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Anno XXVI - n° 2 - Ottobre 2009 Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI

Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. · Per tradizione, il Sindaco di Milano è Presidente Onorario di ATTIVEcomeprima. Editoriale Ringraziamo i nostri collaboratori

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Anno XXVI - n° 2 - Ottobre 2009

Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere.

Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI

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Questi opuscoli sono stati realizzati in collaborazione con i partner del Network grazie al finanziamento della Fondazione Johnson & Johnson

10 opuscoli

a cura di

La Forza di Vivere

ATTIVEcomeprima Onlus MilanoTel 026889647 [email protected]

Ospedale “San Giovanni Battista” Molinette Torino tel 011 6334790 [email protected]

IOM Istituto Oncologico Marchigiano Ancona tel 071 54747 [email protected]

Ospedale “San Giovanni Calibita” Fatebenefratell i , Isola Tiberina - Roma tel 06 6837249-487 [email protected]

La Forza di Vivere

Potete trovarli nella sede del network più vicina a voi

NETWORK DI ORGANIZZAZIONI A SUPPORTO DELLA PERSONA COLPITA DAL CANCRO

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Consiglio Direttivo:

Ada Burrone, Alberto Ricciuti,

Arianna Leccese, Anna Dal Castagné,

Giovannacarla Rolando.

Collegio dei Sindaci:

Mauro Bracco, Claudio Silvestri, Marina

Angeli, Sergio Roversi, Carlo Vitali.

Comitato Scientifico:

Stefano Gastaldi, Paola Bertolotti,

Fabio Baticci, Franco Berrino,

Nicoletta Buchal, Massimo Callegari,

Salvo Catania, Alberto Costa,

Francesco Della Beffa, Maurizio Nava,

Marina Negri, Willy Pasini,

Manuela Provantini, Alberto Ricciuti,

Giorgio Secreto, Paolo Veronesi,

Umberto Veronesi, Claudio Verusio,

Eugenio Villa.

Per tradizione, il Sindaco di Milano è

Presidente Onorario di ATTIVEcomeprima.

Editoriale

Ringraziamo i nostri collaboratori e fornitori per il contributo alla realizzazione e alla qualità di questa rivista. Un grazie particolare alla Fotolito ABC per l’omaggio degli impianti di stampa.

Per ricevere questa rivista basta inviare una libera offerta ad ATTIVEcomeprima Onlus.

Cari lettori,

ho sempre creduto nella forza di attrazione dei pensieri e dei sentimenti buoni.

Più il tempo passa e le esperienze si moltiplicano, più ottengo conferma degli effetti positivi che i rapporti umani ben coltivati costruiscono.

Sempre mi sorprendo quando guardo le difficoltà incontrate giorno per giorno, anno per anno e vedo le insperate e straordinarie soluzioni che ci hanno portato fin qui.

Se poi penso alle tante persone che sono passate dalla nostra Associazione, la mia mente è attraversata da ricordi e da emozioni: appaiono volti, esperienze, eventi…

Con ognuno di loro abbiamo intessuto un buon rapporto umano ed è la fiducia e la generosità del cuore della gente che hanno concesso vita e crescita ad Attivecomeprima.

Da ciò è scaturita quella forza armonica che ci accompagna quotidianamente nell’aiutare pazienti e famigliari a vivere la malattia nella vita e non la vita nella malattia.

A tutti gli auguri più belli e buona lettura.

Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro

ATTIVEcomeprima Onlus

Via Livigno 3,

20158 Milano

Tel 026889647

Fax 026887898

[email protected]

www.attive.org

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Pubblicazioni

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Anno XXVI - n° 1 - Maggio 2009

Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere.

Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI

10 opuscoli

a cura di

La Forza di Vivere

Per informazioni sulle pubblicazioni tel. 026889647

* Riservati esclusivamente ai partecipanti dei nostri incontri formativi

La Forza di Vivere Cofanetto di 10 opuscoli

a cura di ATTIVEcomeprima

...e poi cambia la vita Parlano i medici le donne gli psicologi

a cura di ATTIVEcomeprima

Edizione FrancoAngeli/Self-help

M’amo, non m’amo

di Ada Burrone

(in italiano e in inglese)

Edizione ATTIVEcomeprima

Rivista ATTIVE

Viene offerta a tutti coloro che sostengono l’Associazione

Il gusto di vivere

di Ada Burrone e Gianni Maccarini

Edizione Oscar guide Mondadori

Riprogettiamo l’esistenza Decido di vivere La cura degli affetti

Testi utilizzati per la conduzione dei gruppi di sostegno psicologico*

CD musicale

Il canto dell’anima con Antonella Ruggiero

registrato dal vivo nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano

La danza della vita Le esperienze più straordinarie della mia esistenza

di Ada Burrone

(in italiano e in inglese)

Edizione FrancoAngeli

Lo spazio umano tra malato e medico Parlano medici, pazienti, psicologi

a cura di ATTIVEcomeprima

Il Pensiero Scientifico Editore

La terapia di supporto di medicina generale in chemioterapia oncologica

di Alberto Ricciuti

Edizione FrancoAngeli

La forza di vivere Per affrontare con armonia il cambiamento

di Ada Burrone

(in italiano e in inglese)

Edizione ATTIVEcomeprima

Quando il medico diventa paziente La prima indagine in Italia sui medici che vivono o hanno vissuto l’esperienza del cancro

a cura di ATTIVEcomeprima e Fondazione Aiom

Edizione FrancoAngeli

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EDITORIALE pag. 03

AVVENTURA Come è bello recitare / Sandro Bajini pag. 06

VIVERE IL CAMbIAMENTO pag. 08 Da paziente a collaboratrice / Paola Bertolotti

IL LINgUAggIO DEgLI AFFETTI pag. 10 Piccoli bulli evitabili / Stefano Gastaldi

LE VOSTRE LETTERE pag. 12 Cara Ada / Ada Burrone

TRA MEDICO E PAzIENTE pag. 14 Una preziosa alleanza / Cecilia Ranza

NUTRIRE IL bENESSERE pag. 16 Un regalo per voi / Franco Berrino Per una piacevole cena invernale / Franca Maffei

gRAFOLOgIA pag. 22 Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei Maria Cristina Ferrario

ANDAR PER ERbE pag. 24 Cardo / Giovannacarla Rolando

bENESSERE IN MOVIMENTO pag. 26 Un cavallo... nel cassetto / Laura Pediani

PROFILI pag. 28 Intervista a Lella Costa / Daniela Condorelli

Sapevate che? / Benedetta Giovannini pag. 30

Letti e piaciuti pag. 31

Noi con gli Altri pag. 32

Attività 2010 pag. 35

SommarioPeriodico trimestrale

Anno XXVI - N° 2 Ottobre 2009

Sped. abb. post. 70% Filiale di Milano

La rivista è posta sotto la tutela delle leggi della stampa. Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. La riproduzione scritta dei lavori pubblicati è permessa solo dietro autorizzazione scritta della Direzione.

Direttore responsabile: Ada Burrone

Vice Direttore: Paola Bertolotti

Segreteria: Aurelia Ruzzalini, Floriana Zappa

Redazione: Sandro Bajini

Hanno collaborato: Sandro Bajini, Franco Berrino, Paola Bertolotti, Ada Burrone, Daniela Condorelli, Maria Cristina Ferrario, Stefano Gastaldi, Benedetta Giovannini, Franca Maffei, Laura Pediani, Manuela Provantini, Cecilia Ranza , Giovannacarla Rolando.

Proprietà della testata: © Ass. ATTIVEcomeprima Onlus

Direzione, Redazione, Amministrazione: ATTIVEcomeprima ONLUS 20158 Milano Via Livigno, 3 Tel. 026889647 Fax 026887898 e-mail [email protected] www.attive.org

Progetto grafico e impaginazione: Alessandro Petrini 0258118270

Fonti iconografiche: Getty Images - Laura Ronchi, Milano Tel. 024819020

Fotolia www.fotolia.it

Fotolito: ABC, Milano Tel. 025253921

Stampa: Tecnografica, Lomazzo (Co) Tel. 0296779218

ATTIVEcomeprima ONLUS

Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 39 del 28/1/1984

L’Associazione è iscritta:

- All’Albo delle Associazioni, Movimenti e Organizzazioni delle donne della Regione Lombardia

- Al Registro dell’Associazionismo della Provincia di Milano

- Al Registro Anagrafico delle Associazioni del Comune di Milano

- All’Albo delle Associazioni della Zona 9 del Comune di Milano

- Alla Società Italiana di Psiconcologia (S.I.P.O.)

- Alla F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia)

ATTIVEcomeprima aderisce al movimento di opinione “Europa Donna”

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Come è bello recitare

Avete mai provato a recitare? Io sì. Se fossi un attore, evidentemente questa risposta sarebbe cretina. Ma non sono un attore, anche se in anni lontani ho scritto e fatto rappresentare diverse cose per il teatro. Tutta-via sul palcoscenico, a recitare un testo qualsiasi, non ero mai salito.A farmici salire provvidero le circostanze. Non dico in quale anno, per evitare malinconie. Vi basti sapere che in quell’anno (ma sì, diciamolo, era il 1970) il regista Fantasio Piccoli, che dirigeva il teatro San Babila di Milano, mi incaricò di scrivere un testo per le scuole, che rievocasse la vita e le opere di Carlo Goldoni. Lo spettacolo non entrava nel cartellone ufficiale, si sarebbe rappresentato al mattino per le scuole milanesi, e doveva costare poco.L’interpretazione era affidata ovviamente agli attori minori della compagnia, dove per “minore” si intende quell’attore che, talvolta bravissimo, non può soste-nere le prime parti perché non ha fama sufficiente né certe caratteristiche esteriori e vocali (ci vogliono anche quelle; un attore di bassa statura non potrà mai essere Agamennone).Avevo con Fantasio un rapporto di amicizia. L’anno precedente avevo tradotto due commedie per il suo teatro, una di Shaw e una di Feydeau, che avevano avuto successo, soprattutto per l’interpretazione di formidabili attori come Renzo Ricci, Eva Magni ed Er-nesto Calindri; ma devo ricordare anche le due attrici giovani: Bedy Moratti, sorella dell’attuale presidente dell’Internazionale (ovviamente, la squadra di calcio) e Valeria Ciangottini, che di fatto debuttava in teatro dopo la sua mitica comparsa nella Dolce vita di Fellini.Mi misi all’opera e presentai il mio Processo a Goldoni, dove il processo era quello che le antiche

“maschere” muovevano al riformatore Carlo Goldoni. Vi erano ovviamente inserti di canovacci dell’Arte e di opera goldoniane, i polemici interventi di Giuseppe Baretti e di Carlo Gozzi, insomma una panoramica storica che partecipata drammaticamente diventava una “lezione” divertente.Fantasio lodò il mio lavoro, ma nel pensare alle parti si trovò subito in imbarazzo. Non vedeva fra gli attori che aveva a disposizione chi potesse interpretare Goldoni. Il personaggio appariva in scena ormai vecchio mentre scriveva le sue Memorie. Gli avevo affidato il compito del narratore, mentre la vicenda si svolgeva in “flash back”. Il protagonista era lui, ma la sua non era una grande parte. E del resto gli attori disponibili avevano già una loro importante funzione nello spettacolo.Come fare? A un certo punto Fantasio mi disse: “Perché Goldoni non lo fai tu?”.Potete immaginare il mio stupore. Fantasio aggiunse che non scherzava, che mi aveva sentito mentre leggevo le cose mie e che era sicuro che avrei fatto bene.“Hai delle doti native di attore” mi disse. E aggiunse: “Posso avere qualche dubbio su di te come dramma-turgo; ma come attore mi dai il massimo affidamen-to”.Come accade nelle proposte di matrimonio, mi lasciò qualche giorno per pensarci. Ebbi anch’io la mia “notte dell’Innominato”, poi con una incoscienza che vorrei chiamare giovanile (ma non posso perché avevo varcato da poco i quaranta) mandai ogni dubbio al diavolo e dissi sì.La mia avventura incominciò subito con le prove. E fu davvero un’avventura perché mi consentì di fare

Avventura

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Sandro Bajini.Medico, giornalista.

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scoperte del tutto impreviste.La prima cosa che appresi fu che non do-vevo affatto “diventare un altro”. Mi con-vinsi ben presto che non dovevo “mettermi nei panni di Goldoni”, perché era invece Goldoni che si metteva nei panni miei. Non aveva la minima importanza che egli fosse nato più di due secoli prima. Avevo letto le sue opere più importanti e qualcuna delle sue meno note, e mi sembrava di averle scritte io. E i fatti della sua vita erano diventati fatti miei.Naturalmente avevo bisogno dei suoi Memoirs per sapere che cosa mi fosse accaduto nel 1750; ma non perché quegli eventi non mi riguardassero ma perché dopo tanti anni li avevo, per così dire, dimenticati. E quando scoprivo che cosa avevo fatto e detto mi veniva da pensa-re: “AH, sì, ora ricordo”.Che cosa dunque voleva dire, per me, “recitare”? Adesso lo sapevo: voleva dire “ricordare”. Ed ero io che ricordavo, non lui. Lungi dal sentirmi un altro, proprio nel “recitare” sentivo di essere me stesso. Compresi allora un fatto apparentemente paradossale: è nella vita che si recita, non nel teatro. Nella vita domina il relativo, e le circostanze ci costringono ad assumere un ruolo. Non è possibile avere rapporti sociali senza questa “maschera”, come ci ricordò a suo tempo Pirandello. E come sappiamo bene, per ottenere determinati scopi, qualche volta un individuo finge sentimenti che non ha.

