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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 6 luglio 2017 anno LXX, numero 27 (3.900) Non principi ma servitori In allegato il mensile «donne chiesa mondo»

Non principi ma servitori - L'Osservatore Romano · L’encefalomiopatia mitocondriale porta rapidamente al venir me-no delle funzioni vitali per la debolezza mu-scolare e la compromissione

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 6 luglio 2017anno LXX, numero 27 (3.900)

Non principima servitori

In allegato il mensile «donne chiesa mondo»

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L’Osservatore Romanogiovedì 6 luglio 2017il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

GI O VA N N I MARIA VIAND irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

Redazionevia del Pellegrino, 00120 Città del Vaticano

fax +39 06 6988 3675

Servizio fotograficotelefono 06 6988 4797 fax 06 6988 4998

[email protected] w w w. p h o t o .v a

TIPO GRAFIA VAT I C A N A EDITRICEL’OS S E R VAT O R E ROMANO

don Sergio Pellini S.D.B.direttore generale

Abb onamentiItalia, Vaticano: € 58,00 (6 mesi € 29,00).

telefono 06 6989 9480fax 06 6988 5164i n f o @ o s s ro m .v a

di LU C E T TA SCARAFFIA

ID esertospirituale

l drammatico caso del piccolo Charliemette in evidenza i guasti che puòcompiere la diffusione generalizzata dellacultura dello scarto tante volte de-nunciata con forza dal Papa e di unavisione solo tecnico-scientifica della pra-tica medica. Provocando una diffidenzache può giungere fino a irreparabili rot-ture della fondamentale alleanza terapeu-tica fra paziente (o, come in questo caso,tra la famiglia di quest’ultimo) e medici,da una parte, e fino alla mistificazione ealla strumentalizzazione delle notizie,dall’altra.

Alcuni media, soprattutto in Italia, sisono distinti per cavalcare questa tragicavicenda facendone oggetto di conflittoideologico, ulteriore occasione per schie-rarsi politicamente pro o contro l’eutana-sia. Anche se nella straziante vicenda delpiccolo Charlie Gard non è questo ilproblema. La frase, più volte ripetuta,«staccare la spina» evoca immediatamen-te un atto eutanasico, e non la possibilescelta di porre fine a un accanimento cli-nico, da sostituire con cure palliative. Ese quella spina non avesse dovuto esseremai attaccata? Nel caso britannico nonabbiamo gli elementi per rispondere, masappiamo che, in un mondo in cui sichiede alla scienza di vincere la morte inogni modo possibile, è sempre più diffi-cile trovare posto alla dolorosa ma inelu-dibile accettazione della fine. E per i me-dici trovare le parole per spiegare a queipoveri e disperati genitori che il lorostrazio sarà inevitabile, e porsi al lorofianco con umanità e carità.

Qui quello che è mancato — pare dicapire — è un orizzonte umano e spiri-tuale più ampio nel quale iscrivere, an-che se non spiegare, il mistero del doloreinfantile, e più in generale della sofferen-za. Correre da una speranza medica,spesso illusoria, a un’altra, senza lasciarea quella povera creatura il modo di mo-rire con il minor dolore possibile, manella accettazione di questo tragico desti-no, è il segno del deserto spirituale mo-derno, è l’altra faccia dell’eutanasia e diuna mentalità che si sta sempre più dif-fondendo.

#editoriale

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Dall’ottobre dell’anno scorso il piccolo CharlieGard è stato seguito al Great Ormond StreetHospital (Gosh) di Londra per l’aggravarsidelle sue condizioni generali in seguito ad unararissima forma patologica. L’encefalomiopatiamitocondriale porta rapidamente al venir me-no delle funzioni vitali per la debolezza mu-scolare e la compromissione del sistema nervo-so centrale: la ventilazione, la nutrizione el’idratazione clinicamente assistite possono so-lo ritardare la morte che resta in tali casi unaconseguenza inevitabile.

Quello del bambino inglese è un caso dram-matico sotto molti punti di vista: la sua tene-rissima età, la situazione di totale dipendenza,la fragilità estrema di chi non è riuscito nem-meno più a piangere in questi lunghi mesi, labattaglia legale dei due giovani genitori permantenere il sostegno vitale al piccolo, batta-glia che si è infranta sul rifiuto di interveniredella Corte europea per i diritti umani pro-nunciato pochi giorni fa. A complicare l’interavicenda ha contribuito ancora una volta unadilagante e distruttiva cultura dello scarto che,colpendo i più deboli, intorbida le acque e im-pedisce di distinguere la verità dalla menzo-gna. «Charlie è stato assistito dai più espertiteam medico-infermieristici che i nostri eccel-lenti ospedali possono offrire» si leggeva inquesti giorni sulle colonne del «Daily Telegra-ph».

Su questa affermazione occorre soffermarsiattentamente e per un momento fare un passoindietro per riflettere su come sia stato possibi-le arrivare a un così grande fallimento in uncontesto apparentemente ottimale come quellodescritto dal «Telegraph». I medici del Goshhanno affermato che era giunta l’ora nei con-fronti di Charlie di applicare esclusivamente lecure palliative e che quindi ogni sostegno vita-le doveva essere sospeso a favore di una purapalliazione dei sintomi.

Ma la medicina palliativa esclude ogni mez-zo di sostegno vitale? La risposta è chiaramen-te no: l’idratazione, la nutrizione e la ventila-zione meccanica, a meno che non siano fontedi effetti avversi o che il paziente non le desi-

deri, possono coesistere con il perfetto control-lo dei sintomi disturbanti messo in atto da unbuon approccio palliativo. E se, capovolgendola prospettiva, l’approccio palliativo fosse statoconsiderato nel caso di Charlie fin dall’iniziodella sua storia sarebbero stati messi in attoquesti mezzi di sostegno vitale? Vi è la possi-bilità che di fronte all’ineluttabilità della morteimminente tali mezzi sarebbero stati considera-ti “sprop orzionati” ab initio e quindi non messiin atto, limitandosi a controllare i sintomi di-sturbanti fino al naturale e purtroppo inevita-bile decesso che, a quel punto e con l’aiuto diun’équipe specializzata, avrebbe potuto avve-nire anche a casa.

Il ruolo della medicina palliativa divienequindi cruciale anche in questo caso: senzacontraddizioni essa da un lato può accompa-gnare coloro che, sostenuti dalle macchine, so-no comunque destinati a spegnersi per inevita-bili complicazioni e dall’altro può insegnare aevitare l’accanimento terapeutico nelle cui pie-

ghe possono celarsi insidie come quella chehanno vissuto in prima persona il piccoloCharlie e i suoi genitori Chris e Connie.

È forse di una visione come questa che spes-so paiono sprovvisti «i più esperti team medi-co-infermieristici che i nostri eccellenti ospedalipossono offrire»: una visione che avrebbe pro-babilmente messo al riparo i genitori dalla purcomprensibilissima tentazione di ricercare altreimprobabili e costose soluzioni mediche.

La distruttivacultura dello scarto

Di fronteal drammatico

caso del piccoloCharlie Gard

#editoriale

di FERDINAND OCANCELLI

Il Papa è vicinoai genitori

«Il Santo Padre Francescosegue con affetto ecommozione la vicenda delpiccolo Charlie Gard edesprime la propria vicinanzaai suoi genitori. Per essiprega, auspicando che nonsi trascuri il loro desideriodi accompagnare e curaresino alla fine il propriobimbo». Lo ha dichiarato ildirettore della Sala stampadella Santa Sede la sera del2 luglio, intervenendo sullastraziante vicenda delbimbo di dieci mesiricoverato per una rarissimae fatale malattia genetica nelGreat Ormond StreetHospital di Londra.

