo quesito, in merito alla liberaliz-zazione dei servizi pubblici di interesse locale, allora si intuisce che potrebbero esserci tutti i presupposti per elaborare un nuovo piano energetico nazionale che pre-veda anche l’energia atomica. Eppure, tirando le somme, l’attento lettore non potrà non accorgersi che tutto quanto è stato scritto lede gli inte-ressi economici di una lobby in particolare: chi vedrebbe ridursi drasticamente i propri guadagni se le auto viag-giassero ad aria compressa o parte del fabbisogno ener-getico italiano fosse coperto dalla produzione di energia atomica? Non ai posteri viene delegata l’emanazione dell’ardua sentenza, ma si spera possano essere già i contempora-nei a pronunciarsi, subito, prima che sia troppo tardi!

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I primi studi sul batterio Ralstonia detuscolan-dense risalgono al 1999 e sono stati condotti durante alcuni esperimenti di fusione nucleare fredda (FNF), dal gruppo di ricerca diretto dal

Dottor. Celani, ricercatore del INFN - Laboratori Nazionali di Fisica Nucleare di Frascati, in collaborazione con il Dottore Giacomo D’Agostaro, del labo-ratorio di biologia molecolare dell’ENEA, Centro Ricerca Ca-saccia di Roma. Infatti, durante uno dei tanti esperimenti di FNF eseguiti in quel periodo, i presenti avvertirono un forte odore che venne pronta-mente riconosciuto come di natura biologica dal biologo dal Dott. Piero Quercia facente parte del gruppo di Cela-ni. Subito scattò la molla della necessità della ricerca della sorgente dell'odore. Si passò quindi alle analisi chimiche del caso investendo successivamente il D'ago-staro della individuazione del genoma ecc. Si può ades-so affermare che questa strana sequenza di eventi ha permesso la rilevazione casuale del batterio nella acqua deuterata (D2O) impiegata durante una serie di esperi-menti di fusione nucleare fredda nella materia conden-sata, in condizioni estreme. Nel corso degli anni, per una serie di complicazioni, gli iniziali interessi e risorse in-vestite dagli Enti sono andate lentamente scemando as-sieme alle scoperte, ai dati e ai progetti per il futuro. Nel 2003 la Ralstonia detuscolandense fu rinvenuta anche nel lago Kauhako, dell’arcipelago delle Hawaii, dal gruppo di ricerca composto da Donachie, Hou e Lee, ricercatori del Dipartimento di Microbiologia dell’Uni-versità delle Hawaii. I ritrovamenti, sui quali però non sono stati avviati degli studi specifici, sono stati registra-ti nel DataBase ufficiale dei batteri, la GeneBank. L’an-no dopo un gruppo di ricercatori spagnoli dell’ENDESA - Empresa Nacional de Electricidad di Valencia, Moreno e Sarrò, intraprese gli studi sul batterio ripetendo e veri-ficandone la codificazione e il sequenziamento. Tutti gli esperimenti effettuati in laboratorio hanno mes-so in evidenza l’adattabilità della Ralstonia a vivere in ambienti estremi contenenti metalli pesanti ed elementi radioattivi, nonché la capacità di “bioaccumulo”. Verifi-cata la sua resistenza a metalli pesanti e a radionuclidi, e la capacità di essere un’accumulatore, si è analizzata

l’applicabilità come parte sensibile di biosensori, con l’inserzione (D’Agostaro) del Gene lux, come rivelatore della presenza di metalli pesanti in suoli e acque conta-minate. Con la rivoluzione industriale i livelli di inqui-

namento aereo e sub-aereo sono aumentati esponenzialmente, accre-scendo l’ esposizione e, di conse-guenza, il rischio per l’ambiente e gli esseri viventi, uomo compreso. A seguito di incidenti e interessi economici e politici è sorta la ne-cessità di porre rimedio ai danni irreversibili provocati all’ambiente e all’uomo dalle molteplici attività

