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anno XL - n. 6 - dicembre 2007 Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza ...Nella notte tutta luce ...Nella notte tutta luce per noi nato è il Salvator per noi nato è il Salvator. Gloria in cielo e pace in terr Gloria in cielo e pace in terra acclamiamo il Dio d’amor acclamiamo il Dio d’amor... ...

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anno XL - n. 6 - dicembre 2007Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza

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AvventoAvvento , tempo di preparazione, tempo di preparazioneÈ finito un anno liturgico e con l’avvento, tempo di

preparazione al Natale, si ricomincia da capo.

Ogni anno nella liturgia facciamo memoria dei gran-

di eventi-misteri della nostra salvezza. Ci sono cristiani

che dicono: è sempre la stessa storia, non c’è niente di

nuovo, gira e rigira è sempre la stessa minestra.

Purtroppo questi cristiani sono caduti nella trappola

dell’abitudine; si sentono arrivati, pensano di aver capito

tutto.

Invece hanno ancora da sperimentare che Gesù Cristo

è una novità continua, una sorpresa sempre nuova. Fare

memoria significa riattualizzare, rendere presente oggi

nei segni quanto è avvenuto 2000 anni fa.

È sempre lo stesso Gesù che, come allora, parla e in-

vita ciascuno a fidarsi di Lui, a seguirlo sulla strada che

ha tracciato, è sempre Lui che si rende presente nella vita

e si propone come compagno di viaggio; è Lui che ti offre

la forza e la gioia di questo coinvolgimento in una storia

d’amore.

Cerchiamo dunque di vivere l’avvento con uno spirito

diverso; mettiamoci alla ricerca di Gesù con passione e

se c’è questo vibrare del cuore, vuol dire che l’abbiamo

già incontrato.

Il Natale è un evento talmente grande che non abbia-

mo mai finito di capirlo e di viverlo.

L’ESERCITO DEGLI INVISIBILICome spesso accade nel circuito mediatico entrano notizie che dovreb-

bero essere in grado di interrogare profondamente le nostre coscienze,ma che in realtà il più delle volte, per distrazione, pigrizia o scarsa dispo-nibilità all’ascolto, passano nell’indifferenza più totale. Così qualche setti-mana fa una rivista inglese ha pubblicato questa notizia: nel mondo mar-cia l’esercito degli “invisibili”, coloro che nascono, vivono e muoiono sen-za che vi sia traccia della loro esistenza, senza essere stati mai registrati:invisibili che non contano perché nei loro paesi non esistono o sono ca-renti i servizi anagrafici e demografici per certificare nascita, decesso ecause di morte. Un esercito che potrebbe arrivare a contare oltre i due ter-zi della popolazione mondiale, il cui anonimato spalanca le porte a pover-tà, abbandono e sfruttamento. Un fenomeno che riguarda oltre 48 milio-ni di bimbi. Addirittura nei paesi più poveri tre nascite su quattro nonvengono mai registrate. Il 40% nel mondo.

Questo scandalo dell’invisibilità significa che milioni di essere umaninascono e muoiono senza lasciare traccia della propria esistenza. Tre quar-ti di questi invisibili si concentra nell’Africa sub-sahariana e nel Sud-Estasiatico. Se si mette a confronto il mondo occidentale con quello in via disviluppo, ecco che se da noi il 100% delle nascite viene registrato, in quelliin via di sviluppo ben il 40% non lo è, ovvero oltre 48 milioni di bimbi e neipaesi più poveri 3 nascite su 4 non vengono mai registrate. Quanto accadeper le nascite si ripete anche per i decessi. E così nel mondo solo un terzodei paesi ha buoni dati sui decessi e le loro cause, mentre in Africa vieneregistrato meno del 10% dei decessi. Questa incuria ha forti ripercussionianche per quanto riguarda il sistema sanitario: non disporre di cause neicertificati di morte, implica infatti che non si possono valutare le malattie efattori di rischio in un dato paese, rendendo difficile fare una programma-zione degli interventi di prevenzione prioritari. Sono così ben 68 i paesi almondo che non inviano alcun dato sulle cause di morte dei propri cittadi-no all’Organizzazione Mondiale della Sanità, rendendo così impossibileavviare politiche di prevenzione: si pensi per esempio alla riduzione deimorti per incidenti stradali registrata nei paesi occidentali a seguito del-l’entrata in vigore, a partire dagli anni Settanta, dei limiti di velocità, del-l’obbligo delle cinture, delle sanzioni per la guida in stato di ebbrezza.

