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News News Università degli Studi Roma Tre - Via Ostiense, 159 - www.uniroma3.it n. 3 - 2007 Inaugurazione del XVI Anno Accademico Parla il Rettore Guido Fabiani Donne e scienza: complessi di inferiorità addio Intervista a Margherita Hack Il tradimento dei chierici Il Prorettore Renato Moro dialoga con il pensiero di Norberto Bobbio Cittadinanza e integrazione La Carta dei valori Intervista a Carlo Cardia La marcia dei diritti umani

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Scacco matto alla mafia Le ribelli. Storie di donne che

hanno sfidato la mafia per amore

Arte e natura nel genio di LeonardoIntervista a Fritjof Capra

Arte e natura nel genio di LeonardoIntervista a Fritjof Capra

Scacco matto alla mafia Le ribelli. Storie di donne che

hanno sfidato la mafia per amore

NewsNews

Università degli Studi Roma Tre - Via Ostiense, 159 - www.uniroma3.it

n. 3 - 2007

Inaugurazione del XVIAnno Accademico

Parla il Rettore Guido Fabiani

Donne e scienza:complessi di inferiorità addio

Intervista a Margherita Hack

Il tradimento dei chiericiIl Prorettore Renato Moro dialogacon il pensiero di Norberto Bobbio

Cittadinanza e integrazioneLa Carta dei valori

Intervista a Carlo Cardia

La marcia dei diritti umani

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EditorialeDiritto e rovescio 3Ricerca scientifica, giustizia e diritti civilidi Anna Lisa Tota

Ricerca e diritti«Il tradimento dei chierici» 4Dialogo filosofico fra il Prorettore alla ricerca Renato Moro e il filosofo Norberto Bobbioa cura di Federica Martellini

Donne e diritti umani 7Luci e ombre del lento processo di ‘umanizzazione’ delle donnedi Francesca Brezzi

Non c’è pace senza giustizia 8L’esperienza di un giudice ad litem presso il Tribunale penale internazionaledi Flavia Lattanzi

La ricerca chiama, Roma Tre risponde 9Incontro con Giovanni Antonini, docente di biologia applicata su un nuovo dispositivo di analisi microbiologica di Indra Galbo

La frontiera della giustiza 10Ciudad Juárez. La città dei diritti negatidi Alessandra Ciarletti

IncontriGuido Fabiani. Inaugurazione del XVI Anno Accademico di Roma Tre 11di Monica Pepe

E. Ann Kaplan. Cultural studies 12di Veronica Pravadelli

Carlo Cardia. Cittadinanza e integrazione 15di Federica Martellini

La Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione 16Il documento

Margherita Hack. Donne e scienza: 18complessi di inferiorità addiodi Alessandra Ciarletti

TerritorioL’università in campus, Roma Tre si trasforma 20Caratteristiche e numeri del progetto realizzato dal Dipartimento di progettazione e studio dell’architettura di Roma Tre sotto la direzione scientifica del prof. Mario Panizza e il coordinamento delle residenze da parte del prof. Lorenzo Dall’Oliodi Marco Angelino

Campus e studenti 22Intervista doppia a Silvia Costa e Jean Léonard Touadia cura di Alessandra Ciarletti

Università e città, quindici anni dopo 24Lo sviluppo di Roma Tre nel quadrante Ostiense-Marconidi Carlo M. Travaglini

OrientamentoGiustizia sull’erba 25Come cambiano le guerre e il concetto di giustizia in una tesi di laurea in Relazioni internazionalidi Silvia Lippi

Teoria e pratica 26Un laboratorio della Facoltà di Economia raccontato da una studentessadi Francesca Vozza

Polisonline 27Intervista a Enrica Tedeschi, direttore responsabile della rivista scientifica della Facoltà di Scienze Politichea cura della redazione

Tante storie per un altro orientamento 28L’orientamento narrativo nei progetti sperimentali per le IV e le V classi delle scuole medie superiori di Valentina Cavalletti

RubricheOrme 29Dite la vostra… 30Non tutti sanno che… 32

RecensioniL’India mistica di Tagore e Danielou 34Il fortunato incontro artistico di due intellettuali amanti del sogno orientale di Michela Monferrini

1937, l’anno del Grande Terrore: storia e memoria in Russia 35Parla lo storico Arsenij Roginskijdi Ornella Mollica

Por la vida 35Il Teatro Palladium ospita uno spettacolo in onore delle Madres de Plaza de Mayodi Camilla Spinelli

Dalle parole ai fatti 36La seconda giornata della conferenza di Ateneo sulla ricercadi Simona Macci

Periodico dell’Università degli Studi Roma Trenumero 3/2007

Direttore responsabileAnna Lisa TotaDocente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi

Coordinamento di redazioneAlessandra Ciarletti (Resp. Ufficio orientamento) Federica Martellini (Ufficio orientamento)Divisione politiche per gli studenti

RedazioneMarco Angelino (studente del C.d.L. in Finanza), ValentinaCavalletti (Ufficio orientamento), Gessica Cuscunà (Ufficio orienta-mento), Tommaso D’Errico (studente del C.d.L. in Competenze lin-guistiche e testuali per l’editoria e il giornalismo), Indra Galbo (stu-dente del C.d.L. in Scienze politiche), Elisabetta Garuccio Norrito(Resp. Divisione politiche per gli studenti), Michela Monferrini (stu-dentessa del C.d.L. in Lettere), Monica Pepe (Resp.Ufficio stam-pa), Camilla Spinelli (studentessa del C.d.L. in Comunicazionenella società della globalizzazione)

Hanno collaborato a questo numeroFrancesca Brezzi (docente di Filosofia morale e Filosofia della diffe-renza e delegata del Rettore per le pari opportunità), RobertaEvangelista (responsabile Divisione segreterie studenti e coordina-trice della Commissione studenti), Flavia Lattanzi (docente di Dirittointernazionale e giudice presso il Tribunale penale internazionaleper la ex Yugoslavia), Silvia Lippi (studentessa laureata presso ilC.d.L. in Relazioni Internazionali), Simona Macci (studentessa del C.d.L. in Comunicazione nella società della globalizzazione),Valentina Menesatti (studentessa del C.d.L. in Filosofia della cultu-ra), Ornella Mollica (studentessa del C.d.L. in Competenze linguisti-che e testuali per l’editoria e il giornalismo), Veronica Pravadelli(docente di Teoria del cinema e Metodologie di analisi del film),Raffaele Rossi (studente IV B, Liceo scientifico Marcello Malpighi),Alessandra Rutili (Laziodisu), Carlo Maria Travaglini (docente diStoria economica e di Storia della città e del territorio e direttore delCentro di Ateneo per lo studio di Roma), Francesca Vozza (studen-tessa del C.d.L. in Economia e management)

Progetto graficoMagda PaolilloConmedia s.r.l. - Piazza San Calisto, 9 - Roma06 64561102 - www.conmedia.it

Impaginazione Edigraf s.r.l.Zona industriale - via degli Olmetti, 38 - 00060 Formello (RM)

Immagini e fotoGregory Acs, Tiziana Bartolini, Paolo Galosi, Cristian Gennari,Pierre-Yves Ginet, CROMA-CeDOT, Loris Leboffe, G. PeressG.M. Tosatti, Sonia Urdis, Aurelio Vindigni

CopertinaLa marcia dei diritti umani

StampaRomana Editrice s.r.l.Via dell'Enopolio, 37 - 00030 San Cesareo (Roma)

Registrazione Tribunale di Roma n.51/98 del 17/02/1998

Sommario

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In questo numero ci occupiamo di ricerca scientifica enon è assolutamente un caso che abbiamo scelto dideclinare questo tema in riferimento ai diritti civili. Laquestione è importante: a cosa serve la ricerca scientifi-ca? Può davvero fare ciò che promette? Può migliorarela qualità della vita, contribuire al progresso e all’eccel-lenza nelle varie discipline, promuovere la giustizia e idiritti civili? Qual è la concezione di scienza che abbia-mo in mente? E come si coniuga con la vita quotidianadei cittadini? Questo numero ospita interventi importanti: dal RettoreFabiani che, in riferimento all’inaugurazione dell’annoaccademico che quest’anno ha visto la partecipazionedella Presidente del Cile, Micelle Bachelet, ribadisce ilruolo fondamentale svolto dalle donne nella promozio-ne dei diritti. E ancora il Prorettore Renato Moro,Margherita Hack, Carlo Cardia, Francesca Brezzi,Silvia Costa, Jean Leonard Touadi, Carlo Travaglini.C’è un filo rosso, un Leitmotiv che accomuna tutte que-ste voci, pur nella differenza delle prospettive: si trattadella riflessione sui diritti civili, dell’impegno di cuiintellettuali e scienziati possono farsi carico nella prati-ca della loro attività scientifica. In parte una riflessionecritica sul concetto di intellettuale organico proposto daAntonio Gramsci o, in modo differente, dagli studiosicontemporanei di cultural studies. In definitiva daglistudenti e dalle studentesse di Roma Tre ci aspettiamoil formarsi di una nuova classe dirigente, di una nuovagenerazione di artisti, intellettuali, letterati, economisti,giornalisti, scienziati, politici, architetti… Ci aspettia-mo che i risultati della nostra attività scientifica sianoper loro stimoli per guardare la quotidianità in modo

diverso, per comprendere meglio quello che succedenel mondo anche in termini di globalizzazione, traumi,terrorismo, sfruttamento, ingiustizie, guerre, economia,etica, progresso, arte, media, ecc. L’università e laricerca non possono che servire a questo, a formare lanostra coscienza critica. La redazione di Roma Tre News, sollecita e creativacome sempre, mi ha chiesto di scrivere un editoriale chemettesse a tema il ruolo delle donne nella scienza e nellapromozione dei diritti civili. E non è un caso che diamoqui voce a donne autorevoli e importanti come AnnKaplan, Margherita Hack, Lourdes Portillo. Il ruolo delledonne nella promozione dei diritti civili attraverso la pra-tica intellettuale, artistica e scientifica è sempre di primopiano. La storia di Lourdes Portillo e di Ciudad deJuarez, di cui ci parla Alessandra Ciarletti, mi pare in talsenso emblematica: una regista americana, ma di originemessicana, che dieci anni fa mette a repentaglio la pro-pria vita per letteralmente costruire un caso, quello delledonne messicane che muoiono a centinaia, inghiottite daldeserto intorno a Juarez. Esce un documentario esplosi-vo Señorita extraviada che vince tutti i premi possibili.Amnesty International si occupa del caso, ma le giovanidonne (di età compresa tra i dodici e i trent’anni) conti-nuano a sparire, ad essere trucidate e violentate neldeserto di Juarez. Il massacro continua, sono tantissime,il governo messicano sta a guardare, i poliziotti di Juarezinvece partecipano attivamente, ma dalla parte sbaglia-ta… Sullo sfondo ci sono da una parte i processi di glo-balizzazione che portano a Juarez centinaia di giovanidonne poverissime in cerca di un’opportunità di lavoronelle nuove fabbriche; dall’altra i narcotrafficanti e ifiumi di denaro che solo il narcotraffico sa muovere.L’anno scorso esce il film Bordertown con JenniferLopez nelle vesti di un’avvenente detective che indagasul caso: persino Hollywood decide di piangere il desti-no di queste missing women. Ma a tutt’oggi mentre scri-vo questo editoriale le donne a Juarez continuano a spa-rire, perché «Juarez - come dice Lourdes Portillo - è ilmiglior luogo al mondo dove uccidere una donna e rima-nere impuniti». La ricerca scientifica, il nostro lavoropuò talora approssimarsi a quello che Lourdes Portillo hafatto per le missing women di Juarez: quando questo suc-cede, la scienza si fa promotrice dei diritti civili. Il valo-re e l’autorevolezza del sapere scientifico non sononecessariamente inficiati dalla militanza attiva, cometalora si è voluto sostenere. Scienza e giustizia non sonoun ossimoro.

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Diritto e rovescio

Anna Lisa Tota

Ricerca scientifica, giustizia e diritti civilidi Anna Lisa Tota

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«Il compito degli uomini dicultura è più che mai oggiquello di seminare dei dubbi,non già di raccogliere certez-ze. (…) Cultura significamisura, ponderatezza, circo-spezione: valutare tutti gliargomenti prima di pronun-ciarsi, controllare tutte letestimonianze prima di deci-dere, e non pronunciarsi enon decidere mai a guisa dioracolo dal quale dipenda,in modo irrevocabile, unascelta perentoria e definiti-

va. Vi è qui uno degli aspetti del “tradimento dei chie-rici”; e il più importante, a mio avviso, perchè non èlimitato dal mondo contemporaneo ma si riconnettealla figura romantica del filosofo-profeta: trasforma-re il sapere umano, che è necessariamente limitato efinito, e quindi richiede molta cautela insieme conmolta modestia, in sapienza profetica. Donde derivala posizione, così frequente tra i filosofi, di ogni pro-blema in termini di alternativa, di aut-aut, di opzioneradicale. O di qua o di là. Ascoltate il piccolo sapien-te che respira la nostra aria satura di esistenzialismo:vi dirà che i problemi non si risolvono, ma si decido-no. È come dire che il nodo – questo nodo aggroviglia-tissimo dei problemi dell’uomo nella società di oggi –non essendo possibile scioglierlo, bisogna tagliarlo.Ma, appunto, per tagliarlo, non è necessaria la ragio-ne (che è l’arma dell’uomo di cultura). Basta laspada». E ancora: «Al di là del dovere di entrare nellalotta, c’è, per l’uomo di cultura, il diritto di non accet-tare i termini della lotta così come sono posti, didiscuterli, di sottoporli alla critica della ragione».Così Norberto Bobbio in Politica e cultura (1955). Inun momento storico come quello odierno in cui forsetroppo spesso sono i dogmatismi a prevalere, quale èil ruolo della ricerca?Uno degli studiosi più attenti alla storia della democraziacontemporanea, il tedesco Karl Dietrich Bracher, ci haofferto nel suo Il Novecento. Secolo delle ideologie, unparametro importante per leggere i pericoli ricorrenti chela democrazia ha corso durante il XX secolo: ed è quel-lo del drammatico intrecciarsi tra le ripetute “accelera-zioni del progresso” (con i costi sociali e i riflessi diansie e di paure che esse provocano nelle nostre società)e la tendenza della politica a “ideologizzarsi”. La BelleEpoque ha visto la miscela esplosiva di una “secondarivoluzione industriale” in dimensioni di massa e dell’ir-rompere di ideologie antiliberali, irrazionalistiche e criti-che del progresso. Gli anni seguiti alla prima guerramondiale hanno conosciuto la “grande crisi” del capita-

lismo, l’irrompere della democrazia di massa e il paral-lelo affermarsi dei modelli totalitari. Gli anni Sessantahanno vissuto l’intreccio tra lo sviluppo di una “opulen-ta” società dei consumi, la conquista dello spazio, l’incu-bo atomico, il trionfo dei mass media, la rivoluzione ses-suale e giovanile, e la diffusione di nuove ideologie rivo-luzionarie e violente. Se l’analisi di Bracher è corretta,viviamo oggi di nuovo una fase di drammatico allarmeper le sorti della democrazia. Lucidamente lo stessoBracher aveva predetto nel 1999 che era solo un’illusio-ne quella di pensare che l’epoca delle ideologie fossefinita con la caduta del Muro di Berlino, individuandonel «rischio di una collisione tra culture di stampo fonda-mentalista […] un aspetto del ritorno delle concezionidel mondo ideologicamente caricate di motivi politico-religiosi». Rivoluzione informatica (fino ai progetti diintelligenza artificiale analoga a quella umana), rivolu-zione nelle scienze biologiche, drammatico emergere delproblema ecologico a livello planetario, globalizzazionedei mercati e delle conoscenze, fallimento della moder-nizzazione, migrazioni e società multietnica caratterizza-no una nuova e drammatica fase di innovazione e trasfor-mazione del mondo che provoca gigantesche speranze epaure, così come reazioni di rigetto con il riesplodere dinazionalismi, di razzismi, di fondamentalismi ideologicie religiosi. Il nostro tempo sembra aver cancellato, comesuggerisce uno dei più importanti sociologi al mondo,Zygmunt Barman, le aspettative di «lunga durata», eli-minando dalla storia politica e dalle nostre vite «concet-ti come “sviluppo”, “maturazione”, “carriera” o “pro-gresso”» e inducendoci a guardare al futuro non come a«una terra di speranza», ma a «una notevole fonte diapprensione».In momenti come questi (come è avvenuto anche in tuttele fasi precedenti alle quali abbiamo accennato), tantomaggiore è il bisogno che la società ha dell’affermarsi diuna cultura della complessità, com’è quella della ricercanel senso nel quale ce ne parla Bobbio (e credo che maile sue parole siano state di recente così attuali), tantomaggiori sono le diffi-coltà perché questoaffermarsi si realizzieffettivamente. Anchenel linguaggio correntescienza è intesa comeconoscenza corredatada prove, come affer-mazione credibile per-chè in grado di giustifi-carsi (per coloro chehanno qualche nozionede l l ’ ep i s t emolog iarivoluzionaria di KarlPopper, di essere “falsi-

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Norberto Bobbio

«Il tradimento dei chierici»Dialogo filosofico tra il Prorettore alla ricerca Renato Moro

e il filosofo Norberto Bobbioa cura di Federica Martellini

Il Prorettore Renato Moro

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ficata”). Abbiamo un bisogno disperato di questo che èstato del resto l’elemento costitutivo delle civiltà greco-romana e poi europea, di questa fiducia nel valore, al dilà di ogni dogmatismo e di ogni autorità esterna, del prin-cipio di affermazione e di dimostrazione e della costanteperfettibilità dei risultati ottenuti attraverso di esso(«Videtur quod Deus non sit», cominciava una dimostra-zione universitaria tenuta a Parigi alla metà del Trecentoda Tommaso d’Aquino, perchè la scienza non conoscelimiti al dubitare, anche se su di esso pesa poi l’onere diuna prova dimostrativa). La nostra società è scossadifatti nuovamente da una ondata di sfiducia verso ilsapere scientifico: ne abbiamo mille dimostrazioni, daquelle (forse) innocue come la pubblica sponsorizza-zione dell’oroscopo, a quelle più rischiose come la dif-fusione popolare della medicina “alternativa”. Come hascritto il premio Nobel Carlo Rubbia, «la percezioneottimistica del pubblico che la conoscenza scientifica eil conseguente progresso tecnologico saranno capaci diassicurare il migliore futuro possibile, ha sofferto neitempi recenti una severa caduta. Alcuni dei cosiddettibenefici del progresso scientifico come l’atomo, i nuovimateriali, la biotecnologia e gli alimenti prodotti conmodifiche genetiche oggi creano incertezze, persinopaure». Anche il campo nel quale faccio personalmentericerca, quello della storia, ha subito negli ultimi anniun vero e proprio assalto in questo senso: il negazioni-smo storico proposto da una serie di pubblicisti mette indiscussione l’esistenza di fatti che tutti gli storici consi-derano invece indubitabilmente accertati e comprovatidalla documentazione disponibile; la politica pretendedi legiferare sulla memoria e di stabilire, con propri cri-teri e non con quelli della ricerca, se eventi siano effet-tivamente avvenuti o meno (si pensi al caso del genoci-dio armeno o, a quello certo meno rilevante ma nonmeno significativo, della condanna tutta istituzionaleche si è avuta in Italia del discorso sulla «morte dellapatria» che si sarebbe verificata l’8 settembre 1943). Labase culturale della World’s Christian FundamentalAssociation fondata negli Stati Uniti nel 1919, e cioè larigida ispirazione verbale delle scritture sacre che rifiu-ta ogni esegesi critica moderna e anzi contrappone inmodo radicale il piano della scienza con quella dellafede, è ormai uscita dall’ambito della Bible Belt perdivenire un fattore distintivo di molta della coscienzareligiosa di oggi. La discussione di stampa sulla recen-te fortunata intervista di Corrado Augias a uno storicodel cristianesimo primitivo come Mauro Pesce è statacaratterizzata non da uno sforzo di discutere la soliditàscientifica delle conclusioni (peraltro sempre corretta-mente ipotetiche e limitate) dello studioso, ma da unagenerale – e a mio avviso grave – affermazione dell’ir-rilevanza del Cristo della storia per quello della fede. Èparticolarmente significativa, del resto, anche la prassilargamente praticata dai mass media di fare di ogniargomento “sensibile” non un momento di informazio-ne del pubblico su ciò che la scienza è in grado di diresu di esso quanto un momento di “dibattito”, come siusa dire, invitando a discettarne esponenti della politi-ca, del giornalismo, addirittura dello spettacolo, quasimai gli scienziati stessi. Dobbiamo evitare a tutti i costiche si ripeta la situazione (alla quale invece assistiamodavanti ai teleschermi quasi tutte le sere) di un vero eproprio referendum che sfocia inevitabilmente o in pro-

fessioni di fede (religiose o laiche che siano) o in nuovema stantie dispute ideologiche o in difese interessate ditipo corporativo.Del contributo del sapere critico abbiamo dunque davve-ro bisogno e non solo per contribuire a rendere migliorie più efficaci le soluzioni dei problemi che abbiamodinanzi, ma anche – non paia eccessivo - per far progre-dire la democrazia. È stato proprio Popper a ricordarciche la scoperta ateniese di un mercato libero dei rotoliscritti a mano (oggi, noi diremmo dei libri) è strettamen-te intrecciata con la democrazia ateniese, come che lascoperta di Gutemberg della stampa (e la diffusione delsapere che le è seguito) ha molto a che fare con la rivo-luzione culturale dell’umanesimo e della scienza moder-na. Ha scritto Hans Kelsen in un passo celebre: «Lacausa della democrazia risulta disperata se si parte dall’i-dea che sia possibile la conoscenza della verità assoluta,la comprensione di valori assoluti, non deve considerarecome possibile soltanto la propria opinione, ma anchel’opinione altrui». Il che, naturalmente, non esclude cheverità e valori assoluti non vi possano essere, ma al difuori – appunto – del mondo umano, dove tutto invecenon può che essere, storico, contestabile, non assoluto,oggetto di sapere critico relativo.In un saggio su Scienza, potere e libertà (1995) Bobbio,affrontando il complicato tema della relazione fraprogresso scientifico e diritti dell’individuo, scriveva:«La scienza è un immenso strumento di potere. (…)che crea strumenti per accrescere la potenza di chi èin grado di servirsene. (…) Si parla oggi di dirittidella terza, quarta generazione. Ebbene, tutti questinuovi diritti così caratteristici del nostro tempo,nascono da situazioni nuove, inimmaginabili sino apochi anni fa, che mettono in pericolo e sottopongonoa nuove restrizioni e a nuove minacce le libertà tradi-zionali, la vita nel suo decorso naturale dalla nascitaalla morte, la sicurezza sociale. Situazioni nuove pro-dotte dall’avanzamento del sapere e delle sue applica-zioni. (…) Se ogni potere esorbitante conduce inevita-bilmente all’affermazione di nuovi diritti, intesi comeesigenza di rispetto di valori ultimi, come la libertà, lavita e la sicurezza, è facilmente immaginabile quali equante saranno le nuove lotte per nuovi diritti alloscopo di evitare all’umanità un futuro orwelliano».Prof. Moro lei come interpreta il rapporto fra ricer-ca, scienza e diritti dell’uomo?Sono sempre stato e rimango attaccato per formazione aun’idea del compito della scienza come essenzialmente«avalutativo», per rifarci al modello classico che MaxWeber ha proposto per le scienze storico-sociali, ma checredo rimanga assolutamente valido anche per le scien-ze della natura. Basta riflettere a quanti guasti ha provo-cato, ad esempio, l’introduzione, in queste ultime, digiudizi di valore di tipo estetico o morale: non si è ori-ginato qui uno dei corto-circuiti più potenti che hannodato forza al moderno razzismo? Avalutatività dellascienza significa per me, però, essenzialmente assolutacentralità della ricerca, che deve valere esclusivamenteper le conoscenze che può arrecare e non può esseresubordinata a nessun elemento ad essa estraneo; non vainteso, invece, naturalmente, come modello astratto discienza, asettica e priva di valori, né come appello a unasorta di assoluta, e illusoria, purezza intellettuale.Nessuno studioso infatti può prescindere da un preciso