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di LUCIANOVIOLANTE

Emmanuel Macron ha delineato a Versailles da-vanti all’Assemblea nazionale e al Senato ipunti chiave della sua “rivoluzione” istituzio-nale. Le proposte sono diverse e impegnative.Vanno dalla riduzione di un terzo del numerodei deputati (che oggi sono 577) e dei senatori(attualmente 348) alla previsione di una quotaproporzionale nel sistema elettorale, che oggi èfortemente maggioritario; dalla indicazione delnumero massimo di mandati elettorali (nonpiù di tre consecutivi) alla cancellazione dellapossibilità per i deputati di avvalersi della col-laborazione di familiari a spese dell’Assembleanazionale; dalla eliminazione del privilegio pergli ex presidenti della Repubblica di sederenella Corte costituzionale all’abrogazione dellaCourt de justice de la République, una sortadi tribunale dei ministri che sottrae i membridel governo alla giustizia ordinaria; dalla gra-duazione dell’entità del finanziamento pubbli-co ai partiti in relazione al tasso di rinnova-mento degli eletti alla istituzione di una “ban-ca della democrazia” per finanziare i partitistessi; dalla piena tassazione di tutte le inden-nità parlamentari (circa diecimila euro mensili)alla ineleggibilità per chi non sia in regola conil fisco; dalla accelerazione del procedimentolegislativo per consentire al parlamento un piùpuntuale controllo dell’azione del governo allapossibilità di referendum per confermare que-ste riforme.

Le proposte non riguardano solo la Franciaper due ragioni. La ricostituzione di un rap-porto di fiducia tra i cittadini e le istituzionipolitiche riguarda infatti gran parte delle de-mocrazie occidentali e il modo in cui ciascun

paese affronta questo problema non può la-sciare indifferenti tutti gli altri.

Oggi la Francia è tra i grandi paesi europeiquello che può dedicarsi con maggiore impe-gno a quella “distruzione creatrice” che è lachiave di qualsiasi cambiamento effettivo. LaGermania è in campagna elettorale e lo saràsino al 24 settembre. La Gran Bretagna attra-versa una imprevista e profonda crisi di stabili-

tà. La Spagna sembra vivere ai margini dellaUnione europea. L’Italia è in bilico: i cittadinihanno bocciato la riforma costituzionale prefe-rendo l’instabilità politica e l’attuale situazionedi incertezza è anche figlia del voto del 4 di-c e m b re .

Macron non ha inseguito i populisti, pre-senti in Francia come in Italia, ma ha colto ilpunto di verità presente anche in quelle posi-zioni. Si è posto quindi gli obbiettivi dellamoralizzazione della vita pubblica e del raffor-zamento della fiducia nelle istituzioni, senzaincorrere nello svillaneggiamento della politi-ca. Non ha proposto la cancellazione del fi-nanziamento pubblico, ma la graduazione inrelazione al tasso di innovazione dei parlamen-tari aderenti a ciascun partito. Non ha propo-sto la riduzione delle retribuzioni dei parla-mentari, ma il loro pieno assoggettamento alleregole fiscali comuni.

Il sistema politico francese conferisce al pre-sidente eletto l’autorevolezza necessaria per te-nere la barra dritta. Tuttavia la credibilità diquelle proposte non deriva solo dall’a u t o re v o -lezza del presidente, ma anche dal loro ispirar-si a una nuova moderna valorizzazione dellapolitica e delle sue istituzioni. È questa propo-sta di una rinnovata e forte rivalutazione dellapolitica, probabilmente, ad assumere un valoreesemplare, in un contesto che non è certo sol-tanto quello francese.

Rivoluzioneistituzionale

L’intervento del presidenteMacron a Versailles (Afp)

#ilpunto

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di SERGIOMASSIRONI

NPer ricuciremondi distanti

el volume Chiesa tra le case. La parrocchia allaprova della grande città (Milano, EDB, 2017, pa-gine 72, euro 7,50), quattro autori italiani s’inter-rogano sulle sfide pastorali delle grandi aree ur-bane. Sebbene il cristianesimo sia sorto nellecittà, infatti, da secoli sembra essersi prodottauna torsione che ha reso la fede più incidentenelle campagne. Ciò che si propone nelle metro-poli è spesso trasposizione di quanto si è fatto,anche con successo, nelle zone rurali: la città èstata considerata come un aggregato di paesi,ciascuno con la propria parrocchia, e non comeuna realtà unica e organica. Certo, le novità so-ciali e culturali — scrive il vescovo Sigalininell’introduzione — non scardinano «grandi do-mande di preghiera, d’incontro, di educazione edi mistica», ma rispondere alla sete spirituale,che si esprime in città nelle forme più svariatenon è automatico. Si avverte tensione tra l’am-bizione di rimanere «punto di riferimento pertutte queste domande» e la rinuncia a ruoli ege-monici, che comporta immersione «nelle espe-rienze del territorio in ogni polo costruttivo disocialità, di nuova cultura, di solidarietà, di de-mocrazia di base». Luce e lievito: dialettica an-tica e irriducibile, da declinare entro trasforma-zioni dirompenti.

Antonio Mastantuono, docente di teologiapastorale alla Lateranense, muove dalla consta-tazione che «il modo di essere di una popola-zione ha molto a che fare con la forma deiluoghi in cui si abita». All’agglomerato fisico,«oggetto sempre imponente, anche quandonon è di dimensioni grandissime», l’a u t o reconnette una città immateriale «che produce,causa, costruisce quella visibile. È la societàurbana, con tutte le sue caratteristiche demo-grafiche, economiche, politiche e culturali,senza le quali la città non sarebbe così com’è».La metropoli non è mai un fatto naturale, tan-to meno oggi che ogni luogo urbano rinvia ainfiniti altrove mediante risorse tecnologiche einfrastrutturali che riconfigurano distanza eprossimità. «Questa — scrive Mastantuono ci-tando Nancy — è la verità tecnica: aprire pas-saggi in tutte le direzioni e senz’alcuna voca-zione finale, andirivieni, eventi piuttosto cheavventi». E con Magatti osserva che «la cittàcontemporanea non riesce più — e forse non viaspira nemmeno — a essere il luogo dovel’esperienza comune viene filtrata e sedimenta-ta. Non ne ha più né il tempo, né il modo. Ilsuo ideale non è più quello di essere il luogodel vissuto, ma piuttosto quello di diventare illuogo del vivente, sistema di opportunità, con-tenitore di possibilità». Che senso ha per laChiesa essere in spazi che sembrano non aver

menti profetici, infatti, esso asseconda una ten-denza alla specializzazione degli spazi che di-sgrega il soggetto e la comunità. Le città sifrantumano in funzioni — la zona industrialeattrezzata, le grandi stazioni ferroviarie, gli ae-roporti, le cittadelle universitarie, le aree com-merciali, i servizi pubblici, le diverse zone resi-denziali — mentre si riduce fortemente il valo-re integrativo del luogo. «Ciò implica un inde-bolimento del tessuto che tiene insieme le di-

più valore se non in chiave provvisoria, puntidi appoggio per vite che guardano altrove?Certo, cresce il desiderio di ambiti in cui ritro-vare se stessi: e t e ro t o p i e li chiama Foucault. Sitratta di «contro-luoghi, sorta di utopie effetti-vamente realizzate, nelle quali i luoghi realivengono al contempo rappresentati, contestati,sovvertiti». Ingenuo sarebbe, tuttavia, risolverecosì l’identità della parrocchia. Sebbene il fun-zionamento dell’eterotopia non manchi di ele-