Le festività natalizie oramai imminenti possono favorire anche questariflessione. In un mondo che ci appare sempre più piccolo, le differenzeche lo contraddistinguono sono invece sempre più grandi. Ci si lamenta,a volte anche a ragione, della presenza indiscriminata nei nostri paesi digente proveniente da culture profondamente diversa dalla nostra; si pre-ferisce alimentare il sentimento della paura piuttosto che quello della co-noscenza, ma si ignora il fatto che alla base di tutto va favorita l’introdu-zione e l’utilizzo di strumenti capaci di ridurre le differenze e di preserva-re la dignità delle persone che, a qualsiasi latitudine, rappresenta un valo-re irrinunciabile.

Buon Natale.Federico M. Fiorin

SANTUARIO

DI PANISACCO

S. MARIA

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Il libro dell’Esodo è l’espressione della fede di generazioni diIsraeliti che si sono tramandati come il Signore, ricordandosidelle promesse fatte ad Abramo loro padre, fece uscire dall’Egit-to il suo popolo oppresso, riannodò l’Alleanza e lo condusse nellaTerra promessa. Ciò spiega perché gli interventi di Dio, caratte-rizzati dai molti miracoli, prendano il sopravvento sulle circo-stanze concrete della liberazione e dell’esperimento nel deser-to.

L’Esodo costituisce dunque l’atto di nascita di Israele e, insie-me, lo specchio nel quale il popolo di Dio si contempla per ca-pire il proprio destino.

Tradizioni differenti, e spesso difficili da distinguere, le stesseservite alla composizione della Genesi, riferiscono gli avveni-menti relativi ai primordi della storia del popolo ebreo; ma l’o-pera che le raccoglie raggiunge una vera unità, orientata, più chea recuperare i fatti, a esplicitarne i significati. Gli studiosi collo-cano questi avvenimenti o al 15° o al 13° secolo a.C. .

L’Alleanza, cuore della religione ebraica, è anche il centro vi-tale del libro. Espressa nella formula dei trattati che stipulavanopadroni e vassalli nell’Oriente del secondo millennio, pone ifondamenti dei rapporti tra Israele e Dio: il Signore libera Israeledalla schiavitù e gli offre la libertà perché accetti di vivere in fe-deltà alla sua parola. I dieci comandamenti e le numerose pre-scrizioni che li applicano nelle mille situazioni della vita hannolo scopo di aiutare Israele a diventare davvero ciò che è: un po-polo eletto dal Signore e dedito agli interessi di lui. L’esodo si di-mostra perciò il tempo ideale dei rapporti Dio-Israele, il tempodel primo amore, del fidanzamento, secondo l’immagine mera-vigliosa usata dai Profeti (Osea, Geremia, Ezechiele). È ancheun tempo di prova, perché è duro assai marciare nel deserto ver-so una terra promessa, ma lontana; gli Ebrei sono tentati di tor-nare indietro, più di una volta dimenticano colui che ha dato lo-ro la libertà. E il Signore, Dio di bontà, perdona sempre.

EsodoEsodo

p. Flavio Toniolo C.P.

Un Dio che si fa uomo è un’idea lontana dai nostri

pensieri umani; un Dio che si fa uomo per farsi vicino e

dare a tutti una mano che salva è qualcosa di grande, di

stupendo, di misterioso, di adorabile. Maria conservava

con gioia tutte queste cose nel suo cuore. Lei ci accompa-

gni ad incontrare Gesù, a prepararci ad un santo Natale.

Non si tratta di fare chissà quali cose straordinarie.

La chiesa ci propone l’avvento come un cammino che vie-

ne scandito dalle quattro domeniche, dove l’incontro con

Cristo nella Messa è fondamentale e mettiamoci un po’

di tempo per fare silenzio e ascoltare la sua Parola.

Fare Natale significa accogliere, aprire il cuore, avere

uno sguardo diverso su ogni persona, farci piccoli come

Gesù. Lasciamoci disarmare, diventiamo bambini, la-

sciamoci amare per essere capaci di riconoscerlo e amar-

lo in ogni persona. Tutto questo significa vivere un santo

avvento e un santo Natale.

