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VANITY The horror! The horror! Di joshua massarenti - Foto max peeF noi, streghe picchiate a sangue dai parenti. violentate dai padri. bandite dai villaggi. costrette alla fuga per non finire ammazzate. queste bambine, accolte da una volontaria italiana, sono solo alcune tra le migliaia di bambini del congo accusati di stregoneria. e se le loro storie vi danno gli incubi, aspettate di scoprire le altre Nella Repubblica democratica del Congo vivono, secondo le organizzazioni umanitarie, 70 mila minori senza tetto, come queste bambine. —Joseph conrad, cuore di tenebra

NOI STREGHE

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Vanity Fair ha pubblicato il reportage sui bambini accusati di stregoneria...(read more)

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VANITY The horror! The horror!

D i j o s h u a m a s s a r e n t i - F o t o m a x p e e F

noi, streghepicchiate a sangue dai parenti. violentate dai padri. bandite dai villaggi. costrette alla fuga per non finire ammazzate. queste bambine,

accolte da una volontaria italiana, sono solo alcunetra le migliaia di bambini del congo accusati di stregoneria.

e se le loro storie vi danno gli incubi, aspettate di scoprire le altre

Nella Repubblica democraticadel Congo

vivono, secondo le organizzazioni

umanitarie, 70 mila minori senza tetto,

come queste bambine.

—Joseph conrad, cuore di tenebra

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«la lava travolse la casa, la matrigna disse che ero l’incarnazione di satana.

una mia amica l’hanno bruciata viva»

Natalina Isella (in questa pagina) è una suora laica che aiutai bambini di strada vittime

di soprusi e accusatidi stregoneria. A sinistra, durante

una festa nel centrodi accoglienza a Bukavu, Jacky,

un ragazzino che è diventato muto per i traumi subiti,

si diverte a suonare il tamburo.

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DDaniel ha solo dodici anni, e già ha pi-lotato il suo primo volo notturno. È de-collato grazie a un semplice fiammi-fero, che sostiene di aver saputo tra-sformare in un elicottero da combatti-mento. Senza battere ciglio, ti raccon-ta di una notte indimenticabile passata a sorvolare il Congo alla ricerca di pa-renti da abbattere. «Con la mia mitra-gliatrice ho fatto fuori due zii a Kinsha-sa, quattro cugini a Kisangani, altri tre a Bukavu e il resto della mia famiglia qui, a Goma. Mio padre compreso». Dice che l’operazione, estesa su un ter-ritorio grande sette volte l’Italia, è du-rata meno di otto ore. Confessa che, da allora, non trascorre un giorno senza il terrore delle vendette familiari: «Presto o tardi, i loro spiriti mi uccideranno». Un amico, uno dei pochi che gli sono rimasti, mi sussurra invece che «sarà la sua follia, i suoi sogni deliranti, a por-tarlo in paradiso».Per ora deve vedersela con l’inferno, che gli ha spalancato le porte sette an-ni fa stroncando un’infanzia spensie-rata, incurante della miseria in cui ver-savano mamma e papà. «Le cose so-no cambiate con la morte di mia ma-dre, uccisa dalla tubercolosi. Da allora mio padre si è dato all’alcol e, nel gi-ro di pochi mesi, ha perso tutti i clien-ti della falegnameria». Per Daniel non c’è stato scampo: dei quattro figli del-la famiglia Masinga era il più piccolo e il più fragile. «Tornava a casa ubria-co e mi picchiava, accusandomi di aver

usato poteri malefici contro la famiglia». E quindi la fuga, ne-cessaria per soprav-vivere, la vita di stra-da, la vergogna di una nuova identità: quella di «bambino strego-ne». Un’esistenza so-spesa tra il bene e il male, tra l’innocenza e la colpevolezza, tra il fanciullo e l’adulto. Una creatura male-detta, per metà Harry Potter, convinto di poter trasformare fiammiferi in eli-cotteri, per metà Lord Voldemort, os-sessionato dai sogni di vendetta contro la famiglia che gli ha fatto tanto male.