Sfide pastoralidelle zone urbane

Barrie Walker, «Pastoraleurbana VIII» (2016)

#cultura

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verse funzioni, ognuna delle quali tende a es-sere espressione di un codice tecnico specificoche, proprio perché tale, è più intensamentecollegato con altri luoghi simili sparsi in tuttoil mondo di quanto non lo sia con ciò che glista fisicamente attorno». Possiamo permetterciche parrocchie, oratori, centri di ascolto, comeisole pedonali, teatri, biblioteche, scuole, di-ventino a loro volta «luoghi specializzati e do-tati di un codice proprio, che vale solo al lorointerno e il cui scopo è di sostenere una socia-

Le voci che si succedono nel volume nonfanno che elaborare la certezza di un cristia-nesimo “per tutti”: soprattutto si guarda allanecessità di uno stile che riconfiguri luoghi vi-sibili in cui chiunque si possa rifugiare ed es-sere riconosciuto come soggetto e partner.Villata scrive che è finito il tempo in cui pen-sare ai poveri come a chi sta ai margini: lacrisi ci ha svelato «una vulnerabilità pervasi-va, soprattutto a livello di fiducia, che percor-re trasversalmente gruppi, luoghi e ambienti

lità che fatica a darsi in modo autonomo»?Un simile panorama urbano spezza i ruoli ri-vestiti dalla singola persona: qui genitore, làconsumatore, altrove lavoratore, in parrocchiafedele. Quale cura pastorale riuscirà a raggiun-gere e ad abbracciare l’intero? Studiando lametropoli, cogliamo dinamismi cui nemmenola provincia è ormai immune. Il poliedro dellacittà riconduce dunque la Chiesa al centro del-la sua missione.

Nella Evangelii gaudium, Papa Francesconon manca di sottolineare la plasticità delleparrocchie, che consentirà loro di assumeremolte forme diverse, perché, «ancora più vici-ne alla gente, siano ambiti di comunione epartecipazione e si orientino completamentealla missione». Basate per definizione sul terri-torio di appartenenza, ora che il quartiere nonè più l’unità di base della vita, la presenza fisi-ca dell’edificio parrocchia rimarrà a dire che«nessuno è escluso dalla Chiesa e anche il piùpovero e il più isolato appartiene a una comu-nità cristiana per il solo fatto di trovarsi daqualche parte». Sembra poco, ma si tratta diuna realtà vertiginosa.

sociali tra loro diversi». Il senso d’instabilitàestrema consente a comunità meno forti chein passato di uscire da se stesse per ricuciremondi fisicamente prossimi, ma abissalmentedistanti: c’è un’esperienza umana elementareche li accomuna. Le tre esperienze descritteda Bonora, parroco visitato dal Papa a Mila-no, mostrano come la parrocchia sia più diun’eterotopia: essa contesta, sì, l’imp ersonali-tà di tanti non-luoghi mediante il suo internocalore, ma contemporaneamente esce, cimen-tandosi in collaborazioni che prevedono codi-ci non suoi.

Nell’orizzonte diocesano, sottovalutato dalvolume, questa disponibilità a “parlare linguenuove” prospetta una pastorale su scala metro-politana che ricomponga ciò che la tecnica de-costruisce e separa. La Chiesa diviene non uncircuito chiuso tra tanti, ma possibilità di sal-vezza per il soggetto e la società. Se il nostrotempo è caratterizzato dalla capacità di stabili-re relazioni tra punti differenti e lontani, ilcoinvolgimento con le questioni care ai nostricontemporanei, anche nel più marginale deiquartieri, non ha mai avuto tante chance di di-ventare rivoluzionario.

#cultura

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di DARIOFERTILIO

Gli ingredienti ci sono tutti: moda, musica, film,libri, teatro, arredamento, foto, cibi e viaggi. Epoi interminabili compilation da ascoltarsi aletto in cuffia; immagini da scambiare su In-stagram e chilometriche chat con le amiche;attese un po’ isteriche di collegamento viaskype con amici dall’altra parte del mondo; di-vagazioni sulla vita nello spazio; nomignolibuffi; pettegolezzi su Belén Rodríguez; fanta-sie culinarie; il culto dei capelli. Aggiungiamol’avvenenza fisica, una disposizione d’animogenerosa, la tendenza a drammatizzare il rap-porto col proprio ragazzo, e avremo un ritrat-to talmente credibile di una giovane d’oggi dasfiorare l’ovvietà.

Ora aggiungiamo al quadro un particolaredecisivo: la scoperta di una leucemia linfoide,sufficiente a spostare di 90 gradi l’angolo diprospettiva della protagonista, da verticale —una finestra privilegiata sul mondo — a oriz-zontale: un letto d’ospedale. Il risultato cheotterremo è quello di far conoscenza con Mad-dalena Sinatti, detta Maddy, il cui diario disperanza e passione, durante i venti mesi a leiconcessi dalla malattia, è intitolato Giorno zeroed è pubblicato da Cantagalli (pagine 147, eu-ro 13). A una simile lettura ci si potrebbe acco-stare, giustificatamente, con un minimo di pre-venzione; pur sapendo di avere sotto gli occhiuna storia vera, a chi non verrebbero in mentecerti precedenti letterari alla love story, fin trop-po strappalacrime?

Tuttavia, nel caso della venticinquenneMaddalena e delle sue peregrinazioni di ospe-dale in ospedale e di cura in cura sperimenta-le, il patetico è vigorosamente tenuto a badadal senso acuto di ironia, dal rifiuto di abban-donarsi all’autocommiserazione, e dall’atten-zione quasi stupita di fronte al perimetro didolore che, progressivamente, si richiude attor-no a lei. In mancanza di una Sherazade, ver-rebbe da pensare che Maddalena, fin dal pri-mo giorno del primo ricovero, incominci a rac-contare a se stessa favole capaci di distrarladal pensiero della morte. E la cosa le riesce:anche quando l’ultima speranza legata al tra-pianto di midollo si rivela fallace, la giovane

rifiuta di precipitare nel buco nero delle tene-bre e della depressione.

Nel frattempo avviene una metamorfosi,all’inizio quasi inavvertibile. Prendono corpo epoi si impongono come note dominanti neldiario di Maddy un’infinità di “grazie”: grazieper i libri ricevuti e amati, per la compagna distanza d’ospedale, per i muscoli che si ostina-no a funzionare, per il tempo che il fidanzatole dedica, per i pensieri di chi le vuol bene,per il burro di cacao ricevuto in regalo, per isogni a occhi aperti che «il signore del pianodi sopra» ogni tanto le concede, per le memo-rie personali che tenacemente resistono, per iltempo prezioso che scorre veloce, e persinoper la febbre, le sudate e brividi in cui — scri-ve — «mi sembra di ritrovare il giusto rito dipassaggio, perfetto per quello che mi aspetta».