antropiche ed industriali, come per esempio il disastro di Chernobyl e quello più recente di Fukushima. In quest’ottica si vede protagonista la Ralstonia detusco-lanense come strumento di origine naturale atto al disin-quinamento delle acque pesanti delle piscine di raffred-damento a combustibile esausto delle centrali nucleari, inquinate da metalli pesanti e radioattivi, dei terreni in-quinati a seguito di eventi bellici, nonché delle acque contaminate da inquinanti provenienti da residui indu-striali. Inoltre la Ralstonia può essere utilizzata per pro-durre idrogeno, H2, vettore energetico d’avanguardia che ci potrà sostituire i carburanti derivati dai combusti-bili fossili. Verificato che la coltura a larga scala dei batteri ha dei costi considerevoli, sono in corso studi di ingegneria genetica per l’inserzione dei geni codificanti la resistenza ai metalli pesanti e radionuclidi nelle diato-mee, cosa che permette costi di produzione inferiori ed efficienza maggiore.

APPLICAZIONI APPLICAZIONI APPLICAZIONI DIDIDI “BIOREMEDIATION” “BIOREMEDIATION” “BIOREMEDIATION” CONCONCON LALALA RALSTONIA DETUSUCLANENSERALSTONIA DETUSUCLANENSERALSTONIA DETUSUCLANENSE di Laura Quartieri - Dott.ssa in Scienze Naturali, Centro Studi di Biometereologia

Proprietá del batterio RdT

Gram-Negativo Aerobico Anaerobico facoltativo Chemiolitotrofo Utilizza idrogeno molecolare (H2) come risorsa di Idrogeno Utilizza anidride carbonica come risorsa di Carbonio Temperatura ottimale di crescita 37°C Temperatura massima tollerata 60°C Tempo di replicazione: 40 minuti.

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IL IL IL SINISTROSINISTROSINISTRO DELLADELLADELLA COSTA CONCORDIA COSTA CONCORDIA COSTA CONCORDIA LALALA LEZIONELEZIONELEZIONE DADADA TRARNETRARNETRARNE AIAIAI FINIFINIFINI DELL’ADOZIONEDELL’ADOZIONEDELL’ADOZIONE DIDIDI UNAUNAUNA PIANIFICAZIONEPIANIFICAZIONEPIANIFICAZIONE SPAZIALESPAZIALESPAZIALE MARITTIMAMARITTIMAMARITTIMA di Associazione Mareamico - www.mareamico.it

N el corso delle ultime Rassegne del Mare (Alghero 2010 e Siracusa 2011), Mareami-co ha avuto modo di evidenziare la neces-sità di supportare le politiche integrate ma-

rittime elaborate a livello internazionale e dell’Unione europea. In particolare, è stata evidenziata la necessità di approntare una pianifi-cazione dello spazio marittimo, inteso co-me processo nel quale le autorità pubbliche analizzano e stabili-scono la distribuzione spazio-temporale delle attività umane nelle zone marine per con-seguire obiettivi am-bientali, economici e sociali. Due gli aspetti fondamentali, collegati all’incidente della Concordia, che qui di seguito si analizzano. Aspetti ecologici La malaugurata ipotesi dell’inabissamento della Concordia e dell’impossibilità di recupero del relit-to determinerebbe gravi conseguenze di ordine ambien-tale e sanitario, oltre che economico, innanzitutto nell’a-rea del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, ma anche nel Santuario per i mammiferi marini (Pelagos), nonché, in ultima analisi, del bacino del Mediterraneo, quale mare semi-chiuso; per non parlare della fuoriusci-ta del carburante con i suoi componenti più tossici (idrocarburi aromatici, quali naftalene, benzopirene, fe-nantrene, ecc.). Nel tempo si verificherebbe anche un graduale rilascio di altri inquinanti, quali metalli pesanti e composti organo-clorurati contenuti nelle vernici, in oli lubrificanti, detersivi, materiali inerti. Vari inquinanti, attraverso la catena alimentare, tendono ad accumularsi negli organi e nei grassi di specie dei più diversi gruppi zoologici, molte delle quali, appartenenti a pesci, molluschi e crostacei, sono di importanza ali-mentare. Le conseguenze sull’ambiente marino degli inquinamenti petroliferi sono ben note. Per quanto potrebbe verificarsi nelle acque del Giglio, in

