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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE Fascicolo 2 - Annata 2015 - Vol. n. LXXXVIIII diretta da Bruno Assumma, Claudio Berliri, Adriano Di Pietro, Marco Miccinesi, Ivan Vacca ARTICOLI Nicolò Zanotti Il contraddittorio preventivo quale principio generale del procedimento di accertamento tributario 66 SENTENZE CON COMMENTO Nicola Mazza Brevi note critiche alla sentenza 11 febbraio 2015, n.10 della Corte Costituzionale sull’illegittimità della Robin Hood Tax 102 NOTE REDAZIONALI Consultabili su www.giurisprudenzaimposte.it sezione “Ricerca avanzata”

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE Fascicolo 2 - Annata 2015 - Vol. n. LXXXVIIII

diretta da Bruno Assumma, Claudio Berliri, Adriano Di Pietro, Marco Miccinesi, Ivan Vacca

ARTICOLI

Nicolò Zanotti

Il contraddittorio preventivo quale principio generale del

procedimento di accertamento tributario 66

SENTENZE CON COMMENTO

Nicola Mazza Brevi note critiche alla sentenza 11 febbraio 2015, n.10 della Corte Costituzionale sull’illegittimità della Robin Hood Tax 102

NOTE REDAZIONALI

Consultabili su www.giurisprudenzaimposte.it sezione “Ricerca avanzata”

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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Nicolò Zanotti

Il contraddittorio preventivo quale principio generale

del procedimento di accertamento tributario

Abstract: L’evoluzione che negli anni ha interessato il rapporto fisco - contribuente

ha visto l’introduzione nella fase accertativa di autonomi momenti di confronto, così

che la mancanza di una previsione di carattere generale non ha impedito che si

ritenesse affermato nel nostro ordinamento un principio capace di garantire la

partecipazione dei privati nell’attuazione del rapporto d’imposta. E’ su questa scia

che si è posta la delega fiscale che, ulteriore passo avanti nel percorso intrapreso dal

legislatore, attende ora una soluzione definitiva da parte dei decreti delegati capace di

garantire una “decisione partecipata” come espressione del buon andamento e

dell’imparzialità dell’amministrazione, ma anche del fondamentale diritto di difesa,

cui all’art. 24 della Costituzione; in ossequio, altresì, a quanto statuito dalla Corte di

Giustizia europea. Il contributo intende porre a confronto le diverse forme di

attuazione del contraddittorio nel tentativo di trovare una lettura coerente del

principio generale e delle disposizioni speciali alla luce delle scelte della legge

delega con l’ulteriore obiettivo di ricercare una soluzione, se possibile univoca, al

tema delle eventuali conseguenze sull’atto dell’attività di accertamento che sia

intervenuta nel mancato rispetto del suddetto principio.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La normativizzazione del principio e le sue articolate

applicazioni. – 3. Contraddittorio o contraddittori. – 4. Attuazione del

contraddittorio. – 5. Efficacia del contraddittorio.– 6. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Con la recente delega fiscale1, il Governo è stato incaricato, tra l’altro, di potenziare

le ipotesi di confronto tra amministrazione e contribuente, in una prospettiva di più

1 La legge 11 marzo 2014, n. 23 pubblicata in G.U. 12 marzo 2014, n. 59 rappresenta il primo passo

verso una rivisitazione del vigente sistema tributario, al fine di renderlo “più equo, trasparente e

orientato alla crescita”. In essa non sono annunciate grandi riforme dei tributi e degli istituti del

sistema, bensì interventi di manutenzione su aspetti giudicati particolarmente critici.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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ampia e reciproca collaborazione, e di rafforzare l’istituto della conciliazione

giudiziale.

L’art. 1 della l. n. 23 del 2014, in particolare, ha stabilito che i decreti legislativi di

attuazione dovranno provvedere alla revisione del sistema fiscale, rispettando una

serie di principi e criteri direttivi di carattere generale, tra i quali spiccano il

coordinamento e la semplificazione delle discipline concernenti gli obblighi

contabili e dichiarativi dei contribuenti, “al fine di agevolare la comunicazione con

l’amministrazione finanziaria in un quadro di reciproca e leale collaborazione, anche

attraverso la previsione di forme di contraddittorio propedeutiche all’adozione degli

atti di accertamento dei tributi”.

Ne discende un espresso richiamo al principio del contraddittorio, che vede nella

partecipazione del privato le fil rouge che unisce i molteplici settori nei quali il

legislatore si propone di intervenire.

Il tema, di sicuro interesse, possiede portata più ampia della semplice esegesi del

dato normativo, essendo direttamente connesso al corretto inquadramento di almeno

tre questioni di fondo: a) determinare le peculiarità del contraddittorio

procedimentale; b) stabilire quale sia il potenziale ambito di applicazione del

principio enunciato dalla delega; c) definire le conseguenze che possono discendere

dal suo mancato rispetto alla luce della rinnovato rilievo che esso andrà ad assumere

nel procedimento tributario.

2. La normativizzazione del principio e le sue articolate applicazioni

Com’è noto, l’istituto della partecipazione in contradditorio si è, anzitutto, affermato

nel procedimento amministrativo2, trovando espresso riconoscimento nelle

previsioni del capo terzo della l. n. 241 del 19903. Esso ha rappresentato un tema

2 In tema di partecipazione al procedimento amministrativo la letteratura è amplissima. Senza pretese

di esaustività e limitatamente al particolare profilo oggetto del presente lavoro si segnala: G. GHETTI,

Il contraddittorio amministrativo, Padova, 1971; G. BERGONZINI, L’attività del privato nel

procedimento amministrativo, Padova, 1975; P. VIRGA, La partecipazione al procedimento

amministrativo, Milano, 1998; S. COGNETTI, “Quantità” e “qualità” della partecipazione. Tutela

procedimentale e legittimazione processuale, Milano, 2000; G. PUGLIESE, Il contraddittorio nel

procedimento amministrativo, Milano, 2000; A. CROSETTI – F. FRACCHIA, Procedimento

amministrativo e partecipazione. Problemi prospettive ed esperienze, Milano, 2002. 3 La l. 17 agosto 1990, n. 241, detta “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di

accesso ai documenti amministrativi”; il capo terzo, nello specifico, ha introdotto il concetto di

partecipazione al procedimento amministrativo. Per una ricostruzione sistematica della situazione

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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decisivo nell’evoluzione dei rapporti tra amministrazione e cittadino, che può dirsi

conclusa solo di recente con l’introduzione dell’art. 10-bis, in forza del quale

l’obbligo del contradditorio è stato previsto anche per i cosiddetti provvedimenti

negativi4.

Con riferimento alla nostra materia, il principio ha, invece, mostrato un carattere del

tutto peculiare5, tanto che, diversamente da quanto avviene nel procedimento

amministrativo, dove si ricorre alla più ampia espressione “partecipazione”, si è

sempre preferito parlare di “istituti partecipativi”6 facendo specifico riferimento ad

alcune fasi di autonomi procedimenti.

Non si tratta però, soltanto, di una questione terminologica, giacché la differente

locuzione discende dalla diversa portata che il principio ha assunto nei due settori7;

giuridica attuale, v. F. SATTA, Contraddittorio e partecipazione nel procedimento amministrativo, in

Dir. amm., 2010, 299. 4 La disposizione è stata inserita dall’articolo 6 della legge 11 febbraio 2005, n. 15. Questa modifica

ha rappresentato un significativo passo verso una forma di partecipazione procedimentale

maggiormente ispirata ai canoni di effettività e concretezza. La norma dispone che nei procedimenti

ad istanza di parte il responsabile del procedimento deve comunicare tempestivamente ai privati, che

abbiano avanzato la richiesta che ha aperto il procedimento, “i motivi che ostano all’accoglimento

della domanda” e deve fare ciò “prima della formale adozione di un provvedimento negativo”. Entro

il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare

per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. In argomento, v. F.

MARTINES, Partecipazione procedimentale e garanzie dei privati. L’esperienza dell’ordinamento

tributario. Luci ed ombre, in Giust. amm., n. 3/2007, 559; G. BARONE, I modelli di partecipazione

procedimentale, in V. CERULLI IRELLI (a cura di), Il procedimento amministrativo, Napoli, 2007, 132. 5 Per un inquadramento sistematico, per tutti v. L. SALVINI, La partecipazione del privato

all’accertamento, Padova, 1990, passim; A. DI PIETRO, Il contribuente nell’accertamento delle

imposte sui redditi: dalla collaborazione al contraddittorio, in Evoluzione dell’ordinamento tributario

italiano, Atti del convegno “I settanta anni di Diritto e pratica tributaria”, Padova, 2000, 532; R.

MICELI, Il diritto del contribuente al contraddittorio nella fase istruttoria, in Riv. dir. trib., 2001, II,

374; ID., La partecipazione del contribuente alla fase istruttoria, in AA. VV., Statuto dei diritti del

contribuente, A. FANTOZZI – A. FEDELE (a cura di), Milano, 2005, 671; F. TUNDO, La partecipazione

del contribuente alla verifica tributaria, Padova, 2012, passim; A. MARCHESELLI, Il giusto

“procedimento tributario”. Principi e discipline, Padova, 2012, 96. Il diritto del contribuente ad

essere sentito, ai fini dell’indagine sui fatti impositivi, è particolarmente tutelato nell’ordinamento

tedesco: cfr. N. BOZZA, I principi e la tutela del contribuente nell’Abgabenordnung e le esperienze

pratiche, in Riv. dir. trib., 2001, I, 518, che sottolinea la rilevanza dell’art. 91 dell’Abgabenordnung,

che prevede l’audizione quale regola generale, omettibile solo in casi eccezionali, a pena di

illegittimità dell’atto impositivo. Per l’ordinamento francese, v. M. BOUVIER, Introduction au droit

fiscal général et à la théorie de l’impôt, Parigi, 2008, 60, che evidenzia la centralità del principe du

contradictoire durante la fase amministrativa del controllo fiscale, la cui violazione da parte

dell’amministrazione è suscettibile di essere sanzionata come irregolarità della procedura di rettifica o

d’imposizione. 6 Cfr. A. FANTOZZI, Violazioni del contraddittorio e invalidità degli atti tributari, in Riv. dir. trib.,

2011, I, 137, secondo il quale nel procedimento amministravo generale, a differenza che in quello

tributario, la partecipazione costituisce “un modo di essere” del procedimento stesso. 7 Nel procedimento tributario, infatti, ancor oggi la partecipazione appare, almeno prima facie,

episodica e frammentaria, mentre in quello amministrativo rappresenta un modello di riferimento. La

l. 7 agosto 1990, n. 241 ha cambiato il modo di intendere l’attività della pubblica amministrazione,

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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come dimostra, fino ad un recente passato, la tendenza della dottrina8 a rivolgere la

propria attenzione alle specifiche ipotesi di partecipazione espressamente

contemplate dalla legge, nella difficoltà di riconoscere presupposti analoghi a quelli

che hanno consentito una modificazione in senso partecipativo del procedimento

amministrativo9.

Le premesse per una nuova partecipazione del cittadino nell’attuazione del prelievo

sono state poste in conseguenza del ricorso sempre più diffuso, in sede di

accertamento, a coefficienti, parametri e criteri statistico-matematici10

, al fine di

introducendo un sistema strutturato in maniera tale da creare una costante collaborazione tra

amministrazione e cittadino e spostando l’attenzione dal provvedimento finale al momento

dell’istruttoria. Cfr., per tutti, F. PATRONI GRIFFI, La l. 7 agosto 1990, n. 241 a due anni dalla data di

entrata in vigore. Termini e responsabile del procedimento; partecipazione procedimentale, in Foro.

It., 1993, III, 65. Queste novità hanno avuto il merito di consacrare la partecipazione a principio

cardine del procedimento amministrativo, individuandone i tratti distintivi: a) obbligo di comunicare

l’avvio del procedimento a tutti gli interessati ed a coloro che devono intervenire per legge (art. 7); b)

diritto di intervento con facoltà di depositare memorie e documenti, che devono essere valutati

dall’amministrazione se pertinenti con l’oggetto del procedimento (artt. 9 e 10); c) diritto di accesso

agli atti del procedimento (art. 10). Allo stesso tempo, tuttavia, l’art. 13, comma 2, della medesima

legge, ha espressamente escluso l’applicazione di queste previsioni alla nostra materia. 8 La crescente rilevanza degli istituti partecipativi è stata evidenziata, tra gli altri, da L. SALVINI, La

cooperazione del contribuente e il contraddittorio nell’accertamento, in Corr. trib., n. 44/2009, 3570;

A. DI PIETRO, Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui redditi: dalla collaborazione al

contraddittorio, cit., 532; P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, Parte generale, Milano, 2007, 219;

R. MICELI, Il diritto del contribuente al contraddittorio nella fase istruttoria, cit., 374; A. FANTOZZI,

Violazioni del contraddittorio e invalidità degli atti tributari, cit., 137. Illustre dottrina (cfr. L.

SALVINI, La nuova partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo Statuto del

contribuente ed oltre), in Riv. dir. trib., 2000, I, 14) ha notato come, pur non essendo applicabili alla

materia tributaria le norme generali sulla partecipazione contenute nella l. 241/1990 (art. 13, comma

2), l’evoluzione del sistema non possa muoversi su linee divergenti da quelle tracciate dal restante

settore amministrativo. 9 Ciò nonostante, per opinione unanime, anche il sistema tributario deve necessariamente rispettare i

criteri di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza. In argomento, v. M. DE BENEDETTO, Il

Procedimento amministrativo tributario, in Dir. amm., 2007, I, 127, che correttamente ha rilevato

come “con lo Statuto si è inteso dare attuazione, nei rapporti tra fisco e contribuente, ai principi di

trasparenza, di pubblicità dell'azione amministrativa e di semplificazione del linguaggio, anche

attribuendo rilevanza generale nell'ordinamento tributario al principio di affidamento del contribuente

ed estendendo l'efficacia del diritto d'interpello”. 10

La circ. min. n. 148/E del 5 luglio 1999, relativa all’applicazione degli studi di settore, ha stabilito

che “il contraddittorio con il contribuente consente una più fondata e ragionevole misurazione del

presupposto impositivo che tenga conto degli elementi di valutazione offerti dal contribuente,

soprattutto nell’ipotesi in cui sono applicate metodologie presuntive di accertamento che, sia pure

particolarmente affidabili quale quella degli studi di settore, possono non aver colto le peculiarità

dell'attività concretamente svolta dal contribuente”. Gli studi di settore richiedono una partecipazione

attiva del contribuente al contraddittorio, senza la quale la pubblica amministrazione rischierebbe di

sottoporre a tassazione manifestazioni di capacità contributiva non effettiva, ma apparente. In

proposito, v. A. FANTOZZI, Valutazione giuridica degli studi di settore, in I nuovi studi di settore, Atti

del convegno di studi tenutosi a Roma il giorno 11 febbraio 2000, allegati a Il Fisco, 2000, n. 25, 19,

secondo il quale “non sembra più sussistere, dunque, una forma di collaborazione nell’ambito della

quale da un lato c’è il contribuente e dall’altro un’amministrazione in posizione comunque prevalente;

si va, invece, verso un dialogo, non dico alla pari, perché ancora siamo lontani da un’ipotesi del

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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consentire all’interessato il necessario contraddittorio rispetto alle determinazioni

del fisco11

. Più propriamente, è con l’introduzione della “richiesta di chiarimenti”12

che si è resa evidente la distinzione tra gli istituti di carattere collaborativo e quelli di

carattere difensivo; dopodiché, il passaggio ad una partecipazione più prettamente

difensiva ha assunto linee certe e determinate solo nel corso degli anni novanta,

periodo in cui sono state disciplinate le prime vere forme di contradditorio

procedimentale13

.

genere, e forse non ci arriveremo mai, ma sicuramente verso un rapporto nel quale il contribuente ha

maggiori poteri di partecipazione alla fase di accertamento”. 11

Si delineano in tal modo le prime ipotesi di partecipazione cd. difensiva (o di partecipazione

contradditorio), caratterizzate “dall’obbligo dell’ufficio” di invitare il soggetto passivo e dalla “facoltà

del contribuente” di fornire, a sua discrezione, gli elementi difensivi richiesti. Occorre ricordare che le

prime ipotesi di partecipazione, introdotte a partire dagli anni settanta, erano segnate da una

caratterizzazione prettamente “collaborativa” o “servente” , ossia dalla “facoltà dell’ufficio di invitare

il contribuente” e “dall’obbligo di quest’ultimo” di fornire le indicazioni richieste. Questo connotato

era rintracciabile anche in quei casi in cui il soggetto passivo era ammesso a produrre la prova

contraria rispetto a presunzioni legali poste dal fisco. Si trattava, infatti, di mere facoltà, che non

riconoscevano alcuna situazione soggettiva specifica a favore del privato. Queste ipotesi

configuravano, piuttosto, fattispecie di “collaborazione” del contribuente nell’interesse del fisco e non

rappresentavano applicazione di un principio generale di partecipazione. In tal senso, v. A. DI PIETRO,

Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui redditi: dalla collaborazione al contraddittorio,

cit., 533. 12

“La richiesta di chiarimenti”, disciplinata all’art. 2, comma 29, della l. n. 17/1985, è unanimemente

riconosciuta come il primo caso di vera e propria tutela del contradditorio in sede di accertamento. In

argomento, per tutti, cfr. L. SALVINI, La nuova partecipazione del contribuente, cit., 14, secondo la

quale dalla formulazione normativa dell’istituto era possibile desumere solo poche circostanze: “in

positivo, che all’ufficio faceva capo un obbligo di inviare la richiesta prima di effettuare un

accertamento induttivo in base ai coefficienti; in negativo, che nessuna sanzione era prevista per la

mancata risposta”. Sulla disciplina della richiesta di chiarimenti, v. ID., La “richiesta di chiarimenti”

nella cosiddetta Visentini-ter (art. 2 comma 29 l. 17.2.1985, n. 17), in Rass. trib., 1987, 353. 13

In proposito, mi limito a ricordare le più significative: a) l’art. 38, comma 6, d.p.r. n. 600/1973,

nella formulazione previgente, riconosceva al contribuente la facoltà di fornire prove contrarie alla

ricostruzione sintetica dell’imponibile; b) in materia di disposizioni antielusive, l’art. 37-bis del d.p.r.

n. 600/1973, prevede che l’avviso di accertamento debba essere emanato, a pena di nullità, previa

richiesta al contribuente di chiarimenti da inviare entro sessanta giorni (co. 4); c) con riguardo alla

liquidazione e al controllo formale delle dichiarazioni, gli artt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. n. 600/1973

prevedono l’invio di una comunicazione al contribuente, diretta a far conoscere l’esito dei controlli

svolti, ove siano state riscontrate irregolarità, nei cui confronti può presentare osservazioni; d) la

disposizione dell’art. 6, c. 5, dello Statuto prevede che, prima di procedere alle iscrizioni a ruolo

derivanti dalle liquidazioni dei tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su

aspetti rilevanti, l’amministrazione finanziaria deve, a pena di nullità, invitare il contribuente a fornire

chiarimenti; e) l’art. 16 del d. lgs. n. 472/1997, nel disciplinare il procedimento di irrogazione delle

sanzioni tributarie, prevede che l’ufficio notifichi un atto di contestazione, avverso il quale il

contribuente può presentare deduzioni difensive; f) l’art. 12, c. 7, dello Statuto, infine, prevede

l’indefettibilità del contraddittorio anticipato, salvi i “casi di particolare e motivata urgenza”, da

esercitarsi nel termine di sessanta giorni, decorrente dal rilascio di copia del processo verbale di

chiusura delle operazioni.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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Difatti, esaminando nel complesso le diverse ipotesi di partecipazione oggi

previste14

, emerge abbastanza agevolmente come, negli ultimi anni, il legislatore

abbia favorito l’introduzione di tale forma di contradditorio, ancorché attraverso una

frammentazione che, almeno apparentemente, nega l’esistenza di una norma di

principio; cosicché, dottrina15

e giurisprudenza16

, fino ad un recente passato, sono

sembrate concordi nell’escludere la presenza di un principio di portata generale.