Da qui in poi, sino al fatidico «tutto quelloche desideriamo è già nostro... dobbiamo soloriconoscerlo... ed esserne grati», si ha l’i m p re s -

sione di seguire come in vitro il percorso diMaddy verso una inconsapevole santità perso-nale. Suggellata da un «Prego. Spero. Amo».Affine certamente — per dirlo con le parole diGiovanni Paolo II — «a quelle dei santi sem-plici, le persone buone che incontriamo nellavita, che non saranno mai canonizzate, perso-ne normali, per così dire, senza eroismo visibi-le, ma nella cui bontà di ogni giorno vediamola verità della fede».

I santisconosciuti

Diariodi speranza

e di passione

#scaffale

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 6 luglio 2017

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Il concistoroordinario pubblico

Nella basilica di San Pietro,i nuovi cardinali avevanorinnovato la professione difede, giurando fedeltà eobbedienza al Pontefice e aisuoi successori attraverso laformula rituale che è stataletta dal cardinale OmellaOmella. È seguital’imposizione dellozucchetto e della berrettacardinalizia, con la consegnadell’anello da parte diFrancesco: secondo l’o rd i n edi creazione uno alla volta inuovi porporati sono salitiall’altare della Confessioneper ricevere le insegne delladignità cardinalizia e labolla di assegnazione deltitolo, a significare lapartecipazione alla curapastorale del vescovo diRoma per la sua diocesi: aZerbo il titolo diSant’Antonio di Padova invia Tuscolana, a OmellaOmella quello di SantaCroce in Gerusalemme; adArborelius quello di SantaMaria degli Angeli; a LingMangkhanekhoun quello diSan Silvestro in Capite; aRosa Chávez, quello delSantissimo Sacramento aTor de’ Schiavi, del quale ilporporato salvadoregno hapoi preso possesso il 2luglio.Successivamente i cinquehanno scambiato conFrancesco l’abbraccio dipace, secondo un gesto difraternità che è statorinnovato con i confratellicardinali che hannopartecipato al rito. Tra loroil decano del Collegiocardinalizio Sodano, il vicedecano Re e il segretario diStato Parolin.Al termine mentre la scholaintonava il Salve Regina ilPapa ha sostato davanti allastatua di san Pietro, rivestitacoi paramenti secondo latradizione, accarezzando ebaciando il piede consumatodalla devozione deip ellegrini.

Roma, 28 giugno 2017Il Sommo Pontefice Francesco hatenuto nel pomeriggio di mercoledì28 giugno 2017, nella Basilica vatica-na, il Concistoro ordinario pubblicoper la creazione di nuovi cardinali,l’imposizione della berretta, la con-segna dell’anello e l’assegnazione deltitolo.

Il Santo Padre è giunto alle ore 16nella Basilica, percorrendo in proces-sione la navata centrale fino allaConfessione, dove ha fatto una pre-ghiera. Preso posto sulla cattedra, haricevuto un indirizzo di salutodall’arcivescovo di Barcelona. Quin-di il Papa, dopo aver pronunciatol’orazione iniziale e dopo la procla-mazione del Vangelo, ha tenuto l’al-locuzione. Successivamente ha lettola formula di creazione dei cardinaliproclamando i loro nomi:

— Jean Zerbo, arcivescovo di Ba-mako (Mali);

— Juan José Omella Omella, arci-vescovo di Barcelona (Spagna);

— Anders Arborelius, O.C.D., ve-scovo di Stockholm (Svezia);

— Louis-Marie Ling Mangkhane-khoun, vescovo titolare di Acquenuove di Proconsolare, vicario apo-stolico di Paksé (Laos);

— Gregorio Rosa Chávez, vescovotitolare di Mulli, ausiliare di SanSalvador (El Salvador).

Sono seguite l’imposizione dellaberretta ai nuovi cardinali, la conse-gna dell’anello e l’assegnazione aciascuno di loro del titolo.

La cerimonia si è conclusa con laBenedizione Apostolica che il SantoPadre ha impartito ai presenti.

La quartac re a z i o n e

c a rd i n a l i z i adel Pontificato

#copertina

Non principi ma servitoriGesù «non vi ha chiamati a diventare “principi”nella Chiesa» ma «a servire come lui»: lo haricordato il Papa ai cinque cardinali creati nelconcistoro di mercoledì pomeriggio, 28 giugno,nella basilica vaticana.

«Gesù camminava davanti a loro». Questa èl’immagine che ci viene dal Vangelo che ab-biamo ascoltato (Mc 10, 32-45), e che fa dasfondo anche all’atto che stiamo compiendo:un Concistoro per la creazione di alcuni nuoviC a rd i n a l i .

Gesù cammina decisamente verso Gerusa-lemme. Sa bene che cosa lo attende e ne haparlato più volte ai suoi discepoli. Ma tra ilcuore di Gesù e i cuori dei discepoli c’è unadistanza, che solo lo Spirito Santo potrà col-mare. Gesù lo sa; per questo è paziente conloro, parla loro con franchezza, e soprattutto lip re c e d e , cammina davanti a loro.

Lungo il cammino, i discepoli stessi sonodistratti da interessi non coerenti con la “d i re -zione” di Gesù, con la sua volontà che è untutt’uno con la volontà del Padre. Ad esempio— abbiamo sentito — i due fratelli Giacomo eGiovanni pensano a come sarebbe bello sederealla destra e alla sinistra del re d’Israele (cfr. v.37). Non guardano la realtà! Credono di vede-re e non vedono, di sapere e non sanno, di ca-pire meglio degli altri e non capiscono…

La realtà invece è tutt’altra, è quella che Ge-sù ha presente e che guida i suoi passi. Larealtà è la croce, è il peccato del mondo cheLui è venuto a prendere su di sé e sradicaredalla terra degli uomini e delle donne. La real-tà sono gli innocenti che soffrono e muoionoper le guerre e il terrorismo; sono le schiavitù

che non cessano di negare la dignità anchenell’epoca dei diritti umani; la realtà è quelladi campi profughi che a volte assomiglianopiù a un inferno che a un purgatorio; la realtàè lo scarto sistematico di tutto ciò che non ser-ve più, comprese le persone.

È questo che Gesù vede, mentre camminaverso Gerusalemme. Durante la sua vita pub-blica Egli ha manifestato la tenerezza del Pa-dre, risanando tutti quelli che erano sotto ilpotere del maligno (cfr. At 10, 38). Adesso sache è venuto il momento di andare a fondo, distrappare la radice del male, e per questo varisolutamente verso la croce.

Anche noi, fratelli e sorelle, siamo in cam-mino con Gesù su questa strada. In particolaremi rivolgo a voi, carissimi nuovi Cardinali.Gesù “cammina davanti a voi” e vi chiede diseguirlo decisamente sulla sua via. Vi chiama aguardare la realtà, a non lasciarvi distrarre daaltri interessi, da altre prospettive. Lui non viha chiamati a diventare “principi” nella Chie-sa, a “sedere alla sua destra o alla sua sinistra”.Vi chiama a servire come Lui e con Lui. A ser-vire il Padre e i fratelli. Vi chiama ad affronta-re con il suo stesso atteggiamento il peccatodel mondo e le sue conseguenze nell’umanitàdi oggi. Seguendo Lui, anche voi camminatedavanti al popolo santo di Dio, tenendo fissolo sguardo alla Croce e alla Risurrezione delS i g n o re .