primo luogo è da considerare che il carburante che po-trebbe fuoriuscire dalla Concordia (2380 tonnellate con-tenuto in 23 contenitori di cui 17 di IFO 380, più denso e vischioso del gasolio contenuto nei restanti), causereb-be gravi danni. I più gravi si avrebbero nelle baie sabbiose, perché il

petrolio tende a pene-trare nel substrato do-ve mantiene a lungo proprietà tossiche e la sua eliminazione da parte batterica è rallen-tata per carenza di os-sigeno; più rapida, invece, la degradazio-ne sulle coste rocciose. Aspetti giuridici Nelle acque di giuri-sdizione nazionale, laddove necessario, regole finalizzate ad una navigazione in sicurezza, possono e debbono essere adotta-te. In particolare, si ritiene necessario, co-

me prime misure urgenti, nell’ambito delle attuande politiche nazionali di pianificazione spaziale marittima e di gestione integrata della zona costiera: - definire distanze di sicurezza obbligatorie in prossimità di aree di mare di particolare valenza ambientale (isole minori, aree naturali protette, tratti di costa di particolare valore paesaggistico), fatti salvi i casi di forza maggiore; - adottare, laddove necessario, rotte di sicurezza in en-trata e in uscita dai porti nazionali caratterizzati da mag-giore traffico passeggeri/merci; - potenziare la rete VTMS (Vessel Traffic Monitoring System) della Guardia Costiera ai fini del controllo della rotta, con possibilità di applicare sanzioni ai comandanti delle navi in caso di violazioni delle regole di navigazio-ne adottate. Conclusioni Mareamico ha avuto modo di precisare, nelle corso delle passate Rassegne del Mare, che la pianificazione spazia-le marittima (PSM) e la gestione integrata delle zone costiere (GIZC) sono riconducibili ad una stessa logica

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di pianificazione tendente a facilitare la coesistenza di attività umane potenzialmente concorrenti all’interno di uno stesso spazio. Evidenziando le problematiche nel sistema Italia, emer-se in maniera ancora più evidente con l’incidente della Concordia, si confermano le seguenti proposte: • che venga adottata quanto prima una programma-

zione e pianificazione degli usi degli spazi marino costieri e delle attività che in essi insistono;

• che l’Italia si doti di una struttura amministrativa specificamente dedicata come, ad esempio, un comi-tato interministeriale per gli affari marittimi;

• che siano individuate chiaramente le competenze decisionali, quindi gli attori che operano sulle zone marino-costiere con la definizione delle rispettive competenze, in un quadro di coerente e programma-ta interazione e integrazione, al fine di migliorare l’efficacia degli interventi, guadagnando in chiarez-za e tempestività;

• che venga promossa una coerente riorganizzazione dei dati, attraverso la istituzione di una rete di os-servazione dell'ambiente marino costiero italiano;

• infine, che l’Italia estenda la propria area di giurisdi-zione a mare, attraverso la dichiarazione di una pro-pria Zona Economica Esclusiva, coerentemente a quanto previsto dal diritto internazionale e in linea con la Zona di Protezione Ecologica prevista con L. n. 61/2006, oltre alla definizione degli accordi di delimitazione della piattaforma continentale per quei tratti di mare in cui ancora non si è provveduto.