Solo da ultimo questa lettura è stata ripensata in forza di fattori decisivi17

, che hanno

trovato conferma nella recente delega, alla luce di un ordinamento che sempre più

14

Un’analisi anche superficiale di queste fattispecie rende evidente come la loro disciplina non sia

perfettamente coincidente: alcune di esse risultano caratterizzate da maggior compiutezza; altre,

invece, sono prive di quegli elementi capaci di sottolinearne la portata precettiva. Si pensi, ad

esempio, alla originaria formulazione dell’art. 38 del d.p.r. n. 600 del 1973, che non prevedeva alcun

obbligo dell’ufficio di invitare il contribuente, contrariamente a quanto previsto dall’art. 37-bis del

medesimo decreto, che ancora oggi impone il suddetto dovere “a pena di nullità”. Cfr. A. FANTOZZI,

Violazioni del contraddittorio e invalidità degli atti tributari, cit., 139, secondo il quale “l’analisi,

seppur veloce, delle diverse fattispecie fondate sulla partecipazione del contribuente mette

preliminarmente in rilievo come il legislatore, pur pensando in varie ipotesi al contraddittorio, non

abbia adottato sempre un modello unico, ma abbia operato su tre distinti livelli”. 15

Cfr., per tutti, L. SALVINI, La nuova partecipazione del contribuente, cit., 22; R. MICELI, Il diritto

del contribuente al contraddittorio nella fase istruttoria, cit., 371; A. FANTOZZI, Violazioni del

contraddittorio e invalidità degli atti tributari, cit., 137. Per A. COMELLI, Poteri e atti

nell’imposizione tributaria. Contributo allo studio degli schemi giuridici dell’accertamento, Padova,

2012, 242, “il vigente dato normativo non consente ancora ... di affermare la sussistenza di un

generale principio del partecipazione del soggetto passivo all’esercizio dei poteri istruttori dell’ufficio

impositore, secondo il canone del contraddittorio”. 16

Cfr., a mero titolo esemplificativo, Cass., sez. trib., sent. 29 dicembre 2010, n. 26316, in Corr. Trib.,

n. 5/2011, 380, con nota di A. MARCHESELLI, Contraddittorio e procedimento tributario, un passo

indietro e due avanti. In questa pronuncia la Corte ha ritenuto che non sia possibile, sulla scorta dello

stato attuale della legislazione, “ritenere esistente un principio generale di contraddittorio in ordine

alla formazione della pretesa fiscale”. È noto, del resto, l’inaccettabile orientamento della

giurisprudenza di legittimità che ritiene meramente facoltativo il contraddittorio procedimentale nel

caso di utilizzo di dati bancari. Si vedano, ex multis, Cass., 6 ottobre 1999, n. 11094, Dir. prat. trib.,

2000, II, 388, con nota di A. PICCARDO, Utilizzo presuntivo dei dati bancari: sul contraddittorio e

sull’applicabilità al lavoro autonomo; Cass., 13 febbraio 2006, n. 3115, in GT – Riv. giur. trib., 2006,

681, con nota di M.V. SERRANÒ, Utilizzo delle presunzioni “supersemplici” e discrezionalità

dell’amministrazione finanziaria; Cass., 14 settembre 2007, n. 19216, in Dir. prat. trib., 2008, II; 655,

con nota di A. MARCHESELLI, Tendenze attuali in tema di accertamenti tributari fondati su

presunzioni; Cass. 27 settembre 2011, n. 19692, in Corr. trib., 2011, 3696, con nota di M. DAMIANI,

Indagini bancarie a regime (sempre più) allargato, ma alcune questioni restano aperte. 17

La giurisprudenza, dopo aver più volte sottolineato l’assenza di un principio generale del

contraddittorio pre-contezioso, sembra stia lentamente cambiando opinione: la Corte di Cassazione in

una pronuncia a Sezioni Unite, in coerenza con il “rispetto delle regole del giusto procedimento”, ha

affermato che “il contraddittorio deve ritenersi elemento essenziale e imprescindibile (anche in

assenza di un’espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l’azione

ammnistrativa”. Cfr. Cass., SS. UU., 18 dicembre 2009, n. 26635, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2010, II, 40,

con nota di F. MONTANARI, Un importante contributo delle Sezioni Unite verso la lenta affermazione

del “contraddittorio difensivo” nel procedimento di accertamento tributario”, e anche nn. 26636,

26637 e 26638, tutte in banca dati Fisconline, le ultime due anche in GT – Riv. giur. trib., n. 3/2010,

205, con commento di M. BASILAVECCHIA, Accertamento e studi di settore: soluzione finale; il

Supremo Collegio a Sezioni Unite ha affermato che “il contraddittorio è il mezzo più efficace per

consentire un necessario adeguamento dell’elaborazione parametrica alla concreta realtà reddituale

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

72

sembra favorire «ipotesi di contatto» tra amministrazione e contribuente18

. Del resto,

un’influenza certamente determinante è ascrivibile all’ordinamento europeo e alla

giurisprudenza della Corte di Giustizia vieppiù propensa a tutelare le posizioni

fondamentali dell’individuo, in un rinnovato primato del diritto dell’Unione europea

sul diritto interno19

.

Tanto premesso, la circostanza che anteriormente alla delega fiscale mancasse una

previsione di carattere generale non doveva, tuttavia, essere letta necessariamente

come la conferma dell’assenza di un principio, a patto che si riuscisse a dimostrarne

il già avvenuto riconoscimento attraverso il riferimento alle diverse previsioni

caratterizzanti il nostro ordinamento; riconoscimento capace di garantire una tutela

effettiva delle situazioni giuridiche riconducibili al contribuente20

.

A riguardo, si deve sottolineare l’evoluzione che ha interessato, negli ultimi anni, il

rapporto fisco e contribuente, a partire dalla reintroduzione dell’accertamento con

oggetto dell’accertamento nei confronti di un singolo contribuente e cioè alla sua capacità

contributiva”. 18

Penso alla recente modifica dell’art. 38 del d.p.r. n. 600 del 1973, che al comma 7 prevede, in caso

di ricostruzione sintetica del reddito, un contraddittorio obbligatorio, all’esito del quale, se l’Agenzia

delle Entrate ritiene sussistenti i presupposti per l’applicazione delle presunzioni semplici, è obbligata

ad avviare d’ufficio il procedimento volto all’eventuale conclusione dell’accertamento con adesione.

In argomento, per tutti v. F. TUNDO, Il procedimento di accertamento reddittometrico tra

partecipazione e contraddittorio, in Rass. trib., n. 5/2013, 1037. Non meno importante, l’introduzione

del reclamo e della mediazione preventiva per le liti fiscali minori (art. 17-bis d. lgs. n. 546 del 1992),

che rappresenta un’ulteriore ineludibile occasione di riesame audita altera parte dell’atto tributario

emesso. Questi istituti, pur ponendosi in un momento successivo alla notifica dell’atto impositivo,

sono espressione della volontà di conseguire una composizione della lite al di fuori del processo,

attraverso l’incontro ed il confronto tra fisco e contribuente. In argomento, per tutti, v. B. BELLÈ,

Mediazione e reclamo: due istituti inutili, in Riv. dir. trib., 2012, 10, 863; F. PISTOLESI, Il reclamo e la

mediazione nel processo tributario, in Rass. trib., n. 1/2012, 65; A. GIOVANNINI, Reclamo e

mediazione tributaria, per una riflessione sistematica, in Rass. trib., 1/2013, 51. 19

Sull’influenza del diritto comunitario sulle forme di partecipazione del contribuente ai procedimenti

tributari si è espresso per primo A. DI PIETRO, Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui

redditi: dalla collaborazione al contraddittorio, cit., 539, secondo il quale “la partecipazione del

contribuente all’accertamento potrebbe anche costituire un’applicazione di quel diritto al

contraddittorio che la Corte di Giustizia ha riconosciuto come principio comune negli ordinamenti

giuridici degli Stati membri fino ad apprezzarlo, anche se in maniera non univoca, come principio

fondamentale del diritto comunitario”. 20

Cfr. L. SALVINI, La nuova partecipazione del contribuente, cit., 14, secondo cui l’oggettiva

determinazione della materia imponibile “equivale - perlomeno in fatto - a consenso del contribuente

sul contenuto dell'accertamento e si traduce anche, di conseguenza, in una deflazione del contenzioso,

esplicando i suoi effetti positivi oltre la fase procedimentale”; più di recente, nello stesso senso v. R.

SERRENTINO, L’accertamento anticipato ad una svolta? Riflessioni critiche a margine dell’ordinanza

di rimessione alle Sezioni Unite del contrasto giurisprudenziale, in Dir. prat. trib., 2013, II, 2,

secondo il quale il confronto tra amministrazione e contribuente consente di giungere in maniera

sempre più efficiente e rapida alla determinazione della materia imponibile ed al recupero

dell’evasione.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

73

adesione21

e, via via, attraverso la previsione di più ampi momenti di accordo nella

fase accertativa22

, riconoscendo al tempo stesso il ruolo e l’importanza dello Statuto

che ha determinato un pieno ed effettivo riconoscimento del diritto del privato a

partecipare al procedimento tributario23

. Di conseguenza, il principio del

contraddittorio, anziché rintracciabile in una formulazione generale ed astratta,

appare già affermato in una serie di casi specifici24

, capaci, per se stessi, di

21

L’accertamento con adesione rappresenta un istituto caratterizzato dalla partecipazione del

contribuente all’azione amministrativa attraverso il contraddittorio; in questo senso, v. F. BATISTONI

FERRARA, Accertamento con adesione, in Enc. dir., Agg., II, Milano, 1998, 22; A. COMELLI, Poteri e

atti nell’imposizione tributaria. Contributo allo studio degli schemi giuridici dell’accertamento, cit.,

531. Sulla ricostruzione dell’accertamento con adesione quale accordo in fase di accertamento del

tributo, v. F. GALLO, La natura giuridica dell’accertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2002, I,

433; M. STIPO, L’accertamento con adesione del contribuente ex d. lgs. 19.6.1997, n. 218, nel quadro

generale del diritto pubblico e il problema della natura giuridica, in Rass. trib., 2000, 1741; M.T.

MOSCATELLI, Moduli consensuali ed istituti negoziali nell’attuazione della normativa tributaria,

Milano, 2007. 22

Si pensi agli istituti del ravvedimento operoso, dell’interpello e dell’autotutela, che si basano sul

rispetto del principio del contraddittorio. L’importanza assunta da questo valore nell’ordinamento

tributario alla fine del secolo scorso è stata sottolineata da L. FERLAZZO NATOLI, La rilevanza del

principio del contraddittorio nel procedimento di accertamento tributario, in Evoluzione

dell’ordinamento tributario italiano, cit., 541, secondo il quale “anche in mancanza di una norma

generale che codifichi il rispetto del contraddittorio, va rilevato che la normativa a partire dagli anni

Novanta va proprio nella direzione di un rafforzamento della fiducia – basata sul dialogo – tra

contribuente ed amministrazione finanziaria”. In controtendenza rispetto a questo orientamento si

pone l’introduzione di quegli strumenti di definizione anticipata del rapporto che, a fronte della

rinuncia al contraddittorio e quale corrispettivo all’acquiescenza alla determinazioni

dell’amministrazione finanziaria, prevedono una consistente riduzione delle sanzioni. In proposito, v.

M. PIERRO, I nuovi modelli di definizione anticipata del rapporto fiscale (adesione al verbale e

adesione all’invito), in Rass. trib., 2009, 965. 23

Cfr. S. SAMMARTINO, I diritti del contribuente nella fase delle verifiche fiscali, in AA. VV., Lo

Statuto dei diritti del contribuente, G. MARONGIU (a cura di), Torino, 2004, 132, secondo il quale “tale

forma di contraddittorio costituisce un’espressione del principio di cooperazione tra fisco e

contribuente, principio che si concretizza nell’opera prestata da entrambi per il conseguimento di un

fine, che nella specie coincide con la corretta applicazione della normativa fiscale”; G. MARONGIU, Lo

Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2010, 177; ID., Accertamenti e contraddittorio tra statuto

del contribuente e principi di costituzionalità, in Corr. trib., n. 6/2011, 474; F. MOSCHETTI, Il

“principio democratico” sotteso allo Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. trib., 2011, I, 736,

secondo il quale “l’amministrazione finanziaria deve proporre ed accettare il contraddittorio in quello

spirito di dialogo che, secondo Gustavo Zagrebelsky, è una delle regole della democrazia”. 24

Ritengo, dunque, siano maturi i tempi per riconoscere all’art. 12, comma 7, dello Statuto il merito di

aver dato ingresso ad una partecipazione generalizzata del contribuente all’azione accertatrice,

assicurandogli la possibilità di fruire di un contraddittorio preventivo rispetto alla definitiva

cristallizzazione della pretesa. Cfr A. VIOTTO, I poteri d’indagine dell’amministrazione finanziaria nel

quadro dei diritti inviolabili di libertà sanciti dalla costituzione, Milano, 2002, 314; M. PIERRO,

Rilevanza procedimentale del processo verbale di constatazione e tutela del contribuente, in Rass.

trib., n. 1/2013, 115, secondo la quale l’intervento partecipativo del contribuente “è dunque un diritto

riconosciuto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto nel rispetto del principio di cooperazione tra

amministrazione finanziaria e contribuente”. L’autrice prosegue affermando che l’art. 12, comma 7,

dello Statuto impone “all’amministrazione un obbligo generalizzato all’attivazione del contraddittorio;

non solo dunque successivamente ad accessi, ispezioni e verifiche ma anche ed in egual modo, in esito

ad indagini condotte a tavolino”. In senso dubitativo si pone invece, da ultimo, Cass., ord. 14 gennaio

2015, n. 527 (in banca dati Fisconline), su cui torneremo più approfonditamente infra, per la quale, in

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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proclamare una concreta e tenace volontà legislativa nel senso dell’attivazione del

principio di cui si tratta25

.

Ciò premesso, è evidente come il procedimento tributario, ancora prima

dell’intervento della l. n. 23 del 2014, fosse caratterizzato da ipotesi di

contraddittorio endo-procedimentale capaci di generare un principio interpretativo

dei rapporti con il contribuente. Ne risulta distintamente la propensione del

legislatore a favorire il rapporto tra amministrazione e privato come strumento

imprescindibile nell’attuazione del prelievo, al fine di un miglior esercizio della

funzione pubblica26

e come mezzo capace di rendere il provvedimento quanto più

possibile aderente alla realtà fattuale.

Questa tendenza si è tradotta nelle previsioni della delega in cui è stata affermata a

chiare note la necessità di prevedere un contraddittorio anticipato e generalizzato

capace di condizionare la validità del successivo atto impositivo (art. 1, lett. b). Si

assiste, in questo modo, all’anticipazione stessa del confronto dialettico alla fase di

applicazione della normativa sostanziale tributaria, con uno scambio continuo e

anticipato di informazioni tra fisco e contribuente rintracciabile nella disciplina di

ogni nuovo istituto. È così possibile ritenere che il legislatore delegante abbia

espresso inequivocabilmente le proprie intenzioni che dovranno adesso essere

pienamente recepite nei decreti delegati.

caso di accertamenti “a tavolino”, non si tratterebbe di un’interpretazione estensiva della l. n. 212 del

2000, art. 12, comma 7, ma di un’interpretazione analogica tendente a colmare la lacuna di

regolazione del contraddittorio endo-procedimentale. 25

Come correttamente rilevato da L. DEL FEDERICO, I rapporti tra lo Statuto e la legge generale

sull’azione amministrativa, in Rass. trib., 2011, I, 1403, “proprio laddove sono più forti e

caratterizzanti le connotazioni autoritative, la portata limitativa dei provvedimenti, gli effetti di

decurtazione patrimoniale e la natura oppositiva degli interessi, assume un fondamentale ruolo di

riequilibrio lo Statuto dei diritti del contribuente, quale secondo pilastro dell’azione impositiva e

baluardo garantistico”. 26

Rileva G. RAGUCCI, Il contraddittorio nei procedimenti tributari, Torino, 2009, 170, che “la

partecipazione del contribuente – quale sia il modo in cui concretamente si esplichi – concorre né più

né meno all’esatta rappresentazione della sua capacità contributiva, che è la funzione propria della

partecipazione in quanto strumento dell’applicazione imparziale della legge”. In giurisprudenza, cfr.

Cass., SS. UU., 29 luglio 2013, n. 18184, in GT – Riv. giur. trib., n. 11/2013, 843, con nota di G.

TABET, Spunti controcorrente sulla invalidità degli accertamenti «ante tempus»; in Rass. trib., 2013,

II, 1137, con nota di F. TESAURO, In tema di invalidità dei provvedimenti impositivi e di avviso di

accertamento notificato ante tempus e in Corr. trib., n. 36/2013, 2825, con nota di F. TUNDO,

Illegittimo l’atto impositivo emesso «ante tempus»: le Sezioni Unite chiudono davvero la questione?, a

mente della quale il contraddittorio procedimentale “è andato assumendo, in giurisprudenza e in

dottrina (e nella stessa legislazione), proprio con specifico riferimento alla materia tributaria, un

valore sempre maggiore, quale strumento diretto non solo a garantire il contribuente, ma anche ad

assicurare il miglior esercizio della potestà impositiva”.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

75

Appare evidente, dunque, che il contraddittorio rappresenta oggi un elemento

determinante, che si trasforma da criterio interpretativo dei rapporti con il

contribuente a principio normativamente efficace da applicare nella futura disciplina

delle procedure. Questo principio, del resto, è stato fatto proprio dalla delega,

persino in riferimento ad un istituto poco utilizzato, quale è la conciliazione

giudiziale27

. La necessità di rafforzare una figura debole intorno al principio in

discussione dimostra, una volta di più, la volontà del legislatore di rendere la

partecipazione del contribuente alla determinazione della pretesa un elemento

connaturato al sistema giuridico tributario, indipendentemente dalla specifica fase in

cui essa viene attuata.

3. Contraddittorio o contraddittori

Nonostante il contraddittorio sia stato valorizzato, le distinte previsioni della delega

si rivelano per certi versi non sempre coordinate. Per questo motivo, gli operatori del

diritto potrebbero essere indotti a pensare ad un ritorno ad una frammentazione delle

ipotesi di incontro tra amministrazione e contribuente volta a svilire la portata del

principio. Occorre, quindi, verificare le diverse applicazioni che questo riceve nelle

diverse disposizioni, così da poterle rivalutare in un’ottica sistematica.

A questo proposito, particolare attenzione meritano l’art. 5 che introduce il

contraddittorio a tutela del diritto di difesa del contribuente sottoposto ad

accertamento per aver tenuto una condotta che si presume “abusiva di diritto”28

,

nonché l’art. 6 che, richiamando innovative forme di collaborazione, sotto forma di

27

Cfr. F. BATISTONI FERRARA, La conciliazione giudiziale, in Riv. dir. trib., 1995, 1029; ID.,

Conciliazione giudiziale: come, quando, perché, in Boll. Trib., 21/1996, 1573; ID., Conciliazione

giudiziale (Diritto tributario), in Enc. Dir., II, Agg., Milano, 1998, 229; C. CONSOLO, Sugli artt. 47 e

48 del nuovo contenzioso tributario, Sospensione cautelare e “definizione preventiva”. Fra attese

coronate e “puzzles” processuali, in Il Fisco, 1993, 6359; F. MOSCHETTI, La possibilità di accordo

tra Amministrazione finanziaria e contribuente nell’ordinamento italiano, in Il Fisco, 1995; M. REDI,

Conciliazione giudiziale: anabasi di un istituto, in Dir. prat. trib., 1996, 401; L. TOSI, La

conciliazione giudiziale, Il processo tributario, in G.S.D.T., a cura di F. Tesauro, Torino, 1999, 885;

M. VERSIGLIONI, Contributo allo studio dell’attuazione consensuale della norma tributaria, Milano,

2001. 28

In argomento, v. A. GIOVANNINI, La delega unifica elusione e abuso del diritto: nozione e

conseguenze, in Corr. trib., n. 24/2014, 1827; ID., L’abuso del diritto nella legge delega fiscale, in

Riv. dir. trib., I, 2014, 231; G. FRANSONI, Spunti in tema di abuso del diritto e “intenzionalità”

dell’azione, in Rass. trib., n. 3/2014, 403; E. ALTIERI, La codificazione di una clausola generale

antielusiva: giungla o wild west?, in Rass. trib., n. 3/2014, 521; 1827; M. LEO, Legge 11 marzo 2014,

n. 23 - Il divieto di abuso del diritto nella delega fiscale, in Il Fisco, n. 14/2014, 1313; A. MANZITTI –

M. FANNI, Abuso ed elusione nell’attuazione della delega fiscale: un appello perché prevalgano la

ragione ed il diritto, in Corr. trib., n. 15/2014, 1140.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

76

governance aziendale, tutoraggio e gestione del rischio fiscale29

, non può non

fondarsi (ancorché esso non sia espressamente richiamato) su un continuo confronto

dialettico col privato. Né, d’altra parte, può trascurarsi l’art. 9, lett. b, che, se letto in

combinato disposto con l’art. 1, sembra presentare una perentoria applicabilità del

principio del contraddittorio nelle operazioni di controllo.

L’art. 5, lett. f, in particolare, estende l’obbligo di un confronto antecedente

l’emanazione dell’atto impositivo, similmente a quanto già disposto per

l’accertamento delle condotte elusive dall’art. 37-bis, comma 4, del d.p.r. n. 600 del

1973. Contrariamente a questa norma, tuttavia, l’articolo in commento non prevede

la sanzione della nullità per il caso di mancato rispetto del precetto di legge. Ciò

nonostante, come avremo modo di verificare, questa mancanza non dovrebbe,

almeno in astratto, impedire al soggetto leso di far valere le proprie ragioni30

,

ancorché non si possa trascurare l’indirizzo altalenante della giurisprudenza della

Suprema Corte31

in caso di assenza di una previsione espressa di invalidità. Per

questo motivo e per esigenze di coerenza sistematica con la vigente disciplina in

materia di elusione, è auspicabile che il legislatore delegato introduca una sanzione

che consideri il provvedimento di accertamento dell’abuso emanato in assenza del

29

In proposito, cfr. R. LUPI – A. SANTORO – A. MANZITTI, Ricchezza non registrata e pianificazioni

fiscali aggressive: in che consiste la «cooperative compliance» della delega fiscale?, in Dialoghi trib.,

2014, II, 127; M. LENOTTI, “Co-operative compliance” nella delega fiscale e nel progetto pilota

dell’Agenzia delle Entrate, in Corr. trib., n. 21/2014, 1627; B. FERRONI, Cooperative compliance,

governance aziendale e tutoraggio, in Il Fisco, n. 20/2014, 1950; I. CARACCIOLI – F. GHISELLI – S.

MATTIA – R. RIZZARDI – P. VALENTE, Proposta di un manifesto generale di “tax compliance” ed i

rapporti tra Stato e cittadino-contribuente, in Il Fisco, n. 22/2014, 1725. 30

In senso almeno apparentemente discorde v. A. GIOVANNINI, L’abuso del diritto nella legge delega

fiscale, cit., 250, il quale non si dice convinto della giuridica correttezza della soluzione adottata e, per

questo motivo, ritiene sia “auspicabile che il legislatore delegato trovi il modo di porre rimedio a

questo problema, senza creare un ulteriore vuoto normativo”. Del resto, come correttamente ritiene F.

TESAURO, In tema di invalidità dei provvedimenti impositivi e di avviso di accertamento notificato

ante tempus, cit., 1137, “se adottassimo in modo conseguente il principio di tassatività delle nullità

dovremmo ritenere che non c’è (mai) invalidità, se il legislatore non la prevede in modo espresso. La

conseguenza ultima sarebbe davvero paradossale: non sarebbero invalidi neppure i provvedimenti

viziati da violazioni sostanziali. Se dunque il regime delle invalidità non è quello delle nullità testuali,

è compito dell’interprete rintracciare le nullità virtuali”. 31

Parte della giurisprudenza, ad esempio, ha ritenuto che il difetto di sanzione che affligge l’art. 12,

comma 7, della l. n. 212/2000 non possa comportare alcuna invalidità per l’avviso di accertamento

emesso prima del decorso del termine di legge. In questo senso si è espressa la prima pronuncia della

giurisprudenza di legittimità intervenuta sul tema: cfr. Cass., 18 luglio 2008, n. 19875, in Dir. prat.

trib., 2009, II, 55, con nota di G. D. TOMA, Sul termine minimale di sessanta giorni tra il rilascio del

processo verbale di constatazione e l’emissione dell’avviso di accertamento. Nello stesso senso, cfr.