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6patrimonio di valori morali e civili, né dalla consapevo-lezza delle conseguenze prodotte dal progredire delleconoscenze. In questo senso, credo vi sia un ruolo, direinaturale, dell’uomo di scienza nell’impegno per il pro-gresso, su ogni terreno, dei valori umani. Inoltre, anchese credo che nessuno lo abbia mai teorizzato, ritengoche vi sia - potrà sembrare paradossale - anche un veroe proprio diritto umano al “sapere critico”, il diritto cioèdell’opinione pubblica ad essere informata e illuminata,aiutata a comprendere dalla ricerca e dalla scienza lacomplessità dei problemi e le loro ricadute, a capire conesattezza quali valori siano in giuoco e con quali conse-guenze per la condizione e i diritti umani. In un discor-so riferito da Tucidide, Pericle aveva già enunciato, delresto, questo profondo legame tra giudizio critico edemocrazia: «Anche se solo pochi di noi sono in gradodi concepire o mettere in pratica una politica, tutti siamocapaci di giudicarla». Una vera “democrazia del giudi-zio” ha come presupposto una larga diffusione deglistrumenti del sapere. «Che la storia conduca al regno dei diritti dell’uomoanziché al regno del “Grande Fratello” può essereoggetto soltanto di una scommessa, cioè di un impe-gno. È vero che altro è scommettere, altro è vincere.Ma è anche vero che chi scommette, lo fa perché hafiducia di vincere». Uno dei cardini del pensiero diBobbio è rappresentato dall’affermazione della sto-ricità dei diritti umani: i diritti naturali sono dirittistorici e sono uno dei principali indicatori del pro-gresso storico. Oggi ci troviamo quotidianamente difronte a eventi che minano la nostra fiducia nellapossibilità di vincere la scommessa enunciata daBobbio: la repressione della pacifica marcia deimonaci birmani contro la dittatura, il ritorno di tesirazziste come quelle espresse di recente dal genetistapremio Nobel James Watson, la ricomparsa deicappi del Ku Klux Klan in alcuni atenei statuniten-si, le notizie sul rilancio degli armamenti nucleari inmolti paesi, non sono che alcuni esempi. Qual è,prof. Moro, il suo giudizio di storico?Anche qui è difficile non concordare con Bobbio, spe-cie perché le sue parole ci ricordano che il futuro è sem-pre aperto e dipende da noi, da noi tutti. Qual è il com-pito particolare degli studiosi, degli uomini di scienzain questo?Ha scritto Max Weber che «tra le pareti dell’aula di inse-gnamento una sola virtù ha valore: la semplice probitàintellettuale» e che il vero compito dello scienziato nonpuò che essere uno: «ci metteremo al nostro lavoro edadempiremo al “compito quotidiano” – nella nostra qua-lità di uomini e nella nostra attività professionale». Credoanch’io che questo resti il cuore della vocazione scientifi-ca, ma anche che occorra aggiungere qualcosa sul suovalore civile, sociale, morale. Alla fine, come ha osserva-to ancora Rubbia, «è oggi più che mai necessario ridefini-re i termini di un nuovo contratto sociale tra la scienza e lasocietà che tenga conto della transizione da una libertà euna fiducia incondizionate all’introduzione della respon-sabilità e della “rendicontabilità”. Ciò implica una rinno-vata enfasi sull’etica della scienza e della tecnologia». Forse, il primo a capire l’importanza, proprio perchètutta la società possa prendere le decisioni giuste, di tene-re sempre a mente che ciò che sappiamo è talmente poco,in confronto di ciò che dovremmo sapere, è stato Socrate

quando ha ricordato che un uomo di Stato deve esseresaggio, tanto saggio da sapere di non sapere niente. Unodei più grandi storici e intellettuali di origine ebraica delNovecento, l’americano di origine tedesca George L.Mosse, ha scritto che si riteneva soddisfatto del suo com-pito di stimolare la maturità critica dei suoi studentiquando vedeva in loro la capacità di comprendere che visono problemi, probabilmente, senza soluzione. Se que-sto dovrebbe essere il ruolo della cultura, dell’università,della scienza, non possiamo far finta di non vedere cheesse hanno enormi responsabilità nell’aver spesso fattonascere e sostenuto le grandi ideologie totalizzanti, nel-l’avere aizzato, spesso con le migliori intenzioni, gliuomini gli uni contro gli altri, nell’aver praticato non l’e-quilibrio e la critica ma l’arroganza, la convinzione diavere sempre ragione, la presunzione intellettuale. È tra-gico ricordare che proprio quelli che si sono proposti conmaggiore convinzione di portare il paradiso in terra vihanno introdotto l’inferno. Se la stessa teoria democrati-ca della sovranità popolare si spinge troppo oltre, delresto, essa può dare origine a una vera e propria ideolo-gia, irrazionale, superstiziosa e autoritaria, e cioè che lamaggioranza non possa avere mai torto o agire ingiusta-mente. E questa non è solo storia di ieri, ma è, purtrop-po, ancora drammaticamente davanti ai nostri occhi,come sottolinea la domanda che mi avete rivolto.Dunque, la cultura e la scienza debbono essere al servi-zio dei valori umani. Credo, comunque, che il lorocompito essenziale sia quello di aiutare tutti a nonseguire acriticamente lo spirito del tempo, le sue modeideologiche, ma a distinguere: ad esempio, è certamen-te vero che i mali e i problemi delle nostre società sonoenormi, come gli esempi che fate drammaticamente ciricordano, ma non dobbiamo cadere nel rischio di nonsaper riconoscere anche i grandi risultati che il mondodi oggi ha conseguito (tra l’altro, anche grazie allaricerca e alla scienza). Forse sono troppo poche le per-sone che oggi ricordano con lucidità che nella storianon vi erano mai state prima condizioni di vita altret-tanto buone o altrettanto libere per moltissimi esseriumani come quelle che si vivono in alcuni degli Statidel mondo di oggi. Credo che, proprio se vogliamo cer-care di convivere e di collaborare con chi è diverso elontano da noi nel mondo globale, la prima cosa da faresia quella di riconoscere il valore dei risultati che lenostre società occidentali hanno raggiunto e di quantosi è ottenuto e si può ottenere con il metodo della libertà(e anche quindi della libertà di ricerca). Ha scrittoPopper: «Dobbiamo tastare il terreno criticamente,come fanno gli scarafaggi, cercare la verità in tuttamodestia. Non dobbiamo più cercare di recitare laparte dei profeti onniscienti. Ma ciò significa: dobbia-mo cambiarci». Il che rappresenta la versione per l’uo-mo di scienza di un più ampio dovere umano, che hotrovato espresso in modo come al solito lucido e affa-scinante ne Le città invisibili di Italo Calvino, quandoparla dei due modi per non soffrire di quell’ «infernodei viventi […] che abitiamo tutti i giorni, che formia-mo stando insieme»: «Il primo riesce facile a molti:accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto dinon vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige atten-zione e apprendimento continui: cercare e saper ricono-scere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, efarlo durare, e dargli spazio».

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Donne e diritti umani

Pari opportunità e dirittiumani (Equal OpportunitiesAnd Human Rights) è il titolodel Convegno internazionaledi studi promosso dalle dele-gate dei Rettori e daiComitati pari opportunitàdelle Università La Sapienza,Tor Vergata e Roma Tre neigiorni 25 e 26 ottobre 2007,che ha visto la partecipazionedi illustri studiosi e pensatri-ci di vari paesi europei. Iltema di urgente attualitàspiega il fatto rilevante che le tre università statali pub-bliche di Roma abbiano unito i loro sforzi per un momen-to di alta riflessione. Entrando nello specifico dei contenutisi deve subito rilevare come i termini del titolo aprano uncontinente, schiudano un altopiano frastagliato, proponganoquestioni, interrogativi e sfide: da un lato la parità tra donnee uomini è ormai riconosciuta come principio fondamenta-le della democrazia e del rispetto della persona, la promo-zione di tale parità è una delle priorità dell’Unione Europeasin dalla sua creazione e uno dei principali obiettivi dellepolitiche della Commissione Europea, destinato a diventareuna politica globale da applicare in ogni contesto. Dall’altra,il tema dei diritti umani è un argomento ineludibile, per for-tuna oggi presente e ricorrente nell’agenda mondiale, pen-siamo alla creazione della Corte penale internazionale, allecampagne contro la pena capitale, il sostegno ai dirittidell’infanzia, solo per ricordare alcuni ambiti. Tuttavia unazona non completamente rischiarata è quella del rispettodei diritti delle donne, le questioni sono tante e non tutterisolte, anche se possiamo cogliere come una maggioresensibilità si sia venuta affermando in questi ultimi tempi. Ritengo che si ponga di fronte a noi – anche come docentie come membri della comunità universitaria – un compitoimportante sia sul piano delle elaborazioni teoriche che suquello delle prassi concrete. Per il primo aspetto, se da unosguardo alla storia (impervia) dei diritti umani si evince cheil cardine è il loro universalismo, quindi l’affermazione delconcetto di eguaglianza – e giustamente si è parlato deidiritti di prima generazione (politici e civili), di secondagenerazione (sociali ed economici) e di terza (culturali,diritto alla pace, allo sviluppo sostenibile all’ambiente vivi-bile etc.) – nella contemporaneità, tuttavia, si è ampliata lasfera dei soggetti di diritti: le donne, i deboli, i malati, gliomosessuali, gli stranieri, etc. La riflessione etico politica,pertanto e in particolare il pensiero delle donne e le analisifemministe, attraverso varie tappe hanno realizzato un per-corso sia teorico che storico che ha portato in primo pianouna riformulazione dell’ideale universale dei diritti umani,

in altri termini la critica di tale riflessione allapretesa neutralità della normativa dei dirittiha favorito una riconcettualizzazione deltema, mostrando come la caratteristiche deidiritti delle donne non è quella di opporsi aidiritti degli uomini, ma di ricomprenderli eridefinirli.All’interno di tale universalismo è emersa lacategoria della differenza, sia essa culturale,politica, religiosa, etnica o sessuale, produ-cendo risultati impensati e innovativi: i dirit-ti umani appaiono oggi quale una galassiaconcettuale ed ideologica in cui uguaglianzarinvia a parità dei diritti, differenza allude

all’irriducibilità del soggetto e alla irriducibile diversità deisessi; ne segue che l’acquisizione di tale consapevolezza hapermesso di scardinare altre gerarchie e aprire alla dissomi-glianza di soggetti differenti. Il concetto di diritti umani,in certo senso così arricchito, e siamo alle prassi, daglianni Ottanta ha influito sulle politiche nazionali portan-do all’adozione di nuovi strumenti per il miglioramentodello status delle donne, attuando politiche per l’elimina-zione di discriminazione fra i sessi e prevedendo formespecifiche di tutela. Le donne stesse si sono impegnate inprima persona organizzando gruppi, movimenti per lapace, per lo sviluppo e la cooperazione.Il riconoscimento dei diritti è la tappa essenziale per il rag-giungimento della piena cittadinanza delle donne, ed è uncammino che va seguito con grande attenzione, diciamocon grande cura, uso questo termine perché il pensierodella cura è una cifra specifica della teorizzazione femmi-nile, ecco, va seguito con grande cura proprio perché nonci siano arresti, soprattutto perché non ci siano passi indie-tro, rischio che noi continuamente corriamo. Il possibileconseguimento di questi obiettivi di cittadinanza compiu-ta è importante perché ne deriveranno non solo vantaggiper le donne ma guadagni per tutta la società. Come sostie-ne uno studioso, notissimo ormai, Amartya Sen, la saggez-za di una società si vede dalle condizioni di vita delladonna, se queste sono dignitose, accettabili, allora lasocietà tutta dimostra la sua maturità, se le donne vivonoin una situazione di disagio, emarginazione ed inferiorità,quella è la cifra della povertà di quella stessa civiltà.Il fine non sarà un universalismo ottuso, ma l’affermazio-ne, come sostiene Martha Nussbaum, di valori universaliquali il pluralismo e il rispetto per le diversità; più concre-tamente, pensando alla questione femminile, la dignitàdella persona, l’integrità del corpo, i diritti e le libertà poli-tiche fondamentali, le vitali opportunità economiche etc.,concetti e prassi che devono diventare norme della polis;polis, in cui le donne – parlando in prima persona, con vocedi donna, e partecipando attivamente – vogliono abitare.

Francesca Brezzi, delegata del Rettore per lepari opportunità

Luci e ombre del lento processo di ‘umanizzazione’ delle donnedi Francesca Brezzi

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8 Non c’è pace senza giustizia

Se è ormai pacifico che nonpuò esserci pace senza giusti-zia e che la gestione dellapace internazionale non puòessere lasciata agli Stati utisinguli, è naturale che lenorme in materia di crimini dirilevanza internazionale deb-bano trovare un’applicazionead opera di tribunali penaliinternazionali piuttosto che adopera di giurisdizioni statali,del resto molto restie ad occu-parsene. L’idea di un tribuna-le penale veramente interna-zionale si è dunque fatta stra-da, fra mille ostacoli, apparsiallora come insormontabili,già dal primo dopoguerra.Ma le vicende e le crisi di quel periodo ne hanno alloraimpedito l’istituzione. Di qui il ricorso, dopo la Secondaguerra mondiale, a dei surrogati, come il Tribunale diNorimberga e quello di Tokyo, tribunali militari comuni,creati dalle potenze vincitrici al fine di giudicare iresponsabili dei crimini commessi durante il conflitto daalti dirigenti militari e civili appartenenti agli stati vinti. Le Nazioni Unite sembravano rappresentare il migliorcontesto per realizzare il disegno ambizioso di creare untribunale penale indipendente dalle logiche di una giusti-zia applicata dai vincitori ai vinti. Ma la difesa dellasovranità statale, particolarmente strenua nel periododella Guerra fredda, a protezione soprattutto di ciascunadelle due grandi potenze piuttosto che degli stati ricaden-ti sotto l’influenza dell’una o dell’altra, ha impedito alungo, anche dopo il Seconda dopoguerra, la realizzazio-ne di un siffatto disegno. Non è un caso che esso sia statoripreso con maggior forza e fortuna nel 1989, alla cadu-ta di uno dei due blocchi. L’avvio in quel momento dell’elaborazione dello statutodi una corte penale internazionale ha dato l’impulso allacreazione, a opera del Consiglio di sicurezza delleNazioni Unite, dei due Tribunali penali internazionali adhoc: il Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia (TPIY, con sede a L’Aia) e il Tribunale pena-le internazionale per il Ruanda (TPIR, con sede adArusha). A questi due tribunali è stata rispettivamenteattribuita la competenza a conoscere del genocidio, deicrimini contro l’umanità e dei crimini di guerra da chiun-que commessi dal 1° gennaio 1991 sul territorio dell’ex-Iugoslavia e nel corso di tutto il 1994 in Ruanda (o neipaesi limitrofi, se da cittadini ruandesi).

Eletta dall’Assembleagenerale delle NazioniUnite giudice ad litem dientrambi i Tribunali, dal2003 al 2006 ho svolto talefunzione presso il TPIR esto svolgendola attualmen-te presso il TPIY, unicogiudice di prima istanza (lacamera di appello essendoinvece comune) ad avere ilprivilegio dell’esperienzapresso l’uno e l’altro deidue Tribunali penali inter-nazionali.Ad Arusha mi sono occu-pata soprattutto di genoci-dio, ma anche di crimini diguerra e crimini contro

l’umanità. Chiamata dal Segretario generale delleNazioni Unite per un singolo processo, in ragione dellacompletion strategy decisa dal Consiglio di sicurezza (ecioè la conclusione per la fine del 2008 dei processi inprima istanza presso i due Tribunali), sono stata in veritàcoinvolta in tre processi che hanno portato a due condan-ne e un’assoluzione: una condanna di sei anni per unconsigliere comunale che non si era opposto in alcunmodo, neppure con i suoi limitati poteri, al genocidio deisuoi concittadini, e che ha riconosciuto la propria respon-sabilità per comportamenti omissivi; un’assoluzione diun sindaco che si è sempre professato innocente e la cuiresponsabilità il procuratore, che lo accusava di genoci-dio e crimini contro l’umanità, non è riuscito a provare aldi là di ogni ragionevole dubbio (è questo il livello, estre-mamente elevato, della prova che il procuratore ha l’one-re di apportare); infine, una condanna a venticinque anniper il comandante militare del più vasto Distretto delRuanda per genocidio e crimini contro l’umanità.Un po’ diverso è l’ambito oggettivo del processo (inverità, da qualche giorno dei due processi) cui sono stataassegnata a L’Aia: qui il Segretario generale delleNazioni Unite mi ha affidato il compito di occuparmi diun supremo comandante militare accusato di crimini diguerra. Ma, sempre in ragione della completion strategy,sono stata chiamata, purtroppo (dico purtroppo in ragio-ne della mole di lavoro, con udienze di 10 ore al giornoper tre giorni alla settimana e di 5 ore per gli ulteriori duegiorni), a far parte di un altro collegio per un processo aun accusato che si definisce ideologo della grande Serbiae che il procuratore del Tribunale accusa di crimini diguerra e crimini contro l’umanità.

Tribunale penale internazionale per la ex Yugoslavia, una seduta

L’esperienza di un giudice ad litem presso il Tribunale penale internazionale

di Flavia Lattanzi

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La ricerca chiama,Roma Tre risponde

Si tratta quindi di un’esperienza operativa, ma variegata,che mi ha permesso e mi permette ancora di accrescerela mia professionalità in un campo, come quello del dirit-to internazionale penale (ben diverso - lo dico agli stu-denti soprattutto della Facoltà di Giurisprudenza - daldiritto penale internazionale, con cui spesso viene confu-so), che prima era stato oggetto soltanto del mio interes-se scientifico-teorico.Sono grata a Roma Tre News di avermi dato l’oppor-tunità di parlare di questa mia esperienza, visto, del

resto, che i media italiani, interessati soltanto dallevicende interne al Paese e ai suoi partiti politici, igno-rano quasi del tutto l’attività dei tribunali penali inter-nazionali, di quelli ad hoc, come della Corte perma-nente, che sono invece oggetto di interesse, spessoanche critico, dei media di buona parte del resto delmondo. La richiesta da parte della redazione di questerighe alla sottoscritta dimostra la particolare sensibi-lità di Roma Tre News per le grandi questioni interna-zionali.