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S an Giovanni in Persiceto, in provincia di Bo-logna, ha applicato, in via sperimentale, un sistema di “lampioni intelligenti e a consu-mo ridotto” che ha consentito di realizzare

in un anno un risparmio di ben duecentomila euro. Il risultato è stato raggiunto nell’ambito del Progetto “Smart Town”, che prevede l’erogazione, attraverso la rete elettrica, di un pac-chetto di servizi digitali faci-li da impiantare e da usare. I pali dell’illuminazione pub-blica si trasformano in punti di accesso alla rete stessa (lampioni intelligenti), e, grazie ai dispositivi installati (telecamere, totem multi-mediali, access point wifi), permettono di offrire nuovi servizi alla cittadinanza e di abbassare il consumo dell’energia elettrica, con risparmi notevoli dei relativi costi. Tramite un perso-nal computer connesso in rete, si arriva a controllare ogni singolo lampione stradale sul territorio comu-nale, per regolarne gli orari di accensione. In tal mo-do è possibile sfruttare al meglio la luminosità resi-dua del crepuscolo e quella anticipata dell’aurora, risparmiando il dieci per cento delle ore totali di funzionamento. Si può, inoltre, ridurre l’intensità luminosa delle lampade in alcune ore notturne e ottenere un ulteriore risparmio di energia, ipotizzato intorno al venti per cento. Le linee elettriche che collegano i lampioni, per effetto della tecnologia delle onde convogliate Plc (Power line communica-tion), possono, infine, trasformarsi in una capillare infrastruttura di rete internet. La trasmissione su on-de convogliate costituisce una tecnica di propaga-zione di segnali ad alta frequenza sulla rete elettrica che, dopo i recenti sviluppi della tecnologia a livello internazionale, è diventata decisamente interessante.

I nuovi modem powerline per trasmissioni ad alta velocità raggiungono, infatti, la velocità di 80 Mbits/sec e permettono di conseguire eccellenti risultati utilizzando i fili della rete elettrica. Il Progetto “Smart town” rientra nel più vasto programma di

iniziative di “Smart Energy” messe a punto dallo Smart Cooperation Lab, nato da un proficuo rapporto di sinergie tra il Consiglio Nazionale del-le Ricerche, Telecom Italia e il Ministero per la Pubblica Amministrazione e Innovazio-ne: sostanzialmente un cen-tro avanzato di soluzioni e tecnologie Ict (Information and communication techno-logy) rivolte al mondo della Pubblica Amministrazione

che si avvale di un team di giovani talenti in grado di studiare le varie problematiche legate al risparmio energetico, trovare le opportune soluzioni con ade-guate metodologie e realizzare dispositivi di imme-diata e pratica applicazione. Attualmente il centro è al lavoro su nuovi progetti per ridurre il consumo di energia, come, ad esempio, lo “Smart green grid” per la gestione dell’energia rinnovabile disponibile, lo “Smart building” per il controllo intelligente di un intero edificio e dei suoi impianti, lo “Smart advertising” per la comunicazione digitale degli enti pubblici verso i cittadini, lo “Smart sourveillance” per le funzioni di sorveglianza di aree remote attra-verso l’utilizzo di telecamere collocate su lampioni intelligenti. Si stanno studiando anche sistemi per il parcheggio intelligente, la mobilità urbana, il moni-toraggio dell’inquinamento acustico atmosferico, i dissesti idrogeologici e il controllo strutturale statico e dinamico degli edifici: sistemi che senza dubbio aiuteranno a migliorare la vivibilità delle nostre città, trasformandole nelle “Smart cities” del futuro.