In una sola situazione egli non può fingere: quando recita sopra un pal-coscenico un testo della letteratura drammatica. L’attrice che presta la sua voce a Giulietta sarebbe bu-giarda soltanto se dicesse a Romeo che non lo ama; ma non può.Giulietta ama Romeo in eterno, e non sono possibili dubbi: sta scritto.Recitando, ossia rivivendo, l’attrice ha la possibilità, unica, di essere finalmente sincera. Non avrà mai, nella sua vita privata, un’occasione migliore per dichiarare il proprio amore a qualcuno con altrettanta certezza; e sulla sincerità dei sentimenti di Giulietta, e quindi dei propri, è garante Shakespeare.Compresi allora che il teatro (grande o piccolo, può essere un capolavoro drammatico o una farsaccia) ha un grande potere liberatorio e consente agli attori di vincere le proprie nevrosi, come è stato sostenuto.Anche a me capitò la stessa cosa. Mi sentivo leggero, ilare, puro in tutti i sensi.Le recite andarono bene, le scolare-sche furono attente al di là del ragio-nevole (ne temevo le intemperanze). Ma non è questo che importa. Avevo attuato senza volerlo una psicoterapia

di cui avevo bisogno.

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Vivere il cambiamento

Da paziente a collaboratrice

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Elena è una fiduciaria di Attivecomeprima. Chi è una fiduciaria? È una donna che, vissuta in prima persona l’esperienza del cancro, ha iniziato e concluso il percorso di sostegno psico-logico di gruppo nel quale ha potuto affrontare ed elaborare emozioni e paure e che è riuscita a dare alla vita un nuovo significato, a vivere l’og-gi, non più imprigionata dalla paura dell’inco-gnita del domani. Ed ha messo questa sua nuova consapevolezza a disposizione di chi, come lei, ha attraversato l’esperienza della malattia.Elena vi parlerà di questo percorso e di come, anche il caso, ma soprattutto le sue potenzialità interiori, l’hanno portata a scegliere di mettersi “dall’altra parte”.

Sono arrivata ad Attive nel ’99, a dicembre, accom-pagnata da un’amica-cugina che già conosceva Ada e l’Associazione, ma il mio incontro con il cancro era già avvenuto nel ‘93 con la malattia di mio marito che si era conclusa nel modo più tragico, nel ‘96 con la sua morte. Mi sono ritrovata da sola a dover affrontare la vita, dopo un matrimonio durato 28 anni e con due figli di 26 e 22 anni. Il più grande già lavorava e convi-veva, mentre il più giovane viveva ancora con me e frequentava l’Università al Politecnico. Anche il mio lavoro – ero segretaria in una grande Azienda – non c’era più. L’Azienda aveva chiuso per problemi economici.Ecco, questo è stato il periodo più difficile della mia vita. Non vi sto a raccontare le mie peripezie, ma potete immaginare quale possa essere stato il mio vivere, le mie grandi paure nel dover affrontare il domani, non solo il mio, ma anche quello dei miei figli, l’avvenire dei miei genitori e di mio suocero che stavano scivo-lando sempre più nella vecchiaia e nella dipendenza da me e dagli altri.

Nell’ottobre 1998, quando sono stata io ad ammalar-mi di cancro al seno, ero davvero senza speranze e vivevo l’angoscia più profonda. Ho dovuto ricoverare i miei genitori in una Residenza Sanitaria per Anziani, perché nel frattempo la loro salute era ulteriormente peggiorata ed io non avevo più le risorse fisiche per accudirli. Questa è stata una decisione dolorosa della quale ancor oggi sento il peso per non essere stata in grado di risolverla altrimenti.Tutte le mattine o quasi andavo a trovare i miei geni-tori per aiutarli a pranzo e per avere la certezza che fossero seguiti nel modo migliore.Anche per mio suocero c’è stato un grande cambia-mento. Con mia cognata si è deciso il trasferimento a Roma in modo che lui potesse vivere con la figlia ed avere la famiglia accanto.Io mi sentivo piena di dolore e di rabbia e incapace di ritrovare il mio equilibrio.È con questo “corredo” che sono arrivata ad Attive!Ho cominciato a frequentare i gruppi di sostegno mentre stavo facendo chemioterapia e ascoltare sto-rie, poter condividere con altre persone i miei affanni, mi ha consolato, mi ha dato speranza. Sentivo, venendo in Associazione, di essere compre-sa; sentivo di poter cominciare a guardare in faccia il dolore senza sentirmi annientata. Quando finii il percorso dei gruppi, diedi ad Attive la mia disponibilità per qualche lavoro che potesse essere utile in Associazione. Ma era molto difficile trovare il lavoro adatto a me.Poi , mi capitò una “botta di fortuna”! Ada mi chiese se volevo accettare un lavoro di ricerca condotto dal CERGAS dell’Università Bocconi sulla “Fatigue”. L’obiettivo della ricerca era di “fotografare”, per la prima volta in Italia, la perce-zione della qualità della vita del paziente oncologico, mettendo a confronto il punto di vista dei malati con quello degli oncologi.

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Accettai subito ed ero felice, perché questo lavoro mi permetteva di rientrare nel campo lavorativo in cui avevo più competenze (dopo anni di lavoro in Direzione Medica di diverse Aziende) e ritrovare nuovi interessi.Questo è stato un lavoro bellissimo, che mi ha fatto cre-scere e dato nuove opportunità alla mia vita.Ho conosciuto persone splendide, ho parlato con pazienti sofferenti che mi hanno insegnato tanto. Ho trovato anche nuove amicizie. Nel 2004 sono diventata Fiduciaria di Attive dopo un periodo di formazione e poi mi fu proposto un nuovo la-voro: fare la recorder nei gruppi della Terapia degli Affetti. Anche questa volta sentivo che era una grande opportu-nità e che non avrei dovuto farmela scappare, nonostante la paura di non essere all’altezza… Mi ha aiutato tanto la mia amica e “collega” Lucia che svolge da tanti anni questo lavoro.Così è cominciato e continua da cinque anni ormai.Cos’è la Terapia degli Affetti? È il gruppo che conclude il percorso iniziato con “Riprogettiamo l’Esistenza” e il “De-cido di Vivere”. È un percorso bellissimo, di venti incontri, che aiuta a capire meglio il cambiamento che inevitabil-mente arriva dopo la malattia, portando a vivere in modo più sereno il quotidiano.Nella Terapia degli Affetti non si parla solo della malattia, ma della vita, dei problemi di tutti i giorni, di

come rapportarsi meglio con gli altri e questo alleggerisce molto gli animi. Nei gruppi c’è chi si sente più appoggiata e sostenuta e chi più libera di esporre le proprie idee.C’è sempre un aspetto

molto importante, ed è la capacità dello psicologo che conduce i gruppi, di percepire nel modo giusto l’animo delle donne e di aiutarle a vivere in modo più sereno le proprie emozioni.Il mio lavoro è quello di trascrivere, silenziosamente, gli interventi e le emozioni che di volta in volta vengono espressi, al fine di ottenere una relazione conclusiva che sia testimonianza, per tutte le partecipanti, del percorso svolto.Il lavoro ad Attive mi ha dato la possibilità di capire cose di me che non conoscevo; mi ha insegnato a non giudicar-mi troppo severamente, a “tirar fuori “ le mie capacità, i miei desideri, a fare i conti con la mia vera identità; ad accettare le mie sconfitte, a guardare al futuro con delle prospettive più ampie. Ho imparato a credere di più in me stessa, nelle mie risorse (che ci sono ancora nonostante gli anni che passa-no…) a non vivere solo di ricordi. Certo, ho ancora le mie paure e sono tante, ma ora ne sono più consapevole e capace di non farmi più “prendere

alla gola” da esse. Capisco di avere davanti ancora molta strada da fare, ma c’è anche la voglia di migliorarmi e obiettivi da raggiungere. Chissà…

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Info autorePaola Bertolotti. Psicologa e psicoterapeuta. Conduce in Associazione i gruppi di sostegno psicologico “Riprogettiamo l’esistenza” e “Decido di vivere”.

Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro

collaboratore dell’associazione

Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro

fiduciaria dell’associazione

Elena Bertolina (a destra) con Ela Rossi.

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Non sempre ce ne accorgiamo, ma i nostri figli, anche quelli più piccoli, quelli che frequentano le scuole elementari o sono a cavallo tra elementari e medie, vivono immersi in un mondo in cui gli atti di bullismo sono all’ordine del giorno.Prepotenze occasionali e per molti continue, con moltissimi casi di prevaricazioni “pesanti”.Vi sono importanti differenze tra maschi e femmine, sia nel modo di prevaricare, sia nel significato che si attribuisce al gesto di prevaricazione, sia nella rappre-sentazione del bullo.Tra i maschi prevalgono i fenomeni di aggressività fisica, tra le femmine più sottili forme di violenza psicologica; i maschi attribuiscono ai gesti di prevaricazione il senso prevalente di testimo-niare rabbia, forza, successo, mentre le femmine vedono in questi gesti più una manifestazione di tristezza, debolezza, solitudine.

Piccoli bulli evitabili

Il linguaggio degli affetti

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Le ragazze mostrano una maggiore “distanza” dalle azioni di prepotenza rispetto ai maschi: denunciano di più, reagiscono con sentimenti più negativi, hanno un’idea più negativa del bullo. Le prepotenze sembrano intrecciarsi con alcune dimensioni importanti dello sviluppo dell’iden-tità maschile e femminile: i maschi esprimono con esse il tentativo di manifestare la capacità di controllare l’ambiente attraverso manifestazioni di forza (i prepotenti sono spesso visti come ragazzi che ottengono quello che vogliono), mentre le femmine le indirizzano molto di più sul versante della competenza relazionale.I gesti di prevaricazione appaiono inoltre associati in modo evidente a una tendenza importante, sin da età ancor molto precoci, ad assumere le insegne di ragazzi e ragaz-ze più grandi. Il successo sociale, l’autonomia, la libertà sono valori che presentano un “conto” salato a ragazzini

e ragazzine così giovani.La prevaricazione appare quindi come il frutto di

un senso di inadeguatezza rispetto a richieste di crescita troppo anticipate rispetto agli strumenti reali a disposizione dei ragazzi. Queste richie-ste provengono dal mondo interno degli stessi e potrebbero, vista la loro consistenza, derivare

dall’interiorizzazione di elementi culturali “diffusi”. Vale a dire: è la cultura creata dal mondo degli adulti

che sembra richiedere eccessivamente ai piccoli di essere adeguati, grandi, capaci.

Le prevaricazioni avvengono prevalentemente a scuola e ciò non deve stupire: a questa età la scuola è infatti il luogo di aggregazione per eccellenza. La scuola è infatti il luogo in cui si sperimentano il confronto, la competizione, il sentimento di successo o insuccesso, di adeguatezza o inadeguatezza.Esse avvengono in prevalenza negli spazi e nei momenti in cui l’adulto non è direttamente presente. Tuttavia gli adulti ne sono consapevoli e spesso cercano di arginarle aumentando la sorveglianza o intervenendo con il peso dell’autorità, ma ciò non sembra sortire un effetto comple-to ed efficace.Infatti i gesti di bullismo derivano nelle loro manifestazioni così precoci dal fatto che i piccoli sono spinti da ideali di crescita stressanti e in parte ancora impossibili rispetto agli strumenti a loro disposizione.Quindi, se vogliamo porre un argine a questo segnale di malessere dobbiamo essere in grado di frenare una spinta eccessiva alla crescita e all’adeguatezza. Possiamo dimostrare ai nostri figli, in primo luogo con le nostre azioni personali, che la vita si può vivere felicemente e con successo anche senza essere superman o wonder woman.Forse, aiutando loro, potremmo a nostra volta scoprire che il senso del limite apre a panorami ricchi e insperati che noi, come bolidi lanciati in autostrada verso mete lontane e illusorie, non avremmo mai potuto conoscere.

Info autore

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Stefano Gastaldi. Psicologo e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “La terapia degli affetti”.

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Tutte le vite sono attraversate da que-sta metafora – penso al mito greco delle tre Parche - sebbene non si è sempre coscienti, durante il tempo della giovinezza o del benessere o della progettualità, dell’universale esperienza di precarietà così come non si riesce sempre ad osservare che quel filo d’oro disegna ricami.

L’ho inseguito a lungo in questi anni: é stata la Vita stessa ad obbligarmi a prenderne coscienza e, infine, negli anni della malattia, ad aggrapparmi ad esso come un bambino al suo aquilone.Inseguirlo mi ha reso nomade e in cerca di continui segni e segnali per afferrare la mia storia e non farmela portar via dal non-senso, dalla de-pressione, dal senso di sconfitta.Il nomadismo del cuore che mi ha impedito di attaccarmi, non senza lacerazioni, ai progetti avviati e ogni volta dissolti a causa di una fragilità fisica che poi è diventata malattia ag-gressiva e poi “presenza del rischio” e mi ha condotto dunque sui sentieri dell’abbandono e della fiducia.

Oggi contemplo degli splendidi disegni che il filo ha elaborato tra un evento e l’altro...e, dopo oltre tren-tacinque anni, ritrovo che la traccia del filo porta ad un antico punto di partenza, ad una antica domanda che da bambina undicenne mi è sgorgata dal cuore: cosa è mai Dio e cosa è mai la Vita?

Sì, ho fatto, sto facendo esperienza

di Dio perché vivo la Vita e la guardo fiorire anche nel deserto.E nel deserto non ti aspetti certo fiumi e cascate... eppure che gioia quando un’oasi si apre alla vista e ti viene incontro la speranza.Ho dovuto camminare anni per capire il valore della vita e la sua meraviglia. Oggi che sono a rischio altissimo di perderla in tempi che non dovrebbero essere segnati mai da nessun dio per una giovane madre con figli piccoli, ebbene oggi essa mi appare straor-dinaria.Gli orientali direbbero che la vedo con il “terzo occhio”, i cristiani con la “luce della Grazia”, gli atei con il coraggio e la forza di un adulto.