Cass., ord. 18 febbraio 2011, n. 3988, in banca dati Fisconline e Cass., 13 ottobre 2011, n. 21103, in

Corr. trib., n. 42/2011, 3408, con nota di F. TUNDO, Dubbi sulla nullità dell’avviso di accertamento

emanato prima di sessanta giorni dal p.v.c.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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preventivo contraddittorio come affetto da nullità, ossia come assolutamente

invalido ed inesistente, indipendentemente da qualsiasi valutazione che il giudice

possa compiere su di esso. Solo così potrà certamente dirsi assicurata la corretta

attuazione della delega, che richiede che il contraddittorio, oltre ad essere “efficace”,

salvaguardi “il diritto di difesa in ogni fase del procedimento di accertamento

tributario”.

L’art. 6 della l. n. 23/2014, dal canto suo, conferma la centralità che ha assunto in

questo particolare periodo storico una necessaria revisione del rapporto fisco-

contribuente, a seguito di un incremento ininterrotto della pressione fiscale, di una

sempre maggiore complessità normativa e di un’elevata incertezza interpretativa. In

questo quadro, occorre anzitutto ricordare il Progetto Pilota sulla Co-operative

Compliance, presentato dall’Agenzia delle Entrate nell’estate del 201332

che si ispira

alle indicazioni provenienti dal forum delle amministrazioni pubbliche costituito in

ambito OCSE e che è diretto a dare attuazione alle linee guida espresse con il

documento “Co-opertative Compliance – A framework: From Enhanced

Relationship to Co-operative Compliance” – 201333

. Dopodiché, con l’approvazione

della delega fiscale, questo piano di adempimento collaborativo ha assunto contorni

maggiormente definiti, laddove è stato previsto che il Governo sia delegato “ad

introdurre … norme che prevedano forme di comunicazione e di cooperazione

rafforzata, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, tra le imprese e

l’amministrazione finanziaria, nonché per i soggetti di maggiori dimensioni, la

previsione di sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio

fiscale” (art. 6, comma 1)34

.

32

L’Agenzia delle Entrate il 25 giugno 2013 ha predisposto via web un invito pubblico a partecipare

ad un progetto pilota denominato “Regime di adempimento collaborativo”, rivolto ai cosiddetti grandi

contribuenti, cioè ai contribuenti soggetti a “tutoraggio” da parte della stessa Agenzia ai fini

dell’attività di accertamento, così come previsto dall’art. 27, commi da 9 a 12, del d.l. n. 185/2008,

convertito dall’art. 1 della l. n. 2/2009, per la suddetta categoria di contribuenti. 33

Il documento, reperibile sul sito web dell’OCSE, descrive le caratteristiche fondamentali del nuovo

modello di cooperazione tra contribuenti ed autorità fiscali, tenendo in considerazione la concreta

esperienza di ventiquattro Paesi che hanno portato il loro contributo. In particolare, il report sottolinea

l’importanza centrale dei Tax Control Frameworks nelle multinazionali per la gestione sistematica del

rischio fiscale. 34

La delega, ai commi 3 e 4, dell’art. 6, supera la prospettiva fatta propria dall’Agenzia delle Entrate,

relativa ai grandi contribuenti, prevedendo la revisione e l’ampliamento del sistema di tutoraggio

anche per i contribuenti di minori dimensioni, al fine di garantire una migliore assistenza per

l’assolvimento degli adempimenti, e introducendo forme premiali per coloro che aderiranno a tale

tutoraggio. In questo caso, tuttavia, diversamente da quanto previsto per i modelli di gestione del

rischio fiscale riguardanti i grandi contribuenti, sarà il fisco stesso a doversi adoperare per rendere un

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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Il legislatore delegante ha quindi intenso favorire lo sviluppo di modelli attraverso i

quali realizzare un nuovo rapporto di cooperazione e comunicazione tra impresa e

amministrazione finanziaria, che consenta di instaurare una collaborazione attiva e

trasparente tra le parti, anche attraverso lo strumento della gestione del rischio

fiscale35

. Per questo motivo, la disposizione avraà sicuramente un impatto rilevante

sul tessuto imprenditoriale, anche in considerazione dei benefici previsti sotto forma

di semplificazione degli adempimenti e di riduzione delle eventuali sanzioni. A ciò

si aggiunga che questa previsione potrà agevolare la concorrenza, poiché il soggetto

che avrà ben strutturato il proprio sistema di gestione del rischio fiscale, attraverso

un rapporto di cooperazione attiva con l’amministrazione finanziaria, risulterà anche

all’esterno maggiormente affidabile.

L’obiettivo fondamentale, perseguito con l’introduzione di incentivi alle imprese

disposte alla cooperazione, appare dunque quello di predisporre un nuovo modello

di relazione con il fisco, basato sul dialogo, la collaborazione e la fiducia reciproca,

piuttosto che sul confronto conflittuale. Ed è proprio l’importanza di questo risultato

che emerge immediatamente allorché si noti che il sistema, pur distinguendo tra

soggetti di maggiori o minori dimensioni, pone su un binario privilegiato l’azione

preventiva, piuttosto che attendere la scadenza degli adempimenti fiscali. Anche le

esperienze maturate in altri Paesi36

, del resto, hanno dimostrato che un migliore

rapporto tra le parti contribuisce alla creazione di un sistema ordinamentale più

affidabile, in grado di favorire gli investimenti delle imprese.

L’art. 9, infine, contempla un complessivo riesame dell’attività conoscitiva e di

controllo, esteso alla generalità dei tributi, con lo scopo di consolidare la tutela di

una serie di diritti del contribuente di assoluto rilievo37

. Ed è proprio in questo

servizio che potrà interessare un numero molto vasto di imprese. In argomento, cfr. B. FERRONI,

Cooperative compliance, governance aziendale e tutoraggio, cit., 1950. 35

La previsione di un sistema di controllo del rischio fiscale costituisce il presupposto per poter

istaurare quel rapporto cooperativo tra contribuente e fisco “basato sul dialogo, fiducia reciproca,

collaborazione”. In questo senso, cfr. L. FRUSCIONE – B. SANTACROCE, La gestione del rischio fiscale:

il nuovo rapporto fisco-Impresa, in il Fisco, n. 20/2014, 1957. 36

Per un approfondimento sulla compliance fiscale negli altri Paesi si rinvia a B. FERRONI,

Cooperative compliance, governance aziendale e tutoraggio, cit., 1950, secondo il quale “la prassi

internazionale, da cui mutare le risultanze delle esperienze più convincenti ed idonee per il nostro

sistema fiscale, è molto vasta, infatti dal citato report OCSE del 2013 si evince che numerosi Paesi

hanno già adottato un modello formale di cooperative compliance”. 37

Cfr. M. BASILAVECCHIA, Semplificazioni ed efficienza dei controlli nella delega fiscale, in Corr.

trib., n. 16/2014, 1211, secondo il quale “La nuova configurazione dei controlli tributari che si desume

dall'art. 9 della legge delega per la riforma fiscale (legge n. 23/2014), ora approvata definitivamente

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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quadro che merita menzione la previsione diretta a “rafforzare il contraddittorio

nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di

liquidazione all’esaurimento del contraddittorio procedimentale” (lett. b). È

incontestabile che lo sviluppo di un nuovo modello di relazione tra contribuenti e

amministrazione finanziaria sia oggi divenuto un elemento di sistema, volto ad

acquisire il rango di norma fondamentale del procedimento di accertamento, anche

nella fase precontenziosa, oltreché processuale.

Ma non è tutto. Oltre a queste fattispecie, nelle quali il principio del contraddittorio

assume rilevanza preminente, la volontà del legislatore di rendere il confronto

dialettico elemento essenziale e connaturato all’attuale sistema fiscale emerge dalla

lettura della maggior parte delle disposizioni della delega. L’art. 2 della l. n. 23 del

2014 prevede, infatti, che nella ridefinizione delle competenze e del funzionamento

delle commissioni censuarie siano introdotte “procedure deflattive del contenzioso”

(co. 3, lett. a)38

e che, in aggiunta alle necessarie forme di tutela giurisdizionale,

siano previste “particolari ed appropriate misure di tutela anticipata del contribuente

in relazione all’attribuzione delle nuove rendite, anche nelle forme dell’autotutela

amministrativa, con obbligo di risposta entro sessanta giorni dalla presentazione

della relativa istanza” (co. 3, lett. n)39

. L’art. 3, disciplinante la stima ed il

monitoraggio dell’evasione fiscale, richiede, dunque, la particolare osservanza di

alcuni principi, tra i quali emerge quello relativo al contraddittorio procedimentale.

L’art. 8, infine, stabilisce che l’adesione alle forme di comunicazione e cooperazione

dal Parlamento, conferma l'impressione più generale che l’operazione di riforma non nasca tanto da un

progetto complessivo di rifondazione del sistema tributario, quanto piuttosto da una serie di spunti

innovativi che, senza abbandonare gli schemi che tradizionalmente sorreggono le vicende tributarie

(almeno dalla riforma degli anni settanta), operano tuttavia una modernizzazione del sistema, che

potrebbe anche condurre a incisive evoluzioni dei moduli attuativi dei tributi”. 38

L’11 luglio 2014 il Governo ha trasmesso lo schema di decreto legislativo riguardante la revisione

delle commissioni censuarie (Atto del Governo n. 100). Il 6 agosto 2014 la VI Commissione Finanze

della Camera ha espresso parere favorevole, con alcune osservazioni e condizioni, sul predetto atto. In

particolare, alla lett. i) ha previsto la necessità di integrare le funzioni delle commissioni censuarie –

locali e centrale – con competenze in tema di procedure deflattive del contenzioso in materia catastale.

Nonostante ciò, lo schema n. 100-bis non ha recepito questa osservazione, poiché, come si legge nella

relazione illustrativa, “adeguate forme deflattive del contenzioso in materia catastale saranno inserite

nell’ambito dello schema di decreto legislativo concernente la revisione della giustizia tributaria

ovvero in altra sede normativa, al fine di evitare di snaturare la natura amministrativa delle

commissioni censuarie e del relativo procedimento regolato dal presente decreto”. 39

Dall’esame comparativo delle disposizioni contenute nello schema del decreto legislativo risulta che

anche questo criterio direttivo è stato totalmente disatteso. In proposito, cfr. A. MONTESANO, Riforma

del catasto: verso la deflazione del contenzioso affidata alle commissioni censuarie?, in Il Fisco, n.

33/2014, 3256.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

80

rafforzata di cui all’articolo 6, comma 1, dovrà essere considerata dal Governo nel

corso della revisione del sistema sanzionatorio penale tributario quale circostanza

attenuante o esimente.

Se ad una prima lettura le diverse e un po’ eterogenee affermazioni del

contraddittorio possono quindi sembrare poco giustificabili, queste assumono una

propria ragion d’essere ove vengano collocate nel più ampio contesto

dell’ordinamento attuale, nel quale si riflette il disallineamento tra legislazione e

diritto vivente. È nota, infatti, la manifesta contraddizione emersa nella pratica, nella

quale il rifiuto di riconoscere un principio generale del contraddittorio40

si è

contrapposto alla soluzione radicale, adottata in via interpretativa, di prevedere la

nullità dell’accertamento che non abbia rispettato questo principio nei casi in cui

esso è espressamente previsto41

.

40

Cfr., per tutte, ord., 5 novembre 2013, n. 24739, in Dir. prat. trib., 2014, II, 395, con nota di A.

RENDA, Elusione e abuso del diritto, «l’incidente» della Cassazione sul diritto al contraddittorio

preventivo; in Corr. trib., 2014, 35, con nota di F. TUNDO, Illegittimo il diritto al contraddittorio

nell'accertamento antielusivo per disparità con l'abuso del diritto? e in Riv. dir. trib., 2014, II, 45, con

commento di G. FRANSONI, La diversa disciplina procedimentale dell’elusione e dell’abuso del

diritto: la Cassazione vede il problema, ma non trova la soluzione, a mente della quale la nullità

stabilita dall’art. 37-bis, comma 4, del d.p.r. n. 600 del 1973, per il caso di emissione di un avviso di

accertamento antielusivo non preceduto dalla richiesta di chiarimenti, sarebbe distonica rispetto al

diritto vivente, atteso che questa previsione contrasta con l’orientamento giurisprudenziale della Corte

di Cassazione che, in conformità all’art. 53 della Costituzione, vieta di abusare del diritto per

conseguire indebiti vantaggi fiscali. Per questo motivo, i giudici di Piazza Cavour hanno sollevato

d’ufficio una del tutto imprevedibile questione di legittimità costituzionale. Difatti, anche volendo

prescindere dallo stravolgimento dei principi di diritto che, contrariamente a quanto sostenuto,

vedrebbero prevalere la norma speciale (art. 37-bis) su quella generale (abuso del diritto), è evidente

come la pronuncia richiamata operi una ingiustificata compressione del principio del contraddittorio,

che rappresenta una gravissima lesione di un diritto fondamentale del contribuente. 41

Cfr. Cass., SS. UU., 29 luglio 2013, n. 18184, cit., 843 a mente della quale “l’inosservanza del

termine dilatorio prescritto dall’art. 12, comma 7, in assenza di qualificate ragioni di urgenza, non può

che determinare l’invalidità dell’avviso di accertamento emanato prematuramente, quale effetto del

vizio del relativo procedimento, costituito dal non aver messo a disposizione del contribuente l’intero

lasso di tempo previsto dalla legge per garantirgli la facoltà di partecipare al procedimento stesso,

esprimendo le proprie osservazioni (che l’ufficio è tenuto a valutare, come la norma prescrive), cioè di

attivare, e coltivare, il contraddittorio procedimentale”. Sostanzialmente nello stesso senso, più di

recente, v. Cass., 12 febbraio 2014, n. 3142, in Corr. trib., n. 13/2014, 994, con nota di F. TUNDO, La

decadenza del potere impositivo non giustifica l’accertamento ante tempus, secondo la quale “nel caso

in cui l’amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati

all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, ai sensi della l. 27

luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 1 il verbale di chiusura delle operazioni deve in ogni caso - e salvo

i casi di comprovata impossibilità oggettiva non imputabile alla PA - essere redatto e consegnato alla

parte contribuente non oltre il sessantunesimo giorno precedente la scadenza del termine di decadenza

per l’esercizio della potestà impositiva, nella specie stabilito dal d.p.r. n. 633 del 1972, art. 12 essendo

tenuta l’amministrazione finanziaria, a pena di nullità dell’avviso di accertamento o di rettifica,

all’osservanza del termine dilatorio prescritto dalla l. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 per la

emissione dell’atto impositivo”.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

81

La Cassazione42

, del resto, appare ancor oggi prevalentemente orientata nel senso

che l’intervento del privato nei procedimenti tributari non sia sempre obbligatorio,

ma occorra un’espressa previsione normativa; con la conseguenza che,

dall’andamento altalenante della giurisprudenza, l’amministrazione finanziaria

molto spesso ritrae l’errato convincimento che l’omissione del contraddittorio

procedimentale non produca effetto alcuno sulla legittimità dell’istruttoria e dell’atto

conclusivo del procedimento.

La riproposizione di una serie di disposizioni specifiche può quindi essere

considerata la diretta espressione del timore che la formulazione di un principio

generale possa rimanere lettera morta o, comunque, essere grandemente

ridimensionata qualora non supportata da una riaffermazione continua ed ininterrotta

della necessità del contraddittorio in tutte quelle ipotesi in cui si mostra più chiara e

più forte l’esigenza di un confronto dialettico tra le parti. Per questo motivo, le

singole norme che garantiscono la partecipazione del contribuente non devono

essere più invocate quali eccezioni ad una regola, ma come mero sintomo

dell’esistenza di una regola.

Del resto, è sufficiente ripercorrere rapidamente le disposizioni della delega fiscale

appena analizzate per rendersi conto che il legislatore delegante è intervenuto in

maniera specifica proprio in quegli ambiti in cui più forte è apparsa la necessità di

una presa di posizione volta a far chiarezza sul diritto vivente. Difatti, l’art. 5 della l.

n. 23 del 2014 prevede in maniera espressa il contraddittorio quale fase necessaria

del procedimento sull’abuso del diritto, che, come abbiamo detto, è stato di recente

al centro di un’ordinanza di rimessione alla Consulta43

, diretta a limitarne la portata

42

Al riguardo, ex plurimis, cfr. Cass., 3 agosto 2012, n. 14026, in banca dati Fisconline, che, in una

sentenza in materia di indagini bancarie, ha distinto il contraddittorio, come principio del processo,

dall’intervento del privato nel procedimento amministrativo. Quest’ultimo, secondo la Cassazione, è

una mera eventualità, “in quanto la partecipazione del privato alla formazione del provvedimento

amministrativo (tanto se trattasi di soggetto destinatario dell’atto, quanto se trattasi di soggetto che

dall’atto potrebbe subire comunque un pregiudizio) dipende esclusivamente dalla rilevanza

riconosciuta a tale intervento dalle singole norme di legge che prevedono e disciplinano lo specifico

procedimento amministrativo”. 43

Cfr. Cass., ord., 5 novembre 2013, n. 24739, cit. che, come detto, ha dichiarato rilevante e non

manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità

costituzionale dell’art. 37-bis, comma 4, del d.p.r. n. 600 del 1973, nella parte in cui sancisce la nullità

degli atti impositivi emessi in assenza di una relativa richiesta di chiarimenti al destinatario. Data la

finalità della previsione del contraddittorio, volta a fare da contrappeso all’ampia discrezionalità di cui

è dotata l’amministrazione finanziaria per effetto dello stesso art. 37-bis, alcune pronunce di merito,

già prima della delega, hanno avuto modo di sottolineare come questa garanzia debba essere

riconosciuta non solo in considerazione della norma antielusiva, ma anche per ogni tipologia di

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

82

anche con riferimento alla clausola antielusiva prevista dall’art. 37-bis del d.p.r. n.

600 del 1973; l’art. 6, a sua volta, si inserisce in un campo nel quale la compliance

fiscale è divenuta un obiettivo primario sia a livello nazionale che internazionale, al

fine di conseguire la corretta determinazione delle imposte; l’art. 9, lett. b, infine,

riguarda proprio la fase dei controlli, nella quale, nonostante la mancanza di un

orientamento univoco, la partecipazione sembra essere indispensabile per una loro

corretta esecuzione.

In questo quadro, mi pare che le previsioni normative ricordate rappresentino il

punto di incontro tra l’attuale interpretazione giurisprudenziale44

, che, nonostante le

recenti aperture45

, stenta a riconoscere un principio condiviso che imponga il

contraddittorio fin dalla fase di formazione della pretesa fiscale46

, e l’esigenza di

ammettere il principio stesso quale diritto fondamentale del contribuente. Ne risulta

la predisposizione di un quadro normativo che, nella ricerca di questo delicato

equilibrio, una volta introdotto il contraddittorio endo-procedimentale, quale regola

accertamento basato sull’abuso del diritto. In questo senso, v. Comm. trib. reg. Lombardia, 16 gennaio

2012, n. 2, in GT - Riv. giur. trib., n. 7/2012, 632, con commento di F. TUNDO, La mancata

instaurazione del contraddittorio su un'ipotesi potenzialmente elusiva rende nullo il successivo atto

impositivo; Comm. trib. prov. di Milano, 21 febbraio 2011, n. 54, in Corr. Trib. n. 18/2011, pag. 1479,

con commento di F. TUNDO, I giudici di merito individuano le tutele procedimentali nell'accertamento

dell'elusione. 44

Cfr. Cass. sent. 13 giugno 2014, n. 13588, in Corr. trib., n. 35/2014, 2737, con nota di R. IAIA,

Escluso l’obbligo di contraddittorio in caso di accertamento non preceduto da verifiche in loco?, a

mente della quale non sussisterebbe “un principio generale che imponga il contraddittorio fin dalla

fase di formazione della pretesa fiscale; né l’esistenza di tale principio potrebbe desumersi dal diritto

comunitario, avendo la Corte di Giustizia ancora di recente, con la sentenza 22.10.13 C-276/12, Jiri

Sabou, affermato che l’amministrazione, quando procede alla raccolta d’informazioni, non è tenuta ad

informarne il contribuente né a conoscere il suo punto di vista”. 45

Di recente, le SS. UU. della Corte di Cassazione hanno affermato con forza l’obbligo degli uffici di

attivare sempre il contraddittorio preventivo rispetto all’adozione di un provvedimento che possa

incidere negativamente sui diritti e sugli interessi del contribuente, in caso contrario l’atto è nullo;

esattamente in questo senso, cfr. Cass., SS. UU., sent. 18 settembre 2014, n. 19667, in GT – Riv. giur.

trib., n. 12/2014, 937 con nota di F. TUNDO, Diritto al contraddittorio endo-procedimentale anche in

assenza di previsione normativa e in Corr. trib, n. 39/2014, 3019, con nota di A. MARCHESELLI, Il

contraddittorio deve precedere ogni provvedimento tributario. 46

Da ultimo, cfr. Cass., ord. 14 gennaio 2015, n. 527 (cit.), che ha rimesso alle Sezioni Unite la

decisione sulla portata e sui limiti del principio del contraddittorio, con particolare riferimento agli

accertamenti c.d. “a tavolino”, ai quali non ritiene direttamente applicabile il disposto dell’art. 12 della

l. n. 212/00, riconducibile alle sole verifiche con accesso nei locali del contribuente. Il collegio

rimettente ha, anzitutto, evidenziato alcune perplessità circa la portata applicativa dei principi

affermati con la sentenza n. 19667/2014 (cit.), in assenza di una disposizione espressa che disciplini in

via generale l’obbligo del contraddittorio endo-procedimentale. Assenza che del resto risulterebbe

confermata dall’introduzione con la delega fiscale di siffatto principio. I giudici hanno, infine,

precisato che, ove le Sezioni Unite ritenessero di confermare nella sua pienezza la portata del

contraddittorio, anche in difetto di un’espressa disposizione di legge, si porrebbe l’ulteriore questione

dell’individuazione delle concrete modalità della sua esplicazione e delle possibili conseguenze in

caso di violazione.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

83

generale attuativa dell’art. 97 della Costituzione47

, tende a differenziare alcune

modalità di partecipazione previste per specifici procedimenti, proprio in un’ottica

più precipuamente difensiva del soggetto destinatario dell’atto emanando.