di Mario Apice

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NEWS DAL MEDITERRANEONEWS DAL MEDITERRANEONEWS DAL MEDITERRANEO

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A conclusione della 17° Conferenza delle parti della Convenzione di Barcellona per la prote-zione dell'ambiente marino e delle regioni costiere del Mediterraneo (Cop 17 Barcelona Convention), che si è tenuta dall'8 al 10 febbraio a Parigi, 21 Paesi del Mediterraneo e l'U-nione europea hanno chiesto di realizzare la "blue" economy «per salvaguardare e pro-muovere un ambiente mediterraneo pulito, sano e produttivo». La Convenzione di Barcello-na è entrata in vigore nel 1978, dopo che i Paesi del Mediterraneo e l'Unione europea nel 1975 avevano adottato il Piano di azione per il Mediterraneo, il primo Regional seas pro-gramme sotto l'egida del Programma Onu per l'ambiente (Unep). La convenzione è stata modificata e rinominata nel 1995 e la sua nuova versione è entrata in vigore nel 2004. Le 22

parti contraenti della Convenzione di Barcellona sono: Italia, Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Cipro, Croazia, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Libano, Libia, Malta, Marocco, Monaco, Montenegro, Siria, Slovenia, Spagna, Tunisia e Turchia, Unione europe-a. L'Unep ospita l'Unità di coordinamento per il piano d'azione per il Mediterraneo della Convenzione di Barcellona. Aprendo la Cop 17 l'ambasciatore delegato all'ambiente della Francia, Jean-Pierre Thébault, ha detto: «In questo anno molto simbolico per l'ambiente, esprimo l'auspicio che il Piano d'Azione Mediterraneo rimanga ambizioso e dia il buon esempio, indicando la strada verso Rio+20». Un'ambizione ripresa dalla dichiarazione di Parigi nella quale i 22 Paesi vogliono una Blue economy, cioè la "versione della Green economy che si applica ai mari e degli oceani, e sperano che la Conferenza Onu sullo sviluppo soste-nibile (Rio+20), che si terrà in Brasile a giugno, adotti un quadro strategico per le politiche del mare. Dalla Cop 17 Barcelona Convention è emerso che «Gli Ecosistemi marini del mondo forniscono cibo essenziale e sostentamento a milioni di perso-ne. Una ricerca Unep dimostra che un "interruttore" per il modello più sostenibile di Green economy potrebbe sbloccare il vasto potenziale dell'economia basata sul mare e, allo stesso tempo ridurre significativamente il degrado degli oceani, mentre per alleviare la povertà. l'Unep definisce la Green economy come quella che si traduce in una maggiore equità e benessere u-mano e sociale, riducendo significativamente i rischi ambientali e le scarsità ecologiche». La Cop 17 Barcelona Convention ha accolto con favore i progressi compiuti nel 2011 nel rafforzamento della lotta contro il deterioramento del Mediterraneo, con l'entrata in vigore del protocollo Integrated coastal zone management (Iczm - Gestione integrata delle zone costiere) e del Pro-tocol for the protection of the mediterranean sea against pollution resulting from exploration and exploitation of the continen-tal shelf and the seabed and its subsoil ("Offshore Protocol - Protocollo per la protezione del Mare Mediterraneo contro l'in-quinamento derivante da esplorazione e sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo marino e del suo sottosuolo). «Questi protocolli, i primi due al mondo, riconoscono l'ambiente mediterraneo come una risorsa critica e condivisa e promuo-vono un approccio cooperativo e olistico alla sua gestione». Nella Dichiarazione di Parigi, i Paesi aderenti alla Convenzione di Barcellona, «Riaffermano il loro impegno politico per lo sviluppo sostenibile del Mar Mediterraneo e delle sue zone costiere attraverso un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane; Decidono di elaborare un approccio coerente, una rete ben gestita di aree marine protette nel Mediterraneo, mirando ad un obiettivo del 10% di aree marine protette entro il 202-0; Decidono di intensificare i loro sforzi per ridurre l'inquinamento marino di origine terrestre, come il mercurio, gli inquinanti organici persistenti e i rifiuti marini, attraverso l'adozione di misure giuridicamente vincolanti, e di ridurre l'inquinamento da attività offshore e marine-based anche con piani d'azione regionali. Adottano il piano d'azione per l'implementazione del pro-tocollo Integrated coastal zone management e incoraggiano tutte le parti contraenti a ratificarlo. Si accordano per lavorare per proteggere la conservazione e l'utilizzo sostenibile della biodiversità marina nelle zone al di fuori della giurisdizione naziona-le, attraverso l'attuazione degli strumenti esistenti e attraverso lo sviluppo di un accordo multilaterale nell'ambito dell' United Nations convention on the law of the sea. Sostengono la preparazione entro il 2014 di un rapporto sullo stato dell'ambiente marino, anche da un punto di vista socioeconomico». Al meeting di Parigi il direttore esecutivo dell'Unep, Achim Steiner, ha sottolineato: «Per noi è giunto il momento di pensare a come gestire i nostri oceani. Per molti Paesi sono un pilastro fonda-mentale del loro sviluppo economico e sociale e sono di vitale importanza nella lotta contro la povertà., Ma anche molte di queste risorse naturali essenziali sono degradate da un uso insostenibile, mettendo a rischio i servizi degli ecosistemi che forni-scono, ad esempio, la sicurezza alimentare e la regolazione del clima. Le decisioni di gestione e gli investimenti che riguardano il benessere degli oceani sono essenziali se vogliamo continuare a trarre profitto da questa preziosa risorsa naturale. Una Blue economy nel Mediterraneo ed altrove sarebbe un grande passo nella strada giusta».