Infatti così mi sento: un adulto, una persona cresciuta che non ha bisogno di rimuovere la coscienza dalla Realtà. So bene quale sia la realtà di un malato, il dolore di un bambino, la fine di un progetto ma so che c’è altro da conoscere e esplorare... il nomade non mette su casa e non definisce le mura e gli arredi.Ecco, io non voglio proprio definire nulla, neppure la morte.Invece mi apro all’insondabile e al rischio.

Ho sperimentato negli ultimi anni che il filo d’oro conduce alla pienezza dell’esperienza se lo lasci fare.Non solo all’amore famigliare, di un uomo o di un figlio, ma all’amore gratuito dello sconosciuto.Così seguendo le tracce, sono giunta a costruire delle relazioni con molte

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a cura di Ada BurroneLe vostre lettere

Nomadismo del cuoreQuando la vita è appesa a un filo, quel filo diventa d’oro.

Ho scelto di pubblicare il tuo scritto, Angela cara; senza risposta né commento perché parla da solo al cuore di tutti.

Ti ringrazio e ti abbraccio

foto

Pao

lo L

iaci

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persone, attraverso la scrittura o sem-plicemente lasciando la porta aperta alla relazione, con uomini e donne in cerca del divino o pregne di divino, con inaspettate presenze che mi han-no fatto regali solo ed essenzialmente per generosità e voglia di vivere.

Se si guarda senza attenzione, l’in-contro con gli altri sembra ordinario se non un accidente o un urtare di aminoacidi.Costretta a volare con l’aquilone della fragilità, esposta al grande dolore della fine della vita, ho visto quegli stessi uomini e quelle stesse donne come un dono inestimabile da non perdere, in mezzo agli “affari” del mondo.Ho chiesto a loro, nel cuore, di diven-tare portatori di un messaggio.E così, come dice Raimon Panikkar, lo sconosciuto può essere un angelo.Potrei raccontare tante avventure fatte di incontri, parole scritte, libri rega-lati, inviti inaspettati... tutto è stato rilegato in un filo, il mio filo e, in cui emerge con chiara bellezza che le oasi

ci attendono ad ogni passo, ad ogni cammino, nonostante il penare e il perdurare della fatica e dell’arsura.

Quel che resta per me è quel filo d’oro che lega tutti gli eventi e che mi conduce, oggi lo comprendo, alla chiarezza e alla percezione sana della vita: ma qui ed ora non nell’eterno.Anzi l’eterno non è un mio problema, non mi riguarda, io sono una creatura di finitudine: semmai riguarda un Dio che vorrà farmene dono.A me interessa la vita qui, dove sono ora, viverla bene, viverla dignitosa-mente e rafforzarla di relazioni che mi insegnino a resistere e mi accompa-gnino nell’esperienza.Ed è la mia un’esperienza di guari-gione.E una richiesta che faccio ogni giorno alla Vita.

C’è una danza nel mondo che va dall’India all’America di Yogananda, ad un piccolo villaggio del Salvador, nelle stanze laiche di amici inglesi, ai mo-

nasteri della Sicilia e dell’Umbria, alle parrocchie vive della Puglia, alle pic-cole chiese sparse nel nordest d’Italia, nel cuore vivo della rete e degli amici incontrati per caso, una danza che alza all’unisono una voce di richiesta e di preghiera: guarire Angela.

Lo chiedo a tutti, con un sorriso, con allegria: aiutatemi a mettere in moto l’energia che “muove le stelle” come direbbe Dante, energia che sono arri-vata a chiedere anche ad amici afri-cani, rifugiati eritrei, persino ai poveri che avrebbero molto da chiedere.La mia guarigione è insieme a loro perché tutti riscopriamo la voglia di amare e di riconoscere il valore di ciò che abbiamo.

Il nomadismo del cuore mi ha portato il mondo.Volando appesa all’aquilone della fra-gilità, ho conosciuto la leggerezza... ci muove la brezza leggera dello Spirito... Angela Altieri - Roma

Per i vostri quesiti vi ricordiamo i nostri recapiti: ATTIVEcomeprima via Livigno, 3 - 20158 Milano Tel 026889647 mail: [email protected] Per parlare con Ada potete telefonare il lunedì e il mercoledì dalle h. 14 alle h. 17,00.

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Tra medico e paziente

Una preziosa alleanza

Roberto Labianca è da anni un amico e un interlocutore importante per i progetti e il lavoro di Attivecomeprima.Roberto Labianca dirige l’Unità Operativa di Oncologia medica agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) nel biennio 2003-2005, Labianca ha senza dubbio contribuito a tracciare la nuova strada dell’oncologia, fatta di farmaci migliori e di terapie meglio adattabili alle diverse situazioni, ma soprattutto di una rinnovata attenzione al paziente come persona. Un cammino non più eludibile, a fronte di una certezza: il coinvolgimento corretto del malato contribuisce alla migliore riuscita della terapia nelle fasi acute e diventa il filo conduttore di un’alleanza in grado di sostenere nel migliore dei modi il paziente in tutte le fasi successive. Ed è proprio questo nodo cruciale

dell’assistenza oncologica attuale e futura che approfondiamo

con lui.

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Info autore

Professor Labianca, è indubbio che oggi il numero di pazienti oncologici che riesce a convivere per molti anni con la malattia sia cresciuto. Sono persone che vivono la condizione di malattia all’interno di una vita il più possibile completa, fatta di lavoro, affetti, socialità. Quanto questa nuova realtà ha cambiato il giudizio clinico dell’oncologo e la sua relazione con il paziente?

Il risultato positivo di terapie che davvero permettono a molti pazienti di vivere più a lungo e li mettono in grado di convivere per anni con la loro malattia pone al medico un dovere: garantire vicinanza e continuità di riferimento. Attenzione, però: è necessario trovare il giusto equilibrio, evitando di creare ansia nel paziente con una presenza troppo incombente, fatta di follow-up intensivo ed esami ravvicinati. Anche la letteratura, del resto, dimostra che si tratta di un atteggiamento che non porta vantaggi neppure al risultato clinico. L’aiuto vero a una persona che ha tro-vato sul proprio cammino la malattia oncologica è invece l’incoraggiamento sereno a seguire il più possibile attività normali. In questo senso bisogna educare subito anche i giovani oncologi, che si affacciano alla professione con un bagaglio tecnico, di diagnostica, terapia e monitoraggio molto più agguerrito di un tempo: è senz’altro entusia-smante per un medico poter contare su una migliore prospettiva terapeutica, ma l’aspetto relazionale, l’ascolto di ansie, dubbi o anche racconti di piccola quotidianità è indispensabile.

L’ascolto è fondamentale, anche perché il paziente non è più così disarmato come un tempo. Informati, desiderosi di capire, di poter esprimere esigenze non emerse nel colloquio clinico, di entrare appieno nel processo decisionale sul percorso di cura sono espe-rienza quotidiana. Proprio di fronte a questo nuovo malato, quali sono le difficoltà per l’oncologo nel trovare il giusto bilancio tra terapia e cura globale della persona?

Il rischio che corre l’oncologia attuale non è solo quello di privilegiare un tecnicismo, che pure offre risorse fino a pochi anni fa insperabili. Il diaframma che può ostacolare le opportunità di dialogo sta anche nell’appesantimento burocratico-amministrativo attuale, che erode i tempi di visita. Quasi mai una prima visita, per esempio, può disporre di quell’ora e più che vorremmo dedicare. Inoltre, oggi esami e controlli descrivono in modo sempre più dettagliato la situazione di un “paziente-organismo”, ma valutare il reale significato di tutti inevitabilmente riduce il tempo dedicabile al “paziente-persona”. Non solo: sareb-be più che opportuno poter coinvolgere i pazienti anche nella ricerca clinica indipendente, chiamarli a discutere i nuovi farmaci. Tutto nell’ottica di una loro sempre più consapevole presenza e centralità.

Il punto centrale resta quindi la definizione della modalità migliore per rendere realtà l’approccio globale a tutti i malati oncologici. È evidente che

il traguardo non si può tagliare se non si cerca di adeguare l’intero management del paziente. Qual è la situazione italiana a questo riguardo? Quali sono i problemi e le difficoltà degli oncologi e quali le carenze strutturali per arrivare davvero a gestire il paziente in questo orizzonte globale?

Una premessa è fondamentale: nel nostro paese la disponibilità di farmaci specifici, di tecniche diagnostiche, chirurgiche, radioterapiche è buona. Non soffriamo le carenze evidenti in altre nazioni. Con tutto ciò, è chiaro che i costi crescenti e le procedure richieste per il rispetto dell’appropriatezza delle cure non snelliscono né facilitano il versante tecnico della cura. Inoltre, anche l’oncologia soffre problemi di organico. Senza dimenticare il precaria-to, che a volte ostacola la possibilità di formare in modo specifico e completo i medici, o che li fa mancare quando si pensava di poter contare su di loro. Le difficoltà quindi ci sono, ma i pazienti vengono curati tutti, al contrario di quanto accade in altri paesi. Certo, è una situazione che dovrebbe e potrebbe essere migliorata, ripensando anche all’apporto di competenze esterne qualificate.

In questo senso, molte Onlus lavorano da anni, anche se in modo diversificato, per dare sul territo-rio accoglienza e risposta ai bisogni espressi dalle persone colpite dal cancro. In effetti, è grazie a loro, con Attivecomeprima a capofila, che è emersa la necessità dell’approccio globale. A questo punto, però, sarebbe necessario sistematizzare le metodo-logie e i servizi di supporto, per renderli fruibili da tutti i pazienti. Farne cioè parte integrante delle cure. Come si potrebbero creare sinergie riconosciute e condivise tra il mondo medico e quello del volonta-riato oncologico? Si può pensare a una rete coerente di servizi che contribuisca a far sentire il paziente curato come soggetto e non come solo portatore di malattia?

Il riconoscimento del ruolo del volontariato da parte degli oncologi è unanime. Non si tratta solo di apprezzare il sostegno, al malato e ai familiari, ma anche la capacità di essere promotori di fund raising, senza cui molte iniziative (per esempio: borse di studio) o anche molta strumen-tazione non sarebbero disponibili. Non solo: queste organizzazioni ci fanno capire quali sono le esigenze del paziente, al di là delle terapie in sé e per sé, quali sono le sue insoddisfazioni, i bisogni ai quali non abbiamo saputo rispondere, spesso proprio per quella mancanza di tempo, o di preparazione specifica, o di organico, a cui facevo cenno prima. Nell’assistenza non dobbiamo mai accon-tentarci e queste associazioni ci aiutano a fare che sia così. Certo è che manca ancora del tutto una sistematiz-zazione delle procedure. Non esistono linee di compor-tamento condivise, che sarebbero invece essenziali per creare una rete strutturale a misura di territorio, alla quale

oncologi e pazienti potrebbero affidarsi, ottimizzando tempi di assistenza, utilizzo delle risorse umane e risultati.

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Cecilia Ranza. Giornalista.

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Un regalo per voiNutrire il benessere

Quale debba essere il cibo dell’uomo ce lo

dice la Bibbia, quando al sesto giorno della

creazione Dio dice: “Vi do tutte le piante con i loro semi… così avrete il vostro cibo” (Genesi 1-23). La Bibbia riferisce anche del

primo grande esperimento sull’alimentazione

dell’uomo: il giovane Daniele e altri rampolli

di nobili famiglie di Israele erano stati fatti

prigionieri da Nabucodonosor, il quale voleva

però che fossero trattati con tutti i riguardi e

ordinò ad Asfenez, l’eunuco di corte, che

fossero nutriti con il cibo e il vino del re.

Daniele e i suoi compagni si rifiutarono e

pretesero acqua, cereali e legumi, com’erano

abituati, e rassicurarono Asfenez, che temeva

di incorrere nell’ira del tiranno, dicendogli che

facesse la prova, e che li avrebbe visti più

belli e più forti degli stessi figli del re. I popoli

della terra hanno sempre saputo, da quando

gli dei hanno loro insegnato a coltivare i

campi, che cereali e legumi sono l’alimento

base dell’uomo. Nelle Americhe ancora oggi i

poveri mangiano tortillas e fagioli neri, in Nord

Africa semola di grano (il cuscus) e ceci, in

Africa nera miglio e arachidi, in Oriente riso e

soia, e anche da noi riso e lenticchie o pasta

e fagioli. I cereali, purché mangiati nella loro

integralità, associati ai legumi e ad una certa

quota di semi oleosi e di verdure, e

occasionalmente a cibo animale, offrono una

perfetta combinazione alimentare, con la

giusta quantità di carboidrati, che ci

garantiscono una costante disponibilità di

energia per la vita quotidiana, di proteine

complete di tutti gli aminoacidi indispensabili

per il ricambio delle strutture cellulari, di

grassi di buona qualità, che assicurano il

funzionamento di complessi sistemi biofisici e

biochimici che controllano l’equilibrio

dell’organismo, di fibre indigeribili che

nutrono migliaia di miliardi di microbi che

convivono nel nostro intestino contribuendo

alla nostra nutrizione e alla nostra salute, di

vitamine, di sali minerali che da un lato sono

indispensabili al corretto svolgimento di

reazioni chimiche vitali e dall’altro ci

proteggono da sostanze tossiche estranee o

prodotte dal nostro stesso metabolismo. Nei

paesi occidentali ricchi, lo stile alimentare si è

progressivamente discostato da questo

schema tradizionale dell’alimentazione

dell’uomo per privilegiare cibi che un tempo

erano mangiati solo eccezionalmente, come

molti cibi animali (carni e latticini), o che non

erano neanche conosciuti, come lo zucchero,

le farine raffinate (come si riesce a ottenerle

solo con le macchine moderne), gli oli

raffinati (estratti chimicamente dai semi o dai

frutti oleosi), o che addirittura non esistono in

natura (come le margarine). Questo modo di

mangiare sempre più “ricco” di calorie, di

zuccheri, di grassi e di proteine animali, ma

in realtà “povero” di alimenti naturalmente

completi, ha contribuito grandemente allo

sviluppo delle malattie tipiche dei paesi

ricchi: l’obesità, la stitichezza, il diabete,

l’ipertensione, l’osteoporosi, l’ipertrofia

prostatica, l’aterosclerosi, l’infarto del

miocardio, le demenze senili, e molti tumori.