E allora, per intercessione della Vergine Ma-dre, invochiamo con fede lo Spirito Santo,perché colmi ogni distanza tra i nostri cuori eil cuore di Cristo, e tutta la nostra vita diventiservizio a Dio e ai fratelli.Hanno ricevuto la benedizione comune di Papa Francesco e di Benedetto

XVI i cinque cardinali creati nel concistoro. Il vescovo di Roma dopo il ritosvoltosi nella basilica vaticana, si è recato con i nuovi porporati almonastero Mater ecclesiae, per incontrare il Papa emerito. Nel cortileFrancesco è stato accolto dall’arcivescovo prefetto della Casa pontificia

Gänswein, mentre il predecessore attendeva nella cappella. All’interno,dopo un lungo abbraccio con il suo successore, Benedetto XVI ha salutatouno a uno i neoporporati, parlando con ciascuno di loro. Quindi, invitatoda Francesco, il Papa emerito ha guidato la preghiera. Infine insieme hannoimpartito la benedizione.

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L’Osservatore Romanogiovedì 6 luglio 2017il Settimanale

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LLa domandadecisiva

a Liturgia di oggi ci offre tre parole essenzialiper la vita dell’apostolo: confessione, p e rs e c u z i o -ne, p re g h i e ra .

La confessione è quella di Pietro nel Vangelo,quando (...) il Maestro pone ai discepoli ladomanda davvero decisiva: «Ma voi, chi diteche io sia?» (v. 15). A questo punto rispondesolo Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Diovivente» (v. 16). Ecco la confessione: ricono-scere in Gesù il Messia atteso, il Dio vivente,il Signore della propria vita. Questa domandavitale Gesù la rivolge oggi a noi, a tutti noi, inparticolare a noi Pastori. È la domanda decisi-va, davanti alla quale non valgono risposte dicircostanza, perché è in gioco la vita: e la do-manda della vita chiede una risposta di vita.Perché a poco serve conoscere gli articoli difede se non si confessa Gesù Signore dellapropria vita. (...) Chiediamoci se siamo cristia-ni da salotto, che chiacchierano su come vannole cose nella Chiesa e nel mondo, oppure apo-stoli in cammino, che confessano Gesù con la

vita perché hanno Lui nel cuore. Chi confessaGesù sa che non è tenuto soltanto a dare pare-ri, ma a dare la vita; sa che non può credere inmodo tiepido, ma è chiamato a “b ru c i a re ” p eramore; sa che nella vita non può “g a l l e g g i a re ”o adagiarsi nel benessere, ma deve rischiare diprendere il largo, rilanciando ogni giorno neldono di sé. Chi confessa Gesù fa come Pietroe Paolo: lo segue ... non fino a un certo pun-to, ma fino alla fine, e lo segue sulla sua via,non sulle nostre vie. (...)

Ecco la seconda parola, p e rs e c u z i o n i . Non so-lo Pietro e Paolo hanno dato il sangue perCristo, ma l’intera comunità agli inizi è stataperseguitata, come ci ha ricordato il Libro de-gli Atti degli Apostoli (cfr. 12, 1). Anche oggiin varie parti del mondo, a volte in un climadi silenzio — non di rado silenzio complice —,tanti cristiani sono emarginati, calunniati, di-scriminati, fatti oggetto di violenze anche mor-tali, spesso senza il doveroso impegno di chipotrebbe far rispettare i loro sacrosanti diritti.(...) Sopportare il male non è solo avere pa-zienza e tirare avanti con rassegnazione; sop-portare è imitare Gesù: è portare il peso, por-tarlo sulle spalle per Lui e per gli altri. È ac-cettare la croce, andando avanti con fiduciaperché non siamo soli: il Signore crocifisso erisorto è con noi. (...)

La terza parola è p re g h i e ra ... l’acqua indi-spensabile che nutre la speranza e fa crescerela fiducia. La preghiera ci fa sentire amati e cipermette di amare. Ci fa andare avanti neimomenti bui, perché accende la luce di Dio.Nella Chiesa è la preghiera che ci sostiene tut-ti e ci fa superare le prove. (...) La preghiera èla forza che ci unisce e sorregge, il rimediocontro l’isolamento e l’autosufficienza che con-ducono alla morte spirituale. Perché lo Spiritodi vita non soffia se non si prega e senza pre-ghiera non si aprono le carceri interiori che citengono prigionieri. I Santi Apostoli ci otten-gano un cuore come il loro, affaticato e pacifi-cato dalla preghiera. (...) Quanto è urgentenella Chiesa avere maestri di preghiera, maprima di tutto essere uomini e donne di pre-ghiera, che vivono la preghiera!

Il Signore ... ha accompagnato il camminodegli Apostoli e accompagnerà anche voi, cariFratelli Cardinali, qui riuniti nella carità degliApostoli che hanno confessato la fede con ilsangue. Sarà vicino anche a voi, cari FratelliArcivescovi che, ricevendo il pallio, sarete con-fermati a vivere per il gregge, imitando ilBuon Pastore, che vi sostiene portandovi sullespalle. (...)

Il Papa chiededi rinnovarela scelta di fede

#copertina

Il pallioa 36 metropoliti

Nella solennità dei santiPietro e Paolo il vescovo diRoma ha celebrato in piazzaSan Pietro la messa, durantela quale, dopo averlibenedetti, ha consegnato 29palli agli arcivescovimetropoliti nominatinell’anno. Li ha volutiaccanto a sé insieme aicinque nuovi cardinali.Anche se, dando seguitoalla novità introdotta dueanni fa, proprio persottolineare il legame con laChiesa particolarel’imposizione vera e propriadel pallio avverrà nellediocesi di origine deimetropoliti, per mano delnunzio apostolico. Sarà cosìanche per i sette arcivescoviche non sono potuti venirea Roma.Nella circostanza Francescoha salutato uno per unotutti i cardinaliconcelebranti: tra i quali,oltre al decano e alsegretario di Stato, ilprotodiacono Martino, chegli ha presentato imetropoliti, e Tobin che ilpallio lo ha ricevuto.Un quarto d’ora primadell’inizio Francesco èentrato in basilica dallaPorta della preghiera perincontrare il metropolitaJob, a capo delladelegazione ecumenicainviata dal patriarcaBartolomeo. Dopo esserescesi al sepolcro di Pietro,hanno fatto ingresso insiemeanche in piazza San Pietro.Con la Cappella Sistinahanno cantato il Tölzerknabenchor, rappresentantedella tradizione musicaleluterana, e il Saint John theevangelist church choir,venuto dagli Stati Unitid’America.

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L’Osservatore Romanogiovedì 6 luglio 2017il Settimanale

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NL’emigrazioneè un drammadi divisione

ella Convenzione fondativa della vostra Orga-nizzazione sono espresse le sue finalità, tra cuipromuovere lo sviluppo e il coordinamento,come pure individuare le possibilità di assi-stenza reciproca e di azione comune tra Paesimembri. Di fronte a questo impegno, desiderosottolineare tre aspetti che mi sembrano im-portanti nel momento attuale.