LA BLUE ECONOMY PER PROTEGGERE IL MEDITERRANEO «ENTRO IL 2020 IL 10% DEL MEDITERRANEO AREE MARINE PROTETTE».

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CURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTE Arriva il riscaldamento a idrogeno, lo produce un’azienda tutta italiana. (stilenaturale.com)

E’ stato presentato al Klimahouse 2012, H2ydroGEM®, l'ecologico sistema per la produzione di e-

nergia elettrica e termica mai realizzato, poiché non produce alcun tipo di emissioni nocive. H2ydroGEM® è prodotto da un’a-zienda tutta italiana nota nel mondo per le innovative soluzioni di riscaldamento e raffrescamento ecocompatibili e integrate con le più moderne tecnologie. COME FUNZIONA LA PRODUZIONE DI ENERGIA TERMICA. Per il suo funzionamento, H2ydroGEM® sfrutta una reazione catalitica ed è perciò un generatore termico privo di fiamma. Nel canale è presente un catalizzatore che

permette a idrogeno e ossigeno di combinarsi in una molecola di acqua, liberando contemporaneamente calore. Il calore pro-dotto dalla reazione viene asportato da uno scambiatore di calore integrato nel combustore; la temperatura dell’acqua è com-presa tra 35 e 40°C, ideale per alimentare impianti di riscaldamento a bassa temperatura come i pannelli radianti a pavimento, parete o soffitto. L’assenza di carbonio nei reagenti determina una reazione senza emissioni di CO2, mentre la bassa tempera-tura di combustione (300-350°C) evita la formazione di NOx. L’unico altro prodotto della reazione è semplice vapore d’acqua che può essere tranquillamente liberato in atmosfera. COME FUNZIONA LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA. Il secondo passo del progetto H2ydroGEM® è consistito nella realizzazione di H2ydroGEM® Box, un modulo che produce idro-geno tramite elettrolisi dell’acqua. Il modulo è in grado di stoccare energia elettrica sfruttando l’idrogeno come vettore. Una cella a combustibile integrata in H2ydroGEM® Box consente di riconvertire e di mettere a disposizione l'energia elettrica nel momento in cui si desidera o nel caso di black-out. H2ydroGEM® Box contiene un elettrolizzatore che produce idrogeno in modo totalmente pulito, partendo semplicemente dall’acqua. Uno speciale booster provvede a innalzarne opportunamente la pressione, in modo da poterlo stoccare comodamente in apposite bombole che normalmente trovano collocazione al di fuori dell’edificio. All’interno di H2ydroGEM® Box è presente una cella a combustibile in grado di riconvertire l’idrogeno stoccato in energia elet-trica. La cella è caratterizzata da una rapida messa in esercizio e dalla capacità di adattare la potenza erogata al carico elettrico applicato. H2ydroGEM® Box dispone di uno speciale scambiatore di calore con la funzione di mantenere le temperature dei componenti al valore di esercizio ottimale; un'alternativa vantaggiosa è però data dalla possibilità di recuperare tale calore con il risultato di aumentare la resa dell'intero sistema. Il recupero, o eventualmente lo smaltimento, del calore possono avvenire sia durante la produzione di idrogeno sia a cella in funzione. H2ydroGEM® Box è particolarmente indicato per il funzionamen-to in combinazione con il combustore H2ydroGEM®; in questo modo si offre anche l’opzione di riconversione termica dell’e-nergia stoccata sotto forma di idrogeno. E’ possibile inoltre abbinare H2ydroGEM® Box a quei sistemi di produzione di energia elettrica basati su fonti rinnovabili per loro natura discontinue, come fotovoltaico o eolico, per poter stoccare l’energia prodot-ta. L'impiego dell'intero sistema si traduce in un ciclo totalmente a zero emissioni, poiché l'idrogeno viene generato a partire dall’acqua e, tramite la cella a combustibile, si effettua la ricombinazione dell’idrogeno in acqua senza alcuna emissione nociva alla salute.