AAuguri a tutti da Don Livio e uguri a tutti da Don Livio e dagli amici di Sdagli amici di S . Maria. Maria

Orario Ss. MesseDomenica ore 15.30 Mercoledí ore 7

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Nel libro domina la figura di Mosè: scelto come intermedia-rio, privilegiato della intimità di Dio, guida il popolo, lo orga-nizza dotandolo delle prime leggi e consuetudini, lo inizia al-l’Alleanza: uno dei più grandi personaggi della politica e soprat-tutto della spiritualità dell’Antico Testamento, e, senz’altro, del-la storia del mondo.

La Bibbia invita spesso a rifarci all’Esodo per la nostra medi-tazione. Vi alludono i Salmi. Il Deuteronomio (cc. 1-11) esplici-ta il senso spirituale dell’avventura del deserto. La seconda par-te di Isaia (cc. 40-55) canta la gioia di Israele, certo che al ritor-no dall’esilio si rinnoveranno le meraviglie dell’Esodo. In unalunga meditazione su questa storia, il libro della Sapienza (cc.10-19) scopre l’opera della sapienza divina. Nel Nuovo Testa-mento, Gesù Cristo è il nuovo Mosè che deve condurre il nuo-vo popolo di Dio, la Chiesa, verso la nuova terra promessa; Lui,la roccia che genera l’acqua che disseta i credenti, Lui il veroabitacolo di Dio tra gli uomini e l’Agnello pasquale che riscattacol suo sangue, che nel suo sangue sigilla la nuova ed eterna Al-leanza tra gli uomini e il Padre.

Anche il cristiano ottiene la liberazione dalla schiavitù delpeccato con l’acqua del Battesimo, senza merito da parte sua;egli cammina alla luce del Risorto verso il regno del Padre; an-che lui, provato e tentato, ha nella Eucarestia la manna nutrien-te che lo sostiene nel cammino. E sa che per quante siano le suecadute, il Dio dell’Alleanza persevera nel perdonare. In tal mo-do, tutta la vicenda spirituale del battezzato e quella della Chie-sa sono già iscritte nel libro dell’Esodo: è già il pensiero di Pao-lo (cf. I Corinzi 10,6).

MMOOSÈ, ISÈ, I L ML M EE DDIIAATTOORR E DE DEE LLLL’A’ANTINTICCA AA ALLLLEAEANN ZAZA

Se Abramo è il “padre” del popolo di Dio (nel senso che dal-la sua fede e dal suo stesso “seme” è stato generato) Mosè è co-lui che a Israele ha dato la “coscienza” della sua dignità, lo ha ri-svegliato dal torpore mortificante della schiavitù egiziana, gli hafatto dono della “Legge”, che esprime i vertici più alti della reli-giosità universale e della vita morale degli uomini. Proprio co-me canta il salmista (Sal 147,20). Mosè, dunque, grande liberato-re, costruttore della coscienza religiosa e civile di Israele, grandelegislatore e soprattutto mediatore dell’alleanza del Sinai.

In fin dei conti, tutti i libri della Bibbia successivi al Penta-teuco non sono che una reinterpretazione, continuamente allar-gata e approfondita durante i secoli, dell’alleanza del Sinai. Diqui l’importanza di questo personaggio, che Gesù stesso ricor-derà con grande ammirazione (Gv 5, 46-47).

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Mosè e la storia

Riguardo a Mosè ci muoviamo su una base storica sufficien-temente credibile. Siamo in Egitto, verso il 1250-1200 a.C., dovei figli di Giacobbe si erano trasferiti fin dal secolo XVIII a causadi una grande carestia nella terra di Canaan. Regnava in Egittola dinastia degli Hyksos, di origine semitica, immigrati nel 1720a.C. . Essendo della medesima razza, gli Ebrei trovarono facileaccoglienza, finché costoro rimasero al potere. Le cose cambia-rono quando gli Hyksos furono cacciati verso il 1560. I nuovi fa-raoni videro negli Ebrei, che si stavano moltiplicando, un po-tenziale nemico, temendo che si ribellassero. Quindi imposeroloro i lavori forzati e un controllo delle nascite, eliminando tutti ifigli maschi. Mosè, destinato ad essere eliminato, sfugge provvi-denzialmente alla morte e viene adottato dalla figlia del faraone(Es 2,1-10). Lentamente viene a conoscere la sua origine ebraicae si schiera apertamente a favore dei suoi fratelli, che difendeuccidendo un egiziano. È costretto a fuggire nella terra di Ma-dian, in Arabia, dove pascola il gregge del sacerdote Ietro, di cuiaveva sposato la figlia (Es 2,11-22).