Incontro con Giovanni Antonini, docente di Biologia applicata, su un nuovo dispositivo di analisi microbiologica

di Indra Galbo

Il Dipartimento di Biologiaha brevettato un sofisticato erivoluzionario metodo dianalisi batteriologica. Maentriamo meglio nel detta-glio. Il Micro BiologicalSurvey (MBS) è un sistemacolorimetrico rapido per larilevazione di microrganismiin prodotti soprattutto agroa-limentari le cui caratteristi-che sono: economicità (un’a-nalisi ha un costo moltominore che con metodi tradi-zionali), facile esecuzione(non si ha bisogno dell’at-trezzatura di un laborato-rio), tempi di analisi estre-mamente ridotti, determina-zioni quantitative anche su campioni solidi (senza ricor-rere al Most Probabile Number).Ma come è stato possibile attuare questo progetto? Tuttociò è stato reso attuabile attraverso la costituzione dellasocietà MBS s.r.l. sotto forma di spin off universitario: diquest’ultimo fanno parte l’Università Roma Tre (che hail brevetto), i ricercatori ideatori del progetto, società pri-vate italiane operanti nella biologia applicata e un fondodi Seed Capital di diritto francese.A questo punto, incuriositi, chiediamo quali possonoessere effettivamente i vari campi di applicazione deldispositivo; il prof. Antonini, responsabile del progetto,ci spiega che solo in Italia vengono fatte ogni anno circa25 milioni di analisi alimentari e l’MBS ne può coprirecirca il 70%. Ma ancora più interessante ci è sembrato ilruolo potenziale che potrebbe avere un tale “laboratorio

portatile” in paesi, comequelli in via di sviluppo,dove l’analisi di acqua, cibie sostanze è assai difficileproprio per l’assenza dilaboratori e di strumentazio-ne necessaria. Su questoargomento il prof. Antoniniin collaborazione conMaria Mancini, docente diGeografia presso ilDipartimento di studi stori-ci geografici e antropologi-ci, ci rassicura subito sulfatto che uno dei primi luo-ghi che sono stati propostiper la sperimentazionedell’MBS è l’Etiopia, sia peril fatto che i suoi abitanti

sono costretti quasi sempre a ingoiare acqua e cibi suiquali non viene fatto alcun controllo, sia per testare il suoimpatto e la sua versatilità in situazioni come quelle deipaesi del terzo mondo. È da ricordare che la ricerca su questo dispositivo non èancora finita e per questo motivo il MIUR ha stanziatocirca 323.000 euro per terminare la ricerca. Il prodottoinfatti per ora non può ancora essere venduto perché invia di sperimentazione ma, entro un anno dovrebbe esse-re commercializzabile e a disposizione del consumatore.Ma come verranno usati i proventi delle vendite? Il prof.Antonini ci dice subito che nel primo periodo i profittisaranno alquanto scarsi e che non saranno lo scopo pri-mario dello spin off, comunque tutte le entrate verrannoreinvestite nella ricerca sia sull’MBS, sia su altri proget-ti di ricerca dell’Ateneo.

Giovanni Antonini e Marta Marini Padovani, laureanda del C. d. L. Magistrale in Biologia, in laboratorio

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Ciudad Juárez è una città del Messicoal confine con il Texas.A partire dal 1962 è stata oggetto diun intenso programma di industrializ-zazione. È per questa ragione cheessa rappresenta la prima città delMessico per presenza di fabbriche.All’inizio degli anni Novanta lapopolazione contava già due milionidi abitanti. Più della metà sonodonne, tutte attratte dalla possibilitàdi migliorare la loro condizione divita. Gli uomini sono per lo piùcostretti a emigrare in Texas. Per tutticoloro che restano la realtà è difficile,alla certezza di lavoro facile corri-spondono salari bassissimi. In questoscenario prende forza la criminalità,in modo particolare il narcotraffico, tanto che Juárezregistra il maggior consumo di stupefacenti del paese.A partire dalla metà degli anni Novanta Ciudad Juárez èteatro di numerose sparizioni di giovani donne, talvoltarestituite a distanza di tempo dal deserto: per lo più morteper strangolamento, tutte violentate. A più riprese la stam-pa internazionale e le associazioni di genere e per i dirittiumani, si sono interessate al caso di Ciudad Juárez. Si èformato un vero è proprio movimento in difesa dellamemoria di queste giovani morti. Le autorità locali sonointervenute, sono stati avviati processi, individuati presun-ti colpevoli, e poi inesorabili sono arrivati anche i colpi discena. Proprio quando le indagini sembravano condurreverso la verità, il Governo insabbiava, spostava l’attenzio-ne altrove. Le autorità per difendersi hanno detto che l’ab-bigliamento delle ragazze era provocante. In realtà, inquanto operaie, il 74% indossava i pantaloni. Nel frattem-po l’attenzione sul caso Juárez è aumentata, ma nonostan-te questo lì le donne continuano a morire. Le indaginihanno subito una battuta di arresto, ma grazie all’interven-to di numerosi artisti la realtà di Ciudad è sempre piùconosciuta e fa discutere a livello internazionale. Un lavo-ro di ricostruzione analitica dei fatti è stato condotto daLourdes Portillo, una regista messicana che ha giratoSeñorita extraviada, il documentario-denuncia delle spari-zioni e morti di Ciudad; un documentario davvero bello,ma non troppo conosciuto. Più recentemente il filmBordertown del regista Gregory Nava ha invece dato unimportante contributo alla diffusione del caso che è arriva-to nelle grandi sale con i volti di Jennifer Lopez e AntonioBanderas. Grazie al loro intervento e a quello di molti altriartisti si continua a tenere alta l’attenzione internazionalesu queste morti silenziose. Soprattutto se ne parla, perchéladdove la giustizia non si fa garante della vita, spetta allamemoria per lo meno onorarla. Mi chiedo quale sarebbe

stata la storia di Ciudad Juárez se lìnon vi fosse stata un’industrializ-zazione forzata e calata dall’alto?Cosa succede quando il progressonon si impianta sulla tradizionelocale e sradica il tessuto culturale?Mi torna in mente un dialogo lettoun po’di tempo fa tra Silone e Mann.Si interrogavano sul metro di giudi-zio per valutare un buon sistemapolitico. Per Silone un buon sistemapolitico è quello che garantisce unposto all’opposizione. Mann fu nettoe imprevedibile, ma chiarissimo:«No, la verifica suprema è il postoche è stato riservato all’arte».L’arte è figlia e madre della capa-cità immaginativa di una società

ed è principio e fine della sua vita. Dove manca l’arte c’èbarbarie, declinata nelle sue famigerate forme.L’impoverimento immaginativo riflette spesso una condi-zione di povertà sociale ed economica. Ma tanto più si èpoveri, tanto più si necessità di arte. Per apprezzare il panebisogna amare le rose, diceva qualcuno. Un qualcuno checonosceva bene l’animo umano. È quanto accade a Juárezdove le donne giungono poco più che bambine nella spe-ranza di un salario migliore. In questa città da più di undecennio la popolazione femminile muore sotto i colpi diuna violenza macabra. Muoiono bambine, giovani donne,donne mature: esseri umani con la colpa di essere fiori. Aldolore che si impossessa delle vite di chi resta, si aggiun-ge una nuova infamia: indossavano tacchi alti, minigonne,erano prostitute. Questo è l’atteggiamento mentale cui igoverni di molte parti del mondo si appellano pur di nonspalancare gli occhi sull’orrore prodotto spesso da lorostessi. Menzogne, che non fanno altro che aumentare ildolore. Un dolore senza fine perché è difeso solo dallamemoria di chi tra famigliari e amici non si arrende all’o-blio nazionale. Ma non solo. In città, sui luoghi delle spa-rizioni sono state erette croci rosa dall’incredibile portatasimbolica, affinché sia sotto gli occhi di tutti che lì qualcu-no è morto, che lì potrebbe morire anche la giustizia. Aquesto si aggiungono i lavori di coraggiosi artisti che allaterribile realtà di Ciudad Juárez dedicano il loro impegno,come Lourdes Portillo. I loro lavori tengono viva la spe-ranza di giustizia in chi vive quel dolore. Una giustizia chetarda ad entrare in scena o che con spudorata destrezzaesce di scena. Ma resta la memoria e su di essa l’arte tessela sua redenzione. Mann aveva ragione. Il posto dell’arteperò non si affida una volta per tutte. Sta ai poeti e agli arti-sti, che prima degli altri vedono l’alba, difendere la vitaaffinché sulla terra bagnata dal sangue possano ancoranascere fiori.

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10 La frontiera della giustiziaCiudad Juárez. La città dei diritti negati

di Alessandra Ciarletti

Ciudad Juárez. In memoria di una vittima

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Inaugurazione del XVIAnno Accademico di Roma Tre

Martedì 20 novembre presso l’Aula Magna dell’Ateneo,è stato presentato il libro La città che uccide le donne.Inchiesta a Ciudad Juarez di Marc Fernandez e Jean-Christophe Rampal. Il Comitato pari opportunità ha pro-mosso questa presentazione per far conoscere ancheall’interno dell’università il caso Juarez, allargando sem-pre di più la rete della conoscenza su un tema terribil-mente attuale: la violenza sulle donne. Juarez è la cittàdove le donne vengono violentate e uccise: quasi 400assassinate e 500 scomparse dal 1993. La città che ucci-de le donne è il reportage giornalistico più completo eattendibile sull’intricato mistero di Ciudad Jaurez. Gliautori conducono la loro indagine con capillare attenzio-ne, passando al setaccio tracce diverse, da quelle pocoverosimili a quelle più scientifiche. Vale la pena specifi-care che per fare questo hanno messo a repentaglio anchela loro vita. Il libro è già in libreria, edito da Fandango.

Al dibattito hanno partecipato Loredana Lipperini, giorna-lista e autrice di Ancora dalla parte delle bambine;Riccardo Noury, diret-tore della comunica-zione Amnesty Italia;Francesca Brezzi,Delegata del Rettoreper le Pari opportunitàe Claudio Tognonato,docente di sociologia.Durante la presenta-zione è stato proiettatoil documentario Il sol-dato, il poliziotto e ilgiudice di ElisabettaAndreoli.

Copertina del libro

Rettore Fabiani, anche quest’anno Roma Tre ha sceltodi inaugurare l’anno accademico alla presenza di unapersonalità femminile molto nota, la Presidente del CileMichelle Bachelet. Quale è il motivo della sua scelta?Cosa può fare l’università per le politiche di genere? «Non è la prima volta che Roma Tre invita alla cerimo-nia di apertura dell’anno accademico donne riconosciutee stimate a livello internazionale per il loro impegnopolitico a favore della pace e dei diritti umani. In questiultimi otto anni, da aree diverse del pianeta Shirin Ebadi,Kerry Kennedy, Leah Rabin e Michelle Bachelet sonointervenute davanti alla nostra comunità accademica conil portato del loro percorso umano e politico. D’altrocanto Roma Tre alla sua nascita è stata la prima univer-

sità italiana ad eleggere una donna come Rettore, laprof.ssa Bianca Maria Tedeschini Lalli. È evidente cheanche all’interno del sistema universitario, come in moltialtri settori nevralgici del paese, le donne ricoprono benpochi ruoli di responsabilità, nonostante siano numero-sissime e molto preparate. È necessario imprimere unasvolta politica e culturale e l’università può fare molto inquesto senso, innanzitutto introducendo un’ottica digenere nell’insieme delle attività degli Atenei». Nel corso della sua relazione all’inaugurazione del-l’anno accademico ha ricordato la transizione conti-nua che caratterizza il processo di riforma del sistemauniversitario italiano e il patto per l’università deiMinistri Padoa Schioppa e Mussi, tra luci e ombre.Cosa cambierà realmente per l’università?«Il patto prospetta impegni e vincoli, garantendo da unlato la stabilità finanziaria del sistema a rendere disponi-bili risorse incentivanti tramite un adeguato modello divalutazione; dall’altro lato chiedendo il rispetto di rego-le capaci di conferire maggiore efficacia e efficienzaall’attività di formazione superiore e di ricerca per lo svi-luppo del sistema universitario. È presto per giudicare sesi tratta di una vera svolta, o di una delle tante diversio-ni a cui siamo abituati.I problemi dell’Università e della Ricerca devono essereaffrontati nella continuità di un progetto pluriennale perl’alta formazione che ne faccia l’asse portante di unapolitica innovativa del sistema Paese nel quadro europeo.Dobbiamo aspirare a un futuro in cui un italiano possaprendere il Nobel lavorando qui e non all’estero». Nel corso della cerimonia ci sono state contestazionida parte degli studenti in merito alla modifica dello

Intervista al Rettore Guido Fabianidi Monica Pepe

Il Rettore, Guido Fabiani e la Presidente del Cile, Michelle Bachelet, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico

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Lei è stata una delle principali protagoniste dellaFeminist Film Theory. Forse uno degli aspetti più inte-ressanti della FFT è stata la capacità di coniugare sofi-sticazione teorica e passione politica/militante. Puòricordare brevemente questo aspetto per le generazionipiù giovani?«È una domanda interessante e un buon modo per evi-denziare le differenze fra generazioni di femministe.Mentre le donne negli anni Sessanta e Settanta diventa-vano femministe provenendo da molteplici contesti, perme e altre donne, il femminismo deriva dal nostro prece-dente impegno politico a sinistra. Sono stata membro diSDS (Students for a Democratic Society) lavorando perun cambiamento sociale (in particolar modo sulle discri-minazioni razziali e di classe), prima di comprenderepienamente la mia oppressione di genere. Noi eravamoprincipalmente donne della classe media consapevoli deinostri privilegi di classe e desiderose di lavorare per una

società equa per tutti. Ma psicologicamente ci identifica-vamo molto con il genere maschile. È stato prendendocoscienza di quanto fossimo marginalizzate nell’ambitodegli incontri politici e all’interno delle nostre organizza-zioni che abbiamo iniziato a capire quanto fossero impor-tanti le istanze di genere per il nostro agire politico a sini-stra. Dovevamo prenderci cura dei figli, preparare da man-giare, attendere ai compiti “domestici” all’interno dellenostre organizzazioni politiche, mentre gli uomini eranoconsiderati gli ideatori, i teorici, le menti del movimento.L’estendere queste particolari condizioni alla società piùin generale ci fece comprendere come le madornali dis-uguaglianze di genere fossero funzionali al capitalismo!Molte di noi stavano divorziando e scoprirono che leleggi sul divorzio e sulla custodia dei bambini privile-giavano i mariti. I gay e le lesbiche erano particolar-mente emarginati e non si dava loro spazio di parola.Improvvisamente ci rendemmo conto che tutte le nostrelezioni universitarie avevano solamente docenti

E. Ann Kaplan

E. Ann Kaplan è Distinguished Professor of English and

Comparative Literary and Cultural Studies, alla SUNY (State

University of New York) di Stony Brook dove ha fondato, nel

1987, e dirige tuttora The Humanities Institute. Ha scritto e

curato circa 20 libri nell’ambito della Feminist Film Theory

e dei Gender Studies, i Cultural Studies, il Postmoderno, e gli

Studi post-coloniali lavorando sia sul cinema hollywoodiano,

che su quello europeo e d’avanguardia. Tra i suoi libri più

conosciuti: Women and Film: Both Sides of the Camera

(1983), Women in Film Noir: An Anthology. (1978, 1998),

Looking for the Other: Feminism, Film and the Imperial

Gaze (1997), Trauma Culture: The Politics of Terror and

Loss in Media and Literature (2005). È stata Visiting

Professor in Cina, Australia e Giappone oltre a numerose uni-

versità americane. È stata presidente di SCMS (Society for

Cinema and Media Studies), l’associazione statunitense dei

docenti di cinema e media nel biennio 2003-05.

Cultural studies

statuto che le consentirebbe di riproporre la sua can-didatura a Rettore di Roma Tre. Cosa risponde?«Il nuovo statuto, proposto e approvato dalla maggioran-za qualificata del Senato Accademico, non impone nulla,amplia solo le possibilità di scelta autonoma del corpoelettorale.I sostenitori della modifica statutaria hanno ritenutoopportuno, partendo dai problemi che si pongono agliatenei, in una prospettiva di profonde trasformazioni delsistema universitario, prendere in considerazione la pos-sibilità di permettere anche a chi ha già concluso i man-dati previsti, di candidarsi ulteriormente, ma solo a par-ticolari e severe condizioni.

Il raggiungimento di un consenso pari al 33% degliaventi diritto, considerando una partecipazione al votomediamente alta (70% degli aventi diritto) significaall’incirca il 50% dei consensi espressi. Se per caso lapercentuale dei votanti scendesse al 60% (media nazio-nale) il 33% fissato sarebbe più del 55% dei votiespressi. Le comunità accademiche, con le loro componenti, sonosufficientemente mature per darsi le regole ed esercitareil diritto di scegliere, di confermare o di revocare demo-craticamente e responsabilmente il proprio Rettore. Irisultati di queste scelte, ovviamente, dovranno esserevalutati con rigore».

Intervista a E. Ann Kaplan, Distinguished Professor, Stony Brook University

di Veronica Pravadelli

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maschi, artisti e registi che escludevano completamenteil contributo delle donne da sempre e in una vastagamma di discipline. Così avviammo un duplice processo. In primo luogo, dalmomento che eravamo giovani docenti cominciammo asviluppare gli studi di genere all’interno delle nostre uni-versità (a quel tempo io ero alla Rutgers University econtribuii a elaborare uno dei primi programmi di studiosul genere all’inizio degli anni Settanta); in secondoluogo iniziammo a mobilitarci per i diritti delle donne:per programmi pubblici sugli asili, per modificare lalegislazione sul divorzio, per una maggiore attenzionealle specifiche problematiche e ai servizi connessi allasalute delle donne, per avere pari retribuzione per lo stes-so lavoro, per correggere altre importanti questionisociali ed economiche che privilegiavano gli uomini efavorivano il capitalismo. Alla fine approdammo alla psi-canalisi per tentare di comprendere i processi psicologi-ci che avevano permesso il perdurare di simili disugua-glianze per così tanto tempo. Penso che sia molto difficile per le giovani donne di oggicomprendere quanto la loro situazione sia radicalmentedifferente da quella che abbiamo affrontato noi comegiovani donne rispetto alla consapevolezza delle ques-tioni di genere e dei diritti delle donne. Loro danno peracquisite molte delle cose per cui abbiamo lottato dura-mente in termini di giustizia e uguaglianza per le donne.Sebbene alcune delle cose che la nostra generazionechiedeva (il diritto all’aborto, asili aperti 24 ore algiorno, emancipazione di gay e lesbiche, pari ret-ribuzioni, uguaglianza fra padri e madri nei compiti dicura dei figli, etc) non sono mai stati garantite, sonoancora fragili o in pericolo di essere revocate, complessi-vamente le femministe hanno prodotto un grande cambi-amento sociale e psicologico rispetto a come le donnesono percepite per lo meno nella maggior parte delle cul-ture occidentali. In tutte le culture le donne sono allaricerca della propria libertà. Ma per ovvie ragioni inalcune nazioni il processo è più complicato. La nostra passione proviene dalla nostra capacità di col-legare le problematiche di genere al nostro già consolida-to antirazzismo e alla nostra impostazione marxista.Ovviamente il socialismo (come movimento politico) èmolto meno congeniale alle giovani donne di oggi e

molte organizzazioni socialiste sono state emarginatedalla globalizzazione e da un tragico cambiamento nelleeconomie mondiali. Le femministe oggi stanno cercandola propria strada a partire da quello che la nostra genera-zione ha conquistato. Ma loro devono lavorare all’inter-no di un contesto notevolmente differente rispetto a quel-lo in cui abbiamo lavorato noi».Negli ultimi dieci-quindici anni il suo lavoro si èmosso fra Cultural Studies e studi sul post-coloniali-smo senza abbandonare la prospettiva di genere. Puòspiegare (magari prendendo ad esempio un caso spe-cifico) come questo approccio le ha permesso di inve-stigare le relazioni fra rappresentazione e identità?«I lavori accademici nell’ambito degli studi di generehanno dovuto abbandonare il predominante approccioformalista alla letteratura e al cinema poiché quel tipo diapproccio affronta solamente le questioni relative allaforma narrativa, al linguaggio, alle tecniche di montag-gio, allo stile letterario e cinematografico, al genere let-terario, etc. La prospettiva identitaria assunta era quellamaschile e le questioni maschili dominavano la maggiorparte delle narrazioni che venivano studiate. A noi inte-ressava indagare per la prima volta come le donne inquanto tali venivano rappresentate nei testi maschili –vale a dire non tanto quali ruoli esse occupavano (sebbe-ne una simile ricerca fu intrapresa da alcune e ha una suavalidità), ma quale posto avevano le figure femminili dalpunto di vista dell’immaginario testuale, per così dire.Questo ci condusse alla psicanalisi per cercare di com-prendere l’apparente silenzio e l’assenza delle donne inquanto tali nelle principali produzioni di Hollywood. Anche se questo tipo di lavoro era un importante inizio(vedi le mie analisi in Women and Film: Both Sides of theCamera), le nostre ricerche non si erano poste gli inter-rogativi sull’identità femminile. Per esempio il mio stu-dio sul celebre film di George Cukor Camille (con unasplendida interpretazione di Greta Garbo) mostrò comeCamille non solo è emarginata e respinta da una societàdominata dagli uomini, ma accetta il fatto di dover esse-re respinta e di non dover mettere in discussione il siste-ma patriarcale. In sostanza, lei stessa acconsente al fattodi essere messa a tacere e il film avalla questo concetto.Sebbene (NdT: il film) interpreti il suo auto-sacrificiocome una tragedia, afferma anche che così deve essere. Nella prima fase della teoria cinematografica femmini-sta, restammo entro i canoni del formalismo sebbene uti-lizzando quel metodo per arrivare a conclusioni oppostea quelle cui erano giunti gli studiosi uomini prima di noi.Oggi si potrebbe dire che le spettatrici di Camille dove-vano imparare ad accettare un’identità marginale, maquesto non era evidenziato nella teoria. Lo spostamentoverso i Cultural Studies ha incoraggiato a ragionare conmaggiore attenzione sulle modalità con cui le identità sicostruiscono socialmente e sulle connessioni fra rappre-sentazione e identità sociali. Per esempio, da questopunto di vista si potrebbe pensare che una regista comeClaire Denis metta in evidenza la costruzione dell’iden-tità nella sua rappresentazione del domestico Proteé inChocolat. Il personaggio viene mostrato mentre “adotta”l’identità “propria” del servo coloniale, e tuttavia, come