Individuare le potenzialità. I Paesi dell’Ameri-ca latina sono ricchi di storia, cultura, risorsenaturali; inoltre la loro gente è «buona» e soli-dale con gli altri popoli. Ciò è stato compro-vato in occasione delle recenti calamità natura-li, per come si sono aiutati a vicenda, dandoesempio a tutta la comunità internazionale.Tutti questi valori sociali sono presenti, ma de-vono essere apprezzati e potenziati. Nonostan-te questi beni del continente, l’attuale crisieconomica e sociale ha colpito la popolazionee ha prodotto l’incremento della povertà, delladisoccupazione, della diseguaglianza sociale,come pure lo sfruttamento e l’abuso della no-stra casa comune. E questo a un livello taleche non avremmo immaginato dieci anni fa.Di fronte a questa situazione c’è bisogno diun’analisi che tenga conto della realtà dellepersone concrete, la realtà del nostro popolo.Questo ci aiuterà a renderci conto delle neces-sità reali che esistono, come pure ad apprezza-re la ricchezza che ogni persona e ogni popoloporta in sé.

C o o rd i n a re gli sforzi per dare risposte con-crete e far fronte alle istanze e alle necessitàdei figli e delle figlie dei nostri Paesi. Coordi-nare non significa lasciar fare ad altri e alla fi-ne approvare; comporta invece molto tempo emolto sforzo; è un lavoro nascosto e poco ap-prezzato, ma necessario. Davanti a un mondoglobalizzato e sempre più complesso, l’Ameri-ca Latina deve unire gli sforzi per far fronte alfenomeno dell’emigrazione; e gran parte dellesue cause avrebbero potuto essere affrontategià da molto tempo, ma non è mai troppo tar-di. L’emigrazione è sempre esistita, però negliultimi anni si è incrementata in un modo maivisto prima. La nostra gente, spinta dalla ne-cessità, va in cerca di «nuove oasi», dove po-ter trovare maggiore stabilità e un lavoro chegarantisca maggiore dignità alla vita. Ma inquesta ricerca, molte persone subiscono la vio-lazione dei propri diritti; molti bambini e gio-vani sono vittime della tratta e sono sfruttati,o cadono nelle reti della criminalità e dellaviolenza organizzata. L’emigrazione è undramma di divisione: si dividono le famiglie, ifigli si separano dai genitori, si allontananodalla terra d’origine, e gli stessi governi e iPaesi si dividono davanti a questa realtà. Oc-corre una politica congiunta di cooperazioneper affrontare questo fenomeno. Non si trattadi cercare colpevoli e di eludere la responsabi-lità, ma tutti siamo chiamati a lavorare in ma-niera coordinata e congiunta.

P ro m u o v e re ... una cultura del dialogo. AlcuniPaesi stanno attraversando momenti difficili alivello politico, sociale ed economico. I cittadi-ni che hanno meno risorse sono i primi a no-tare la corruzione che esiste nei diversi stratisociali e la cattiva distribuzione delle ricchez-ze. So che molti Paesi lavorano e lottano per

la pace (cfr. ibid.). Il dialogo è indispensabile;ma non il “dialogo tra sordi”! Si richiede unatteggiamento recettivo che accolga suggeri-menti e condivida aspirazioni. Capacità diascolto. È uno scambio reciproco di fiducia,che sa che dall’altra parte c’è un fratello con lamano tesa per aiutare, che desidera il bene dientrambe le parti e vuole rafforzare i legami difratellanza e amicizia per progredire su vie digiustizia e di pace. (... )

realizzare una società più giusta, promuoven-do una cultura della legalità. La promozionedel dialogo politico è essenziale, sia tra i diver-si membri di questa Associazione, sia con iPaesi di altri continenti, in modo speciale conquelli dell’Europa, per i legami che li unisco-no. In questa collaborazione e in questo dialo-go si colloca la diplomazia come strumentofondamentale e di solidarietà per raggiungere

Nell’udienzaall’O rg a n i z z a z i o n e

internazionaleitalo-

latinoamericana

#francesco

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L’odierna liturgia ci presenta le ultime battutedel discorso missionario del capitolo 10 delVangelo di Matteo (cfr. 10, 37-42), con il qualeGesù istruisce i dodici apostoli nel momentoin cui per la prima volta li invia in missionenei villaggi della Galilea e della Giudea. Inquesta parte finale Gesù sottolinea due aspettiessenziali per la vita del discepolo missionario:il primo, che il suo legame con Gesù è più fortedi qualunque altro legame; il secondo, che ilmissionario non porta sé stesso, ma Gesù, e me-diante Lui l’amore del Padre celeste. Questidue aspetti sono connessi, perché più Gesù èal centro del cuore e della vita del discepolo,più questo discepolo è “t r a s p a re n t e ” alla suapresenza. Vanno insieme, tutti e due.

«Chi ama padre o madre più di me, non èdegno di me...» (v. 37), dice Gesù. L’affetto diun padre, la tenerezza di una madre, la dolceamicizia tra fratelli e sorelle, tutto questo, puressendo molto buono e legittimo, non può es-sere anteposto a Cristo. Non perché Egli civoglia senza cuore e privi di riconoscenza, an-zi, al contrario, ma perché la condizione deldiscepolo esige un rapporto prioritario colmaestro. Qualsiasi discepolo, sia un laico, unalaica, un sacerdote, un vescovo: il rapportoprioritario. Forse la prima domanda che dob-biamo fare a un cristiano è: “Ma tu ti incontricon Gesù? Tu preghi Gesù?”. Il rapporto. Sipotrebbe quasi parafrasare il Libro della Gene-si: Per questo l’uomo abbandonerà suo padree sua madre e si unirà a Gesù Cristo e i duesaranno una sola cosa (cfr. Gen 2, 24).

Chi si lascia attrarre in questo vincolo diamore e di vita con il Signore Gesù, diventa unsuo rappresentante, un suo “a m b a s c i a t o re ”, so-prattutto con il modo di essere, di vivere. Alpunto che Gesù stesso, inviando i discepoli inmissione, dice loro: «Chi accoglie voi accoglieme, e chi accoglie me accoglie colui che mi hamandato» (Mt 10, 40). Bisogna che la gentepossa percepire che per quel discepolo Gesù èveramente “il Signore”, è veramente il centrodella sua vita, il tutto della vita. Non importase poi, come ogni persona umana, ha i suoi li-miti e anche i suoi sbagli — purché abbial’umiltà di riconoscerli —; l’importante è chenon abbia il cuore doppio — e questo è perico-loso. Io sono cristiano, sono discepolo di Gesù,sono sacerdote, sono vescovo, ma ho il cuoredoppio. No, questo non va. Non deve avere ilcuore doppio, ma il cuore semplice, unito; chenon tenga il piede in due scarpe, ma sia onesto

con sé stesso e con gli altri. La doppiezza nonè cristiana. Per questo Gesù prega il Padre af-finché i discepoli non cadano nello spirito delmondo. O sei con Gesù, con lo spirito di Gesù,o sei con lo spirito del mondo.

E qui la nostra esperienza di sacerdoti ci in-segna una cosa molto bella, e una cosa moltoimportante: è proprio questa accoglienza delsanto popolo fedele di Dio, è proprio quel«bicchiere d’acqua fresca» (v. 42) di cui parlail Signore oggi nel Vangelo, dato con fede af-fettuosa, che ti aiuta ad essere un buon prete!C’è una reciprocità anche nella missione: se tulasci tutto per Gesù, la gente riconosce in te ilSignore; ma nello stesso tempo ti aiuta a con-vertirti ogni giorno a Lui, a rinnovarti e purifi-carti dai compromessi e a superare le tentazio-ni. Quanto più un sacerdote è vicino al popo-lo di Dio, tanto più si sentirà prossimo a Ge-sù, e quanto più un sacerdote è vicino a Gesù,tanto più si sentirà prossimo al popolo di Dio.