Questa impostazione emerge con particolare evidenza dall’esame dell’art. 5 della

delega, che, nel prevedere un efficace contraddittorio per il “procedimento anti-

abuso”, valorizza il diritto di difesa in nome dell’art. 24 della Costituzione. La

disposizione è, infatti, espressione dell’esigenza di predisporre una tutela effettiva in

un contesto volto a favorire un confronto più puntuale su di una questione di

particolare complessità. Si tratta di un contraddittorio che non si limita a rendere

chiara la situazione, ma che mette il contribuente in condizione di portare alla luce

eventuali ulteriori obiezioni. Non è, per questo motivo, rappresentazione di un

confronto paritario tra il singolo e l’amministrazione, poiché vede il privato

misurarsi con una situazione non facilmente definibile, che sottintende una lite e che

previene una situazione di dubbio e conflittualità48

. Per questa ragione, nel caso

specifico, il principio in discussione è stato ricondotto ad una garanzia costituzionale

di assoluto rilievo, non ritenendosi sufficiente assicurare un interesse di tipo

pubblicistico, come quello dell’imparzialità ed del buon andamento

dell’amministrazione, cui all’art. 97 della Costituzione, ma reputando indispensabile

la puntuale tutela di un diritto di tipo individuale.

Appare evidente, dunque, il motivo che ha indotto il legislatore delegante a

richiamare in modo esplicito l’obbligatorietà del contraddittorio proprio in quelle

fattispecie in cui negli ultimi anni la partecipazione del privato è apparsa

irrinunciabile e, nonostante ciò, è stata spesso negata dall’amministrazione

finanziaria con l’avallo della giurisprudenza. La logica cui deve essere ricondotto

questo rapporto tra le diverse affermazioni del contraddittorio è, quindi, quella del

47

La disposizione assume un ruolo centrale nei rapporti tra amministrazione e cittadino, in prospettiva

di tutela degli amministrati. In questo senso, v. F. BENVENUTI, Per un diritto amministrativo paritario,

in AA. VV., Studi in memoria di Enrico Guicciardi, Padova, 1975, 818; G. MARONGIU, Contributo

alla realizzazione della “carta dei diritti del contribuente”, in Dir. prat. trib., 1991, I, 584 e, più di

recente, ID., Lo statuto e la tutela dell’affidamento e della buona fede, in Riv. dir. trib., 2008, I, 164. 48

Cfr. F. TUNDO, Procedimento tributario e difesa del contribuente, Padova, 2013, 14, secondo il

quale, con particolare attenzione all’art. 37-bis del d.p.r. n. 600 del 1973, rileva che “in tale evenienza

il connotato della partecipazione è marcatamente difensivo, ed essa non può essere mai esclusa.

Abbiamo classificato tale forma di partecipazione tra le ipotesi di contraddittorio rafforzato”. Tali

conclusioni devono essere necessariamente estese anche alla nuova disciplina dell’abuso del diritto, in

cui il contribuente deve avere la possibilità di far valere le sue ragioni contro quelle

dell’amministrazione, fornendo la propria rappresentazione dei fatti, al fine di indirizzare

l’amministrazione verso una ricostruzione più conforme alla realtà.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

84

criterio di specialità, di cui all’art. 14 delle disp. prel. al c.c. Con l’applicazione di

questo criterio, infatti, è possibile rendere compatibile la disciplina del principio

generale con le singole normative speciali, sia anteriori che successive alla sua

emanazione, e garantire la sua capacità di integrarle in assenza di previsioni

esplicite.

4. Attuazione del contraddittorio

Il contraddittorio deve, quindi, essere oggi inteso come espressione di democrazia49

,

incontro delle proprie idee, che avviene, non solo nell’esercizio del potere legislativo

mediante le elezioni, ma anche nel processo, attraverso la parità delle armi tra i

contendenti di fronte al giudice, ed altresì nella partecipazione dialettica del

cittadino all’azione esecutiva50

. Questa partecipazione procedimentale, in

particolare, dovrà tradursi nella facoltà di introduzione di ulteriori elementi in fatto

ed in diritto ad integrazione della fattispecie concreta sulla quale l’amministrazione

finanziaria è chiamata a provvedere, al fine di garantire un confronto costruttivo

volto alla corretta attuazione del rapporto tributario.

Ove si accedesse ad una considerazione svalutativa del principio, verrebbe

sconfessata l’attuale struttura del procedimento tributario, come caratterizzata in

ragione dell’attuale quadro ordinamentale nel quale è collocata51

. È, infatti, solo il

confronto dialettico lo strumento capace di garantire la comprensione ed il

recepimento delle ragioni altrui, nella misura in cui esse siano plausibili e

49

In questo senso v. A. SIMONE, Relazione del Presidente della Commissione Tributaria Regionale

Lombardia, Inaugurazione dell’anno giudiziario tributario 2012, in www.cugit.it, secondo il quale “il

pensiero greco, da Socrate in poi, ci ha insegnato e tramandato tutto il valore del dialogo tra persone

come ricerca incessante del vero”. Nel senso che il contraddittorio ha “diritto di cittadinanza nel

procedimento tributario”, v. L. FERLAZZO NATOLI – G. INGRAO, Il rispetto del contraddittorio e la

residualità dell’accertamento tributario, in Boll. trib., n. 7/2010, 485, secondo i quali “esso dovrebbe

ritenersi, quindi, un principio immanente nell’ambito della disciplina attuativa del rapporto giuridico

tributario, che opera a prescindere da una espressa e specifica previsione”. 50

“Anche nella vita quotidiana, anzi soprattutto lì, si misura la democrazia dal punto di vista dei

cittadini”. Così G. Zagrebesky, in E. MAURO – G. ZAGREBESKY, La felicità della democrazia. Un

dialogo, Bologna, 2011, 24. Come ha avuto modo di sottolineare efficacemente G. FALSITTA, Per un

fisco “civile”. Casi, critiche e proposte, Milano, 1996, X, esiste anche in “un regime formalmente

democratico” il pericolo che difetti “il rispetto del cittadino uti singulis”. 51

Cfr. A. MARCHESELLI, L’effettività del contraddittorio nel procedimento tributario tra Statuto del

contribuente e principi comunitari, in AA. VV., Consenso, equità e imparzialità nello Statuto dei

diritti del contribuente, Torino, 2012, 413, secondo il quale “se il contraddittorio è un diritto

fondamentale dell’ordinamento comunitario, oltre che un elemento del giusto procedimento, delle due

l’una: o esso è di generalizzata applicazione o sussiste un violazione, del diritto comunitario e del

diritto costituzionale italiano, ineccepibile”.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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condivisibili. Al contrario, l’assenza di un siffatto confronto può dirsi aperta

violazione del criterio direttivo espresso dall’art. 10 dello Statuto, richiamato

dall’art. 1, comma 1, della legge delega, a mente del quale “i rapporti tra

contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio della

collaborazione e della buona fede”52

.

Per questo motivo, fermi restando gli specifici ed eterogenei procedimenti per i

“singoli contraddittori”, il legislatore delegato ha il dovere di intervenire attraverso

l’espressa previsione di un procedimento generale che in qualche modo integri i

criteri direttivi attualmente prescritti dalla delega53

; non tanto perché questo

intervento sia strettamente necessario al rafforzamento delle garanzie oggi previste,

ma piuttosto perché esso consentirà agli operatori del diritto di razionalizzare

l’esistente, già espressione dell’obbligo generalizzato del contraddittorio prima

dell’emanazione dell’atto di accertamento.

Assicurare il confronto dialettico tra contribuente e fisco nei soli casi espressamente

previsti dalla legge significherebbe, infatti, offrire ai privati un diverso trattamento,

ingiusto e deleterio, a seconda delle modalità con cui sono svolte le indagini e della

tipologia dei provvedimenti che possono essere adottati. Detta scelta, ove fosse

operata dal legislatore delegato, secondo un’interpretazione “restrittiva” della

delega, sarebbe irragionevole, e, dunque, censurabile innanzi al Giudice delle Leggi

per violazione, tra gli altri, degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

52

In senso conforme, v. L. PERRONE, La disciplina del procedimento tributario nello Statuto del

contribuente, in Rass. trib., n. 3/2011, 569, secondo il quale l’ammissione dei principi di

“collaborazione” e “cooperazione” all’interno dello Statuto ha invertito una tendenza ed ha affermato

“l’immanenza nel sistema di un principio del contraddittorio, valido anche per il sistema tributario”;

A. COLLI VIGNARELLI, La violazione dell’art. 12 dello Statuto e la illegittimità dell’accertamento alla

luce dei principi di collaborazione e di buona fede, in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto

dei diritti del contribuente, cit., 499. L’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente costituisce, del

resto, puntuale attuazione dell’art. 97 della Costituzione, che rappresenta il principio cui fanno

riferimento la maggior parte delle regole disciplinanti i diritti e le garanzie nella fase di controllo e

accertamento. In proposito, cfr. V. MASTROIACOVO, Valenza ed efficacia delle disposizione dello

Statuto dei diritti del contribuente, in AA. VV., Statuto dei diritti del contribuente, cit., 1; M.

TRIVELLIN, Il principio di buona fede nel rapporto tributario, Milano, 2009, 22. Questo valore

impone un obbligo di correttezza, in forza del quale l’amministrazione deve comportarsi con lealtà e

chiarezza, facilitando l’adempimento dei doveri da parte dei privati. 53

A tal proposito è utile richiamare le previsioni contenute nel testo elaborato, in base ai principi di

delega, da parte di un gruppo di lavoro di Professori ed esperti di diritto tributario attivatosi ad

iniziativa del Prof. Victor Uckmar, recentemente trasmesso al Presidente del CNEL. L’articolo 7-I, in

particolare, contenuto nel libro I del titolo I, intitolato “Il diritto al contraddittorio”, stabilisce che

“Nello svolgimento delle attività di controllo disciplinate dal successivo Libro III, tutti i contribuenti

hanno diritto al contraddittorio”.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

86

Al contrario, la statuizione dell’art. 1, lett. b) della l. n. 23 del 2014, quale norma di

principio che deve interessare ogni fase del procedimento tributario, è diretta a

tutelare la correttezza e l’economicità dell’azione amministrativa, in un’ottica di

trasparenza che, valorizzando la partecipazione del cittadino nel contesto

dell’attività dell’amministrazione, può rappresentare un vantaggio sia per il fisco che

per il privato, contribuendo, in tal modo, ad un’istruttoria più coerente ed aderente

alla realtà dei fatti. La disposizione di cui all’art. 9 della delega, invece, in una

prospettiva più prettamente difensiva, è idonea a essere attuata attraverso una

previsione di ordine generale che provveda a sanzionare gli effetti della negligenza

dell’amministrazione finanziaria che, al termine di qualsiasi attività d’indagine ed

indipendentemente dal tipo di atto che la conclude, non si sia impegnata nel dare

avvio e coltivare il contraddittorio procedimentale prima dell’emanazione di un atto

potenzialmente pregiudizievole per il contribuente54

. Solo così potrà assicurarsi il

superamento delle difficoltà applicative generate dallo schema dell’art. 12, ultimo

comma, dello Statuto55

.

La lettura prospettata trova conforto nell’art. 97 della Costituzione, teso a garantire il

buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione56

; valori che possono essere

meglio perseguiti in un’ottica di più diretta collaborazione tra cittadino e pubblica

54

Il fisco potrebbe, ad esempio, instaurare con il contribuente una dialogo preliminare in cui si limiti

ad un confronto solo sul piano formale, ignorando le repliche del soggetto verificato. In tutti questi

casi, indipendentemente dal decorso del termine per il contraddittorio, dovrebbe derivarne una

conseguenza invalidante per il provvedimento emesso in assenza di una concreta valutazione delle

difese del privato. 55

In proposito, per una esaustiva ricostruzione dell’attuale stato della giurisprudenza relativa all’art.

12, ultimo comma, dello Statuto dei diritti del contribuente, cfr. G. FRANSONI, L’art. 12 u.c. dello

Statuto, la Cassazione ed il tally-ho, in Rass. trib., n. 3/2014, 594. Da ultimo, si veda Cass., ord. 14

gennaio 2015, n. 527 (cit.), che ha ritenuto “permangano significative incertezze intorno ai limiti di

applicazione del principio secondo cui, nella materia tributaria, ogni volta che debba essere adottato

un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente, l’amministrazione sarebbe

tenuta, a pena di invalidità dell’atto, ad attivare il contraddittorio endo-procedimentale

indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto espressamente da una norma positiva”. I giudici

rimettenti, pur riconoscendo un stretto legame tra il contraddittorio procedimentale e la tutela dei

valori presidiati dall’art. 24 e dall’art. 97 della Costituzione, hanno evidenziato che l’interpretazione

costituzionalmente orientata non può comunque consentire di introdurre per via giurisprudenziale

regole procedimentali. 56

La Corte di Giustizia (sent. 3 luglio 2014, nelle cause riunite C – 129/13 e C. – 130/13, in Corr.

trib., n. 33/2014, 2536, con nota di A. MARCHESELLI, Il contraddittorio va sempre applicato ma la sua

omissione non può eccepirsi in modo pretestuoso), del resto, ha di recente ribadito che il diritto al

contraddittorio in qualsiasi procedimento è attualmente sancito, non solo negli artt. 47 e 48 della Carta

dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché

il diritto ad un processo equo, bensì anche nell’art. 41 di quest’ultima, che garantisce il diritto ad una

buona amministrazione.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

87

amministrazione, se è vero che è favorita in tal modo una ricostruzione delle

fattispecie concrete più vicine possibile al reale e, per quanto di nostro interesse, nel

rispetto del principio di capacità contributiva57

. Una diversa formulazione potrebbe,

invece, per certi versi, porsi in contrasto col precetto costituzionale, laddove

garantisse soltanto ad alcuni la facoltà di far valere anticipatamente le proprie

istanze difensive in dipendenza della apertura o meno alla fase del contradditorio

dello specifico procedimento accertativo58

.

Del resto, questa esigenza di confronto dialettico è resa ancor più evidente dalla

concentrazione dell’attività di riscossione nell’accertamento59

, che ha ridotto

drasticamente l’effettività della tutela del contribuente60

, nonché da una rinnovata

57

Nello stesso senso, v. G. MARONGIU, Accertamenti e contraddittorio tra Statuto del contribuente e

principi di costituzionalità, in Corr. trib., 2011, 474, secondo il quale l’interpretazione che tende a

sottovalutare la valenza del contradditorio nel procedimento tributario appare contraria al principio di

“imparzialità” e a quello di “buon andamento” della Pubblica amministrazione. Per G. RAGUCCI, Il

contraddittorio nei procedimenti tributari, cit., 41, “la partecipazione del contribuente alla funzione

impositiva attua il principio di imparzialità amministrativa quando assume la forma del

contraddittorio”. In proposito, v. anche M. TRIVELLIN, Commento all’art. 97 Cost., in Commentario

breve alle leggi tributarie, G. FALSITTA (a cura di), I, Diritto costituzionale tributario e Statuto del

contribuente, Padova, 2011, 323, per il quale “lo stretto collegamento tra il contraddittorio ed i

principi espressi dall’art. 97 della Cost. induce, dunque, a ritenere che l’audizione e l’intervento degli

interessati siano strumentali alla realizzazione piena dell’imparzialità e del buon andamento”. 58

L’art. 97 della Costituzione impone all’amministrazione finanziaria di riservare il medesimo

trattamento a tutti i soggetti che si trovano in situazioni analoghe. Così, per tutti, G. MARONGIU, Lo

statuto e la tutela dell’affidamento e della buona fede, cit., 166. Per cui il “buon andamento” si

traduce in un dovere di collaborazione e solidarietà, “delle quali sono espressioni imprescindibili il

rispetto della fiducia dei cittadini e la lealtà dell’agire”. Nello stesso senso cfr. M. TRIVELLIN,

Commento all’art. 97 Cost., cit., 328, secondo il quale “con riguardo al contraddittorio, l’art. 97

sembra accompagnare il passaggio verso una progressiva consapevolezza della connotazione di esso

come principio generale dell’azione amministrativa finanziaria nella fase istruttoria”. 59

L’art. 29 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con l. 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto il c.d.

accertamento esecutivo nelle imposte sui redditi, nell’Irap e nell’imposta sul valore aggiunto. In

argomento, a mero titolo semplificativo, v. A. GIOVANNINI, Riscossione in base al ruolo e agli atti di

accertamento, in Rass. trib., 2011, 22; C. GLENDI, Notifica degli atti «impoesattivi» e tutela cautelare

ad essi correlata, in AA. VV., La concentrazione della riscossione nell’accertamento, C. GLENDI – V.

UCKMAR (a cura di), Milano, 2011, 3; A. CARINCI, La concentrazione della riscossione

nell’accertamento (ovvero un nuovo ircocervo tributario), in AA. VV., La concentrazione della

riscossione, cit., 45; F. TUNDO, L’avviso di accertamento quale atto della riscossione, in Corr. trib.,

2010, 2653. 60

L’attuale formulazione dell’art. 29, del d.l. n. 78 del 2010 prevede che l’esecuzione forzata sia

“sospesa” per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico all’agente della riscossione

degli atti esecutivi. L’intenzione del legislatore era quella di assicurare una sospensione tempestiva

per il contribuente. L’avvio dell’espropriazione forzata senza che egli abbia potuto usufruire della

tutela cautelare avrebbe altrimenti violato il diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione.

Non sembra però che l’obiettivo sia stato raggiunto: la mancanza di una sanzione processuale per il

giudice che non decida sull’istanza cautelare entro il termine di centottanta giorni, previsto dal comma

5-bis dell’art. 47 del d. lgs. n. 546 del 1992, non garantisce l’effettività della tutela giurisdizionale,

potendo adesso l’amministrazione finanziaria procedere più speditamente a realizzare il credito

scaturente in via esecutiva dall’avviso di accertamento. Potrebbe quindi risultare vanificata

l’inviolabilità del diritto di difesa. In proposito, v. P. COPPOLA, La concentrazione della riscossione

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

88

concezione dell’oggetto del processo tributario, che, come ha osservato illustre

dottrina61

, merita di essere ripensata in considerazione delle profonde trasformazioni

che negli ultimi decenni hanno interessato le categorie giuridiche tradizionali.

Impulso altrettanto forte deriva dalle pronunce della Corte dell’Unione europea62

,

che in più occasioni hanno ribadito come il contraddittorio assurga a principio

nell’accertamento: una riforma dagli incerti profili di ragionevolezza e coerenza interna, in Rass.

trib., I, 2011, 1421 e C. GLENDI, Atti «impoesattivi» e tutela cautelare, in Corr. trib., n. 33/2011,

2685, secondo il quale la nuova disciplina “appare, allo stato, a dir poco, sconcertante”. Con

particolare riferimento al contraddittorio preventivo nella prospettiva dell’accertamento esecutivo, cfr.

C. SCALINCI, Il contraddittorio preventivo quale mezzo di prevenzione e di tutela infungibile, specie

nella prospettiva dell’accertamento esecutivo, in Giur. merito, 2012, 484. 61

Cfr. A. GIOVANNINI, Verso la tutela sostanziale dei “beni della vita”, oltre i sofismi processuali, in

Fiscalità specialistica e crisi dell’"impugnazione-merito": che fare dove il giudice non è in grado di

rideterminare il tributo?, in Dialoghi trib., n. 4/2014, 418, il quale acutamente osserva che occorre

oggi una riconciliazione con il principio di realtà, cosicché il sistema possa essere immediatamente

preposto alla effettiva protezione delle esigenze concretamente individuate nel diritto positivo. Dato

questo per presupposto, l’organo giurisdizionale può dirsi legittimato ad accertare la lesione dei beni

della vita che queste esigenze incorporano e a prescrivere all’amministrazione finanziaria il

comportamento conseguente, attraverso pronunce che provvedano a regolamentare la condotta delle

parti processuali. In questo quadro, non credo, quindi, si possa disconoscere il ruolo preponderante

assunto dal contradditorio processuale, quale strumento diretto a ricostruire la realtà sostanziale,

mediante la corretta rappresentazione della fattispecie oggetto di accertamento.

Tanto premesso, mi pare ne esca rinvigorita anche l’importanza del confronto dialettico in sede

procedimentale, poiché esso consente di incidere immediatamente e concretamente sulla realtà

sostanziale, senza bisogno di ricorrere all’ulteriore e successiva fase giurisdizionale. Attraverso il

contraddittorio procedimentale, infatti, è possibile scongiurare la lesione del bene della vita che

potrebbe realizzarsi attraverso l’emanazione di un atto illegittimo, in quanto esso consente di valutarlo

immediatamente, determinando quali “devono o non devono essere” gli effetti che andranno ad

incidere sul bene stesso. Così come il processo, anche la fase accertativa deve dunque garantire il bene

del ricorrente e, allo stesso tempo, quello dell’amministrazione, ancor prima che si verifichi qualsiasi

lesione del bene stesso. 62

Il principio del contraddittorio è stato riconosciuto dalla Corte di Giustizia europea per la prima

volta con la sentenza Alvis (Causa 32/62, in Raccolta, 1963, 49), con riferimento ad un procedimento

disciplinare intrapreso nei confronti di un dipendente della Comunità. Esso è stato ulteriormente

confermato, sempre in materia di pubblico impiego, nelle sentenze Pistoj (Causa 26/63, in Raccolta,

1964, 341), Degreef (Causa, 80/63, in Raccolta, 1964, 391), van Eick (Causa 35/67, in Raccolta,

1968, 329). La Corte ha successivamente esteso la sua applicazione a procedimenti diversi da quelli

appena ricordati, tanto da rendere il contraddittorio un principio generale non solo del diritto

comunitario, ma anche dell’azione amministrativa. Nei casi Transocean Marine Paint Association

(Causa 17/74, in Raccolta, 1974, 1063) e Hoffmann-La Roche (Causa 85/76, in Raccolta, 1979, 461),

il giudice comunitario ha qualificato come principio fondamentale il diritto di essere ascoltati in ogni

procedimento che possa incidere sugli interessi di una persona. Nel corso degli anni anche il campo di

applicazione del diritto ha subito una progressiva espansione: nel caso Chemiefarma (Causa 41/69,

ibidem, 1970, 661), in materia di concorrenza, la Corte ha stabilito che il diritto alla difesa è garantito

allorché le persone interessate abbiano avuto la possibilità di presentare osservazioni scritte e orali

sugli addebiti mossi dalla Commissione.