Veronica Pravadelli

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14il suo nome implica, egli ha molte identità. Viene mostra-to brevemente con una fidanzata fra i domestici, vaanche da uno scrivano per farsi scrivere una lettera (forseai genitori o alla famiglia) e, scena più potente di tutte,viene mostrato mentre reagisce (nella scena della doccia)alla sua posizione di nero e emarginato nel mondo di unadesiderabile donna bianca e del suo bel bambino. Allafine questo uomo dai mille volti tradisce la fiducia delbambino e questa è la punizione dovuta al fatto che ilcolonialismo gli ha imposto un’identità umiliante. In questo caso il film può essere apprezzato a pieno eforse profondamente compreso perchè l’analisi poggiasulla conoscenza del colonialismo al di là del testo stes-so. I Cultural Studies consentono di produrre conoscen-za a metà fra il cinema e la storia – per una lettura checonduce la storia e la rappresentazione a formare qualco-sa di unico che comunica nuova conoscenza o pone ciòche già sappiamo in un modo nuovo. Il materiale e l’im-maginario lavorano fianco a fianco esplorando la costru-zione dell’identità».Uno dei suoi più recenti interessi riguarda il modocon cui i media trattano le catastrofi: in particolarelei indaga come le strategie formali costruiscono imodi della visione e le emozioni e su come può esserediversa la convergenza tra forma e spettatorialità. Cipuò dire cosa ne pensa a riguardo tenendo conto siadell’11 settembre che della guerra in Iraq?«Questo nuovo lavoro sviluppa la ricerca discussa nelmio recente volume, Trauma Culture: The Politics ofTerror and Loss in Media and Literature (Rutgers UPress, 2005).Sono molto interessata ad analizzare l’impatto che leimmagini di catastrofi che vediamo quotidianamentehanno sugli spettatori: penso che le strategie formali neireportage condizionino le risposte degli spettatori, e iosviluppo una tassonomia della possibile risposta chedipende dalla forma dell’immagine presa e dal suo con-testo e fonte: il modello include tre tipi di risposta che iochiamo, rispettivamente, trauma indiretto, “empatiavuota” e testimonianza.In riferimento all’11 settembre, un’immagine emblema-tica del trauma indiretto fu quella della gente che si but-tava dalle finestre delle Twin Towers. Quelle immagininon furono trasmesse dalla tv americana: le trovai in sitiinternet internazionali, come la BBC World. La fonteimplicava una fruizione individuale, poiché stavo da solaal computer, e l’impatto poteva essere più forte poichénon ero distratta. Questo tipo di immagini era un invitoallo spettatore ad entrare nella realtà della gente intrap-polata nelle torri: si vedevano i volti schiacciati contro lefinestre nella parte di acciaio scanalato delle torri. Chiguardava sapeva che la gente era schiacciata contro lefinestre strette alla ricerca dell’aria e che il fuoco avan-zava alle loro spalle. Inoltre le immagini mostravanocorpi che si gettavano dalle finestre, braccia tese, vestitiche fluttuavano larghi come paracaduti, veleggiando amezz’aria, il resto dell’immagine riempita con l’elegan-te struttura scanalata delle Torri. Chi osservava potè immaginare il tonfo dei corpi schian-tati a terra, di quella gente colta un attimo prima della

morte. Quelle immagini suscitarono una paura traumaticaattraverso l’identificazione con le persone costrette a get-tarsi dalle finestre del 70° piano piuttosto che bruciarevivi. Il tipo di immagine ebbe un potere scioccante. Noisapevamo le ragioni del salto oltre le finestre e conosce-vamo perfettamente l’inevitabile quanto tragico risultato.Dalla tragedia dell’11 settembre nacquero libri di unabellezza tragica che con carta patinata e fotografie ad altarisoluzione tendevano a evocare solo ciò che io chiamo“vuoto empatico”. Le foto erano spesso immagini uffi-ciali di Reuters, selezionate attentamente così da evitareimmagini troppo forti. Era la cosa migliore da fare: ono-rare i caduti e il coraggio dei vigili del fuoco, della poli-zia e degli altri agenti che rischiarono, e in alcuni casi,persero la loro vita per salvare quella degli altri.Soprattutto le immagini dello scheletro delle torri miricordavano, esteticamente, le opere di SebastiãoSalgado: un fuoco leggero, che accende per evidenziarei contorni dello scheletro e dietro il tramonto. Le fotosono dei capolavori. Ma focalizzare tutto sui singoli attidi coraggio o sul cordoglio dei volti delle persone in unaserie di immagini che pagina dopo pagina producevanoun effetto di frammentazione e successione dà soltantoun sentire momentaneo e subito superato.L’ultima categoria, quella della testimonianza, é la piùimportante perché fa veramente sperare nella possibilitàdi un cambiamento individuale e soggettivo. Le immag-ini che inondarono i giornali in quel momento mi feceropensare a come gli abitanti di New York tentavano dicomprendere l’11 settembre: nella loro incertezza gior-nalistica e mancanza di chiarezza – un modo per nonenfatizzare gli eventi – venivano mostrate varie risposte,incluse le immagini che riprendevano memoriali spon-tanei spuntati fuori in Union Square, lontana pochi iso-lati dalla zona delle Torri. Questi memoriali erano differ-enti, eppure uniti da segni di richiesta di pace e fratellan-za internazionale, candele, fiori, disegni, foto – l’effettodi un collage che esprimeva un commento complessosulla vicenda.Immagini di fiori e foto appese intorno alle casermedei vigili del fuoco e alle stazioni di polizia, segnalidi una comunità che aveva bisogno di stare insieme,ebbero l’effetto di rimarcare l’impatto dell’eventosulle diverse comunità etniche di New York City. Ilconcetto base fu il perdono e la fratellanza piuttostoche l’odio e la vendetta. Le immagini del crollo delleTorri furono quelle che, in luogo di una sempliceidentificazione, produssero sui newyorkesi una certadistanza invitando lo spettatore a riflettere sull’acca-duto; si pensi alle immagini che mostravano il crollodelle Torri sullo sfondo e le persone che scappavanoin primo piano; o quelle di persone che si riversavanosul Ponte di Brooklyn, mentre alle spalle del ponte leTorri bruciavano ancora erette. La forma di questeimmagini ispirò domande diverse: per esempio, per-ché tutto ciò è accaduto, visto che queste personeinnocenti non l’hanno meritato? Mentre le rispostesono state varie, le domande nate da queste immaginicausano quel famoso e continuo dibattito sulle ragio-ni dell’11 settembre».

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Il 23 aprile scorso, con un decreto del ministro dell’inter-no, è stato emanato il testo della Carta dei valori dellaCittadinanza e dell’integrazione. Il documento, stilatodopo sei mesi di consultazioni, da un comitato scientifi-co presieduto dal prof. Carlo Cardia, intende ispirare lelinee di comportamento e gli interventi utili a garantire«l’armonica convivenza delle comunità dell’immigrazio-ne e religiose nella società italiana».L’incontro con il prof. Cardia inizia con un’interruzione:squilla il telefono; dall’altro capo gli chiedono di parte-cipare a un dibattito su una recente decisione del prefet-to di Treviso che consentirebbe l’uso del burqa per moti-vi religiosi a patto che ci si sottoponga all’identificazio-ne e alla rimozione del velo. «Come vede ogni giornoesce una questione nuova» commenta il prof. Cardia «ilfatto è che noi stiamo affrontando solo da qualche annoil tema di un’immigrazione su vasta scala e di conse-guenza il tema dell’integrazione. Intraprendiamo oggi uncammino che la Francia ha iniziato venticinque anni fa,che l’Inghilterra ha affrontato ancora prima».Ci può parlare, professore, del processo di elabora-zione della Carta? Quali sono state le difficoltà, leresistenze che avete incontrato? E quali invece lespinte e gli incoraggiamenti che avete ricevuto?«La Carta dei valori è il frutto di una serie lunghissimadi consultazioni. Abbiamo incontrato tutti i soggettidell’immigrazione organizzati sindacalmente e quelliorganizzati nelle comunità nazionali e, allo stessotempo, tutte le confessioni religiose presenti sul territo-rio italiano.Le resistenze più significative le abbiamo incontrate inuna parte dell’Islam, resistenze non in apparenza fortis-sime ma che emblematicamente si sono concentrateinnanzitutto sulle questioni di genere. C’è tutta una fili-grana, una parte di Islam un po’ meno moderno che nonha gradito fino in fondo. Le donne islamiche invece ci

hanno chiesto con nettezza di enunciare molto chiara-mente il principio di pari dignità fra uomo e donna,hanno chiesto che la Carta si esprimesse esplicitamentecontro la poligamia, contro il burqa, e più in generalecontro qualsiasi tipo di coercizione all’interno dellafamiglia.Ci sono state anche resistenze di altro tipo: qualcunochiedeva che si togliesse il crocifisso dalle aule scolasti-che e dagli uffici mentre noi abbiamo fatto la carta tuttain positivo e la carta sancisce il rispetto dei simboli e deisegni di tutte le religioni: il crocifisso, come il velo. D’altro canto abbiamo avuto, da parte di molte comunitànazionali, delle spinte fortissime per fare questa Cartadei valori, affinché venisse enunciata l’uguaglianza deidiritti e dei doveri. Questo è un punto fondamentale per-ché si correva il rischio di fare semplicemente una cartadei diritti, mentre l’enunciazione dei diritti e dei doveriimplica ed è presupposto dell’integrazione. Non è unacarta degli immigrati e infatti si chiama carta della citta-dinanza ed è rivolta a tutti e anzi uno degli obiettivi fon-damentali è quello di diffonderla nelle scuole per farlaconoscere e discutere innanzitutto fra i ragazzi italiani». A volte il linguaggio dei diritti rischia di essere perce-pito come un linguaggio retorico, di apparire comeuna pura enunciazione spesso distante da quella che èla realtà di tutti i giorni. Pensa che sarà così ancheper la Carta dei valori?«Questo rischio indubbiamente c’è. Possiamo dire che laCarta dei valori rappresenta l’enfatizzazione dei diritti.Ci mostra un mondo ideale che oggi ancora non esiste.Molti, però, ci hanno detto che era un lavoro necessarioperché anche gli immigrati acquisissero consapevolezzadei propri diritti. Quale sarà il futuro della Carta? È dif-ficile fare previsioni. Noi stiamo facendo delle presenta-zioni e stiamo distribuendo il testo all’interno dellediverse comunità nazionali. Sarebbe già un grande risul-tato se riuscissimo a farla discutere e assimilare fra i gio-vani, italiani e immigrati».La Carta dà un particolare rilievo alla formazionedelle nuove generazioni: un intero paragrafo è dedi-cato a scuola, istruzione e informazione come stru-menti fondamentali dell’integrazione. Fra gli stu-denti dei suoi corsi quali sono gli atteggiamenti cheregistra?«Fra gli studenti delle resistenze ci sono, perché sonoquestioni complesse. Lo stesso principio di uguaglianza,se viene affrontato con riferimenti astratti ovviamentenon suscita reazioni, ma quando si scende sul piano con-creto manifestano delle diffidenze, delle perplessità, chein alcuni casi possono essere anche comprensibili, maproprio per questo è necessario stimolare la riflessione,

L’Italia rispetta i simboli e i segni di tutte le religioni

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«L’Italia rispetta i simboli e i segni di tutte le religioni»,art. 25 della Carta dei valori

Intervista a Carlo Cardia, docente di Filosofia del diritto e coordinatore del comitato scientifico che ha redatto la Carta dei valori

di Federica Mrtellini

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16per riuscire a superare queste resistenze. Per quantoriguarda poi la questione più ampia delle resistenze fra lepersone, nella società: questa è un’esperienza che dob-biamo fare».Ora inizia il lavoro, forse più arduo, della diffusione.«Quello che ci aspetta è un lavoro diverso da quello, fati-coso, della stesura. Ora si tratta di far vivere la Carta fra

le persone. Il primo è stato un lavoro nostro, questo è unlavoro di tutti».

Giorni fa in treno ascoltavo un’animata discussione sul-l’opportunità o meno di garantire agli immigrati deglialloggi popolari e la sanità pubblica gratuita. Il lavoro ditutti, che è anche una sfida per ciascuno, è già cominciato.

CARTA DEI VALORI

DELLA CITTADINANZA E DELL’INTEGRAZIONE

L’ITALIA, COMUNITÀ DI PERSONE E DI VALORI

L’Italia è uno dei Paesi più antichi d’Europa che affonda le radici nella cultura classica della Grecia e di Roma. Essa si è evoluta nell’orizzontedel cristianesimo che ha permeato la sua storia e, insieme con l’ebraismo, ha preparato l’apertura verso la modernità e i principi di libertà e di giu-stizia. I valori su cui si fonda la società italiana sono frutto dell’impegno di generazioni di uomini e di donne di diversi orientamenti, laici e reli-giosi, e sono scritti nella Costituzione democratica del 1947. La Costituzione rappresenta lo spartiacque nei confronti del totalitarismo, e del-l’antisemitismo che ha avvelenato l’Europa del XX secolo e perseguitato il popolo ebraico e la sua cultura. La Costituzione è fondata sul rispetto della dignità umana ed è ispirata ai principi di libertà ed eguaglianza validi per chiunque si trovi a vive-re sul territorio italiano. Partendo dalla Costituzione l’Italia ha partecipato alla costruzione dell’Europa unita e delle sue istituzioni. I Trattatie le Convenzioni europee contribuiscono a realizzare un ordine internazionale basato sui diritti umani e sulla eguaglianza e solidarietà tra ipopoli. La posizione geografica dell’Italia, la tradizione ebraico-cristiana, le istituzioni libere e democratiche che la governano, sono alla base delsuo atteggiamento di accoglienza verso altre popolazioni. Immersa nel Mediterraneo, l’Italia è stata sempre crocevia di popoli e culture diver-se, e la sua popolazione presenta ancora oggi i segni di questa diversità. Tutto ciò che costituisce il patrimonio dell’Italia, le sue bellezze artistiche e naturali, le risorse economiche e culturali, le sue istituzioni demo-cratiche sono al servizio degli uomini, delle donne, dei giovani, e delle future generazioni. La nostra Carta costituzionale tutela e promuovei diritti umani inalienabili, per sostenere i più deboli, per garantire lo sviluppo delle capacità e attitudini di lavoro, morali, spirituali, di ognipersona.

DIGNITÀ DELLA PERSONA, DIRITTI E DOVERI

1. L’Italia è impegnata perché ogni persona sin dal primo momento in cui si trova sul territorio italiano possa fruire dei diritti fondamen-tali, senza distinzione di sesso, etnia, religione, condizioni sociali. Al tempo stesso, ogni persona che vive in Italia deve rispettare i valori sucui poggia la società, i diritti degli altri, i doveri di solidarietà richiesti dalle leggi. Alle condizioni previste dalla legge, l’Italia offre asilo eprotezione a quanti, nei propri paesi, sono perseguitati o impediti nell’esercizio delle libertà fondamentali.

2. Nel prevedere parità di diritti e di doveri per tutti, la legge offre il suo sostegno a chi subisce discriminazioni, o vive in stato di biso-gno, in particolare alle donne e ai minori, rimovendo gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona.

3. I diritti di libertà, e i diritti sociali, che il nostro ordinamento ha maturato nel tempo devono estendersi a tutti gli immigrati. È garanti-to il diritto alla vita dal suo inizio fino al compimento naturale, e il diritto alla salute con le cure gratuite quando siano necessarie; una pro-tezione speciale è assicurata alla maternità e all’infanzia. Il diritto all’istruzione è riconosciuto quale strumento indispensabile per la cresci-ta personale e l’inserimento nella società.

4. L’uomo e la donna hanno pari dignità e fruiscono degli stessi diritti dentro e fuori la famiglia. Alle donne, agli uomini, ai giovani immi-grati l’Italia offre un cammino di integrazione rispettoso delle identità di ciascuno, e che porti coloro che scelgono di stabilirsi nel nostroPaese a partecipare attivamente alla vita sociale.

5. L’immigrato può, alle condizioni previste dalla legge, diventare cittadino italiano. Per ottenere la cittadinanza nei tempi previsti dallalegge occorre conoscere la lingua italiana e gli elementi essenziali della storia e della cultura nazionali, e condividere i principi che regola-no la nostra società. Vivere sulla stessa terra vuol dire poter essere pienamente cittadini insieme e far propri con lealtà e coerenza valori eresponsabilità comuni.

DIRITTI SOCIALI. LAVORO E SALUTE

6. L’Italia tutela e promuove il lavoro in tutte le sue espressioni, condanna e combatte ogni forma di sfruttamento umano, in modo par-ticolare quello delle donne e dei bambini. Il lavoro favorisce lo sviluppo della persona e la realizzazione delle sue attitudini e capacitànaturali.

7. L’immigrato, come ogni cittadino italiano, ha diritto ad un compenso adeguato per il lavoro svolto, al versamento dei contributi per lasanità e la previdenza, a vedersi garantito il sostentamento nei casi di malattia e infortunio, e nell’età avanzata, alle condizioni previste dallalegge. Ogni lavoro deve svolgersi in condizioni di sicurezza per la salute e l’integrità della persona.

8. Chiunque sia oggetto di molestie, discriminazioni, o sfruttamento, sul luogo di lavoro può rivolgersi alle autorità pubbliche, alle orga-nizzazioni sindacali, sociali e di assistenza, per vedere rispettati i propri diritti e poter adempiere alle proprie mansioni nel rispetto delladignità umana.

9. Cittadini e immigrati hanno diritto ad essere curati nelle strutture pubbliche. I trattamenti sanitari sono effettuati nel rispetto dellavolontà della persona, della sua dignità, e tenendo conto della sensibilità di ciascuno. È punita ogni mutilazione del corpo, non dovuta a esi-genze mediche, da chiunque provocata.

10. L’Italia è impegnata perché tutti possano fruire di una abitazione adeguata ai bisogni della propria famiglia e a costi ragionevoli. Chisi trovi in stato di bisogno, o sia costretto a subire costi eccessivi per la propria abitazione, può rivolgersi alle autorità pubbliche o alle asso-ciazioni sindacali per ricevere assistenza e ottenere il rispetto dei propri diritti.

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DIRITTI SOCIALI. SCUOLA, ISTRUZIONE, INFORMAZIONE

11. I bambini e i ragazzi hanno il diritto e il dovere di frequentare la scuola dell’obbligo, per inserirsi a parità di diritti nella società e dive-nirne soggetti attivi. È dovere di ogni genitore, italiano o straniero, sostenere i figli negli studi, in primo luogo iscrivendoli alla scuola del-l’obbligo, che inizia con la scuola primaria fino ai 16 anni.

12. L’insegnamento è diretto alla formazione della persona e promuove la conoscenza dei diritti fondamentali e l’educazione alla legalità,le relazioni amichevoli tra gli uomini, il rispetto e la benevolenza verso ogni forma di vita esistente. Anche per favorire la condivisione deglistessi valori, la scuola prevede programmi per la conoscenza della storia, della cultura, e dei principi delle tradizioni italiana ed europea. Perun insegnamento adeguato al pluralismo della società è altresì essenziale, in una prospettiva interculturale, promuovere la conoscenza dellacultura e della religione di appartenenza dei ragazzi e delle loro famiglie.

13. La scuola promuove la conoscenza e l’integrazione tra tutti i ragazzi, il superamento dei pregiudizi, e la crescita comune dei giovanievitando divisioni e discriminazioni. L’insegnamento è impartito nel rispetto delle opinioni religiose o ideali dei ragazzi e delle famiglie e,a determinate condizioni, prevede corsi di insegnamento religioso scelti volontariamente dagli alunni o dai loro genitori.

14. Sulla base degli stessi valori, spetta anche ai mezzi d’informazione favorire la conoscenza dell’immigrazione, delle sue componenticulturali e religiose, contrastando pregiudizi e xenofobie. Il loro ruolo è essenziale per diffondere un pluralismo culturale rispettoso delle tra-dizioni e dei valori basilari della società italiana.

15. È garantito il diritto di enti e privati di istituire scuole o corsi scolastici, purché non discriminino gli alunni per motivi etnici o confessionali,e assicurino un insegnamento in armonia con i principi generali dell’istruzione, e i diritti umani che spettano alle persone. Ogni tipo di insegnamen-to, comunque impartito a livello pubblico o privato, deve rispettare le convinzioni di ciascuno e tendere a unire gli uomini anziché a dividerli.

FAMIGLIA, NUOVE GENERAZIONI

16. L’Italia riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e considera l’educazione familiare strumentonecessario per la crescita delle nuove generazioni.

17. Il matrimonio è fondato sulla eguaglianza di diritti e di responsabilità tra marito e moglie, ed è per questo a struttura monogamica. Lamonogamia unisce due vite e le rende corresponsabili di ciò che realizzano insieme, a cominciare dalla crescita dei figli. L’Italia proibiscela poligamia come contraria ai diritti della donna, in accordo anche con i principi affermati dalle istituzioni europee.