L’uomo, in realtà, ha sempre mangiato anche

cibo animale, ma se si eccettuano alcuni

popoli nomadi, o quelli che vivono in condizio-

ni ambientali estreme per freddo o per

altitudine, sono ben pochi gli esempi di

alimentazione tradizionale con un’alta quota

di cibo animale. Anche il latte, che oggi in

Occidente è alimento quotidiano, dai più era

consumato solo occasionalmente, perché non

poteva essere conservato ed era facile

veicolo di infezioni. È stato solo alcuni

decenni dopo la scoperta della pastorizzazio-

ne, in pratica dopo la prima guerra mondiale,

che ha cominciato ad essere distribuito nelle

città. Ma molti popoli ancor oggi non bevono

più latte dopo lo svezzamento. La cultura

medica, giustamente preoccupata del grave

stato di denutrizione che imperversava nelle

nostre campagne e nei quartieri popolari delle

città nei primi decenni del secolo, ha avuto un

ruolo importante nella promozione del cibo

animale, e la disponibilità di latte e di carne,

insieme al miglioramento delle condizioni

igieniche delle abitazioni, ha contribuito a

migliorare lo stato nutrizionale e a difenderci

dalle malattie infettive. Ma poi siamo andati

troppo avanti su questa strada e il consumo

di cibi animali e di cibi raffinati è entrato in

una spirale di interessi produttivi e

commerciali che ha completamente

sovvertito le tradizioni alimentari dell’uomo.

Non vogliamo certo sostenere che si stava

meglio quando si stava peggio, quando c’era

la fame e la povertà, ma piuttosto che la

nostra ricchezza ci consentirebbe una varietà

di dieta sufficiente a soddisfare appieno sia le

nostre esigenze fisiologiche e nutrizionali sia

il piacere della buona tavola senza

sovraccaricarci di prodotti animali e di cibi

impoveriti dai trattamenti industriali, che solo

il plagio della pubblicità televisiva riesce a

farci sembrare buoni. Noi medici oggi siamo

ricchissimi di conoscenze biologiche e

farmacologiche, ma paradossalmente

sappiamo sempre meno di nutrizione e

abbiamo non poche responsabilità

nell’impoverimento della nostra alimentazione

“ricca”. Molte convinzioni su cui basiamo le

nostre prescrizioni dietetiche preventive non

sono che pregiudizi, derivanti da una lettura

superficiale della composizione chimica degli

alimenti, e da una visione troppo semplicisti-

ca dell’infinita complessità della natura e

dell’organismo umano. Analizziamo ad

esempio alcune raccomandazioni comuni: i

Uno strumento utile e capace di rispondere alle tante domande che, quotidianamente, ci sentiamo rivolgere sul modo più giusto di alimentarsi.Questo testo fa parte della collana dei dieci opuscoli “La forza di vivere”.

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latticini per prevenire l’osteoporosi in

menopausa, la carne nel primo anno di vita

per prevenire l’anemia, le margarine e gli oli di

semi per ridurre il colesterolo, le vitamine per

prevenire il cancro. Verso i 50 anni di età le

ovaie terminano la loro funzione per la

riproduzione e smettono di produrre

ciclicamente gli ormoni sessuali femminili, le

cui funzioni includono anche quella di

mantenere una buona nutrizione di vari organi

e tessuti fra cui le ossa. Al sopraggiungere

della menopausa, specie nei primi anni, le

ossa diminuiscono considerevolmente il loro

contenuto di calcio e tendono a farsi più deboli

e fragili (osteoporosi). Pare logico, quindi,

raccomandare, a questa età (ma anche prima,

per non arrivare alla menopausa con poche

riserve), un abbondante apporto di calcio con

la dieta. Poiché il latte e i formaggi sono

alimenti ricchissimi di calcio molti medici

raccomandano di mangiare tanto formaggio.

Quel che dovremmo sapere, però, è che la

principale causa alimentare di osteoporosi non

è la carenza di calcio, bensì l’eccesso di

proteine animali. Le proteine animali sono più

acide di quelle vegetali e tendono ad

acidificare il sangue. L’organismo è molto

attento a mantenere un livello di acidità

controllato perché ogni squilibrio avrebbe gravi

conseguenze. Non appena le sostanze acide

assorbite con gli alimenti superano la capacità

di controllo dei bicarbonati presenti nel

sangue, l’osso libera dei sali basici di calcio

per tamponare l’eccesso di acidità. I tanto

reclamizzati latticini sono certo ricchi di calcio,

ma sono anche un concentrato di proteine

animali. Non esiste un solo studio che abbia

documentato che una dieta ricca di latticini in

menopausa sia utile ad aumentare la densità

ossea e a prevenire le fratture osteoporotiche.

Alcuni studi hanno addirittura riscontrato che

la frequenza di fratture in menopausa è tanto

maggiore quanto è maggiore il consumo di

carne e di latticini. Naturalmente rimane logico

garantire un sufficiente apporto alimentare di

calcio, purché non provenga solo dai latticini.

Ne sono ricchissimi vari semi, soprattutto il

sesamo, ma anche le mandorle, i broccoli, il

pesce (soprattutto i pesci piccoli e le zuppe di

pesce dove si mangiano anche le lische), il

pane integrale a lievitazione naturale, i legumi.

Da decenni i pediatri insegnano alle mamme

che nel secondo semestre di vita, dopo lo

svezzamento, i bambini devono mangiare

omogeneizzati o liofilizzati di carne allo scopo

di prevenire l’anemia da carenza di ferro. I

bambini non sono d’accordo ma non hanno

voce in capitolo. La raccomandazione si basa

su studi condotti negli anni ‘40, nei quali era

stato accuratamente misurato il contenuto di

ferro alla nascita e il contenuto di ferro nei

bambini di un anno, e calcolato quindi il

fabbisogno di ferro alimentare nel primo anno

di vita. Studi successivi (condotti in soggetti

adulti) dimostrarono che il ferro del latte e dei

vegetali è meno assorbibile che non il ferro

della carne. Si concluse che l’unico modo per

garantire ai divezzi la quantità di ferro

sufficiente al fabbisogno nel primo anno di vita

è di nutrirli con 50 grammi di carne al giorno.

Questi calcoli sono stati accuratamente

trascritti nelle successive generazioni dei

trattati di pediatria e nella pubblicità degli

omogeneizzati dimenticando di riferire che,

negli esperimenti originali, i bambini in cui si

era valutata la quantità di ferro all’età di un

anno non avevano mangiato carne. Evidente-

mente i neonati e i divezzi hanno ben altre

risorse di quelle che credono i pediatri e il loro

intestino è capace di assorbire molto più ferro

dal latte e dalle pappe di verdure e cereali di

quanto prescritto dalla scienza accademica. Le

nostre bisnonne lo hanno sempre saputo: se il

buon Dio avesse voluto che i divezzi

mangiassero carne avrebbe fatto loro crescere

i denti. È difficile dire quanto male abbiamo

fatto ai nostri bambini con questa dieta forzata,

ma certamente questa pratica ha contribuito

alla diffusione del mito dell’alimentazione

carnea. La carne è certamente un ottimo

alimento, ma l’aumento del consumo di carne,

in particolare di carni rosse, è uno dei fattori

che ha contribuito a far aumentare l’incidenza

di molte malattie frequenti nelle popolazioni

occidentali, come l’aterosclerosi, l’ipertensio-

ne, il cancro dell’intestino. Un grande studio

epidemiologico iniziato negli anni ’50, condotto

in sette paesi del mondo a diversa incidenza di

malattie di cuore, dalla Finlandia, ad altissima

incidenza, all’Italia, ad incidenza relativamente

bassa, a Creta, dove il rischio era bassissimo,

dimostrò che la dieta mediterranea, basata su

cereali, verdure, legumi e, come principale

fonte di grassi, olio di oliva, era associata a

bassi livelli di colesterolo nel sangue e

proteggeva dall’angina pectoris e dall’infarto.

Negli anni successivi si dimostrò che mentre i

grassi della carne bovina e dei latticini (i

cosiddetti grassi saturi) fanno aumentare il

livello di colesterolo nel sangue, gli oli di semi

(contenenti grassi poli-insaturi) lo fanno

abbassare. Anche in Italia e in Grecia i

cardiologi cominciarono a raccomandare oli di

semi e margarine, raccomandazione subito

amplificata dagli interessi commerciali, senza

considerare che l’olio di oliva aveva

praticamente lo stesso effetto sul colesterolo. I

semi oleaginosi sono un ottimo alimento, ma

gli oli di semi normalmente consumati, sono

stati depauperati di molte sostanze potenzial-

mente protettive presenti nei semi, fra cui

buona parte della vitamina E, e nel processo di

produzione delle margarine si formano acidi

grassi particolari, inesistenti in natura,

fortemente sospettati di aumentare, invece

che diminuire, il rischio di infarto e di cancro.

Le principali conoscenze che la scienza

medica ha potuto solidamente confermare, in

decenni di ricerche cliniche ed epidemiologi-

che sul ruolo dell’alimentazione nella genesi

delle malattie croniche che caratterizzano il

mondo moderno, si possono riassumere in

poche raccomandazioni preventive: più cereali

integrali, legumi, verdura e frutta fresca, meno

zuccheri, cereali raffinati, carni, latticini, grassi

animali, e alimenti conservati. A partire dagli

anni ‘70, numerose ricerche epidemiologiche,

che hanno coinvolto centinaia di migliaia di

persone e studiato decine di migliaia di casi di

tumore, hanno confermato, al di là di ogni

ragionevole dubbio, che chi mangia più

verdure si ammala meno di cancro rispetto a

chi mangia poche verdure. Ciò vale in

particolare per i tumori dell’apparato

respiratorio e digerente. Un forte fumatore ha

un rischio fino a venti volte superiore di

ammalarsi di cancro polmonare rispetto a un

non fumatore, ma mangiando quotidianamen-

te verdure può dimezzare il suo rischio (che

rimane però molto alto se non smette di

fumare). Le verdure e i cibi vegetali proteggo-

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no probabilmente attraverso numerosi

meccanismi, ma il più importante (o almeno il

più studiato) è legato al contenuto di sostanze

antiossidanti, fra cui vitamina C, vitamina E,

beta-carotene (precursore della vitamina A) e

altri carotenoidi, vari polifenoli e composti

solforati, che impediscono l’attivazione di

molte sostanze cancerogene e proteggono le

strutture cellulari e lo stesso DNA dall’aggres-

sione di sostanze ossidanti che si generano

nei normali processi metabolici. L’osservazio-

ne che l’insorgenza del cancro del polmone

nei fumatori sembrava contrastata soprattutto

da verdura e frutta ad alto contenuto di

beta-carotene (di cui sono ricchissime le

carote e tutta la verdura gialla e rossa, ma

anche la verdura verde scura), ha fatto

sorgere l’ipotesi che lo stesso effetto si

potesse ottenere con alte dosi farmacologi-

che di beta-carotene e ha condotto ad

esperimenti preventivi i cui risultati sono stati

drammatici. In Finlandia, trentamila volontari,

forti fumatori, sono stati suddivisi a caso in

quattro gruppi di circa 7500 persone

ciascuno: un gruppo avrebbe preso

quotidianamente una pillola con 25 mg di

beta-carotene, un gruppo una pillola di

alfa-tocoferolo (vitamina E), un gruppo una

pillola contenente entrambe le sostanze e un

gruppo una pillola placebo (cioè senza

nessuna vitamina). Lo studio era condotto in

doppio cieco, in modo che né i partecipanti

né i medici incaricati della loro sorveglianza

sapessero chi stava prendendo cosa, ma un

comitato etico aveva accesso ai codici e

teneva sotto controllo l’operazione. Lo studio

fu interrotto dopo otto anni, quando fu chiaro

che, contrariamente all’atteso, il beta-carote-

ne era associato a una frequenza maggiore

(del 18%) di carcinoma polmonare. Anche

l’infarto era aumentato in chi prendeva la

pillola di beta-carotene, mentre in chi

prendeva vitamina E erano più frequenti le

emorragie cerebrali. Decine di studi di

chemioprevenzione, condotti somministrando

pillole di questa o quella vitamina o cocktail di

vitamine e sali minerali potenzialmente

preventivi, hanno dato risultati deludenti.

Anche gli studi che hanno cercato di

prevenire i polipi e il cancro dell’intestino

somministrando preparati vari di crusca o

altre fibre vegetali sono stati fallimentari.

Questi risultati sono solo apparentemente in

contrasto con gli studi epidemiologici che

hanno mostrato un minor rischio di malattia

in chi ha una dieta ricca di fibre, di vitamine,

e di altri nutrienti essenziali. Essi indicano

semplicemente che non siamo in grado di

catturare in una pillola la meravigliosa

complessità della natura, e che corriamo dei

rischi in particolare quando usiamo dosi alte

rispetto a quanto l’uomo può assumere col

cibo. Perché la prevenzione non è come la

tossicologia: se usiamo un veleno, più alta è

la dose maggiore sarà l’effetto, ma se una

sostanza fa bene non è detto che continui a

far bene se ne assumiamo in grandi quantità.