La “vocazione” di Mosè

Per Mosè si ripete la stessa vicenda di Abramo: Dio invade lavita di un uomo, “sequestrandolo” per sé e per il servizio deglialtri, esigendo da lui fedeltà assoluta alle sue parole. Ma la chia-mata di Mosè è più inattesa, quasi prepotente, con l’aggiunta diuna rivelazione accecante del “mistero” stesso di Dio, provocatodall’insistenza di Mosè. È la rivelazione del roveto ardente (Es3,1-6). Il Dio che chiama Mosè è il Dio inaccessibile, il Dio cheabita lontano, nel monte sacro, il Sinai (Oreb è un altro nomeper designare il Sinai). La montagna, con la sua altezza, con lasua difficoltà di accesso, già evoca la trascendenza, la impervietàdi Dio (trascendenza = una forma di esistenza non riconducibi-le alle determinazioni dell’esperienza, che supera la realtà dellecose. Dio è trascendente perché è un ente distinto dal mondoda Lui stesso creato). Eppure Dio appare a Mosè.

Puoi trovare “La Voce di Santa Maria” anche su Internet all’indirizzo:

wwwwww.santamariadipanisacco.santamariadipanisacco .it.itdal quale puoi comunicare con il bollettino.

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Anche l’immagine del roveto ardente, che brucia senza consu-marsi, è il simbolo della forza incontenibile di Dio, che perònon si esaurisce mai. Dio è colui che è per sempre. Ma questoDio è vicino, si interessa alle vicende degli uomini e special-mente dei figli di Israele, che sono schiavi. È un Dio compassio-nevole, pieno di amore e di misericordia.

« Ora va’! Io ti mando dal faraone » (Es 3,7-12)

Una missione ardua, quella a cui Dio chiama Mosè: dovetroverà la forza per opporsi e imporsi al potentissimo re d’Egit-to? Come potrà suscitare il desiderio della libertà in un popoloormai abituato a servire e che ha dimenticato la propria storia?Dio gli promette la sua assistenza, l’onnipotenza divina non hané limiti né confini.

« Io sono colui che sono » (3,13-15)

Non significa solo l’essere che esiste da sempre, l’essere sussi-stente, come direbbero i filosofi, ma è una definizione dinamicadi se stesso: « Io sono colui che è per voi, mi sento legato a voi,sono il Dio dei vostri padri. Perciò non posso non aiutarvi.Quando c’è bisogno di me, ci sono sempre, sono a disposizione ».Dio quindi (Jahweh, o Jahvè) si definisce come il Dio della sto-ria, che interviene nei fatti degli uomini per guidarli alla salvez-za. Li libera non solo dalla schiavitù dell’Egitto, ma da tutte leschiavitù, soprattutto quelle morali.

L’ “Alleanza” del Sinai

Non solo è il patto che salda la perpetua amicizia di Dio conIsraele, ma è anche una specie di magna charta libertatis (grandestatuto della libertà), cioè la promulgazione dei fondamentaliprincipi religiosi e morali che soli garantiscono la libertà interio-re ed esteriore, sociale, politica, dell’uomo singolo e delle stes-se comunità dei popoli, a cominciare ovviamente da Israele.

La parola alleanza fa in ebraico berìth, ricordato nell’AnticoTestamento ben 287 volte. In Oriente erano frequenti i patti otrattati vassallatici, con cui si regolavano i rapporti tra un sovra-no e i principi a lui soggetti. Ma il patto di Dio con Israele è ungesto d’amore: i profeti esprimeranno questo concetto con labellissima immagine del rapporto nuziale fra Dio e il suo popolo(Os 2,21-22). Il termine berìth (alleanza), anche se richiama cer-te pratiche di tipo giuridico, nella Bibbia esprime solo un pattod’amore, che nasce da due libere volontà, di Dio e del suo popo-lo. Dio non rifiuterà mai Israele, anche se questo tradisce conti-nuamente Dio.