18. L’ordinamento italiano proibisce ogni forma di coercizione e di violenza dentro e fuori la famiglia, e tutela la dignità della donna intutte le sue manifestazioni e in ogni momento della vita associativa. Base dell’unione coniugale è la libertà matrimoniale che spetta ai gio-vani, e comporta il divieto di coercizioni e di matrimoni forzati, o tra bambini.

19. L’Italia tutela la libertà dei minori nello sviluppo della propria personalità, che si realizza anche nell’incontro con altri giovani e nellapartecipazione alle attività sociali. Il principio di eguaglianza non è conciliabile con le pretese di separare, a motivo dell’appartenenza con-fessionale, uomini e donne, ragazzi e ragazze, nei servizi pubblici e nell’espletamento delle attività lavorative.

LAICITÀ E LIBERTÀ RELIGIOSA

20. L’Italia è un Paese laico fondato sul riconoscimento della piena libertà religiosa individuale e collettiva. La libertà religiosa è ricono-sciuta ad ogni persona, cittadino o straniero, e alle comunità religiose. La religione e la convinzione non possono essere motivo di discrimi-nazione nella vita sociale.

21. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Lo Stato laico riconosce il contributo positivo che le religio-ni recano alla collettività e intende valorizzare il patrimonio morale e spirituale di ciascuna di esse. L’Italia favorisce il dialogo interreligio-so e interculturale per far crescere il rispetto della dignità umana, e contribuire al superamento di pregiudizi e intolleranza. La Costituzioneprevede accordi tra Stato e confessioni religiose per regolare le loro specifiche condizioni giuridiche.

22. I principi di libertà e i diritti della persona non possono essere violati nel nome di alcuna religione. È esclusa ogni forma di violenza,o istigazione alla violenza, comunque motivata dalla religione. La legge, civile e penale, è eguale per tutti, a prescindere dalla religione diciascuno, ed unica è la giurisdizione dei tribunali per chi si trovi sul territorio italiano.

23. La libertà religiosa e di coscienza comprende il diritto di avere una fede religiosa, o di non averla, di essere praticante o non pratican-te, di cambiare religione, di diffonderla convincendo gli altri, di unirsi in organizzazioni confessionali. È pienamente garantita la libertà diculto, e ciascuno può adempiere alle prescrizioni religiose purché non contrastino con le norme penali e con i diritti degli altri.

24. L’ordinamento tutela la libertà di ricerca, di critica e di discussione, anche in materia religiosa, e proibisce l’offesa verso la religione e il senti-mento religioso delle persone. Per la legge dello Stato, la differenza di religione e di convinzione non è di ostacolo alla celebrazione del matrimonio.

25. Movendo dalla propria tradizione religiosa e culturale, l’Italia rispetta i simboli, e i segni, di tutte le religioni. Nessuno può ritenersioffeso dai segni e dai simboli di religioni diverse dalla sua. Come stabilito dalle Carte internazionali, è giusto educare i giovani a rispettarele convinzioni religiose degli altri, senza vedere in esse fattori di divisione degli esseri umani.

26. In Italia non si pongono restrizioni all’abbigliamento della persona, purché liberamente scelto, e non lesivo della sua dignità. Non sono accet-tabili forme di vestiario che coprono il volto perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell’entrare in rapporto con gli altri.

L’IMPEGNO INTERNAZIONALE DELL’ITALIA

27. In coerenza con questi principi l’Italia svolge nel mondo una politica di pace e di rispetto di tuffi i popoli, per promuovere la convi-venza tra le nazioni, per sconfiggere la guerra e il terrorismo. L’Italia è impegnata in campo internazionale per tutelare le ricchezze di vita edi ambiente del pianeta.

28. L’Italia ripudia la guerra come strumento di soluzione delle controversie internazionali, le armi di distruzione di massa, e ogni formadi tortura o di pene degradanti per la dignità umana. Essa condanna l’antisemitismo, che ha portato al genocidio del popolo ebraico, e ognitendenza razzista che vuole dividere gli uomini e umiliare i più deboli. L’Italia rifiuta tutte le manifestazioni di xenofobia che si esprimonodi volta in volta nella islamofobia o in pregiudizi verso popolazioni che vengono da altre parti del mondo.

29. Insieme agli altri Paesi europei, l’Italia ha abolito la pena di morte e lavora nelle sedi internazionali perché sia abrogata nel resto delmondo. L’abolizione della pena di morte costituisce un traguardo di civiltà che fa prevalere il rispetto della vita sullo spirito di vendetta.

30. L’Italia è impegnata a risolvere pacificamente le principali crisi internazionali, in particolare il conflitto israelo-palestinese che si tra-scina da tanto tempo. L’impegno dell’Italia è da sempre a favore di una soluzione che veda vivere insieme i popoli della regione, in primoluogo israeliani e palestinesi nel contesto di due Stati e due democrazie.

31. Insieme agli altri Paesi europei, l’Italia agisce a livello internazionale per promuovere ovunque il rispetto della dignità e dei dirittiumani, e per favorire l’affermazione della democrazia politica, come forma di Stato che consente la partecipazione dei cittadini al governodella cosa pubblica e il rispetto crescente dei diritti della persona.

Roma 23 aprile 2007

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Partiamo da un dato oggettivo: lei è una donna euna scienziata di fama internazionale. Conosciamobene il ruolo della donne nella ricerca scientifica equanto sia difficoltoso affrancarsi da stereotipi con-divisi dai più. Cosa è stato determinante nel suopercorso? «Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia libera-le che non mi ha mai condizionata, lasciandomi sem-pre libera di scegliere. Tale educazione mi ha fatto cre-scere libera da complessi di genere. Indubbiamente,poi, il mio carattere combattivo è stato rafforzato daun’intensa pratica sportiva (Margherita Hack è stataun’atleta a livello nazionale n.d.r.) grazie alla quale hoimparato ad essere combattiva in maniera sportiva,riconoscendo il valore dell’ “avversario” perché innan-zitutto conoscevo il mio. Ecco, credo che la consape-volezza di ciò che si è sia fondamentale in qualsiasiprocesso formativo. Purtroppo devo riconoscere unacerta responsabilità all’educazione che spesso vienetrasmessa alle donne: si chiede loro di essere remissi-ve e pronte a cedere il passo a figure più marcatesocialmente parlando, come può essere un fratello, uncompagno, un amico di studio. Questo atteggiamentole rende piene di complessi, soprattutto in ambitoscientifico. Le donne devono imparare ad essere piùcombattive, investendo le loro energie nella volontàguidata dalla fiducia in se stesse». Quale consiglio darebbe a una giovane ricercatrice?«Le consiglierei innanzitutto di non avere complessi diinferiorità e di fare quello per cui si sente più portata.Non solo. Di mettere in campo quel tanto di aggressivitàe combattività affinché le proprie capacità siano ricono-sciute dagli altri e non transigere mai di fronte a un’evi-dente tendenza altrui a minimizzare il proprio lavoro». Prof.ssa Hack, lei ha saputo combinare l’impegnoscientifico e la divulgazione. Grazie al suo innegabile

carisma mediatico, l’astrofisica è entrata nelle casedella gente comune. Come si declina il ruolo dellaricerca scientifica nell’impegno sociale?«Intanto è importante far capire alla gente a cosa serve lascienza, sia perché ci sono delle applicazioni pratichenella vita di tutti i giorni, ma soprattutto perché la scien-za affranca l’uomo dalle superstizioni e dalle paure, ren-dendolo consapevole di scegliere liberamente. La capa-cità di scegliere si fonda sulla libertà: credo che lo scien-ziato abbia il dovere di tutelarla in ogni sua forma e aessa si ispira nelle sue ricerche. Soprattutto ha il dovereetico di far conoscere alla gente le scoperte cui porta ilsuo lavoro, per il quale del resto è anche pagato. D’altraparte il fare divulgazione è utile più a chi la fa che a chila riceve, perché quando si vuol spiegare con parole sem-plici concetti anche complessi è importante averli benchiari in testa e in questo senso la divulgazione aiuta loscienziato a fare chiarezza. Divulgare ci aiuta a capirequello che non abbiamo ancora capito e a sforzarci percapirlo più a fondo».Quali sono i limiti della scienza per lei che ha postoil suo ateismo a principio deontologico della suaricerca?«La religione e la scienza operano su canali diversi. Lascienza indaga le leggi della natura e la ragione leosserva, le sperimenta e le interpreta; la religione sibasa sulla fede che di per sé trascende la natura. È perquesta ragione che uno scienziato può essere tale indi-pendentemente dal fatto che abbia fede religiosa. Perquanto mi riguarda sono atea perché penso che l’idea diDio sia un’assurdità e che esso sia piuttosto un’inven-zione dell’uomo per spiegare tutto quello che la scien-za non è in grado di spiegare e soprattutto per edulco-rare l’innegabile paura della morte. Non a caso nell’an-tichità quando le leggi della natura erano ancora moltomisteriose il mondo umano era popolato da dei. Colprogredire della scienza e la scoperta sempre piùapprofondita del funzionamento dell’universo, il nume-ro degli dei si è molto ridotto. Oggi l’idea di Dio anche

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Margherita Hack

Donne e scienza:complessi di inferiorità addio

Intervista a Margherita Hackdi Alessandra Ciarletti

Margherita Hack è una delle menti più brillanti della comu-

nità scientifica italiana e ha dedicato la sua ricerca alla scien-

za astrofisica. La sua carriera scientifica si è intrecciata a

quella degli astronomi più importanti dell’ultimo secolo. Le

sue ricerche hanno toccato diversi settori, dallo studio delle

atmosfere delle stelle agli effetti osservabili dell’evoluzione

stellare, dando un importante contributo allo studio e alla

classificazione spettrale delle stelle. È la prima donna a diri-

gere un osservatorio astronomico in Italia

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per i credenti è qualcosa di molto più spirituale del Diodel medioevo o di quello rinascimentale con la barbabianca e assiso in trono». Siamo d’accordo, alla scienza dobbiamo molto delnostro benessere psico-fisico e indubbiamente essa ciha resi maggiormente consapevoli della nostralibertà. Esiste una discriminante?«Be’ in fisica la discriminante non c’è, ma è evidente cheinterviene nella biologia e nella biofisica. Soprattutto inItalia, l’interferenza del Vaticano è diventata una realtàtanto più inaccettabile nella misura in cui i politicivogliono imporre i dettami della Chiesa in uno Stato chesi dichiara laico. Penso per esempio alla ricerca sulle cel-lule staminali o a tutte le difficoltà che si incontrano perarrivare al testamento biologico, all’autodeterminazione.Non solo. Penso alle battaglie che si stanno facendo perdare uguali diritti agli omosessuali e agli eterosessualiche vogliono essere uniti nella libertà senza alcun vinco-lo religioso. Insomma mi sembra evidente che viviamoin uno Stato laico succube del Vaticano».A chi spetta, se spetta a qualcuno, tenere le fila dellaricerca quando essa per “eccessivo amore” di libertàviola la natura?«La ricerca dovrebbe essere libera, non dovrebbe esse-re guidata da nessuno. In fondo se ci si pensa bene, dache essa esiste è frutto dell’istanza del singolo piuttostoche risultato collettivo. Dovrebbe essere libera da vin-coli religiosi e soggiogata a un unico precetto: progre-dire nelle sue applicazioni in funzione del benesseredegli esseri viventi, uomini e animali. Ecco questa

credo sia la regola e l’etica dello scienziato: la ricercascientifica deve accrescere nel mondo la proporzionedel bene. Le applicazioni della scienza devono portareprogresso e non regresso, vantaggio e non svantaggio.Certo è anche vero che la ricerca va per tentativi e diconseguenza non ci si può subito rendere conto dell’e-ventuale portata negativa; in tal caso bisognerebbesaper rinunciare. Forse il limite lo impone proprio lanatura. Penso agli ibridi tra uomini e animali: avallarequesto tipo di sperimentazione significherebbe crearedelle popolazioni di schiavi, di esseri minorati. È anchevero che intervenire sulla natura non sempre è dannoso:penso agli incroci tra le piante, agli innesti…in fondoanche i tanto deprecati OGM vanno a sanare alcunecarenze naturali, mentre non conosciamo eventualieffetti negativi. Anche in questo caso vale la regola fon-damentale: qualsiasi ricerca scientifica deve essere con-dotta per migliorare le condizioni di vita degli esseriviventi».Be’ il principio è perfetto, ma si sa, per sua naturaproduce eccezioni, che ahimè sono spesso dannose.Un monito per i giovani ricercatori?«Il monito è di lavorare sempre con onestà e libertà. Lalibertà senza onestà può essere pericolosa, soprattuttonella ricerca scientifica. “Ama il prossimo tuo come testesso”, nel mio prossimo ci metto gli uomini e gli ani-mali. Gesù è stato un’ importantissima figura storica, noncerto figlio di Dio, ma di grande portata rivoluzionariache ha precorso i secoli e la nostra società dovrebbe tene-re maggiormente in conto i suoi insegnamenti».

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L’11 ottobre scorso è stato assegnato il premioNobel per la letteratura a Doris Lessing. La scrit-trice britannica è stata premiata dall’Accademiasvedese con la seguente motivazione: «Cantricedell’esperienza femminile, che con scetticismo,passione e potere visionario ha messo sotto esameuna civiltà divisa».Nata 88 anni fa in Iran, Doris Lessing ha trascor-so l’infanzia e la giovinezza nella ex Rodhesia(oggi Zimbabwe). Testimone partecipe del propriotempo, ha infranto regole e stereotipi: donna bian-ca ha combattuto l’Apartheid negli anniCinquanta; negli anni Sessanta e Settanta divenneun’icona del movimento femminista che trovò nelsuo Il taccuino d’oro (1962) uno dei principalitesti di riferimento. Lessing è l’undicesima donnaad essere insignita del Nobel per la letteratura.

Doris Lessing

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A quanti avessero mai sognato di frequentare unaUniversità “in Campus” modello Stati Uniti, farà sicura-mente piacere il progetto dell’Università di Roma Tre dicostruire un vero e proprio Campus universitario poli-funzionale, come emerso nel convegno “Città CampusUniversità” tenutosi nel settembre scorso alla presenzadel Sindaco Walter Veltroni e del Magnifico RettoreGuido Fabiani. Il progetto, che originariamente doveva svilupparsi soload Acilia, interesserà l’area di Valco San Paolo, perintenderci il quadrante che va dall’ormai ex-Cinodromoalla Vasca Navale, estendendosi lungo la costa ovest delTevere e la zona ex-industriale, già insediamento di alcu-ne strutture di Roma Tre. Una superficie totale di quasi 10.000 mq per risponderealle esigenze pressanti dell’Università, migliorandone ladidattica - attraverso una razionalizzazione dei tempi edegli spazi - e la visibilità, non solo a livello nazionale,senza trascurare la risoluzione, almeno in parte, di pro-blemi molto cari agli studenti, come quello degli alloggi. È infatti prevista la realizzazione di 200 posti letto divi-si tra stanze singole (la maggior parte) e doppie, edifica-te nell’area del delocalizzato campo nomadi, fornite diangolo cottura - in alcuni casi - servizi igienici individua-li, internet, aria condizionata e aree di utilità collettiva,come biblioteca, sale riunioni e studio e lavanderia, lacui gestione futura potrebbe spettare all’A.Di.S.U. (la

ripartizione ministeriale vuole che il 40% degli alloggisiano assegnati al “libero mercato”, la restante partesecondo i criteri del diritto allo studio). Il tutto per unospazio medio complessivo di 40 mq a studente e, ciò chepiù conta, un costo abbordabile, si parla di 350 Euromensili per i mini appartamenti. Non ci saranno soltanto strutture accademiche (residen-ze, laboratori di ricerca, scuole di alta formazione) maanche punti di socializzazione. Il Campus sarà infattidotato di una palestra, campi da calcio e da tennis, unpolo natatorio (con annessi 120 posti letto che la F.I.N.destinerà agli atleti), un asilo nido, due piazze pubbliche,oltre ad uffici e parcheggi multipiano. Come dire, unaUniversità nella Città. Una vera e propria rivoluzione confermata anche dainumeri: si parla di un investimento di circa 20 milionidi Euro per lo più di provenienza statale – legge n. 338del novembre del 2000 – senza trascurare gli impegniingenti per le strutture sportive e le migliorie alla viabi-lità, con l’insediamento della linea D della metropolita-na, e la costruzione di un semi-anello stradale che col-legherà la viabilità del Campus alla zona Ostiense-Marconi. Gli interventi saranno poi all’insegna dell’ecosostenibi-lità, dimostrando ancora una volta la sensibilitàdell’Ateneo all’argomento. L’obiettivo è quello dirispondere a esigenze di contenimento energetico delle

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Planimetria generale e di dettaglio del nuovo piano di assetto urbano del Valco San Paolo

L’Università in campus,Roma Tre si trasforma

Caratteristiche e numeri del progetto realizzato dal Dipartimento di progettazione e studio dell’architettura di Roma Tre,

sotto la direzione del prof. Mario Panizza e il coordinamento del progettodelle residenze da parte del prof. Lorenzo Dall’Olio

di Marco Angelino

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strutture, attraverso l’utilizzo di componenti e materia-li a basso impatto ambientale. Si lavorerà soprattutto indue direzioni: riduzione dei consumi e produzioneautonoma di energia, grazie all’installazione di pannel-li fotovoltaici e solari.Un passo in avanti sostanziale sotto tutti i punti di vista,per un progetto ambizioso, le cui premesse sono ottime.Il merito, per una volta, anche di una legge azzeccataquanto necessaria – il decreto del MIUR n. 43 del mag-

gio 2007 – in grado di restituire allo studente il diritto aduna vita dignitosa, almeno sulla carta. L’inizio dei lavori è previsto per il 2008 – verosimilmen-te primavera inoltrata – (il progetto sarà presentato for-malmente il 3 dicembre prossimo), con l’intento diaccorpare la realizzazione del polo natatorio, da finirenecessariamente per l’inizio dei Mondiali di nuoto del2009, al completamento del polo universitario. Difficile,non impossibile. Tempi tecnici permettendo. Si sa.

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Modello del piano di assetto urbano e prospettiva delle residenze

Rendering di alcune soluzioni tipologiche

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Negli anni precedenti abbiamo assistito a importantidibattiti e evidenti sviluppi del rapporto tra città euniversità. È pensiero condiviso che le diverse istanzesi compensino, arricchendosi reciprocamente. Oggida quell’unione di intenti ribadita in molte occasioni,prende il via un progetto esecutivo giocato tutto sulruolo fondamentale dell’Università nello sviluppoculturale e urbanistico della città. Come nasce il pro-getto Nuovi campus a Roma?S.C. «L’obiettivo centrale dell’assessorato da me direttoè quello di sostenere lo sviluppo dei “diritti di cittadinan-za” degli studenti nell’ambito del Diritto allo Studio, cheè chiamato a favorire la fruizione dell’attività didatticaper gli studenti stessi, con particolare riguardo a quellifuori sede, meritevoli e privi di mezzi, ed in un quadro dicoerente programmazione condivisa con le realtà istitu-zionali universitarie. Si è cercato, da un lato, di assicura-re benefici direttamente allo studente (borse di studio,prestiti d’onore, contributi monetari, contributi trasporti,contratti part time) e dall’altro di favorire una presenzaterritoriale di servizi (ristorazione, trasporti collettivi,attività culturali e ricreative, orientamento al lavoro, ser-vizi alloggiativi, consulenze legali, agenzia degli affittietc.) che, in qualche modo, agevolino la fruizione delleattività didattiche, permettano una migliore qualità dellavita e favoriscano l’integrazione degli studenti universi-tari fuori sede con il tessuto urbano e con la realtà socia-le e culturale del territorio che li ospita.Il particolare impegno profuso dalla giunta Marrazzo edin particolare dall’assessorato da me diretto nel realizza-re le nuove residenze universitarie con i finanziamentidella Legge 338/00, ha innescato un meccanismo virtuo-so, per cui anche le università del Lazio ed il Comune diRoma sono istituzionalmente impegnati alla definizione eallo sviluppo di un nuovo programma per l’edilizia resi-denziale universitaria, in grado di aumentare la capacità diospitalità per la popolazione universitaria nel territorio nelComune di Roma, con strutture alloggiative dotate di aule

studio, sale riunioni, biblioteche, sala internet, serviziricreativi e quant’altro necessario per agevolare la fruizio-ne delle attività didattiche agli studenti fuori sede». J.L.T. «Il progetto dei Nuovi Campus nasce dall’idea diuna concezione diversa dell’università, non più solocome un mero luogo di studio ma come un importantemomento della formazione della vita dei nostri giovani. ICampus, rispondono all’esigenza sempre più forte diavere dei luoghi accoglienti e completi, di fronte a unadomanda universitaria sempre in crescita che vede lanostra città tra le mete preferite. Inoltre i Campus s’inse-riscono in quel percorso urbanistico che ha permesso aRoma, grazie all’investimento sulle architetture contem-poranee, di essere una città che coniuga in modo esem-plare, antichità e modernità».Dalla presentazione che si è svolta lo scorso 11 settem-bre all’Auditorium Parco della Musica, è piuttostoevidente che il progetto nel suo insieme sviluppi iltema della centralità dello studente. In ciascun cam-pus si parla ovviamente di alloggi, ma anche bibliote-che, luoghi ricreativi, impianti sportivi. È veramentecambiato lo status di studente?S.C. «È presto per dire che è cambiato lo status di stu-dente, ma certamente nella Regione Lazio sono statecreate tutte le condizioni perché questo avvenga neiprossimi anni; infatti i 13 interventi che la RegioneLazio, tramite il Consorzio Pegaso, sta realizzando,prevedono oltre le aree funzionali residenziali (stanzaletto e posto studio, servizio igienico, angolo cotturae/o cucine di piano) anche gli spazi necessari per l’atti-vità culturale e didattica (biblioteca, aule studio, saleriunioni etc.), gli spazi per le attività ricreative (pale-stra, sala giochi, sala video, sala musica etc.), oltrenaturalmente agli spazi necessari per tutti quei servizidi supporto (lavanderia, stireria, parcheggi etc.) egestionali-amministrativi (ufficio responsabile delleresidenze, ufficio portiere, archivio, guardaroba, depo-sito biancheria).