In questo quadro, acquista rilievo anche l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea, rubricato “Diritto ad una buona amministrazione”, che prevede che ogni individuo, nel

momento in cui entra in contatto con le istituzioni e gli organi dell’Unione, ha diritto “di essere

ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi

pregiudizio”. Questa garanzia rappresenta un diritto fondamentale del cittadino europeo verso gli

organismi dell’Unione, che non può non essere assicurato anche all’interno dello Stato di

appartenenza. In proposito, v. M. A. SANDULLI, La riforma della legge sul procedimento

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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generale dell’ordinamento comunitario. La Corte di Giustizia ha, infatti, qualificato

questo principio alla stregua di un obbligo generalizzato, riconducibile anche alla

fase di accertamento dei tributi armonizzati63

. E, d’altra parte, non si può non

ammettere che l’applicazione possa superare i “confini europei”. Depongono in

questo senso due considerazioni di ordine sistematico: a) in primo luogo, ai sensi

dell’art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990 “l’attività amministrativa persegue i fini

determinati dalla legge ... secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle

disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti, nonché dai principi

dell’ordinamento comunitario”, cosicché il mancato rispetto del contraddittorio si

configurerebbe come un’indiretta violazione del diritto interno64

; b)

conseguentemente, il confronto dialettico deve essere comunque garantito, al fine di

evitare una disparità di trattamento tra fattispecie transazionali e fattispecie interne65

,

con un’ingiustificata “discriminazione a rovescio”66

.

amministrativo tra novità vere ed apparenti, in www.federalismi.it, n. 4/2005; S. MARCHESE, Attività

istruttorie dell’amministrazione finanziaria e diritti fondamentali europei dei contribuenti, in Dir.

prat. trib., 2013, I, 493. 63

Cfr. sent. 12 dicembre 2002, nella causa C – 395/00, Cipriani in GT – Riv. giur. trib., 2003, 505,

con nota di F. CERIONI, Si deve sempre riconoscere ai soggetti interessati la facoltà di rappresentare

le proprie ragioni, che ribadisce la sussistenza del diritto di difesa in tutti quei procedimenti da cui

possa derivare un atto lesivo, con particolare riferimento all’irrogazione delle sanzioni; sent. 18

dicembre 2008, nella causa C-349/07, Sopropé – Organizações de Calçado Lda contro Fazenda

Pública, in Rass. trib., 2009, II, 569, con nota di G. RAGUCCI, Il contraddittorio come principio

generale dell’ordinamento comunitario e in GT – Riv. giur trib., 2009, 203, con nota di A.

MARCHESELLI, Il diritto al contraddittorio nel procedimento amministrativo tributario è diritto

fondamentale del diritto comunitario. Quest’ultima pronuncia ha riguardato una richiesta di recupero

di un debito doganale, determinata a seguito di un controllo sull’origine delle merci importate in

Portogallo dalla società interessata. In riferimento alla previsione di un termine vessatorio entro il

quale il contribuente aveva la possibilità di presentare le proprie difese prima dell’emissione del

provvedimento accertativo, la Corte di Giustizia ha affermato che “il rispetto dei diritti della difesa

rappresenta un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta

l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo”. In

argomento, v. A. MARCHESELLI, L’indefettibilità del contraddittorio tra principi interni e comunitari,

in Corr. trib., 2010, 1776. Da ultimo, cfr. sent. 22 ottobre 2013, nella causa C – 276/12, Sabou, in Riv.

dir. trib., 2013, IV, 339, con nota di P. MASTELLONE, L'Unione europea non riconosce participation

rights al contribuente sottoposto a procedure di mutua assistenza amministrativa tra autorità fiscali. 64

Cfr. L. DEL FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea. Contributo allo

studio della prospettiva giuridica italiana, Milano, 2010, 232, secondo cui l’art. 1, comma 1, della l.

n. 241 del 1990 “consente l’ingresso nel nostro ordinamento di tutti i principi dell’ordinamento

comunitario, e quindi anche del principio di proporzionalità, nonché di quel principio del

contraddittorio, ampiamente recepito, sin dal 1990, nel capo III della legge, ma oggi rilevante per

l’intera azione amministrativa anche a prescindere dagli artt. 7-12 di cui al cit. capo III”. Osserva,

altresì, G. RAGUCCI, Il contraddittorio come principio generale dell’ordinamento comunitario, cit.,

577, che non c’è “nessun dubbio che il principio che garantisce i diritti di difesa rientri tra i principi

che assicurano la trasparenza dell’azione amministrativa, e che come tale a livello del diritto interno

ripeta la propria autorità dal vincolo di legalità posto dall’art. 1 della legge citata”. 65

La giurisprudenza della Corte di Giustizia appare costante nel ritenere che, anche se la materia delle

imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono esercitare tale

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

90

Dato questo per presupposto, l’enunciazione del principio, perché non rimanga una

previsione generica ed astratta, insuscettibile di una concreta applicazione pratica,

dovrà, a mio parere, contenere in sé tre elementi essenziali che ne consentano

l’immediata operatività67

: a) la previsione in via generalizzata di un atto che,

indipendentemente dalla natura dell’attività istruttoria svolta, riassuma la posizione

dell’ente impositore e dia avvio al confronto dialettico tra le parti68

; b) la definizione

di un procedimento che preveda i termini entro i quali le singole fasi dovranno

essere espletate69

; c) una espressa sanzione di invalidità per l’atto impositivo emesso

in violazione del diritto al contraddittorio o in caso di inadeguata valutazione delle

osservazioni del privato da parte dell’amministrazione finanziaria70

.

competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v. sentenze 28 ottobre 2010, causa C-72/09,

Établissements Rimbaud, in Raccolta, I-10659, punto 23; 7 settembre 2004, causa C-319/02,

Manninen, in Raccolta, I-7477, punto 19; 6 marzo 2007, causa C-292/04, Meilicke e a., in Raccolta, I-

1835, punto 19; 24 maggio 2007, causa C-157/05, Holböck, in Raccolta, I-4051, punto 21, e 11

ottobre 2007, causa C-451/05, ELISA, in Raccolta, I-8251, punto 68). 66

In questo senso v. anche A. MARCHESELLI, Indefettibilità del contraddittorio in ogni accertamento

tributario, in Corr. trib., n. 30/2012, 2319. Può anche accadere che l’Unione europea si disinteressi

della disciplina interna predisposta dal legislatore nazionale, ma, in forza dell'applicazione del diritto

europeo, l’ordinamento sovranazionale finisce comunque per forzare le scelte del singolo Paese. La

coesistenza di diverse discipline applicabili ai cittadini degli altri Stati membri, infatti, obbliga il

nostro Paese a porre rimedio alla discriminazione che altrimenti subirebbero i nostri cittadini. In

proposito, cfr. Corte cost., 30 dicembre 1997, n. 443, in Riv. it. dir. pubbl. comunit. 1998, II, 215, con

nota di S. NINATTI, La sola alternativa praticabile: eguaglianza, discrezionalità legislativa e norme

comunitarie nella sentenza 443/97 della Corte Costituzionale. 67

L’esigenza di individuare una disciplina specifica che consenta l’attuazione del principio generale

del contraddittorio endo-procedimentale è avvertita da Cass., ord. 14 gennaio 2015, n. 527, cit., per la

quale occorre “la precisazione delle concrete modalità di esplicazione del contraddittorio e degli

effetti della eventuale inosservanza di tali modalità; precisazione che costituisce questione di massima

di particolare importanza, perché va a toccare ampia parte dell’attività di accertamento tributario”. 68

In questo senso, cfr. G. FRANSONI, L’art. 12 u.c. dello Statuto, la Cassazione ed il tally-ho, cit., 599,

secondo il quale la disciplina dell’obbligo di contraddittorio dovrebbe prevedere che, al termine della

attività istruttoria, “si dia inizio alla fase del contraddittorio il cui primo elemento è, appunto, un

“atto” che non solo e non tanto deve essere conclusivo delle operazioni istruttorie, ma innanzi tutto

deve essere riassuntivo della posizione dell’ente impositore rispetto ai dati raccolti nella fase

precedente”. 69

La proposta indicata alla nota 51, all’ articolo 84-II, intitolato “Contraddittorio sui risultati delle

indagini e chiusura del procedimento”, prevede al comma 3 una espressa disciplina del procedimento

in contraddittorio, ai sensi del quale “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e

soggetto passivo dopo la comunicazione di cui al comma 2, quest’ultimo può comunicare entro trenta

giorni osservazioni e richieste che sono valutate dalle amministrazioni tributarie entro sessanta giorni

dalla comunicazione delle osservazioni del contribuente, ovvero prestare acquiescenza ai sensi

dell’articolo ... L’avviso di accertamento non può essere emanato, a pena di nullità, prima della

scadenza del termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione dei risultati delle indagini

ai sensi del comma 2, salvo casi di particolare e motivata urgenza connesse a cause no n dipendenti

dall’organizzazione delle amministrazioni tributarie e dei loro ausiliari”. 70

L’articolo 134-II della proposta trasmessa al CNEL stabilisce che “l’atto è altresì nullo quando è

stato omesso il contraddittorio ovvero non reca l’indicazione dell’esito del contraddittorio svoltosi,

ove esso sia prescritto, delle ragioni di fatto e di diritto allegate dal soggetto passivo e delle ragioni per

le quali le amministrazioni tributarie hanno ritenuto di non doverne tener conto in tutto o in parte”.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

91

5. Efficacia del contraddittorio

È evidente, dunque, che l’impossibilità per il privato di addurre nuovi elementi, volti

a definire “il vero ed il giusto tributo”, non può non produrre effetti negativi sul

provvedimento autoritativo emesso dall’amministrazione finanziaria, così come gli

stessi effetti devono conseguire nel caso in cui, nonostante la partecipazione del

contribuente, le sue deduzioni non vengano tenute in adeguata considerazione nella

motivazione dell’atto impositivo. Riconoscere il contraddittorio come principio

generale e non farne discendere alcuna conseguenza sanzionatoria in caso di

mancato rispetto si risolverebbe, infatti, in una violazione di precetti costituzionali e

comunitari di primaria importanza.

Del resto, opinare diversamente significherebbe degradare l’accertamento ad una

mera attività vincolata che non consente di operare scelte e valutazioni di sorta. Al

contrario, esistono spesso margini di apprezzamento, suscettibili di essere

influenzati dalla partecipazione del contribuente, che danno luogo ad atti “solo

parzialmente vincolati”71

. Quello in considerazione appare, dunque, un ambito nel

quale il contraddittorio anticipato assume rilevanza preponderante, essendo

Come avremo modo di approfondire nei paragrafi che seguono, la sanzione più idonea per il mancato

rispetto del principio generale del contraddittorio sembrerebbe essere quella dell’invalidità dell’atto, ai

sensi dell’art. 21-octies, della l. n. 241/1990, poiché essa consente di contemperare il valore in

discussione con altri di pari rango, precludendo al giudice di pronunciare l’inefficacia di atti viziati da

antigiuridicità alla ricorrenza di determinate stringenti condizioni (co. 2). 71

In proposito, v. D. SORACE, Il principio di legalità e i vizi formali dell’atto amministrativo, in Dir.

pubbl., 2008, 200, secondo il quale “possono esserci atti solo parzialmente vincolati, come avviene

quando, in relazione ad un presupposto passibile solo di accertamento univoco, l’amministrazione ha

il potere di scelta tra decisioni diverse, o, viceversa quando la legge prefigura una sola possibile

decisione, ma in presenza di un presupposto la cui verificazione è oggetto di una valutazione con

margini più o meno ampi di discrezionalità”. Con specifico riferimento alla nostra materia, cfr. L. DEL

FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, cit., 90, secondo cui “partendo

dall’innegabile assenza di discrezionalità nel procedimento tributario di accertamento per quanto

concerne la determinazione del tributo, si giunge a sovraesporre la natura vincolata della funzione

impositiva, anche a scapito di quei significativi margini di discrezionalità pur rinvenibili in alcuni

peculiari segmenti dell’azione impositiva”. In questo senso v. anche A. MARCHESELLI, Gli effetti della

violazione del principio del contradditorio, in Corr. trib., n. 31/2012, 2379, per il quale i

provvedimenti, sia pure di natura non discrezionale, “hanno comunque ineludibili aspetti valutativi”;

A. FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2003, 253; G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario.

Parte generale, Padova, 2012, 478. In senso solo parzialmente conforme F. GALLO, voce

Discrezionalità, (diritto tributario), in Enc. dir., Milano, 1999, 536, che riconosce, nel contesto

dell’attività di controllo, la presenza di una vera discrezionalità “nei pochi casi in cui questi interessi

non sono attinenti alla sfera impositiva ma riguardano situazioni giuridiche soggettive – ad esempio il

diritto di inviolabilità del domicilio, alla riservatezza – che solo incidentalmente vengono comprese

nell’attività di controllo”.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

92

suscettibile di ripercuotersi sulla corretta determinazione della pretesa72

, con la sola

eccezione di quelle rare fattispecie in cui non sussiste alcuna possibilità per

apprezzamenti valutativi, nelle quali il confronto dialettico non ha ragion d’essere73

.

Ne discende la contrarietà allo spirito della delega di una previsione attuativa che

consenta di far valere l’illegittimità del provvedimento solo attraverso la

dimostrazione, in sede giurisdizionale, che il privato avrebbe potuto allegare

elementi ulteriori e decisivi nelle more del procedimento74

. Questa, infatti,

renderebbe la partecipazione procedimentale di fatto inefficace, poiché equivarrebbe

a sostenere che partecipazione procedimentale e contraddittorio processuale sono

concetti perfettamente fungibili. Ciò detto, è evidente che il legislatore delegato

dovrà prevedere espressamente le conseguenze sanzionatorie per i provvedimenti

emessi nel mancato rispetto del principio del contraddittorio, nonché per quelli privi

di una «motivazione rafforzata», contenente gli elementi che hanno indotto

l’amministrazione finanziaria a disattendere le ragioni addotte dal contribuente.

Con riferimento alla prima violazione, sembra, quindi, indiscutibile che l’invalidità

dell’atto conclusivo del procedimento dovrà essere prevista quale conseguenza della

mancata comunicazione dell’avvio della fase del contraddittorio o dell’inosservanza

dei termini per il suo espletamento; ciò che piuttosto occorre stabilire è se questa

sanzione dovrà conseguire in ogni caso oppure sussistano dei limiti oltre i quali

l’atto non potrà comunque dirsi viziato. A tal proposito, a mio parere, occorre tenere

72

Per quanto la partecipazione del contribuente non possa direttamente incidere sull’an ed il quantum

del tributo, questa può indirizzare l’amministrazione finanziaria per quanto concerne, ad esempio, “la

scelta” dei periodi d’imposta, dei comportamenti e degli adempimenti da prendere in considerazione,

con indiscutibili effetti anche sull’esito dell’attività di accertamento. Margini di discrezionalità

possono essere rintracciati anche con riferimento all’esercizio dell’autotutela o dell’accertamento con

adesione. In questo senso v. L. DEL FEDERICO, I rapporti tra lo Statuto e la legge generale sull’azione

amministrativa, in Rass. trib., 2011, I, 1403 e F. TUNDO, La partecipazione del contribuente alla

verifica tributaria, cit., 48. 73

Provvedimenti vincolati “in senso stretto” sono, nella nostra materia, quelli emessi sulla base di un

precedente atto impositivo già noto al contribuente, che abbiano natura liquidatoria o meramente

esattiva. Oltre al ruolo emesso sulla base di un avviso di accertamento definitivo, ha natura meramente

esattiva il ruolo che trova titolo nella dichiarazione dei redditi e che pone in riscossione l’imposta

liquidata e mai versata (art. 36-bis del d.p.r. n. 600/1973, lett. f). Ha natura liquidatoria, ad esempio,

l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro emesso a seguito di attribuzione di rendita catastale

quando sia stato precedentemente notificato al contribuente l’atto di classamento con attribuzione di

rendita. 74

La giurisprudenza ha mostrato chiusura rispetto a questa impostazione, ritenendo che il contribuente

non abbia la possibilità di ottenere l'annullamento per omesso contraddittorio quale vizio formale,

sempre e comunque, ma solo quando dimostri che l'omissione gli ha impedito di svolgere difese

essenziali. Cfr., ex plurimis, Cass., 9 aprile 2010, n. 8481, in GT - Riv. giur. trib. n. 8/2010, 693, con

commento di S. ARMELLA, Nel settore doganale una sentenza restrittiva della Corte di cassazione.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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distinti “i singoli contradditori” contemplati per specifici procedimenti, dai casi in

cui la partecipazione potrà dirsi applicazione della clausola generale che sarà

enunciata in attuazione dell’art. 9 della delega.

Nel primo caso, infatti, il legislatore delegato dovrà prevedere un’espressa sanzione

di nullità del provvedimento adottato nel mancato rispetto dello specifico

procedimento, escludendo una valutazione discrezionale del giudice, cosicché delle

due l’una: o l’amministrazione ha agito nel rispetto della disciplina legislativa e

dunque il provvedimento può considerarsi sotto quest’aspetto valido ed efficace,

ovvero l’atto deve ritenersi assolutamente invalido75

. In queste ipotesi, infatti, la

partecipazione assume una posizione di preminenza in considerazione del fatto che il

legislatore ha già provveduto ad effettuare una valutazione dei diversi interessi in

gioco, ritenendo senz’altro prevalente la necessità di garantire un previo confronto

col contribuente76

.

Nel caso in cui, invece, la mancata instaurazione del contradditorio sarà

riconducibile alla violazione della clausola generale in precedenza enunciata, mi

pare che la soluzione più corretta sia quella di prevedere una espressa comminatoria

d’invalidità77

, oggetto di specifica valutazione da parte del giudice. Si tratterà cioè di

decidere se all’illegittimità formale del provvedimento non potrà seguire

75

Si tratterà cioè dell’ipotesi di nullità del provvedimento prevista dall’art. 21-septies, l. 7 agosto

1990, n. 241, da intendersi come vizio radicale tale da rendere l’atto inidoneo a produrre qualsivoglia

effetto. Per l’applicabilità di questa disposizione alla nostra materia, per tutti v. A. GIOVANNINI, Circ.

n. 6/E dell’11 marzo 2014, Note controcorrente su accertamento sintetico, indici Istat e diritto alla

resistenza, in Il Fisco, n. 14/2014, 1319. 76

Le fattispecie nelle quali il legislatore ha previsto uno specifico obbligo del contraddittorio, del

resto, sono per lo più ipotesi in cui la procedura di accertamento si basa su di un sistema di

presunzioni che non può non prevedere un confronto dialettico preventivo rispetto alla

cristallizzazione della pretesa in un atto di accertamento. Si pensi, per esempio, alla disciplina

introdotta dall’art. 5 della legge delega in tema di abuso del diritto, che consente al contribuente di

indurre l’amministrazione a prendere posizione anche su temi e argomenti che possono contraddirne

la tesi. 77

Anche nel diritto tributario la tassatività delle fattispecie di “nullità” non vale ad escludere che per

tutte le altre violazioni non possano verificarsi delle conseguenze invalidanti che si presentano nella

forma della “annullabilità”. Cfr. Cons. di Sato, 16 febbraio 2012, n. 792, in Foro amm. – Cons. Stato,

2012, 352; Cons. di Stato, 31 marzo 2011, n. 1983, in Foro amm. – Cons. Stato, 2011, 1000; Cons. di

Stato, 13 giugno 2007, n. 3173, in Giur. it., 2008, 1278; Cons. di Stato, 28 febbraio 2006, n. 891, in

Foro amm. – Cons. Stato, 2006, 576, nelle quali pronunce si afferma che nel diritto amministrativo la

nullità costituisce una forma speciale di invalidità, che si ha nei soli casi tassativamente definiti

dall’art. 21-septies, l. 7 agosto 1990, n. 241, mentre l’annullabilità costituisce la regola generale di

invalidità del provvedimento, a differenza di quanto avviene nel diritto civile, dove la regola generale

in caso di violazione di norme imperative è quella della nullità. Per l’applicabilità di questa regola

anche alla nostra materia, v. F. FARRI, Senso e portata delle previsioni espresse di nullità nelle leggi

tributarie, in Riv. dir. trib., 2013, II, 122.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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l’applicazione della sanzione, in forza dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n.

241 del 199078

, a mente del quale il provvedimento adottato in violazione di norme

sul procedimento o sulla forma non è annullabile se, per la sua natura vincolata, “sia

palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in

concreto adottato”79

.

In questo caso, infatti, in conseguenza dell’esteso ambito di applicazione del valore

in discussione, diviene quanto meno opportuno un contemperamento con altri

principi di pari rango che informano l’attività dell’amministrazione finanziaria. Al

riguardo, viene in considerazione l’art. 10, comma 1, dello Statuto, che ha elevato la

buona fede a valore generale dell’ordinamento tributario, attuativa dei diritti

fondamentali della Carta costituzionale, di cui agli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost, e che,

intesa in senso oggettivo, impone all’amministrazione finanziaria (ma anche al

contribuente) di comportarsi in modo corretto e di tenere una condotta leale,

solidale, onesta80

. Ne discende che, laddove il contribuente vorrà eccepire l’omesso

contraddittorio in termini generali ed astratti, per il solo fine di invalidare un’attività

78

Quanto all’applicabilità di questa specifica previsione alla nostra materia, v. A. FANTOZZI,

Violazioni del contraddittorio e invalidità degli atti tributari, cit., 141; F. TESAURO, L’invalidità dei

provvedimenti impositivi, in Boll. trib., 2005, 1448. La possibilità di recepire l’art. 21-octies, comma

2, primo periodo, della l. n. 241/1990 nel procedimento tributario è, invece, esclusa da S. MULEO – R.