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« Parla tu a noi. . . non ci parli Dio »

Di questo patto d’amore Mosè è il procuratore, o meglio ilparaninfo (procuratore = ha la delega per rappresentare un’altrapersona, in questo caso Dio. Paraninfo = il sensale, colui checombina i matrimoni; in questo caso colui che mette d’accordoDio e il popolo).

Solo Mosè parla con Dio (Es 20,19). Mosè è l’intermediario(Es 19,3-8).

Il decalogo

Una parte essenziale del patto sinaitico è rappresentata daldecalogo (le dieci parole, i dieci comandamenti). In esso (vediEs 20,1-21 e 34,10-28) sono promulgate le regole di condottamorale che devono guidare il credente in ogni suo rapporto:prima di tutto verso Dio (i primi tre comandamenti), quindi ver-so se stesso e verso gli altri ( la seconda tavola: dal quarto al de-cimo comandamento). I dieci comandamenti sono la via delretto agire dell’uomo religioso, ma anche e semplicemente uma-no. Pur avendo punti di contatto con non poche legislazioniorientali, il decalogo ha un’originalità tutta propria, perché ri-porta la realtà della vita e i doveri di ogni giorno (« Onora il pa-dre e la madre. . . Non rubare. . . Non desiderare la moglie deltuo prossimo. . . ») nel quadro più grande dell’alleanza. In talmodo la vita morale non è ridotta a pure norme giuridiche, né aun vago imperativo categorico della coscienza, ma si ispira alleesigenze di amore che nascono dal patto. Nei comandamenti c’èil riflesso della volontà amorosa di Dio verso l’uomo. ScrivevaLutero nel 1528: « Non c’è specchio migliore in cui tu possa ve-dere quello di cui hai bisogno se non appunto i dieci comanda-menti, nei quali trovi ciò che ti manca e ciò che devi cercare ».

Il decalogo è un grande dono di Dio, un regalo all’umanità.Anche i non credenti, se hanno veramente a cuore la dignità

dell’uomo, dovrebbero ereditare l’immenso retaggio (il patri-monio spirituale) che Mosè ha lasciato al mondo.

La “VLa “Voce di Soce di S . Maria” . Maria” vive con piccole gocce vive con piccole gocce

di carità.di carità.

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contraddice: da una parte egli dice che non cederà mai sui principidel giusto e dell’ingiusto, nemmeno sotto tortura, ma dall’altra haimparato che è meglio non far notare ai professori quel loro com-portamento non corretto (la prudenza non è mai troppa, dice unproverbio!).

Filippo, amico ma anche un po’ rivale di Giulio, non si pone tan-ti problemi sulla questione “conflitto di virtù”, in altre parole pru-denza versus giustizia, per dirla nei thriller giudiziari e così valuta lasituazione: « Io, che conosco bene Giulio, credo che egli lo abbia

fatto solo per farsi notare, gli piace essere spesso al centro dell’atten-zione, senza però pensare alle conseguenze; questo non è tanto ungesto di virtuoso coraggio e fedeltà ai propri principi, ma è ancheimprudenza. Io non avrei mai pensato di discutere con una mamma,troppo premurosa, che si fa chiamare dalla figlia per sapere che ètornata a casa: si sa che le mamme sono pericolose quando si trattadei propri figli. Il compagno “coraggioso” è stato perciò sfortunato;lui ha voluto distinguersi e la prof, imponendosi con il pugno di fer-ro, non ha voluto sentire scuse e, afferrata la penna, l’ha messo altappeto con un solo attacco. Voi dopo questa esperienza avreste im-parato qualcosa? Io sì, ma lui mai e poi mai avrebbe ceduto, infatti,la settima dopo quando c’era il compito ha detto che esso era unagran *****, beccandosi un’ altra nota ».

Giulio afferma: « so di essere dalla parte del giusto ». Richiaman-do quanto detto sulla virtù della “giustizia”, quale giudizio dare allasua affermazione?

Infatti, partendo da qui, terminiamo il nostro discorso sulle virtùparlando dell’ultima delle quattro, che entra proprio nell’episodiocitato: la prudenza.