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Jean Léonard Touadi

Campus e studentiIntervista doppia a Silvia Costa, assessore all’istruzione,

formazione e diritto allo studio della Regione Lazio e a Jean Léonard Touadi, assessore alle politiche giovanili, rapporti con l’università e sicurezza del Comune di Roma

a cura di Alessandra Ciarletti

Silvia Costa

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Il confort che gli studenti troveranno all’interno dellenostre residenze universitarie, sarà quello ottimale diuno standard di tipo alberghiero e non quello di “unastruttura dormitorio” e questo, senza dubbio, modifi-cherà notevolmente in meglio lo “status di studente”,favorendo in modo determinante la fruizione dell’atti-vità didattica e culturale da parte degli studenti fuorisede».J.L.T. «Sicuramente lo status dello studente tipo cheraggiunge la nostra città è molto diverso rispetto allo stu-dente che 30 anni fa si spostava dal proprio paesino oregione per iniziare un percorso di studi. Il nostro paeseè cambiato e conseguentemente anche i nostri giovanisono cambiati. Un ragazzo che frequenta l’università nonsi sposta solo per studiare, ma anche per fare un’espe-rienza più completa che va dallo sport alla cultura e checontribuirà a segnare in un certo senso la propria vita.Per questo l’università, attraverso i Campus, deve diven-tare un luogo completo, ricco di funzioni e di opportu-nità, dove i giovani possono coltivare e realizzare sognie aspirazioni». All’interno di questo progetto ampiamente strut-turato viene affrontata e risolta una problematicadi annosa gestazione, la locazione degli studentiuniversitari. Come funzionerà l’Agenzia degliaffitti e qual è il ruolo dell’istituzione dal lei rap-presentata? S.C. «Dopo i numerosi ed infruttuosi tentativi effettuatiin passato finalmente sotto la spinta dell’assessorato dame diretto, siamo riusciti a firmare un protocollo d’inte-sa, tra Regione, Comune, e associazioni sindacali di cate-goria dei proprietari e degli inquilini, che ha dato vitaall’Agenzia degli affitti nel Comune di Roma, dopo cheanaloga iniziativa era stata attivata a Viterbo e Cassino,comuni che certamente non hanno le problematiche di uncomune come quello di Roma.L’Agenzia degli affitti coordinata e gestita dal ConsorzioPegaso, è il luogo in cui si incrociano domande e offerted’immobili e dove viene data in modo del tutto gratuito,grazie anche alla presenza delle associazioni dei proprie-tari immobiliari e degli inquilini, consulenza e informa-zione in merito ai contratti di locazione con particolareriferimento ai contratti agevolati a canone concordato.Inoltre è stato realizzato, nell’ambito dell’Agenzia, unportale informatico a cui possono accedere sia gli stu-denti che i proprietari di immobili al fine di incrociare ladomanda e l’offerta di posti alloggio.Il funzionamento è molto semplice: lo studente che sirivolge all’Agenzia deve fornire i propri dati anagrafici,le informazioni sul ciclo degli studi e tutte le caratteristi-che che dovrebbe avere il posto alloggio e/o la casa checerca (ubicazione, servizi, prezzo, dimensioni etc.).I proprietari, da parte loro, debbono fornire una docu-mentazione dettagliata dell’appartamento (ubicazione,piano, servizi, dimensioni, prezzo etc.) che vogliono darein affitto.Una volta inseriti questi dati nel portale informatico, siagli studenti che i proprietari di case, nel momento in cuiviene trovata una corrispondenza, vengono contattatidal personale dell’Agenzia al fine di addivenire allaeventuale stipula di un contratto di locazione a canoneconcordato.Tale iniziativa ha avuto un enorme successo, basti pensa-re che in soli tre mesi vi sono stati più di 1100 accessi daparte degli studenti e proprietari.Il ruolo della Regione è stato fondamentale infatti,cogliendo l’enorme disagio di quegli studenti “fuorisede”, che pur non avendo titoli per benefici particolariavevano la necessità di un servizio che li potesse infor-mare circa le diverse tipologie contrattuali, li ha indiriz-zati verso quei proprietari che intendevano locare a stu-denti. Quest’attività rappresenta il primo passo, per scon-figgere il mercato dei “contratti in nero” attraverso ilcoinvolgimento delle Associazioni sindacali di categoriadei proprietari e degli inquilini».J.L.T. «L’agenzia degli affitti nasce dalla volontà diRegione e Comune di supportare gli studenti nella

ricerca di un affitto ad un prezzo ragionevole e in con-dizioni di legalità. Oggi l’affitto di una stanza o di unposto letto è diventato così proibitivo, da diventarequasi un ostacolo ad un percorso di studi sereno.Pensare che una stanza possa costare 500 euro, in nero,è veramente assurdo. L’agenzia degli affitti, grazieanche alla collaborazione dei sindacati degli inquilini edei proprietari, non ha solo la funzione di far incontra-re il più possibile la domanda con l’offerta, ma anchequella di assistere lo studente in tutte le fasi dell’affit-to dello spazio, con consulenza e assistenza legale gra-tuita durante la firma del contratto, in modo da garan-tire la maggiore tutela possibile sia dello studente chedel proprietario».Per quanto riguarda l’Ateneo Roma Tre è statopresentato un progetto di Campus universitarioche nascerà nell’area Valco San Paolo. Il progettoprevede, oltre alle residenze universitarie, un polotecnologico, laboratori di ricerca, una scuola dialta formazione, un polo natatorio per i mondiali2009, due piazze pubbliche, un asilo nido, uffici eparcheggi. Qual è il ruolo dell’istituzione da leirappresentata in tutto questo? Cosa ci si aspetta daRoma Tre?S.C. «Il progetto di campus universitario che nascerànell’area Valco San Paolo, si inserisce nel nuovo pro-gramma per l’edilizia universitaria fortemente volutodall’assessorato da me diretto.Il ruolo della Regione nella nascita del nuovo campussarà fondamentale come del resto lo è stato per i 13interventi, di cui alcuni già terminati, che stiamo rea-lizzando attraverso il Consorzio Pegaso, interventi checontinuiamo a chiamare Residenze Universitarie mache hanno le stesse identiche caratteristiche dei“Campus Universitari” di cui si parla.Il ruolo della Regione anche in questo intervento saràfondamentale in quanto la Regione dovrà finanziare peril 50% il costo dell’intervento dopo che lo Stato avràgarantito, attraverso i fondi della Legge 338/00, ilrestante 50%.Voglio far rilevare come la Regione Lazio, nella realiz-zazione di residenze universitarie, è intervenuta sia diret-tamente, stanziando i fondi necessari, sia operativamen-te attraverso la struttura Pegaso, che di fatto ha attivatotutte le procedure previste dalla Legge 338/00 per realiz-zare le residenze universitarie o meglio i Campus univer-sitari di cui abbiamo detto.L’ambizioso programma messo in atto dalla Regioneper ampliare il patrimonio di edilizia residenziale uni-versitaria esistente, a tutto vantaggio delle Universitàche potranno offrire servizi alloggiativi, culturali e disvago al pari, se non in misura maggiore, delle più quo-tate università europee, richiede l’impegno e la parteci-pazione non solo della Regione, ma anche e soprattuttodelle università che debbono saper cogliere le opportu-nità che lo Stato e la Regione hanno messo a loro dispo-sizione.In particolare per quanto riguarda l’università di RomaTre ci auguriamo che la stessa intervenga operativamen-te e finanziariamente sia nella realizzazione ma soprat-tutto nella gestione del futuro Campus universitario diValco San Paolo, al fine di offrire ai propri studenti stan-dard e servizi qualitativi e quantitativi degni di una gran-de università europea».J.L.T. «Il Comune di Roma ha sin dall’inizio ricono-sciuto in questo progetto un’occasione di eccellenza perl’intera città, sia a livello nazionale che europeo.Inoltre, l’idea di un Ateneo che permetta una migliorefruibilità agli studenti e che si apre al quartiere che locirconda con centri sportivi ed asili nido, è un perfettoesempio d’integrazione e di convivenza non solo urba-nistica, ma anche sul piano del tessuto sociale. In quan-to il quartiere riconosce l’Ateneo come parte integrantee non come un corpo estraneo. Per queste ragioni lanostra amministrazione cercherà di supportare il piùpossibile questo progetto, in modo da vederne al piùpresto la realizzazione».

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Nel novembre del 1992 venne attivata l’Università RomaTre: sono dunque passati 15 anni dall’avvio dei primicorsi di studio e di tutte le funzioni accademichedell’Ateneo. È una ricorrenza che è opportuno ricordareperché può essere un’utile occasione di riflessione sulcammino percorso e, soprattutto, sulle prospettive futuredi Roma Tre. Non sono molti i colleghi che possono ram-mentare i primi “eroici” anni di vita di un ateneo creatoal di fuori di un coerente disegno di programmazione,privo di strutture e di risorse, e che incredibilmente, siapure a prezzo di “lacrime e sangue”, è riuscito progressi-vamente ad affermare una sua identità a livello naziona-le e internazionale. Sebbene stretta durante gli anniNovanta nella morsa di una drammatica carenza di spazi,Roma Tre è riuscita a delineare, grazie anche ad un effi-cace dialogo con il Comune e con gli altri enti territoria-li, un originale modello di crescita. L’università è stataindubbiamente il principale motore del processo di tra-sformazione e di rinascita dell’area Ostiense, anche invirtù della scelta di un modello insediativo policentricoche ha reso più sostenibile il rapporto con il territorio,evitando il rischio sia di una ghettizzazione in un’areamarginale sia di un’irrazionale dispersione delle sedi.Il modello di una “Università nella città” appare dunquelargamente positivo, grazie ad una sostanziale coerenzadelle scelte, esso tuttavia non esaurisce l’impegno cultu-rale e civile verso il territorio.Le importanti trasformazioni in atto e le nuove centralitàche modificheranno profondamente le funzioni urbane

dell’area Ostiense pongono l’esigenza di un dibattitoapprofondito sul futuro, sul progetto urbano, sul miglio-ramento dei servizi e della vivibilità urbana, sulla tuteladel paesaggio.L’università ha un ruolo importante da svolgere innanzi-tutto sul terreno della ricerca e della promozione deldibattito scientifico, essa ha poi un interesse e una respon-sabilità sul piano della tutela e della valorizzazione delpatrimonio culturale per contrastare il rischio incombentedi gravi speculazioni edilizie, come quella recentementesegnalata dall’Associazione italiana per il patrimonioarcheologico industriale per il caso dell’ex-Consorzioagrario cooperativo (cfr. www.cedot.it), che minaccianodi compromettere irrimediabilmente tratti salienti di unpaesaggio urbano ormai indissolubilmente legato all’im-pegno dell’ateneo per le “fabbriche della conoscenza”.

Progetto di demolizione del sito di archeologia industriale e di costruzione di nuovi edifici approvato dall'amministrazione capitolina,2006, CROMA-CeDOT

Università e città, quindici anni dopo

Lo sviluppo di Roma Tre nel quadrante Ostiense-Marconidi Carlo M. Travaglini

Veduta aerea dell’ex Consorzio agrario-cooperativo, 1922,CROMA-CeDOT

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La necessità sempre maggiore di creare una cultura deidiritti umani e di aumentare la loro tutela rende necessa-rio rispondere alla domanda del perché la comunità inter-nazionale cerchi nuove forme di giustizia, in un mondodove esistono numerosi tribunali penali istituiti con loscopo precipuo di punire i colpevoli di crimini tanto effe-rati da non poter essere giudicati da corti normali.La risposta a tale domanda risiede nello studio della muta-zione del concetto di guerra avvenuta nel ventesimo seco-lo. Nel ventesimo secolo la tipologia criminale viene estra-polata dal contesto universale per entrare di prepotenzanell’universo personale di ognuno: la guerra non è più tota-le ma si compone di numerose micro-guerre che coinvol-gono tutti, la categoria di nemico si allarga fino a compren-dere quasi il novanta per cento di vittime civili nei conflit-ti posteriori al 1945, si creano nuove tipologie di attori, unnuovo concetto di violenza, nuovi e più efferati metodi dicombattimento. Tutte queste novità hanno fatto sì che, nelcorso del secolo passato, in paesi come la ex Yugoslavia,la Sierra Leone, il Rwanda, ma anche regioni più lontane

come la Cambogia degli Khmer Rossi, o l’Iraq di SaddamHussein, solo per citare alcuni esempi, la violenza si siatrasformata, ed anche al termine del conflitto sia rimastapresente come caratteristica endemica della società. Insocietà non ancora completamente investite dal processodi globalizzazione, società dove i rapporti umani sono allabase di ogni tipologia di interazione, è fondamentale che ilprocesso di pacificazione passi attraverso la ricostruzionedi tali legami. È per questo motivo che la comunità inter-nazionale ha sentito la necessità di costruire, nel vero sensodel termine, una giustizia che fosse in grado di ricucire glistrappi che il perpetrarsi delle violenze aveva causato neltessuto sociale. Infatti la trasformazione del concetto diguerra ha reso obbligatorio abbandonare l’idea di una giu-stizia meramente punitiva sul modello di Norimberga, cheaveva lo scopo di ristabilire lo status quo ante, per abbrac-ciare un’idea di giustizia che salisse dal basso fino ad arri-vare alle più alte sfere. È per questo che spesso ai tribuna-li tradizionali, espressione del vecchio concetto di giusti-zia, si affiancano o addirittura sostituiscono nuovi tribuna-li più vicini alla gente, come appunto le Corti Gaçaça inRwanda (letteralmente “giustizia sull’erba”), che hanno loscopo di appurare la verità dei fatti accaduti per poterricreare i legami sociali del gruppo. Vittime e carnefici sie-dono le une accanto agli altri, raccontano quello che è suc-cesso, cercano spiegazioni e porgono scuse reciproche, perarrivare a raggiungere l’obiettivo del perdono. Solo rico-struendo i rapporti interpersonali che la violenza dellaguerra ha distrutto si riesce, infatti, a far convivere dinuovo persone che un tempo si sono odiate, ed è proprioquesto l’obiettivo ultimo della giustizia transizionale,ricreare quei rapporti di fiducia indispensabili perché unasocietà lacerata da un conflitto interno riesca ad accettareil proprio passato e ad andare avanti.

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Un tribunale popolare a Kigali

Giustizia sull’erbaCome cambiano le guerre e il concetto di giustizia in una tesi di laurea

in Relazioni internazionalidi Silvia Lippi

Le migliori tesi di Roma Tre segnalate alla redazione di Roma Tre NewsScienze Matematiche, Fisiche, NaturaliC.d.L. Geologia del Territorio e delle RisorseLa successione messiniana dell’avampaese adriatico nella Maiella nord-occidentale: stratigrafia e ricostruzioni paleoambientali dell’even-to evaporitico e post-evaporitico della crisi di salinità del Mediterraneo(MSC), di Annalisa Iadanza, a.a 2006-2007, relatore DomenicoCosentino, docente di Geologia regionale.

Scienze Matematiche, Fisiche, NaturaliC.d.L. Matematica:Trovare la miglior soluzione: una proposta di introduzione del calcolo combinatorio nella scuola elementare, diViola Ragonesi, Giugno 2007, relatrice Ana Millán Gasca, docente di Matematica e didattica della matematica.

ArchitetturaComposizioni modulari: il caso delle cupole islamiche, di Elisa Conversano, a.a. 2006/2007, relatrice Laura Tedeschini Lalli, docente diMatematica.

Lettere e FilosofiaScrittrici italo-americane di terza generazione, di Gemma Giorgini, relatrice Graziella Pagliano, docente di Sociologia della letteratura,luglio 2006

ArchitetturaImmagine aziendale e grafica. Just mom un’esperienza progettuale, di Federica Marchi, relatrice Gisella Grutter, docente di Tecniche dirappresentazione e di Percezione e comunicazione visiva, 2004.

Invitiamo i docenti di Roma Tre a segnalare alla redazione le loro tesi migliori. Pubblicheremo in questo spazio tutti i titoli segnalati echiederemo all’autore della tesi più vicina per tema all’argomento principale trattato in ciascun numero di scrivere un’articolo.

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24 anni, a un passo dalla Laurea Magistrale inEconomia e Management… ma cosa mi riserva il futuro?Il mondo del lavoro non mi aspetta a braccia aperte; soche dovrò dare il meglio di me ed impegnarmi al massi-mo per realizzare i miei sogni ma… qual è il mio sogno? È normale avere paura e porsi tante domande a quest’età, maesistono delle esperienze che aiutano a trovare una risposta,a guardarsi dentro, a capire qualcosa in più di sé stessi. Parlodel corso avanzato di Organizzazione aziendale, guidato daiprofessori Battaglia, Bernardi e Bertini, che mi ha offertoun’opportunità importante per imparare.Imparare non vuol dire solo leggere fiumi di pagine fitte diteorie che, senza dubbio, costituiranno la base delle nostreconoscenze quando le porte dell’università si saranno chiu-se alle nostre spalle. Significa anche “imparare a conosce-re se stessi”, avere cognizione dei propri punti di forza e didebolezza… vuol dire crescere.Il primo giorno di lezione i professori ci hanno chiesto perquale motivo avessimo deciso di seguire il corso: la rispo-sta fu un silenzio imbarazzato. A quel punto il prof. Bertinidisse qualcosa che ci risvegliò dal torpore e che ritengorispecchi quello che dovrebbe essere l’obiettivo di un inse-gnamento universitario: offrire un’occasione per mettersiin gioco, per imparare non solo dai libri ma anche dall’in-terazione con altri studenti e con i professori.Era la prima volta che un professore mi chiedeva una cosadel genere e in effetti nessuno di noi, prima, ci aveva mairiflettuto concretamente. Incalzati ed entusiasmati dallanovità tutti cominciammo a raccontarci, a tirare fuori, quasiinconsciamente, le nostre proposte per la “lezione ideale”.Ebbene, tutti volevamo qualcosa di pratico, casi concre-ti da studiare e interpretare personalmente, più autono-

mia e interattività. La proposta è stata uno studio sull’e-voluzione dell’Enel negli ultimi 20 anni, in particolare inrelazione a struttura, strategia e contesto di riferimento.Ovviamente l’offerta è stata accolta senza indugio e congrande entusiasmo. Ma non è finita: in risposta allarichiesta di una maggiore discrezionalità ci è stato con-cesso di definire autonomamente i 14 capitoli da studia-re, tenendo conto in particolare delle nozioni più utili allanostra analisi.Per migliorare la comunicazione tra i partecipanti al pro-getto, è stato istituito un forum su internet all’interno delquale scambiarsi idee, suggerimenti, verificare i lavori incorso, accordarci per gli incontri, scambiarci il materia-le: una vera e propria community virtuale!Infine, il prof. Bertini ci ha invitati a esprimere i nostricriteri personali per una partecipazione di successo alcorso e a elaborare delle schede di valutazione tra i mem-bri del gruppo. Due occasioni per analizzare meglio lenostre potenzialità, per chiarire a noi stessi cosa realmen-te siamo in grado di fare ma soprattutto per comprende-re come gli altri percepiscono i nostri comportamenti.Anche i miei colleghi hanno espresso grande soddisfa-zione: in particolare Niubel Lahera, Fabio Palermini edEmanuela Eresia si sono soffermati sull’utilità dell’auto-valutazione e del team work.Insomma: non si finisce mai di imparare! A conoscersi, aconoscere gli altri, a confrontarsi, ad accettarsi… impa-rare ad imparare!Al termine di quest’esperienza meravigliosa vorrei rin-graziare i professori per averci supportato (e sopportato!)e concesso la loro fiducia e il loro tempo anche oltre gliorari di lezione.