La Vergine Maria ha sperimentato in primapersona che cosa significa amare Gesù distac-candosi da sé stessa, dando un nuovo senso ailegami familiari, a partire dalla fede in Lui.Con la sua materna intercessione, ci aiuti adessere liberi e lieti missionari del Vangelo.

Al termine della preghiera mariana di domenica 2in piazza San Pietro, il Papa ha poi lanciato unappello per il Venezuela.

Il 5 luglio ricorrerà la festa dell’indip endenzadel Venezuela. Assicuro la mia preghiera perquesta cara Nazione ed esprimo la mia vicinan-za alle famiglie che hanno perso i loro figli nel-le manifestazioni di piazza. Faccio appello af-finché si ponga fine alla violenza e si trovi unasoluzione pacifica e democratica alla crisi. No-stra Signora di Coromoto interceda per il Vene-zuela! E tutti noi preghiamo Nostra Signora diCoromoto per il Venezuela: Ave o Maria...

Soluzione pacificadella crisivenezuelana

Ap p e l l oall’An g e l u s

#francesco

Vetrata raffigurante l’apparizionedi Nostra Signora di Coromoto

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di MARCELOFIGUEROA

Nell’anno in cui si commemora il quinto cente-nario della Riforma protestante, il ruolo delladonna nella Chiesa, come pure il suo postonel dialogo ecumenico, continuano a esseremotivo di dibattito nelle comunità evangeli-che. Una decina di anni fa ho conosciuto ElsaTámez, biblista e traduttrice delle SociedadesBíblicas Unidas. Il suo sguardo femminile, la-tinoamericano e accademico sui testi biblici èstato, e continua a essere, d’ispirazione sia perchi scrive sia per molti altri in questo «conti-nente periferico e dalla pelle scura».

Messicana, Támez ha dovuto trasferirsi inCosta Rica per studiare in un seminario ecu-menico di studi superiori perché la Chiesa pre-sbiteriana in Messico, in quell’epoca, non per-metteva alle donne di studiare teologia. Loracconta così: «Nella maggior parte delle co-munità protestanti le donne ora possono inse-gnare in seminari e università. Ma questo eraimpossibile mezzo secolo fa. Certo, la loro po-sizione non è paritaria rispetto a quella degliuomini. Nella maggior parte dei casi sonosvantaggiate, e bisogna riconoscere che la ten-denza patriarcale permea tutte le istanze dellasocietà, inclusa la Chiesa. Tuttavia possiamoconstatare che donne con carisma da leaderpossono avere grande influenza nelle loro co-munità». I tempi sono cambiati, per lo menoin termini clericali, visto che oggi la Chiesametodista in Messico ha già ordinato vescovodiverse donne.

Un ambito molto importante per l’app ortoe la comprensione della fede da una prospetti-va teologica della donna è stato quello ecume-nico. Elsa non esita ad affermare che «le orga-nizzazioni ecumeniche sono spazi importanti

per le donne perché, generalmente, si svilup-pano in modo parallelo alle gerarchie delle lo-ro Chiese. Le donne, sia cattoliche che prote-stanti, sentono di avere una maggiore libertàdi azione sotto un tetto ecumenico. Il Consi-glio ecumenico delle Chiese è molto attento atener conto della partecipazione delle donne.Prevede serie politiche di inclusione nei diversidipartimenti e ne ha creato uno di donne per

le donne. Il Consiglio latinoamericano delleChiese, ecumenico all’interno delle comunitàevangeliche, ha avuto un ruolo importante ne-gli anni ottanta e novanta nella promozionedella leadership delle donne; ricordo che riuscìa organizzare congressi per pastore e teologhedi tutto il continente. L’Associazione dei teo-logi e teologhe del Terzo mondo è stata, e cre-do continui a essere, uno spazio ecumenicoimportante per lo sviluppo del pensiero teolo-gico delle donne cattoliche e protestanti».

Tuttavia, e nonostante questi progressi, lesfide rimangono e in alcuni casi sembrerebbeche ci sia stata una certa regressione. Támez loriconosce: «È strano, oggi avverto che c’è sta-ta, nelle istituzioni, una regressione o unamancanza di interesse per la leadership delledonne. Non so se gli uomini si sono sentitiminacciati e hanno quindi rioccupato i postidi leadership; o se le donne si sono stancate direclamare più spazio per loro; o se si stannorealizzando meglio in altri campi. Di certo,per esempio, c’è già un buon numero di don-ne bibliste professioniste o docenti di teologia;e un vivaio di donne giovani a cui piace legge-re la Bibbia dalla prospettiva femminile». EdElsa Támez, che vive a San José, in Costa Ri-ca, e insegna all’Università biblica latinoameri-cana, guarda con interesse ai progressi pro-mossi dal Papa nel campo dell’ecumenismo eal suo costante sostegno agli spazi per le don-ne nella Chiesa di Cristo.

Te o l o g h edell’ecumenismo

Elsa Támez

#dialoghi

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di ENZOBIANCHI

L’Il seminatoreuscì a seminare

16 luglioXV domenica

del tempoo rd i n a r i o

Matteo 13, 1-23

He Qi, «Gesù sulla barca»

o rd o liturgico ci fa ascoltare per tre domenichealcune parabole raccolte in Ma t t e o 13, il terzolungo discorso di Gesù in questo vangelo, det-to appunto “discorso parabolico”. Il tempodell’ascolto entusiasta di Gesù da parte dellefolle sembra esaurito e ormai si è palesatal’ostilità dei capi religiosi giudaici, che sonogiunti alla decisione di “farlo fuori” (cfr. Ma t -teo 12, 14).

Sì, è accaduto così e accade così anche ogginei confronti di chi predica e annuncia vera-mente il Vangelo. E noi possiamo essere nonsolo perplessi, ma a volte sgomenti: ogni do-menica nella nostra terra d’Italia più di diecimilioni di uomini e donne che credono, o di-cono di credere, in Gesù Cristo si radunanonelle chiese per ascoltare la parola di Dio e di-ventare eucaristicamente un solo corpo in Cri-sto. Eppure constatiamo che a questa parteci-pazione alla liturgia non consegue un muta-mento: non accade qualcosa che manifesti ilregno di Dio veniente. Perché succede questo?La parola di Dio è inefficace? Chi la predica,predica in realtà parole sue? E chi ascolta,ascolta veramente e accoglie la parola di Dio?E chi l’accoglie, è poi conseguente, fino a rea-lizzarla nella propria vita?

Quando Matteo scrive questa pagina chepresenta Gesù sulla barca intento ad annuncia-re le parabole, interrogativi simili risuonanoanche nella sua comunità cristiana. I cristiani,infatti, sanno che la parola di Dio è d a b a r, èevento che si realizza; sanno che, uscita daDio, produce sempre il suo effetto (cfr. Isaia55, 10-11): e allora perché tanta Parola predica-ta, a fronte di un risultato così scarso? Ma leparabole di Gesù, racconti che vogliono rivela-re un senso nascosto, ci possono illuminare.