La più grande sconfitta della medicina

nutrizionale è probabilmente l’obesità, che

nonostante un’infinità di ricerche per trovare

farmaci e diete efficaci, continua ad

aumentare, e gli obesi che riescono a

dimagrire quasi inevitabilmente recidivano e

tornano ad essere grassi. E chi è sovrappeso

si ammala di più di malattie di cuore, di

diabete, e di molti tumori. In teoria per

dimagrire è sufficiente mangiare poco: la

scienza dell’alimentazione vorrebbe che per

ogni sette calorie a cui si rinuncia a tavola si

dovrebbe perdere un grammo di ciccia, ma in

realtà le cose sono più complicate. Da che

mondo è mondo, l’uomo si è sempre scontra-

to con il problema della fame, ma solo da

pochi decenni sta scontrandosi con il

problema di aver troppo da mangiare. La

nostra fisiologia, quindi non è attrezzata per

difenderci dall’obesità. Quando perdiamo

peso, anzi, l’organismo mette subito in atto

degli automatismi protettivi che cercano di

impedirci di perderne ulteriormente:

inavvertitamente tendiamo a ridurre il

dispendio energetico riducendo l’attività

fisica, producendo meno calore, migliorando

l’efficienza metabolica. È come se l’organi-

smo si preparasse al peggio, al rischio di

carestia. Infatti, chi si mette seriamente a

dieta, in genere riesce a perdere anche molti

chili in pochi giorni ma poi, pur continuando a

mangiare la stessa dieta ipocalorica, non

dimagrisce più, e per mantenere il peso

raggiunto deve mangiare meno di chi quel

peso l’ha sempre avuto; almeno fino a

quando l’organismo non si sarà assestato ad

un altro livello di equilibrio, ma ciò può

richiedere molto tempo. Sono soprattutto i

grassi che fanno ingrassare, ma anche chi

mangia molti zuccheri e farine raffinate

ingrassa, perché gli zuccheri fanno

aumentare i livelli ematici di insulina, che se

da un lato fa sì che gli zuccheri vengano

bruciati, dall’altro favorisce l’immagazzina-

mento dei grassi in eccesso nel tessuto

adiposo. I cibi integrali invece aiutano chi

vuole dimagrire, perché da un lato le fibre

che contengono, rigonfiandosi nello stomaco

e nell’intestino, danno un maggior senso di

sazietà, e dall’altro favoriscono un assorbi-

mento lento e graduale degli zuccheri,

prevenendo cadute dei livelli di glucosio nel

sangue (la glicemia) che farebbero

aumentare il senso di fame. Per dimagrire e

mantenersi snelli, quindi, non c’è bisogno di

far la fame né di rinunciare ai piaceri della

tavola, ma occorre rieducare il gusto

(riscoprire i gusti semplici), mettersi a

mangiare bene e non smettere più. È utile

cominciare riscoprendo le ricette della dieta

mediterranea povera, variando molto però i

menu. Se a colazione piace il latte, un giorno

si potrà mangiare latte di mucca, ma gli altri

giorni latte di soia (per abituarsi al gusto è

consigliabile mescolarlo con un succo di

frutta, o di carota, o con il muesli o con i

fiocchi di cereali), latte di mandorle, latte di

riso o di avena, con pane integrale, marmella-

te senza zucchero, farinata di ceci, frutta

fresca e secca. A pranzo si può iniziare con

una zuppa, o d’estate con un’insalata, che

può essere ogni giorno diversa, e far seguire

una pasta o un riso integrale con le verdure

(la pasta e il riso ci forniranno gli zuccheri da

bruciare per tutto il resto del giorno). A cena

sarà bene invece fornire un po’ più di

proteine, ad esempio un piatto di cereali e

legumi integrali, oppure raffinati sotto forma

di seitan e tofu, oppure pesce, più raramente

uova, o carne (meglio bianca), o formaggio

fresco; il tutto accompagnato da verdure

(poco) cotte o zuppa di verdure. Meglio non

mangiare la frutta a fine pasto (che può

fermentare e rallentare la digestione), ma

possiamo mangiarne fra i pasti o prima dei

pasti. Questi principi alimentari aiuteranno a

prevenire e a curare innumerevoli disturbi

intestinali e squilibri metabolici e ormonali

che caratterizzano l’uomo contemporaneo. E

molto probabilmente aiuteranno a prevenire

molti tumori. Con il Fondo Mondiale per la

Ricerca sul Cancro (WCRF), la cui missione è

di promuovere la prevenzione primaria dei

tumori anche attraverso la buona alimenta-

zione, abbiamo recentemente concluso un

grande lavoro di revisione di tutti gli studi

scientifici sul rapporto fra alimentazione e

tumori (www.dietandcancerreport.org). Vi

hanno contribuito oltre 100 ricercatori,

epidemiologi e biologi, di una ventina di centri

di ricerca fra i più prestigiosi del mondo. Le

conclusioni sono riassunte nelle 10

raccomandazioni che concludono questo

scritto. Di tutti i fattori che si sono dimostrati

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Info autoreFranco Berrino. Epidemiologo. Direttore Dipartimento Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano.

associati ad un maggior rischio di cancro,

quello più solidamente dimostrato è il

soprappeso: le persone grasse si ammalano di

più di tumori della mammella, dell’endometrio,

del rene, dell’esofago, dell’intestino, del

pancreas, e della cistifellea. Di qui la prima

raccomandazione di mantenersi snelli per tutta

la vita e di evitare i cibi ricchi di grassi e di

zuccheri, del tipo di quelli dei fast food. La vita

sedentaria è un’altra causa importante di

obesità, ma è una causa di cancro anche

indipendentemente dall’obesità: le persone

sedentarie si ammalano di più di cancro

dell’intestino, della mammella, dell’endome-

trio, e forse anche del pancreas e del polmone.

Altri fattori che un gran numero di studi

coerentemente indicano come cause

importanti di cancro includono: il consumo di

bevande alcoliche, associato ai tumori del cavo

orale, della faringe, della laringe, dell’intestino,

del fegato e della mammella; il consumo di

carni rosse, soprattutto di carni conservate,

associato soprattutto al cancro dell’intestino,

ma probabilmente anche ai tumori dello

stomaco, e sospettato per i tumori dell’esofa-

go, del pancreas, del polmone e della prostata;

il consumo elevato di sale e di cibi conservati

sotto sale, associati al cancro dello stomaco; il

consumo elevato di calcio, probabilmente

associato al cancro della prostata; il consumo

di cereali e legumi contaminati da muffe

cancerogene, responsabili del cancro del

fegato; la contaminazione con arsenico

dell’acqua da bere, responsabile di tumori del

polmone e della pelle; il consumo di

supplementi contenenti beta-carotene ad alte

dosi, che fanno aumentare l’incidenza di

cancro del polmone nei fumatori. Sul latte e i

latticini e, in generale, sui grassi animali gli

studi sono molto contrastanti e non conclusivi:

il consumo di latte sembrerebbe ridurre i

tumori dell’intestino, che sarebbero però

aumentati dal consumo di formaggi, e un

consumo elevato di grassi aumenterebbe sia i

tumori del polmone che i tumori della

mammella; si tratta di aumenti di rischio

modesti ma, data l’elevata frequenza di questi

tumori, tutt’altro che trascurabili.

Raccomandazioni WCRF 2007:

1) mantenersi snelli per tutta la vita;

2) mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni.

Almeno mezz’ora al giorno di un impegno

fisico pari a una camminata veloce;

3) limitare il consumo di alimenti ad alta

densità calorica ed evitare il consumo di

bevande zuccherate;

4) basare la propria alimentazione prevalen-

temente su cibi di provenienza vegetale,

con cereali non industrialmente raffinati e

legumi in ogni pasto e un’ampia varietà di

verdure non amidacee e di frutta;

5) limitare il consumo di carni rosse ed

evitare il consumo di carni conservate. Chi

è abituato a mangiare carni rosse, non

superi 500 grammi alla settimana;

6) limitare il consumo di bevande alcoliche.

Chi ne consuma si limiti ad un bicchiere di

vino (o una lattina di birra) al giorno per le

donne e due per gli uomini;

7) limitare il consumo di sale (non più di 5 g

al giorno) e di cibi conservati sotto sale, ed

evitare cibi contaminati da muffe;

8) assicurarsi un apporto sufficiente di tutti

i nutrienti essenziali attraverso il cibo.

Di qui l’importanza della varietà.

L’assunzione di vitamine o minerali a scopo

preventivo è invece sconsigliata;

9) allattare i bambini al seno per almeno

sei mesi;

10) nei limiti dei pochi studi disponibili sulla

prevenzione delle recidive, queste

raccomandazioni valgono anche per

i malati di cancro.

COMUNQUE NON FARE USO DI TABACCO.

Dopo una serie di grandi studi che ci hanno

permesso di identificare i fattori ormonali e

metabolici che favoriscono il cancro della

mammella, dal 1996 l’Istituto Nazionale dei

Tumori di Milano ha iniziato una serie di

esperimenti alimentari - il progetto DIANA -

allo scopo di ridurre il rischio di ammalarsi

delle donne che hanno questi fattori di rischio

e di ridurre le recidive in chi si è già ammalata.

Centinaia di donne volontarie che hanno

modificato la loro alimentazione in seguito ai

nostri corsi di cucina ci hanno permesso di di-

mostrare che è effettivamente possibile ridurre

nel sangue gli alti livelli di ormoni sessuali e di

fattori di crescita che promuovono lo sviluppo

del cancro. Gli studi DIANA sono iniziati a Mi-

lano presso la sede di Attivecomeprima, sono

continuati presso il Campus di Cascina Rosa

dell’Istituto dei Tumori, e continuano oggi con

la collaborazione di altri centri in Piemonte,

Umbria, Abruzzo, Campania, Basilicata e

Sicilia. Le informazioni sui progetti DIANA e

sui corsi di cucina di Cascina Rosa si trovano

sul sito dell’Istituto Tumori di Milano cliccando

sull’immagine di Cascina Rosa. Nei progetti

DIANA abbiamo utilizzato anche alimenti

non comunemente consumati dalla maggio-

ranza degli Italiani, come il pane integrale a

lievitazione naturale (talvolta con l’aggiunta di

semi di lino), il grano saraceno (sotto forma

di polenta o di pasta), il seitan (un prodotto a

base di glutine di frumento che si può cuci-

nare in tutti i modi con cui si cucina la carne),

varie alghe marine (un tempo consumate

anche dalle nostre popolazioni costiere ma di

cui si è persa la tradizione, sono integratori

naturali di vitamine e sali minerali, facilitano il

funzionamento della tiroide e quindi aiutano a

dimagrire; si usano comunemente nelle insa-

late, nelle zuppe e per la cottura dei legumi), i

fiocchi d’avena (per farne biscotti o il porridge,

con acqua o latte di cereali o di soia; anch’essi

rallentano l’assorbimento degli zuccheri), l’olio

di sesamo per friggere (perché resiste all’alta

temperatura), i fagioli azuki (la cosiddetta soia

rossa, che si usa anche per preparare dolci a

basso indice glicemico), i fagioli mung (la co-

siddetta soia verde da cui si ricavano i comuni

germogli di soia) e molti prodotti tradizionali di

soia, di consumo abituale nei paesi orientali

(il miso e il tamari giapponesi, il tofu cinese, il

tempeh indonesiano, e il latte di soia da usare

in cucina al posto del latte bovino), occasio-

nalmente i germogli (di grano, di soia e di altri

semi, ricchissimi di vitamine), il fungo shiitake

(lentinus edodes, noto per le sue proprietà diu-

retiche e ipocolesterolemizzanti), in primavera

il tarassaco (l’insalata matta dei prati) e in in-

verno il topinambur (attenzione che fa gonfiare

la pancia di chi non è abituato), perchè aiutano

lo sviluppo dei germi intestinali capaci di

digerire le fibre vegetali, il daikon (che aiuta ad

abbassare il colesterolo e a sciogliere i deposi-

ti di grasso), e come bevande il latte di cereali

(di riso, di avena) o di mandorle, il the bancha

(the invecchiato tre anni che non contiene più

teina) e occasionalmente il the mu (ricco di

15 erbe orientali, compreso il gingseng). Nel

progetto DIANA, tuttavia, utilizziamo comune-

mente anche i piatti tradizionali della cucina

povera mediterranea: pasta e fagioli, pasta e

ceci, pasta con le fave, orecchiette con le cime

di rapa, pasta con i broccoli e con ogni tipo di

verdura, riso (integrale) con i carciofi, polenta

(di mais e saraceno) con lenticchie e funghi,

zuppa di farro, minestrone d’orzo, ribollita

di pane e cavolo nero, pasta con le vongole,

zuppa di pesce (il brodetto marchigiano o il

caciucco toscano), e tutte le ricette siciliane di

pesce azzurro.

1919

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Per una piacevole cena invernale

di Franca Maffei

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Vellutata di porri

per 4 - 6 persone.

1 litro di brodo preparato con dado vegetale (natural-mente senza glutammato), 3 porri, una piccola patata, 1 cucchiaio di farina tipo 1 o 2, prezzemolo tritato, pepe.

Affettate i porri e cuoceteli nel brodo finché sono teneri.Cuocete a parte in acqua anche la patata (con la buccia se è biologica, altrimenti senza).Con un frullatore ad immersione, frullate insieme i porri nel loro brodo e la patata sbucciata e schiacciata. Assaggiate e aggiustate di sapidità con un po’ di salsa di soia o di sale speziato o una punta di cucchiaio di miso; eventualmente pepate.Se volete una vellutata più densa, stemperate un cucchiaio di farina in un po‘ di liquido ed aggiungetela al brodo; mescolate e cuocete ancora per qualche minuto.Servite con prezzemolo tritato.Calorie a porzione: Kcal 75 per 4, Kcal 50 per 6

Tortino di miglio al forno

per 4 - 6 persone.

1 tazza e mezzo di miglio decorticato, 3 tazze abbon-danti d’acqua, una cipolla, poco olio extravergine di oliva, poco sale marino inte-grale, una manciata di pan grattato, un paio di cucchiai di salsa di soia.