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26 Teoria e praticaUn laboratorio della Facoltà di Economia

raccontato da una studentessadi Francesca Vozza

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Come nasce l’idea dicreare una rivista diFacoltà on line?Il progetto Polisonlinenasce nel 2000 dall’i-niziativa del PresideLuigi Moccia, che èun accademico moltotradizionale e ti dà l’i-dea che si e no siacapace di rispondere auna mail (un po’ cometutti noi, che siamocresciuti con la mac-china da scrivere enon con il pc), però haun intuito straordina-

rio per la ricaduta sociale dell’innovazione tecnologica.Ha capito subito che il trend erano le comunità online eil mondo virtuale. Oggi la rivista è completamenteristrutturata ed è rivolta a tutto l’Ateneo. Per questaragione il Comitato scientifico è composto da docenti didiverse discipline e Facoltà (Maria Rosaria Stabili,Marco Causi, Luigi Moccia, Roberto Cipriani, VincenzoMannino, Giovanni De Marco), proprio per sottolineareil suo carattere multidisciplinare. Naturalmente l’impe-gno è grande, ma siamo sicuri di farcela.Il carattere innovativo della rivista sta nella sua duplicità:da un lato, è una rivista tradizionale (semestrale) di carat-tere scientifico; dall’altro, il sito è strutturato in forum,che contemplano anche la possibilità di inviarefoto/video, oltre che messaggi. Non siamo ancora a regi-me perché stiamo seguendo l’iter burocratico necessarioa registrare la rivista al Tribunale di Roma, ma credo chedopo Natale “vedremo la luce”. Auspichiamo una bellacollaborazione con Roma Tre News, che ha avuto moltosuccesso, ha colmato un vuoto e ha risposto a una impor-tante domanda di informazione. Abbiamo due campidistinti e complementari che, integrati, potranno daremolto sostegno alla nostra comunità.La rivista prevede la presenza di forum, pensa chequesto sia uno strumento utile per alimentare il dibat-tito accademico?I dibattiti ora sul tavolo sono molti e di carattere diversi-ficato. Credo che tutto possa e debba essere discussosenza reticenze e con libertà. Lo scambio scientifico è lanostra missione, ma lo è anche il buon governo dellanostra Università. Naturalmente ci sono diversi admini-strators del forum per tenere sotto controllo eventuali ina-deguatezze, ma sono certa che non avranno molto lavo-ro. A una cosa teniamo molto noi della redazione: grazieai nickname tutti possono sentirsi liberi di esprimersi insincerità. Come docente, per esempio, io non ho bisognodi sentire lodi e complimenti, non mi serve a niente. Miserve invece di ricevere critiche, anche dure, sulla mia

didattica e magari anche sulla mia ricerca. Mi serve disapere cosa pensano davvero i miei studenti quandointroduco un argomento. Mi serve di sapere se hannocapito davvero. Se sono chiara piuttosto che criptica piut-tosto che noiosa. Se a casa un mare di volte mia figliaadolescente capisce fischi per fiaschi di quello che dico,perché mai non dovrebbe succedere anche in aula? Alloraa me serve un confronto reale, per fare bene il mio lavo-ro, che l’aula non mi può dare, perché lì, davanti a me,davanti ai colleghi, difficilmente gli studenti ti diconoquello che pensano veramente. Invece in un forum, con ilmarchingegno del nickname mi aspetto che mi dicanocosa pensano effettivamente di me e del mio modo diinsegnare. Io ho soprattutto questa preoccupazione nelladidattica. Ma spero che emergeranno anche tutti gli altritemi della vita universitaria: i servizi, l’organizzazione, laburocrazia, l’agenda interna ecc.Chi potrà scrivere sulla rivista?Possono scrivere su questa rivista assolutamente tutticoloro che ne hanno le qualificazioni. La rivista è unatradizionale rivista scientifica e i testi sono letti da refe-ree anonimi, come si fa in tutte le riviste più accreditate.Però noi vogliamo dare largo spazio ai giovani studiosi eanche alle tesi (triennale, specialistica, dottorato) di par-ticolare interesse. Avremo saggi di studiosi seniores, maanche contributi, comunicazioni, rassegne, cronache erecensioni di giovani di talento. In che modo l’attività promossa da Polis può inserir-si nelle politiche di Ateneo relative all’orientamento?Vorremmo coniugare tradizione e innovazione, in modimolteplici che individueremo man mano. Ma immedia-tamente ne vedo soprattutto uno, ed è appunto il forum,che può veramente funzionare come passaparola, murodel pianto, fonte di saggi consigli per tante piccole-grandi questioni che accompagnano la carriera dellostudente. Io credo che lo studente, non del nostro ate-neo in particolare, ma di tutti gli atenei, si senta inprimo luogo isolato, anche dai suoi stessi colleghi dicorso. Me ne rendo conto a lezione quando, con unostile che, non a caso, non ho appreso in accademia manel mondo aziendale e industriale, creo gruppi di lavo-ro per piccoli stage e workshop sui temi del program-ma di Sociologia della comunicazione, che è la miamateria. Beh, dopo questi brevi stage gli studenti miringraziano perché hanno fatto amicizia fra di loro,hanno trovato l’amica del cuore e il fidanzato, affron-tano il percorso di studi con più fiducia, sostenuti dapersone cui si sentono legati anche a livello affettivo.Questa è solitudine. E non finisco mai di stupirmi diquesta cosa, perché ai miei tempi, i favolosi Settanta,non era certo così. C’era un grande scambio fra studen-ti e perfino con i professori (non tutti). Invece nellenostre aule io respiro la abissale solitudine che questiragazzi vivono. Allora, orientamento, per me, non èsolo una cosa burocratica che mi rende più efficiente e

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Enrica Tedeschi

PolisonlineIntervista alla prof. Enrica Tedeschi, direttore responsabile della rivista scientifica della Facoltà di Scienze Politiche

a cura della redazione

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Se i fondi della programmazione triennale MIUR sonoterminati non significa che i processi di orientamentoavviati con successo in alcune scuole romane debbanoessere bruscamente interrotti.Per questo motivo, e dietro la sollecitazione delProrettore Maria Rosaria Stabili, l’Ufficio orientamentoha elaborato e avviato con l’approvazione del GLOA dueprogetti sperimentali di orientamento, a costo zero perl’Ateneo e per le scuole. I due progetti prevedono due azioni: una rivolta a 18quinte classi che l’anno scorso hanno svolto l’auto-orien-tamento con le psicologhe del Centro di ascolto, l’altrarivolta a 6 nuove quarte classi. Per gli studenti in vista della maturità sono state pensatedelle speciali Giornate di vita universitaria, durante lequali i ragazzi partecipano a laboratori specifici, organiz-zati dai Corsi di Laurea, per permettere loro di sperimen-tare il modo nuovo e accattivante con cui si studiaall’Università. Le ore di laboratorio sono accompagnateda un nuovo incontro con le nostre psicologhe, che ha loscopo evidente di proseguire e di concludere il lavoro

svolto in classe lo scorso anno tramite uno specificointervento sulle motivazioni che inducono a scegliere diproseguire gli studi.Per le quarte classi invece sono stati programmati degliincontri di auto-orientamento che hanno una nuovacaratteristica rispetto all’anno scorso: sono stati coinvol-ti alcuni laureati di Roma Tre che raccontano in classe laloro storia di vita professionale e accademica. La loronarrazione diventa funzionale all’avvio del processo diauto-orientamento con la psicologa. Tutti gli studentidelle scuole che vengono incontrati in classe o presso lenostre Facoltà sono invitati a iscriversi alla piattaformaon line Orienta Tre, uno strumento utile a proseguire ildibattito avviato in presenza. La piattaforma per l’orien-tamento di Roma Tre, il cui referente è il Prof. Margottini(membro GLOA per la Facoltà di Scienze dellaFormazione), ha molteplici finalità ed è uno strumentomolto versatile. I due progetti avviati dall’Ufficio orien-tamento permettono di utilizzare questo spazio virtualein modo sperimentale non solo con gli studenti ma anchecon i referenti dell’orientamento delle scuole coinvolte.Una delle attività affidate ai forum della piattaforma è ilcommento dei filmati delle storie di vita dei laureati diRoma Tre che hanno raccontato la propria storia davantialle telecamere di Universy TV. Le interviste, rilasciateal personale dell’Ufficio orientamento, sono state infattimontate grazie all’intervento gratuito di GianlucaMartone. Il racconto di tali esperienze permette agli stu-denti di esercitare due virtù: l’ascolto e la mimesi.Nell’ascolto dell’altro si può apprezzare la possibilità delraggiungimento di un traguardo, ovviamente tracciandoil proprio percorso in modo personale e autentico.I due progetti si propongono un obiettivo semplice (inquanto dovrebbe essere alla base di ogni intervento diorientamento) ma ambizioso (quando si lavora sulla qua-lità e non sulla quantità la ricaduta non è immediata maa lungo termine): ri-mettere al centro del lavoro di orien-tamento la persona con il proprio progetto di vita.

capace nella mia carriera di discente. Orientamento èanche trovare solidarietà e dritte giuste per affrontare ildisagio della vita quotidiana in una grande città, in unagrande università, con modelli didattici che cambianocontinuamente, riforme che si accavallano, e una note-

vole incertezza sul futuro professionale. Allora vedo ilforum come una piazza virtuale dove chi ha più espe-rienza trasferisce ai più giovani saperi preziosi peruscirne senza le ossa rotte. Qualcosa come: Io speria-mo che me la cavo…

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III A del Liceo classico Luciano Manara

Tante storie per un altro orientamento

L’orientamento narrativo nei progetti sperimentali per le IV e le V classi delle scuole medie superiori

di Valentina Cavalletti

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Ascoltare invece di parlareUno studente racconta la sua esperienza di auto-orientamento con il progetto attivato per le IV classi

di Raffaele Rossi

Ormai sono giunto al quarto anno di liceo e seprima cercavo in ogni modo di scansare tutto ciòche riguardasse il mio futuro e soprattutto l’univer-sità, trasformando anche il solo pensiero in unsilenzioso e flebile sussurro, così forse da renderloimpercettibile a me stesso, ora invece, non possofare a meno di ammettere che è tempo di parlarne edi trasformare quel sussurro in qualcosa di piùrumoroso. L’occasione che ha aumentato quelrumore si è presentata precisamente lunedì 15 otto-bre. Infatti, in classe sono venute delle persone lau-reate a Roma Tre che ci hanno illustrato il loro per-corso. Il fatto che entrambi avessero ottenuto 110 ecome se non bastasse cum laudae ai miei occhi èsembrata un’utopia. L’incontro d’orientamento,poi, si è svolto piuttosto linearmente, tutto sempli-cemente basato sul dialogo, anche un po’ disordina-to per giunta, tanto che la psicologa si è trovatacostretta a fissare una regola. Ed è proprio il dialo-go ad aver reso l’incontro più piacevole, più atten-to e scorrevole ma allo stesso tempo anche diverso,

diverso dagli altri percorsi orientativi in cui ci sipreoccupa poco di ascoltare e molto di parlare. Ioanche ho ascoltato, come chiunque in quell’aulapenso. Ho ascoltato le storie che ci sono state rac-contate, le risposte che ci sono state date a quellesolite, banali e monotone domande: com’è l’univer-sità? È difficile? Quanto studi? In un giorno?Certamente è sempre interessante ascoltare e medi-tare sulle loro risposte sempre così esaurienti esicure. È anche vero che alla domanda più scontata,che forse proprio per questo non viene mai fatta,alla domanda più importante tutte le loro certezzesembrano svanite. Perché fare l’università? Perché,se posso andare subito a lavorare? A cosa mi servi-rebbe? A questo punto la sicurezza fin lì mostratainizia a cedere e la loro voce tutto a un tratto si fapiù timida e leggera. Ma infine, in quella confusio-ne di aggettivi e frasi sconnesse scorgi una parola,che probabilmente giustifica tutto, ogni fiato ditroppo, ogni dubbio travalicando il tempo e lo spa-zio: la cultura.

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Un bando per tuttidi Valentina Menesatti

Si chiama “Bando per le iniziative sociali e culturalidegli studenti” e si presenta come un’opportunità pergli studenti dell’Ateneo di presentare dei progetti e con-correre al finanziamento degli stessi. La commissione è composta da 4 studenti (Zaccari,Petrella, Palmisano, Rossi) 3 docenti (Calcani, Spandrie Giovanardi) un responsabile (Semplici), ed un impie-gato istruttore (Casale), i quali procedono alla valutazio-ne dei progetti con l’approvazione finale della coordina-trice (Evangelista) e del direttore amministrativo(Basilicata). I progetti approvati dovrebbero risponderea criteri piuttosto condivisibili come il coinvolgimentodel maggior numero possibile di studenti, meglio se pro-venienti da diverse Facoltà, che presentino un’idea ori-ginale e compatibile con la funzione formativa e cultura-le dell’Ateneo. Indubbiamente il bando si presenta come

un’ottima chance per TUTTI gli studenti che possonopartecipare presentandosi come rappresentanti degli stu-denti, come singoli studenti che si aggreghino in ungruppo di trenta, o come studenti facenti parte di un’as-sociazione culturale (tre differenti “plichi”, o categorie).Entusiasta, presento il progetto per una rivista con altre29 persone. L’idea mi sembra valida e rispondente aicriteri richiesti, ma non viene approvata. Mentre guar-do e riguardo la tabella dei progetti approvati e non,qualcosa mi balza agli occhi.Da quel momento decido di interessarmi con altri stu-denti a due punti in particolare: l’equa distribuzione diquesto denaro e l’assenza di discriminazioni o favoriti-smi nell’approvazione dei progetti. Su 65 domande presentate ci accorgiamo che ne sonostate approvate 38 per un finanziamento totale di110.000,00 euro.È evidente che più della metà delle iniziative presentatesono state approvate. Ma quali? Chi sono i vincitori?

Dite la vostra...

Titolo dell’iniziativa Studente delegato Approvati

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Chi è …?

Progetto vela- II ed. Pietro Lugarà � 7.600,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà di Economia lista

Progetto Roma3

Roma Tre che balla… -III ed. Eleonora Procopio � 6.000,00 Candidato Consiglio di Facoltà di Economia lista Progetto Roma3

Roma Tre guida sicura- III G.P. Go-

Kart

Rosario Pettè � 7.500,00 Candidato Consiglio di Facoltà di Economia lista Progetto Roma3

e rappresentante nel Consiglio degli Studenti

UniromaRadio: Cd Live Riccardo Girardi � 4.000,00 Rappresentante studenti in Senato Accademico

Giornata Multiculturale-IVed. Fabio Manca � 7.800,00 Candidato Consiglio di Facoltà S.M.F.N lista R.U.M

UniromaRadio: Cd live Marina Bernabei � 2.000,00 Candidato Consiglio di Facoltà Ingegneria lista Ricomincio dagli

studenti

Dragon Boat cup Alessandro Lattanzio � 5.500,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà Giurisprudenza

lista Progetto Roma Tre

Ricomincio dal concerto-IX ed. Alessandro Rudi � 7.400,00 Candidato Consiglio di Facoltà Giurisprudenza lista Ricomincio

dagli studenti

L’evoluzione della commedia italiana Matteo Santucci � 1.000,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà Giurisprudenza

lista Progetto Roma Tre

Yield- IV ed. Francesca Damiani � 3.000,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà Giurisprudenza

lista Ricomincio dagli studenti

Un museo per geologia Dario Luzzi � 8.000,00 Candidato Consiglio di Facoltà Architettura lista R.U.M

Studenti DIA Nico Emanuelli � 2.400,00

Scrittura creativa- laboratorio

Letterario

Vincenzo Smaldore � 2.500,00 Rappresentante nel Consiglio degli Studenti

Antichi Mestieri Valerio Garipoli � 1.300,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà Scienze Politiche

lista Azione universitaria

Donne in azione- IV ed. Elisabetta Osmelli � 3.000,00

Pallavolando a Roma Tre- IIed. Alessandro de Chiara � 5.100,00 Candidato in onsiglio di acoltà conomia lista Azione

universitaria

Roma Tre Marathon Matteo Guidoni � 4.000,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà Giurisprudenza

lista Azione universitaria

Azione calciotto- VII ed. Stefano Pacetti � 3.000,00 Rappresentante nel Consiglio degli Studenti

Elettra riletta: lab. teatrale… Valentina Rapetti � 500,00

Laboratorio di autoformazione:

mente…

Valerio Salvitti � 3.000,00 Candidato Consiglio di Facoltà S.M.F.N lista R.U.M

Giancarlo de Carlo: architettura,

spazio e…

Francesco Colangeli � 3.900,00 Candidato Consiglio di Facoltà Architettura lista R.U.M

Wireless User Group- II ed. Daniele Palladino � 1.800,00

Self Marketing e capacità oratoria Salvatore Tripodi � 900,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà Giurisprudenza

lista Progetto Roma3

Quella maledetta primavera: Praga

1968

Elena Gorgoni � 900,00 Rappresentante Comitato universitario per lo sport lista azione

universitaria

Lo sport e i suoi valori Marco Duopoli � 900,00 Candidato Consiglio di Facoltà di Economia lista Progetto Roma3

La centralità dell’uomo nei paesi… Marco Pingitore � 900,00 Candidato Consiglio di Facoltà di Economia lista Azione

universitaria

L’impresa sociale: necessità

dell’azienda…

Alessandro D’Eri � 900,00

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N.B: I dati, aggiornati ad aprile 2007 e reperibili on-line, si riferiscono al periodo di pubblicazione deirisultati del bando (27/03/07)

Su 38 progetti approvati solo 7 sono stati presentati dastudenti distanti dai gruppi politici dell’università. Alcontrario, tra i 27 non approvati solamente 5 sono statipresentati da studenti che abbiano una qualche parteci-pazione politica (vi invito a verificare anche questo, ètutto on-line). Strano non trovate? Risulterà ancora piùanomalo notare come negli ultimi anni si sia ripetutoquesto stesso meccanismo.Eppure dovrebbe essere garantita per tutti la stessaopportunità, ci sono dei criteri esenti dalla politica. «Non sarà mai, vista l’equa distribuzione tra “partiti”,che la presenza nella commissione di quattro studentirappresentanti di quattro partiti diversi possa inficiarein qualche modo l’obiettività del giudizio?» Lo chiedoa Fabio Semplici e Corrado Casale che trovano «nor-male che ci siano orientamenti politici e che gli studen-ti che si conoscono si aiutino a vicenda» e non vedonoun possibile conflitto di interessi, che invece emergepalesemente nella tabella sopra.Mi consigliano però di chiedere delucidazioni agli stu-denti facenti parte della commissione, dai quali nonricevo alcun chiarimento se non l’invito a ricordarmiche a garantire la regolarità del tutto ci sono anche tredocenti. «È vero!» mi dico «La professoressa Calcani (archeo-logia), il professor Spandri (scienze politiche) e il pro-fessor Giovanardi (italianistica) fanno parte della com-missione e in quanto docenti sapranno chiarire questaanomalia!».Piena di speranza mi reco, in orario di ricevimento, dalprofessor Giovanardi il quale mi dice che «per questecose non ha tempo» e non vuole neanche vedere la docu-mentazione che gli porto. Sostiene di essere stato pre-sente ad una seduta ma di non ricordarsi bene tra cen-tocinquanta progetti…In realtà i progetti sono 65 e miaccorgo che il professore conosce a malapena ciò di cuisto parlando, motivo per il quale gli chiedo di ascoltar-mi e di dissociarsi dal meccanismo che ha determinatola scelta dei progetti. Tuttavia il docente è apertamentedisinteressato a ciò che tento di spiegargli e mi consigliadi denunciare eventuali irregolarità delle quali è dispo-sto a rispondere: preferendo mantenere fede alla suafirma che cercare di capire cosa può essere successo,

sostiene infine che gli altri professori non mi dirannoniente di diverso da lui.È mia intenzione portare all’attenzione di tutti l’acca-duto ed indurre ad una riflessione affinché nel prossimobando possa esserci una competizione più sana.Se ci sono conflitti di interesse (piaga italiana) anche alivello universitario, sarebbe il caso di dividere i fondistanziati per le tre categorie (“plichi”) che possono pre-sentare il progetto o in alternativa stabilire una commis-sione esterna ai gruppi o partiti politici universitari, affin-ché almeno in un luogo di cultura come l’università ci siapiù meritocrazia e meno raccomandazione politica.

Risponde Roberta Evangelista, coordinatrice dellaCommissione studenti

L’erogazione dei fondi per le iniziative culturali e socia-li degli studenti è regolata dalla L. 3-8-1985 n. 429 chedispone a tal fine l’istituzione presso gli atenei di appo-sita commissione di Consiglio di Amministrazionedescrivendone la composizione che prevede, tra l’altro,la presenza dei rappresentanti degli studenti inConsiglio di Amministrazione. Dispone inoltre che leiniziative siano proposte alla commissione “da associa-zioni studentesche rappresentate nei Consigli di Facoltào da altre associazioni o gruppi …” Roma Tre si è dota-ta di un regolamento apposito che disciplina l’applica-zione della legge, approvato dal Senato Accademico edal Consiglio di Amministrazione rispettivamente del11.11.2003 e del 28.10.2003. La Commissione per leiniziative culturali e sociali degli studenti istruisce per-tanto le proposte secondo quanto disposto dal regola-mento d’Ateneo che recepisce la legge e precisa le spe-cifiche modalità e requisiti, riportati poi in maniera piùestesa nei bandi annuali. La Commissione, come tuttele commissioni istruttorie di Senato Accademico eConsiglio di Amministrazione, è supportata da un uffi-cio amministrativo, nel caso specifico l’UfficioIniziative studenti dell’Area Affari generali che, ove sene presentasse il caso, sottopone alla commissione stes-sa le richieste pervenute dagli studenti in merito agliargomenti di sua competenza.

Il forum dell’università Stefano Bernardi � 500,00 Rappresentante studenti in Consiglio di Facoltà di Ingegneria lista

Azione universitaria

Multiplayer Roma Tre Daniele Faraglia � 2.500,00

Africa 3 Roberto Cecchini � 2.800,00 Candidato Consiglio di Facoltà Lettere e filosofia lista ricomincio

dagli studenti

L’università al bivio: esamificio o… Saverio Conti � 800,00 Candidato Consiglio di Facoltà Scienze politiche lista aperta per il

diritto allo studio

Migranti e cittadinanza Livio Pasquali � 700,00 Candidato Consiglio di Facoltà Lettere e filosofia lista Azione

universitaria

La socializzazione dell’impresa Luca Fagiani � 800,00 Candidato Consiglio di Facoltà Scienze politiche lista Azione

universitaria

Stazione sismica Mario Mulas � 1.500,00

R-Esistenza femminile Janet Menasci � 600,00 R.U.M. ccs

Ambiente e legalità 2007 Diego De Angelis � 500,00 Candidato Consiglio di Facoltà Scienze politiche lista Ricomincio

dagli studenti

Diplomazia: strumento di pace o... Angelo Pieroncini � 500,00 Candidato Consiglio di Facoltà di Economia lista Progetto Roma3

No justice without life Mauro Massini � 4.000,00 Rappresentante Studenti Consiglio di Facoltà di Economia lista

Azione universitaria

N.B: I dati, aggiornati ad aprile 2007 e reperibili on-line, si riferiscono al periodo di pubblicazione dei risultati del bando(27/03/07)

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Non tutti sanno che...