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CURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTE Creato riso resistente al sale per Giappone, dopo tsunami (ansa.it)

U n’ottima notizia per i citta-dini Giapponesi: sono state ottenute piante di riso re-

sistenti al sale e per tale ragione a-datte alle risaie che lo tsunami, del-lo scorso 11 marzo, ha inondato di acqua e fanghi salati, rendendole inadatte alla coltivazione di questo cereale. Il risultato, descritto su Na-ture Biotechnology, si deve a un gruppo di ricerca giapponese e bri-tannico coordinato da Ryohei Te-rauchi dell'Iwate Biotechnology Re-search Centre. Le piante di riso sono state ottenute

grazie a un nuovo metodo chiamato Mut Map che permette di ottenere le piante con le caratteristiche desiderate in modo più veloce rispetto agli altri metodi. "Lavorando con una specie già usata dagli agricol-tori e già adattata alle condizioni locali, il metodo permetterà di sviluppare nuove varietà adatte alle colti-vazioni nell'arco di un anno, piuttosto che 5 o 10" ha osservato uno degli autori, Sophien Kamoun, del centro di ricerca britannico The Sainsbury Laboratory. Nel nuovo metodo, i ricercatori hanno lavorato con una varietà di riso molto pregiata chiamata Hitome-bore e che si coltiva nel Nord del Giappone. L'esperimento è stato condotto attraverso più fasi: in un primo momento, sono state create piante con mutazioni genetiche specifiche, chiamate piante mutanti che hanno le caratteristiche desiderate, per e-sempio seminanismo (che è correlato a chicchi più grandi e a una maggiore resa della pianta), resistenza alla siccità e al sale. La mutazione genetica è stata ottenuta trattando le piante con un agente che causa la mutazione (in questo caso etil metano sulfonato). La pianta ottenuta è stata poi incrociata con la specie selvatica della varietà Hitomebore. Dalla progenie, nata dall'incrocio, è stata poi prodotta, per autoimpol-linazione (il processo nel quale il polline cade dalla parte maschile a quella femminile dello stesso fiore) una seconda generazione di piante adatta alle coltivazioni. Si calcola che lo Tsunami dell'11 marzo del 2011 abbia inondato di acqua salata oltre 20.000 ettari di ri-saie nel nord del Giappone e la speranza dei ricercatori è che il nuovo riso ottenuto possa essere utilizzato proprio per questi campi.