Preparate un soffritto con la cipolla tagliata a rondelle e un po’ d’olio, unite il miglio sciacquato (non serve ammollo) e fatelo insaporire veloce-mente rimestando un poco.Coprite d’acqua e salate.Quando bolle, abbassate la fiamma e cuocete a pentola coperta per mezz’ora.Lasciate gonfiare qualche minuto, quindi trasferite il miglio cotto in una casseruola rettangolare da forno, oliata e spolverata con pan grattato. Compattate bene il miglio e pennel-latelo in superficie con 2 cucchiai di salsa di soia diluiti in altrettanta acqua ( o, se ne disponete, copritelo con una spolverata di lievito maltato che insaporisce piacevolmente la preparazione).Infornate a 180’ finché si sarà formata una crosticina colorita.Servite il tortino caldo o tiepido suddiviso in porzioni tracciate regolarmente sulla superficie.Kcal 285 per 4, Kcal 190 per 6

Mattonella con crema alla nocciola

per 6-8 persone

200 g di biscotti secchi tipo novellini, 1 litro di latte di soia, 4 cucchiai di caffè d’orzo solubile, 1 cucchiaio di cacao amaro, 2 cucchiai di agar agar (alga adden-sante), 1 cucchiaio scarso di maizena, 4 cucchiai di malto di grano (oppure altro dolcificante, escludendo co-munque lo zucchero bianco), 3 cucchiai colmi di crema di nocciole, una tazza grande di caffè forte, un pizzico di sale

Mescolate il caffè solubile al latte di soia, quindi aggiungete l’agar agar sciolto in poco liquido.Accendete il fuoco e fate bollire dolcemente 5 minuti, sempre rimestando. Togliete dal fuoco e aggiungete la crema di nocciole, un pizzico di sale, il cacao e il malto.Fate sobbollire ancora una alcuni minuti, facendo attenzione che, schiumando, la preparazione non trabocchi dall’orlo della pentola.Sciogliete la maizena in poca acqua, aggiungetela alla crema e rimestate finchè inizia a rapprendere, quindi togliete dal fuoco.Preparate un caffè forte e inzuppate i biscotti disposti sul fondo di uno stampo rettangolare.Coprite con la crema alla nocciola ed infine spolverate la mattonella con poco cacao amaro aiutandovi con un colino.Lasciate rapprendere completamen-te e riponete in frigo prima di servire.Kcal 275 per 6, Kcal 205 per 8

Stufato di fagioli neri

per 4 - 6 persone.

200 g di fagioli secchi neri, una cipolla e mezza, due carote, due gambi di sedano, 2 cucchiai di salsa di soia, 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, sale marino integrale, un paio di cucchiai di passata di pomodoro e un peperoncino piccante (facoltativo).

Mettete i fagioli in ammollo per 12 ore. Buttate l’acqua di ammollo, cuocete i legumi a pressione per venti minuti/mezz’ora in abbondante acqua, con una carota, mezza cipolla, un gambo di sedano.Nel frattempo iniziate a soffriggere in un po’ d’olio una cipolla tagliata a rondelle, insaporitela con la salsa di soia. Proseguite aggiungendo il sedano a pezzettini e la carota a dadolini o grattugiata. Rimestate e dopo un poco togliete con la schiumarola i fagioli cotti dalla pentola a pressione e uniteli al soffritto (le verdure usate per cuocere i fagioli - importanti per favorire la digestione dei legumi stessi - le utilizzerete in altro modo). Aggiungete eventualmente anche la passata e il peperoncino.Mescolate, aggiustate di sale e proseguite la cottura dello stufato finché i fagioli saranno veramente ben cotti e i sapori amalgamati. Per rendere la preparazione più bro-dosa e morbida, potete schiacciare con la forchetta una parte dei legu-mi e di tanto in tanto aggiungere un po‘ d‘acqua in cottura .Kcal 205 per 4, Kcal 135 per 6

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Franca Maffei. Si occupa di educazione alimentare sia in relazione alle diverse età evolutive che al benessere e alla salute.

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Dimmi come scrivi e ti dirò chi seiCare amiche e cari amici, troverete il mio parere sulla vostra personalità esclusivamente sulla rivista. Sono sufficienti 20 righe, scritte su foglio bianco A4, firmate con nome, cognome e inviate presso l’Associazione. Il vostro anonimato sarà rispettato. A presto! Cristina

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questa volta si è verificata

un’eccezione e ho letto il tuo

scritto, mentre di solito, mi

astengo dal farlo per non essere

influenzata in alcun modo.

In ogni caso devo dirti che, come è ovvio sia, la tua gra-

fia rispecchia perfettamente il tuo stato d’animo.

Sei, per natura, una donna concreta, coi piedi piantati

per terra, realista, capace di inserirti in modo collabora-

tivo nell’ambiente in cui vivi, dinamica e anche pronta a

fare fronte all’imprevisto.

Non ci sono inoltre nella tua scrittura, segni indicativi di

traumi o difficoltà che tu non sia stata in grado di supe-

rare, eppure si nota una forma di sfiducia, di appren-

sione, un timore di non essere all’altezza che ti porta

a sentirti debole, a manifestare un senso di inferiorità

che, a mio parere, non ti appartiene.

Tutto questo si evince da numerosi segni che sono in

netto contrasto tra loro.

Sei preoccupata, ti lasci prendere da stati di malinconia

e perdi la serenità, ma non ne hai alcun motivo.

Come donna, sei desiderosa di affetto e capace di gran-

di sentimenti e di riconoscenza, ma non dimenticare

che l’affetto e le cose belle della vita te le meriti, tutte.

Tira fuori quella parte di te capace di affermarsi, di

vivere con sano equilibrio le proprie parti emotive e

razionali, mostrati per quello che sei: una donna positiva

che conosce il valore della vita, che rispetta se stessa

e gli altri.

Non lasciarti andare alla paura, non cedere alla sfiducia

e al pessimismo perché le grandi gioie sono un dono

sempre meritato, che va accolto aprendo il cuore e

guardando al futuro con la consapevolezza che un sen-

timento d’amore “nuovo” è dispensatore di grande forza

e sa vincere su ogni paura.

I miei auguri più affettuosi e un grandissimo abbraccio.

hai una scrittura piccola e, a volte, molto

piccola, indicativa di intelligenza, curiosità,

interesse ed attenzione per tutto quanto ti

circonda, ma anche di facile autocritica e

di sottomissione alle regole.

La tua educazione e la tua famiglia d’origine hanno

tuttora una notevole importanza nelle tue scelte di vita e

tu, pur essendo una donna positiva, con il desiderio di

realizzare le proprie aspirazioni, ti lasci un po’ condizio-

nare e non sempre raggiungi gli obiettivi.

Si nota in te una tendenza a lasciarti andare, a non

mantenere viva la forza di portare avanti ciò in cui credi,

forse perché la fiducia nelle tue capacità non riesce a

mantenersi costante.

Penso dovresti affrontare gli eventi con maggior decisio-

ne, contando sui tuoi talenti, senza esitazioni e ripensa-

menti, riponendo più fiducia negli altri ed imparando ad

esternare, senza timore, il tuo pensiero, i tuoi sentimen-

ti e le tue emozioni.

Non essere sospettosa nei confronti del tuo prossimo

e cerca di avere meno impazienza, di ponderare seria-

mente le possibili scelte e, una volta fatte, di credere

nelle decisioni prese, impegnandoti a realizzare i tuoi

progetti con la certezza di potercela fare.

Hai l’intelligenza e la volontà per superare le eventuali

difficoltà, devi solo ascoltarti di più, volerti più bene e

concederti il diritto di realizzare ciò che desideri.

Vedrai che la grinta per ottenere ciò che vuoi, non ti

verrà a mancare.

Auguri e un abbraccio

Maria Cristina Ferrario. Grafologa e psicologa.

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CaraFloriana,

CaraAnna,

L’analisi grafologica non è fine a se stessa, è uno strumento in più nel nostro percorso personale e mi farebbe piacere ricevere ancora notizie da chi mi scrive.

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Andar per erbe

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CardoCarduus

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Nemo me impune lacessit (Nessuno mi disturba impunemente) è il motto dell’Ordine inglese di S. Andrea, che ha per insegna il Cardo, nome con il quale comunemente si definiscono quelle piante che pungono. Tra i cardi officinali è particolarmente noto il Cardo santo o benedetto (Cnicus benedictus) che si trova disseminato in tutti i luoghi incolti della nostra penisola.È una pianta annua a fusto eretto, angoloso, con i rami divaricati, le foglie grandi, coriacee, di colore verde pallido e i fiori gialli.Fiorisce all’inizio dell’estate, epoca in cui deve essere raccolto, ripulito e fatto seccare all’ombra.Si utilizzano tutte le parti della pianta , che ha un sa-pore amaro e un odore debole che tuttavia scompare con l’essiccazione.I suoi componenti sono: la benidictina e la cnicina; una piccola quantità di olio essenziale; tannino; una sostanza dotata di attività antibiotica non definita; vitamine e sali minerali.Si racconta che Federico III fosse torturato da una persistente emicrania, dalla quale guarì grazie al decotto di Cardo, che si prepara facendo bollire 10-15 g di parti secche in 500 g di acqua per una ventina di minuti e filtrando poi accuratamente.L’azione specifica del Cardo santo è quella tonico-di-gestiva. Esso non agisce tanto sulla mucosa gastrica quanto sul simpatico.Per stimolare l’appetito prima dei pasti si beve un bicchierino di vino di Cardo ottenuto macerando 20 g di fiori e foglie seccate in 950 g di vino Malaga, filtrando e lasciando riposare per alcuni giorni; per lo stesso uso si prepara la tintura con 20 g di sommità fiorite in 200 g di alcool a 60° per otto giorni.La polvere ottenuta dalle parti seccate si usa come antisettico e cicatrizzante.Analoghe proprietà terapeutiche ha il Cardo mariano (Silbyum marianum), pianta tipica delle regioni medi-terranee, diffusa nei terreni incolti dell’Italia centrale, meridionale e nelle Isole.È più raro trovarlo nell’Italia settentrionale, mal-grado si sia esteso fino al nord dell’Europa.Tra i cardi questa è la specie più importante dal

punto di vista ornamentale; essa viene coltivata tra le piante da giardino per la sua vigorosa vegetazione e la bella fioritura.Il Cardo mariano è una pianta robusta con capolini color porpora, ben protetti dalle brattee dell’involucro che si presentano ricurve e accuratamente spinose alle estremità.Le foglie, che sono grandi, verdi e brillanti, presentano vicino alle nervature delle macchie bianche.La leggenda dice che sono gocce di latte cadute dal seno della Madonna mentre fuggiva per sottrarre Gesù alla strage degli innocenti, ordinata da re Erode.I costituenti del Cardo mariano sono: silimarina e tiramina, istamina, un principio amaro e un olio essenziale.Da sempre, con le foglie giovani si fanno insalate; per le minestre invece si cuociono in acqua, con altri ortaggi, le radici e i capolini.Il Cardo mariano, che è stato soppiantato dal Cardo santo, attualmente ha ripreso quota nella farmacopea.Di recente è stato provato che possiede principi attivi molto efficaci per la buona funzionalità epatica.In omeopatia si usa contro i disturbi delle vie biliari e per la cura della sciatica.Il Cardo mariano, che non ha odore, ha un sapore simile a quello del carciofo.Per preparare l’infuso si lascia riposare a lungo un cucchiaino di frutti per ogni tazza di acqua bollente.Se ne assume poi una prima del pasto principale e un’altra mezz’ora prima di andare a letto.Il Cardo dei Lanaioli (Dipsacus Fullonum), chiamato così perché i ricettacoli dei suoi capolini venivano adoperati per cardare la lana, è meno conosciuto e poco usato.Se ne utilizzano le radici essiccate e la polvere è un buon ritrovato in caso di acne e per i problemi della pelle in genere.Nemo me impune lacessit, dunque. Ma che dire dell’asino che è ghiotto di cardi e non si accorge nep-pure delle spine? Il segreto starà nella sua indifferen-

za o nella sua, altrettanto proverbiale, pazienza...E ai nostri “pazienti lettori” buon Natale e buon anno!

Giovannacarla Rolando. Cultrice di medicina naturale.

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benessere in movimento

“La sensibilità non è una prerogativa dell’uomo. Spesso anche gli animali sanno proporcela, in un dialogo muto e profondo. Basta saperli ascoltare nell’umiltà con la quale si offrono. Molte volte sono gli animali, ed il cavallo in particolare, a colmare la solitudine dell’uomo quando altri esseri umani non sono riusciti a riscaldargli il cuore.” Vincenzo Muccioli

Un cavallo... nel cassetto

Ho sempre amato gli animali, ed era quasi dato per scontato che mi sarei avvicinata ad uno sport che mi avrebbe portata a stretto contatto con loro. Sono nata in Scozia, dove andando per la campagna, i cavalli sono ovunque. In ogni prato, oltre a mucche e pecore, ci sono dei cavalli.Mi ricordo che, quando ero molto piccola, mio fratello maggiore, mi portò da una sua amica che aveva un cavallo. A distanza di cinquant’anni me lo ricordo perfettamente: un grigio chiamato Bruin. Quando mi misero in groppa fu subito amore. Era così alto! Non aveva una sella e potevo sentire il suo calore, il suo respiro, la sua forza, i passi lenti e rassicuranti. Ancora oggi mi ricordo le sensazioni, gli odori, le mie emozioni. Poi mio fratello mi portò a casa e per tutti questa esperienza finì lì.Ma non per me.Mi ero innamorata. La bellezza ed il senso di fierezza e libertà che questo essere esprimeva, mi avevano stregata. Parlavo di cavalli, leggevo libri sui cavalli, disegnavo cavalli; il cancello di casa lo trasforma-vo, usando delle corde per redini, in un magnifico destriero e io andavo alla conquista di improbabili avventure, sperando che qualcuno si sarebbe accor-to della mia passione.