Gesù fa ricorso alla realtà, al mondo conta-dino di Galilea, a ciò che ha visto, contempla-to e pensato, perché si dava del tempo per os-servare e trovare ispirazione per le sue parole,che raggiungevano non gli intellettuali, magente semplice, disposta ad ascoltare. Avendovisto più volte il lavoro dei contadini, così Ge-sù inizia a raccontare, con parole molto note,che per questo vanno ascoltate con ancor piùattenzione: «Ecco, il seminatore uscì a semina-re. Mentre seminava, una parte cadde lungo lastrada; vennero gli uccelli e la mangiarono.Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dovenon c’era molta terra; germogliò subito, per-ché il terreno non era profondo, ma quandospuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radi-ci, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovicrebbero e la soffocarono. Un’altra parte cad-de sul terreno buono e diede frutto: il cento, il

sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi,ascolti!».

In questa parabola stupisce la quantità diseme gettato dal seminatore, e chi non sa chein Palestina prima si seminava e poi si aravaper seppellire il seme, potrebbe pensare a uncontadino sbadato. Invece il seme è abbon-dante perché abbondante è la parola di Dio,che deve essere seminata, gettata come un se-me, senza parsimonia. Ma il predicatore che laannuncia sa che ci sono innanzitutto ascoltato-ri i quali la sentono risuonare ma in verità nonl’ascoltano. Superficiali, senza grande interessené passione per la Parola, la sentono ma nonle fanno spazio nel loro cuore, e così essa è su-bito sottratta, portata via. Ci sono poi ascolta-tori che hanno un cuore capace di accoglierela Parola, possono addirittura entusiasmarsiper essa, ma non hanno vita interiore, il lorocuore non è profondo, non offre condizioniper farla crescere, e allora quella predicazioneappare sterile: qualcosa germoglia per un po’ma, non nutrito, subito si secca e muore. Altriascoltatori avrebbero tutte le possibilità di es-sere fecondi; accolgono la Parola, la custodi-scono, sentono che ferisce il loro cuore, mahanno nel cuore altre presenze potenti, domi-nanti: la ricchezza, il successo e il potere.Questi sono gli idoli che sempre si affacciano,con volti nuovi e diversi, nel cuore del creden-te. Queste presenze non lasciano posto allapresenza della Parola, che viene contrastata edunque muore per mancanza di spazio. Mac’è anche qualcuno che accoglie la Parola, lapensa, la interpreta, la medita, la prega e larealizza nella propria vita. Certo, il risultato diuna semina così abbondante può sembrare de-ludente: tanto seme, tanto lavoro, piccolo il ri-sultato. Ma la piccolezza non va temuta: ciòche conta è che il frutto venga generato!

Questi racconti in parabole non erano co-muni tra i rabbini del tempo di Gesù, e anche

#meditazione

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per questo i discepoli gli chiedono conto delsuo stile particolare nell’annunciare il Regnoche viene. Gesù risponde loro con parole checi stupiscono, ci intrigano e ci chiedono gran-de responsabilità: «A voi è stata consegnata laconoscenza dei misteri del regno dei cieli».Nel passo parallelo di Marco, a cui Matteo siispira, queste parole di Gesù sono ancora piùforti: «A voi è stato consegnato il mistero delregno di Dio» (Ma rc o 4, 11). Sì, proprio ai po-veri discepoli è stato affidato e consegnato, da

Sovente il popolo di Israele, ma anche ilpopolo dei discepoli di Gesù, ha un cuore in-durito, ha orecchi chiusi, ha occhi accecati, ecosì non solo non comprende ma neppure di-scerne la parola del Signore e non fa nessuntentativo di conversione, di ritorno a Dio, ilquale sempre ci attende per guarire i nostriorecchi e i nostri occhi. Basterebbe riconosceree affermare: «Siamo ciechi, siamo sordi, parla-ci Signore!». Eppure quella dei giorni terrenidi Gesù era “un’ora favorevole” (2 Corinzi 6,

Dio, ciò che riguarda il suo regno. Per donodi Dio essi hanno accesso a una conoscenzache li rende capaci di vedere il velo alzato sulmistero, su ciò che era stato nascosto per esse-re svelato. Non è un privilegio per i discepoli,ma una grande responsabilità: a loro è statadata la conoscenza di come Dio agisce nellastoria di salvezza!

Ecco però, subito dopo, l’annuncio di unacontrapposizione: vi sono invece altri che ve-dendo non vedono, udendo non ascoltano enon comprendono, restando chiusi nella loroautosufficienza, nella loro autoreferenzialità re-ligiosa. E si badi bene ai semitismi di questeparole di Gesù, ispirate al profeta Isaia (cfr. 6,9-10): esse non vogliono indicare arbitrio daparte di Dio, il quale consegnerebbe il Regnoad alcuni e lo negherebbe ad altri. Si deve in-vece comprendere che chi è destinatario dellaparola predicata da Dio e non l’ascolta, ma lalascia cadere, non resta nella situazione di par-tenza. La “parola di Dio”, sempre “viva ed ef-ficace” (E b re i 4, 12), quando è accolta, salva,guarisce e vivifica; al contrario, quando è rifiu-tata, causa la malattia della sclerocardia, delladurezza del cuore, che diventa sempre più in-sensibile alla Parola, sempre più incapace disentirsi toccato e ferita da essa. È così, ma nonper volontà di Dio, bensì per il rifiuto da par-te dell’essere umano: gli viene offerta la vita,ma non la accoglie, e di conseguenza va versola morte.

2), l’ora della visita di Dio (cfr. Luca 19, 44),l’ora della misericordia del Signore (cfr. Luca4, 19). Perciò Gesù dice ai discepoli che lo cir-condano: «Beati i vostri occhi perché vedonoe i vostri orecchi perché ascoltano. In verità iovi dico: molti profeti e molti giusti dell’anticaalleanza hanno desiderato di essere presentinei giorni del Messia, hanno sognato di veder-lo in azione e di ascoltare le sue parole, ma aloro non è stato possibile. Voi invece, voi cheho chiamato e che mi avete seguito, avete po-tuto vedere con i vostri occhi e ascoltare con ivostri orecchi». Addirittura il discepolo amatopotrà aggiungere, con audacia: «Avete potutopalpare con le vostre mani la Parola della vi-ta» (cfr. 1 Giovanni 1, 1). Non un’idea, nonun’ideologia, non una dottrina, non un’etica,ma un uomo, Gesù di Nazaret, il Figlio diDio, venuto da Dio! «Voi lo avete incontrato ene avete fatto esperienza con i vostri sensi. Sì,beati voi!».

Dunque, a noi che ogni domenica ascoltia-mo la Parola e accogliamo la sua semina nelnostro cuore, non resta che vigilare e stare at-tenti: la Parola viene a noi e noi dobbiamo an-zitutto interiorizzarla, custodirla, meditarla elasciarci da lei ispirare; dobbiamo perseverarein questo ascolto e in questa custodia nel no-stro cuore; dobbiamo infine predisporci allalotta spirituale per custodirla, farle spazio, di-fenderla da quelle presenze che ce la vorrebbe-ro rubare. In breve, basta avere fede in essa: laParola, «il Vangelo è potenza di Dio» (Roma-ni 1, 16).

#meditazione

Thomas Bertram Poole«La parabola del seminatore»

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#controcopertina

Vorrei unirmi con un contributo al programmaper fornire sementi alle famiglie rurali che vivonoin aree dove si sono sommati gli effetti dei conflittie della siccità. Il concetto di sicurezza alimentare[è un] obiettivo non più rinviabile.Ma solo uno sforzo di autentica solidarietàsarà capace di eliminare il numero delle persone malnutritee prive del necessario per vivere

Messaggio alla Fao, 3 luglio

#controcopertina