LUPI, Motivazione degli atti impositivi e (ipotetici) riflessi tributari delle modifiche alla legge n.

241/90, in Dialoghi trib., 2005, I, 541; S. BUTTUS, Implicazioni tributarie del nuovo regime dei vizi

del provvedimento amministrativo, in Dir. prat. trib., 2007, I, 475. M. BASILAVECCHIA, La nullità

degli atti impositivi: considerazioni su principio di legalità e funzione impositiva, in Riv. dir. fin. sc.

fin., 2006, II, 359, sostiene la prevalenza dello Statuto dei diritti del contribuente, quale lex specialis,

rispetto alla legge generale sul procedimento amministrativo, con la conseguenza che le regole di

garanzia per il privato prevalgono sulle regole di tutela e conservazione dell’attività amministrativa

sottese all’art. 21-ocites della l. n. 241/1990; sull’argomento, v. G. INGRAO, La valutazione del

comportamento delle parti nel processo tributario, Milano, 2008, 136. Tra i principi e i criteri direttivi

previsti dalla delega fiscale rientra, altresì, la “coerenza e tendenziale uniformità dei poteri in materia

tributaria e delle forme e modalità del loro esercizio, anche attraverso la definizione di una disciplina

unitaria della struttura, efficacia ed invalidità degli atti dell’amministrazione finanziaria e dei

contribuenti”. 79

In proposito, cfr. G. BOLETTO, Riflessioni sull’invalidità per difetto di motivazione, in Riv. dir. trib.,

2013, II, 516, per la quale l’art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990 “determina anche una

scissione tra illegittimità e annullabilità prevedendo che l’annullabilità non consegua a certe forme di

illegittimità”. Nello stesso senso, v. D. CORLETTO, Vizi “formali” e poteri del giudice amministrativo,

in Dir. proc. amm., 2006, 33, per il quale il legislatore “avendo ritenuto non corrispondente

all'interesse pubblico considerare annullabile un provvedimento illegittimo per ragioni di illegittimità

che non toccano il contenuto provvedimentale, ha ritenuto cedevole, non meritevole di tutela in questi

casi l’interesse (legittimo) del privato ad ottenere l’annullamento in ragione di quei vizi”. 80

Cfr. per tutti M. TRIVELLIN, Il principio di buona fede nel rapporto tributario, cit., 285 e G.

MARONGIU, Lo Statuto e la tutela dell'affidamento e della buona fede, cit., 193, secondo il quale

collaborazione e buona fede non possono non essere reciproche, per cui anche il contribuente deve

evitare comportamenti capziosi e dilatori, in cui possa ravvisarsi abuso del diritto e/o la finalità di

eludere una giusta pretesa tributaria. Su questa duplice direzionalità del dovere di buona fede, v. anche

D. BIRK, Diritto tributario tedesco, trad. a cura di E. DE MITA, Milano, 2006, 99.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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accertativa diversamente legittima, non sussistendo margini per apprezzamenti

valutativi di sorta, si renderà colpevole di una condotta capziosa e dilatoria,

sostanzialmente connotata da «abuso» del diritto, in quanto tesa ad «eludere» una

giusta pretesa tributaria81

.

Ciò detto, a me pare che, a sostegno di questa tesi, sia utile richiamare le

osservazioni di illustre dottrina82

con riferimento alla querelle che ha interessato le

cosiddette sentenze “della terza via”83

, con le dovute attenzioni rese necessarie per

fatto che in questo caso si tratta di un questione di carattere processuale. Il

legislatore della riforma84

ha, infatti, indistintamente previsto la sanzione della

81

In questo senso v. Cass., 10 dicembre 2002, n. 17576, in Giur. it., 2003, 2194, con nota di A.

TURCHI, In tema di tutela dell’affidamento riposto dal contribuente nelle indicazioni provenienti

dall’amministrazione finanziaria; la Corte ha ritenuto che il termine buona fede “se riferito al

contribuente, presenta un’analoga, parziale coincidenza con quello di «collaborazione» ed allude ad

un generale dovere di correttezza, volto ad evitare, ad es., comportamenti del contribuente capziosi,

dilatori, sostanzialmente connotati da «abuso» di diritti e/o tesi ad «eludere» una «giusta» pretesa

tributaria”. 82

Cfr. F.P. LUISO, Poteri di ufficio del giudice e contraddittorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, I,

65, secondo il quale, con riferimento alla cosiddetta sentenza “della terza via”, la previsione per cui la

pronuncia è nulla se l’organo giurisdizionale omette di instaurare il contraddittorio sulla questione

rilevata d’ufficio “può apparire troppo rigida e fors’anche eccessiva: e tuttavia, se ne verifichiamo

l’effettiva portata sistematica, essa si dimostra tutt’altro che inopportuna”. Contra S. CHIARLONI, Sulla

rilevabilità in sede di gravame della nullità ex art. 101, comma 2, c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ.,

2011, I, 59, secondo il quale, nonostante la modifica legislativa, “l’inosservanza del dovere del

giudice di stimolare il contraddittorio delle parti sulle questioni rilevabili d’ufficio non mette in gioco,

di per sé, contrariamente a ciò che alla superficie può apparire, il principio del contraddittorio e la

correlativa nullità che sanziona il suo mancato rispetto”. 83

Questo genere di pronunce ha dato vita ad un intensa discussione riguardante la configurabilità in

capo al giudice del dovere di sottoporre al contraddittorio delle parti la questione rilevata d’ufficio

sulla quale intende fondare la decisione. Prima della modifica legislativa intervenuta con la l. n.

69/2009, si contrapponevano coloro che ritenevano che la mancata istaurazione del contraddittorio su

di una questione rilevata d’ufficio avrebbe potuto incidere sulla sola ed eventuale ingiustizia della

successiva pronuncia e coloro che propendevano per la nullità radicale della sentenza “della terza

via”. Nel senso della mera ingiustizia, v. S. CHIARLONI, La sentenza “della terza via” in Cassazione:

un altro caso di formalismo delle garanzie?, in nota a Cass., 21 novembre 2001, n. 14637, in Giur. it.,

2002, 1363 e E.F. RICCI, La sentenza “della terza via” e il contraddittorio, in nota a Cass., 27 luglio

2005, n. 15705 e Cass., 5 agosto 2005, n. 16577, in Riv. dir. proc., 2006, 750. Per la nullità, v. V.

DENTI, Questioni rilevabili d’ufficio e contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1968, 217; L. MONTESANO,

La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civili di “terza via”, in Riv. dir. proc., 2000,

934; F.P. LUISO, Il principio del contraddittorio e l’istruttoria nel processo amministrativo e

tributario, in Dir. proc. amm., 2000, 328; ID., Questione rilevata d’ufficio e contraddittorio: una

sentenza “rivoluzionaria”, in nota a Cass., 21 novembre 2001, n. 14637, in Giust. civ., 2002, 1611; C.

CAVALLINI, Eccezione rilevabile d’ufficio e struttura del processo, Napoli, 2003, 1; A. PODDIGHE,

Decisione a sorpresa e principio del contraddittorio, in Riv. dir. trib., 2005, I, 1273; L.P. COMOGLIO,

“Terza via” e processo “giusto”, in Riv. dir. proc., 2006, 755, in nota a Cass., 27 luglio 2005, n.

15705 e Cass., 5 agosto 2005, n. 16577. Per una ricostruzione sistematica, v. A. GIORDANO, Sull’art.

101, comma 2, c.p.c.: un disposto recente su una questione antica, in Giust. civ., 2012, 139, secondo il

quale “si è da sempre discusso se l’indicazione delle questioni rilevabili d’ufficio costituisca l’oggetto

di un obbligo o di una mera facoltà discrezionale di chi giudica”. 84

La l. n. 69 del 2009 ha provveduto ad inserire nel corpo dell’art. 101 c.p.c. un nuovo secondo

comma, a mente del quale “se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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nullità, prescindendo dalla concreta ed effettiva rilevanza che i punti non sottoposti

al confronto delle parti possano avere sull’emananda sentenza, col rischio che una

sanzione generalizzata provochi l’effetto distorto di favorire impugnazioni

pretestuose.

Ne è derivata la tendenza dei primi commentatori a mitigare la portata del precetto85

;

tra questi appare particolarmente convincente quanto asserito da F.P. Luiso86

, per il

quale “è sempre necessario che le parti, negli atti introduttivi dei rispettivi giudizi,

deducano la nullità e compiano quelle attività che esse affermano avrebbero

compiuto se il giudice, che ha pronunciato la sentenza impugnata, avesse rispettato

la disposizione”; il che equivale a dire che la parte, che si ritenga lesa per la mancata

istaurazione del contraddittorio su di una questione rilevata ex officio, per ottenere

una pronuncia di nullità, non può limitarsi ad eccepire la violazione della

disposizione codicistica, ma deve altresì dimostrare che avrebbe potuto svolgere una

qualche attività difensiva. In altre parole, mutuando i termini dal giudizio

amministrativo, il giudice deve effettuare una preliminare “prova di resistenza”,

diretta a verificare la potenziale utilità del provvedimento.

d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non

inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria

di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”. La novella estende, seppur con lievi

differenze, ad ogni stato e grado del giudizio la portata dell’art. 12 del d. lgs. n. 40 del 2006, a mezzo

del quale il legislatore aveva riformulato il testo dell’art. 384 c.p.c., con riferimento al solo giudizio di

legittimità. Il dibattito, invero, non ha trovato soluzione neanche a seguito del recente intervento

legislativo che ha imposto l’obbligo, sanzionato a pena di nullità, di consentire alle parti l’esposizione

delle proprie osservazioni, nel caso in cui l’organo giudicante intenda definire la controversia in

ragione di una questione rilevata ex officio. In argomento, per la nostra materia, v. D. BORGNI, Il

principio del contraddittorio e la sentenza “della terza via” nel diritto processuale tributario, in Rass.

trib., I, 2011, 354. 85

Cfr., ad esempio, E. FABIANI, Contraddittorio e questioni rilevabili d’ufficio, in Foro it., 2009, V,

264; C. CONSOLO, Le Sezioni Unite sulla casualità del vizio delle sentenze della terza via: a proposito

della nullità, indubbia ma peculiare, poiché sanabile allorché emerga l’assenza in concreto di scopo

del contraddittorio eliso, in Corr. Giur., 2010, 352, in commento a Cass., SS. UU., 30 settembre

2009, n. 20935; M. GRADI, Il principio del contraddittorio e la nullità della sentenza della “terza

via”, in Riv. dir. proc., 2010, I, 826, secondo il quale il vero nodo applicativo da sciogliere è quello

che si viene a creare nell’intreccio tra l’esigenza di salvaguardare l’effettività del contradditorio e

quella di evitare il “formalismo delle garanzie”. 86

Cfr. F.P. LUISO, Poteri di ufficio del giudice e contraddittorio, cit., 65, secondo il quale “la nullità è

lo strumento tecnico necessario affinché in sede di impugnazione si possa rimediare all’error in

procedendo verificatosi nella precedente fase processuale”. Per una tesi maggiormente restrittiva v.,

invece, S. CHIARLONI, Sulla rilevabilità in sede di gravame della nullità ex art. 101, comma 2, c.p.c.,

cit., 60, secondo il quale la nullità della decisione “a sorpresa” rappresenta una fattispecie complessa,

che viene ad esistenza laddove “dal rilievo solitario” che ha portato alla sentenza “della terza via”

consegua “una violazione del diritto di difesa del soccombente”.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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Queste considerazioni, mutatis mutandis, possono valere anche ai nostri fini; a mio

parere, infatti, il legislatore delegato dovrà prevedere la sanzione dell’invalidità per

il caso di mancato rispetto della clausola generale del contraddittorio, cui però sarà

possibile addivenire solo se concorreranno due requisiti: a) sarà necessario che il

contribuente deduca in sede di impugnazione gli elementi di difesa che l’omissione

non gli ha consentito di rilevare nel corso del procedimento; b) dovrà trattarsi di

profili che non appaiano ictu oculi manifestamente irrilevanti ed avulsi dal contesto

dell’accertamento. Ove queste condizioni non fossero rispettate, l’eccezione della

mancata istaurazione del contraddittorio avrebbe evidentemente un solo scopo

dilatorio, che si porrebbe in aperta violazione dell’art. 21-octies, comma 2, citato87

.

Al contrario, laddove il contribuente deduca elementi almeno prima facie pertinenti,

il giudice avrà il dovere di annullare il provvedimento illegittimo, sul presupposto di

non poter svolgere una valutazione concreta ed effettiva del merito. Come già

osservato, infatti, non si può rimettere all’organo giurisdizionale la potestà di

valutare ex post le argomentazioni che il contribuente non ha potuto addurre nel

corso del procedimento. Si tratta piuttosto di verificare che il contribuente non

agisca contra legem, attraverso allegazioni palesemente inconferenti88

.

Con riguardo alla seconda violazione, è altrettanto importante assicurare una

«motivazione rafforzata», che, tenendo in adeguata considerazione le difese del

contribuente, attribuisca piena effettività al contraddittorio89

. Gli apporti del privato

87

Si rinvia, in proposito, a F. FARRI, Sull’applicabilità dell’art. 21-octies della legge n. 241/1990 agli

atti tributari, cit., 92, per l’individuazione delle fattispecie in cui può dirsi “palese che il … contenuto

dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. 88

Riprendendo le parole di un illustre autore, il giudice non può far altro che accertare che non si tratti

di difese “temerarie”, ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Cfr. A. MARCHESELLI, Gli effetti della violazione del

principio del contradditorio, cit., 2381, secondo cui si tratta di valutare se il contribuente “denunci

una violazione effettiva del suo diritto di difesa e del principio di un’istruttoria imparziale, ovvero

avanzi eccezioni capziose e dilatorie”. In questo senso in giurisprudenza, cfr. Cass., ord. 14 gennaio

2015, n. 527, cit., a mente della quale “per ottenere l’annullamento dell’atto impositivo per vizio

procedimentale di violazione del contraddittorio il contribuente dovrebbe dimostrare non che le

allegazioni che egli avrebbe proposto nel contraddittorio procedimentale erano sufficienti per

escludere la ripresa fiscale, ma solo che esse erano ragionevoli e meritevoli di considerazione, anche

nella prospettiva dell’apertura di temi istruttori non sviluppati dall’amministrazione”. 89

In questo senso, con riferimento al contraddittorio previsto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto, più

di recente, cfr. A. RENDA, Contraddittorio endoprocedimentale e invalidità dell’atto impositivo

notificato ante tempus: le sezioni unite e la prospettiva del bilanciamento dei valori in campo, in Dir.

prat. trib., n. 1/2014, 2; G. FRANSONI, L’art. 12 u.c. dello Statuto, la Cassazione ed il tally-ho, cit.,

599. In generale, in relazione alle facoltà che il contribuente esercita attraverso il contraddittorio

procedimentale, v. G. RAGUCCI, Il contraddittorio nei procedimenti tributari, cit., 209, secondo il

quale non v’è ragione perché queste facoltà non vengano considerate “alla stregua di condotte

giuridicamente rilevanti, idonee a produrre effetti sul prelievo, e consistenti nella capacità di

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

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vanno, infatti, ad incidere sul processo di formazione dell’atto impositivo e, per

questo motivo, non solo devono essere adeguatamente valutati dagli uffici

impositori, ma devono altresì indurli ad esprimere le ragioni dell’accoglimento o

meno delle considerazioni fatte dal soggetto passivo. Se così non fosse, il fisco

potrebbe sostanzialmente disinteressarsi di quanto dedotto dal contribuente e la

previsione dell’obbligo di contraddittorio rimarrebbe priva di qualsiasi pratica

efficacia90

.

Per questo motivo, il legislatore delegato, per assicurare che le valutazioni

dell’ufficio trovino concreta espressione nell’atto conclusivo del procedimento,

dovrà introdurre una disposizione che, ponendosi sulla falsariga dell’art. 37-bis,

comma 5 del d.p.r. 600 del 1973 e dell’art. 16, comma 7, del d. lgs. n. 472 del

199791

, preveda in modo espresso che il provvedimento di accertamento sia

specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle deduzioni difensive

addotte e ai documenti prodotti da privato92

. Il che significa che l’amministrazione

competente dovrà dare atto dell’analisi riservata alle giustificazioni acquisite e delle

ragioni per le quali esse vengono in tutto o in parte disattese.

Del resto, indipendentemente dal fatto che in alcune limitate ipotesi, come abbiamo

detto, la partecipazione del contribuente potrebbe essere inutile, nel momento in cui

il fisco riterrà di dare avvio al contraddittorio, dovrà allo stesso tempo garantire che

le osservazioni del contribuente non rimangano per così dire inutiliter datae, ma

vengano prese in specifica considerazione. Altrimenti, il contraddittorio anticipato

organizzare il dovere, a cui l’autorità soggiace, di considerare anche l’apporto del contribuente tra gli

elementi di fatto e di diritto da valutare prima di giungere alla decisione conforme a diritto”. 90

Sembra quindi poco condivisibile la posizione espressa con riferimento all’art. 12, u.c., dello

Statuto da S. SAMMARTINO, I diritti del contribuente nella fase delle verifiche fiscali, cit., 137,

secondo il quale la mancata valutazione delle osservazioni e delle richieste da parte degli uffici

impositori non provocherebbe alcuna conseguenza sull’atto impositivo. Contrario a questa

impostazione è invece D. STEVANATO, Buona fede e collaborazione nei rapporti tra fisco e

contribuente, in in AA. VV., Lo Statuto dei diritti del contribuente, cit., 156. 91

L’avviso di accertamento relativo ad una fattispecie di elusione fiscale deve essere specificatamente

motivato con riferimento alle giustificazioni rese dal contribuente; per questo motivo l’obbligo

motivazionale di cui all’art. 42 del d.p.r. n. 600 del 1973 e all’art. 7 dello Statuto dei diritti del

contribuente dovrà essere debitamente integrato sulla base delle informazioni emerse in sede di

contraddittorio; sul punto, cfr. M. BASILAVECCHIA, Per l’effettività del contraddittorio, in Corr. trib.,

2009, 2369 e L. TOSI, Gli aspetti procedurali dell’applicazione delle norme antielusive, in Corr. trib.,

2006, 3119. Nello stesso senso, in relazione all’art. 16, comma 7, del d. lgs. n. 472 del 1997, v. V.

FICARI, Prime considerazioni su partecipazione e procedimento nell'applicazione delle sanzioni

amministrative tributarie, in Rass. trib., n. 5/2000, 1413. 92

Nello stesso senso, con riferimento all’art. 12, u.c., dello Statuto, cfr. G. FRANSONI, L’art. 12 u.c.

dello Statuto, la Cassazione ed il tally-ho, cit., 603.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

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sarebbe fortemente ridimensionato, rischiando di diventare un passaggio puramente

formale: l’ufficio, infatti, potrebbe limitarsi a dare avvio al procedimento, per poi

disinteressarsi di tutte le eccezioni proposte, senza alcun obbligo di giustificare le

ragioni che lo hanno condotto a detta scelta.

In buona sostanza, l’obbligo di valutazione delle osservazioni difensive del

contribuente rappresenta una forma di integrazione e completamento dell’obbligo di

motivazione previsto dall’art. 7 dello Statuto93

, per cui il suo mancato rispetto non

potrà non inficiare il provvedimento impositivo, che, indipendentemente dalla sua

correttezza sostanziale, sarà comunque privo di un elemento essenziale che ne

provocherà la nullità assoluta ed insanabile.

6. Considerazioni conclusive

Alla luce delle osservazioni svolte, è evidente il ruolo centrale che il principio del

contraddittorio è venuto ad assumere nel procedimento tributario, quale strumento di

applicazione rigorosa e generalizzata, non più soltanto da parte dell’organo

giurisdizionale, ma anche da parte dell’amministrazione finanziaria. La l. n. 23 del

2014 ha rappresentato, dunque, il coronamento di un percorso già da tempo

intrapreso dal legislatore nazionale, sebbene non ancora pienamente recepito nella

sua pratica applicazione, come del resto dimostra il recente rinvio alle Sezioni

Unite94

, che propone un intervento della Corte proprio sulle questioni alle quali si

ritiene che i decreti delegati dovrebbero dare soluzione, ossia: a) l’individuazione di

una fonte interna del principio; b) le modalità della sua attuazione; c) le conseguenze

in caso di violazione.

Dal complesso delle sparse previsioni contenute nella delega ne risulta, quindi, la

necessità che la pretesa tributaria trovi oggi legittimazione attraverso la

procedimentalizzazione di una “decisione partecipata”95

, che si sostanzi nella tutela,

93

Con riferimento all’art. all’art. 12, u.c., dello Statuto, cfr. A. BUSCEMA, Statuto del contribuente: la

tutela effettiva dell’art. 12, in Il Fisco, 2002, 1465, per il quale “il comma è visto anche quale

completamento della motivazione dell’avviso di accertamento che ne potrebbe seguire, poiché gli

uffici non potranno ignorare le osservazioni di parte. Deve essere, di conseguenza, coordinato con

l’art. 7 dello Statuto. La carenza di motivazione conduce alla nullità dell’atto”. Nello stesso senso v.

E. CERIANA, Osservazioni difensive ai processi verbali di constatazione (art. 12 comma 7 legge n.

212/2000); quale funzione per il termine di 60 giorni?, in Dial. dir. trib., 2004, 531. 94

Cfr. Cass., ord. 14 gennaio 2015, n. 527, cit. 95

L’espressione “decisione partecipata” è tratta dalla recente pronuncia della Cassazione, SS. UU.,

sent. 18 settembre 2014, n. 19667, cit., 937, a mente della quale “il contraddittorio endo-

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

100

in via generale, del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione, cui

all’art. 97 della Costituzione, intesi non solo come garanzia del corretto

funzionamento e dell’economicità dell’agire del fisco, ma anche come caposaldo

della tutela dei diritti dei soggetti coinvolti dall’attività amministrativa. Non

bastasse, nelle fattispecie di maggiore conflittualità, occorrerà altresì garantire il

diritto fondamentale alla difesa, cui all’art. 24 della Costituzione, non potendosi

contestare che la funzione della partecipazione del privato non può che essere

duplice, riguardando sia le esigenze di protezione del contribuente, sia la correttezza

e l’equità dell’attività dell’amministrazione96

. Solo così i decreti delegati potranno

rappresentare una vera e propria rivoluzione culturale, che consentirà alla

giurisprudenza nazionale di emulare la Corte di Giustizia europea97

, superando

l’ormai vetusta impostazione per cui il diritto al contraddittorio, quale espressione

del diritto di difesa, sarebbe proprio solo della fase processuale98

.