Ecco subito una chiara e completa definizione della virtù “pru-denza”, tratta dal dizionario: “Atteggiamento cauto ed equilibrato di

una persona che, prevedendo le conseguenze dei propri atti, si compor-

ta in modo da non correre inutili rischi e da evitare sé e ad altri, qual-

siasi possibile danno”. Chiaro no? Chiaro, ma troppo semplice per noi, che amiamo an-

dare a complicare le cose (e, forse, a intricarci la vita). Diciamo cheessa è la capacità di escogitare quello che, qui e ora, è per me con-veniente e vantaggioso. La persona prudente prevede le conseguen-ze dei suoi atti, guarda oltre il presente (il difetto o il vizio oppostosarebbe quello che comunemente si dice: “essere via di testa”!), ha

un orizzonte ampio. L’uomo prudente pondera tutto, non è impulsivo. È una virtù

fondamentale perché presume che io conosca la realtà. Insomma, se-condo il Guicciardini, che è un importante scrittore e storico del’500, la prudenza è “l’attenzione nel prendere in esame tutti i partico-

lari delle cose, anche minimi, perché spesso da essi derivano grandi

conseguenze”.Siccome sono ammirati quelli che amano il rischio (fin che gli va

bene e non si rompono la testa sbattendo contro un muro), la pru-denza può essere giudicata fifoneria e la sfrontatezza coraggio. “È

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La nostra esplorazione su questa virtù inizia da un fatto accadu-to, anche se, ovviamente renderemo non identificabile luogo e per-sonaggio. Scena: una classe di seconda media, personaggio narran-te e protagonista Giulio (nome di fantasia).

« A scuola è successo un fatto che da un anno succede ogni gior-no. A mezzogiorno e mezzo suona il cellulare della professoressa di*** e, come ogni giorno, tutti borbottano: perché a lei è permessociò che, invece, a noi alunni è severamente proibito? Capita peròche uno (io!) ha il coraggio di protestare a voce alta (però con edu-cazione). Alzo la voce ed esclamo: “Scusi professoressa, ma telefona-

re con il cellulare in classe non si può fare!” E la professoressa, senzabattere ciglio, inevitabilmente: “Io posso, se è una telefonata urgente

di mia figlia!” Io sbotto: “Ma, come, ogni giorno un’urgenza, cosa po-

trà mai succedere a sua figlia?” L’insegnante, senza esitare, risponde:“Io posso voi no! Gli insegnanti possono, mentre gli alunni no!”. Si ri-faceva alla vicenda qualche minuto prima della discussione: il cellu-lare di un alunno aveva squillato e la professoressa aveva minaccia-to il sequestro. Allora mi arrabbio ed esclamo: “Scusi. . ., guardi. . .,

credo. . . che né i professori né gli alunni possono usare il cellulare in

classe. . . sinceramente. . .”. Non ho nemmeno il tempo di finire la fra-se che un dito m’indica la porta seguito dalle due fatidiche parole:“Va fuori!”. Considerazioni personali ricavate dalla mia esperienza: iprofessori hanno sempre il coltello dalla parte del manico. Io sonosolo un povero alunno, e anche poco furbo a protestare contro unaprofessoressa, ma quando ho ragione, ho ragione. Nemmeno se mimettono a tortura cedo, se so di essere dalla parte del giusto ».

Voi direte: va be’ sono cose che capitano ogni giorno, ma che co-sa ha a che vedere questo fatto con la virtù della prudenza? Effetti-vamente, Giulio poteva starsene prudentemente zitto. . . O ha fattobene a intervenire?

L’episodio scolastico da cui siamo partiti ci rivela quanto siacomplicato (e pericoloso) praticare le virtù? Abbiamo parlato neinumeri scorsi di “fortezza” e Giulio appare un ragazzo forte, corag-gioso, che ama anche il rischio e allora possiamo dire che fortezza eprudenza non vanno d’accordo?

Vediamo di commentare questo episodio alla luce della riflessio-ne che noi abbiamo fatto sulle virtù. Giulio ha praticato la virtù del-la fortezza? Egli dice che ha voluto essere coerente con le proprieidee, ma così ha sfidato l’insegnante, andando contro la virtù dellaprudenza? Come va giudicato questo suo comportamento?