Laziodisu e le sue attività a Roma Tre

a cura di Alessandra Rutili

Laziodisu è l’ente regionale che, in applicazione delPiano regionale triennale per il diritto agli studi univer-sitari indice, annualmente, i concorsi per sostenere glistudenti meritevoli e/o facenti parte di alcune categoriedisagiate; si tratta dei “benefici a concorso” che vengo-no assegnati in base a requisiti di reddito e merito. Peraccedervi occorre che gli studenti che possiedono irequisiti, descritti dettagliatamente nel bando (disponibi-le on line e presso la sede dell’ente) provvedano, entro itermini previsti, a inoltrare una domanda on line tramiteil sito.

1. I benefici a concorso per gli studenti vincitori- Borse di studio- Servizio abitativo gratuito per gli studenti fuori

sede (attualmente è il pensionato di piazza De Cristoforis)

- Contributi integrativi delle spese che gli studentifuori sede sostengono per acquisire un alloggio in Roma

- Contributi integrativi delle spese che gli studentisostengono per usufruire dei mezzi pubblici di trasporto extra-urbani

- Contributi integrativi delle spese che sostengono gli studenti che partecipano ai programmiinteruniversitari europei (Erasmus, Socrates, etc.)

Il futuro bando riguarderà:- concorso per i contributi in favore degli studenti

diversamente abili; il bando annuale e i terminiper la presentazione delle domande per l’a.a. 2007/2008 saranno resi noti nei prossimi mesi.

Laziodisu, inoltre, partecipa con l’Università RomaTre, alle spese per gli ausili di cui necessitano alcunistudenti diversamente abili, in particolare la lingua deisegni ed il servizio di trasporto dedicato.

2. Altri servizi per tutti gli studentiL’ente eroga a tutti gli studenti i seguenti servizi aiquali si può accedere richiedendo, presso la sede diRoma Tre di Laziodisu, l’apposito tesserino:

- servizio di ristorazione e bar: mensa universitariae bar in via della Vasca Navale, 79; ristorante convenzionato Mondobar in via Libetta, 2;

- interventi per la promozione di attività culturali (inoltrando richiesta corredata da progetto ed eventuali costi);

- servizio navetta Unibus: servizio di trasporto gratuito dedicato a studenti e a dipendenti di Roma Tre: il servizio, che collega le diverse sedi

dell’Ateneo e le fermate della metropolitana ubicate nell’area Marconi/San Paolo/Ostiense, è

frutto di una convenzione tra la Soc. TrambusS.p.A., l’Università Roma Tre e Laziodisu.

In favore degli studenti in particolari condizioni di disa-gio economico, l’ente provvede ad alcuni interventi,secondo le disponibilità di bilancio, erogando contributistraordinari ai quali si accede inoltrando domanda alSettore benefici a concorso.

3. Le novità- dall’a.a. 2006/2007 viene indetto annualmente

un concorso per accedere ai Contributi per lapromozione di attività culturali (bando unico rivolto a studenti e/o associazioni di tutti gliAtenei del Lazio, redatto dalla sede centrale di Laziodisu). Il Concorso per il corrente a.a. saràindetto nei prossimi mesi;

- dall’a.a. 2006/2007 il percorso della navettaUnibus è stato prolungato, in determinate fasceorarie, fino alla sede del pensionato studentesco (Piazza De Cristoforis);

- sono in esecuzione i sondaggi del terreno su cuiverrà realizzata la nuova mensa universitaria presso la Facoltà di Lettere e Filosofia.

- Sono terminati i lavori di ristrutturazione dei locali (contigui alla mensa di Via della Vasca Navale) che ospiteranno attività polivalenti;

- grazie ad un protocollo d’intesa tra Regione Lazio, Laziodisu, Comune di Roma, e le associazioni di proprietari e inquilini nel giugno2007 è stata inaugurata l’Agenzia degli affitti a Roma che presta un servizio di consulenza/assi-stenza gratuita agli studenti degli Atenei romani eai proprietari/locatori in merito alla stipula di contratti concordati e/o a libero mercato.L’Agenzia fornisce un servizio di collegamentotra domanda di alloggi degli studenti universitari e offerta da parte dei proprietari. (info: [email protected]);

- nella buona stagione nelle ore dei pasti e/o comearea studio all’aperto, sono a disposizione deglistudenti i nuovi gazebo posti presso la mensa diVia della Vasca Navale;

- è stata effettuata una ricerca di mercato per l’ampliamento dell’offerta di residenze limitrofeall’Ateneo.

È stato approvato il progetto per la realizzazione dellanuova residenza universitaria nell’area delLungotevere Papareschi.

Per info: www.adisu.uniroma3.it - www.laziodisu.it

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Memoria europea: evoluzione deidiritti umani

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Roma Tre Orchestra

Stagione da Camera e Sinfonica 2007-2008

Lo scorso 12 ottobre è stata presentata, in una confe-renza stampa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia lastagione 2007-2008 della Roma Tre Orchestra.L’Orchestra di Ateneo, nata nel 2001 per iniziativa delprof. Roberto Pujia, che ne è Presidente, e di ValerioVicari, il direttore artistico, è la prima formazioneorchestrale universitaria del Lazio. A partire da que-st’anno il già ricco calendario degli appuntamenti pre-visti al Teatro Palladium si arricchisce con Musica inAteneo, progetto realizzato in collaborazione con l’ArsTrio di Roma, che prevede una serie di concerti, daottobre a dicembre, presso l’Aula Magna della Facoltàdi Lettere e Filosofia. Un'esibizione della Roma Tre Orchestra al Teatro Palladium

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Per celebrare il centenario della nascita dell’indianista,musicologo e filosofo Alain Danielou, scomparso tredicianni fa a Losanna, dopo aver passato gli ultimi trent’an-ni della sua vita in Italia, il Teatro Palladium s’è fatto let-teralmente in…tre. Dividere la commemorazione dal titolo India: divinasensualità, in tre serate, dedicate rispettivamente alladanza indiana Kuchipudi, ai canti di Tagore e al seman-tic Danielou (raro strumento da lui ideato e poi battezza-to in suo onore dal compositore Sylvano Bussotti), èsembrato il modo più appropriato per rendere conto dellesue diverse passioni, in omaggio dunque al suo essereuomo e artista di grande versatilità e d’animo eclettico,appassionato di letteratura, pittura e musica, ma soprat-tutto di cultura e tradizioni indiane. Oltre alla “presentazione” all’Occidente di discipline cheoggi trovano un grande riscontro come lo yoga o lo shi-vaismo, a Danielou dobbiamo la conservazione e laconoscenza presso la nostra società di musiche tradizio-nali di moltissimi popoli del mondo.L’amicizia con il premio Nobel Rabindranath Tagore,portò Danielou a lavorare su uno dei componimentimeno conosciuti del poeta: le sette liriche che costitui-scono il Rabindra Sangeet, di cui ha curato la parte musi-cale (originariamente dello stesso Tagore), trascrivendo-la per voce e pianoforte e dando così vita ad Opera diamore e destino, il concerto che ha rappresentato l’even-to centrale delle commemorazioni. Pur nella circostanza dell’improvvisa assenza per indi-sposizione di una delle figure cardine dello spettacolo,la cantante ed esperta di canti dhrupad, FrancescaCassio, il concerto è stato velocemente, e con succes-so, adattato su quelle che sarebbero comunque state le

altre componenti: i danzatori in stile Odissi, IleanaCitaristi e Saswat Joshi, considerati ai vertici della lorodisciplina, il pianista romano Ugo Bonessi e l’attoreClaudio Di Palma, specializzato nei grandi classici delteatro europeo (Pirandello, Molière, Goldoni,Shakespeare).Oltre che nell’origine dello spettacolo, frutto dell’inten-sa collaborazione tra i due amici, anche nella compresen-za sul palco di diverse anime, professionali e culturali, ilconcerto ha sottolineato come la diversità di due mondi,l’orientale e l’occidentale, non significhi la negazionedella possibilità di un avvicinamento, ma anzi l’opportu-nità di un’integrazione tra essi. La drammaturgia indiana, in cui l’unione tra poesia,musica e danza è ricorrente, ha sempre veicolato il mes-saggio di una “divina sensualità”, cioè la possibilità discendere quanto più possibile a contatto col nostro esse-re più remoto e profondo (trovando i veri noi stessi, maanche le entità superiori, secondo concezioni orientalisti-che), abbracciando o partecipando emotivamente a disci-pline che utilizzano la gestualità del corpo, non di radosposata alla musica. Ben consapevole ne era Tagore, chelegava al linguaggio del corpo e a quello dei suoni, paro-le di grande fiducia nei confronti dell’altro (il viandantesconosciuto accolto da un “salute, nuovo!” e invitato allapropria tavola, l’ospite al quale offrire un letto), di amoreper i sentieri naturali incontaminati, di condanna perqualsivoglia forma che leda le libertà dell’uomo (dovecon libertà s’intende tutto ciò che sia possibile compierenel rispetto altrui), fino ad un vagheggiamento perenne-mente attuale: il sogno di “un oceano di pace”, il sognodell’Oriente di Tagore così come dell’Occidente diDanielou.

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Logo del centenario di Alain Danielou

L’India mistica di Tagore e Danielou

Il fortunato incontro artistico di due intellettuali amanti del sogno orientale

di Michela Monferrini

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L’Università degliStudi di Roma Tre,Facoltà di ScienzePolitiche, il 16 otto-bre ha avuto l’onoredi ospitare il candida-to al premio Nobelper la pace, il russoArsenij Roginskij,intervenuto nel corsodel seminario di studiIl 1937, l’anno del“Grande Terrore”:storia e memoria inRussia. Lo storico,allievo di Lotman, èstato il primo a visio-nare i documenti del-l’archivio statale del-l’ex Unione Sovieticadopo la caduta delregime. Roginskij,oggi direttore delcentro ‘Memorial’(organizzazione sorta

per ricordare le vittime dello stalinismo), attraverso ilsuo lavoro ha restituito al popolo russo un passato per

troppo tempo taciuto. Il 1937 è stato l’anno della poli-tica del terrore di Stalin. Secondo le stime morirono 12 milioni di russi: 5milioni di persone furono arrestate, iscritte nel fasci-colo e condannati a morte dal servizio militare stataledopo giorni e giorni di torture. Gli altri 7 milioni furo-no strappati dalle loro case e deportati nei campi diconcentramento, in seguito condannati a morte. I pri-gionieri venivano accusati e giustiziati senza un rego-lare processo. I motivi erano diversi: spionaggio a favore dell’Italia,combattere il nemico bolscevico… Accuse, torture,fucilazioni, erano tutte dirette dall’alto, era Stalin amuovere ogni cosa e ogni persona. «Questa è solo la storia di un popolo che ad oggi non haancora il diritto di piangere i propri morti». La memoriadel popolo russo non è esistita per più di mezzo secolo,solo silenzio: dopo la morte di Stalin il nuovo governonegò la verità e si nascose dietro una storiella. Nessuno poteva parlare di quello che era accaduto, nes-sun figlio poteva ricordare suo padre morto senza unvalido motivo. Roginskij ha trascorso due anni della suavita dentro gli archivi statali in compagnia di una calco-latrice «dovevo stare lì per contare tutti i dati che trova-vo. È stato il lavoro principale per ricostruire. Contandovite umane la tua pelle si trasforma in una corazza per-ché le cifre sono persone».

Manifesto del seminario di studi

Solitamente il viaggio è pensato come scoperta di luoghia noi sconosciuti, lontani o vicini. Alcune volte però,esso si può trasformare in una ricerca di mondi distantidal nostro, che dovrebbero in qualche maniera interessar-ci maggiormente proprio perché luoghi di esperienze chehanno cambiato profondamente la vita di coloro che lehanno vissute. È da qui, proprio da un viaggio, che iniziaPor la Vida lo spettacolo dell’Associazione CulturaleNarramondo dedicato alle madri di Plaza de Mayo. Ledue uniche protagoniste (accompagnate dal musicistaMax De Aloe) mettono in scena il racconto di un viaggiorealmente avvenuto nell’Argentina dei nostri giorni. Iltutto si presenta come un dialogo a due: la corrisponden-za fra colei che si ritrova a dover parlare una nuova lin-gua, confrontarsi con un nuovo mondo e soprattuttoconoscerlo e colei che aspetta ansiosa le lettere dellaviaggiatrice, per avere sue notizie e per cercare di com-prendere cosa l’altra stia vivendo. Potrebbe trattarsi diuna semplice lettura di questi messaggi che creano untramite tra le due donne, ma è proprio la bravura delleattrici a far si che questo legame, non unisca solo loro,ma crei un caldo abbraccio con tutto il pubblico in sala.Lentamente la corrispondenza si muta in una scoperta.

Tutte e due toccano con mano l’esperienza che ha profon-damente scosso l’Argentina, quella dei desaparecidos. Inmodi diversi, l’una con la ricerca sul campo e la voglia dicomunicare con chi quelle atrocità le ha vissute, l’altra conla ricerca in Italia, arrivano a conoscere i fatti, quelli veri. Lo spettacolo è un continuo “batti e ribatti” tra le due che,con un’alternanza di voci, riescono a sorprendere il pubbli-co tutto. È toccante vedere tra la platea le madri di Plaza deMayo, che partecipano alla visione dello spettacolo congrande interesse. È infatti proprio Plaza de Mayo la veraprotagonista. È lì che le madri si riuniscono ancora oggidagli anni Settanta per ricordare i figli spariti nel nulla e perportare avanti ideali di libertà, democrazia e pace. È lì chela viaggiatrice si ritrova alla fine del suo viaggio con millequesiti irrisolti, ma incantata e allo stesso tempo stordita, datutto ciò che ha potuto conoscere dell’Argentina e della suastoria. Le madri sono alla ricerca di risposte da più ditrent’anni ma non si sono ancora arrese perché sanno chedopo di loro ci sarà qualcun altro che continuerà a percorre-re la strada verso la giustizia; qualcuno che dopo aver ricer-cato e scoperto la verità la potrà trasformare, per esempio,in un spettacolo teatrale che possa toccare l’anima della pla-tea con estrema semplicità e altrettanta malinconia.

Por la vidaIl Teatro Palladium ospita uno spettacolo in onore

delle Madres de Plaza de Mayodi Camilla Spinelli

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1937, l’anno del Grande Terrore: storia e memoria in Russia

Parla lo storico Arsenij Roginskijdi Ornella Mollica

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Il 30 ottobre scorso si è tenuta,presso l’Aula Magna delRettorato, la seconda giornatadella Conferenza di Ateneosulla ricerca, a conferma del-l’impegno e dell’attenzione cheRoma Tre dimostra nei con-fronti di questo tema. Durante la conferenza, allaquale sono intervenuti, fra glialtri, Regione Lazio, Provinciadi Roma, Comune di Roma,Consorzio Roma Ricerche,C.N.R., FILAS (Finanziarialaziale di sviluppo), Camera diCommercio, sono stati presen-tati e discussi vari metodi divalorizzazione della conoscen-za e del trasferimento dellaconoscenza al mondo dell’in-dustria e del settore pubblico.Per sopperire alla mancanza diinterazione tra università, set-tore pubblico e settore privato,che da sempre affligge la situa-zione della ricerca nel Lazio esu più ampia scala in tuttaItalia, Roma Tre ha ideato unmodello a rete, nell’ambito delquale si propone di svolgere unruolo nodale. Il merito di que-sto modello è quello di favori-re, grazie a un’ottica di gover-nance condivisa, una più strettacollaborazione delle universitàcon la Regione e la Provincia.Tale strategia si propone diattirare nel Lazio un maggiornumero di investitori, richiamati dalle garanzie offerteda progetti che coinvolgono una pluralità di soggettiistituzionali. A tutto questo si aggiunge l’idea, forsepiù audace, di riuscire a creare una rete di finanzia-menti più ampia, di livello europeo. La realizzazionedi questo progetto non è tuttavia priva di insidie. Ènecessario infatti che i soggetti coinvolti si impegninoa rendere la collaborazione il più proficua possibile.Così, se da un lato l’università chiede al mondo del-l’industria investimenti più sostanziosi e costanti, dal-l’altro il settore privato ha bisogno che i tempi dell’u-

niversità diventino compatibili con i propri; mentre asua volta, il settore pubblico, esige che questa coope-razione non incanali l’università in un’ottica concor-renziale non adatta al suo ruolo e ai suoi compiti chesono innanzitutto quelli della didattica e della ricerca. Indubbiamente a questa conferenza, e a Roma Tre ingenerale, va il merito di aver portato in primo pianouna tematica di grande attualità e interesse. C’è daaugurarsi che questi modelli di collaborazione e inter-scambio diventino presto una realtà all’ordine delgiorno.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI

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CONFERENZA DI ATENEO SULLA RICERCA

martedì 30 ottobre 2007 Aula Magna del Rettorato - Via Ostiense 159 - 00154 Roma

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Segreteria organizzativa: tel. 0657332355 - fax [email protected]

ore 16.00Saluti del Magnifico Rettore

Luigi Nicolais, Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella P.A.Carlo Pietrobelli, Delegato del Rettore per la Valorizzazione Economica della Ricerca

ore 17.00Tavola Rotonda

modera: Francesca Iacobone Intervengono: Marco Causi, Mario Cerchia, Emilia Gangemi, Giancarlo Grasso, Claudio

Mancini, Bruno Manzi, Andrea Mondello, Alessandra Raffone, Flaminia Saccà, Valeria Termini

ore 18.00Conclusioni

Nuovi Modelli di Trasferimento della Conoscenza II Giornata

Locandina della conferenza

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iDalle parole ai fatti

La seconda giornata della conferenza di Ateneo sulla ricercadi Simona Macci

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Nuevo Laredo, confine fra Messico e Stati Uniti, 2006. Migranti su un treno merci. Ogni giorno centinaia di clandestini cercano di passare la frontiera usando i treni.Dizionario UTET, Foto di Pierre-Yves Ginet/Rapho/Contrasto

Lo scorso 8 novembre è stato presentata, presso laBiblioteca di area umanistica Giorgio Petrocchi, l’operadella UTET, Diritti umani. Cultura dei diritti e dignitàdella persona nell’epoca della globalizzazione. Sono intervenuti alla presentazione Marcello Flores, diret-tore scientifico dell’opera, Enrico Cavetto, direttore edito-riale e Giacomo Marramao, autore della voce “Umanità”del dizionario; il dibattito è stato coordinato da MariaRosaria Stabili. Diritti umani è un progetto editoriale articolato che si com-pone di due volumi di dizionario, due volumi di

atlante, un volume di documenti e un album di documentifotografici realizzato in collaborazione con l’agenziaContrasto. Grande rilevanza è affidata anche all’aspettomultimediale: il progetto comprende infatti anche 2 dvdvideo (un viaggio nei diritti umani attraverso i cinque con-tinenti, con le voci narranti di Michele Placido e LauraMorante) e un CD-ROM che consente la consultazioneipertestuale di tutti i testi del dizionario e dell’atlante.L’opera, che è la prima nel suo genere, si propone dioffrire un quadro organico e multidisciplinare sul temadei diritti umani e della loro violazione.

Diritti umani: la nuova opera della UTET presentata a Roma Tre

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Tanzania, 1994.Una folla disperata in cammino verso un campo di profughi ruandesi nella regione di Ngara, vicino al confine con il Ruanda, durante ilgenocidio.Dizionario UTET, Foto di G. Peress/Magnum Photos/Contrasto

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La redazione

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Prossimi appuntamenti al Teatro Palladium

13/14/15 e 20 dicembre Scenari indipendenti. Un progetto di promozione del teatro del presenteUn progetto della Provincia di Roma di promozione del teatro indipendente, all’interno del progetto Teatri nella Retedella Regione Lazio finanziato nell’ambito del “Patto per le attività culturali e di spettacolo” promosso dal MIBAC.

12 e 13 gennaio Teatro Valdoca: Festa fiera Valdoca + Paesaggio con fratello rotto, trilogia12 gennaio dalle ore 21.00 - Festa Fiera. Una festa, aperta alla città, con immagini del film proiettate su tre schermi, dj set e performance e ospiti speciali.13 gennaio ore 17.00 - presentazione e proiezione integrale del film tratto dalla trilogia durante la quale critici e intel-lettuali saranno invitati a creare uno scambio pubblico di idee e impressioni sull’opera.

26 e 27 gennaioL’occidente visto dai media arabi. Un progetto di Donatella Della RattaUna selezione di programmi televisivi e spot pubblicitari arabi, che trattano - direttamente o indirettamente - il temadell’Occidente, delle sue culture, delle sue politiche.Ingresso gratuito

19 gennaio ore 20.30 / 20 gennaio ore 17.00Dario D’Ambrosi. Crazy SoundIl suono è impazzito, sono impazziti coloro che lo producono o quello che hanno intorno? La follia portata in scenada sei donne con differenti patologie mentali (schizofrenia, paranoia, depressione catatonica) chiuse in manicomiosotto lo stretto controllo di una diabolica suora. Uno spettacolo dolceamaro, ricco di momenti surreali, proprio comequelli che caratterizzano le notti di un manicomio.

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