Unico limite a questa impostazione, se di limite si può parlare, è rappresentato dalla

necessità di evitare che il contribuente consegua un indebito vantaggio fiscale, così

da scongiurare il rischio di convertire un mezzo di perequazione in un’arma del

torto, celata dietro le mentite spoglie della santità dei principi sanciti dalla

Costituzione e recentemente più analiticamente esplicitati dalla legge delega, con la

conseguenza di rovesciare le garanzie e trasformare presidi di giustizia in cause di

profonda ingiustizia.

procedimentale […] costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento cui dare

attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa”. 96

In questo senso, da ultimo, cfr. F. TUNDO, Diritto al contraddittorio endo-procedimentale anche in

assenza di previsione normativa, cit., 3022, secondo il quale “il diritto del destinatario del

provvedimento di essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’ineliminabile diritto di

difesa del cittadino, presidiato dall’art. 24 Cost. e il buon andamento dell’amministrazione,

contemplato dall’art. 97 Cost.”. 97

Cfr., per tutte, Corte di Giustizia UE, sent. 3 luglio 2014, nelle cause riunite C – 129/13 e C. –

130/13, cit., che ribadisce che “il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale

del diritto dell’Unione di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento costituisce parte

integrante”. 98

Cfr. Cass., 3 agosto 2012, n. 14026, in banca dati Fisconline, secondo cui “occorre distinguere il

principio del contraddittorio inteso come espressione del diritto di difesa nel processo – declinato nel

duplice senso di contrapposizione argomentativa alle tesi sostenute da parte avversa e di deduzione e

partecipazione alla formazione della prova, dall’intervento del privato nel procedimento

amministrativo, inteso invece come facoltà di introduzione di ulteriori elementi in fatto e diritto a

completamento della fattispecie concreta sulla quale la pubblica amministrazione è chiamata a

provvedere in funzione dell’attuazione dell’interesse pubblico, e dunque come “collaborazione” del

privato – nella fase istruttoria – diretta all’acquisizione di tutti gli elementi conoscitivi e valutativi

indispensabili all’esercizio della potestà autoritativa”. Queste argomentazioni sono state riprese

pedissequamente da Cass., 12 febbraio 2014, n. 3142, cit.

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N. Zanotti – Il contraddittorio preventivo…

101

Ragionando in questi termini ne escono «rinvigoriti» i principi ed i criteri direttivi

della nostra materia, ai quali possiamo assegnare una funzione centrale nell’ambito

della valorizzazione della partecipazione del contribuente all’azione accertatrice.

Questa normativa, infatti, contestualizzata, palesa una chiara volontà di attribuire al

contribuente un ruolo determinante nell’accertamento del “vero e giusto tributo”99

.

Di conseguenza, il legislatore delegato prima e l’amministrazione finanziaria poi,

che tale normativa non possono ignorare, sono chiamati a garantire il

contraddittorio, in quello «spirito di dialogo» che rappresenta una delle facce della

democrazia100

.

In altre parole, occorre uscire da una lettura atomistica delle previsioni normative

contenute nella delega fiscale, giacché esse oggi rappresentano senz’altro un anello

fondamentale del sistema tributario e dei principi che lo informano. Ed, infatti, come

ricordava De Mita101

, al momento dell’approvazione dello Statuto, “ciò che conta …

è il significato politico ed istituzionale di una legge che è destinata ad aprire una

breccia nell’ordinamento tributario”. Questa breccia è oggi rappresentata dalla

volontà di porre sullo stesso piano l’interesse fiscale ed i diritti del contribuente,

anche attraverso l’applicazione del contraddittorio ad ogni fase anteriore

all’emanazione del provvedimento.

Nicolò Zanotti

99

Cfr. F. MOSCHETTI, Il “principio democratico” sotteso allo Statuto dei diritti del contribuente, cit.,

736, secondo il quale con lo Statuto dei diritti del contribuente comincia una rivoluzione culturale:

“non più l’amministrazione solo punitiva e sanzionatoria, ma anche preventiva, difensiva, ausiliaria

pro contribuente; in una parola “giustiziale”, perché prevalga il diritto, l’obbligazione dovuta per

legge, anziché un malinteso interesse di parte”. Sul fine di giustizia della pubblica amministrazione, v.

G. RAGUCCI, Il contraddittorio nei procedimenti tributari, cit., passim. L’illustre autore sottolinea

come l’interesse pubblico e quello privato confluiscano e siano soddisfatti dall’attuazione del giusto

tributo: “se c’è una ragione per introdurre forme di partecipazione del contribuente al procedimento

tributario, questa è tra tutte la più valida”. 100

Cfr. G. ZAGREBESKY, Imparare democrazia, Torino, 2007, 21, secondo il quale “la democrazia è

discussione, ragionare insieme. È, per ricorrere ad un’espressione socratica, filologia non misologia”.

Per F. MOSCHETTI, Il “principio democratico” sotteso allo Statuto dei diritti del contribuente, cit.,

736, “è stata invertita una tendenza e, soprattutto, è stato raccolto (da Vanoni) e reso concreto un

importante principio: è partendo dai diritti del contribuente che, nello Stato democratico, si persegue

l’interesse fiscale”, per cui non può esistere nella nostra materia una nuova forma di valore supremo,

“sub specie di interesse fiscale, che possa affievolire il primato dei diritti della persona”. 101

Cfr. E. DE MITA, Verso l’approvazione dello Statuto del contribuente, in Politica e diritto dei

tributi in Italia. Dalla riforma del 1971 ad oggi, Milano, 2000, 497.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

102

Nicola Mazza

Brevi note critiche alla sentenza 11 febbraio 2015, n.10 della Corte

Costituzionale sull’illegittimità della Robin Hood Tax

Abstract: E' costituzionalmente illegittimo, a decorrere dal giorno successivo alla

pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, per

violazione degli artt.3 e 53 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza e della

proporzionalità, per incongruità dei mezzi approntati dal legislatore rispetto allo

scopo, in sé e per sé legittimo, l'art.81, co.16, 17 e 18, del D.L. n.112 del 2008 (e

successive modificazioni), che dispone un prelievo aggiuntivo, qualificato

"addizionale" all'IRES, da applicarsi alle imprese operanti in determinati settori, tra

cui la commercializzazione di benzine, petroli, gas e oli lubrificanti, che abbiano

conseguito nel periodo d’imposta precedente ricavi superiori a 25 milioni di euro

(successivamente ridotti sino 3 milioni con reddito di almeno 300.000 euro).

SOMMARIO: Introduzione. 1. Eccezioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2. Trattazione delle eccezioni del rimettente. 3. Efficacia temporale della sentenza. 4.

Brevi osservazioni critiche sulla graduazione degli effetti temporali delle sentenze

della Corte.

Introduzione

La Corte Costituzionale ha dichiarato la non conformità alla Costituzione della c.d.

Robin Hood Tax (art. 81, commi 16, 17, 18, del D.L. n.112 del 2008 e successive

modifiche). La sentenza ha aperto dibattiti e scambi di vedute tra gli operatori della

materia. Spunti di pensiero, puntuali e obiettivi, vengono da Assonime -circolare n. 5

del 6 marzo 2015 – cui rinviamo, soprattutto per una corretta collocazione degli

effetti della sentenza.

Qui interessa rilevare e “criticare” il valore sistematico della sentenza.

La decisione rappresenta un utile “caso di scuola”; spunti di studio e di

approfondimento possono trarsi dalla trattazione delle eccezioni opposte dalla

Presidenza del Consiglio dei Ministri e delle censure di merito sollevate dai giudici a

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

103

quo; la particolarissima modulazione dell’efficacia temporale della declaratoria di

incostituzionalità impone, poi, approcci e sistemazioni ai più alti vertici nella

gerarchia dei principi costituzionali.

1. Eccezioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri

La Presidenza del Consiglio dei Ministri avrebbe voluto venisse dichiarata

l’inammissibilità per “jus superveniens”. E’ noto, infatti, che l’applicabilità al caso in

trattazione di discipline introdotte successivamente alla remissione al giudice delle

leggi comporta che gli atti vengano restituiti al giudice a quo, a che le eccezioni

siano riconsiderate alla luce del mutato stato dell’arte.

Vale precisare come rappresenti jus superveniens non solo quello derivante da

interventi del legislatore, ma anche quello ritraibile da pronunce di accoglimento

della stessa Corte costituzionale o da pronunce interpretative della Corte di Giustizia

dell’Unione Europea.

La Corte disattende l’eccezione formulata dalla Presidenza Consiglio Ministri;

entrando nel merito delle novità normative, infatti, ne conclude per l’inidoneità a

rimediare alle doglianze formulate (al contrario, secondo la Corte, queste restano

estensibili alle nuove disposizioni).

Altra eccezione (di inammissibilità) formulata dalla Presidenza è quella del difetto,

nell’ordinanza di remissione, di sufficiente motivazione sulla rilevanza e sulla non

manifesta infondatezza1. Il giudizio di rilevanza, ricordiamo, è un passaggio

ineludibile dell’ordinanza con cui il giudice a quo rimette la questione alla Corte, lo

stesso deve essere sufficientemente svolto, in quanto, dimostrando come il caso in

trattazione non possa essere deciso senza l’applicazione della legge sospettata di

violare la Costituzione, garantisce la concretezza delle censure svolte e l’utilità del

1 Art. 23 L. 87/1953: “Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti

o il pubblico

ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza,

indicando:

a) le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da

illegittimità costituzionale;

b) le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate.

L'autorità giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla

risoluzione della questione di legittimità costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia

manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza

con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata

trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso”.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

104

giudizio (non essendo la Corte Costituzionale un organo consultivo o svolgente

attività consulenziale). Quello sulla “non manifesta infondatezza” è, per altro verso,

un essenziale controllo preliminare sull’esistenza di un fumus di fondatezza della

questione di illegittimità costituzionale, la cui funzione è, evidentemente, quella di

filtro.

Secondo la Presidenza, il giudice a quo si sarebbe limitato ad aderire alle doglianze

del ricorrente.

Rileviamo come, sul punto, si sia formato un orientamento giurisprudenziale univoco

(v. ordin. 320/2003) in base al quale è carente di motivazione l’atto di remissione alla

Corte che rinvia puramente e semplicemente ai motivi indicati in un atto esterno.

La Corte conferma tale orientamento e rigetta l’eccezione, ritenendo la motivazione

sussistente, in quanto il giudice a quo non ha operato un mero rimando alle

argomentazioni di parte, ossia ad un atto estraneo, ma ha esposto dettagliatamente

tali eccezioni, concludendo che “la Commissione concorda con le suddette

considerazioni e ritiene rilevante, posto che la presenza della norma

nell’ordinamento osta al richiesto rimborso, e non manifestamente infondata la

questione di legittimità costituzionale della norma secondo i profili dedotti dalla

Ricorrente.”

A dire il vero la rilevanza della questione andava supportata anche attraverso la

precisa verifica in capo alla ricorrente di tutti i presupposti dell’imposta (la carenza

di questi, infatti, abiliterebbe comunque al rimborso, sottraendo rilevanza alla

questione sulla conformità costituzionale della legge), cosa non operata dal giudice a

quo. La Corte supera tale manchevolezza formale ritenendo del tutto implausibile il

dubbio di carenza dei presupposti applicativi dell’addizionale.

2. Trattazione delle eccezioni del rimettente

La prima doglianza riguarda la violazione dell’art. 77 Costituzione, in quanto

l’introduzione della RHT tramite decreto legge, sarebbe avvenuta in assenza dei

presupposti di “necessità ed urgenza”.

La Corte, dapprima, afferma che il vizio denunciato, ove verificato, comporterebbe

l’illegittimità della disciplina, non ammettendosi sanatoria per via dalla conversione

in legge. Poi precisa che il vizio ricorre nei soli casi di “evidente mancanza dei

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

105

presupposti di straordinaria necessità ed urgenza … o di manifesta irragionevolezza

o arbitrarietà della relativa valutazione”. Rispetto a tali premesse, la Corte afferma

che la notoria situazione di emergenza economica posta a base del DL 112/2008

consente di escludere che si versi in una situazione di evidente carenza dei requisiti

della decretazione d’urgenza, inoltre le disposizioni denunciate, introdotte per

reperire nuove risorse al fine di fronteggiare tale emergenza e ridistribuire la

pressione fiscale, “… risultano coerenti con le finalità del provvedimento e con i

presupposti costituzionali su cui esso si fonda”.

Tale salvataggio operato dalla Corte ci sembra troppo generoso e pericoloso;

l’argomento “crisi economica” non è particolare della specifica misura, esso è

generalmente richiamabile dal 2008, se non prima, per ogni esigenza finanziaria

dello Stato, nel senso che nessuna connessione obiettiva è seriamente instaurabile tra

i due termini (presupposto d’urgenza e misura per ovviarvi) , con il rischio di dare

legittimazione ad usi anche sconsiderati dello strumento del decreto legge. Diverso

sarebbe stato pretendere un collegamento chiaro ad un’indifferibile, non

pronosticabile e ben specificata esigenza finanziaria. Il tema è molto delicato e

sconfina nella discussione, a dire il vero oramai poco corrente tra i giuristi del diritto

tributario, del legittimo uso dei percorsi di produzione normativa stabiliti

dall’ordinamento2.

Importante rilevare come la Corte puntualizzi la carenza, nell’ordinanza di

remissione, di “… argomentazioni valevoli ad attestare la manifesta irragionevolezza

e arbitrarietà della valutazione governativa sulla sussistenza dei presupposti della

decretazione d’urgenza”. In effetti, merita considerare come la Corte, in punto di

principio, non abbia, poteri per articolare od integrare, motu proprio, censure alle

leggi3.

In ordine alla seconda doglianza dei giudici a quo, relativa alla violazione della

riserva di legge di cui all’articolo 23 Costituzione, la Corte riafferma la propria

2 Oltre che ad un abuso dello strumento del decreto legge, si assiste ad una sempre più intensa opera di

introduzione di norme ad opera di fonti secondarie, difficilmente raccordabili a leggi-delega. 3 Altra cosa sono i poteri della Corte, di cui all’art. 27, L. 83/1957: “La Corte costituzionale, quando

accoglie una istanza o un ricorso relativo a questione di legittimità costituzionale di una legge o di un

atto avente forza di legge, dichiara, nei limiti dell'impugnazione, quali sono le disposizioni legislative

illegittime. Essa dichiara, altresì, quali sono le altre disposizioni legislative, la cui illegittimità deriva

come conseguenza dalla decisione adottata”. In effetti la Corte si è spinta anche a dichiarare

illegittime norme non denunciate, ma presupposte della disciplina oggetto di censura (v. sent.

288/2001).

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

106

consolidata posizione: il decreto legge rientra tra gli atti che rispettano la riserva di

legge, tanto più che è garantita la partecipazione dell’organo rappresentativo

attraverso la conversione.

La declaratoria di illegittimità costituzionale si impone, invece, avuto riguardo agli

artt. 3 e 53 della Costituzione.

Afferma la Corte che: “Ai sensi dell’art. 53 Cost., infatti, la capacità contributiva è il

presupposto e il limite del potere impositivo dello Stato e, al tempo stesso, del dovere

del contribuente di concorrere alle spese pubbliche, dovendosi interpretare detto

principio come specificazione settoriale del più ampio principio di uguaglianza di cui

all’art. 3 Cost. (sentenze n. 258 del 2002, n. 341 del 2000 e n. 155 del 1963)”.

La Corte precisa, però, come “la Costituzione non impone affatto una tassazione

fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le

tipologie di imposizione tributaria»; piuttosto essa esige «un indefettibile raccordo

con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di

progressività, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del

principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico

sociali esistenti di fatto alla libertà ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in

spirito di solidarietà politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione) …..

cosicché in questo ambito il giudizio di legittimità costituzionale deve vertere

sull’uso ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto dei suoi poteri

discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la coerenza interna della

struttura dell’imposta con il suo presupposto economico, come pure la non

arbitrarietà dell’entità dell’imposizione”.

E’ importante chiarire come la valutazione della Corte non può riguardare le scelte

discrezionali di politica fiscale attuate dal Legislatore (art. 28, L. 87/1953: “Il

controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza

di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del

potere discrezionale del Parlamento”).

Nel merito ci si attenderebbe, viste le premesse, che la verifica di legittimità della

RHT debba passare per una compiuta analisi della redditività del settore “inciso” e

non possa che sostanziarsi nel preciso riscontro di indici di redditività evidentemente

più “performanti” (come si dice in ambito finanziario) di quelli degli altri settori

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

107

industriali (tali indici ben potrebbero essere il R.O.E. – redditività del capitale

investito – e il R.O.S. - redditività delle vendite). La Corte – non disponendo

probabilmente di simiglianti rilevazioni - si è diffusa nella descrizione di caratteri del

settore, certamente non dirimenti quanto ad individuazione di capacità contributiva

(si parla di scarsa competizione tra le imprese, di alte barriere all’ingresso per

potenziali nuovi competitors, di dinamiche di mercato che faticano ad affermarsi, di

domanda con risposta anelastica agli incrementi di prezzo), sulla cui base “… non è

del tutto implausibile ritenere che questo settore di mercato possa essere

caratterizzato da una redditività, dovuta a rendite di posizione, sensibilmente

maggiore rispetto ad altri settori, così da poter astrattamente giustificare, specie in

presenza di esigenze finanziarie eccezionali dello Stato, un trattamento fiscale ad

hoc”.

La Corte, comunque, pur ritenendo sussistere nel caso di specie i prodromi che

legittimerebbero un’imposizione differenziata, rileva come gli stessi non trovino

proporzionale e ragionevole traduzione nella struttura dell’imposta: “…il vizio di

irragionevolezza è evidenziato dalla configurazione del tributo in esame come

maggiorazione di aliquota che si applica all’intero reddito di impresa, anziché ai

soli “sovra-profitti”; dall’assenza di una delimitazione del suo ambito di

applicazione in prospettiva temporale o di meccanismi atti a verificare il perdurare

della congiuntura economica che ne giustifica l’applicazione; dall’impossibilità di

prevedere meccanismi di accertamento idonei a garantire che gli oneri derivanti

dall’incremento di imposta non si traducano in aumenti del prezzo al consumo”.

Tali vizi segnano le sorti della RHT (rectius della disciplina che l’ha introdotta).

3. Efficacia temporale della sentenza

Rappresenta il dato di maggiore innovatività ed interesse della sentenza; la Corte,

infatti, per via di un’elaborata motivazione, afferma la cessazione degli effetti della

disciplina dichiarata illegittima a far data dal giorno successivo a quello di

pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della sentenza, ossia senza interessamento dei

rapporti tributari insorti sino a tale momento, ancorchè non esauriti.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

108

Il principio generale (art. 136 Costituzione e art. 30, L. 87/1953), come noto, postula

l’efficacia retroattiva delle declaratorie di incostituzionalità, nel senso che la legge

cassata non può essere più applicata ai casi pendenti.

La Corte riafferma tale stato dell’arte: “è pacifico che l’efficacia delle sentenze di

accoglimento non retroagisce fino al punto di travolgere le «situazioni giuridiche

comunque divenute irrevocabili» ovvero i «rapporti esauriti». Diversamente ne

risulterebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici (sentenze n. 49 del 1970,

n. 26 del 1969, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966). Pertanto, il principio della

retroattività «vale […] soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente

esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata

invalida» (sentenza n. 139 del 1984, ripresa da ultimo dalla sentenza n. 1 del 2014).

In questi casi, l’individuazione in concreto del limite alla retroattività, dipendendo

dalla specifica disciplina di settore – relativa, ad esempio, ai termini di decadenza,

prescrizione o inoppugnabilità degli atti amministrativi – che precluda ogni ulteriore

azione o rimedio giurisdizionale, rientra nell’ambito dell’ordinaria attività

interpretativa di competenza del giudice comune (principio affermato, ex plurimis,

sin dalle sentenze n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970)”.

Ma aggiunge: “..ulteriori limiti alla retroattività delle decisioni di illegittimità

costituzionale possono derivare dalla necessità di salvaguardare principi o diritti di

rango costituzionale che altrimenti risulterebbero irreparabilmente sacrificati. In

questi casi, la loro individuazione è ascrivibile all’attività di bilanciamento tra

valori di rango costituzionale ed è, quindi, la Corte costituzionale – e solo essa – ad

avere la competenza in proposito”.

Preme rilevare come, più in generale, l’esigenza di bilanciamento dei principi

costituzionali stia alla base della prassi della Corte di emanare sentenze

“manipolative” (con le quali la Corte non si limita ad essere un “legislatore

negativo”, ma interviene sulla disposizione normativa, trasformandola).

La Corte chiama a supporto della decisione, suoi precedenti (sentenze n. 423 e n. 13

del 2004, n. 370 del 2003, n. 416 del 1992, n. 124 del 1991, n. 50 del 1989, n. 501 e

n. 266 del 1988), pur ammettendo la non sovrapponibilità delle circostanze

interessate da tali pronunce al caso in trattazione.

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

109

Secondo la Corte: “... così come la decisione di illegittimità costituzionale può essere

circoscritta solo ad alcuni aspetti della disposizione sottoposta a giudizio – come

avviene ad esempio nelle pronunce manipolative – similmente la modulazione

dell’intervento della Corte può riguardare la dimensione temporale della normativa

impugnata, limitando gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale sul

piano del tempo”.

Né la Corte intravede un problema sulla “rilevanza” del giudizio di legittimità della

legge ai fini della decisione dovuta dal giudice di merito, in quanto tale requisito

“vale per il giudice a quo, ai fini della prospettabilità della questione, ma non anche

per la Corte ad quem”. Inoltre, rileva la Corte, la salvezza degli effetti della

disciplina dichiarata illegittima anche con riferimento ai rapporti non esauriti, non

esclude che il ricorrente otterrebbe dei benefici dalla sentenza in termini di rimozione

per il futuro.