CACCIATA PER UNA GALLINASecondo le organizzazioni umanitarie, nella Repubblica democratica del Con-go sono almeno settantamila i minori senza tetto. Molti di loro, come Daniel, sono stati banditi da una società con-vinta di avere a che fare con fanciulli posseduti dal demonio e, per questo, ritenuti responsabili di tutte le sciagu-re familiari e collettive. Sciagure come la guerra, le epidemie, i disastri am-bientali; ma capita anche di incrociare il volto innocente di una ragazzina cac-ciata di casa per il furto di una gallina o il guasto di una bicicletta. Quindici anni fa, queste maledizioni sarebbero state impensabili. «In Con-

go», mi spiega l’antropologo belga Fi-lip de Boeck, «la stregoneria era un fe-nomeno rurale che colpiva soprattut-to le donne». Ma con gli anni Novan-ta si cambia scenario. Invidiato da tut-ti i vicini per le sue risorse naturali e minerarie immense, il Paese chiude i conti con il regime folle e sanguinario del dittatore Mobutu Sese Seko (1965-1997) solo per scivolare in una spira-le di violenza politica e armata che co-stringe centinaia di migliaia di congo-lesi a rifugiarsi nelle città.Quelli rimasti in campagna sono ves-sati da gruppi di ribelli e mercenari stranieri disposti a tutto pur di depre-dare il Paese dei suoi tesori naziona-li. Tra oro, legname, rame e diaman-ti, la spartizione del territorio congo-lese, meglio nota come «prima guer-ra mondiale africana», costa la vita a oltre quattro milioni di civili. Una mattanza che, dice de Boeck, genera

«guardate le mie cicatrici:mai fidarsi dei militari.

in questo paese, è la razza peggiore»

Fra le bambine di cui si è presa cura suor Natalina

(qui in gruppo, vicinoal centro), ci sono Riziki

(sotto a sinistra), che presto tornerà in famiglia,e (a destra) Lillie,che ha contrattoil virus dell’Hiv

ed è stata torturatada padre, zii e fratellicon plastica bollente

sciolta addosso.

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una regressione alle peggio-ri superstizioni e, nelle città, «un’esplosione del numero di bambini di strada». Mol-ti di loro sono orfani. Ma tanti, come Daniel, sono gli ndoki: i piccoli stregoni.

ALBERT, OCCHI APERTIFiore all’occhiello dell’archi-tettura coloniale belga, og-gi Goma si affaccia sulle rive del Lago Kivu come il Con-go sul resto del mondo: dopo una ca-duta rovinosa, una ricostruzione pie-na di speranze e di insidie. In un Pae-se dove la speranza di vita non supe-ra i 41 anni, dove la mortalità infanti-le è ferma da anni a tassi elevatissimi (83 bambini deceduti ogni mille nasci-te), dove il sistema sanitario esiste so-lo di nome, mentre l’acqua e l’elettrici-tà, come l’educazione, sono beni riser-vati a pochi eletti, le ultime scherma-glie che oppongono i miliziani del ge-nerale dissidente Laurent Nkunda alle sgangherate truppe militari congolesi non fanno quasi più notizia.È in questo contesto che Albert, in bi-lico quotidiano tra la vita e la morte, passa le giornate a proteggere la sua incolumità fisica. Sulla strada, unica dimora fissa concessa agli ndoki, «bi-sogna tenere gli occhi aperti su tutto, sempre e ovunque». Si sbottona la ca-micia sudicia, lasciando intravedere un torace coperto da cicatrici riporta-

te durante una notte passata in caser-ma: «Mai fidarsi dei militari. In questo Paese, è la razza peggiore».Pierre, Patrick, Jean, Domitilla e Lucie lo ascoltano in religioso silenzio. In-sieme formano quello che i sociologi congolesi definiscono una «scuderia». Puledri senza padroni né premi al-l’orizzonte, cavalcano le strade di Go-ma in una corsa persa in partenza.

JEAN, DROGATO A 7 ANNIJean, di tutta la scuderia, è il puledro dallo sguardo più selvaggio. Sniffa col-la, la droga dei disperati. «Ho iniziato da piccolo». Quando? «Non ricordo, avrò avuto sette anni». Proprio oggi ne

compie 13, ma ne dimo-stra il doppio. Per festeg-giare, lui e i suoi compa-gni si deliziano con pe-sce secco rubato al mer-cato. La cena viene con-sumata in riva al lago, su una spiaggia invasa dagli odori nauseabondi delle fogne a cielo aperto, tra un tramonto spettacolare e, alle spalle della città, la natura lussureggiante e

indifferente. L’incontro con un giorna-lista è, per questi ndoki, una rara e pre-ziosa occasione per raccontare le espe-rienze terrificanti che li hanno porta-ti qui. Come l’esplosione del vulcano Nyiragongo, nel gennaio 2002. Patrick ricorda i chilometri di lava che si abbattevano sulla periferia di Go-ma come uno tsunami al rallentatore. «La nostra casa è crollata in meno di un’ora». Il ragazzo sopravvive per mi-racolo, ma non può nulla di fronte al-l’ira della sua matrigna, che confon-de la catastrofe ambientale con una ri-velazione del maligno. «Andava in gi-ro sostenendo che ero l’incarnazione di Satana, e che altre disgrazie avreb-

TEsTA O CROCE si inaugura sabato 17 maggio (aperta al pubblico il 18 e 19, alla Palazzina Liberty di Milano, orario: 9-18.30) la mostra Testa o croce: organizzata in collaborazione con Vanity Fair, presenta il reportage esclusivo realizzato da Max Peef in Congo.