Allora la mia paghetta era di dieci scellini e al maneg-gio più vicino bastavano solo per le passeggiate, non per le lezioni che costavano dodici scellini e mezzo. Decisi per le passeggiate, mi insegnerà il pony! Dunque ecco che mi presento in jeans e maglietta, pronta per la mia prima passeggiata, che, con qual-che interruzione, sarebbe durata tutta la mia vita.Devo dire che i proprietari del maneggio erano delle persone serie e in cambio di qualche aiutino mi da-vano un occhiata e tanti suggerimenti, e pian pianino sono riuscita a godermi le prime cavalcate.Ho avuto due cavalli quand’ero in Inghilterra, ma poi, quando io e mio marito siamo venuti a vivere in Italia, ho appeso gli stivali al chiodo. Tenere un cavallo qui era veramente troppo costoso per le nostre tasche. Ma poi, dopo qualche anno e trovato un lavoro, ecco un nuovo membro delle famiglia: Leisha una cavalla belga che è rimasta con me fino all’anno scorso, quando è morta, all’età di 26 anni.L’andare a cavallo è un modo meraviglioso di godersi la natura. Ogni stagione ha la sua bellezza e i percorsi che seguiamo mutano lentamente davanti ai nostri occhi e sotto gli zoccoli dei nostri amici. E poi si ha una vista privilegiata; dall’alto si vede molto di più. Siete mai passati davanti a delle mura intorno a quello

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Laura Pediani. Nel 2002 ha partecipato ai gruppi di sostegno psicologico in Associazione.

che immaginate sia un bellissimo giardino? Beh, dal cavallo spesso si riescono a vedere questi gioielli nascosti e il cavallo spesso ci permette di passare dove a noi umani è impedito l’accesso. Si incontrano animali che di solito non si fidano di noi, ma che sono meno spaventati perché siamo in compagnia di un loro simile e non scappano subito al nostro arrivo.La combinazione uomo-cavallo si chiama binomio. È quella relazione speciale che si viene a creare tra due esseri così diversi. Quando questa alchimia funziona, il cavallo ed il suo cavaliere possono arrivare a un’eccellenza che non potrebbero mai raggiungere da soli. Questa è cosa da grandi campioni, ma tra cavallo e cavaliere, quando c’è amore e rispetto, si può raggiungere un’intesa che va oltre le parole. Quel nitrire quando riconosce i tuoi passi arrivare in scuderia, il separarsi dal branco per venire a farti un saluto, il perdonare tutti i tuoi sbagli e farti salire ancora… queste cose per me non hanno prezzo. Non riesco a capire quelle persone che dopo tanti anni passati insieme a un cavallo lo scambiano per uno più giovane. Lo rottamano come si fa con una vecchia automobile. Ma non è un auto, un mezzo qualsiasi di locomozione. È un essere senziente, che prova affetto e dolore come noi, come il nostro cane, o il nostro micio.Una delle cose che temevo di più quando ho iniziato la chemioterapia era non potere andare a vedere i cavalli. Mi dicevano che avrei dovuto vedere come stavo, e io mi immaginavo chiusa in casa, o uscire solo con la mascherina. Invece grazie a Dio, non è andata così e, anche se non montavo, potevo almeno passare del tempo con loro. Questo è stato fondamentale

per me, come il supporto di tutti coloro che mi sono stati vicini. Sono sicura che stare intorno ai cavalli sia stato una medicina per me, una specie di ippoterapia oncologica!Durante gli incontri di gruppo ad Attivecomeprima, ho confidato che il mio sogno nel cassetto sarebbe stato fare le gare ippiche e non la turista a cavallo. Era una meta che tenevo presente, la luce in fondo al tunnel. Poi arriva il momento in cui finisci la chemio, finisci la radioterapia, finiscono gli incontri di Attive e torni alla vita normale. Vai al lavoro, non vai più a cavallo. Leisha è vecchia e il lavoro mi riempie la vita. Rimango in contatto con Attive, ma il sogno rimane lì, dimenticato, nel cassetto.Poi, un giorno dovendo stare a casa per una brutta influenza, rifletto, rifletto, rifletto.Sono in remissione, mi è stata data un’altra chan-ce… e cosa faccio? Lavoro e basta... Cosi ripenso al mio sogno e lo tiro fuori dal cassetto. Ho il coraggio di metterlo in atto, di provare? Devo farlo, per farlo devo agire e agisco scrivendo ad Ada, promettendole di impegnarmi non solo per me stessa, ma per tutte le donne colpite dal cancro al seno. Per ricordare loro di tirare fuori quei sogni dimenticati, per usare quel tempo di cui siamo diventate consapevoli per fare qualcosa che dia un senso alla nostra vita.E lei non mi delude. Mi risponde subito, mi incoraggia e mi sprona a realizzare questo sogno. E io ci provo.Ci sto ancora provando. Fino ad ora ho fatto cinque gare e in una sono arrivata

terza! Quella coccarda l’ho mandata ad Ada, per-ché mi sembrava il miglior modo per dire grazie. Per dire grazie, perché senza di loro il mio sogno sarebbe rimasto chiuso nel cassetto.

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Laura con Laisha durante la chemio (feb 2002)

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Profili

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Lella Costa

Era insieme a noi sul palcoscenico del Teatro Carcano.ad arricchire i festeggiamenti del nostro 35°.

Prima di essere un’attrice riconosciuta, Lella Costa è una donna di grande cultura, una madre attenta, un’in-tellettuale acuta. Incontrarla, non dal buio di una platea, sedotte dall’ironia e dalla profondità dei suoi monologhi, ma a tu per tu su un divano all’ultimo piano di un grat-tacielo milanese, è un’esperienza densa di significato. Come dense di significato le sue parole quando le chie-do cosa può cambiare una vita. Cos’ha cambiato la sua. E lei non ci pensa un attimo. “Riconoscere le proprie attitudini e i propri talenti può cambiarti l’esistenza. Nel bene e nel male. La consapevolezza, anche nell’errore, è la chiave di svolta di una vita”.

Partiamo da qui, allora. Dal tuo talento. Come lo hai riconosciuto?

In modo forse anomalo, certamente tardivo. Non avevo il sacro fuoco del teatro, come accade ad alcuni. Fre-quentavo l’Università, stavo già lavorando. Mi è capitato di fare dei giochi di ruolo e di scoprirne il piacere. Un piacere che è sfociato nell’iscrizione all’Accademia dei filodrammatici e poi nel lavoro della mia vita.

E così sei diventata attrice e autrice dei testi che interpreti

Diventare autrice ha significato inglobare la mia vita nella mia grande passione. E per questo mi reputo una privilegiata. Da monologante posso mettere nei miei testi tutto ciò che mi sta a cuore, le storie che mi appartengono e mi convincono.

Serata di cultura Modera:

Carlo Gargiulo

intervengono:

Umberto Galimberti

Marina Negri

Willy Pasini

Sandro Spinsanti

Umberto Veronesi

e spettacolo Conduce:

Jocelyn

Franco Cerri

Valentina Cortese

Gianni Fantoni

Ornella Vanoni

Federico Zecchin

5 ottobre 2008 ore 20.30

Teatro CarcanoCorso di Porta Romana, 63

Milano

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

È gradita la conferma della partecipazione entro le ore 13.00 del 3 ottobre Tel. 02 688 96 47 – e-mail: [email protected]

Interviene l’Assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna

Si ringrazia:

da 35 anni offriamo

un sostegno globale alla

persona colpita dal cancro

La forza di vivere come antidoto aLLa paura

Con il patrocinio e contributo di

Salute

Cultura

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Daniela Condorelli.Giornalista.

Spesso, per le tue interpretazioni, attingi al passa-to: la Traviata, l’Amleto.

Dopo tremila anni di teatro, è difficile che io possa proporre qualcosa di nuovo. La Traviata è la mercifica-zione dei talenti delle donne; l’Amleto l’assunzione di responsabilità rispetto alle scelte. E poi c’è Orfeo ed Euridice, una storia che mi colpisce sempre. Lui smuove mari e monti per riprendersi l’amata e poi la perde per un niente. Perché si gira a guardarla.Una sventatezza tutta umana dettata dalla paura, ogni volta che una persona che ci sta a cuore va altrove, che non ci sia più posto per noi.È ciò che accade anche di fronte a un’esperienza di malattia. L’uomo è spesso incapace di stare a fianco della persona rinnovata dalla malattia, più forte oppure più fragile, sicuramente diversa e con priorità cambiate. Così quella di Orfeo è una dichiarazione di impotenza, una testimonianza dell’incapacità maschile di fare i conti con il cambiamento.

Qual è stato per te il vero cambiamento, il ribalta-mento delle priorità?

Le mie figlie. I figli ti resettano le priorità. Io ho tre figlie, le due più piccole sono arrivate dopo due gravidanze interrotte per malformazioni gravi; eventi in cui ho spe-rimentato per la prima volta la perdita di quel senso di invulnerabilità tipico da una generazione, la mia, per cui l’adolescenza non finiva mai. La nascita delle mie figlie è stato un risarcimento straordinario, forse immeritato.

Qual è l’insegnamento dell’esperienza della perdita

Ho vissuto il dolore di una gravidanza interrotta, ho perso persone care ad età in cui non ti viene neanche in mente che si possa morire.La gestione della malattia è un percorso delicato, fatto di millimetri dopo millimetri. E non hai il diritto di rifiutar-ti di parlare della fine della vita a chi te lo chiede. Glielo devi per amore. Così la malattia dell’altro ti insegna a non voler essere protagonista. Non dimentichiamo che il dolore altrui è un dolore a metà. Un dolore che ti insegna, è spaventoso che ce ne sia bisogno, quanto sia precario quello che hai. Che ti insegna a gioire ogni volta che non sei malato, che i tuoi figli cadono solo dalla bicicletta.

Oggi, subito dopo quest’intervista, andrai a parlare all’Istituto di pena milanese San Vittore. Perché il carcere?

Il carcere è un luogo straordinario dove chiunque rico-pra un incarico pubblico dovrebbe fare un giro. Andarci per me è stata una di quelle microscelte minuscole che ti cambiano ben più delle macroscelte. È un luogo in cui alle parole si richiede un’esattezza estrema. In cui ogni parola acquista importanza e devi renderne conto. Fuori, al contrario, c’è uno sperpero verbale.E la contiguità con queste persone ti fa percepire

come sia sottile la linea di confine tra giusto e sbagliato, ti dà la misura dell’infinita diversità dei punti di vista, una diversità che nel mio lavoro è determinante. L’ironia stessa del resto ti aiuta a vedere le cose da altri punti di vista.

Cosa ti fa rilassare davvero?

Dopo il palcoscenico, il posto in cui sto meglio è il mare, su un gozzo al largo delle Cinque Terre, quando spengo il motore e rimango in silenzio, a recuperare l’intimità di tempi umani.

Tempi frenetici, quelli del teatro, come li concili con la tua vita privata?

Ho sempre cercato di tornare a casa la sera, anche se era tardissimo. Non per le mie figlie, ma per me stessa. È per se stessi del resto che si fanno i figli, non per loro. Dovremmo chiedere scusa di questo. Non so quali conti mi presenteranno le mie figlie, non si può supplire a tutto quello di cui loro pensano di aver bisogno.

Il tuo lavoro più bello, quello in cui più ti ritrovi?

La cosa più bella che ho scritto è Stanca di guerra. Partendo dai conflitti parlo della relazione madre figlia, della separazione dai propri figli e di quanto faccia male, come ogni separazione. Ma anche dell’importanza di in-coraggiarli ad andare per il mondo sperando che rimanga qualcosa di quel patrimonio condiviso fin dalla nascita.

Com’è il tuo rapporto con il pubblico, con la gente?

Le persone mi fermano per strada, si avvicinano a fine spettacolo, mi parlano. Amo le relazioni dal vivo, non mi sono cimentata in quelle virtuali anche perché so che non riuscirei a rispondere a tutti. Ho però una rubrica sulla rivista A, una bella palestra di comunicazione, l’occasione per occuparsi del femminile e avere stimoli, spunti.

Ti reputi una persona appagata?

Ho una famiglia, ho ancora i genitori, stiamo tutti bene. L’unica cosa che mi manca davvero è la sensazione che questo mio benestare non possa essere condiviso di più. Mi manca la certezza di un mondo che sappia avere cura. Poi però vado a leggere Jane Austen in una palestra dell’hinterland milanese e faccio pace con questo Paese. Anche se quando ne esco assisto, amareggia-ta, allo sfarfallio di vite perse dietro ad una presunta visibilità, in realtà dietro all’effimero totale. E pericoloso. La confusione tra essere ed avere, tra mezzi e fini è al culmine. A lasciarci le penne, a pagarne il prezzo più amaro saranno i più deboli. Le più deboli.

Ci offri un consiglio di lettura?

“La piazza del diamante” di Mercé Rodoreda. È un bel regalo da farsi.

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Per maggiori informazioni potete consultare il libro:

“La terapia di supporto di medicina generale in chemioterapia oncologica” Verso un approccio sistemico alla fatiguedi Alberto RicciutiPrefazione di Umberto Veronesi

Edizioni FrancoAngeli Nelle librerie

Dedicato ai pazienti durante la chemioterapia

Il supporto di medicina generale

SST (Systemic Support Therapy)

Condotto da Alberto Ricciuti - medico

R La biancheria ha delle macchie di ruggine, come farle scomparire? Dopo aver intriso ben bene la macchia con succo di limone bisogna esporre il capo al sole. Se le mac-chie persistono aggiungere al limone che avrete leggermen-te scaldato del sale da cucina. Dopo risciacquare il capo con abbondante acqua.

R Dobbiamo riporre i costumi da bagno ed altri indumenti elastici? Per far sì che si mantengano morbidi bisogna far bollire per qualche minuto una manciata di crusca in un paio di litri d’acqua e, una volta raffreddata, immergervi tutti gli indumenti. Riacquisteranno elasticità e morbidezza.