Conclude la Corte: “Naturalmente, considerato il principio generale della

retroattività risultante dagli artt. 136 Cost. e 30 della legge n. 87 del 1953, gli

interventi di questa Corte che regolano gli effetti temporali della decisione devono

essere vagliati alla luce del principio di stretta proporzionalità. Essi debbono,

pertanto, essere rigorosamente subordinati alla sussistenza di due chiari

presupposti: l’impellente necessità di tutelare uno o più principi costituzionali i

quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di

mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia

limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei

valori in gioco”.

Preparati in questi termini i presupposti per una sentenza a dir poco innovativa, la

Corte individua nel pericolo di “grave violazione dell’equilibro di bilancio ai sensi

dell’art. 81 Costituzione” l’esigenza di graduare gli effetti temporali della propria

decisione.

Secondo la Corte: “L’impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti

tributari connesse alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 81,

commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni,

determinerebbe, infatti, uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da

implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venire

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

110

meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione europea e

internazionale (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.) e, in particolare, delle previsioni

annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilità in cui tale entrata è stata

considerata a regime. Pertanto, le conseguenze complessive della rimozione con

effetto retroattivo della normativa impugnata finirebbero per richiedere, in un

periodo di perdurante crisi economica e finanziaria che pesa sulle fasce più deboli,

una irragionevole redistribuzione della ricchezza a vantaggio di quegli operatori

economici che possono avere invece beneficiato di una congiuntura favorevole. Si

determinerebbe così un irrimediabile pregiudizio delle esigenze di solidarietà sociale

con grave violazione degli artt. 2 e 3 Cost.”

L’iter motivazionale impone alla Corte le seguenti conclusioni: “La cessazione degli

effetti delle norme dichiarate illegittime dal solo giorno della pubblicazione della

presente decisione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica risulta, quindi,

costituzionalmente necessaria allo scopo di contemperare tutti i principi e i diritti in

gioco, in modo da impedire «alterazioni della disponibilità economica a svantaggio

di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri […] garantendo il rispetto dei principi

di uguaglianza e di solidarietà, che, per il loro carattere fondante, occupano una

posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali» (sentenza

n. 264 del 2012). Essa consente, inoltre, al legislatore di provvedere

tempestivamente al fine di rispettare il vincolo costituzionale dell’equilibrio di

bilancio, anche in senso dinamico (sentenze n. 40 del 2014, n. 266 del 2013, n. 250

del 2013, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966), e gli obblighi comunitari

e internazionali connessi, ciò anche eventualmente rimediando ai rilevati vizi della

disciplina tributaria in esame”.

4. Brevi osservazioni critiche sulla graduazione degli effetti temporali delle sentenze

della Corte

La possibilità, per la Corte Costituzionale, di graduare gli effetti delle proprie

sentenze rappresenta una deroga all’art. 136 della Costituzione (“Quando la Corte

dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di

legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione

della decisione”) e all’art. 30 L. 87/1953 (“Le norme dichiarate incostituzionali non

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

111

possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della

decisione”).

Secondo la teoria generale del diritto, il procedimento è una concatenazione di atti,

necessari o possibili, avente come elemento ontologico la stretta predeterminazione

degli effetti giuridici di ciascun atto della sequenza. Nel procedimento

giurisdizionale tale predeterminazione, evidentemente, riguarda anche la sentenza.

Qui preme, in via di estrema sintesi, porre in risalto i rischi connessi ad una

generalizzazione dell’orientamento adottato nella sentenza 10/2015, pur nella

consapevolezza che, con il richiamo del criterio di stretta proporzionalità, la Corte ha

tenuto a rimarcare gli specialissimi profili della fattispecie in trattazione ed eretto un

argine all’esportabilità ad altri casi.

Ad avallo della (propria) potestà di graduazione degli effetti delle sentenze, la Corte

richiama taluni suoi precedenti4.

Nessuno dei precedenti giurisprudenziali concerne casi, come quello della RHT, di

prestazioni patrimoniali imposte dallo Stato, ossia un ambito di esasperata

contrapposizione d’interessi, composto di precetti tutelati da sanzioni di tipo

4 Di seguito riportiamo i tratti salienti delle decisioni incluse nella rassegna indicata.

La sentenza 370/2003 dichiara la illegittimità costituzionale di una legge regionale manipolando gli

effetti, in considerazione del fatto che “La particolare rilevanza sociale del servizio degli asili-nido,

relativo a prestazioni che richiedono continuità di erogazione in relazione ai diritti costituzionali

implicati, comporta peraltro che restino salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se

non esauriti”.

Con sentenza 266/1988, la Corte dichiara illegittima una legge (disciplinante la formazione

dell’organo di autogoverno della magistratura militare), con la seguente precisazione: “ Va chiarito

che la decisione che qui si va ad assumere non tocca in alcun modo gli atti amministrativi e

giurisdizionali già posti in essere in conseguenza del disposto di cui alla norma impugnata, tenuto

conto della ricordata, necessaria gradualità nella completa attuazione della normativa costituzionale

in materia e delle difficoltà contingenti che hanno potuto "rallentare" la preindicata attuazione”.

La sentenza 50/1989 si occupa del principio della pubblicità dell’udienza nel processo tributario, e

concludendo per la incostituzionalità della norma che lo esclude afferma: “Va precisato al riguardo

che, stante la gradualità con la quale è avvenuta detta evoluzione, soltanto ora può considerarsi

realmente verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale. La declaratoria di illegittimità

costituzionale non può avere e non ha alcuna conseguenza sugli atti pregressi e sui provvedimenti

emessi anteriormente alla data di pubblicazione della sentenza, i quali rimangono tutti pienamente

validi. In altri termini, il requisito della pubblicità opera esclusivamente per i procedimenti pendenti

successivamente alla data prevista dall'art. 136, primo comma, della Costituzione, ferme restando le

attività compiute ed i provvedimenti emessi anteriormente a tale data, nella vigenza della norma ora

dichiarata costituzionalmente illegittima (nello stesso senso la Corte si è orientata con la sentenza n.

266 del 1988 sulla magistratura militare)”.

Anche le sentenze 124/1991 e 416/1991 si occupano di leggi sanzionate per illegittimità costituzionale sopravvenuta (ossia a decorrer da una certa data).

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

112

amministrativo e di tipo penale. Nessuno dei precedenti, soprattutto, salvaguarda per

una lasso temporale lungo parecchi esercizi (sette o forse più, sul punto si discute)

prestazioni patrimoniali imposte dallo Stato in modo illegittimo.

La graduazione degli effetti temporali delle declaratorie di illegittimità costituzionale

in ambito di imposte è faccenda, in effetti, delicatissima. Essa pone in crisi schemi

tipici e fondamentali entro i quali trovano allocazione le categorie del corretto

affidamento nell’efficacia delle norme, delle decadenze dalle tutele apprestate

dall’ordinamento, degli effetti della durata del processo.

Preme chiarire come al contribuente, che voglia gestire con diligenza ed attenzione i

rapporti tributari di cui è parte, non basti affidarsi all’apparente legittimità ed

efficacia di una legge, in quanto è suo preciso onere quello di interpretarla,

applicarla o anche disapplicarla alla luce dei sovra-ordinati principi costituzionali.

Si ipotizzi l’introduzione di un prelievo attraverso una disciplina non conforme alla

Costituzione; il destinatario sarebbe gravato dell’onere di non applicare la norma

illegittima o, comunque, di reagire.

Più precisamente il contribuente avrebbe l’onere di:

- violare il precetto portato dalla disciplina (da lui reputata) illegittima, nel

senso di sottrarsi al prelievo; a ciò normalmente seguirà la contestazione da

parte dell’Amministrazione e, a questa, il contenzioso, in seno al quale il

contribuente dovrà denunciare l’illegittimità della norma, andando, nel caso

di fondatezza della sua denuncia, esente da sanzione; in alternativa e senza

correre i rischi insiti in tale prima condotta

- attenersi allo schema del solve et repete, ossia subordinarsi al prelievo,

facendo seguire, nei termini di legge, la richiesta di reintegra; anche per tale

via, previo diniego (per lo più tacito) della richiesta, si aprirà un contenzioso,

utile a far affermare l’illegittimità costituzionale della disciplina ed in stretta

successione il diritto di ripetere dallo Stato l’indebito versamento.

Queste sono le vie che l’ordinamento appresta per il contribuente destinatario di

norme illegittime. In caso di inerzia, al compimento dei termini legali di decadenza

dall’azione di rimborso (solitamente 48 mesi dal versamento), il rapporto tributario

diviene non più discutibile (rapporto c.d. esaurito), seppur dovesse sopraggiungere la

dichiarazione di illegittimità costituzionale della disciplina.

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

113

Tutto ciò, peraltro, collima con la natura dichiarativa e non costitutiva delle

declaratorie di illegittimità costituzionale, essendo che la Corte semplicemente ri-

afferma la supremazia della fonte primaria espungendo la norma insubordinata.

La salvezza degli effetti di leggi dichiarate illegittime sui rapporti tributari non

ancora esauriti, in deroga all’art. 136 della Costituzione, mina alle basi tale

ordinamento, con il risultato di:

- mantenere illecita e sanzionabile (amministrativamente) la condotta di chi

non ha adempiuto alla legge (pur dichiarata) illegittima e

- di rendere irta ed incerta la strada per sottrarre a responsabilità penali coloro

che “a ragione” hanno disapplicato la norma illegittima5,

- di non consentire alcuna ripetizione dell’imposta cautelativamente versata,

- di porre la durata del processo, per intero, a danno del ricorrente che ha

correttamente valutato della illegittimità della norma,

- di rischiare di perdere il collegamento al principio di “corrispondenza tra

chiesto e pronunciato” e al principio di “rilevanza” della declaratoria di

illegittimità costituzionale sul giudizio a quo e, persino, di lasciare la sentenza

scollegata dall’interesse ad agire del ricorrente, non avendosi alcuna garanzia

che gli effetti pro-futuro possano interessare il ricorrente (si pensi ad

un’impresa ricorrente che nelle more della decisione abbia ceduto o abbia

smesso di esercitare l’attività aziendale interessata dallo speciale illegittimo

prelievo).

A ben vedere, il soccorso che, attraverso la graduazione degli effetti temporali delle

sentenze della Corte Costituzionale, si vorrebbe portare a taluni principi

costituzionali ha, in tema di imposte, un costo altissimo, in quanto vulnera la tipicità

degli effetti degli atti processuali, rendendo imprevedibili gli effetti delle declaratorie

di illegittimità costituzionale e, dunque, lasciando i contribuenti privi dei punti di

riferimento necessari alla diligente gestione del rapporto giuridico tributario.

Venendo all’analisi dei motivi di merito che hanno determinato la Corte a tale assai

delicata operazione, troviamo che il principio ritenuto meritevole di tutela, e che

5 Il difensore avrà di che “sbracciarsi” per dimostrare che il proprio assistito non è meritevole di

sanzione penale per mancanza dell’elemento psicologico. Si precisa che l’art. 30, L. 87/1953,

stabilisce che: “Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata

sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

114

rischierebbe di restare “tiranneggiato” dagli altri principi costituzionali in azione, è il

rispetto degli equilibri finanziari nel bilancio dello Stato (art. 81 Cost.6).

A proposito della centralità nella propria giurisprudenza dell’art. 81 la Corte ha

richiamato talune sentenze7.

Tale breve rassegna dei precedenti giurisprudenziali rivela quanto innovativa sia la

sentenza 10/2015.

In tali decisioni la centralità dell’articolo 81, infatti, è si affermata, ma a fortiori di

altri principi costituzionali oppure come norma direttamente violata dalla legge

impugnata. L’uso dell’articolo 81 in funzione, di fatto, sovra-ordinata rispetto al

6 Il testo dell’articolo 81 è stato modificato dall’art. 1, L. cost. 1/2012, a decorre dal 2014: “Lo Stato

assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e

delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di

considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a

maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che

importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano

con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del

bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a

quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare

l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle

pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti

di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”. 7 Di seguito una breve esposizione dei contenuti della rassegna di sentenze richiamata.

La decisione 264/2012 si è interessata della L. 296/2006, nella parte in cui ha inciso in modo

retroattivo su taluni trattamenti previdenziali “di favore” (in quanto non parametrati, a vantaggio dei

percettori, all’ammontare dei contributi versati). In tale occasione, la Corte, affermando l’esigenza di

bilanciamento degli interessi costituzionali complessivamente in gioco, ha messo in chiara evidenza il

“vantaggio” di cui avrebbe goduto il titolare del trattamento pensionistico in discussione e rigettato le

censure di illegittimità della legge nella parte in cui risolveva, anche per i casi pendenti, tale

sproporzione. L’argomento cardine di tale decisione è stato il sovraordinato principio costituzionale di

eguaglianza e solidarietà, che riesce, nelle prospettazioni della Corte, ad avere la meglio sull’art. 117,

co. 1, della Costituzione, o meglio sul principio attuativo di tale norma, contenuto nel par. 1, art. 6,

della Convenzione Europea Diritti dell’Uomo, come interpretato dalla Corte EDU, secondo cui

«benché non sia precluso al corpo legislativo di disciplinare, mediante nuove disposizioni retroattive,

diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo

processo contenuti nel richiamato art. 6 precludono, tranne che per impellenti motivi di interesse

generale, l’interferenza del corpo legislativo nell’amministrazione della giustizia con il proposito di

influenzare la determinazione giudiziaria di una controversia». L’art. 81, in questa occasione è stato

richiamato solo a fortiori.

La sentenza 40/2014, prende in considerazione le doglianze dello Stato contro una legge della

provincia autonoma di Bolzano che intendeva affidare ad un organismo di nomina provinciale

funzioni di controllo dei conti. Il conflitto di attribuzioni tra tale organismo e la Corte dei Conti è stato

risolto con la declaratoria di illegittimità della legge provinciale in quanto in contrasto con gli artt. 81

e 117, co. 2 e ss., Costituzione (oltre che con alcuni articoli dello statuto speciale), sub specie di

controllo centrale strumentale al rispetto degli equilibri di bilancio e degli impegni europei.

Le sentenze 266/2013 e 250/2013 si occupano di leggi regionali che intendevano costruire gli equilibri

di bilancio attraverso l’uso di c.d. avanzi di amministrazione presunti. Chiaramente tali leggi

violavano l’art. 81 della Costituzione. Le sentenze 384 /1991 e 1/1966 sanzionano leggi che non

offrivano copertura finanziaria agli oneri dalle stesse introdotti, con violazione dell’art. 81.

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N. Mazza, nota a Corte Costituzionale 10/15

115

combinato degli artt. 3 e 53 della Costituzione è novità assoluta e, per taluni versi,

preoccupante.

La preoccupazione deriva, ancora una volta, dal rischio che possa generalizzarsi un

orientamento secondo cui gli equilibri del bilancio pubblico, anche se costruiti

attraverso prelievi illegittimi, restino comunque intangibili, anzi tanto più intangibili

quanto maggiore è stata la loro (illegittima) applicazione. Del pari, preoccupa che

diritti di reintegrazione patrimoniale dei cittadini possano, anzi debbano, essere

definitivamente sacrificati al fine di non far emergere un deficit nelle casse dello

Stato.

Preme rilevare come un’imposta, che violi gli artt. 3 e 53, viola anche l’art. 81 della

Costituzione, in quanto lo Stato non può costruire l’equilibrio tra proprie entrate e

spese attraverso leggi irrispettose di criteri e principi costituzionali.

Peraltro, il rischio che la restituzione del “mal tolto” possa determinare l’esigenza di

una manovra finanziaria aggiuntiva, non pare argomento dirimente, in quanto si

tratterebbe di nuova uscita “straordinaria” cui lo Stato potrebbe sopperire secondo

logiche e strumenti del tutto consueti8.

Sembra, in conclusione, non inutile richiamare l’attenzione sull’importanza dei

delicatissimi meccanismi giuridici che, per via dell’applicazione degli effetti delle

declaratorie di illegittimità costituzionale ai rapporti non ancora esauriti e della

subordinazione del legislatore agli inderogabili principi costituzionali posti a diretta

protezione del cittadino (in primis, gli artt. 3 e 53), garantisce un corretto rapporto tra

Amministrazione ed amministrati, in un ambito connotato da un’esasperata

contrapposizione di interessi.

Probabilmente, sullo strappo alle regole ha pesato l’argomento della non

irragionevolezza di un prelievo aggiuntivo sul settore petrolifero ed energetico

(purchè “congiunturale” e limitato ai sovra-profitti).

Da tale premessa deriva, presumibilmente, l’idea “di chiusura” espressa dalla Corte,

secondo cui la restituzione di quanto appreso dallo Stato in modo illegittimo

determinerebbe, in ultima analisi, un effetto redistributivo a danno delle classi più

deboli, con irrimediabile pregiudizio degli artt. 2 e 3 della Costituzione. Resta,

obiettivamente, oscura la ragione per la quale lo Stato avrebbe dovuto sopperire alle

8 Anche attraverso la rateizzazione in più anni delle restituzioni ed anche ponendo il credito tributario

a compensazione dei debiti tributari a venire.

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GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE n. 2-2015

116

insorgenti esigenze finanziarie attraverso prelievi collettivi e non anche per via di

incisioni selettive, o, ancora meglio e come si vocifera per quel che riguarda il gettito

che mancherà ai futuri bilanci, attraverso risparmi di spesa.

Complessivamente considerata, la vicenda produce effetti giuridici di dubbia

compatibilità “europea”.

Nicola Mazza

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INDICI DEL FASCICOLO n.2-2015

I

INDICE DEGLI AUTORI

Nicola Mazza Brevi note critiche alla sentenza 11 febbraio

2015, n.10 della Corte Costituzionale sull’illegittimità della Robin Hood Tax 102

Nicolò Zanotti Il contraddittorio preventivo quale principio

generale del procedimento di accertamento tributario 66

INDICE PER MATERIA

DIRITTO INTERNO Legittimità costituzionale Nicola Mazza Brevi note critiche alla sentenza 11 febbraio

2015, n.10 della Corte Costituzionale sull’illegittimità della Robin Hood Tax 102

Procedimento amministrativo Nicolò Zanotti Il contraddittorio preventivo quale principio

generale del procedimento di accertamento tributario 66

IMPOSTE SUI REDDITI

Soggetti Nicola Mazza Brevi note critiche alla sentenza 11 febbraio

2015, n.10 della Corte Costituzionale sull’illegittimità della Robin Hood Tax 102

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INDICI DEL FASCICOLO n.2-2015

II

INDICE CRONOLOGICO

Sentenze con commento

Corte Cosituzionale

11 febbraio 2015, 10/15, con nota di Nicola Mazza

Note Redazionali

Corte UE

3 febbraio 2015, causa C-172/13, con nota di B.D. 5 marzo 2015, causa n.C-553/14, con nota di F.M.

26 marzo 2015, causa n. C-499/13, con nota di A.B. 14 aprile 2015, causa n.C-76/14, con nota di F.M.

4 giugno 2015, causa n.C-285/14, con nota di F.M.

Corte di Cassazione

Sezione Tributaria

18 dicembre 2014, n.26842, con nota di A.G.

14 gennaio 2015, n.447, con nota di N.P. 11 febbraio 2015, n.2616, con nota di N.P.

19 febbraio 2015, n.3300, con nota di N.P. 20 febbraio 2015, n.3410, con nota di N.P.

24 febbraio 2015, n.3651, con nota di A.B. 24 febbraio 2015, n.3653, con nota di V.C.

24 febbraio 2015, n.3735, con nota di V.C. 25 febbraio 2015, n.3770, con nota di N.P.

27 febbraio 2015, n.4030, con nota di N.P. 27 febbraio 2015, n.4040, con nota di A.C.D.

2 marzo 2015, n.4134, con nota di N.P.

4 marzo 2015, n.4299, con nota di N.P. 4 marzo 2015, n.4312, con nota di N.P.

4 marzo 2015, n.4314, con nota di N.P. 6 marzo 2015, n.4556, con nota di V.C.

6 marzo 2015, n.4561, con nota di N.P. 6 marzo 2015, n.4574, con nota di N.P.

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INDICI DEL FASCICOLO n.2-2015

III

6 marzo 2015, n.4580, con nota di N.P.

6 marzo 2015, n.4593, con nota di A.B. 11 marzo 2015, n.4832, con nota di N.P.

11 marzo 2015, n.4862, con nota di N.P. 13 marzo 2015, n.5047, con nota di N.P.

18 marzo 2015, n.5354, con nota di A.C.D. 18 marzo 2015, n.5376, con nota di N.P.

18 marzo 2015, n.5391, con nota di F.M. 18 marzo 2015, n.5393, con nota di N.P.

18 marzo 2015, n.5400, con nota di A.B. 20 marzo 2015, n.5605, con nota di N.P.

20 marzo 2015, n.5626, con nota di N.P. 20 marzo 2015, n.5632, con nota di V.C.

25 marzo 2015, n.5958, con nota di A.B.

5 marzo 2015, n.5966, con nota di N.P. 31 marzo 2015, n.6507, con nota di E.M.

31 marzo 2015, n.6509, con nota di A.C.D. 31 marzo 2015, n.6513, con nota di N.P.

31 marzo 2015, n.6514, con nota di F.M. 2 aprile 2015, n.6743, con nota di N.P.

8 aprile 2015, n.6957, con nota di A.C.D. 8 aprile 2015, n.6980, con nota di N.P.

10 aprile 2015, n.7209, con nota di A.B. 10 aprile 2015, n.7217, con nota di N.P.

10 aprile 2015, n.7238, con nota di V.C. 15 aprile 2015, n.7561, con nota di F.M.

15 aprile 2015, n.7563, con nota di F.M. 15 aprile 2015, n.7576, con nota di A.B.

17 aprile 2015, n.7874, con nota di A.C.D.

22 aprile 2015, n.8151, con nota di N.P. 22 aprile 2015, n.8196, con nota di N.P.

24 aprile 2015, n.8337, con nota di A.C.D. 24 aprile 2015, n.8373, con nota di V.C.

29 aprile 2015, n.8630, con nota di N.P. 29 aprile 2015, n.8633, con nota di N.P.

29 aprile 2015, n.8644, con nota di N.P.