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Che cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTE

“LIBER’AMBIENTE” è un’associa-zione politico/culturale/ambientale che nasce per in-terpretare e dare voce a tutti quei moderati che sono interessati ad affermare, nel Paese, una nuova ecolo-gia umanista, una nuova cultura ambientale che guar-di all’Uomo con più ottimismo. Un Uomo che non è maledizione ma benedizione del pianeta, un Uomo che è ricchezza e non impoverimen-to del mondo. Un Uomo che ha l’esaltante missione di rendere compatibile lo sviluppo economico e il pro-gresso umano con l’ambiente, la natura, gli animali, la vita su questa terra. La globalizzazione dei processi economici, sociali, culturali, religiosi, etici e politici ci pone tutti di fronte a nuove sfide e difficoltà e, come ogni cambiamento, ci offre dei rischi ma anche delle opportunità. Nel settore ambientale si può razionalmente intrave-dere la possibilità di un concreto governo dell’am-biente che sappia dare risposte efficienti al degrado ecologico di importanti aree del nostro pianeta; rispo-ste efficienti a fenomeni come la desertificazione, l’ef-fetto serra, la scarsità delle risorse idriche che coin-volgono tutta l’umanità. Noi siamo pronti ad accettare questa sfida lottando contro le culture catastrofiste e nichiliste che sono alla base dell’ideologia ambienta-lista dominante che ha teso a privilegiare o gli aspetti contemplativi e conservativi dell’Uomo sull’ambiente o a ricercare un’egemonia politica dei problemi, indi-rizzando la questione ambientale in un solco di prote-sta prima anti-capitalista e poi semplicemente anti-sistema. In antitesi ad una cultura di sostanziale conservazio-ne, di negazione di ogni ragionamento attorno allo sviluppo dell’ambiente e del vero rapporto tra Uomo e Natura, noi di Liber’ambiente, siamo per una cultura di sviluppo dell’ambiente in un continuo confronto tra esigenze della Natura ed esigenze dell’Uomo. Siamo per porre i problemi ma anche per limitarli e risolver-

li. L’associazione Liber’ambiente ha come scopo prio-ritario quello di riunire tutte le realtà associative e tutti quelli che nella società civile, a diverso titolo, si sono impegnati e s’impegnano per una più avanzata cultura ambientale, avvalendoci della collaborazione di un importante Comitato Scientifico che sarà il vero valore dell’iniziativa che si adopererà per fronteggia-re la cultura ambientale dominante. Siamo contro i catastrofismi a buon mercato e la no-stra attenzione è rivolta a tutti gli studi dei fenomeni naturali e artificiali, prodotti dalle attività umane. Siamo per non trasformare le tendenze verificabili, in destini fatali. Siamo per non attribuire, ai pareri di tutti quelli che studiano o parlano di ecologia e am-biente, la patente di scientificità obiettiva, perché la scienza è studio e confronto continuo e non dogma a piacimento. Nel concreto vogliamo approfondire tutti i temi oggi posti dal rapporto Uomo-Ambiente per cer-care di trovare sempre la migliore soluzione per la vita di questa terra. Questa impostazione del rapporto Uomo-Ambiente sarà sempre più fattore di sviluppo delle nostre civil-tà: sarà fonte di nuove attività umane, tese alla ricer-ca del benessere dell’umanità intera, sarà strumento di comprensione dei limiti dello sviluppo e del suo controllo affinché esso sia sempre al servizio dell’Uo-mo e non viceversa. “LIBER’AMBIENTE” sarà un laboratorio di proposte e di dibattito tra le varie esperienze. Si occuperà di formazione sui temi ambientali più scottanti per uni-formare i comportamenti degli amministratori del cen-tro-destra sul territorio. Le sfide e gli interrogativi in campo ambientale richie-dono un ampio e approfondito dibattito al quale inten-diamo dare il nostro contributo con impegno e con la forza delle idee.