All’interno e all’esterno del centro. I missionari sfamano

e guarisconoi bambini, insegnano

a pregaree a perdonare.

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bero colpito il quartiere. Sono scappa-to per non morire». Gli è andata bene. Tre anni fa, una sua amica è stata bru-ciata viva da una folla in delirio. E la cronaca locale ricorda una tredicenne investita da un’auto; l’autista, per sca-gionarsi, ha raccontato di averla vista cadere dal cielo: si trattava, senza dub-bio alcuno, di una strega.Se la crudeltà ha una sua logica, ca-pirla non è facile. «I congolesi sono cresciuti per decenni in un clima di totale impunità», prova a spiegarmi Moise Mutanga, giornalista di Radio Okapi. «E, purtroppo, chi avrebbe il dovere di proteggere i minori non lo fa. Non lo fa il nostro sistema giudi-ziario, attualmente allo sfascio, non lo fa la nostra classe politica, convinta di avere altre priorità».

IL PERDONO DI RIZIKIIn mezzo all’inferno spunta il mira-colo di suor Natalina Isella. Lombar-da, in Congo da quasi trent’anni co-me suora laica, nel 2002 crea dal nul-la un rifugio per le ragazzine di stra-da. A Bukavu, sull’altra sponda del La-go Kivu, tutti sanno dirti come arriva-re al Foyer Ekabana («casa delle bam-bine» in lingua mashi). Inconfondibile il portone d’ingresso, su cui suor Nata-lina ha fatto stampare l’articolo 19 del-la Convenzione internazionale sui Di-ritti dell’Infanzia, quello che ricorda a tutti i Paesi l’obbligo di «tutelare il fan-ciullo contro ogni forma di violenza, di

oltraggio o di bruta-lità fisiche o mentali, di abbandono o di ne-gligenza, di maltratta-menti o di sfruttamen-to, compresa la violen-za sessuale».Le foto scattate da Max Peef in questo servizio testimoniano una realtà inedita nel panorama congolese, una roccaforte di soli-darietà e perdono in mezzo all’odio e alla violenza. Oggi il centro accoglie una sessantina di bam-bine, tra i quattro e i diciotto anni, men-tre un programma di reinserimento so-ciale segue altri 200 bambini nelle zone rurali che circondano Bukavu. «Cerchiamo di offrire a queste fanciul-le la possibilità di riacquistare fiducia e dignità», spiega suor Isella. «L’ascol-to e la parola sono gli strumenti che le aiutano a superare il trauma del-l’esclusione. Ma non è un cammino facile».Timorosa, Riziki mi porge un foglio di carta. Violentata dal padre quando ave-va dieci anni, è ormai pronta a tornare nel nucleo familiare. A questo serve la lettera sconvolgente che mi fa leggere: un’offerta di perdono, il suo, in cambio del perdono e dell’accettazione di chi le ha tolto tutto, il padre.Purtroppo non tutti gli uomini di fede assomigliano a suor Isella. Abbando-

nate dallo Stato, sempre più famiglie congolesi negli ultimi anni hanno af-fidato il loro destino alle sette evange-liche. Di ispirazione cristiana, le Égli-ses de Réveil («Chiese del Risveglio») offrono un ventaglio di proposte, da-gli incontri ravvicinati con Gesù alle guarigioni miracolose. Da Kinshasa a Goma, da Bukavu a Kisangani, non si contano i riti di purificazione duran-te i quali bambini terrorizzati vengo-no sottoposti a violenze fisiche, spes-so assecondate dai familiari. Alcune testimonianze parlano di fanciulli re-clusi in scantinati per settimane, o co-stretti a ingoiare lassativi per vomitare il maligno. Per i pastori più spregiudi-cati, esorcizzare i piccoli stregoni è di-ventato un business lucrativo.A volte, persino in Congo, i bambini valgono oro.

tempo di lettura previsto: 9 minuti

«mamma morì, papà iniziò a bere.tornava a casa e mi picchiava.

ma io, di notte, mi sono vendicato»

Il dormitorio delle bambine maltrattatee (sotto) uno scambio

di carezze, gestodi pace, fra la piccola

Mpika e Natalina.