R Ti sei accorta che alcuni dei tuoi attrezzi si sono ossidati, per rimediare metterli in un recipiente di plastica e versarci sopra un po’ di cola fino a coprire l’attrezzo o gli attrezzi. Lasciare in ammollo fino a quando i resti dell’ossido saran-no spariti.

R Non eliminare l’acqua ottenuta dalla bollitura delle patate. Una volta fredda, è ottima per innaffiare le tue piante. Contiene, infatti, oligoelementi che saranno utili sia per il loro nutrimento sia per la loro bellezza.

R Avete una caviglia dolorante a causa di una storta? Non servirà a farvi guarire ma allevierà il dolore applicarci impacchi di aceto caldo.

R Prima di riporre le sedie impagliate che cominciano a cedere e non aspettare che siano completamente sfondate, cosa che solitamente capita nel punto centrale della seduta, bagnate abbondantemente tutto il sedile con acqua bollente e fatelo asciugare possibilmente al sole.

R Per eliminare l’odore di candeggina dalle mani basta sfre-garle con un po’ di ovatta imbevuta nell’aceto.

R Cucinare i cavoli comporta spesso lo sprigionarsi di uno sgradevole e persistente odore che si fa sentire per tutta la casa. A quest’inconveniente si può facilmente ovviare mettendo sopra il coperchio della pentola uno strofinaccio imbevuto con un po’ d’aceto che dovrà rimanervi fino a cot-tura ultimata.

R Avete una superficie chiara macchiata da un oggetto rovente? Per togliere le bruciature strofinate con acqua ossigenata le macchie.

R Avete maneggiato del peperoncino ed ora vi bruciano le mani, per alleviare la noia provate a bagnarle con alcol denatura-to.

R Mettere dei pezzetti di gesso nella scatola degli attrezzi serve ad assorbire l’umidità ed evitare la formazione di ruggine.

Sapevate che?a cura di Benedetta Giovanniniconsulente enogastronoma

Gli incontri si terranno il martedì su appuntamento

Per informazioni e iscrizioni telefonare al numero 02 6889647

La terapia sistemica di supporto (SST) di medicina generale aiuta a prevenire gli effetti collaterali delle terapie oncologiche favorendo i processi auto-riparativi e difensivi dell’organismo che queste spesso indebolisco-no. Rafforzare l’organismo sostenendo al meglio la sua autonomia, consente di trarre i migliori vantaggi dalle stesse terapie oncologiche e di preservare un alto livello di autonomia personale e di qualità della vita.

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Letti e piaciuti

Cristina Wührer SOPRAVVIVERE AL MARITO QUANDO SI HA UN CANCROEdizioni Medicea € 10,00

Joe Vitale THE KEY – LA CHIAVEEdizioni Il Punto D’incontro€ 14,90

Cristina Wührer, psicoterapeuta, lavora dal 1979 nei reparti di oncologia, nel 2006 si ammala di cancro. Dall’unione dell’esperienza personale e lavorativa nasce questo manuale, dedicato alle pazienti, in cui descrive con ironia alcune tipologie di mariti: il farfallone, il

narcisista, il fantasma, il crocerossino ecc. La lettura di queste pagine, può essere d’aiuto per recuperare continuità e senso d’identità alla vita di alcune donne messa a dura prova da una malattia che forse può essere affrontata con un sorriso in più.

The Key evidenzia le limitazioni inconsce che impedi-scono di ottenere ciò che si desidera nel lavoro, nella salute e in ogni area della vita. L’autore, con questo testo, svela una serie di metodi per attirare salute,

ricchezza, successo, felicità. Joe Vitale offre dieci strategie per superare le idee e le opinioni che riducono il potenziale di ognuno e attirano ciò che non si vuole invece di ciò che realmente si desidera.

Paola Rossi SI FA PRESTO A DIRE CHEMIOCRONACA DI UNA ESPERIENzA VISSUTA (E DI ALTRO ANCORA)Società Editrice Fiorentina€ 8,00

È il diario di un viaggio, difficile e faticoso, all’interno delle emozioni che la protagonista vive nel suo incontro con il cancro e, in particolare, con la chemioterapia. L’autrice ci porta a riflessioni che risultano essere importanti per i medici, per gli infermieri, per i pazienti e per le persone che non si pongono interrogativi sul

senso della perdita della salute. Temi principali: il cancro come nemico invisibile, la necessità di uma-nizzazione simbolica del corpo e degli oggetti, che sembra facilitare il riconoscimento del male dandogli una fisionomia e, infine, il tema della comunicazione e del riconoscimento dell’altro.

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12 maggio 2009

Conferenza Stampa “La Forza di Vivere” Terrazza Martini – Piazza Diaz 7, Milano Intervento di Ada Burrone“Chi ha avuto il cancro sa che il senso della vita cambia.Nella buona e nella cattiva sorte chi trova la forza di entrare nella nuova realtà, attraversando la paura, trasforma il vittimismo in padronanza e ha più energia per vivere.Oggi qui portiamo il frutto di un lungo e rigoroso lavoro umano e scientifico, costruito negli anni, per aiutare pazienti e famigliari a trovare questa forza.Un lavoro iniziato trentasei anni fa e sviluppato in un metodo di supporto globale con il quale i nostri specialisti hanno ascoltato e sostenuto fino ad oggi più di quarantamila persone.Il risultato di questo lavoro riduce la sofferenza dei pazienti e dei famigliari e si riflette positivamente sulla società anche in termini di un più adeguato utilizzo delle risorse sociali e sanitarie.La nostra attività ha mobilitato l’interesse di organiz-zazioni e ospedali di tutta Italia con i quali abbiamo sviluppato una rete di collegamenti operativi.La pubblicazione che oggi presentiamo dal titolo “La Forza di Vivere” è l’espressione di una nuova cultura e contiene strumenti per meglio affrontare il percorso di malattia e di vita.Cultura e strumenti che abbiamo arricchito e con-solidato con i nostri partner delle tre oncologie del Network (Istituto Oncologico Marchigiano di Ancona, Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma e Ospedale Molinette di Torino) all’interno di un progetto finanziato dalla Fondazione Johnson & Johnson.Nei prossimi giorni la pubblicazione verrà presentata anche nelle tre rispettive città.Mi conforta constatare quanto le Istituzioni siano sempre più consapevoli che la cura della malattia e la cura della persona sono due aspetti inscindibili di un’azione con un solo fine: aiutare a vivere meglio e di più.”

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conNoigli altri

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TEATRI PER LA VITAIl Comune di Milano e i Teatri milanesi sostengono “ATTIVEcomeprima”

Già lo scorso autunno il Comune di Milano ha collaborato con successo alla realizzazione di una serata speciale di “ATTIVEcomeprima” presso il Teatro Carcano, in occa-sione dei 35 anni di attività.“Teatri per la vita” è il nuovo progetto che viene ora promosso dall’Assessorato alla Cultura insieme all’Assessorato alla Salute a sostegno dell’associazione.Nel corso della prossima stagione 2009/2010, infatti, i teatri e le compagnie milanesi che lo vorranno potranno accogliere nei foyer un punto informativo sull’attività di “ATTIVEcomeprima” e in alcuni casi devolvere anche una percentuale dell’incasso di una serata di spettacolo.Il progetto prevede occasioni diverse per sensibilizzare i frequentatori delle sale cittadine ai temi relativi alla salute, alla malattia, alla vita in generale, ai suoi momenti felici e ai suoi momenti difficili.Al momento hanno confermato la propria adesione all’iniziativa: Teatro degli Arcimboldi, Teatro Arsenale, Atir Teatro Ringhiera, Teatro del Buratto - Teatro Verdi, Teatro Carcano, Teatro di Gianni e Cosetta Colla, Teatro della Cooperativa, CRT, Crt Artificio, Teatro Dal Verme, Teatro dell’Elfo, Associazione Grupporiani Carlo Colla e figli, Teatro degli Incamminati, Teatro Libero, Teatro Litta, Teatro Manzoni, Teatro Nuovo, Teatro Out Off, Teatro Franco Parenti, Teatro San Babila, Teatro Smeraldo e Teatro Ciak.

Nelle foto: Giampaolo Landi di Chiavenna, Assessore alla Salute del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Antonio Calbi, Direttore del settore Cultura del Comune di Milano, Marino Pron, Direttore settore Salute del Comune di Milano, Rita Amabile, Capo di Gabinetto del Sindaco di Milano, Massimo Scaccabarozzi, Presidente della Fondazione Johnson & Johnson, Francesca Merzagora, Presidente Onda, Riccardo Legnani, Archivio Sisto Legnani, Ada Burrone, Presidente di ATTIVEcomeprima Onlus, Stefano Gastaldi, Presidente del Comitato Scientifico di ATTIVEcomeprima Onlus,Alberto Ricciuti, Vicepresidente di Attivecomeprima Onlus,Arianna Leccese, Segreteria di Attivecomeprima Onlus,Alcuni rappresentanti dello staff di Attivecomeprima Onlus

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Destinarci il 5 x 1000 è facilissimo e gratuito. Nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro: “a sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale” e inserisci il codice fiscale di Attivecomeprima Onlus:

10801070151L’8 per mille e il 5 per mille non sono in alternativa: puoi sceglierli entrambi.

Ringraziamo per il significativo contributo alla ristrutturazione esterna della nostra sede:• laFondazioneFondiariaSAIcon100.000,00Euro• PirelliREEstatecon65.000,00Euro• CastelliREcon40.000,00EuroPer saldare la spesa ci mancano ancora 100.000 Euro!

Ringraziamo anche, per averci aiutato a rinnova-re e a rendere più accoglienti gli spazi interni:• l’ImpresaEdileMarchese• laRGImbiancaturediRossittoGiovanni• LauraRomeo• LucianoCazzaniga• RitaMangano

Ecco il volto nuovo della nostra sede

IL TUO CONTRIBUTO CI DARà PIù FORzA PER AIUTAREBonifico Bancario

IBAN IT64 X030 6909 5180 0000 6409 190 SWIFT: BCITIT33128 (Paesi Extraeuropei) Banca Intesa-Sanpaolo, Agenzia 2128, Viale Jenner 76, Milano

Bollettino di c/c Postale n. 11705209 Intestato a: ATTIVEcomeprima Onlus Via Livigno 3 – 20158 Milano

Assegno intestato a: ATTIVEcomeprima Onlus

Pay Pal attraverso il sito www.attive.org

“Le erogazioni liberali a favore di ATTIVEcomeprima Onlus sono deducibili/detraibili ai sensi di legge”

I nostri maggiori sostenitori 2008Comune di MilanoFondazione Johnson & Johnson Fondazione CARIPLOAvalon Real EstateAvon CosmeticsBanca Popolare di MilanoBel ItaliaBesozzi ElettrodomesticiDompé FarmaceuticiFondiaria SAIInterbancaIpsenJPMorganL’Oreal ItaliaMorganceuticalNet Present ValueRE SpARocheShiseido SvensonTelecom ItaliaUnicredit

Il nostro grazie va a loro e a quanti, anche con piccoli contributi, sostengono il nostro lavoro.

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Attività 2010Accoglienza, ascolto, orientamento e aiuto pratico dal lunedì al giovedì ore 9/17,30

Consulenze telefoniche e in sede di psicologi, medici ed altri esperti dal lunedì al giovedì ore 10/16

“Primo incontro” momento strutturato per le persone che si rivolgono per la prima volta all’Associazione martedì ore 15/17,30 (Felicita Bellomi – fiduciaria, Manuela Provantini - psicologa clinica)

Gruppi di sostegno psicologico rivolti a pazienti lunedì, martedì e giovedì ore 14,30/16 (Paola Bertolotti, Stefano Gastaldi - psicologi psicoterapeuti, Ada Burrone. Elena Bertolina, Marina Negri, Lucia Totaro - fiduciarie)

Gruppi di sostegno psicologico per famigliari, partner e persone vicine al paziente lunedì ore 12,30/14 (Manuela Provantini - psicologa clinica Oscar Manfrin - recorder)

Supporto di medicina generale in chemioterapia martedì e giovedì su appuntamento (Alberto Ricciuti - medico)

Alimentazione e prevenzione martedì ore 10/12 (Franco Berrino - epidemiologo, esperto in alimentazione)

“Dottore si spogli” i medici rispondono alle domande su malattia e cure: martedì e/o lunedì ore 15/17 (Massimo Callegari - chirurgo plastico, Salvo Catania - chirurgo oncologo, Giorgio Secreto - endocrinologo)

La prevenzione a tavola corso teorico e pratico di alimentazione e salute mercoledì ore 10/14,30 (esperti della Ricerca Diana)

Armonizzazione mente corpo attraverso la danza lunedì ore 15,30/16,30 (Nicoletta Buchal medico/psicoterapeuta)

Tecniche di Feldenkrais martedì ore 16/17 (Marina Negri - fisioterapista)

Tecniche di Hatha Yoga lunedì, giovedì ore 10/11, mercoledì ore 16/17 (Maria Grazia Unito - insegnante)

Corso di creatività costruttiva giovedì ore 14/17,30 (Vittorio Prina – designer)

L’arte di dipingere giovedì ore 14,30/17,30 (Rita Mangano - pittrice)

Il Coro martedì ore 16,15/17,30 (Arsene Duevi - musicista, compositore)

“La forza e il sorriso” per migliorare la valorizzazione di sé attraverso il trucco lunedì ore 14,30/17 (esperte di estetica del viso del Progetto Unipro)

“Il tesoro nascosto” incontro riservato a collaboratori e fiduciarie: il primo mercoledì del mese ore 15/17,30 (Ada Burrone)

Giornate di formazione per psicologi, medici , fiduciarie e altri operatori.

Progetti, studi e ricerche con Università, Fondazioni, Aziende Ospedaliere e Istituti di Ricerca.

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“Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono, è per questo che lo chiamiamo presente.”(Maestro Oogway)