Sembrerebbe che i compagni non possano che applaudire il suogesto ma Lisa si è subito accorta che nelle sue conclusioni Giulio si

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naturale che la temerarietà è propria della gioventù, la prudenza della

vecchiaia” proclamava Cicerone nella sua opera “De senectute”

(“trattato sulla vecchiaia”).Quando si parla di prudenza di solito non se ne parla come una

virtù (essere predisposti a fare il bene): guidare con prudenza nonsarebbe proprio una virtù, ma buon senso (ma chi dice che anche ilbuon senso non sia virtù?) e neppure essere prudenti con quelli chenon si conoscono (meglio non fidarsi subito. . . ), solo per fare dueesempi. Saper calcolare bene il rischio, ottenere senza troppe perdi-te, un risultato utile non è poi questa grande virtù.

Lo diventa se noi la consideriamo la capacità di interpretare i da-ti dell’esperienza (infatti, Giulio avrebbe dovuto imparare la pru-denza dall’esperienza) e i segni dei tempi e con i consigli di personeavvedute, infatti, per gli antichi prudenza è sinonimo di saggezza.Certo si diventa prudenti anche per esperienza e, quindi, non ci sa-rebbe bisogno di virtù ma prudenza come virtù è soprattutto rifles-sione sull’esperienza, ci sono persone sventate che dall’esperienzanon sembrano mai imparare.

Prudenza è memoria del passato, che fa tesoro delle esperienzeche orientano, danno regole sul presente, è intelligenza (sapere ca-pire bene il presente, valutare le circostanze nelle quali ci si trova)e, allo stesso tempo, un insieme di qualità: docilità (ascoltare e ac-cettare gli insegnamenti altrui), ragionevolezza (saper usare la ragio-ne, logica, dare dei giudizi pesati e ricavare delle deduzioni), caute-

la, buon senso. . .

La prudenza, infine, è sapere dove mettere i piedi, specialmentequando il terreno non è propriamente sicuro e ben conosciuto.Prudenza è avere chiari punti di riferimento e Gesù definisce l’uo-mo (virtuosamente) prudente quello che ha saputo costruire la pro-pria casa (cioè la propria vita) sulla roccia, scegliendo fondamentisicuri.

VVVV iiii zzzz iiii oooo pppp pppp oooo ssss tttt iiii aaaa llll llll aaaa pppp rrrr uuuu dddd eeee nnnn zzzz aaaa

Come sempre a ogni virtù corrispondono dei difetti, che appar-tengono al carattere, alla personalità, alle abitudini. Ovviamente didifetti ce ne sono tanti, ma citiamo qui quelli che rientrano piùspesso nostro carattere. In particolare possono essere compresi neldifetto/vizio dell’imprudenza:

• essere precipitoso, aver fretta di decidere;• essere sconsiderati, parlare e agire senza riflettere adeguata-

mente e senza valutare le conseguenze delle proprie azioni (quan-do ti dicono: “Ma, insomma, non potevi mica pensarci prima?”);

• essere negligente, trascurare per pigrizia, fretta o per incapacitàdi valutare tutto ciò che va controllato e pesato prima;

• essere eccessivamente preoccupati per tutti gli imprevisti possi-bili (talvolta pure immaginari), cosicché uno non dovrebbe mai sa-lire su un aereo perché qualche volta cascano.

Antonio Boscato

Carissimi

Buon Natale a tutti voi paesani, amici e collaboratori da

me e dai miei Cristiani sparsi in una sessantina di villaggi

nel territorio della mia Parrocchia del Beato Guido Maria

Conforti.

Guardando a quello che significa un Buon Natale qui tra

la mia gente e quello che viene celebrato dalla nostra gente

in Italia mi viene subito da dire che questo Natale della

Sierra Leone è molto più cristiano e significativo che non i

nostri Natali in Italia con la corsa ai regali, ai cibi più squi-

siti e ai vestiti natalizi all’ultima moda.

Il nostro un Natale è più simile a quello originale, pro-

prio quello della capanna di Betlemme di 2000 anni fa, ca-

ratterizzato da una povertà estrema, da una semplicità divi-

na con Gesù accolto con giubilo dalla gente più umile di pa-

stori e contadini.

Per questo a Natale, dopo la Messa Solenne qui al centro

della parrocchia a Makeni, voglio correre lontano, 50 Km.

dentro la foresta, a Mahakoi, a celebrare la nascita di Gesù

Bambino con i più poveri, i più lontani e abbandonati, dove

nessuno va mai e la gente aspetta ancora da lungo tempo

un salvatore che non conosce ma che aspetta con ansioso

desiderio.

In quel villaggio si raduneranno anche la gente dei villag-

gi vicini fin dalla notte precedente per la grande veglia di

Natale con preghiere, danze e canti cristiani e tradizionali

della tribù « Loko » a cui appartengono. Poi a Natale nel

primo pomeriggio l’incontro di preghiera partecipata da cri-

stiani e mussulmani per celebrare la nascita di Gesù e poi il

grande pranzo (un piatto di riso condito con un po’ di pesce

ed erbe locali) per condividere la gioia del Natale, la frater-

nità del mangiare assieme e la bella compagnia di tanta

gente così rara in queste zone remote.

Devo dire che qui, in un paese prevalentemente mussul-

Buon NBuon Natale 200atale 20077f f

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pioggia, che

non sono

certamente

la situazio-

ne ideale

per un ap-

prendimen-

to facile ed

efficace.

Mentre vi

scrivo nel

mio villag-

gio di Batkanu i cristiani stanno facendo la mietitura e treb-

biatura di 30 ettari di riso coltivato dalla nostra gente du-

rante la passata stagione delle piogge. In questi giorni final-

mente abbiamo messo in funzione il nuovo trattore arrivato

dall’Italia, dono di una brava famiglia del vicentino. Ci ser-

virà durante la prossima stagione delle piogge a coltivare

più riso in diverse zone della parrocchia dove abbiamo co-

munità cristiane desiderose di lavorare e guadagnarsi il cibo

quotidiano con le loro mani.

Ancora a tutti voi auguri di un SANTO NATALE CRI-

STIANO dove ci auguriamo la venuta di Gesù prenda il pri-

mo posto sui regali, i cibi e i vestiti che rischiano di fare del

Natale solo una festa pagana accontentando tutti i capricci

di tanta nostra gente.

Che il Signore Gesù vi benedica tutti e porti a questo

mondo gioia vera, pace duratura e fraternità universale.

Vostro con grande affetto.

P. Antonio Guiotto

mano, la festa del Natale è molto sentita e celebrata un po’

da tutti, direi più di alcune grandi feste mussulmane. Nei

giorni che precedono molto spesso alla sera si sentono grup-

pi di cristiani di varie denominazioni cantare passando di

casa in casa le melodie natalizie nostre tradizionali e anche

di produzione locale.

È tradizione nei nostri gruppi, alla fine dei loro canti,

raccogliere offerte dalla gente che verranno usate nei giorni

di Natale per aiutare i più poveri e organizzare la festa dei

bambini il pomeriggio della festa.

Nella mia parrocchia al pomeriggio, dopo la messa e il

pranzo, si fa il giro della zona vicina alla chiesa con i “dia-

voletti buoni” vestiti con abiti tradizionali con una folla di

bambini attorno che cantano, battono i tamburelli e altri

strumenti locali e danzano al suono della musica. È anche

questo una momento della festa che ci dà l’opportunità di

far conoscere il messaggio cristiano della venuta di Gesù

Bambino a tanti che altrimenti non lo potrebbe conoscere.

A Natale quest’anno potrò pregare per la prima volta nel-

la nuova Chiesetta di Mabuya che è già a buon punto e ver-

rà poi inaugurata verso la fine di gennaio. Anche questa è

stata frutto come sapete della vostra generosità e sarà in fu-

turo centro di irradiazione del messaggio cristiano in tutta

la zona attorno, circa una decina di villaggi tra paludi e dis-

tese immense di terra coltivabile.

Anche una nuova scuola elementare nella mia parrocchia

qui a Makeni, incominciata in Ottobre con l’aiuto di alcuni

di voi e la promessa di altri aiuti in futuro, è già al tetto con

la speranza di poterla finire durante il secondo trimestre.

Questa scuola deve ac-

comodare più di 500

bambini che ora posso-

no usare un piccolo

edificio con solo due

classi e gli altri devono

accontentarsi di due

tettoie di paglia e stec-

chi sotto il sole e la

Eventuali offerte si possono effettuare con versamento presso la Banca Intesa-San Paolo

(c.c. 1308499 – CIN O - ABI 03069 – CAB 60822) intestato a P. Antonio Guiotto.

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anno XL - n. 6 - dicembre 2007Periodico senza pubblicità - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza - Dir.resp.: Federico Fiorin - Autorizzazione del Trib. di Vicenza n. 238 data 28-3-1969

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